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ViviSalute Magazine Per gli antichi era una medicina al punto che i cinesi, nel tremila avanti Cristo, l’avevano chiamata “erba superiore”. Oggi, invece, la cannabis è sinonimo di spinello, di droga leggera: chi ne fa uso viene segnalato in prefettura come tossicomane, chi la vende - o la cede - commette il reato di spaccio di droga. Ma di cannabis se ne è già parlato alle Molinette, dove il professore ordinario di oncologia,

frontiere

Le nuove

della ricerca.

La sperimentazione alle Molinette su malati di tumore e AIDS. Bisogna umanizzare le cure senza alcun tabù.

Antonio Mussa, ha iniziato una sperimentazione, utilizzando la cannabis non certo come spinello da far fumare ai ricoverati, ma come farmaco antidolorifico da somministrare ai pazienti terminali oncologici, e non solo. Ad esempio, anche ai malati di Aids. Non è un caso che l´idea della sperimentazione sia venuta a Mussa, che è altresì europarlamentare: “All’estero, l’uso terapeutico antidolorifico della cannabis su malati terminali di tumore - ha spiegato il docen6

I cannabinoidi allo studio nella terapia del dolore.

te delle Molinette - è già molto diffuso. Non è sperimentale. In Italia, invece, esiste ancora un pregiudizio di tipo politico. Ecco perché mi sono assunto la responsabilità, come ricercatore, di iniziare la sperimentazione nel mio reparto”. Utilizzare una pastiglia con il principio attivo della cannabis non richiede autorizzazioni particolari, in quanto il farmaco è già commercializzato all’estero. Può essere prescritto da qualunque medico. È sufficiente seguire un iter burocra-

tico e incaricare dell’acquisto la farmacia dell’ospedale. Perché, allora, occorre una sperimentazione? “Vorremmo studiare un protocollo - ha spiegato ancora il professor Mussa - per dimostrare in modo scientifico l´efficacia di questo farmaco come anti-dolorifico. Sperimentazioni analoghe, del resto, sono già in corso su malati di sclerosi multipla. È importante fare cultura per vincere le resistenze che dieci anni fa abbiamo incontrato per introdurre la morfina nei reparti. La

gente urlava di dolore, e c’era chi diceva che bisognava lasciarla soffrire. Poi è sceso in campo Veronesi e oggi le cure palliative sono routine”. L´iniziativa di Mussa è stata accolta favorevolmente dal presidente dell’Ordine dei Medici, Amedeo Bianco. “La terapia del dolore - ha spiegato il dottor Bianco - è una delle priorità da prendere in considerazione nel processo di umanizzazione delle cure. E non deve conoscere tabù. Ecco perché sono benvenute iniziative e speri-

mentazioni sull’uso di farmaci o sostanze che si dimostrino in grado di coniugare meglio tollerabilità ed efficacia”. La morfina, dunque, sarà sostituita dalla cannabis nelle terapie palliative oncologiche? “Niente affatto. - ha precisato Mussa - Si tratta di due farmaci con effetti collaterali e controindicazioni diversi. Il primo, provoca depressione, occlusioni intestinali, assuefazione, inappetenza e ipotensione. Il secondo, invece, stimola l’appetito, è un anti-nausea, rende

euforici, non provoca disturbi intestinali, e non dà dipendenza”. Perché, dunque, non usare la cannabis anche in Italia, nonostante da anni varie regioni italiane (come la Sardegna), abbiamo sottoscritto proposte di legge? Le ragioni sono principalmente due. La prima - di tipo politico - perché la cannabis è associata alla droga. La seconda, di natura commerciale: le aziende farmaceutiche, guadagnando poco sulla sua commercializzazione, non han-

no interesse a promuoverne la diffusione. A questo proposito, è intervenuto Mario Giaccone, presidente dell’ordine dei Farmacisti. “Il farmacista non ha preclusioni o pregiudizi nei confronti di una sostanza perché ragiona in termini di principio attivo. Nel caso della cannabis, è stato l’abuso, e non l’uso, a procurarle la sua immagine negativa. In modo regolamentato dalla legge, potrebbe dare invece dare risultati positivi, così come è stato per la morfina”. 7


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