2011 saggio per martiniello

Page 15

Due anni fa, in piena crisi finanziaria, il sociologo urbano Sudhir Venkatesh si chiedeva sul New York Times perché non fossero scoppiate delle rivolte di massa contro le banche. Dov’erano i forconi? E soprattutto dov’erano le folle? La risposta, secondo Venkatesh, era l’iPod: “Negli spazi pubblici serve un’interazione che crei la ‘mentalità di gruppo’. La maggior parte degli apparecchi come l’iPod tiene i cittadini separati gli uni dagli altri. Non puoi unirti a un movimento se non senti quello che dicono i partecipanti. Complimenti a mister Jobs per aver ostacolato i cambiamenti sociali”. Era una battuta a effetto, ma non solo: qualcuno di sinistra – quasi – ci stava ricordando quanto le tecnologie di registrazione abbiano cambiato la vita urbana. Il timore che la musica registrata favorisca l’isolamento non è nuovo. Prima dell’invenzione del disco e del grammofono, nel 1887, l’unica forma di ascolto era sociale. La cosa che più si avvicinava a un’esperienza musicale privata era suonare uno strumento da soli o leggere uno spartito. Qualcuno poteva frequentare le sale da concerto: un’esperienza resa perfettamente da Edith Wharton nella scena iniziale di L’età dell’innocenza, pubblicato nel 1920, quando quel rito stava passando di moda. Con la riproduzione meccanica nacque la possibilità, fin lì inconcepibile, dell’ascolto solitario della musica polistrumentale 57.

Può significare una sorta di autismo, ma può però anche costituire lo stimolo per un approfondimento delle differenze e per l’uso delle differenze come mattoni per la costruzione della propria identità, secondo un modello maturo del consumare cultura. Certo, senza una adeguata pedagogia, che fornisca modelli d’intervento per condurre una formazione miratamente orientata a sviluppare nei soggetti l’attitudine strategica alla frequentazione dei media, è difficile che le differenze parlino al nostro orecchio; più probabile è il disorientamento, l’acusia, l’insensibilità, la superficialità. Per evitare le insidie e riuscire quindi a profittare positivamente della molteplicità messa a portata di mano dai media bisognerebbe acquisire un atteggiamento d’ascolto insieme decentrato ed attento, bisogna acquisire le competenze per realizzare un management dell’ascolto. Prima l’ascolto era monocentrico ed egocentrico, in quanto favoriva una appropriazione totalizzante del tempo, quasi si potesse controllare il divenire, mediante la sua proiezione orientata, oggi ci si rende conto che un ascolto è possibile solo a condizione che si abbandoni ogni aspirazione a rigidamente orientarlo. Per poter continuare ad ascoltare dobbiamo inventare delle strategie di ripiegamento. I media spingono a trattare le informazioni in modo non lineare. E questo è particolarmente evidente con le nuove generazioni, meno compromesse con la logica tradizionale della scrittura. I nostri ragazzi oggi possono fare i compiti, guardare la tv, ascoltare la radio, parlare al telefono, tutto nello stesso tempo. Ciò perché essi ritengono l’informazione non in senso logico sequenziale, ma in una sorta di cluster. Il sistema dei media li ha assuefatti ad una trasgressione sistematica dei meccanismi causa-effetto e della continuità spazio-temporale, abituandoli al meccanismo della incorporazione casuale delle informazioni nell’ambito di un sistema ad alto tasso di entropia. Di fronte a questa situazione non ha senso giocare in termini puramente difensivistici. Si tratta di sviluppare le strategie cognitive idonee alla nuova situazione, cogliere le opportunità che essa eventualmente è in grado di offrire.

57

Ibidem.


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.