VOCI DELLA GUERRA CIVILE

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XI. «...si fa presto a dire lager...»

Diverso tono hanno le memorie di altri due deportati, due partigiani catturati in Italia e fortunosamente sfuggiti alla fucilazione immediata. Il primo è Giuseppe Biagi, che aveva assunto il nome di «Pino» nella formazione partigiana che opera sul Collio, presso Mulinut, nel Friuli orientale, aggregata alla seconda compagnia del 1° battaglione Garibaldi; e l’altro è Felice Malgaroli, «Orso», che si era arruolato in una formazione che opera in provincia di Cuneo, con base a Montoso. Di entrambi abbiamo già seguito le vicende fino alle soglie della cattura. Giuseppe Biagi cade in mani tedesche alla fine del 1943, durante un attacco della Wehrmacht favorito dall’intrusione di una spia, una ragazza la cui bellezza colpisce profondamente il giovane. (Forse con qualche elemento di colore…). Felice invece è catturato nel corso di un rastrellamento dell’autunno 1944, che coglie di sorpresa il distaccamento di Dardo, cui appartiene, e viene spedito a Mauthausen nel gennaio 1945. Forse perché la loro prigionia è più breve di quella degli IMI (ma la differenza per Giuseppe Biagi è limitata a qualche mese), o forse perché essa è la conseguenza di comportamenti attivi, anziché di un doppio tradimento di cui sono stati oggetto, entrambi sembrano non cedere allo scoramento, con un piglio che è forse frutto di una maggiore fiducia nella validità del loro operare. Ma questa è una considerazione che non inficia il valore della resistenza dei militari nei lager: stilare graduatorie dei tormenti o del coraggio o della perseveranza non è il compito di uno studioso di storia, come sembrano credere alcuni. La destinazione di entrambi è Mauthausen; e anche per la comune localizzazione della prigionia i loro racconti si integrano fino quasi a sovrapporsi.


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