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La paura e il coraggio nelle organizzazioni
I neuroscienziati ci dicono che la paura è una delle 6 emozioni primarie, o universali; le altre 5 sono gioia, tristezza, rabbia, sorpresa e disgusto. Queste emozioni servono a generare automaticamente comportamenti funzionali alla nostra sopravvivenza. Queste emozioni hanno la peculiarità di essere facilmente riconoscibili grazie ad una caratteristica espressione facciale che il nostro viso assume quando ci troviamo ad esprimere una di queste emozioni.
Vi sono poi emozioni secondarie o sociali che sono più vicine al nostro moderno stile di vita in quanto, fortunatamente, ben raramente oggi dobbiamo risolvere problemi di mera sopravvivenza bensì piuttosto l’esigenza di far fronte ad ambienti sociali sempre più complessi e impegnativi.
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Le principali emozioni secondarie sono l’imbarazzo, la gelosia, l’invidia, il senso di colpa, l’orgoglio, la vergogna.
Nel nostro mondo sociale e lavorativo il concetto di paura viene di sovente associato al rifiuto verso gli altri, al timore dell’ignoto, del nuovo, del cambiamento. Anche perché la nostra cultura ci incoraggia alla cautela, a discapito della curiosità e, quindi, della crescita. Ne deriva, nel comune sentire, che la paura dell’ignoto è assimilabile al pericolo: ogni cambiamento è gravido di incertezze…
L’emozione negativa della paura induce una situazione di paralisi. In assenza di azione il pensiero e la percezione girano a vuoto, diventano inutile dispendio energetico. Ne deriva che decidere ha senso solo se si è nella condizione di implementare la decisione, ossia di agire.
Si raggiunge il successo solo quando si smette di avere paura del fallimento. Ho paura di non riuscirci è il mantra di chi non intende assumersi nessuna responsabilità. L’atteggiamento che porta a temere il proprio insuccesso rappresenta uno dei più diffusi e consistenti ostacoli al raggiungimento di un obiettivo personale. Di questo atteggiamento fa parte la tendenza a lamentarsi, non certo quello di cercare di cambiare le cose.
Quasi sempre l’inerzia, ossia il rinviare, il diluire, il procrastinare rappresenta una fuga dalla realtà.
Le persone che aspettano che tutte le condizioni siano perfette per agire, non agiscono. E alla base di questo atteggiamento quasi sempre esiste un alibi, normalmente molto consolidato in buona parte di noi. Infatti, evitando iniziative si evita il rischio di un possibile insuccesso. Rimandando si può ottenere che un altro faccia una certa cosa al posto nostro. Inoltre, siamo consapevoli che chi non agisce è, spesso, uno che critica. Criticando ci si sente importanti a spese altrui. È così che il rimandare può diventare un modo per manipolare il prossimo.
Una variante della paura caratteristica del nostro tempo è il senso di colpa. È il più inutile dei comportamenti autolimitanti. Di tutti gli sprechi di energia emozionale è tra i maggiori.
Il senso di colpa è atteggiamento ampiamente negativo: riguarda una cosa storicamente successa; non consente di affrontare efficacemente e lucidamente i problemi; paralizza moltiplicando così le probabilità di sbagliare ancora; non serve, non aiuta, non fa crescere. Ricordiamoci che non esiste problema che possa essere risolto, nemmeno lontanamente, dalle nostre paure.
Parliamo ora, finalmente, dell’antidoto alla paura ossia del coraggio.
Nessuno nasce cuordileone ma il coraggio, come qualsiasi altra nostra facoltà intellettuale può essere sviluppato, allenato, consolidato.
Basta acquisire la consapevolezza che il coraggio ci serve, ci è utile, migliora la nostra esistenza. Pertanto lo vogliamo. Il coraggio rientra a pieno titolo nella nostra strategia di automiglioramento che si sviluppa in 4 direzioni:
• sviluppo di atteggiamenti e di capacità positive. Vi rientrano: la costruttività (essere responsabili), l’orientamento al risultato (essere concreti) e la predisposizione al contributo (essere integratori e apportatori di valore)
• autosottrazione al prevalere di atteggiamenti negativi
• disponibilità a migliorare le proprie prestazioni: miglioramento delle attività in corso, del lavoro, del ruolo, del rapporto sociale ed affettivo
• spirito di iniziativa: gestire le attività con lo spirito del si può fare, perseguire gli obiettivi anche al di là del proprio target, mobilitare l’intraprendenza degli altri, non restare in attesa bensì anticipare gli eventi.
Il coraggio è l’ingrediente fondamentale per un comportamento consapevole, responsabile, autonomo.
Anche solo per cambiare un’abitudine ci serve il coraggio che ci aiuta a portarci fuori dalla comfort zone, dalla nostra pigrizia, dalla predisposizione a semplificare, ad agire con sforzo poco costoso, superficiale e disinvolto, senza fare riferimento a regole impegnative e faticose. Pensiamo al semplice fatto che oltre il 40% delle nostre azioni quotidiane non è frutto di decisioni bensì di abitudini. Questa situazione può avere un impatto non trascurabile sulle nostre aziende. Ecco perché il pensiero critico è una delle 3 skill da sviluppare per sopravvivere nel mondo del lavoro (*).
Queste veloci considerazioni su paura e coraggio nelle organizzazioni hanno lo scopo di creare consapevolezza nel management delle nostre aziende circa l’importanza e l’urgenza delle azioni da intraprendere sull’argomento.
E concludo con un paio di riflessioni:
1. non restiamo impantanati nelle paludi dell’incertezza: impariamo a decidere e ad agire con coraggio;
2. ricordiamoci che ogni giorno porta con sé opportunità, per chi le sa riconoscere e le vuole cogliere.
Fabrizio Favini
(*) The future of job – World Economic Forum. Per completezzadi informazione le altre 2 skill sono problem solving complessoe creatività.