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Il conflict management alla sfida dello sviluppo sostenibile
La definizione classica di responsabilità sociale d’impresa ha visto un ampliamento di contesto nel programma d’azione per il raggiungimento dei 17 obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (SDG) sottoscritto nel 2015 dai Paesi membri dell’ONU, e ha trovato una più precisa finalizzazione nella legge 208 sulle Società Benefit, anch’essa del 2015.
La responsabilità sociale che diviene sostenibilità sociale nell’obiettivo 8 del SDG - incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti – prende in considerazione l’impatto complessivo delle attività economiche sulle persone che lavorano e sulle comunità di riferimento.
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È un punto cruciale dello sviluppo sostenibile che si realizza attraverso la gestione consapevole e proattiva di tutti gli aspetti legati all’attività economica al fine di creare comunità di lavoro e sociali rispettose dell’individuo e che consentano il mantenimento di uno stato di benessere e una buona qualità della vita.
Questo obiettivo implica innanzitutto la comprensione delle esigenze delle persone nei luoghi in cui esse lavorano e la progettazione di strutture organizzative e ambienti fisici e sociali per soddisfarle; la qualità dei rapporti interpersonali è normalmente indicata ai primi posti delle preferenze espresse dai Collaboratori.
Le finalità delle Società Benefit - definizione che si aggiunge a quella data dalla certificazione B-corp - sono così espresse: “nell’esercizio di un’attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse”.
La Società Benefit è amministrata in modo da bilanciare l’interesse dei soci con gli interessi delle altre categorie di portatori di interesse quali lavoratori, clienti, fornitori, finanziatori, creditori, pubblica amministrazione e società civile.
Più in dettaglio, la valutazione dell’impatto delle Società Benefit deve considerare le relazioni con i dipendenti e i collaboratori in termini di retribuzioni e benefit, formazione e opportunità di crescita personale, qualità dell’ambiente di lavoro, comunicazione interna, flessibilità e sicurezza del lavoro.
Sulla base degli elementi contenuti nel SDG possiamo riconoscere una dimensione di sostenibilità interna in ogni organizzazione produttiva che deve dunque essere considerata come un microcosmo rispetto al macrocosmo dell’intera società umana e dall’ambiente fisico in cui vive e rispetto ai quali si pone in un rapporto di reciproca influenza.
Analoga considerazione è possibile rispetto alla finalità benefit dell’impresa nel momento in cui questa influisce sulla comunità di appartenenza attraverso la propria cultura, i propri valori e il proprio modello di organizzazione del lavoro.
In entrambi i casi è evidente come l’interazione tra le persone all’interno di ogni organizzazione manifesti il proprio effetto oltre lo stretto ambito dell’attività svolta in essa, per cui è necessario da parte di tutti i protagonisti un impegno attivo, consapevole e condiviso teso a sviluppare relazioni di qualità sia nella struttura delle relazioni formali sia in quella più immediata delle relazioni informali.
Posto che le interazioni personali sono sempre nella sfera di responsabilità dei soggetti coinvolti, è comunque imprescindibile nelle organizzazioni di qualunque tipo, ma ancor più in quelle che perseguono finalità sociali e benefit, la creazione delle migliori condizioni affinché le eventuali difficoltà o crisi nei rapporti siano prontamente affrontate essendo disponibili procedure e strumenti di sostegno individuale.
Ciò si realizza innanzitutto predisponendo un adeguato Sistema Integrato di Gestione dei Conflitti (SIGC) inserito in una cultura organizzativa che pone l’individuo al centro di ogni processo e si ispira ai valori del rispetto, dell’inclusione, della collaborazione, della comunicazione e della gestione costruttiva delle inevitabili differenze fra i singoli, ad ogni livello.
Le capacità individuali di gestione dei conflitti devono essere pertanto sviluppate in modo diffuso attraverso un’adeguata formazione e il miglioramento dell’efficacia nella gestione situazionale. Inoltre, coloro che hanno la responsabilità di un gruppo di persone devono essere in grado di gestire sia i propri conflitti sia quelli degli altri, una competenza di secondo livello necessaria non soltanto ai manager e ai responsabili delle aree organizzative, ma anche a un capo ufficio, un capo reparto, al direttore di un punto vendita con più addetti, ecc..
Lo sviluppo di tali capacità individuali manifesterà i propri benefici effetti anche sulle relazioni in ogni altro ambito e nel lungo periodo.
Anche altri punti come la qualità dell’ambiente e la sicurezza sul lavoro sono richiamati in entrambi i protocolli con riferimento alla dimensione sociale dell’attività svolta. Questi possono sembrare aspetti più tecnici e riguardare solo l’organizzazione degli spazi e le procedure di esecuzione dei compiti, ma è sempre più riconosciuto come lo spazio fisico di lavoro influenzi le relazioni interpersonali - si guardi alla facilità di comunicazione e al bisogno di privacy - e come la sicurezza sul lavoro possa essere messa a repentaglio dalla mancanza di comunicazione o collaborazione all’interno di una squadra anche come conseguenza di un conflitto, magari latente, fra i suoi membri.
Un’efficace politica di conflict management non può dunque prescindere dalla valutazione del rischio di conflitto e dai suoi effetti e deve garantire, sia in via preventiva sia nel momento della loro gestione, che le crisi nelle relazioni interne siano prontamente risolte con un approccio costruttivo.
In conclusione, oltre ad ogni considerazione in merito agli effetti disfunzionali che i conflitti interni possono avere sulla performance individuale e organizzativa, con i relativi costi e ricadute sullo sviluppo dell’attività, solo un’elevata qualità delle relazioni interne permetterà comunque all’organizzazione di realizzare i propri obiettivi di sostenibilità e di impatto benefit.
Per questo motivo le competenze di gestione dei conflitti sono sempre più competenze proprie della leadership e i leader devono essere in grado di trasformare le crisi nelle relazioni interne in opportunità di sviluppo coerente con le finalità sociali della propria organizzazione.
Eugenio Vignali
