LA CHIESA DEL VILLAGGIO DEL SOLE A VICENZA

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Luciano Gasparini Elisabetta Brusutti

LA CHIESA DEL VILLAGGIO DEL SOLE A VICENZA

Foto dell’interno, Arch. Thorster Lang di Modena

Associazione “Villaggio insieme”, Vicenza


II


RINGRAZIAMENTI

All’ing. Luciano Gasparini di Modena, studioso del Progettista della chiesa, che ha donato all’associazione “Villaggio insieme” l’articolo Incontro tra cultura scientifica e architettura. Il suo contributo particolarmente competente è stato il motivo dell’uscita di questo “libro”. All’arch. Elisabetta Brusutti di Vicenza, autrice del secondo saggio linguaggio non verbale, che altre volte è intervenuta nelle nostre pubblicazioni su questo particolare tema applicato alla chiesa del quartiere. All’arch. Paolo Musmeci, per averci raccontato della Scienza e Amore del padre Sergio.

La pubblicazione è una iniziativa dell’associazione “Villaggio insieme” di Vicenza sponsorizzata dal presidente Roberto Brusutti - dicembre 2015. Le immagini sono nella disponibilità dell’associazione.

Collana Libri nati al Villaggio III


IV


PREFAZIONE

Un libro particolare questo, che viene alla luce dopo altri, che la nostra associazione ha prodotto e reso disponibili sul sito internet nella sezione dei volumi “Nati al Villaggio”. È una raccolta che vuole rispondere all’inconscia attesa di abitanti e amici del quartiere, che si trovasse finalmente il modo di dire il bello, il valido, il buono del luogo. C’era infatti consapevolezza dei benefici ereditati da una intelligente pianificazione, seguita da una programmazione urbana e da un disegno architettonico competenti e amorevolmente condotti. Però di tutto questo mancava una narrazione. Per riempire questo vuoto abbiamo messo a tema “Abitare il Villaggio” con racconti, saggi e contributi autorevoli raccolti nei libri pubblicati. Con questa opera si conclude il tema del quartiere e non a caso essa riguarda il suo edificio di maggior rilievo, la chiesa, capolavoro di Sergio Musmeci. Abbiamo inteso sottrarre ad una sorta d’invisibilità il nostro quartiere, sorto intorno al 1960, sul quale, come su tante opere di architettura moderna, non si è depositata una sufficiente quantità di storia e di attenzioni culturali da rendere possibile un riconoscimento di importanza artistica e culturale. Per di più la nostra è una realtà molto famigliare e tale da non attirare l’attenzione del cittadino di Vicenza che nella sua città non manca certo di opere di grande interesse. Eppure si tratta di una parte importante del tessuto urbano e, in questo caso, dell’opera, unica nel suo genere, dell’ing. Sergio Musmeci (1926 – 1981), la chiesa di San Carlo del Villaggio del Sole. La biografia del maestro ce lo rivela dotato di un’ampia e raffinata cultura e, in particolare, di una spiccata empatia con le geometrie, con la Spira mirabilis e con i sistemi reticolari tridimensionali. Numerose sono le testimonianze e i riconoscimenti: ricordiamo qui l’acquisizione recente del suo archivio di planimetrie e progetti da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali per le collezioni di architettura del XXI secolo (MAXXI Architettura). Una empatia per le forme geometriche che hanno condiviso anche i nostri autori perché tutti e due citano il primo libro sulla chiesa dove avevamo scritto1: “È probabile che il visitatore di San Carlo sia colpito da qualcosa di profondo che si manifesta solitamente con un immediato senso di stupore, prima di qualsiasi ulteriore riconoscimento; da qualcosa di profondo che produce nei più curiosi un’attenzione alle molte concordanze e ripetizioni tenute sommesse, a disposizione di chi guarda con amorevole cura”. Un luogo: il quartiere e la sua chiesa, un tema: la spirale di crescita, una figura ritmicamente ripetuta: il triangolo equiangolare. Un tutto eloquente nella sua armonia che si racconta senza l’uso di parole. Con una sola idea, quella della spirale, Musmeci ha realizzato la forma strutturale e quella artistica. La bellezza della chiesa nasce dunque dalla espressione matematica della spirale, e non fa meraviglia, come dice Musmeci. Ma si può anche sostenere che essa nasca da un’espressione evangelica, quella di Giovanni al cap. 1, vers. 14 e venne a piantare la sua tenda in mezzo a noi. Due espressioni che nella chiesa si fondono e bruciano ogni incertezza sull’autenticità del credo che l’ha fatta nascere e che continua ad alimentarla riflettendosi nell’opera e difendendone l’integrità2.

