Salutare 62

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Una sana abitudine


Sommario Alimentazione

Nutrizione

La Sindrome Metabolica: un nemico silenzioso.

Sei intollerante? Attenzione alle etichette!

Il piede dello sportivo: il ruolo del podologo dello sport

Riabilitazione

Prevenzione

Musicoterapia

Sindrome del canale cubitale

Cos’è il linfedema

Le persone Down e la musicoterapia

Farmacia

Criminologia

Psicoterapia

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Alitosi: un problema diffuso

Le Parafilie

Oncologia Il cancro del polmone: attualità e prospettive

Ricerca Fertilità dopo terapie anti-tumorali

Terapia Un ospite indesiderato...

Psicologia Dall’io al noi, il gruppo come “contenimento”

Normative La maternità surrogata

Pedagogia Il Metodo Autobiografico

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Podologia

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La fatica che non passa

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Tutti gli articoli hanno solo finalità informativa ed educativa, non costituiscono motivo di autodiagnosi o di automedicazione e non sostituiscono la consulenza medica specialistica.

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Angolo dei Lettori Pubblicazione mensile Anno VI n° 62 - 2011 Distribuzione gratuita Reg. Tribunale Av in data 15/01/2004 N° 419 Editore: Ass. Culturale Salutare

All'età di 14 anni ho subito intervento di ernia, ciò ha comportato "almeno credo da profano in materia" di avere un testicolo piccolissimo ed un'altro normale. Cosa questa che mi sono sempre portato dietro piscologicamente. Certamente sono una persona sposata da 31 anni con prole, sessualmente sono normale. Tempo addietro vi fu un medico che mi voleva applicare una protesi testicolare ma io ho sempre avuto paura. Oggi mi chiedo "anche per aiutare giovani che vivono il mio dramma" è possibile impiantare delle cellule staminali adulte internamente al testicolo in questione? visto che stanno studiando tanto sulla creazione di organi attraverso le cellule staminali? Scusatemi se questa mia domanda sarà stupida o banale a 56 anni vorrei aiutare quei giovani che hanno il mio stesso problema o almeno provarci. Grazie Luciano Gentile lettore, per quanto l'argomento delle cellule staminali sia di grande attualità e apra le porte ad importanti conquiste nel campo medico scientifico, al momento non vi è nulla che riguardi la sfera sessuale - urologica. Uno degli ultimi importanti risultati nel campo è la ricostruzione del seno dopo un cancro. Una nuova tecnica per la ricostruzione del seno di tessuto irradiato, indicata dopo una mastectomia seguito da chemioterapia e radioterapia: senza cicatrici e con sensibilità presentata dal dr Josep María Serra Renom, del servizio di chirurgia plastica dell'Hospital Quirón di Malaga. La tecnica, di cui ne hanno già beneficiato più di cento donne in due anni, è indicata nei casi in cui non è possibile un intervento chirurgico che conservi il seno e si deve eseguire una mastectomia con successiva chemioterapia e radioterapia, che è quanto

accade in quasi l'80% dei casi di questo tipo di cancro. Per la ricostruzione del seno, fino ad ora, si usavano tessuti di altre parti del corpo della medesima donna, come l'addome o la spalla, con pelli molto diverse dal seno, e questo comportava di dover lasciare diverse cicatrici, oltre ad operazioni lunghe e complesse per estrarre il tessuto da impiantare nel torace, col risultato che questo tessuto impiantato non aveva sensibilità. La nuova tecnica prevede la rigenerazione tissutale, si' da avere una sorta di lettino dietro cui impiantare il seno attraverso la stessa cicatrice della mastectomia, e quindi il tessuto che si rigenera è uguale a quello della zona trattata della paziente e mantiene la medesima sensibilità ed elasticità. Per rigenerare i tessuti si usa grasso del tessuto adiposo dell'addome della paziente, ma non attraverso una liposuzione perchè in questo modo si romperebbe il grasso e non servirebbe, ma mediante aspirazione negativa, con una pressione di un quarto di atmosfera, in modo che il grasso rimanga vivo e quindi, una volta trasformato in una centrifuga e ottenute le cellule staminali, può attecchire come un innesto. Una volta ottenute le cellule staminali, si passano in un siringa e si iniettano attraverso dei tunnel o cammini filiformi nella zona del tessuto irradiato che si intende rigenerare. In questo modo si ha una rivascolarizzazione della zona ed un ingrossamento del tessuto adiposo di circa 1,5 centimetri, e si avrà tessuto con sensibilità, colore e una buona qualità della pelle. Quindi, quando si colloca la protesi mammaria, la paziente ritrova la propria immagine corporale senza più cicatrici e con le medesime sensibilità e caratteristiche dell'altra mammella. (fonte: MolecularLab.it 23/02/2011)

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Collaborazioni: dr.ssa E. Pulerà, dr. A. Pacilio, dr.ssa L. Pagano, dr.ssa S. Ianuario, dr.ssa E. Vesce, dr. A. Sabato, dr. A. Leggiero, dr.ssa E. Salvi, dr. C. Gridelli, dr. A. Bovicelli, dr.ssa R. Melillo, dr.ssa M. Frandina, avv. T. Tomeo, dr. G. Pistillo.

Contatti: www.salutare.tel sito: www.salutare.info e-mail: info@salutare.info

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partecipare Salutare è la rivista gratuita con diversi argomenti nell’ambito della salute e benessere: medicina, psicologia, farmacia, alimentazione, ambiente e tanti altri. Si avvale della collaborazione di professionisti del settore che mettono a disposizione le proprie conoscenze al servizio di tutti i cittadini. Partecipare a SALUTARE significa sostenere un’iniziativa culturale intrapresa per sensibilizzare alla salvaguardia del benessere comune e di fornire ai lettori oltre ai servizi, il supporto da consultare per essere sempre aggiornati. Un’Ente o Azienda che usufruisce di uno spazio su Salutare ha la possibilità di comunicare ai lettori le strutture, i servizi, le iniziative sulla SALUTE e il BENESSERE.

Questo spazio è pensato per voi Comunicate le vostre opinioni, esigenze, proposte, esperienze vissute oppure un parere sulle strutture e i servizi di cui avete usufruito. Non possiamo fornire risposte personali, ma le vostre segnalazioni sono preziose per orientare gli articoli e le inchieste che pubblicheremo sulla rivista.

Direttore Responsabile: Angela Romano Redazione: Maria Paola Aprea Progetto grafico: Promova Coop. Soc. Onlus Area web: Carmine Serino

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News Una cannabis modificata

La Cannabis geneticamente modificata: per essere più potente, il mercato della droga la vuole così, ma i danni, al cervello, sono tanti e irreversibili. È Massimo Clerici, docente di psichiatria all'Università di Milano, a lanciare l'allarme: sono in arrivo, infatti, sul mercato della droga, la marijuana e l'olio di hashish ricavati da piante di cannabis geneticamente modificate. Le conseguenze di queste droghe geneticamente modificate sono molto gravi e devastanti: la corteccia prefrontale, responsabile dei processi cognitivi, subisce dei mutamenti tali da comportare un disordine psicoattivo molto più forte, in grado di scatenare vere e proprie malattie mentali. I più predisposti a queste conseguenze sono i giovani tra i dodici e i diciannove anni in quanto il cervello è, in questo periodo della vita, morfologicamente in evoluzione. La cannabis dei sessantottini e dei figli dei fiori non è la stessa che circola ora. La marijuana OGM, nel mondo, non è un'assoluta novità di questi ultimi periodi: già

nel 2004 era nota l'esistenza di piantagioni di questo tipo in Paraguay, tra le montagne del dipartimento di Canindeyu dove, per dodici mesi l'anno, la pianta modificata veniva coltivata e poi commercializzata in Brasile, Argentina, Uruguay e Cile. In Italia invece è di recente diffusione. La Società Italiana di Psichiatria ha messo a disposizione del governo e delle istituzioni (ministeri e scuole singole) cinquecento giovani psichiatri preparati per affrontare il problema, sensibilizzando e assistendo psicologicamente i giovani che fanno uso di queste droghe. Questi psichiatri hanno seguito il corso di formazione "Cannabis, Alcol e disturbi psicotici" attivato in sedici città italiane. Si tratta di uno stimolo per il governo, una proposta concreta ad un problema sempre più pressante e che sempre più spesso coinvolge ragazzini anche sotto i dodici anni di età: l'obiettivo è quello di creare una rete efficiente di consultori gratuiti che forniscano sostegno, indicazioni e assistenza ai ragazzi e ai loro genitori.

SENOnTINFORMO, l’iniziativa dell’Amdos per la prevenzione del CA mammario nelle scuole

L’Associazione Amdos Associazione Meridionale Donne Operate al Seno nell’ambito dell’attività di supporto e prevenzione del cancro al seno e di sostegno alle donne operate, con il progetto dal titolo ‘SENOnTINFORMO’ finanziato dal Centro Servizi per il Volontariato Irpinia Solidale di Avellino, ha dato inizio il 19 febbraio fino ad Aprile, ad un ciclo di incontri presso alcuni Istituti Superiori di Avellino e Provincia per promuovere la corretta informazione e la conoscenza del tumore al seno. Il progetto mira alla sensibilizzazione e coinvolgimento delle giovani studentesse in una fascia d’età compresa tra i 16 e i 19 anni appartenenti agli istituti scolastici, sul perché e come effettuare l’autopalpazione del seno. L’iniziativa ha come Partner la

Confraternita di Misericordia di Mirabella Eclano (AV) ed il GRUPPO FRATRES "Marina Di Pietro" di Mirabella Eclano (AV), realtà Odv operanti sul territorio di Mirabella Eclano per il coinvolgimento e la sensibilizzazione dei cittadini nella divulgazione delle tecniche di prevenzione e per fare rete tra Associazioni che perseguono il medesimo obiettivo ma che spesso non interagiscono e cooperano per il raggiungimento del fine comune. Salutare partecipa al progetto mettendo a disposizione i suoi canali informativi per il conseguimento di una profonda presa di coscienza del fenomeno cancro. La Cooperativa Sociale Onlus Promova è il partner per le attività di informazione e divulgazione e della gestione del sito internet www.amdos.it

Data la sua crescita, Salutare richiede l’impiego di maggiori risorse. Naturalmente il servizio che noi offriamo ha dei costi, tuttavia, abbiamo comunque deciso di mantenerlo gratuito.

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News

Ovaio: ricercatori italiani scoprono molecola per diagnosi precoci

Sull’ultimo numero della rivista medica Lancet Oncology, un articolo, on line, frutto di uno studio di ricercatori italiani, dimostra come la misura di alcune piccole molecole di RNA permetta di stabilire quali siano le pazienti con carcinoma dell’ovaio in stadio 1 che guariranno e quelle che presenteranno una recidiva del tumore e avranno quindi una sopravvivenza ridotta a causa della malattia. Lo studio, che è stato eseguito in 144 pazienti con un’osservazione di nove anni dalla diagnosi, è stato coordinato ed effettuato nei laboratori del dipartimento di oncologia dell’Istituto Mario Negri, diretti da Maurizio D’Incalci e si è avvalso di una collaborazione con i reparti di oncologia ginecologica dell’Ospedale San Gerardo di Monza – università Milano Bicocca e dell’Ospedale Sant’Anna

di Torino, università di Torino. Lo studio dimostra che esiste quello che i ricercatori chiamano firma molecolare, che definisce la prognosi, cioè la sopravvivenza delle pazienti. Il tumore alle ovaie ogni anno, in Italia, colpisce circa 5mila donne. Solo nel 25 per cento dei casi il tumore ovarico viene diagnosticato in una fase precoce, quando - con un intervento chirurgico corretto - le possibilità di guarigione sono intorno all’80-90 per cento. ll restante 75 per cento delle pazienti scopre il tumore in stadio già avanzato, quando ha intaccato anche altri organi dell'addome. Di queste pazienti, solo il 30-40% guarisce, mentre il 60% può solo sperare di trasformare il tumore in una malattia cronica con cui convivere per alcuni anni.

