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Benessere equo e sostenibile (bes): la rivoluzione possibile

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FILOMENA MAGGINO

FILOMENA MAGGINO

Il superamento del PIL (Prodotto Interno Lordo) a favore del BES non è solamente una questione che coinvolge la politica e che richiede interventi tecnici e metodologici. È innanzitutto una questione culturale in quanto richiede un importante cambiamento di paradigma. In questa prospettiva il mondo dell’istruzione - a tutti i livelli - gioca un ruolo determinante, non tanto e non solo nell’introdurre il tema specifico di cui ci stiamo occupando ma anche e soprattutto nell’allenarci alla complessità richiesta da questa rivoluzione.

QUESTIONI DA AFFRONTARE NEL PROPORRE IL BES

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Il messaggio più importante che ci lancia l’esperienza del Progetto BES è che qualsiasi tentativo di operare nell’ottica di monitorare il benessere del Paese pone sfide, necessità e rischi.

SFIDE

In generale, la grande sfida che incontriamo nell’avviare progetti finalizzati a stabilire misure del benessere di un Paese - nella logica oltre il PIL - è quella della complessità.

Anni fa feci una ricognizione di quante definizioni di benessere sono presenti nella letteratura di riferimento: centinaia! Ma nessuna di quelle, presa singolarmente, riusciva a cogliere tutti gli aspetti della vita, nessuna definizione era veramente comprehensive. Ci sono definizioni che si concentrano sulle strutture di valori, altre sui processi, altre sulle condizioni, altre sugli obiettivi da raggiungere. Ma, se ci pensiamo bene, tutte queste caratteristiche definiscono il benessere e si intrecciano nella sua promozione e nel suo sviluppo.

La sfida della complessità è direttamente osservabile anche a livello tecnico, nella costruzione e selezione degli indicatori. In questo esercizio dobbiamo infatti tenere conto che esistono:

• diverse prospettive di osservazione (indicatori di input/output, di stato o di trend, …)

• diversi livelli di osservazione (es: micro/ macro)

• caratteristiche nella realtà che hanno natura diversa (oggettiva/soggettiva; qualitativa/quantitativa)

• diversi contesti che sono territoriali ma anche temporali

• diversi obiettivi

• diversi livelli comunicativi

• diversi contesti di governance. A tale proposito vorrei sottolineare l’importanza di affiancare agli indicatori cosiddetti oggettivi anche quelli soggettivi (come d’altra parte il BES fa).

La sfida del cambiamento di paradigma impone un modo nuovo di concepire e di ragionare intorno alle politiche quando si cerca di trasformare definizioni e concetti in azione. Qualche esempio:

• da blockchain concentrata sul prodotto a blockchain che certifica quanta qualità della vita la produzione del prodotto ha rilasciato

• credo oramai siano maturi i tempi per proporre una Agenzia di Rating non più sulle performance finanziarie ed economiche di un Paese ma anche sulle performance legate alla qualità della vita dei suoi Cittadini

• la verifica della sostenibilità di una comunità non deve essere monitorata solo attraverso parametri economici/ finanziari. Le comunità stanno insieme perché le persone che le compongono sentono di far parte di un sistema. In questo senso, è più importante monitorare aspetti soggettivi. Uno tra questi che ritengo particolarmente rilevante e determinante del benessere di una società è quello della fiducia. Nella mia ricerca applicata ho verificato l’importanza di tale indicatore per la sostenibilità di qualunque comunità: un modello di previsione non lineare cui sto lavorando applica la teoria delle catastrofi proprio a questo aspetto in relazione alla speranza e all’identità. Un andamento critico della fiducia trascina in basso la speranza minando seriamente l’identificazione degli individui nella propria comunità. In un attimo può infatti succedere che il legame sociale di una comunità venga completamente travolto e distrutto.

NECESSITÀ

Tra le necessità che si pongono nel momento in cui si decide di intraprendere un progetto finalizzato alla misurazione del benessere di un Paese evidenzierei, in primo luogo, quella che chiamerei della relativizzazione, ossia la coerenza e l’adeguatezza degli indicatori e delle interpretazioni alla definizione ma anche alle differenze spazio/temporali.

