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La comunità ebraica italiana alla luce dei censimenti
2 Ilaria Pavan
Si concludeva in questo modo, almeno per lo Stato italiano, la vicenda dei beni sottratti agli ebrei durante gli anni della persecuzione, una storia iniziata ben trentadue anni prima con l’emanazione, nel settembre 1938, dei primi provvedimenti antisemiti. È già evidente da queste parole che il 1945 può difficilmente essere considerato uno spartiacque, un momento di cesura netta e definitiva nelle vicende della comunità ebraica italiana; del resto, è sufficiente a questo proposito ricordare come la legislazione antisemita non fosse scomparsa automaticamente con la caduta del regime il 25 luglio 1943, ma fosse stata rimossa con molta lentezza e non senza difficoltà e lacerazioni nel corso dei mesi e degli anni successivi 3 .
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Il 1945, se rappresenta dunque la conclusione del tragico periodo della «persecuzione delle vite» degli ebrei, non esaurisce comunque i delicati e complessi problemi che si aprirono a guerra conclusa: quelli legati alla restituzione dei beni sequestrati, confiscati o svenduti nel periodo 1938-1945 e quelli relativi alla riassunzione sul posto di lavoro di coloro che avevano subito licenziamenti in ragione della normativa antiebraica. Più in generale, si pone quindi la duplice questione del reinserimento degli ex perseguitati nell’Italia del dopoguerra e del comportamento che il nuovo Stato repubblicano adottò nei loro confronti. Non si intende, con questo, negare alle leggi razziali l’importanza come svolta fondamentale e periodizzante nelle vicende dell’ebraismo italiano; tutto quanto accadde dopo il 1938 fu sicuramente all’insegna dello strappo e della lacerazione netta, ma seguendo quella storia oltre il 1945 si vuole mettere in evidenza la necessità di ripensare quegli avvenimenti in un quadro di più ampio respiro, in cui persecuzione e reintegrazione risultano elementi inscindibili di una medesima fase storica che non attiene solo alle vicende dell’esigua minoranza ebraica, ma anche alla storia complessiva di questo paese. È dunque in questo contesto che tali vicende vanno opportunamente inserite e considerate.
Scegliere una prospettiva che non si fermi al 1945 significa anche allontanare l’abitudine interpretativa per cui la persecuzione degli ebrei – al pari del fascismo che la generò – rappresenti una sorta di parentesi nella storia d’Italia, a fronte della quale la cancellazione della normativa antisemita può essere considerata condizione necessaria e sufficiente per una sua definitiva ‘archiviazione’. Spingersi oltre la conclusione del secondo conflitto
3 Sull’elaborazione della legislazione reintegratrice, cfr. M. TOSCANO (a cura di), L’abrogazione delle leggi razziali in Italia (1943-1987), Senato della Repubblica, Roma, 1988.