Fatebenefratelli 1 2018

Anno LXXXII - N. 1 gennaio/marzo 2018 ISSN 0392 3592 - Notiziario della Provincia Lombardo-Veneta dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio

Poste Italiane s.p.a. spedizione in abbonamento postale d. L. 353/2003 (Conv. In legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 - Comma 1, LO/MI taxe perçue

In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi

INSERTO SPECIALE 136° CAPITOLO PROVINCIALE - VARAZZE 2018

Fra Massimo Villa eletto Superiore

Il futuro dell’Ospitalità:

Servizio e Lavacro 1/2018

1

Fatebenefratelli I Fatebenefratelli Isono oggi presenti in 52 nazioni

Italiani nel Mondo

con circa 319 opere ospedaliere

GORIZIA Casa di Riposo Villa San Giusto

CURIA GENERALE segretario@ohsjd.org

ROMA Curia Generale - Centro Internazionale Fatebenefratelli

Via della Nocetta, 263 - Cap. 00164 Tel. 066604981 - Fax 066637102

Ospedale San Giovanni Calibita

www.fatebenefratelli.eu www.ohsjd.org www.provinciaromanafbf.it

FILIPPINE St. John of God Social and Health Center

Corso Italia, 244 - Cap. 34170 Tel. 0481596911 - Fax 0481596988 E-mail: s.giusto@fatebenefratelli.eu

1126 R. Hidalgo Street, Quiapo, Manila, 1001 Tel. 0063/2/7362935 Fax 0063/2/7339918 E-mail: ohmanila@yahoo.com Sede dello Scolasticato e Aspirantato

ISRAELE-Holy Family Hospital

36 Barrio Salaban, Amadeo, Cavite, 4119 Tel. 0063/46/4835191 Fax. 0063/46/4131737 Sede del Noviziato e del Postulantato E-mail: romanitosalada@yahoo.com

Cap. 22040 Tel. 031650118 Fax 031617948 E-mail: monguzzo@fatebenefratelli.eu

P.O. Box 8 - 16100 Nazareth Tel. 00972/4/6508900 Fax 00972/4/6576101

MONGUZZO (CO) Centro Studi Fatebenefratelli

Isola Tiberina, 39 - Cap. 00186 Tel. 0668371 - Fax 066834001 E-mail: gm.presid_dir_generale@fbf-isola.it Sede della Scuola Infermieri Professionali “Fatebenefratelli”

St. Richard Pampuri Rehabilitation Center

Via della Luce, 15 - Cap. 00153 Tel. 065818895 - Fax 065818308 E-mail: gm.fif@fbf-isola.it

PROVINCIA LOMBARDO-VENETA

Via Ca’ Cornaro, 5 - Cap. 36060 Tel. 042433705 - Fax 0424512153 E-mail: s.piodecimo@fatebenefratelli.eu

CITTÀ DEL VATICANO Farmacia Vaticana

Sede Legale: Brescia Via Pilastroni, 4 - Cap 25125

SAN COLOMBANO AL LAMBRO (Ml) Centro Sacro Cuore di Gesù

Fondazione Internazionale Fatebenefratelli - F.I.F.

Cap. 00120 Tel. 0669883422 - Fax 0669885361 direttore.farmacia@scv.va

PROVINCIA ROMANA curia@fbfrm.it

ROMA Ospedale San Pietro Curia Provinciale

Via Cassia, 600 - Cap. 00189 Tel. 0633581 - Fax 0633251424 Curia Tel. 063355906 - Fax 0633269794 Sede del Centro Studi e della Scuola Infermieri Professionali “San Giovanni di Dio”.

Sede dello Scolasticato della Provincia

BENEVENTO Ospedale Sacro Cuore di Gesù

Viale Principe di Napoli, 16 - Cap. 82100 Tel. 0824771111- Fax 082447935

GENZANO Dl ROMA Istituto San Giovanni di Dio

Via Fatebenefratelli, 2 - Cap. 00045 Tel. 06937381 - Fax 069390052 E-mail: vocazioni@fbfgz.it Sede Noviziato Interprovinciale

NAPOLI Ospedale Madonna del Buon Consiglio Via Manzoni, 220 - Cap. 80123 Tel. 0815981111 - Fax 0815757643

PALERMO Ospedale Buccheri - La Ferla

Via Messina Marine, 197 - Cap. 90123 Tel. 091479111 - Fax 091477625

prcu.lom@fatebenefratelli.org BRESCIA Centro San Giovanni di Dio Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico

Via Pilastroni, 4 - Cap. 25125 Tel. 03035011 - Fax 030348255 E-mail: centro.sangiovanni.di.dio@fatebenefratelli.eu Sede del Centro Pastorale Provinciale

Asilo Notturno San Riccardo Pampuri Fatebenefratelli onlus

Via Corsica, 341 - Cap. 25123 Tel. 0303530386 E-mail: amministrazione@fatebenefratelli.eu

CERNUSCO SUL NAVIGLIO (Ml) Curia Provinciale

Via Cavour, 22 - Cap. 20063 Tel. 0292761 - Fax 029276781 E-mail: prcu.lom@fatebenefratelli.org Sede del Centro Studi e Formazione

Centro Sant’Ambrogio

Via Cavour, 22 - Cap. 20063 Tel. 02924161 - Fax 0292416332 E-mail: s.ambrogio@fatebenefratelli.eu

CROAZIA-Bolnica Sv. Rafael Milsrdna Braca Sv. Ivana od Boga Sumetlica 87 - 35404 Cernik Tel. 0038535386731 / 0038535386730 Fax 0038535386702 E-mail:prior@bolnicasvetirafael.eu

ERBA (CO) Ospedale Sacra Famiglia

Via Fatebenefratelli, 20 - Cap. 22036 Tel. 031638111 - Fax 031640316 E-mail: sfamiglia@fatebenefratelli.eu

ROMANO D’EZZELINO (Vl) Casa di Riposo San Pio X

Viale San Giovanni di Dio, 54 - Cap. 20078 Tel. 03712071 - Fax 0371897384 E-mail: scolombano@fatebenefratelli.eu

SAN MAURIZIO CANAVESE (TO) Presidio Ospedaliero Riabilitativo Beata Vergine della Consolata

Via Fatebenefratelli, 70 - Cap. 10077 Tel. 0119263811 - Fax 0119278175 E-mail: sanmaurizio@fatebenefratelli.eu Comunità di accoglienza vocazionale

SOLBIATE (CO) Residenza Sanitaria Assistenziale S. Carlo Borromeo Via Como, 2 - Cap. 22070 Tel. 031802211 - Fax 031800434 E-mail: s.carlo@fatebenefratelli.eu

TRIVOLZIO (PV) Residenza Sanitaria Assistenziale San Riccardo Pampuri

Via Sesia, 23 - Cap. 27020 Tel. 038293671 - Fax 0382920088 E-mail: s.r.pampuri@fatebenefratelli.eu

VARAZZE (SV) Casa Religiosa di Ospitalità Beata Vergine della Guardia

Largo Fatebenefratelli - Cap. 17019 Tel. 01993511 - Fax 01998735 E-mail: bvg@fatebenefratelli.eu

VENEZIA Ospedale San Raffaele Arcangelo

Madonna dell’Orto, 3458 - Cap. 30121 Tel. 041783111 - Fax 041718063 E-mail: s.raffaele@fatebenefratelli.eu Sede del Postulantato e dello Scolasticato della Provincia

Edizioni Fatebenefratelli edizioni@fatebenefratelli.eu 1/2018· Centro Studi e Formazione > csf@fatebenefratelli.eu · Centro Pastorale Provinciale centropastorale@fatebenefratelli.eu 2

Sommario In copertina «Costruire il futuro dell’Ospitalità nella nostra Provincia» questo il tema del 136° Capitolo Provinciale celebrato a Varazze dal 29 gennaio al 3 febbraio La brocca, il catino e l’asciugamano ci richiamano lo spirito di servizio così come Gesù lavò i piedi ai suoi

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Editoriale

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Parole di Ospitalità

10 13 15 17 20

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Il futuro dell’Ospitalità Marco Fabello o.h.

Pace nel rispetto dei diritti fondamentali: il viaggio in Myanmar e Bangladesh Aldo Maria Valli

Inter vista a...

Don Massimo Angelelli, Direttore dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della Cei Paolo Viana

Etica e Ospitalità

Dobbiamo morire, ma quando e come?

Carlo Bresciani

Filosofia di vita e Ospitalità Non avere paura di sognare Maurizio Schoepf lin

Psichiatria e Ospitalità a cura di Rosaria Pioli Cosa sono le REMS? Eugenio Borgna

Il cambiamento e la speranza Rosaria Pioli

1/2018

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Sommario

ISSN: 0392 - 3592 FATEBENEFRATELLI NOTIZIARIO Rivista trimestrale degli Istituti e Ospedali della Provincia Lombardo - Veneta dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio. Registro Stampa tribunale di Milano n. 206 del 16.6.1979 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI

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Anno LXXXII n. 1 GENNAIO/MARZO 2018

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Direttore RESPONSABILE: Marco Fabello o.h.

22 Vent’anni dal difficile al possibile…

Giovanni Battista Tura

25 La Chiesa Italiana e la Salute Mentale

26

26 Pastorale e Ospitalità

38 Fede e Ospitalità

REDAZIONE - PUBBLICITà SEGRETERIA E ABBONAMENTI: 20063 Cernusco sul Naviglio - Via Cavour, 22 Tel. 02.9276770 e-mail edizioni@fatebenefratelli.eu

Gesù e il dolorismo Luca Beato o.h.

42 Società e Ospitalità 44

Recensioni

Elvio Frigerio

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I Fatebenefratelli sulla stampa a cura di Paolo Viana

Inserto Speciale 136° CAPITOLO PROVINCIALE

«Costruire il futuro dell’Ospitalità nella nostra Provincia»

48 Erbe e Salute

Il giardino profumato Lorenzo Cammelli

52 Dalle nostre case

a cura di Elvio Frigerio

98 Ospitalità al femminile

«Sfruttare una donna è distruggere l’armonia che Dio ha voluto dare al mondo» Valeria Negrini

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COLLABORATORI: Giusi Assi, Luca Beato o.h., Eugenio Borgna, Carlo Bresciani, Lorenzo Cammelli, Giovanni Cervellera, Maurizio Schoepflin, Aldo Maria Valli, Paolo Viana, Laura Zorzella, Valeria Negrini, Rosaria Pioli.

CORRISPONDENTI: Erba: Silvia Simoncin; Venezia: Oriana Costantino; Brescia: Michela Facchinetti; S. Colombano al Lambro: Serafino Acernozzi o.h.; Cernusco sul Naviglio: Giovanni Cervellera; S. Maurizio Canavese: M. Elena Boero; Solbiate: Anna Marchitto; Gorizia: Roberto Clode; Varazze: Agostino Giuliani; Romano d’Ezzelino: Lavinia Testolin; Croazia: Kristijan Sinkovic’ o.h.

Corso di perfezionamento pastorale: Umanizzazione e dimensione spirituale della cura nei contesti interculturali Laura Maria Zorzella

Quando la notizia è falsa Giovanni Cervellera

CAPO REDATTORE: Elvio Frigerio

Dalle nostre case ____________

53 Anniversari 57 Nazareth 59 Brescia 71 Cernusco sul Naviglio 72 Erba 73 Presepi 2017 75 Gorizia 78 Trivolzio 79 Varazze 80 Venezia 82 U.T.A. Onlus 85 Ricordiamoli nel Signore Fra Cristoforo Danelut 88 Offerte

Per ricevere la rivista versa euro 13,00 C. C. Postale n. 29398203 Padri Fatebenefratelli Via S. Vittore 12 - 20123 Milano PROPRIETARIO - EDITORE: Provincia Lombardo-Veneta Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio Fatebenefratelli Via Pilastroni 4 - 25125 Brescia Iscrizione al R.O.C. n. 25605 del 12/05/2015 grafica e impaginazione: Filmafir srl di Franco Ilardo Lungotevere de’ Cenci, 5 00186 Roma Tel. 06.68.37.301 ufficiostampafbf@gmail.com graficafbf@gmail.com STAMPA: Arti Grafiche Bianca & Volta srl Via del Santuario, 2 - 20060 - Truccazzano (Mi) foto: Archivio Fatebenefratelli - Matteo Biatta Lorenzo Cammelli - Filmafir Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

Visto del Superiore Provinciale Massimo Villa o.h. il 23 febbraio 2018

EDITORIALE

Marco Fabello o.h.

fra.marco@fatebenefratelli.eu

Il futuro

dell’Ospitalità

G

ià dal titolo si può risalire a dove intendo arrivare in questo editoriale che prende le mosse dal tema del recente Capitolo Provinciale dei Fatebenefratelli del nord Italia. Tutto questo primo numero del 2018 quasi in ogni sua pagina fa riferimento da diversi punti di vista al significato dell’Ospitalità: ospitalità alla vita nel momento più difficile verso il suo termine che si vorrebbe anticipare, come ci ricorda mons. Carlo Bresciani che ci onora da moltissimi anni della sua collaborazione. Ma cosa è “pace nel rispetto dei diritti fondamentali” di Aldo Maria Valli se non un richiamo alla dignità della vita? Nell’intervista di Paolo Viana a don Massimo Angelelli, nuovo direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della CEI che ci ricorda il pensiero di Papa Francesco come la Chiesa nella sua realtà più vera di “ospedale da campo”? Ma il filosofo Maurizio Schoepflin ricorda “Solo se c’è una Speranza certa potremo dare significato ai nostri giorni e riusciremo ad amare…”. E lo stesso Eugenio Borgna ci ricorda in un suo libro: “L’arcobaleno sul ruscello”: “la Speranza è da sempre al centro della cura: senza di essa non si riuscirebbe a trovare le parole da rivolgere ai pazienti, più consone a ciascuno. È come una cometa che illumina le notti dell’anima”.

In molte altre parti di questa rivista si concretizza in armoniosa sintesi Ospitalità ed azione come il ventennale del “Bonardi”,

come il convegno della “Chiesa italiana e la Salute mentale” organizzato da don Angelelli direttore dell’Ufficio nazionale della pastorale della CEI. Ma la parte centrale della rivista è dedicata al recente Capitolo Provinciale.

Al di là delle elezioni contano i contenuti ben raccontati che fanno dell’Ospitalità il centro dell’azione del prossimo quadriennio.

Ma pure molta parte è occupata dal corso di “Umanizzazione e dimensione spirituale della cura nei contesti interculturali”. Una intensa collaborazione con l’Università Cattolica di Brescia per creare nuove figure di accompagnamento spirituale dei malati e delle famiglie dei malati. Quale migliore Ospitalità? Invito i lettori a farne uno specifico impegno di approfondimento.

Non voglio mai superare lo spazio di una piccola pagina in apertura della nostra rivista rimandando i lettori alle cronache delle case dove troveranno interessanti informazioni, iniziative, celebrazioni che fanno del loro inizio e della loro fine l’Ospitalità di San Giovanni di Dio. Ma non dimenticate la ricerca, i Presepi che ci fanno dare Ospitalità a Gesù e, come potete vedere in quarta di copertina, il nuovo monumento di San Giovanni di Dio collocato in una delle più grandi rotonde della città di Brescia. Lascio a voi il necrologio di fra Cristoforo Danelut e l’ultimo articolo: “Sfruttare una donna è distruggere l’armonia che Dio ha voluto dare al mondo”.

Credo un gran bel numero del nostro trimestrale: che sia davvero uno strumento di trasmissione dell’Ospitalità di San Giovanni di Dio per i tempi che verranno.

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Parole di Ospitalità

Pace nel rispetto dei diritti fondamentali:

Aldo Maria Valli

il viaggio in Myanmar e Bangladesh «So che tanti di voi siete venuti da lontano, questo indica l’amore che voi avete per Gesù Cristo. Grazie tante. E, mi raccomando, pregate sempre per i vostri sacerdoti. Il popolo di Dio sostiene i sacerdoti con la preghiera. È vostra responsabilità sostenere i sacerdoti»

«V

i auguro un buon soggiorno! Dicono che è troppo caldo, mi spiace, ma almeno che sia fruttuoso!»

Il 27 novembre 2017 Francesco saluta così i giornalisti a bordo dell’aereo Alitalia che lo porta nel Myanmar. E dopo circa dodici ore di volo ecco il Papa a Yangon, ex capitale birmana ma tuttora la città più importante di questo paese di 53 milioni di abitanti, al novanta per cento buddisti, mentre cristiani e musulmani sono entrambi minoranza, con il quattro per cento.

«Viva il Papa!» esclamano in un italiano incerto gli alunni delle scuole cattoliche, accompagnati all’aeroporto di Yangon da un manipolo di suore. I bambini sono poche centinaia, ma colorati e festosi. Francesco, primo Papa a visitare il Myanmar, percorre in auto le strade della città, diretto alla residenza dell’arcivescovo, dove trascorrerà qualche ora di riposo.

Non è un viaggio facile. A parte il clima torrido, Francesco trova una realtà segnata da una difficile transizione verso un sistema democratico, dopo i lunghi anni della dittatura militare. E poi c’è la questione della minoranza musul-

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mana rohingya, che sta tanto a cuore al Papa. Poco più di un milione, i rohingya sono privi di diritti di cittadinanza.

La loro non è considerata una delle centotrentacinque etnie ufficiali del paese e la situazione è molto delicata, tanto che il cardinale birmano Charles Bo si è spinto fino a suggerire al Pontefice di non pronunciare mai il nome rohingya, per non urtare la sensibilità del governo.

Principale responsabile della persecuzione è ritenuto il capo delle forze armate, il generale Min Aub Laing, e Francesco, con un cambio di programma, lo incontra subito, il primo giorno. È stato proprio il generale a chiedere lo spostamento, perché in partenza per un viaggio a Pechino. Il colloquio dura circa quindici minuti: al centro, riferisce il portavoce vaticano Greg Burke, la fase di transizione del Myanmar dopo la fine della dittatura, ma non è difficile immaginare che si sarà parlato anche dei rohingya.

E l’indomani, nella capitale Naypyidaw (il nome vuol dire «Sede dei re»), circa 320 chilometri a nord di Yangon, Papa Francesco, ricevuto dalla signora Aung San Suu Kyi, ministro degli esteri e consigliere di Stato, il nome rohingya in effetti non lo pronuncia mai.

Tuttavia il suo appello non potrebbe essere più esplicito.

Il futuro del paese, dice, deve essere costruito su una pace fondata a sua volta sul rispetto della dignità e dei diritti di

ogni membro della società e di gioranza buddista, i cattolici ogni gruppo etnico. Il dialogo qui sono generalmente stimati deve essere privo di discrimi- e rispettati, specie per il loro nazioni, perché le differenze, impegno caritativo. anche etniche e religiose, non Durante il rito si prega in lativanno viste come fonte di di- no, inglese e birmano, ma anvisioni, ma come ricchezza e che nelle lingue di alcune delmotivo di forza per la coesio- le centinaia di etnie presenti ne sociale. nel Myanmar, attraversato da Criticata in Occidente per i tante tensioni anche a sfondo suoi silenzi sui rohingya, Aung religioso.

San Suu Kyi, premio Nobel «So che molti qui portano le per la pace 1991, ringrazia il ferite della violenza», dice Papa per la difesa dei poveri Francesco. «La tentazione è di e per l’impegno a favore dei rispondere con la rabbia e la diritti umani: la sua presenza vendetta. Tuttavia la via della qui, dice, dà fiducia al Myan- vendetta non è la via di Gesù!». mar.

Poi per Francesco un incontro Anche la signora evita di pro- inedito, al Comitato centranunciare il le dei monanome rohinci buddisti, il «Grazie tante gya, però fa Sangha Maha per la vostra riferimento Nayaka, dove, alla situazione generosità, grazie come tutti, annel Rakhine, che lui deve la regione nel- tante per la vostra entrare scalzo. fedeltà» la quale vive il Accompagnato popolo discridal segretario minato, e chiede comprensio- di Stato, cardinale Pietro Pane quando ricorda che la tran- rolin, e dagli altri membri del sizione verso una democrazia seguito, il Pontefice prende compiuta non può essere che posto nella grande sala domilunga e difficile. «Continuia- nata dalla statua del Buddha. mo a camminare insieme con Dobbiamo opporci al terrofiducia», dice infine in italiano, rismo di matrice religiosa e in omaggio a Francesco. all’uso sbagliato delle religioIl momento tanto atteso dalla ni, dice il capo del Comitaminoranza cattolica è la mes- to, il venerabile Bhaddanta sa celebrata a Yangon, nel Kumarabhivamsa, e il Papa, Kyaikkasan Ground, un’area dopo aver sottolineato che «la di sessanta ettari nel cuore del- grande sfida dei nostri giorni è la città: una festa e una grande quella di aiutare le persone ad emozione per i fedeli, arrivati aprirsi al trascendente. Ad esin centocinquantamila, anche sere capaci di guardarsi dentro da alcuni paesi vicini. Poco in profondità e di conoscere più dell’uno per cento in una sé stesse in modo tale da ripopolazione a stragrande mag- conoscere le reciproche rela1/2018

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Parole di Ospitalità

zioni che le legano a tutti gli altri», afferma: «Come possiamo farlo? Le parole del Buddha offrono a ciascuno di noi una guida: “Sconfiggi la rabbia con la non-rabbia, sconfiggi il malvagio con la bontà, sconfiggi l’avaro con la generosità, sconfiggi il menzognero con la verità” (Dhammapada, XVII, 223). Sentimenti simili esprime la preghiera attribuita a San Francesco d’Assisi: “Signore, fammi strumento della tua pace. Dov’è odio che io porti l’amore, dov’è offesa che io porti il perdono, […] dove ci sono le tenebre che io porti la luce, dov’è tristezza che io porti la gioia”».

Le giornate di Francesco nel Myanmar si concludono con l’incontro, nell’arcivescovado di Yangon, dedicato ai vescovi del paese e con la messa per i giovani, nella cattedrale di St Mary. Poi è già tempo di partire per la seconda tappa del viaggio: Dacca, capitale del Bangladesh.

Tra le due metropoli (Yangon cinque milioni di abitanti, Dacca oltre quindici milioni) ci sono meno di due ore e mezza di volo, ma il cambiamento di società, cultura e religione è netto. Dal Myanmar buddista si passa infatti al Bangladesh musulmano. Simile è invece la situazione dei cattolici, che anche qui sono un piccolissimo gregge, meno di 400 mila su 160 milioni di abitanti, in prima fila nell’assistere i più bisognosi.

Il paese fa i conti con una ripresa del fondamentalismo 8

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islamico, e il Papa subito condanna lo scandalo di chi uccide in nome di Dio. Ricorda anche l’attentato dell’anno scorso nell’Holey Artisan Bakery, ristorante situato nel quartiere diplomatico di Gulshanin, dove morirono ventidue civili, e sottolinea il suo apprezzamento per la reazione delle autorità del Bangladesh, incentrata sulla tolleranza zero verso i terroristi e il rifiuto di ogni forma di estremismo.

Esprime inoltre la sua gratitudine per lo slancio umanitario a favore dei rifugiati dallo Stato del Rakhine, nel Myanmar e chiede che il mondo esca dall’indifferenza finora dimostrata verso il dramma di queste persone.

Poi finalmente Francesco ha l’occasione di incontrare i profughi rohingya. Sono sedici, appartengono a tre famiglie rifugiate nel campo di Cox Bazar, uno dei più grandi del Bangladesh, e la commozione, da parte di tutti, è evidente.

Il Papa si inchina di fronte a

“

So che molti qui portano le ferite della violenza… la via della vendetta non è la via di Gesù!

loro, stringe mani. Non è previsto che i profughi parlino, e qualcuno anzi li esorta a non intrattenersi più del dovuto con Francesco, il quale però a questo punto non nasconde la sua irritazione, chiede rispetto e lascia che, con l’aiuto di un interprete, ci sia un dialogo.

Francesco inoltre, sebbene il protocollo non lo preveda, si fa passare il microfono e improvvisa un intervento. Chiama i rohingya «cari fratelli e sorelle», li definisce «immagine del Dio vivente» e aggiunge: «La presenza di Dio oggi si chiama anche rohingya».

Finalmente quel nome, considerato quasi tabù, viene finalmente pronunciato, e a tutti il Papa chiede di non chiudere il cuore. La tragedia di questo popolo «è molto dura e grande», occorre chiedere perdono sia «a nome di quelli che vi perseguitano e vi hanno fatto male» sia per l’indifferenza del mondo.

Carica di commozione è anche la visita di Francesco alla Casa Madre Teresa di Tejagon, dove le missionarie della carità accolgono orfani e persone con disabilità fisiche e mentali. È questo uno degli esempi dell’attività della Chiesa cattolica in Bangladesh e il Papa porta tutto il suo affetto e il suo incoraggiamento.

A Dacca la messa per la minoranza cattolica si svolge nel Suhrawardy Udyan Park, nell’area del vecchio ippodromo inglese. Il luogo è particolarmente caro ai bengalesi perché qui il padre della nazione,

Sheikh Mujibur Rahman, fece un discorso storico prima della guerra d’indipendenza del 1971 e proprio qui si arrese l’esercito pakistano.

«Voi continuerete l’opera santificatrice di Cristo», dice Francesco ai sedici sacerdoti del Bangladesh che ricevono oggi dalle sue mani l’ordinazione presbiterale. «Mediante il vostro ministero il sacrificio spirituale dei fedeli viene reso perfetto, perché congiunto al sacrificio di Cristo, che per le vostre mani in nome di tutta la Chiesa viene offerto in modo incruento sull’altare nella celebrazione dei santi misteri».

Durante il rito si prega in latino, inglese e bengali. E proprio nella lingua locale viene letto il Vangelo di Giovanni: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (15, 9-17).

Poi Francesco, con parole pronunciate a braccio, ringrazia tutti i presenti: «So che tanti di voi siete venuti da lontano, con un viaggio di più di due giorni. Grazie per la vostra generosità! Questo indica l’amore che voi avete per la

Chiesa, questo indica l’amore che voi avete per Gesù Cristo.

Grazie tante! Grazie tante per la vostra generosità, grazie tante per la vostra fedeltà. Andate avanti, con lo spirito delle Beatitudini. E mi raccomando, oggi, mi raccomando, pregate sempre per i vostri sacerdoti, specialmente per questi che oggi riceveranno il sacramento dell’Ordine sacro. Il popolo di Dio sostiene i sacerdoti con la preghiera. È vostra responsabilità sostenere i sacerdoti».

Anche in Bangladesh il programma prevede un incontro dedicato ai giovani. Si svolge al Notre Dame College di Dacca, e Francesco ne prende spunto per raccomandare ancora una volta la collaborazione nella diversità: «Sono contento che, insieme ai cattolici, ci siano con noi molti giovani amici musulmani e di altre religioni.

Col trovarvi insieme qui oggi mostrate la vostra determinazione nel promuovere un clima di armonia, dove si tende la mano agli altri, malgrado le vostre differenze religiose (…).

Questo è importante! Non

dimenticatevi: diversi, ma lavorando per il bene comune, in armonia! Avete capito?

Questa è l’armonia bella che si percepisce qui nel Bangladesh».

Nel Myanmar e nel Bangladesh Francesco ha realizzato il suo ventunesimo viaggio apostolico internazionale, il terzo in Oriente dopo quelli nella Corea del Sud (agosto 2014) e nello Sri Lanka e nelle Filippine (gennaio 2015). Ha dato voce a persone, popoli ed etnie che spesso non ne hanno e sono semplicemente usate come forza lavoro. Ha predicato la pace nel rispetto dei diritti fondamentali. Ha ricordato che le differenze vanno messe al servizio della crescita comune e non del conflitto.

Ha incoraggiato due piccole Chiese cattoliche che applicano la lezione del samaritano.

La migliore sintesi del viaggio è stata offerta dallo stesso Francesco nell’Angelus di domenica 3 settembre, a poche ore dal rientro a Roma: «Ringrazio tutti coloro che mi hanno accompagnato con la preghiera, e invito ad unirsi al mio rendimento di grazie al Signore, che mi ha concesso di incontrare quelle popolazioni, in particolare le comunità cattoliche, e di essere edificato dalla loro testimonianza. È impresso in me il ricordo di tanti volti provati dalla vita, ma nobili e sorridenti. Li porto tutti nel cuore e nella preghiera. Grazie tante al popolo del Myanmar e al popolo del Bangladesh!».

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INTERVISTA A...

Don Massimo Angelelli Paolo Viana

Direttore dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della Cei

S

e c’è un momento in cui la scienza usa tutto il corpo per esprimersi, è quando fronteggia la malattia. La medicina è un fatto di testa, ma anche di mani e di sguardi, di parole ma anche di toni, di fatica, di compassione.

Essa fa appello alla corporeità come nessun altra scienza. Per quanto sia pungente l’odore del disinfettante, il respiro dell’umanità prevale sempre in una corsia d’ospedale.

A ogni latitudine. Sotto ogni regime. Che tu sia di centro o di borgata, cambia solo l’intensità degli odori che ti porti appresso nel momento dell’infermità e in quello della morte. Per questo, esser medico o infermiere non significa solo un lavoro. Per questo, fare il prete in corsia ti forgia ad una missione senza fronzoli. Don Massimo Angelelli è un prete di corsia: da anni è cappellano del Policlinico universitario di Tor Vergata a Roma e da qualche mese è il direttore dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della Cei. Come ci racconta in quest’intervista, non fatica a vedere la Chiesa come un ospedale da campo, dal momento

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che, per vocazione e ministero, da decenni porta la Parola di Dio dove la gioia e il dolore sono inseparabili dall’umanità.

D’altronde, non vi è ricco né povero che non li sperimenti, prima o poi.

Qual è il mandato che si è dato accettando la direzione di quest’ufficio?

Far comprendere la centralità della pastorale della salute nella missione della Chiesa italiana. Non per una supponenza da addetto ai lavori, ma perché si tratta di una pastorale che si occupa dell’uomo, di tutto l’uomo, e diventa strumento dell’amore di Cristo senza mediazioni. È un concetto così difficile da capire?

No, ma è importante che sia compreso adesso.

Perché è decisivo proprio adesso?

Perché la Chiesa italiana sta rinnovando il suo slancio missionario e può trovarlo in questa pastorale: la salute è uno dei pochi beni realmente condivisi da tutta l’umanità ed è un bene che ci pone in rapporto con l’Eterno, anche a prescindere dal credo religioso. Diciamo che in ogni epoca, ma soprattutto nelle fasi di transito come quella presente, la salute è il terreno degli interrogativi più profondi e quello su cui si misura la tenuta delle risposte. La pastorale della salute può essere realmente il linguaggio con cui una Chiesa in uscita parla all’uomo di questo tempo.

Eppure tutti credono che le priorità siano altre: dal lavoro alle condizioni dei migranti…

Quest’idea della “concorren-

za” tra i gesti d’amore per l’uomo è una lettura ideologica, non di fede. Chiunque si rende conto che le grandi ingiustizie, quelle che urlano, sono storiche e sanabili: alla povertà possiamo porre rimedio, volendo, con strumenti umani, riparando alle tante ingiustizie sociali, mentre alla sofferenza del corpo spesso non sappiamo dare risposte efficaci e allora diventa decisivo darle un senso; questo fondamento “naturale” e non sociale della pastorale della salute spiega per quale ragione, dal punto di vista antropologico, la salute costituisca un terreno privilegiato per la pastorale, che qui incontra l’uomo in modo immediato, oserei dire, l’uomo spiritualmente nudo, ed è chiamata a dare le risposte fondamentali, di carattere sia teologico che morale. È anche un ’luogo pastorale’, nel senso che negli ospedali, cliniche, hospice, incontriamo tutti coloro che magari non vanno in chiesa da molto tempo, oppure non ci sono mai andati. Nei luoghi di sofferenza si può annunciare la presenza di un Cristo sofferente che ha vissuto la loro esperienza. Questo, quindi, significa che non ci può essere competizione con altre pastorali: l’inter-

La pastorale della salute può essere realmente il linguaggio con cui una Chiesa in uscita parla all’uomo di questo tempo.

pretazione ideologica di queste istanze missionarie è un sintomo di una visione miope, la strada da percorrere è quella della ’pastorale integrata’, capace di una progettazione comune. Non a caso, Papa Francesco ha promosso una riforma dei dicasteri creandone uno che si chiama ’per lo Sviluppo Umano Integrale’.

