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condizione permanente. 4. “Per la maggior parte del XX secolo, il mondo è stato diviso da una straordinaria lotta per gli ideali: visioni totalitarie e distruttive contro libertà e uguaglianza. La grande lotta è finita. Le visioni militanti di classe, nazione e razza che promettevano l’utopia, ma davano miseria, sono state sconfitte e screditate”. Con l’affermazione di una netta soluzione di continuità, fra un passato durato quasi un secolo, e la nuova situazione inauguratasi con l’inizio del terzo millennio, si apre il documento sulla National Security Strategy(d’ora innanzi: NSS), reso noto al Congresso il 20 settembre del 2002. Articolato in alcuni densi capitoletti, riguardanti non solo le necessarie trasformazioni nella strategia e nel funzionamento delle istituzioni preposte alla sicurezza nazionale, ma anche le linee di una rinnovata politica economica, e preceduto da una Introduzione dello stesso G.W.Bush, il testo nel suo complesso non dissimula le sue ambizioni. L’obiettivo al quale esso tende è infatti quello di disegnare un nuovo quadro teorico-politico, al cui interno si collocano le opzioni di carattere più strettamente militare, e le stesse linee guida della politica economica statunitense, “per far fronte alle sfide e alle opportunità del XXI secolo”. Atto conclusivo di un processo di elaborazione avviato all’indomani dell’11 settembre, il NSS si propone esplicitamente come documento fondativo di una politica estera totalmente diversa, rispetto a quella a cui gli Stati Uniti si erano attenuti per oltre mezzo secolo, dalla fine della seconda guerra mondiale fino al crollo del muro di Berlino. Le premesse per questo mutamento strategico erano già state poste nel testo intitolato Nuclear Posture Review(d’ora innanzi: NPR), sottoposto al Congresso il 31 dicembre del 2001. In esso, infatti, si offriva una prima dimostrazione concreta di ciò che lo stesso Presidente Bush intendeva, quando aveva affermato (novembre 2001) che “nella politica di sicurezza, gli USA dovevano procedere oltre il paradigma della guerra fredda”. Muovendo dal presupposto (già dichiarato nel rapporto del National Institute for Public Policy di alcuni mesi prima) che “non è possibile prevedere oggi quale sarà lo scenario strategico del 2005, e meno ancora del 2010 o del 2020”, il NPR sostituiva all’idea del graduale smantellamento degli arsenali nucleari, che pure rientrava negli impegni precedentemente assunti dall’Amministrazione, il criterio di una revisione, ispirata ad alcuni fondamentali criteri guida. In sintesi, il documento asseriva la necessità di lasciarsi definitivamente alle spalle i piani strategici assunti durante la guerra fredda, per adottare invece una “nuova triade”, articolata lungo tre direttive: “a) sistemi di attacco (sia nucleari che non nucleari); b) sistemi di difesa (sia attiva che passiva); c) una rivititalizzazione delle infrastrutture di difesa che consenta di acquisire nuove capacità di affrontare situazioni di emergenza con grande tempestività”. Oltre ad un completo ribaltamento, rispetto alla prospettiva più volte annunciata di una progressiva denuclearizzazione degli armamenti (“le armi nucleari giocano un ruolo decisivo nelle capacità di difesa degli Stati Uniti, dei loro alleati e dei loro amici”), il NPR prefigura già in maniera abbastanza esplicita quello che sarà il baricentro concettuale del NSS, vale a dire la nozione di guerra preventiva. Alla base delle “tre gambe” della “nuova triade”, vi è infatti la convinzione più volte ribadita che il compito principale della strategia americana nel XXI secolo dovrà consistere nel prevenire gli attacchi, più ancora che nel rispondere tempestivamente ad essi. Di fronte al presentarsi anche solo di una semplice minaccia – si legge nel NPR – è dovere primario degli USA impedire anticipatamente con tutti i mezzi, ivi inclusi


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