RISCHI

Il rischio più evidente che occorre affrontare e, per quanto possibile, minimizzare, soprattutto dal punto di vista metodologico è il riduzionismo. In fondo, parlare di indicatori vuol dire parlare proprio di riduzionismo: non potendo osservare tutta la realtà, ci limitiamo a osservarne alcune parti, quelle che si ritengono più rilevanti. Il “migliore” esempio - in quanto estremo - di riduzionismo è proprio quello dell’adozione del PIL come unica misura di valutazione del benessere e sviluppo di un Paese. I danni prodotti da tale estrema decisione sono sotto gli occhi di tutti.

Il riduzionismo visto in questa ottica, impone delle scelte e le scelte introducono un altro aspetto critico che è quello della soggettività. Ritornando alla questione della definizione (che si presenterà essa stessa in termini inevitabilmente “riduttivi” e “soggettivi”), il progetto BES ha introdotto al suo interno un processo che altri progetti non hanno e che cerca di superare tali rischi: la costituzione del Comitato di Indirizzo ha consentito, tramite la consultazione degli stakeholder, l’identificazione in maniera condivisa degli aspetti più rilevanti della vita del Paese.

RIFLESSIONE SULLA DEFINIZIONE

Da esperta di statistica vorrei dedicare una maggiore attenzione non tanto alle questioni tecniche quanto a quello che ritengo il momento più importante di questo esercizio in quanto condiziona anche il lavoro più strettamente tecnico di costruzione degli indicatori.

Nella mia personale e pluridecennale esperienza di costruzione di indicatori di misurazione e valutazione del benessere procedo a riflettere su quale sia veramente la migliore definizione di qualità della vita e il miglior approccio per arrivare ad essa.

Come accennato precedentemente - e come anche il rapporto Stiglitz-Sen-Fitoussi del 2009 sottolinea - occorre tener conto del fatto che il concetto di qualità della vita varia da territorio a territorio, da un Paese all’altro, da un periodo storico all’altro. Questo è sicuramente vero ed è per questo che un progetto come il BES è e deve rimanere un progetto dinamico, vivo, come viva e dinamica è la realtà; non quindi un qualcosa di definito una volta per tutte.

Ma nel riflettere sulla possibile declinazione del concetto di qualità della vita e di qualità di una società, ho provato a identificare gli aspetti rilevanti, non modificabili e non negoziabili, validi in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo.

Mi è stato di aiuto e ispirazione una riflessione di Silvano Agosti che ho fatto subito mia.

In definitiva, gli aspetti rilevanti della qualità della vita hanno a che fare proprio con il “vivere” o meglio il potere e sapere veramente “vivere”:

• poter e saper dormire, qualcosa che ci mette in relazione anche con la possibilità di gestire in maniera sana il nostro tempo

• poter e saper mangiare, qualcosa che è direttamente collegato con lo stile di vita e le sue implicazioni con la salute individuale ma anche ambientale

• poter e saper lavorare, qualcosa che riguarda il sostentamento della persona ma anche la sua soddisfazione e realizzazione

• poter e saper imparare, importantissimi per la crescita personale, questa sì infinita,

• saper dare, condizione che deve diventare uno dei piaceri massimi della vita

• poter e saper creare, facendo emergere la propria unicità

• poter e saper amare, in termini di empatia nei confronti di chi e cosa ci circonda.

Questi bisogni e desideri sono irrinunciabili e non negoziabili anche perché naturali. Una volta soddisfatti, garantiscono a chiunque una stabile serenità, quindi un magnifico percorso di vita.

È per questo che al centro di ogni iniziativa, l’attenzione dello Stato e dei Cittadini va innanzitutto all’Essere Umano e alle sue naturali necessità. Se ci pensiamo bene, tali aspetti che dovrebbero essere garantiti e tutelati dallo Stato potrebbero entrare a far parte di una vera e propria strategia di sicurezza nazionale.

PAROLE-CHIAVE

Spesso quando si parla di misure di benessere si fa riferimento a parole-chiave: felicità, benessere, ….

Io penso che ci sia una parola-chiave che definisce bene la reale promozione della qualità della vita in termini equi e sostenibili. La parola-chiave è rispetto:

• rispetto per se stessi, per il proprio corpo, la propria storia, le proprie capacità, la propria natura

• rispetto delle opinioni, delle competenze, della storia, … degli altri

• rispetto dell’ambiente che ci circonda.

Rispetto, in ultima istanza, della vita in tutte le sue forme.

Filomena Maggino

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