Focus2014

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MAGGIO 2014

Speciale:

la peste in Europa

Irato al Sire destò quel Dio nel campo un feral morbo... (OMERO, Iliade I, vv 11-12)

Madre della Misericordia:

un ricordo maceratese della peste. Maggio 2014

Bioetica:

Tra Scienza e Filosofia, per il bene di tutti noi.

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Le Classi Partecipanti

Storia La Cronologia della Peste in Europa La Peste: come si è diffusa?

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Arte Mater Misericordiae

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La Morte Trionfante

Scienze

Classe III G

βίος + ήθος = BIOETICA

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Battiamo i Batteri

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Nome scientifico: Yersinia Pestis

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Letteratura 14 La Peste: un male antico La Città, Palcoscenico del Male 15

Classe III F 2

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Cronologia della Peste in Europa

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La Peste: come si è diffusa?

Le cause di questo morbo erano all’epoca del tutto sconosciute, infatti si credeva che tale pestilenza derivasse da una natura ostile, misteriosa, dietro la quale si vedeva la sola mano di Dio. Oggi invece è ben noto che le cause furono naturali, derivanti dal bacillo della peste trasportato dai topi, e socio-economiche, tra cui la malnutrizione, la scarsa igiene e la promiscuità, ma di ciò come già riferito ne erano all’oscuro. Ma in realtà chi portava la morte? Era un nemico invisibile, un batterio, come precedentemente detto, insediato nel sangue dei ratti neri e trasportato da particolari pulci parassita(Xenopsylla cheopis)che assorbendo il sangue assieme al battere, trasmetteva la virulenza agli esseri umani presenti nel suo raggio d’azione. I sintomi di questo morbo erano devastanti. In Oriente si limitava ad una semplice fuoriuscita di sangue dal naso che però era manifesto segno di inevitabile morte, invece in Occidente l’incubazione rapida e veloce fece sì che gli ammalati sembrassero sani fini poco prima della morte, successivamente le improvvise comparse di bubboni neri nei corpi degli infetti dettero all'epidemia il nome di “Morte Nera” o “Peste bubbonica”, inoltre ancor più grave erano i sintomi causati dalla “peste polmonare” ancor più pericolosa della precedente caratterizzata da un notevole abbassamento della temperatura corporea, dispnea (difficoltà respiratorie), tosse, cianosi (colorazione bluastra della pelle e delle mucose, sintomo di disturbi circolatori o respiratori), grave debolezza ed inoltre dall’insorgenza di gravi disturbi neurologici. Grazie all’abbondanza di documentazione scritta lasciatoci dai cronisti possiamo seguire il percorso della peste mentre decimava le popolazioni in Europa.

Il morbo dopo essersi sviluppato in Oriente, precisamente nella Cina orientale, inizialmente si diffuse grazie alle migrazioni dei mongoli ed alle sue successive conquiste negli stati mussulmani, spingendosi sempre più verso l’Europa. Non ci son dubbi, tuttavia, che anche gli scambi commerciali europei con l’Asia costituirono il principale veicolo di diffusione. Episodio importante fu l’assalto tra il 1346 e 1347 alla città mercantile genovese di Caffa ,nell’odierna Ucraina, da parte dei mongoli, in cui per accelerare la conquista fecero gettare cadaveri di appestati all’interno delle mura, così facendo sulle navi genovesi, che si sottrassero ai nemici fuggendo dal mar Nero, viaggiava un nemico invisibile che si rivelò non appena giunsero a destinazione. Le vie marittime diventarono, quindi, i canali principali di diffusione della peste nera. Ma non solo questi furono i fattori determinanti per l’enorme propagazione del morbo, infatti, poiché il flagello della peste era considerato nel corso del Medioevo come un arma punitrice di Dio, Papa Clemente VI indisse un pellegrinaggio straordinario verso Roma nel 1348, sperando in aiuto divino che potesse scongiurare la minaccia; però successivamente in tutte le città si moltiplicarono le preghiere, le processioni,gli atti di espiazione per gli sconosciuti peccati ritenuti responsabili dell’ira divina, ma queste processioni e i pellegrinaggi si rivelarono invece occasioni straordinariamente efficaci per propagare maggiormente il contagio.

