STORIA DELLE FANTERIE ITALIANE VOL III

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Storia c.lelle fanterie italiane Volume TTT. Le fanterie nel periodo napoleonico e nelle guerre del Risorgimento Edoarc.lo Scala Edizione speciale Ristampa anastatica dell'edizione del 1950-1956 In collaborazione con Uffici o Storico clello Stato Maggiore dell'Esercito © 2020 Difesa Servizi S.p.A, Roma Supplemento al numero odierno dc il Giornale. Direttore Responsabile: Alessandro Sallusti Reg. Trib. Milano n. 215 del 29.05.1982 Tutti i diritti riservati Jva assolta dall'editore

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STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO UFFICIO STORICO

EDOARDO SCALA

STORIA DELLE

FANTERIE ITALIANE VOLUME III

LE FANTERIE NEL PERIODO NAPOLEONICO E NELLE GUERRE DEL RISORGIMENTO

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ESERCITO IL GIORNALt • BIBLIOHCA STORICA



PREFAZIONE

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on questo terzo volume la « Storia delle Fanterie Italiane )> si approssima ai nostri tempi. La crescente importanza degli avvenimenti che ci riguardano più da vicino, l'evoluzione degli ordinamenti, de/l'armamento e dell'impiego della Fanteria, in continuo sviluppo, vanno studiati e meditati più particolareggiatamente e, perciò, l'esame di essi è riferito, a differenza dei primi due volumi, ad un periodo di tempo limitato a poco più di un secolo, dal trattato di Aquisgrana al 1870; periudo denso di vicende per la storia dell'Arma e per quella della Patria, protesa a raggiungere la sua unità, nel più vasto quadro dei grandi movimenti europei. Con le legioni delle Repubbliche Cispadana e Cisalpina al primo appello di Bonaparte, con le Armate del Regno Italico e di quello delle Due Sicilie, con la Grande Armata dell'Imperatore, attraverso tutta l'Europa, nelle guerre dell'Indipendenza e di Crimea, finalmente coronate dall'unità della Patria, le Fanterie d'Italia raccolgono su tutti i campi di battaglia · Larga messe di gloria e sono pari a/La più nobile tradizione. Ma è soprattutto nel periodo risorgimentale che le nostre Fanterie, affiancate dalle nuove formazioni volontarie .e garibaldine, vibranti di slancio e di audacia, f!iungono ad


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espnmere, da re!{ioni fino allora contrastanti, e ad irradiare, attraverso il comune sacrificio ed il costante valore, L' aspirazione alla Libertà, aLL'indtiJendenza e all'unità di tutto il popolo italiano. Al Generale Scala, che con dotta parola ed inesausta passione lza saputo darci un quadro vivo e chiaro di quegli eventi di somma importanza, che precedono ed accompagnano il formarsi del nostro Esercito nazionale, di cui La Fanteria ;, il nerbo possente, mi è gradito rivolgere un grazie per L'opera fin qui svolta e un fervido au!furio perchè alla sua nobile e non Lieve fatica arrida il successo del quale essa è dr!gna. IL CAPO DI STATO MAGGIORE D ELL'ESERCITO

Generale di C. d'A. Ernesto Cappa


PREMESSA

Il periodo storico che verrà preso in es;une in q uesto volume, particolarmente dedicato alle Fanterie italiane durante l'epopea napoleonica e nelle guerre per l'indipendenza e per l'unità italian:i, non può non suscitare un particolare interesse: non soltanto perchè l'esame degli avvenimenti svoltisi nel secolo X IX non costringe più il lettore ad immaginare armi, procedimenti ed ambienti storici troppo lontani e diversi dai nostri; ma anche per altri motivi, che ci sembra opportuno e doveroso ricordare. Il secolo XIX, nella storia militare dd quale spiccano specialmente il genio di Napoleone I e l'efficace esempio di un grande maestro come il Moltke, non è, come il secolo XVIII, un secolo di transizione; ma rappresenta il perio<lo nel quale la guerra diventa assoluta, ritorna alle sue form e più vere e più decisive, muove sempre più rapidamente alla ricerca del nemico, per distruggerne le forze con la battaglia e - pur combattendosi ancora tra gli armati contrapposti e non già, come avverrà nel secolo XX, fra interi popoli - diventa più che nel passato la continuazione naturale della politica ed il mezzo veramente decisivo per risolvere le più gravi contese. Per conseguenza, almeno per il lettore non del tutto profano di cose militari, il periodo che considereremo in questo terzo volume della nostra opera è più d'ogni altro ricco di esempi efficaci e di utili insegnamenti. In tale periodo gli eserciti diventano o meglio tornano ad essere veramente nazionali cd in essi la Fanteria, sia perchè meglio raccoglie tutte le, energie del popolo, sia per i perfezionamenti conseguiti dalle armi da fuoco portatili, si afferma sempre più come Arma principale, atta ugualmente ali 'offesa ed alla difesa, capace di conquistare e di resistere, pronta a combattere in qualsiasi terreno e quindi destinata a dominare il campo di ba_t,t;Jgl _ia ed a determinare la vittoria. Per conseguenza, in alcun altro periodo come nel secolo XIX.


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la Storia delle Fanterie coincide con quella <legli eserci ti e dei popol i. . Per noi Ital iani, il secolo suddetto è., inoltre, quello nel quale s1 svolsero q uasi tutte le cospirazioni, i m oti popolar i, le guerre che, attraverso tan ti sacrifiz1 e tanti eroismi, permisero all'Italia di diveni re indipendente ed unita, pronta a marciare anch'essa, fra le nazioni dell'Europa e del mo ndo, per tutte le vie del fut uro. Abbiamo così esposto, in brevissima sintesi, i tre o rdini di motivi e di sentimenti, dai quali indubbiamente deriva la particolare importanza della- materia trattata in questo volume; moti vi e sentimenti di tan ta efficacia, che non ci sembra inopportuno i ndugiarci ;.;cl illustrarli con venientemente, anche per dare ai lettor i un'idea dell'evoiuzione dell'arte militare nei secoli XVIII e XIX.

Abbia mo definito il secolo XVIII come un secolo di transizione a nche per l'arte bellica, poi.::hè in esso, mentre la teoria, esposta nelle ?llemorie dei grandi capitani dal T urenna a l Montccuccoli o nei trat..,ti degli scrittori militari, risulta perfettamente conforme ai principi l , ~cnziali dell'arte bellica, la pratica, rappresentata dall'effettiva condo tta della lotta armata, indugia indecisa tra lung h i assedi e sterili m anowe, sembra esitante a risol vere il problema fondament:ilc delb distruzione delle forze nemiche e finisce per assumere e per conserv:ire le caratteristiche di una vera e propria lotta di logoramento. Antitesi assai grave, questa, fra teoria e pratica, dovuta evidentemente all'influsso di quelle circostanze, per le quali il secolo XV lII, diverso troppo dal nostro, impose speciali modalità nell'applicazione dei principi dell'arte militare; costrinse vale a dire la teoria eccellente d trasforma rsi in una realtà pratica che noi abbiam o ragione di condannare ; m a che ci sembrerà inevitabile, solo se consideri:imo gli anenimenti nell 'ambiente nel quale essi effettivamente si svolsero e l' influsso delle circostanze, delle quali, in verità, non si poteva non tener conto nel secolo XVIII. Tali circostanze contingenti erano m olteplici e • di origine diversa. L'in flusso costante e decisivo che le Monarchie assolute esercitavano sulle operaz iòni militari, com e con seguen za diretta delle stesse caratteristiche delle Monarchie di allo ra, padrone dell 'erario dello Stato e dell 'esercito, e quindi portate a combattere guerre a scopi dina-


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stici, come le guerre di successione. Gli eserciti dovevano considerare il Re, più che com e loro Capo, com e loro pad rone e si dovevano battere per gli interessi del Monarca. No n poteva, q uindi , sembrare fuor cli luogo che al Re, al Governo centrale, spettasse, non soltanto additare gli scopi, m a anche determ in are le modalità, secondo le quali gli scopi stessi dovevano venire conseguiti con le operazioni militari. E' bensì vero che, contro q uesto stato cli cose, ebbe auto revolm ente a p rotestare il G uibert, quando, profetizza ndo le g uerre nazionali del non lo ntano avvenire, bene a ragione scriveva : « Notrc pol itique de m enagem ents, de subsides secrets est petite et ruineuse pour un g rande peuple ; elle est sourtout fu neste aux opérations m ilitaires: elle embarasse les généraux et mct les armées mal à I'aise " : m a non è, purtroppo, meno vero ch e, per la tendenza acccnt ratri<:c dimostrata dai Sovrani di allora, i Capi militari furono costantement e sottoposti all'autorità elci Re e dei Governi centrali, ai quali, prima d'ogni m arcia, d 'ogni provvedime nto, d 'ogni operazione, dovevano chiedere au tori zzazioni e consigli . Condiz io ne di cose, questa, che si ri peterà anche nella sccon<la metà del secolo XVIII per gli .1vvcr~a1i Ji FcJc:rico II di Prus~ia, i quali, da l Princi pe d i Lorena all'Hil dburgahusen ed al Soub;se, rim asero sempre alla d ipendenza dei rispettivi Governi , alle cui disposizion i dovet tero subordinare lt: loro decisioni di Capi m il itari. Una tale tendenza - della q uale l' Arciduca C 1rlo, nel 1805, fece consta tar e g li effetti cleleterii - se può d irsi in qualche modo gi ustificata ai nostri giorni, doveva riuscire dannosa nel dete rminare la lentezza delle operazioni, poichè spesso non si trattava w ltanto dell ' influsso del la volontà di un singolo Sovrano e di u n solo Gove rno; m a del risultato, quasi sempre difficile e faticoso, anche per i non rapidi .m ezzi di comunicazione di allora, degli accordi , spesso m utevoli, fra i dive rsi Governi collegati . Le g uerre d el secolo XV lll furo no, in fatti, quasi tutte guerre di leg he, sugli eserciti delle quali la m ancanza di un Com ando unico yeramente autore vole, libero di p rendere tem pesti vam ente tutte le decisioni e ca pace di sopportare il peso di tu tte le responsabilità, doveva anch'essa, per rag ioni ovvie, influi re sulla lentezza delle operazioni e q uindi sull e caratteristiche della g uerra q uasi sempre di logoramento. L e g uerre cli leghe, oltre ad impedire, come già si è detto, la costituzione e l'efficace funzionamento di un Comando unico, indu-


cevano, inoltre, i Sovrani a dividere le loro forze nei diversi teatri delle operazioni secondo k singole aspirazioni ed i particolari interessi dei diversi Stati collegati. Per conseguenza, oltre all'unità del Comando, mancava anche la possibil ità di rivolgere concordemente gli sforzi comuni verso un unico obiettivo. Poichè per le g uerre, quasi esclusivamente dinastiche, del tempa, gli obiettivi erano, come si è già detto, prevalentemente territoriali, sulla condotta delle operazioni dovevano influire efficacemente anche le fortezze delle quali si cingeva il territorio dello Stato e che difficilmente patevano allora acquistare le caratteristiche di mezzi atti a facilitare, seco ndo il concetto attuale, anche le azioni offensive o con troffensi ve. E sse, infatti, avevano allora soltanto una funzione dife n siva passiva ; dovevano servire a rafforzare i confini ed a impedire agli attacc:in ti di penetrare nel territorio nazionale e, per conseguenza, doveva no concorrere anch'esse ad imporre alla guerra i caratteri cli un a lntta cli logoramento: sia perchè riuscivano effettivamente a ritarda re l'azione cieli 'attaccante, costretto alle soste necessarie per inve~cirlc e per es pugnarle; sia perchè, anche nel caso che le fortezze fossero state sorpassate senza venire investite, occorreva lasciare into rno ad esse speciali Corpi di osservazione: il che provocava u na suddivisione delle forze ccl impedi va di agire offensivamente con tutta la m;1ssa nccessa n :1. Anche la costituzione degli eserciti del tempa cd il modo di provvedere alla loro vita contribuiva ad impedire che le operaz ioni belliche avessero un carattere decisivo. Per assicurare la loro fedeltà ai Sovrani, gli eserciti erano, infatti, in gran parte costituiti co n elementi mercenari. Questi, con l'aumentare della mole dell e masse armate, divennero sempre più costosi e finirono con l'imparre ai Sovrani la necessità di farne economia, non esponendoli in battaglie decisive, qualora il farlo non sembrasse assolutamente indispensabile. Anche se gl i eserci ti così costituiti - :-ibituati alle lunghe guerre, selezionati, per quanto riguarda il fisico, dalle fatiche e dai disagi e, per quanto ri guarda il morale, dalla ferrea di sciplina e dalle gravi puniz ioni in uso in quei. tempi - non presenta vano tutte quelle deficienze morali che comunemente loro si attribuiscono, pure il fatto che essi, oltre che uno strumento di lotta ed un mezzo di vittoria, costituivano un capitale <la custodire e d:i spendere parsimonioassai 1ileno samente, doveva influire a rendere la condotta delle o-uerre b energica.


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Anche per il modo nel quale veniva allora risolto il problema dei servizi, il cui funzionamento - salvo che per i foraggi - si basava sull'affluenza da tergo, si attribuiva poi essenziale importanza ai magazzini e quindi grande era il valore delle linee di operazioni , a minacciare le quali più che ad annientare le forze nemiche si ,olgeva, per conseguenza, assai spesso e volentieri la manovra dell'avversario nel campo strategico ed in quello tattico. Ciò ci dimos,tra come non passano considerarsi effetto di una concezione del tutto errata: sia la minaccia effettuata contro i magazzini di de_posito assai più spesso, e con risultati ugualmente considerevoli, che contro la massa nemica; sia la cura gelosa che i comandanti panevano nel coprire la propria linea di operazione: cura, per la quale a volte bastava il semplice accenno ad una manovra aggirante od avvolgente perchè gli eserciti indietreggiassero anche senza aver combattuto. I perfezionamenti e la diffusione delle armi <la fuoco - che, per quanto riguarda le armi portatili, aveva permesso, al sorgere: del secolo XVIU, la costituzione di una Fanteria tutta ugualmente armata di fucile e di baionetta - avevano fatto inoltre preferire per la battaglia gli ordini lineari . TI che pnmetteva , è \"Cro, di esplicare meglio l'azione di fuoco; ma, riducendo sempre le azioni tattiche a combattimenti frontali , rendeva difficile trarre da esse risultati veramente decisivi. Circost~nza, questa, che doveva anch'essa influire nel non far ritenere la . battaglia come il mezzo unico per decidere le guerre e quindi nel non far rivolgere, nel susseguirsi degli avvenimenti, gli sforzi dei Capi alla distruzione della massa nemica.

Si tratta, come si vede, di circostanze contingenti, la cui efficacia non infirmava i principi essenziali dell'arte militare; ma fatalmente conferiva alla guerra i particolari caratteri di una lunga e sterile lotta di logoramento. Non appena l'influsso delle circostanze suddette verrà a diminuire e quindi a cessare del tutto, - come avverrà, nello stesso secolo XVIII, con Federico II di Prussia e, più ancora, nel secolo XIX con la rivoluzione francese e col Buonaparte, - la condotta della guerra assumerà caratteri ispirati ad una maggiore energia e ad una più forte volontà di decisive vittorie e l'arte militare dovrà fatalmente risorgere.


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Federico JI, che impersonava insieme il Monarca ed il C,ipo militare, così che per lui venivano elimi nate le divergenze tra Governo centrale e Comando dell'esercito e la necessità d i sottopo rre le o perazioni militari alla preventiva approvazio ne del Sovrano, potè rappresentare, con le sue decisive vitto rie, una chiara e gloriosa eccez10 ne. Sovrano e comandante, egli sapeva bene che sui campi delle sue battaglie si deci deva, non soltanto della sua gloria militare; ma an che della sua Corona e delle sorti stesse del suo piccolo Reg no. Per conseguenza, sulla sua condotta di guerra, non poteva influire, come ancora si verificava per i suoi avver sari' - alcuna azio ne ri tardatrice ed, anzi, in lui le tiuali tà mili tari fin iva no col ricevere costante i11citamento alle azioni dec isive dalla co nsapevolczz~i del la situa zione politica contingente e della mi ssione stor ica cht: spt:ttava ;::I Sovra no. T ale missione veniva suggerita, e di remmo guasi imposta, a Federico fl dalle condizioni stesse, nelle guaii, salito al t rono nel 1740, :;Jf"età di 28 anni, egli aveva trovato il suo Stato <, pri vo - com e lo ri rorda il Corsi - di frontiere, tra l'Impero, la Russia e Lt Svezia, r: :inacciato cfall e gelosie degli Asburgo e degl i ;iltri Prin r ipi r ,n 111:1n1(i , con la Sassonia sull 'Elb;i e l'Austria sull 'Oder ,, (1), e, m ine lo defi nisce il Vacca Maggio lini, « piccolo Regno di 2.24 0 .000 ab i1:1111i, mosaico Ji Provincie st;iccate, sparse d al Niem en al Reno, ro110 a l>occo ni, a contatto con molti vicini potenti e g elosi de! L 1scensio 11e che il nuovo Regno aveva iniziato » (2). Per conseguenza, occorreva, con u n a sagace opera pol itic i << di cement:izione n e più ancora con la forza delle armi, riunire in uni ca, s:1lda compagine le diverse regioni. Fra queste bisognava stra ppare al dominio dell'Austria la Slesia; m a, o per assicurarsi la Slesia, bisogna va conquistare anche la Boemia e ciò rendeva ancora più indispensabi le il possesso della Sassonia » . Dalla necessità d i conseguire t:ili scopi - imposta al giovane Re come l'urgente, indispensabile soluzione ùi un vero e proprio problema di esistenza - erano derivate appun to le guerre federiciane, guerre, nelle (Jual i, se F ed eri co Il lloveva guidare anch'egli alla vittoria le energie di una (( lega >• , non poteva neppure da questo fatto vedere inceppata, o co munque diminuita, la libertà della sua azione di comando_ ( 1) CoR~l:

« Sommario ,li Storia militare ». (2) VACCA- J\·l-11:c; wu NI : « L1 g ue rra nei secoli XVIII e X IX ,,.


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La lega, che s'era formata intorno alla Prussia per la guerra dei sette anni era costituita, infatti, da Staterelli - come l'Hannovcr, il Brunswich, l'Assia-Casse! -, invero troppo piccoli per potere assumere atteggiamenti contrarì all ' unità di comando, e dall'Inghilterra , che - sempre fedele alla sua politica, tradizionalmente ostile all'affermarsi in Europa dell'egemonia di una Potenza continentale - si era schierata contro la Francia di Luigi XIV dalla parte di Federico II. Essa, già impegnata nella guerra contro l'Olanda per il dominio delle colonie, doveva, del resto, concorrere alle vittorie prussiane più col denaro che col sangue; cosl che neppure l'intervento inglese poteva determinare, nel con durre le operazioni m il itari, quei coJ.1.fli tti di interessi e di volontà, che aveva no reso sempre e r~n dono ancora così difficile il concorde impiego degli eserciti delle coalizioni. 1n quanto all'esercito, alla costituzione di esso, alle esigenze imposte per la sua efficienza, le istituzioni militari prussiane e le provvidenze logistiche adottate da Federico II avevano in gr ;tn parte eliminate anche le altre circostanze, dalle quali avrebbe potuto deriva re una dan nosa lentezza nelle operazioni. L'esercito p russiano aa costituito, infatti, soltanto per u11 te r zo della sua totalità da elementi mercenari - soldati scelti, allenati ai disagi ed alle fatiche e resi migliori dall'abitudine alla disciplina e dall'esperienza - i quali dovevano costituire un saldo nucleo di veterani, attorno ai quali , traendone ammaestramenti ed esempi, dovevano più facilmente raccogliersi le giovani forze dello Stato. <• La Prussia - scriveva infatti il Maravig na (1) - prc:cedendo di mezzo secolo )a rivoluzione francese, aveva fin dal 1733 adottato come base di reclutamento per il proprio esercito il principio dell'obbligatorietà e personalità del servizio militare. Lo Stato era divi so in Cantoni ed ogni Cantone forniva le reclute ad una compagnia, a scelta del capitano. Erano esenti - come per le milizie francesi e piemontesi soltanto gli ammogiiati ; nonchè gi i elementi utili alio sviluppo deil'industria nazionale. L'obbligo del servizio, prima illimitato, t ra stato poi ridotto a 20 anni. La portata della legge, che colpiva tutti in un'epoca di privilegi, e la durata prima illimitata del servizio avevano reso odiosa l'istituzione, specialmente in Prussia, ed il padre di Federico II aveva dovuto dar prova della sua fermezza di carattere per indurre i suoi sudditi a formare un esercito nazionale. Era stata ( 1) MARAVIGNA:

,e Storia dell'arte milita re moderna " ·


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necessaria l'indomabile energia del suo forte volere - come ben r iconosce il Macaulay - per dare alla Prussia un forte organismo militare e, con un 'oculata politica finanziaria, un posto fra g li Stati d'Europa, che la piccolezza del suo territorio ed il numero dei suoi abitanti non le avrebbero mai consentito. Anche i problemi inerenti all'efficienza dell'esercito, alla sua vita ed al suo movimento avevano trovato, presso i Prussiani, soluzioni più atte a diminuire quell'importanza dei magazzin i e delle linee di operazione, c he tanto aveva contribuito a suggerire le non decisive manovre proprie della guerra di logoramento. Il sistema dei magazzini, se non potè venire del tutto abbandonato, era stato reso, infatti, molto più semplice da Federico II, ìl quale, limitando i depositi soltanto ai generi indispensabili, aveva abituato il soldato a prov\'edere egli stesso alla sua esistenza, act1uistando i vive ri con la sua paga e ricorrendo alle risorse locali. Per conseguenza, nessuna delle circostanze, che avrebbero potuto ancora costringere il Coman<lo prussiano alle esitazioni ed agli indugi della guerra di logoramento, poteva inceppare la condotta della guerra da parte di Federico Il, il quale aveva potuto imprimere alle operazioni del suo esercito un :.md:i.mento più r:ipido, un indirizzo più deciso, una celerità di movimento e di manovra anche n el campo t:mìco, di fronte alla quale le mosse dei suoi avversarì dovevano re~tare lente, incerte e quindi incapaci di procurare la vittoria. Qualora, infatti, si consi<leri lo svolgimento delle guerre federiciane - e più particolarmente quello della guerra dei sette anni e si faccia un raffronto tra i disegni e le decisioni dei comandanti conI rapposti, si ha l'impressione come di un lungo, accanito duello tra avversar1 che non si trovino nelle identiche condizioni; poichè, l'uno, privato della necessaria libertà di movimenti da legami d'ogni sorta, è costretto ad un contegno prudente, a parate fiacche ed inefficaci, ~cl azioni di attacco assai lente e quindi sterili di risultati; mentre l'altro, agile, Yigoroso, completamente libero da ogni impaccio, può invece dimostrare maggiore prontezza, sviluppare azioni improvvise, conseguire un più efficace impeto nell'attacco e prevenire all'occorrenza l'azione avversaria con opportune u scite in tempo. La condotta delle guerre federiciane aveva rappresentato, per conseguenza, la lotta tra il passato, ormai condannato al trah10nto, e l'avvenire che g ià si affermava, anche nella realtà dei fatti, con tutte le sue promesse per la rapida, necessaria evoluzione della guerra " di logoramento >> verso quella (( di movimen to ».


xv Ma se, nel secolo XVIII, Federico II di Prussia Joveva costituire, nella condotta della guerra, una mirabile eccezione, tanto da essere considerato come il precursore di Napoleone I, i caratteri della lotta dovevano necessariamente essere, nel secolo XIX, quelli della guerra assoluta, dopo che la rivoluzione francese rese veramente nazionali gli eserciti, riaffermò il primato delle Fanterie, ridusse l'importanza delle linee d 'oprraz_ione e, facendo vivere gli eserciti con le risorse del territorio sul quale o peravano, li rese assai più mobili .

.Ma chi l'opera Jella rivoluzione affinò, disciplinò e rese durevole e quasi dovunque vittoriosa, fu, come è noto, Napoleone Buonapartc. Quando, il 27 marzo 1796, egli ass ume per la prima volta il comando di un esercito, sia pure piccolo come l'Armata d'Italia, la preparazione di Napoleone I può dirsi già completa. Eg li muove, infatti, senza alcuna incertezza, a conqui stare la prima vittoria con quella stessa manovra per lince interne, alla quale chiederà poi in vano la sua vittoria ultima; e Dego - Montenottc, del 1796, è simile a Montmirail - Montereau del 1814 ed a Lig ny - Waterloo del 1815. I piani da lui già concepiti, le lettere da lui indirizzate al Direttorio prima ancora delle sue prime vittorie, contengono già, della ~ua consapevole superiorità, la più solenne affermaz ione ; e, se il Governo continua a fargli pervenire consigli da lui non richiesti, egli non ne tiene conto, pur sapendo di rischiar la carriera, la gloria e la sua vita stessa. Con un' indipendenza sempre maggiore, egli effettua così pienamente i disegni già da lui formulati; ogni tappa della sua m arcia vittoriosa costituisce una nuova prova della sua felice ed illuminata intuizione; ogni nuova vittoria afferma, di fronte ai suoi avversad e specialmente davanti ai suoi stessi generali ed ai suoi soldati, la di lui superiorità di stratega e di tattico incomparabile. A ventisette anni, egli . divide, infatti, le masse nemiche, costringe con tre vittorie, minacciando Torino , il Piemonte alla pace ; aggira con improvvisa, ardita manovra l'ala . sinistra degli Austriaci a Piacenza, li insegue a Lodi, entra in Milano, dove può finalmente offrire alle sue truppe i viveri, le vesti, le armi, i quadrupedi di cui erano prive; corre quindi a rompere la linea nemica sul Mincio, as-


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s(·dia Mantova e, rendendo vano, con la meravigliosa prontezza delle decisioni e con la forza del carattere, ogni tentativo dell'Austria per liberarla, la costringe alla resa. Egli può, quindi, nel 1797, marciare finalmente su Vienna; ma arresta in tempo il suo volo vittorioso per offrire alla Francia la pace, ad essa o rmai più necessaria e da essa ;1 ncor più desiderata di una nuova vittoria. Nel 1798 minacci3, attraverso l'Egitto e la Siria, le vie commerciali del nemico più accanito; sostitui sce in Francia il Direttorio, ormai senza energia e senza autorità e, come Primo Console, si prepara ad aggiungere alla gloria del generale quella del politico e del legislatore, quando, dopo avere offerto invano la pace, è costretto ancora alla guerra. Valica, quindi, nel 1800, le Alpi, ritorna in L ombardia, annulla di un colpo, in una sola battagìia, con una sola Yittoria, a Marengo, tutti i successi che l'Austria, battendo tutti gl i altri generali francesi, aveva conseguito du ra nte la sua assenza, e ritor na nuovamente in Francia, dove, più glorioso e più potente, può final mente dedicare tutte le sue energie all'opera di ricostruz ione che appariva urgente ed indispensabile. In soli due anni, dopo avere, con le paci di Luncvillc e di Amiens, conseguita b tregu:i. che gli crJ. necess:iri:i, con U!: ' opcr:1 di governo pron ta, sagace ed illuminata, conferisce uno stabile assetto alle finanze, p rovvede degnamente all'istruzione pubblica, riordina la magistratura, promulga il Codice Civile c prepara nuove leggi, quasi tutte ispirate a romana sapienza; pacifica la Vandea ; placa col Concordato l'ostilità del Pontefice, speg ne ogni voce discorde, sve nta le congiure ordite contro di lui e, traendo anche da esse profitto , consegue davanti al popolo di Francia tali e tante benemerenze, che ormai facile gli riesce passare, a traverso il Consolato a vi ta, alla costituzione del! ' Impero. Durante il Consolato e nel primo anno del suo Impero egli forma la Grande Armata, l'esercito possente, il mezzo sicuro, col quale minaccerà l'Inghilterra per assalire invece l'Austria e marciare trionfalmente su Vienna e vincere i due Im peratori avversari ad Austerlitz nel 1805; per battere i Prussiani a Jena e ad Auerstadt e raggiungere Berlino nel 1806 ; per battere i Russi a Friedlan d e pervenire a Tilsit nel 1807; per sconfiggere gli Spagnoli a Burgos ed imporre alla Spagna la sua volontà a Madri d nel 1808; per battere nuovamente gli Austriaci e giungere ancora a Vienna nel 1809 ; per vincere, infine, i Russi a Borodino e violare, sia pure invano, nel 1812, Mosca, la loro città santa, la Capitale delle loro tradizioni.


XVII

La rivelazione del suo genio militare non poteva essere più felice e più completa, il suo sogno di dominare tutta l'Europa e di effettuare l'idea dell'Impero universale di Dante stava per effettuarsi. Il solco lasciato sui libri dalla sua mano impaziente, le vie già percorse dal suo sguardo ansioso sulle carte, durante la sua preparazione, -si trasformavano in itinerarii effettivamente percorsi dai suoi soldati vittoriosi. La sua mente, guidata dagli anunonimenti della Storia, intuiva in tempo i dìsegni dei vecchi e dei nuovi nemici; concepiva piani di guerra mirabili per tutti i teatri di operazione; provvedeva alla raccolta di sempre nuovi eserciti con tutti gli espedienti de li 'organica; trovava soluzioni opportune per ogni arduo problema di logistica; riparava prontamente, sui campi di battaglia, gli errori Jei suoi generali e traeva immediato partito da quelli dei suoi avversari; dispensava a ciascuna delle migliaia di anime che lo seguivano un raggio della sua luce, la forza del suo impeto, la fede della sua stessa certezza e, << quando, nell'istante più cruento, nella fa se pit1 decisiva della battaglia, egli percorreva la linea delle sue truppe e g ridava: Soldati, spiegate le vostre bandiere. Il momento è venuto! egli vedeva tutti i suoi uomini tr;.i~alirc, impazienti. di comba nerc e di vmcere » . Nulla - come egli stesso doveva poi scrivere, - gli sembrava impossibile e, chiamando a racco lta attorno alla sua meravigliosa energia tutte le diverse attitudini dei suoi fedeli, si ostina va contro ogni ostacolo, infrangeva ogni resistenza, seguiva il mutare degli eventi con l'immediato ed efficace mutare delle disposizioni ; costringeva, malgrado tutto e malgrado tutti, la Vittoria a sorridergli ancora; e, quando eglt finalmente vedeva venirgli incontro l'angelo dato a portargli una nuova Corona, scagliava contro l'ultimo baluardo nemico l'irresistibile impeto e la sempre g iovane forza della sua Vecchia Guardia.

Di Napoleone generale i critici hanno affermato che, nell'impresa di Spagna e più ancora nella campagna di Russia, egli abbia cominciato, come un grande astro luminoso, ad offuscare la sua luce nelle ombre del tramonto. Forse, infatti, nel 1808 e, pii:1 ancora nel 1812, cominciò a mancargli la fortuna già stanca; non certo la po.tcnza del suo genio militare. Anche nel 1813, infatti, egli strappa


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~mcora ai nemici molteplici assai difficili vittorie a Liitzen eJ a Bautzen; respinge sdegnosamente i patti che gli si offrono ed, accresciuta, con i mirabili accorgimenti dell'organizzatore, la forza del suo esercito, muove nuovamente contro il nemico aumentato di numero e lo vince ancora a Dresda, per toccare poi la sua prima vera sconfitta a Lipsia, quando, nei quattro giorni della prova terribile, egli giuoca disperatamente la sua carta con la stessa fermezza di carattere, che aveva già dimostrato nelle tre giornate di Arcole. Dopo la sconfitta, corre a chiedere nuove forze alla Francia e, benchè ormai tutto gli manchi, egli combatte strenuamente fino ;11l'ultimo, in difesa del suolo francese, con appena pochi uomini, troppo vecchi o troppo giovani, veterani o reclute, g ià stanchi o non ancora istruiti, - mancanti, come i suoi pr imi soldati, di cavalli, di :: rmi e perfino del pane. E con un così m inuscolo esercito impegna la sua lotta suprema, tiene testa alle minacce ti tubanti dello Sc hwarzenberg, come a quelle, ardite ed implacabili, del Bliicher; vince LJUesti nei cinque combattimenti che costituiscono la battaglia strategica di Montrnirail , vince <juelli a Mon tereau ed induce ancura i potenti avversari a chiedere a lui, ormai inerme, un armistizio. Animatore instancabile di sempre nuove energie. m entre te nta ìn tutti i modi Ji sorreggere la Francia perchè essa non lo alib:1 ndoni 11ell'ora del più grave pericolo e della suprema difesa, celando nel 5:iJdo rnore Li sua crescente ansietà, egli concepisce t] llindi b piì:1 ardita del le sue m anovre ed avvolge lo Schwarzenberg a Saint-D iz icr, compiendo ancora l'ultimo, disperato tentati vo per arrestare l' invasione nemica ; ma la fede di Parigi gli viene improvvisamente a mancare cd il suo gesto arditissimo non g li dà la vittoria. Eglj tr;:iscina ancora, con foga indomata ed indomabile, in soccorso della Capitale 1 m iseri avanzi dell'esercito che ancora gli rimane ; m entre le.: truppe nemiche, entrate in Parigi, violano la sede del suo Impero. Abba ndon:ito poi -·- dopo la parentesi dell' isola d'Elba - il suo troppo piccolo Regno e tornato in Francia, costretto ancor~, un;1 volta alla g uerra, egli improvvisa come per incanto nuovi eserciti e conduce ancora una volta l'Armata del Nord alla vittoria a Lign y, per cadere poi definitivamente, due giorni dopo, a Waterloo, oramai abbandonato per sempre dalla Fortuna e dal Destino. Ma, nella sua turbinosa epopea, il Buonaparte, organizzando in Italia le diverse Repubbliche e fondendole poi nel Regno Italico, lasciò, anche e specialmente presso il nostro popolo, i germi che dovevano poi svilupparsi durante il nostro Risorgimento e - come


XIX

scrisse il Casini (1) - (( ch iamando gli Italiani alle armi e portandoli a combattere da un capo all'altro dell 'E uropa, abituandoli a vincere ed a morire all'ombra della bandiera tricolore, ridestò in Italia ogni sopita energia. « Poeti, oratori e filosofi piansero poi, è vero, per il troppo sangue versato da Napoleone e lamentarono il fiore della CTioventù italica o r.eciso sui campi spagnoli o sulle spiagge rutene, al servizio della politica imperiale; ma quel pianto e quel lame nto m ale si conci liarono con la venerazione dm uta ai fo rti ed ai valorosi. << Con guei morti, con quel sangue l'Italia si risentì rom an:.i e si preparò a risorgere. Le vi ttorie degli ltaliani sulla Raab, a T erragona, a Malojaroslanty, diedero la coscienza della sua forza e del suo diritto alla nazione, che in <-1uel piccolo esercito ebbe un;, seconda scuola di disciplina morale e di sentimenti patriottici » . E fu appunto per q uesto che quando, nel 1848, all 'inizio della prima guerra per la nostra indipendenza, il generale napoleonico Teodoro Lechi offrì in Brescia a Re Carlo Alberto le aquile ddlc bandiere che i soldati del Regno Italico avevano bruciato per non consegnarle all'Austria , il rito volle senza dubbio sig nificare la ripresa di un cammino soltanto interrotto ed il nobilissimo dono p:ir\ 'C bene a ragione il sacro pegno che la vecchia generazione affi(Lwa non invano alla nuo va. L'efficace ric hia mo alle armi rivolto agli I taliani <lai Buonapartc, ia gloria conseguita dai nostri soldati in tutto il periodo n apoleonico, l' ideale della libertà affermato e diffuso in ogni terra italiana dagli eserciti del grande Còrso costitui rono, infatti, la premessa necessaria alle guerre per il nostro Risorgimen to. Guerre, dellt quali noi esporremo gli episodi più impananti nella parte seconda (guerre per l' indipendenza) e nella parte terza dei presente volume (guerre per l'unità nazionale).

Abbiamo voluto ricordare, in rapidissima sintesi, gli avven imenti militari più imparta nti del secolo XVIII e l'epopea napoleonica, per patere più facilmente immaginare g li insegnamenti che dovevano trarsi dalle vittorie del grande Corso per quanto riguarda la Fanteria, la cui affermazione si dovette, durante il secolo XIX, anche ai sue(1) TOMMASO CASINI :

<< I

Modenesi nel Regno Italico ».


xx cessivi perfezionamenti delle armi da fuoco ed all'evolversi delle cause dei conflitti bellici. Nel secolo XIX, infatti, gli stessi principi' che avevano guidato quasi sempre alla vittoria Napoleone I , vennero segu iti, sia pure con le diverse applicazioni imposte dall'aumentata mole degli eserciti, e le guerre, mirando all'indipendenza ed all'unità dei popoli , furono, come le istituzioni militari, più veramente nazionali. La Fanteria si affermò quindi sempre più Arma principale è Regina delle battaglie, come l'aveva definita lo stesso Napoleone e, a mano a mano che le armi si perfezionavano ed aumentavano di gittata, di giustezza e di celerità di tiro, trovò procedimenti più opportuni per meglio coordinare, sul campo di battaglia, il m ovimento col fuoco, fino ad arrivare all'azione decisiva con l'urto, chi edendo all'Artiglieria un appoggio sempre più efficace e rendendo sempre più sanguinoso e difficile l'impiego della Cavalleria nel campo tattico. A rendere la Fanteria più potente e completa e meglio atta al la su:i più importante m issione tattica, non paco contribuirono, durante il secolo XIX, i nuovi perfezionamenti conseguiti dai suoi m ezzi tfazione. A m.1lgrad0 degli studi e delle invenzioni precedenti, ;ill 'inizio del secolo XIX gli eserciti avevano ancora armi che, rispetto a Lluelle odierne, possono sembrare quasi rud imentali. Per guanto riguarda gli esplosivi, l'invenzione attribui ta al mastro bombardiere Abramo di Memminghen, che nel 1410 aveva suggerito una miscela di acido nitrico, acido solforico, ammon iaca liguida cd olio di catrame, era andata perduta e non si adoperava presso gli eserciti che la polvere da sparo, sia pure con quella maggior conoscenza degli effetti di essa, che ne suggeriva l'im piego con cariche diverse, a seconda dei risultati che si desideravano. Per quanto riguarda poi le armi, basta ricordare che quelle che gli eserciti napoleonici impiegarono per l'Europa, su tutti i campi deììe ioro ixmagìie, erano costituite da cannoni e da fuciii mod. 1777. Gli uni, tipo Gribeauval, tiravano a palla piena fino a 1800 metri, c_on un tiro sufficientemente preciso a 600 metri, assolutamente inefhcace a 1200, e con una celerità di 3 colpi al minuto; gli altri, ancora a pietr:1 focaia, cal ibro mm. 17,5, con una gittata massima di 600 m., un tiro efficace fino a 200 ed una celerità di tiro non superiore a due colpi al minuto. Fu appunto dunque nel secolo XIX, e più precisamente sul finire della prima metà di esso, che i prog ressi dei mezzi materiali


XXI

di lotta andarono rapidamente moltiplicandosi, così da conferire alle armi da fuoco, in un periodo di tempo cli appena otto lustri, quella sicurezza d'impiego, quella potenza di effetti, quella vera e propria perfezione, dalla quale, come abbiamo già detto, vennero mutati gli aspetti della lotta stessa e per la quale fu necessario modificare la tecnica del combattimento, nonchè gli stessi rapporti d'importanza fra le singole Armi di un esercito, confermando il primato della Fanteria. Con l'affermarsi delle ancor giovani energie delle scienze chimiche, fu possibile impiegare, nella costruzione delle armi, metalli sempre più atti ad accrescerne la potenza; nonchè strappare ai segreti della natura forze sempre più formidabili. Basti ricordare, in proposito, le prime ricerche di nuovi esplosivi fatte dal Braconnot e dal Pclouze, c.lallo Schonbein e dall'Abel, dall'italiano A scanio Sobrero e dai fratelli Nobel: scoperte, che - se resero possibi le moltiplicare le forze umane per frantum are le rocce e nell'aprire ai commerci più facili vie - permisero, sui campi cli battaglia, di combattere il nemico da una maggiore d istanza e resero possibile alle artiglierie d i aumentare la potenza <lei singoli colpi, utilizzando gli esplosivi, non soltanto per lanciare sempre più lontano il proietto ; ma anche per renJc1e yucsto, con le cariche di scoppio, m essaggio 11011 fallace di minacce sempre più gravi. Perfezionamenti non meno importanti conseguivano, intanto, le armi da fuoco anche per i progressi della meccanica e <lclla fisica . Ed ecco il D c Minié, lo Charrin, il Lorcnz, il Peters, il Nesskr cercare di rendere più potenti i fucili da guerra, mediante l'uso di proietti meglio atti ad usufruire di tutta la forza d'espansione derivante <falla combustione dell'esplosivo ; il Delvignc proporre nd 1827 la rigatura della canna delle armi portatili; il Dreyse iniziare, nel 1836, la trasform azione a retrocarica dei fucili prussiani; l'italiano Giovanni Cavalli, gloria immortale della nostra Artiglieria, suggerire e dimostrare possibile a tutta l' Europa l'impiego di cannoni caricati dalla culatta e rigati, attuando così quanto Napoleone Buonaparte aveva meditato nella solitudine di S. Elena. I progressi sopra ri cordati ne suggerirono e ne resero presto possibili ben altri; e, col migliorare delle leghe m etalliche, con l'adozione di speciali sistemi di caricamento, di sparo e di sicurezza, con l'impiego di opportuni congegni di puntamento, con l'apparire delle mitragliatrici, i mezzi materiali di lotta moltiplicarono sempre più la forza dell'uomo armato contro il suo simile ; suggerirono, come già nel passato, la ricerca di speciali mezzi di difesa, contribuirono


XXII

ad imporre battaglie meno brevi nel tempo e più grandiose e terribili nello spazio; finirono col rendere sempre più difficili le vittorie e con l'indurre la Morte a gesti, se non più inesorabili, certo più larghi e più rapidi.

Ma , se il carattere più veramente nazionale degli eserciti ed i perfezionamenti delle armi conferirono, nel secolo XIX, nuova importanza alle Fanterie, un nuovo efficacissimo impulso derivò all'efficienza di quest'Arma anche dalle cause stesse delle g uerre; cause che, facendo per il momento astrazione dalle conquiste coloniali, s'immedesimarono quasi sempre con l' indipendenza dei po poli e con l'unità delle nazioni. Per conseguenza, nel secolo che prenderemo in esame, le guerre perseguirono q_uasi tutte nobilissimi scopi , la cui importanza non poteva più sfuggire all e masse ed il cui valore doveva stimolare più efficacemente i sentimenti patriottici dei combattenti e quindi aumentare negli eserciti quelle energ ie spiritual i che, se costituiscono per ogni compagine armata la fo rza più sicura cd operante. rappresentano per la Fanteria una condizione essenziale per combattere ed il più fecondo incitamento ad ogni vittoria.

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PARTE PRIMA

LE FANTERIE ITALIANE DURANTE IL PERIODO NAPOLEONICO



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L 'Italia a/In ji11c tiri srcolo XVIII.

