XII. La persecuzione e la deportazione degli ebrei
Non sono molte le memorie di deportati ebrei nell’Archivio dei diari. Tra di esse spicca l’intervista di Shlomo Venezia rilasciata nel 2005 a Sonia Lipani e pubblicata l’anno seguente. È un racconto impressionante perché Shlomo, ebreo di Salonicco, ricorda una vicenda particolarmente crudele: nel campo di Auschwitz, dove viene deportato alla fine del marzo 1944 dalla città natale, è assegnato a un Sonderkommando (uno dei gruppi di deportati che dovevano collaborare con le SS) con il compito di procedere alla rimozione dei cadaveri e portarli al Crematorio. Spesso al Sonderkommando di Shlomo veniva imposto anche di collaborare, sostenendo le vittime, alla loro uccisione. È un lungo doloroso racconto, esemplare della violenza estrema e della degradazione umana innescate dalla persecuzione razzista. Ho deciso di limitarmi a menzionarlo, senza condurre un’analisi dei suoi contenuti, sia perché l’intervista ha caratteri ben diversi da un diario o da una memoria sia perché di Shlomo Venezia esiste anche un’altra intervista, concessa a Béatrice Prasquier nel 2006, edita in Francia e in Italia nel 2007. Non sono molte le differenze tra i due testi, ma mi è sembrato che, anche per grande rispetto per Shlomo Venezia, non rientrasse in questa raccolta di diari e memorie, un’analisi filologica di confronto tra documenti di tal tipo, sui quali del resto è inevitabile si sia riflessa anche la personalità dell’intervistatore esterno. Pur senza eguagliare la crudezza della narrazione di Shlomo, anche un’altra memoria, quello di Dora Klein ci introduce con straordinario vigore alle esistenze dei perseguitati, alle loro sofferenze e allo stesso tempo alla loro volontà di difendere dignità e vita. In questo, così come nelle pagine di Eugenia Servi, di cui parlerò più avanti, si coglie come la persecuzione e la deportazione si inseriscano in vite complesse e contribuiscano a modellare e