Preview - Fatale Omnibus vol. 1

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FATALE OMNIBUS VOL. 1 di Ed Brubaker e Sean Phillips

traduzione: Stefano Formiconi progettazione grafica e impaginazione: gruppo saldatori / lettering: Alessio Ravazzani supervisione: Alessio Danesi

FATALE: THE DELUXE EDITION VOLUME ONE

FATALE is ™ and © 2014, 2023 Basement Gang Inc. All rights reserved. Originally published in single magazine format as Fatale #1-10. For the Italian edition: © 2023 gruppo saldatori srl. All rights reserved.

SALDAPRESS

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Fatale Omnibus Volume 1 è un libro della collana Maèstro

FATALE ™ (including all prominent characters featured herein), its logo and all character likenesses are trademarks ™ of Basement Gang Inc., unless otherwise noted. Storie, personaggi e avvenimenti sono frutto di fantasia e non hanno nessun riferimento reale. Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo volume può essere riprodotta o trasmessa con qualsiasi mezzo, elettronico oppure meccanico, compresi cinema, radio, televisione e fotografia, senza il consenso esplicito di gruppo saldatori Srl.

è trademark ™ e copyright © gruppo saldatori srl, 2016

stampa: Grafiche Stella – San Pietro di Legnago (VR) prima edizione, giugno 2023

ISBN: 979-12-5461-189-0

Parole

Ed Brubaker

Disegni

Sean Phillips

Colori

Dave Stewart

Introduzione

Megan Abbott

FATALE OMNIBUS VOLUME UNO

Contenuti 6 Introduzione 8 La morte alle costole 134 Gli affari del diavolo 259 Extra

Un colpo fatale

Jo, la meravigliosa, scintillante figura al centro di Fatale, non è una femme fatale.

Sì, possiamo dire che sia bella-ma-mortale.

Sì, ha il potere di calamitare qualunque uomo incontri sul proprio cammino, di ammaliarlo e ridurlo alla propria mercé. Di condurlo al suo tragico destino.

E poi: guardatela.

I riccioli neri e rigogliosi, le sopracciglia arcuate, le labbra piene e le curve flessuose. Lo sguardo che ipnotizza.

Eppure, non è una femme fatale

Sì, ha una straordinaria somiglianza con tutti gli archetipi delle seduttrici anni 40. Alcuni vedono in lei l’Yvonne De Carlo di Doppio gioco. Io ci vedo Ella Raines allo zenith della sua carriera, quando interpretava vedove inconsolabili. Altri lettori hanno notato una somiglianza con Jane Russell (con curve meno generose) e, naturalmente, con Ava Gardner. Jo è tutte queste donne, una mutevole miscela di tutte le sirene del cinema noir. E, come loro, è una pianificatrice e una bugiarda. È subdola e pericolosa. Gli uomini con cui entra in contatto, be’... loro vanno sempre a finire male.

Eppure, non ne hanno mai abbastanza. Non riescono a starle lontani.

Proprio come per tutte le femme fatale che abbiamo visto sullo schermo o di cui abbiamo letto nei romanzi pulp di Spillane o James M. Cain

Cavolo, il fumetto si chiama Fatale. C’è la prova proprio lì, in copertina, giusto?

Eppure, Jo non è una femme fatale.

Ciò che intendo dire è che, nelle mani di Ed Brubaker e Sean Phillips, Jo supera nettamente qualunque stereotipo di femme fatale, la donna ragno che ben conosciamo dal noir, dall’horror, dal gotico e tornando indietro fino a Cleopatra, Salomè, Circe ed Eva stessa. Questo personaggio ci mostra le cuciture, la colla, lo sputo e i fili che si celano dietro la gloriosa facciata della femme fatale. Ci rivela che la femme fatale è una menzogna, un’invenzione e una fantasia.

No, Jo al contrario è la squisita decostruzione della femme fatale. È rivoluzionaria. Nel noir classico, la femme fatale non sembra mai reale. Sembra piuttosto una forza. È il “dispositivo narrativo” a cui gli scrittori attingono per indirizzare la storia. La tentazione che conduce l’eroe in luoghi oscuri. Un catalizzatore. In Fatale non è questo.