1 2

Pagina 36 di inno di arte e parola a cura di Elisabetta e Roberto Brusutti, 2002. Pubblicazione consultabile sul Da un’espressione dell’arch. Angela Cattaneo, Vicenza

V


Questo nostro libro nasce sia per una lettura critica ed espressiva del mondo matematico di Musmeci a favore dei meno esperti, sia per cogliere il significato simbolico dell’edificio parrocchiale, nato, come vuole l’etimo, per stare presso, vicino alle case. A questo si sono dedicati con perizia anzitutto l’ing. Luciano Gasparini che ha pubblicato questo testo anche sulla Rivista dei Matematici Italiani e l’arch. Elisabetta Brusutti.

Roberto Brusutti presidente dell’associazione Villaggio insieme di Vicenza

VI


SOMMARIO

PREFAZIONE

V Luciano Gasparini

Incontro tra cultura scientifica e architettura nella chiesa del Villaggio del Sole a Vicenza

1

Premessa

2

GENESI GEOMETRICA DELLA FORMA

3

Le spirali fondamentali

3

La maglia triangolare infinitesima

5

L’andamento altimetrico

13

LEGGI D’AGGREGAZIONE ED ASPETTI STRUTTURALI

16

Il non finito

16

Incommensurabilità: il triangolo “quasi” equilatero e gli infinitesimi

17

Una strutturistica tra il discreto ed il continuo

20

Elisabetta Brusutti

Linguaggio non verbale

25

POSTFAZIONE

33

VII


VIII


Luciano Gasparini

Incontro tra cultura scientifica e architettura nella chiesa del Villaggio del Sole a Vicenza

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Elisabetta Brusutti

Linguaggio non verbale

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Se abitualmente le città si sviluppano per parti, con interventi stratificati nel tempo, con stili architettonici e tecnologie costruttive differenti a seconda dell’epoca di costruzione, questa parte di città, il quartiere del Villaggio del Sole, è nata da un unico progetto e nel medesimo momento (è stato inaugurato nel 1960), in una zona a nord ovest della città, che era ancora quasi completamente agricola.

Gli edifici sono differenziati a seconda del loro ruolo nello spazio, senza che alcuni prevalgano sugli altri, ma con relazioni spaziali e visive ben definite tra di loro e con l’ambiente circostante: ü la “bissa” (la biscia) sembra quasi una barriera protettiva per il quartiere, comunque aperta al piano terreno per permettere viste dell’interno anche a chi percorre distrattamente la circonvallazione ü gli edifici curvi, paralleli tra loro e digradanti in altezza verso il cuore del quartiere, riprendono l’andamento sinuoso di via Colombo e permettono il soleggiamento di tutti i fabbricati ü il “pettine” apre la vista verso nord, verso il paesaggio, Monte Crocetta e più in là le montagne. Per renderlo riconoscibile gli è stato dato un nome tratto da uno dei pochi edifici già esistenti all’epoca: la “Casa del Sole” di Monte Crocetta e gli è stata data una forma arrotondata che lo fa assomigliare ad una piccola città, un villaggio appunto, uno spazio unitario, ma differenziato che ha al centro, come in tutte le nostre città, gli spazi e gli edifici pubblici, gli edifici comunali, la scuola, la piazza e la chiesa. L’evoluzione scientifica e tecnologica ha sempre permesso innovazioni nella tecnica delle costruzioni. Nei secoli recenti questa evoluzione, sempre più rapida, ci ha progressivamente liberato da alcuni limiti imposti dalle caratteristiche intrinseche dei materiali, dalle tecniche di lavorazione e dalle capacità di verifica delle tecnologie stesse: ü l’abbinamento ferro e cemento supera i limiti di resistenza dei due singoli materiali ü le travi reticolari in ferro permettono la copertura di grandi superfici ü lo sviluppo dei collanti permette la realizzazione di travi in legno lamellare più lunghe, più resistenti e dalle forme più variegate. Se prima erano da rispettare canoni in parte derivati dalle caratteristiche proprie dei materiali (dimensioni, resistenza, flessibilità, portata, peso, lavorabilità, …) e dalla capacità di calcolo delle strutture fino ad allora possibile, si è poi sviluppata una maggiore libertà compositiva e progettuale che permette di esprimere attraverso forme nuove, non solo la funzionalità e l’efficienza dell’edificio, ma anche il come ed il perché, le ragioni della sua esistenza: il suo significato simbolico.