Questa visione della pastorale della salute non comporta delle conseguenze politiche?

La concezione della salute secondo la Chiesa cattolica comporta delle conseguenze sul piano missionario che debbono essere ispirate a una coerenza di fondo. Se considero la salute un ambito in cui incontro l’uomo nella sua essenzialità, privo di orpelli politici e sociali, e dove la Chiesa recupera il proprio slancio missionario operando per il bene dell’uomo nella sua integralità, allora 1/2018

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medico; e comunque, la salute è un diritto a prescindere dal modello Unico. Il modello universalistico italiano di accesso alle cure resta uno dei migliori al mondo.

Quindi la sanità cattolica dev’essere aperta a tutti?

Lo è e deve restare non profit.

Spesso cura anche quelle persone per cui lo Stato non versa un centesimo. È un modello sostenibile?

Se le risorse non vengono dissipate ma lo Stato le organizza in ossequio al principio della sussidiarietà diventa sostenibile. Gli anche la concezione di cura ospedali cattolici classificati svoldella salute deve seguire gli gono una funzione pubblica a beneficio degli utenti del Servistessi principi.

La pastorale della salute della zio Sanitario Nazionale e vanno Cei da anni sostiene che si deb- in crisi quando lo Stato decide ba avere, nelle strutture sani- unilateralmente di non saldare tarie cattoliche come in quelle le prestazioni già erogate. laiche dove operano i nostri Se gli accordi vengono onorati, cappellani, questa concezione la sanità cattolica riesce a garan“integrale” e che i piani di cura tire a tutti il diritto alla salute, debbano rispecchiarla. In ter- spesso a costi inferiori della samini più ampi, pensiamo che nità pubblica. la politica sanitaria di un Paese Indico almeno tre voci di spenon debba rispondere esclu- sa in sanità sulle quali si dovrà sivamente né primariamente intervenire pesantemente: la corruzione, ad esigenze gli sprechi e economiche La sofferenza si la medicina perché i bisogni umani sul concentra sempre difensiva. Ridurre queste piano sanitario di più nelle voci inutili di non sono modulabili. abitazioni, dove spesa equivale a liberare Non posso cunon si vede, non una quantirare qualcuno di risorse secondo la sua fa scandalo e può tà enormi, mifascia sociale, perché è ineffi- essere dimenticata liardi di euro.

Non servono cace sul piano 12

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Non servono altre risorse alla sanità pubblica ma è necessario investirle in maniera intelligente e trasparente

”

altre risorse alla sanità pubblica ma è necessario investirle in maniera intelligente e trasparente. Il Papa nel Messaggio per la Giornata Mondiale del Malato ci chiede di unire l’intelligenza organizzativa e la carità: ecco l’algoritmo che vogliamo usare.

Qual è la riforma della sanità che vorrebbe?

Quello che serve è un potenziamento dell’assistenza sanitaria domiciliare. I tempi di degenza si sono ridotti al minimo a causa dei costi elevati.

Come ha rilevato anche papa Francesco in occasione di questa Giornata Mondiale del Malato, la sofferenza si concentra sempre di più nelle abitazioni, dove non si vede, non fa scandalo e può essere dimenticata.

Invece, dobbiamo aiutare questi eroi della cura che sono le famiglie, anche rivedendo l’organizzazione sanitaria.

La pastorale della salute, integrandosi con il territorio e le parrocchie, sta già organizzandosi per potenziare la prossimità ai nuovi luoghi della sofferenza.

ETICA E Ospitalità

Carlo Bresciani

Dobbiamo morire, ma quando e come?

L

a questione quanto mai umana della morte e del morire torna periodicamente alla ribalta del dibattito pubblico con interventi anche legislativi, permissivi o proibitivi che siano. Lo sviluppo della scienza medica ha allungato la vita media, almeno nei paesi occidentali, portando l’attesa di vita di un bambino che nasce oggi a circa 80 anni. Si tratta indubbiamente di un grande progresso. Ma l’invecchiamento della popolazione porta con sé problematiche nuove, o per il tipo di patologie legate all’età avanzata, o per altre gravi patologie fortemente debilitanti che non possono essere guarite, ma solo cronicizzate o rallentate nel loro progredire fino a causare la morte.

Ogni mezzo necessario e proporzionato a togliere il dolore è certamente da auspicare.

Vanno sicuramente evitate risposte frettolose e semplificanti, non ci si deve lasciar guidare da reazioni emotive, più o meno sollecitate ad arte.

La vita di una persona è una cosa troppo seria Nuove questioni sul fine vita Ciò non può non porre questioni nuove, soprattutto se si tiene conto che non si tratta solo di questioni tecniche, ma di persone umane che abbiamo il compito di non abbandonare a se stesse di fronte alla sfida radicale della morte che ognuno di noi deve affrontare. Non si tratta solo di allungare il tempo di vita, ma di chiedersi anche il come e a quale prezzo per la persona malata.

Vanno sicuramente evitate risposte frettolose e semplificanti, non ci si deve lasciar guidare da reazioni emotive, più o meno sollecitate ad arte. La vita di una persona è una cosa troppo seria, così come il dolore e la sofferenza che può accompagnare il tratto finale della vita umana.

Sappiamo che ogni trattamento medico deve tener conto della persona, della sua volontà, della sua storia, delle sue relazioni; ma sappiamo anche che nel momento del dolore ognuno può avere reazioni e fare richieste che non corrispondono al suo vero bene. Ciò non significa, ovviamente, non ascoltare il paziente, ma accompagnarlo con il dovuto sostegno, senza né affrettare né impedire la sua morte quando essa fosse ormai inevitabile.

Necessario combattere il dolore Il compito del medico non può essere quello di impedire sempre e comunque, con qualsiasi mezzo la morte: un buon medico deve saper accettare la morte del proprio paziente, accompagnandolo fino alla fine e garantendogli la vicinanza delle persone a lui care, ove fosse appena possibile. È inutile accanirsi contro una morte ormai inevitabile nell’arco di un tempo molto ristretto, soprattutto se questo graverebbe fortemente sulla vita del morente. In questi casi va ascoltata la volontà del paziente, soprattutto quando chiede di essere alleviato dal dolore che gli 1/2018

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impedisse la lucidità o gli rendesse insopportabile la vita.

Ogni mezzo necessario e proporzionato a togliere il dolore è certamente da auspicare, anche se, come riconosceva già Pio XII, ciò significasse indebolire o togliere la coscienza o accelerare il processo del morire ormai inevitabile. Tutto ciò ha a che fare con una buona morte e non con il provocare deliberatamente la morte del paziente. Si tratta di quel diritto a una buona morte che riconosce anche il documento sull’eutanasia (Jura et bona, 5 maggio 1980) della Congregazione per la Dottrina della Fede. Cosa da non confondersi con un diritto a darsi o a dare la morte.

tramite Peg. Per questo credo che al medico non possa essere imposta tale sottrazione.

Oltretutto la morte per fame e sete non è certamente senza sofferenza per il paziente.

Proporzionalità delle cure Come per ogni malattia, anche nel fine vita, non ogni mezzo Acqua e cibo necessari è proporzionato o utile alla efalla vita fettiva situazione del paziente.

Altra questione è invece la so- Quando questo si verificasspensione di mezzi primari ne- se, bisogna affermare che la cessari a sostenere la vita, quali, sua introduzione è contraria per esempio, l’alimentazione e al vero interesse del paziente, l’idratazione. Si tratterebbe in quindi all’etica. Ciò non signifital caso di provocare la morte: ca sostenere qualche forma di ogni essere vivente a cui si sot- eutanasia, ma accettare i limiti trae acqua e cibo è destinato a propri della scienza medica. morire. Non sarebbe la malat- Anche il medico deve accettia a provocare la morte, ma la tare di autolimitarsi, non per decisione di non dare da man- abbandonare a se stesso il pagiare e da bere e, questo per- ziente o per accelerare il suo ché si vuole positivamente pro- decesso, ma perché deve ricovocare la morte. La prima cura noscere che in alcune situazioche si deve alla persona, come ni non ha mezzi per combattefa ogni madre non appena un re efficacemente la malattia e i figlio viene alla luce, è quello mezzi di cui dispone ricadrebdi nutrirla e idratarla, a meno bero onerosamente sul pazienche ciò comporti interventi te senza migliorarne la conditroppo onezione. Quando rosi per il pail medico non ziente. Cosa fosse capace di La prima cura che in genere questa autoliche si deve alla mitazione (sennon si verifica con le possianche il persona è quella tendo bilità attuali di paziente e dianutrizione e logando con lui di nutrirla e idratazione o in una vera alidratarla. nasogastrica o leanza terapeu14

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tica), creerebbe situazioni poi di maggiore difficoltà sia per il paziente stesso, sia per le decisioni che sarebbe tentato di prendere, quale la sottrazione di ciò che prima ha introdotto.

Gli resterà il dovere di accompagnare il paziente, rendendogli, per quanto possibile, meno oneroso quell’ultimo tratto della propria vita. In questo le cure palliative hanno un ruolo molto importante ed efficace, come ormai ampiamente dimostrato e riconosciuto scientificamente.

Esse vanno sviluppate e rese disponibili a chiunque onde permettergli una morte umanamente dignitosa.

La scorciatoia dell’eutanasia Le situazioni che possono verificarsi nel fine vita sono effettivamente molto complesse e di diversa natura, non sempre di facile discernimento, spesso difficili per il medico e per il paziente (oltre che per i familiari). Non credo affatto che possano essere risolte con il provocare volontariamente la morte del paziente, anche se questo fosse da lui richiesto.

Ascolto con il massimo rispetto il desiderio di morire di chi si trova in condizioni di grande sofferenza, ma credo che il progresso in umanità non stia nel promuove l’eutanasia.

FILOSOFIA DI VITA E Ospitalità

Non avere paura di sognare Maurizio Schoepflin

«Solo se c’è una speranza certa potremo dare significato ai nostri giorni e riusciremo veramente ad amare, al di là di ogni misura di stanchezza»

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a speranza è una delle tre virtù teologali, insieme alla fede e alla carità.

«Le virtù teologali – recita il Catechismo della Chiesa Cattolica – fondano, animano e caratterizzano l’agire morale del cristiano. Esse informano e vivificano tutte le virtù morali. Sono infuse da Dio nell’anima dei fedeli per renderli capaci di agire quali suoi figli e meritare la vita eterna.

Sono il pegno della presenza e dell’azione dello Spirito Santo nelle facoltà dell’essere umano». Dunque, la speranza cristianamente intesa non si identifica con una generica fiducia in Dio o un vago affidamento a Lui, ma piuttosto si radica nella fede, nella Trinità e nella promessa del Redentore, che è la vita eterna, come bene esprime Dante nel canto XXV del Paradiso, quando, con una sorprendente intelli-

genza di fede, scrive: «Spene» diss’io «è uno attender certo / della gloria futura». A questo proposito, risultano illuminanti le seguenti affermazioni del compianto padre Dalmazio Mongillo che, nel Nuovo Dizionario di Teologia Morale, scrive: «Porre l’unione con Dio e, perciò, le virtù teologali al centro della vita del popolo di Dio è illustrare la vocazione divina dell’umanità, evidenziare la giusta prospettiva della presenza nella storia, aiutare a cogliere Dio, se stessi, la realtà in ottica convergente, stimolare uomini e donne nel rendere orientati e qualificati i propri dinamismi». Quanto sin qui richiamato fa comprendere che stiamo parlando di un argomento decisivo per la vita del cristiano. La fede permette di gustare in anticipo, come ben ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica, la gioia e la luce della visione beatifica di Dio. Tutta-

via, durante il cammino terreno tale fede può essere vissuta nell’oscurità, nelle difficoltà, può essere messa alla prova: così è necessario che ci volgiamo ai grandi testimoni, come Abramo, che sperò «contro ogni speranza», come Maria, che giunse alla «notte della fede» nella tomba del Figlio e tuttavia tenne lo sguardo fisso su Dio, che la ricolmò di doni e ne fece la Madre di tutti i credenti, la Porta del Paradiso 1/2018

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La speranza autentica è quella dei «nuovi cieli» e della «terra nuova» e, infine, come i Santi, che, vissuti nella fedeltà alla grazia di Dio, sono nostri modelli e nostri intercessori. Riguardo alle prove che possono far vacillare la nostra fede minando in noi l’autentica speranza, il Catechismo propone alcune certezze con le quali il cristiano deve confrontarsi. Si legge, infatti, ai paragrafi 675 e 676: «Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra svelerà il ’Mistero di iniquità’ sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia della verità. La massima impostura religiosa è quella dell’Anti-Cristo, cioè di uno pseudo-messianismo in cui l’uomo glorifica se stesso al posto di Dio e del suo Messia venuto nella carne.

Questa impostura anti-cristica si delinea già nel mondo ogniqualvolta si pretende di realizzare nella storia la speranza messianica che non può esser portata a compimento che al di là di essa, attraverso il giudizio escatologico». Si tratta di 16

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parole che nel tempo attuale risuonano con una forza del tutto particolare nell’animo di ogni vero credente. Si può affermare che, oggi, una delle mancanze più gravi è proprio quella di una speranza autenticamente fondata: troppo spesso, infatti, il desiderio di avere scopi da raggiungere per sentirsi davvero realizzati si risolve nell’approdo all’effimero, che porta con sé, come conseguenza, la mancanza di senso, la solitudine, e, più volte, addirittura la disperazione.

«Solo se c’è una speranza certa – ha scritto Monsignor Bruno Forte – potremo dare significato ai nostri giorni e riusciremo veramente ad amare, al di là di ogni misura di stanchezza». La speranza autentica, pertanto, è quella dei «nuovi cieli» e della «terra nuova», come ricorda la Seconda Lettera di San Pietro (3,13). Dio ha posto nel cuore di ciascun uomo l’anelito alla felicità, ma il cristiano sa che le sue attese devono essere ordinate al Regno dei cieli; pertanto, per realizzare se stesso, egli non deve fare affidamento soltanto sulle sue forze, ma riporre la propria fiducia nelle promesse di Cristo e nell’aiuto dello Spirito Santo e della Grazia salvifica di Dio. Amare il Signore e fare la sua volontà: queste sono le premesse per raggiungere la beatitudine eterna. «La speranza – troviamo scritto ancora nel Catechismo – è l’attesa fiduciosa della benedizione divina e della beata visione di Dio». Nell’udienza generale del 20 settembre 2017, papa Francesco ha affrontato proprio il tema dell’educazione alla speranza, e ha proposto meditazioni molto profonde:

«Spera. Sempre spera – ha detto il pontefice rivolgendosi ai presenti, come se parlasse con ciascuno di loro –. Non arrenderti alla notte … non concedere spazio ai pensieri amari, oscuri. … Fede e speranza procedono insieme. …

Alla fine dell’esistenza non ci aspetta il naufragio: in noi palpita un seme di assoluto. Dio non delude: se ha posto una speranza nei nostri cuori, non la vuole stroncare con continue frustrazioni. Tutto nasce per fiorire in un’eterna primavera. Anche Dio ci ha fatto per fiorire. … Gesù ci ha consegnato una luce che brilla nelle tenebre: difendila, proteggila.

Quell’unico lume è la ricchezza più grande affidata alla tua vita. E soprattutto, sogna! Non avere paura di sognare. Sogna!

Sogna un mondo che ancora non si vede, ma che di certo arriverà. La speranza ci porta a credere all’esistenza di una creazione che si estende fino al suo compimento definitivo, quando Dio sarà tutto in tutti». Al termine di queste brevi considerazioni, si può affermare che la riflessione sulla speranza ci conduce al cuore del messaggio evangelico, al cuore della fede, al cuore di Dio, e che solo l’autentica speranza, quella ultraterrena, ci farà vivere con Lui per l’eternità.

Spera. Sempre spera… non concedere spazio ai pensieri amari, oscuri

PSICHIATRIA E Ospitalità a cura di Rosaria Pioli

Cosa sono le REMS? Eugenio Borgna

Le Residenze per la esecuzione delle misure di sicurezza sono strutture orientate alla cura, alla riabilitazione, e alla inclusione sociale delle persone; strutture sicure, ma non blindate, che ospitano un numero limitato di persone, seguite da psichiatri, psicologi, infermieri, assistenti sociali

L

a legge 81 del 2014 ha deliberato la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG), e la loro sostituzione con nuove strutture, le Residenze per la esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) che hanno carattere esclusivamente sanitario, e che ospitano gli autori di reato che siano considerati malati psichici, e pericolosi socialmente. Le REMS sono strutture radicalmente diverse per impianto giuridico e culturale dagli OPG: il più antico dei quali è stato quello di Aversa, aperto nel 1872, accompagnato a breve distanza di tempo da quelli di Napoli e di Reggio Emilia, e nel 1900 da quelli di Montelupo Fiorentino, di Barcellona Pozzo di Gotto, in Sicilia, e, l’ultimo, quello di Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, che era gestito dalla amministrazione sanitaria convenzionata con l’amministrazione penitenziaria. Gli OPG sono stati chiusi perché, con la sola eccezione di quello di Castiglione delle Stiviere, nulla avevano di terapeutico, e anzi non erano lontani dall’essere "fosse dei serpenti": strapieni, e costituiti di edifici decadenti, nei quali gli aspetti clinici e umani erano completamente negati.

Le cratteristiche delle REMS Le REMS, a differenza degli OPG, non sono istituzioni: non ci sono agenti di polizia, non ci sono sbarre, non ci sono celle, non sono un ospedale, sono residenze, luoghi di abitazione, strutture residenziali sociosanitarie specializzate, e inserite nella rete dei dipartimenti di salute mentale (DSM) che si occupano di persone sofferenti psichicamente, ma non 1/2018

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autrici di reati. Le REMS sono strutture sicure, ma non blindate, che ospitano un numero limitato di persone, seguite da psichiatri, psicologi, infermieri, assistenti sociali, e anche questo in misura radicalmente diversa da quello che avveniva negli OPG nei quali venivano ricoverate centinaia di persone: senza che ci fossero le condizioni, se si esclude quello di Castiglione delle Stiviere, di una terapia non solo farmacologica, ma anche psicologica e sociale, rispettosa della dignità e della libertà della persona.

Da una visita in questi OPG si usciva sconvolti, e nei loro confronti anche gli ospedali psichiatrici peggiori, e non mancavano in Italia prima della loro chiusura, risultavano in qualche modo più accettabili.

Negli OPG la presenza dominante era quella degli agenti di polizia non dotati di attitudini psicologiche.

Come scrive il dottor Pietro Pellegrini, che è il direttore del dipartimento assistenziale integrato di salute mentale e di dipendenze patologiche della azienda sanitaria locale di Parma, e che si occupa di una REMS che ha venti ospiti, in un suo libro di grande interesse non solo clinico (questo ne è il titolo: Per una psichiatria senza ospedali psichiatrici giudiziari), nella realizzazione dei processi di cura di ogni REMS ci si dovrà occupare non solo della persona, che ha commesso il reato in condizioni di sofferenza psichica, ma anche della famiglia e del contesto sociale di riferimento. Questo significa che le REMS non possano assumere un modello custodialistico, come era quello degli ospedali psichiatrici 18

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giudiziari, e non possano se non essere orientate alla cura, alla riabilitazione, e alla inclusione sociale delle persone.

Tutte le persone con disturbi psichici sono curabili, anche quelle che hanno commesso reati, benché ovviamente in questi casi le problematiche siano molto più complesse, e più difficili, soprattutto quando i reati commessi siano stati gravi, o gravissimi, e abbiano destato comprensibili motivi di allarme sociale. Aspetti, questi, che non possono non essere considerati, e tenuti presenti, ma senza perdere la speranza concreta di una risoluzione terapeutica.

Nelle REMS sono ospitate in condizioni di detenzione persone che, a causa della presenza di una infermità psichica, abbiano commesso reati essendo incapaci di intendere e di volere, e siano pericolose socialmente, e cioè inclini alla ripetizione del reato. Quando la pericolosità sociale si esaurisce, e viene meno la tendenza alla ripetizione del reato, il paziente viene dimesso, e affidato alla assistenza e alla cura dei dipartimenti di psichiatria territoriali. Il magistrato di sorveglianza deve essere tenuto informato delle condizioni psichiche, delle loro modificazioni, della presenza, o della esclusione, della pericolosità sociale, di ogni persona ospitata nelle REMS, e in dialogo permanente con il magistrato lo psichiatra responsabile decide quando il paziente possa essere dimesso. Non è facile, e anzi talora non è possibile, valutare fino in fondo in quale misura la pericolosità sociale sia presente, e abbia poi a essere cancellata, e allora l’im-

Ridare dignità a persone che, a causa di una infermità psichica, abbiano commesso reati e possano essere pericolose pegno, e la preparazione anche giuridica, dello psichiatra responsabile di una REMS non possono non essere grandi, e continuamente aggiornati non solo in ordine alla cura farmacologica, psicologica e sociale, ma in ordine anche alle disposizioni di legge. Il cambiamento di metodo e di umanità nei confronti degli OPG è radicale.

Problemi Si temevano risonanze negative dalla chiusura degli OPG, e dalla apertura delle REMS (pazienti che si allontanassero, ad esempio), ma almeno nel corso di questi due anni non ci sono state. Certo, sopravvive l’obiezione che grandi risorse finanziarie e professionali siano state investite in strutture che si occupano di non molti pazienti, e che interferiscono con quelle che sono le attività dei dipartimenti di salute mentale alle quali, e in particolare ai servizi di diagnosi e cura (SPDC), sono inviati pazienti dimessi dalle REMS ma bisognosi ancora di cure, e talora di sorveglianza. I tempi di degenza nelle REMS sono tendenzialmente brevi, e questo

Le REMS si propongono come strutture capaci di cura con tempi di degenza tendenzialmente brevi induce ovviamente a dimissioni talora anticipate; ma, a parte questo, la condizione di pericolosità di una persona, che sia stata autrice di reato, non è facilmente valutabile, e ancora la diagnosi di malattia psichica, e della sua influenza sulla capacità di intendere e di volere, rimane, almeno in parte, soggettiva, e allora è possibile dichiararne la presenza anche quando questa non ci sia. La cosa certa è il reato commesso, ma non la sua natura, e allora si possono ospitare in una REMS persone che non sono malate psichicamente.

Una conclusione Gli ospedali psichiatrici giudiziari italiani, se si esclude (vorrei ripeterlo) quello di Castiglione delle Stiviere, non potevano più essere tollerati per le loro condizioni disumane, e le Residenze per la esecuzione delle misure di sicurezza le hanno sostituite coraggiosamente: ridando dignità a persone che, a causa di una infermità psichica, abbiano commesso reati, e possano essere pericolose. In questo mio articolo ne ho indicati gli aspetti essenziali tenendo pre-

senti la dimensione psichiatrica, e quella giuridica. Le esperienze in corso consentono di dire che le REMS non hanno solo cancellato l’orrore degli OPG ma si propongono come strutture capaci di cura, e di grande importanza nel giungere alla ricollocazione sociale delle persone autrici di reato sulla scia di cause psichiche.

Così, alla chiusura dei manicomi, che si è realizzata solo in Italia, si è aggiunta quella dei manicomi giudiziari che da anni è avvenuta in Inghilterra.

RECENSIONI in realtà continuamente capace Eugenio Borgna L’arcobaleno sul ruscel- di farci accedere alla pienezza lo. Figure della speranza. dell’esistenza. Che si tratti delle Raffaello Cortina Editore, 2018, pp.130, € 11,00 ISBN 9788860309709 Questo il nuovo libro del professor Borgna, presentato lo scorso 18 gennaio.

L’autore, che da anni ci onora e ci arricchisce coi suoi articoli su questa rivista, concepisce la speranza come un’inclinazione umana solo apparentemente fragile,

difficoltà della vita quotidiana o degli abissi della psicopatologia, è dalla conoscenza di sé che nasce la spinta ad aprirsi al futuro e alla speranza e a uscire dalla solitudine.

La speranza è da sempre al centro della cura: senza di essa non si riuscirebbe a trovare le parole da rivolgere ai pazienti, quelle più consone a ciascuno. È come una stella cometa che illumina le notti dell’anima.

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PSICHIATRIA E Ospitalità

Il cambiamento e la speranza Rosaria Pioli

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gni nuovo anno che inizia porta sempre con sé molte aspettative e speranze per nuove possibilità, per nuove esperienze, per tanta positività. All’inizio del 2018 non si può non ricordare il quarantesimo anno della entrata in vigore della legge 180 del 1978 che tanti cambiamenti ha prodotto per coloro che soffrono per un disturbo mentale e nello stesso tempo ha aperto la via alla speranza di cure migliori, di possibilità di recupero e perché no di guarigione. La legge 180 del maggio 1978 ha restituito cittadinanza e dignità, uguaglianza anche a coloro che sono colpiti da un disturbo mentale, aspetti già previsti dalla Costituzione dello Stato italiano, ma dimenticati e troppo spesso calpestati dal sistema manicomiale.

Oggi chi si ammala per una malattia mentale si può curare negli stessi luoghi in cui si curano tutte le altre malattie vale a dire casa propria, ospedale generale, gli ambulatori, “il territorio”.

Lo scenario che nel corso degli anni è venuto a delinearsi riflette un profondo e significativo cambiamento nei luoghi e nelle modalità di erogazione delle cure psichiatriche, tuttavia i problemi da affrontare e risolvere sono ancora molti, difficili e talora molto complessi.

Nel 2001 l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel suo rapporto sulla salute mentale

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nel mondo scrisse: «l’esperienza italiana ci insegna che una legge che preveda una riforma non dovrà solo stabilire degli orientamenti, ma dovrà essere normativa, vale a dire stabilire dei criteri minimi di assistenza, stabilire dei sistemi stabili di monitoraggio, prevedere una pianificazione temporale per la messa in opera delle strutture previste e creare dei modelli centrali di verifica, controllo e comparazione della qualità di servizi».

Nella pratica c’è ancora molto lavoro da fare per assicurare in tutto il paese servizi di qualità che possano mettere a disposizione dei loro pazienti i migliori trattamenti oggi disponibili secondo evidenze di provata efficacia.

Le malattie mentali esordiscono in giovane età (tra i 15 e 25 anni) quando le persone non han-

no ancora avuto la possibilità di manifestare il loro valore; ciò provoca sofferenza, ferisce le speranze e i sogni delle persone e non sempre sono accompagnate da comprensione e solidarietà come succede in altri tipi di malattia di lunga durata. Succede spesso che queste persone siano svalutate, considerate pigre, inaffidabili, talora anche all’interno della famiglia. Ciò succede a causa della mancanza di informazioni sui segnali della malattia, talora per vergogna e quindi possono trascorrere alcuni anni prima che il malato e i famigliari acquisiscano percorsi di consapevolezza e si orientino verso percorsi di cura. Questa prassi peggiora e complica il decorso e l’esito del disturbo. Dalla ricerca scientifica abbiamo imparato che i danni più gravi nei disturbi mentali si verificano proprio nel primo periodo. È fondamentale l’impegno di tutti per smantellare gli stereotipi negativi verso la malattia mentale, che producono pregiudizio e stigma, principale ostacolo all’accesso alle cure.

Dobbiamo favorire l’accesso ai trattamenti nel minor tempo possibile.

La buona notizia a questo proposito che apre le porte alla speranza, riguarda lo sviluppo e la crescita in varie zone del nostro paese, di numerose esperienze di collaborazione tra professionisti e la rete naturale, collaborazioni e supporto tra “pari”, gruppi di pazienti e famigliari esperti (UFE) gruppi di auto mutuo

aiuto associazioni di volontariato.

Questi movimenti contribuiscono a creare un ambiente più accogliente e sensibile e possono aiutare le persone malate se sostenute da un buon rapporto con i professionisti, a diventare i veri protagonisti di un percorso di recupero del benessere e anche di guarigione.

Valorizzare le sue risorse che possono essere state compromesse ma possono essere riattivate Insieme ognuno con il proprio sapere anche esperienziale e nel rispetto delle proprie competenze, si può aiutare la persona a curare la sua malattia, a riorganizzare la sua vita, a valorizzare le sue risorse che possono essere state compromesse ma possono essere riattivate. I pazienti e i famigliari diventano i protagonisti della “Cura”. È un cambiamento significativo che apre alla speranza e invita a

guardare al futuro con ottimismo. La parola chiave di tale percorso è “Insieme”.

Quanto sopra evidenziato non può far dimenticare che esistono altri importanti problemi aperti quali ad esempio l’assunzione prolungata dei farmaci ancora da molti demonizzati e paragonati a droghe, senza i quali però i percorsi di recupero diventano moto difficili, il problema dell’abitazione e del lavoro, le risorse disponibili per i trattamenti, la solitudine, per molte persone che soffrono per un disturbo mentale.

Per questi aspetti non ci sono piani di azione normativi, esistono tuttavia esperienze in vari territori legate all’impegno, alla competenza, alla disponibilità di molti, che possono fungere da linea guida.

Dobbiamo imparare a guardare l’erba del vicino come il risultato di impegno, di fatica, di studio e pensare a come sia possibile favorire la crescita anche nel nostro prato.

Dobbiamo imparare a conoscere, utilizzare i risultati della ricerca scientifica sia biomedica in senso stretto, sia psicosociale che nell’ultimo decennio ha visto il coinvolgimento attivo di tanti gruppi e molti sono i giovani che sono fortemente impegnati affinché dai loro studi si possano trarre elementi che contribuiscano a creare e mantenere i cambiamenti attesi nei percorsi di cura rivolti a ridurre e, se possibile, eliminare la sofferenza dei pazienti e delle loro famiglie.

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PSICHIATRIA E Ospitalità

Vent’anni: dal difficile al possibile…

Giovanni Battista Tura

Don Gianluca Mangeri, direttore dell’ufficio per la pastorale della salute della diocesi di Brescia, ha presieduto la celebrazione eucaristica.

Tre momenti per festeggiare il Ventennale dell’apertura della Residenza Bonardi - Unità Ospedaliera di Riabilitazione Psichiatrica - IRCCS Centro S. Giovanni di Dio - Fatebenefratelli - Brescia - 12 novembre 2017: la celebrazione eucaristica del mattino presieduta da don Mangeri, l’open-day al Residence Bonardi e in serata concerto nella Chiesa di San Cristo.

uale può essere il senso di celebrare il Ventennale di attività di una Unità Operativa? Certamente più di uno. È l’occasione per fare un bilancio delle attività svolte, per oggettivarne i punti di forza e di debolezza; per consolidare quanto di positivo realizzato e rivedere ciò che di molto possa essere migliorato. È poi l’occasione per rivalutare quanto un servizio sia in grado di essere ancora attuale, efficiente e capace di rispondere alle rinnovate richieste di salute delle persone. Dopo vent’anni di at-

tività, circa cinquemila ricoveri realizzati, sono domande fondamentali, da leggersi secondo alcuni indicatori che consentano di rendere queste riflessioni, oggettive e fruibili: gradimento da parte di ospiti, familiari e operatori esterni, efficacia dei risultati e tenuta nel tempo, rapporto benefici/svantaggi favorevole, economicità del servizio, capacità di azioni innovative, capacità di generare ambito di ricerca, capacità di generare senso di appartenenza da parte degli operatori. È attraverso l’analisi di questi dati, fatta in modo più compiuto proprio in relazione all’anniversario, che

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Open day al Residence Bonardi di Brescia, nel pomeriggio del 12 novembre, oltre 300 persone hanno visitato la residenza. è possibile, senza indugiare troppo nell’autoreferenzialità, trarre un bilancio positivo, soprattutto un bilancio che consenta di continuare con rinnovato entusiasmo questa opera che forse al suo nascere non aveva crediti univoci…

Una riflessione importante e centrale, per certi versi lusinghiera ma per altri critica, nasce dal constatare che il modello che vent’anni fa doveva essere innovativo (costruire un setting di cura con tutta l’operatività di un reparto ma con la logistica di una ambiente naturale e domestico di vita), lo è ancora oggi, e rimane esperienza singola e particolare.