Brubaker stesso ha dichiarato in alcune interviste che il suo obiettivo con Jo era di prendere l’archetipo della femme fatale e darle profondità. Renderla un “personaggio a tutto tondo per la quale si possa fare il tifo”. Ed è questo che è Jo. Quando la vediamo attraversare queste incredibili, tormentose e inquietanti storie è una donna in carne e ossa, piena di complicazioni, sfumature, conflitti e ambiguità. È reale.

Ma anche no. Ed è qui che entra in gioco il soprannaturale.

Perché Jo non ha età. Presentandola in questo modo, Brubaker e Phillips sottolineano ulteriormente l’idea che la femme fatale non sia una persona, un personaggio o un essere vivente. È un’idea, una proiezione delle nostre paure e dei nostri desideri. Ed è la giustificazione suprema: “non ho potuto trattenermi”. “Ero impotente.” “Ho dovuto farlo, lei mi ha costretto.”

Lash, il primo protagonista di Fatale, a un certo punto ipotizza che Jo si sia “nascosta nel mio subconscio per tutta la mia vita”. Ha ragione. Perché lei è il suo subconscio, una proiezione di se stesso. Il suo Es. O, nella definizione di Carl Jung, l’anima: i sentimenti irrazionali dell’uomo, le paure di impotenza, la femme fatale

Sia il noir che l’horror, i due generi a cui perlopiù Fatale attinge, sono mossi, in larga parte, dalla paura della donna mostruosa. Che si tratti della serpentina Barbara Stanwyck con la sua cavigliera in La fiamma del peccato o delle succubi, donne gatto o vampire zannute dell’horror, entrambi i generi si affidano molto al suo fascino e alla sua pericolosità per alimentare la trama. È provocante e irresistibile. E conduce gli uomini al loro tragico destino. Li “demascolinizza”. La sua minaccia deve essere contenuta. Deve essere distrutta. E molti hanno suggerito che questi personaggi femminili – che siano le tentatrici del noir o le femmine mostruose dell’horror – rappresentino aspetti del protagonista maschile. Sono la paura (di perdere il controllo, di perdere se stessi in un mondo malato) in forma umana. E il desiderio sovversivo (di comportarsi male, di infrangere le regole o la legge) fatto carne. Paura e inconfessabile desiderio incarnati da una donna bellissima, una donna la cui bellezza è mortale. Soccombere

* * *

significa annientarsi, ma lui non ha scelta. “Non ho potuto trattenermi.” “Ero impotente.” “Ho dovuto farlo, lei mi ha costretto.”

Fondendo questi generi – il noir classico e l’horror lovecraftiano o stile Hammer – Fatale ci costringe a osservare la femme fatale, il suo ossessivo riapparire attraverso i generi. Ci obbliga a guardarci dentro. Perché abbiamo bisogno di lei? Cosa ci dà? Vogliamo sentire i suoi artigli nella schiena, vogliamo incolparla per averci forzato a compiere tutte quelle azioni nefaste che segretamente vogliamo fare. E poi vogliamo che la sua minaccia sia sterminata. E così, con Jo, siamo costretti a fare i conti con quanto la femme fatale sia un aspetto di noi stessi. Un espediente che usiamo per giustificarci. In definitiva, l’abbiamo condannata noi a quel ruolo. Siamo noi i colpevoli.

Con Jo, lo vediamo esplicitamente. Nel noir classico, la femme fatale è una maledizione metaforica per il narratore. L’iniezione di horror permette a Brubaker e Phillips di renderla una maledizione reale e di allontanare la colpa da Jo: lei è letteralmente condannata ad attirare gli uomini a sé e, di conseguenza, verso il loro tragico destino: “Morte, follia e carcere”.

Inoltre, in Fatale, non è Jo a distruggere per i propri scopi, è la maledizione. Una maledizione di cui lei cerca di liberarsi da decenni.

La voce di Wikipedia relativa a Fatale contiene una frase che forse sintetizza quanto sia innovativa questa serie.

così antitetica alla nostra idea radicata di femme fatale come forza distruttrice che l’autore inciampa sulla questione del libero arbitrio di Jo nella scelta delle proprie stesse parole:

“Fatale racconta la vita di Josephine, o ‘Jo’, ...[che] ha una capacità soprannaturale di ipnotizzare gli uomini facendoli infatuare perdutamente di lei, che lei lo voglia o no.”