Episodi di Peste Bubbonica, che si scatenarono su tutta l’Europa, si registrarono anche nella Marca medievale; gli esempi qui sotto riportati mostrano come la virulenza agì in questi Comuni del maceratese. MACERATA: La spaventosa pestilenza che infierì nel 1348 in tutta l’Italia infuriò anche a Macerata, dove circa metà della popolazione rimase vittima del morbo. A causa della grande miseria che provocò, il rettore di Ripavia, temendo una sollevazione popolare, diminuì le tasse che il comune di Macerata pagava allo stato della Chiesa.

Nel XIV secolo l’Europa, durante un periodo di grande espansione economica, diventava protagonista di grandi traffici commerciali che interessavano in particolare l’Asia. Il mondo conosciuto divenne da allora ancor più unito e vicino. Ma proprio queste rinnovate rotte commerciali e questa maggiore unificazione favorirono per secoli la diffusione di una terribile epidemia che decimò il mondo allora conosciuto: la peste nera. Nel basso medioevo dopo una fase ascendente caratterizzata da un forte incremento demografico, si ebbe in seguito una brusca frenata causata da un morbo mortale. La società europea fu colpita in modo durissimo ma non fu distrutta. Perse approssimativamente un terzo circa dei suoi abitanti e fu costretta ad un riassetto complessivo della sua organizzazione sociale. L’esperienza della peste fu in ogni caso un ricordo terribile che angosciò

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SARNANO:Particolare invece fu ciò che avvenne nella piccola cittadella di Sarnano, nella Marca medievale del 1300,in cui si registrò un caso anomalo differente da quello riscontrato nel resto dell’italia. La situazione si poteva definire differente poiché l’attacco della pestilenza avvenuto 50 anni prima, presenta una diminuzione della popolazione sarnanense, mentre l’Italia era caratterizzata da un aumento demografico. Però questo calo, il più accentuato nel 1317, non continuò nel corso del '300 ma anzi subì una crescita esponenziale che non si fermò neanche con la peste nera del 1348. Leggendo le documentazioni dei fumantes, cittadini che pagavano le tasse, dai loro conti e pagamenti possiamo conoscere le variazioni demografiche della cittadella; grazie a queste si è potuto comprendere le cause di tale crescita dovuta dagli intensi flussi migratori, che però non si ha conoscenza di quanto furono influenti sulla popolazione.

profondamente l’umanità, infatti nell’arte in cui vengono ancora conservate le cupe memorie, dalla pittura trecentesca dei teneri colori dei paesaggi agresti e delle dolci contrade cittadine si ebbe un drastico cambiamento passando ai “Trionfi della Morte ” ed alle “Danze macabre” che esortavano a ricordare che davanti alla morte gli uomini sono tutti uguali.

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POLLENZA: Pollenza rimase difesa da Francesco Sforza e da soldati mercenari dal 1340 al 1347 ma alla loro partenza verso Milano lasciarono la cittadina in una grande disgrazia. Infatti dopo qualche anno infuriò la pestilenza che fino allora non si era mai manifestata. Tutto ciò provocò un avvenimento assai inconsueto : un Consigliere, durante il consiglio generale, propose di porre Sant’Antonio di Padova come protettore di Pollenza. Successivamente fu commissionata a Lorenzo D’Alessandro di raffigurare Sant’Antonio in una pittura che nel 1496 fu portata processionalmente per le vie della cittadina sperando che l’aiuto divino potesse salvare il popolo da questa calamità, ma nulla cambiò riguardo alle morti derivate dal morbo che invece cessarono a partire dai primi del '500.