Ma celebrare un anniversario può e deve essere l’occasione per fare festa, come si fa festa quando si celebra qualcosa che si

vive come proprio, come bello, come importante, quasi “personale”. Forse troppo spesso lo si trascura, questo senso autentico di festa. Tante cose, troppe cose in parte oggettive e in parte no, quotidianamente ci allontanano dal clima di festa, ci portano a vedere, sentire solo ciò che non è festa, e forse rischiando di non saperla più vivere anche quando lo si possa.

Festa, con i suoi sinonimi, speranza, fiducia, musica, festa come il luogo della costruzione del bello, festa

In serata la chiesa di S. Cristo di Brescia, un luogo suggestivo pieno di bellezza, ha ospitato il momento artistico

come atteggiamento dell’animo e della mente anche nelle cose di tutti i giorni, a volte come unica vera sostanziale risposta al difficile.

Allora, abbiamo approfittato di questa circostanza, di questa opportunità, per noi speciale, per contagiarci fra noi e contagiare anche chi abbia voluto partecipare a questo anniversario. A partire dagli ospiti, gli attuali e quelli passati negli anni, dalle loro famiglie, a cui va il ringraziamento per “fidarsi di noi” ed affidarci i loro “beni”, a tutti gli operatori, indistintamente, alle dirigenze, ai religiosi, quelli di oggi come quelli che a Brescia e quindi con il Bonardi hanno condiviso un pezzo del loro viaggio vocazionale. E per questo che si è scelto, più che attraverso convegni o incontri tecnici, di celebrare il ventennale con tre semplici, ma fondamentali momenti.

Il primo, al mattino, attraverso la partecipazione e l’animazione della S. Messa, celebrata da don Gianluca Mangeri, responsabile diocesano della Pastorale

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Il dottor Giovanni Battista Tura responsabile dell’U.O. Recupero e Rieducazione Funzionale Fra Mosè Bonardi ha diretto con maestria e partecipazione il coro le “Rocce Roche” di Brescia. della salute, anche per sottolineare che i percorsi di cura al Fatebenefratelli oltre che la tensione costante che metta a disposizione dei pazienti tutto il meglio scientificamente possibile, si arricchiscono sempre più di questa prospettiva spirituale (ormai consolidato il percorso di affiancamento spirituale per tutti i degenti del Bonardi che lo vogliano accogliere), supportata dall’evidenza scientifica del contributo di tale dimensione al recupero clinico e funzionale delle persone.

Un secondo momento, l’apertura per tutti e per un ampio intervallo di ore della Residenza Bonardi.

E qui molto gratificante il passaggio di un numero inatteso di persone protagoniste nel recente e meno recente passato di episodio di ricovero, insieme ai loro familiari. Si è stimato un flusso non inferiore a trecento persone nell’arco delle sei ore del nostro open day. Non di minor valore, l’adesione e la partecipazione per tutto il tempo di tutti gli operatori della 24

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Residenza, con un segno di gratuità che ha sempre una nota particolare.

E poi un terzo momento, in cui si è deciso di portare la festa nel cuore della città, e di viverla in un contesto di “bellezza”, bellezza artistica, bellezza di luoghi, di suoni, di atmosfere. Il rivestire il più possibile di bellezza l’operato in psichiatria è ancora una volta uno dei valori aggiunti tanto trascurato quanto di evidente efficacia, addirittura un diritto spesso negato ma assolutamente da riscoprire. È per questo che si è pensato di proporre a ospiti, familiari e cittadinanza un momento artistico presso la Chiesa di S. Cristo, nel cuore di Brescia, luogo particolarmente suggestivo sia per l’arte pittorica che lo decora sia per la dimensione acustica che la rende il luogo privilegiato per far musica. La proposta è stata di un concerto di musica popolare, “Suoni di corni ed echi di ottoni”, a cura di un quartetto di giovani e talentuosi ottonisti, nonché del Coro maschile di

Canti popolari “Le Rocce Roche” di Brescia, più volte generoso partner delle iniziative ludico-artistiche dei Fatebenefratelli. A legare tra loro i suoni, le parole recitate e declamate da Giusi Turra, anch’essa protagonista da tempo di una collaborazione artistica e laboratoristica con gli ospiti del Centro.

Ancora una volta, l’esito più che positivo e gratificante ha avuto riscontro nella evidente e palpabile atmosfera gioiosa e davvero festosa che si è respirata durante i diversi momenti di festa ma anche nei giorni successivi. Un reale effetto di “contagio positivo” che speriamo consenta di proseguire con rinnovato entusiasmo e non meno rinnovato desiderio di offrire agli ospiti quanto di meglio e più innovativo si possa per la loro dimensione di salute mentale e di globale qualità di vita.

Ad multos annos…

L’attrice Giusi Turra, per “legare tra loro i suoni” ha interpretato alcune poesie.

PSICHIATRIA E Ospitalità

La Chiesa Italiana e la Salute Mentale Cultura del provvisorio, scarti e nuovi poveri: il disagio psichico al tempo della tecnoliquidità

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onvegno organizzato dall’Ufficio Nazionale per lo pastorale della salute della CEI e il Tavolo Nazionale per lo salute mentale celebrato a Roma – Palazzo della Cancelleria – lo scorso 2 dicembre.

Aver avuto la possibilità di partecipare a questo convegno proprio quest’anno, per me, è stato particolarmente utile, vedo infatti questo convegno come inserito in un percorso molto più ampio e che mi ha avvicinata da tempo alle tematiche emerse, faccio riferimento prima alla collaborazione con il gruppo di Pastorale e, quindi, al Corso di Perfezionamento "Umanizzazione e dimensione spirituale della cura nei contesti interculturali" che ho iniziato a frequentare nello scorso dicembre 2016 e che proprio fra 2 settimane giunge a termine.

Ho sentito alcuni interventi particolarmente "vicini" portando tematiche che ho iniziato a vivere come particolarmente care avendole approfondite e affrontate nel corso dell’intero anno, non da ultimo attraverso la stesura della tesi finale del corso che

mi ha permesso di conoscere meglio testi e riferimenti i cui spunti mi hanno richiamato quanto emerso nel convegno.

Faccio riferimento specificatamente, per esempio, alle dimensioni da incentivare riportate da padre Carmine Arice, Superiore Generale della Società dei Sacerdoti del Cottolengo e Padre della Piccola Casa della Divina Provvidenza di Torino, rispetto alla promozione di una cultura della presenza, di cura e ricerca, alla necessità di avere famiglie da accompagnare e del riuscire a porsi domande di senso, all’utilità di una formazione integrale che possa rispondere ad un bisogno globale del malato; penso anche al rimando dato dal cardinal Peter Turkson, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, rispetto al fatto che lo sviluppo per poter essere tale debba comprendere anche una crescita spirituale, e non solo materiale.

Se, come fra Marco Fabello Presidente IRCCS Fatebenefratelli di Brescia, in maniera tanto semplice quanto efficace ha mostrato, riuscissimo semplicemente a vedere nel malato il volto di Cristo rifacendoci

a San Giovanni di Dio, ogni malato potrebbe essere accolto nel senso più profondo del termine.

Pensando anche alla mia esperienza personale credo che il riuscire ad assumere e promuovere un atteggiamento di questo tipo possa anche partire, magari, da una personale inclinazione ma che sia poi indispensabile il riuscire a formarsi anche rispetto a questo aspetto, avere confronti, momenti di riflessione, esperienze concrete che portino ad una comprensione di ciò che significa e di come si traduce in termini pratici questa prospettiva di cura per il paziente.

L’aver partecipato a questo particolare momento di formazione e incontro, molto semplicemente, mi ha anche rallegrata poiché mi ha consentito di notare come le tematiche che ho incontrato e affrontato in un percorso qui in IRCCS a Brescia siano state portate come fondamentali anche da altre "realtà" e questo mi ha resa orgogliosa di appartenere ad un ente che sia e sia stato sempre all’avanguardia.

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Pastorale e ospitalità - A cura di Laura Maria Zorzella

Concluso a Brescia la terza edizione del corso di perfezionamento realizzato dal nostro Centro Pastorale Provinciale in collaborazione con l’Università Cattolica, la consegna dei diplomi il 16 dicembre presso l’IRCCS San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia 26

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Sintesi dell’esperienza Laura Maria Zorzella, Responsabile Centro Pastorale della provincia Lombardo-Veneta Fatebenefratelli, e Tutor del corso.

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on la consegna dei diplomi ai discenti sabato 16 dicembre 2017, presso l’IRCCS Centro San Giovanni di Dio di Brescia, si è chiusa la terza edizione del corso di perfezionamento “Umanizzazione e dimensione spirituale della cura nei contesti interculturali”, svolto in collaborazione con l’Università Cattolica.

Non è nuovo per questa rivista evidenziare il significato di un percorso di formazione di questo genere. Personalmente ho sempre ritenuto fondamentale sottolineare l’importanza di acquisire adeguate competenze sui due fronti che costituiscono il cuore del corso, per tutti coloro che si occupano a vario titolo, durante la giornata lavorativa, di sofferenza e di fragilità: spiritualità e interculturalità. Il contesto odierno, che necessita fortemente di essere umanizzato, non può fare a meno, per necessaria completezza, di inserire la dimensione spirituale nella cura integrale, “che rappresenta l’obiettivo dell’assistenza sanitaria moderna” (don Massimo Angelelli, Direttore Ufficio Nazionale di Pastorale della Salute - CEI), e di farlo tenendo conto delle evidenti differenze dovute a culture, religioni, e approcci esistenziali sempre più presenti attorno a noi.

I temi delle tesi presentate e discusse, frutto delle esperienze di tirocinio svolte in vari contesti sanitari ed assistenziali, hanno messo in evidenza che è tutt’altro che scontata la visione integrale/olistica della cura e che non si può pensare di occuparsi adeguatamente di temi inerenti la fragilità, la sofferenza umana, la morte, propri di ogni esistenza, se prima non si è fatto il punto sul significato che si attribuisce a questo tipo di esperienza, se prima non si sono fatti i conti con i propri limiti e le proprie fragilità.

Interessante è stato constatare inoltre quanto è evidente il bisogno spirituale. È così che si è rimarcata l’importanza e il senso di prendersi cura di tale dimensione, non solo del malato ma anche del familiare e/o del caregiver (termine entrato ormai stabilmente nell’uso comune, indica “colui che si prende cura”) e di quanto si renda necessaria la presenza di un assistente spirituale accanto al malato e inserito nell’equipe; assistente spirituale, cappellano o laico, importante che sia presente tale figura, senza mettere in discussione la fondamentale specificità del sacerdote. In questo la Svizzera già nella propria legislazione riconosce la possibilità ad un laico di assumersi l’incarico, in Italia solo presso i nostri centri si è data questa possibilità nei contesti dei Servizi di Attenzione Spirituale e Religiosa, dove un laico affianca il cappellano, prendendosi cura dei bisogni spirituali dei malati, nel pieno rispetto della credenza espressa. A questo riguardo sono risultate interessanti le interviste condotte e le relative elaborazioni inserite nelle tesi discusse.

Gli elaborati sono a disposizione per la loro consultazione presso il Centro Pastorale Provinciale: un chiaro invito a venirci a trovare per la lettura ma soprattutto per un confronto di esperienze. Proprio per questa ragione si stanno ponendo le basi per la quarta edizione del corso, siamo sempre più convinti che appropriarsi di nuove competenze grazie anche al confronto di esperienze di lavoro in ambiti e con ruoli differenti sia molto utile. Lo abbiamo constatato anche noi, grazie alla stretta collaborazione con l’Università Cattolica, nelle persone della professoressa Marialuisa Gennari (responsabile scientifico) e del dottor Antonino (Toni per tutti noi!) Giorgi, accettando la sfida di trovare gli elementi su cui far collimare le reciproche mission e le proprie soggettività.

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SINTESI DEGLI ELABORATI DISCUSSI AL TERMINE DELLA TERZA EDIZIONE DELLA SCUOLA DI ALTA FORMAZIONE CORSO DI PERFEZIONAMENTO IN "UMANIZZAZIONE E DIMENSIONE SPIRITUALE DELLA CURA NEI CONTESTI INTERCULTURALI” ALBERTO LANCINI - Infermiere Professionale LE PAROLE DELL’UMANIZZAZIONE Dall’introduzione: «Non sapevo cosa aspettarmi da questo corso.

Ho usato questo anno accademico chiedendo molto: chiedendo molto alle persone e me vicine e chiedendomi molto. Soprattutto mi sono posto una domanda: "Ma cosa sarà mai l’Umanizzazione e dimensione spirituale della cura nei contesti interculturali"?

La seconda parte del titolo era più comprensibile! Non riuscivo a comprendere bene dove volessero condurci le lezioni a cui abbiamo partecipato. Cosa ci avrebbero insegnato? Ho sentito esprimere parole magnifiche, tante parole, belle parole, concetti altissimi, pensieri fini che mi hanno spinto a riflettere.

Avevo bisogno di capire il significato di molte di quelle parole ascoltate durante le lezioni. Quelle parole con il loro significato più profondo e semplice, mi hanno permesso di avvicinarmi al significato della parola "Umanizzazione".

Ho scelto di intitolare la mia tesi: "Le parole che umanizzano" perché già dal primo modulo, dal primo approccio al corso, sono rimasto affascinato, attirato, incuriosito dalla semantica utilizzata dai relatori».

Così nelle conclusioni si legge: «Visto i dati raccolti e la loro analisi, il modello di cura nell’unità operativa è assecondato e condiviso da chi dirige, amministra, in un sistema che mette al centro la persona, sia essa paziente, sia esso operatore.

Questo sta ad indicare che l’equipe dia rilevanza al tecnico/procedurale e in pari modo all’umanizzazione. I due aspetti si intersecano in un sistema di visione globale del lavoro, in un’ottica che guarda alla centralità della persona».

CARLOTTA MUSETTI L’ESSENZA DELLA CURA Dall’introduzione leggiamo: «Partendo da una riflessione tra to cure e to care è nata l’ipotesi del progetto. Certamente la richiesta di cura è di regola motivata da un disagio, ma la risposta se è care non ha nulla a che vedere con l’approccio medico di diagnosi e trattamento a base di procedure empiricamente supportate. Si tratta di un tipo di cura in cui il significato del disagio è cercato nel contesto esistenziale e nella storia del soggetto, e il trattamento è la risposta ai bisogni basilari di accoglimento, ascolto, confronto, dialogo, consapevolezza, maturazione per come si manifestano nel processo che si sviluppa nella relazione di cura sempre unica e imprevedibile». (Ciofi R.) 28

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Su questo si è basato il progetto di tirocinio realizzato al Parco sanitario di San Giovanni di Dio a Sant Boi de Llobregat (Barcellona), perché cercando di osservare l’assistente spirituale in un contesto socio-sanitario e assistenziale, si possono portare alla luce e alla conoscenza le modalità operative, attraverso le quali si affronta l’esperienza delle persone anziane in condizioni di fragilità, per comprendere la spiritualità intesa come cura nella relazione d’aiuto.

E nelle conclusioni della tesi leggiamo: «La dimensione spirituale della persona è definita per quello che c’è nel profondo del cuore dell’essere umano che vuole fare del bene e che fa dell’amore il filo conduttore che ci mette in movimento e ci porta ad affrontare la vita con pace e speranza».

ILARIA TERRULI I MILLE VOLTI DELLA FRAGILITÀ Dall’introduzione alla tesi leggiamo: «Essere fragili non significa essere difettosi, vuol dire avere il coraggio di mostrarsi per come realmente si è, senza paura di essere giudicati imperfetti. Se provassimo a guardare con gli occhi di chi quotidianamente è impegnato in un lavoro di cura, noteremmo subito che fragile è visto chi ha bisogno di essere curato e accudito, chi soffre e attraversa viaggi di dolore passando per la malattia fisica o psichica.

Tuttavia fragile è anche chi cura, chi si confronta tutti i giorni con la sofferenza e con il dolore dell’altro, con i propri limiti di essere umano che cura e, molto spesso, con il proprio senso di impotenza ed inadeguatezza».

E nelle conclusioni leggiamo: «ho sentito il bisogno di andare fino in fondo su questo argomento e di farlo diventare l’oggetto di discussione e di riflessione con gli operatori che mi hanno accolto durante le esperienze di tirocinio, senza alcuna pretesa di velleità scientifica, quanto piuttosto con l’intento di aprire una finestra di pensiero, perché, a mio modo di vedere, per provare ad iniziare una "rivoluzione umanizzante", prima di tutto, bisogna partire dal parlarne, soprattutto con chi, tutti i giorni, è impegnato nella cura delle persone fragili e si riscopre, di riflesso, fragile allo stesso modo.

Credo fortemente che ogni relazione umana possa essere una relazione di aiuto se mossa dalla reciprocità in cui ognuno dà e prende ed è parte attiva della relazione e credo ancor più fortemente che questo sia l’unico modo per arricchirsi come operatori di cura, ma soprattutto come persone».

MIHAELA MUNTEANU QUALITÀ DELLA VITA E DIMENSIONE SPIRITUALE NEL PROCESSO DEL CAREGIVIN DEL PAZIENTE CON DEMENZA DI ALZHEIMER Nella introduzione, leggiamo: «Nonostante l’ampia letteratura sui caregiver, i dati empirici legati alle dimensioni religiosa e spirituale di persone affette di malattia di Alzheimer e alla sua incidenza sui risultati dell’attività di caregiving sono scarsi. La spiritualità, spesso misurata come benessere spirituale, è stata identificata come un fattore significativo nel mantenimento della salute e del benessere. I risultati di alcune ricerche sulla spiritualità suggeriscono che essa è una risorsa preziosa che facilita il coping nei momenti di stress e di malattia (Baldacchio e Draper, 2001; Taylor, 2000; Frybak e Reinert 1999).

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Similmente altre ricerche hanno rilevato che i caregiver dei malati cronici si affidano alla spiritualità come importante fonte di sostegno (Forbs 1994; Mickley, Paragament, Brant e Hipp, 1998; Theis, Biordi, Coeling, Nelpka e Miller, 2003).

Ne risulta che se vogliamo indagare l’esperienza del caregiver di persone malate di Alzheimer la dimensione spirituale non può essere ignorata.

E nelle conclusioni leggiamo: «Sicuramente il caregiver ha l’opportunità di coltivare, sviluppare la propria spiritualità, la possibilità di fare attività per sentirsi in pace con se stesso, come pregare, meditare, aiutare gli altri ma anche il regolare coinvolgimento nelle attività religiose può determinare vissuti di serenità, armonia, tranquillità e attraverso questi, sensazioni di fiducia, protezione, sicurezza, paragonabili se non superiori a quelle determinate da fattori fisici. Questo sicuramente potrebbe portare ad un miglior funzionamento del caregiver, il superamento della stigmatizzazione e dell’isolamento sociale e, indirettamente, ad un buon risultato nel paziente».

CHIARA COBELLI DA UNA ESPERIENZA DEL SERVIZIO DI ASSISTENZA SPIRITUALE E RELIGIOSA: RIFLESSIONI E PROPOSTE Leggiamo nella presentazione: «Un servizio di assistenza spirituale e religiosa cerca di individuare e colmare i bisogni di ordine spirituale, esistenziale, "umano" nel senso più ampio del termine, che le persone possono presentare, soprattutto se sono in un momento di difficoltà. In generale è infatti ormai chiaro come per un utente, nello specifico un paziente, questo servizio rappresenti una preziosa risorsa che può contribuire al miglioramento del percorso riabilitativo e di cura, a vari livelli, potenziando e facilitando i trattamenti di ordine più strettamente medico.

Lo sviluppo e il mantenimento di una dimensione spirituale sembra quindi un fattore protettivo sia rispetto all’insorgenza di patologie sia rispetto al recupero dopo un periodo di ricovero ospedaliero. Ciò rientra in un’ottica di presa in carico etica e completa del paziente che in questo modo viene aiutato non solo da un punto di vista medico-farmacologico ma molto più ampio e profondo.

In conclusione si può dire, quindi, di come sarebbe importante comprendere il "come raggiungere" una piena conoscenza del tema e capire quindi come favorire l’accesso ai pazienti ai servizi di assistenza spirituale».

E nelle conclusioni leggiamo: «Dall’inizio alla fine del corso mi sono infatti accorta di aver imparato a distinguere cosa si intende con una prospettiva umanizzante e cosa per servizio di Attenzione Spirituale. Quali sono le opportunità che offre come servizio e in quale modo integri e potenzi il lavoro più strettamente clinico.

Non è stato semplice inizialmente e nemmeno automatico, il rischio di sovrapposizione con un lavoro più di tipo psicologico o di una banalizzazione del concetto che mi aveva infatti inizialmente preoccupata».

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ELENA MILANESI INTERVENTI SPIRITUALI NELLA CURA E CORRELATI BIOLOGICI: STATO DELL’ARTE E PROPOSTA DI UN STUDIO PILOTA Dalla premessa della tesi leggiamo: «Uno degli elementi che più sono stati importanti per me in questo corso è stato il confronto con i miei compagni. La giornata "chiave" che mi ha fatto ingranare la marcia in questo percorso è stata quella in cui siamo stati invitati a vedere spezzoni di film in cui alla famiglia di un bambino veniva comunicata la diagnosi di una malattia con decorso infausto. Il compito era quello di analizzare la comunicazione dei vari soggetti. A me il genetista che spiegava chiaramente ai genitori nel dettaglio la patologia era sembrato il migliore, mentre tutti i miei compagni l’avevano trovato freddo e "disumanizzante". Da lì in poi ho capito bene il senso di questo corso, l’importanza delle parole e delle azioni nei contesti di cura e della visione del malato in senso olistico. E via via si sono aggiunti elementi che hanno fatto chiarezza permettendomi di vedere la realtà in modo meno statico».

Da qui nasce l’esigenza di proporre uno studio di ricerca che in queste poche righe non possiamo descrivere ma che nei risultati attesi si dice: «L’idea di condurre uno studio in campo cristiano è principalmente correlata al substrato culturale italiano, in cui il cristianesimo cattolico è la religione più praticata. Qualora vengano ottenuti i risultati attesi questi potrebbero essere utili per promuovere la pratica della meditazione in Italia e in altri Paesi cristiani. Inoltre si potrebbe spostare l’attenzione della scienza e della medicina sull’essere umano inteso in termini olistici, con un superamento della visione cartesiana dell’essere umano.

I risultati di questo progetto pilota potranno, inoltre, fornire risultati preliminari necessari per la partecipazione a bandi finanziati da agenzie internazionali al fine di ampliare e approfondire questo filone di ricerca anche in Europa».

MARIA SCARTABELLATI SPIRITUALITÀ E PSICOLOGIA: AFFINITÀ E DIVERGENZE, CONFINI E SOVRAPPOSIZIONI Nella presentazione della tesi leggiamo: «La dimensione spirituale è, insieme a quella fisica, psicologia e sociale, costitutiva dell’essere umano. Il termine Spirituale si riferisce alla necessità di ciascun uomo di orientare la propria vita, al bisogno di migliorarla, alla esigenza di realizzare sogni e ideali. Appartiene alla sfera più intima della persona e la apre alla "relazione con il mondo".

Il bisogno spirituale o di trascendenza, non va confuso con l’esercizio della pratica religiosa: l’uso indistinto dei termini "religione" e "spiritualità" porta a un malinteso per cui la spiritualità sarebbe di pertinenza solo dei credenti.

Se la dimensione spirituale è costitutiva della Persona, la dimensione religiosa è la specifica forma storica nella quale il singolo ha deciso di maturare la propria forma spirituale. Anche coloro che non si riconoscono in un particolare Credo rivendicano, a pieno titolo, una propria dimensione spirituale. E se la spiritualità rappresenta il bisogno tipicamente umano della domanda di senso, come tale non appartiene esclusivamente al contesto religioso, ma può essere fulcro di interesse della psicologia».

E nelle riflessioni conclusive della tesi si legge: «Tra un paziente e un agente spi-

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rituale la relazione assume i caratteri del legame e del dialogo: di uno scambio tra pari. Sebbene non vi sia mai giudizio, l’agente spirituale, ha un riferimento forte (ciò che è Bene) che è la Fede (qualunque essa sia) e nei Testi Sacri ha già tutte le risposte necessarie. Lo stile di conduzione dell’incontro è, a mio parere, psicoeducativa. Se pur non dichiarato il fine è il riconoscimento del Trascendente e la salvezza della Persona».

LUCIANA RILLOSI LA FRAGILITÀ DELLA CONDIZIONE UMANA NELL’ULTIMA FASE DELLA VITA Nella premessa si legge: «... l’altro (motivo) forse il principale è che da un paio d’anni, per le circostanze della mia vita, mi trovo a riflettere, leggere, interrogarmi, confrontarmi con altri su temi di fine vita e spiritualità». «Esperienze di condivisione e vicinanza a persone nell’ultima fase della loro vita, insieme alla esperienza di volontariato che da alcuni anni svolgo presso una Casa Famiglia per persone anziane dove collaboro saltuariamente per la gestione delle patologie psichiatriche di alcuni ospiti, mi hanno sollecitato domande e interesse rispetto alla malattia, la sofferenza, la fragilità umana, la morte e soprattutto, hanno rafforzato la convinzione dell’importanza della cura della qualità della vita in tutte le sue fasi, anche quelle più fragili.

Da qui la decisione di svolgere il mio tirocinio presso la Casa Famiglia Myosotis per approcciarmi agli operatori da un vertice diverso rispetto al consueto di consulente psichiatra e la scelta di approfondire con questa tesi l’esperienza svolta e, in particolare, approfondire il tema del fine vita».

E nelle conclusioni si legge: «Le esperienze attraversate in questi anni e durante il tirocinio, insieme alle relazioni, ai lavori di gruppo e ad altre letture approfondite durante questo corso hanno rivitalizzato la mia attenzione alle cose essenziali che danno senso e qualità alla vita: le relazioni, l’ascolto, l’amicizia, il rispetto dell’altro e della sua individualità. L’accettazione delle regole del gioco ma anche l’autodeterminazione nel senso di responsabilità verso se stessi e verso gli altri. La fragilità può diventare una risorsa e un’occasione di vigilanza se non viene scotomizzata ma accolta come parte integrante della vita umana».

GIUSEPPINA ASSI ET IN LEGEM, ET IN LUCEM - UNA SPERANZA POSSIBILE Nell’Introduzione leggiamo: «La spiritualità nel mondo della riabilitazione psichiatrica è materia complessa ed al contempo stimolante, soprattutto per i pazienti autori di reato. Questo è un campo semisconosciuto, pieno di luci e di ombre, che merita l’attenzione e nel quale urge iniziare una serie di esperienze osservative nel rispetto della dignità degli assistiti, che sono in primis persone, non patologie o reati commessi. Ponendo attenzione al Centro citato, focalizzo la mia esperienza sulla Comunità Riabilitativa ad Alta assistenza Terapeutica "Fra Raimondo Fabello" (C.R.A.), che ospita persone a bassa e media pericolosità sociale e osservo il referente del servizio di Assistenza Spirituale e Religiosa nella sua sfera di azione. Tale attività viene messa in opera per il benessere spirituale degli assistiti e si realizza nel rispetto delle norme di comportamento stabilite e 32

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nel rispetto delle Leggi della Repubblica italiana».

E nelle conclusioni possiamo leggere: «Di che cosa stiamo discutendo, a che cosa dovrebbe servire l’esperienza trascorsa, se non a fare un passo in più verso l’acquisizione di responsabilità verso persone ufficialmente definite fragili, nello specifico, gli ospiti della Comunità Fabello?

"La responsabilità non è se non la possibilità di prevedere gli effetti delle nostre azioni e delle nostre parole, di modificarle e di correggerle, in base a tale previsione" scrive Borgna. Nel campo dell’attenzione spirituale e religiosa, non solo la previsione di azioni e parole, ma anche quelle di assenza di comunicazione e superficialità dell’agire quotidiano contribuiscono a definire la responsabilità ... Una responsabilità così intesa spalma l’attenzione spirituale ad un servizio sulle 24 ore e la rende un tassello ulteriore per la realizzazione della gestione carismatica nelle strutture dei Fatebenefratelli: la responsabilità, infatti, è uno dei valori nei quali si declina l’Ospitalità».

FRANCESCO CALTABIANO I BISOGNI SPIRITUALI NELLA DEMENZA. L’ORIZZONTE DEL FAMILIARE - CAREGIVER Il primo capitolo dal titolo "Umanizzazione e dimensione spirituale nei contesti dei luoghi di cura" inizia così: «Umanizzare il processo e la presenza nella cura e nell’assistenza dell’altro pone al proprio centro una disposizione fortemente attentiva alla persona identificata nella globalità delle sue dimensioni e dei suoi bisogni, siano essi fisico-biologici-psichici-sociali-relazionali, umani e spirituali.

Ogni esperienza di malattia e di percorso terapeutico, infatti, soprattutto se vissuto in alcune fasi in regime di istituzionalizzazione, descrive il perimetro di un trauma psicologico e umano fondamentale, dove al ventaglio delle problematiche psico­sociali e personali si sovrappone la sofferenza derivante dal deficit organico che ha prodotto la domanda di assistenza sanitaria».

E nella conclusione si legge: «Piace concludere con una frase, poche parole di un collega divenuto amico che ha accompagnato questo lavoro con la sua disposizione al confronto libero e aperto, le quali ben sintetizzano ciò che ha significato l’esperienza di tirocinio in particolare e la frequentazione del Corso in generale: "La passione per la ricerca del bene è la risposta che nessuno vive al Singolare ma sempre si nutre dell’altro (...) coinvolge la nostra pluralità. Noi viviamo, e l’anima si nutre di istanti di bene (…) le malattie dell’anima e del corpo ci consentono di far riemergere in noi attitudini inattese all’introspezione e all’immedesimazione nella vita interiore degli altri, ma anche alla comprensione delle cose essenziali della della sofferenza in noi e negli altri" (Fabio Rizzolini infermiere presso il Centro per la Memoria IRCCS Fatebenefratelli)».

ROSANNA SCANDAGLIATO APRIRE LE PORTE ALLA FRAGILITÀ La premessa già ci dice del contenuto ove si legge: «Il progetto ha lo scopo di creare un percorso di riflessione con chi opera a contatto con pazienti fragili in un contesto nuovo e disciplinato da due grandi istituzioni: Magistratura e sanità; legati da vincoli giuridici e sanitari il cui fine rimane prendersi cura dell’uomo malato.

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Il mio progetto inizia in questo contesto, in un mondo dove per entrare e capire che cos’è la REMS richiede permessi, autorizzazioni giudiziali e sanitarie, privacy e discrezione. Aprire la porta alla fragilità mette in evidenza quanto sia difficile per i professionisti sanitari mettere in atto processi di cura favorendo il "TU care" per il reinserimento sociale dei pazienti psichiatrici ricoverati in un regime coatto, definito in termini giuridici "INTERNATO".

L’affermazione "aprire la porta" rappresenta un mondo che si può aprire solo se è presente la competenza professionale, l’assistenza, l’attenzione alla persona e l’umanizzazione ai pazienti che hanno dei bisogni e delle fragilità in campo sociale, economico, relazionale e personale e che hanno la speranza di aprire la porta e autodeterminazione quando è possibile e reale la propria autonomia e libertà».

E all’inizio del quinto e ultimo capitolo si legge: «II progetto che ho realizzato nel mio percorso formativo mi ha portato a comprendere che Umanizzare l’assistenza ha valenze plurime; non tutto è fattibile sia in ambito organizzativo sia sul piano delle relazioni, ma rimane molto margine d’azione per capire, aiutare i professionisti sanitari. Gli strumenti che possiamo utilizzare sono: la vicinanza, l’ascolto attivo, l’osservazione mirata per comprendere il contesto, conoscere i significati della malattia, dare speranza, portarsi in un rapporto duale operatore/ paziente un pezzo della sua storia, stare nella situazione anche quando l’impegno lavorativo è faticoso. Il lavoro comporta impegno, preparazione, attitudine, competenze distintive; valori, superare i pregiudizi, in altre parole superare e affrontare i cambiamenti».