Ha la capacità di ipnotizzarli. Che lo voglia o no. * * *

Forse non c’è altro momento di Fatale che rovesci in modo così netto la figura della femme fatale tradizionale come quello in cui vediamo la stessa Jo ammettere a se stessa quanto poco controllo abbia sulla reazione che provoca negli uomini:

“Sta succedendo di nuovo”, pensa Jo quando incontra per la prima volta Hank Raines, il reporter che cadrà presto ai suoi piedi. “Perché gli uomini sono così idioti?”

Questo momento, che ricorre spesso in queste pagine, è rivoluzionario per due motivi: uno palese e l’altro più latente. Innanzitutto, Jo è consapevole del Grande Segreto del Noir. La cosiddetta donna ragno non vuole gettare una ragnatela su tutti gli uomini. Anzi, è vittima del destino tanto quanto loro. Forse di più.

Il secondo motivo è ancor più significativo: in Fatale, sentiamo i pensieri di Jo. Conosciamo il suo punto di vista. Entriamo nella sua testa. È lei stessa a raccontarci quello che pensa e nulla potrà mai più essere come prima. Non possiamo più vederla come questo demone ultraterreno, questa forza inarrestabile di sessualità e terrore. Vediamo il tormento di Jo, proviamo il suo senso di colpa. La sua fame. È bella ed è reale.

Questa intimità con la femme fatale non è mai esistita nella sua forma archetipica (i classici noir, da James M. Cain a Raymond Chandler a Spillane, sono tutti raccontati dal punto di vista dell’uomo alla sua mercé). Una volta che ci viene permesso di entrare nella testa di Jo, questa diventa istantaneamente umana, tormentata. Possiamo identificarci con lei. Possiamo, perfino, come dice Brubaker, “fare il tifo per lei”.

E perché non dovremmo?

Invece di essere una vittima indifesa delle fantasie di questi uomini, Jo sceglie di usarli per sopravvivere. La trovata geniale di Fatale è che Jo non è semplicemente “incompresa”. Non è semplicemente una brava ragazza con l’aspetto sbagliato (Jessica Rabbit direbbe “è che mi disegnano così”).

No, lei ricalca l’eroe classico del noir: è combattuta, buona ma cattiva, cattiva ma buona. Capace di straordinaria lealtà e buone azioni, ma anche di grande ferocia e distruzione se deve, se si sente con le spalle al muro. Ci prova e ci riprova, ma continua a “ripetere gli stessi errori”.

Una donna che, nelle sue parole, ha “fatto del male a troppe persone... e lei stessa era stata ferita più di quanto potesse sopportare”.

Come i grandi protagonisti del noir, Jo a volte si comporta bene, altre male. È prigioniera del destino, ma rifiuta di esserne schiava. Lei si muove nelle zone grigie. È lì che brilla.

È

Libro uno La morte alle costole

Questa è la storia di come la mia vita è andata a rotoli in un solo giorno.

Prologo

...e ovviamente c’era un tempo da lupi, come in gran parte dei romanzi del vecchio.

In ogni caso, non avrebbero partecipato in molti.

Tutto è iniziato ai funerali di Dominic Raines...

Per questo è toccato a me fare da esecutore testamentario per il patrimonio di Raines.

mi scusi... signor lash?

desidera che il sacerdote legga qualcosa?

Penso che mio padre fosse il suo unico vero amico...

...e papà era in un ospedale psichiatrico da più di dieci anni.

capisco. vi lasciamo tranquilli, allora.

no, il signor raines era ateo... 11

Non l’avevo notata nello sparuto gruppo dei presenti. A ripensarci, è strano.

Ma ero distratto dall’incisione sulla lapide.

Raines non era semplicemente ateo. Odiava tutte le religioni.

E allora che cavolo significava quello sgorbio?

è un simbolo inventato...

DOMINIC H. RAINES 1932-2011

Da dove è venuto

...se è questo che si sta chiedendo.

mi scusi?

anche mia nonna l’ha voluto sulla sua tomba...

un tempo lei e il signor raines si amavano.

credo che quel simbolo rappresentasse qualcosa di personale tra loro...

un frammento del passato dal quale non riuscivano a separarsi.

be’, è... triste.

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sì... immagino di sì... io sono nicolas lash... figlioccio di dominic.

per gli amici “nick” ?

non se posso evitarlo.

nicolas, allora. io sono jo.

piacere di conoscerla.

è stata una bella cerimonia... a lui sarebbe piaciuta, credo.

Più tardi, mi sarei chiesto perché sentivo i piedi incollati a terra mentre si allontanava.