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L'ITALIA DOPO LA PACE DI AQUISGRANA

Come scriveva il Carducci (1), la Storia italiana nella prima metà del secolo XVIII « patrebbe per certa guisa assomigliarsi al quarto atto del dramma: tutto ciò che è annunziato, preparato e svolto negli atti anteriori, si avvolge di nuovo, si mescola e intralcia. Nell'atto quinto, cioè nella seconda metà, fuor di metafora, .tutto ciò che dell'antico sistema politico e delle vecchie società rimane, precipita o accenna a precipitare, per dar luogo a un nuovo ordine di cose 11. Alla fìne del secolo XVIII l'Italia era ripartita in diversi Stati, grandi e piccoli, taluni a regime monarchico, altri a regime repubb)icano, separati e discordi tra loro ; ma quasi tutti sottoposti all'influen za straniera. Due soli Stati: uno nd settentrione, l'altro nel mezzogiorno, erano a regime monarchico: il Regno di Sardegna cd il Rea m e di Napoli e patevano dirsi indipendenti. Quattro erano le: Repubbliche: Venezia, Genova, Lucca e San Marino. Erano Principati, Granducati o Ducati: Milano e Mantova, la Toscana, Modena e Reggio, Parma e Piacenza, Massa e Carr:u a, Monaco e Piombino. L'Italia comprendeva, inoltre, gli . Stati della Chiesa; Malta dei Cavalieri di Gerusalemme; la Corsica francese; la Valtellina e Chiavenna dei Grigioni; i Baliati svizzeri del Ticino ed, infìne, la Lombardia sottoposta all'Austria, che così restava ancora accampata nella valle padana. Esaminiamo rapidamente le condizioni di ciascuno degli Stati suddetti, servendoci della diligente sintesi fatta in proposito da Emilio Pognisi (2). G. CARDUCCI : « Letture sul Risorgimento italiano >i . (2) Pomm1: "Storia politico - militare " ·

(I)


4

IL REGNO n1 SARDEGNA. - Aveva una popolazione di 3.250.000 abit;rnti ; comprendeva il Piemonte sino al Ticino, la Savo ia, Oneglia, la città cd il contado di Nizza e la Sardeg na (avuta nel 1720 in cambio della Sicilia, prima asst:gn:ìta a V ittor io Amedeo II col trattato di Utrecht del 1713). Capitale Torino con 75.000 abitanti. Dopo la pace di Aquisgrana l'Austria rimase ostile alla Sardegna cd alla Prussia ed anche la Francia non si mostrò benevola verso il P iemo nte; così che i due Stati, non più ri vali, ma proclivi a stringersi in alleanza, costri nsero Carlo Emanuele I fI di Savoia a rnnanere neutrale durante la guerra dei sette anni. Nel Piemonte, salito ad un certo grado d i potenza e di comiderazione, il bisog no di libera li ri form e no n fu m olto sentito, anche pcr chè, eia Emanuele Filiberto in ;)oi, i Principi sabaudi avevano sempre cer cato di miglior:_ire le co ndizion i dei loro sudditi. D opo la pace di Aqui sgrana !l.111diera dei barr,1glio111 pù·,nonrc_.-;' sotto flittono Carlo Emanuele m dedicò gli ulti Amedeo li. mi anni del suo Reg no a fecond~ opere di pace, serven dosi rlei cons;gl i e del l'opera del Ministro Bog ino; ma il suo suc<.essorc, Vi ttor io Ame<leo lll, dovette dedicare le sue cure specialmen te all'cserc1to (rifo rma del 1774) (1). 11. REAME DI NAPOLI. - Contava 6.000.000 d i abi tanti e cvmp;-endeva gli Abruzzi, tutta l'Italia m eridio nale, la Sicilia, i pre5id, dell.i T oscana . Impoverito dalla dorninaz.ione spagnola, do po u,u br e\'e dominazione austriaca, era passato, nel 1735, sotto la dinastia <lei Borboni, col Re Carlo (1735 - 1759), primogenito di F ilippo V e della R egina di Spagna Elisabetta Farncse. Così lo Stato di ventò autonomo, anche se la sua indipendenza non potè ritenersi completa, dato l'influsso esercitato sul Rea me dalla Spagna. ( 1) \'cda~i il rnlumc Il Ji quest'opera.


5 Per consiglio del Ministro T anucci (1755 - 1777), vennero promosse benefiche riforme; ma Ferdinando IV, diventato maooioren ne b~ e sposatosi a Maria Carolina d'Austria, figlia di Maria Teresa, che ben presto dominò il marito, licenz iò il Tanucci. Staccatosi dalla Spag na per opera della Regina Maria Carolina, il Reame di Napoli dovette poi subire l'influenza austri aca ed anche ·quella inglese. Esso ebbe un esercito ben Yestito cd equipaggiato; ma non molto efficiente, costituito da uom ini reclutati fra gli stranieri o fra i peggiori el ementi naz ional i, e<l una flotta assai forte, sicchè l' alleanza col Re di Napoli venne rice rcata da ll 'Inghilterra. LA REPUBBLICA DI GENOVA. - Con 400.000 abitami era ormai ridotta al semplice possesso della Ri,·iera ligure, poichè, stan ca delle continue ribellioni della Corsica, l'aveva già ceduta all a Franci a ( r76S), alla quale l'isola era rimasta, a malgrado dell'eroica difesa di Pas(p1alc Paoli, valoroso campione dell'indi pendenza còrsa. LA REPUBBLICA DI VENEZIA, con 3.coo.000 di abitanti , tenace conservatrice delle sue antiche istituzio ni. non :1\·ev~1 suhìto riforme. n~ cercato miglioramenti. Sembrava proprio - dice il Pogn isi . c he essa non sentisse l' infl usso delle nuove idee. La popolazione era 5cmprc in fes ta e la vita si svolgeva Iieta e spcnsicrat;i ( T); ma la prosperità commercia le era isterilita, la Marina stremata di forze, l'Esercito poco efficiente. Neutrale e disa rm ata, b Repubblica aYeva perduto la sua autorità di fronte alle varie Poten ze ed era ormai in rapicla decaden za. Lo Stato era dominato da una sola città, Venezia, cd, anzi, da una sola classe di cittadini, che p artecipavano al Governo per diritto ereditario. La terraferma: il Veneto (2), l'Istria, la Dalmazia, le terre di Albania, le isole Ionie, non avevano alcuna ingerenza nel Governo. LuccA . - Lucca avc,·a 120.000 abitanti cd il suo dominio si spingeva fino al m are, alla spiaggia di Viareggio. Aveva un Governo riservato ad una stretta oliga rch ia. ( 1) Cfr.: C.\SANOV.\ : (<:Vlcmoric ,• ; MuLMrsn: « La vita p1ivata a \'cnc· z ia » ; RoM;,MN: ,, Storia documentata d i \'enezia "·

(2) P rov incie di Pado,·a, Vicenza, Yeruna, Bresc ia , Bergamo, Crema, Polesine di Rr;vigo, 1farca Trevigiana , Friuli.


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SAN MARINO. - Era la sola Repubblica (5.ooo abitanti) a tipo democratico, retta da un Consiglio e da due Capitani reggenti, eletti . . . ogm sei mesi. GLI STATI DELLA CHIESA con 2 milioni e mezzo di abitanti (Caritale Roma con 16o.ooo anime), si estendevano dalle bocche del Po sino a Terracina (Romagne, Marche, Umbria e Lazio).

Tra gli altri Stati italiani, dei quali diremo in seguito, erano, com'è noto, sottoposti all'Austria o sotto la sua influenza, la Lombardia ed il Granducato di Toscana.

LA LoMBAROIA. - Comprendeva i Ducati di Milano e di Mantova ed aveva una popolazione complessiva di 1.300:000 abitanti. Già ·così importante al tempo dei liberi Comuni e del Ducato cii Milano, la Lombardia durante la dominazione spagnola aveva Yisto arrestarsi ogni progresso e soffocata ogni feconda attività (1). Salvo che nel breve intervallo dell'amministrazione piemontese, tra la fine del 1733 ed il 1736 (guerra per la successione in Polonia), la Lombardia era governata dal 1706 dall'Austria ed il nuovo Governo aveva cercato di lenire le piaghe lasciate dalla lunga dominazione spagnola. Era stato promosso lo sviluppo economico e morale del paese, compilato il catasto, ripartite meglio le imposte, riordinate e moltiplicate le scuole, aperto il teatro alla Scala (1778), abolito il diritto d'asilo, soppressa la inquisizione. Anche il Paese aveva secondato l'opera del Governo austriaco e le principali famiglie avevano preso parte all'amministrazione (Belgioioso, Visconti, Scrbelloni, Trivulzio, D'Adda, Pallavicino, Borromeo, Litta). Morta Maria T eresa (1780), l'Imperatore Giuseppe II aveva pro· mosso riforme e mutamenti, che in parte avevano turbato la cittadinanza e che dovettero essere abrogati dal suo successore, Leopoldo di Toscana (1790). ( 1) " Milano scriveva P. Verri - che gl i Spag noli trovarono con 300.000 abitanti fu <la essi la$ciata con 100.000. M e ntre nel 1616 si numeravano nella citt:i 70 fahhri che di lana, nel 1640 solo 15 ». (VERRI: (( Su ll 'economia pubblic;1 di Md:rno - Scritti vari»).


7

IL GRANDUCATO DI ToscANA. - Contava 900.000 abitanti. Estinta nel 1737 la famiglia Me<lici - che lasciò la Toscana in un deplorevole stato <li povertà materiale e morale - per il trattato di Vienna (1738), la Toscana passò a Francesco <li Lorena, maritr, di Maria Teresa. Dopo aver fatto parte per qualche tempo ciell'Impero austriaco, ridivenne Stato indipendente alla morte di Francesco di Lorena ed ebbe un Principe proprio in Leopolrto (1765 - 1790), figlio secondogenito di Francesco, il quale promosse importanti riforme: soppresse il tribunale del Sant'Uffizio , frenò la potenza del clero che, sotto gli ultimi Medici, aveva acquistato influenza e ricchezza, diminuì il numero dei conventi e degli ecclesiastici e, sostenuto da Scipione Ricci, Vescovo di Pistoia e di Prato - che, fautore delle: i<lec: giansenisticlie, vokva ricondurre la Chiesa all 'austerità dei tempi evangelici e restituire ai Vescov i la pienezza di autorità., ritenuta usurpata a danno loro dal Vescovo di Roma - - pensò di riformare la disciplina interna e la liturgia delle diocesi toscane. Migliorò, inoltre, l'amministrazione Jella Maremma, ridusse il debito pubblico da 87 a 24 milioni, ripartì con maggiore equità le tasse, ripristinò le manifatture della seta e della lana, sospese i vari monopoli e le dogane interne, ristabilì il commercio esterno cd interno dei grani . Nel 1789 pubbl.icò un resoconto delle entrate e delle spese della Toscana dal 1765 al 1789, dal quale appare come le entrate fossero cresciute e<l il bilancio si fosse chiuso in avanzo. Il campo delle sue più audaci in no vazioni fu però la legislazione penale. Dalla lettura del noto opu scolo del Beccaria ( r) fu indotto all'abolizione della tortura e della pena di morte ed a proibire la confisca dei beni, le g iuri sdizioni feudali, i fori privilegiati, gli statuti particolari. Pare anche che egli volesse dare una Costituzio ne ai suo Stato, quando, nel 1790, per la morte del fratello Giuseppe II, fu chiamato al trono imperiale. Tutto dedito alle opere di pace, egli aveva trascurato le istituzioni militari. IL D ucATO DI PAR'-IA E PIACENZA. - Sotto i Bor boni, comprendeva: Parma, Piacenza, Guastalla, il Principato di Sabbionetta e <li Pozzolo. Aveva circa 500.000 abitanti.

di

IL D ue.no DI MonENA E REGGIO. - Contava una po1x1lazio11e abitanti; aveva una propria dinastia nella Casa d'Este, della

380.000

( 1) CESARE BECCARI A:

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Dei delitti e delle pene ».


8 quale il Duca Francesco 1ll (1737- 1780), dedito ai traffici ed ai monopoli', provvide anch'egli ; 1 llualche rifor ma per infrenare l'autor.ità t:ccksiastica.

Considerazioni. Queste le condizioni della Penisola sul finire dd secolo XVlll. Due classi dominanti e privilegiate, rappresentate dai nobil i e da l clero; un popolo, in gran parte plebe, vivente nell 'avvilimento, nell' ignoranza, nella superstizione; la campagna in parte incolta, abl1andonata ; lang uenti il commercio e l' industria; le arti affidate a corporazioni chiuse. Le nuove dottr ine, che si andavano formando e divulgando speci:ilrnentc in Francia, per difetto di una borghesia numerosa, attiva. colta, non ebbero molta diffusione in Italia, dove, nonostante il notevole risvegl io intellettuale, esse rimasero patrimonio di pochi. !l movimento riformatore fu per noi in gran parte un movi mento :, rtificiale, opera dei Principi e dei Ministri imbevuti del le nuo ve doti rine, spnso ig n:iri dei vni bimgni dei popoli da loro govnn ;iti, nnn ~eguìti dalla maggioranza dei sudditi che rifuggiva dalle novità. Esso si fece sentire assai meno negli antichi Stati: Venezia, Pievolti pit1 a monte, Genova, Modena, Lucca, Stati Pontifici conservare che a rinnovare gl i antichi ordinamenti ed ebbe, invece, grande impulso in Lombardia, in Toscana, a Napoli cd a Parma. li Lemmi (I) spiega <.1uesto fenom eno col carattere stesso delle r iforme, volte specialmente a combattere i privilegi ecclesiastici e signorili a vantaggio del l'autorità monarchica, con un movimento favorito dai Principi, ma non compreso dai papali, i quali avrebbero ;;.rnto bisogno di larghe riforme econom.iche, amministrative e sociali che n e preparassero il risorgimento. In nessun paese si pensò a concedere al popolo una parte del Governo dello Stato, condizione necessaria per procurare stabi lità alle ri forme stesse, che l' ar bitrio del Sovrano poteva abrog:Jre, e per addivenire ad una larga rifo1rna sociale. Nessun accenno ad un Governo costituzionale; anzi a Palermo i'antico Parlamento siciliano :rndava perdendo ogni gio rno la sua (1) LEMMI: « Le origini del Risorgimento italiano " ·


9 importanza ed in Piemonte erano caduti in disuso ("Tli Stati oenerali o b ' come, in Sardegna, non si teneva alcun conto delle Corti oenerali sarde, istituite dagli Aragonesi nel 1441 e ch e avrebbero J ov~lto riunirsi ogn i dieci anni. Anche negli Stati Pontifici il Senato, che aveva sede in Bologna, non svolgeva alcu na attività. D'altra parte è bene considera.re che una Costituzione sarebbe forse riuscita più dannosa che benefica, poichè il popolo non era preparato a partecipare alla vita pubblica ed i Principi non potevano spogliarsi di una parte della loro a utorità, se la coscienza del popolo non lo richiedeva. L' Italia non era ancora matura per rad icali riform e: da una parte stavano pochi uomini dotti, che di sponevano di una cultura europea, che li aveva resi inglesi o francesi, ma non italiani; privi di senso pratico, non curanti di ogni tradizium: e dd carattere nazionale, e dall'altra parte u n popolo desideroso di LJU ictc, attaccato alle sue consuetudini, incapace di scorgere i vantaggi lontani delle nuove dottrine econqmiche, avverso a c.1ualsiasi riforma che tendesse a sottoporre i privilegi locali ad un interesse più vasto e generale. << Lo squi librio fra le idee dei pochi e le tendenze dei molti era - scrisse il Lem mi - l'ostacolo contro il quale si infrangeva l'opera riforma trice del secolo ... << Stati e popoli italiani odiavansi l'un l'altro o diffida vano l'uno dell'altro, data la secolare separazione. Solo un ristrettissimo gruppo di cittadini poteva far sperare che il sentimento nazionale andasse lentamente formandosi ». La coscienza politica nazionale mancava del tutto ed andò prendendo a poco a poco vigore durante ed alla fine della dominazione napoleonica. La Francia e l'Austria mantenevano con la loro politica l'Italia in una condizione di perpetua debolezza, che meglio permetteva di dominarla, e si g uardavano dal co nsentire che uno dei nostri Stati si rafforzasse in modo da potersi difendere Ja sè. Durante la pace che va dal 1748 al 1792, le Case d 'Austria e di Borbone non avevano cessato di contendersi il primato al di qua delle Alpi ; la Francia tendeva al predominio sulle idee e sui costumi ; mentre l'Austria aumentava sempre più la sua influenza politica. Allorchè la Francia repubblicana scese nuovamente in campo contro gli A sburgo, l'I talia non ebbe quindi la possibilità di approfittare della contesa per costituirsi finalmente in nazione e per effettuare il suo risorgimento e la sua unità nazio nale.

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IO

precursori. Tuttavia, anche in Italia, assai più che nel passato, il pensiero dei filosofi si volgeva agli interessi e ai bisogni del popclo e perciò era tenuto ii1 grande onore tutto quanto riguardava l'economia pubblica, l'amministrazione degli Stati, la legislazione. La scienza si faceva pratica, si applicava, si divulgava, e riformare istituzioni , governo, leggi e costumi era l'ideale di tutti. " I1 movimento, rimasto in gran parte speculativo e senza imrnediate applicazioni in Bruno, in Campanella, in Vico, allargandosi nella classe colta, si concretava nello scopo e nei mezzi, specialmente per opera dei giureconsulti. Scope: combattere i privilegi ecclesiastici e feudali in nome dell'eguaglianza, combattere l'arbitrio in nome della legge e riformare la legge in nome della giustizia e dell'equi tà. La leva era il Principato civile, elemento laico, legale e riformatore, sul quale si appoggiavano le speranze dei novatori » (T). A dimostrare ancora una volta che gli eventi politici più importanti sono sempre preceduti da un processo intellettuale e culturale che li prcannun7,ia, anche in Italia non mancarono politici, economi sti e scrittori atti :icl :innunzi'are l\wvento di tempi nuovi: Pietro G iannone mise in evidenza la necessità delle relazioni tra la Chiesa e lo Stato; l'abate Genovesi, il Verri, il Galiani combatterono il vecchio sistema economico; il Beccari a eJ il Filangieri dimostrarono gli errori della vecchia legislazione; Pr incip i e Ministri, sospinti dalla opinione generale, iniziarono riforme in tutti i rami dell'amministrazione pubblica. Intanto - come scrisse il Pognisi - anche noi ebbimo, in certo qual modo, la nostra enciclopedia nel giornale « Il Caffè >> (giugno 1764 - giugno 1766), che si può considerare come il primo giornale italiano che, per la redazione collettiva e gli intendimenti, meritasse veramente questo i;iome, anche se, in ordine di tempo, era stato precnluto da yualcl1e altro foglio. Un redattore del " Caffè )) assegnava al giornale questi scopi: (( La pubblica utilità, lo spandimento della luce, l'accrescimento del numero dei lettori e dei lettori docili alla verità >, . << Il Caffè », sorto ad imitazione dello « Spectator » di Addison, veniva opportunamente ad agitare le menti ed i cuori degli Italiani. Esso era redatto a Milano, dove, fra tanti pregiudizi cd ordini spagnoleschi, si era pur formata, col traffico e con l'esercizio del!t: ( 1) Così il

DE

SANTIS: « L etteratura it:iliana >• .


I I

professioni liberali, quella classe m edia, tra nobiltà e popolo, che doveva avere tanta parte nelle non lontane conquiste. Il giornale era diretto da Pietro Verri ( 1728 - 1798), storico ed economista. Le discussioni, i dibattiti, le opinioni, le verità che si :1ffermavano dai << componenti ddla Società del Ca ffè > ' , ebbero nel giornale un rapido e pronto mezzo di diffusione . Stampato a Brescia, città della Repubblica Veneta, per evitare lo zelo della censura imperiale, usciva ogni dieci giorni con articoli di morale, di politica, di economia, di letteratura, accessibili ad ogni lettore. I redattori illustravano modeste vicende della vita familiare in mezzo ad un'aristocrazia fastosa; in politica non si discostavano dalle forme prevalenti , non erano rivoluzionari come g li enciclopedisti francesi, non sognavano tumulti ed anzi volevano lo Stato retto dalla saviezza del Principe, con buone leggi, (( perchè la patria è in gran parte solidarietà morale più che materiale >> e chiedevano soltanto una maggiore larghezza degli ordini amministrativi , una più equa distribuzione dei poteri << che la tirannia confonde ed i popoli civili hanno g ran cura di tenere separati e disgiunti n . In un articolo attribuito allo stesso Pietro Verri si spingeva lo sguardo fìno a cercare la patria degli Italiani (ti tolo del! 'articolo) e si condannava il pregiudizio irragionevole (( di credere che un Italiano non sia concittadino degli altri Itali ani , e che l'esser nato in uno, piuttosto che in un altro punto di quello spazio c/1e Appe1mi11 parte, il mar circonda e l'Alpe, conferisca più o me no all'essenza od alla condizione della persona )>. Fra gli amici de « Il Caffè i> era anche Cesare Beccaria (1738 rj94), di nobile famiglia milanese, autore di un piccolo libretto int itolato 11 Dei delitti e delle pene ,, che, pubblicato nel r764, rapidamente si divulgò, spingendo i Principi all'abolizione della tortura e della pena di morte. Se Mil ano poteva vantare il Verri ed il Beccaria, Napoli poteva essere orgogliosa del Galiani, del Genovesi, del Filangieri, di Mario Pagano ( r) e di tanti altri.

(r ) Antunio Genovesi (171:!-176'.J), da lla prima catledra fondata in Europa, datò le lezioni di commercio. Ferdinando Galiani, chietino (1728 - 1787), autore della " Moneta >> e del << Dialogo sul commercio dei grani ». Gaetano Filangieri (1752 - 1788) scrisse la <, Scienza della leg islazione ,,. Mario Pagano (17481799) ri velò, in parecchie opere, i vecchi abusi, censurò la procedura penale allora vigente, pubblicò, nel 1785, i <t Saggi politici >>.


I 2

Appunto a Napoli Pietro Giannone (1676 - 1748) era stato un precursore del le riforme che 50 anni dopo tante speranze dovevano suscitare negli animi degli Italiani . Egli aveva sostenuto le prerogative regie contro la Curia, levandosi coraggiosamente contro le ambizioni del clero in materia giuridica. Con la « Storia civile del Regno di Napoli » aveva preso in esame l'evoluzione delle leggi e <lei costu mi; messo in luce l'antitesi tra il potere ecclesiastico ed il civi!e; tratta dal passato l'antica dottrina dantesca sui due reggimenti; dimost rato la necessità di ristabilire prontamente l'equilibrio turbato dall'invadenza dd potere ecclèsiastico. In Lombardia Giuseppe Parini non si occupò di politiG1, nè di economia; ma m eritò un degno posto tra coloro che maggiormente contribuirono a preparare l'avvento del nuovo secolo. Nato << in kmpi di nuove idee e di vecchi uomini» , in Bosisio nel 1729, morì nel 1799; fu precettore dei giovani Serbelloni, potè studiare da presso lo spettacolo del! 'aristocrazia decadente e col « Giorno » (il (< Mattino " : 1763, il (( Mezzogiorno ,, : 1765, il « Vespro e la Notte))' pubblicazione postuma), pronunziò una efficace ed arguta req uisitoria contro l'incoscienza della classe domi nante. Va, inoltre, ricordato Vittorio Alfieri (1749 - 1803), figura giga ntesca e solitaria che ci diede la tragedia politica e sociak, fnndata sul l'idea che la società apparteneva al più forte e che giustizia, virtù, verità, libertà gemevano sotto l'oppressione d i u n doppio _potere assoluto e irresponsabile: la tirannide regia e la tirannide papale, alle quali, più tardi, il poeta aggiunse la tirannide popolare. Con lui rinacq ue l'idea nazionale (1). (<

)>

Per quanto riguarda le istitu zio ni militari, dobbiamo constatare che, salvo che nel Piemonte, gli Italiani· avevano perduto l'abitudine al servizio. Ministri e Principi riformatori ritenevano inutile ogni prep:uazionc bellica nei loro piccoli Stati, alieni da una politica forte. ,, Così il Paese restava disarmato. I costumi d ivenivano sempre più licenziosi e non si poteva sperare di riacquistare la fierezza e l'operosità di un tem po. Il Piemonte era il solo paese d'Italia, fedele alla sua tradizione mi litare ed alla coscienza politica regionale ... La politica dei Savoia, rivolta all'acquisto della Lombardia, soggetta ( 1)

EMILIO

PoGMS1, op. cit.


alla dominazione straniera della Spagna e dcli 'Austria, aveva orm ai fatto del piccolo Stato il dife nsore ed il campio ne dcl l'indipendenz;i italiana e non invano ad esso erano rivolti i voti, sia pur retorici, dei poeti e dei letterati >> (1 ). Tuttavia, se nella seconda m età del secolo XVIII l'Italia ebbe ,iilche essa economisti, scrittor i e poeti, che già preannunziava110 i nuovi eventi, essa ebbe, come la Francia , anche ~c rittori militari di grande fama . " '. 4' Lo stesso Pietro Gian\ none, g ià da noi prima ricordato, nel paragonare i' Italia antica con quella del ~uo tempc, aveva scritto, per richia mare gli Italiani alle armi : ,. Ciò che io dico, maggiormente appa ri rà chiaro, se faremo atte nzione che l'Italia, ancorch è serva, ha prodotto capitani illustri e insigni , i qtrali , militando sotto le bandiere dell'Impero o di Spagna o di Francia, han riportato i primi onori e g radi negli eserciti, e che, per senno, condotta e valor militare, s1 sono resi immortali, e la fama ne risuona e risuonerà per sempre g loriosa nd concetto e nelle bocche degli Uniforme della Fantaiu picmonle, t' ~

UOl11Jlll >>.

•. ., ·,1,

sotto Tliuorio A meden Il,

Antonio G e no vesi, a nch'egli g ià da noi ricordato, scriveva nelle sue <( Lezioni di economia civile >' : « A vol er considerare l' Itali a nostra, e dalla parte del suo sito e da quella de g l 'ingegni , e per quello che ha ella altre volte fatto e fa eziandio, tuttochè divisa e come dilacerata, si converrà di leggieri ch'ella fra tutte le nazioni d'Europa sia fatta a dominare, pcrocchè ( 1) Or. Lrn~11, op. cit.


il suo clima non può essere più bello, nè più acconcio il suo sito rispetto alle terre e al mare che la circondano, nè più perspicaci e accorti e destri e capaci di scienze e d 'ar.ti e duranti gran fatiche, e oltre a ciò più amanti della vera gloria i suoi popoli, di quel che essi sono. Ond'è dunque ch'ella sia non so lo rimasta tanto addietro all'altre nazioni in tutto ciò che par suo proprio, ma divenuta in certo modo serva di tutte queJle, che il vogliono ? Essa non è stata di ciò causa la sola mollezza, che le conquiste de i Romani v'apportarono, pcrocchè questa morbidezza, che le ricchezze e la pace v'avevano introdotta, non durò lungo tempo; ma la vera cagione del suo avvilimento è stata d' averla i suoi figli m edesimi in tante e sì piccole parti smembrata, ch'ella ne ha perduto il suo primo nome e l'antico ~uo vigore >>. Fra gli scrittori militari italiani dell'epoca, il più profondo ed il p iù degno di essere considerato come un precursore fu senza dub bio Giuseppe Palmieri (1721 - 1793), u fficiale del l'esercito napoletano, così cfficacemente ricordato dal Bobbio ( I) : ,e Dopo aver combattuto sotto Carlo III di Borbone, nel la g uerra per la successione d 'Austria, disting ue ndosi nella bauagl ia d i Velletri . ~t:f si ritirò a vit:i privata per darsi ai rnoi studi di art,· milit;i re e di economia politica . Le sue e, Riflessioni critiche suJl 'ar te della guerra H , nelle quali, come scriveva lo stesso Antonio G enovesi, " lampeggia u n chiaro, sottile e sodo spirito filosofico, congiunto a non o rdinaria erudizione, ci fanno vedere, non solo un u ffi ciale che scrive di guerra, bensì un filosofo intento a ricercare le leggi cui la guerra stessa ubbidisce))_ Il Blanch d ice d i lui: << Il Palmieri è il primo che ahbia dato colore di scienza ad un .t rattato della guerra n . « Stabilito che la guerra nacque coli' uomo e che l'origine dell'arte della guerra è dovuta al fatto dei pochi che dovevano difendersi contro i molti, viene subito ad affrontare il problema se guesl" arte si deve apprendere colla teoria o coll'esperienza. E gli intravede e procla ma giustamente i legami che devono esistere tra teoria ed es perienza. Una teoria che non abbia per fondamento l'esperienza non è una vera teori a, e l'esperienz a, che non abbia per guida la teoria, è l'ignoranza, non l'esperienza. L 'ignoranza, la vanità, la presunzione e l'odio dello studio hanno creato il numero strabocchevole dei difensori dell'esperienza . Anche la più ricca vita militare è povera di quell'esperienza vera, compiuta, degna del nome, la quale ( 1)

E~11t. 10

Ro nnw; « L:i guerra ed il sun svilupFo storico » .


è quella ch e emerge dallo studio della guerra. L'esperienza vera è quindi quella che si acquista collo studio e non quella che nasce dagli ozi della pace e nemmeno quella di coloro che vanno in guerra come le tende ed i bagagli >J . << Nemico dichiarato del sistema di reclutamento a base mercenaria, egli esaltò gli eserciti nazionali, previde la coscrizione, combattè la tendenza esagerata a dare grande importanza al fuoco ed esaltò quindi l'arma per il combattimento vicino, in quanto è l' arma dell'aggressione, dello spirito offe nsivo e del sacrifiz io n . Sull'impi ego della Cavalleria ebbe concetti veramente napoleonici : « La Cavalleria serve per battere i cammini, per riconoscere i nemici, per inseg uirli rotti, per disertare il paese, per assaltare dove trova debolezze e ritirarsi dove trova forz e maggiori; insomma è una truppa che deve offendersi e difendersi colla celer ità dei movimenti >>. Partigiano convinto della cooperazione delle varie Armi nel combattimento e della guerra di m ovimento, di quella guerra in cui la m anovra ha più importanza dell'Artiglieria e delle fortezze, il Palmieri esaltò soprattutto le forze morali. « Il generale non è pari all'architetto, il quale, terminata la costruzione che gl i è stata commessa, no n ha più nulla da fare . Ciò accade perchè gli uomin i sono differenti dalle pietre e, fatto l'esercito, bisogna conservarlo; ma per conservarlo bisogna governare tanto le sue forze materiali che le forze morali ... Si accresce la foga particolare degli uomini mettendo Io spirito in moto ed il corpo in stato di seguirne i movi menti. Si mette lo spirito in moto eccitando le idee di g loria e di onore e sopprimendo quelle del timore che può destare l'amore alla vita e col renderli sicuri della vittoria. Per mettere il corpo in stato di seguire la comprensione dello spirito, bisogna conservargli le sue forze, e, se si può, ancora accrescergliele•>. Il Palmieri, per l'erudizione, profusa largamente n ella sua opera, per quella libertà spassionata e quasi spregiudicata di g iudizio che s:;mprc conserva come vero filosofo della guerra, supera di molw tntti i suoi contemporanei. Il Marselli lo definì un << chiaroveggen.te » e tale egli fu in q uanto previde i futuri progressi, e le sue opere sono degne anche ai g iorni nostri di essere lette, studiate e meditate dagli ufficiali itali ani .


11.

LA RIVOLUZIONE FRANCESE E LE SUE ISTITUZIONI MILITARI Preparata dai pensatori e dai filosofi, impC>sta dagli an tichi privilegi ancora spettanti alla nobiltà ed al clero, attesa come un'indispensabile liberazione dal papolo, che non poteva ormai più a lungo sopportare il malgoverno derivante dal regime assoluto, la m iseria prodo tta dalla cattiva amministrazione, le ingiustiz ie commesse da lla venale magistratura, la rivoluzione francese, segnando il trio n fo del; 'eguaglianza sociale, rompendo le resistenze invano opposte dalla ùehole Monarchia e dalle coal i:t,ioni stra niere, diffondendo, con l'impeto vittorioso dei suoi eserci ti, i nuovi principi di libert:1 in tutta l'Europa. iniziò una nuova èra nella storia del mondo. L a rivoluzione ebbe inizio, come è noto, c.1uasi imm ediatamen te dopo la convocazione degli Stati generali, che - alla pre~e nza del Re e dei Ministri , nonchè dei 270 deputati della nobil tà , dei 291 deputati del cl ero e <lei 578 deputati del " terzo stato » - si r iunirono in Versailles il 5 maggio 1789, dopo quasi due secoli di inattivi tà, e vennero sostituiti ben presto da quell ' assemblea naz ionale costituen te, che doveva com pilare la dichiarazio ne dei diritti dell'uomo e del cittadino ed alla quale, due anni dopo (1791), doveva succedere l'as~c mblea legislativa con tendenze prevalentemente repubblicane. Venne così a rendersi inevitabile la lotta fra la rapprese ntan za del popolo, ormai consapevole della propria forza, e la Monarchia, debole e<l inJecisa, la c.1uale non pateva fare più assegnamento neppure sulla saldezza dell'esercito, rimasto privo di ufficiali per l'em igrazione dei nobili e quasi del tutto disorganizzato. Da tiuesta lotta derivarono, come inevitabili conseguen ze: l' int{:rvento dell'Austria e della Prussia, accorse a soffocare in Francia i nuovi ideali di libertà; la resistenza improvvisata dalla Francia, che riuscì a r aggiungere il Reno e si impadronì del l3elgio, di Nizza e òella Savoia (1792), il supplizio di Luigi XVI (1793) ed, infine, la prima coalizione, nella L]Uale l'Inghilterra. la Spag na, l'Austria, la


17 Prussia, l'Olanda, il Regno di Sardeg'na ed il Regno di Napoli si unirono contro la Francia. La gravità del pericolo e le insurrezioni scoppiate, intanto, nell a Vandea, in Provenza e nel Delfinato, fecero concorrere, in uno sforzo supremo, tutte le energie del popolo francese alla necessaria resistenza (1). La legge, detta de réquisitio11 , del 23 agosto 1793, ordinò che tutti i F rancesi fossero « in requisizione permanente pel servizio dell'esercito; che i giovani si spingessero in mezzo ai combattenti ; gli ammogliati fabbricassero armi e trasportassero vettovaglie; le donne provvedessero alle tende, agli abiti ed al servizio negli ospedali ; i fanciulli facessero filacce per i feriti ; i vecchi, sulle pubbliche piazze, r afforzassero il coraggio dei guerrieri, predicando l' amore alla Repubblica >> . ( 1) Perchè i lettori ricordino com e si compisse allora in Francia una vera e prop ria << mobilitazione civ ile ed ind ustriale» e confront ino lo sform compi uto dall a Repubblica Francese con quelli richiesti, d urante le guerre attua li. ag li Stati bell ige ranti, si riportano le notizie date, in proposito, dal .:V!orcno, nel suo « Trattato di Storia militare ». << L 'intera po polazione, di venuta disponibile, fu di visa in gt11crazio11i (cl:1ssi d i leva), che doveva nsi far partire gradatamente, a seconda dell'età c.:J a misura che a ndavano crescendo i bi sogni. Tutti i celibi o \'edovi senza tigli. JJi 18 ai 25 anni d'età, form:1 v:ino !a prima req;iisi::::ionc e d ove\'ano ri unirsi nc:i rapoluoghi d i di stretto, formarsi in battaglioni e tenersi pronti :i p:irtirc::; k f!enc razioni dai 25 ai 30 anni Jo\'eva no appresta rsi e tenersi prome ad ogni chi:rn1a1a. aYendo intanto il carico del servizio inte rno; quelle, infi ne, dai 30 ai (JO anni dovevano rimanere a d isposizione dei rappresentanti del Go,·crno, incaricati di condurre a termine la lev:i. (< Per arma re le truppe t"osì riuni te, furo nu ridotte a fabb riche d 'arm i - in tutte quelle città che si presta,·ano a sitfotto lavoro ·- le pia zze, i pubblici passeggi, le case di una q ualche ampiezza, ponendone, però, a Parig i il p rincip.1le st::ibilimento, che dol'e\'a forn ire sino a mille fu cili al giorn o; perciò fu ropo requisiti tutti g li armaio li , i la\'oratori d i metalli e perfino gli orolog iai disponibili. Altri 188 stabilimenti <love\'ano riparare a rmi e materiali d'og ni specie. Q uindici fon d erie f u rono impia ntate, atte a dare 7.000 cannoni d i bronzo i n un anno; trenta per quelli d i frrro, che ne potevan dare , 3.000; venti manifatture d'anni bianche, mentre u11a sola ve n 'era per l'innanzi. " Manca ndo per la fabbri cazione della polvere il nitro, che diffici lmente e scarso arriva va dall'India , si pcns0 ad estrarne dalle ca ntine, obbligando i p roprietari ::illa visita ed allo scavo di esse e se 1\e rica vò per 12 milioni d i franchi in '9 mesi, dove prima se ne a veva per un mil ione all'anno. « La requisizione dava i mezzi per vestire e nutrire k nuove Jeyc e per provvedere di mezzi di trasporto i Corpi eh,:: si anda\'ano formando. « Anche i più distinti cultori d elle scienze furono messi a contribuz ione, a profitto dc:ll'esercih>: Fourcroj , C haptal, Benhollet attesero a surrogare !e


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N ell'interno si istituì il Governo del terrore ed il Comitato di salute pubblica, il quale, spingendo gli eserciti improvvisati contro g li stranieri, dopo quasi due anni di guerra (1794- 95), indusse alc11ni Stati a riconoscere il Governo ddla nuova Rep ubblica e la Spag na e la Prussia a ritirarsi dalla coalizio ne, e permise alla Francia di procurarsi, colla costituzione detta dell'anno III, un nuovo ordinamento, nel quale il potere legisl ativo veniva affidato a due Consigli elettivi (quello dei 500 e quello degli Anziani, in numero di 250) ed il potere esecutivo ad un Direttorio, costituito da cinque membri. Alla fine del 1795 restavano contro la Francia : l'Austria, che desi<lerava riconquistare il Belgio ; il Regno di Sardegna (Vittorio Amedeo I 1!) che voleva la restituzione delle perdute Provincie della Savoia e di Nizza; J'Inghilterra la qual e mirava alle colonie fra ncesi e, pur non intervenendo direttamente n elle operazioni, aiutava gli alleati colla sua flotta e coi suoi denari. Alleato ai nemici della Francia doveva ancora considerarsi anche il R egno di Napoli. L a Francia , dissanguata ed esausta, aveva bi sogno di tram_1uillità e di pace cd il pericolo era ancora grave; ma, davanti agli occhi :itton iti cd ammir:Hi dei membri de l Direttorio, la giovane aquila còrsa apriva le ali già robuste ed impazienti di volo e, nel fosco ciclo della F rancia, già si profilava la figura severa e pen sosa di un generale quasi ventenne : Napoleone Buona parte. Si viene così al periodo napoleon ico, prima di iniziare lo studio del quale, con viene prendere in esame l'influenza esercitata dalla ri voluzione francese sugli ordinamenti mil itari, a vantaggio della Fanteria; influenza che, già preparata dai precursori nel campo del pensiero, fu duratura e profonda e che, con le g uerre e le vittorie fra ncesi, non tardò ad estendersi anche agli organismi militari degli al tri Stati , così come le idee della rivoluzione dovevano fatalmente ger mogliare in tutte le terre d'Europa. · 111;11crie eh,: cc~Sa\'ano di giungere ; Gabanis orga nizzò gli ospedali; Jarn:j introdusse pel primo le ambulanze pei feri ti ; i fratelli Chappe invent arono il tcle,i.:rafo a ,·ista; Mongc fondò la Scuola poEtccnica. « Furo no dati poteri diuatoriali ai Commissari del Governo e la pena di 1nonc fu m inacciata ai renitenti . « Si wm misero eccessi spaventevoli nell'applicazione di così fatte misure; 111;1 nel 1795 la coaliz ion e era rotta , la Francia aveva raggiunto J'a mbìto confine dl'I Reno, la Repubblica Francese era riconosciuta dalla maggior parte degli Sta ti rnrope i ».


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precursori militari. Tutte le riforme, successivamente imposte dalle circostanze, durante e dopo la rivoluzione, erano state proposte e quasi diremmo previste come inevitabili anche dagli scrittori militari del secolo XVIII, i quali avevano, infatti, deplorato gli eserciti mercenari, l'eccessiva efficacia attribuita alle armi da fuoco e la conseguente tattica lineare, l'importanza delle fortificazioni, l' im possibilità di conseguire l'unità di comando e la necessaria efficacia delle operazioni nelle guerre di leghe; vale a dire tutte quelle circostanze con tingenti , alle quali vanno attribuiti i particolari caratteri che la guerra aveva assunto durante il secolo XVII e nella prima metà del secolo XV II I. Anche se le opere di tali scrittori interessarono soltanto un limitato numero di studiosi, esse servirono senza dubbio ad ispirare i provvedimenti della rivoluzione e contribuirono a formare quella ch e il Colin ha definito l'educazione militare e la preparazione di Napoleone Buonaparte. E' bene dunque considerare , sia pure sinteticamente, l'evoluzione verificatasi, durante il secolo XVIII, nel pensiero degli scrittori militari. · Per lungo tempo si è crèduto da molti che le nuove forme e gli sviluppi assunti dall'arte militare nel periodo della rivoluzione francese ed in quello naJX)leonico fosse ro stati determinati soltanto dalle necessità contingenti o dovuti all 'improvvisa creazione del gt:nio del Buonaparte. Le nuove conguiste sociali, non potendo affermarsi se non a traverso la violenta distruzione dell'ordine preesistente, avrebbero cioè condotto all'adozione di istituzioni militari e di sistemi di lotta assolutamente diversi da quelli del passato, non più in grado di assolvere i gravi compiti impasti dalla difesa e dalla diffusione delle nuove idee e dal grandioso tentativo compiuto da Napoleone per dare un nuovo assetto all'Europa. Noi non riteniamo che si poss;1 interamente accogliere e seguire un tale concetto, almeno da chi abbia una certa cultura storica, poichè tutti i mutamenti di natura sociale, politica e militare nel campo pratico vengono sempre preparati da una precedente evoluzione d'ordine intellettuale, nella quale il pensiero è destinato a precedere l'azione. La stessa rivoluzione venne, infatti, gradatamente preparata dagli scritti di precursori (filosofi, economisti, poeti), proprio come il nostro Risorgimento che, prima di raggiungere le sue mète a traverso le congiure, le rivolte e le guerre, fu anch'esso, come abbiamo


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visto, aspirazione di pensatori e di martiri e finì col derivare da l difficile comporsi insieme dell ' idea repubblicana del Mazzi ni, di quella monarchica del Balbo e di quella confederati va di Vincenzo Gioberti. In maniera analoga anche l'evoluz ione della guerra, durante il periodo ri voluzionario e l'epopea napoleonica, trasse il primo, più efficace incitamento dalle feconde idee in novatrici, esposte, discusse e diffuse, così in Francia come in Ital ia, dagli scrittor i militari del ~ccolo XV III. L 'influsso del Rinascimento, che tre secoli prima aveva aperto nuovamente all' indagine umana gli orizzonti della civiltà an tica, ra ppresenta senza dubbio b remota o rigine di un cosl importa nte fenomeno; ma l'opera degli scrittori afferm atisi in questo periodo non costituisce una sterile ostentazione di cultura classica e si deve considerar e come la feconda ricerca, effettuata co n l'aiuto degli esempi dei g randi Capitani dell'an tichità, del modo di eliminare tutte le cause della decadenza dell'arte m ilitare allora lamentata e di ovviare agli errori, ormai evidenti, commessi durante il precedente periodo della ,, g uerra di logoramento •> . Handiera colv1111eL!a dei rcg· Ta li opere, protestando anche gimenti di Fantnia sotto contro i privilegi e le ingiustizie che Carlo Emanuele lii. impo nevano agli eserciti Capi non sempre idonei all'alti ssimo ufficio, rappresen tano, inoltre, un notevole contributo offerto Jnche dagli scrittori militari all'avvento, nel campo politico e sociale, della nuova èra iniziatasi con la rivoluzione francese.

Fra gli scrittori francesi di questo periodo, tra i quali possiamo annoverare a nche il Montesquieu, o ltre il Hosroger, il Bo ucert, il Desormeaux, che scrisse la « Storia del Principe di Condè » , ed il Du Teil , che volle conferire un indirizzo più pratico agli studi della Scuola d'Artiglieria di Auxonne, dobbiamo particolarmente ri cord are i seguenti.


2 I

Antonio D~ Pas, Marchese de Feuquières (1648- 1711) che, dopo avere guerreggiato per buona parte della sua vita, scrisse le ,, Memorie sulla guerra ». Queste ebbero molta diffusione ed esercitarono un sensibile influsso sulla preparazione degli ufficiali francesi al principio del secolo XVIII. In esse vennero riconosciute: la superiorità dell'offensi va, l'importanza decisiva della battaglia, la necessi tà di elevare gli uomini nei diversi gradi a seconda del loro i,we<rno e di b b ricompensarli a seconda <lei servizi resi. Anche il Puysegur (1655- 1743) non esitò a combattere i pregiudizi e gli abusi negli eserciti del suo tempo; ma la sua opera sul!'arte militare, pur essendo stata compilata con l'intento di contribuire alla preparazione degli ufficiali e pur affermando la nccessit~1 di adottare, per quanto si riferisce alle formazioni tattiche c.:d all a manovra, « usi semplici e regole fondate sul buon senso e sull'esperienza 1,, non riuscì a suggerire alcuna pratica e durevole innovazione_ Come se l'autore stesso non si fosse ancora liberato del tutto dei vieti concetti dell'epoca, ben dimostra la manovra da lui studiata per la difesa di Parigi; manovra, per effettua re la gualc, le truppe avrebbero <lovuto compiere marce e contromarce a ca\'allo della Senn,1, al ,nlo ~,opo « rii pre~c11t;ir,i al nr111irn d i,po,r,, in nnlin,, 11 ;iturale )) , cioè coi reggimenti schierati secondo l'anno della loro costituzione ed il grado di nobiltà dei loro comandanti. Una m:.ggiore importanza, anche perchè divennero :irgomcnto di discussioni non del tutto e non sempre sterili di risultati , assun sero, in vece, i concetti ai guaii si ispi rò nelle sue opere Cia11 Car lo De Folard (1669- 1752). Egli, che prestò servizio in Italia , nella Spag na cd anc he in Svezia, agli ordini di Carlo X II , aveva studiato attentamente i classici e dal ricordo delle isti tuzioni m il itari dei Romani e del loro modo di combattere aveva tratto l'idea della ~ua ('. colonna >1. « .(Jomo pieno d'imaginazione, di erudizione classica e dotato di potente forza spccùlativa - come lo descrive il MaraYigna (1) egli si preoccupò della decadenza delle istituzioni militari francesi e ne ricercò le cause specialmente nelle formazioni e nei procedimenti tattici allora in uso. L'idea dell a •< colonna >' rapprese nta, infatti, la naturale reazione alla tattica lineare cd ali 'ordine mttile, che erano allora imPosti dall 'efficacia attribuita all'azione di fuoco. ( 1)

M AMVIG:s;A:

,,

Storia dell'arte militare moderna

».