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Mater Misericordiae

In questo periodo l’arte non è rimasta in disparte, ma ha avuto la sua importanza, anche nel territorio maceratese, in particolare nella città di Macerata, dove in seguito ad una grande epidemia di peste nel 1447 fu costruita un’edicola per scongiurare la fine della pestilenza. Questa è un voto emesso per impetrare dalla Madonna la fine della gravissima pestilenza che stava dileguando. Il piccolo santuario, contra pestem, è stato dedicato alla Madonna della Misericordia, alla quale si affidava il compito si intercedere presso Dio, affinché si placasse la sua ira contro l’umanità peccatrice, materializzatasi attraverso questo contagio pestilenziale. La piccola edicola si narra sia stata costruita nell’estate del 1447, in una sola giornata; la sera del 15 agosto fu posta la prima pietra e il giorno seguente fu portata a compimento, in questo periodo concludere una chiesa in un solo giorno era molto come, in quanto equivaleva a ricevere una grazia, che era davvero necessaria per la popolazione maceratese. Con il tempo l’edicola ha subito varie modifiche, restauri, ma soprattutto ampliamenti, che l’hanno portata ad essere così come ora la conosciamo. Nel Cinquecento la basilica fu ampliata e allo stesso periodo risale anche la tela più importante. Il dipinto “Madre della Misericordia” collocato sull’altare del santuario, rappresenta la Vergine con il mantello aperto, sostenuto da due angioletti a cui si affiancano a sinistra San Giuliano, patrono della città di Macerata, Sant’Andrea apostolo, protettore della confraternita degli Schiavani, e a destra San Rocco e San Sebastiano, entrambi invocati dalla popolazione contro le epidemie. Questa tela oltre ad un valore sacrale ne ha anche uno taumaturgico che le è stato attribuito in seguito alla protezione dall’epidemia di peste. La Madonna infatti ha avuto il compito di tutelare i fedeli con il grande manto, che simboleggia la sua intercessione, attraverso cui tutela i devoti. L’autore del dipinto è tutt’oggi sconosciuto: alcuni hanno avanzato l’ipotesi che sia Pietro Perugino, iniziatore della pittura devota; più certo è invece il periodo in cui questa fu dipinta, agli inizi del XVI secolo. Nel complesso quest’opera ha un grande valore miracoloso, a tal punto da rappresentare l’opera principale della basilica.

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Successivamente, nel 1569, il vicario del vescovo volle far demolire l’edicola, ma il popolo si oppose e nel 1574 il vescovo accolse la richiesta dei fedeli. Nel Seicento la profonda devozione dei fedeli fece sì che questa diventasse un importante luogo di culto, al pari di tutte le altre basiliche della città. Poi nel 1734, quando Luigi Vanvitelli arrivò nella città di Macerata, la cappella era oramai distrutta, poiché dal 1610 non aveva subito più nessun restauro e addirittura si racconta che al suo interno piovesse e che molte opere, tra cui la tela della Madonna della Misericordia, stessero andando in rovina. Così durante il soggiorno dell’architetto, che si protrasse fino al 1741, venne prima sistemata la costruzione preesistente, e quindi ampliata e decorata riccamente. A prova della forte devozione dei maceratesi nei confronti della Vergine, il 16 novembre del 1952 la città di Macerata è diventata “civitas Mariae” (città di Maria) e in questa occasione la chiesetta è stata arricchita delle porte bronzee ad opera di Giovanni Cantalamessa. LUIGI VANVITELLI Luigi Vanvitelli (1700 - 1773) fu un architetto italiano che oscillò tra la corrente Barocca e Neoclassica. Diventò pittore seguendo l'esempio del padre. Partecipò inoltre a diversi concorsi per la realizzazione di alcuni monumenti a Roma, come la fontana di Trevi, ma con progetti neoclassici poco apprezzati. La sua opera più importante fu senza dubbio la "Reggia di Caserta" per il re di Napoli Carlo di Borbone. Successivamente lavorò ad Ancona, dove eresse la "Mole Vanvitelliana" e il Lazzaretto, poi dal 1735 al 1741 a Macerata, costruendo la chiesetta di "Mater Misericordiae" in stile neoclassico; infine si occupò del progetto del caratteristico campanile della Santa casa di Loreto.

UNA TRADIZIONE CHE DURA TUTT’OGGI Ancora oggi, per ringraziare la Madonna della grande grazia ricevuta, dalla fine del XVIII si celebra la “Festa delle Canestrelle” in segno di devozione e di generosità. Una nota giunta fino a noi, del 25 agosto 1833 dice: “Questa mattina, giorno di domenica, è l’anniversario dell’incoronazione: sono venute le così dette Canestrelle e fra queste i cavalli hanno portato circa 30 rubbie di grano”, segno che già in quella data si celebrava quest’evento. Inizialmente la ricorrenza cadeva la terza domenica di agosto, poi con il tempo è stata spostata alla prima di settembre. In questa occasione vengono portati nel Santuario dei sacchi di grano da tutte le parrocchie del comune di Macerata: il ricavato della vendita del frumento viene poi impiegato per la cura del luogo sacro.