L’e-health vale 12,4 miliardi di euro annui Il mondo della sanità italiana potrebbe risparmiare fino a 12,4 miliardi di euro all’anno, grazie al passaggio ad una nuova dimensione informatizzata. La cifra stimata dall’on. Renato Brunetta, Ministro per la Pubblica Amministrazione, secondo il quale oltre il 10% della spesa annua del sistema sanitario potrebbe essere investito altrove se solo si riuscisse a mettere in piedi il complesso sistema di riforme con cui si spera di portare nel nuovo millennio il settore. Il ministro ha espresso le proprie convinzioni in occasione dell’audizione in Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria. I risultati raggiunti finora portano a guardare con ottimismo ai prossimi passi da compiere, soprattutto tenendo conto dei significativi vantaggi che derivano dall’utilizzo delle nuove tecnologie digitali all’intero settore della salute. Sviluppare l’e-Health in Italia è un nostro

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impegno prioritario: come confermano anche alcune stime elaborate da Confindustria, grazie all’introduzione delle ICT nella Sanità è infatti possibile ottenere un risparmio complessivo pari a 12,4 miliardi di euro in un anno (pari all’11,7% della spesa sanitaria). L’obiettivo è far sì che entro il 2012 siano semplificati e digitalizzati i servizi elementari e create le infrastrutture per una erogazione di servizi sanitari sempre più vicina alle esigenze dei cittadini, migliorando il rapporto costo-qualità e limitando sprechi e inefficienze. Il primo passaggio è stato quello dei certificati di malattia per le aziende, ed ora i prossimi passaggi, coinvolgeranno direttamente il privato con due progetti che cambieranno in modo sostanziale il rapporto oggi intercorso tra il pubblico e gli apparati sanitari: le ricette mediche online («sostituzione delle prescrizioni farmaceutiche e specialistiche

e dei certificati di malattia cartacei con documenti digitali, secondo gli standard del Fascicolo Sanitario Elettronico») e l’avvio di un fascicolo sanitario telematico («rendere disponibile ai cittadini la propria storia clinica nel c.d. Fascicolo Sanitario Elettronico, assicurando che tale patrimonio informativo, dematerializzato e conservato alla fonte sia disponibile per ogni cittadino, nel pieno rispetto della privacy. Questi, consentiranno di velocizzare, semplificare e monitorare le procedura con maggior efficacia, offrendo vantaggi tanto al sistema nel suo complesso quanto al singolo nelle sue esigenze personali. Tutto ciò è ancora da porre in essere e di non facile realizzazione se non attraverso una vasta collaborazione di tutte le parti coinvolte: va a cambiare infatti un processo consolidato negli anni che, per essere plasmato, impone un passaggio di estrema difficoltà.


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News

Il ruolo delle autonomie locali e dei sindaci nel governo della sanità in Campania Primo appuntamento del 2011 per la onlus Salus Publica Sud, che inaugura il nuovo ciclo di convegni e dibattiti in tandem con l’ANCI CAMPANIA, per interrogarsi insieme alla più autorevole associazione rappresentante dei Comuni Italiani sul ruolo delle Autonomie Locali e dei Sindaci nel Governo della Sanità. Una questione da molti mesi ormai all’ordine del giorno in questa regione e non solo, e la cui riflessione dunque necessita un approccio di respiro regionale nel confronto tra la classe politica tutta, i tecnici e gli amministratori campani. Presso l’Aula Magna dell’Ospedale Moscati di Avellino, l’associazione Salus Publica Sud, da sempre impegnata in analisi, riflessione e proposta per la qualità della sanità e del bene Salute nel Mezzogiorno, riavvia il suo ciclo annuale di incontri prendendo di petto la più scottante delle questioni odierne in questa Regione, seconda solo al problema dei rifiuti, eppure ad essa legata a doppio filo per la stretta interconnessione tra la gestione dei rifiuti e la tutela della salute dei cittadini.

Le iniziative prodotte nel corso degli oltre 15 anni di attività da Salus Publica Sud hanno tenacemente lavorato a superare la ritrosia dell’incontro pubblico ad approfondire temi percepiti troppo spesso come di esclusivo interesse degli “addetti ai lavori”. Un ottimo risultato secondo Ziccardi per questa associazione, che è riuscita a spingere al confronto diretto, sui tanti temi della “salute”, personalità note e professionisti mediche di grande valore e alte cariche politiche di rilievo regionale, associazioni della società civile, sindacati, industriali, studenti delle scuole superiori, intellettuali ed accademici, dimostrando quanto i temi legati alla salute siano e debbano tornare ad essere di interesse comune, della cittadinanza tutta e di ogni genere di competenza che finisce in qualche modo per intrecciarla (pensiamo a quanti svolgono il ruolo fondamentale di verifica e controllo in materia di igiene e sicurezza), contribuendo allo sviluppo della qualità della vita e dei diritti civili nel Mezzogiorno d’Italia; il bene Salute è un elemento centrale delle vite.

Tumori si combattono in 3D, con realtà virtuale e supercomputer

L'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano pubblica su "Nature Reviews in Clinical Oncology" una ricerca avveneristica sulla cura del cancro. Nella lotta contro il cancro arrivano supercomputer, calcolo parallelo, modellistica virtuale 3D, e altre tecniche informatiche, una volta fantascientifiche, basate (come tutto o quasi oggi) sulla potenza di calcolo. Grazie all'utilizzo di una rete di computer in calcolo parallelo, disponibile all'Università di Trieste, i ricercatori dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano hanno potuto ricostruire modelli virtuali in 3d dei recettori delle cellule tumorali e "sperimentare" virtualmente la loro efficacia, verificando poi "come la predizione fornita da questa serie di calcoli fosse perfettamente in linea con quanto osservato grazie alle tradizionali tecniche in vitro" come si legge in una nota dell'IRCCS. Il vantaggio è ovviamente intuibile ed è quello di "abbattere notevolmente i tempi per ottenere gli stessi dati". Il direttore scientifico dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e coordinatore dello studio Marco Pierotti è soddisfatto: "Le previsioni del modello circa quali molecole sarebbero state efficaci

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contro i tumori mutati sono state perfettamente confermate dalle osservazioni in laboratorio e anche dalla terapia nel paziente, in cui, usando lo specifico farmaco individuato attraverso i modelli 3d, abbiamo potuto registrare miglioramenti, documentati anche da immagini ricavate con la TAC/PET". Con questa ricerca sarà un giorno possibile sintetizzare, o meglio "elaborare" molto più velocemente "cocktail di farmaci non solo capaci di attaccare la patologia ma già pronti per combattere le sue mutazioni, prima ancora che si verifichino". Spiega infatti l'IRCCS: "Per resistere ai farmaci, infatti, il tumore si modifica in una sorta di adattamento evoluzionistico, cambiando la sua struttura molecolare e rendendo così la terapia inefficace: con questa nuova metodica non solo è possibile prevederne le trasformazioni ma anche individuare in anticipo quali farmaci possono essere usati per sconfiggerle. Lo studio è stato reso possibile da finanziamenti dell'Associazione Italiana Ricerca sul Cancro (AIRC).


Alimentazione a cura della dr.ssa Enrica Pulerà Dietista

La sindrome metabolica: un nemico silenzioso

La sindrome metabolica è caratterizzata da una serie di fattori di rischio, 3 dei quali si manifestano contemporaneamente nello stesso individuo. Tra questi riscontriamo: • Obesità addominale (circonferenza vita >102 cm nell’ uomo, > 88 cm nella donna) • Trigliceridemia > 150 mg/dl • Colesterolo LDL > 200 mg/dl • Colesterolo HDL (< 40 mg/ dl nell'uomo e <45 mg/dl nelle donne) • Ipertensione arteriosa (maggiore di 140/90 mmHg) • L’insulino-resistenza o intolleranza al glucosio (glicemia < 110mg/dl) • Acido urico elevato La fase iniziale della SM è caratterizzata generalmente dal sovrappeso o dall’obesità e più precisamente dall’accumulo di grasso a livello addominale, conseguenza di cui sarà sia l’insulino-resistenza, sia la steatosi epatica, meglio conosciuta come il fenomeno del “fegato grasso”.

Tutti gli altri disordini che si scatenano sono conseguenza diretta del sovrappeso o dell’obesità. Oltre alla terapia farmacologica che si avvale del trattamento con ipoglicemizzanti orali, sicuramente risulta necessario uno sconvolgimento radicale dello stile di vita, che dovrà basarsi su una sana alimentazione e una regolare e costante attività fisica il cui connubio consentirà di mantenere nel tempo i risultati raggiunti. È stato inoltre dimostrato che gli individui che perdono almeno il 10% del peso corporeo mediante un piano nutrizionale associato ad attività fisica migliorano i livelli di insulina e la resistenza alla stessa, i livelli di pressione arteriosa, i livelli di colesterolo e di trigliceridi nel sangue e di conseguenza riducono il rischio di morte per sindrome metabolica. Per quanto riguarda l’aspetto dietetico, essendo una condizione patologica caratterizzata dall’insulino resistenza bisogna prestare

attenzione all’indice glicemico degli alimenti, per cui risulterà necessario limitare l’uso di prodotti da forno e dolciari, mentre bisognerà favorire il consumo di cibi ricchi di fibre (sia solubili che insolubili) prestando attenzione però ad alcuni tipi di frutta (banane, loti, uva, fichi, mandarini) il cui indice glicemico risulta essere molto elevato. Risulterà necessario ridurre anche la percentuale di grassi nella dieta, favorendo quelli ricchi di acidi grassi mono e poli- insaturi (olio extravergine d’oliva e frutta secca) a discapito di quelli saturi evitando quindi le fritture.

L'arma migliore per prevenirla o combatterla è il connubio dieta - attività fisica. La sindrome metabolica si riassume in una serie di disordini che non danno sintomi visibili, e per questo viene anche chiamata il "nemico silenzioso”.

Per raggiungere un risultato ottimale bisognerà associare al piano dietetico l’attività fisica, anche leggera, purché sia costante. A questo scopo risulterà utile munirsi di un contapassi e fare circa 10.000 passi al giorno (passeggiare per 60 minuti). Da un piccolo sacrificio, ne trarrete un grosso beneficio.

Fonte: Journal of Cardiovascular medicine J. A. Martinez, Body-weight regulation: causes of obesity, Proceedings of the Nutrition Society

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Nutrizione

Le intolleranze alimentari

Esistono diverse tipologie di intolleranze alimentari. Nel numero scorso abbiamo elencato quelle più frequenti. Completiamo la panoramica, fornendo al contempo alcuni pratici consigli per evitare i prodotti in commercio che potrebbero contenerne.

Intolleranza al latte L’esclusione o la rotazione del latte riguardano anche il burro, i formaggi, i latticini. Vediamo gli alimenti che ne contengono: qualsiasi tipo di latte: maltato, in polvere, condensato. Mozzarella e parmigiano o grana, formaggi freschi e stagionati, yogurt e panna. Biscotti e dolci, tutti, comprese le merendine e le brioches. In particolare consigliamo di leggere l’etichetta del pan per i toast, quasi sempre c’è del latte,le francesine (o parigine), tipi di pane speciale. Attenzione alle miscele di fiocchi di mais e altri cereali o di muesli, perché in alcune marche famose aggiungono del latte. Alcuni salumi contengono il latte: prosciutto cotto, mortadella, salame, wurstel, salsiccia. Per gli intolleranti al latte è bene tenere presente la distinzione tra questi insaccati e gli altri che non ne contengono, come il prosciutto crudo, la coppa, il culatello, la bresaola. Attenzione alle diciture: “siero di latte, lattoalbumina e lattoglobulina, caseina, lattosio, proteine del latte o proteine vaccine”.

Come sostituire il latte? Con il latte di riso, il latte di avena, di soia e di mandorle. Se lo tollerate, anche quello di capra. Al posto dei gelati si possono consumare i sorbetti alla frutta e i ghiaccioli. Al posto delle creme si può usare lo zabaglione. Si può sostituire il cioccolato con quello fondente. Anche il formaggio di soia, il tofu, può essere una valida alternativa al tradizionale. La soia è un alimento molto ricco in proteine, ed è assolutamente plasmabile secondo le necessità: oggi infatti in commercio esistono moltissimi prodotti a base di soia per sostituire il latte, come budini, yogurt, snack, merendine, formaggi vegetali, da cucinare o per condire la pasta, perfino carne vegetale di soia.

Intolleranza al mais Anche se meno problematico, questo tipo di 10 www.salutare.info

intolleranza comporta l’estensione ad altri alimenti, come: polenta e farina gialla e tutto ciò che ne contiene, poc-corn e cornflakes della prima colazione, olio di semi di mais, amido di mais. È nostra premura segnalarvi dove potreste trovare il mais nascosto tra gli ingredienti dei cibi preparati industrialmente: salse, contenenti amido di mais come legante, o l’olio di semi di mais. Dolci fatti con la fecola di mais, pani speciali fatti con l’aggiunta di farina gialla, pasticceria industriale contenente il più delle volte oli vegetali, tra cui quello di mais. Infine non consumare la margarina, in quanto è un mix di grassi vegetali tra cui quello di mais, e i prodotti indicanti la dicitura “grassi vegetali idrogenati e non e oli di semi vari”.

Intolleranza all’orzo L’intolleranza all’orzo come cereale va estesa a quella per il malto, perché generalmente è ricavato dall’orzo. Moltissimi sono i prodotti, oggi, che ne contengono, la maggior parte di panificazione industriale: pane e pani speciali (contengono il malto), crepes (c’è dentro farina d’orzo), merendine e biscottini ma, soprattutto, i prodotti integrali, come fette biscottate, crackers ecc. e crusca. Vediamo l’etichetta: “dolcificante industriale”oppure “leganti vegetali o cellulosici”. Occorre eliminare o ruotare anche le bevande fermentate come la birra, il gin ecc. Eliminare i dolcificanti e insaporenti del latte per la colazione: ovomaltina, caffè d’orzo, yannoh, malto solubile, orzo caffè.

Intolleranza al riso Questa intolleranza oltre al riso e al latte di riso, riguarda anche il malto di riso. Vanno, dunque, tenuti in considerazione i prodotti industriali, in cui il riso o suoi derivati possono trovarsi, senza che sia specificato in etichetta, sotto forma di “addensanti”, “leganti vegetali o cellulosici”, “crusca mista”, dolcificanti industriali.