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L’edificio pubblico, com’è per definizione una chiesa, è da sempre portatore di un messaggio, espressione di una volontà, rappresentativo della committenza che lo ha voluto. E quando lo fa col suo linguaggio intrinseco, il linguaggio delle forme e dello spazio, delle strutture e dei materiali, realizza l’identità tra struttura, forma e contenuto simbolico. Dove il simbolo è una rappresentazione che riesce a mettere insieme il significato suo proprio ed uno diverso (in questo caso: edificio come luogo di culto e comunità come insieme di persone, come senso di uguaglianza e condivisione). Quale messaggio Alla fine degli anni ’50 era in preparazione il Concilio Vaticano II (11/10/1962- 8/12/1965): cambia il modo di vedere la Chiesa come istituzione e di conseguenza anche il modo in cui l’istituzione si relaziona col mondo e il suo significato simbolico ed il modo in cui questo nuovo significato viene rappresentato. L’edificio tradizionale, di forma classica allungata a croce latina, e la liturgia prima della riforma del Concilio Vaticano II sono espressione di gerarchia, distanza e distacco: al vertice i sacerdoti e poi, a scendere per importanza, tutti gli altri. Il sacerdote celebra la messa in latino, rivolto all’altare e dando le spalle alla gente, solo lui ha rapporto con Dio e solo attraverso di lui possono averlo anche i fedeli, che non capiscono il latino e non leggono i Testi Sacri. Le posizioni prossime all’altare sono riservate alle persone più importanti nella comunità per scendere nella gerarchia lungo la navata verso le porte di uscita.

Questo nuovo edificio invece è espressione dell’idea di comunità, comunione e fraternità: in questa chiesa tutte le persone siedono insieme, vicine all’altare, senza posizioni prevalenti e possono partecipare “con immediatezza” alla celebrazione liturgica. Il sacerdote è al centro della comunità e rivolto verso di lei, punto di riferimento per le persone, parla con loro e per loro, è “insieme” alla gente. Come si manifesta La chiesa sorge al centro dell’area “pubblica” del quartiere, a cui si arriva percorrendo strade dall’andamento curvilineo. Non esiste un accesso privilegiato, un’unica prospettiva, è abolita la vera e propria facciata. L’edificio si propone come un “volume aperto a tutte le visuali circostanti, armonizzandosi con l’ambiente che lo circonda”1. 1

Ortolani Cattaneo Musmeci: Fede ed Arte, settembre 1963

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La pianta è centrale ed avvolgente ed, entrando, lo sguardo abbraccia tutto lo spazio. Non ci sono navate o cappelle laterali, solo la sacrestia è nascosta alla vista. L’altare è al centro e tutte intorno, vicine, le sedie per i fedeli che non sono primi od ultimi, vicini o lontani dal fulcro della liturgia, ma tutti ugualmente coinvolti e partecipi. L’altare è illuminato da un cono di luce soffusa che viene dall’alto, dal punto centrale di questa copertura che, per sua natura geometrica, non si chiude mai. E così questo tetto in cemento armato appare come una tenda, con la leggerezza e la forma di una grande tenda appena piantata. Lo sguardo tende a salire e a rincorrere i triangoli della copertura, delle nervature via via più fitte e sottili. E così vediamo i sei lampadari, quasi dei bracieri, esagonali. In mezzo a loro il Crocifisso. Poi i plinti, anch’essi esagonali, che staccano la “tenda” dalle pareti (o la piantano) e lasciano passare una luce diffusa e discreta. Al centro l’altare ed il Crocifisso, intorno, raccolta, la comunità: non si rappresenta la gerarchia, ma l’ equivalenza, non una posizione fissa, statica, ma un invito a percorrere, ad andare.