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La Morte Trionfante L'intraprendenza e l'autonomia che l'uomo del basso medioevo era riuscito a conseguire sia dal puto di vista pratico sia da quello psicologico subisce un duro colpo verso la metà del '300. A far crollare la nuova idea che si era sviluppata è l'avvento della peste nera che colpisce duramente l'Italia tra la primavera e l'autunno del 1348; questa, iniziata a diffondersi a partire dall'Oriente nel 1347 e trasmessa da un nemico "invisibile" (una pulce parassita che assorbiva con il sangue del topo il bacillo della peste e lo trasmetteva agli esseri umani presenti nel suo raggio d'azione), fa sentire inerme la popolazione che dimostrerà questa insicurezza e questo sconvolgimento sia nell'ambito economico che in quello delle arti figurative. Saranno infatti proprio gli artisti a rappresentare i sentimenti della popolazione attraverso nuovi motivi e mediante una diversa scelta cromatica. Ci troviamo quindi di fronte a un'iconografia della morte caratterizzata dal gusto per il tema funebre e per il mondo dei defunti. Ci troveremo quindi spesso di fronte a un motivo tipico che è quello dell’ "danza macabra"; in questo tipo di rappresentazione il principale personaggio e la morte personificata in varie modalità tali da rendere inquietante la sua visione. Questo espediente era un ammonimento che ricordava all'osservatore l'imprevedibilità e l'imminenza della morte e che noi riconosciamo come "memento mori". Questo tipo di rappresentazione raggiunge l'apice nel "Trionfo della Morte", affresco commissionato dai domenicani che si trova nel Camposanto di Pisa. Qui la morte è una donna con ali di

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βίος + ήθος = BIOETICA BIOETICA è una parola che negli ultimi anni sta entrando in gioco in moltissime questioni di rilievo … sappiamo realmente di cosa si tratta? E il perché della sua nascita? E su cosa si basa? Ecco qui semplici risposte che tentano di chiarire le idee sulla questione! [1]: COS'È IN PRATICA? Diciamo che con essa s’intende lo studio della condotta umana nell’ambito delle scienze della vita in relazione a quelli che sono i principi morali di base. Cosa che sembra così tanto astratta quando, invece, nel nostro piccolo, tutti noi “pratichiamo” un minimo di bioetica poiché il solo porsi di fronte ad un problema riguardante la vita e giudicarlo da un punto di vista morale e non assoluto, cercando la strada meno confutabile possibile, rappresenta un’ ottima applicazione di questa disciplina; non manca infatti chi preferisce definirla movimento culturale data la vastità della portata delle questioni in oggetto e dell’ inevitabile coinvolgimento pubblico.

vampiro che sorvola la terra con la sua falce e si scaglia sugli uomini distruggendo la loro vita serena. Assisteremo poi al motivo della morte a cavallo simbolo di un destino che colpisce alla cieca. La peste, in molte opere dell’epoca, è raffigurata come una freccia: come la freccia viene scagliata repentinamente e provoca un decesso rapido, la peste colpisce gli uomini e non possono fare niente per evitare la morte. Un esempio di queste opere è Allegoria della peste, opera che Giovanni di Paolo dipinse del 1437. La freccia come raffigurazione simbolica della peste è presente anche in molte statue di San Sebastiano: egli era il santo a cui si raccomandavano gli appestati ed è infatti spesso rappresentato trafitto da varie frecce. Nelle Marche abbiamo diversi esempi di ciò, esse si trovano a Matelica, Esanatoglia, Castelraimondo, Gagliole, Treia e San Severino. La peste è rappresentata dai pittori come l’emblema di una universale condizione umana di sofferenza, la morte è padrona della scena internazionale, alla quale tutte le maggiori autorità sono assoggettate. La situazione rimarrà per diversi secoli, poichè il flagello tornò più volte, la stessa: la mentalità della gente rimarrà per sempre segnata da questo terribile avvenimento.