Approfondimenti

In sintesi, fate attenzione a: Preparazioni integrali miste,tra cui i fiocchi di cereali per la colazione (può esserci il riso soffiato), le fette e le gallette ecc., pane speciale; creme, budini, ecc., soprattutto la cioccolata pronta da fare in tazza; semolino, gnocchi confezionati, besciamelle vegetali. Tra le bibite contenenti riso il sakè che è proprio a base di riso, e solo alcune birre in cui ci sia il malto di riso.

Intolleranza al sale Chi è risultato ipersensibile a questo alimento deve star tranquillo che la sua dieta non sarà drasticamente modificata dall’eliminazione totale del sale da cucina (sale normale) bensì solo di quei cibi che ne contengono obiettivamente in quantità eccessiva: dado da brodo, cibi del fast food, estratti di carne e di verdure, insaccati e salumi (anche la bresaola), tutti i formaggi, pesce affumicato, olive, salamoia, patatine, prodotti industriali, in cui l’aggiunta di sale è sempre presente.

Intolleranza al nichel Se siete risultati ipersensibili al solfato di nichel sarà necessario per voi astenervi (o ruotare, in base alle disposizioni prese in studio) dai cibi contenenti grassi vegetali. Infatti, nella lavorazione industriale di queste sostanze si ritrovano elevati residui di nichel, dal momento che esso è solubile nel grasso. In uno studio riportato dalla dott.sa H. L. Clark si stima la quantità di 114 mcg/100g di nichel nei grassi idrogenati. In particolare le fonti alimentari più ricche di nichel sono le patatine fritte e le margarine. In caso di allergia da contatto, invece, sarà necessario evitare il contatto con gli oggetti che ne contengono. Fonti di nichel sono le seguenti: acqua del rubinetto,

residuato dalle tubature, utensili da cucina, utensili di metallo, anche di acciaio inox (non lasciate mai le posate negli alimenti!), moltissimi prodotti cosmetici, materiale dentistico: otturazioni dentali, corone d’oro, apparecchi, corone per i bambini. Inoltre, troviamo il nichel anche nelle montature per occhiali di metallo.

Alimenti: quelli industriali contenenti grassi vegetali (vedere scheda), spinaci, funghi, kiwi, cacao, pomodoro, pera, asparagi, rabarbaro, uvetta, prugne, lenticchie, mais (solo in caso di abbondante utilizzo, es. polenta), cibi in scatola (latta), aringhe, ostriche, margarine e grassi vegetali e cibi che ne contengono. Inoltre cipolla, frutta secca e semi oleosi, the, anche verde, lievito in polvere, liquirizia. Chi ha quest’intolleranza dovrebbe utilizzare l’acciaio inox 100% di alta qualità rispetto ad altri, pur sapendo che contiene una minima quantità di nichel. Non lasciate il cibo in pentola ma conservatelo in vasetti di vetro, non lasciate le posate nei cibi, specie se acidi, e per spalmare i burro o la panna o la maionese utilizzate la spatola di plastica; meglio utilizzare le posate di legno per mescolare e servire il cibo, o quelle di plastica alimentare, le pentole smaltate e quelle di teflon o silverstone o ceramica non colorata. Anche il materiale adatto al microonde va benissimo. Sarà molto difficile evitare completamente il nichel quindi, non ponetevelo come obiettivo: evitarlo il più possibile servirà comunque a limitare i danni, soprattutto ricordando che, se non siete propriamente allergici, il maggior beneficio verrà dalla vostra alimentazione che, ricordiamo, deve essere il più casalinga possibile.

Sei intollerante o allergico ad un alimento o sostanza? Hai da poco sviluppato un’intolleranza? Scrivi a: intolleranze@salutare.info ti forniremo news e info su dove e come puoi acquistare.

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Podologia a cura del dr. Antonio Pacilio Podologo e Posturologo

Il piede dello sportivo: il ruolo del podologo

Il piede svolge numerose funzioni strettamente correlate con l’efficienza e l’efficacia della performance sportiva.

Esso informa il sistema nervoso centrale della natura della base di appoggio sulla quale viene ad operare; questa attività risulta estremamente importante poichè è uno degli elementi fondamentali nell’ottimizzazione del gesto sportivo.

Quindi, appare evidente che, qualsiasi causa che venga ad alterare la sua struttura possa determinare importanti conseguenze e determinare una diminuzione del rendimento meccanico nell'esecuzione del gesto tecnico.

La "consapevolezza" della superficie di appoggio costituisce una condizione modulatrice dell'azione muscolare per il mantenimento dell'equilibrio, per la deambulazione, la corsa e la pedalata. Il piede, inoltre, è essenziale in quanto funziona come una sorta di ammortizzatore biologico capace di assorbire l'energia meccanica generata nell'impatto con il suolo, immagazzinarne parte sotto forma di energia elastica, trasmettere, nella fase di spinta, la forza prodotta dalla contrazione muscolare.

Naturalmente gli sport non impegnano il piede alla stessa maniera sia per quanto riguarda l’intensità della prestazione, sia per il tipo di movimento richiesto. Dal punto di vista sanitario, questa situazione di “super-impegno” può rappresentare, nel tempo, causa o concausa di eventi patologici a carico del piede o di strutture sovra segmentarie come ginocchia, bacino e schiena.

Nello sportivo, qualunque sia il livello di pratica, professionista o amatoriale, il piede deve sopportare enormi sollecitazioni e stress di varia natura come: • cambi di direzione • cambi di velocità • arresti-ripartenze • slittamenti-attriti • impatti da caduta, etc.

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Quando si esegue una marcia, una corsa, un salto o una pedalata, il peso corporeo si moltiplica, scaricandosi su tutto il piede o su alcune sue porzioni di esso; se si considera poi, che correndo per un chilometro il piede va in appoggio diverse centinaia di volte, è facile immaginare a quale sforzo esso venga sottoposto. Perché il piede possa ammortizzare il carico di sollecitazioni dovuto all’aumento della richiesta funzionale e portare a termine correttamente l’atto sportivo, oltre ad un adeguato potenziamento del tono, del trofismo e dell’elasticità muscolotendinea, esso deve essere in condizioni morfofunzionali ottimali.

Il ruolo del Podologo nello sport è quindi importante, in quanto può intervenire sull'atleta in tutte le fasi della sua attività, prima, durante, dopo la performance sportiva. Prima della competizioni, a fini preventivi rispetto alla possibile produzione di un infortunio, può valutare: la situazione morfo-funzionale del piede e dei distretti correlati sia in condizioni statiche che dinamiche (valutazione funzionale clinica e baropodometria computerizzata statica e dinamica); la condizione posturale (es. stabilometrico); definire un appropriato intervento preventivo e/o terapeutico con, per esempio, ortesi plantari funzionali o posturali, a seconda di quanto emerso nella valutazioni clinica e strumentale. Durante la competizione può intervenire sulle patologie cutanee come borsiti articolari, traumi da stress ecc... Dopo la competizione può risolvere quanto sopraggiunto come l’edema e la flogosi locali o le patologie ungueale quali l’unghia incarnita o traumatizzata. L’attività del Podologo si implementa con quella del medico di medicina generale, dell’ortopedico e del medico dello sport, per quanto concerne tutte le patologie del piede, della caviglia e della postura.


Riabilitazione a cura della dr.ssa Lucia Pagano - Fisiatra

Sindrome del canale cubitale Quadro clinico, diagnostico e terapeutico

Cenni anatomici Il nervo ulnare nasce dalle radici che fuoriescono dal tratto cervicale della colonna vertebrale. Esso percorre il braccio, il gomito e l’avambraccio per portarsi alla mano. Nel suo percorso, dà origine a diversi rami, che portano lo stimolo per il movimento di molti muscoli dell’avambraccio e della mano. Il nervo ulnare è il più importante nervo motorio della mano (i nervi motori sono quelli che forniscono lo stimolo per il movimento dei muscoli). Esso inoltre dà la sensibilità al dito anulare e al mignolo. Al di dietro del gomito, il nervo ulnare attraversa un canale (detto canale cubitale), che ha un pavimento formato dall’osso (il solco epitrocleare) e un “soffitto” formato da muscoli e da un legamento, che mantiene il nervo nella sua sede.

Quadro clinico Una disfunzione del nervo ulnare con compressione al gomito può determinare formicolii e parestesie sull’anulare e sul mignolo (forma irritativa) fino a vere e proprie sindromi deficitarie con diminuzione oggettiva della sensibilità termica e dolorifica in modo più o meno accentuata accompagnata da atrofia della muscolatura ulnare dell’avambraccio, della eminenza ipotenare e del 1° spazio interosseo con conseguente perdita di forza della flessione della falange basale del 4° e 5° dito, atteggiamento in griffe di

queste ultime, impossibilità alla presa laterale pollice-indice e ad allargare e riavvicinare le dita (forma deficitaria). Oltre ai disturbi clinici il segno di Tinel (percussione-palpazione diretta del nervo) è molto netto con dolore alla doccia epitrocleoolecranica, c'è una diminuzione della presa pollice indice con positività del segno di Froment o della pinza. Fondamentale nel percorso diagnostico risulta essere l'esame elettromiografico (EMG) e talora può essere di aiuto anche l'ecografia.

Terapia Nelle forme irritative non gravi il trattamento può essere medico e fisioterapico con antinfiammatori per via sistemica o locale (con schiume, pomate o cerotti a uso topico) e fisioterapico attraverso l’applicazione locale di laser e di ultrasuoni. Utile il ricorso durante il sonno ad un tutore del gomito in estensione al fine di evitare la flessione del gomito stesso. Durante la fase di veglia invece si consiglia al paziente di poggiare i gomiti su superfici soffici come cuscini.

varia a secondo della patologia che ha determinato la compressione ma sostanzialmente consiste nella decompressione del nervo ulnare alla doccia epitrocleo-olecranica. Dopo l’intervento, è necessario immobilizzare il gomito con una stecca di gesso che comprende braccio, avambraccio e polso per circa 7 giorni. Una volta tolta la stecca gessata è bene effettuare un programma riabilitativo per evitare la formazione di cicatrici retraenti e per favorire il recupero del movimento articolare, della forza e della sensibilità della mano.

La compressione del nervo ulnare al gomito rientra tra le sindromi canalicolari più fre quentemente diagnosticate in ambito ortopedico-riabilitativo.

Approfondimenti

Compressione del nervo ulnare In chirurgia ortopedica, di frequente si presentano casi di sindrome da compressione di nervi in canali osteofibrosi che per patologie traumatiche o infiammatore o malformative, sono sede di compressioni al nervo. Tale patologia ortopedica porta una sintomatologia dolorosa e disfunzionale ai nervi che decorrono nei canali osteofibrosi. Conosciuta è la sindrome del tunnel carpale per compressione del nervo mediano al polso. Parimenti, la sindrome canalicolare da compressione nella doccia epitrocleo-olecranica del nervo ulnare al gomito, è molto frequente.

Nelle gravi forme irritative e nelle forme deficitarie il trattamento è chirurgico è deve essere eseguito in tempi rapidi per evitare la comparsa di deficit neurologici irreversibili. Il tipo di trattamento chirurgico alutare 13


Prevenzione a cura del dr.ssa Silvana Ianuario Specialista in semeiotica e diagnosi D.L.

Cos'è il linfedema

Il linfedema è il gonfiore di una parte del corpo, più frequentemente degli arti, causato dall’accumulo patologico di liquido linfatico. Può presentarsi anche al volto, al collo, all’addome, alla pleura.

Sebbene sia una condizione cronica e progressiva, è possibile di solito tenere il linfedema sotto controllo attraverso una buona cura e attenzione su alcune regole basilari. Questa patologia più spesso causa senso di pesantezza, deformazione estetica, disagio, ripetuti episodi di infezioni (linfangiti, erisipela) e in rari casi degenerazione maligna. I casi severi sono associati con fibrosi della pelle, durezza dell’arto, perdita di linfa e gonfiore massivo (elefantiasi). Sebbene la maggior parte dei medici pensa che il linfedema sia una condizione rara, essa è di fatto usuale, colpendo approssimativamente l’1% della popolazione.

Linfedema primario Il linfedema può essere sia primario che secondario. I casi primari sono quelli che si presentano senza alcuna causa apparente. Essi possono presentarsi alla nascita (linfedema congenito) oppure più avanti nella vita (linfedema precoce) o svilupparsi dopo i 35 anni (linfedema tardivo). Alcuni casi sono congeniti, familiari. Linfedema primario è più comune nelle donne e si presenta più spesso nella parte distale degli arti.

Linfedema secondario Il linfedema secondario è causato da ferite, cicatrici o escissioni dei linfonodi. Questo si presenta abitualmente come il risultato di pregressa radioterapia e/o asportazione chirurgica dei linfonodi, al collo, all’ascella, alla pelvi, all’inguine. Questi trattamenti sono praticati più comunemente per il cancro del seno, dell’utero della vescica dell’ovaio, della prostata, dei testicoli e per melanomi o linfomi maligni. Occasionalmente il linfedema secondario può essere causato da traumi o da infezioni croniche del sistema linfatico. 14 www.salutare.info

Si stima che negli Stati Uniti ci siano due milioni di casi di lifedema secondario, la maggior parte è il risultato della terapia del cancro al seno. In alcuni paesi del mondo, il linfedema secondario è molto più comune a causa di infezioni provocate da parassiti che ostruiscono le vie linfatiche (filarie).

