LA REGIA MARINA SARDA 1799-1815

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LA REGIA MARINA SARDA 1799-1815 A. La guardia costiera sarda nel Seicento e Settecento L’Amministrazione reale delle Torri (1587-1720) Nel 1812 Francesco d’Este descriveva così le torri costiere sarde: «sogliono essere rotonde forti di sasso o di muro, casamattate con porte di ferro o ferrate, scala amovibile interna, una stanza sul piano superiore a volto, e sopra il terrazzo ove sta l’artillieria e la guardia. Il loro diametro sarà tre tese, l’altezza altrettanto». Fino a tutto il XVI secolo la guardia del litorale sardo, non solo contro le razzie dei corsari nordafricani, ma anche per impedire il contrabbando e stabilire cordoni sanitari, consisteva esclusivamente nella corvée di vedetta e di ronda imposta ai comuni marittimi e regolata dalla reale ordinanza del 30 maggio 1515. Le vedette (atalayas) erano stabilite in punti fissi e i paesani di corvée erano detti “bastonatieri” dal segnale (bastone) che dovevano riportare a prova di aver effettivamente svolto il servizio. Il torreggiamento delle vedette principali risaliva alla Relaccion de todas las costas maritimas de lo Reyno de Cerdeña y de los lugares a donde se deven hazer las torres y atalayas necessarias para el descubrimiento y fortificacion del, effettuata dal 31 gennaio al 26 aprile 1572, su incarico del viceré e luogotenente generale don Juan Coloma, da Marco Antonio Camos de Requesens, allora capitano di Iglesias. La relazione censiva 15 porti, 4 canali funzionanti da porti, 6 ripari, 105 cale e 26 località per l’approvvigionamento di vascelli, e proponeva di aggiungere alle 9 torri esistenti 10 vedette e 54 torri, di cui 4 “gallardas” e 50 minori (senzillas o torrillas) guarnite da 150 uomini e 5 cavalli, per un costo totale di 23.920 scudi, calcolato dal maestro maggiore Pixela: a forma di cilindro o tronco di cono, accessibili mediante scala retrattile da una porta valvata al secondo piano, munite di scala e cisterna interna e alloggio per 2 uomini, costavano dai 200 ai 300 scudi. Il torreggiamento fu tuttavia rinviato per maggiori esigenze di difesa: nel 1575 un nuovo piano dello stesso Camos proponeva il raddoppio delle truppe regolari, il riarmo della milizia e la fortificazione regolare di Cagliari e Alghero, riducendo in compenso le torri a 30 indispensabili, armate con 36 pezzi e 70 uomini, per un costo di 22.147 scudi (di cui 6.415 per la costruzione, 3.445 per l’armamento e il resto per costituire una rendita perpetua di 794 scudi per le paghe). La carta dell’isola disegnata nel 1577 dall’ingegnere cremonese Rocco Capellino indica solo 33 torri. Iniziata nel 1578, la costruzione delle torri slittò alla generazione successiva sia per difficoltà finanziarie sia per le incursioni barbaresche contro i primi cantieri (1584 Porto Conte, 1587 Longonsardo). Un nuovo progetto del 1580 ne prevedeva 83 più un’altra decina eventuali, e nel 1581 furono stanziati 1.000 ducati per le guardie di quelle già esistenti. A seguito della razzia subita nel 1582 dalle indifese ville di Quartu e Quartuccio, il parlamento del 1583 approvò la sostituzione della difesa territoriale con la difesa anfibia, basata su 12 galere e 52 torri. Ville e baroni dovevano mantenere le torri da erigere nelle rispettive marine, ma la parte maggiore era tuttavia a carico del regio patrimonio, finanziato perciò da un dazio (“dret del real”) di 12.000 ducati sull’esportazione dei prodotti delle greggi (formaggio, lana e cuoio), in ragione di un reale per quintale, la cui riscossione era demandata agli stessi torrieri. Approvata nel 1586 dai capitoli di corte, la risoluzione del parlamento fu sanzionata da Filippo II con regia prammatica del 29 settembre 1587, che stanziava 500.000 ducati per il riarmo dell’isola. L’“amministrazione del reale” era attribuita ad una “diputaciò” dei tre bracci (ecclesiastico, militare e reale) degli stamenti del Regno, con mandato biennale. Gli stamenti sorteggiavano inoltre un clavario, un esattore e un pagatore, mentre segretario e portiere erano di nomina regia e vitalizia.


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