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Con quali parole Tutta la chiesa è progettata partendo da una legge di natura: la Spira Mirabilis. Le spirali sono alla base di molte forme del mondo vivente e sono note fin dai tempi antichi. La nostra particolare Spira fu descritta da Descartes nel 1638 come Spirale Equiangolare, ma è nel 1692 che il matematico Jacob Bernoulli restò tanto affascinato dalle sue proprietà e dalla sua bellezza da chiamarla Mirabilis e la volle incisa nella sua tomba a Berna con la scritta “Eadem mutata resurgo” (uguale e rinnovata rinasco). La Spira Mirabilis è una forma presente in natura, pensiamo alla conchiglia del nautilus, alla forma delle galassie, dei tornado, alla linea ideale che unisce i punti di intersezione delle foglie in un ramo, alla disposizione degli elementi in una pigna, etc., ed esprime una legge della crescita organica secondo la quale gli elementi si infittiscono verso il centro e si diradano alle estremità. Vi sono strette relazioni tra la Sezione Aurea e la Spirale Logaritmica o Equiangolare testimoniate dalla fecondità di studi e di applicazioni di questi rapporti.

Nella chiesa di San Carlo i muri seguono l’andamento di tre Spirali Logaritmiche che avvicinandosi al loro centro infittiscono le linee di fuga verticali del rivestimento interno in pietra di Vicenza, così come il passo delle formelle di aerazione (che rappresentano anche le stazioni della Via Crucis), quello dei pilastrini di appoggio del tetto e il ritmo delle nervature del tetto stesso.

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Infatti anche la copertura è costituita da tre famiglie di spirali (tridimensionali sviluppandosi anche in altezza) che si intersecano tra loro, dando origine a dei triangoli isosceli che si susseguono sempre più piccoli mantenendo però le stesse proporzioni. Sulla copertura l’arch. Manfredi Nicoletti scrive: Un sistema geometrico questo fatto di curve incrociate equiangolari frequente in natura, per esempio nella disposizione degli elementi centrali dei fiori o nella superficie delle pigne, che esprime una legge della crescita organica. È di grande efficacia per la reciproca coesione di elementi discreti [distinti]2. La struttura, infatti, è costituita da tre famiglie di spirali tridimensionali che, intersecandosi tra loro, collaborano nel reciproco sostegno, dove una sola non sarebbe sufficiente in mancanza dell’appoggio centrale che normalmente sorregge le coperture a “tenda”.

Si può notare inoltre che, andando verso il centro, le nervature si infittiscono, ma anche si assottigliano, applicando il principio del minimo strutturale secondo cui un elemento deve avere in ogni punto la dimensione sufficiente e necessaria per resistere alle forze che in quel punto si applicano. Questo principio di sostenibilità lo deduciamo dall’osservazione della natura dove nulla è superfluo e dove, senza gravare di inutile peso e rigidità, la forma e la curvatura, conferiscono invece maggiore resistenza alle strutture laddove vi sono forze da contrastare (in primo luogo la forza di gravità, il peso proprio, la spinta del vento …). 2

Manfredi Nicoletti: Sergio Musmeci: organicità di forme e forze nello spazio, 1999