Linfa In aggiunta al sangue circolante nelle arterie e nelle vene, il nostro corpo possiede un secondo liquido circolante: la linfa. Le arterie trasportano il sangue dal cuore ai vari tessuti del corpo, le vene e i vasi linfatici trasportano il sangue e la linfa indietro verso il cuore. La linfa è un liquido chiaro, senza colore trasparente, che origina negli spazi dei tessuti interstiziali di tutto l’organismo. Da qui i vasi linfatici portano questo fluido tramite i dotti linfatici destro e sinistro alle grandi vene del collo. La linfa differisce dal sangue in quanto la composizione contiene meno proteine e non contiene i globuli rossi. Il suo compito è rimuovere il fluido in eccesso, batteri, virus, i rifiuti prodotti dai tessuti negli spazi interstiziali. La maggior parte del liquido interstiziale torna al cuore attraverso il capillare venoso. Il resto, circa due litri al giorno, viene trasportato indietro nel circolo sanguigno attraverso i vasi linfatici. La linfa, nel passare da una regione del corpo alla successiva, scorre attraverso i linfonodi regionali. Qui è filtrata e viene liberata da tossine,batteri e cellule morte. Attraverso la mediazione del timo, le tonsille, la milza, i linfonodi producono i linfociti, cellule che sono importanti nella lotta contro le infezioni e il miglioramento delle capacità immunitarie.


Essa viene spinta attraverso i vasi linfatici dall’attività muscolare, dalla contrazione degli stessi vasi, dal movimento del diaframma e dalla pressione negativa endotoracica durante il ciclo respiratorio. Dato che i vasi linfatici sono dotati di valvole all’interno della loro parete, la linfa può circolare soltanto in una sola direzione verso le grandi vene alla base del collo, dove si unisce al sangue nel suo percorso verso il cuore. Fattori favorenti Chirurgia e o terapia radiante Chirurgia e infezioni postoperatorie Obesità Infezioni, (punture d'insetto, piede d'atleta, paronichia) Stile di vita sedentario Indumenti o gioielli stretti Posizione dipendente dell’arto Tumori ricorrenti Protesi pesanti del seno Traumi Impatto sul paziente Peggioramento della condizione nel tempo Pesantezza e limitazione della mobilità Episodi ripetuti di infezione Ispessimento della pelle, perdita di linfa dalla pelle (linforrea) Problemi estetici, difficoltà a trovare vestiti e scarpe. Ospedalizzazioni frequenti alterato stile di vita, niente sole o calore, limitazione delle attività. Formazione sul trattamento del linfedema

Problemi del trattamento Il paziente che sviluppa il linfedema affronta certamente i problemi maggiori. Le ragioni di ciò sono numerose. Non esistendo specialità mediche che includono il linfedema tra le condizioni curabili, nella sua prevenzione è l’effettivo trattamento.

Poiché ci sono pochissimi esperti specialisti in linfologia… molti pazienti vengono mandati da un medico all’altro e pochissimi dottori raggiungono alti livelli di specializzazione. Il fisioterapista, per di più, ha poca o nessuna formazione sul trattamento del linfedema. Inoltre, un singolo trattamento non è efficace. Spesso sono prescritti i diuretici, sebbene, questi abbiano effetti non duraturi o benefici.

La Terapia La terapia del linfedema è essenzialmente di tipo riabilitativo e va sotto il nome di terapia decongestiva manuale combinata che è l’insieme di metodiche fisioterapiche manuali a disposizione di un team riabilitativo particolarmente formato in flebolinfologia.

Le fasi del trattamento sono quattro: 1) Igiene e cura della cute. La cura igienica della cute è essenziale coadiuvante o meno dagli antibiotici. La finalità di questo trattamento è di evitare lo sviluppo di batteri e funghi, che possono causare ripetute infiammazioni dei tessuti (linfangiti, eczemi, ulcere). 2) Linfodrenaggio manuale Il massaggio linfatico decompressivo viene fatto per un’ora due volte al giorno. Si effettua con specifiche manovre manuali lungo il percorso linfatico con la funzione di svuotare e decomprimere i vasi linfatici ostruiti. 3) Bendaggio elastocompressivo Il bendaggio dell’arto malato viene effettuato dopo il linfodrenaggio manuale. Deve essere confezionato dopo

precise prescrizioni mediche per la valutazione delle controindicazioni. Rappresenta una componente importante della terapia in quanto aumenta la pressione tessutale e impedisce che l’arto malato si riempia della linfa già svuotata. 4) Esercizi di chinesiterapia decongestiva isotonica con o senza bendaggio Questa fase mette in movimento ogni gruppo muscolare dell’arto gonfio con il risultato di aumentare il flusso linfatico.

Cose da fare: meticolosa pulizia della pelle e delle unghie, dormire con parti sollevate o avvolte.

Esercizi: camminare, nuotare e specialmente fare esercizi prescritti, usare saponi e profumi ipoallergenici. Nutrizione eccellente: basso contenuto di sale, pochi cibi fritti e molta frutta fresca e verduraviaggiare con l’arto alzato o elevato.

Cose da evitare: Bagni caldi L’obesità Alcolici e sigarette quanto più è possibile Bagni turchi e saune, ustioni (cucine e sole) Climi caldi o freddi Punture d'insetti Manicure e pedicure Forature e tagli della pelle Venografia, linfografia Sollevamento oggetti pesanti Tennis o golf Indumenti stretti in particolare reggiseno con cinghie anelli, orologi, bracciali, scarpe con tacco alto.

Fonte: www.amdos.it

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musicoterapia a cura della dr.ssa Elisa Vesce Musicoterapeuta

Le persone Down e la musicoterapia

C'era una volta una piccola Down che sbocciò dal grembo della madre; aveva paura che qualcuno le potesse fare del male ma, sentendo il profumo della rosa riuscì ad aprirsi al mondo e alla vita. Poesia di una ragazza Down (AIPD sez. di Campobasso)

La Sindrome di Down è una condizione genetica dovuta alla presenza di un cromosoma in più nella coppia 21, motivo per cui è anche chiamata trisomia 21. È diagnosticabile durante la gravidanza o alla nascita. Gli attuali studi e orientamenti sulla riabilitazione relativi alla sindrome di Down si riferiscono ad un intervento multidisciplinare e multifocale, individualizzato e flessibile. Questo perché il bambino Down presenta un variabile grado di ritardo nello sviluppo cognitivo e motorio. L'entità del ritardo dipende sì da un fattore genetico e dalle eventuali specifiche problematiche di salute aggiuntive, ma soprattutto dalle modalità e opportunità educative e riabilitative che il bambino riceverà.

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scrivi a: musicoterapia@salutare.info

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questi brani, uniti a tecniche di respirazione, accompagnano il "rilassamento corporeo" necessario, in alcuni casi, per superare paure, agitazioni inopportune, atteggiamenti aggressivi. Per favorire la relazione, l'espressione, la motricità, la comunicazione, l'apprendimento si utilizzano strumenti percussivi-melodici in maniera creativa attraverso tecniche musicoterapiche ben precise. Per bambini con problemi di coordinazione motoria o con rigidità gestuale si darà priorità a quelle attività che, attraverso l'attivazione ritmo-movimento o mediante percorsi sonori individualizzati, porranno l'attenzione sulla presa di coscienza percettivo-sensoriale dello schema corporeo.

Una di queste opportunità è sicuramente la musicoterapia che, basandosi sulla stimolazione globale e plurisensoriale dei processi cognitivi, si pone come trattamento riabilitativo precoce.

Per sviluppare le abilità fini-motorie, essenziali per mettere in pratica qualsiasi programma di insegnamento individualizzato (scrittura lettura), si fa riferimento a quelle attività che richiedono uso e consapevolezza delle mani e dita e che sono strettamente legate all'interazione oculo-manuale.

Solitamente le persone Down mostrano maggiore sensibilità e piacere all'ascolto di brani musicali melodici o poco ritmati ma con buon sostegno armonico come per es. il preludio op.28 n.4 di Chopin, il 3° movimento del quartetto op.60 di Brahms;

Direzionando le dita e le mani verso posizioni precise, come le note di un pianoforte, il bambino svilupperà il controllo, la consapevolezza e l'intenzionalità dei propri movimenti. Percepirà, inoltre, i cambiamenti di tempo, dal veloce al lento, i

mutamenti dinamici, dal forte al piano, i suoni acuti da quelli gravi, stimolando anche la percezione uditiva e visiva. Un'attenzione particolare merita il problema di una buona produzione del linguaggio verbale che, se da una parte và stimolato, dall'altra va tenuto sotto controllo in quanto in alcuni casi potrebbe essere ecolalico (ripetizione involontaria di parole o frasi pronunciate da altre persone) oppure idiosincratico (caratterizzato da espressioni bizzarre apparentemente non collegate al contesto nel quale avviene l'interazione verbale, o ai contenuti della stessa). La strada per aiutare la produzione del linguaggio, la sua prosodia e lo sviluppo dell'espressività sarà tracciata seguendo il percorso dell’intonazione: intonazione di precise note musicali sulla base di un ritmo della parola e di una appropriata respirazione; dell’invenzione con l'uso di vocali, onomatopee, sonorità dell'ambiente circostante per approdare a motivi musicali atti ad enumerare, nominare parti del corpo, animali, cose, situazioni ed eventi che veicolano messaggi più complessi e la comprensione di essi. L'obiettivo finale è quello di creare esperienze di apprendimento attraverso cui la persona possa acquisire consapevolezza dei propri


Approfondimenti

L'Associazione Italiana Persone Down sezione di Campobasso

stati emotivi e dei meccanismi cognitivi che li influenzano. I trattamenti e i controlli ai quali si sottopongono le persone Down hanno fatto in modo di aumentare l'aspettativa e la qualità di vita: la maggior parte dei bambini raggiungono un buon livello di autonomia personale, di interazione sociale dimostrando grandi risorse e potenzialità. I giovani e gli adulti Down possono apprendere un mestiere e impegnarsi in un lavoro svolgendolo in modo competente e produttivo.

È un'associazione di genitori e tutori di Persone con Sindrome di Down, non ha fini di lucro e vuole essere soprattutto un punto di riferimento per genitori, operatori socio-sanitari e tutti coloro che sono interessati alla Sindrome di Down. Gli scopi principali dell'AIPD di Campobasso sono: - favorire il pieno sviluppo sociale, mentale ed espressivo dei bambini con Sindrome di Down; - aiutare le famiglie a confrontarsi e a risolvere i problemi connessi con la nascita del bambino Down, la sua educazione, il suo inserimento nella scuola e nella società; - promuovere e favorire lo studio e la ricerca sulle cause e i fattori a rischio che favoriscono l'insorgenza della Sindrome di Down, sulla prevenzione e sull'intervento più idoneo per lo sviluppo delle potenzialità delle persone Down; - offrire agli Organi legislativi e di governo

della Regione e degli Enti Locali, una responsabile collaborazione nell'applicazione delle norme vigenti, nella formulazione di piani e di programmi, nello studio di nuovi provvedimenti, esplicando, ove occorra, opera di persuasione, stimolo e pressione; - reperire fondi occorrenti al perseguimento del proprio scopo, anche convenzionandosi con enti pubblici e privati mediante pubbliche sottoscrizioni. Pertanto, i servizi che offre sono i seguenti: -servizio di informazione e consulenza; servizio sociale e legale; - Corso di Educazione all'autonomia; - Corso di Musicoterapia; - Corso di informatica; - Corso di cucina; - Corso di ballo; - Corso di orienteering. Per ulteriori informazioni rivolgersi: aipdcb@tiscali.it

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Farmacia a cura del dr. Aldo Sabato Farmacista

Alitosi: un problema diffuso

Il termine "alitosi" significa letteralmente "cattivo respiro" e sta ad indicare l'odore sgradevole dell'aria emessa dal cavo orale.