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Il Folar<l scrisse : a Découvertes sur la guerre » ( 1724) ed i « Commentai res sur Polybe » (1727), nei quali propugnò la formazione della .. colonna » lluale formazione tattica senza dubbio preferibile a:! ogni altra •< quando si tratti di resistere alla Cavalleria in piano, di affrontare il nemico, di sfondarne ' il fronte e di distruggerlo per mezzo dell'arma bianca, di conquistare un trinceramento, d'attaccare una posizione ed, infine, d'intraprendere un'azione decisiva » . L a « colonna >> proposta dal Folard doveva avere la forma di un rettangolo e venire costi tuita da uno a sei battaglioni di Fanteria, " serrés et suppressés » senza alcun intervallo ed alcuna distanza. Gli ufficiali ed i graduati dovevano assicurare la compagine dei Fanti, disponendosi sui lati della formazione come nell'antico sintagma greco, nella falange macedone e nelle formazioni usate dalla Fanteria n ei primi secoli della Storia moderna. La teoria del Folard, ispirata da una ben giustificata reazione contro l'abuso dell'ordi ne lineare, finì, però, per disconoscere l'impartanza già acquistata, nel secolo XVIII, dalle armi da fuoco, così da indurre l'autore a rimpiangere le antiche macchine da g uerra e k armi bianche usate nel passato.

Le idee del Folard trovarono pronta a discu terle ed a modificarle, meglio adattandole alla realtà, una grande mente di Capo m ilitare : il Mare5ciailo Maurizio <li Sassonia (1696 - 1750), uno dei mig liori dell'epoca. Dalla sua ben nota opera (< Reveries » si rileva, infa tti, la consapevolezza degli errori sui quali si fondavano il reclutamento, l'orclinamellto e l'impiego degli eserciti del suo tempo e viene confermato quel principio di giustizia che, pur rife rendosi agli eserci ti, r:ippresentò il contributo offerto anche da questi scrittori alla preparazione della rivoluzione, con la protesta contro gli ingiusti privilegi nell'assegnazione dei gradi mi li tari più importanti. Circa l'impiego degli eserciti, il M aresciallo di Sassonia disapprovava l'attacco frontale e la tattica li neare ; ma preferiva, per l'attacco, alla rigida e pesante (( colonna » del Folard, una formazione più elastica, proponendo quasi il ritorno alla legione manipolare romana, colle modificazioni suggerite dalla dive rsità dell 'armamento. Egli formulava, inoltre, <.]uei principi che furono poco dopo applicati con tanto successo da Federico li di Prussia e da Napoleone I: ,, Bisogna attaccare colla maggior parte delle proprie truppe il mi-


nor numero delle truppe nemiche che sia possibile, distraendo con poche forze il rimanente dell'esercito avversario)). Il Maresciallo di Sassonia, contrario alle lunghe linee trincerate dell'epoca ed agli schieramenti frontali , sosteneva l'efficacia della manovra sul campo di battaglia. Ricordando la disciplina del tempo ½ le severissime sanzioni in uso, raccomandava di provvedere a questa preziosa virtù, non imponendola con il terrore; ma ispirandola con la persuasione: indice, questo, dell'evoluzione già verificatasi, non solo nel campo militare, ma anche in quello sociale. Egli aveva, però, un'idea alquanto angusta della forza di un esercito, forza da lui ritenuta sufficiente quando raggiungeva i 46 mila uomini, data la difficoltà di far manovrare e Ji alimentare tanti soldati, e sentiva già il bisogno di suddividere la massa in Grandi Unità, pur essendo ancor lontano dal concepire l'azione concomitante delle diverse Divisioni per la graduazione ed il coordinam ento degli sforzi. Questa tendenza a preferire gli eserciti piccoli, ua, del resto, comune agli scrittori del secolo XVIII, probabilmente per il ricordo di quelli del Turenna e del Montecuccoli, nell 'epoca cìett::i appun to « dei piccoli eserciti e dei grandi capitani " · Circa la soverchia importanza attribuita ai suoi tempi al l'azione ài fuoco, il di Sassonia si mostrava alquanto scettico sulla capacità del soldato ad eseguire con efficacia il fuoco a salve, allora in uso, ed avrebbe voluto che si adottasse di nuovo la baionetta a m anico pieno, affinchè il fucile si trasformasse, per l'assalto, in una picca ed il soldato, una volta lanciato contro il nemico, non si preoccupasse più di continuare a far fuoco. Per la Cavalleria, il Maresciallo deplorava la tendenza dei comandanti a ri sparmiare troppo i cavalli e ricordava che, essendo la Cavalleria un'Arma, bisognava impiegarla e non risparmiarla, dopa avere, s'intende, convenientemente addestrato ed allenato i cavalli alle fatiche della guerra. Ammonimenti ancora più efficaci si trovano poi nell 'opera del di Sassonia a proposito del comandante, il quale, nella giornata della battaglia, non doveva affatto prefiggersi « di essere dappertutto, di vedere tutto e di far tutto >J . Egli dovrà stare dove vedrà meglio, potrà formulare un giudizio più sereno e sarà più facilmente in grado di profittare delle situazioni nelle quali si troverà il nemico durante il combattimento. Quando ne veda l'opportunità, il comandante dovrà portarsi là dove la sua presenza potrà essere necessaria,


:q prendere con sè le prime truppe che gli verranno sotto mano, farle avanzare rapidamente e pagare di persona. E' appunto questo che f.t vi ncere le battaglie. (( Tale era la condotta dd P r incipe Eugenio wl campo di battaglia n . E, dopo aver citato questo nobilissimo esempio, il Maresciallo deplorava le abitudi ni dì molti ge nerali in capo del suo .tempo, i LJuali •< in un g iorno di combattimento, s'occupano soltanto di far ca mminare le truppe bene a llineate, di osservare se esse conservano esattamente le distanze, di rispondere alle domande che loro venf,Ono fatte, di mandare :iiut;111ti di campo in tutte le direzioni e di correre anch 'es~: senza posa, volendo fare tutto e non facendo nulla. Io considero questi generali - seguita il di Sassonia - come gente che Ìla perso b test:i, che no n vede, che non s:i fare che quello che h ;1 fatto durante tutta la vita: cioè condurre le truppe metodicamente, sotto gli ord ini di un Capo. Ciò proviene da.I fatto c he pochi si occupano delle parti elevate della guerra. In generale g li ufficiali passano la loro vi ta a far muovere delle truppe c credono che l'arte mil itare consista solo in <1uesto. Quando poi arrivano al comando degli eserciti, essi si tro vano disorientati e, non sapendo yudlo che sa rebbe necessario fare, fanno soltanto ciò che sanno >> . Anche Maurizio di Sassonia, che aveva conseguito una preziosa e~pcrienza nelle guerre del suo tempo, scriveva - come penserà Fede rico II e come affermerà poi anche Napoleone I - che i fattori più importanti del successo, i fattori senza i quali non si possono sperare i favori dclìa fortuna, sono i fattori moraii.

Al Maresciallo di Sassonia seguì il Mésnil-Durand (.1729- 1799), anch'egli entusiasta degli ordini antichi ed autore di un 1< Progetto d'un ordine francese di tattica>>, che proponeva una formazione assai simile alb colonna del Folard, chiamata dall'autore <1 nlesion i, e nella L1uale sperava di riunire i vantaggi delle formazioni suggerite rispetti vamente dal Folard e dal di Sassonia. Del Mésnil-Durand occorre ricordare particolarmente il giusto cri terio, col (JUale egli sostenne la necessit~, di adattare i procedimenti t:::ttici all'indole dei diversi popoli. « Noi imitiamo i Prussiani, gli schieramenti lineari, diamo molta importanza al fuoco - egl i ammoniva - ma ricordiamoci che la tattica, che è ottima per un popolo, non è ugualmente buona per un altro . La tattica deve proporsi lo


sfruttamento delle diverse qualità intrinseche dei popoli " · Ecco una idea g iustissima, il tenere il debito conto della quale avrebbe p robabilmente evitato gli errori commessi, in proposito, durante le g uerre del secolo XIX (Austria: 1859 - r866; Francia: 1870). Del Mésnil-Durand occorre · ricordare a ncora un vol uminoso libro: (( Frammenti di tattica », scritto in cont rapposiz ione alle idee esposte nel <( Saggio generale di tattica>> dal Guibert, e nel quale ~i accenna già all'ordine sparso, usato poi quas i istintivamente dagli eserciti della rivoluzione francese. Egli proponeva di far eseg uire il fuoco da un velo di uomini, seguiti poi d ai reparti d'attacco, in modo che all'azione lontana, svolta da questa p r ima linea di poc hi tiratori intervallati, seguisse l'attacco e l ' urto dell e colonne. Il Mésnil -Durand d ava all'uopo le prescrizioni seguc:nti: b colonna doveva essere formata d a un battaglione; Ia comp;1gni a gr:1natieri del battaglione, al momento di muove re all'assa lto, doveva portarsi 200 metri avanti al battaglione di corsa veloce, f:tr in tervallare _gli uomini ed iniziare il fuoco, coprendo così il repa rto c he seguiva. A proposito poi dell'ordine sparso, devesi ricordare que~ la :11 1apposta d al Mésni!-Dur:rnd :t!b Sl!~ ,, Me!1~o ri:: '.;1:i c1:-ciato ri iJ, a proposito della guerra per l'indipendenza delle colonie <.l' America. <( I Canadesi, eredi sotto alcuni rapporti della gra nde abilità nel tiro dei filibu stieri, m olestavano con ciò g rand crn cn tc g li Inglesi; cd è forse ciuesto che ha maggiormente co ntribuito :1 prolungare per parecchie campagne la resiste nza di quella colonia contro forze superiori. Nell'ultima guerra, cento di loro bloccarono, per lungo tempo, Porto Reale d'Acadia, facile bensì a bloccare: m a nel quale vi era una guarnigione di 1200-1500 ed anc he 1800 uo mini. Quando g li Inglesi uscivano, i Ca n adesi andavano loro inco ntro in numero sempre di gran lunga mino re, si disponevano in ordine molto largo e<l aprivano il fuoco. Quasi tutti i loro colpi ferivano cd essi perdevano di rado un solo uomo; il bait<1gl iu11<.: inglese c01 1tinuava nondimeno ad avanzare ed essi r ipiegava no, facendo sempre fuoco sul suo fronte, sui fianchi ed a tergo, finchè lo costringevano a rientrare in città, dopo aver riportato inutilmente gravi perdite. Quando questo si fu ripetuto più volte, la guarnigione si appigliò al partito di lasciare che quegli importuni rimanessero alle porte )) . Circa l'impiego delle truppe nella battaglia riesce interessante quanto l'a utore dice, a proposito del! \ <ordine separato )) , nel quale viene riconosciuta la necessità di non combattere più con un eserr.ot:izionr


cito riunito in un'unica massa, ma con uno << separato >), frazionato cioè in Grandi Unità. « L'ordine separato - egli scriveva - è (1uello in cui ogni Divisione forma Corpo separato e combatte indipendentemente dalle altre, dalle quali essa rimane separata ed anche lontana ».

Ma lo scrittore senza dubbio più importante e « che meglio previde l'avvento dei nuovi tempi " fu il Guibert (1743- 1790), che ci lasciò il « Discorso preliminare » ed il <( Saggio generale di tattica>). Nell 'opera del Guibert si afferma come la Storia dei periodi greco e romano dimostri che le istituzioni militari debbono essere sempre in stretta relazione con quelle sociali di un popolo. « Se un paese è retto da una dinastia e se questa non è popolare, tanto che deve servirsi di un esercito mercenario, tale dinastia no n sarà mai solida. Occorre che l'attività mil itare sia perfettamente collegata con tutte le altre )) . L'autore protesta poi contro il particolari~mo delle varie Armi, ciasrnna ddle yuali era allora abituata a considerarsi indipendente dalle altre, e con futa le idee dd Folard e del MésnilDur:111d, proponendo per l'azione di fuoco una formazione li11,are, cioè una linea con densità di tre uomini soli od al massimo, e solo nel caso che si debba resistere all 'attacco della Cavalleria nemica, di sei uomini per metro lineare. Le colonne, costituite di due battaglioni, dovevano servire poi per l'attacco. Il Guibert, nel parlare delle diverse formazioni, vorrebbe che il soldato ne conoscesse lo scopo e l'efficacia. u In genere non si ragiona abbastanza col soldato, e specialmente col soldato intelligente e tale da capire molte cose. Nondimeno la solidità di una truppa crescerebbe in proporzione della maggiore convinzione che ogni individuo avesse dei vantaggi della formazione nella quale è schicr,ito n.

Circa la Cavalleria l'autore afferma che essa dovrebbe essere sempre pronta ad entrare in azione. Egli disapprova, infatti, - come aveva già fatto il Maresciallo di Sassonia - l'invio di reclute e di cavalli giovani direttamente ai Corpi « poichè il farlo all'atto della mobilitazione renderebbe poco omogenei proprio quei reggimenti, che avrebbero dovuto essere già pronti. All'uopo viene proposta la istituzione di Compagnie di guarnigione e di D epositi intermedi, presso i quali le reclute cd i cavalli g iovani dovrebbero venire adde-


strati in modo da arrivare a1 reparti in grado di prestare ottimo servizio. Per l'Artiglieria il Guibert enuncia il medesimo principio che poi doveva seguire lo stesso Napoleone: « l'Artiglieria non sarà utile se non sarà impiegata a massa » . Importantissimo è, infine, quanto si riferisce, nelle opere del G uibert, alla fortificazione, a proposito della quale egli sente il bisogno di affermare: << Non v'è in uno Stato altra forza reale cd efficiente per se stessa, che le truppe portate al più alto grado di disciplina e d'addestramento. Il numero eccessivo delle piazze forti è causa di debolezza, costringendo a disseminare l'esercito in molte g uarnigioni, delle quali poche prenderanno parte alla lotta, giacchè il destino delle piazze è regolato da quello delle battaglie ') . E, sempre a proposito delle fortificazioni, proprio in un secolo nel quale si attribuiva ad esse una così decisiva importanza, il Guibert rivela uno spirito veramente profetico, chiedendosi, circa le (} Lt:1 lità del generale in capo: << Resta da sapere se un generale, che sia un uomo di genio e Capo di un esercito ch'egli abbia abituato alla pazienza, alla sobrietà, alle cose grandi e forti, non oserà lasci:t r!>i dietro le spalle tutte queste sedicenti harriere, per _portare b g;11crr:1 nell 'interno e nella stessa Capitale dello Stato ··n emico » . Agli attacchi mossigli dal Mésnil-Durand, il Guibert rispose con una « Difesa del sistema di guerra moderno » , libro in cui si potrebbero ancora trovare buoni concetti ed utili ammaestramenti anche su quanto la guerra per l'indipendenza dell' America cominciava già ad insegnare.

Un' altra manifesta prova dell'avvicinarsi dei tempi nuovi anche per l'arte militare si può infine trovare nelle << Memorie politiche e militari )) del Loyd (1729 - 1793) (1), opera che raccomanc!a lo studio dei teatri e dei piani di guerra e nella quale viene ricordato che l'arte militare si fonda sopra principì immutabili, dei quali soltanto le applicazioni possono, ed a volte debbono, cambiare. Molta importanza, per i comandanti e per gli ufficiali, il Loyd attribuisce poi anche allo studio della Storia militare, a proposito della quale egli dà agli storici questi utili suggerimenti: << Per met(1) Enrico Loy<l fu un generale inglese.


tere il lettore in grado di farsi un concetto suo propno sulla condotta dei generali che hanno tenuto il comando degli eserciti combattenti, l'autore esporrà da prima alcune idee generali sui principì della guerra: svolger à poi il piano delle operazio ni di ciascuna campagna; farà in seguito una descrizione m il itare del teatro della guerra ed una descrizione topografica speciale delle località, nelle quali ~i sono svolti i fatti più notevoli, col piano di ciascuno di essi, ed una narrazione particolareggiata della con dotta dei Capi e dello svolgimento delle m anovre che più efficacemente hanno contribuito alJ" esito della battaglia. Tn siffatta g uisa il lettore potrà formarsi una opinione esatta delle azioni in se stesse e dei giudizi che verranno emessi dallo storico,, . Circa le formazioni tattiche, l'autore afferma che esse debbono adattarsi al terreno, che per lui rappresenta \1 il grande e solo libro del la guerra ;, . Degno di ricordo è anche <-p1ello che il Loyd scrisse sull e leve, seguendo l'idea già esposta da l Guibert per la Cavaller ia, e propa1~enclo. anzi , l'istituzione di Depositi per tutte le Armi. " Le leve - egli scrive - si fan no nelle provincie, le (JUali sono spesso molto lontane dal tc:ltro della guerra. di modo che mol ti fra ,pH.:lli che vengono :.irruolati non arrivano a raggiungere le b,m· diere: altri sono assolutamenle inetti al servizio e que i pochi che arrivano ai reggimenti sono così nuovi della milizia e così poco allenati, che molti entrano all'ospcd:.ik prima di esser~ portati al punto da poter pr estare ser vizio>> . · Un 'altra citazione del Loyd ci sembra ancora necc:ssaria perchè contiene o rm ai una sicur a profezia sui futuri eser citi della rivoluzione francese e sulle loro qu alità morali: •< Uomjni infiammati dal fuoco della libertà, per poco che siano ben diretti, sara nno sempre superiori a soldati mercenari, i quali combattono soltanto per l'autorità di u n padrone. Quando uomini coraggiosi, disperati, sprovvisti di ogni cosa e ricchi solt:i.nto del sentimento de!le ingiurie sofferte e del dcsiJerio della vendetta, debbono att;:iccare truppe disciplinate e ben provviste di tutto ciò che può assicurare ad esse la vittoria, soltanto l'inizio del combatti men to sarà difficile ii . A proposito delle g uerre di coalizione, il Loyd afferma, bene a r;1gione, che in esse non potrà m ai trarsi un'utilità proporzionata alla somma dei contingenti e dei mezzi posti in azione, perchè r.iesce difficile coordinarne gli sforzi. <1 Quindi - egli dice - no n dobbiamo meravigliarci troppo delle vittor ie di Federico II, perchè il


segreto di esse sta nel fatto che egli combatteva solo per la Prussia, contro tanti nemici divisi e discordi », e conclude con una massima degna di particolare rilievo, evidentemente ispirata anch'essa dal ricordo delle campagne federiciane: « ·in generale, fra le imprese che non hanno esito felice, ve ne sono assai poche, che non abbiano avuto successo a causa di qualche errore che si sarebbe potuto evitare >> . Ma l'argomento sul <-1uale il nostro autore esprime, quasi con le stesse parole, gli stessi concetti che ripeterà poi il Buonaparte, è quello della economia delle forze: « Un esercito, anche se inferiore di forze, ma dotato di una attività superiore, previene tutti i movimenti del nemico. Esso può, colla rapidità delle mosse, procurarsi la superiorità numerica in un determinato punto: notevole vantaggio, guasi sempre decisivo in guerra. ,, Un generale che, per la superiorità della manovra delle sue truppe o per la propria abilità, riesca a mettere contemporaneamente in azione un maggior numero di uomini sopra uno stesso punto, sarà necessariamente vittorioso, qualora sia eguale il valore delle truppe contrapposte. Perciò tutto deve tendere a questo scopo >' Con quanto abbiamo potuto ricordare del Loyt.l terminiamo la nostra corsa a traverso la letteratura militare francese del sernln XVIII. Per quanto rapida, essa ci permette di concludere che gli eserciti della rivoluzione francese e la tattica napoleonica vennero sempre più chiaramente preannunz iati dagli scrittori militari. <( Non vi è grande rivoluzione diceva ben a ragione il Ca. vour al Parlamento subalpino nel 1858 - che possa compiersi nelrordine materiale, se preventi va mente non è preparata nell'ordine morale, nell'ordine delle idee». Ed, anche nel campo della guerra, la trasformazione degli organismi militari e l'adattamento dei principì ai nuovi tempi sono sempre preceduti da un processo intellettuale, a volte lungo e laborioso, ma sempre indispensabile a prepara re quei progressi, che poi vengono affrettati e sfruttati dai Capi :-nigliori, visto che anche b Storia potrebbe adottare !o stesso assioma della Chimica: ,, Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma » e potremmo anche soggiungere: tutto si ripete.

Le nuove istituzioni militari. Il reclutamento dell'esercito, - basato sul serv1z10 volontario mercenario durante il periodo politico precedente - venne sostituito


gradatamente, man mano che, per la sua difesa, occorsero alla Francia eserciti più numerosi, col servizio obbligatorio (r), il quale fu definitivamente prescritto colla legge Jourdan (1798), che obbligò al servizio militare tutti i cittadini <lai 20 ai 25 an ni di età, esclusi quelli fisicamente inabili. La ferma era di 5 anni; il contingente da chiamare alle ar mi ven iva fi ssato an nualmente, a seconda dei bisogni. Alla coscrizione vera e propria si venne, però, dopo avere tentato di provvedere all'esercito col solo servizio volontario e con la costituzio ne della guardia nazionale, i cui battaglioni vennero mobilitati con scarsi risultati nel 1791 ed aumentati nel 1792, quando il pericolo, imponendo alla Francia la necessità di eserciti più numeros i, ave va fatto :immettere la réquisitio11 anche per gli uom ini necessari a tenere in efficienza i singoli Corpi. Un certo ordinamento era stato dato all'esercito nel 1794, con L1malgama delle nuove milizie con i reggimenti dell'esercito permanente (2). ( 1) Pr(ma della r ivoluzione, b Francia ;1vcva ann o d ue diverse ist ituzioni n:ilitar i : l'arnu'-c ro )'ale permanente, d estinata a lle operazioui d i g uerra , basata sul l" arruolamen to volontario per sol<lo, e le miliccs . ch ia mate alle arm i solo per il tempo Jj g uer ra, per le difese locali, basa te su ll"obbligo d ei w ò diti d i ap par1enervi. Uno d ei pri mi att i dell'Assemblea nazionale fu l'abo lizione del " .,ystt·::1e des m ilices" (4 ,1gosto Jj89), cio.'.: di q uel poco che già da secoli csistn·a Ji servizio militare cbhligatorio, assai male soff erto dalle popolazioni. Poi l'Assemblea nazio nale decise <.: he le truppe fran cesi d 'ogni Arma d ovessero C'sserC' « 1-cc1uti'-cs par enrolcmcnt volontaire » . Ctr. ( ;uERR1~1: « La coscrizio ne 11,ilitare in F rancia nel periodo napoleonico ». (2) C irça gli eserciti del!:, rivoluzione, i lettori potra nno inoltre consult are : il / 011mal militaire jranç:ai.; (la cu i p ubblicazione venne iniziata nel 17<)0 e che contiene la raccolta dei ckcreti riguardanti g li ordinamenti militari) e MARAVI GNA : « Storia dell 'arte militare moderna " • specialm ente al capo II del volu me Il. Ri tm iamo oppo rtu no 'riportare qua nto il generale Brancaccio scriYe,·:i in proposito nei suoi " Appunti per uno st ud io d ella preparazione alla campag na del 1n6 in l t:ilia )) : " O ltre che d a un Ministro, per i'indirizzo generale d elle cose m ilitari, il Re era assi stito da un Consiglio intim o della guerra. Questo C on siglio fu so sli tu ito, per legge del 25 m aggio 1791, da u n Consiglio di Stato che da va i concetti d irctti,·i; il M inistro doveva fo rnire i mezzi d'esecuzione. ,, Cad u1a la 1Vlonarchia, le fun zion i d i questo Consiglio vennero assu nte dalla Commi ss:one d ei dodici, tìm:hè, il .1° gennaio 1793, si costituì un ComÌUlto di dife;a ge11t>mle, composto d i 25 membri della Convenzione, ed ·alle cui sedute doveva intcrYcnir~ il Ministro. Il Com itatfl di difesa fu incaricato d i


3I La Fanteria, armata di fucili a canna li scia, ad avancarica, a pietra focaia, v.enne divisa in Fanteria di linea, destinata a sostenere la azione più importante, ed in Fanteria leggera - ci rca 1 / 6 di tutta 1~ Fanteria - che doveva proteggere lo spiegamento della rrima lmea, a 150 passi davanti alla quale, iniziava il fuoco . provvedere a tutto quanto era necessario per la difesa interna c:d 1:sterna delb Hepubhlica. cc Specialme nte a causa <lei g ra n n u mero dei suoi m embri e delle conseguenti lu nghe cd accadem iche loro discussioni , questa isti tuzione ~i dimostrò poco efficace; fu perciò assorbita ,bi Comitato di salu te pubblica ist ituito ncll"aprile 1793 e composto da un minor num ero di membri. Q uesto Comiwto, eh:: ebbe azione va stissima su tutto lo St:.ito, si cìi,·ise in Sotto - comitati con ognu no una Sezio ne dipendente; si ebbe così u n Sotto - ~omitato mi lit:i re con una Sezione della gu.errn. Sotto - comitato e Sezione, oltre a pronedere d iretta mente all' ind irizzo dcli<! o pc:azwni m ilitari, alle kggi per g li ordinamenti cd :1 q ua nto concerneva il perso nale, do\'ettero sorvegliare il Min is, ero della guer ra aftìnchè facesse da re esecuzione alle leggi cc l alle disposizioni che )!li ~i d:l\·:rn o. Il Ministero divenne così 1111 semplice org,1110 d i trasmissione di ordini :igli uffici dipend enti e come tale fu causa di ritardi e d 'incertezzc. Pcrci c\ il :! aprile: 1794, si soppresse il Min istero e lo si sostituì con una Comm issione. direttamente dipenJente eia! Comi tato. La Com missione l'it:Cutiva deL/<1 gucn II cbi>e tlltle le incombe n ze ammini strauve m ilitari prin,a spett:inti al Mi1 1i,tc:r(I , In tal modo il Com itato, sint esi ciel GoYcrno, compì b ,ua organizzaz ione di ,piccato :iccen trilmento, unendo alla su,1 opera diretti,·a anche q uella e,c:c uti, a. « Nella suddiùsionc delle attrilHn·.io11i t·h c: \l'llllc farr:1 ira i nwmhri .Id Comitato, b i.:ondotta degli affari mili tari spettò a Lazz:iro Ca rnot, il q 11ale chiamò a coadiuvarlo antichi ufficiali delle; St;ito !vlaggiore e del C;::nio, :.i nche se nobi li, purchè competenti e b \'Oratori. Scn-cndosi di ciucst:1 accolt :1 d i uffi. ciali intelligrnti e <lei materiak <li studi militari riuni to tì n dal tempo delb Monarchia al Dep6t de !t. gucru:. egli potè pron·cdcre nll'ordin;unento delle A rmate, a w mpilare i piani di g uerra , J. fornire :ii general i le informnio ni sui territori e sulle Armate del nemico, <li cui fino allora difcttav:ino. « Il Com itato di salute pubblirn, esercitando la sua azio ne per m ezzo delle accennate Co mmi ssioni esccuti,·c e di rappruentanti <lei popolo, prese una serie di im port:imi determina7 ioni orga niche per il riordin:imcnto dell"esercito, con lo scopo di rendn lo strumen to den sa mente offensi,·o e di ama lgamarne lo spiri to. " Le più notevo li fra qut~te disposiz ioni riguard a no l'incorporazione dei battaglio ni di \'O!ontari nci Corpi <l"orJinanza (detti troupes réglées) e la fo :maz ione d elle Fanterie in mezze - b r:gatc. "Sin dal principio d ella g u trra del 1792 si er,1no for mati battaglioni J i ,·olontari, che pa n ·ero all 'Assemblea e poi a lla Co n\'cnzionc aver spirito patriottico superiore a qu ello delle truppe d'o rd inanza: si era perciò creduto oppartuno p rocedere :ilb loro riunione con le t ruppe d 'ord in:in z:i, nella proporzione di 2 hattag lio ni ad I. in modo cioè che lo spirito patriottico d ei rnlo nta ri si so\·rapponesse a tJuello. meno emu.~iasta. dei soldati permanenti. Il 2r feb-


32 I reggimenti ven~ero sostituiti da mezze brigate, gli effettivi delle quali furono costituiti, come già si è detto, per 2 / 3 con deme nti tratti dalle milizie rivoluzionarie e per I/ 3 da elementi dell'antico esercito. Ogni mezza brigata era formata da 3 battaglioni (700 uomini circa), divisi in 3 compagnie . Fra le com pagnie c' erano q uelle dei hraio 1793 era stato stabilito che si formassero mezze · brigate d i .Fanteria, ognun.1 d i due battaglioni volontari cd uno d 'ordinanza; b relativa legge fu detta dell'embrigadement e si diede inizio al riordinamento dei b:1ttaglion i esistenti al 1° marzo 1793. " Nb sopravvenne la legge di requisizione del 23 agosto 1793, ,hc d iede numerosissimi uomini requisiti, con i q uali si formaro no speciali battaglioni, destinal i a presidiare le lortezze. Riconosci uto poi che eran in tal modo male utilizzati e che il loro in,1uadramenlo era deficiente, siccome i Corpi d'ordin;:i nza difettavano di fo rz:i. fu deciso, il 22 novembre 1793, di fondere tJUCSti liattaglion i con le truppe g ià csistc:nti. « Si ebbe così contempora neamente, in tutto l'anno 179_ ~. un:1 <>perazione di embrigademenr cd una di ama/game; operazioni d1c duraro no poi lino al 1795. « Oltre queste disposizioni rig uardanti b Fanteria, ne vennero pure prese per il riordina111en1 a delle Armi di A rtig lieria, di Cava lleria e del Gen io. ,, L'opera militare. dd Comitato d i salute pubblica fu, nel suo complesso, umsid::revole e feco nda per l'ostinata volontà posta nel c0111pierla. E ' poi <la n otare l'i mporrn nza che essa attr ibuì agli insegnamenti Jelb Storia; uno dei suùi uffici n :nne esclusi\"amcnte incaricato d i Storia e d i T opografia; vi si 111cttcva a contributo la Storia passata per ricavarne esperienza cd informazioni per la condotta delle guerre; vi si scriveva la relazione degli :ivvenimenti contem poranei; stralci dti più gioriosi fatti di g uerra, passa ti o contemporanei, <.:ran o inviati alle Armate ,, pour f"xaltc r sa ns cesse le mora) dc l;i n:Hion et <k l'arméc ». In questo uffa.io, nel quale furono riuniti i migliori, si elaborarono i piani d i guerra, mercè i quali il Comi tato d_ava la di rezione inizi:ilc alle operazioni e determi nava lo scopo da raggiungere. Dato l'indirizzo , il Com itato lascia va i particolari d'esecuzione all"inizia tiva dei generali comanda nt i, intervenendo poi soltanto - sicwme al corrente della politica generale - per intensificare le operazioni negli scacchieri più convenienti. Q uesta dell:1 designazione dell'alternata irnporrnnza degli scacchieri d'operazione, fu una delle caratteri stiche del metodo diretti,·o del Comitato. ,,. Dopo la cad uta di Robespierre, diminuiti di molto i poteri del Comitato, scemò l'energia della su:i azione. Si ebbe così un periodo d 'i ncertezza nell'indi ri zzo delle operazioni e di sosta nel riordinamento dell'esercito. « Forza numerica dell',•sercito . Durante il Governo monarchico assoluto. la fo rza dcll.'csercito francese era minore d i quella dell'esercito dell'Impero aus1riaco, sebbene la popolazione dell'Im pero fosse inferiore di 4 mili on i di quella della Franòa ; c>d era anche:: minore d i quella della Prussia, che pur , 0;1tava soltanto S milioni di abitanti. Nel 1789 la forza ddl'c:sercito regolare era di 163,<JOO uom1 111 ; quello delle milizie d i 76.000. Questa fo rza scemò moltissin10


33 g ranatieri ch e, in .tempo di guerra, si riunivano in battaolioni a parte, destinati a costituire, secondo i casi, la massa di ma nov:; o la riserva. Due m ezze-brigate form avano la brigata ; due hriga te la Divisio ne, grande unità tattico-amministrati va, costituita da due br igate iii Fanteria di linea, da una mezza brigata o bri2:ata di F an teri a leaI:> ~

al p rincipio della r ivoluzio ne, per le d iserzioni e per le emigrazioni; ino ltre le milizie \'cnnero soppresse d all'Assemblea costituente. Si dovette Jl lura pro,·vedere a dar n uova forza all'esercito. A tale scopo il concetto d elL'\ssemblc:1 fu quello d i t<::ne r sotto le arm i soltanto la forza neccs:;aria per respingere aggressio ni im provvise e per po ter inl1uadrare le risen·c, ch e avrebbero dovu to venire all e a rmi per la g uerra . « F iss:it<> quind i, il 4 febb ra io 1791, il contingente pen nanentt.: in 1 50.000 uom ini, si stabilì , per il suo completamento in pace cci in guer ra. l"i st it u zione J i un"Armata ausilia,·ia d i rou.000 uomi ni, nella q uale gli ~rr11ol:1111emi <l0Ycv;1no essere volo nt ari . Ma poch issimi uomini potero no iscr i,·crsi a l.J LI CSl 'A rmat:1 ausiliaria , puc hè con temporarn:;;men te ven!lero format i !iatraglir>ni di volontari che assor birono 90.000 uomini , mentre b /!uarJ ia nazionale ne incorpor:n·a a!tri w o.oc,o circa. « La Corn·enzione, spinta da nc:ccssità d i politit":1 esterna ,·d i11tc111:1. <' composta essen'.l.i:1 lmt>nte di uomini energie:. alTerm;> il carattere olfc nsi ,·o del !'l~tituto !nilit:tre e, di conseguenz::i, l:.i ne;.:es~!tJ di a~~·crc alle :trini :u.::nc:·o~.c forze che si potessero fac ilme nte cd in modo sicuro riforn ire d'uomini . St abilì perciò che, per l'a nno 1793, b forza <lelre,t:rciw don:sse essere d i 102.800 uomini e ché, per raggiungerla e mantenerla, ogni cittadino fr:1 i 18 cd i 40 anni fosse dispon ibile per il servizio lllili 1,1rc. « AccC"ntuatasi poi, nella prima met~ dell 'anno r793, l'a7.ion,· milita r~ straniera, <JUestc disposiz ioni non sembrarono sufficienti e fu d eliherata, il 23 agosto 1793, la legge di rcquis;zione, che Sùttopose al scn·i7.io mil itare rutti i cittadini che ave\'ano com piu to i 18 an ni . Con la <lispon ih il ità d'uomi ni così creata, la Conve n zio ne determ inò che l'esercito fosse portato all'cfTcu ivo d i goo.ooo uomini, d ei quali se ne ebbero, in quell'anno·, solta n to 720.<)() 0. •< La Conven zione ri tenne ( he la grande massa, così recl u tata e suscettibile d i poter esse re ma ntenuta a numero, don:sse permettere un 'azione più ard ita cd energica delle Ar mate, non più im:eppate da ll a preoccupazio ne <li <lovere risparmia re le vite um ane. •< Nel successivo anno 1794, co n altre chiamate- d i requisiti, si raggiunse la fo rza di 1.075.(;64 uomi ni, J ei qual i solo 8&J.304 presen ti. Però, per tale grande quantità d i uomini, ma ncarono i mezzi e g li ufficia li per l'im1u:idramento e, per conseguen za, non si ebbero risultati adeguati alb ma ssa d ei combattent i. II Com itato decise allora, nel 1795, d i rid u rre l'esercito :1 5) 1.252 uomini ed esso, anche per il g rand e nu mero dei d isertori, raggiunse effetti \'ament e la forza d i 480.000 uomi ni. Il Direttorio, appena al potere, ordinò il ric h i;1rno alle armi cli tutti i requi si ti e dei volo ntari che avevano abbando nato l'esercito e così, alla fine <ld 1795, si potè d isporre d i 563.000 uom ini, rip:1rtiti tra le sci Armate attiv·e, l'i nterno e le colonie» .


34 gera, da una riserva di Artiglieria e dai ser vizi logistici ed amm1111strati vi indispensabili. La Cavalleria, anch'essa divisa in Cavalleria di linea (Corazzieri e Carabinieri), ordinata in reggimenti, ciascuno dei quali di circa 5 00 cavalli , su 3 squadroni, e Cavalleria leggera (Dragoni, Usseri r Cacciatori a cava.Ho), divisa in reggimenti di 4 squadroni e della forza complessiva di 900 cavalli. Due reggimenti costituivano la brigata. Con la rivo luzione quest'arma decadde rapidamente, essendo rimasta priva di ufficiali e povera di cavalli. L'Artiglieria, armata di ca nnoni e di obici che tiravano a palla ed a mitraglia, era suddivisa in A rtiglieria da costa, da fortezza, da ;t~scdio e da campagna, cd ordinata in reggimenti a piedi (20 compagnie) ed a cavallo (6 compagnie). Ogni compagnia doveva fornire il personale per una batteria di 6 pezzi; il materiale, raccolto nelle fortezze, veni va distribu ito all'atto della guerra. Soltanto nel 1 800 venne istituito, dal Buonaparte, il treno d 'Artiglieria.

Circa l'impiego degl i eserciti rivoluzionari, è bene ricordare che, prima della ri voluzione, durante la guerra, gli eserciti erano stati impieg:iti disseminandone inuti lmente le for7.e in lunghe fronti dirensive ed offen sive (guerra a cordone) od immobilizzandoli at torno alle piazzeforti nemiche (guerra di for tezza). Una nuova impronta venne data dalla ri vo luzio ne anche ai conl:etti strategici, richiam ando alla m ente dei giovani general i l'importanza dell'unione delle forze, delle azio ni decisive, della manovra. Così il Carnot, membro del Direttorio, prescrisse l' impiego delle forze francesi contro le ali dello schieramento strategico nemico, intravedendo forse l'importanza del principio della massa: principi.-, che verrà poi applicato, con tanta ricchezza di ri sultati, nelle campagne napoleoniche. Del resto, come abbiamo già visto, una profonda evoluzione si era verificata durante il secolo XVIII nel pensiero mi litare francese . Per L]Uanto riguarda i procedimenti tattici, devesi ricordare che i primi eserciti che la rivoluzione potè mettere in campo colla leva in massa , furono composti di uomini privi d 'istruzione tecnica; ma fortemente esaltat_i dai sentimenti di liber tà, di gloria nazionale, di amor d i patria. Si ebbe grande slancio negli individui, nessun legame


35 tattico e collettivo, attacchi veementi, disordinati, a stormi; difensiva debole e non coordinata, ritorni offensivi pressochè impossibili, quindi o vittoria completa o completo disastro (1). Soltanto con l'esperienza si com prese la necessità di tenere, dietro la linea degli stormi, truppe solide, ancora nelle mani dei Capi ; truppe il cui numero aumentò gradatamente, in modo che la prima linea costituì, a poco a poco, una semplice linea di copertura. Dalla disponibilità delle forze derivò la possibilità delle azioni controffensive ed anche della manovra. All'ordine di combattimento lineare venne sostituito quello perpendicolare. Una necessaria innovazione venne poi imposta, con la rivoluzione, nel modo di provvedere ai servizi logistici durante le operazioni. L'erario esausto, la mole degli eserciti e la necessità di farli muovere rapidamente non permisero alla Francia di provvedere al mantenimento delle Unità col sistema dei magazzini. Le truppe don·va no vivere, per conseguenza, con le risorse Jel territorio sul quale o peravano; la qual cosa fu spesso causa d'indisciplina e di saccheggi; ma rese gli eserciti più mobili e meno pesanti. Come notò il Vacca Maggiolini (2), la causa vera della trasformazione delle idee circa la condotta strategici e tattic:i del b guerr:1, che si produsse nell'esercito francese a partire dal 1792, deve essere r icercata, non soltanto nelle correnti intellettuali che abbiamo indicate e che interessarono un cerchio ristrettissimo di stud iosi: ma yuasi esclusivamente nell'esaltazione, nello sviluppo febbrile, avvenuto in quell'epoca in Francia, di una poderosissima forza morale: ii patriottismo. Appare qui chiaramente come sia essenzialmente l'uomo coi suoi sentimenti, coi suoi istinti, colle sue energie morali, che impone ed attua le più importanti trasformazioni dell'arte militare, che rie!Ce di colpo in ciò che il tecnicismo e le elaborazioni degli studiosi possono avviare, ma non riescono mai a compiere nè radicalmente, 1t~: prontamentè. Sotto l'influenza del pericolo che minacciava, colla Francia, le stesse conquiste sociali e politiche della rivoluzione, dinanzi alla minaccia che la nazione fosse dilaniata, come lo era stata la Polonia, da lle Potenze europee coalizzate ai suoi danni, il patriottismo si sviluppò in Francia ardente, fiero, intransigente. ( 1) Mo1u::-io; « Corso tli Storia mil itare ». (2) ARTURO VACCA MAGGIOLINI: ,, La g uerra nei secoli XVIII

t:

XIX » .


L 'anima popolare comprese che con quei nem1c1 non erano possibili compromessi e mezze m isure: occorreva an nientarli, d istruggerli. P er tal modo fu il popolo stesso, fu la società fra ncese che impose ai suoi generali lo scopo che doveva perseguire la loro strategia: la distruzione del nemico. D ata la trasformazione generale delle truppe e dei Quadri, il periodo ri voluzionario non potè dar luogo a per fezionamenti ragionati, voluti dall'arte militare: no n era l'epoca di elaborare e di d isc utere teo rie : occorreva fare. Ma erano entra ti appunto in azione nuovi elementi adattissimi ai fare. Il numero, largamente accordato dal reclutamento n aziona le obbligatorio, potè perm ettere al concetto dell'offensiva di svil uppar si completamente; non vi fu più bisogno di o per are con cautela per economi zza re uomini. Il combattimento potè essere cercato sem pre e 1x1tè essere decisivo ( 1 ). L'entusiasmo, l'amor di patria, la buona volontà comune a tutt i - ufficiali e truppa - faceva sì che, qualunque cosa fosse loro richiesta, avesse molta probabil ità di giu ngere a compimen to. A nz i a LJ uegli uomini esaltati dalla passione patriottica non occorrevano eccit:!menti ed ordini. Li. !oro t:lttic:i er:i i~tinti v:i (2): odi:wano il nem ico e voleva no perciò, non soltanto sopraffarlo, ma d istruggerlo: erano incapaci di combattere serrati nelle rigide formazioni li neari le guaii richiedevano una lunga, minuziosa istruzione militar e che essi non avevano, da cui anzi rifuggivano e c he effettivamente non era piì:1 necessaria per truppe ta nto diverse per ardo r bel licoso dai torpidi m ercenari - e perciò spontaneamente ricorsero ai procedimenti ( ,) Coloro che sostcng0no il prev:1lcre assolu to dei fat1ori morali nella g uerra, cita nu, 11011 scnz:1 ragione, a ~ostcgnn della loro tesi , la p rofonda trasformazione ,·eriiÌl:1tasi ndia , ondntt:1 dell:1 guerra e nelb stessa tartica durante la rirnl u:t.ion•: fr:rnccsc, senza che ta le tr;~fo rmazione fosse imposta o giust ilìcata da akun:i in novnione trrn ic:1. Non bisngn;; però dimentica re l'influenza che, su l progrcssD d ell 'arte militare in tale periodo, ebbero l'ind ir izzo dato alle c,F.:raziu11i dal Carnnt ed un im porta nte fattore materiale: il .nurncm. Gl i Ì: che b g uerra è un fenomeno grandioso, retto da cause multiple e complesse : :1 , olcrlo spiegare co,, u11 solo ordine d i faui - morali, materiali , in tellettuali o casuali che si.rno -- si cade in inevitabili errori. (2) Il Mo nt::tigne giustamcme osse~va. a conferm;1 <lt:1 modo istintivo, spontaneo con cui ehbe origine la nuova t:Htica , che essa venne adottata contemporaneamente. per identi che ragioni , dalle due fo lle armate che in quei tempi in Francia , i wmhatteva110 accani tamente per un opposto id eale: i soldati d ella n\'Oluziu nc, gli insorti della Vandea.


