RECENSIONI&REPORTS report
Il cannibalismo e la nascita della coscienza di Volfango Lusetti Una nota e un testo di un seminario 1. Il problema della coscienza 2. L’uomo è l’unico cannibale in natura? 3. Il pericolo di estinzione e gli equivalenti cannibalici 4. Il collettivo: categoria logica o rinnovata istanza metafisica? 5. Per una genealogia della morale 6. L’ebraismo e il dio predatore
1. Il problema della coscienza Dove collocare l’origine del linguaggio e dell’autocoscienza? Le peculiari e inedite caratteristiche della specie umana sono il frutto di un miracoloso salto ontologico nella catena dell’essere, o vanno ricercate nella lunga storia di evoluzione e selezione naturale della nostra specie? Se è così quali sono gli eventi, gli accadimenti concreti che hanno condotto l’umano all’utilizzo della parola e all’ininterrotta riflessione circa se stesso? Sono le domande cui tenta di rispondere lo psichiatra Volfango Lusetti nell’ambito del seminario svoltosi a Napoli, presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, nei giorni 1 e 15 dicembre, sul tema Il cannibalismo e la nascita della coscienza, titolo del testo che l’autore ha pubblicato per Armando Editore nel 2008. La teoria di fondo che Lusetti chiarisce a partire dal primo incontro si basa su un’ipotesi precisa: nel corso di una lunga storia evolutiva, probabilmente a seguito di una catastrofe naturale, i nostri antenati hanno posto in essere pratiche cannibaliche nei confronti dei cuccioli, per sopravvivere alla carenza di cibo. Questo comportamento avrebbe presto determinato l’estinzione della specie, se non fossero intervenute una serie di pratiche antipredatorie, soprattutto a opera delle femmine, volte a ostacolare l’uccisione dei piccoli. La sessualità permanente della femmina è stata la prima moneta di scambio per la sopravvivenza; linguaggio e autocoscienza furono ulteriori strumenti utilizzati come misure difensive: la parola, il suono della voce come potente ipnotico, nenia che incanta, seduce e ammansisce il predatore; l’autocoscienza come struttura di vigilanza, che tiene
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