La componente psicologica di tale disturbo, colpisce circa il 50% della popolazione mondiale e ne è facilmente intuibile e ben nota fin dalle civiltà più antiche, tanto che numerosi rimedi sono stati indicati nel corso dei secoli. L’alito cattivo infatti può rappresentare una grande limitazione nei rapporti interpersonali, inducendo chi ne soffre ad evitare il più possibile contatti troppo ravvicinati con il prossimo. In antico tempo, si diceva che, anche l'alito più puro non sembrasse essere sprovvisto di odore e, nelle persone di buona salute che si nutrono di sostanze prevalentemente vegetali, risulta dolce e non ha nulla di particolare che lo distingue. Inoltre, è da considerare, che con l'età l'alito acquista un odore più o meno forte, che sembrerebbe correlato allo stato di irritazione della membrana polmonare e gastrica e che, ci siano altre cause che potessero rendere l'alito sgradevole: le malattie della bocca, delle fossi nasali, del polmone o dello stomaco, oppure l'assunzione di particolari cibi quali per esempio aglio, cipolla i quali producono cattivo odore quanto più difficile si presenta la loro digestione. Le cause possono essere di fattore intraorale o extraorale. Cause prevalenti dell'alitosi La malattia parodontale: in soggetti affetti da problemi relativi al tessuto di sostegno dei denti, l'entità dell'alitosi appare direttamente proporzionale alla gravità della malattia stessa. La patina linguale: cioè il ristagno di considerevoli quantità di residui proteici e microrganismi sulla lingua può indurre alla produzione di composti alitogeni. La xerostomia: la riduzione del flusso salivare provocata da alcune

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terapie farmacologiche (es. farmaci antidepressivi) influisce negativamente sull'alitosi diminuendo le capacità autodetersive orali e favorendo la proliferazione di biofilm. Le protesi totali: in soggetti portatori di protesi totali removibili si evidenzia la presenza di specifici focolai batterici ritenuti corresponsabili dell’origine dell'alitosi. Le lesioni patologiche orali: l'alitosi può esser associata ad altre problematiche in pazienti con infezioni odontogene dei tessuti molli, stomatiti acute o croniche ulcerative, e neoplasie maligne. È importante ricordare, tra i fattori extraorali, anche le affezioni infettivo-infiammatorie otorinolaringoiatriche, quali le sinusiti, tonsilliti, le patologie sistemiche quali il diabete mellito, l'insufficienza renale cronica o l'insufficienza epatica, oltre alle malattie broncopolmonari o gastroenteriche. Quando originano i problemi dal cavo orale, è necessario riportare la condizione della bocca in uno stato di salute attraverso una miglior cura dell'igiene orale. È opportuno, rimuovere le cause che possono costituire fattori a rischio come placca e residui di cibo, oppure processi cariosi in atto, facendo in modo che ogni singolo individuo che presenta questa patologia, possa correggere le cattive abitudini, tipo: fumo, alcool, alimentazione pesante, ed evidenziando in esse la causa del suo cattivo alito. Per una buona igiene orale è previsto: - spazzolamento dei denti dopo ogni pasto per almeno 3-4 minuti con tecnica adeguata; - pulizia adeguata del dorso della lingua con l'apposito puliscilingua; - uso quotidiano del filo interdentale;


- sciacqui con colluttori preferibilmente a base di clorexidina per la pulizia delle gengive, mucosa orale, lingua e tonsille. È importante comprendere che, per ottenere una risoluzione definitiva del problema, è necessario rimuovere le cause che ne sono all'origine, un colloquio col vostro farmacista di fiducia vi può indirizzare verso la scelta migliore. Superstizioni sull'alitosi Tante sono le superstizioni che riguardano le cause dell'alitosi, per esempio non si sa come abbia fatto a formarsi la sciagurata credenza dello “stomaco come causa di alitosi”, ma purtroppo tale credenza esiste e ha impedito o rimandato l’appropriato trattamento a tante persone sofferenti. Contrariamente alla credenza popolare l'alitosi non origina dallo stomaco o dai polmoni e raramente è causata da indigestioni.

In accordo con le ricerche più frequenti, il maleodore orale è prodotto dalla patina presente sul dorso della lingua, dallo scolo di muco nasale nel cavo orale e da danni parodontali.

Approfondimenti

Sostanze responsabili dell'alitosi I composti volatili solforati sono i principali responsabili dell'alitosi di provenienza dal cavo orale. Sono prodotti dai batteri anaerobi che provocano gravi parodontopatie (piorrea), tanto che si è pensato che la loro presenza nella patina biancastra che ricopre la lingua di alcuni soggetti può predisporre alla malattia parodontale. Quando si presentano le condizioni di una loro indiscriminata proliferazione la concentrazione intraorale delle sostanze maleodoranti aumenta, provocando, al di sopra di determinati valori, la chiara percezione olfattiva all'esterno.

Questi batteri provocano la putrefazione delle sostanze organiche proteiche contenute nella saliva, nei residui alimentari che compongono la placca batterica e nel sangue presente nella bocca in caso di gengivite e parodontite. Per effetto della loro azione vengono così liberati gli elementi chimici responsabili dell'alitosi, i cosiddetti compositi volatili solforati che comprendono il solfuro di idrogeno, che ha odore di uova marce, il metilmercaptano che odora di cavolfiore in decomposizione, l'acido isovalerico il cui odore è simile a quello dei piedi sudati e i composti amminici come putrescina e cadaverina.

Farmacia Sabato

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Via Carducci, 20/22 Av

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criminolologia a cura del dr. Antonio Leggiero Criminologo

Le parafilie (prima parte)

Una disamina scientifica sommaria delle principali forme di per versioni sessuali.

Con il termine parafilia si intende, in un’accezione scientifica ben precisa, ogni comportamento abnorme avente come caratteristica la messa in atto di fantasie sessuali distorte rispetto agli schemi ed agli standards abituali da un punto di vista biologico-naturalistico. Questi individui (soggetti parafilici) possono essere affetti in modo sistematico da questi disturbi, i quali invadono la loro psiche fino a distorcere e menomare pesantemente la loro vita di

relazione soprattutto di tipo sessuale oppure possono essere colpiti soltanto occasionalmente da queste fantasie abnormi, vivendo un’esistenza in condizioni apparentemente normali. Non di rado in questi soggetti possono essere presenti nell’arco della loro esistenza, in modo contemporaneo o successivo nel tempo, diversi disturbi di tal genere. Il DSM IV (Il Manuale internazionale dei disturbi mentali) codifica le parafilie nel modo seguente:

Feticismo: forma di perversione sessuale nella quale il soddisfacimento è legato ad una sorta di “culto” di parti del corpo, di capi di vestiario o in generale di indumenti dell’altro sesso (molto spesso anche soltanto ad un tipo di tessuto); questi oggetti divengono per il parafilico autentici feticci. La più diffusa forma di feticismo è quella legata ai piedi.

Travestitismo: disturbo per il quale il soggetto ama vestirsi con abiti del sesso opposto (di solito uomini vestiti da donna). È un tipico disturbo psico-sessuale.

Esibizionismo: forma di parafilia, per la quale chi ne è affetto ama ostentare le proprie parti intime soprattutto in presenza di bambini ed adolescenti (maggiormente di sesso femminile).

Voyeurismo: osservazione nascosta di contesti erotici

fantasie, impulsi sessuali o comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti sessualmente, con le seguenti caratteristiche: - Possono riguardare soggetti inanimati; - Possono prevedere la sofferenza o l’umiliazione di se stessi o del partner; - Possono coinvolgere bambini o altre persone non consenzienti; - Debbono avere una durata minima di almeno 6 mesi. In linea generale, le più comuni forme di parafilia sono le seguenti:

ottenuto infierendo pesantemente sul partner, sia fisicamente che psicologicamente. In casi estremi, questa pericolosissima forma di parafilia può portare alcuni individui alla commissione di omicidi (i cosiddetti “omicidi per libidine”).

Pedofilia: è la forma di perversione sessuale probabilmente più conosciuta consistente nell’attrazione sessuale verso i bambini di entrambi i sessi.

Zoofilia: pesante compromissione dell’investimento libidico avente ad oggetto gli animali. Sovente è accompagnata da maltrattamenti inflitti alle bestie. Masochismo: parafilia molto conosciuta e diffusa a causa della quale il piacere del soggetto è ottenuto soltanto mediante la sofferenza e l’umiliazione, che egli ricerca, provocate dall’azione di terzi. Coprofilia: parafilia atipica per la quale chi ne è affetto provoca piacere dal contatto con le feci, soprattutto nei rapporti sessuali (uno dei personaggi storici affetti da tale disturbo era Hitler).

al fine di ricavarne eccitazione e gratificazione sessuale.

Necrofilia: forte, abnorme e patologica attrazione ero-

Sadismo sessuale: forma di perversione speculare

tica nei confronti dei cadaveri, che si riscontra, talvolta, negli assassini seriali (sovente chi ne è affetto fa di tutto per essere assunto come custode di cimiteri o di obitori).

alla precedente, a causa della quale il piacere sessuale è

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psicoterapia a cura della dr.ssa Elisa Salvi

La fatica che non passa

Secondo il Center for Disease Control di Atlanta, la Sindrome da Fatica Cronica è caratterizzata da: * sfiancamento debilitante, senza precedenti storie dello stesso sintomo, non si risolve con il riposo e dura per almeno sei mesi; * esclusione, attraverso esami medici di altre patologie: tumori, malattie endocrine, dipendenza da farmaci, malattie autoimmuni, infezioni localizzate, malattie neuromuscolari, abuso di sostanze tossiche. I sintomi solitamente compaiono e scompaiono in poche ore o in pochi giorni e sono: * Febbre tra 37, 5-38, 6 *Dolori alla gola (faringite non essudativa) *Dolori alle ghiandole ascellari, cervicali *Stanchezza muscolare

*Dolori muscolari *Affaticabilità generalizzata prolungata per 24 ore *Cefalea *Artralgia migratoria *Disturbi neuropsicologici (confusione mentale, difficoltà nella concentrazione, perdita della memoria, depressione) *Disturbi del sonno Le persone più colpite sono giovani donne tra i 35 e i 40 anni, e qualche bambino, mentre la malattia è rara tra gli anziani. Questa sindrome è ancora poco conosciuta, sia dal punto di vista psicologico, sia da quello medico. La Sindrome da Fatica Cronica è una patologia complessa e sussistono diversi ostacoli alla sua comprensione, il concetto di fatica é esso stesso poco chiaro, ecco perché si raccomanda un approccio integrato. Questa patologia è stata largamente studiata dal Prof. Umberto Tirelli direttore del dipartimento di oncologia del Centro di riferimento oncologico (Cro) di Aviano, primo istituto italiano ad aver creato un'apposita unità diagnostica della Sindrome da Fatica Cronica con ambulatorio settimanale. Per quanto riguarda le cure, vi sono oggi giorno diverse terapie per la CFS, molte delle quali

possono alleviare i sintomi e la sintomatologia generale, ma non esiste ancora un trattamento definitivo. La maggior parte dei pazienti riesce a condurre la vita di sempre, distribuendo le limitate risorse tra gli impegni familiari, lavorativi e sociali, per altri purtroppo non è possibile e una larga fascia abbandona il lavoro e viene meno ai propri impegni familiari.

La Sindrome da Fatica Cronica è una patologia complessa, le persone più colpite sono giovani donne tra i 35 e i 40 anni.

Dal punto di vista psicologico abbiamo conseguenze gravi, soprattutto nei casi in cui la malattia si protrae per molti mesi facendo subentrare nel soggetto: isolamento, rassegnazione, frustrazione e rabbia nei confronti dei medici che non riescono a trovare una giusta cura per la sua sofferenza. La SFC è una patologia multifattoriale, fattori emozionali, cognitivi e comportamentali sono infatti ritenuti centrali nel darci una spiegazione esaustiva della vulnerabilità, insorgenza e mantenimento del disturbo, uno studio interessante sugli aspetti psicologici ha dimostrato che molto può aiutare una psicoterapia specificamente condotta ad orientamento cognitivo-comportamentale. Questo tipo di terapia aiuta i soggetti a identificare i loro pensieri disfunzionali che portano allo sviluppo dei problemi emotivi e, i comportamenti automatici negativi per poi sostituirli nel corso delle sedute con altri più funzionali. Il paziente, quindi, viene allenato a prendere consapevolezza del proprio funzionamento mentale e ad utilizzare le tecniche per gestire la propria sofferenza.

Fonte: Chalder Butler e Wesseley 1996 Prof.Umberto Tirelli Dott.ssa Elisa Salvi

I pazienti con tale patologia sono spesso spinti ad evitare certi comportamenti e a restringere le loro attività, se pur piacevoli, proprio sulla base delle loro credenze patogene, diventa così fondamentale interrompere i circoli viziosi che mantengono la sofferenza nel tempo e creare le condizioni per la soluzione del problema. alutare 21


Oncologia a cura del dr. Cesare Gridelli dir. U.O. di Oncologia Medica -osp. Moscati - Av

Il cancro del polmone: attualità e prospettive

Il carcinoma polmonare costituisce la principale causa di morte per cancro e rappresenta uno dei maggiori big killer.