37 che meglio permettevano di soddisfare la loro sete d'azione. Di const gucnza mossero senza tentennamenti, decisamente contro il nemico: giunti in sua presenza, l'attaccarono a colpi <li fucile, facendosi ciascuno via via più sotto, per meglio colpirlo e poi si lanciarono su lui alla baionetta. Ne nacquero la linea rada, la frotta, lo stormo; l' azione individuale, l'iniziativa dei gregari e dei comandanti inferiori si imposero ed ebbero ampio sviluppo. · Apparve però ben presto come siffatte linee sottili mancassero di consistenza per l'urto e fossero poco adatte a far fronte a nuove, improvvise situazioni. Esse seppero dare alla Francia alcune brillanti vittorie, prontamente ottenute, ma le procurarono, con eguale facilità, alcune dolorose sconfitte ( 1 ). Si imposero quindi le riserve, nacque naturalmente lo scaglionamento in profondità. E, poichè anc he pei reparti r etrostanti occorreva, come per le prime linee, inquadrare gli ardenti soldati della rivoluzione in formazioni semplici,. snodate, che non richiedessero una lunga istruzione, furono adottate senza indugio le colonne non troppo profonde, agili, pronte a spiegarsi sulla testa o sul lìan co, con •novimenti facili e rapidi. Ma tali nuove formazioni - che erano poi quelle stesse preconizzate dagli scrittori militari del periodo prerivoluzionario -- aclotl:i tc dapprima per necessità, per l'incapac ità di assumere e m ::ntcncrc le formazioni lineari, si dimostrarono ben presto superiori a queste e furono perciò meglio studiate, perfezionate ed infine accettate da tutti. E lo furono tanto più facilmente, perchè, quantum1ue la cultura professionale fosse evidentemente poco diffusa negli eserciti rivoluz ionari, non vi mancavano tuttavia gli ufficiali imbevuti dei princ;pi discussi teoricamente dagli scrittori negli anni precedenti la ri.oluzione ed era quindi naturale che tali principi si attuassero, se la pratica esperienza cli guerra ne avesse dimostrato, come avve nne, l'utilità.

L'esercito francese venne, nel suo complesso, a costituire verso il r 796 una massa meravigliosamente adatta a subire l'impronta di un ( 1) ,< La baionetta t'. l'entusi:i sino - dice il M:irsdli - da l'ano l'ultimo colpo, dal quale u sc iva o la vittoria di Jemappes o la sconfitta di Ncerwindcn "·


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Capo, il migliore degli strumenti per eseg01re e porre 111 operl concetti di un uomo che, nell'interesse della Patria, sapesse imporre la propria volontà. Il maresciallo Soult - che non può essere sospetto di tenerezza per gli uomini e per le cose della rivoluzione, poichè accettò di essere Ministro della g uerra di Luig i XVIII e uomini e cose della rivoluzione combattè aspramente - così dipinse l'animo dell'esercito francese all'epoca di cui parliamo : « In tutti i gradi si mostrava lo stesso zelo, la stessa premura per fare il proprio dovere; se qualcuno si distingueva, gli altri cercava no di sor passarlo in coraggio, in intelligenza; era il solo m ezzo per arrivare; ma le mediocrità non trovavano alcuno che le proteggesse e le raccom andasse. Negli Sta1i Maggiori il lavo ro era in cessante ed abbracciava tutti i rami del servizio; tuttavia gli ufficiali non se ne acco,Ùentavano e volevano prendere parte a tutto ciò che veniva fatto. Posso ben dirlo, fu quella l'epoca della mia carriera in cui ho lavorato di più ed in cui i Capi mi son parsi più esigenti. Nei ranghi della truppa era la medesima devozione al dovere, la stessa abnegazio ne. I conquistatori del.l'Olanda attraversavano, prcssoc hè nudi, fiumi e br:icci di m:irc gehti, nel cuore dell 'inverno, percorrevano uno dei paesi più ricchi d'Europa, mancavano di tutto, avevano dinanzi agli occhi tutte le tentazioni, ma la disciplin a n on patì il menomo attentato. « Mai gli eserciti furono più obbedienti ed animati da maggior ardore ed è q uesta, fra tutte, l'epoca in cui vi furono maggiori virtù fra le truppe \l . G li è che si trattava di un esercito nazionale, con tutte le sue virtù di compattezza morale, di fervore patriottico, di elevatezza di sentimenti: un esercito, cioè, che era la nazione stessa e che nella nazio ne si rinsanguava, traendone di continuo le forze materiali e le energie morali che gli occorrevano: un esercito che per la nazione, d1e lu sosteneva con animo vibrante, era pronto a<l ogni sacrificio e ac.1 og ni eroismo (1). Era la nazion e, era l'esercito che il nostro Carducci ha scolpiti nei meravigliosi sonetti del (< ça ira >> .

( 1) N on si deve, però, nedere che i F rancesi avessero sin d'allora completa· mente intuii,, i vantaggi del sistema ad ottato. Lo stesso D umouriez, dopo aver S( Onfì110 gli Austriaci a Jemappes, arrestò l'inseguimento davanti alla piazza <li Maestricht che bloccò, temendo che essa potesse intercettargli le rnmunicazioni. Eppure egli aveva, sino :1 quc:l giorno, Yissulu esclusiva mente sul paese.


39 A vendo soppressi i magazzini, essendo costretto a sfruttare le risorse del paese, l'esercito francese dovette ben presto riconoscere che, per vivere, na indispensabile dividersi, salvo a riunirsi lJUando fosse necessario per combattere. Ed ecco affermarsi praticamen te, per necessità logi stic he ed amministrative, quanto già gli studiosi avevano proposto e fatto adotta re: la ripartizione, cioè, dell'esercito in Uni tà comprendenti le tre:: Armi combattenti e provviste di propri servizi, sufficien ti per vivere, marciare ed operare isolatamente per qualche giorno. Tale Unità fu inizialmente la Divisione, la quale era destina ta a portare una profonda trasformazione nella condotta della guerra e nella battaglia. L'adozione della Divisione - continua il Vacca Maggiolini Lu, inizialmente, un ostacolo all'azione di comando ed al coordinamento degli sforz i. Ciascuna Divisione ebbe tendenza ad isolarsi , ad operare per suo con to: l'azione complessiva degli eserciti, nel periodo rivoluzionario, ne risultc) strategicamente scucita. Ma intanto i generali divi sionari impararono la guerra e le Divisioni acq u istarono una fisonomia propria, un valore proprio, un proprio spirito bellicoso, che contribuì g randemente al progresso generale <..klle truppe francesi. La Divisione contava, ve rso il 1796, d:1 12 :1 15.000 uomini e comprendeva 1 2 battaglioni, cioè quattro mezze brigate, da 9 a 12 squadroni e 1 2 cannoni. Queste Divisioni dovevano permettere agli eserciti un giuoco ben più redditizio di quello che potevano attuare le Armate nemiche, marcianti cd operanti costantemente in un solo, rigido blocco. Coll'adozion e delle Divisioni non era più possibile alcuna rigidità Ji fo rmazione nel campo tattico. La fronte di combattimento non poteva più essere un tutto unico senza snodature; ma si formava gradu almente, m ediante lo schieramento sulla loro testa delle Divisioni più prossime al nemico, mentre il comandante si riservava diretta mente l'impiego delle Divisioni più lontane e di quelle che si trovavano fuori Jcl campo di battaglia. Ma, benchè la ri voluzione abbia obbedito, chiamando alle armi tutte le forze della nazione, al lo spirito della guerra assoluta e ne abbia in parte notevole adottate le forme, essa non potè, per le idee stesse di pacifismo e d'umanitarismo di cui era nutrita, giu nge re sino alla nozione completa e chiara della guerra assoluta e della battaglia d"annientarnento, come poi fece Napoleone Buonaparte (1). (1) Così il Vacca Maggiolini nell"opera gù citata.


Ili.

NAPOLEONE ED IL RITORNO DELL' ITALIA ALLE ARMI Non pochi storici e moltissimi Italiani, pur amm irando le gesta del Buonaparte, si sentono ancora indotti a chiedersi, con Alessandro Manzoni, se la sua << fu vera gloria "; e, nel con siderare le azioni del g rande Còrso, cadono in un errore facilme nte spiegabile; nello stesso errore, cioè, nel quale <..1uasi sempre incorrono coloro che, ammirando l'alta mole di un monte - ed infatti Victor Hugo ad un monte gigantesco paragonò Napoleone I - sentano i loro sguardi così irresistibilmente attratti dalla sua cima nevosa, da dimenticare Li necessità di ricercare a <..Jualc sistema monta no esso appa rtenga e LJUali forze naturali sieno intervenute, nelle lontanissim e età, ad elevarlo verso il cielo. Lo stesso errore, cioè, al quale ci inducono le proporzioni della sua figura stessa che, risaltandovi troppo, finisce con lo staccarsi dal suo ambiente, precisamente come avviene in (1uei quadri, dai quali ancora ci guardano i Principi ritratti dai nostri pittori del -S-eicento e del Settecento, ritti sui loro cava11i, fieramente chiusi nelle loro armi, giganteschi così, che fini scono col coprire lo sfondo, pur necessario, del quadro. Tentare di correggere questo errore, pur così giustificabile ed umano; invitare il lettore a considerare il monte insieme al sistema di cui faceva parte ed alle forze profonde che lo generarono; ad osservare la figura principale del quadro in sieme allo sfondo di questo ... ecco quello che noi ci proponiamo, nella speranza, forse non fallace, che dall 'aver considerato Napoleone I nell'ambiente che gli fu proprio possa nascere in noi la possibilità di rispondere con più sereno giudizio a quei dubbi. che, per quanto riguarda i precedenti immediati del nostro Risorgimento, ci impediscono ancora di consacrargli, insieme alla nostra ammirazione, anche la nostra riconoscenza nazionale. Precisato così il nostro compito, riassumiamo le accuse che il nostro sentimento patriottico ci suggerisce e per le quali a noi sem-


41 bra di non poter annoverare Napoleone I tra i fautori benemeriti Jella nostr~ u~ità e della nostra indipendenza; accuse che traggono, senza dubbio, 11 loro poderoso vigore dal proclama di Nizza ( 1 ), del resto non storicamente accertato, dai contributi imposti agli Stati italiani d'allora, dalle molteplici sottrazioni fatte dal Buonaparte al sacro patrimonio della nostra arte, come anche dal sacrificio Jc:lla più antica e più gloriosa Repubblica marinara italiana, da lui compiuto a Campoformio, e, sopra tutto, dal fatto che, Italiano per nascita, per sangue e per le peculiari qualità del suo genio, egli, che pur lo avrebbe potuto, non provvide a liberare del tutto e ad unificare per sempre la Patria nostra. Cominciamo, nel nostro rapido esame, dalle prime accuse che, per un Italiano, possono sembrare le più gravi e che si riferiscono più precisamente all'attività svolta in Italia dal generale Buonaparte, negli anni 1796 - 1797. Col proclama di Nizza - del quale, per altro, noi non siamo .rncora certi - Napoleone avrebbe, infatti, acceso tutte le cupidigie dei suoi primi soldati, dicendo loro: « La Franci'a tutto vi deve e nulla può darvi. Ebbene io vi condurrò nelle più fertili pianure del mondo ... P . Ora noi potremmo ricordare, a questo proposito, le necessità che, in guerra, vengono imposte dalla vita e dal movimento degl i eserciti, necessità, per rispondere alle quali, le improvvisate mil izie ciella rivoluzione francese erano state costrette, nelle loro guerre, ( 1) TI proclama che il Clau sewitz riportò integralmente nel suo volume su « La campagna del 1796 iu Italia " , è:. 1l seguente: " Proclamation du Général en chei à l'ouverture de la campa~n<:. " Quartier Général,

Nice, 7 Germ ina] an IV. I27 marzo 1796 I

« S0lda1s, vous etes nus, mal nourris; le Gouverncment vous doit beaucoup,

il ne pcut ricn vous donner. Votrc p:uiern:e, le couragc que vous mom:rez au mili~u de ces rochers, ~ont :idmirables: mais ils ne vous procurent aurnnc gioire; aucun éclat ne rcjaillit sur \·ous. Jc veux vous conduire dans Ics plus fertiles plaines du monde. Dc riches provinces, de grandes villes serom en \·otre pouvoir; vous y trouverez honneur, gioire et rìchesscs. Soldats d'ltalie, manqueriez - vous de courage ou de costance? "· Esso ,·enne pubblicato nel 1858, nel primo volume della « Corrcspondance de Napoléon I, publiée par ordre de l'Empereur Napoléon III n; ma, a quanto sembra, venne tratto dalle « Mémoires » dettate da Napoleone I a Sant'Elcna e noi non siamo :incora del tutto sicuri che esso sia stato effettivamente comu· nicato nel 17<)6 alle truppe dell'Armfr d'/talie.


..p ccme abbiamo g ià detto, a fare assegnamento quasi esclusivamente su lle risorse dei paesi per i quali passavano. Cosa, questa, che, dal punto di vista militare, potè rapprese ntare anche un progresso, perchè contribuì a re ndere g li eserciti ri voluzionari più mobili e, per conseguenza, più pronti e meglio atti all a manovra, al movimento cd alla vittoria. Basterebbe soltanto questa considerazione a non forci più pensare al Generale Buonaparte ,quasi come ad un nuovo flagellum Dei, che spingesse le sue orde scalze e<l affamate a far scempio delle belle pianure della sua vera Patria; m a semplicemente come al Capo di un eserci to che, per combattere e per vincere, non poteva vivere se non nel modo che il Carnot - che pure era il più onesto dei cinque m embri del Direttorio - aveva già indicato al generale Schèrer, ancor prima che il Buonaparte assumesse il comando dell'Armata d'Ita lia: " Voi chiedete alla Franc ia dell'oro, del pane, delle armi. Noi non ne abbiamo ... Ricordatevi, cittadino Generale, che voi vi trovate sulla soglia d ' una porta riviera lig ure l, al d i là della quale c'è l\1bbondanza. T occa a voi oltrepassare <1uella porta! )) . Lo Schèrer non seppe ubbidire. e quella soglia venne invece varcat:i d:il Corso, il qu:ile - anche se non potev:i. non seguire l'inc1t:1mcnto del Carno t - non intese affatto incitare con la sua allocuzione i suoi soldati alla rapina ed al saccheggio ; chè anzi, appena assu nto il comanJo dcli' Armata d ' Italia, egli considerò << suo primo àovere ricostituire la disciplina fra le truppe i> (J) e fece <li tutto per elevarne le qu:ilità morali, col proibire e col reprimere nei modi più severi c.1uanto potesse dimostrare da parte loro un in sufficiente rispetto per la proprietà :i.ltrui.

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Non meno del proclama di Nizza nocquero indubbiamente all a gloria Jd Duonaparte le onerose contribuzioni di guerra da lui imposte ai troppi Stati italiani di allora e le opere d'arte - che t r:ino state, nell'obbrobriosa schiavitù, la nostra unica gloria - sottratte ai nostri Musei per abbellire queJli di Parigi, con un gesto che a noi sembra sacrilego, con una indifferenza che a noi può parere cinica, specialmente quando vediamo esprim ere a Napoleone tutta la sua soddisfazione per la campagna d'Italia: << l'unica, nella storia di (I) Lettera Jel Buo11aparte al Direnorio_


43 tutte le guerre, nella quale l'Esercito nulla aveva chiesto e tutto aveva dato >i . Ma è bene che, prima di veni re a tale argomento, venga sgombrato il cammino dall'ostacolo più grave e si considerino i veri sentimenti, dai quali il Buonaparte poteva sentirsi veramente legato alJ'[talia. Com'egli stesso apertamente riconobbe a Fontaineblcau, neli'ottobre del 1810, con Antonio Canova - nato nella Corsica proprio ,1 nel momento in cui spirava la Patria » egli era senza dubbio Italiano, poichè non basta certo l'efficacia di un improvviso mutamento politico a distruggere in noi quelle caratteristiche lJUalità, che ogni terra conferisce ai suoi fig li attraverso le generazioni. Egli era senza dubbio Ital iano, poichè, nella sua fig ura fisica, nel suo carattere, nella b ntasia irrequieta, nella passionalità della sua anima e nei peculiari aspetti del suo genio politico e militare, egli portò profo ndament e impressi i segni caratteristici della nostra stirpe. Ma, se egli era Italia no nel pensiero e nel sentimento - come ben ci fa pensare la lettera, ignorata dai più, da lui appena ve ntenn e indirizzata a Pasquale Paoli, per protestare contro i Francesi , ch e, in Corsica, a facendovi scorrere il :sangue: a torrenti, avc-vauu i11 suz zato l'altare della libertà » (1) - si crede proprio op1)()rtuno di scutere della sua nazionalità, magari per concludere che egli aveva dovuto Lercare nella Francia, già da secoli unita ed allora tutta vibrante di risorte energie, i mezzi necessari al compimento della sua fatale missione, come già altri Italiani: da Cristoforo Colombo ad Emar.uele Filiberto di Savoia, a Raimondo Montecuccoli ed al Principe Eugenio, avevano dovuto, purtroppo, chiedere ad altre nazioni le navi e g li eserciti indispensabili alla loro gloria immortale ? Non è, invece, più giusto e meglio rispondente alla verità pensare che, per la missione alla quale era chiamato, per l'altezza cui doveva pervenire, per l'ambizione stessa che a tanta altezza doveva senza tregua sospingerlo, egli - che considerava, con eguale disprezzo: sia gli Italiani, sia i F rancesi del suo tempo, e che, prima dell'inizio della sua improvvisa fortuna, già pensava di recarsi in T urchia - non può essere considerato Italiano, come non era certamente fra ncese; ma deve invece essere immagin ato simile ad una immensa forza in potenza, pronta ad agire dovunque se ne fosse presentata l'occasione; pari ad una leva poderosa, i cui effetti sareb(1) Lettera indirizzata dal Buonapartc a Pasquale Paoli nel 1789.


44 L,ero stati formidabili dovunque essa avesse trovato il suo punto Ji appoggio; come una grande aquila, le cui ali, già capaci di sfidare ir te mpeste, si erano aperte attraverso i cieli nell 'ansiosa ricerca di un alto monte lontano, per collocarvi il suo nido? Certo egli, destinato a sommuovere i àestini di tutti gli St;,ti europe i, era un uomo nd quale l'ambizione costituiva la deterrnin~mte più efficace ; così che, quando gli si offr ì improvvisam ente a Parigi il comando dell'Annata dell'Interno, egli com inciò ben presto a desiderare Lluello dell'Armata d'Italia, più conforme al suo spiri to, e per conseguirlo, per raggiungere questa sua prima mèta, egli dovette dimostrarsi col Direttorio capace di tutte le prom esse e p~onto ad accettare tutte le condizioni . Il Direttorio affermava che bisognava vincere cd il Buonaparte aveva promesso, in fatt i, la vittor ia , che sem b rava impossibile allo Schèrer ; il Direttorio aveva ricordato il bisogno di far la pace cd il Generale aveva assicurato la pace pront:i ed a buone condizioni ; il Direttorio aveva afferma to, infine, che alla Francia, ormai esausta, occorreva soprattutto del denaro ed il G'mo, con imperturbabile sicurezza, aveva risposto accettando un'impresa, nella quale egli sapeva di dover tu tto dare senza null a chicdt'n· . Ecco dunque come e perchè il generale Buonapartc, venendo in Italia, era incaricato, in realtà, di due missioni diverse : quella di procurare ali' Armata d'Italia ed alla Francia la vittoria necessaria e l'indispensabile pace, e ~ come risulta dai documenti coi quali possiamo dimostrare la verità delle nostre affermazioni - quella di contribuire efficacemente a migliorare l'assetto finanziario della Repubblica. Nella lettera del 15 ventoso, :inno IV (6 m arzo 1796) il Direttor io dava, infatti, a Napoleone, non soltanto l'ordine di separare gli Austriaci dai Piemontesi, d'indurre il Re di Sardegna alla pace e di volgersi quindi decisamente contro gli Austriaci; ma anche quello d i imparre (, nei paesi conquistati forti contribuzioni, delle quali la metà sarà versata nelle casse dello Stato, l'altra verrà impiegata a pagare il soldo dell 'esercito ». D iretti ve, queste, che vennero, con crescente insisten za, ripetute d urante tutto il primo periodo della campagna d'Italia. Così, in data del 7 maggio, si ord inava al Buonaparte di costringere ad onerose contribuzioni Genova, Parma, la Toscana e lo stesso Papa, ,, il quale avrebbe potuto ricompen sare i Francesi della loro visita, con alcuni dei rnoi monumenti, delle sue statue, dei


45 ~uoi quadri, delle sue medaglie, delle sue bibiio teche, dei suoi bronzi e perfino delle su e campane 1 » . Nella stessa lettera del 7 maggio ven iva detto, inoltre, a proposito dei nostri tesori artistici, <e il Diretto rio è persuaso, cittadino gen erale, che voi considerate la g loria delle belle arti com e legata a quella dell'tsercito che comandate. L 'Itali a deve in g ran parte: ad esse le sue ricchezze e la sua fama ; ma è giunto il tem po nel c1ualc il loro regno deve passare in Francia, per abbellire quel lo della Li bertà. Il Museo Nazionale <leve raccogliere i monumenti più celelJrÌ di .tutte le arti ... Questa gloriosa ca mpag na deve unire alla gloria dei trofei militari anche l'i ncanto delle arti bènenche e consola tri ci ! » . E così ancora, in data del 16 m aggio, si ricordava a N apoleone: .. l'esercito delle Alpi manca d i fondi. Il Direttorio si ri volge a \'Oi : procurate di fornirgliene e di risollevare il credito pubblico 1 ') . Come, per non citare :iltri esempi, il 18 m aggio si ordinava: ,, Le vostre marcie verso il m ezzogiorno d'Italia debbono essere rapide. Le risorse immense, che esse:: vi procureranno, saranno inYi :1te in Francia. Non la~ciate nulla in ftali:i di ciò che la nostr:i situ:iz ione p:-ilitic:1 ci pnmcrte di t,ame .. .

P er q ua nto invocare la giustificazione dell'obbedienza gera rchi ca, nello svolge re una tesi che potremmo dire defensionale, possa apparire fuor di luogo nei rig uardi di tanto imputato, ci semb ra che i documenti g ià ri cordati ben dimostri no come - adottando i n Italia quei medesimi sistemi che la Francia aveva seguito nei paesi co nquistati e specialmente nel Belgio - Napoleone non abbia fatto che obbedire. Il che, se può atten uare, come a noi sembra, il peso della sua personale responsabi lità, no n basterebbe certo a co nferire al Buonapartc il diritto alla nostra gra titudine, se egli avesse sempre cd in é:Utto ottemperato agli ordini del Direttorio; qualora, cioè, egli, che ( < pur doveva alla R epubbl ica il sacrificio di tutte le sue idee n - come notava malinconicamente in una lettera da lui indi rizzata al Carnot proprio alla vigilia del suo trio nfal e ing resso i n ì-..1ilano - avesse spinto la sua interessata obbedien za fino al punto di far mer cato - come suggeri va il Direttorio - delle libertà pro:nesse e delle regioni conquistate; di trarre, vale a dire, d eliberatamente in inganno tut te le impronise speranze che, già glorioso


delle sue prime vi ttorie, egli aveva suscitato, con le sue promesse, negli animi degli Italiani. Ora è appunto per la scelta dei limiti da lui posti alla sua obbedienza, per i motivi che determinarono, invece, la disobbedienza palese del generale ai voleri del suo Governo e per gli atti da lui compiuti per spontanea volontà, che egli acquista, secondo il nostro parere, il primo, sicuro diritto alla nostra riconoscenza nazionaie; poichè, con tali atti - mentre i poeti, g li scrittori, gli scienziati italiani, dal Foscolo al Mo nti ed al Cesarotti, gli gridavano intorno il loro osanna e l'alta mente d i Lorenzo Mascheroni, degno seguace di Galileo, lo incoragg iava:

seg ui l'impresa e, con invitta mano, guida all'Italia tua liberi giorni! - egli iniziò pm veramente l'opera rivolta a preparare l'avveni re della nostra Patria. Ebbene, dimostriamo con qualc he documento - così come abbiamo fatto per l'ubbidienza , che in parte lo giustifica - .rnche la disubbidienza, che può e deve modificare sul Buonaparte il nostro giudiz!o di pns~cri . Fin dalle prime lettere del G maggio, il Direttorio aveva prescritto al << cittadino generale n che, conquistato il Milanese, l}Uesto do vesse servire: o a cornpen.~are l'all eanza del Re di Sardegna o come pegno importante verso l'Austria; ed aveva poi fissato gli scopi essenziali ai _guaii dovevano venir destinate le regioni italia ne, quasi rammaric;..,.ndosi che i cittadini lombardi mostrassero di aver creduto un po' troppo cd un po' troppo presto alla loro liberazione. ,, La politica ed i nostri interessi ci im pongono - scriveva, infatti, il Direttorio a l Buonapartc - di mettere dei limiti nell'entusiasmo dei popoli del Mil anese. Bisogna consolidare la conquista dell'Italia: non per ingra ndire la Repubbl ica; ma per la pace; perchè 11011 può 11011 essere svantaggioso di lasciare i Lombardi pro11tt11ziarsi in favore della libertà e del governo repubblicano ... N on dimentichiamo che ci saranno richiesti deg li indennizzi nelle regioni italiane per lasciarci la riva sinistra del Reno; occorre dunque tenere il popolo in una dipendenza reale, fino a quando il nostro orizzontt politico si rischiarerà "· Ed il 28 ottobre 1796 il Direttorio r ipeteva ancora a Napoleone: " L' Italia è una parte del pegno della pace continentale; bisognerà poterne disporre in favore di qualc he P rincipe JJ .


47 Napoleone Buonapartc - come nota acutamente il Sorci (1) o per la nascente agitazione ed il tormento del suo genio di futuro Imperatore e per la sua ambizione di organizzare i popoli e di dom i11arli, od anche per la necessità immediata di riordinare la sua conquista, aveva, invece, sull'Italia vedute ben diverse. Poichè un sistema di dominazione del tutto militare e fiscale gli sembrava precario e pericoloso, bisognava creare, dirigere, utilizzare le correnti Jellc opinioni; spronare, soddisfacendola, la buona volontà dei popoli ... Ed ecco che, entrando in Milano il r5 maggio, trionfalmente accolto, egli promette solennemente ai Milanesi: <• Voi sarete liberi e sarete anche più sicuri di esserlo degli stessi Francesi. Milano sarà la vostra Capitale; l'Oglio ed il Serio i confini del vostro Stato; :w rete 500 cannoni e l'eterna amicizia della Francia. Se l'Austria tornerà alla carica, io non vi abbandonerò i>. Ed a queste promesse, il giorno dopa, a palazzo Scrbelloni, aggiunge gli ammonimenti indispensabili: « La libertà , o cittadini , non si ottiene col sempi ice desiderarla ; ma bisogna invece esserne degni, divenire abbast:111za fort i per co nquista rla e per difenderla; occorre scuotere le molli abitudini, abbandon:m: per sempre gli effeminati co~tumi. imla.11.1.i.1rc 11uovamente le armi n . Possiamo noi considerare l}Ueste parole come suggeri te soltanto dall 'ambizione, come dettate esclusivamente dal personale interesse? In questo richiamo all'esercizio delle armi ed ai vi rili prnpa~ iti, non c'era forse, piuttosto, l' iniz io di un 'opera purtroppo indispensabile a richiamare all'azione le sane energie, ormai da secoli sopi te? E' ben vero, infatti, che, con Pietro Verri e con Cesare Becca,ia, noi avevamo già avuto, precisamente a Milano, nel g io rn ale il •< Caffè ,,, quasi la nostra « Enciclopedia»; che da Asti natìa Vittorio Alfieri s'era già levato a gridare « ai dissueti orecchi '> il nome santo d' Italia e che Giuseppe Parini (2), con i garbati sorrisi della sua satira, a\'eva già ricordato al giovin signore il grande avo, che •.• 1

paipitanti lari della Patria difese.

Ma l'opera dei precursori aveva avuto, purtroppo, un 'efficacia assai minore dell'appello che ai Milanesi veniva ora ri volto da un (1) SORF.L: "L'Europe et la révolution françai sc », \'O!ume V. (2) PARINI: « li giorno ,, .


giova ne gern:ra k , il lJuale, ammonendo nel nome degli ideali più no bili, riusciva, nello stesso anno 1796, a f~1r combattere la legione iom barda, no n senza gloria, ad Arcole! Nel suo genio - com e ricorda il Sorel (1) - Napoleone vede va ing randire il di segno mag nifico di unire l' llalia rigenerata alla Francia, d i ri costruirla dopo d' averla conquistata, di crea re alla nostra Patria, allora simil e ad un a creatura morta, un corpo con dei centri ner vosi, i qua li a poco a poco avrebbero dovuto corrispo ndersi, unirsi e preparare la formazio ne di un centro unico, con Capitale Ro ma. lì vecc hio ~e nrimento di località, le gelosie tradiz io nali delle città e delle regio ni itali ane erano di ostacolo ad una tale unione cd il Buo1::,par1e concepì il proposito d i combattere q ueste rivalità nella loro o rigi ne stessa e di sostituire i vecchi coi nuovi Stati , più atti a venire collegati insie me in uno Stato sempre più g r ande -e sem p re meglio capace di bastare a se stesso (2).

Sorsero, così. le prime Repubbliche e la Cispadana, ad immag i1,a, t: : ·;111p.)n :mz.1 dc !l:i tp1:1lr basterebbe :-icc rd:irt quello •: he, ifl k eggio Emilia - · commemor:1n dosi il primo centena rio della nostra bandiera - disse Giosuè Carducci; basterebbe rilegger e i d iscorsi ter.utisi ndle a~scm hkc di Modena e di Reggio cd i procL11ni, nei tJu:tli, a pro posito . del b " nobilc nazione lo m barda», l'idea ddl'tmiJìcazione del l'Italia. in qu el tempo accolta soltanto dai nostri intellettuali , com incia, sia pur timidamente, J.d affermarsi , ben presto effi. ( 1) Op. cit., ml. V. 11 <._;onnard . ndb ,ua prcge\'olc opcr:i •< Lcs ong111cs d c l:t légenJc napc.léon ic•rnc », ispiranJosi ai rièorJ; !asciati in prc;posito dallo stesso Napoleone, scrin :v.1 ben a ra)!ionc: ,, Lc:s pian, sur l' ltalic snnt d'u ne . .. nettcté cl ì\':ipolfo :: le~ .1 soun:nl o:pfJsés .tn:è tlc:uil e! ..:ompbi~:tnn: Pom f:1irt" l'unir·.: ttali,· nnc. il falb ir hriscr /'cxprir ,fr localité . si puissan t dans !es petits F.1:11> 1tal ic11s. supprimcr L. puiss:111cc 1cmpordlc dc, l'apcs, 6tcr aux Puiss:i nct'S ,:1r.1 n1:èrcs k ur~ posscs~ic;ns cn ltai ic. Dès 1;97. ~apoléon cxigcait la crf:nion ,k l:1 R<"puhl1<1uc C i~alpinc, prcmièrc base- d ' untté, m:tlgré le l)irecto;re, qui ,oul:i i1 r,, ndr,· le :Vlil:111:iis :, l':\u1richc Cl 1· n 18 12 toulc l'l ta lic, sous d es nom s din:r, . d·.:pt·n,b ir rlu me,nc g:,uvcrnrn1em : Il' Papc n e régn:iit p lu , ;;1, gracc à b .lomi11.tti11n tcmporairc dc~ A11trichic11s à \·cni sc. condition néècssairc dc l'i11d épcmbrKC n:itionalc. Napol<:on. :t rri,·é :tu terme fixé, n'attenJait quc l::i n:i is,ancc , le ~un ~ccnnd lils p<'ur le mcncr à Ro mc. le ,ouronncr Roi d 'h alic, prod::11nn l"indépcnd:111rc l'.l l'unité dc l:1 pfoinsulc " · (:1)


49 cacemente incoraggiata da Napoleone, con la tra sformazione della Cispadana nella Repubblica C isalpina ( r). Certo si è che una sicura speranza nel suo luminoso destino si impadronì del Buonaparte - com 'egli stesso ebbe ad affermare precisamente dopo la giornata di Lodi, e che il primo impeto dell a ~ua ambizion e trasse il suo vigore appunto durante il suo ilOggiorno in Itali a, dopo le sue prime vittorie, nei primi anni della sua gloria militare. L

(1) Il Congresso per la Federazione C ispadana, tenutosi in MoJrna nei g iorni 16- 18 ottobre 17f)6 dai ckputa ti <lei (_;o\-crni pron·isori· di 8ologna. Ferrara , Modena e Reggio, si scio lse indicendo per il 27 dicembre una nuo,·a riu nio ne di d eputati eletti dal popr,lo, i tju:i li <lovn·ano raccogliersi a lkgg io per dare ordini più med itati e fe rmi al Governo delle q ua ttro ProYin, ir unite e delle altre che avessero deliberato di accedere alla Federazione. La sto ria Jel secondo Co ng resso cispadano, importantissima pnchè in quell'a ssemblea si passò per la prima volta risolutamente dall'idea della fede ra zione a q uell :i dell'unità , è a m olti sconosciuta. TI secondo Congresso cispadano svolse l'opera sua in due d istinte , n sioni: l'una in R eggio Emilia dal 27 dicembre 1796 al 9 gennaio f7!)7, ndl:1 qua lt' furono g~tta~e le basi dell' u riic:ne rep ubblic,1n:1: l'al t ra in ~loden;,, , dal 2 1 ge1111aio al 1° marzo ciel 1797. ove tu discussa ed appro\·a ta l:i rnsrin1'l irin,· dcli., nuova Repubblica C ispadana, sorta fra tanti ent11si:1smi , fìn ita presto , com ·era naturale, poìchè ndb mente d el I3uonaparte e dei c ittadin i dell'E,nilia non doveva essere che il primo passo verso un'unione più ampi;1 e più ,alda con k p rovincie cispadane. Ourantc la p rima sessione fu delibera ta :i Reggio, il 7 gennaio 179 7, ,u proposta di G iuseppe C 1mpagnoni, l'actozione del tricolore. 1\-lcntre si preparava il secondo Congresso a Reggio, ii .28 noYernbrc. nell'indire i comizi d ettorali, il Com itato di go,·erno di 1\foden;1 e Regg io. prc.:siedu to da Gim·anni Paradisi, pubbli:-ava un proclama , che si crede be ne riportare in parte, perchè dimostra qu.ile influen za eserc ita ssero ~ià in l1 alia, per desiderio di Ì'<apoleone, le idee che a,·e,·ano trionfato in l' ranria con la riYolu zione; idee dalle quali don·,·a deri,·a re col tempo il desider io della indipendenza e dell'u nità nnionalc_ ,,. li ba rbaro sistema cl i g(..\Tfilo <lai quale soni1ano :ippena lt: n:izioni d i Ferrara, d i Bolog na , di ì\fodena, <li Reggio. a l momento che venne fissalo il Congresso ten utosi in Mod t'na neilo sco rso ottoh rc, t u b ragione che indu sse i rispettivi Governi p roVY isorì ad assumere la nomina dei deputati :il Congresso medesimo. Gettarono essi i fondamenti della nostra vent ura feli ci tà co lla decretata Federazione Cispada na. e m l !issare i m ezzi di una genera le di fesa, intc 11ta :i proteggt'rc i fausti principi della libertà de· suoi popoli. Ma sin d :illora conobbero la ncccsùà di una missione pili stretta che, confondendo in una sola le quattro na zioni, giunges5c: .1 formare di quesr:i beli.i parte d 'Italia una Repubblica sola . A guesto fine fu decretato il congre sso che, si terrà in Reggio i! giorno 27 del prossimo dicembre. Fors'anche ci è lecito stender 0


Basta ricordare infatti, Napoleone al castello di Mo ntebelìo. nel 1796 - quale cc lo descrive, con efficacissima arte, il De Biase quando egli, con la madre, la moglie, i fratelli , le sorelle, i figliastri, si era quasi circondato di una piccola Corte ed intorno a lui si affollavano, frammisti ai generali, i diplomatici francesi per ricevervi la parola d 'ordine; gli inviati dei Sovrani per scrutare le intenzioni dcli' astro nascente; i deputati delle c ittà italia ne per leggere enfatici indi ri zzi cli devozione al liberatore del loro paese. E Napoleone riceveva g li omaggi con quella dignità spigliata e garbata che accapana le simpatie; ma impedisce sia. va rcato il limite della più stretta deferenza. Ad osservarlo da vicino, ~e m bra va nato sopra un trono; t::nta era naturale in lui la posa del dominatore: Ce n'était déjà plus le général d'une republique triomphante; c'était un conquérant pour son p ropre compte )J' lasciò scritto un diplomatico straniero che lo avvicinò in quell 'epoca e che, forse, ispirò a Vietar H ugo il mag nifico verso (<

lJéjà N apoléo11 perçait sous Bonaparte ( 1) .

Ed il Graziali (2), con acuta indagine psicologica, giusta mente attcrma, 111 proposito, che il generale vittor ioso dimostrò fin dal 1796, ,, con le sue risolute resistenze a certe diretti ve inopportu ne dell'imbelle e disorientato Direttorio, come egl i intendesse in Italia condurre e guerra e politica con assoluta uni Ù di pensiero, secondo certe linee fondamentali, da lui maturate nelle sol itari e meditazi0n i di Parigi , prima dell 'inizio della campagna, t: tc11acemente poi messe iP atto, via via che i trionfi militari gl ielo andava no consentendo. ,, Così, nei brevi intervalli di l ibertà che g li lascia va la guerra, Bonaparte imparava, con la sua stessa esperienza, a governa re q uesto più oltre h: nostre speram.t:, forse la possente na zione L omb:1rda , animata dagli stessi pri11c ip1, nutre n el seno comuni con noi i desideri cd i voti, aspel· 1:indo con imp::izicnza il momento Ji chiama rci fra telli. " !Ila \'J.na sarà og ni lu~inga di una sicu ra e du revole felicità, se una nuova 0 1 ga nizz::izione politica non succede a lla macchina mostruos;1, c he oppresse fin o ra i p opoli di queste contrn<le. " U na costituzione democr::ttica c he, rimettendo l'uomo nello stato cl i lihn 1:1 cd eguaglian za, protegga inYiolab ilmente i suoi diritti, può sola proc urarci l'u n ion e desiderata , e sola può farcene: gu stare il frutto 11 . Cfr. T oM~IASO c.~s t Nt: « l deputati al Cong resso cispadano» in Rivista sto1-ìt-11

dd Risorgim ento italiano , \'ol. III. ( 1) Cfr. DE HusE: " Napoleone costruttore >). (2) G1c~z1ou : ,, La battag lia d i Rivoli >l .


) I

interessante Paese, campo delle sue prime glorie ... Sopratutto si appassionava a studiare l' anima di questo popolo, uno per la sua ling ua meravigliosa, per le sue arti, per i suoi costumi, per il suo ge nio e, ciò nonostante, tuttora pr ivo della sua unità politica, a cagione dei turbinosi avvenimenti storici svoltisi in Europa e dell'impreparazione politica e militare degli Italiani nei secoli del loro massi mo splendore intellettuale ed artistico. Egli vi studiava altresì, senza pn:concetti giacobini, ma pur con illimitata fede nel lo spirito della Ri voluz ione, l'effetto reale e pratico dell 'applicazione in Italia dell e isti tuzioni nate dalle teorie francesi del secolo XVIIL ed , anche in questo campo squi sitamente politico, accumulava esperienze preziose, che molto favo rirono poi la sua prodigiosa atti vità ricostruttrice dur ante il Consolato e l'Impero. « Fin d alla sua prima cam pagna nella valle ciel Po co ntinua l""autorevole scrittore - nonostante lo sdegno che gl i suscitava ;:issai spesso la vista delle infinite debolezze del pòpolo italiano, retto da Governi cristallizz atisi orm;:ii in for me superate, avvelen:1to da ~ccoli di servaggio politico e reso imbelle dal troppo lungo abbandono delle armi e, quindi , no n ancora m;:ituro a libertà e indipendcn z:1, non sentì mai vacilb.rgli in cuore Li F.duci:i nelle intim:~ e pmfonik virtù della nostra stirpe gloriosa, dalla quale, :1ttra ve rso i secoli, c:d anche nei più oscuri politicamente, era no pur sorti t:rnti uomini eminenti nelle arti, nelle sc ienze, nelle lettere. « Anzi la sua fede negli imm ancabili, gloriosi destini degli Italiani era così viva, da ispirare a lui, semplice genera le di una piccola Armata sempre in pericolo, quell'ardimento senza par i che lo rendeva capace di rimaneggiare perfino, di sua iniziativa, b carta politica della regione, trasformando in Repubbliche i Principat i di an tichissima data e dalle più fiere e resistenti trad izioni storiche •• .

Ma, se il Buonaparte pensava veramente alla liberazione della nostra Pa tria, come mai patè, a Campoform io, far mercato della gloria di V cnezia ? Secondo il Sorel , Napoleone fu il solo dei governanti fr:rncni capace di intuire la politica italiana. (( Egli giudicava senza dubbio gli Italiani per quello che valevano; ma, nello stesso tem pa, si sentiva preso da una specie di affetto per loro. I loro applausi entusiastici avevano, for ~e, commosso i! suo cuore e svegliato quanto vi ua


di Italiano nel profondo della sua anima? Il suo ingegno, tutto pieno Ji R oma e di Cesare, gli additava forse in Milano la Capitale di un 'altra Gallia da governare? Certo è che egli, identificando ormai la sua gloria con quella della Repubblica Francese, non ammise che alcuno: nè i Giacobini d'Italia, nè i Direttori a Parigi , gli potessero strappare la sua conquista! >•. Questo periodo del Sorel è bene tener presente, per considerare quanto il Gonnard (1) scrisse appunto a proposito della fine della R epubblica Veneta. (< Nessuno -- si è detto - ha barattato con m aggior cini sm o i po1x,li, come se si .trattasse di greggi. I T edeschi della Westfalia, gli Italiani del Veneto possono ben testim o niarlo. Ma, :id u11 tale rimprovero, Napoleone risponde come all'accusa di dcspotismo: come si può giudicare un'opera che non ha potuto esse1·e ultimata? Ciò equivale a confondere i m ezzi con lo scopo. Occorreva la dittatura per arrivare alla liber tà; così com e, per costituire le nazionaliù, a volte si afferm:ivano necessarie transizio ni in apparen za crudeli. Quando il generale Buonaparte rompeva, nel 1797, la nazionalità del Ven<.:to ed opprimeva la sua libertà per abbandonarl o all"Austria, voleva egl i uccider e defin itivam ente una Yita? Al contrario, :11lc spese del la piccola Venezia. egl i voleva preparare la grande Ital ia \) _ Na poleone cominciò, infatti, a volgere le sue mire sulla Republ,lica di Venezia ed ;1 cre~:re - di ciam olo pun' - il canu bdli, per cui essa, già neutrale ed indipendente, doveva essere considerata nemica e lasciata all 'arbitrio della Repubblica Francese, mentre il D irettorio, da Parigi, gl i comunicava e gli. ripeteva, con un'ansietà sempre più viva, l'urgente bisogno della pace, per ottenere la L1uale (( sarebbe stato opportuno restituire all 'Austria la Lombardia >> (2). Fu dunque solo quando egli vide la necessità di cedere nuovamente al nemico quello Stato Lombardo, che egl i aveva g ià così so" Lcs origines dc la légc11J..: 11apoléoi1ic11nc » . (2) li Graz ioli ricortb, · in proposito. come « subito dopù le m emorabili giornate di Arcole. il. Buon,1partc si fos se Lro\"alo di fronte alle or::mai risolute intenzioni Jell'imbelk DirctLOrio a far la pace colrAu stria, am:h c a cosLo di perd ere- tutti i vantaggi lino allora conseg~iti con la viuoriosa campag na in It al ia . Il generale C larkc era stato a b ella posta inviato in dice111bre da l Dircl· Iorio in Italia per ::i vviart: le prime trattati\"e con l'Austria e per influire sull'animo del gener:ile in capo nel ~enso vol uto dal Governo di Parigi ... , a nsioso solo <li pace e timoroso L1uasi di perdere il Reno, dopo i rovesci p :.11iti d:igli eserciti rcpubbl ic:ini del norù " · ( 1) Co-.r<ARD:


53 lennementc promesso di difendere e di protco-gcrc che eoli cercò b ' h un'altra terra da offrire in cambio della Lombardia, un ·altra terra, stata l"oià necessariamente italiana, e scelse quella che - pur essendo • • per undici secoli gloriosa - si po teva ormai paragonare da Vittorio Alfieri ad un leone molto decrepito e no n più sagace. Non era più, infatti, la Repubblica, al la tiuale fra Paolo Sarpi aveva augurato, morendo, l'eternità; ma il teatro frivolo e leggero delle avventurose gesta di Giacomo Casanova ; non si trattava quindi , per Napoleone, di colpire un elem ento vitale della nostra Storia futura; ma di tagliare, dalla pianta c he voleva richiamare a nuov:i vita , un ramo ormai secco e, del resto, già minacciato dal l' Austria , com e dimostrano gli ordin i <lati dall' Im peratore al generale Alvinz i, fin Jal 5 gennaio 1797. Nè bisogna dimenticare poi che, se a Campofo rmio egli cedette all'Austri a il Veneto - un po' meno, del r esto, J1 quanto ne avesse promesso a Leoben - egli sa nò degnamente il patto di Campoformio a Presburgo, nel , 805, dopo che , com e egli stesso doveva poi sà1vere, << les annécs quc les Vénitiens auraient passées sous le joug de la Mai so n d"Autriche leur ferai ent recevoi r J\·ec enthousiasrne un go uvernement national , Llllcl qu "il f(H, un pcu plus ou un peu moins aristoctati4ue. soi t que b capit:tl e fù t ou non fìxée à Venise •>. Tornato nel 1799 dall"Egitto, consegu iti nella Rcpubblic1 fran cese i poter i di Primo Console, otte nuta , in un a sola batt ag li a, a Marengo, la possi bilità tli ricostruire <.J uanto, durante la sua assenza , era stato distrutto in Italia, Napoleone rimise immediatamente in vita !a Repubblica Cisalpina e si mostrò pronto ad aumentarne I"importanza ed a concederle una Costituzione, che potesse più dficacemente servire a for compi ere ai nostri padri il tirocinio indispensabile a governarsi da loro stessi . Una rappresentan za costituita da LJUattrocento Italiani si recò all'uopo al Concilio di Lione. La lettura della Costituzione era appena rnminciata, quando il Primo Console la interruppe improvv isamen te, per chiedere, in lingua italiana, agli Italiani, invitandoli- a pensare alla costituz io ne di una vera naz ione: <• Volete voi che si scriva cisalpina od italiana ?>> . Ed, otten uta la com mossa risposta che ai D elegati suggeriva la visione, ancora incerta, d' un a Patria comune, egli chi amò italiana la nuova Repubblica. Ed i patrioti - scrisse il Sord (r) -- YiJero nell'atto del Primo Console tutto un programma (1) Op. cit., voi. VI.