ALESSANDRA MORETTO L’ASSISTENTE SPIRITUALE NEL CANTON TICINO APPROFONDIMENTO DEL PROFILO PROFESSIONALE NELL’AMBITO DELLE CURE PALLIATIVE Nella Premessa si legge: «Le esperienze professionali degli ultimi anni mi hanno messo a contatto con diverse strutture sanitarie e l’osservazione attenta agli approcci da esse messe in atto mi hanno portato alla considerazione di quanto non solo la cultura dell’iperspecializzazione, ma anche quella della efficienza ci hanno portato lontano da un orientamento di umanizzazione di cura pur dichiarato e sbandierato a colpi di questionari di soddisfazione rispetto alla qualità dei servizi erogati.

Riflettere su differenti orientamenti valoriali, in un contesto sempre più variegato e multiculturale, attraversare le specificità di ogni credo in relazione alla sofferenza, della malattia e della morte, e allo stesso tempo trovare un dialogo possibile che concorresse ad una trasformazione dei contesti di cura sapendo rispettare la dignità di ognuno. Ecco perché, in sintesi, la scelta di questo corso di perfezionamento».

E nelle conclusioni mi è apparso significativo quanto si legge: «È importante non dimenticare che l’essere umano è una realtà che non può essere racchiusa completamente entro schemi della nostra comprensione.

Proprio per il suo carattere misterico, la persona del malato, come ogni altra persona, è portatrice di valori e di risorse che sfuggono alla nostra osservazione, il suo procedere nell’esistenza può seguire percorsi originali, condizionati da svariati fattori presenti e passati, che prendono forma dalle esperienze infantili fino a quelle recenti, nell’incontro e scontro con altri individui, nelle sue credenze e nella sua fede, o meno, in un Dio».

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Marialuisa Gennari, professore aggregato di Psicologia Clinica Università Cattolica del Sacro Cuore, Direttore scientifico del corso.

Professoressa Gennari ci racconti alcuni aspetti salienti del Corso di Perfezionamento che si è appena concluso.

“Umanizzazione e dimensione spirituale della cura nei contesti interculturali” è il corso di perfezionamento che nasce dalla collaborazione fra la Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica S. Cuore di Brescia e l’Ordine dei Fatebenefratelli della Provincia Lombardo-Veneta. Nel tempo si è arricchito della collaborazione del Campus Docent Sant Joan de Deu (Provincia Aragonese dei Fatebenefratelli), Scuola Universitaria di Scienze Infermieristiche associata all’Università di Barcellona, e a dicembre 2017 si è conclusa la III edizione del corso.

Il corso nasce dalla consapevolezza dei promotori che la cura, qualsiasi azione di cura, non può prescindere dal considerare specifica dell’umano la natura complessa e difficilmente ascrivibile alle sole dimensioni di corpo e mente che tradizionalmente la società occidentale ha considerato quale oggetto di cura. Lo sforzo non è solo quello di complessificare la rappresentazione di uomo, e quindi di malato, ma di complessificare il concetto medesimo di cura, considerandola necessariamente foriera delle dimensioni culturali, spirituali e religiose dei curanti, così come elicitante gli aspetti di profonda umanità connaturati in ogni esperienza di dolore e sofferenza umana. La sfida del corso è dunque quella di promuovere un’azione curativa (da qui la sua natura professionalizzante) che, indipendentemente dalle professioni dei curanti (il corso infatti si rivolge ad un insieme eterogeneo di professioni), all’interno dell’ambito di intervento di ciascuna professione, promuove azioni in grado di considerare e curare l’uomo nella sua integrale complessità. Si tratta di una sfida per molteplici ragioni: il corso indubbiamente rappresenta una tendenza in contrasto con il trend iperspecialistico e settoriale del sapere professionale attuale, in quanto è necessario considerare molteplici saperi (teologia, etica, antropologia, filosofia, sociologia) che difficilmente sono presentati e proposti dalla formazione accademica delle specifiche professioni di cura. Presuppone inoltre lo sviluppo di competenze complesse, poco riconducibili a prassi e procedure standard, poiché l’incontro con l’uomo è apertura allo sconosciuto e al mistero che travalica qualsiasi elemento di accertata classificazione. È poi da evidenziare che la prospettiva di intervento proposta contempla la necessità di equipe curanti integrate, promotrici di azioni costruite e non meramente giustapposte, autenticamente capaci di rispondere integralmente alla sofferenza umana nella sua dimensione più olistica. Si tratta di un corso che si apre prospetticamente al futuro: lungi dall’essere un punto di approdo, la prospettiva del corso rappresenta un punto di partenza, una costante ricerca svolta con l’impegno e la fattiva collaborazione dei partecipanti, dei docenti e dei formatori, in un percorso laboratoriale ove ciascuno con le sue competenze e i suoi saperi può apportare contributi affinché le differenti forme di cura possano configurarsi in metodi e strumenti sempre più efficaci, perché più connessi e rispondenti ai bisogni dell’uomo di oggi.

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Antonino Giorgi, Professore a contratto Università Cattolica del Sacro Cuore, Tutor e Conduttore gruppi del corso Dottor Giorgi come si sono caratterizzati i moduli formativi del corso?

Il corso “Umanizzazione e dimensione spirituale della cura nei contesti interculturali” è stato caratterizzato da diversi momenti esperienziali ciclicamente connessi e interdipendenti tra loro: teoria, elaborazione in gruppo ed esperienza pratica di tirocinio.

In particolar modo, si è scelto di connettere l’aspetto teorico di formazione classicamente intesa a quello dedicato alla formazione pratica di tirocinio attraverso momenti chiave esperienziali di elaborazione gruppale. Attraverso l’utilizzo del gruppo si è cercato di intervenire sulla qualità del pensiero individuale e di gruppo, incrementando le riflessioni e le connessioni tra diversi aspetti come esperienze, apprendimenti, teorie, emozioni, storie, azioni e fenomeni che si verificano nella vita del singolo e del gruppo sia in dimensioni interne, per esempio identità professionale, sia esterne. Il gruppo, in sostanza, è stato luogo nel quale i partecipanti hanno potuto interpretare e ri-conoscere le dimensioni interculturali, spirituali e pastorali che “abitano”, spesso in maniera inconsapevole la relazione di cura.

L’esperienza vissuta in gruppo è stata basata sulla sospensione dell’azione (sul so-stare) e pensata come un sistema simulativo nel quale è stato massimizzato e valorizzato sia il livello di identità ed esperienza professionale, sia la dimensione relazione-intersoggettiva dei partecipanti al corso.

Una rappresentanza del Consiglio direttivo del corso.

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Il 16 dicembre fra Massimo Villa, per i Fatebenefratelli, e il professor Giancarlo Tamanza, per l’Università Cattolica, hanno consegnato agli allievi i diplomi col titolo di Perfezionamento universitario in «Umanizzazione e dimensione spirituale della cura nei contesti interculturali».

Don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute, C.E.I.

Fra Massimo Villa, Superiore Provinciale dei Fatebenefratelli lombardi.

Gli elaborati finali del Corso di perfezionamento sono stati presentati e discussi in aula il 15 dicembre.

Giancarlo Tamanza, professore associato Facoltà di psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Fine corso foto di rito: in primo piano i diplomati che hanno ricevuto il titolo di Perfezionamento universitario in «Umanizzazione e dimensione spirituale della cura nei contesti interculturali» con tutti i soggetti coinvolti e presenti il 16 dicembre alla cerimonia di consegna dei diplomi.

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fede E Ospitalità Luca Beato o.h.

Gesù e il dolorismo Il dolorismo consiste nella convinzione che il dolore abbia in se stesso un valore redentivo. Alla sua origine c’è l’interpretazione teologica della Passione e Morte redentrice di Cristo, attribuita a Sant’Anselmo d’Aosta. Poco tempo dopo San Tommaso afferma che è l’amore che salva e non il dolore, per cui tutta la vita di Cristo è stata redentiva.

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La caratteristica dei cristiani è la fede nel Dio che ha risuscitato dai morti Gesù Cristo

a fede degli Apostoli e la prima predicazione (kérigma) si fondano sull’avvenimento sconvolgente della risurrezione di Gesù Cristo. La più antica testimonianza del Nuovo Testamento è quella di San Paolo, riportata nella prima Lettera ai Corinzi, scritta negli anni 56/57 d.C. ma formulata dalla Chiesa primitiva molti anni prima e ricevuta da Paolo stesso forse già al momento della sua conversione nel 36 d.C. Vi è riportato un elenco di apparizioni, senza narrarne alcuna (1Cor 15,1-11).

La risurrezione degli uomini La risurrezione di Gesù riguarda anzitutto la sua persona, il suo “Io” che entrando nella dimensione di Dio ne esce glorificato, spiritualizzato, completato. Ma da questo fatto riceve luce e significato tutta la sua vita terrena, la causa per cui è vissuto ed è morto. La sua risurrezione, perciò, è anche un fatto salvifico 38

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per noi, è un Vangelo, un lieto annuncio per l’umanità. È così infatti che si esprime San Pietro nel suo discorso agli abitanti di Gerusalemme il giorno di Pentecoste (At 2,22-23.32-34.36).

La risurrezione di Gesù come fatto salvifico per noi è il fondamento della nostra fede nella risurrezione di tutti gli uomini nell’ultimo giorno. Il messaggio che ci viene dalla Pasqua è essenzialmente questo: «Il Crocifisso vive per l’eternità presso Dio, come impegno e speranza per noi... La vita nuova ed eterna dell’Uno è stimolo e speranza reale per tutti».

Questa affermazione della connessione essenziale tra la risurrezione di Cristo e la risurrezione degli uomini appartiene al patrimonio della fede cristiana fin dalle origini. Il più vigoroso assertore ne è San Paolo. «Ora, se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? (1Cor 15,12). Per-

ciò San Paolo definisce Gesù: La primizia dei morti (1Cor 15,20), il primogenito di coloro che risuscitano dai morti» (Col 1,18; cfr Ap 1,5).

I cristiani sono risorti con Cristo La caratteristica dei cristiani non è semplicemente la fede in Dio, ma la fede nel Dio che ha risuscitato dai morti Gesù Cristo. Questa fede, unita ai Sacramenti della iniziazione cristiana (Battesimo - Cresima - Eucaristia), configura il cristiano al Cristo risorto, già fin d’ora, sul piano oggettivo, in maniera spirituale, misteriosa, ma reale (mistica), come anticipazione nel tempo presente di quella partecipazione piena alla gloria del Cristo risorto che avverrà alla fine dei tempi.

Questa è la fede della Chiesa apostolica, che troviamo splendidamente esposta nelle

Lettere di San Paolo. Per la precisione, il mistero pasquale del Cristo è di morte e risurrezione e così anche la nostra partecipazione. Siccome però la novità appare più evidente nel risultato finale, allora si accentua la configurazione con il Cristo risorto. Citiamo un passo significativo della Lettera ai Romani: «O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del Battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a Lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rom 6,4). Il battezzato, risorto con Cristo, è una nuova creatura, un uomo nuovo, membro dell’unico Corpo di Cristo animato dall’unico Spirito, cioè la Chiesa di Cristo.

Sul piano operativo i cristiani manifestano di essere dei risorti in Cristo modellando la propria vita su quella di Gesù. «Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio. Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con Lui nella gloria» (Col 3,1-4).

Dalle apparizioni del Cristo risorto la Chiesa riceve la vocazione alla missione, il mandato di continuare nel mondo l’opera redentrice iniziata da Gesù (Gv 20,19-23; Mt 28,18-20; Mc 16,15-18; At 1,8). Essa è il popolo messianico che partecipa dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale del Messia (= Cristo). Gode di molti carismi dello Spirito Santo per il bene unitario dell’intero organismo, il Corpo di Cristo e per portare la salvezza a tutte le genti.

Nella iconografia cristiana antica si privilegia il Cristo risorto, ma con i segni della passione. Cristo viene rappresentato vivo con gli occhi aperti, con la toga, le braccia aperte, le piaghe dei chiodi nelle mani e la croce che giganteggia dietro le spalle. Questo per indicare che la risurrezione non deve mai far dimenticare la morte.

Nel Medio Evo c’è stata una inversione di tendenza. Nella spiritualità cristiana domina l’idea che il mondo è cattivo, perciò bisogna disprezzarlo 1/2018

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fede E Ospitalità

e fuggire da esso, appartan- do stato intaccato dal peccato dosi in oasi privilegiate nella originale, non era soggetto preghiera e nella contempla- alla morte, come tutti gli altri zione. Il senso del peccato è uomini. Solo la sua morte è molto forte e quindi è senti- redentiva dell’umanità, prota l’esigenza di fare delle pe- prio perché non dovuta, ma nitenze severe e prolungate. spontaneamente donata. La Sorge l’usanza di rappresen- conseguenza per noi è tare il Cristo crocifisso. La che il dolore è meritorio sofferenza e la morte di croce davanti a Dio quando è vengono espresse in maniera cercato volontariamenmolto forte: la corona di spi- te. Il dolore e la sofferenza ne attorno al che ci vengono capo, il sandalla finitudigue che cola ne della natura dalla barba e Essere cristiani umana, o dalil capo reclile circostanze nato. veri non è mai avverse della Sorgono i vita non sono m o v i m e n t i stato facile per meritorie. Solo penitenziali le penitenze, i dei flagellanti, nessuno, occorre sacrifici che si i pellegrinaggi volonandare contro fanno di penitenza a tariamente, le Roma, a San cosiddette opere corrente Giacomo di supererogatorie, Compostela, hanno valore al Santo Semeritorio e salpolcro di Gerusalemme, ai vifico davanti a Dio. Santuari Mariani.

Ecco il trionfo dell’Ascetica: la valorizzazione delle opere Il dolorismo di penitenza, come digiuni e Il dolorismo consiste nella astinenza dalle carni, pellegriconvinzione che il dolore ab- naggi ai Santuari chiedendo bia in se stesso un valore re- l’elemosina, vestire di sacco dentivo. Alla sua origine c’è e mettere la cenere in testa, l’interpretazione teologica portare il cilicio e flagellarsi, della Passione e Morte re- per scontare i peccati comdentrice di Cristo, attribuita messi. È vero che poco tempo a Sant’Anselmo d’Aosta. Si dopo è venuto San Tommaso parte dal versetto della Bib- ad affermare che la morte di bia: “Sine effusione sanguinis Cristo non era necessaria ed non est remissio”, senza effusione è l’amore che salva e non di sangue non c’è remissione dei il dolore, per cui tutta la vita peccati, che originariamente si di Cristo è stata redentiva, anriferiva ai sacrifici di animali che se ha trovato il suo culmidell’Antico Testamento, de- ne nella sua Passione, Morte nominati appositamente sacri- e Risurrezione. Però questa fici espiatori. Gesù, non essen- mentalità è stata prevalente 40

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ed è durata fino al Concilio Vaticano II, sia pure in maniera sempre più tenue.

Chi di noi religiosi non ricorda certe prediche degli Esercizi spirituali contro cibi e bevande (come formaggio, vini e liquori) ritenuti stimolanti della vita sessuale e quindi diabolici?

Noi non dobbiamo cercare le penitenze di carattere ascetico (digiuni e astinenze da carni, da formaggi, da dolci, ecc.) per ragioni di carattere religioso. Se invece si tratta di ragioni di salute, allora certe rinunce diventano un obbligo morale importante. Non siamo discepoli di Giovanni Battista che conduceva una vita ascetica estrema, “portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle intorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico” (Mt 3,4). Noi siamo discepoli di Gesù Cristo, che mangiava e beveva normalmente e si è anche attirato l’accusa di mangione e beone (Mc 3,1822). Egli amava stare a tavola con la gente e la cena diventava un momento importante di evangelizzazione dei commensali. Per questo motivo andava a cena anche a casa dei peccatori: la sua visita portava gioia, cambiamento di vita e salvezza.

Noi dobbiamo affrontare i sacrifici che comporta la testimonianza della vita cristiana e religiosa impegnate per la realizzazione del regno di Dio, iniziato da Gesù, per la costruzione di un mondo migliore, dove regni la giustizia e la solidarietà, al fine di

far fiorire la pace universale.

Anche la “croce” che Gesù esorta i discepoli a prendere sulle proprie spalle ogni giorno (Lc 9,23) va intesa in questo modo. Essere cristiani veri non è mai stato facile per nessuno. Occorre infatti andare contro corrente in una società dove domina il materialismo, l’individualismo, l’egoismo e dare la propria testimonianza

Abbiamo quindi bisogno di riflettere molto sul mistero della passione, morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, nello spirito della Chiesa primitiva, ripropostoci dal Concilio Vaticano II. Il mistero della risurrezione è stato aggiunto a quello della passione e morte tra i misteri principali della fede, perché mancava nel Ca-

con una vita aperta alla comunione fraterna, all’aiuto reciproco nella prospettiva del futuro escatologico di Dio. La tendenza odierna della gente è la rimozione della morte. Non bisogna pensarci, altrimenti si cade nella depressione, salvo poi a disperarsi quando colpisce all’improvviso qualche persona cara, o si fa annunciare da una malattia che non perdona. Il malato grave lo si rimuove dalla famiglia e lo si manda a morire in ospedale.

Testimoniare con una vita aperta alla comunione fraterna e all’aiuto reciproco

techismo di San Pio X. Alla Via Crucis è stata aggiunta la XV stazione, quella della risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo.

Ma anche noi, come i Discepoli di Emmaus (Lc 24, 26-27) facciamo fatica ad accettare il Messia sofferente, anche se poi risorto da morte.

Vorremmo una redenzione eliminatrice della morte e di tutto quello che la prepara e l’accompagna. Invece dobbiamo sforzarci di capire la forza trasformante della fede viva nel Padre: la dinamica di sofferenza-morte per la vita nuova: ...“Se il seme, caduto in terra, non muore, resta solo; se invece muore, porta molto frutto”(Gv 12,24).

Non è la morte di Cristo da sola che ci redime. Quella resta il più grande delitto dell’umanità. È l’amore di Cristo che è sommamente gradito a Dio e ci redime. Tutta la vita di Cristo è redentiva e la morte non era per niente necessaria. Però, anche la sofferenza e la morte diventano redentive, perché Gesù le ha affrontate mantenendo intatta la sua fiducia nel Padre fino all’ultimo e perdonando ai suoi crocifissori.

La sofferenza e la morte sono cose da combattere ed eliminare il più possibile. La nostra salvezza non deriva da loro, ma dalla nostra fede viva in Dio e in Cristo. È questa fede (biblicamente sempre unita alla speranza e alla carità) che è capace di trasformare la sofferenza e la morte e renderle fonti di vita nuova ed eterna.

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SOCIETà E Ospitalità

Giovanni Cervellera

Quando la notizia è falsa “Fake news”, notizie false inventate ad arte per diffondere messaggi promozionali, per divertimento, per confondere, orientare e, non poche volte, per fare volutamente del male… I richiami e gli appelli ad una coscienza etica dell’informazione lasciano quasi inalterata la situazione

C

he l’informazione subisca una certa manipolazione è un dato con cui abbiamo sempre dovuto confrontarci. Forse, già dall’invenzione della scrittura abbiamo capito che mettere per iscritto un’idea significa rendere statico quel pensiero che invece è infinitamente dinamico. Lo sanno bene i traduttori che, nella loro fatica, non riescono mai del tutto a trasferire un concetto con le stesse sfumature che ha nella lingua originale. Tant’è vero che, popolarmente, si dice che “ogni traduttore è un traditore”. Eppure, non possiamo fare a meno di segnare graficamente il nostro passaggio nella storia e smistarlo nella varie forme del linguaggio e delle lingue. La questione di fondo sta nella relazione tra linguaggio e verità.

tranne che poi, una volta occupata la “poltrona”, cercare in ogni modo di influenzare l’opinione pubblica proprio attraverso i giornalisti.

Allora, come orientarsi? Come decidere da che parte sta la verità? Come scegliere?

Il fenomeno oggi si presenta con un’ampiezza spaventosa e riguarda la comunicazione ufficiale e quella più personale, spesso legata ai social network.

Parlo, in particolare delle “fake news”, notizie false inventate ad arte per diffondere messaggi promozionali, per divertimento, per confondere, orientare e, non poche volte, per fare volutamente del male. Spesso sono costruite talmente bene che è difficile distinguerle da quelle con un fondamento. Ci sono campagne elettorali basate quasi esclusivamente sulla falsità. Ovviamente, con notizie false e denigratorie sugli altri e con notizie falI centri di potere nascono, si sviluppano e si se ma molto positive su se stessi. Alla fine è un diffondono grazie ad una campagna propa- potere costruito sul nulla. gandistica che attira e convince attraverso le parole. E i potenti, una volta insediati, hanno Il controllo che è possibile esercitare è poca come prima preoccupazione quella di gestire cosa, anche perché quand’anche si appurasse le notizie. Non poche volte i governi hanno la falsità di una notizia, questa ha comunque fatto e fanno ricorso alla censura. La classe fatto il giro del mondo e i tentativi di ricostrudei giornalisti è spesso bistrattata da chi ambi- ire la verità devono fare i conti con il sospetsce al potere: c’è sempre qualcuno che non si to che comunque qualcosa di vero ci fosse in sente adeguatamente apprezzato dalla stampa; quella “fake news”.

“Non dire il falso” non è un comandamento del passato

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I richiami e gli appelli ad una coscienza etica dell’informazione lasciano quasi inalterata la situazione. Chi agisce in questo modo non sa da che parte abiti l’etica, così come non sa dove sta di casa la responsabilità. Anzi, visto il successo che personaggi famosi hanno ottenuto attraverso le falsità, qualcuno propone di adottare questo metodo per avanzare, per fare carriera. Se tutto è falso, allora conviene adottare questo sistema.

Così, secoli di ricerca, indagine, fatica per scorgere barlumi di verità vanno in fumo.

“Non dire il falso” non è un comandamento del passato a cui riferirsi, magari e forse, in controversie giudiziarie. Questo insieme agli altri nove comandamenti costituiscono la base minima per una convivenza civile. Senza questi confini nessun popolo può sopravvivere a se stesso. È il caso, quindi di riscoprire una parola un po’ difficile da intendere e che sembra contrastare con un’idea di grande ospitalità: contenere, perché senza un minimo di regole non c’è vera ospitalità.

Contenere è parola che alla prima impressione risuona di chiusura, di argine, di barriera; perciò si usa in situazioni limite per le quali è necessaria, appunto, un’opera di contenimento, onde evitare danni notevoli o ulteriori.

Nel mondo sanitario è termine essenziale. Si adottano misure preventive per contenere la diffusione di un virus.

Pensiamo ai vaccini. Si prov-

vede a delimitare una zona o una popolazione per arginare un’epidemia. Nel particolare mondo della psichiatria assume il massimo della negatività, perché fa pensare agli strumenti di contenzione: dalle forme meccaniche (camicia di forza, cinghie…) a quelle chimiche di prima e seconda generazione.

Eppure, per altro e forse proprio per quanto già detto, la parola “contenere” ha una funzione vitale. È la norma che consente di essere liberi e quindi felici. La forma più alta di contenimento è la relazione con un’altra persona: questo è vero anche nel mondo sanitario. Qui si trova la medicina più efficace. L’altro che contiene la tua dignità, l’altro che ti preserva da cadute inutili, l’altro che ti protegge da ogni attacco esterno.

Sarà il caso che anche nella comunicazione si riscopra il valore del contenere. Il rischio, altrimenti, è il dirompente dilagare di fake news con conseguente perdita di ogni riferimento alla verità.

E non si tratta solo di notizie inventate a volte per divertimento, altre per desiderio di nuocere; ma di riporti che nascondono o mistificano parti di verità; di informazioni parziali o incompetenti. Il fenomeno diventa strutturale a causa degli stessi mezzi di comunicazione. Costretti ad inserire un “mi piace” anche solo per dire: “ho visto”, finiamo per essere noi funzionali allo strumento e non viceversa. Un ultimo inganno lo si

La parola “contenere” ha una funzione vitale, consente di essere liberi e quindi felici trova nella riduzione “all’osso” dei termini in uso. Meno parole si adoperano, più alta è la possibilità di equivoco.

Dunque, su chi decide coscientemente di costruire notizie false, credo che ci sia poco da fare: lì il filo della coscienza è decisamente interrotto. Su coloro che invece, quasi involontariamente diffondono notizie non vere, ho l’impressione che si tratti di profonda ignoranza che può benissimo essere superata.

Sul web gira un aneddoto attribuito a Socrate che indica al suo interlocutore tre filtri per verificare l’opportunità di diffondere un’informazione: se è vera, se è buona, se è utile. Vera, se verificata di prima mano, se chi parla conosce in prima persona l’accaduto.

Buona, se dice qualcosa di buono e non di male. Infine, utile, se quello che viene detto serve veramente all’interlocutore. Non ho potuto verificare se la storiella è vera, cioè attribuita realmente a Socrate, mi sembra che, al di fuori di ogni dubbio, essa sia buona e utile.

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RECENSIONI Elvio Frigerio Raffaella Beano (a cura di) Il fuoco della parola. David Maria Turoldo Servitium Editrice, Milano 2017, pp. 364, € 18,00 ISBN: 978-88-8166417-7 Il volume raccoglie una gamma di contributi in occasione del centenario della nascita di p. Turoldo e presenta un triplice intento: offrire delle testimonianze dirette in merito alla figura di p. Turoldo; guardare al suo pensiero mettendone in luce gli elementi di profonda originalità; comprendere la traccia che p. Turoldo ha lasciato sia per quanto attiene alla Chiesa italiana che alla società nel suo insieme.

Secondo Raniero La Valle, Turoldo si mostra in continuità con il Concilio per l’esigenza di rimuovere la povertà. La povertà è, infatti, una dimensione da “rovesciare”, dove questo sentire è innervato dall’esperienza che p. Turoldo ha della fede: non come esperienza privata, ma come “epifania”.

Ermes M. Ronchi (OSM) pone al centro delle sue considerazioni la concezione della libertà propria di p. Turoldo: la libertà si traduce nella preminenza dell’uomo anche rispetto alla stessa fede. Anche da qui passa la contemporaneità di p. Turoldo e la sua vicinanza alle posizione di Papa Francesco. La libertà era poi per Turoldo un atteggiamento personale: alla ricerca del “senso”, egli era così svincolato dalle logiche di appartenenza (politiche, ecc.) della società del suo tempo.

Salvino Leone San Giovanni di Dio il creatore dell’ospedale moderno

Provincia Lombardo-Veneta Fatebenefratelli, 2017, pp. 336

«L’autore ha voluto scrivere una biografia leggendola con gli occhi e la sensibilità del sanitario contemporaneo: medico, infermiere, manager. Molti degli episodi, ormai ampiamente conosciuti, si colorano allora di nuova luce lasciando scoprire aspetti e prospettive sinora insondati». Così fra Jesus Etayo Arrondo, Superiore Generale dell’Ordine, descrive nella Presentazione da lui curata, la neonata biografia del nostro Fondatore redatta da Salvino Leone. Una fatica letteraria iniziata grazie all’impulso del Superiore Provinciale, fra Massimo Villa, che ne ha accompagnato la realizzazione.

L’originalità è proprio ciò che contraddistingue questa produzione letteraria che, nel rispetto anche delle più recenti acquisizioni storiografiche, attualizza la figura del Santo ricostruendone la vicenda esistenziale con l’occhio, la sensibilità e l’attenzione dell’operatore contemporaneo. Nasce così un testo fruibile per tutti coloro che, a vario titolo, collaborano con i Fatebenefratelli ma anche per chi volesse arricchire il proprio bagaglio culturale con una straordinaria vicenda umana che non può certamente lasciare indifferenti.

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Ella Berthoud e Susan Elderkin a cura di Fabio Stassi Curarsi con i libri. Rimedi letterari per ogni malanno Editrice Sellerio, Palermo, 2013, pp. 738, €. 18,00 ISBN 978-88-389-3580-7 I malanni, si sa, come gli esami non finiscono mai.Ogni anno ne porta di nuovi e accentua quelli vecchi. Un demone sconosciuto ci bussa alla porta di casa.

La tonsillite di una nostalgia o di una nuova ossessione. Una paura che non avevamo mai avuta. Di qualcuno non ne conoscevamo neppure il nome; altri speravamo non doverli affrontare. Per questo è bene attrezzarsi per tempo e rinnovare la nostra incrollabile fiducia nelle capacità balsamiche della lettura. …Per un disturbo che potrà insorgere, in tutte le stagioni dell’anno ci sarà sempre un titolo appena pubblicato da opporre, un autore da conoscere oppure un classico che abbiamo trascurato. O ancora un libro già letto da circumnavigare una seconda volta, come un continente. (dalla nota alla prima edizione del 2016)

ANNALI DELLA FONDAZIONE TOVINI 2017 Edizioni Studium, Roma, 2017, pp. 240, ISBN 978-88-382-4620-3 Sono tanti gli uomini e le donne, i giovani e gli adulti, i laici, i religiosi e i pastori, tanti gli enti morali e le aggregazioni, tante le istituzioni, pubbliche e private, culturali, accademiche, operative o di servizio, con cui si sono intessuti rapporti, collaborazioni e interlocuzioni: di carattere quotidiano, ordinario o anche straordinario. A tutta la “variegata” famiglia di questa Fondazione va il riconoscimento per il proficuo e fruttuoso sessantesimo anno, quale garanzia di una missione che ha un senso vivo, capace di guardare al futuro. (dalla “Premessa” di Michele Bonetti Presidente della Fondazione Giuseppe Tovini)

Luciano Monari IL RACCONTO CRISTIANO LA MEMORIA, LA PROMESSA E LA LEGGE Edizioni Dehoniane Bologna, 2017, pp.128, €. 13,00 ISBN 978-88-1020389-7 «Accade talvolta che il cristianesimo venga assimilato ai miti e considerato un relitto del passato, festinato a scomparire con il tempo; è parso allora bene a me povero cristiano, di esporre per ordine il racconto della fede: la memoria, la promessa, la legge con cui la fede dà forma all’esperienza dell’uomo. Spero di testimoniare così che il vangelo di Cristo è uno stimolo a vivere umanamente, non un impedimento; che prova ad aprirsi agli altri con fiducia, non a chiudersi nella torre d’avorio delle proprie convinzioni; che sollecita ad amare e non odiare, a perdonare e a non vendicarsi, ad accettare lealmente la verità così come s’impone alla ragione e a non deformarla per paura o per interesse».

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UFFICIO STAMPA PROVINCIA LOMBARDO VENETA FATEBENEFRATELLI

I FATEBENEFRATELLI SULLA STAMPA

a cura di Paolo Viana

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ei mesi scorsi, la Provincia Lombardo Veneta dei Fatebenefratelli ha vissuto il proprio Capitolo provinciale, forse il momento più importante nella vita dell’Ordine Ospedaliero.

Anche i giornali hanno colto l’importanza di questo passaggio: con grande sensibilità, la rivista Credere, che oggi è il settimanale religioso più diffuso nel Paese, ha dedicato un’ampia intervista al superiore provinciale, per raccontare il carisma e la missione dei Fatebenefratelli. Anche altri giornali hanno dato conto del Capitolo, che è stato seguito in modo continuo dall’agenzia Agensir, trovando quindi spazio anche sui settimanali diocesani. Nello stesso periodo è proseguita inoltre l’attività di comunicazione giornalistica sulle ricerche e sull’attività clinica dei Fatebenefratelli, che ha attirato l’attenzione di testate di salute e femminili a larga diffusione, come Benessere e Marie Claire, e di quotidiani nazionali come La Stampa, Libero, Corriere della Sera e Avvenire.

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INSERTO SPECIALE 136° CAPITOLO PROVINCIALE

Nella Casa di Ospitalità Beata Vergine della Guardia dei padri Fatebenefratelli di Varazze in Liguria si è svolto dal 29 gennaio al 2 febbraio 2018 il 136° Capitolo Provinciale.

Ai lavori capitolari hanno partecipato 19 Confratelli e, nei tempi previsti, 6 collaboratori laici.

Presidente del Capitolo: Fra Giampietro Luzzato, Consigliere Generale, accompagnato dal Consigliere Generale Fra Pascal Ahodegnon. Segretario del Capitolo: Fra Gian Carlo Lapic’.

Moderatore dei lavori: Giovanni Cervellera. Giusi Assi ha assicurato l’apporto esterno di segreteria.