Nell’anno 2000 in tutto il mondo vi sono stati circa 1.200.000. L’80% dei casi è attribuibile al fumo di tabacco. L’aumento dell’abitudine al fumo nelle donne ha determinato negli Stati Uniti, ma nei prossimi anni ciò accadrà anche in Italia, che il cancro del polmone sia la neoplasia più frequente non solo nel sesso maschile ma anche in quello femminile sopravanzando il carcinoma mammario. Purtroppo i programmi di prevenzione secondaria (screening per diagnosi precoce) con le vecchie metodiche (radiografia del torace, esame citologico dell’espettorato) non si sono dimostrati utili ma oggi con l’avvento della TAC spirale del torace si aprono nuovi orizzonti per dei programmi di screening sulla popolazione a rischio (fumatori) . Fondamentali sono i programmi di prevenzione primaria basati sulla lotta al fumo di tabacco. In particolare negli Stati uniti vi è un grosso sforzo legislativo e di opinione con particolare riferimento agli adolescenti. Si spera che anche l’Italia si allinei al più presto in tal senso ma si deve dire che in tal senso si avvertono dei segnali più che promettenti. Fondamentali potrebbero essere campagne antifumo dirette in particolare ai ragazzi nell’ambiente scolastico. Inoltre andrebbero ampliate le conoscenze sulle possibilità della cessazione del fumo. Smettere di fumare, in particolare in età giovanile, è sempre importante. Infatti il rischio cardiologico legato al fumo si azzera in pochi anni mentre per ridurre considerevolmente il rischio oncologico ci vogliono circa 15 anni. Nell'ambito dei tumori maligni del polmone si distinguono il carcinoma non a piccole cellule (CPNPC) (carcinoma epidermoide, adenocarcinoma, carcinoma indifferenziato a grandi cellule) e quello a piccole cellule (CPPC), quest’ultimo

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denominato anche microcitoma polmonare. Queste due forme presentano comportamenti biologici completamente differenti. Il CPNPC è meno chemio e radiosensibile, il CPPC è maggiormente chemio-radiosensibile ma molto più aggressivo. Per il CPNPC le possibilità di guarigione sono legate ad un intervento chirurgico radicale. Ciò è chiaramente possibile negli stadi iniziali di malattia. Purtroppo solo circa il 20% dei pazienti alla diagnosi presentano una neoplasia resecabile. Studi clinici hanno oramai dimostrato l’utilità della chemioterapia post-operatoria (o adiuvante) che contribuisce a guarire un maggior numero di pazienti dopo l’intervento. Nelle forme localmente avanzate e considerate inoperabili il trattamento è basato sull’associazione di chemio e radioterapia. Sempre per queste forme è interessante il ruolo della chemioterapia neoadiuvante: una riduzione del tumore ottenuto con la chemioterapia può rendere resecabile una neoplasia che inizialmente non lo era. Nelle forme più avanzate la prognosi è severa. In tale stadio di malattia uno degli obiettivi principali diventa la qualità di vita. Pertanto di fondamentale importanza è la terapia di supporto oltre che alla chemioterapia. È dimostrato che in tale stadio avanzato di malattia, la chemioterapia determina comunque un vantaggio, in termini di sopravvivenza, ma anche un miglioramento della qualità di vita. Questo anche perché la tollerabilità dei trattamenti chemioterapici è nettamente migliorata. Questo è dovuto sia alla introduzione nella pratica clinica di farmaci attivi meno tossici, sia al miglioramento delle stesse terapie di supporto (antiemetici, fattori di crescita ematopoietici etc.). Nel carcinoma polmonare non a piccole cellule


di recente vi è stato lo sviluppo e anche oramai l’utilizzo nella pratica clinica, di una nuova categoria di farmaci antitumorali, differenti dai farmaci chemioterapici, definiti farmaci a bersaglio molecolare. Questi nuovi farmaci biologici sono definiti anche “farmaci intelligenti” per la loro caratteristica di agire direttamente sul meccanismo di azione delle cellule tumorali in gran parte risparmiando le cellule sane e quindi inducendo scarsi effetti collaterali. Tra i più importanti vi sono i farmaci antiangiogenetici e gli inibitori del recettore dell’Epidermal Growth Factors (EGF) . Tra gli inibitori dell’angiogenesi, farmaci che inibiscono la formazione di nuovi vasi sanguigni uno dei principali meccanismi con cui il tumore si accresce e metastatizza, i dati più interessanti vengono dall’anticorpo monoclonale bevacizumab che ha dimostrato di potenziare l’effetto terapeutico della chemioterapia nel carcinoma polmonare non a piccole cellule avanzato. Il farmaco attualmente è utilizzato nel nostro paese anche nel trattamento dei tumori del colon-retto, del rene e della mammella. Tra gli inibitori del recettore dell’EGF (Epidermal Growth Factor), fattore di crescita che alimenta le cellule tumorali, in pazienti pretrattati con chemioterapia è stata dimostrata l’efficacia dell’erlotinib, già in uso in Italia. Il farmaco è particolarmente efficace nelle donne non fumatrici affette da adenocarcinoma, uno dei

più frequenti istotipi del carcinoma polmonare non a piccole cellule, caratteristiche cliniche che sono correlate generalmente ad alcune caratteristiche biologiche del tumore quali la mutazione del gene del recettore dell’EGF. E si è visto che l’utilizzo come terapia di prima linea del farmaco e soprattutto dell’altro inibitore di EGFR, il gefitinib, nei pazienti con tumore che presenta la mutazione di EGFR, determina dei risultati importanti con più del doppio delle percentuali di regressione tumorale e di sopravvivenza libera da progressione rispetto alla tradizionale chemioterapia. Comunque la ricerca continua e stiamo sperimentando nel nostro centro in studi nazionali e internazionali l’inibitore dell’angiogenesi bevacizumab in nuove combinazioni con la chemioterapia, gli inibitori dell’EGFR erlotinib e l’anticorpo monoclonale cetuximab e una serie di farmaci multi-bersaglio, detti multi-target, che hanno la caratteristica di bloccare contemporaneamente più meccanismi di azione delle cellule tumorali. In conclusione, per i prossimi anni la lotta al cancro del polmone continuerà con la possibilità di effettuare ulteriori progressi. Questo potrà derivare dall’ottimizzazione delle strategie terapeutiche multidisciplinari (chirurgia, radioterapia, chemioterapia, terapia di supporto) e, dall’avvento di nuove strategie terapeutiche in particolare mediante l’ulteriore sviluppo dei farmaci a bersaglio molecolare.

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Ricerca a cura del dr.Alessandro Bovicelli Ricercatore in ginecologia ed ostetricia Università di Bologna

Fertilità dopo terapie anti-tumorali Fertilità e tumori sembrano due parole quasi inconciliabili

Fino a poco tempo fa la malattia non consentiva di fare programmi a lunga scadenza o comunque comportava pericoli tali che nessuno o quasi, esposto a simili rischi, osava mettere al mondo un figlio.

Oggi, non è sempre così, perché le terapie sono cambiate: in molti casi è possibile scegliere farmaci che non pregiudicano la fertilità, rimandare o escludere certe radioterapie dannose, limitare al massimo il ricorso al bisturi e ricorrere comunque, a tecniche di preservazione della fertilità.

Queste terapie danno tossicità a carico dell’ovaio, anticipando la menopausa con effetti la cui reversibilità dipende dalle dosi e dall’età: più una donna è avanti con gli anni e più farmaco assume, meno sono le probabilità di una ripresa del ciclo mestruale.

Per definire meglio il fenomeno della fertilità dopo l’esperienza “cancro”, un gruppo di ginecologi e oncologi di Oslo ha effettuato uno studio retrospettivo i cui risultati sono stati pubblicati sul British Journal of Cancer.

Anche se il ciclo, ritorna, poi, i medici possono consigliare di attendere un certo periodo di tempo, prima di cercare una gravidanza, per essere certi che i farmaci assunti non creino problemi al feto e che il rischio di recidiva sia minimo.

Sono stati presi in esame 184 donne e 269 uomini che avevano avuto un linfoma di Hodgkin quando erano ancora in età compatibile con la procreazione (meno di 50 anni le donne e meno di 65 anni gli uomini) e si è constatato che il 45% degli uomini e il 50% delle donne erano diventati genitori dopo la malattia.

Facile intuire le implicazioni di queste circostanze al giorno d’oggi, che un numero crescente di donne, nei paesi occidentali, si ritrova a pensare al primo figlio ben oltre i trent’anni, ed aumenta il numero di pazienti che scoprono un tumore prima di avere iniziato la propria vita riproduttiva.

E nella maggior parte dei casi senza bisogno di ricorrere ad alcuna tecnica di riproduzione assistita. Molto sembra dipendere dal tipo di trattamento ricevuto, dato che le probabilità più alte di successo si ottengono a seguito di una radioterapia o di una chemioterapia non troppo tossica per le gonadi (ovaie e testicoli) e, per le donne, quando l’età non era troppo avanzata. In generale, negli ultimi anni la radioterapia è diventata molto più mirata e l’irradiamento delle gonadi è relativamente poco frequente; in passato, ad esempio, per certi linfomi si colpiva anche l’ovaio, oggi si riesce ad agire in modo più circoscritto.

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scrivi a: ricerca@salutare.info

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Più tossici sono alcuni trattamenti chemioterapici, come quelli a base di farmaci alchilanti (endoxan, melfalan), usati contro diversi tipi di tumore, o il cosiddetto protocollo CMF (ciclofosfamide, metotrexate e fluorouracile), spesso usato contro i carcinomi della mammella.


Ma una soluzione è spesso possibile; le speranze sono molto più concrete di quanto si pensi, a patto di rivolgersi ad un team di specialisti che sia in grado di considerare ogni aspetto della situazione. Per i pazienti maschi le difficoltà sono inferiori, perché le tecniche di conservazione dello sperma sono ormai consolidate e permettono di sottoporsi a terapie antitumorali anche aggressive, senza pregiudicare la fertilità futura. Il discorso è invece più complicato per la donna, anche se la situazione sta rapidamente cambiando in meglio. Attualmente le strade per preservare la fertilità sono sostanzialmente tre: il congelamento degli embrioni, che però, di fatto, in Italia è vietato dalle norme contenute nella legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita; il congelamento degli ovociti, sul quale si stanno concentrando molti studi e, infine, il congelamento del tessuto ovarico.

La cosa più importante, per ora, è dunque che si inizi a parlare espressamente di questi aspetti già al momento della diagnosi. “Secondo alcuni studi americani”, - ha affermato il Prof. Antonio Giordano, Presidente del Comitato Scientifico della Human Health Foundation, con sede in Spoleto, “meno della metà delle donne con una diagnosi di tumore ha avuto informazioni sulle conseguenze della malattia e delle terapie, relative a sessualità, fertilità e maternità, nonostante la stessa American Society for Clinical Oncology (ASCO) abbia espressamente ribadito l’obbligo, per gli oncologi, di affrontare questi temi. "Ciò significa” -ha continuato il prof. Giordano “che c’è ancora moltissimo da fare a livello di educazione e di comunicazione: occorre informare le pazienti che, per alcuni casi di tumore, esistono chemioterapie meno tossiche di altre per le gonadi, oppure situazioni nelle quali si può rimandare un intervento o circoscriverlo, e rassicurarle che

una eventuale gravidanza dopo un trattamento antitumorale non comporta rischi per il bambino”. Decisioni così complesse richiedono la presenza di una squadra multidisciplinare di specialisti che deve prevedere, oltre all’oncologo, il ginecologo, l’andrologo, il neonatologo in caso di gravidanza, lo psicologo, e tutte le figure coinvolte nel percorso di cura, e che deve comunicare con la malata o il malato, prestando massima attenzione ai suoi desideri, in relazione con la tutela della sua salute. Non va dimenticato che aumenta il numero delle persone che superano la fase acuta di un tumore e che vivono molti anni in una condizione di guarigione o di cronicità della malattia, e che le loro esigenze comprendono sempre più spesso il legittimo desiderio di diventare genitori. Per questo bisogna iniziare a fornire risposte adeguate.

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Terapia a cura della dr.ssa Roberta Melillo Farmacista

Un ospite indesiderato... Nuovi approcci terapeutici per l’eradicazione dell’Helicobacter Pylori

L’Helicobacter P ylori, batterio che colonizza lo strato superficiale di muco della stomaco umano, è riconosciuto come agente causale primario delle forme di gastrite non erosiva nell’uomo, può essere eradicato nei ceppi resistenti con uno schema terapeutico innovativo.

L’Helicobacter pylori è uno spirobacillo gram negativo che colonizza lo strato superficiale di muco, aderendo alla parete delle cellule epiteliali gastriche, e le cellule secernenti mucina dello stomaco umano, con normale attività secretoria cloropeptidica. Ha prevalenza crescente in rapporto all’età, infatti, l’infezione è in genere contratta nella prima infanzia, ma la comparsa dei disturbi si manifesta in età adulta e alle condizioni igienico sanitarie precarie. È un agente patogeno responsabile di ulcera peptica associata ad infezione causata da questo microrganismo avvenuta per contaminazione attraverso la via oro-fecale o oro-orale. I soggetti infetti presentano danni alle cellule dello stomaco visibili con un esame istologico su biopsia eseguita durante gastroscopia. La diagnosi può avvenire anche attraverso l’esame del sangue con il dosaggio degli anticorpi ematici; l’urea breath test somministrando al paziente una bevanda con urea con carbonio marcato che viene determinato nel respiro; gastroscopia e test enzimatico rapido dell’ureasi, enzima prodotto dal batterio, che si esegue ponendo il prelievo bioptico a contatto con un reagente che cambia colore e l’esame delle feci. Ai fini terapeutici, tesi a determinare la guarigione dell’ulcera e ad eradicare il bacillo, per ridurre marcatamente la frequenza delle recidive di ulcera peptica, si seguono protocolli che prevedono l’associazione di diversi chemioterapici attivi ai quali è sensibile il bacillo e bloccanti di pompa protonica.

Fonte: rivista Clinical gastroenterology and hepatology.