54 per l'avvenire e l'inizio dei tempi, già profetizzati da Vittorio Alfieri: « Italia virtuosa, magnanima, libera ed una, con . la virtù che fa i popoli I iberi, la magnanimità che li re nde illustri, l'unità che conferisce loro la potenza l i>.

E \'cn iamo ora al l'accusa, senza dubbio più severa, che si riferisce più precisam ente a Napoleone Imperalore dei Francesi e Re del Reg no Italico: accusa contenuta nella nostra ansiosa -dom anda: (< M:i , se egli fu veramente, come ci d imostra la Storia, l'arbitro dei destini dell'intera Europa, perchè non conti nuò nella mirabile opera intrapresa, perchè non libere') ed uni ficò per ~c: mpre tutta l'Italia ?>> . A tale domanda si potrebbe rispondere con le medesime parole da Napoleone I, sc ritte, a tale r iguardo, a Sant'Elena: « Les Vénitiens, Ics Lomb:1rds, les Piémontais avaie nt ·besoin , pou r dcvcnir Italiens, d' ètrc décomposés et réduits en éléments; il fa llait, pour a in si dire, le~ rcfondrc ... "· A no i sembra, pe rò, cbe una risposta ancora più completa si possa e si debb:1 cerorc, inquadrando l'ope ra wf1 lta dall'Im pcr:itort> l'n l"ltalia, nel complesso della politi ca europea, che - come dimostra iI Levy ( 1) -- - egli fu costretto a segu ire; perchè, procurando di rendere meno severa l'acc usa di non ;ivere dedicato la sua opera più ef fìcace alla liberazione cd alla unificazione della Patria nostra , ci pare anche di pater contribuire a r ende re nello stesso tempo m eno gravi anche le accuse di imperi alism o e di nepatismo, c he ancora si muovo no alla sua memoria. Quando, alla battag lia di Valmy, il 20 settem br e 1792, Wolfango Goethe aveva detto agli ufficiali prussia ni che lo circondavano: << Da questo luogo, da quest'ora, comincia un a nuova er a pel mondo », le parole del poeta tedesco contenevano una profezia non fallace. L, rivoluzione francese era stata compiuta, infatti, nel no m e di ideali, che non si riferivano soltanto ai cittadini france si; ma la cui luce era dedi cata all'umanità in.tera. Per diffonder e i principi contenuti nella ,, Dichiarazione dei diritti dell'uomo », e non soltanto per la sola necessità di riparare alle ingiustizie dei ricchi, d i vincere una nobiltà imbelle, di abbattere u n clero non onesto, si sarebbero <..JUÌndi battuti , al canto della Marsigliese, i figli della Francia . (1) A. L~.v,: ,, Napoléo11 et la paix ,,.


55 Ora la battaglia di Valmy, prima vittoria delle forze dell'avvenire contro i vecchi Troni del passato - e, più ancora, quella di Jemappes, salutata il 9 novembre dal Vergniaud come << vittoria dell'umanità», - dimostrando alla Francia la possibilità di vincere, determinò in essa la consapevolezza della sua missione, la volontà di avve ntare i suoi figli contro tutte le barriere e contro tutti i confini della vecchia Europa! Da tali circostanze - prima e più che dall'ambizione napoleonica - comincia dunque l'imperialismo o, meglio, la missione storica della rivoluzione francese. Missione, per la quale, fin dal 9 novembre 1792, la Convenzione Nazionale aveva accordato, in nome della Nazione francese, « la sua fratellanza a .tutti i popoli, che aves~e ro voluto riconquistare la loro libertà )> e per la yuale il Kellermann - che alla vittoria di Valmy aveva specialmente contribuito il 20 novembre doveva ammonire: « Cittadini, bisogna che questa nostra Repubblica, per compiere la sua missione nel mondo, si circondi, come già l'antica Roma di colonie fedeli, di altre Repubbliche simili a quella francese, che costituiscano per noi altrettanti centri di difesa e di diffusione dei nostri ideali ». Missione per la quale, infine , il Dumouriez scriveva già, nello stesso anno 1792, al Custine: " E' certo che noi non dobbiamo lasciare le armi, prima di esserci :issicurato il Reno come confine al nostro Impero, sia coll'aggregazione di libere Repubbliche, so.tto la nostra protezione, sia per il voto Jci popoli , che si offriranno ad entrare nella composizione dell' Impero francese. I timidi diranno che, così, noi andremo contro i nostri stessi princip1 e che ci dedicheremo alle conquiste ; ma bisogna loro rispondere che esiste una differenza ben profonda fra la conquista, che è un atto di violenza, e l'accoglienza fatta ai popoli. che si offriranno volontariamente: il che rappresenta soltanto un atto di fratellanza )>. Ed ecco, quindi, come la politica imperiale di Napoleone rappresenti soprattutto la spontanea, naturale continuazione delia 1x1li1ica della Convenzione e del Comitato di salute pubblica ; la necesS3ria perseveranza nell'accanitissima lotta già predicata dal D:inton contro l'Inghilterra, il mezzo indispensabile a diffondere, sia pure co n le guerre e col sangue, gli ideali della rivoluzione. Quale necessità imposta dalla sicura attuazione di una tale poli1ica, più che come interesse di offrire anche ai suoi congiunti qu~lche parte della sua potenza, può quindi considerarsi anche il nepotismo di cui si accusa Napoleone; poichè egli, nella forza accentra-


1rice del suo genio, doveva preferire, piuttosto che circondarsi di luogotenenti, affida re i nuovi Stati, sor ti com e per incanto dal le sue vitl'orie, ai fratelli cd aJle sorelle, nella speranza che essi più fedelmente lo assecondassero nella sua missione e più prontamente obbed issero all 'i mpulso della sua volontà, determinata ad assicu rare alla Francia, di fronte alle coalizioni nemiche ed alla tenace ostil ità del l' Ing hi lterra, non soltanto la vi ta; m a anche la possibili tà di offrire ,1I mo ndo la più alta conquista della rivol uzio ne, allo scopo d i affrettare. presso tutte le nazioni , l'avven to di ère più progredite. Nè bisogna del tutto dimenticare che Napoleone pagò a caro prezzo il suo nepotismo che, invece ùi facilita rgli il difficile cammino, g li procurò imbarazzi non lievi ed a volte lo indusse ad irreparabili erron. ,, Nommais-jc un ro1, - scr isse egli nel Mémorial .il 16 settembre 1816 - il se le croyait to ut aussitot par la grace de Dieu, tant le mo t était épidémique. Cc n"était pas un lieutcna nt, c'était un ennemi d c plus. Ses éfforts n'éta ient pas dc me sccondcr, mais bien de se rcndre indépc ndent! n .

O r:i, poic hè anche la Patria nostra - allora vera e sempìice espressione geografica - - potesse r isorgere, occorreva prima formare in essa una nuova coscienza nazionale, con l'azione dei nuovi Governi e delle nuo ve R epubbliche: da <-1uella Cispadana a guclla Cisal pina cd Ttal i:ina e con la costituzione dd Regno Italico (r); occorreva richiamare il nostro popolo inerm e al culto delle antiche tradizio ni militar i, in m odo ch e, a poco a poco, l'esercito italico diven tasse capace d i condividere la gloria delle vittorie napoleoniche e di preparare nei suoi vetera ni i primi condottieri del popolo r in novellato; che l"ltalia dimenticasse le vecchie barriere e le antiche discordie ; accog liesse, sia pure ancora incerto, il primo pensiero della sua unità e della sua indipendenza; sapesse, infine, appr ezzare l'energia creatrice del gen io napoleonico che, istituito nel 1805 il primo Governo (1) A n,hc per gli Stati itali:i ni , ~hc: da lu i ,·cnncro ,rnncssi :ill'l m p i:ro fran cese, nel " Mémori:il » in dat:1 Jell'1 1 no,·embre 181 6, egl i scrisse che <( ccttc réun io n, q ui pouvait paraìtre ~ l"ohserva tcur ,uperfic iel l'i nj ure de l'cnv:ihissernent, n'avait J'autn: but que de su rvcillcr, garantir et avancer l'éduca tion nation :tll' des l taliens )) .


57 costituzionale italiano, << divise in modo organico l'amministrazione Jd Regno italico in 14 dipartimenti , in distretti cd in municipii; preparò la promulgazione del codice civile, riorganizzò la magi stratura, risollevò le cattedre universitarie, chiamando alla pubblica istruzione gli uomini più chiari per ingegno e per dottrina; promosse industrie cd agricoltura, lavori e bonifiche, strade e canali, restauri ed :tbbellimenti 1> (r), compiendo un 'opera che non può essere dimtntJCata. Soltanto allora Napoleone potè pensare, con rinnovato amore, alla sua vera Patria e per essa ammonì gli Italiani che, condizione i ndispensabilc al loro risorgimento, sarebbe stata la concordia dei propositi, l'esercizio della virtù, l'incremento dell'esercito, e per essa diede al figlio il nome augusto di Re di Roma e di essa - b cui ;.,dipendenza aveva già acceso l'ambizioso sogno di Gioacchino Mmat · profetizzò non invano la futura g randezza! Come poi, nella solitudine di Sant'Elena, egli doveva affermare (2) che, per la gloria immortale del suo nome, Roma sarebbe stata indubbiamente la Capitale che gli Italiani avrebbero un giorno prescelta, così egli , rispondendo, nel 1814, ai patrioti it,iliani che, .d l'lsola d'F.llu , gli nffriv:1no la ('nrn1n <l'!t:i! ia, purchè e~li si met tesse a capo della rivoluzione, elevò alla Patria nostra, lluasi con l'impeto di una fi liale tenerezza troppo a lungo repressa, un inno :iuguralc, non certo vano nel tempo, ed improvvisò il suo grandioso programma: lo farò degli sparsi popoli d'Italia una sola nazione; llarò loro l'unità dei costumi che ad essi manca, e sarà, questa, rimprcsa più difficile che io abbia tenta ta fin qui! Aprirò strade e canali, moltiplicherò le comunicazioni; nuovi e copiosi mercati si apriranno lJUindi alle industrie risorte; mentre l'agricol tura mostrer~1 b prodigiosa fecondi tà dell 'italico suolo e gli immensi vantaggi che se ne possono trarre! Napoli, Venezia, La Spezia saranno immensi cantieri di costruzioni navali ed, in pochi anni, l'Italia avrà una flotta imponente. Farò di Roma un porto di mare. Fra vent'anni, con una pol)()lazione di tren ta milioni di abitanti, l'Italia sarà la più potente nazione d'Europa. Non più guerre di conquista ; ma, non di meno , ;;vrÒ un esercito prode e numeroso, sui cui vessilli farò scrivere il motto: Guai a chi la tocca e niuno l'oserà •> (3). (<

( 1) Uco LF.;s;z1: " Napoleone a Bologna ». (2) Cfr.: << M~moires », voi. I. (3) LE:-21, op. cit.


Augurio ed inno, che ora, a più di un secolo di distanza, appare come l'epinicio della nuova Italia (r); profezia che, per l'opera dd nostri padri e dei nostri soldati, già si è in gran parte avverata e che noi non possiamo ricordare senza commozione. E se - come giova senza dubbio sperare - la concordia di tutti i suoi figl i, l'oblìo di tutte le passioni di parte, la fedele consacrazione di tutte le ani me nostre alla sua immortale grandezza renderà presto l'Italia ancora degna di tutta l'antica gloria e nuovamente maestra di civiltà e di progresso a tutte le genti del mondo, insieme a tutte le figure magnanime, che già la guidarono nel fati coso cammino, noi ben po~siamo e dobbiamo immaginare anche quella di Napoleone Buonaparte. E se, com 'cgli stesso pensava negli ultimi suoi giorni, l'Imperatore dei Francesi e Re d'Italia vive ora neìJ'al di là, accanto a tut ti i suoi eroi ed ai magg iori condottieri d'ogni tempo, la sua grande ombra si leverà ancora tra le cime nevose delle Alpi, sul suo bianco cavallo, come nel quadro del David: Nume a nch'esso benedicente cd anche esso tutelare dell'Italia nostra!

A Sant'Elena, il 15 aprile del 1 821 - vale a dire appena venti g iorn i prima della sua morte - Napoleo ne diceva ai suoi pochi fedeli : " lo so di dover finire presto e ne sono lieto per voi, che potrete così ri vedere il dolce paese di Francia; ma che cosa credete che penserà il mondo quando apprenderà la mia morte? » . E, poichè i suoi fedeli - più per affettuoso desiderio di confortare la g rande aquila che stava per chiudere per sem pre le sue ali , che per interessata abitudine di cortigiani - gli risposero « il mondo dirà probabilmente che un grande astro è scomparso l>, N apoleone soggiunse: << lo penso, invece, che il mondo, anche se, quando mi sapr;1 morto, emetterà un sospiro di sollievo, dovrà pur sem pre ricordare il mio nome, indissolubilmente legato al ricordo della grande rivoluzione, della quale, dopo tutto, io sono stato il più alto rappresentante cd il primo soldato! Si dirà , senza dubbio, che io sono stato un ambizioso e ciò è vero; ma affido agli sto rici del futuro il decidere se la mia ambizione sia stata quella di un piccolo uomo, che cerchi nel suo esclusivo interesse un posto sempre più alto ; oppure sia stato il g rande, potente sentimento di chi, aspirando ad una gloria ( 1) Qu t i-TAVA LLE :

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Il Risorgimento italiano,,.


59 immortale, ha cercato di preparare, per il bene di tutti popoli, un avvenire migliore a tutta l'umanità! » . Ora a noi sembra che queste sue parole si possano considerare come veramente profetiche e che, pur non potendo negare l'ambizione dell'uomo, anche noi dobbiamo considerare questa sua ambizione come la leva possente, la cui forza doveva finalmente svegliare - come diceva lo Chateaubriand - i nostri padri all'amore dell'Italia e della libertà! Mentre si era appena iniziata a Sant'Elena la sua lenta agonia, l germi, da lui lasciati nei solchi di tutte le terre, cominciarono, infatti, a fiorire in una nuova, più feconda primavera, con le ri voluzioni di Spagna, del Portogallo e di Napoli del 1820 e con i moti piemontesi del 1821 ; rivoluzioni e moti ai quali dovevano fatalmente seguire, in Italia, quelli del 1831, del 1834 e del 1842, del 1844, del 1841 ed, infine, le rivoluzioni del 1848, che inducevano il Piemonte ad iniziare la grande lotta indispensabile all'indipendenza ed all'unità deJla nostra Patria, lotta che costituirà per sempre, nei secoli, la gloria immortale di quattro generazioni d'Italiani.


IV.

LE FANTERIE NELLE GUERRE CONTRO LA FRANCIA RIVOLUZIONARIA Lo Stato Sardo - Piemontese fu, con tutti g li altri d' Italia, naturalmente avverso alla rivoluzione francese, contro le c ui truppe l'esercito resistette strcnuame11tc pe1 ben quattro anni, dal 1792 al 1796, rip0rtando a volte non faci li vittorie, ancora ill uminate dal ricordo di qudla dell'Assietta (19 lug lio 1747), come qudk Ji Rau s e dell'Authion del 12 giugno 1793, la kggendaria resistenza del D el Carretto a Cosseria il 13 aprile 1796, la tenace difesa effettuata dai '. Piemontc::si a Ceva, alla Corsaglia ed a Mondovì, prima dcll"arhlij. stizio d i Cherasco. TI se'.colo X V ll l si c hiudeva, è vero, col tr:11nonto della potenza militare piemontese, ma anc he lJUel tramonto f-u ricco di episodi gloriosi, come c.1udli di Saorgio, di Cosseria e del ponte di S. Michele. Anche l\:scrcito napoletano si difese tenacemente contro la Repubblica Francese e, se moltissimi furono, come vedremo, g li Italiani che poi ascoltarono l' appello alle armi del grande Corso e validamente cooH,111dicra mlu1111dla dei reg perarono alla su:i :isces:i, non pochi gimenti di Fanteria sollo Vittorio Amedeo lii. vollero rimanere fedeli alle tradizioni e combatterono , con minore fortuna, ma con lo stesso valore, anche nel campo opposto. Basti ricordare, ad esempio, il savoiardo Conte Saverio dc Maistre ( 1763- 1852), il quale, dopo aver combattuto con le milizie sabaude contro gli eserciti invasori, occupato nel 1796 il Piemonte, r ifiutò di far parte dell e forze militari francesi od austriac he e p referì aggregarsi all'esercito russo del Souvaroff.


Nell'esercito russo, insieme al de Mais tre, militarono: il modenese Paolucci, i fratelli Vaira, il Giannotti, il Venanzone, il Teseo e Gabriele Galateri. Negli eserciti alleati contro la Francia prestarono lodevolmente servizio il Sommariva, lo Stefanini, il Bianchi d 'Adda, l'Alcalini, il Guerini. Tra i più fieri nemici di Napoleone fu il corso Pozzo del Borgo, che si battè eroicamente nel r 807 in Polonia, quale colonnello dell'esercito russo, fu generale in Germania nel 1813 e rimase gravemente ferito a Waterloo nel 1815. Nelle file austriache si Jistinsero i generai I Casazza di Valmonten, il colonnello Radicchio, già segnalatosi nel 1805 e nel 1809 ;dia Raab ed al Ponte di Presburgo, i fratelli Roberti, g ià ufficiali sardi, ed Ippolito de Sonnaz, che particolarmente si distinse nclb campagna

tiel 1809. Nelle file inglesi combatterono in Spagna il generale Lapierra, il colonnello Robassonero ed il capitano dc Andreis. A Waterloo, nello Stato Maggiore di Lord Wellington, era Commissario per la Sardegna il conte Francesco Paolo de Sales. Meritano inoltre ricordo, fra gli ufficiali che combatterono contro Napoleone, i savoiardi: generale Bellegarde, divenuto in seguito maresciallo austriaco, ed il barone L1tour, segmlatosi :i c~ildi ero ntl 1805, ad Essling nel 1809, alla difesa di Tarragona in Ispagna eJ al servizio degli Inglesi. Insieme a lui combatterono contro la Francia i sudditi sardi: Di Favcrgcs, Regnini , Ciravegna, S. M artino d'Agliè, Tabcrna, Saint Laurent. Ma, contro la rivoluzione e contro Napoleone, a parte la gloriosa resistenza del Piemonte dal 1792 al 1796 e degli altri Stati italiani, non combatterono che uomini isolati, anche se destinati a conseguire alti gradi negli eserciti stranieri.

Il Piemonte contro la Repubblica francese. Oltre che nella fedeltà ai loro principi, della quale diedero prova . gli isolati, gli eserciti rivoluzionari e napoleonici incontrarono una tenace resistenza negli Stati della Chiesa, nel Reame di Napoli c· principalmente nel Piemonte, dove il Re Vittorio Amedeo Ili non poteva non mostrarsi avverso alle nuove idee ccl ostile alla Frnncia rivoluzionaria che, fin dal 1790, aveva cominciato ad insidiare la pace dello Stato sabaudo con i suoi agenti e con le sue mene rolitichc nella Savoia e nel Nizzardo.


La guerra, iniziata nel 1793, non venne conclusa che nel 1796, che il Piemonte vide l'adus.to, pallido viso ·» del Buona parte, saettante « sul cavai bianco, di greppo in greppo » da Montenotte a Cosseria, da Ceva alla Corsaglia, da Mondovì a Cherasco, mentre, come canta il poeta (1), brillava do}X)

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su l' eterne nevi delle Alpi l'iride levata de i tre colori. Ed, anche in questi quattro anni di lotta, rifulse il valore delle Fanterie piemontesi che, memori di Torino, di Guastalla e dcll 'Assietta, nella lunga lotta si mostrarono sempre fedeli al loro Principe cd alla loro terra, anche se - come scrisse il Vacca Maggiolini (2) il secolo XVIII doveva chiudersi con l'annientamento della potenza militare piemontese, minacciata prima dagli eserciti rivoluzionari e poi travolta dall'irruenza irresistibile del genio napoleonico. Tuttavia la lotta delle Fanterie piemontesi contro quelle della rivoluzione non fu senza gloria, come riconobbe il Carducci a proposito della resistenza al ponte di San Michele.

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tuoi forti, o ponte di San Michele! Avanza sotto il trico/or vessillo L' equalitadc, avanzano i plebei duci, che il sacro, feudale Impero abbatteranno. Ma qui si pugna per l'onor, si muore qui per la Patria! E ben risorge e vince chi per la Patria cade, ne la santa luce de l'armi. a'

« Quelle giornate, infatti, continua il Vacca Maggiolini non annientarono; ma rinsaldarono le tradizioni militari del Piemonte; grazie ad esse la bianca Croce di Savoia, momentaneamente abbattuta, potè risorgere; potè, nel secolo XIX, sposata al Tricolore italiano, affermarsi dall'uno all'altro capo d 'l.talia e, nel secolo XX, incoronata di vittoria, cancellare, col trionfale armistizio di Villa Giusti, l'umiliazione dolorosa dell'armistizio di Cherasco » . (1) C ARDUcc1: «

Bicocca di S. Giacom o"· <( Vita sociale, arti, lettere, scienze ed armi nel se-

(2) V ACCA MAcc101.1N1: colo X VIII » .


Le campagne degli anni 1792-1795. Ricordiamo, in rapida sintesi, gli avvenimenti di quegli an ni for tunosi, riassumendo alcune pagine di Angiolo Biancotti (1). Quando, in seguito alle provocazioni dell a Francia, fu impossibile al Re V ittorio Amedeo III conser vare la neutrali tà, la g uerra divenne inevitabile. Il Re aderì alla coalizione contro la Francia e ricevette un aiuto cli 8.000 ausiliari, comandati Jal generale Strasso ldo ed agli ordini dei generali Provera e Colli-Marchini, entrambi italìani al serviz io dell'Austria ; ma intan to i Francesi avanzavano e la sera del 2 1 settembre 1792 il generale francese L aroq11e attacca\'a le ridotte savoiarde di Aspremont, Chaparsillan e Mians. Le truppe piemontesi, so rprese, si ritirarono : park per la Taran tasia ed il Piccolo San Bernardo in valle d 'Aosta, parte per 1:-i Moriana sul Cenisio. Montalbano nel Nizzardo, Villafranca e Sospello in val di Saorgio furono occupate dalle truppe fra ncesi comandate dal generale Anselme che, approfittando degli error i del generale Courten, occupò Nizza. Le .truppe piemontesi si ritirarono allora sulla linea del le Alpi ed il Re ne a ffidò il comando al vecchio gcner:.1le SaintAndré, il quale, sistemata un 'abba sta nz a solida linea difensiva, decise di passare al contrattacco. Alla testa di 8.000 Piemontesi, egli costrinse, infatti , ii generale Brunct, allora comandante in seconda dell'esercito francese in Italia, ad abbandonare Sospello ed occupò con rapida azione il colle dì Braus. Pit1 tardi l'Ansclme, sopraggiunto in rinforzo al suo luogotenente, sloggiò i Piemontesi dal Rra us e da Sospello; ma fu costretto a ritirarsi in seguito all'azione abile e decisa del Saint-André. Così finì, nel settore ·di Nizza, la breve campagna del I 792. In quello stesso anno molte furono le azioni della f10tta francese, che le navi inglesi ancora non molestavano. Tra Ji esse è da notarsi yuella contro l' isola J1 SarJegna degli ammiragli T roughct e La touche del 21 dicembre 1792, seguita da quella del 23 gennaio 1793 in cui venne bombardata Cagliari, che si difese con strenuo valore. Il 13 feboraio dello stesso a nno si tentò un 'azione contro il castello di Quarto ed il forte di Sant'Elmo, contro il quale furono lanciate più di dodicimila bombe, senza alcun risultato, finchè ogni ciise_gno di attaccare l' isola venne deposto. (1)

ANG 101.o BBNCOTTI:

«Co sseria

e

le .:ampagnc di guerra dal 179.3 al 1796 ».


Il Piemonte riprese le ostilità nella primavera del 1793. Comanda va i soldati piemontesi uno straniero, il feld maresciallo Dewins, mediocre uomo di guerra, il quale, dopo quattro anni di lotte eroiche, doveva condurre il Piemonte alla rovina . Nel 1793 l'esercito piemontese era forte di 47.000 uomini, schierato in un lungo ed esile cordone, che andava dal Piccolo San Bern ardo al colle di Saorgio. Il Duca di Monferrato comandava le truppe stanziate in valle d'Aost:i , il Marchese di Cordon quelle in valle:: di Susa, al Mance-

Il combnttime11to delf"Authion.

Il Duca c1·Aosta, con lo Strassoldo ed il Provera ed il giovane Principe di Carignano, erano in val di Stura ; il Saint-André aveva le truppe schierate e trincerate sul colle di Braus, al passo di Milleforchc, .1ll'Autl1iu11 e sul colle di Saorgio. I primi fatti d 'arme ebbero esito favorevole ai Piemontesi. Il Saint-André resistette al colle di Braus, il Provera al Belvedere cd il Colli-Marchini piombò con ardita manovra sui Francesi del Bru:iet dietro Millcforchc. Dopo questo fortunato attacco, il Saint-André volle che si fortificassero l'Authion ed il Braus, facendone perno della resistenza piemontese; nel frattempo il Dewin s permise che si tentassero delle azioni offensive.

111s10.


65 Il Iì aprile il generale francese Biron, comandante una colonna dell'esercito d'Italia, attaccò il colle del Pertus, difeso da un battaglione di Granatieri e ne sloggiò, dopo accanita lotta, i difensori; ma il giorno dopo lo stesso battaglione, rinforzato da un altro battagli~n~ Granatieri e da due battaglioni austriaci in riserva, riprese la pos1z10ne. Dopo alcune azioni poco importanti cd indecise per la diversità di vedute tra il Dewins, che prescriveva la difensiva a tutti i costi ed il Saint-André che voleva, invece, attaccare, i Francesi . iniziarono un'offensiva su Sospello, Pietra Cava, c;1m1x> Argenta e Belvedere. L'attacco, condotto con estremo vigore, nonostante gli eroismi dei Piemontesi, riuscì sfavorevole a questi ultimi che, dopo ave r contrastato in più punti l'irrompere del nemico, iniziarono un ordin ato ripiegamento, appoggiandosi all'Authion cd a Saorgio. Contro questa linea i Francesi, che avevano subìto perdite gra\'ÌSs;me, non osarono avanzare immediatamente e sosta rono tre giorn i d i fronte a i Piemontesi. Poi, con una forza di circa 14.000 uomini , attaccarono la linea Auth ion - colle d i Braus, di fesa eroicamente dal Sain t-A11J 1é, dal Pwvera e Jal Colli Marchi11i. L'aLtaccu :,i risol~e in un disastro per le truppe francesi, che vennero volte in fuga con gravissime perdite. La guerra languì fino al 2 1 g iugno ; giorno nel llual e Yenne attaccato dai Fran cesi il colle dell 'A rgentna, difeso dallo Strassoldo. Il colle fu perduto, ma venne ripreso il g iorno dopo dal battaglione austriaco Belg ioioso . La guerra avrebbe potuto avere una condotta più energica ; ma il Dewins, che comandava l'esercito da Torino, intralciava tutto nel timore di nuocere, con il favorire una netta vittoria piemontese, :.illa politica dell'Imperatore d'Austria. 11 25 giugno lo Strassoldo fece attaccare il colle dcli 'Arche e lo occupò. Nel frattempo un' aliquota della flotta inglese, g iunta finalmente nella rada di Villafranca, ridestava le speranze del Governo di Torino, il quale iniziò trattative per un'azione in comun e; ma la diffidenza degli Inglesi, intenti soltanto alla difesa delle proprie vie marittime, lasciò l'iniziativa al nemico. Questi, il giorno 29 luglio, uscito dai suoi campi di Bronis, Biolet, Pietra Cava, Campo d'Argenta, Bolleno e Belvedere, attaccò, diviso in . quattro colonne, le posizioni piemontesi; ma anche questo attacco fu contenuto ed il giorno dopo il Saint-André potè anzi ini-


66 ziare un 'azione controffensiva, che gli diede il passesso del Belvedere e del campo francese di Lan tosca. Intanto, alla lìne di luglio, il Dewins si decise a lasciare Torino per raggiungere il fronte, presso il quale rimase, neghittoso cd incc.:rto, lìno al 5 settembre, giorno nel q uale egli affrettò la battaglia decisiva. Sembra che il disegno del Dewins r ispandesse abbastanza alla situazione; ma imponeva troppi combattimenti e troppe marcie in montagna. Il Duca d 'Aosta ed il Saint-André doveva no scendere : l'uno dal colle delle Finestre, l'altro dal Braus, entrambi in val di Breglio; scacciare i Francesi dalle vette, congiungersi al campo di Vexo e pio mbare su Nizza. Gli altri com :mdanti dovevano _impegnare il nemico con azion i dimostrative; mentre il Dclle ra, con una forte r iserva, sarebbe intervenuto nel momento e nel luogo ritenuti più opportuni. Il Saint-André assolse rapidamente il suo compito, sGtcciò i Francesi dai colli di S. Giovanni e di S. Giulia no, s'impadronì .del campo di Vexo ed attese il Duca d 'Aosta . Questi scese dal colle delle Finestre, ma, per le diffico ltà opposte dal terBandiera di battaglione de! reno, dovette im piegare tre giorni reggimento "La Jv[ar;na" setto Vittorio Amedeo III. per raggiungere cd espugnare le r idotte d i Villare e di Sommalunga. Poi, temendo di spingersi troppo oltre, invece di te ntare a tutti i costi il co ngiungimento con il Saint-André, occupò le rido tte della Ccrisiera e chiese rinforzi. Il messaggio non giunse, però, al SaintAndré e le tru ppe del Duca, incontrata la salda resistenza dei Francesi alla Cerisiera, dovettero ritirarsi a Seriolo. P er conseguenza, i Francesi, schierati tra Utello, Lcvcnzo ed il Varo, r imasero in 0crrado di difendere N izza. Il Re, che aveva raggiunto l'esercito sperando di assister e ad una vittoria, rimase deluso e do vette accontenta rsi del la promessa del D ewins di ripetere presto il tentativo (1). (1) COSTA DI BEAUR EG,\RD:

(<

Un homme d'autrdois )).


Intanto, nella Savoia, il Duca di Monferrato, separato dal Cordon con un'abile manovra dal Kellermann, si ritirava sul Piccolo San Bernardo; m en tre il Cordon sgombrava la Moriana e ripi egava sul Cenisio e le truppe francesi si abbandonavano alle violenze ed al saccheggio (1). Il Dewin s, sospettato di tradimento dal Duca d' Aosta e dal Saint-André, fu costretto, per le in sistenze dei generali e dello stesso Sovrano, a muovere verso la Gillette con lo scopo di separare 1 Francesi dalla Provenza. Ma indugiò troppo e, con azioni d i p attuglie troppo frec.1uenti, insospettì il nemico che raccol se tempestivamente le sue forze, in modo che , la mattina del 18 ottobre, potè accorrere, ai primi colpi di cannone, in g ran num ero ed, al comando del generale Dugommier, costrinse i batta glioni austriac i, so rpres i, ad una fuga ignominiosa. Il Dewins fece allora assumere quartieri d'inverno.

All'inizio del 1794 il Piemonte venne abbandonato dalrlngl,i lterra, mentre l'Austria ritirava le sue poche truppe su lle li nce di difc;a dell a Lombardia, Ja Pavia al colle Jj Na.va. Pu r Jo, c.-: nJ u ,life ndersi da solo, l'esercito piemontese riprese la g uerra a costo de i più g r avi sacrifici. Nell'esercito il Courten venne sostituito (ial generale piemontese Chino e lo Strassoldo da Carlo Emanuele d i Car iJ; nano. I Francesi, comandati dal generale Dumas, che aveva sostituito !'Anselme nel comando dell'esercito d 'Italia, e dal vecchio gener.ile Dumerbion, pensavano di attaccare la cresta alpina dal Piccolo San Bernardo a Saorgio, per scacciare i Piemontesi dai monti prima che s'iniziasse il disgelo. Una difficoltà che si oppaneva all'effettuazione di tale pirno era la neutralità di Genova ; ma il Dumerbion pensava di poterla violare senza troppe difficoltà. La situazione era minacciosa per il Piemonte e molto acutamente l'Hauteville scriveva al Cossila (2): « Non ho diffi coltà di dire cl1e, se i Francesi giungono ad impadronirsi del Piemonte, l'Italia è per(1) Lettera del Barone Chionio a l Conte Grancri , nel la Hiblioteca Rea le di Torino. (2) Lettera del Minislro degli E steri :ii rappresentant i pie montesi in GcnoYa (21 maggio 1796). Archivio di Stato di Torino.


68 duta, è perduta altresì per la Corte d i Vienna, la quale troppa debole resistenza opporrebbe ai vincitori, fatti formidabili dallo stuo lo dei rivoluzionari, che seguirebbero i loro stendardi >> . Il generale Dellera avvertì il Cravanzana, Ministro della Guerra, che non si doveva fare assegnamento sulla neutralità della Repubblica Genovese e dello stesso parere erano il Saint-André, il Duca d'Aosta, l'incaricato d'affari d 'Austria a Torino, barone Bregè, ed il Re stesso. Soltanto il Dewins no n volle curar si di questi avvertimenti. Il 24 marzo i Francesi attaccarono sulle Alpi con quattro colon ne. La prim a occup<\ il Piccolo San Bernardo ed il Vallesano ; la seconda, r aggiunta, nonostante la bella difesa opposta dal ge nerale Chino, la vetta del Moncenisio, discese fino alla Novalesa e venne fermata soltanto dai for ti della Brunetta ; una terza colonna, forzato il passo delle Harricate, scese nella valle del Pellice, arrestandosi dava nti :il forte di Mirabocco, che si arrese con il suo presidio di roo uomi ni: una L}llarta colonna, per il colle dell'Agnello, en trò in valle Ma ira, mentre un 'al tra piccola colo nna metteva a ferro ed a fuoco Oulx e ~i :irrcstava davan ti al forte d i Exilles. D r::isa dal Dirrttorio l'invasione della Ligm:a, i! grnrr:1lc M:issena penetrò in Venti miglia e pu ntò su Saorgio. Il generale Hammel, che comanJava la colonna d' invest imento del forte di Saorgio, vi fu arrestalo dall'eroica resistenza del presidio, comandato dal Saint Amour. TI general e austria co Argen tau, che doveva difen dere il passo di N:1 \·a, lasciate poche forze a presidio della località, si r itirò su Ce\·a, uni camente intento, secondo gli ordi ni di Vi enna, a difendere la st rada del la Lo mbardia. li Massc11a, impadronitosi di Ormea e di Garessio, venne per tre mite respi nto sul colle Ardente da 5.000 Piemo ntesi che, com andati dal Colli-M:uchini, ripiegarono soltanto pe r la minaccia di venire aggi rati , sul campo di Praya, dove già si trovava il D ellera. Il campo di Praya se rviva a difendere Briga; m a, attaccato iì 28 apr ile, il Colli-iviarchini no n potè respingere il nemico e dovette abbandonare la difesa di Briga; m entre il Sain t Amour, ritenendo o rmai. inutile la d ifesa d i Saor gio, si arrendeva . P er conseguenza le strade di T enda e del Piem o nte rimasero in potere delle truppe francesi ehe g ià dominava no le Alpi , dalla valle d'Aosta a Ceva. Costretto dalla situazio ne, Vi ttorio Amedeo III dove tte rivolgersi all'Imperatore, il tiuale g li impose il tra ttato di Valenziana, che stabiliva tiuanto segue :


1° - l'Imperatore avrebbe impegnato in Italia il maagior num ero di uomini consentito dalle operazioni negli altri teatri di guerra; 2° - per difendere il Piemonte, l'esercito del Re avrebbe dovuto difendere le Alpi e la Contea di Nizza, mentre l'esercito imperiale avrebbe formato una riserva, atta ad operare, se il nemico avesse raggiunta la pianura, per ostacolarne i progressi e per tenere sgombra <lai Francesi la riviera ligure ; 3° - il generale Dewins avrebbe continuato a comandare in Italia, obbedendo al Re solo per l' impiego delle truppe piemontesi, <:<l all'Arciduca Ferdinando per quel che riguardava g li Austriaci operanti in Piemonte. Mentre si stipulava il trattato di Valenziana (29 maggio 1794), 7.000 contadini di Mondovì, Acqui cd Alba, guidati da un certo avvocato Robusti, si raccolsero intorno ad uno stendardo della '/ergine: Immacolata e, benchè fossero male armati, assalirono i Francesi ,1 Loano, a Garessio e nel Monregalese, per venire dovunque respinti e sbaragliati. Il Dewins, che il trattato di Valenziana poneva agl i ordini dell'Arciduca Ferdinando, domandò una maggiore libertà di azione; ma venne dispensato Jal cornauJo. Intanto in Francia il nuovo Comitato di salute pubblica volle riorganizzare le forze francesi in Italia e ne derivò un periodo di nisi, del quale gli Austriaci avrebbero dovuto profittare. Invece essi si mossero soltanto quando ormai tutti i reparti francesi erano ai loro posti. Il vecchio Dumerbion, continuando a violare la neutra! iù ligure, attaccò gli Austriaci a Dego il 21 settembre. Fu respinto, ma il giorno dopo le truppe imperiali si ritirarono, lasciando scoperte le provincie di Mondovì, Acqui ed Alba. Grande fu la sorpresa e profondo il rammarico dei Piemontesi per il contegno degli Austri aci in questa circostanza. In proposito l'Hauteville scriveva al Cossiia: <• Quale sia stata l'anima dell'Arciduca Ferdinando rispetto al Piemonte ed all'Italia, <-1uali le sue viste cd i suoi disegni, io non so dirlo, salvo che lo si creda capace di operare più per la nostra rovina che per la comune difesa >) (1). Ed il de Maistre dal canto suo scriveva ad un amico: (< Questi 30.000 Austriaci sono venuti per vederci sterminare, dopo averci umiliati e perduti " (2) .

(r) Lettere del Conte di H:i.uteville nell'Archi,io di Stato di Torino: lettera del 24 seltembre I7Q4 al Cossila. (2) De Ma.itre: ,, Corrispondenza », \Ol. I.


70 Il momento era veramente grave per il Piemonte; ma, contro ogni aspettativa, i Francesi si accontentarono di entrare in Savona senza colpo ferire e .presero i l1uartieri d' inverno.

Con la campagna <lei 1795, Vittorio Amedeo III mtrava alla r iconquista della Savoia e <lei Nizzardo, perduti nelle precedenti campagne; mentre l'Imperatore d'Austria non si preoccupava, come al solito, che del Milanese. Tuttavia, per stabilire un piano di campagna comune, ai primi di marzo del 1795 s'incontravano a Milano i generali Wallis e SchmiJt per l'Austria, i generali Colli-Marchini e L atour per il Re d; Sardegna, l'ammiraglio Goedel per l'Inghilterra. La Prussia e la Spagna avevano già conclusa una pace separata con la Francia repubbk::ina. I risultati del convegno di Milano vennero sintetizzati dal Conte di Hautevillc, il quale durante le trattative scriveva al Re di S:udegna: " Il risultato di l]Ueste trattati ve altro non dimostra se non che !a Corte d'Austria vuole essere padrona di disporre liheramente cd interamente delle truppe del Re, mentre desidera agire indipendentemente con le truppe austriache di slocate in Lombardia)) (1). I delegati sardi, seguendo le istruzioni del loro Re ed una naturale linea politica, che mirava innanzi tutto a restituire al Regno di Sardegna i possedimenti perduti, volevano scendere contro l'esercito francese d'Italia per la valle della Stura ; mentre gli Austriaci avevano stabilito d'impegnarsi soltanto all'ala sinistra, anche perchè contavano sull 'aiuto dal mare, promesso dalla sguadra napol etana. L 'Austria voleva che l'esercito piemontese svolgesse gualche operaz ione secondaria, oppure s'impegnasse nelle azioni più difficili, in modo da addossargli la colpa delle eventuali sconfitte. Dopo il convegno di Milano venne richiamato al comand,J il vecchio generale Dewins, che era stato per poco sostituito dal Wallis. I Duchi d'Aosta e di Monferrato furono destinati alla difesa delle Alpi. Il generale Colli-Marchini, comandante delle .truppe regie, passò in sott'ordine al Dewins che ormai, per il trattato di Valen( 1) Di~pac.io del 4 marzo 1795 mandato a Milano. Archivia di Stato di T orino: « Lettere e documenti imorno ai rapporti tra Piemonte e Fr,mcia durante b RiYoluzione francese )1 1 fascicolo XXIV.