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[2]: È SEMPRE ESISTITA? Non può essere negata una forma aurorale di riflessione legata a questioni inerenti la vita, ma s’incomincia a parlare di bioetica in quanto tale solo negli anni ‘60 – ‘70. Tuttavia il perché del suo sviluppo in quel periodo non è certo. Ѐ pressoché innegabile però la stretta correlazione tra le rivoluzioni in campo medico-scientifico e l’imposizione di questa etica applicata, difatti le nuove metodologie e scoperte necessitano di un’analisi sulla loro liceità. Per ultimo non è poi da sottovalutare lo sviluppo di questo nuovo “movimento culturale” fondato sulla morale in un periodo ove imperversava una tremenda crisi dei valori. [3]: SU COSA SI BASA? Non è corretto stabilire un qualcosa che sta alla base di questa disciplina poiché è essenzialmente fondato su ideali morali non assoluti che perciò possono essere oggetto di variazione, tuttavia possiamo stabilire dei punti fermi che fungono da criterio. Un’ argomentazione che mira alla giustificazione razionale dei giudizi morali dovrebbe rispettare i seguenti input: •Beneficenza (procurare il bene) •Non-malevolenza (obbligo di evitare e causare danno e dolore) •Rispetto per l’autonomia (obbligo di rispettare la capacità altrui di prendere decisioni) •Giustizia (obbligo di onestà nella distribuzione dei benefici) [4]: MEDICO-PAZIENTE: rapporto etico o giuridico? Possiamo dire che questa relazione possiede una sorta di ambiguità di fondo: il dottore ha il dovere di agire per il bene ultimo del paziente, ma non deve tralasciare la “messa in sicurezza” della sua posizione. Ciò non significa che non vi sia una possibilità di coniugare i due aspetti nonostante le difficoltà. Un’altra controversia riguardante questo argomento sta nella decisione autonoma in merito alle terapie; difatti solamente all’incirca dagli anni ‘90 (relativamente tardi rispetto ad altri paesi) in Italia è stato sancito il diritto del paziente a scegliere in quale misura e con quali modalità sottoporsi a delle cure. Si potrebbe continuare a sollevare quesiti sull’argomento all’infinito senza trovare una verità assoluta, ma possiamo definire un punto da cui partire: il paziente ha il diritto ed il dovere di poter scegliere a quali terapie sottoporsi e di affidare la propria vita in mano ad un medico il quale, tutelando la sua posizione, agirà con l’obbligo di fare SOLO il bene della persona sottoposta alle sue cure.

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Battiamo i Batteri

LA STORIA dell’umanità ha visto un andamento demografico che nel corso dei secoli ha oscillato alternativamente da periodi di benessere a periodi pestilenziali. Ma come esplodono le epidemie? La risposta ci viene suggerita anche da alcune notizie storiche riguardanti famosi esempi di epidemie, tra le quali è nota quella comparsa nel 1348. Se volessimo sintetizzare la fitta trama di cause in una sola parola, quella sarebbe “contatti”: si noti, infatti, che i casi di peste più ostinati hanno avuto facile sviluppo in seguito a considerevoli aumenti demografici. Sulle fondamenta della contrazione del morbo si trova un fastidioso batterio che risponde al nome di Yersina pestis, provocatore di sintomi più volte letali. La peste non è certo l’unica manifestazione del fallimento del sistema immunitario: facendo un passo indietro nel Settecento, l’Europa era assoggettata al giogo del vaiolo, una malattia infettiva ora non più temuta. Più recentemente fu documentata la drammatica influenza spagnola, diffusasi facilmente nel 1918 grazie alla propria capacità di evolvere a parassita umano. Saltiamo ora in un periodo preoccupantemente più recente: è sufficiente guardare indietro di pochi anni per ricordare il virus dell’influenza aviaria H5N1 e il più conosciuto virus H1N1 dell’influenza suina, dovute a cause principalmente professionali e igieniche e responsabili di focolai inaspettati per le conoscenze mediche.

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I VACCINI DI FRONTE alla consapevolezza che i vaccini potrebbero essere le basi per un futuro benessere mondiale, la ricerca è andata avanti incessantemente arrivando a risultati incredibili. La notizia ci arriva dagli Stati Uniti, dove il biologo Craig Venter annuncia con clamore un grande passo in avanti: egli, infatti, con il suo team è riuscito a creare nuove specie di batteri al laboratorio con grandi applicazioni nel campo ambientale e soprattutto nella medicina dei vaccini. Il team di Venter, togliendo il DNA naturale dal nucleo dei batteri lo ha ricostruito e assemblato in laboratorio producendo nuove colonie di batteri. Di certo la scienza continuerà a fare passi da gigante per migliorare le cure e i vaccini ma intanto possiamo affermare con orgoglio che dopo secoli di dominazione da parte di batteri ora siamo in grado di manipolarli.

