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CONVERSAZIONE A TAVOLA |

«A tavola anche l’occhio vuole la sua parte» Heike Munder, direttrice del Museo Migros d’arte contemporanea, sulle esigenti abitudini alimentari di artisti vari, e perché ha rinunciato alla carne, o quasi. IntervIstA: ChrIstIAne BInder | Foto: GIAn mArCo CAstelBerG | IllustrAzIonI: mArk sAsvAry

Esattamente un minuto prima dell’appuntamento Heike Munder arriva al ristorante da lei scelto: il Zentraleck nel Kreis 3 di Zurigo, un indirizzo ben noto anche al di fuori del quartiere per la ricercata cucina con ingredienti freschissimi. Lo chef Matthias Hunziker la saluta con una stretta di mano, e le rivela che lascerà il ristorante. Tuttavia, aggiunge, il suo successore farà le cose «altrettanto bene». Heike Munder se ne rallegra. Abita proprio dietro l’angolo e sa apprezzare i buoni ristoranti della zona. Togliendosi il cappotto, ordina un tè alla menta.

gallerista, vive a Napoli. È difficile mantenere un’alimentazione sana e regolare con questo stile di vita? Per fortuna il mio compagno è più spesso a Zurigo che a Napoli. Ma per motivi professionali mi reco all’estero almeno quattro volte al mese. Mangiare però non è un problema: in aereo ordino i menu vegetariani. Sul posto, vado nei ristoranti che fanno cucina locale. Lì è meno probabile che ti servano cibi pronti o surgelati. Di conseguenza, è più facile trovare verdure fresche del rispettivo paese.

Perché ha ordinato un tè alla menta? Heike Munder Quando piove ti riscalda e rinfranca lo spirito.

All’estero ha dei ristoranti preferiti? A Londra, il St. John è un locale meraviglioso. A Berlino mi piace andare al Grill Royal – anche se molti berlinesi lo disdegnano in quanto lo considerano troppo trendy. Ma ancor di più mi piace il negozio Lebensmittel nel quartiere Mitte di Berlino, il cui menu contempla solo piatti della Germania meridionale. E a Napoli praticamente non ci si può sbagliare: la qualità dei prodotti alimentari è semplicemente imbattibile.

Ha dovuto rinviare il nostro incontro due volte. A quanto pare è oberata dagli impegni. Lo può ben dire. In realtà, avrei preferito una cena, perché il menu serale del Zentraleck è ancora meglio. Ma al momento potrei dover rimandare tutti i miei appuntamenti serali più volte. Fino alla riapertura del museo dell’areale Löwenbräu, prevista per il 31 agosto, c’è un’infinità di cose da fare. L’intera struttura museale deve essere estesa e rinnovata. Oggi sono passata da una riunione all’altra per tutta la mattina. Ha avuto almeno tempo di fare colazione? Certamente. Sono totalmente dipendente da un’alimentazione sana e regolare. Di solito inizio la giornata con frutta e muesli. A causa della mia intolleranza al lattosio lo mescolo con l’acqua. E accompagno il tutto con un litro di tè verde. Devo bere molto, altrimenti mi viene facilmente mal di testa. La sera mi cucino qualcosa, se sono a casa: polenta, riso, lenticchie, verdure – cose semplici, ma della miglior qualità. Per acquistare opere d’arte e curare i contatti è spesso in viaggio da Londra a Torino e da Berlino a Mumbai. Il suo compagno, un

Mangiare in viaggio

«Per motivi professionali mi reco all’estero almeno quattro volte al mese. In aereo ordino i menu vegetariani. Sul posto, mangio nei ristoranti che fanno cucina locale. Lì è meno probabile che ti servano cibi pronti o surgelati».

A Zurigo la sua tabella di marcia prevede molti pranzi d’affari con gli artisti. Ci sono ristoranti che frequenta abitualmente? Dal momento che non conosco le preferenze culinarie dei miei ospiti, scelgo sempre ristoranti con un buon assortimento di carne, pesce e persino di piatti vegetariani. Il Volkshaus è uno di questi, di cui apprezzo anche l’ampio ambiente. Allo stesso modo, mi piacciono anche l’Italia e l’Alpenrose. Solo una volta, quando ero a pranzo con il produttore discografico e musicista Malcolm McLaren e alcuni amici comuni, non è andata molto bene. Che cosa è successo? Si dice che gli inglesi non facciano gli schizzinosi quando si tratta di cibo. Lo dice lei! Il mio errore fu che non sapevo che nel ristorante erano cambiati lo chef e il suo team. All’epoca, Malcolm era già gravemente malato. Tutti trovammo immangiabile ciò che ci servirono.

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