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INSERTO SPECIALE 136° CAPITOLO PROVINCIALE

«COSTRUIRE IL FUTURO DELL’OSPITALITÀ NELLA NOSTRA PROVINCIA» IL 136° CAPITOLO PROVINCIALE IN SINTESI

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ei giorni che hanno preceduto il 136° Capitolo Provinciale i religiosi hanno vissuto alcune giornate di ritiro spirituale in preparazione al Capitolo stesso, dettati da padre Natale Brescianini, benedettino camaldolese, con la visita al Santuario della Madonna della Guardia di Genova dove si è celebrata l’Eucarestia, invocando l’aiuto di Maria per guidare la Provincia nelle scelte future.

29 gennaio: Prima giornata dei lavori capitolari iniziata con l’espletamento delle formalità canoniche, nomina del segretario capitolare (fra Gian Carlo Lapic’) e degli scrutatori (fra Luca Beato e fra Pierangelo Panzerini), il presidente, fra Giampietro Luzzato, delegato del Padre Generale accompagnato dal definitore generale fra Pascal Ahodegnon, ha pronunciato la sua relazione esortando a leggere la realtà con gli occhi

Al Santuario della Madonna della Guardia

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di San Giovanni di Dio, e citando papa Francesco ha richiamato tutti ad essere profeti di gioia. Moderatore del Capitolo il collaboratore Giovanni Cervellera. Poi il Superiore Provinciale, fra Massimo Villa, ha presentato un bilancio delle delibere attuate nel passato quadriennio. A mezzogiorno, si sono aggiunti i laici in rappresentanza dei collaboratori di tutta la Provincia per la Celebrazione eucaristica. Nel pomeriggio sono stati presentati i lavori delle commissioni di: pastorale vocazionale, nuove povertà, pastorale della salute, formazione e bioetica. Poi in gruppi distinti, religiosi e laici, hanno lavorato sulle proposte da presentare al Capitolo.

30 gennaio: è stata la giornata dedicata ai collaboratori laici. Ben sei relazioni sono state presentate dai dirigenti dell’amministrazione centrale con lo scopo di offrire una visione esaustiva del lavoro fatto in questi quattro anni e di

Il Segretario del Capitolo, fra Gian Carlo Lapic’

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quello ancora da completare.

Nel pomeriggio lavori di gruppo per sintetizzare le proposte per costruire il futuro della Provincia da sottoporre alla votazione finale.

31 gennaio: ore 9.30 i padri capitolari si sono riuniti per il discernimento guidato dal padre Natale Brescianini, dopo una lunga pausa per il discernimento personale, è seguita la celebrazione Eucaristica.

Quindi i padri capitolari hanno votato per la nomina del Superiore Provinciale.

Dalla votazione è risultato eletto, fra Massimo Villa, riconfermandolo nel suo incarico.

1 febbraio: il neo eletto Superiore Provinciale, fra Massimo Villa ha presieduto la solenne celebrazione Eucaristica dedicata a San Giovanni di Dio i lavori della giornata erano indirizzati alla nomina del consiglio. La votazione in aula capitolare dalla quale sono risultati eletti: fra Eliseo

Il tavolo di presidenza, a sinistra il Moderatore Giovanni Cervellera

Alcuni dei laici che hanno partecipato ai lavori

Paraboni, 1° Consigliere; fra Gian Carlo Lapic’, 2° Consigliere; fra Guido Zorzi, 3° Consigliere, e fra Gennaro Simarò, 4° Consigliere. È seguita una prima seduta del nuovo Governo Provinciale.

2 febbraio: ultimo giorno dedicato alla presentazione, discussione e approvazione delle Delibere Capitolari. Nel pomeriggio conclusione del Capitolo con la firma dei verbali e il discorso di chiusura di fra Giampietro Luzzato, Presidente del 136° Capitolo della Provincia Lombardo-Veneta. La mattina seguente il neo eletto Superiore Provinciale ha pronunciato il suo discorso di chiusura e ha ringraziato tutti coloro che si sono prodigati per la buona riuscita dei lavori capitolari.

Il taglio della torta, un grazie al personale della casa che ha ospitato il Capitolo

La sala capitolare

ELENCO PARTECIPANTI Fra Giampietro Luzzato, Definitore Generale Fra Pascal Ahodegnon, Definitore Generale Fra Massimo Villa, Superiore Provinciale Fra Eliseo Paraboni, Definitore Provinciale Fra Benvenuto Fasson, Definitore Provinciale Fra Guido Zorzi, Definitore Provinciale Fra Gian Carlo Lapic’, Definitore Provinciale Fra Angelo Sala, 1° Vocale Fra Sergio Schiavon, 2° Vocale Fra Marco Fabello, 3° Vocale Fra Salvino Zanon, 4° Vocale Fra Giovanni Giemula, 5° Vocale Fra Pierangelo Panzerini, 6° Vocale

Il Presidente del Capitolo conferma l’elezione di fra Eliseo Paraboni come Consigliere Provinciale

Padre Natale Brescianini

Fra Kristijan Sinkovic’, 7° Vocale Fra Dario Vermi, 8° Vocale Fra Gennaro Simarò, 9° Vocale Fra Valentino Bellagente, 10° Vocale Fra Luca Beato, 11° Vocale Fra Anselmo Parma, 12° Vocale Dr. Giovanni Maria Soro, Direttore Generale (Amministrazione Centrale) Dr.ssa Laura Maria Zorzella, Responsabile Centro Pastorale Provinciale (Brescia) Dr. Fabio Cervi, Direttore Amministrativo (San Colombano al Lambro) Dr. Fabio De Dominicis, Direttore Medico (San Maurizio Canavese) Dr. Giorgio Lupazzi, Direttore di Struttura (Venezia) Dr.ssa Rosanna Scandaliato, Infermiera Professionale (San Maurizio Canavese).

Il Presidente del Capitolo conferma l’elezione del Superiore Provinciale fra Massimo Villa INSERTO 1/2018

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INSERTO SPECIALE 136° CAPITOLO PROVINCIALE

FRA GIAMPIETRO LUZZATO PRESIDENTE DEL CAPITOLO HA APERTO I LAVORI CAPITOLARI IL 29 GENNAIO 2018

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n questi giorni, dobbiamo verificare, il cammino soprattutto di aderenza e di fedeltà al nostro Carisma in questo tempo. Dobbiamo proseguire nell’ambito della missione a ridimensionare alcune nostre presenze nei Centri, per rinforzare le Comunità religiose e per aprire nuovi modi di testimonianza secondo gli appelli della chiesa oggi.

La fraternità è un tema che tocca anche l’ambito della pastorale giovanile… Questo richiede a tutti “audacia” e “creatività”, nonché la forza di abbandonare il “comodo” criterio del “si è fatto sempre così” e di “assumere il rischio della provvisorietà e dell’urgenza”.

Questa chiamata ha infatti carattere d’urgenza, nel senso che “non si può rimandare sine die”. Infatti dobbiamo agire, impegnarci, anche commettendo forse degli sbagli, “ma chi non accetta certamente ha già sbagliato”.

Il Santo Padre Papa Francesco ci esorta spesso: «Come consacrati vivete, in primo luogo, la profezia della gioia: la gioia del Vangelo».

Non unitevi ai profeti di sventura, che tanto danno procurano alla Chiesa e alla vita consacrata; non cedete alla tentazione dell’assopimento, come gli apostoli nel Getsemani, e della disperazione. …

La Famiglia Ospedaliera di San Giovanni di Dio ha come

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Fra Giampietro Luzzato

missione principale quella di offrire il miglior servizio possibile ai malati e a quanti si trovano in una situazione di bisogno, contribuendo così, attraverso l’Ospitalità, all’evangelizzazione e al dialogo interculturale e interreligioso.

I Collaboratori sono in gran parte coloro che portano avanti la missione in tutte le nostre Opere. Dobbiamo essere aperti affinché assumano posti di alta responsabilità nell’Ordine, mostrando loro la nostra disponibilità e il nostro appoggio…

La formazione permanente dei Confratelli è un elemento essenziale per il rinnovamento della nostra vita spirituale e ospedaliera... e le Scuole dell’Ospitalità hanno come obiettivo la promozione della cultura e la formazione all’Ospitalità, nei luoghi in cui l’Ordine è presente.

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Il criterio principale di valutazione delle opere non è la loro redditività, ma se corrispondono al carisma e alla missione che l’istituto è chiamato a compiere.

Essere fedeli al carisma richiede spesso un atto di coraggio: non si tratta di vendere tutto o di dismettere tutte le opere, ma di fare un serio discernimento, tenendo lo sguardo ben rivolto a Cristo, le orecchie attente alla Sua Parola e alla voce dei poveri.

Il nostro Carisma dell’Ospitalità non è qualcosa di statico e di rigido, non è un “pezzo da museo”. È piuttosto un fiume di acqua viva (cfr Gv 7,37-39) che scorre nel terreno della storia per irrigarla e far germogliare semi di Bene…

Dobbiamo domandarci se siamo disposti a “sporcarci le mani”, lavorando nella storia di oggi, se sappiamo scrutare i segni dei tempi, il regno di Dio tra le pieghe di vicende certamente complesse e contrastanti; se siamo compagni di strada degli uomini e delle donne del nostro tempo, particolarmente dei tanti che giacciono feriti lungo le nostre strade, perché con loro condividiamo le attese, le paure, le speranze e anche quello che abbiamo ricevuto, diventando buoni samaritani per i poveri e gli esclusi… con quella fiducia coraggiosa nella provvidenza del Padre (cf Mt 6,19ss) che ha avuto il nostro Fondatore…

«INSTRUMENTUM LABORIS»

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uesto documento, frutto della sintesi dei lavori dei quattro incontri precapitolari, dei diversi contributi che le Comunità, i Confratelli e i Collaboratori hanno apportato e che la Commissione di Redazione dell’Instrumentum – formata dai confratelli fra Gian Carlo Lapic’, fra Marco Fabello, fra Angelo Sala, fra Dario Vermi e dai laici Nicola Eugenio Spada e Samuele Rossini supportati per la segreteria da Giuseppina Assi–, assieme al Definitorio Provinciale, hanno redatto, è uno strumento che ha l’obiettivo di facilitare la riflessione, lo studio e la deliberazione delle linee guida che il 136° Capitolo Provinciale emanerà al fine di avere elementi necessari per il lavoro capitolare e favorire la continuità della nostra missione di Consacrati al Signore nell’Ospitalità, al servizio dell’umanità sofferente, secondo lo stile del nostro Santo Padre Giovanni di Dio. I lavori preparatori, come le riflessioni in essi contenute, hanno avuto il loro punto di partenza dall’attuazione delle delibere che l’ultimo Capitolo Provinciale ha approvato e che ha portato la Provincia ad assumere un nuovo assetto, più corrispondente alle sfide che la

missione nell’Ospitalità oggi ci pone. Alla luce di queste sintesi sono stati proposti nuovi stimoli per poter costruire insieme “Il futuro dell’Ospitalità nella nostra Provincia”.

Tutti coloro che partecipano ai lavori del Capitolo Provinciale hanno contribuito ad arricchire, con le proprie idee, le proposte presentate per l’approvazione al termi-

religiosa e della nostra missione di evangelizzazione nell’Ospitalità.

Il documento si articola su diversi punti divisi sostanzialmente in due temi: la vita religiosa e la nostra missione. È stato strumento di lavoro al Capitolo per confronti, discussioni, approfondimenti, contributi e proposte su questo documento il Capitolo doveva esprimer-

Il nuovo Governo della Provincia Lombardo-Veneta Da sinistra fra Gennaro Simarò, fra Eliseo Paraboni, il Superiore Provinciale fra Massimo Villa, fra Gian Carlo Lapic', fra Guido Zorzi.

ne del Capitolo stesso. Esse ci aiuteranno a tracciare la strada da percorrere nell’animazione della nostra vita

si ed ha concretizzato le Delibere con le linee guida e gli obiettivi da realizzare nel quadriennio 2018-2022.

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INSERTO SPECIALE 136° CAPITOLO PROVINCIALE

DELIBERE CAPITOLARI 2018-2022 1) VITA RELIGIOSA 1.1. Realizzare la Comunità provinciale attraverso iniziative formative, spirituali e di vita fraterna.

1.2. Approfondire e sviluppare il concetto di Famiglia Carismatica con il coinvolgimento dei Laici, sperimentando anche nuove forme di vita condivisa.

(Cfr. Statuti Generali 26. 28) 2) PASTORALE VOCAZIONALE 2.1. Individuare una Comunità di accoglienza e accompagnamento vocazionale.

2.2. Costituire un gruppo di Pastorale Giovanile e Vocazionale che lavori in questo ambito a livello interprovinciale composto da religiosi e laici.

Esortazione: Tutte le Comunità devono impegnarsi nella testimonianza vocazionale ed essere disponibili all’accoglienza di coloro che desiderano fare un’esperienza nel nostro Istituto, rendendosi maggiormente visibili all’interno e all’esterno del proprio Centro assistenziale.

3) FORMAZIONE DEI CONFRATELLI 3.1. La formazione dei Confratelli sia istituita con analoghi percorsi attuati per la Scuola di Ospitalità. (cfr. Statuti Generali, 89) 4) LA NOSTRA MISSIONE 4.1. Proseguire con la formazione a tutti i livelli per garantire la trasmissione dei valori dell’Ospitalità ai Collaboratori e implementare un sistema di verifica della stessa nella gestione carismatica, in base ai documenti dell’Ordine.

4.2. Sviluppare progetti trasversali che coinvolgano i Centri tra di loro e con l’Amministrazione Centrale.

In questi progetti sia contemplata la presenza dei religiosi.

4.3. L’Amministrazione Centrale provveda a creare una rete psichiatrica e una geriatrica.

5) SOSTENIBILITÀ ECONOMICA 5.1. Valutare l’aspetto carismatico, oltre che economico, dell’assistenza diretta dei nostri Centri e considerare l’opportunità che la Provincia possa favorire la creazione di una cooperativa o società di servizi che si affianchi all’assistenza diretta dei nostri Centri.

5.2. Verificare le condizioni legislative e fiscali per definire soluzioni e modalità di accesso alla raccol6

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ta fondi in favore di progetti di miglioramento dei Centri.

6) PASTORALE DELLA SALUTE 6.1. Perfezionare l’implementazione e il rafforzamento del S.A.S.R. 6.2. Il Centro Pastorale Provinciale, insieme all’Ufficio di Direzione, definirà la collocazione funzionale del S.A.S.R. nel Centro di riferimento. Spetta al Consiglio Provinciale l’approvazione definitiva.

Suggerimento: Considerare l’eventualità dell’avvio di iniziative condivise e stabili con altre Province dell’Ordine e altri enti.

7) BIOETICA 7.1. Rafforzare la formazione di Confratelli e Collaboratori alle tematiche della Bioetica.

7.2. Istituire il servizio di bioetica a livello provinciale.

7.3. Adottare adeguati regolamenti interni per la prevenzione degli abusi.

8) IDENTITÀ E FORMAZIONE

DEI COLLABORATORI 8.1. Strutturare la Scuola di Ospitalità con dipartimenti in grado di organizzare e promuovere i percorsi formativi, al fine di trasmettere efficacemente i valori dell’Ordine.

8.2. Prestare attenzione alle possibilità di aprirsi al territorio, utilizzando forme consolidate e nuove opportunità (alternanza scuola-lavoro, tirocini e percorsi con crediti formativi).

8.3. Istituire un organismo unico di coordinamento delle attività formative, pastorali, caritative e bioetiche.

9. MISSIONI 9.1. In tutti i Centri assistenziali della Provincia si rinnovi l’attività dell’animazione missionaria e si provveda a costituire, a livello provinciale, un gruppo sensibile a tale dimensione.

10. FATEBENEFRATELLI IN ITALIA 10.1. Si chieda al Superiore Generale la nomina di un Confratello del Definitorio Generale che segua direttamente il percorso di integrazione tra le realtà italiane dei Fatebenefratelli.

10.2. Istituire la Pastorale Vocazionale e la Pastorale della Salute a livello nazionale.

FRA GIAMPIETRO LUZZATO PRESIDENTE DEL CAPITOLO DAL DISCORSO DI CHIUSURA DEI LAVORI CAPITOLARI 2 FEBBRAIO 2018

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esidero approfittare di questa opportunità per ringraziare tutti voi, in particolare, tutti i Fratelli Capitolari per la vostra pazienza e disponibilità, così fra Giampietro chiudeva i lavori del 136° Capitolo Provinciale.

Ogni giorno continuerò a pregare il Signore perché vi aiuti e vi guidi attraverso lo Spirito Santo, affinché vi ispiri la saggezza e il consiglio della Beata Vergine Maria, e il nostro Padre Giovanni di Dio vi accompagni sempre nell’animazione, nella guida e nella gestione della Provincia e delle Opere.

Certamente questo è un difficile compito da portare avanti, per il nuovo Governo della Provincia, soprattutto per il momento storico che stiamo vivendo, ma è anche un grande privilegio.

Occorre un grande senso soprattutto di speranza; una speranza che troviamo profondamente radicata nella realizzazione della promessa di Dio, che ha tanto amato il mondo da mandare il suo unico Figlio sulla terra per redimerci e per salvarci.

Nel corso della nostra giornata, infatti, molto spesso la speranza entra nella nostra vita e altrettanto spesso cerchiamo di trasmetterla alle persone che l’hanno ormai perduta a causa della loro malattia, o perché si sentono abbandona-

te dai propri familiari, dalla società o persino dalla Chiesa…

L’accompagnamento spirituale delle persone malate e dei loro familiari è una bella espressione di ciò che è veramente il punto centrale dell’Ospitalità, così come è stato mostrato in modo chiaro ed evidente dallo stesso San Giovanni di Dio...

Desidero esprimere il mio incoraggiamento, apprezzamento e comprensione, in particolare a chi è stato chiamato a servire la Provincia in prima persona.

La gente guarda a voi, sperando di scorgere prospettive per il futuro, strategie, capacità di prendere delle decisioni e si attende che siate non solo compassionevoli ma, soprattutto, ospitali.

Ovviamente non potete fare affidamento solo sulle nostre forze.

Il Capitolo ha fissato degli obiettivi: tutti sono invitati a perseguirli, tenendo ben presenti queste delibere, fissate per i prossimi quattro anni e magari anche oltre, in un’ulteriore evoluzione…

Dovete guardare il presente e il futuro con gli occhi di San Giovanni di Dio, saper interpretare gli eventi e cercare nuovi modi per esprimere l’Ospitalità, ma sempre con uno stile che riceva l’approvazione del nostro Fondatore. È importante ricordare che il

Provinciale, il Superiore o il Direttore, non sono padroni dei beni temporali, ma solo rappresentanti e amministratori del patrimonio dell’Ordine, che sono chiamati a salvaguardare…

Siamo tutti coscienti e conosciamo le difficoltà alle quali va incontro la vita consacrata oggi: la diminuzione delle vocazioni e l’invecchiamento, i problemi economici a seguito della grave crisi finanziaria mondiale, le sfide dell’internazionalità e della globalizzazione, le insidie del relativismo, l’emarginazione e la irrilevanza sociale. È in queste incertezze, che abbiamo vissuto insieme, che si attua la nostra speranza, che abbiamo condiviso le strategie, frutto della fede nel Signore che continua a ripeterci: «Non aver paura ... perché io sono con te» (Ger 1,8).

Dobbiamo combattere la logica dell’individualismo, che può intaccare anche le nostre Comunità, la nostra Provincia, i nostri Collaboratori.

Dobbiamo impegnarci a far crescere la comunione tra le diverse Province dell’Ordine e anche con altri Istituti Religiosi affini.

Per concludere, vorrei augurare a tutti voi pace, gioia, e un ministero fecondo per l’intero quadriennio.

Fra Giampietro Luzzato INSERTO 1/2018

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FRA MASSIMO VILLA CONFERMATO SUPERIORE DELLA PROVINCIA LOMBARDO-VENETA dal discorso di chiusura del 136° Capitolo Provinciale - 3 febbraio 2018

iamo partiti da lontano: fin dal mese di ottobre ci siamo trovati mese dopo mese, Religiosi e Collaboratori insieme per comprendere, partendo dalla realtà, come “Costruire il futuro dell’Ospitalità di San Giovanni di Dio nella nostra Provincia”…

Siamo stati “audaci” nel determinare in questo Capitolo la volontà di rinvigorire la Pastorale Vocazionale, creando un gruppo che si occupi di questo e costituendo una comunità di accoglienza vocazione. Colgo l’occasione per comunicare a ciascuno di voi che questa è, e sarà, la prima priorità di questo mio secondo mandato. A tutti voi miei cari Confratelli e anche a voi, cari Collaboratori, chiedo la disponibilità di impegno in questo ambito così urgente, bello e prezioso per la nostra vita.

Ancora con più coraggio per meglio testimoniare il futuro della Ospitalità nella nostra Provincia e per vivere sempre con più coerenza la nostra vita, abbiamo voluto deliberare la costituzione di una comunità che viva un modo nuovo … una Comunità aperta ai laici che desiderano vivere la propria vita insieme a noi, condividendo la vita di fede di preghiera e di apostolato.

Coraggio se tra di noi Confratelli e Collaboratori qualcuno desidera dar vita a questa esperienza noi siamo pronti, ad appoggiare con tutto il cuore tale opera…

In questo Capitolo Provinciale, ho sperimentato e credo che anche voi, la dimensione di una vera comunità dai larghi confini.

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Quella che noi definiamo la Comunità Provinciale, abbiamo già iniziato a viverla. Abbiamo pregato insieme, insieme abbiamo celebrato l’Eucaristia e attinto alla Sua Parola e al suo Pane di Vita. Insieme abbiamo toccato profondamente la bellezza della nostra vita e anche le ferite che ciascuno di noi porta nel cuore.

Forse le abbiamo anche fatte sanguinare, ma ho visto anche in ciascuno di noi la capacità di sorriderci vicendevolmente, di asciugare le lacrime di chi ha faticato di più… in poche Parole abbiamo sperimentato l’Amore che ci tiene uniti… dar Vita alla Comunità Provinciale, creando occasioni di incontro formali ed informali, fatti di formazione, di preghiera di condivisione e di festa. Questa è, e sarà, l’altra priorità di questo quadriennio…

Tornare alle nostre opere con l’Entusiasmo rinnovato, perché anche noi, tutti siamo stati avvicinati da Gesù Risorto che mostrandoci i segni della Passione ci manda ancora a gridare per le strade “Fate bene fratelli” a voi stessi per amor di Dio… Grazie alla preziosa collaborazione dei Laici che lavorano con noi e che compartecipano alla “custodia” delle nostre opere attraverso la loro professionalità, continueremo a portare avanti una gestione delle opere all’insegna della trasparenza, giustizia, rispetto... in poche parole vorrei che la Gestione Carismatica non fosse solo uno slogan, ma uno stile manageriale di tutti, religiosi e laici chiamati a sostenere la missione di San Giovanni di

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Dio. Questa è l’altra priorità del governo provinciale.

Grazie a tutti e a ciascuno di voi miei cari Confratelli, grazie a chi in questo momento fa più fatica a tornare sulle strade dell’Ospitalità, grazie a chi ha già dimostrato a me tutta la disponibilità per mettersi al servizio di questo Provincia. Grazie a chi vorrà spontaneamente far vivere le delibere capitolari perché si sente di portare avanti l’una o l’altra istanza. Grazie anche a chi dirà di no alle proposte che verranno fatte, comprendo a volte è faticoso … ma per tutti e per ciascuno di voi c’è sempre il mio volervi bene, così come sono capace di dimostrarvelo… Per voi sono il provinciale… per voi e con voi desidero portare avanti la costruzione dell’Ospitalità nel futuro…

A voi carissimi collaboratori – dott. Soro, dott.ssa Zorzella, dott.ssa Scandagliato, dott.

Lupazzi, dott. Cervi e dott. De Dominicis – il mio grazie riconoscente per il contributo che avete dato a questo Capitolo… con voi e per voi e per tutti i Collaboratori si possa realizzare il Progetto di Ospitalità che sempre di più vuole allargare i confini della Famiglia di San Giovanni di Dio. Un sincero grazie al dott. Gianni Cervellera per aver moderato con professionalità e passione i lavori del Capitolo, al segretario del Capitolo fra Gian Carlo e a Giusi Assi per il prezioso e nascosto lavoro di redazione e di coordinamento della Segreteria, e agli operatori della casa che ci ha ospitato.

Fra Massimo Villa

INSERTO SPECIALE 136° CAPITOLO PROVINCIALE

«COSTRUIRE IL FUTURO DELL’OSPITALITÀ NELLA NOSTRA PROVINCIA»

Il 23 febbraio presso la Curia di Cernusco sono stati nominati i Superiori locali che animeranno le comunità fino al 2022.

Consegnando il sigillo della Casa fra Massimo Villa, Superiore Provinciale, ha ribadito che loro sono i principali responsabili della famiglia religiosa in quanto in ogni struttura è presente un direttore che si occupa degli aspetti amministrativi.

Venezia: San Raffaele Arcangelo Fra Marco Fabello

Brescia: San Giovanni di Dio IRCCS Fra Dario Vermi

S. Colombano al Lambro: Sacro Cuore di Gesù, Fra Salvino Zanon

Solbiate: San Carlo Borromeo Fra Sergio Schiavon

Erba: Sacra Famiglia Fra Guido Zorzi

Cernusco sul Naviglio: S. Ambrogio, Fra Gian Carlo Lapic’

S. Maurizio Canavese: Beata Vergine della Consolata Fra Gennaro Simarò

Trivolzio: San Riccardo Pampuri Fra Valentino Bellagente

Croazia: San Raffaele Arcangelo Fra Kristijan Sinkovic’ 1/2018

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S P E C IALE 1 3 6 ° C A P ITOLO P RO V IN C IALE

I NUOVI SUPERIORI 2018-2022

ERBE E SALUTE

Il giardino profumato Lorenzo Cammelli

In attesa della primavera impariamo a conoscere e a utilizzare le piante aromatiche Tra i gesti più gratificanti tipici della bella stagione vi è l’acquisto di nuove piante.

A esercitare l’attrattiva maggiore sono le cosiddette “erbe aromatiche”, capaci di regalare tanti mesi di buoni profumi e di colore.

Al momento dell’acquisto si può scegliere non solo in base al colore preferito ma anche in base all’utilizzo che se ne vuole fare in cucina o nella cura personale del corpo.

In giardino, nell’orto o sul terrazzo l’utilizzo delle piante aromatiche richiede una buona conoscenza delle medesime per garantire un buon risultato: infatti troppo spesso 48

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si notano angoli ombrosi dedicate alle piante aromatiche mentre per molte di esse una buona esposizione al sole è fondamentale.

La maggior parte delle aromatiche ha poi delle caratteristiche che spesso non collimano con le piante vicine pertanto colore, forma, altezza, vigoria, dovranno essere valutate con cura prima di preparare un’aiuola dedicata ad esse.

Oltre alle più comuni (rosmarino, salvia, menta) è buona regola scegliere quelle meno conosciute o anche rare, spesso reperibili solo nei vivai specializzati o in qualche fiera del settore. Collezionare “piante

aromatiche”, a volte, è una vera passione e non è raro trovare appassionati del settore che dedicano parte del giardino anche solo ad un genere di piante (timo, salvia, lavanda, basilico eccetera).

Una caratteristica fondamentale di moltissime piante aromatiche è quella del profumo che spazia dal dolce all’amaro, dal piccante allo speziato, dal fragrante al maleodorante.

La gamma e la tonalità di ciò che l’olfatto avverte è infinita e la natura non finisce mai di stupirci. Anche la necessità di avere disponibili per la cucina una continua varietà di gusti ha ridato alle piante aromatiche

giusta collocazione tra le altre caratteristiche tipiche dei penpiante da giardino e da utilità. dii aridi e rocciosi amati dalla santoreggia.

Sul terrazzo L’esempio è valido anche per In città, soprattutto al nord, vi il timo, la lavanda, l’artemisono le condizioni ideali per la sia, l’elicriso, la genziana, e il coltura delle aromatiche per- ginepro, La città è quindi ideché sui balconi e terrazze la protezione dei muri è congeniale alle loro esigenze di sole e calore.

Anche quelle di origine alpina trovano tra i palazzi di città molte condizioni simili a quelle delle pareti di montagna.

Lavanda officinale

Santoreggia

La Santureja montana, per esempio, è tipica di alcuni pascoli e versanti alpini battuti dai venti e costantemente soleggiati, con temperature che raggiungono nella bella stagione anche i 35-40°C, mentre d’inverno può rimanere coperta dalla neve anche per tre o quattro mesi.

La terrazza al 4° o 5° piano, completamente assolata e facilmente esposta alla brezza continua e al vento, riporta le

Timo

ale anche per quasi tutte le specie mediterranee: infatti le temperature sono caratterizzate da minime invernali meno rigide che in campagna, mentre l’estate è più calda e dove l’esposizione della terrazza è priva di zone d’ombra, la scelta delle piante diventa basilare.

Sul terrazzo le piante si coltivano in vaso, prestando attenzione all’acqua di irrigazione. È opportuno controllare che il terrazzo sia dotato di efficienti sistemi per convogliare l’acqua in eccesso nelle grondaie e controllare che i vasi di contenimento siano dotati di appositi sottovasi in cotto o plastica.

Anche i vasi di notevoli dimensioni e dalla forma quadra o rettangolare devono essere muniti di sottovaso. Quelli più indicati sono quelli in cotto: meglio avere pochi vasi ma di qualità, che hanno il pregio di durare nel tempo senza screpolarsi dopo un’estate di gran sole o un inverno dal forte gelo. I vasi in legno hanno il vantaggio di contenere volumi di terra rilevanti: sono da

preferire i vasi in abete o pino, piuttosto che quelli di latifoglia, per la maggior durata del materiale.Vanno tenuti in considerazione anche: • I problemi di “peso” dei vasi/fioriere: solitamente le solette portanti sono calcolate per reggere almeno 400 kg il metro quadro. In commercio vi sono comunque ottimi terricci “alleggeriti” cioè formati di torbe e argille mescolate con materiali voluminosi e leggeri come perlite e pomice.

• Irrigazione: deve essere possibilmente eseguita da un impianto automatico, così da garantire vacanze e assenze prolungate senza che le piante aromatiche debbano soffrirne. Le aromatiche possono essere disposte in una infinità di modi, tenendo soprattutto conto dell’altezza e colore.

• Disposizione delle piante aromatiche: le più alte vanno situate in posizione arretrata rispetto a quelle progressivamente più basse, anche all’interno dello stesso vaso.

• I colori delle piante aromatiche: giocando sul colore molte aromatiche hanno tonalità grigie o argentate che ben si prestano a collezioni sul tema, oppure utilizzandole per contrastare nettamente altre piante dai toni più comuni.

In giardino Le possibilità di utilizzo delle piante aromatiche nel giardino sono veramente infinite. Va tenuto conto che nell’Italia con1/2018

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tinentale le condizioni di luce e sole possono essere anche molto estreme: d’inverno il freddo arriva anche a minime di -10 C ° o -15° C °, mentre d’estate raggiunge anche i + 35-40 C °. Si deve prevedere l’impianto della quasi totalità delle specie sul lato rivolto a Sud, Sud-Est. La presenza di muri, passaggi e pavimentazioni sono altri fattori che favoriscono la coltivazione di molte specie anche le più delicate. Nella penombra del sottobosco e al riparo di alcuni grandi cespugli si possono utilizzare la menta o la melissa amanti dell’ombra.

Mix aromatiche intorno a vialetto

primo piano di thymus citriodorus. Tre sole specie

Melissa

Timo citriodorus

per formare un’ampia aiuoconsolida, il rabarbaro, la la di sicuro impatto visivo e camomilla sempreverde che con l’in- • Nel caso invece la nostra cuverno offre ancora imporcina si riveli particolarmentanti sensazioni di colore e te raffinata daremo spazio profumo. sufficiente ad alcuni aromi particolari e anche poco conosciuti come l’aneto, il coriandolo, il cerfoglio, la borragine, il cumino, l’issopo, il basilico cannella o citriodoro eccetera.

fiore di Rosmarino officinale

Per trarre dalle piante aroma- • È possibile fare una scelta tiche tutta l’energia che sanno di piante in base alle escluoffrire e valorizzare lo spasive “esigenze della casa”. zio del giardino si dovranno Quindi non necessariamenformare delle macchie più o te legate a motivi estetici né meno vaste di un’unica specie.