Lo sapevi che... • Il virus dell’AIDS deriva dal nostro antenato, lo scimpanzé? • La pericolosa epidemia della peste non viene altro che dalla pulce del topo? •Anche i batteri hanno un loro carattere? Alcuni sono altruisti e aiutano i loro compagni, mentre altri invece cercano di ostacolarli. •Ricercatori allo Scripps Research Institute sono riusciti ad "espandere" il dna di un batterio di E. Coli, aggiungendovi una coppia di nucleotidi artificiali?

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Nome Scientifico: YERSINIA PESTIS Vi fu il tempo in cui l’Europa fu minacciata da una gravissima epidemia che causò in poco tempo la morte di un terzo della sua popolazione, l’infezione poteva avvenire nel giro di poche ore portando l’individuo alla morte quasi certa. Potrebbe sembrare la trama di un film, ma questo è ciò che successe veramente nel XIV secolo con l’arrivo della peste. Analizziamo più da vicino la causa di questa ”ira divina”, così pensata nel Trecento quando ancora non si era in grado di conoscere e studiarne la vera causa. Yersinia pestis è un coccobacillo che è in grado di moltiplicarsi in un ampio range di temperature e di pH, e nelle tane dei roditori nelle quali le pulci (Xenopsylla cheopis) che portavano il sangue infetto si accumulavano e andavano a contaminare diversi organismi, arrivando anche alla trasmissione dell’infezione all’uomo. E’ proprio per questo motivo che la peste fu portata in Europa da alcuni ratti intrufolati nelle stive e che riuscì a diffondersi in tutta Europa a partire dal sud Italia.

Purtroppo ancora oggi la peste continua a provocare morti, soprattutto nei paesi dell’Africa o nelle zone dell’Estremo Oriente a causa delle scarse condizioni di igiene ed è proprio il batterio Yersinia pestis l’antenato di tutti quelli esistenti al momento.

LA NOSTRA ESPERIENZA IN LABORATORIO Per capire meglio come i batteri in generale si riproducono siamo andati in laboratorio e abbiamo seminato i microrganismi lattici, Streptococcus thermophilus e Lactobacillus bulgaricus, contenuti nello yogurt su un terreno di coltura specifico. Dopo circa una settimana in un forno regolato a 37°C i bacilli si sono moltiplicati e hanno invaso parte dei terreni. Una volta prelevati e messi su un vetrino abbiamo attuato la colorazione di Gram per meglio notare la differenza tra di questi osservandoli al microscopio. Ovviamente il terreno di coltura di Yersinia pestis è la carne animale e umana nella quale, soprattutto a ridosso dei linfonodi, si accumula in ingenti quantità facendo crescere i cosiddetti bubboni; le cellule batteriche poi si immettono nel circolo sanguigno causando una grave infezione di questo (setticemia) che altera i fattori del sangue e diminuisce l’irrorazione agli organi vitali del corpo.

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I BATTERI I batteri sono organismi procarioti semplici formati da un singolo cromosoma in cui è contenuta la maggior parte del loro DNA e a cui sono associate alcune proteine che svolgono varie funzioni. Si riproducono per scissione binaria perciò gli individui di una colonia risultano geneticamente identici alla generazione parentale; tuttavia possono ricombinare i loro geni attraverso i processi di trasformazione, trasduzione e coniugazione che permettono l’ acquisizione di DNA dall’ ambiente esterno , da virus batteriofagi o da altri batteri.