71 ziana, dipendeva direttamente dall 'Arciduca Ferdinando. Per consegue?za l'Austria òispose delle truppe ciel Re di Sardegna come delle propne. I Francesi, vigorosamente g uidati dal Kellermann, nuovo comandante dell'esercito d'Italia, erano schierati con l'ala destra, affìdata al Massena, su Vado, sui m onti di San Giacomo e cli Melogno; col centro, comandato dal generale Mocquard, sul San Bernardo e sul colle del Sabbione; con la sinistra, costituita dalla Divisione Garnier, sui colli di Braus e delle Finestre. Questa lunga linea si stendeva da Savona a Vado fino al colle di Tenda. Il Dewins mirava ad occupare Savona, per assicurarsi le comunicazioni con la Lombardia. Appunto a questo scopo egli attaccò, il 23 giugno, San Giacomo, <la c ui si domina Savona, m entre l'Argentau (1) s'impossessava del Melogno ed il Colli-Marchini superava il colle della Spinarda, davanti a Garessio. L'operazione era riuscita ; bisognava proseguirla; ma il D twins, che pur aveva l'iniziativa, non ascoltando il suggerimento del ColliMarchini che lo invitava a spezzare il lungo schieramento fr:mcese (2), dispose l'esercito tra Finale, Loano e Garessio e lo lasciò immobile, perdendo un tempo prezioso ed accontent:mdosi di fare, con alcune navi, guerra di corsa lungo il litorale ligure. E dire che, in quel momento, i Francesi, che nei combattimenti dal 23 al 27 giugno avevano avuto la peggio cd erano stati separati da Genova, mentre il Kellermann si era dovuto ritirare ad Albenga , decimati e sfiduciati, non sarebbero stati in grado di resistere ad un'offensiva condotta con vigore! Bene a ragione, infatti, i generali piemontesi Coll i-Marchini, San Marzano, consigliere militare del Re, Revel (3), addetto allo

(1) Il Conte Eugenio Guglielmo Alessio J'Argentau non era che il lon tano cugino del ce lebre diplomatico Forimondo C:buùio (1727 - 1794), consigliere di Maria Antonietta. Il generale era nato a Huy, presso Liegi, nel 17_~4, e si era distinto nclb guerra dei sette anni ed in quella contro i Turchi. Ve nuto in Tta lia col grado di maggior generale, fu promosso luogotenen te gem:ra le nel 1795 e fu Mastro di Campo o Capo di Stato Maggiore prima del Dewins, poi del Beaulieu. Dopo la campagna del 17C)6, ottenne ancora il comando della città e della piazzaforte di Vienna, dove morì il 4 maggio del 1819. (2) Vedi PINELLI: u Stcria m ilit:irc del Piemonte», libro I, cap. VI. (3) Ig nazio Thaon di Revel di Saint Andrè e di Pralun go, nato il 10 maggio 176o. Fece tutta la ca rrier:i militare nei regg imenti pro vinciali, dove rag-


Stato Maggiore, Costa (1), Capo di Stato Maggiore, insistevano perchè si profittasse dcll'occàsione per scacciare oltre i confini le .t ruppe nemi che vin te. Ma gli Austriaci, fermi nel disegno di difendere, invece, la Lo mhardia, no n vollero aderire e diedero tempo ai Francesi di riordinarsi. Sostituito nel comando dell'esercito d'Italia il generale Schérer al Kellermann (destinato, invece, all'esercito delle Al pi) e rinforzato di 20.000 uomini l'esercito d' Italia, il nuovo comandante, dopo alcune settimane impiegate dalla Francia a condurre trattative e ad ingannare l'Europa, passò all'offensiva nel momento da lui ritenuto più opportuno. Lo scopa dello Schérer era quello di separare i Piemontesi dagli Austriaci ed a tale scopo egli aveva ordinato al Sérrurier di compiere, con b. sua Divisione, il maggior sforzo passibile sulla sinistra dei Piemontesi, puntando sulle opere costruite sulla destra del Tanaro e che collegavano, attra verso il passo del Sambuco, i Piemontesi con k forze del generale Argentau. Le truppe piemontesi che occupavano queste opere avevano sulla destra 6 .500 uomini, comandati dal Marchese Solaro della C hiusa; alb sinistr:i oltre 5.500 uomini agli ordini del colonnello Marchese di Montana. Comandava i due Corpi il Principe di Carignano, il quale aveva stabilito il suo (]Uartier generale a Mursecco. giunse il g1ado di colonnello Jcl reggimento Ji Nizza; sotto il generale Dewins, diventò q uartier mastro ·generale dell'Armata, cioè Capo di Stato Maggiore, carica che tenne nell'e,crcito c0mandaw Jal Duc:1. d'Aosta. Fu governatore di Torino e M,m:sciallo di Savoia. Morì il 26 gennaio dell'anno 1835. L:.isciò un libro sulle guerre combattute contro i F rancesi dal 1792 al 175)8: « Mémoires sur la gucrr::: des Alpes et !es évenemcnts en P iemont pendant la Révol ution », ruhblica to nel 1871 Ja suo figlio. , (1) Costa <le Beaurcgard (Marchese Giuseppe Enrico), nacque a l castello Ji Villard, in Savoia, nel 1752. Entrò nel servizio militare il 17 giugno 17j r in c1ualità di ufficiale aJdetto :il servizio degli accampamenti. Dopo il suo matrimonio con b baronessina Ji Murinais, si riti rò n el suo castello in Savoia, sulle rive del Lemano. Rientrato in ~erviz io con il grado di capitano, il mar. chese Costa fece tutt<:: 1t:: campagne delle Alpi, . nelle quali conquistò grad i ed onori, mentre la sua fo migli:1, durante l'occupazione della Savoia da parte delle t ruppe francesi, emigrava a L0sanna. Nominato quartier m astro addetto al generale Colli - Ivbrchini, rimase vicino al generale nelle campagne del 1795_- ~796 cd accompagnò il generale La T our a Cherasco, per negoziare l'ar1111st1z to col Buonapartc. Nel 1797 tornò ad. essere quartier mastro dell'esercito, poi m embro del Consiglio Ji reggenza a T orino nel 1799. Morì a Bcaurcgard nel 18:24, senza J\'er aderite : nè alla Repubblica, nè all'Impero di Napoleone.


La l('sis1c11::a di Co,-.,·eria.



75 Il 23 ottobre, secondo gli ordini ricevuti dallo Schérer, il Sérrurier fece attaccare le posizioni intorno a Ceva. La prima linea era occupata dai cacciatori del Conte di Saluggia e dal Corpo franco · di Giulay, i quali, non sospettando di essere attaccati e credendo si trattasse di uno dei soliti scontri di pattuglie, non s'impegnarono e lasciarono che il grosso avversario si avvicinasse e ii sorprendesse. Attaccati quindi da forze superiori, dovettero ripiegare sul colle San Bernardo e sulla Cianca, lasciando i Francesi padroni di Costa Minuta e di Pian del Borgo e scoprendo il proprio fianco destro, cioè le posizioni verso Ormea. li San Bernardo era una sola grande ridotta, cinta da un largo fossato e presidiata dal colonnello Colli di Fe-lizzano ( t), con un battaglione di cacciatori, un battaglione del reggimento Oneg lia, 73 pionieri comandati da un ufficiale e IO artiglieri con due pezzi da quattro pollici. Erano, in tutto, 500 uomini, che resistettero eroicim ente ad oltre 3.000. I Francesi attaccarono con foga; ma sul la contro scarpa ·del fosso furono accolti e fermati per ben due volte dal fuoco dei Piemontesi. Gli ufficiali francesi, decisi a superare una così tenace resistenza. for mato un plotone di ufficiali con pochi granatieri, tentarono allora un nuovo assalto, che venne anch'esso respinto dai difensori, i qu~1li, g uidati perso nalmente dal Colli, contrattaccarono ç catturarono i 37 ufficiali ed i 29 snidati del reparto di formazione. Migliori risultati conseguì la brigata francese Miollis che, conquistate le posizioni della Dondclla, presidiate da 60 cacciatori Stettler e da 107 uomini del reggimento Acqui, profittò della resa del reggimento austriaco Belgioioso, per minacciare di aggiramento l'ala sini(1) Colli Ricci di Felizzano, Marchese di Felizzano, nato ad Alessandria da una famiglia di ;imico lig naggio il 20 marz(} 1745, non era parente con il Colli - Marchini. 'Porta in segna nel reggimento Monferrato nei 1754, sottottnente aiutanre maggiore nel 1774, tenente nel 1775, capit;1no nel reggimento " Pinerolo» nel 1782 e primo maggiore nel reggimento, di Mondovì nel 1793, comandò il II battagEonc cacciatori nella campagna del 1794; fu tenente colon nello nel 1795 e colonnello camandante un reggimento, formato dal I e H battaglione cacciatori, il 20 marzo 1797 e passò al servizio della Francia nel 1798. Attratto dall'astro napoleonico, fece un:1. brillante carriera al serv izio del Primo Console e dell"lmperatore. Fu maggior generale nel 1798, generale di brigata l'anno dopo. Ferito all.1 battaglia di l'<ovi i! 17 agosto 1799, fu promosso generale di Divisione nel 1802 e lasciò il servizio nd 1806. li suo nome è scritto nell'Arco di Trionfo a Parigi. li Thicrs co!1fusc il Colii di Felizzano rol Colli - Marchini.


stra dello sc hieramento piemontese. Ma, intuito il pericolo, il colonnello Dichat, com andante !'VIII ed il IX battaglione granatieri, ed il colonnello Vcrax coi battaglioni IV e V eseguirono di propria iniz iativa un rapido cambiamento d i fro nte. In lJUella gio rnata i granatieri piemontesi, validamente sostenuti dalla bat· teria detta della Colmetta, comandata dai te nente Ra in:ddi, fermarono l'impetuosa avanzata del Miolli s, le cui truppe, caduto da prode il Rainaldi mentre difendeva con la spada in pug no i suoi pezzi, stavano per impossessarsi dei cannoni, LJUando w praggi un se dalla Spinard:1 il Principe d i Carignano con un rinforzo di altri d ue battaglio ni di G ranatieri , i quali, guida ti personalmente dal Principe, ri: acciarono g li assalitori. li M iollis fu costretto a ritira rsi, con un ripiegam ento ch e si trasformò ben presto in fuga, e venne inseg uito dal battaglione g ranatieri Saluggia. Sulla sinistra del T anarc la brigata Pelletticr ( 1) poteva intanto van ta re qualche ~ucccsso e, ricacciati i Piemontesi eh l ntrappa e da Cappello, marciava su Mindi no ch e, tenuto d al reggimen to di Mondovì, sarebbe fo rse caduto nelle mani dei Francesi, se no n fosse accorsa la legione leggera, che resistette strenuam ente al furioso attacco dei cacciatori nemici. L'azione del Pellettier venne arrestata anche d alla resistenza del reggimento di Torto na, che presidiava le ridotte soUniforme della Fanteria piemontese durante il regno dt pra Mindino. Fittorio A medeo lii. Questi attacchi in forze e gli altri tentativi compiuti dai Francesi nei giorni seguenti, avevano fatto comprendere al g enerale Colli-Marchini che i Francesi volevano rompere la linea austro-sarda nei ( 1) Era la terza brigata della Di vi sione Schérer.


77 pressi di Loano; men tre :20.000 Francesi, raccolti nella conca di Ormea, facevano presumere che l'attacco avrebbe potuto nuovamente svilupparsi anche sul Tanaro (1). Il generale Colli-Marchini , a rinforzare lo schieramento, fece prendere posizione a numerose batterie (2). Questi provvediment i consigliarono i Francesi a differire l'attacco per aspettare i r infor1:i, che dovevano affluire da Ormea. Una tormenta di neve cm,r inse il gene rale austriaco Argentau a lasciare il campo di Sambu::-o, che occupava con un Corpo di ~.oco uomini e che collegava lo schieramen to austriaco dcli ' Appennino con quello piemontese delle Alpi. L ' Argentau, per ordine del Dc\\'im, doveva ritirarsi n el campo di Bardinetto ; ma commise l'errore di lasciare sulle creste soltanto pochi reparti. Il generale La Harpe, distaccato con una brigata dalla Di visione Massena a rinforzare la Divisione Sérrurier, abbandonò le posizion i di Ormea, facendo credere che si ritirasse nei quartieri d ' inverno e, rientrato dalla valle <li Zuccarello con un rinforzo cli 4-oco uomini , attaccò il 23 novembre i posti di Monte Lingo e Rocca Barbena . L'attacco inatteso, condotto con molto impeto e con forze nettame1:te superiori. obbligò i difensori di queste import:inti po~i7i011i ad abbandonarle e l'Argentau, vedendo le alture sopra il campo di Sambuco già occupate dal nemico , comprese che non avrebbe potuto resistere nella conca di Bardinetto e si ritirò sulle ridotte di Ressog no. I F rancesi non indugiarono a sfruttare il vantaggio loro offerto e ad avanzare, minacciando di aggirare il grosso delle truppe del )!C11erale Dewins, tentando di distruggere le comunicazio n i tra l'esercito piemontese e quello imperiale e suscitando in quest' ultimo il timore di avere intercettate le comunicaz ioni con Savo na . I Fra ncesi avanzavano su tre punti. Una parte della colo nna cl1e aveva respinto l'Argentau si riversava sulle posizioni piemontesi ed un'altra colonna cercava di forzare il ponte di Garessio e d' im padroni rsi dei posti del Mindino ; mentre una terza colonna, sbucando da l centro e scendendo dalle alture di Galera, cercava di occ upare le due ridotte che coprivano il fronte della posiz ione cli San Bernardo. (1) Cfr. rapporto <lei Cc:lli, imiatu al luogotenente generale conte Fcrr::iris, vice-presidente del Consiglio <li Guerra a Vienn::i, in Archivi di St ato Yiennesi , fascicolo ngu:mlante gli atti del Consiglio Superiore dì Guerra ne_gli anni 1

795- 1 796.

(2) Vedi il rapporto del Colli al generale Gr::i\·an zana. (A n:hì\·io di Stato di Torino).


I Piemontesi non cedettero un palmo di terreno.

li Biancotti (1) mette in rilievo l'eroismo di due compagnie dei grana tieri del reggimento ,, Nizza " , comandate da due fratelli: il barone ed il cavaliere Dalaise de Berre, e q uello della I compagnia delle G uardie, agli ore.lini del capitano Marc hese di Chiusa, della I compagnia del reggim ento Asti, comandata dal capitano Cavagnoli, e del la I compagnia del reggimento di Casale, le quali tutte, sul colk di San Bernardo, respinsero ben nove assalti d i una briga ta francese, r é:spingendo i due ultimi con la baio netta e coi calci dei fucili, avendo già esaurite le mun izioni. Ma, purtroppo, l'eroi smo dei soldati del Re di Sardegna a nulla valse. Durante la notte il generale Colli-Marchini seppe della grave sco nfi na infl itta all'Argentau e, pur a vendo ormai la sin istra delJe ~uc posizio ni completamente scoper,a e nulla sapendo della sorte toccata al Dewins, decise di restare sul posto. Decisio ne senza dubbio lodevole, pcrc hè ispirata al desiderio cd alla sper anza di vedere rialzate le sorti della campagna da una pit1 vigorosa iniziativa, che v,ilcsse a difendere la brecci a fatta dai Francesi nella linea austrosard:1. Il Colli-Marchini pensava, non a torto, che, in attesa che g li A usi r ia ci si mu,wr~q"ro deciqmentc, era nr,c~s::irio ri nfor7,arsi sulle colline ;i cavallo della Bormida e del T anaro (2), sulle quali egli sc hierò tutte le truppe di cui poteva disporre. Mentre il comandante <lelle truppe del Re di Sardegna cercava di :1da ttarsi alle circostanze, egli ricevette la notizia del grave scacco subìto dagli Austriac i. L1 r iviera ligure era stata completamente abbandonata, il generale Lipaty, g ià schierato sulla sinistra dei P iemontesi, era stato chiamato indietro e si ritirava verso A cqui, per rico ng iu nger si con il grosso degli Austriaci. Dato quanto so pra e, poichè i movimenti delle tru ppe fra ncesi hsciavano prevedere un nuovo attacco sul Tanaro, occorreva ripiega re su CC\·:1 . Ma questo ripiegamento era reso difficile , non ~oltanto JalLi minaccia di un attacco nemico; ma anche dalle difficoltà del terreno e dalle condiz ioni atmosferiche avverse. All 'alba del 28 novembre tutti i posti piemontesi in val d 'Inferno e d :?Y:111ti a C aressio vennero attaccati vigorosa m ente ed i Francesi ( 1) Op. cil. (:2) R:ipporto ai generai(' Gra\·anzana (gennaio 1796) in Archivio di St:ll<, di T orino.


Il co m b,11rimento d 1 .\lunu·,1011,,.



8I riusciro no ad avanzare nel fondo valle, mentre altre loro truppe marciavano da Bardinetto lungo la Bormida. Sembra che i Francesi non avessero altro scopo, con questo loro attacco, che di accelerare il ripiegamento piemontese. Ed, infatti, i reparti del Re dovettero ritirarsi: sia dalle alture, sia dalle rive del Tanaro, e fu necessario l'i ntervento e l'esempio degli ufficiali perchè il ripiegamento non si trasformasse in fuga. Tuttavia vennero perduti non pochi cannoni, per la stanchezza delle bestie da traino, che cadeYano uccise dalla fatica. Comunque, parte delle truppe raggiunse il campo trincerato di Ceva, altre furono schierate sui colli di Tonchino, da va nti alla piazzaforte, ed altre sui contrafforti dei colli di San Giacomo e del Battifolle, le cui cime erano in mano del nemico. Il generale Argenta•J , che occupava Montezemolo con i superstiti del suo Corpo, non ritenendosi abbastanza sicuro, si ritirò sulle ulture di Faya e di Baione (1). Durante tutta la giornata del 30 novembre, i Francesi dimostrarono di volere immobilizzare i Piemontesi sulle loro posiz ioni : ma il generale Colli-Marchini inviò distaccamenti ad occupare la 13icocca di San Giacomo, Castellazzo e Lesegno. In tal modo er,mn assicurate le comunicazioni tra Ceva e Mondovì e veniva protetto il ponte di Castellino. I Francèsi ripiegarono su Garessio. Il generale Coli i volle profittare di questa circostanza e mettersi in grado: - di bastare a se stesso, coprendo Ceva e Mondovì, indipendentemente da ogni aiuto alleato ; - di stabilire, per quanto possibile, le sue comunicazioni con l'esercito imperiale, accampato nella zona di Acqui. In conseguenza dispose l'esercito piemontese in modo che avesse due Corpi di osservazione; l'uno sul Tanaro, a Bagnasco; l' altro sulla Bormida con una punta a Cosseria, al fine di poter sorvegl iare da vicino tutti i movimenti del nemico. Sulla Pedagiera, davanti a Ccva, creò un campo appoggiato ad alcune ben munite ridotte e nel quale avrebbero potuto raccogliersi rapidamente 15 battaglioni, per disputJre ai Francesi il terreno e per impedire loro di minacciare le posizioni di Ceva. La maggior parte dei granatieri di cui disponeva il Colli-Marc hini venne tenuta come riserva, tra San Michele e Vico. Alcuni (1) REvEL:

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Mémoires de la guerre sur les Alpcs

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82 battaglioni vennero poi mandati verso Murazzano e Mombarcaro, con lo scopo di collegarsi con gli Austriaci, riuniti nella zona di Acqui. Ma gl i Austriaci, memori della sconfitta di Loano, non pensavano ormai che a proteggere la Lombardia. L"ultimo fatto d'arme della campagna fu dovuto al tenente colonnello dei granatieri Conte Santarosa, il gualc, mosso da Viola con 500 uomi ni, att~Kcti circa 1.000 soldati francesi trincerati sulla costa di Priola o del Nano. Nell'azione, invero assai brillante, si distinsero ; granatieri del Chiablese, i cacciatori nizzardi ed i soldati ciel reggimento Savoia. Le posizioni francesi erano rafforzate da tre lince di trinceramenti, che vennero espugnate con grande valore dai Piemontesi, i quali fecero oltre 200 prigionieri, dopo avere inflitto ai Francesi gravi perdite.

La campagna del 1796. Nella primavera del 1796 la Francia era ancora in guerra con !'Austria, con l'Inghilterra, col Regno di Sardegna e col Regno di Nap:ili. Raggiunti il Reno e le Alpi, il Direttorio intendeva continuare l'offensiva tanto in Germania quanto in Italia ed a tal fine aveva tenuto: - sul Reno : l'esercito della Sambra e Mosa al nord (75.00 0 uomini, al comando del generale Jourdan) e l'esercito del Reno e Mosdla al sud (75.000 uomini, comandati dal generale Moreau); - in Italia: l'Armata d'Italia (35.000 uomini), divisa in sei Divisioni, dislocate lungo la Riviera ligure, da Voltri ad Albenga . Un 'altra Armata francese (Kellcrmann) guardava i passi alpini, dal Piccolo San Bernardo ali' Argentera. G li alleati avevano anch'essi due Armate in Germania, della forza complessiva di 150.000 uomini, cd in Italia circa 60.000 uomini, dei t}uali 18.000 Piemontesi, al comando del generale Colli, dislocati fra Ceva e Mondovì; 32.000 Austriaci divisi in due masse: I 5.000 (generale Argentau) fra Cortemiglia, Acqui, Alessandria e Tortona; e 17.000 (generale Scbottcndorf) fra Pavia e Lodi. Un Corpo di collegamento di 5.000 uomini, al comando del generale Provera, si trovava a Millesimo. Con gli Au striaci erano anche 15 stitiadroni napoletani.


Comandava gli alleati il generale Bcaulieu , vecchio di 72 anni, g ià distintosi nei Paesi Bassi ; ma incapace, dopo 6o anni di servi zio, di liberarsi da tutte le farraginose idee a lui fornite dall'esperienza e di gareggiare con la prontezza e con l'energia, che doveva dimostrare il suo giovane rivale. Tanto il Beaulieu, quanto il Buonaparte avevano concepito un piano offensivo. Il Beaulieu s'era proposto, infatti, di scacciare i Francesi dalla Riviera, d'impadronirsi delle Alpi Marittime e di collegarsi con la

li generale Buona parte r,e/ 17s;6.

flotta inglese. Il Buonaparte aveva sost ituito lo Scliérer con l'incarico di staccare il Regno di Sardegna dall'Austria e di concludere coi Piemontesi un ' alleanza offensiva e difensiva, che av rebbe concesso alla Francia buone e numerose comunicazioni col teatro di guerra italiano. Eg li avrebbe dovuto, per conseguenza, volgere gli sforzi maggiori contro gli Austriaci, ma, costretto ad una pronta offensiva anche dalla penuria di armi, di cavalli, di vettovaglie nella quale si trovava il suo esercito, decise di profittare della separazione già esistente fra gli alleati, intuì come i loro eserciti , abituati ai vecchi siste-


mi di guerra, si sarebbero preoccupati di coprire direttamente : l'uno, il sardo, Torino e l'altro, l'austriaco, Milano, e volle applicare il rr incipio del la massa, con quella mano vra per linee interne, che egli doveva poi quasi costa ntemente effettuare in tutte le guerre success•vc. Mod ificò quindi arditamente il piano del Direttorio, al quale non ta rdò a chiedere 3mpia libertà di azione, scrivendo: « E' necessario che il Governo abbia fiducia nel suo generale; che gli lasci g rande libertà e g li prescriva solo lo scopo da conseguire )> . Il Beaulieu, temendo che Genova cadesse in mano dei Francesi cd impaziente di collegarsi con la flotta inglese (Nelson), prima ancora di concentrare le proprie forze, decise di marciare su Voltri, che ~. tlaccò con 10 battaglioni (Sebottcndorf), respingendo ne i Francesi (10 aprile); mentre un'altra colonna, al comando dell 'Argentau, attaccava, il g iorno 11 , Montenotte, non riuscendo per al tro ad infrangere la resistenza francese a Monte N egino, dove il colonnello Rampon aveva fa tto giurare ai suoi 1.200 uomini di morire piuttosto che abbandonare la posizione. Il Buonaparte decise di muovere alla controffesa e, mandata la Divisione Sérrurier a tenere a bada i Sardi in Val Tanaro, deciso a dividere gli a\1\/ersari , trascurò la colo nna nemica di Voltri e, coi combattimenti di Montenotte, Millesimo e D ego, battè successivamcme i diversi nuclei Jel Corpo dell'Argentau ed il Corpo del Pron:r:i, costringendoli alla ritirata. Il Beaulieu, dopo t1uesti combattimenti, ritirò le sue truppe tra Acqui ed Alessandria. Così il p rimo obiettivo del gc:ner;1le francese era stato raggiunto, senza che nulla tentasse per ostacolarne l'effettuazione il ge nerale Coll i, il quale, preoccupato di coprire T orino, ripiegò nel campo t,incerato di Ceva. Napoleo ne poteva, per conseguenza, liberamen te scegliere come tdteriorc obiettivo le truppe dell'uno o dell 'altro avve rsario . Il Direttorio gli consigli a\'a di continuJ.re le o pcr2zic ni contro gli A ustriaci, ma egli - compre ndendo la necessità di assic urarsi le spalle e di apri rsi possibilmente, prima di continuare le operazioni, più facili vie di comunicazione con la Francia attrave rso il Piemonte - pensò di battere prima i Piemontesi, contro i quali - lasciata una Divi sione a D ego per sorvegliare gli Austriaci in ritirata - guidò la maggior parte delle sue truppe. I Piemontesi si difesero con molto valore a Ceva, dietro la Corsaglia ed a Mo ndovì e quindi , ~cmpre incalzati dai Francesi e preoc-


!/ , omhallin;, n / o d, /),,,,,, _, _



cupati di proteggere la loro Capitale, ripiegavano su Carmaunola, LJUando il Re cli Sardegna propose al Buonaparte un armistizii, che venne firmato in Cherasco il 28 aprile e che doveva mettere fuori causa i Piemontesi e facilitare grandemente ai Francesi il seguito dclb loro offensiva contro gli Austriaci. Per tale armistizio, infatti, le piazzeforti di Cuneo, Ceva, Alessandria e Tortona venivano cedute alla Francia ; più rapide vie di comunicazione si aprivano all 'esercito francese d' Italia attraverso il Piemonte e veniva inoltre permesso alle truppe francesi di passare: il Po presso Valenza.

Quest'ultima clausola dell'armistizio indusse il Beaulieu a ritenere che i Francesi avrebbero tentato di passare il Po appunto a Valenza ed a concentrare, per conseguenza, le sue truppe in- L omellina , :rnche per coprire direttamente Milano ; ma Napoleone, ordinate alcune dimostrazioni per far credere ad un passaggio di viva forza :.ippunto presso Valenza, preferì passare il fiume di sorpresa e, con rapida ed ardita marcia di fianco, protetta dal fiume stesso, si portò .1 Piacenza. Vinte a Fombio· le deboli resistenze nemiche, i Francc:si passarono il fiume, minacciando di aggirare la sinistra austriaca. li 13caulieu si ritirò allo~a prima sull 'Adda e poi, lascia ta col Sel)()ttrndorf una forte retroguardia (9.ooo uomini) a Lodi, ripiegò verso il Mincio. · , li IO m aggio, credendo forse di avere di fronte il grosso austriaco, Napoleone attaccò il Sebottendorf a Lodi, passò il fium e a viva forza e costrinse il nemico a ritirarsi. Prima di proseguire le operazioni contro gli Austriaci, egli vo· kva attendere intanto che all'armistizio di Cherasco fosse seguita la pace definitiva col Piemonte (pace che infatti venne conclusa a Parigi il 15 maggio), non sembrandogli prudente allont:rnarsi :1n cor:1 dalla sua base di operazione senza potere fare pieno assegnamento ~u linee di comunicazione assolutamente sicure. Egli avrebbe potuto, per conseguenza, rimanere sulla sponda sinistra dell 'Adda, senza provocare il combattimento di Lodi, che probabilmente venne da l11i impegnato nella speranza di infliggere al nemico un colpo decisivo e nella necessità di assicurarsi la linea del fiume. Comunque, anche se non reso indispensabile da esigenze strategiche o da necessità tattiche, il combattimento di Lodi - durante il


LJUale il Buonapartc gu idò perso nalmente il suo esercito, trascinandolo con l'esempio - ebbe ~ul gio\'anc generale u na grande influenza moral e. Egli stc s~o scri5sc, infatti, c hc precisam ente a Lo<li egli sentì per la prim:i volta d i essere « un uo m o supe rio re ,, ed ac(Jt1istò L}Utlla ~crc na fiducia in ~e ~tesso, che doveva rendere il suo carattere così fort e in tutte le \'ic end e più gr:ivi d ella sua vita. li 15 m agg io Napoleone entrÌ> in Milano - dove r esisteva solt::nto il presidio austriaco rin chiuso nel C:istello - e vi rimase per

Il generCile Ruonapartc e11tr<1

111

M i/ano.

una settimana, assicurandosi meglio il possesso della Lombardia; ma non mutando ne l'ordinamento interno. Se tale sosta in Milano impedì l'immediato insegu imento del nemico oltre l'Adda, essa fu grandemente proficua alle truppe fr:111cesi, le t}uali, con le contribuzioni imposte alla Lombardia ed ai Duc;itì di Parma e di Modena, poterono essere bene armate, equipagg iate e meglio preparate, con un riposo reso necessario d alle fatiche e d ai co mbattim enti sosten uti, alle nuove prove. Queste, infatti, non tardarono. Ri cevuta, il 21 m aggio, la notizia che la pace tra la Francia ed il Regno di Sardegna era stata g ià


stipulata, il Buonaparte, appena il giorno dopo, riprese le operazioni co ntro g li Austriaci. (Juesti, in attesa dei soccorsi già domandati ali 'Austria, si erano rafforzati sulla sinistra del Mincio, disposti su largo fronte, fra Peschiera e Mantova. Napoleone, minacciatane l'ala destra con dimostrazioni verso Peschiera, il 30 maggio li attaccò decisamente al centro, in corrispondenza del tratto Borghetto - Valeggio, costringendo parte degli A ustriaci (12.000 uomini) a rinchiudersi in Mantova e parte a ritir,, rsi nel Tirolo per la valle dell'Adige. I Francesi cinsero d'assedio Mantova e le operazioni subirono una sosta , resa indispc.:n sabilc dall'importanza che, per entrambi i belligeranti, aveva la città ~1ssed iata, b q u:i!e teneva desta negli Austriaci la speranza di ristab ilire il Imo dominio sulla Lombardia ed imponeva ai Francesi la necessità di ;1ssicurarsi le spalle, prima di prolungare ulteriormente le loro linee di operazio ne. Gli Austriaci tentavano, infatti , per ben qu attro Yoltc di liberare il presidio di Mantova e di rioccupare la citt;1; ma il 13uonaparte seppe rendere inutili i loro tentativi, concludendo brillantemente la campagna ciel 1796 ed iniziando quella del 1797, duran te la quale. minacciando la stessa Vienna , egli doveva indnrrt· ;illa pace anche l'Austria. M a, dopo avere ri assun to le operazioni militari che portarono i Francesi vittoriosi in Lombardia, reputiamo o pportuno ricorda re quelle disposizioni, mediante le quali il Buonaparte richiamò efficacemente gli Italiani alle armi e promosse il r.isorger e delle nostre F anterie.


V.

LE FANTERIE NEL PERIODO NAPOLEONICO Durante la c:impagna del 1796, nelle region i successivamente conquistate dal Buonaparte, questi non tardò a sostituire gli antichi GO\·erni ed a chiamare gli Italiani all e armi , riaccendendone il sopìto spirito militare. Come abbiamo già ricordato, il 16 maggio 1796 il Buonaparte aveva ammonito i Milanesi sulla necessità di conquistare e di c.iifendere la libertà, (< abba ndonando per sempre gli effeminati costumi ed imbracciando nuovammlc le armi ». E, poichè per il Corso l'azione doveva seguire immediatame nte al pensiero, lo stesso giorno 1(, maggio 17q6 (27 floreal A. IV), egli scriveva al generale DespinO)\ comandante la piazza di Milano: « Il est ordonné au général de brigate Despinoy de rendre compte, demain, :1u géné r,il cn chef, des soixante arrondissements qui existent dans la ville de Milan, en spécifiant quel nombre d'hommes de garde civique ils peuvcnt mettre sur pieù. Il fera remettrc au général en chef noms, états, profesions et age de tous les offieiers actuelkment en activité dans la garde civique >>. Prima che il Buonaparlc entrasse in Milano, provvedeva, infatti, all'ordine ed alla sicurezza dei cittadini la Guardia Civica, la quale .::ome scri ve E nrico Ghisi nel volume « Il Tricolore italiano n (1) ·divisa ancora in terzi alla maniera del le Fanter ie spagnole, non aveva com piuto gt'sta degne di menzione nel corso della sua lunga vita ed era in piena decadenza, quando un editto imperiale austriaco del 9 maggio J 796 ten tava di risuscitarla. L' istituzione della Guardia Civica in Mil ano risaliva al tempo del dominio spagnolo ed essa era stata stabilmente ordinata dal Marchese di Leganes, nel 1636, e tenuta in servizio anche sotto la domi( t) Il volum e \'enne pubblic:no in bclb e<lizione nel 19_31 , a cura del Com itato rq;io nalc lombar<l •J dcll:1 Società Nazionale per la Scoria del Ri sorgimento.


nazione austriaca, senza una propria e vera uniforme fino al 1781. Appunto in quest'anno il Duca Galeazzo Serbelloni, che ne era il Sopraintendente generale, aveva supplicato l'Imperatore Giuseppe II di voler permettere che il Corpo da lui comandato avesse il diritto di portare una divisa; e tale d iritto era stato concesso col dispaccio de! 18 aprile 1782, (( a patto però che l'uniforme della milizia urbana, nè per i colori, nè per qualsiasi altra guisa, avesse somiglianza co n le divise dei reggimenti austriaci >l . L ' uniforme scelta dal Duca Scrbelloni - come narra G . Bragagnolo in una sua con fere nza su « La nostra bandiera ,, - consisteva in una sopraveste di colo r verde, con colletto e paramani bianc hi , sottoveste e calzon i bia nchi. Il colore della sopraveste dovette poi suggerire di sostituire co l ve rde, nelle L·andiere italiane, il turchino della bandiera francese : ipotesi, quesl3, che ci sembra molto verisimile.

La Guardia Nazionale Milanese. La G uardia Civica, chiamata poi Milizia urbana, venne, per suggerimento del Buonaparte. sostituita ben presto in Mil ano con 1:i Guard ia Nazionale, ad istituire la q uale provvide la Mun icipalità, con le seguenti disposizioni, emanate in data del 2 fruttidoro dell'anno IV (19 agosto 1796) e che noi troviamo nella " R accolta di tutti gli avvisi, editti e proclami pubblicati nella Lombardia dal 10 maggio 1796 in avanti, tanto in nome della Repubblica Francese, quanto della Municipalità e Congregazione dello Stato mi bnese n (1):

Guardia Nazionale Milanese. Libertà - Eguaglianza. <( In nome della Repubblica Francese una ed indivisibile. « La Municipalità di Milano, prendendo a cuore il comune in.teresse dei suoi Cittadini, la protezione delle proprietà, il mantenimento del buon ordine e della pubblica tranquillità, considerando che il Piano dell'a ttuale Milizia Urbana, a tal fin e provvisoriamente istituita, va soggetto a non poch i inconvenienti, è venuta nella seguente determinazio ne: « cc

(<

!l.

(1) Museo del Risorgimento di Mi lano, Cfr. anche: Storia di Milano dall'origine ai nostri giorni ,,.

FRANCESCO

CL'SJ\Nl:


« l. - Si formi una Cuardia Nazionale Milanese, composta di 8 battaglioni di stinti con numero progressivo )>. Dopo avere prescritto che l'u niforme « di panno verde, a foJera uguale, con paramani, patcllctte e bavero di color chermisino coll 'orlo bianco, cravatta nera filettata di bianco, gilet di panno bi;inco, pantaloni bianchi in parata e verdi per la montura ordinaria, sti valetti neri a mezza gamba n, l'ordinanza dcila Municipalità concludeva, al paragrato XIV: " Cittadini Patriotti ! Voi dovete vedere in questo stabilimento I;, base della comune sicurezza, lo sviluppo dell'energia nazionale, la speranza della nostra politica Costitt1zwne )) . Per la sicurezza del territorio rurale si provviJe (6 ottobre 1706) ;1 far risor!!ere la Mil izia F orese, i cui uomini dovevano indossare, ,. per distinti, vo delle lo ro funzioni , un marsinino corto di color verde, all'uso dei Jla11du·r,1 (d,rillo ,. rocesrìo) tld li b,11111glio11r Cacciatori, con motfc•l/11 Gual{t1,1 Nazio 11r1/c ;\11',11u•..c, ctìstrìouÌ/11 ,/ 20 pn1 ,·mbrc 1796 11 1\J d,1110. ~tre e bavero rossi )>. I/

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0-J


93 Il 2 novembre 1796 (12 brumaio, anno V) la Municipalità di Mibno stabiliva il: <,

Pitmo di orga11izzazio11e della Guardia Nazionale Milanese

Art. I. - I cittadini saranno divisi in 8 battaglioni, corrispondenti agli 8 Rioni della Città, da rni prenderanno i numeri rispettivi ... (I). << Art. II. - Ogni battaglione sarà composto di 10 compagnie, fra le quali una di Granatieri , una di Cacciatori, 8 dette del centro >1 • Ogni battaglione doveva avere uno stato maggiore ed un sottotenente portastendardo. Le bandiere dovevano essere a tre colori, avere una iscrizione civica ed indicare il numero del battaglione. L'editto era stato « veduto ed approvato )' dal Comandante generale della Lombardia , lhraguay d ' Hilliers. Il 20 novembre 1796, come ri corda il ,, Corriere Milanese n di allora, gli S battaglioni della Gu:udid Na zionak 'Fvt ilanc:~e ~i adunaro no in armi intorno all'albero òella j libertà, nella piazza del Duomo, e ricevet/ tero la bandiera. Questa era di seta, a forma di quad ra to. di m. 1,20 di lato, divisa a colori in quattro lJUadrati: due bianchi, uno rosso cd uno turchino. Sull'una faccia, diagonalmente ai tre colori, era dipinto un gran -fascio littorio con rami di quercia, sormontate dal berretto friUniforme d1 11/ficiale gio. Nel quadrato rosso due cartigli coll;1 della Gi1ard1a 1\'«:zionafc Milane;e. scritta << Guardia Nazionale Milanese»; nel quadrato turchino d ue cartigli con l'indicazione del battaglione. Sul rovescio ancora il fascio sormontato dal berretto fri gio con le parole < Libertà, Eguaglianza ,, . Ma nei tre colori della ban.diera della Guardi a Nazionale Mila i~ese, la quale portava al cappello un a piccola targa colla fatidica «

1

(1) In questa divisione per rione sopr:ini1·e, senza dubbio, il ricordo dc.Ile antiche milizie comu11al i. (Cfr. il I( \'Olumc di que~t'upcra).


94 scritta: « Libertà italiana H, doveva venire presto sostituito il colore turchino con quello verde, che era g ià il colore dominante nell 'unifor me della G uardia Nazionale (1). Come chiaramente dimostrano le disposizioni riportate più sopra, la Guardia Nazionale Milanese aveva in poco tempo acquistati caratteri più spiccatam ente mi litari e, p iuttosto che una milizia mu11icipale, essa sembrava già costituire il primo reggimento di un esercito in fo rmazione, destinato a battersi in campo aperto. Ed, infatti, stava g ià per formarsi la Legione lombarda.

La Legione lombarda. L ' istituzion e della Legio ne lombarda venn e suggerita al Buonaparte dall 'opportunità politica di proseguire oltre il Po la campagna del 1796, così felicemente iniziata, anche con truppe italiane. E, siccome - dice in proposito bene a ragione il G hisi (2) ta nto nell 'arte che nella rettorica si era allora in pieno classicismo, sembrava opportuno ricorrere alle memorie degli antichi Romani, rirvoca ndo per la denominazione dei primi Cor pi mobili italiani quella suggestiva di Legione, composta, come quella ro mana che noi abbia mo procurato di illustrare nel primo volume di quest'opera, non già di battaglioni e di compagnie; ma di coorti e di ~e11tune. Una petizione per la costituzione della Legione lombarda, firmata da alcune migliaia di cittadini, venne rivolta, in data del 15 vendemmiaio dell 'a nno V (6 ottobre 1796), all'Ammin istrazione generale dell a Lombardia, presieduta allora dal Sommariva, la quale la trasmise immediatamente al Buonaparte con la seguente lettera di accompagnamento: (1) In farti il 26 genna io 1797 il ,, Corriere Mibne~e" pubblicava un pc::rioJo di una lettera indirizzata Jal Buonaparte al generale Kilmai nc, lettera colla quale si d isponeva che « la Guarùia Naziona le Lombarda e tutto ciò che v1 ha rapporto <leve portare i tre colori italiani : ,·erde, bianco e rosso» ed il giorno <lopo il K ilmaine scriveva ad Alessa ndro Triulz i, comandante la G uardia Nazionale di Milano: ,, Vi prevengo, cittadino, essere desiderio del generale in capo che la G u::mli:i Na zionale M ilanese d'ora innanzi porti i colori nazionali: verde, bianco e rosso. Il generale di briga1a, comandante la piazza di Milano, spedirà il presente ordine, sorvegliandor,e l'esecuzione ». (2) Cfr. Gtt1 s1, op. cit.


95 Cittadino Generale! (( Noi veniamo di ricevere, C ittadino Generale, una petizione so~toscritta eia un numero consi<lerevole di Patriott i, nella quale essi addiman dano la formazione di. una Legione Lo mbarda per essere riunita alla sempre gloriosa Armata Repubblicana, marciare assieme contro il comune nemico e difendere così la nostra libertà ed indipe11de11za. « Noi sappiamo di altre simil i peti zioni da quei cittad ini che non furono in .tempo a sottoscr ivere questa, cd al tre pure delle diverse Provincie della nostra Lombardia, le quali tutte concorrono nello stesso voto. Eccitati in tal guisa ad adempiere al più sacro dei nostri doveri, noi lo facciamo col massimo zelo e trasporto. « L 'Amministrazione spe ra , Cittadino Generale, che sa rete per secondare i desideri di un popolo che vuol essere libero e che Voi non opporrete che sia armato per la di/esa della sua Patria e per combatttre dei nemici che sono anche li vostri. •< Salute e rispetto » . (<

Questa lettera, an che se probabilmente cornpihta colLi preventiva approvazione del Buonaparte, rispondeva degna mente agli incitamenti de l Comandante l'Armata <l'Italia, i! qu;;.!c :ivcv.1 indio to agli Italiani il ritorno alle armi come il mezzo più efficace per conquistare e per difendere la libertà. L a risposta a tale lettera fu i mmediata, poichè essa parta la d ata del 17 vendemmiaio dell';11111<, V (8 ottobre 1796) e fu, come era da prevedere, favorevole : << Libertà - Eguaglianza. " Armata d'Italia, al Quartiere Generale di Milano, li 17 vrn<lemmi aio anno V della Repubblica .F rancese una ed indivisibile. " Bonaparte Generale in Capite dell'Armata d 'Italia 1, All'Amministrazione G enerale della Lombardia: << Io approvo lo zelo che anima il Popolo di Lombardia. lo accetto quei coraggiosi, che vogliono venire con noi a partecipare alla nostra gloria, ad acquistarsi l'ammirazione dei posteri. Saranno essi ricev uti dai Repubblicani francesi qual: fra teli i, che la stessa causa lega contro il comune nemico. La libertà del la Lombardia e la felicità dei loro compatriotti sarà il prem io dei loro sforzi ed il frutto della vittoria. Bonaparte ,,.

Ed, appena il giorno dopo, 9 ottobre 1796, - il che dimostra come tutto fosse già predispasto - l'Ammini strazione Ge ne rale della


Lombardia pubblica,·a le disposizioni per l'immediata costituz ione cklla Legione lombarda, la quale doveva essere composta Ji 3741 uomini , compresi gli ufficiali, e divisa in 7 coorti. Ogni coorte doveva avere la forza di 500 uomini, divisi in 5 centurie di 100 uon1ini ciascuna. Tra le coorti una doveva essere di Granatieri, una di Caccialori, due di soldati scelti. Una coorte doveva essere costituita di patriotti italiani; le altre sei dovevano essere formate dall e di verse Provincie lombarde ncila mi sura seguente : Milano, 3; Cremo na e Casalmaggiore, 1; Lodi e Pavia, 1; Como, I. Dove\'ano far parte della Legione lombarda anche una Divisione di Artiglieria ed una compagnia di Cacciatori a cavallo. Scnuiv:ino oltre disposizioni circa la ba nJiera e l'uni for mr e ~ precisamente: " Art. IX. - Ogni coorte avrà il suo Stendardo tricolorato Nazion:ile Lombardo, di stin to per numero ed ornato degli emblemi della Jihert:1. .. Art. X. - L'abbigliamento dell'lnfanteria sarà: abito verde con para mani e mostre scarlatte, gilcttci verde, pantalone verde con granze e ~;11loni rossi.... - " Art. X II. - Avranno in .testa un cappello rotondo rivoltato Jall:t parte sinistra, co n gancio e bottone g iallo e pennacchio tricolorato, ,,\'endo al d:n·;1nti una piastra d'ottone incisa: Libertù Italiana. La Legione lombarda venne posta agli ord ini del Capo di bri gat:i Gi useppe Dc La Hoz Ortiz, di famiglia oriunda spagnola; ma nato a Mantova e no n già a Milano, come riteneva il Buonapartc:. Egli ne assunse il comando venticinquenne appe na (1). Gli stenda rdi dati alle coorti furono sei. Molto probabilmente pcrchè b settima coorte non venne poi costituita (2). In essi il drappo, di seta, era costituito da tre teli: uno verde, uno bianco ed uno rosso, larghi circa 47 centimetri e lunghi rn. 1,25 : e l'asta cr:1 sormontata da una freccia di metallo dorato, dalla quale pendeva una cravatta tricolore. Sul diritto, nel centro del drappo, ( 1) Il lJc La H oz :1,·cva miiitato. g io vanissimo, nell"eserci10 aus1riaco ùcl Re:1u licu e q11i11ùi , entusiasta ùdla rivoluz ione. era passa to ai F ra n..:esi. tra i quali si era d istinto pl'r il ~uo ,·alon:. (2) Qucsle bandiere furono le prime r hc portarono n:rame nte i rrc co lori ita li ani. Quclk ùcllc prime cinque morti ùella Lcgiont: lombarda si trornno conscrYate attual mente nell ' Heeres - Muscum d i Vienna; quella della (,• coorte si LroYa , in\'C·cc. :1 Parigi, 11cl Mus~e d t" l'Armée. all'H otel Jes lnva lides.


97 era ricamato un largo nastro azzurro che portava in arge nto I 'eloquen te monito << subordinazione all e leggi militari " · Dal nodo superiore di questo nastro pendevano due rami di quercia formanti un serto intorno ad un berretto frigio, sotto il c1uale era ri camato in :u gento "Legione Lombarda, coorte n .. ... ». Anche sul rovescio del drappo erano ri c:i rn ati gli stessi simboli ed un nastro colla leggenda " eg uag lianza o morte " ·

/fo}]{liera dei batt(;.g/io111 di Fantaia

della R epubblica _Ci,al pina .