• Per esempio uno sfondo scuro di rosmarino si contrasterà con della salvia e un

mix di Salvia officinale

Basilico

Finocchio

di forma e colore. Se, per • Altre interessanti disposiesempio, desideriamo pianzioni che si possono prente per la cura dell’intestino dere in considerazione

Menta

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formeremo aiuole con basilico, finocchio, origano, la

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Mix aromatiche in cucina con menta e timo

sono quelle simmetriche, dove la geometria fa da padrona. Per esempio un’aiuola formata da aromi di-

Basilico nano

Accostamenti di aceri

sposti a scacchiera, anche su una pavimentazione appositamente progettata che preveda l’alternanza di alcune

parti della copertura (legno, pietra, ceramica, mattone eccetera), non mancherà di stupire il visitatore.

Le aromatiche più facili da coltivare Specie

Suolo e posizione

Fiori

Foglie

Utilizzo e varie

SANTOREGGIA

Asciutto e in pieno sole

Fiori rosa a inizio estate

Verdi, lanceolate e molto profumate

Ottimo in cucina su carni e verdure cotte

TIMO

Asciutto e in pieno sole

Dal bianco al rosa, tarda primavera inizio estate

Piccole, verde chiaro ma anche variegate

Ottimo in cucina su carni e verdure cotte

LAVANDA OFFICINALE

Adattabile alle condizioni più estreme, calcare.

Azzurro/blu a seconda delle varietà, anche rosa e bianchi

Strette, grigio/verde

Per piccole siepi e bordure basse. Profumatissima e gradevole

MENTA

Come la melissa

Piccoli, rosa o viola su infiorescenze terminali, tarda estate

Tenere, verde scuro tendenti al bruno rosso.

Estremamente aromatiche

È facilmente invadente, adatta a formare gruppi solitari in angoli ombrosi

MELISSA OFFICINALE

Adatta alla mezz’ombra e al terreno fresco e fertile

Piccoli, bianchi o rosa in estate

Tenere, verde brillante, molto profumate con un tono di limone

Attrae le api, per ottime tisane calmanti e rinfrescanti

ROSMARINO OFFICINALE

Ben drenato e soleggiato

Lilla, violetti, bianchi. Tarda primavera

Sottili, carnose, verde scuro, molto aromatiche

Esistono varietà prostrate adatte al giardino roccioso

SALVIA OFFICINALE

Calcareo, drenato e pieno sole

Viola/blu, bianchi o rosa a inizio estate

Larghe grigio/verde, morbide al tatto

Molto interessanti le varietà colorate, gialle e rosse

TIMO CITRIODORUS

Asciutto e in pieno sole

Dal bianco al rosa, tarda primavera inizio estate

Piccole, verde chiaro ma anche variegate

Ottimo in cucina su carni e verdure cotte

ISSOPO OFFICINALE

In pieno sole, anche asciutto e calcareo

Blu intenso o rosa e anche bianchi in primavera estate

Sottili, verde scuro e aromatiche

Ottimo in cucina su carni e verdure cotte

BASILICO

Terriccio fertile, umido e sole

Bianchi o violetti, metà estate

Tenere, verde brillante, molto aromatiche

Esistono numerose varietà con toni aromatici inusuali

ORIGANO

Fertile e in pieno sole

Bianco violetti in tarda estate

Verde brillante, tenere dal profumo speziato

Da riparare in inverno

FINOCCHIO

Asciutto e in pieno sole

Ombrelle giallo paglierino in estate

Verde blu, molto aromatiche

Alcune varietà ornamentali.

Utile per problemi digestivi

MALVA SILVESTRE

In tutte le situazioni, con preferenza per i substrati freschi e ben concimati

Malva, bianco o porpora, a seconda delle varietà

Grandi tenere, verde brillante. Facilmente suscettibili a malattie fungine

Da tenere in folti gruppi, magari della specie mauritanica, per i bellissimi fiori porpora

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a cura di

elvio frigerio _______________________

53 Anniversari 57 Nazareth 59 Brescia 71 Cernusco sul Naviglio 72 Erba 73 Presepi 2017 75 Gorizia 78 Trivolzio 79 Varazze 80 Venezia

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82 U.T.A. Onlus 85 Ricordiamoli nel Signore Fra Cristoforo Danelut 88 Offerte

Anniversari 50° DI PROFESSIONE RELIGIOSA

Festa in famiglia nel cinquantesimo di professione religiosa di Serafino Acernozzi oh

Fra Eliseo Paraboni e di Fra Lucio Agostini

T

CENTRO SANT’AMBROGIO – CERNUSCO SUL NAVIGLIO (MILANO) – 7 DICEMBRE 2017

i benediciamo per i nostri sacerdoti e confratelli che ci hanno incoraggiati, sostenuti e guidati alla nostra decisione di donare la vita al Signore.

Ti benediciamo per il nostro carisma ospedaliero dell’Ospitalità, donato al nostro Padre Fondatore San Giovanni di Dio. A lui chiediamo perdono se non siamo i Fatebenefratelli che ha sognato.

Ti benediciamo per la nostra Famiglia Ospedaliera di San Giovanni di Dio, per la nostra comunione e fraternità che abbiamo condiviso; per i Superiori Generali e Provinciali che ci hanno accolto, seguiti e che hanno accompagnato il nostro cammino di formazione: fra Mosè Bonardi, ex Priore Generale e Provinciale in carica, a quei tempi gravemente ammalato, fra Cesare Gnocchi, Vicario Provinciale, nelle cui mani abbiamo emesso la nostra Professione semplice, fra Pierluigi Marchesi, fra Onorio Tosini e tanti altri con i rispettivi Consigli.

Ti ringraziamo per chi ci ha accompagnato nei primi passi del cammino: il Padre Maestro di noviziato, fra Giacomo Usardi, sacerdote e, il Vice Maestro fra Roberto Varasi, che nel pomeriggio della nostra

prima Professione religiosa ci ha accompagnati al capezzale del Superiore fra Mosè Bonardi sostenitore e portatore di un forte alito di progresso e di aggiornamento in armonia col Concilio Vaticano II e le esigenze dei tempi moderni, mentre noi pregavamo inginocchiati attorno al suo letto fra Mosè ci ha esortati alla santa perseveranza e ci ha impartito la sua paterna benedizione. Per il Padre Maestro dello Scolasticato il sacerdote fra Luca Beato, il quale, con una carica di umanità ci ha tuffato nel Concilio Vaticano II facendoci gustare la bellezza del dono, più che la fatica della rinuncia, e per la pre-

parazione professionale, che ci è stata data per meglio servire gli ammalati e i poveri.

Oggi, giovedì 7 dicembre 2017 nel Centro Sant’Ambrogio è grande festa. Sono presenti il Padre Generale fra Jesùs Etayo, il Consigliere Generale fra Giampietro Luzzato, il Provinciale fra Massimo Villa, e numerosi religiosi, collaboratori e amici della Provincia Lombardo-Veneta per festeggiare i confratelli fra Eliseo Paraboni, Vicario ed Economo Provinciale e Superiore della Comunità religiosa del Centro, e fra Lucio Agostini, già Priore nei nostri Centri ospedalieri.

La cerimonia liturgica e la rin-

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Due momenti del rito di rinnovo dei voti di fra Lucio e fra Eliseo: mentre leggono pubblicamente e successivamente firmano il rinnovo della loro Professione. novazione dei Voti è stata guidata da fra Gian Carlo Lapic’, Segretario Provinciale. Dopo l’omelia i festeggiati – fra Eliseo e fra Lucio – rinnovano i Voti e firmano sull’altare la loro promessa dopo aver invocato la misericordia divina, il patrocinio di Maria santissima e l’intercessione di San Giovanni di Dio. Con queste parole del celebrante si conclude il rito: «Nella sua paterna bontà, il Signore vi conceda di percorrere la stretta via da voi intrapresa e di compiere la missione ospedaliera nella gioia di Cristo».

La celebrazione Eucaristica prosegue con la professione di fede e la preghiera universale con anche una preghiera dedicata ai religiosi: «Dopo questi cinquant’anni di servizio a Dio e ai fratelli poveri e malati nell’Ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio, benedici, sostieni e conferma questi tuoi servi Fra Eliseo e Fra Lucio perché la loro vita possa essere sempre un culto autentico offerto a Cristo nella Chiesa, per questi noi ti preghiamo». La corale del Centro Sant’Ambrogio ha eseguito i canti liturgici in questa coinvolgente liturgia.

Alla fine della cerimonia a fra Eliseo e a fra Lucio è stata consegnata una piccola statua del Santo Fondatore ed una Melagrana a spilla, ricordo

del Padre Generale, poi l’abbraccio fraterno con tutti i confratelli presenti.

In conclusione anche il Padre Provinciale, fra Massimo ha affermato: «Con la concelebrazione dell’Eucarestia abbiamo ringraziato il Signore per aver donato alla nostra Provincia religiosa questi due Confratelli, uomini appassionati di Dio e dell’uomo malato e ringraziato ciascuno di loro per tutto il bene che ci hanno donato, per essere stati nostri compagni di viaggio, giorno dopo giorno con confratelli, malati e collaboratori. Sono seguiti i ringraziamenti di fra Eliseo e fra Lucio e una testimonianza del Direttore di Struttura Serafino Nizza.

Dall’omelia del padre generale

«F

ormulo i miei auguri a tutta la Famiglia Ospedaliera di San Giovanni di Dio della Provincia e invoco l’intercessione del suo Patrono affinché guidi e illumini la Provincia nel momento storico che sta vivendo, preghiamo per tutte le persone assistite nei nostri Centri, e per tutti i Confratelli e i Collaboratori che quotidianamente si impegnano per vivere nella fedeltà al nostro carisma e alla nostra missione…

Vorrei sottolineare in questa 54

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bellissima frase pronunciata dalla Vergine la sua gioia: “II mio spirito esulta in Dio, mio salvatore”. L’allegria, la gioia, è un tema molto attuale nella vita consacrata, di cui Papa Francesco parla spesso. Dice infatti che seguire Cristo con tristezza ci porterebbe ad essere dei tristi discepoli…

usare le parole del Papa – tratta come degli scarti. Sicuramente anche qui dobbiamo fare dei passi avanti, e in questo senso deve aprirsi il nostro futuro come Istituto di vita consacrata…

E allora, cari fratelli e sorelle, oggi i nostri Fra Eliseo e Fra Lucio, e noi con loro, rendiaSono solito dire che l’Ospitali- mo grazie a Dio per l’Ospitatà è la grande alternativa per il lità che ha voluto donargli, per nostro mondo, spesso egoista e l’ospitalità che continua a praostile nei confronti dei più vul- ticare attraverso di loro, e per nerabili e dei poveri, che – per l’ospitalità che hanno vissuto

In posa coi Superiori, da sinistra: fra Lucio, fra Massimo, fra Jesus e fra Eliseo. e profuso nei confronti degli altri, oggi come 50 anni fa.

Assieme al nostro ringraziamento, oggi vogliamo elevare la nostra preghiera al Signore, attraverso l’intercessione della Vergine Maria, di Sant’Ambrogio e di San Giovanni di Dio, per i nostri Confratelli Lucio e Eliseo, affinché continuino ad accompagnarli nella loro vita, ed accrescano in loro la grazia dell’ospitalità, per vivere sempre con gioia e con pienezza…

Non è facile, lo so, ma il Signore che ci chiama, che ci accompagna e che ci ama, non ci abban-

dona. Lo fa con voi da 50 anni, e sono tanti, ma non termina qui, anzi ogni giorno rinnova il Suo dono con voi e con ciascuno di noi. Accettatelo ogni giorno e siatene felici, anche quando

le cose non vanno bene, anche quando sembra che le croci da portare sono troppo pesanti.

Egli non vi farà mai mancare la Sua presenza, perché si è impegnato nei vostri confronti...».

Fra Eliseo e Fra Lucio

«I

o e fra Lucio desideriamo rivolgere un sincero ringraziamento a tutti i nostri parenti, amici e collaboratori che hanno partecipato con noi al rendimento di grazie a Dio per i 50 anni di Professione Religiosa.

Nella Santa Messa abbiamo voluto ringraziare Dio per quanto ricevuto da Lui in questo lungo cammino. La nostra gratitudine va a Lui per il dono della vocazione religiosa, per averci scelto e amato sin dall’inizio, dandoci la grazia necessaria per corrispondere alla Sua chiamata fino ad oggi.

Non è stato un cammino sempre facile, ma con l’aiuto di San Giovanni di Dio e con l’intercessione della Madre di Dio siamo riusciti a perseverare in questa scelta e a guardare sempre avanti, rinnovando la nostra adesione alla Chiesa e all’Ordine Ospedaliero.

Abbiamo voluto ringraziare le nostre famiglie, i nostri genitori, la cui testimonianza cristiana ha permesso che sbocciasse la nostra vocazione religiosa.

Abbiamo innalzato una preghiera par-

ticolare per la Provincia Lombardo Veneta che ci ha accolto.

Un grazie speciale al Padre Generale, al Padre Provinciale, ai Confratelli e a tutti coloro che hanno collaborato per la realizzazione della ricorrenza del nostro Giubileo.

Chiediamo a tutti di pregare per la nostra fedeltà a Dio e all’Ordine per sempre».

I festeggiati con il gruppo dei parenti.

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Testimonianza di un collaboratore

«C

onsentitemi di festeggiare questa ricorrenza così solenne a modo mio, un modo forse poco convenzionale. Non vi parlerò di San Giovanni di Dio e nemmeno di che cosa significhi dedicare la propria vita ad un ideale così alto, anche perché i fatti parlano da soli.

Vi parlerò invece di persone, di scambi tra le persone e, perché no, anche di scontri.

Tengo a dire che di questi 50 anni che fra Eliseo e fra Lucio hanno dedicato all’Ordine, 40 li hanno condivisi con me, in un modo o nell’altro.

Lo ricordo in particolare Priore a Milano, a Solbiate e a Venezia, prima ancora che Consigliere Provinciale ed Economo e oggi Priore della Casa che mi è stata affidata.

Ma tra noi c’è sempre stato un

grande rispetto e con il passare degli anni anche un riconoscersi come appartenenti, entrambi, ad un’altra epoca.

Quanto a fra Lucio il mio primo ricordo risale al 1987.

Ospedale San Giuseppe. Lucio si prese cura di mio padre. Gli sarò sempre grato per questo.

Lucio il caposala, Lucio quel-

lo vicino ai malati, come il suo Fondatore gli ha insegnato.

Che dire di più di due uomini che hanno dedicato la loro vita al servizio del malato? lo li ringrazio per tutto ciò che hanno fatto di buono e per ciò che mi hanno insegnato».

Serafino Nizza

…e la festa continua con tutta la famiglia ospedaliera.

Confratelli e sacerdoti concelebranti coi festeggiati.

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Serafino Acernozzi oh

Visita all’ospedale Sacra Famiglia di Nazareth

H

a avuto luogo dal 4 al 8 gennaio un viaggio di lavoro per fare il punto sulla realtà dell’ospedale Sacra Famiglia di Nazareth, un viaggio che è stato anche occasione di pellegrinaggio. Il gruppo era composto da fra Massimo Villa, Superiore Provinciale, da fra Gian Carlo Lapic’, Segretario e Consigliere Provinciale, da fra Eliseo Paraboni, Vicario ed Economo Provinciale e Superiore del centro Sant’Ambrogio di Cernusco sul Naviglio (Mi), da fra Guido Zorzi, Consigliere Provinciale e Superiore dell’ospedale “Sacra Famiglia” Erba (Co) e da fra Serafino Acernozzi, ex priore dell’ospedale di Nazareth.

Giorni particolarmente intensi per i numerosi appuntamenti programmati e carichi di significato per tutti i cristiani: tempo dell’Epifania per i cristiani latini, e ancora tempo di Natale per i cristiani ortodossi. Un periodo anche abbastanza preoccupante per il riaccendersi del conflitto arabo-israeliano con crescenti pericoli per le popolazioni e per i pellegrini, ciò non ci ha permesso di visitare Betlemme.

Il giorno 5, venerdì, visita a Gerusalemme a monsignor Leopoldo Girelli, Nunzio Apostolico in Israele e delegato Apostolico a Gerusalemme e in Palestina, una visita di cortesia e occasione, essendo nuovo di nomina, per farlo partecipe dei problemi riguardanti il nostro ospedale “Sacra Famiglia” di Nazareth e il servizio che facciamo alla popolazione della città e dei villaggi della Galilea,

ma soprattutto per suffragare lo sviluppo dell’ospedale; con noi erano presenti il Superiore di Nazareth, il polacco fra Cristoforo Fronczak e il Direttore Generale dell’ospedale il dottor Giuseppe Fraizzoli. Fra Massimo dopo aver presentato al Nunzio Apostolico tutta la delegazione, ha illustrato l’opera e il senso della nostra presenza in ospedale, una presenza ormai ultra centenaria, arricchita dalla partecipazione attiva delle Suore di Maria Bambina e di numerosi collaboratori; il Direttore Generale ha invece illustrato i problemi di gestione del centro ospedaliero. Il Nunzio ci ha incoraggiati ad essere sempre al servizio del malato e dell’uomo sofferente, ci ha quindi esortati a restare fedeli al nostro Carisma dell’Ospitalità. Infine il Pro-

vinciale ha offerto al Nunzio la nuova biografia di San Giovanni di Dio, scritta dal professor Salvino Leone: una nuova sintesi della vita del nostro Fondatore con differenti letture e interpretazioni così da giungere al cuore di qualsiasi lettore. Prima del congedo e dopo la sua paterna Apostolica benedizione, è stata scattata una foto ricordo.

Dopo l’incontro con monsignor Girelli abbiamo adempiuto ai doveri del pellegrino che si reca a Gerusalemme per visitare i principali luoghi della nostra fede. Il Getsemani, la Via Dolorosa, il Santo Sepolcro sono posti che manifestano a noi e al mondo intero la tenerezza di Dio per l’uomo. Questi luoghi ci parlano del grande mistero di amore, di misericordia, di pazienza, di perdono e ci interro1/2018

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gano sul nostro essere cristiani e religiosi ospedalieri.

Il Superiore e i Consiglieri Provinciali hanno avuto diversi incontri con il Direttore Generale Fraizzoli e i suoi stretti collaboratori, abbiamo quindi visitato tutta la struttura ospedaliera e anche il complesso delle nuove quattro sale operatorie, ancora incompiute, ma con la speranza di inaugurarle a marzo nella solennità liturgica di San Giovanni di Dio. Siamo rimasti impressionati del lavoro del Reparto delle Risonanze Magnetiche nel quale il lavoro è iniziato solo negli ultimi tre mesi dell’anno 2016 con 350 esami mentre nel 2017 sono stati eseguiti 6038 esami quindi un servizio diagnostico che dona soddisfazione ai medici curanti ma soprattutto ai pazienti: veramente una “struttura di eccellenza”.

Infine una riunione plenaria e famigliare con il Direttore Generale e il suo Vice, la Superiora suor Elia, il Direttore Sanitario dottor Ibrahim Harbaji, e tutti i responsabili dei vari settori ospedalieri: medici, collaboratori amministrativi e avvocati. Tra

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l’altro il Provinciale ha illustrato il motivo della visita e ha posto l’attenzione sulla Carta d’Identità dell’Ordine, dei ruoli e delle funzioni, della gestione carismatica delle nostre opere per il servizio all’ammalato, senza distinzione di etnie e di religione, usando: eccellenza, giustizia, rispetto, compassione, Ospitalità, tutto secondo i valori predicati da San Giovanni di Dio. Significativa la Celebrazione eucaristica di domenica 7 gennaio, Festa del Battesimo di

Gesù, nella Basilica superiore dell’Annunciazione, il luogo del “Fiat” di Maria, presieduta da fra Massimo e concelebrata da fra Gian Carlo, alla presenza dei confratelli e di numerosi pellegrini di passaggio. Alla sera un’agape fraterna con le Suore di carità delle Sante Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa, più conosciute come Suore di Maria Bambina, nostre collaboratrici da 34 anni e festa di addio a due consorelle: suor Julietta, cuciniera, e suor Elisabetta, del reparto maternità, che ha visto nascere migliaia di bambini. Lasciano l’ospedale per motivi di età e di pensionamento, rientrano in India, loro terra natale, per continuare la loro missione di suore di carità dopo essere state testimoni nella terra della Sacra Famiglia di Nazareth.

I giorni sono passati veloci tra riunioni e visite all’ospedale e il pellegrinaggio ai luoghi santi di Gerusalemme. Abbiamo risvegliato la nostra fede e la nostra missione. Essa è vera nella misura in cui si trasforma in amore verso Dio e verso i fratelli sofferenti.

Dalle nostre case...

Brescia IRCCS Centro San Giovanni di Dio

S

Michela Facchinetti

Comitato Tecnico Scientifico

i è riunito per la prima volta, lo scorso 6 dicembre, il nuovo Comitato Tecnico Scientifico dell’IRCCS Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia.

Il Comitato Tecnico Scientifico è un organo obbligatorio di consulenza per la ricerca, è presieduto dal Direttore Scientifico professor Stefano Cappa ed è formato da ricercatori italiani e stranieri, e in particolare: il professor Pierluigi Nicotera, Scientific Director German Center for Neurodegenerative Diseases (DZNE) di Bonn; dal professor Carmine Pariante, Istitute of Psychiatry Department of Psychological Medicine del King’s

College di Londra; dal professor Antonio Vita, Dipartimento di Scienze cliniche e sperimentali dell’Università di Brescia; dal professor Alessandro Padovani, Dipartimento di Scienze Cliniche e Sperimentali II divisione Neurologia Università degli Studi di Brescia; dal professor Claudio Teodori, Dipartimento di Economia e Management Università degli Studi di Brescia; dal professor Paolo Brambilla, Dipartimento di Neuroscienze e Salute mentale - U.O.C. Psichiatria (Pad. Alfieri) Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Al Comitato Tecnico Scientifico partecipano anche di diritto

L’incontro della mattina del 6 dicembre con tutti i responsabili delle Unità e dei Servizi.

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Il tavolo di lavoro del Comitato, da destra: prof.

Cappa, fra Marco, dott.ssa Ardissone, dott. Tura, prof. Vita e la dott.sa Ghidoni.

alcune figure apicali del nostro IRCCS il Direttore Generale la dottoressa Mariagrazia Ardissone, il Direttore Sanitario la dottoressa Lucia Avigo, il Vice Direttore Scientifico la dottoressa Roberta Ghidoni, il dottor Giovanni Battista Tura Responsabile U.O. Riabilitazione psichiatrica residence Fra Mosè Bonardi e il dottore Orazio Zanetti Responsabile Linea di Ricerca dell’IRCCS. Nella mattinata il Presidente dell’IRCCS, fra Marco Fabello, ha accolto le componenti del comitato ringraziandoli per la partecipazione. Quindi tutti i responsabili delle Unità Operative hanno esposto i loro progetti e presentato le loro attività che i

Il tavolo di lavoro del Comitato, da sinistra: prof.

Pariante, prof. Padovani, prof. Nicotera, prof. Teodori, prof. Brambilla e il dott.

Zanetti.

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membri del comitato hanno apprezzato.

Nel pomeriggio il solo Comitato Tecnico Scientifico ha riflettuto su quanto esposto dai ricercatori proponendo ipotesi di nuove attività e di nuovi percorsi di ricerca.

In particolare il professor Nicotera ha proposto che il prossimo Comitato Tecnico Scientifico si possa tenere a Bonn presso il grande centro di ricerca (DZNE) di cui è responsabile, in linea di massima la proposta è stata accolta come pure l’ipotesi che il Comitato Tecnico Scientifico si incontri ogni semestre, nel qual caso il successivo incontro potrebbe svolgersi a Londra.

Fra Marco Fabello, presidente IRCCS

Prof. Stefano Cappa, direttore scientifico IRCCS

Dott.ssa Roberta Ghidoni, responsabile Unità di Marcatori Molecolari

Dott. Orazio Zanetti, responsabile Linea di Ricerca Corrente n.2 “Prevenzione, diagnosi precoce e riabilitazione dei disturbi cognitivi”

Dott.ssa Luisella Bocchio, responsabile Unità di Genetica

Dott.ssa Annamaria Cattaneo, responsabile Unità di Psichiatria Biologica

Dott.ssa Luisa Benussi, responsabile Servizio di Biobanca

Prof. Carlo Minussi, responsabile Unità di Neurofisiologia

Prof. Pierluigi Nicotera, Scientific Director DZNE di Bonn

Prof. M. Carmine Pariante, Istitute of Psichiatry, King’s College di Londra

Prof. Alessandro Padovani, Università degli Studi di Brescia

Prof. Antonio Vita, Università degli Studi di Brescia

Dott.ssa Maria Cotelli, responsabile Unità di Neuropsicologia

Prof. Massimo Gennarelli, responsabile Unità di Genetica

Dott. Davide Moretti, responsabile Unità di Riabilitazione Alzheimer

Dott.ssa Roberta Rossi, responsabile Unità di Psichiatria

Dott. Giovanni de Girolamo, responsabile Unità di Psichiatria epidemiologica e valutativa

Dott.ssa Clarissa Ferrari, responsabile Servizio di Statistica

Dott.ssa Corinna Porteri, responsabile Servizio di Bioetica

Dott.ssa Maura Cassamali, responsabile Servizio di Biblioteca 1/2018

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135 anni di presenza Ospitale

a Brescia

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n data 19 dicembre 2017, con la partecipazione dell’autorità civili e religiose, in occasione dei 135 anni della presenza dei Fatebenefratelli a Brescia è avvenuta la cerimonia dell’inaugurazione della statua in bronzo opera dello scultore varesotto Gianluigi Bennati (1929-2011), raffigurante San Giovanni di Dio. La statua del fondatore dell’Ordine ospedaliero si colloca al centro della rotonda tra via Salgari e via Corsica, adiacente all’IRCCS, istituto per la riabilitazione psichiatrica e per la riabilitazione della malattia di Alzheimer.

Il santo è raffigurato a piedi nudi, mentre con un ampio gesto abbraccia un infermo fino a formare un’unità: lui e i poveri erano la medesima entità, da questo dovremmo im-

L’intervento di Emilio Del Bono, Sindaco di Brescia

parare anche noi – ha rivelato fra Marco Fabello, presidente dell’IRCCS. Durante il corso della cerimonia è intervenuto il Superiore Provinciale fra Massimo Villa: la statua è memoria della storia di operatività dei Fatebenefra-

Fra Marco Fabello, Presidente dell’IRCCS apre col suo intervento la cerimonia.

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telli con gli ultimi nella città di Brescia in opere di misericordia e di giustizia, sulle orme e lo stile di San Giovanni di Dio. Un segno nella storia e nella coscienza della città, di un amore preferenziale per i poveri che caratterizza la sto-

Fra Massimo Villa, Superiore Provinciale, impartisce la benedizione.

ria del fondatore. Una cultura del servizio all’uomo come strumento per riqualificarne la dignità umana delle persone.

L’obiettivo di tale statua secondo il Sindaco di Brescia, Emilio Del Bono, è non essere solo un elemento di arredo e decoro urbano, ma vuole

significare e costituire, soprattutto, una riflessione «davanti a una delle strutture più importanti della nostra città: San Giovanni si china verso le persone fragili, è ciò che dobbiamo fare tutti, istanze politiche, sociali e di volontariato.

Lo sviluppo civile e democra-

tico di una città si misura dalla sua capacità di prendersi cura dei suoi soggetti più fragili e vulnerabili».

L’evento ha avuto una risonanza sui mezzi di comunicazione come dimostrato dall’interessamento delle principali testate giornalistiche.

Visione d’insieme della statua di San Giovanni di Dio nella nuova collocazione.

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Il Natale dell’Alzheimer

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o scorso 7 dicembre 2017 è stato riproposto presso il nostro Centro «Il Natale dell’Alzheimer», terza edizione di una iniziativa che già negli anni precedenti ha riscontrato un ampio consenso.

L’incontro dal tema «Demenza e continuità assistenziale: le sfide del futuro» ha voluto rappresentare un momento di sensibilizzazione rivolto a tutta la cittadinanza ed ai familiari caregiver di persone con demenza.

Si è quindi focalizzata l’attenzione sulla continuità assistenziale, una vera sfida per il futuro dato l’incidenza della malattia in Italia, legata anche ad un invecchiamento della popolazione.

Ciò per offrire ai partecipanti una maggiore informazione per una migliore presenza e

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assistenza accanto ai pazienti durante il percorso di malattia, perché crediamo che la presa in carico della malattia richieda impegno su tutti i fronti: impegno della famiglia, impegno delle strutture sanitarie, dei suoi operatori ed impegno delle Istituzioni, perché diano la possibilità al paziente di essere seguito e curato con continuità in tutte le fasi della malattia ed alla famiglia di sentirsi supportata nella fatica quotidiana dell’assistenza.

L’appuntamento a cura del dottor Filippo Mazzini e della dottoressa Silvia Di Cesare, educatori professionali presso l’U.O. Alzheimer IRCCS FBF Brescia, si è sviluppato in una tavola rotonda in cui sono intervenuti: fra Marco Fabello Superiore dell’Istituto, il dottor Orazio Zanetti

Responsabile U.O. Alzheimer IRCCS FBF Brescia, la dottoressa Mariagrazia Ardissone Direttore Generale dell’IRCCS e il dottor Michele Busi Consigliere Regione Lombardia.

Ognuno dei relatori ha fissato l’attenzione a seconda del proprio Osservatorio sul tema della continuità assistenziale, suscitando tra il numeroso pubblico intervenuto un ampio e significativo dibattito moderato con grande sensibilità e professionalità, considerato i temi trattati, dalla dott. ssa Anna Della Moretta Giornalista presso il “Giornale di Brescia”.

L’incontro che è parte del progetto “informarsi migliora la vita” si è poi concluso con un rinfresco e lo scambio di auguri natalizi, dandoci appuntamento al prossimo anno per la IV edizione del Natale Alzheimer.

Il libro della

nostra vita

G

li ospiti della comunità fra Raimondo ed il gruppo referenti pastorale incontrano don Amerigo in preparazione al Natale.

Ognuno di noi scrive il proprio libro, il libro della propria vita con i diversi capitoli, unici e preziosi.

La storia di ogni uomo è una piccola storia sacra, con momenti grandi ed originali. Sacra, perché non siamo soli nello scrivere il nostro libro, abbiamo un coautore, lo spirito che c’è in noi. Ognuno di noi è ispirato.

Alcuni capitoli hanno dei sogni, delle lettere d’oro, altri hanno delle pagine bianche e sono i capitoli in cui abbiamo cercato di capire il senso di quel vuoto o di quel dolore, altri ancora hanno degli

errori che a volte siamo riusciti a riconoscere ed a correggere mentre altre volte abbiamo avuto bisogno dell’aiuto di un amico, un compagno di viaggio. Alcune pagine sono più leggere mentre altre più pesanti. In alcune situazioni ci sentiamo appesantiti a tal punto che ci sembra di non riuscire più a scrivere la propria storia sacra e affascinante.

Ci si sente falliti, non ci si sente più nessuno.

La vita è narrare, è domandare.

A Natale, un inviato speciale, Gesù, aiuta gli uomini a capire e conoscere la bella esperienza di Dio Padre.

Ogni pagina bianca o rossa, carica di errori, è guarita dal suo arrivo, dal suo abbraccio. Natale è questo, è permetterci di ricominciare perché Qualcuno ci vuole bene. Natale è rinascere. Non ha importanza quello che è avvenuto, importante è lasciarsi abbracciare da Dio. Gesù ha bisogno del nostro profumo.

Don Amerigo ci lascia tre doni: una luce, per non sentirci smarriti; un biglietto bianco su cui scrivere attese, desideri, offerte per la notte di Natale; l’incenso. Natale è il dono che Dio fa a tutti, quello di essere un dolce profumo.

Il cammino della speranza Quest’anno gli auguri di Natale a tutti gli operatori dell’IRCCS San Giovanni di Dio Fatebenefratelli sono stati guidati dalla riflessione di don Gianluca Mangeri, responsabile di Pastorale della Salute della Diocesi di Brescia: «Il cammino della speranza», un viaggio attraverso i re magi.