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La Peste: un male antico La peste nel corso dei secoli ha provocato, in una dimensione "apocalittica", distruzione e morte senza limiti di spazio e di tempo, accomunando uomini e animali nella lotta per la sopravvivenza, è per questo che numerosi autori ne hanno parlato rendendola un "tòpos", cioè un luogo letterario ricorrente tra gli scrittori classici occidentali. Già agli albori della letteratura troviamo delle citazioni riguardanti l'epidemia ne "L'Iliade" di Omero. Il poeta greco afferma che la pestilenza si è diffusa a causa dell'ira di Apollo , il quale ha scagliato le frecce sull'esercito acheo, provocandone lo sterminio; la furia del Dio fu causata da Agamennone che aveva infranto le regole dell'Olimpo, rendendosi colpevole di "hybris", cioè di tracotanza. Anche in Sofocle la malattia ha colpito la popolazione attraverso dei dardi scagliati dagli dei, tuttavia egli si sofferma maggiormente sulla descrizione della drammaticità del morbo definendolo "maligno". Diversamente da questi due autori Tucidide svolge in un primo momento un'indagine degli aspetti patologici del male, poi si sofferma sulle implicazioni morali. La descrizione prettamente clinica si articola nei sintomi, nei malori ed infine nella morte. Descrive una società completamente sconvolta che non riesce a trovare un rimedio, portandola così al disprezzo delle leggi umane e divine. L' analisi di Tucidide fece scuola, infatti il lungo passo conclusivo del "De rerum natura" di Lucrezio non può fare a meno di condurre un indagine razionale della peste. Nella descrizione della varia fenomenologia del morbo, l'accento cade sulle immagini più crude e ripugnanti, in una progressione di orrore che ha tutti i connotati dell'incubo; Lucrezio infatti esprime anche un sentimento di dolente commozione e di pietosa solidarietà di fronte alla miseria dell'uomo oppresso dalla natura crudele. Virgilio dedica a sua volta una suggestiva digressione del libro III delle "Georgiche" a una peste del mondo animale, contaminando però la descrizione con tratti patetici, staccandosi dalla severità della trattazione tucididea e lucreziana. Il poeta intende offrire l'ennesimo esempio della propria sensibilità verso il mondo animale. Un altro poeta che riprende il tòpos della pestilenza è Ovidio, narrando del morbo che si abbattè su Egina per volere di Giunone. Non si ha nessun riferimento alla medicina bensì si affida all'interpretazione religiosa, inserendo elementi patetici, sottolineando quindi la sua predilezione della letteratura rispetto la scienza.

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Omero "Apollo che lungi saetta" Iliade, I, v. 21

Sofocle, 496 a.C. – 406 a.C. “La città […] si spegne nei germi che chiudono i frutti della terra, si spegne nelle mandrie dei buoi e nei parti infecondi delle donne.” Edipo re Tucidide, ca.460 a.C. – dopo il 397 a.C “Subito erano di color sanguigno ed emettevano un fiato strano e fetido. […] le parti interne ardevano a tal punto da non poter sopportare il rivestimento di vesti leggere o di lini, né altro che non fosse l’andar nudi […] molti osavano ciò che prima si guardavano bene dal fare a piacimento.” La guerra del Peloponneso, II

Lucrezio, 94 a.C. – 50 a.C.

Virgilio, 70 a.C. – 19 a.C. Ovidio, 43 a.C. – 18 d.C. “Da principio calò sulla terra una caligine spessa, opprimente; una cappa di nubi formò una morsa d’afa spossante, e per tutto il tempo che la luna impiegò a colmare Quattro volte il disco pieno, soffiò un caldo Austro dalle folate mortali.” Metamorfosi, VII