Le erano bastate quelle poche parole per farmi tornare adolescente.

Ero sconvolto.

Non avevo idea che potesse succedermi ancora.

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Quella sera, nella vecchia dimora di Dominic, su a nord verso il mare...

...ripenso alle parole di Jo, su Raines e sua nonna.

Per tutti questi anni il vecchio bastardo aveva semplicemente il cuore infranto?

La nonna di lei era la musa per la quale aveva continuato a sfornare quegli osceni libri gialli?

Bestseller, certo, ma pur sempre spazzatura.

E poi lo trovo. Me lo sentivo che era lì da qualche parte.

Un manoscritto inedito.

Ciò che non mi aspettavo era la data sul frontespizio.

Raines non aveva pubblicato nulla fino al 1960.

Questo era il suo primo romanzo?

IL LATO PERDENTE DELL’ETERNITÀ di Dominic Raines Giugno 1957 14

D’un tratto la mia eredità ha cominciato a sembrare decisamente più cospicua.

Ma altrettanto repentinamente...

e quelli chi cavolo sono...?

...quell’entusiasmo è stato spazzato via. E mi sono reso conto di quanto fosse isolato quel luogo.
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E quanto lontana fosse la polizia.
tu
graaaahhhh...!
viti! 16
In quel momento, il mio unico pensiero era... “SCAPPA, CAZZO”.
ehi...
resta lì.
muo

È solo quando, fuggendo per il bosco, arriviamo alla sua auto...

...e ci lanciamo a tutto gas sulla statale uno in direzione sud...

...che riesco finalmente a spiccicare parola.

cosa... che stavi... perché...?

stavo per bussare, quando li ho visti dirigersi lì...

cercavo un oggetto appartenuto a mia nonna...

forse è tra le cose di dominic...

cristo... chi sei? e chi cazzo erano quelli?

scusa... sarei dovuta arrivare prima.

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merda.

che c’è adesso? ci seguono.

dove? aspetta... l’aereo? porca troia, scherzi?

Ovviamente non scherzava...

cristo... stanno cercando di atterrare?

no. non credo.

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Perché, come dicevo all’inizio...

mi spiace, nicolas!

Quello è stato il giorno in cui la mia vita è andata a rotoli...

Ho conosciuto lei...

...e nulla è mai più stato come prima.

Come avrebbe potuto?

cristo!

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Ho

...e mi restituisce il manoscritto di

Mi sveglio cinque giorni dopo in un ospedale di San Francisco. un vago ricordo di Jo che mi porta in salvo... Dominic. I dottori mi spiegano quanto sono fortunato a essere vivo. Mi dicono che potrei sentire la gamba per anni, anche se non ce l’ho più. Dolori fantasma, li chiamano. Anche se il fantasma della mia gamba pizzica, non fa male. Ma il dolore arriverà.
20
Ne sono certo.

JOSEPHINE È UNA CREATURA QUASI LEGGENDARIA CAPACE

DI CONQUISTARE OGNI UOMO CHE INCONTRA... DALLA SAN

FRANCISCO DEGLI ANNI 50 – DOVE POLIZIOTTI CORROTTI

NASCONDONO MALI PIÙ PROFONDI – ALLA LOS ANGELES

DELLA METÀ DEGLI ANNI 70 – DOVE IL MONDO DEL

CINEMA SI SCONTRA CON UNA SETTA SANGUINARIA – AL

CENTRO DI UNA RETE OSCURA DI MISTERI C’È SEMPRE

LEI: JOSEPHINE. UNA FEMME FATALE PER LA QUALE

GLI UOMINI SONO DISPOSTI A MORIRE. O A UCCIDERE.

FATALE OMNIBUS Vol. 1, scritto da Ed Brubaker (Incognito, Friday, Scene of the crime, Captain America, Daredevil e Gotham Central) e disegnato da Sean Phillips (Incognito, Marvel Zombies, Uncanny X-men e Hellblazer) e i colori di Dave Stewart, raccoglie le prime due storie della pluripremiata serie che rilegge il mito della dark lady in chiave horror. Un noir dalle tinte oscure nello stile di Raymond Chandler e Dashiell Hammett con una inaspettata incursione nel terrore senza nome di H.P. Lovecraft creato dalla coppia d’oro dei comics, in un volume ricco di materiali speciali e contenuti inediti.

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