Ricercatori, grandi osservatori della natura, i magi partono, spinti da quella stella interiore che accende la speranza e permette ad ognuno di noi di buttarsi e intraprendere il proprio cammino.

Noi tutti siamo partiti verso una vocazione ben precisa, l’accoglienza del più fragile. Ognuno di noi ha avuto una spinta, una propria personale motivazione che ci ha fatto partire. Nostro compito è alimentare la stella lungo il cammino per impedire di oscurare i punti di riferimento.

Giunti alla grotta i magi gioiscono e lasciano i doni della pazienza, altro volto dell’amore, della docilità che ci porta agli accordi, le modifiche e gli incontri e del buon umore, capace di conservare gioia profonda.

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Prima riunione del progetto EU-VIORMED

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l miglioramento della qualità di cura nei servizi di psichiatria forense in Europa è l’obiettivo generale del progetto EU-VIORMED (“Studio europeo sui fattori di rischio per la violenza nel disturbo mentale in setting forensi: un progetto multicentrico”), finanziato dalla Commissione Europea.

Tra il 13 e il 15 novembre 2017 l’IRCCS San Giovanni di Dio-Fatebenefratelli ha organizzato il primo incontro con tutti i partner del consorzio presso il Centro Pastorale Paolo VI di Brescia. L’incontro si è uffi-

La sala dei lavori

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cialmente aperto con i saluti del Presidente fra Marco Fabello e del Direttore Generale dottoressa Mariagrazia Ardissone. Entrambi hanno ribadito il ruolo fondamentale della ricerca applicata alla cura, in particolar modo in questo delicato periodo di transizione in cui l’Italia si sta aprendo all’adozione delle cosiddette Residenze per le Misure dell’Esecuzione di Sicurezza (REMS), ovvero le nuove strutture che accolgono le persone affette da disturbo mentale grave autori di reato, e che rappresentano il superamento dei vecchi Ospe-

Dott.ssa Chiara Barattieri di San Pietro, ricercatrice dell’IRCCS

dali Psichiatrici Giudiziari.

In particolare, il progetto mira a identificare i fattori di rischio associati al comportamento violento in persone con diagnosi di disturbo dello spettro schizofrenico in cura presso le REMS, valutare la capacità di alcuni strumenti clinici di predire la violenza, analizzare l’efficacia dei trattamenti attualmente disponibili, nonché confrontare i percorsi di cura per questi pazienti nei diversi paesi europei.

Il progetto, che ha ufficialmente avuto inizio il 1° Novembre 2017, coordinato dal dottor Giovanni de Girolamo dell’Unità di Psichiatria Epidemiologica e Valutativa, durerà tre anni e coinvolgerà, oltre all’IRCCS, altri sette centri europei.

Il gruppo dei partecipanti

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Il progetto VIORMED

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a recente chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari ed il contestuale avvio delle REMS (Residenze per le Misure dell’Esecuzione di Sicurezza) ha rappresentato un cambiamento epocale nel campo della psichiatria forense italiana, sino a pochi anni fa caratterizzata da una pratica asilare degradante parallela ad una intensa generazione di ’perizie’, spesso di limitato valore scientifico e conoscitivo.

Il convegno «Dipartimenti di Salute mentale e REMS: verso nuovi scenari assistenziali per la psichiatria forense» dello scorso 22-23 novembre, ha avuto l’obiettivo innanzitutto di fornire i risultati conclusivi del progetto ’VIOlence

Dott.ssa Mariagrazia Ardissone, direttore generale IRCCS

Risk and MEntal Disorders’ (VIORMED), finanziato dalla Regione Lombardia, promosso e coordinato dall’IRCCS Fatebenefratelli. Il progetto VIORMED rappresenta il primo studio prospettico mai fatto in Italia per valutare e seguire, con una metodologia particolarmente rigorosa, un’ampia coorte di pazienti in trattamento, caratterizzati da una storia di gravi comportamenti violenti. Tale progetto ha coinvolto 139 pazienti ospitati nelle strutture Fatebenefratelli della provincia Lombardo-Veneta e 247 pazienti seguiti dai servizi ambulatoriali territoriali di 4 DSM della Regione Lombardia (Brescia, Garbagnate, Legnano, Monza).

Inoltre l’IRCCS Fatebene-

fratelli ha appena vinto un progetto europeo dedicato appunto ad un analisi dei percorsi assistenziali e delle caratteristiche delle strutture psichiatrico-forensi in 5 paesi europei (oltre l’Italia, Austria, Germania, Gran Bretagna e Polonia).

La presentazione dei risultati del VIORMED ha fornito lo spunto per una sessione interamente dedicata alla presentazione di progetti ed esperienze condotte sino ad oggi nelle REMS e nei DSM, ed è stata poi seguita da un’accurata revisione delle conoscenze ad oggi disponibili per la prevenzione ed il trattamento di pazienti con disturbi mentali gravi a rischio di comportamenti violenti.

Prof. Stefano Cappa, direttore scientifico IRCCS

Dott. Franco Milani, Regione Lombardia

Prof. Antonio Vita, Università degli Studi di Brescia

Dott. Giovanni de Girolamo, responsabile Unità di Psichiatria epidemiologica e valutativa

Dott. Francesco Maria Saviotti, direttore ASST Garda

Dott.ssa Valentina Candini, ricercatrice IRCCS

Dott.ssa Ambra Macis, Servizio statistica IRCCS

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Aiutare i figli di persone con disturbi mentali gravi

U

n convegno dal tema: «Prevenzione in salute mentale: aiutare i figli di persone con disturbi mentali gravi» si è tenuto lo scorso 9 giugno presso il Centro Paolo VI di Brescia, relatori gli australiani Darryl Maybe, Direttore della Scuola di ’Rural Health’ e professore alla Monash University di Moe (Australia) e Andrea Reupert, Professore Associato presso la Monash University, Clayton (Australia).

Ha introdotto il tema il professor Giovanni de Girolamo. Uno dei più potenti fattori di rischio per il disagio psichico in età giovanile è rappresentato dall’avere un genitore (o entrambi i genitori) affetti da un disturbo mentale grave (tematica nota come Children Of Parents with Mental Illness in sigla COPMI). Tale situazione infatti comporta l’esposizione del soggetto in età adolescenziale o giovanile ad un duplice rischio: da un lato la vulnerabilità ascrivibile alla dimostrata familiarità dei disturbi mentali gravi, con fattori di rischio di natura neurobiologica; dall’altro l’esposizione a stressor prolungati ed intensi, di natura ambientale, ascrivibili alla presenza di un genitore (o di entrambi i genitori) sofferente di un disturbo mentale. Questa duplice condizione di rischio è all’origine di una probabilità talvolta elevata di sviluppare lo stesso disturbo del genitore (cosiddetta ’specificità transgenerazionale’) o un altro disturbo mentale.

Interventi preventivi mirati possono ridurre del 40% il rischio di sviluppare un disturbo mentale in questa popolazione giovanile.

Nonostante le evidenze di efficacia dei pochi programmi di prevenzione realizzati in altri paesi, questa tematica è rimasta a tutt’oggi quasi totalmente negletta in Italia.

Il nostro IRCCS sta sviluppando una serie di iniziative a livello europeo sul tema dei COPMI. Il convegno ha fornito una panoramica scientificamente rigorosa 68

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delle conoscenze in quest’area, ha presentato gli attuali modelli di trattamento disponibili e ne ha discusso l’efficacia; i due relatori australiani sono tra i pionieri a livello internazionale in questo settore, ed hanno creato un ampio network di clinici e ricercatori impegnati sul tema dei COPMI. L’auspicio è che tali conoscenze possano essere trasferite nel contesto assistenziale italiano, migliorare la presa in carico di genitori affetti da disturbi mentali gravi e attuare programmi di prevenzione della salute mentale dei loro figli.

Diversi i temi trattati dai due relatori: Darryl Maybery con Fabrizio Starace «L’orizzonte epidemiologico: l’ampiezza del problema», con Stefano Barlati e Antonio Vita «Fattori di rischio e fattori protettivi: il ruolo dei geni e dell’ambiente» e con Francesco Maria Saviotti «Come aiutare i genitori: modelli di prevenzione e di intervento»; mentre Andrea Reupert con Elisa Fazzi «Modelli di trasmissione intergenerazionale dei disturbi mentali», con Alberto Zanobio «Come aiutare i figli: modelli di prevenzione e di intervento». È seguita in conclusione una Tavola rotonda con Laura D’Urbino, Magistrato del Tribunale per i minorenni di Brescia e Luciano Eusebi professore del Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università di Brescia sul tema «Problematiche etiche, forensi ed assistenziali».

Gruppo di giovani volontari,

P

er il quanto anno, il gruppo di giovani volontari della parrocchia di Travagliato, guidati da don Davide e dalle loro referenti, prosegue l’esperienza di servizio presso il nostro Istituto.

Una ventina di giovani fra la terza e la quinta superiore incontrano una volta al mese gli

l’esperienza continua

ospiti di due comunità offrendo loro ed a se stessi uno spazio di incontro, di relazione, di conoscenza. Stare e fare insieme, con l’obiettivo di scoprire le emozioni che ci attraversano e l’arricchimento che può nascere incontrandosi con noi stessi, gli altri e la malattia.

Cosa vi viene in mente se vi

dico “malattia mentale?”. Si apre così il primo incontro di conoscenza con il primario dell’aria psichiatrica dott. Giovanni Battista Tura che sprona i ragazzi ad esprimere associazioni, paure, pensieri, dubbi, curiosità, luoghi comuni… che ruotano attorno al mondo della psichiatria.

Giornata della memoria 2017

L

’Associazione Ex collaboratori Fatebenefratelli, nella “giornata della memoria 2017” celebrata lo scorso 12 novembre, ha ricordato due persone recentemente scomparse: il professor Dante Tarantola (deceduto il 27-1-2017) e la dottoressa Maria Rosa Inzoli (deceduta l’85-2017), verso le quali viene espressa tanta gratitudine sia da parte di tutti gli ex collaboratori e gli amici, sia dei pazienti e famigliari per il tanto significativo lavoro svolto nella loro attività professionale di cui gran parte presso Ospedale S. Orsola dei Fatebenefratelli.

Maria Rosa Inzoli

una signora della medicina, una vita spesa per il bene del prossimo, vissuta con pienezza e ottimismo una donna felice, sempre nella convinzione che i doni ricevuti devono diventare dono per gli altri; prima donna primario in un ospedale bresciano, al S. Orsola. Centralità del paziente, cura globale della persona e qualità delle cure sono stati i cardini della organizzazione del suo nuovo reparto di lungodegenza riabilitativa. Con un impegno più che ventennale ha organizzato uno dei primi reparti di medicina riabilitativa in cui le competenze internistico-geriatriche si integravano con quelle riabilitative È stata socio fondatore del Centro Studi Anziani 80 di Brescia, ha contribuito alla costituzione della Medicu Mundi, una organizzazione non governativa, di cui è stata presidente per 20 anni, coordinando molti progetti socio-sanitari in America latina e in India. Ha sostenuto molte attività di volontariato tra cui l’Associazione Volonta-

ri Ospedalieri e la fondazione Balestrieri. È stata presidente della Associazione Ex Collaboratori Ospedali Fatebenefratelli: «Partecipare all’Associazione – diceva in occasione del decennale – è dare continuità alla nostra vita, è transitare da un contratto di lavoro a un contratto di gratuità, vissuto nel Carisma di San Giovanni di Dio, alla ricerca di dare un significato e uno stile a un tempo nuovo».

Dante Tarantola

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è stato un grande pediatra e un grande uomo che ha sempre avuto tanto amore per il suo lavoro in ospedale nel quale ha profuso sempre tanto impegno è entrato come dottore in innumerevoli famiglie bresciane insegnando a molte generazio-

ni di genitori ad allevare e far crescere i loro bambini. Ha ricoperto diversi e importanti incarichi nell’ambito della pediatria bresciana. Nel 1974 con l’apertura del reparto di pediatria dell’ospedale S. Orsola gli è stata affidata la direzione. Si

è sempre adoperato per mantenere un clima di lavoro sereno, era esigente con sé stesso e con gli altri operatori, consapevole che la dedizione ai piccoli ricoverati doveva essere totale.

Il bambino e il suo benessere sono sempre stati l’obiettivo della sua attività professionale È sempre stato un maestro attento scrupoloso, non ammetteva disattenzione o leggerezza ed è sempre stato prodigo di consigli su come curare i piccoli pazienti. Gianpaolo Negrini lo vuole ricordare come amico e consigliere indimenticabile, esempio di laboriosità e spiccata integrità insieme alla sua lucidità didattica, ai suoi insegnamenti di grande uomo, di vero maestro di scienza e di vita.

Rosaria Pioli

Nuova Carta degli Operatori Sanitari

P

adre Carmine Arice, Generale del Cottolengo (nella fotografia), presenta a tutti gli operatori dell’IRCCS la nuova carta degli Operatori Sanitari. Pubblicata nella sua prima edizione nel 1994 e tradotta in diciannove lingue, essa costituisce un valido strumento per la formazione delle diverse figure professionali che operano nel mondo della salute. Con l’istituzione del Pontificio Consi-

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glio per gli Operatori Sanitari nell’85, Papa Giovanni Paolo II intese offrire alle sfide che provengono dal mondo della salute una risposta animata dalla fede e dalla speranza, valorizzando così il compito e la missione di tutti gli operanti nella sanità e testimoniando i valori evangelici della dignità della persona e del rispetto della vita.

Il nuovo testo, aggiornato e revisionato, affronta questioni di ordine medico legale così come problemi che stanno assumendo un rilievo più marcato. Vi è inoltre un ampliamento delle persone coinvolte in questo impegno poiché accanto alle classiche figure professionali sanitarie, vengono inclusi

biologi, farmacisti, operatori sanitari che operano nel territorio, amministratori, legislatori in materia sanitaria, operatori nel settore pubblico e privato di matrice laica o confessionale.

La nuova Carta degli operatori sanitari intende dunque essere uno strumento efficace di fronte al soggettivismo delle coscienze ed all’affievolirsi delle evidenze etiche, soprattutto in ordine alle grandi domande esistenziali, riferite al senso del nascere, del vivere e del morire.

Dalle nostre case...

Cernusco sul Naviglio Centro Sant’Ambrogio

Giovanni Cervellera

25 anni di lavoro al Centro S. Ambrogio

U

I festeggiati

n grazie sincero agli operatori che l’11 dicembre 2017 hanno ricevuto dalle mani del Padre Provinciale, Fra Massimo Villa, la medaglia in ricordo dei 25 anni di collaborazione con i Fatebenefratelli.

Bonaccorsi Maria, Bonsante Antonietta, Buratto Ivan, Catoia Rosa, De Sanctis Anna, Destimus Porro Marie Gladys, Di Leo Maria Antonella, Fiore Giuseppina, Ghiringhelli Silvia, Inglese Calogera, Leporatti Massimo, Ligorio Margherita, Matino Annunziata, Molinari Sabrina, Morana Letizia, Pastori Laura, Perini Sara, Pini Marilena, Rolla Paola, Rucco Nunziata, Scaramuzza Marilena, Togni Daniela, Venditto Daniela.

Tra le feste di Natale

T

ra le varie feste organizzate in occasione del Natale una si è particolarmente distinta, quella organizzata dai volontari dell’associazione

Amicizia, patrocinata dal Comune di Cernusco sul Naviglio. Ad animare il pomeriggio Antonella Savoia che con la sua competenza e la capacità di adattare il repertorio alle persone presenti in sala ha creato il giusto clima di festa e di animazione.

Ma il colpo di scena c’è stato all’arrivo del sindaco di Cernusco sul

Naviglio, Ermanno Zacchetti, accompagnato dall’assessore Luciana Gomez (entrambi nella foto con il direttore di struttura Serafino Nizza). Il sindaco non è rimasto a guardare e si è lanciato in pista a ballare, diventando il compagno di ballo conteso da molte delle nostre donne. E non solo. Ha preso il microfono e ha cantato un bel brano tradizionale da vero e proprio capo: “E qui comando io”…

Saluti doverosi al termine ma molto sentiti proprio a ragione del riuscito coinvolgimento generale.

Festa di Natale col Sindaco

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Dalle nostre case...

Erba Ospedale Sacra Famiglia Silvia Simoncin

Responsabilità collettiva dell’Azione Pastorale

«D

urante la Santa Messa della Notte di Natale è stato presentato il Documento di Lavoro su cui il Consiglio Pastorale Ospedaliero sarà invitato a riflettere per tutto l’anno 2018: «Un rapporto da riscoprire - La pastorale e lo fede».

Tutti noi siamo chiamati a met-

tere al centro della nostro agire ogni uomo che incontriamo, in quanto persona ed essere unico, membro di una comunità umana e cristiana, proiettato verso la speranza della vita eterna. Ma questo percorso, che ci vede operare in prima persona, ci interroga: “Quale fede chiede?”. È questa la prima domanda a cui siamo chiamati a rispondere, ma non da soli. Siamo infatti, consapevoli che nessun uomo può giungere alla pienezza dell’amore senza la condivisione e la partecipazione dei suoi fratelli in cammino; nessuno potrebbe salvare se stesso senza contribuire alla salvezza dei fratelli che gli sono accanto.

Per aiutare la riflessione il Documento è suddiviso in quattro tappe sostenute da alcune pericopi tratte dall’Esortazione Apostolica “Evangeli gaudim” di Papa Francesco. Ogni tappa si conclude con alcuni interrogativi su cui, ogni componente del Consiglio pastorale, è chiamato a riflettere quale collaboratore in cammino verso una maturazione personale e comunitaria.

Tutta l’azione pastorale continua nella misura in cui una coscienza collettiva è capace di mantenere il cammino della comunità ospedaliera orientata al fine di aver scoperto la speranza della fede religiosa in un “destino” ultraterreno.

Concorso Presepi L’invito rivolto all’inizio dell’Avvento dalle Comunità Religiose e dal Consiglio Pastorale Locale di dar vita a rappresentazioni della Natività come forma di comunicazione e messaggio di speranza è stato accolto da diversi operatori dell’Ospedale.

Come già era avvenuto in anni precedenti, la proposta è stata interpretata come espressione tangibile del significato del Santo Natale e del senso di appartenenza alla Comunità cristiana. L’iniziativa si è concretizzata in produzioni creative, a tratti anche attingendo a capacità artistiche e di progettazione di tutto rispetto che sono 72

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state apprezzate dai degenti e dai visitatori I presepi sono stati analizzati da una commissione presieduta dai Responsabili del Centro e da alcuni componenti del Consiglio Pastorale che hanno apprezzato

l’ottimo risultato nonché la partecipazione, l’impegno e la collaborazione con cui sono stati realizzati. Cura dei particolari, rispetto della tradizione, complessità e originalità: questi i criteri per stillare la graduatoria che ha visto al primo posto classificarsi la medicina, seguita dal presepe realizzato in Chiesa e da quello dell’unità operativa di Pediatria. Va precisato tuttavia che lo scarto tra le valutazioni è stato minimo quindi il ringraziamento ed il riconoscimento per l’ottimo lavoro è sicuramente da estendersi a tutti così come l’invito a ripetere l’esperienza.

Edda

PRESEPI NATALE 2017

A

bbiamo chiesto di inviarci la foto di un presepio, questa vuole essere una rassegna sintetica, senza la pretesa di assegnare premi o classifiche, per dare spazio ad un simbolo della cristianità e per dare il giusto peso all’impegno di quanti si sono prodigati nel realizzarli:

VARAZZE

TRIVOLZIO Presepio realizzato dagli ospiti e dagli animatori della R.S.A. San Riccardo.

SAN MAURIZIO CANAVESE Presepe dell’U.O. Forense fatto con materiali poveri, riciclati, ridipinti e riutilizzati dagli stessi pazienti.

Brescia

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Dalle nostre case...

SOLBIATE Lo scenario vuole mettere in evidenza la nascita del Bambino chiamato dal noto canto di Alfonso M. De Liguori “Tu scendi dalle stelle” rivalorizzando la tradizione che spesso viene accantonata dalla più moderne melodie. Autore: Erminio Villa

CROAZIA Presepio davanti al nostro ospedale realizzato dagli Ospiti coordinati dal nostro Cappellano.

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CERNUSCO Centro S. Ambrogio Comunità Fabello il presepe più bello a detta di un ospite.

ERBA È stato costruito, con l’aiuto di tutte le imprese interne ed esterne che operano per la manutenzione della struttura. Le statue sono realizzate in gesso dipinte a mano e sono assolutamente uniche. La capanna è stata realizzata con la corteccia e radici di alberi o piante con struttura in pali di legno.

Dalle nostre case...

Gorizia Casa di riposo Villa San Giusto Roberto Clede

Giornata dedicata al ricordo di Umberto Saba

I

l giorno 25 novembre è stata celebrata presso la Residenza Villa San Giusto una giornata dedicata alla memoria di Umberto Saba in occasione del sessantesimo anniversario della sua scomparsa avvenuta il 25 agosto 1957 nella camera numero 28 situata al pian terreno.

La giornata si è articolata in due parti. La prima parte ha visto, dopo i saluti del direttore di struttura dott. Marco Mariano, della presidente della Società Dante Alighieri Antonia Basina Miseri e del Sindaco di Gorizia Rodolfo Ziberna, lo scoprimento di una targa commemorativa –

donata alla Struttura da un cittadino molto affezionato al Poeta – che porta un verso tratto dalla poesia “Ulis-

se” contenuto nella raccolta “Mediterranee”…. “Me al largo sospinge ancora il non domato spirito, e della vita il doloroso amore” La seconda parte ha visto una conferenza tenutasi presso il Salone S. Vincenzo De’ Paoli (Piano terra) con l’obiettivo di portare una testimonianza dell’autore per farne emergere i tratti caratteristici della bibliografia e contestualmente condividere con i partecipanti storie di vita vissuta raccontate da parte di chi ha avuto il privilegio di conoscerlo.

Sono pertanto intervenuti Roberto Pagan, poeta e criti-

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co letterario, che ha portato una profonda testimonianza del suo incontro con Saba a Villa San Giusto, ed è stato proiettato un Video RAI realizzato dall’autore e giornalista Mario Rizzarelli con un interessante intervista all’al-

lora Priore di Villa San Giusto che racconta l’incontro con Umberto Saba ed il Suo rapporto con la Chiesa e con Gesù.

A chiusura della giornata Fulvio Senardi, italianista ed autore di una monografia sul poeta,

ha affrontato il tema “Umberto Saba: la linea del cuore”.

Tutti gli interventi sono stati intervallati dalla lettura di alcuni versi significativi composti da Umberto Saba a cura del poeta Claudio Grisancich.

Ricorrenza di S. Giusto Martire e consegna medaglie

C

ome ormai felice consuetudine, nel giorno della ricorrenza di San Giusto Martire, Patrono del nostro Centro Assistenziale, al termine della solenne Celebrazione Eucaristica, sono stati festeggiati i collaboratori che hanno raggiunto il traguardo dei 25 anni di Servizio. La cerimonia è stata presieduta dal Superiore Provinciale fra Massimo Villa che nella sua omelia ha voluto sentitamente ringraziare tutti gli operatori del Centro che, quotidianamente e con il loro lavoro, contribuiscono a realizzare un servizio a favore di persone fragili secondo il carisma dell’ospitalità ricercato e voluto da San Giovanni di Dio. Al termine della cerimonia fra Massimo ed il dott. Mariano hanno provveduto alla consegna delle medaglie alle operatrici sanitarie Ceccotti Elena, Ambrozic Majda e Stocker Edda ed alla consegna della pergamena quale segno tangibile della riconoscenza per l’opera svolta con impegno e dedizione a favore dei più bisognosi. è stato un momento particolarmente significativo per loro, circondate dall’affetto dei familiari, degli ospiti e dei colleghi, ma anche un’occasione per tutti, di stimolo a vivere con senso di responsabilità e gioia la propria professione al servizio dell’Ospitalità, seguendo l’esempio di San Giovanni di Dio, con profonda umanità di trattamento nei confronti dell’uomo sofferente.

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Volontario dell’anno Premio Fra Gilberto Veneri

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l giorno 16 dicembre si è svolta presso Villa San Giusto la dodicesima edizione della Festa dei Volontari, evento organizzato annualmente dal Servizio Animazione della Struttura per

visto anche i festeggiamenti per gli ospiti nati nel mese di Dicembre.

Come ha ricordato nel discorso introduttivo il dott. Marco Mariano, la Struttura “ha da sempre valorizzato e promos-

so forme di collaborazioni con Volontari, sia in forma associata che in forma individuale, al fine di offrire agli assistiti che non si trovano nella pienezza dei mezzi fisici e psichici un aiuto inteso come offerta di calore umano, disponibilità al dialogo e all’ascolto, sempre nel rispetto delle diverse personalità dei degenti”. Mariano ricorda, inoltre, come l’attività dei Volontari è riportata chiaramente nella Carta d’Identità dell’Ordine, che ci ricorda il ruolo che benefattori e volontari hanno avuto nella concreta realizzazione e gestione dell’opera di San Giovanni di Dio al servizio dei malati.

Al termine della giornata l’occasione è stata anche quella di scambiarsi gli auguri natalizi e di fare un brindisi tutti insieme.

ringraziare tutti coloro che, con gratuità e solidarietà, dedicano parte del loro tempo agli ospiti del nostro Centro Assistenziale.

Il premio, intitolato a Fra Gilberto Veneri che aveva voluto fortemente l’istituzione di questa giornata, è stato assegnato a Luca Rover per l’impegno profuso in questi mesi di attività e per la disponibilità dimostrata verso gli ospiti.

L’evento è stato intervallato da canti eseguiti dal Coro “Onde Medie” di Monfalcone ed ha 1/2018

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Trivolzio RSA San Riccardo Pampuri

La «Diamante Verde Soccorso» di Trivolzio festeggia i suoi 10 anni

«P

ersone che aiutano persone»: è questo lo slogan di Diamante Verde Soccorso, Associazione di volontari nata a Trivolzio (Pavia) il 27 novembre 2007 e impegnata quotidianamente nel trasporto sanitario delle persone bisognose, nell’assistenza a manifestazioni sportive e pubbliche nonché in attività divulgative e formative. Persone «con la P maiuscola», come amano definirsi, che cercano sempre di compiere il proprio servizio portando professionalità, rispetto e anche simpatia verso chi sta attraversando un momento di debolezza ed è bisognoso d’aiuto. Una realtà importante che, dalla sua fondazione, ha realizzato oltre 1.400 servizi di trasporto sanitario ordinari e più di 800 prestazioni di emergenza, per un totale di 80.000 chilometri percorsi dai propri mezzi.

In occasione del decimo anniversario di fondazione dell’Associazione, domenica 26 novembre, Diamante Verde Soccorso ha voluto regalarsi e regalare ai tanti amici accorsi presso la Casa di Riposo «San Riccardo Pampuri» di Trivolzio un pomeriggio di musica e convivialità.

Un legame, quello tra l’Associazione e la nostra Casa di riposo, molto forte già dalla nascita e accresciutosi sempre di più anche grazie al sostegno di fra Valentino Bellagente, attuale Superiore della struttura, che ha da subito dimostrato grande attenzione e disponibilità, mettendo ad esempio a disposizione alcune sale della struttura per attività formative e prove di soccorso.

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Il Presidente di Diamante Verde, Noemi Sartore ha presentato uno ad uno tutti i componenti dell’Associazione: un modo per far conoscere e ringraziare pubblicamente le tante persone che ogni giorno dedicano tempo e passione al servizio verso il prossimo.

Ha quindi consegnato due targhe, una al Sindaco di Trivolzio Paolo Bremi (nella foto) e l’altra a fra Valentino, «in segno di gratitudine… per il sostegno, la collaborazione, la disponibilità che in ogni occasione dimostrate e avete saputo dimostrare».

L’intero evento è stato accompagnato dalle note musicali del Gruppo «Ticinum Gospel Choir» di Pavia, che ha eseguito celebri brani tratti anche dal film-musical «Sister Act», in un’atmosfera emozionante e suggestiva.

«Desidero ringraziare da parte mia, dei miei volontari e del “Ticinum Gospel Choir”, tutte le persone intervenute a questa importante ricorrenza per noi - ha commentato Noemi Sartore - e un “grazie” particolare va a fra Valentino per la favolosa accoglienza che ci è stata riservata.

Siamo stati bene: la scelta di trascorrere il nostro decimo anniversario “in famiglia” è stata assolutamente azzeccata!»

Un impegno, quello di Diamante Verde Soccorso, che non è certo concluso da questo momento «celebrativo», ma che continua incessantemente, con lo stesso spirito di Madre Teresa di Calcutta, espresso nella famosa frase «Quello

che noi facciamo è soltanto una goccia nell’oceano… ma se non ci fosse quella goccia… all’oceano mancherebbe».

Un servizio che non si limita al solo territorio di Trivolzio e dintorni, ma si estende anche a Lourdes, dove l’Associazione fornisce la propria assistenza sanitaria durante i Pellegrinaggi organizzati dal Gruppo «Amici di Lourdes», realtà, sempre guidata da fra Valentino Bellagente, che raccoglie centinaia di fedeli da Cernusco sul Naviglio (MI) e Brescia, con una crescente partecipazione di pellegrini anche da Trivolzio, Bereguardo e Trovo (PV).

Un’esperienza di vita, quella dell’assistenza sanitaria, sempre in cerca di nuovi amici e volontari, disposti a dedicare parte del proprio tempo alla formazione, alla condivisione e al servizio verso il prossimo.

Auguri, Diamante Verde Soccorso, da dieci

anni una «pietra preziosa» per il territorio e un esempio di generosità da seguire, sostenere e far conoscere sempre di più.

Andrea Tettamanzi

Dalle nostre case...

Varazze Casa religiosa di ospitalità

Agostino Giuliani

Virgo Fidelis festeggiata col canto

G

iornata di festa nella nostra Chiesetta quella di domenica 26 novembre, erano presenti, per il ricordo della Virgo Fidelis (Maria patrona dell’Arma dei Carabinieri) i componenti l’Associazione Nazionale dei Carabinieri, sezione “Petracca”, e il Coro Polifonico “Beato Jacopo da Varagine” che ha animato la celebrazione eucaristica ricordando anche Santa Cecilia la patrona della musica, di strumentisti e cantanti. Due ricorrenze che il calendario liturgico celebra rispettivamente il 21 e il 22 novembre.

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Venezia Ospedale S. Raffaele Arcangelo

Oriana Costantino

La Festa dei Nonni

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li ospiti della casa di riposo si sono confrontati sul significato di questa festa: crediamo sia importante ricordare i nonni e gli anziani in generale, che spesso rappresentano i custodi di tante tradizioni, ricordi ed esperienze che senza di loro andrebbero perdute.

Il 2 ottobre abbiamo festeggiato questa giornata con il concerto del coro “La Barcarola”. Le loro canzoni fanno parte della tradizione veneziana e sono ben conosciute dagli ospiti della casa re Non ti Scordar di Me, simbo- la festa, gli ospiti hanno realizzalo della memoria e della speran- to delle coccarde di cartoncino di Riposo.

Simbolo di questa giornata il fio- za. Durante il mese precedente con i colori di questo fiore.

Giardino sensoriale…

I

l progetto della creazione del giardino sensoriale nelle sue cinque aree: angoli del gusto; nido dei suoni; abbraccio dei colori; percorso del contatto; giardino dei profumi è a buon punto. Un importante passo avanti per la sua realizzazione è stato fatto nel periodo natalizio con il consueto mercatino. Tanti oggetti belli e nuovi, tra i quali anche opere dei maestri vetrai di murano, il succedersi di volontari e acquirenti sono stati l’espressione della generosità di tante persone. Ecco ciò che

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rende possibile raggiungere obiettivi importanti per il bene comune: la condivisione e la corresponsabilità. Ringraziamo il Signore per questo dono e attendiamo al più presto un abbraccio di colori, profumi, suoni della natura per i nostri ospiti e i loro familiari. è possibile aiutarci a realizzare questo progetto, per farlo puoi rivolgerti alla direzione del nostro Centro. Ti ringraziamo fin d’ora.