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Questi ultimi promuovono l’eradicazione grazie a proprietà antimicrobiche dirette e soprattutto mediante l’innalzamento del pH gastrico. Lo schema terapeutico che dà i migliori risultati, peraltro con guarigioni fino al 90% dei casi trattati, consiste nella “triplice terapia”. Questa viene prescritta per una settimana ed è costituita da un bloccante di pompa protonica

nel dosaggio doppio giornaliero, come il pantoprazolo, associato all’antibiotico della famiglia dei macrolidi, la claritromicina (500 mg × 2/die) e all’antibiotico della famiglia delle penicilline, l’amoxicillina (1 g × 2/die) [se c’è allergia alle pennicilline o c’è una maggiore sensibilità dei ceppi si usa un antisettico, il metronidazolo (500mg× 2/die)]. Alla fine del suddetto regime terapeutico si prosegue con la somministrazione del bloccante di pompa protonica con dose singola giornaliera per altre 4-6 settimane. In caso di insuccesso si passa alla “quadruplice terapia” che prevede l’associazione del pantoprazolo, metronidazolo (500mg×3/die), bismuto (120mg ×4/die), e l’antibiotico tetraciclina (500mg×4/die) per 7 giorni. Un nuovo approccio terapeutico contro l'infezione gastrica da Helicobacter pylori è stato sperimentato da un gruppo di ricercatori, guidato dal gastroenterologo Cammarota, del Policlinico Gemelli di Roma, è basato sull'uso di un farmaco mucolitico ben noto l'n-acetilcisteina, che "scioglie" il biofilm che riveste il batterio. I ricercatori hanno ipotizzato che sia proprio il biofilm a causare la scarsa penetrazione e dunque la scarsa efficacia degli antibiotici usati nella terapia, che viene osservata nei pazienti affetti. Da studi condotti in vitro è stata sperimentata la possibilità di bersagliare il biofilm del bacillo con il mucolitico prima di somministrare l'antibiotico per renderlo più efficace contro il batterio. In Trial clinici condotti su due gruppi di 20 pazienti trattati con terapie che non avevano avuto successo contro l’H. pylori, sono stati somministrati n-acetilcisteina e placebo, prima di avviare il trattamento con l’antibiotico. Il risultato è che nel primo gruppo, a due mesi di distanza, nel 65% dei casi si è riusciti a eradicare il batterio, mentre nel secondo gruppo la terapia funzionava solo nel 20% dei venti pazienti. Sono in corso ulteriori studi per spiegare questa differente risposta dei pazienti trattati nella speranza di non avere più problemi in un prossimo futuro con questo ospite… indesiderato.


Psicologia

Dall’io al noi, il gruppo come “contenimento”

a cura della dr.ssa Maria Frandina Psicologa - Psicoterapeuta

"L'uomo è un animale sociale, le persone non sono fatte per stare da sole". Seneca

Se per una ragione qualsiasi il primo autobus che passa non si ferma e così anche il secondo è molto probabile che qualcuno domanderà al proprio vicino se sa cosa sta succedendo e così gli altri cercheranno di informarsi. Ciascuno comincerà ad agitarsi ed informarsi, ognuno dirà il proprio punto di vista. Dopo vari scambi si decide di comune accordo di fermare in gruppo il prossimo autobus che passerà. Così un insieme di persone è divenuto un gruppo, quando gli individui hanno preso coscienza della loro interdipendenza e della loro natura condivisa dei loro interessi divenuti comuni. La scoperta di questa relazione porta ad una modificazione radicale della natura di questo insieme di persone. "Le relazioni interpersonali sono qualitativamente trasformate e la fusione di interessi comuni, porta ad un’azione comune che porta gli individui ad agire sulla realtà invece di subirla” (Sartre). L’essere umano è fatto di incontri con gli altri, ma non è detto che perché si vive in gruppo si è sensibili ai meccanismi gruppali, la capacità di “fare gruppo” va costruita.

e dotato di una dinamica che si sviluppa indipendentemente. Non bisogna, però, fare l’errore di contrapporre l’individuo al gruppo. Ciascuno nel gruppo dispone delle parti del sé e partecipa allo stesso tempo alla formazione di questo spazio di incontro. Bisogna, quindi, considerare il gruppo sia come incontro della singole parti, sia come entità al di sopra delle singole parti, conciliando l’approccio individuale con quello gruppale. Il gruppo è uno spazio intermediario tra l’individuo e il collettivo, e in quanto spazio transizionale rappresenta un contenitore delle angosce primarie. Grazie alle sue dinamiche particolari, il gruppo, quindi, può arrivare ad assumere la funzione di contenimento. In questo tipo di contenimento ha un’importanza fondamentale la fantasia di involucro, di qualcosa che funge da limite, che tiene insieme, che aggrega e difende dal rischio di frammentazione. Nella prima fase, interagendo

all’interno del gruppo, l’individuo proietta dentro questo “contenitore”, tensioni, sensazioni, emozioni. Questi, che non ha soltanto il ruolo passivo di recipiente, raccoglie e trasforma ciò che è stato proiettato. Il contenimento è dato dall’essere capito e dal vedere trasformati i propri vissuti che risultano, per così dire, delimitati e dimensionati. Nella seconda fase, il senso di interazione si inverte e l’individuo fa l’esperienza di contenere ciò che egli stesso aveva proiettato.

Una fila d’attesa alla fermata dell’autobus: un insieme di persone anonime e silenziose che aspettano l’autobus; ognuno ignora il proprio vicino ed evita il contatto; tutti hanno un interesse comune ma non manifesto: tornare a casa il più rapidamente possibile col primo autobus che passa.

Anche in questa fase vi è un’esperienza di contenimento dovuta alla possibilità di re- introiettare i propri contenuti modificati ed anche la funzione del contenitore. La messa in opera della funzione di contenimento si manifesta nell’accogliere, da parte dei singoli membri del gruppo, nei loro spazi psichici, i pensieri e i sentimenti slegati o non figurati e non simbolizzati, in modo tale che essi possano venire trasformati.

Il gruppo è più della somma dei singoli individui, è un’entità psicologica a parte con una vita e un’energia propria, indipendente dagli individui che lo compongono alutare 27


Informazione sociale @

Segnalate le campagne a: sociale@salutare.info

La comunicazione e la prevenzione sociale per definizione, aumentano il livello di consapevolezza e conoscenza dei cittadini relativamente a problemi di interesse generale, nella prospettiva di modificare comportamenti o atteggiamenti.

Fondazione Levi-Montalcini La Fondazione Rita Levi-Montalcini Onlus ha sostenuto finora all’istruzione circa 12.000 bambini di ambo i sessi e giovani donne africane. I progetti consistono nel realizzare corsi di alfabetizzazione, istruzione primaria, formazione

professionale e universitaria in più di 40 Paesi dell’Africa. I due progetti attivi che beneficeranno dell’iniziativa “ Un mese per la vita” promossa da Acqua Lete, sono entrambi in Etiopia, ad Addis Abeba: la formazione lavorativa in cooperative per 50 ragazze e la formazione professionale, rivolta a 150 donne, ex prostitute dei quartieri più poveri.

www.ritalevimontalcini.org

In viaggio: al centro della mente Roma Dal 31/03/2011 al 02/04/2011

www.psichiatria.it

L'iniziativa, organizzata da Clinical Forum, sotto l’egida della Società Italiana di Psichiatria, con il supporto di Janssen Italia, vuole portare l’attenzione della comunità medico-scientifica, delle

Antibiotici, difendi la tua difesa. Il consumo inappropriato ed eccessivo di antibiotici e il conseguente sviluppo dell’antibioticoresistenza in Italia e in tutti i Paesi europei costituisce un problema di particolare rilievo per la tutela della salute dei cittadini poiché espone al rischio di non poter disporre più, in un futuro ormai prossimo, di alcuna possibilità di cura per le infezioni.

www.antibioticoresponsabile.it

Ciò significa che anche patologie oggi ritenute minori, come ad esempio il “giradito”, potrebbero divenire temibili. Per questo, in linea con quanto attuato da altre istituzioni internazionali come l’Oms e l’Ecdc, l’Agenzia Italiana del Farmaco, con la collaborazione dell’Istituto Superiore di Sanità e il patrocinio del Ministero della Salute ha realizzato la terza

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istituzioni e della società civile nei confronti delle problematiche connesse alla salute mentale. Oltre alla città di Roma ecco le restanti tappe della campagna che in ogni città offrirà momenti di dibattito e confronto: Bari (7-9 aprile), Catanzaro (14-16 aprile), Palermo (19-21 aprile), Cremona (27-29 aprile).

edizione di una Campagna di comunicazione ad hoc, denominata quest’anno “Antibiotici, difendi la tua difesa. Usali con cautela”, con l’obiettivo di informare i cittadini dell’importanza di ricorrere agli antibiotici solo quando necessario e dietro prescrizione del medico che ne accerti l’effettiva utilità, di non interrompere mai la terapia prima dei tempi indicati dal medico o, comunque, solo dietro suo consiglio e di non assumere antibiotici per curare infezioni virali. Tali messaggi saranno veicolati anche negli studi medici attraverso locandine diffuse con gli organi di informazione della Medicina generale. Infine è data la possibilità ai cittadini di avere risposte a quesiti sull’impiego corretto degli antibiotici chiamando il numero verde AIFA 800-571661.


Questo spazio è dedicato alla segnalazione di campagne di informazione sociale, di prevenzione per rendere visibili tutte le iniziative volte a migliorare gli stili di vita.

Non fare autogol Dal 16/03/2011 al 25/05/2011 La prima tappa di "Non fare autogol" è fissata il 16 marzo (alle ore 11.30) presso l’Istituto “Artemisia Gentileschi” ( via Giulio Natta,11) a Milano. Le prossime tappe sono previste Palermo, Firenze, Genova, Napoli, Torino e Roma e per ognuna è

Farmaco generico: c’è ben altro che il prezzo AssoGenerici presenta la sua campagna d’informazione sul ruolo del farmaco equivalente puntando sulle sue caratteristiche di qualità, efficacia e sicurezza. “Tutto il mondo si cura con i generici, perché l’Italia dovrebbe mancare questa occasione per razionalizzare la spesa e allargare l’accesso ai trattamenti innovativi?" dice il presidente Giorgio Foresti Milano. Riguardo la campagna informativa sul farmaco generico equivalente “Salute a tutti” promossa da AssoGenerici, l’associazione che riunisce i produttori di farmaci equivalenti in Italia, con il patrocinio dell’Aifa, l’Agenzia Italiana del Farmaco, e il contributo delle aziende associate Almus, DOC, Dr Reddy’s, EG, Germed,

Uniti per la sicurezza Il Gruppo di lavoro sulla sicurezza dei pazienti del Ministero della Salute ha elaborato le prime nove Guide per un'assistenza sanitaria più sicura, rivolte a tutti coloro che sono coinvolti, a vari livelli, nella promozione della sicurezza dei pazienti. Scopo delle Guide è fornire indicazioni precise, provenienti dalla letteratura e dall'esperienze nazionali e internazionali, a cittadini, familiari, volontari, pazienti degli studi odontoiatrici, operatori e aziende sanitarie per concorrere alla sicurezza delle cure.

prevista un incontro con gli studenti delle scuole superiori. I big della serie A (Alexandre Pato, Legrottaglie, Chiellini, Gilardino, De Sanctis, Palombo, Miccoli, Perrotta e Sculli) in collaborazione con personale medico spiegheranno ai giovani come un'alimentazione corretta, l'attività fisica, l'astenersi dal fumo, dalle droghe e dall'alcol possano aiutare a prevenire il tumore.

www.nonfareautogol.it

Mylan, Sandoz e Teva. L’iniziativa prevede una campagna stampa e spot televisivi, al fine di far conoscere ai cittadini che cosa sono i farmaci equivalenti e agli operatori sanitari i loro punti di forza: medicinali che rispondono agli stessi criteri di qualità, sicurezza ed efficacia dei farmaci di marca corrispondenti (originatori) e che per questo rappresentano nei paesi dell’UE la quota maggioritaria delle prescrizioni. Per ottenere questo risultato, però, bisogna innanzitutto dare un messaggio positivo: che i medicinali equivalenti rispondono agli stessi criteri di qualità, sicurezza ed efficacia degli originatori. Non è soltanto una questione di prezzo, come si è cercato di far passare in questi anni, quasi si fosse di fronte a un farmaco di serie B”.

Non si tratta di manuali, né di linee guida per i servizi sanitari, ma di fogli informativi orientati a segnalare accorgimenti per la sicurezza dei pazienti. Solo se tutti collaboriamo la nostra salute potrà giovarne, poiché ognuno di noi, anche se inconsapevolmente, contribuisce alla qualità delle cure. Pertanto, è necessario dare la massima diffusione alle Guide affinché tutti i cittadini adottino queste misure consigliate. Quindi: portale a casa, dalle ai tuoi amici, ai vicini, ai colleghi, distribuiscile negli ambulatori e nelle farmacie!

www.agenziafarmaco.gov.it

www.governo.it/governoinforma/

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Normative a cura dell'avv. Tiziana Tomeo

La maternità surrogata Individuare e sanzionare una materia ancora priva di una disciplina organica.

Ciò che emerge immediatamente è lo sbarramento posto dall'art. 4-3° co, che prevede il divieto del ricorso alla procreazione eterologa. Tale impedimento però è stato giudicato incostituzionale dalla I a sezione civile del tribunale di Firenze.

Con l'ordinanza del 1° settembre scorso la legge è stata rinviata alla Consulta poiché nella parte in cui vieta la fecondazione eterologa lede il diritto alla salute e i diritti fondamentali dell'uomo sanciti dalla Costituzione e dal Trattato di Lisbona che impone l'immediata applicazione delle decisioni della Corte Europea dei Diritti dell´Uomo». Gli altri divieti afferiscono alla fase applicativa degli embrioni, infatti l'art. 14 limita sia la crioconservazione che la soppressione degli embrioni formati, fissando in numero di tre il massimo di quelli impiantabili per ogni ciclo di trattamento. Tale limite ha delle implicazioni di non poco conto in quanto obbliga la donna a sottoporsi ad una quantità maggiore di trattamenti ormonali che di frequente sono causa di gravi disturbi alla salute. È legittimo chiedersi se un tale divieto rispetti il principio personalistico posto a salvaguardia dell'integrità fisico-psicologia della donna oltre a permettere al medico di agire rispettando i principi di bioetica.