11 giorno 11 ottobre 1796 il Buonaparte, le cui truppe ir:tanto conquistato l'Emilia , scriveva al Direttorio:

aHY~inu

(•. Quartier général, MiLm, 2 0 \'endémmiairc, A . V Au Directoire Exécutif. << L 'affaire de Modène, Citoycns Directeurs, a parfaitement reussi : ce pays est contcnt et heure ux de se voir délivré du joug <.(U Ì pesait sur lui. Les patriotes sont nombrcux et en piace. « Vous trou verez ci-joint différents imprimés q ui vous metteront au fait de la tourneur ciue je donne à l'esprit, pour opposer f:rnatismc à fanatisme et nous faire des amis des peuples c1ui, autrcment, devicndraient nos ennemis acharn r s. ,<


" Vous y trouverez l'organisation de la légion lombarde; !es coulcurs natio nales qu 'ils o nt adoptés sont le vert le blanc et le rouge. Panni !es officiers il y :i beaucoup de Français; Ics autrcs sont dcs officiers italiens qui, depuis plusieurs années, se battent avcc nous à l'armée d'Italie. Le chef dc brigate est un nommé Lahoz, milanai s; il était aide de champs du gé néral Laharpc; je l'avais pris avec moi; il est connu des réprésentants qui ont été à l'armée d'Italie et spécialment du ci toyen Ritter. « Vous .trouvercz ci-joint un manoscrit de l'organisation, quc:: je com te do nn er à la premièr légion italienne. A cet effet, j' ai écrit aux commissaires du Gouverncment pour quc les gouvernants de Bolognc, de Modène, de Reggio et de Ferrare aient à se réunir cn congrès : cela se fera le 23. Je ne oublie rien de ce qui peut donner dc rénergie à cette immense population et tourner les esprits en notre fa veur. La légion lombarde sera soldée, habillée , équipée par les Milanais ....

Bonaparte >> .

Mentre ci riserviamo di parlare diffusamente tra poco della Legione italiana, b cui costituzione fu quasi contemporanea a L}uella ddla Legione lombarda, ricordiamo che la prima coorte di riuest'ul tima ricevette la bandiera in piazza del Duomo a Milano il 7 non:mbre 1796, giorno nel quale essa partì per Verona (1) e partecipò con onore alla battaglia e.li Arcole. Infatti, nella relazione del 16 novcmhre, il Berthier scrisse: << Molti coraggiosi della Legione lombarda furono al fuoco, benchè non avessero ricevuto l'ordine di marciare, e riportaro no gloriose ferite >>. Secon do lo Zanoli (2), la Legione venne poi, nel di(embre, invia ta a Ferrara per continuare a par.tecipare alla guerra nello Stato Pontificio. Si distinse alla battaglia di Faenza (2 febbraio 1797). Una lettera del Buonaparte al Berthier, datata da Bologna jl 7 n :ntoso anno V (25 febbraio l 797), disponeva poi che la Legione venisse com posta (' di 2 mezze legioni di 3 battaglioni ciascuna ; di 2 compagnie d' Artiglieria e di 2 squadroni di ussari o di cacciatori )> , acquistando così caratteri ancora più simili a quelli dei Corpi fran(1) Nella " Com:spondanc~ Je Na poleon >, rrovia~110, infoni. quest'onli ne :lei Buo11.1pa rtL\ datatn eh Verona il 12 brum:i io de-I l'anno V (2 novembre 17'}6). ·, L, ,,~ cohc,n t <le b légio n lombarde partira :ivec armcs et bagages, pau r se ren<lrc :ì Verone, où elle am:ndrera d e 1•om·e:iux ordrcs "· (2) A1.F.s,A:s1>Ro ZANOLI: ,, Su la mili zia l'isalpina "·


99 cesi e finendo coll' avere la forza di una brigata di 2 reggime nti di f a nteria, rafforzata da piccole aliquote delle altre Armi.

Le truppe della Repubblica Cisalpina e la Legione italiana. Dopo un tentativo di costituire la Guardia N azion ale a Bologna, vennero richia mate in servizio alcune co mpagnie dell a m ili zia urlx ma, finchè non si potè disporre di una istitu zione più salda. Il 15 luglio 1796 il Senato bolognese determi nò che la mi li:t.ia nr bana richiamata in servizio avesse la forza di 300 uomin i, di visi in 4 compagnie; ma quattro g iorni dopo ven ne proposta la formaz ;one di un Corpo di 600 soldati , la cui forza do veva raggiungere in seguito quella di r.800 uomini. li 26 agosto s'istituì in Reggio Emilia una Gua rdia Civica, com e !>i fece il IO ottobre anèhe a Modena, dove la G uardia Civica ve nne com posta di IO centurie. Il 5 ottobre la G1:1ardia C ivica di Reggio Emilia fece prigionieri. a Montechiarucolo, I 50 soldati austriaci usciti da M anto va assediata e li scortò fino a Mila~o, dove, tra l'entusiasmo della popolazione, nella cerimonia che si svolse ai g iard ini pubblici l' r 1 ottobre , il generale Baraguay d 'Hilliers lesse un discorso, donando ai Regg iani, in nome dell'Armata francese d 'Ita lia, u na bandiera in premio Jel loro valore. Ma - come abbia mo già visto dalla lettera del Buonapar te :il Direttorio in data dell'u ottobre qui riportata, lettera che ben dimostra come nell' animo del comandante l'Armata d'Italia ci fosse g ià il proposito di costituire al più presto la prima Legion e italiana si preparavano altri eventi. Già due giorn i prima di scrivere al Direttorio, e precisamente il 18 vendem m iaio dell 'an no V (9 ottobre 1796), il Buonaparte aveva d isposto che si riunisse al più presto un Congresso di cittadini deputati " des états dc F errare, Bologne, Modène et Reggio » e che tale Cong resso s.tabilisse una Confederazione per la difesa comune e l'organizzazio ne di una L egione italiana ( 1). ( 1) li 14 ottobre 1796 il Buonaparte scriveva al Barag uay d'Hilliers, comanJ ante militare della Lombardia, eviden tem ente con lo scopo di stimolarn e lo 'l,c:lo : " H avvi qui la più grande energ ia; si leva u na legion e, si arma, si clet-


IOO

U nif()/ me ,le/1,1 F,mtcrio italio11a per

gra11at1e1i.

Il Huonaparte aveva espresso il desiderio che il Congresso si co nvocasse il 23 ottobre, m a esso ve nne convocato, con mirabile pronteu.a, il r6 a Modena, dove, appena due g iorni dopo, s'iniziava la. triz.z.;1 : le piccole ri\'a liù srnm paicno e si ,·uole la libertà a qualunque costo ... Creckrn eh ~ i Lo mbardi fossero il popolo più patriottico d' Italia ; ma lOm incio a acderc d1e Bologna, fcrrara , l{eggio, Modena li sopr:1\'anzino in energia, che in questi p:1esi è fuoco sacre d1e J ivora ,..


IOI

costituzione della coorte modenese, nucl eo della Leg io ne italiana. Il Congresso costituiva una Giunta di difesa generale, la quale, il 18 o ttobre, indirizzò ai Governi federali di Ferrara, Bologna, Modena e Reggio una circolare, nella quale, dopo avere affermata la decisione di prendere le armi « per difendere la nostra libertà, la proi_:rietà, i diritti dell'uomo », comunicava le seguenti disposiz ioni per la fo rmazio ne della prima Legio ne italiana: Art. I. - Ciascuna P rovincia di Bolog na , F errara , Mod ena e Reggio deve contribuire alla formazione della prima Legione Itali:rn:1. •< Art. II. - La prima Legione Ital iana sarà cfo·isa in ci ntJUC Coorti, delle tJuali quattro formate dagli Stati di Bologna, Ferrara. Modena e Reggio e la tJuinta composta di Patriotti italian i. Vi s:irà una Di visione di artiglierià e due compagni e di cacciatori a cavallo. ,, Art. III. - Ciascuna Coorte sarà composta di 700 uomini, d i\'Ìsi in sette Centurie, delle quali una di Granati eri.. .. « Art. VIII. - Ogni Coorte avrà la sua bandiera ~1 tre colori naz ionali italiani, distinta per numero e adorn a degli emblemi della Libertà. cc Art. IX. - Il vestiario dell'Infanteri a sarà abito corto ,wje, J'arama ni e mostre scarlatte, giletto verde. pantaloni verd i con g:il loni rossi e bottoni, dove sia l'iscrizione « Legio ne I.tal iana, libert:1 1 tt eguaglianza ... (( Art. XL - A vranno in testa un cappello alla frances<', montato com 'è di consueto dagli Italiani, con asola e bottone giallo e pennacchio tricolore. « Art. XII. - La calzatura dell ' Infanteria sarà uno sti vale tto di cuoio nero p er gli officiali ed un m ezzo sti valetto di pan no nero co n bottone di metallo pei legionari .. . << Art. XIV. - La .disciplina e il servizio saranno r egolati come r.ell'Armata francese. Scaruffi Scarabelli Cicogniara >•. (<

Com e si vede, per l'unifo rme er ano stati scelti gli stessi colo r i già adottati per la Legione lombarda, costituita quasi con le m edesi me norme, ed il Tricolore, nato come simbolo militare per la Legione lombarda, era stato adottato anche per la prima L egione italiana. Il Congressq si sciolse il 18 ottobre, per convocarsi il 27 dicembre a Reggio Emilia, dove il 7 gennaio 1797 il Deputato dottore Gillseppe Compagnoni di Lugo, fatta prima approvare una mozione perc bè e< lo stemma della Repubbli ca fosse innalzato in tutti quei


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luoghi nei quali è solito che si tenga lo stemma della sovraniù 1> , propose « che si rendesse universale lo stendardo o bandiera cispadana di tre colori ». Il 23 novembre 1796 il Buonaparte aveva sollecitato, intanto, la costituzione della Legione italiana ed il 6 dicembre aveva ordinato al Bcrthicr che le coorti di Bologna e di Ferrara si recassero a Milano. Altri reparti della Legione italiana si costituirono nel 1797 a Bergamo, a Brescia ed a Crema; così che, secondo le Zanoli, alla fine

Il ge11erah- Domenico Pino.

del 1797, le truppe della Repubblica Cisalpina, raggiunta la forza complessiva di 15.000 uomini, erano ordinate in 8 legioni o mezze brigate a 2 battaglioni ciascuna. Fra i comandanti van no ricordati: il generale di divisione Fiorell a Pasquale Antonio, i generali cli· brigata D e La Hoz G iuseppe e Lechi Giuseppe, gli aiutanti generali: Teulié Pietro, Gambara Francesco, Ottavi Giacomo Filippo, Fantuzzi Giuseppe ed, infine, i coma ndanti di battaglione Bonfanti Antonio e Mazzucchdl i Giovanni. Le 8 Legioni <li Fanteria erano comandate da Peyri Luigi, Pino Domenico, Severoli Filippo, Piella Agostino, Calori Giovanni-Paolo, Orsatcl li Eugenio, Milossewitz Andrev, Sant' Andrea Paolo.


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Un battaglione di .Fanteria leggera era coma ndato da Girard Claudio, un battaglione della Guardia del Corpo legislativo era al comando di Pasini Giulio. Comandava il reggimento di usscri Capric,li Giovanni e diversi reparti isolati di Cavalleria erano al comanclo di Luigi Campagnoli.

Con la legge del 14 brumaio anno VI (4 novembre 1797), il territorio della Repubblica Cisalpina venne diviso (Art. I) in 7 D ivisioni militari, ciascuna delle quali doveva avere un qua rt iere gen erale e doveva essere comandata da un ge nerale, coadiuvato cb un c )mmissario di guerra, ed in tre D irezioni di Artiglieria e Genio. Ogni Divisione si divideva in due Circondad, anch'essi coman dati da un generale, od almeno da un ufficiale superio re. La 1" Divisione do veva comprendere (Ar t. Il) i Dipartimenti del Rubicone, del Lamone, delle Alpi Apuane e del Reno cd aveva i! suo quartier generale in Bologna . La 2' Divisione comprendeva i dipartimenti del Basso Po e cieli 'Alta Padusa, col quartier generale a Ferrara . La 3a Divisione comprendeva i dipartimenti del Mincio e del Panaro ~d aveva il quartier generale a Mantova. La 4' Divisione comprendeva il Renaco ed il Mclb, col quarti er generale a Lonato. La 5~ riuniva i dipartimenti del Serio, della montag na, dell'Adda e dell'Oglio ed aveva il Comando a Bergamo. La 6' abbracciava i dipartimenti <lell' Olona, dell'Aria, del Verbano e del Ticino, col quartier generale a Milano. L a 7' Divisione, infine, aveva il Comando a Cremona e comprendeva i dipartimenti dell'Adda, dell'Alto Po e del Crostalo. Oltre alle tre Divisioni di Artiglieria e Genio, stabilite rispettivamente a Ferrara, a Mantova cd a Milano, nel te rri torio della Repubblica si doveva costituire (Art. V) una fabbrica d'a rmi nazionale i11 Brescia ed almeno sei mulini da polvere. Una Scuola militare d 'Artiglieria e Genio (Art. VI) do veva avere sede in Modena cd un poligono per l'Artiglieria doveva organizzarsi nella zona di Crema. Il reclutamento dei legionari non era sempre facile, come non era sempre possibile ispirare alle nuove reclute lo spirito militare ed il rispetto alla disciplina. Basti, in proposito, ricordare che il generale


Li Hoz conferiva i gradi e perfino quelli di ufficiale a coloro che conducevano ad arruolarsi 10 o 20 uomini; ma - come scriveva il Canevazzi (1) - l'energia del Ruonaparte riuscì a poco a poco ad imporsi <Jla massa e, specialmente dopo il ritorno dall' Egitto, durante il Consolato ed ancor meglio durante l' Impero, seppe, come vedremo in seguito, compiere il miracolo di creare un esercito italiano forte, disciplinato, consapevole dei suoi doveri. Infatti, a noi sembrano pienamente meritate le lodi che Giuseppe Cesare Abba, nelle sue (( Meditazioni sul Risorgimento >> fece della L egione lombarda e della Legione itali ana o ci salpina, seri Yen do: " Q uando, nel 179<5, il generale Buonaparte, vi ncitore degli Austriaci a Lodi, entrò in Milano, vi trovò gioventù pronta per fa rne ullo l,;,ttaglio ni , e insieme otto valorosi uom ini da mettere ::ilb loro testa. Essi erano i due Teulliè, Pino, Trivul zi, Rouger, Bon fa mi, Balabbio, Batt aglia, g iova ni tutti, che divennero poi generali. " N ell 'ottobre di quell 'anno la Lombardia e le terre di destra del Po d iedero due Legio ni, fatte di settemila Fanti e trecento cavall i; e alcuni di quei soldati, sotto gli occhi del Buonaparte, al fuoco dei éannoni di Arcole, meritarono che il generale I3erthier dicesse loro parole glnrimt' . P iù tardi qudle due legioni si fecero vedere in campo da sole; il r" di fe bbraio del novantasette, affrontando settemila pontifìcii sul fiume Scnio, presso Faenza, i legionari del mantovano Lahoz guadarono il fiume gonfio, presero qua ttordici cannoni, mille prigionieri, otto bandiere, ricevettero nelle loro file seicento romagnoli condotti dal faentino Severoli, che divenne poi uno dei migliori generali di Napoleone. V insero a Pesaro, a Urbino, a Sant'Elpiclio; fecero capitolare Ancona, passarono l'Appennino, portarono la bandiera tricolore italiana a sve ntolare sui monti di Spoleto, onde il P apa chiese pace alla Francia. Dopo quell'anno quei soldati lombardi, che si chiama vano Cisalpini, furono coi Francesi dalle Alpi all' ultima Calabria. E LJUando, nel novantanove, non essendo più Buonapartc in Lomh:1rdia, torn::irono gli Austriaci aiutati dai Russi, e principiarono le sconfitte dei Francesi, quei Cisalpini , messi alla retroguardia , protesstro la ritirata alla Secchia, alla Trebbia, a Novi, a Serravalle, a Campofreddo, nell'Appennino ligure e molti si chiusero in Genova col generale Massena. V'erano il Sc::veroli, uno dei Lechi, !'Ottavi, il Polfra nesch, il Balabbio , il Trivulzi , il Calori, il Pecchio, il generale Fantuzzi che vi morì, Ugo Foscolo che vi fu ferito ». ( 1) G 1o vA:-.N1 C A:--tv.-1zz1:

" la s ~uola militare di Mo<len~ ».


Anche Tommaso Casini, ricordando le gesta dei Modenesi durante il periodo na poleonico, scrisse: « QualunlJUe giudiz io si voglia portare intorno alle guerre napoleoniche, è certo che t:sse furono benefiche all'Italia in quanto fecero risorgere tra noi lo spi rito militare che si era perduto, ritemprarono le fibre infiacchite dal lungo servaggio, diedero alla milizia nuo va il suggello del l'ital ianità " · La Repubblica assoldava (12 aprile 1798) inoltre due Legioni costituite da patriotti esuli dalla Polonia, che nel 1795 era stata cancellata dal novero degli Stati europei. La convenzione relativa era stata firmata il 9 gennaio 1797 dal Dombrowski , che ne aveva g ià esposto il progetto al Buonaparte, e dall'Amministrazione generale della Lombardia.

Il 2 1 apri le 1798 le truppe della Repubblica Cisalpina ebbero un ordinamento definitivo in 6 Legioni di Fanteria cisalpina e due di 1ruppe ausiliarie polacche; un reggim ento dragoni, uno di ussari, ..! battaglioni su 12 compagnie cli ·Artiglieria. Il Corpo del Genio :t\·e\·:i ;1llc sue dipcndt".11Zc 2 compag nie di rninatori, .2 <li z.1pp,ltùri cd una di artisti pontonieri. Durante l'anno 1798 le Legioni vennero dette « mezze brigare " ,. la Fantn ia cisalpina venne costituita da rre mezze briga te su tre L,attaglioni e da una mezza brigata di Fanteria leggera, anch 'essa ~u tre battaglioni. Ogni mezza brigata ebbe la forza di 3 .201 uomini ; <•gni battaglione era composto di una compagnia granatieri (8.3 uomini) e di 8 compagnie fucilieri, ciascuna di 123 uomini. Partito il Buonaparte per la spedizione in Egitto, l' Ital ia setten1rionale venne invasa dalle truppe austriache e da ljuelle russe ccndotte dal Souvaroff e, sotto l'im perversa re del la reazione, furon o ri costituiti gli antichi Governi. Il Di rettorio Cisalpino, trasferi tosi a Chambery, venne scioito ii 29 messidoro dell 'anno VlU (18 lugl io 1800); ma intanto, com e vedremo, il Buonaparte, reduce im provvi~;:unente dall'Egitto e nominato Primo Console, si era a ffrettato a ri unire in un a Legione italiana tutti i militari ital iani che si trova\'ano m Francia. Questa legione fece parte dell 'A rmata di riserva, con la quale, va licate le Alpi, il Primo Console riuscì , con la difficile vittoria di Marengo, a riparare alle sconfitte subìtc dai Francesi in Italia duran te la sua assenza.


Le istituzioni militari delle altre Repubbliche italiane. Anche presso le altre Repubbl iche, che, man mano che procedeva la conquista francese si erano andate costit uendo nelle altre r egioni d 'Italia, erano state adottate istituz ioni m il itar i analoght a (Juelle della Repubbl ica Cispadana e della Cisalpina, com e era avvenuto in Piemonte, dove, a malg rado della tenace difesa de ll e truppe regie (ba ttaglia fra Gravellona ed Orna vasso del 22 aprile 1798), il Re Carlo Emanuele IV dovette ordinare al suo eser cito di considerarsi com e parte integra nte dell'Annata fra ncese d'Ital ia. li generale Suchet, dopo avere trasform ato in Guard ia N azio nale !"antica milizia civica torinese, rio rgan izzò le truppe p iemontesi in tre mezze brigate di linea ed una di fante r ia legger a, facendo sostituire nei reparti , con l'ordine del 6 nevoso anno VII (26 dicem bre I 798), gli stendardi r egi con le bandiere tricolori francesi. Anche in Liguria, dove nel novembre 1797 venne conclusa la vita della Repubblica di Genova, già così glor iosa nei secol i precedenti, \'enncro innalzati gli alberi della libertà e costituiti i battaglioni di Gu:mlia Nazionale, i cui vessilli conservarono i colori bianco e rm~o, che erano i:;li ~lc~si ddla RcpubblicJ. di Gcnov:i., nella cui bandiera , come è noto, la rossa croce di S. Giorgio spiccava in campo L-ianco.

Senza indugiarci a r icor dare le R epubbliche is.tituitesi nelle Provincie centrali , ;1 Ma.ua, in Toscana e nell'Umbria, che ebbero tutte vita assai breve ed incerta, rapidamente conclusasi dopa la battaglia della Trebbia, accen niamo soltanto come l'invasione francese avesse da to luogo anc he ad una Repubblica Anconitana, unitasi poi a quella Tibcrina o roman a; m entre il Papa andava a rifugiarsi nella Certosa d i Firenze. Anche ad Ancona ed a Roma vennero in nalzati i soliti albni del la libertà e si organizzò la G uardia Nazionale, con l'ordine ciel 12 ventoso anno VI (3 marzo 1797), ordine che prescriveva com e ogni rione o sezione di Roma dovesse costituire uno o due battaglioni di 1.000 uomini ciascuno. La Guardia Nazionale venne distinta in attiva e sedentaria ed al suo ordinamento definitivo venne poi prov·veduto con l'editto del 6 pratile a nno VII (26 maggio 1798) , editto col quale il generale Garnier, comandante in capo a Roma, òi, poneva: (( In ciascuna sezione di Roma viene o rdinata la for mazione di un battaglione di 9 compagnie, una delle quali di Granatie ri .


<( I quattro battaglioni ddlc quattro sezioni di ciascun circonJario formeranno due mezze brig a te ; i circondari essendo tre, si formeranno sei mezze brigate. (( Ogni battaglione avrà una bandiera a colori nazionali e wn un'iscrizione atta ad indicare 11 numero del battaglione e tjuello Jelb mezza brigata di cui il battaglione fa parte.

Francesco Mdzi di Eril, Vice Presidente della Repubblica lta/ia11a. « Le due mezze brigate del primo circondario porteranno rispettivamente il nome di prima e seconda mezza brigata; quelle del secondo circondario si chiameranno terza e quarta mezza brigata e quelle del terzo: quinta e sesta mezza brigata ll .

Da una lettera del generale Mornier, datata da Ancona 9 giug no 1798 e diretta al generale Garnier, si rileva che le truppe romane,


dopo aver combattuto a Ripa Transone, parteciparono all' assedio di Ascoli, che venne attaccata e presa 1, con truppe romane e cisalpine l•. Il generale Garnier ordinava che le truppe organizzate e stipendiate dalla Repubblica Romana raggi ungessero la forza complessiva di 6.000 uomini . li 26 brumaio dell'anno V I! (19 novembre 1798) il generale Macdo nald ordinava poi , 1< volendo che i cittadini romani partecipassero all'onore di difendere la causa della libertà » , che venisse costituito un battaglione di Fanteria in ciascun Dipartimento. Vennero così costituiti 8 battaglioni, dei quali 2 comba tterono con onore , agli ordini del Macdonald, contro i Napoletani. Oltre ai battaglioni costituiti in Ro ma dovettero formarsi anche una ugione del T rasimeno ed una Legione di Perugia. Do!)<) l'occupazione di Ro ma da parte delle truppe borboniche occupazione che durò appena qualche g iorno - il generale Championnet ripristinò nell'Urbe il Governo repubblicano ed il 23 settembre 1799, in occasione dell' inizio dell 'anno VIII della Repubblica Francese, la Fanteria romana partecipò ad una solenne cerimonia , durante ìa gualc venne innalzato l'albero <ldla liGcrtà di fronte al Vatic:mo; ma, appena sette giorni dopo, l'esercito napoletano agli ordin i del generale svizzero Burckhardt, entrava in Roma, sostituendo la Croce all'albero della libertà e ponendo fine alla R epubblica Roman a.

La Repubblica Partenopea si costituì in N apoli non appena, dopo a,-er debcll:ito la resistenza del popolo, il generale Cha mpionnet potè occupare (23 gennaio 1799) la città, dove venne proclamata « la Repubblica Napoletana o Partt:nopea una cd indivisibi le, sotto la protezione della gra nde nazione francese )>. li cittadino Molitcrn i, incaricato di comandare il costituendo esercito della Repubblica, il 30 gennaio intimò ai militari dell'esercito borbonico di deporre l'uniforme e di consegnare « le bandiere e g li stendardi del tiranno per ricevere quelli della libertà ». La bandiera dell a Repubblica Napoletana fu anch'essa a tre colori: turchino, giallo e rosso. Soltanto il 12 febbraio il Governo provYisorio ordinò che la Gua rdia Nazionale napoletana venisse composta di 6 legioni, ciascuna di


battaglioni su 6 compagnie. Ogni compagn ia do veva aYere 150 uomm1. Il progetto di costituzione della nuova Rcpubbl ica, compi Lito da Mario Pagano, trattando delle fo rze armate (ti tolo IX), distingueva la Guardia Nazionale in sedentaria ed attiva e prescriveva che quest'ultima venisse considerata come truppa di linea. 11 14 marzo r799 venne proclamata la coscrizione mili tare in tutti i dipartimenti della Repubblica per completare le _:; legioni d i Guardia Nazionale già costituite e per formare le altre 3: ma tale provvedimento non dove.tte avere notevoli risultati, poic hè il 25 fiorile dell'anno VII (14 maggio 1799) il Mantihoué, Ministro della Guerra, della Marina e degli Affari Esteri, ordinava la formazione Ji quattro nuove legioni di Fanteria <li linea, denominate rispettivamente Sannita, Volturnia , Salentina e Luccma . ciascuna Jdle q11:tli doveva essere composta di tre battaglioni. Ciasrnno di llue~ti do Ycva avere una compagnia di granatieri (80 uomini) ed 8 compagnie:- di fucilieri, forti di 120 uomini ciasrnna. Nell a « Storia del Reame di Na1x >li " il Colletta accenna :rnche :tlla costituzione di truppe volontarie che presero il nome di L cgio11e .:,;/abr,1 e che ,,,cnz.1 uniformit:1 di ,u m i e di vesti, nè stanze cun1t111 i. nè organi d i reggimenti , si univano ad occasione per combattere " ed arevano una bandiera nera con la scritta ,, vi1Jcne, vendicarsi. morin· "· 2

Le Fanterie della seconda Repubblica Cisalpina e della Repubblica Italiana. LA Gu.>1.R1>1A NAZIONALE E LA LEGIONE .ITALI ANA. - Valicate le Alpi, il 2 giugno 1800, il Buonaparte entrava in Milano alla testa delle sue truppe, comandate dal Murat e dal Pino. Come abbiamo già accennato, egli aveva già costituito, con tu tti i m ilitari itaharn trovati in Francia, la Legione italiana, ponendola al comando del generale Giuseppe Lechi, il cui aiutante generale era Pietro Tculié. La Legione era divisa in due mezze brigate ed era composta di 1 battaglioni di Fanteria di linea e d i un battaglione di F:rntcria leggera. Ogni battaglione aveva un-:i. com pagnia di granatieri ed 8 compagnie fucilieri. Facevano inoltre parte della Legione ital iana : un l,attaglionc composto di 700 ufficiali in soprannumero, che prest av;ino servizio come sottufficiali ; due compagnie ~celte, composte di


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sottufficiali in soprannumero ser ve nti come soldati: due com pagnie d 'A rtiglieria, un reparto del Ge nio, un reggimento usseri cd un reggimento <li cacciatori a cavallo. Duran te la campagna del 1 8 0 0 la Legione italiana, superate k Alpi a m algrado di ogni difficoltà, raggiunse Varallo ed Arona, passò com batte ndo l' Adda a Lecco ed occupò Bergamo e Brescia, facendo dovunq ue sventolare il t ricolore italiano. · Il 4 giug no veniva ricosti tuita la Repubblic:.i C isalpina ed, appena il g iorno dopo, il Bcrthier ord inava la ricostituzio ne della Guardia N azionale in tu tte le città della Repubblica, secondo le d ispasiz ioni già emanate prima dell ' in vasione austro - russa. Il ge nerale P ino, inca ricato di rior ganizzare la G uardia Nazi<r 11alc di Milano, lo stesso giorno 5 giugno, em anava il seguente procl ama, nel q uale si mostrava lieto ed orgoglioso del l'incar ico ricevuto : " 0 11oralo da l Generale in Capo dt' ll 'organizzazione della G uardia Nazionale e del comando dei battaglioni di truppe di linea che dcbhonsi fo rmare in Milano, ne ass umo, con il più gra n g iubilo , l'incanco ... " All'..umi, Junqu..:, all':m ni o \·oi che gi~ m ilit:1to avete e che òesider:ite cogliere nuovi al lori . U ni tevi ai vostr i fratelli , li quali in foll a accorrono a for mare i nuovi battaglioni 11

Con provvedi mento analogo, il g iorno 8 g iugno, il Y ig no lle chia mava all e arm i anche i cittadini dì Bolog na, di Reggio e di Moden a, ricostituendo in queste città la Guard ia Nazionale. Così la Repubblica Cisalpina r iso rgeva e vi avevano nuova vita le istitu zion i mil itari di prima. La G uardia Nazionale di Milano ven ne d ivisa in d ue brigate, comandate ri spetti vamente da Gi rolamo Pad ull i e da Francesco Cusani ; ma essa ebbe un più stabile ordinamen.to con la seguen te legge dei 1" norile anno IX (2 1 aprile 1801), la yuale dovt'va ave r vigore: per tutti i dipar ti menti della Repubblica: « La Consul ta Legislativa della Repubblica Cisalpina. « Considera ndo che è necessaria l' uniformi tà dell 'orga n izzazione della G uardia Nazionale in tutta la Repubblica determina : I. - La G uard ia N azionale sarà riorganizzata in tutta la Repubblica una decade dopa la pubblicazione della presente legge ..... <• X. - La G uardia N azionale sarà organizzata e divisa in distretti. Essa si formerà in battaglioni di 1.000 uo mini al più. (<


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« XI. - Ciasrnn battaglione sarà composto di dicci compagnie, di cui una granatieri, una di cacciatori, una di carabinieri e sette di fucilieri ..... <( XV. - La riunione di tre battag lioni formerà una legio ne .. .. « XXXIII. - Ciascun battaglione avrà una bandiera nazionale con la scritta da una parte Guardia Nazionale Cisalpina, col no m e del Dipartimento, il numero della Legione e del Battaglione e dall'altra : libertà, eguaglianza, sostegno delle leggi )) .

L'uniforme do\'cva essere quella già stabilita con la legge del 28 maggio 1797. La distinz ione delle compagnie in granatieri , cacc iatori, carabinieri e fucilieri venne poi abolita, per ordine J el Murat. il 27 ottobre 1801. · La Repubblica venne divisa in dodici Dipartimenti con la legge del 23 fiorile anno IX (r3 maggio 1801), secondo la suddivisiom: già decretata fin dal 25 marzo. I Dipartimenti erano Agogna, Laris, Olona Serio, Mella, Alto Po, Mincio, Crostolo, Panaro, Basso Po, R eno, Rubicone.

Intanto la Legione italiana veni va chiamata da Brescia a Mib no, prendendo il nome (28 agosto 1800) di Divisione italiana, e, sempre :il comando del Lechi , partecipava alle operazioni del Macdonald nel Tirolo; meritava, per la sua condotta presso Trento, gli encom i dd Buonaparte e veniva dichiarata (( benemerita del la Patria ,, . Ridotta poi ad una sola brigata al comando del T eulié , venne in viata al blocco di Mantova e poscia nella Romagna per fare fronte :1i Napoletani. Nel settembre 1800, nel Dipartimento del Rubicone, si era costi· tui ta una Divisione Cisalpina al comando del Pino. Essa comb:ittè contro gli Austriaci ed i Napoletani e si distinse il 14 gennaio 1801 :1 Siena, tanto da venire anch 'essa proclamata benemerita della Patria. Essa era composta da 2 mezze brigate di Fanteria cli linea , r battaglione di fucilieri, 1 battaglio ne d i ufficiali in soprannumero , 1 r egg imento di usseri, 2 compagnie di Artiglieri a, I compag nia di zappatori. La Repubblica Cisalpina disponeva nuovamente della Divisione :m siliaria polacca, costituita anch'essa da 2 mezze brigate di Fanteri a di 3 battaglioni ciascuna e da 1 compagnia di Artiglieria a piedi.


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L:i Divisione polacca, che partecipò all'assedio di Peschiera, vt'nne poi rinforzata da un battaglione grana~ieri. un battaglione cara-

:V,1pol(.'Ol/c /J1ro11, 1p11rtc 11d 1800.

binieri cd uno SL!lladrone di usseri, distaccati dalla Divisione ital iana, e: parte delle sue truppe, al comando del generale Sevcrol i, si distinse nel combattimento di Casabianca (17 gennaio 1801) e poi all'assed io di Montori per la sua cffìcicnza morale.


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Oltre alle Divisioni italiana, cisalpina e polacca, la Repubbli c:i ebbe anche una Divisione dell'interno, al comando dd generale Fiorelli e composta dalle truppe dei depositi, dai presidì delle piazzeforti e dalla Guardia Nazionale mobilitata. Come si vede, l'esercito della seconda Repubblica Cisalpina cominciava ad avere un a certa consistenza ed in esso vennero meglio curate le energie morali, anche per merito di Pietro Teulié che, nominato il 22 aprile 180 1 Ministro della Guerra, prescrisse che sugli stendardi e sulle bandiere dei reparti dell e Divisioni italiana e cisalpina venissero ricordati i fatti d'arme ai quali i reparti stessi avevano preso parte con onore. Una legge del 9 nevoso anno IX (30 dicembre 1800) della Consulta Legislativa « considerando che è deil 'onore e dell'in teresse dclLt Repubblica l'avere un Corpo d'armata bene armato ed organizzato, determinò poi che l'esercito della R epubblica Cisalpina venisse composto, per qualllo riguarda la sola Fanteria, di 4 reggimenti di linea su 3 battaglioni di 8 compagnie fuci lieri ed 1 di granatieri ciascuna, e di 2 battaglioni di Fanteria leggera, di 8 compagnie cacci:.1Lor1 cd 1 di car abinieri. Tl 1 2 giugno 1801 i ffggimcnti .:.i F:i.ntcr; ;, ripresero il nome rispetti vam!".nte di 1", 2", J' e 4' mezza brigata di Fanteria di linea dell'Armata Cisa lpina e tutte queste truppe vennero per la prima volta riunite in Monza, dove il 17 seltembre 1801 vennero passate in rivista dal Murat che, con un suo ordine del g iorno, ne encomiò vivamente i reparti per l'ordine, la disciplina ed il comportamento marziale. fl 2r settembre le truppe della C isa lpina ve nnero ancora riorgan izzate in cinque mezze brigate di Fanteria di linea e due di Fanteria leggera ed il 26 settembre si costituirono due Divisioni: la prima al coma ndo del Pino e la seconda al comando del Lechi.

Il 14 giugno 1800 la battaglia di Marengo aveva deciso anche le sorti del Piemonte , dove ve nne costituita una Consulta legislativa_ Durante l'occupazione austro - russa, il Consiglio Supremo per il R e di Sardegna aveva organizzato alcun i reparti di Fanteria, che \Tnnero riuniti in 4 battaglioni: <<G uardie,,, (< Savoia », (( Monferrato » e •< Piemonte "; ma i soldati erano stati congedati cd i battag lioni sciolti dopo la battaglia di Ma rengo.


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Il nuovo Governo piemontese fo rmò, alla sua volta, 4 battaglioni di linea: « Monferrato n , <, Piemonte ", « Saluzzo )) ' « Aosta )) , che furono poi riuniti in due mezze brigate di Fanteria di linea ed in un a mezza brigata di Fanteria leggera. Per il decreto consolare del 26 agosto 1801, gueste truppe passarono a far parte dell'esercito francese e formarono le m ezze brigate 1 11• e 112& di linea e la 31" m ezza brigata leggera. L1 112" ven ne poi incorporata nella I 11 • e gueste truppe presero parte a tutte le successive campagne napoleoniche, distinguendosi sempre per il valore e per la di sciplina. Quando il Piemonte venne annesso alla Francia, nelle più importanti città, come a Torino, a Vercelli , a Biella e a Novara, vennero costituiti reparti di Guardia Nazionale che compirono lodevolmente il loro dovere.

La Repubblica Italiana. L'11 novembre 1801 a Lione, con l'intervento dei 452 notabili cisalpini, che dovcv:rno concorrere all'assestamento fi nale della Repubblica, questa prendeva il nome di Repubblica Italiana, sotto la presidenza dello stesso Ruonapartc e la vice-presidenza di Fran cesco Mclzi d'Eril; Ministro della Guerra il Trinilzi. Nella Repubblica Italiana i soldati (legge 13 agosto 1802) \'tn11ero reclutati per coscri zione e la Repubblica ebbe, per quanto riguarda le Fanterie, 5 mezze brigate di Fanteria di linea, su 2 bat taglioni; 2 mezze brigate di Fanteria leggera, anch'esse su 2 battaglioni, una Legione italiana, che raccoglieva per la riabilitazione i disertor i e che poi divenne uno dei mig liori reggimenti dell' esercito del Regno Ila] ico; 1 battaglione granatieri ed r battaglione cacciatori di 8 compagnie, che facevano parte della Guardia del Presidente, I Corpo di gendarmi, che il 13 ottobre 1804 venne di viso in due reggimenti, ed, 1r.finc.:, 2 m ezze brigate di Fanteria polacca, che un decreto del VicePresidente precisava (< non facenti parte integrale dell'Armata della Rt'pubblica Italiana n, e costituenti (( truppe polacche al soldo della stessa Repubblica "· Circa l':1dozionc della coscrizione, non si può fare a meno di ricordare come tale obbligo fosse allora impopolare; si a per la novità della cosa; sia per lo stato di guerra quasi permanente ; ma anche la coscrizione contribuì a far partecipare all'esercizio delle ar m i


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un maggior numero cli cittadini appartenenti a tutte le classi sociali. Circostanza, guesta, dalla lJUale trasse vigore specialmente la Fanteria. Con 2 battaglioni della prima m ezza brigata di Fanteria leggera, ~ battaglioni d ella prima mezza brigata d i Fanteria cli linea cd altri reparti delle altre Armj, venne poi costituita una Divisione che, a l comando del generale Pino, dovette recarsi, nel novembre del 1 803, sulle coste della Manica, destinata a far par te della Grande Armée che, com e è noto, ~i stava aflora appront:mdo contro l' Inghilterra. La Divisione aveva la forza complessiva di 7395 uomini, oltre ad un battaglione di gran;Jtieri scelti ddla G uardia d el Primo ( :on sol e. Le truppe della Divisione Pino, nel recar~i sulla Ma nica, passaro no per P arigi, dove, :1 cominciare d a l 15 gen naio 1804, i reparti ve nnero passati succes~ivamente in ri vista dal Primo Console, Presidente del la Repubblica Italiana, il quale consegnò ai reggimenti Je bandiere e parlò ai soidati sempre in lingua italiana, entusiasmandoli ed esaltando le virtù militari degli Italiani. Randiera della Repubblica !talirma.


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li 20 maggio 1804 la Repubblica Francese si trasformò, com~ è noto, in Impero cd una deputazione, guidata dal Melzi, si affrettava ad offrire al Buonaparte, già Imperatore dei Francesi, lo statuto co~tituzionale col quale egli veni va proclamato Re d'Italia. La Repubblica Italiana venne sostituita, per conseguenza, da quel Regno Italico che, affidato al Principe Eugenio di Beauharnais, Vicerè di Napoleone I, riunì, durante il decennio della sua esistenza, molte regioni d'Italia e finì col contare, come scrisse giustamente Guglielmo Pepe, oltre 6 milioni di abitanti. In esso, sostituite le mezze brigate di Fanteria con i reggimenti, \ t ni\'ano costituiti 13 reggimenti di Fanteria, destinati, come vedremo, a coprirsi di gloria in tutte le successive campagne napoleoniche, dal 1805 al 1814. Tali reggimenti, raggruppati in Divisioni italiane, vennero sempre onorevolmente ricordati nei bollettini delle guerre in Italia, in Ispagna, in Russia ed in Germania .


VI.

LE f ANTERIE NELL'ESERCITO DEL REGNO ITALICO Divenuto Re d 'Italia e cin ta la corona ferrea a Milano, Napoleone I potè trarre dal nostro Paese un numero sempre maggiore di ,oldati: sia chiamando a far parte dell'esrrcito francese i reparti miI itari preesistenti nei vari Stati italiani ; sia, come abbiamo \·i ~to, r ichiamando efficacemente gli Italiani .tlie armi e costituendo nuovi reparti, presso i quali si dovevano ridestare a poco a poco l'antico spirito militare e le energie atte a rcndcrè poi possibile il nostro Risorgimento nazionale. Bene a ragione A. lessa nJro Manzoni, scrivendo al lkrtolini nel 1863, autorevolmente ricorda va : << Tra gli stimoli che 1110ssero il n erbo della nuova gè nerazionc italiana a tanti fatti g lonosi e ben altrime nti fecondi, non si può non contare la memoria recente t: la viva presenza dei superstiti di l[uelli, per cui l'Italia, dopo tanto . lquila della bandiera tempo, riprincipiò aù avere una di rw reggimento di Fa111ni<1 , roria militar e ,.. Si calcola che non del H.cg110 lrnhco. meno di 450.000 Italiani - cifra <.:norm e per quel tempo - abbiano militato e combattuto nelle 1ì!e napoleoniche. La sola Grande Armée contò ben 70 generali italiani. Quanti di questi valorosi lascia ro no la vita sui vari campi di b:it1:iglia europei? Le statistiche più ottimiste li fanno ascendere a quasi )00.000. I più caddero in Spagna ed in Russia ; gli altri in Germania, in Austria, in Francia; ben pochi furono coloro che ebbero la ventura ·di chiudere gli occhi mtto il nostro cielo.


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li valore ital iano venne ricono~ciuto ed esaltato come dimostrano i documtnti : cd, :i nchc nell'esi lio di S. Elena, allorchè le trascor~e vicende gli tornarono alla memoria e d'ogni popolo Napoleone I potè serenamente giudicare il valore, egli riconobbe le virtù <.lclb nostra gente, con un giudizio :iventc valore di profezia: t1 Gli Italiani sara nno un giorno i primi soldati del mondo ». Per quanto rig uarda la Fanteria, le cui mezze brigate assunsero, nel 1805, come :1hbiamo già visto, la denominazione di reggim enti.

i.a Fa11tNi,1 ,frl l<l'gJ10 ft!,li, o .

; reparti che: fi n d:il principio o successiYamcnte fecero parte dell 'eser( ito del Regno Italico furono i seguenti. :1 comincia re da quelli della Cuanli:1 Reale, nell:1 quale, per disposizione del 30 giugno 1805, si tr,1sfonn<'> b G uard ia del Presidente del la Repubbl ica.

G uardia Reale. CORPO m .LL E Gtr,\Rl>IE n'ONORF., destinato a prestar servi zio pres~o b persona del Re (1). Quattro compag nie di 100 uomini, di cui

( 1) ~e dm l·,·ano far parie tull i i gioY;llli app::rlc:ncnti alle famiglie dei citt,1di ni piè1 s1i111:11i . Ciascuno dm c,·a avere 1.200 lire milanesi di reddito, cb ,cr~are alb m;issa. che le rcsti111i,·a in r:igione di L . 100 mensili.


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6o a cavallo, che dopo due anni di servizio potevano venire promossi w ttotenenti. ra compagnia a Milano, 2 • a Bologna, j" a Brescia, 4" in Romagna. Una 5" compagnia venne aggiu nta, col decreto imper iale datato da St. Cloud, 2 agosto 1806, :1 Venezia. Dopo la eam pagna di Russia, pel decreto 19 gennaio 1813, veniva, cogli avanzi delle altre, ricostituita una sola compagnia di Gua rdie (155 uo mini, compresi gli ufficiali), al cui reclutamento dovevano proporzionatamente contribuire tutti i Dipartimenti del Regno. REGGIMENTO VELITI REALI (o Guardie Veliti), anch' esso destinato a prestare serviz io presso la persona del Re; ma particolarmente importante pcrchè tra le sue file si formò la maggior parte degli uflìci:.tl i italiani. Le famiglie dei Veliti dovevano versare all'anno 200 lire 111 1la ncsi e, dopo due anni di servizio, i Veliti consegui vano il grado di !>ergente. Il reggimento doveva costituirsi su 3 battaglioni di cui uno di grana tieri ed uno di cacciatori. Il Principe Eugenio, Vicerè in Italia, dispose, nel novembre 1810, che il reggimento venisse com posto Ji 2 battaglioni : uno di granatieri cd uno di carabinier i. Questo Corpo, clestinato a prepara re gli uffi ciali e quindi a rinnov:irsi continuamente, non ebbe una bandiera propria, m a contr ibuì ralidamente all 'efficienza dell 'esercito. REGGIMENTO F ANTERIA DI LINt:A, costituito wn gli appartenenti alla Guardia <lei Presidente e formato su 2 battaglioni: il primo di 5 compagnia di granatieri ed il secondo di 5 compagnie di cacciatori; ogni compagnia aveva la forza di 100 uomini . Nell'Almanacco Reale del 18m, alla denominazione di cacciatori, come pei veliti, venne sostituita quella di carabinieri. N ell 'Almanacco del 1812 il reggimento venne ricordato come composto tutto di granatieri e vi è soltanto la specificazione di primo e secondo battaglione. R EGGIMENTO CoscRITTI DELLA GUARDIA, creato con decreto imperiale datato da Fontainebleau il 4 ottobre 1810, per colmare i vuo ti che si producevano negli altri <lue reggimenti di Fanteria della Guardia. Esso venne costituito prima su 2 battaglioni e su 4 battaglioni nel 181 3, anno nel quale il reggimento, per l'eroico contegno già ter..uto a Malojaroslawetz, ebbe la denominazione di cacciatori, invece di quelli di (< coscritti ». Come si vede, il reggimento coscritti e poi cacciatori preparava parti dei complementi, con i quali ripianare le perdite subìte dai reggimenti della Guardia.