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Tre sono quindi le strutture dell’edificio: ü la muratura, cieca, a forma di spirale che non è mai tagliata perché le porte sono alloggiate negli spazi tra una spirale e l’altra ü i plinti che appoggiano la struttura del tetto alla muratura come i picchetti fissano a terra la tenda e lasciano entrare una luce soffusa all’interno ü il tetto a forma di tenda costruito con spirali equiangolari che, non raggiungendo mai il loro centro, non chiudono in alto la copertura e fanno calare sull’altare un fascio di luce ristretto evidenziando il centro geometrico e simbolico dell’edificio. L’architettura dà luogo a forme che ci parlano attraverso un linguaggio non verbale. La percezione visiva di strutture naturali ha svolto un ruolo fondamentale nell’estendere la comprensione intuitiva delle strutture artificiali anche da parte dell’uomo comune privo di conoscenze tecniche specifiche. Percepiamo come bella una struttura perché intuitivamente la vediamo corretta e riconosciamo in essa principi di natura che osserviamo quotidianamente pur non conoscendoli scientificamente. Anche senza saperla codificare avvertiamo l’armonia di un edificio perché intuiamo che è la composizione di un’idea che ha organizzato elementi fisici (muri, tetto, luce...) ponendoli tra loro in una relazione spaziale (distanze, proporzioni...) e temporale (contemporaneità, sequenza, ritmo...) coerente. Se l’edificio può riconquistare il suo valore civico, rappresentativo di una collettività, con la volontà di essere non “monumento”, ma simbolo in cui riconoscersi anche emotivamente, deve esprimersi col suo linguaggio intrinseco, il linguaggio delle forme e dello spazio, attraverso l’aderenza tra struttura, forma e contenuto simbolico. E così la chiesa di San Carlo ci mostra il suo significato (comunità, collaborazione, coesione, equivalenza...) attraverso la forma (pianta centrale, mancanza di facciata tradizionale, centralità dell’altare, forma avvolgente, tetto a “tenda”...) declinata dalla struttura (Spira Mirabilis, minimo strutturale, coesione di elementi discreti). “È probabile che il visitatore di San Carlo sia colpito da qualcosa di profondo che si manifesta solitamente con un immediato senso di stupore, prima di qualsiasi ulteriore riconoscimento; da qualcosa di profondo che produce nei più curiosi un’attenzione alle molte concordanze e ripetizioni tenute sommesse, a disposizione di chi guarda con amorevole cura”.3

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Roberto Brusutti “inno di arte e parola” 2002

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POSTFAZIONE Scienza e Amore In architettura e nel mondo dell'Arte non esiste la moda, non esistono gli stili, non esistono le tendenze, non esistono i personali atteggiamenti dei progettisti; l'opera d'arte è il frutto di un pensiero filosofico che non incontra la volubilità della vita materiale. L'uomo è portato, per sua vocazione, verso l'eterno; creare qualcosa che segni e rimanga nella notte dei tempi, questo è qualcosa che vola al disopra di noi. La nostra storia è piena di opere d'arte create dagli uomini, uomini e donne speciali. Mi piace portare una testimonianza che descrive quel lato meno visibile di Sergio Musmeci che a mio avviso è importante quanto il suo pensiero scientifico, la sua passione per la vita e l'amore per l'insegnamento; era visibile e straripava dai suoi lavori. La divulgazione delle sue ricerche, infatti, era svolta con dedizione e originalità, tanto che gli studenti della facoltà di architettura di Roma non potevano che essere affascinati e rapiti da quelle lezioni; la ricordo molto bene questa sensazione di rapimento e attrazione in un’aula accademica incredibilmente silenziosa e attenta a tarda ora serale. Il suo modo di vedere l'uomo, la sua arte, è senza dubbio l'insegnamento che dobbiamo cogliere, l'amore verso la nostra cultura, verso l'ampliamento dell’esperienza di vita vissuta in equilibrio ed armonia con il tutto, persone, animali, piante e cose, insomma verso tutto l'universo. Tutti noi, non solo tecnici progettisti, abbiamo il dovere di cogliere questa filosofia di vita, lavorare e agire sulla nostra terra con coscienza e ricercare sempre un progresso dei nostri lavori compatibile e consapevole, fare le cose con consapevolezza. La nostra “coscienza” è responsabile verso tutto. Sergio Musmeci è senza dubbio la persona che ho conosciuto da vicino che più mi ha trasmesso questa semplice filosofia di vita, passione ed amore per il proprio lavoro. Da questo approccio, da questo modo di vivere, unendo un talento e un'intelligenza fuori dal comune, si può dire che Sergio Musmeci era una persona rara e unica, un precursore delle moderne filosofie ecologiche e di sfruttamento consapevole delle risorse naturali. La passione porta a dei risultati inimmaginabili, l'uomo è un creatore d'arte. La chiesa del Villaggio del Sole, posso dirlo, vola al di sopra di tutti noi ed è un'opera d'arte. Questo è il motivo per il quale ancora oggi si parla e si studia questo esempio di architettura, si parla di mio padre, Sergio Musmeci, che è per tutti noi progettisti l'esempio di un approccio alla progettazione consapevole, scientifica, responsabile, organica e in armonia con la natura . La sua creazione è frutto di un pensiero scientifico, studiato e responsabile che va al di là della pura scienza, emoziona vedendola, guardandola capisci che vive grazie a qualcuno che le ha dato forma, armonia, un uomo che ha creato Arte. La Natura ci insegna ed è qualcosa che è al disopra di noi . La chiesa del Villaggio è un testimone che sopravvive agli uomini ed è portatrice di un eterno respiro naturale. L'Arte degli uomini è Storia e tutti noi siamo figli della storia fatta da uomini speciali. Sergio Musmeci è ormai nella Storia e con lui anche la chiesa del Villaggio del Sole e le sue opere. Paolo Musmeci