Barbara

Gli appuntamenti Natalizi

L

unedì 18 dicembre gli ospiti del nostro ospedale hanno potuto assistere ad un bel pomeriggio di Canto e Poesia, grazie all’autore Gian Paolo Trabucco, in arte “Zanipolo”, che ha recitato alcune sue poesie in dialetto veneziano e cantato le canzoni più famose della nostra tradizione, presentato e introdotto da Elisabetta Pasquettin. Anche molti ospiti della Casa di Riposo hanno cantato le canzoni ben conosciute, e hanno riconosciuto nelle poesie molte scene della vita nella Venezia di qualche anno fa.

Mercoledì 20 dicembre una ventina di ragazzi della parrocchia dei Frari sono venuti a trovare gli ospiti della Casa di Riposo, per un pomeriggio di festa in occasione del Natale. È stato davvero un momento molto allegro e

in Casa di Riposo

gioioso. I ragazzi (tantissimi e bravissimi!) hanno cantato delle canzoni tipiche natalizie, alcune accompagnate da alcuni di loro che suonavano il flauto, e hanno poi messo in scena una piccola recita, il “Processo al Natale”, uno spunto per riflettere sul vero significato del Natale e dei suoi simboli.

Il pomeriggio si è concluso giocando a tombola tutti insieme, animata da alcuni dei ragazzi, che hanno voluto anche portare alcuni pensierini per i nostri ospiti. Grazie di cuore ai ragazzi, accompagnati dai catechisti, che hanno portato in casa di Riposo una ventata di allegra confusione e di spensieratezza!

Invitati a pranzo

S

i dice che un invito a pranzo sia un’espressione d’amore.

Ed è così che, con l’approssimarsi delle festività natalizie le direzioni e i responsabili del volontariato, come succede da qualche anno, han-

no voluto regalare un momento di convivialità e condivisione a tutti noi volontari che prestiamo servizio nella struttura. è stata una giornata all’insegna dell’amore, per noi e per il Fatebenefratelli. Una parentesi serena, un’aria di familiarità che

ci ha visti uniti nella volontà di operare, sempre meglio e sempre di più. Il pranzo è segno di ringraziamento per il nostro servizio, ma siamo noi che ringraziamo per questa opportunità che ci arricchisce e ci migliora.

Franca 1/2018

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Dalle nostre case...

Associazione UTA Onlus

fra Luca Beato

Brescia: CONCERTO GOSPEL

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abato 18 novembre a Brescia nella Chiesa parrocchiale di San Giacinto si è tenuto il Concerto annuale che l’UTAONLUS organizza a scopo benefico per sostenere gli ospedali dei Fatebenefratelli di Afagnan (Togo) e di Tanguiéta (Benin). Nella circostanza si è esibito il Coro della Bassano Bluespiritual Band che fra Luca aveva ammirato a Romano d’Ezzelino nel corso delle manifestazioni del Back 2 Africa nel mese di luglio. Lo scopo è stato quello di sostenere la Terapia intensiva della Pediatria dell’ospedale di Tanguiéta (Benin), dove è in corso una iniziativa di marsupioterapia e di formazione del personale al fine di ridurre sensibilmente la mortalità infantile che in

Il Maestro Lorenzo Fattambrini è stato bravissimo non solo a dirigere il Coro, ma anche a coinvolgere il pubblico che si è divertito moltissimo ed ha applaudito a non finire.

Africa è ancora molto alta. In questo è apprezzabile l’azione professionale dell’infermiera Angela Sosa che normal-

mente lavora all’IRCCS San Giovanni di Dio, ma tutti gli anni si reca per un mese a Tanguiéta.

Romano d’Ezzelino (VI):

TESTIMONIANZA DI FRA FIORENZO

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erso la fine di novembre abbiamo ricevuto la visita di fra Fiorenzo dr.

Priuli. Nelle sue varie peregrinazioni in Italia, Francia e Svizzera per contattare Fondazioni e Associazioni che sono assidue nell’aiutarlo, ha trovato un po’ di tempo anche per noi.

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Gli abbiamo organizzato un incontro la sera di lunedì 4 dicembre con i membri dell’UTAONLUS, della B2A e della popolazione locale nel Salone Teatro della Parrocchia di Santa Maria di Romano d’Ezzelino (Vicenza) per offrire una testimonianza della sua azione ospedaliera in Africa e degli aiuti

che riceve da parte nostra.

Una vasta rappresentanza della B2A ha colto l’occasione per offrire a fra Fiorenzo la consistente somma delle offerte raccolte con le manifestazioni estive del Back 2 Africa a favore dei bambini della Terapia intensiva della Pediatria dell’Ospedale di Tanguiéta (Benin).

Massimo Bernardi, Presidente dell’Associazione B2A, consegna a Fra Fiorenzo Priuli un consistente assegno a favore dei bambini della Pediatria di Tanguiéta (Benin)

Brescia:

CUORE AMICO

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ra Fiorenzo insieme con fra Luca l’11 dicembre a Brescia ha fatto visita alla Fondazione Cuore amico, quella che nel 2004 gli ha conferito il suo Premio. Insieme con il Presidente don Flavio Dalla Vecchia e l’ex presidente don Armando Nolli c’era tutto lo staff dirigente. Fra Fiorenzo ha esposto loro i problemi più gravi di Tanguiéta: 1) i bambini colpiti da malaria e malnutrizione che arrivano all’Ospedale in stato di estrema gravità e necessitano di trasfusioni di sangue per cui nonostante gli sforzi di cure costose ne muoiono ancora tanti; 2) i malati di AIDS allo stato

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terminale che necessitano di ospedalizzazione e accompagnamento alla morte; 3) i malati di tifo con perforazione intestinale che devono essere operati e lasciati con addome aperto… Per affrontare questi problemi ha chiesto a Cuore amico di adottare un certo numero di posti letto a € 15,00 al giorno, € 5.475,00 all’anno. Dopo uno scambio di idee e di proposte, sono arrivati a promettere a fra Fiorenzo l’adozione di una decina di posti letto dell’Ospedale di Tanguiéta. Questa sarebbe una vera Provvidenza per fra Fiorenzo! Grazie a Dio! Grazie a Cuore amico!

INFORMAZIONI Uniti per Tanguiéta e Afagnan - U.T.A.onlus Via Ca’ Cornaro, 5 – 36060 Romano d’Ezzelino VI c/c postale 14280366 – Volksbank Fil. Romano d’Ezzelino IBAN: IT 64 E 05856 60900 16657 000 4248 B.C.C. Romano e S. Caterina, Ag. di Romano d’Ezzelino Iban: IT79 T083 0960 9000 0000 0027 744 - C.F. 91011380242 uta96@fatebenefratelli.eu - www.uta96.it 1/2018

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Brescia PRESENTAZIONE

DEL LIBRO: Il canto di Eméline

A

Brescia presso l’IRCCS San Giovanni di Dio fra Fiorenzo il 12 dicembre è stato coinvolto nella presentazione di un libro sulla ozonoterapia, di cui

libro è intitolato Il Canto di Eméline, 50 pagine, edito da Leucotea, Sanremo. In vendita ad € 6,80 e su ogni copia venduta verrà devoluto € 1,00 all’UTAONLUS per fra Fiorenzo e i suoi malati.

Angela Baselli, Federica Ranghetti, Fra Fiorenzo Dr. Priuli e il Dr. Antonio Galoforo in Africa è un paladino. La manifestazione è stata organizzata dal dr. Antonio Galoforo, propugnatore di questa terapia che ha regalato molti anni fa il primo apparecchio a fra Fiorenzo per l’Ospedale di Tanguiéta.

Due insegnanti, Angela Baselli e Federica Ranghetti hanno scritto una bellissima favola per ragazzi, tratta dal fatto vero di una bambina che rischiava di perdere una gamba a causa del mordo del Buruli e che è stata guarita con l’ozonoterapia. Il

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Alla manifestazione è stato presente anche il Padre Priore dell’IRCCS San Giovanni di Dio fra Marco Fabello per il fatto che due ricercatori con un progetto di ricerca sull’ozonoterapia hanno ottenuto un finanziamento dal Ministero della Salute.

Fra Marco Fabello accanto alla ricercatrice che illustra il suo progetto

Ricordiamoli nel Signore…

«La nostra patria è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo, per conformarlo al suo corpo glorioso». (Fil 3, 205)

Fra Cristoforo Danelut Morto il 25 dicembre 2017 presso il Convento - Ospedale “Sacra Famiglia” in Erba, in età di anni 77 e 59 di professione religiosa.

«C

onfratelli carissimi, nel giorno in cui la Chiesa celebrava solennemente la nascita di Gesù Cristo, il Verbo di Dio fatto carne, il nostro confratello fra Cristoforo Danelut, terminato il suo cammino terreno, è stato chiamato alla nuova vita, alla rinascita nel Regno dei Cieli. – Leggiamo nella lettera del Superiore Provinciale fra Massimo Villa ai confratelli –. Agli occhi della fede, questa è diventata una “felice coincidenza”, che ha dato piena luce al mistero della morte, evento mediante il quale, ricordava l’apostolo Paolo nella sua lettera a Tito, proclamata in quel giorno Santo, grazie alla bontà, all’amore e alla misericordia di Dio, rivelatesi e apparse “visibilmente” in Gesù, l’uomo, giustificato dalla sua grazia, diventa erede della vita eterna (cfr. Tt 3,4-7).

Tutti abbiamo potuto conoscere adeguatamente fra Cristoforo, in modo particolare durante i suoi sei anni di Priore Provinciale, servizio che svolse dal 1989 al 1995: presente nelle visite alle comunità in occasione delle festività, interessato alle vicende

dei Confratelli, ad iniziare dai candidati alla Vita Religiosa (con i quali condivideva, a volte, anche le loro giornate formative e di ritiro spirituale), meticolosamente attento all’andamento economico - finanziario dei diversi Centri Assistenziali, come pure ad una integrale assistenza ai destinatari del nostro servizio di ospitalità, sostenitore dell’attività missionaria della Provincia. Nonostante il suo carattere che spesso appariva schivo o defilato, sapeva coltivare sinceri e

fraterni rapporti con le persone.

Fra Cristoforo era nato il 22 giugno 1940 a San Canzian d’lsonzo, in provincia di Gorizia, e battezzato il successivo 30 giugno presso la chiesa parrocchiale di Isola Morosini e qui ricevette il sacramento della Confermazione il 12 ottobre 1947. Sei anni dopo, il 10 luglio 1953 inizia la sua formazione scolastica presso il Collegio di Brescia. Dopo il Postulandato, svolto a Cernusco sul Naviglio, comincia il periodo di Noviziato il giorno 8 set1/2018

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tembre 1957 a San Colombano al Lambro; sempre in questo Centro, emette la Professione Temporanea il 28 settembre dell’anno successivo, per concludere il suo cammino formativo con la Professione Solenne, emessa presso l’ospedale “San Giuseppe” a Milano nel giorno della solennità dell’Assunzione della B. V. Maria, nel 1964.

Due anni dopo inizia il suo servizio amministrativo come economo a San Colombano al Lambro (qui sarà poi anche Vicesuperiore, dopo un periodo a Erba). Molti poi i Centri e le Comunità nei quali ha svolto il servizio di Priore: Brescia “Sant’Orsola” (1974-1977; 1998-2004), Venezia “San Raffaele Arcangelo” (19771980; 1986-1989), Milano “San Giuseppe” (1983-1986), nel triennio precedente era Il Consigliere Provinciale; Gorizia “San Giovanni di Dio” (19951998); Erba “Sacra Famiglia” (2004-2007). In questo Centro Assistenziale, considerato l’aggravarsi delle sue condizioni di salute, rimase quiescente fino al giorno della morte.

La messa esequiale che abbiamo celebrato nel giorno liturgico in cui si ricorda la festa di San Giovanni Evangelista, ha avuto il tono della festa anche per noi.

Gli abiti liturgici di colore bianco, i canti natalizi, la liturgia della Parola che ci ricordava le apparizioni del Risorto, ci hanno fatto comprendere come il mistero del Natale di Cristo, il Suo venire ad “Abitare in mezzo a noi” è profondamento legato al mistero della morte.

Così è l’esperienza cristiana e la vita del nostro caro fra Cristoforo che dopo una lunga passione, segnata dal dolore e dall’oscurità ha trovato nel giorno del Natale il suo “spazio di risurrezione”.

I suoi occhi hanno potuto contemplare il volto di Dio fatto uomo splendente nella luce del Risorto che, siamo certi, fra Cristoforo ha già incontrato nella pace del Paradiso.

In questi ultimi 10 anni il solido e possente fisico di fra Cri-

stoforo ha subito, e sofferto, una evidente trasformazione; però, fin che la pur precaria salute glielo ha permesso, si è sempre interessato alle vicende della Provincia, come pure alle condizioni dei Confratelli che ben conosceva.

Pur perdendo l’uso della vista, desiderava essere messo al corrente e “aggiornato” a voce di ciò che accadeva, dimostrando un continuo senso di appartenenza alla Famiglia Religiosa che aveva servito per lunghi anni.

Mi piace terminare questo ricordo del nostro Confratello con le parole poetiche di un suo conterraneo, padre David Maria Turoldo, come invio alla speranza e all’attesa vigile e serena dell’incontro con il nostro Redentore: «Ma non lasciamo che le lampade si spengano: anche se tu ritardi, Signore. / Importa sapere che vieni, / che ritorni pur oltre la notte, / che puoi venire ora oppure fra millenni: anche dopo interminabili veglie / esser certi che tu torni!».

Fra Cristoforo Danelut (nel ricordo di Fra Serafino Acernozzi)

F

ra Cristoforo Danelut, ex Padre Priore ed ex Padre Provinciale è passato alla vita eterna proprio nella mattinata del giorno di Natale, 25 dicembre 2017, una nascita al Cielo, quale segno della Provvidenza divina, dopo circa nove anni di sofferenze sopportate con fede e rassegnazione alla volontà del buon Dio. 86

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Sono stati anni assai belli intensamente vissuti quelli trascorsi con lui tra il 1963-1968 come scolastico nella Casa di Cura San Giuseppe di Via San Vittore 12, Milano, allora Sede dello Scolasticato della nostra Provincia religiosa.

Allora frequentavo la Scuola per diventare infermiere professionale e capo sala. Con gli studi vi erano come norma i vari stage nei reparti di medicina, chirurgia, traumatologia, sala operatoria, radiologia e laboratorio

analisi, infine uno stage anche nell’Amministrazione centrale, nel settore contabilità e cassa e lavoravo su una meccanografica della Adler (famosa Ditta Tedesca), e cassiere con un altro confratello e il giovane fra Cristoforo Danelut era il Capo Ufficio, severo, puntuale, sempre vivace infondeva gioia, coraggio e amore al lavoro amministrativo, anche se sembrava un mestiere arido e con poche soddisfazioni.

Ricordo quando distratti, sbagliavamo a toccare un tasto della meccanografica e dovevamo chiamare d’urgenza il tecnico esterno per rimediare ai nostri sbagli involontari, il capo ufficio fra Cristoforo ci rimproverava dicendo che nella contabilità non si deve sbagliare, la contabilità relativa ad ogni singolo degente è un lavoro scrupoloso e perfetto e noi dovevamo diventare degli ottimi impiegati amministrativi.

Fra Cristoforo spiccava per un’intelligenza superiore che lo portava ad essere attento e competente, sia professionalmente, che su qualsiasi argomento si parlasse. Aveva una gran voglia di conoscenza e di sapere fino a quando una malattia precoce della vista l’ha reso cieco e poi immobile. Dai suoi occhi vivacissimi e amorevoli allo stesso tempo, sprizzava la gioia di vivere e la sua fede incrollabile.

A volte era burbero, di carattere impulsivo, ma sapeva darti tutto se stesso, padre e fratello allo stesso tempo.

Con l’andar del tempo giungono gli spostamenti in forza al nostro voto di obbedienza fra Cristoforo veniva nominato Vicario, poi Priore in diversi Centri ospedalieri della nostra Provincia religiosa, infine è stato eletto per due trienni Padre Provinciale con responsabilità gravose.

Io inviato missionario, prima in Africa e poi a Nazareth, ad ogni rientro in Italia, andavo

a visitarlo nelle varie case dove si trovava ultimamente nel nostro Ospedale di Erba (Como) dove era ricoverato; sempre mi impressionava la sua lucida memoria, ricordava nomi e vie delle persone nonostante fossero trascorsi cinquant’anni. Davvero ero rimasto come suo ex allievo profondamente impresso nel suo cuore.

Per sua volontà è stato attivato il progetto Nazareth 2000 per l’ammodernamento e l’ampliamento dell’ospedale Sacra Famiglia di Nazareth, terra che tanto amava decidendo di festeggiare proprio a Nazareth il suo XXV di professione religiosa con lui altri due confratelli fra Bernardo Frengulo e fra Gianmaria Zangirolami.

I festeggiamenti si sono svolti in due momenti il 28 settembre 1983 con la messa celebrativa officiata presso la grotta dell’Annunciazione e il 2 ottobre presso la cappella dell’ospedale con la cerimonia ufficiale con il rito di rinnovo della professione.

Quando ho appreso, nella mattina del Natale, della sua scomparsa, mi si è stretto il cuore.

Ma sono certo che il Signore l’ha accolto a braccia aperte e lo stia già ricompensando a piene mani del bene fatto, di quanto ha saputo dare in vita: e questo, alla fine e soprattutto, è quello che conta. Ora da lassù, dove tanti Confratelli e Collaboratori di allora sono già arrivati, voglio chiederti di intercedere presso il Signore, la Madonna da te tanto amata e da San Giovanni di Dio, le grazie necessarie per la nostra Provincia religiosa che si sta preparando a celebrare il suo 136.mo Capitolo Provinciale, per la quale hai tanto lavorato e che tanto hai amato.

Grazie fra Cristoforo per tutto quello che hai dato al Signore, per ciò che ci hai dato, per il bene degli ammalati, soprattutto per l’esempio di accettazione della volontà di Dio in tutti questi anni di particolare sofferenza.

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OFFERTE A FAVORE DELLE OPERE MISSIONARIE Addarii Giamberardo Evita Bologna 13,00 Albi Umberta San Bonifacio (Vr) 10,00 Anglieri Ivo Gavello (Ro) 10,00 Antonelli Giuseppe Bitritto (Ba) 30,00 Azzolini Riccardo Riccardi Liliana Castelnovo ne’ Monti (Re) 30,00 Baldo Mauro Padova 180,00 Barletta Anna S. Michele Salentino (Br) 13,00 Bertolo don Gualtiero Maniago (Pn) 30,00 Bertoni Adriano Corsico (Mi) 20,00 Bologni Giuseppe Prato 40,00 Bonetti Paolo Rezzato (Bs) 15,00 Bottacin Giovanni Collegno (To) 20,00 Bozzolan Diomira Treviso 15,00 Broccia Giorgio Cagliari 50,00 Callegher Ada Rosada Venezia 50,00 Calligarich Gianpaolo Milano 20,00 Calloni Giovanni Milano 50,00 Cantaluppi Angelo Broni (Pv) 50,00

Capoferri Edoardo Moscazzano (Cr) 13,00 Cappellania Ospedale Uboldo Cernusco sul Naviglio (Mi) 40,00 Cappellano Ospedale Civile Vittorio Veneto (Tv) 30,00 Carbognani Giuseppe Montecavolo (Re) 20,00 Cerutti Lidia Brescia 30,00 Chiarati Alfio Codigoro (Fe) 15,00 Chielli Domenico Garbagnate Milanese (Mi) 150,00 Chionetti Francesco Mondovì (Cn) 10,00 Colcuc Silvio Monteporziocatone (Rm) 110,00 Comunità Suore Istituto Salvi Vicenza 50,00 Crucchi Paolo Firenze 50,00 D’Agostino don Giuseppe Iglesias (Ci) 15,00 De Amicis Mario Treviso 13,00 De Battisti Carlo Verona 50,00 De Rossi Paola e Ugo Treviso 20,00 De Zan Elisa Rosa Virco di Bertiolo (Ud) 10,00 Dian Dino Treviso 15,00 Dodi Adelio Pescara 10,00

DONA 13 euro

Ercoli Andrea Franchilino Maria Brembio (Lo) 10,00 Ermetici Giuseppina Canzo (Co) 10,00 Fedeli Rossella Cernusco sul Naviglio (Mi) 20,00 Filippi Anna Concorezzo (Mb) 10,00 Foi Leonardo Brescia 40,00 Fontana Innocenzo Montecchio Emilia (Re) 50,00 Fornaro Antonella Castelletto d’Orba (Al) 50,00 Fracassi Rodolfo Tricase (Le) 5,00 Frignani Arnaldo Milano 30,00 Fusi Suor Elisa Cavalcaselle (Vr) 20,00 Gagliandi Luciano Brescia 19,00 Galasso Flavio Tiezzo (Pn) 20,00 Galbusera Ambrogio Arcellasco-Erba (Co) 20,00 Gattelli Adriana S. Angelo in Vado (Pu) 20,00 Giannini Ciro Domodossola (Vb) 50,00 Giulianelli don Giuseppe Viterbo 20,00 Grande Anthony Zané (Vi) 50,00 Grande Dino Cornedo Vicentino (Vi) 50,00

Contribuendo alla rivista Fatebenefratelli Sostieni gli ospedali missionari dei religiosi Fatebenefratelli in Togo e Benin Utilizza il bollettino postale allegato.

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PERVENUTE IN REDAZIONE AL 30 dicembre 2017 Grazie a tutti per la generosità

Grande Pietro Claudio Cornedo Vicentino (Vi) 100,00 I Parenti di Fra Eliseo per il suo 50° Cernusco (Mi) 500,00 Ingardia Biagio Paceco (Tp) 100,00 Lattanzio mons. Sabino Barletta (Bt) 20,00 Lazzaroni Paolo Rho (Mi) 20,00 Li Petri Domenico Menfi (Ag) 10,00 Lovisato Lucio Trieste 10,00 Maccari Fernando Cassola (Vi) 100,00 Malaspina Fortunato Messina 13,00 Manca Teresa e Claudia Guspini (Vs) 50,00 Marchesi Maria Teresa Bernareggio (Mb) 25,00 Marin Attilio Rossano Veneto (Vi) 10,00 Martini don Luigi Potenza 20,00 Melotti Lena Breno (Bs) 50,00 Menegon Giovanni Pederobba (Tv) 400,00 Moi Luigi Domusnovas (Ci) 6,00 Montorfano Carla Trivolzio (Pv) 15,00 Mora Graziella Borgosesia (Vc) 100,00 N.N. Crema (Cr) 20,00

N.N. Milano 20,00 N.N. Cusano Milanino (Mi) 20,00 N.N. Ostiglia (Mn) 50,00 Ognissanti Francesco Roma 50,00 Oppezzo Francesco Lombriasco (To) 15,00 Ottolini Alberto Castelli Assunta Alzate Brianza (Co) 30,00 Paladin Olivo Mestre (Ve) 30,00 Panara Mariangela Rosate (Mi) 20,00 Paraboni Rinalda Milano 50,00 Parrocchia S. Giorgio Martire Claut (Pn) 10,00 Persi Vincenzo Ronchi dei Legionari (Go) 15,00 Piazza Gianedmondo Milano 100,00 Porro Giovanni Novedrate (Co) 20,00 Portello Agostino Salgareda (Tv) 10,00 Raio Mario Burolo (To) 20,00 Razio Giulio Canneto sull’Oglio (Mn) 10,00 Riva Claudio Cesena (Fc) 15,00 Roberti Walter Puegnago sul Garda (Bs) 25,00 Sbrogio Franco Padre Pont Canavese (To) 13,00

Scaramuzza Orazio Ezio e Caterina Vanzago (Mi) 25,00 Sciutto Ettore Savona 15,00 Simi Renato Brescia 50,00 Sorgente Fausto e Boraschi Renata Valle Salimbene (Pv) 20,00 Spinelli Andrea Cusano Milanino (Mi) 30,00 Squarotti Massimo Fossano (Cn) 30,00 Terrazzano Michele Milano 25,00 Tonello Luciano Renate (Mb) 50,00 Toscani Mascheroni Angela S. Angelo Lodigiano (Lo) 50,00 Vai Alvaro Buccinasco (Mi) 50,00 Vailati Carolina Carugate (Mi) 100,00 Vallarino Vincenzo Arenzano (Ge) 2,00 Vigo Leguti Rosalia Corsico (Mi) 20,00 Volonté Osvaldo Milano 20,00 Zabeo Carlo Campagna Lupia (Ve) 30,00 Zecchin Giovanna Asolo (Tv) 50,00 Zilioli Marco Comezzano-Cizzago (Bs) 90,00 Totale ::::::::::::::::::::::::::::::::: 4.540,00

CONTO CORRENTE POSTALE NUMERO 29398203 IBAN IT02J0760101600000029398203 1/2018

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Ospitalità AL FEMMINILE

Valeria Negrini

«Sfruttare una donna è distruggere l’armonia che Dio ha voluto dare al mondo» Vari governi hanno emanato leggi volte a contrastare il fenomeno della violenza contro le donne, a punire i colpevoli e proteggere le donne e le persone vittime di abusi e violenze; ma le leggi da sole non bastano, se non vi è un profondo cambiamento culturale in grado di modificare e incidere sui comportamenti.

“U

omini che odiano le donne” è il primo libro di una trilogia, molto conosciuta, scritta a partire dal 2005 dallo svedese Stieg Larsson, da cui sono state poi tratte altrettante produzioni cinematografiche. Ma la realtà, come spesso accade, si rivela assai più drammatica e cupa perché non c’è nessun lieto fine. È una violenza, quella cui sono sottoposte molte donne, che assume diverse forme: fisica, psicologica, economica, sessuale.

Spesso ammantata o addirittura giustificata da parole sbagliate e fuorvianti “amore disperato”, “raptus di gelosia”, “ha ucciso l’amore della sua vita” e ancora ben radicata in culture e modi di pensare che sebbene considerati “primitivi” sono in realtà vivi e presenti nel modo di pensare e nei comportamenti di molti uomini adulti e, purtroppo, anche in quella di molti adolescenti e giovani uomini.

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Una cultura che, a dispetto di norme costituzionali, di leggi che sanciscono e promuovono la parità di diritti, fa sì che per ancora molte, troppe persone la donna venga vista e considerata come un oggetto, una merce, un soggetto inferiore, qualcosa da possedere o addirittura usare (e quindi abusare); “qualcosa” che si può sopprimere, sfruttare, violare e assoggettare, perché percepito dagli uomini come strumento per i propri obiettivi e bisogni.

Gli effetti di tutto questo stanno nei numeri impressionati delle statistiche: in tutto il mondo si stima che circa il 35 per cento delle donne abbia subito violenza, sessuale e non, almeno una volta nella vita. Nel 38 per cento dei casi di omicidi di donne, il colpevole è il partner. Il 42 per cento delle donne vittime di violenza ha riportato lesioni e ferite permanenti. Le bambine già sposate con un uomo (solitamente molto più grande) ammontano a 22 milioni circa.

Nonostante sia un fenomeno che ha registrato una notevole diminuzione dalla metà degli anni Novanta, ogni anno nella sola Africa ci sono tre milioni di donne e di bambine che subiscono ancora la mutilazione dei genitali.

Questo nel mondo; in Italia i dati Istat ci dicono che sono 6 milioni e 788mila le donne tra i 16 e i 70 anni che hanno riferito di aver subito violenza fisica o sessuale.

Nel 41 per cento dei casi gli autori del crimine sono compagni o ex partner. Una donna su dieci ha dichiarato di aver subito violenza in qualche forma prima dei 16 anni e più di una donna su tre ha riportato ferite, lividi, contusioni o altre lesioni. Nei primi 10 mesi del 2017 sono state 114 le donne uccise (149 nel 2016). Vale la pena ricordare poi che in Italia solo nel 1981 è stato abolito il delitto d’onore. E poi vi sono le molestie sul luogo di lavoro: nei dati raccolti in una rilevazione Istat

del 2016, si stima che il 9 per cento delle donne che lavorano (1 milione e 403mila donne) abbia subito nel corso della vita lavorativa molestie o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Ricatti e molestie di cui gli uomini sono protagonisti nel 90 per cento dei casi. È evidente quindi che la violenza verso le donne è un problema che riguarda tutti e quindi che non può esserci solo la risposta delle vittime o delle altre donne, come in gran parte avviene ora (sono quasi sempre le donne a protestare, a ribellarsi, a promuovere mobilitazione), così come è evidente che non si tratta di una questione “privata”, anche quando la violenza avviene all’interno delle mura domestiche, ma è questione collettiva, politica ed insieme sociale ed economica.

Negli ultimi anni in Italia e in Europa vari governi hanno emanato leggi volte a contrastare il fenomeno della violenza contro le donne, a punire i colpevoli e proteggere le donne e le persone vittime di abusi e violenze; ma le leggi da sole non bastano, se non vi è un profondo cambiamento culturale in grado di modificare e incidere sui comportamenti. È certamente importante che le donne denuncino le molestie e/o i ricatti cui vengono sottoposte sia in famiglia che sul luogo di lavoro; ma è altrettanto necessario impegnarsi nell’educazione, partendo già dalla più tenera età, insegnando ai nostri figli il rispetto per le donne e per la loro libertà e alle nostre figlie a non ritenere “giusto” l’essere considerate proprietà di qualcuno, anche quando questo qualcuno sembra usare le parole dell’amore e della protezione, e non considerarsi esse stesse per prima come un oggetto.

Riscoprire il significato della parola rispetto, cioè di un sentimento e atteggiamento informato alla consapevolezza dei diritti e dei meriti altrui, dell’importanza e del valore morale, culturale dell’altro.

Etimologicamente deriva da un verbo che ha a che fare con il guardare “resp˘ic˘ere” che oltre a significare guardare indietro, vuol dire anche rivolgere l’attenzione a, scorgere, osservare, prendersi cura, prendersi a cuore. Insegnare e praticare il rispetto della donna nei nostri luoghi di lavoro, nelle nostre famiglie, nelle istituzioni sociali e politiche; prestare attenzione ad un linguaggio usato troppo spesso in modo superficiale e stereotipato anche nel nostro parlare quotidiano, pensando che abbia poco peso il fatto di usare, o meglio non usare, parole, aggettivi, espressioni di un certo tipo mentre, in realtà, sono una spia, un segnale di un modo di “guardare e pensare” alla donna in modo non rispettoso.

Papa Francesco, nell’omelia dello scorso 8 febbraio a Casa Santa Marta, ha pronunciato parole forti: «Sfruttare le persone è un crimine di lesa umanità: è vero. Ma sfruttare una donna è di più: è distruggere l’armonia che Dio ha voluto dare al

mondo», parole che dovrebbero essere ascoltate da tutti, anche all’interno della Chiesa.

Una Chiesa che deve rinunciare per sempre ad alcune ambigue interpretazioni che, purtroppo, alcuni suoi rappresentanti ancora veicolano quando considerano come doveroso, quasi ontologico, un atteggiamento di sottomissione e di disponibilità a qualunque costo della donna all’interno della famiglia e nei confronti del marito; così come vi è la necessità di riscoprire e attribuire un significato e un ruolo “gerarchico” della donna all’interno del mondo ecclesiale e religioso rispondendo concretamente all’invito di Papa Francesco espresso nel discorso rivolto all’episcopato brasiliano nel 2013: «Non riduciamo l’impegno delle donne nella Chiesa, bensì promuoviamo il loro ruolo attivo nella comunità ecclesiale. Se la Chiesa perde le donne, nella sua dimensione totale e reale, la Chiesa rischia la sterilità».

Costruire una nuova cultura dell’identità e della differenza, basata sul rispetto e quindi, sull’indispensabilità dell’uno/a all’altro/a. Questo dobbiamo uomini e donne praticare, vivere, trasmettere e insegnare se non vogliamo distruggere l’armonia e condannarci alla sterilità.

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monumento a San Giovanni di Dio - brescia Statua in bronzo opera dello scultore Gianluigi Bennati INAUGURATO IL 19 dicembre 2017 PER RICORDARE I 135 anni della presenza dei Fatebenefratelli a Brescia nella rotonda tra via Salgari e via Corsica, adiacente all’IRCCS, istituto per la riabilitazione psichiatrica e per la riabilitazione della malattia di Alzheimer.

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