La Città, Palcoscenico del Male

<<La separazione brutale, senza un prevedibile futuro, ci lasciava sconcertati, incapaci di reagire contro una presenza, che adesso occupava i nostri giorni. Infatti soffrivamo due volte:prima di tutto della nostra sofferenza, e poi di quella che immaginavamo negli assenti, figli, sposa o amante>>, scrive Albert Camus ne “La peste”. Infatti una tra le principali conseguenze della peste, la cosiddetta “malattia del topo ”, è la rottura dei legami affettivi. Anche Boccaccio nel “Decameron”descrive la fuga degli uomini non solo dalle case e dalle città, ma soprattutto dalle persone, compresi i propri cari. La paura della morte era più forte dell’amore. Ci si schifava a vicenda e nessuno si prendeva cura degli altri, addirittura i genitori abbandonavano i figli. Tra le poche eccezioni Manzoni racconta nel XXXIV capitolo de “I promessi sposi” l’amore di una mamma che supera le paure e l’egoismo per sua figlia. <<Gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d’averne sparse tante, c’era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un’anima tutta consapevole e presente a sentirlo. […] Portava essa in collo una bambina di forse nov’anni, morta. […] Un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia […] La madre, dato a questa un bacio in fronte, la mise lì come sur un letto, e l’accomodò, le stese sopra un panno bianco e disse le ultime parole: “Addio, Cecilia! Riposa in pace! Stasera verremo anche noi, per restare sempre insieme. Prega intanto per noi; ch’io pregherò per te e per gli altri”>>. La città diventa specchio del caos che dilagava tra le genti. Ma come reagiva la popolazione? Da un lato la disperazione portava alcuni a chiudersi in casa e a vivere nell’estrema moderazione, dall’altro molti si abbandonavano all’eccesso e ai piaceri della vita, come il bere e il mangiare. Tra i due opposti vi erano coloro che continuavano la loro vita quotidiana, portando sempre con sé fiori, erbe odorifere e spezie per ristorarsi (dal “Decameron”). A questo quadro di dissolutezza si aggiungevano le donne che perdevano il pudore e, pur avendo superato l’infermità, continuavano a mostrarsi senza veli, e i servi, che cessavano di prestare fedeltà ai signori, cercando di impadronirsi dei beni lasciati dai padroni alla loro morte. Ad esempio il Griso pur avendo fatto molta attenzione a non toccare né i monatti né Don Rodrigo, cerca del denaro tra le vesti del suo superiore infermo e contrae la malattia (“I promessi sposi”, capitolo XXXIII). Non si conoscevano rimedi per questa malattia né i medici potevano immaginarne le cause, perciò gli uomini le trovavano o nell’influenza degli astri o nell’ira divina che si scatenava contro di loro per punirli. Inoltre, come spesso accade, si è portati a cercare un responsabile per spiegare l’ignoto. Quale miglior bersaglio se non il diverso? Anche in questo caso il diverso veniva identificato nell’ebreo, il quale venne discriminato fin dai tempi dei romani, prima per la religione, poi per la “razza”.Durante tutta la storia dell’umanità la peste è stata sempre presente , per questo, è stata argomento di svariati autori. Uno tra questi è Defoe che nel “Diario dell’anno della peste” a proposito dell’epidemia del 1600 scrive <<Moltissimi che andavano al mercato in buona salute, portavano con sé a casa la morte>>.

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Giovanni Boccaccio, uno dei più importanti scrittori e poeti italiani del ‘300, nasce nel 1313 a Firenze e muore nel 1375 a Certaldo. Lo ricordiamo per il suo capolavoro “Decameron”, una raccolta di cento novelle riguardanti svariati temi, dall’amore alla beffa, dalla fortuna all’ingegno, raccontate da “un’onesta brigata” formata da dieci ragazzi che, nell’anno della grande peste, il 1348, si allontanano dalla corruzione e dalla volgarità della città per continuare a vivere in modo equilibrato, distaccato e sereno.

"I Promessi Sposi” è la più celebre opera di Alessandro Manzoni (Milano, 1785-1873) e contribuì molto alla formazione della lingua nazionale italiana. E’ ambientato tra il 1628 e il 1630 e racconta il travagliatissimo matrimonio tra i due giovani Renzo e Lucia. Oltre ad essere romanzo storico, è anche romanzo di formazione, in quanto tratta l’evoluzione del protagonista.

Liceo Scientifico Statale GALILEO GALILEI Macerata, Via Alessandro Manzoni, 95 www.scientificomc.it Dirigente scolastico: Ferdinando Romagnoli Capo redattore prof.ssa Annalisa Campanaro (Lettere) Redattori Classi: III G, III F

Albert Camus (1913-1960), scrittore e filosofo, è forse per antonomasia il tipico rappresentante dell'intellettuale francese del dopoguerra. In un suo romanzo intitolato "La Peste" racconta di un'immaginaria epidemia che intorno al 1940 colpisce la città algerina di Orano. Egli affida alla peste un valore allegorico di metafora del male e del dolore inflitto agli uomini e la città diventa palcoscenico delle diverse passioni umane.

Collaboratori prof.ssa M. C. De Sanctis prof. R. Giusti prof.ssa M. Cellini prof.ssa A. M. Orfini prof.ssa M. L. Perrotta prof. F. Iraci prof.ssa. L. Cerquoni

Daniel Defoe, nato nel 1660 e morto nel 1731, è stato uno scrittore britannico che ha raggiunto il successo grazie al famosissimo “Robinson Crusoe”. Ma va ricordato anche il “Diario dell’anno della peste”, nel quale l’autore si sofferma in particolare sui risvolti psicologici e sociali della peste di Londra del 1665, avvicinandosi molto così alla descrizione manzoniana.

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