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scrivi a: leggienormative@salutare.info

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La conservazione dell'embrione deve essere garantita adottando gli opportuni accorgimenti in virtù della sua fisiologica deperibilità

ed in applicazione del divieto di soppressione deve poi essere immediatamente trasferito in utero e ciò anche e contro una diversa volontà della paziente (art.6-3°co). L'obbligo d'impianto rappresenta un ulteriore aspetto poco chiaro della legge poiché l'eventuale malformazione dell'embrione è incompatibile con la vita o lo stesso potrebbe trasmettere malattie geneticamente e gravemente debilitanti. In tale ipotesi l'unica soluzione prospettabile per la donna, sarebbe quella di sottoporsi ad un'interruzione della gravidanza. L'art. 13 della citata legge, contiene una severa disciplina a tutela dell'embrione che vieta manipolazioni e sperimentazioni ma solo per tutelare il bambino e lo sviluppo dell'embrione, vietando però al contempo tecniche di selezione e manipolazione che attraverso procedimenti artificiali alterino lo sviluppo dell'embrione. V'è da dire tuttavia che potrebbero essere utilizzate finalità terapeutiche e diagnostiche per la tutela e lo sviluppo dell'embrione se dirette all'eliminazione di una patologia genetica intesa come grave minaccia per una serena esistenza futura.

La L.40 sembra confermare la volontà parlamentare di privilegiare l'interesse del minore a discapito di quello della donna laddove è previsto che la mamma non può dichiarare di non voler essere nominata ai sensi dell'art. 30, comma 1, del regolamento del DPR n. 396/2000. È palese che nell'evocata previsione vi sia una violazione del diritto della donna ad autodeterminarsi liberamente che si concretizza nella facoltà di poter cambiare avviso in ordine alla gestione della gravidanza e alla maternità. Elencare i divieti della legge è stata una scelta mirata poiché evidenziandoli se ne comprende a pieno la portata restrittiva, vanificando per di più proprio il fenomeno, che con l'entrata in vigore della stessa, s'intendeva contenere ovvero l'aumento del "turismo procreativo" verso i paesi europei ed extra europei. Essi da anni realizzano tali pratiche, spinti dalla ricerca di soluzioni alternative non autorizzate dal nostro ordinamento, rendendo così incontrollabili i confini del mercato e dando vita ad altre discriminazioni per chi, condannato alla sterilità, non può permettersi tali "viaggi della speranza".


Pedagogia a cura del dr. Gerardo Pistillo

Pedagogista Clinico

Il Metodo Autobiografico Clinica della Formazione e Cura di Sé

Il Metodo Autobiografico assume un ruolo centrale nell’ambito del percorso pedagogico clinico e può essere considerato il più importante in quanto è l’unico metodo che consente di personalizzare l’intervento educativo e di scendere nella faglie più profonde dell’interiorità della persona, consentendo ad essa di conferire una nuova forma alla propria esistenza.

L’educatore dovrà garantire un atteggiamento neutro di sollecitatore, posizionandosi, a seconda dei casi, di fronte o alle spalle della persona. Le tecniche specifiche di cui si sostanzia il metodo sono molteplici.

Il setting deve essere strutturato in maniera tale da promuovere il rilassamento della persona. All’interno di una stanza di grandezza media, lo specialista dovrà favorire una situazione diadica di silenzio sacrale e di penombra.

La persona viene invitata a ri-visitare se stessa, sollecitata a ri-evocare vissuti personali, a istituire connessioni inedite tra le proprie esperienze, a ri-definire la propria identità personale e sociale, soffermandosi soprattutto sugli episodi di maggiore criticità che hanno caratterizzato il proprio passato.

Sarà necessaria la presenza di un lettino su cui si inviterà la persona a collocarsi in posizione di decubito ventrale, preferibilmente ad occhi chiusi.

Il loro comune denominatore è senz’altro la narrazione, orale e scritta, della propria storia di vita.

La Pedagogia Clinica è una branca della Pedagogia Generale il cui obiettivo principale è di educare e aiutare la persona in difficoltà, non solo nelle situazioni di grave disagio psicofisico ma anche nei casi di crisi e di ‘de -formazione’ esistenziale.

Nel corso di tali attività didattiche, lo specialista stimolerà la persona attraverso la comunicazione verbale, paraverbale e non verbale, facendo ricorso a consegne semplici ed essenziali. Uno degli aspetti fondamentali consisterà nel sollecitare nella persona una interrogazione interiore e un’attitudine meditativa riguardo a specifiche categorie esistenziali, al fine di promuovere una rielaborazione simbolica dei propri vissuti e nuove visioni del mondo. Il Metodo Autobiografico consente al pedagogista di attuare una clinica della formazione, di esplorare in profondità le stanze nascoste, la struttura latente del proprio 'edificio' formativo, promuovendo in essa, contemporaneamente, l’attitudine all’autoanalisi, alla de-costruzione 'archeologica' di sé, e all’autoformazione, ossia alla ri-costruzione *teleologica, attraverso un lavoro permanente e costante su di sé, della propria storia di vita. In entrambe i casi, il Metodo Autobiografico risulta essere lo strumento *maieutico per eccellenza, alutare 31


in quanto consente di educare (dal lat. educere, ‘trar fuori’) la persona facendo emergere vissuti profondi dalla propria storia e aiutandola a ridare forma alla propria identità. In questo modo, la persona sarà in grado di compiere un viaggio introspettivo e retrospettivo in vista della costruzione di nuove immagini di sé, determinando tras-formazioni strutturali a livello cerebrale. Il metodo in questione, pertanto, consente di spostare l’asse della pedagogia, determinandone un ‘allargamento’ del campo d’azione, sia in latitudine che in longitudine, restituendocela nella sua globalità e nella sua intrinseca natura pedagogica. Per dirla con altre parole, esso ci consente, più di ogni altro metodo, un’analisi in profondità della storia di vita della persona e di estendere al tempo stesso l’intervento pedagogico a persone di qualunque età. Il Metodo Autobiografico si pone quindi quale imprescindibile strumento clinico in campo educativo. Non solo consente al pedagogista di prendersi Cura della persona ma anche di aver Cura della Cura che la persona ha di sé, della padronanza che essa raggiunge, ricollocandosi al centro della propria esistenza, nelle pratiche *ermeneutiche di autoanalisi e di autoformazione.

Glossario

Maieutico La parola maieutica significa "tirare fuori" (dal greco maieutikè: ovvero l'arte della levatrice che fa partorire il nascituro)

Teleologica La teleologia si pone questioni diverse da quelle della scienza. Mentre la scienza investiga leggi e fenomeni naturali, la teleologia si preoccupa dell'esistenza di un principio organizzativo dietro queste leggi e fenomeni naturali. In ambito teologico, la teleologia cerca di giustificare l'esistenza di Dio, inteso come creatore, architetto dell'universo, garante ultimo della causalità dei fenomeni naturali.

Ermeneutiche L'ermeneutica è in filosofia la metodologia dell'interpretazione. La parola deriva dal greco antico , in alfabeto latino hermeneutikè (téchne), traducibile come (l'arte della) interpretazione, traduzione, chiarimento e spiegazione. Essa nasce in ambito religioso con lo scopo di spiegare la corretta interpretazione dei testi sacri. In seguito il termine assume un respiro più ampio tendente a dare un significato a tutto ciò che è di difficile comprensione. In questo senso può essere vista come la teoria generale delle regole interpretative.

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Eventi

CONGRESSI, CONVEGNI, EVENTI e manifestazioni per la Salute e il Benessere

Firenze 31 marzo al 02 aprile 2011 XIV Congresso Nazionale SIMP: "I Volti della Maternità http://www.simponline.it

Bologna, domenica 3 aprile 2011 Giornata di Studio AIVPAFE L' ABC del pronto soccorso: il gatto in terapia intensiva Organizzato e promosso da: AivpaFe Associazione Italiana Veterinari Patologia Felina Bologna, Per iscriversi inviare la scheda d'iscrizione a MV Congressi SpA - La scheda è pubblicata sul sito www.aivpafe.it Crediti formativi ECM - È stato richiesto l'accreditamento al Ministero della Salute per la categoria Medico Veterinario. Per info: aivpafe c/o Medicina Viva tel. 0521 290191 e-mail info@aivpafe.it

Avellino, 8-9 APRILE 2011 Breast Unit: Nuovo Modello di Unità Operativa Responsabili dell’evento: dr. Vincenzo Castaldo dr. Carlo Iannace dr.ssa Silvana Ianuario. Aula Magna A.O.R.N. “San Giuseppe Moscati” - Avellino Il corso ipotizza un modello di Unità Operativa funzionale ed autonoma, in grado di gestire con tutte le professionalità la patologia del CA mammario dal sospetto alla definizione diagnostica, all’intervento chirurgico, alle successive

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terapie ed eventuali complicanze con una particolare attenzione al percorso riabilitativo post intervento, come previsto dalla Legge n. 20/05. Informazioni generali Partecipanti: 120 unità 55 Medici specialisti in Oncologia, Radiologia, Chirurgia Generale, Ginecologia, Genetica Medica (area interdisciplinare) 25 Infermieri 25 Tecnici di Radiologia 15 Fisioterapisti Quota iscrizione (contributo come quota di iscrizione all’AMDOS) € 20,00 Segreteria Scientifica: dr.ssa Silvana Ianuario – Presidente AMDOS di Avellino dr. Vincenzo Castaldo – Direttore Sanitario A.O.R.N. S.G. Moscati-Avellino dr. Carlo Iannace – Coordinatore Breast UNIT A.O.R.N. S.G. Moscati-Avellino Segreteria organizzativa: AMDOS Referente: Sig.ra Pina Belvedere Tel. 3492422793 / 3487184711 e-mail: amdosavellino@libero.it

Ferrara, dal 7 Aprile al 17 Dic 2011 4° Corso Avanzato di Parodontologia Teorico Pratico Organizzato e promosso da: Prof. Leonardo Trombelli Presso: Università degli Studi di Ferrara Centro Ricerca e Servizi per lo Studio delle Malattie Parodontali Segreteria Scientifica Prof. Leonardo Trombelli Modalità di partecipazione Il corso è a numero chiuso (massimo 24 partecipanti). Le iscrizioni verranno accettate secondo

ordine di arrivo. Per iscrizioni contattare la segreteria Organizzativa MV Congressi www.mvcongressi.com

Forlì, 07 e 08 aprile 2011 50° Convegno Annuale SIPA Organizzato e promosso da: Società Italiana di Patologia Aviare - Segreteria Scientifica Dr.ssa Alessandra Piccirillo Dipartimento di Sanità Pubblica, Patologia Comparata ed Igiene Veterinaria, Università degli Studi di Padova Viale dell’Università, 16 - Agripolis 35020 Legnaro (UD) tel.049 8272968 email: alessandra.piccirillo@unipd.it La partecipazione è gratuita per tutti i soci SIPA in regola con il pagamento della quota sociale.

Benevento, 30 aprile 2011 La salute e il ben-essere: come star bene, prevenire, curare Attività formativa per: Medico chirurgo Discipline di riferimento: Medicina generale - Medici di famiglia, Pediatria, Argomenti del corso: diabete e prevenzione, malattia oncoematologica, patologia respiratoria Obiettivo formativo nazionale Saranno affrontati i capitoli che sono alla base della medicina preventiva, con la focalizzazione delle attuali frontiere in tema di intervento preventivo e di cura precoce, nell'ottica di una medicina sempre piu' person centered, in cui l'intervento sanitario e sociale si svilluppino in sinergia. Organizzazione: Italian Medical Research S.R. L. - www.infocongressi.com

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Unità operativa di Endoscopia Ginecologica Centro Nazionale per la diagnosi e il trattamento dell’Endometriosi Scuola di Alta Formazione (Provider ECM)

Endoscopica Malzoni si pone l’obiettivo di rafforzare la propria presenza come punto di riferimento internazionale per il trattamento endoscopico delle patologie ginecologiche. La creazione di un’unità operativa dedicata all’endoscopia, autonoma rispetto alla struttura ospedaliera, consente enormi vantaggi tra cui una più attenta valutazione del problema ginecologico dal punto di vista endoscopico. Inoltre, Endoscopica è dotata di un blocco operatorio con due sale operatorie Storz Or1 che fanno parte di una nuova generazione di sale operatorie “intelligenti” nelle quali l’operatore, grazie ad esclusivi sistemi informatizzati di integrazione di tutte queste nuove funzioni con tutte quelle preesistenti, impartendo semplici comandi vocali è in grado di gestire tutte le apparecchiature elettromedicali e tutte le funzioni ambientali collegate nonché tutte le modalità di comunicazioni disponibili.

Centro Unico Prenotazioni: 0825 686686 Lun. - Ven.: 09.00 -16.00 / Sab. fino alle ore 13.00


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