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Collana “Nati al Villaggio” 1989 - Scritti e Immagini, a cura di Anna Brusutti e Antonio Ranzolin – Biblioteca Pubblica del Villaggio del Sole - cm. 17 x 24, pp.136, illustrato (Dal lunghissimo ‘prima geologico’, al disegno del Villaggio, all’ insediamento degli abitanti)

2002 - inno di arte e parola, La chiesa di san Carlo al Villaggio del Sole, Vicenza, 1962 – 2002, a cura di E. e R. Brusutti, edito in proprio, cm. 21 x 21, pp.93, illustrato. (I fermenti preconciliari, la genialità di un disegno che brucia ogni elemento superfluo, l’armonia compositiva)

2009 - ABITARE IL VILLAGGIO, Memoria e Storia, a cura di Villaggio insieme, cm. 14 x 21, pag. 292.( Un processo maieutico per una memoria collettiva del Villaggio del Sole nata dagli abitanti)

2010 - Il valore della memoria, la forza della narrazione, a cura di Villaggio insieme, cm. 14,5 x 21, pp. 160, illustrato, allegato CD. (Memoria e contestualizzazione storica, narrazione e produzione di senso)

2010 - VILLAGGIO DEL SOLE UN QUARTIERE D’AUTORE, a cura di Villaggio insieme, cm. 17 x 24, pp. 144, illustrato (Il punto di vista di specialisti e addetti ai lavori su un quartiere d’autore)

2011 - Dal Villaggio del Sole al villaggio globale, a cura di Villaggio insieme, Vicenza, cm. 17 x 24, pp. 84, illustrato (La difficile questione della persistenza e della pervasività del microcosmo abitativo)

2015 – LA CHIESA DEL VILLAGGIO DEL SOLE A VICENZA, di Luciano Gasparini e Elisabetta Brusutti, cm. 21 x 29,7, pp. 44, disponile gratuitamente solo sul sito dell’associazione. (Incontro tra cultura scientifica e architettura)

Un apporto esterno 2009 - IL VILLAGGIO DEL SOLE E LA CITTA' DI VICENZA un'occasione di rinnovamento urbano, arch. Angela Cattaneo di Vicenza per l’associazione Villaggio insieme, formato A4, pp. 66, album illustrato

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“La chiarezza della legge che organizza lo spazio, oltre che molto coinvolgente, ne permette la lettura nei suoi tratti fondamentali, quali ad esempio quelli espressi dai bambini. In questo suo disegno Nicole non manca di mettere in evidenza la progressione continua di avvicinamento tra le nervature verso la direzione centrale” (Luciano Gasparini commenta un disegno dei bambini della Scuola Primaria del Villaggio del Sole)

Associazione “Villaggio insieme”, strada Biron di Sotto, 109 – 36100 Vicenza Presso Roberto Brusutti, tel. 0444 564279, e-mail info@villaggioinsieme.it Sito internet: www.villaggioinsieme.it


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