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Truppe ordinarie. 7 REGG IMENTI DI FANTERIA DI LINEA. - Era in proge tto la formaz io ne di altri 5 reggime nt i, portanti ri spettivamente i numeri da l1'8" al 12", per completare e ventualme nte le Unità decima te ; ma poi ~i prde rì formare all ' uopo b attaglio ni di complementi. Secondo il d ecre to vicereale del 1 " lug lio 18oj, ogni regg imento di Fante ria di linea era composto d ' uno stato maggio re e di 2 o 3 b ttag lio ni. C iascun battag lio ne era co m posto d 'una co mpag nia d i g ranatie ri , una di volteggiatori (1) e 7 di fu cilieri ed ave va la for za complessiva di 1067 uo m ini. de i l]Uali 27 ufficiali. Pel d ecreto vicereale dd 27 g iugno 1808 ogni regg ime nto di Fanteria ri i linea e di F a nte ria leggera venne forma to su 5 battaglioni : 4 detti di guerm, costituit i da 6 compagn ie (una di grana tieri, una di volteggia tori e 4 di fucilieri) forti di 150 uo mini ciascuna compresi gl i u fficiali, ed uno d etto di deposito su 4 co mpag nie. 11 7" regg ime nto fu formato nel g iug no 18o8, co n la riunione Jci d ue Corpi d i Fa nteria ro mana cd ebbe in principio 2 battag lioni , poichè il te rzo venne fo rmato so lta nto nel 18<XJ (2). Lo Zanoli rico rcb :rnc he 1'8" reggi mento di F :111teri a, del q11ale si ord inò la fo rmazione nel febbraio del 1813 e c he ven n e costituito cn n com pag ni e di riserva. La fo rza rn m plcssiYa dei 7 reggimen ti di F a nteria di lin ea venne 1.:.ilcolata, alla d ata d el IQ g en naio 1812, in .29.000 uo min i.

-t REGG J:.lENTI J)J F ANTER I.\ LEGGER.-\, com pw,li com e quelli di l;nca , colla sob diffe ren za c he le co mpag ni e g ranati eri ve ni van o chiam a te co m pag nie carabin ieri e 1.1uelle fucilieri veni vano de tte di cacciato r i. Il .f di tJuesti reg g ime nti venne formato nd Diparti1m·nto del Mella il 5 otto b re 180 5, col nom e di << Real battaglione dei Cacciatori Brc~cia ni H , su 6 co mpag ni e di 100 uomin i ciascu na. di cui una di (1) Un d e.:re1u im periale in da1:1 del <.., 5Ctlcm b re 1805 aveva dispos10 la for ma zione, in r i:isn1no dei rq!gimcill i d i Fa nteria leggera , d i una compagnia di ,·olteggi:1tori di .3 u ftìda li, JJ g radua l i, 104 uo111111i. Cuslituiva una spec ie di Fa111cria cckrc·, ch e ma rci:n a, :ilroc, asione. insieme :ilk tru ppe a c:i Yall<>. montata dietro i c 1Yalicri. I n 1lteggia1ori dovc\'ano venire ncrcit:il i a salt:i rc ~ulle groppe dei ca "alli cd a di sccnd c-rrn: velo;emcntc. Più tard i i rep arti voh cggi:1tori fecero pane dell a Fa nteria di linea. (2) V ed i : « Raccolta di kgg i, decreti , cirw lari cd istru zio ni rig u ardanti lo S1 a10 Militare)), ,·e>I. TV, pa~. 09. Mil:t no , 18rnJ, .'-1:im pcri:1 Rea le.


r2 r

carabinieri. Il battaglione era stato costituito dal colonn ello Gambara. Portato a 9 compagnie per decreto del 5 aprile 1806, il giorno 8 luglio dello stesso anno, il battaglione venne trasformato in reggimento e.li Fanteria leggera , della quale sin dall'origine porta\'a l:i uniforme, col nome di « Reggimento Reali Cacciator i Bresciani " · su 2 battaglioni. La forz:1 complessiva di questi 4 reggimenti di Fanteria kggcr a. alla data del 1° ge nnaio 1812, venne calcolata in circa 19.000 uomi ni. Per la campagna del 1813 venne stabi lita la costituzione di un « bataillon de volontaires bersaglieri >1 • Anche la costituzione di questo battaglione venne affidata al colonnello Gambara. Il luogo di reclutamento era Bre~cia; l'equipaggiamento progettato fare bbe pensare ch e il battaglione fosse destinato ad operare in montagna. LEGIONE REALE E POl REGGIDALMATA (creato il 3 1 maggio 1806), contava : uno ~tato maggiore e 4 battaglioni, co~tituiti alla loro volta di un a compagnia granatieri, una di volteggiatori e 4 di fucilieri. Ogn i battaglione aveva la forza di 729 uomini. Due battaglioni venivaU11 Fante del Regno l tnlico. no formati a Zara e due a Spalato cd essi ebbero la stessa uniforme e lo ~tesso arm amento dell a Fanteria kgge ra. Ndl'Almanacco Reale del 1808 la Legione venne ricordata m mc reggimento dalmata. ME1'TO

BA1TAGLIO!'<E REALE n ' IsTRIA. - · Levato in Parenzo, con arma mrnto simile a quello della Legione da lmata. Nel 18m venne incorporato nel 3° reggimento F ~nteria leggera . BATTAGLIONE nr FANTERIA COLONIALE. Venne formato neì 1808 cogli uo mini già appartenenti alla Legione italie,1 e riu niti al-


l 2 2

l'I sola d'Elba (24 agosto 1805) in un reggimento ausiliario (1) il cui grosso, trasformato in 1° e 2" battaglione del 6° reggimento di linea, era stato mandato in Catalogna. Nel 1813 venne aumcntéltO di un secondo battaglione e nell'Almanacco Reale di quell'anno figurò come reggimento coloniale. Pel decreto 21 agosto dell'anno medesimo, i 2 battaglioni di questo reggimento dovevano essere su G compagnie, tutte di fucilieri. REGGIME NTO DEGL.JNVALIDI E VETER,-\ NI. Il battaglione esistente prima del decreto vicereale 16 ottobre 1808 si componeva di uno stato maggiore, di r compagnia d'invalidi e <li 7 di veterani, ed :m:va la forza di 615 uom in i, di cui 35 ufficiali. Pel decreto del 2 1 110,·embre 18u si creò il reggimemo, mediante la (usione del batta!,:lione invalidi e veterani di terra col battaglione di quelli di mare. Così il reggimento risultò composto di un battaglione d'invalidi a -j co mpagnie e cli due battaglion i cli veterani reali a 6 compagnie di fucilieri . Nel gennaio 1812 il reggimento di invalidi e veterani aveva Li forza di circa 1000 uomini. REGGIMENTO Gt1,\1UH.\ .\LL.\ CITT.~ 01 VENEZIA Un decreto imperiale del 27 gen naio 1808 metteva in attività un battaglione della Guardia Nazionale di Venezi a, per potere, al bisogno, impiegarlo 111:lla piazza o nell a laguna, insieme alle truppe di line~L G li fu dato i! nome di « Battaglione Guardia sedentaria di Venezia 1, e venne composto di 9 compagnie, 8 delle quali di fucilieri (140 uomini ciascuna). Il battaglione era vestito, alloggiato e vettovagliato dalla città, armato e stipendiato dal Governo militare. Col decreto vicereale del 9 novembre 1810 esso venne trasformato in reggimento, pur conservando la stessa denominaz ione, e fu composto d 'uno stato maggiore. di 2 battaglioni e di una compagnia di cannonieri. Ogni baltaglione contava una compagnia granatieri, una di volteggiatori e 4 di fucilieri.

m M1LANO. - Per il decreto dicembre 18u venne costituito anche un « Battaglione Guardia

BA·1TAGLIONE GuARDIA ALLA CITTÀ

del

IO

( 1) In (1uesto reggimento ausiliario erano siati raccolti i disertori cJ i renilenti che volevano redimersi, parLc:cipando con valore alla guerra di Spagna. \ "i appartenne anche il famoso granatiere hologncse Domenico Bianchini , che :1vremo occasione di ricordare in seguito.


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alla città di Milano » composto di 6 compagnie e venne formato un ,, Battaglione reale degli orfani militari >J (Collegio di S. Luca in Milano), composto di 6 compagnie, delle <.JL1ali una scelta, di 55 :1llievi ciascuna. CoMP.\GNIE DI RISERVA DIPARTIMENT:\LJ. - Vennero, infine, costituite 22 compagnie di riserva diparti mentali: una per ogni Dipartimento - esclusi quelli dell'Olona e dell 'Adriatico, per i quali si era provveduto colle Guardie cli Venezia e di Milano .

I non profani di Storia militare ricordano certamente come la organica militare di Napoleone I fosse spesso improvvisata, va ria, costantemente adattata alle esigenze dd momento. Per conseguenza, anche i reparti dell'esercito del Regno Italico ebbero successivamente, a seconda delle necessi tà, forza, consistenza e compiti diversi; ma bisogna riconoscere che Napoleone non trascurò nulla per ispirare ai soldati un sano e fecondo spirito di Corpo. Alh data del I v gennaio 1812 l'c~cn:ito Jcl Regno italico aveva !a forza complessiva di 75.96o uomini ed ogni repa rto aveva la sua bandiera. Queste furono di fo rma diversa, portarono i t re colori ita1iani con il rosso ed il verde disposti in triangoli attorno ad un rombo bianco, che aveva sul diritto lo stemma dd Regno Italico e sul rovescio . tra un ramo d'alloro ed uno di quercia, un globo turchino, sul yuale. in lettere dorate era scritto: L' Em pereur des Français, Roi d'Italie 1111 • •• reggiment d 'i11/a11terie. Sopra e sotto il globo erano ricamati due nastri svolazzanti, recanti la scritta in oro Valeur et discipline e l'indicazione de l numero del battaglione. Le aste delle bandiere vennero sormontate da aquile di bronzo dorato per i reparti della Guardia Reale e da koni di San Marco, anch'essi di bronzo dorato, per i reggimenti di Fanteria di linea e di Fanteria leggera. Due delk aquile delle bandiere dei reggimenti di Fanteria della Guardia Reale sono ancora conservate nell'Armeria Reale di Torino e sono quelle, che, come è noto, furono donate nel 1848 a Re Carlo Alberto, al suo passaggio da Brescia, dal generale napoleonico Teoàoro Lechi, che aveva saputo custodirl e gelosamente per trentaquattm anni, anch e durante la domin azione austriaca.


Esse sono del solito modello fra ncese, hanno le ali moderatamente spiegate e le teste col rostro rivolto a sin istra. L 'asta andava infos:i. in un bossolo di metallo dorato, collocato sotto al piccolo piedcst:i.llo, sul <.J uale sono incise le seg uenti indicazioni: sulla fronte ,1 Napoleone dava il 22 settembre 1805 "; sul lato destro <( Reggimento Fanteria, battaglione Granatieri >•; sul lato sinistro: « Regno d'Italia Guardia Reale )) ed, infine, sul rove scio: ,, Ulma, Monaco, Vienna , Znain, Au s terlitz , Illasi, Papa, Raab, Wagra m , Viterbsc , Ostrovno, Moscova, Mosca, M alojaroslawetz, Bercsina, Wlop, Cresnoi, V iasma, Marienwerder, G raincourg, Bassano, Goito, Salò n. Il basamento della seconda aquila porta sulla fro nte le stesse indicazioni dcli' al tra ; sul lato destro : « Reggimento Infanteria Battaglione Carabinieri >•; sul lato A CA W:AlLTLO sinistro: <1 Regno d'I,P~lfN(U JP.f iRfAUE';1 · talia, Guardia Reale )) ; sul rovescio: « Ulma, Monaco, Vienna , Znain , Au s terlitz, Dalm az ia, Ragusa , Monten e ro, Illa si, Papa, Raah, Wagram, Bandiem def/'esercilv del Regno Italico. ~


127

Viterbsc, Ostrovno, Moscova, Mosca, Malojaroslawctz, Beresina, Wlop, Cresnoi, Viasma, Marienwerdcr, Grai ncourg, Bassano, Goito, Salò». Non si sa quando queste iscrizioni siano state incise e se siano state fatte ad iniziativa del Lechi , perchè le aquile napoleoniche, di solito, portavano soltanto l'indicazione del numero del reggimento.

Il generale Teodoro Lechi.

Nel donare queste aquile a Re Carlo Alberto, il generale T eodoro Lechi lesse le seguenti parole: 1,

Sire,

<1 Questi simboli della fedeltà militare italiana affidò il grande Napoleone, Imperatore e Re, di propria mano, nel settembre 1805, alla custodia dei Granatieri della Reale sua Guardia, che avevo l'onore di comandare.


" Tornarono queste aquile trionfanti dalle battaglie di Ul ma, Au~terlitz, Raab, Wagram, Moscova, Malojaroslawetz e <la cento altri combattimenti. Ardua fu l'impresa di salvare, nella fatale riti rata di l\1osca, queste onorate insegne ... che ora depango incolu mi ai piedi ciella Maestà Vostra, lluale monumento istorico di g loria patria,· degno di un pasto nel Suo Real Museo. " Sire, io intendo di accompagnar e l'umile mia offerta con un secondo giuramento di fedeltà alla Sacra Vostra Persona, come ultimo atto della mia vita, logora da tante campagne e travagliata da ~Yariate dolorose vicende )).

Le G uardie d 'onore e· la Guardia Nazionale. Oltre i reparti dell'eserci to de l R egno italico, dovevano contribuire non poco al ridestarsi dello spirito militare in Italia la r icostituzione del la Guardia Nazionale in tutte le città del Regno ( r 4 settt:mbre 1805) e l'istituzione delle Guardie d'onore che, per volere di Napoleone Im peratore e Re, in occasione di solenni cer imo nie o di importan ti visite, furono costituite nell e diverse città coi giov:1ni delle famiglie più ragguardevoli. La prima Guard ia d"onore locale, organizzata nel territorio del 1:110,·o Regno, fu t1uella di Pavia, che ricevette Napoleone il 7 m aggio 1805, costituita da 32 g iovan.i cittadini a cava llo e da TT5 ~tuticnti dell ' Università appiedati. Lo scortò il giorno 9 fino a Binasco, dove la G uardia d'onore di Pavia venne sostituita. li "Giornale Italiano » del 6 m aggio J805 riferiva circa la con~cgna della bandiera alla Guardia d'onore di M ilano : •· Ieri, ad un'ora pomeridiana circa, ebbe luogo in Broletto Iallora sede del Municipio I la solenne funzione della consegna delle Bandi ere comunal i alb Guardia d'onore di lJUesta città per S. M. L t: R. Due Corpi di detta Guardia, schierati in bdl'ordine e composti della pi ù brilla nte gioventù della città, con uniformi ricchissime, presentavano un bel colpo d 'occ hio, reso più piacevole dalla contemporanea musica milituc .... '' Le Bandiere hanno i colori patri, son lavorate fi nemente e ricche d 'oro. Da una parte campeggia lo stemma del Regno d' Italia; dall 'altro quello della città di Milano, colla iscrizione: [.,{J città di Milano alla Guardia d'onore di Napoleone I Impera-

tore e Re H.


,\.,;,ulc''!llt ; ,,, .. ,,1 111 rin,;11 le .\/ tli:·1,· irnli,111c.



I

3l

Per quanto si riferisce alla ricostituzione della Guardia Nazionale, essa esisteva già e si era andata anzi raffo rzando anche prima dell'Impero ; ma, col decreto datato da St. Cloud del 14 settembre, a firma dello stesso Imperatore, venne " posta in attività )). Il decreto diceva testualmente: (( NAPOLEONE

I

per la grazia di Dio e per la Costituzione Imperatore dei Francesi e Re d'Italia abbiamo decretato ed ordinato quanto segue· « Art. I. • Entro il mese di ottobre la Guardia Nazionale è posta in attività in tutte le Comuni del nostro Regno d ' Italia. "Essa dipende immediatamente dagli ordini dd Princi pe Yice·Re ».

Il 6 ottobre 1805 il Vicerè dispose the la Guardia N azionale n:nisse ordinata in compagnie ed in battaglioni, che ve nnero mobilitati e si raccolsero fra Modena e Bologna in un grande campo di ri scn·:1, con oltre 2 0.000 uomini . Con essi furono costituite tre Divisioni, dic vennero passate in rivist;.i dall o stesso Viccrè. Quindi il cam po di ri serva venne trasferito a Verona e si continuò a migliorare la Gua rdia Nazionale, completandola, a volte, come ad Ancona cd a Palmano\·a, con compagn ie cannonieri ( 1808); ma, secondo il C usani , i rcpa rt i della Guardia Nazionale non perdettero mai le loro special i ca rall t:rntiche di truppe territoriali e soltanto alcuni di essi ebbero qua lc he occasione <li sostenere brevi combattimenti.


VII.

L E F A N T E RI E NEL REGNO DELLE D U E Sl CILI E.

( t)

L'esercito d i G iusep pe Buonaparte. Nei 18n(i, durante l'occupazione francese dei Reame.: di Napoli, erano stati costituiti i primi 2 reggimenti di Fanteria leggera. Uno cr:1 ~tato formato a Capua, al comando Ji Vincenzo Pign;1telli, il l)ttak po tè presentarlo, il 1'' giug no a Napoli, a Giuseppe Buonap;1 r tc. nominato da Napokone Re delle Due Sicilie ii 30 marzo . l l nuo\'O Sonano. probabilmente per i suggeri menti del grande lr:itello. si occup<'-> immediatamente dell'esercito del Regno, come di:1::)s! r:: h rapirh sue-cessione dei provvdimcr?ti µr~si :il rigu::irdo. Il 13 giugno si formarono, infatti, 2 reggimcnLi di Fanteri::i di Ìlnca. il primo dei lluali ebbe la denominazione d i J v reggimento di linc.1 " Re " cd il secondo quello di ,, Regina ,. _ Questi reggimrnti parrecip.1rono con onore :illa guerra di Spagna. Il r8 luglio vennero coqi111iti 6 reggi menti di Guardia Civica ; il 24 luglio, oltre a 6 squ:1droni di gendarmeria. tre compagn ie franche di volteggiatori abbruzze~i . Le n:latin:' disposizioni dovettero venire attuate con suffic iente d ticaci:1, se Re Giuseppe potè passare in rivista, il 9 novembre, in ~apoli. 10 .000 uomini del nuovo esercito, nel quale agli clementi indi~eni si uni"ano anche militari francesi, polacchi e del Regno Italico. fl 2::; grnnaiù gli UOl!li11i pas~ati in rivi~ta dal Re fu1u11u 12.000 ed il 30 maggio r:;.ooo; ma fra di essi c' erano, come si è detto, anc he molti Francesi,· Polacchi e militari del Reu-no Italico , in boran !)arte b r della Oi \'isione Lechi, sciolta nell'ottobre 1807, dopo che ne erano ~1.1ti sracc1ti il .f rt'.lI::,gimrnto d i linea cd i due rco-,"} imenti dra<reni, ''h~ =:, ( 1) Il ~;o 1n:irzo 1801\ N:i poicone .nominò il fratello G iuseppe He d dle Due Sicilie; ma in realt:, egli ncn regnò ma i su lb Sici li a, d1c rimase. co mt· t· 11010. ,ouo il dnmin iP dei Horh,,ni.


1 33

per essere mandati in Pomerania , ma alcuni battaglioni della quale, appartenenti al 2 ° reggimento di linea, erano rimasti a Napoli o si erano recati in Calabria o sulle CO!>le adriatiche. Il 17 luglio 1807 in Capua il Re passò in rivista due reggimenti napoletani destinati a raggiungc.:rc la Grande Armata e le rassegne militari si ripeterono, quindi , a bren: distanza di tempo, dando modo

Ciu.<eppc li1u>naparte.

a Giuseppe I3uonaparte di accer tarsi dei continui progressi conseguiti nell 'organizzazione militare del nuovo Stato. E tal i progressi dovettero essere costanti cd efficaci , poichè ben presto vi fu in Italia, oltre a quello del Regno Italico, un nuovo esercito, destinato anch'esso a partecipare alle gesta napoleoniche ed a di mostrare al mondo come !,i sapessero battere anche gli Italian i del Mezzogiorno.



I

3)

Ai reparti vennero consegnate, probabilmente dopo l'agosto del 1h07, le bandiere, le quali dovettero avere le stesse dimensioni di ljUelle donate da NaPoleone ai reggimenti francesi nel 1804. Sul rombo bianco centrale era scritto: Giuseppe Napoleone, Re delle Due Sicilie, al . .. reggimento d'infant eria ... 1> . I triangoli che. come nelle bandiere <lei Regno lralico, circondavano il rombo crntrale, erano <lU<.: rossi e due neri. La scelta di quest\1ltimo colore venne suggerita al Re, a quanto sembra, dal colore del velluto o della s~ia, di cui a quel temPo usavano vestire i forti uomini della Calabria. Ma, come è noto, il Regno delle Due Sicilie di Giuseppe Buonaparte durò poco, poichè il 4 giugno 18o8 Napoleone destinò il fratello a reggere le sorti della Spagna ed il 15 luglio ve nne nomi naro Re delle Due Sici lie Gioacchi no Murat, il qua le en trò in Na poli il (i settembre_ <(

L'esercito di Gioacchino Murat. Il giorno 8 novembre 1808 venne orga nizzata su nuoye basi b. Cuardi;i Civica p1vvin\.ialc, già creata dal Re Giuscppl· e che venne cnstituita in 14 legioni , le cui bandiere erano bi anc he e portavano lo stemma del Regno e l'indicazione della Pro\'incia alla quale appa rteneva la legione. . Nd rapporto sullo " stato del Regno di Napo li !":inno 1809 » , presentato al Re Gioacchino dal Ministro dell'Interno Gimcppe Zurlo, veniva detto, a proposito dell'esercito napoletano: <( Lo stato attuale delle nostre truppe è di presso a 30.000 uomini , tutte brne ct1uipaggiate e delle meglio montate fra le truppe d'Europa. Oltre a quest:1 bella Armata, Vostra Maestà ha mantenuto nel Regno circa 25.coo uomini di truppe francesi, all 'esempio cd alla di sciplina delle q uali è dovuta la rapida formazione delle napoletane "· Gioacchino Murat prescrisse che l'arruolamento avveni sse per coscrizione e c he l'obbligo al servizio durasse dai 17 ai 25 anni. li r" marzo 18rn Re Gioacchino passava in rivi st:1, insieme :i quelle francesi, le truppe napoletane. Queste erano composte della Guardia Reale (4.000 uomini), del 2 " reggimento di Fanteria leggera venuto da Civitavecchia, del 3° reggimento di Fanteria di linea venuto da Roma, del 4" reggimento di linea o ,, Real Sannita » giunto a. Napoli , per l'occasione, da Gaeta, del s" reggimento di linea o ,, Real Ca labro » venuto da Capua e del reggimento delle G uardie


municipali. Il I" reggimento di Fanteria di linea napoletano si trovava allora in l spagna. Col decreto del 15 febbraio 1811 Re Gioacchino sceglieva come colori per la bandiera del Reg no: « il bianco, il cilestro e l'amaranto H . Nel 1812, mentre molti soldati napoletani combattevano ancora, insieme ai Francesi, in Spagna, si preparava in Napoli una forte Di-

Gioacchino Mu ral .

,·1sione, che doveva raggiungere la Grande Armée francese per la g uerra che Napoleone si apprestava a condurre contro la Russia. Tale Divisione, formatasi nell' aprile del 1812, venne così composta: 2 battaglioni di veliti, comandati dal colonnello La Rocca e tratti clai due reggimenti della Guardia; - 3 battaglioni del 5" reggimento F anteria di linea, agli or... dini del colonnello Lcbon;


-· 3 battaglioni del 6" reggimento, comandati dal colonnello Luigi de Gennaro ; - - 3 hattaglioni del 7" reggimento al comando del colonnello Macdonald; 2 battaglioni del 2 " reggimen to di Fanteria leggera agli ordi ni del colonnello Carlo Filangicri: 2 compagnie marinai della G uardia: - 3 squ ad ron i Guardie d 'onore ; 2 squadroni di cavalleggeri; - 3 batterie di Artiglieria, di cui una a cavallo. L'intera Divisione ebbe la forza complessiva di 9.000 uomini e Ji oltre 1.000 cavalli. Essa venne posta agli or dini del ge nera le francese D'Estrés, con a capo dì st;lto maggiore il generale Fiorc~tano Pepe e coi generali di brigata Angelo Ambrosia e Giuse ppe Rossa roll. La Divisione poi venne di visa in due brigate: la prima, comandata dal generale Rossaroll , composta dei reggimenti di Fanteria di linea 5° e 6°; la seconda, agli ordini del generale Amhrosio, costituita dal 7" reggimento Fanteri a di linea e da due hattaglioni di vel iti.

Anche se rimasero a lungo a Dan zica. le truppe napoletane parteciparono con onore alla guerra cont ro la Ru ssia. Quando la Divisione napoletana fece parte della Grande _-\rmée in Russia, form,rndone la 33" DiYisione, dopo lunghi ssi,rn: marce. venne riunita a Danzica, dove, passata in rivista dal generale L:grangc, venne vivamente lodata per la disciplina e per il contegn o ten uto nell'attraversare l' Italia, la Germania e la Polonia. Dopo la guerra con tro la Russia , Gioacchino Murat si diede ad organizzare altri reparti, così che, a malgrado delle gravi perdite ~u bìte nella campagna del 1812, al primo gennaio r813, l'esercito napoletano poteva essere costituito, per quanto riguarda la Fanteria, nel modo seguente : G uardia Reale. Reggimento di granatieri a piedi a 2 battaglioni: colonnell o barone Soye. 1 ° regg imeru o di veliti a 2 battaglioni: colonn ello Laro<JUC. 2° reggimento di veliti a 2 battaglioni : colonnello Carrier. Compagnia di veterani. Compagnia di alabardieri.


Fanteria. r" reggimento di linea " Re>> su 3 battaglioni, colon nello Pego.

reggimento lonnello barone di 3° reggimento .f' reggimento 5" reggim ento 6" reggimento 7" reggimento donald. 8" reggi m ento 2"

Fanteria di linea <• Regina " su 3 battaglioni, coAClJUino. di linea (' Principe Reale» , colonnello Rossaroll. di linea << Real Sannita », colonnel lo Ambrosio. di linea « Real Calabro », colonnello L ebon. Ji linea (< di Napoli >>, colonnello de Ge n naro. di linea (< Principe Luciano >> , colonnello Macdi linea , colon nello Guglielmo Pepe.

Anche i reggim enti di linea 3°, 4°, 5°, 6°, 1;1gl ioni .

7° ed

8° erano su 3 bat-

, .. reggime n to Fa nteria leggera, colonnello Boy. reggi m ento Fanter ia leggera, colonnello Graziani. f reggimento Fanteria leggera, « Real Corso » , colonnello Ca-

2"

rAf:1.

-f

reggimento Fanteria leggera, colo nnello Chiari zia.

Anclw i 4 reggi menti di Fantnia lr-gg<>ra erano su 3 battaglioni . r 4 compagnie di Gendarmeria, divise nelle tre legioni di Napoli . di Bari e d i Salerno.

Alla d:ita del

gennaio 181 3 i seguenti Corpi erano dislocati

n> me ~egue : all'Armata di Aragona, in Spagna, 1'8'' reggune nto Fanteria di linea ; - all'XI Corpo della Grande Armée, a D anzica, i reggimenti di linea 6", 7° e parte dell'8°; - al Quartiere generale del Re di Napoli, alla Grande Armée, un reggimento di veliti. Il 28 giugno 1813 si costituì u11 reggimento provvisorio , già progetta to fin dal febbraio 1812, il l)Uale divenne il 9° reggimento Fante ria di linea, al com ando del colo nnello Diego Pig natelli. Nel 1814 furono formati, almeno sulla carta, i reggimenti 10° (28 marzo), 11 " (.) maggio) e 12• (29 g iugno). Altri due reggimenti di linea dovevano essere costitu1t1: uno nelle Marche cd uno coi soldati napoletani, che avessero vol uto abbandonare i Rorboni in Sicilia per rientrare a Napoli; ma la formazione di qu esti due reggimenti rimase allo stato di progetto.


1 39

Generali ed ufficiali italiani del periodo napoleonico.(!> Gli ufficiali arruolatisi negli ese rciti napoleonici furono numerosissimi, pcichè tutta la gioventù colta dèlla borghesia italiana e gran parte dell'aristocrazia sperava, seguendo il Ruonaparte, ùi procacciarsi gloria e di giovare alla Patria. Salirono in gran fama i generali: Teullé, Mini stro della Guerra della Repubblica Cisalpina, che morì per ferite in Germania nella campagna del 1807; Luigi Peyri, Giuseppe Lechi, la cui Divisione , fu più volte elogiata, e Teodoro Lcchi che comandò la Guardia Reale; Domenico Pino, la cui Divisiont si coprì di gloria in 1. lspagna ed in Russia, dove egli fu ferito; Fontanelli e Bonfanti che si distinser9 nella campagna del 1809 nel!' Alto Friuli; Caffare\li , che fu Ministro della Guerra del Regno Italico; Mazzucc helli, Fontana, P,!lombini, , hc col Pino conseguirono molta gloria in Ispagna; Filippo Scvcroli, che fu ferito mortalmente sotto Parma, nella campagna del r8r4; Carlo Zucchi che, nella campagna del 1813, al nemico che intimava la resa alla sua brigata, rispose << che gl'Italiani Il generale Giuseppe Sercogmmi. erano assuefatti a capitolare a colpi di baionetta ». Ecco alcuni nomi di generali e di ufficiali italiani dd periodo napoleonico col ricordo delle campagne al le quali presero parte. 1. - Berto/etti Antonio, nato a Milano (1 776). Campagne del 1796-97-98-99 in Italia coi Francc~i. Nel 1799 maggiore. Campagna

(1) Fra i generali ricordati in queste pagine e nell'elenco che segue abbiamo voluto comprendere, oltre ai generali che parte.-iparono alle guerre napoleo11ichc insieme ai Fra1lcesi, anche qualche uffic:ale che si Jistinst: combanendo contro i Francesi , come avvenne, per esempio, in oc~asione della rivoluzione napolewn:1-


qo del 1800 in Italia. Colonnello nel 1803. Generale di brigata nel 1807. Campagna Ji Spagna (1808). Passato 3.J servizio ddl'Austria n el 1814.

li generale Achille Fontane/li .\,fi11i.ffru della Cucna del Regno Italico. 1. - C({m pana N., nato a Roma ( ?). Soldato coi Francesi nel 1796 in Italia; nel 1805 ad Austcrlitz era generale di brigata. Campagne di Prussia e di Polonia (1806- 07). Segnalatosi ad Ostrolenca. Aiutante cli carnpn di Re Gioacchino a Napoli . Nel 1815 comandante di uno dei Corpi. d'Armata muratiani.


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3. - Decimane F. , nato a Napoli ( ?). - Generale nell'esercito napoletano, prese parte per gl"i nsorti nel 1798. Nel 1799, trionfante la reazione, fu giustiziato. 4. - Federici F., nato a Napoli (?). - Generale nell'esercito napoletano, ebbe, durante la rivoluzione del 1799, dai rivoluzionari il coma ndo della città di Napoli, che Jifese contro le truppe del c:irdinale Ruffo. Costretto a capitolare, fu impiccato. 5. - Fiorella, nato a . .. - Era già generale L1uanòo Napoleone invase l'Italia (17~). Lo seguì e si segnalò a M;111tova. Nel 1799 comandò la difesa Ji Torino contro i Russi del Suvarow. Costretto a capitolare, ebbe poi altri comandi nel! 'esercito francese. 6. - Fontanelli Acl1ille, nato a Modena (1775). - Maggiore nella Legione cispadana ( 1796). Colonnelio nel 1800, generale di brigata nel 1804, generale di divi sione nel 1809, Ministro della Guerra nel Regno italico dal 18n al 1814. Finì fek~maresciallo nell 'esercito austriaco. 7. - Fresia - D'Oglia11ico Maurizio, nato a Saluzzo (1746). - Allirvo cieli' Accademia di Tori no, sottotenente nel 1766 in Cavalleria (Dragoni del Re), colonnello nel 1783. Campagne del t792 - 96 contro i Francesi. Generale di brigat:i ndl':'scrcito francese (1799). A Pri.:d1:md (1807) comandò una Divisione di Cavalleria. Collocato a riposo nel 1815, dopo 49 anni di servizio. 8. - Gravina Carlo, nato j N;1poli (1747). - Passò in Spagna quando Carlo III di Napoli vi andò Re nel 1758; entrato nella Marina da guerra, si segnalò nelle operazioni contro i barbareschi e poi nelle guerre contro i Francesi, diventando (1793) grande ammiraglio. Comandava la flotta spagnola, alleata della francese, a Trafalgar, e vi moriva gloriosamente. 9. - La Hoz, nato in Lombardia. - Già militare, prese parte per i Francesi nel 1796. Due anni dopo, destituito a Parigi , dove voleva patrocinare l'indipendenza del Governo cisalpino dal Direttorio francese. Pa:,:,t', allora a combattere contro i Francesi. el 1799 comandò una Divisione all'assedio di Ancona. Ferito in una sortit;i dei Francesi assediati, morì poche ore dopo. Volontario coi ro. - Lechi Giuseppe, nato a Brescia (1765). Francesi quando occupavano Rrcscia (17g6), organizzò e com:rndò la Guardia Nazionale e passò poi, col grado di generale di brigata, nell'esercito cisalpino e fece così le campagne del 1796 e del 1797. Campagne ciel 1800 in Italia, 1803-04 a Napoli, 1806 - 07 contro Prussia e Ru ssia, 1808 - 10 in Spagna. Nel t 813 passò al scnizio di


Re Gioacchino. Nel 1815 comandò il Corpo di t ruppe muratiane che in \'ase la T oscana . , .1. - .Massa L uigi, nato nel Reame di Kapoli. - Era Governato re mil itare d i Castel nuovo, a Napoli , <-1uando scoppiò la rivoluzione del 1799, alla qua le aderì. D ifese il Castello contro i soldati del Ruffo . Dopo la capitolazione della città fu g iustiziato. 12. - Ma:::zucchelli Luigi, nato a Brescia (1772). V olon tar io coi Fr:mccsi nel r796. Colonnello di stato m aggiore nel 1797. Ge ner ale di Divisione nel 1799. Cam pagne d ' Italia, di Prussia, d : Polouia (1807) e di Spagna. Caduto N apoleone, passò al ser,•izio d ell'Au stria. r3. - A1o!itemo, na to :i N:ipoli e allevato a Torino, dove suo padre (Principe di Mars ica N uovo) era ambasciatore d el Re del le Due Sici lie. Quando i F rancesi ri d iscesero in Italia nel 1798, egli levò a proprie spese due reggimen ti d i Cavailcri a contro di loro: ma, per la fuga del Re di Napoli in Sicilia e gli allettamenti dei F r ancesi che g li promisero la carica di gcn.crali%imo delle truppe n apu ietane, abbandonò la Causa borbonica. T Francesi, entrati in Napoli, gli confermarono il g r ado di generale; ma g liene tolsero gl i uffici. Egli, sdegnato, si volse nuov:im entt· ai Il generale Do11fa;1ti. Bo rboni ed i Francesi lo m andarono in onorevole esilio a Parigi, con veste di am basciato r e. q. - Palombini Giuseppe, nato a Roma (l771)· -- Vol o nta rio nelle truppe cisalpi ne (1796), vi di viene capita no (1797). Pass:i ai scn-izi ddb nuova Repubblica romana e vi di venta subito colon nello. Nel 1799, alla difesa di Ancona, è promosso m aggio re ge nerale per 111erito di guerr a. Rien tra in Francia e vi ottiene il comando di un battaglione. Ca mpag ne del 1800 in Italia. Colonnel lo di Cavalleria nel 180-1 . Maggior generale nel 1809. Campagne di Spagna. Generale di Di vi sione nel 1811. Dopo il 1814 passa nell'esercito austriaco col grado cl i luo gotenente feldmaresci :t! lo.


15. - Paroletti Camilla Tommaso, nato a Torino (1769). - Si fece prete; ma poi, nel 1796, abbandonò g li ordini sacri e si arruolò volontario nelle truppe cisalpine, passando poi a se rvire nelle piemontesi e poi nelle francesi, con le quali fece la campaana d el 1800 . o co l grado di maggiore. Campagna d'Austria (1809); prig ioniero di g uerra, campa~na di Spagna, campagna del 1813, general e di brig ata durante questa campagna. 16. - Pino Domenico, nato a Milano (1760). - Volontario coi Francesi nel 1796; colonnello nel 1797; maggior generale nel 17<)8; g enerale di Divisione nel 1800; Minis tro della G uerra d el Regno Italico nel 1804 ; campagne del 1805 in Aust ria, 1806 in Prussia , 1808- 10 in Spagna, 1812 in Russia. Nel 1813 ritorna in Itali a e fìni scc, dopo caduto Napoleo ne, al ser vizio d ell'Aust ria. 17. - Promio, nato a Napoli. - Fu prima prete, poi si fece condottiero di volontari (1799), a ser vizio del Borbone co ntro i Francesi, sottò il comando del cardinale Ruffo. Spinto ad inseguire i Fr:rncesi del Macdonald che si ritiravano, li attaccò audacemente a Fondi; Governatore militare di Pescar a pel Borbone. All 'av vento del Regno l t:tl ico, rientrò nell'oscurità. 18. - Rusca G . Rattistr1, nato a Dolceacqua. - Profugo in Fr:mua per le idee p olitiche e volontario coi Francesi nel r 792; colon nello di sta to maggiore nel 1795. Campagna del 1796 in Ital ia ; promo? ione a g enerale d i brigata (14 g iugno 1796) per merito di guerra. C enerale di D ivisione (1798). Govcrnàtore dell'Elba dal 1802 al 1805. Ca mpag ne di Spagnà. Morto sul campo alla difesa di Soissons (18q ). Il suo nome è inciso sull' Arco di Trio nfo a Parigi. 19. - Scl1iassetti Fortunato, nato a Roma (r 776). - Volontario nelle truppe r epubblicane di Rom a e capitano nel 1798. Passò al 5trvizio della Francia e divenne successivam ente maggiore ( 1804), cok•nnello (1809) e generale di brigata (1812). Si segnalò specialmente 11ella campagne di Spagna. Morì a Milano (1813) per i gra vi disagi ~offerti. 20. - Severo/i Filippo, nato a F aenza (1767). - Volontario nelle prime truppe cisalpine; m aggiore (1796), colonnello (1797), generale d i brigata (1799), g enerale di Divi sione (1807). Segnalatosi speci almente in Spagna. A Reggio Emilia (1814) perse una gamba per un co lpo di ca nnone. 21. - Sommariva, nato in Lombardia. Volontario nell'esercito :iustriaco, combattè tutte le guerre del periodo napoleonico; colonnello nel 1806, maggior g enerale nel I 807.


:2 2. - Zambcccari Francesco, nato a Bologna ( 1756), fu ufficiale d i marina al servizio della Spagna e cadde prig ioniero dei Turchi. Liberato, si diede alle scienze e specialmente all 'aerona utica. Morì nel 18 12, vittima di un incidente occorsogli durante un 'ascensione. 23. - Zucchi Carlo, nato :1 Reggio Emilia ( 1776). - Volontario tiella Cisalpina , sottotenente (r796),· capitano ( r8oo), maggiore (1803), colonnello (1807), generale di brigata (1809) e ge nerale di Di visione (1812). Molte campagne; segnalatosi special mente nel 1813 a Lipsia.

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Il generale Fili ppo Severo:,.

24- - Borghese -Aldclmmdini , nato a Roma (1777). - Fratello del principe Camillo, che sposò Paoli na Bonaparte, vedova del genera le Leclerc. Maggiore nella Guard ia Im periale, ottrnne il grado di colonnello ad Austerlitz (1805). C ampagne di Prussia, P olonia ed Austria (1806 - 1809). Ferito a Wag ram. Generale di brigata nel 1812; gran scudiero dell'Imperatore. 25. - Martinengo - Co/leoni Giovanni, nato a Brescia (1754). Sottotenente di Cavalleria nell'esercito prussiano ( r785), abbandonò il


servizio quattro anni dopo. l'Ìel periodo napoleonico ebbe molta parte nelle vicende politiche e venne impieg::ito per org;mizzare milizie civiche. Particolare menzione meritano pure i generali Giuseppe Sacchini, ferito ad Austerlitz, a Friedland, a Tarragona, a Malojaroslawetz; cd il Cervoni, còrso, caduto ad Echmuhl. Prode fra i prodi fu Andrea Massena, nizzardo: « Le plus rousé cles Italiens •>, come lo chiamava il M:irbot, suo aiutante, e che Napoleone fece Principe di Essling. Meno noti, ma pur sempre meritevoli di ricordo, sono i generali Giuseppe Scarlata, Angelo Ambrosio, che morì maresciallo di campo nell'esercito delle Due Sicilie; i colo1111elli Pieuo Chiari,.i:1, Giovanni Villata, Alessandro Olivieri, creato barone dell ' Impero sul campo di battaglia di Wagram; Milio, che comandav;i l'Artiglieria italiana alla battaglia di Borodino; Cosimo Del Fante, che in Russia fu nominato brigadiere sul campo e morì a Krasnoi; Cesare De Laugier, che troveremo generale comandante i volontari toscani nel 184R; Ottavio Tapputi, che fu , nel 1812 in Russia, aiutante di campo del generale Mortier, nel 18:2 r come correo col Pepe nel mo\'imento costituzionale, fu relegato nell'isola di Favignana ; recatosi in Piemonte, morì tenente generale dd nostro esercito e senatore ciel Regno.


VIII.

LE OEST A DELLA f ANTERIA ITALIANA NEL PERIODO NAPOLEONICO Gli stori ci non sono concordi circa il numero complessivo degli Italiani che combatterono nelle file napaleoniche. Alcuni con sider Jtw tale numero non inferiore a 450.000; altri, come il Corselli, superiore ai 300.000; altri ancora, come il Tosti, affermano che, del solo esercito del Regno Italico, parteciparono alle guerre dal r805 :11 1814, :217.480 Italiani. Guglielmo Pepe ricorda che guerreggiarono imicme coi Francesi, ali 'ombra del Tricolore ita l iano, 300.000 combattenti del Regno Italico; ma che un numero di Italiani assai maggiore, « nativi in tutte le parti della penisola », comhattè con molto valore in tutte le guerre na poleoniche, nelle quali molto si distinsero anche le Fanterie napoletane. Assai g ravi furono le perdite subìte; perdite che, tra morti, feriti ed ammaLt1 Ht111diera lati, il T osti fa ascendere a 127.000 uodr/ ;" ,cggi111 e1110 F anteria. mini; m a che dovettero essere molto più numerose, se il Corselli le consider:.i noP.. inferiori ai 150.000 uomini e se, in una pubblicazione ufficiale del M inistero ckl1:1 Cucrra (r), si legge che, secondo le stati sti che più <,ttimiste, il numero dei caduti italiani durante le guerre napoleoniche ascese ad oltre 300.000 uomini, rimasti sui vad campi d i batt:,gl ia europei: in Spagna, in Russia, in Germania, in Austria, in Italia ccl in Francia, dovunque al Còrso piac(1ue sfidare le più antiche Monarchie. Sembra, comunque, ormai storicamente accertato che dei 300.000 Italiani che andarono :i combattere con Napoleone I, ( 1) Cfr. ,, llalica ,·irtus "·


ne tornarono incolumi meno di 9.000 e che, dei 28 .000 Italiani che parteciparono alla campagna del 1812 in Russia, ne tornarono appena poche centinaia. Certo è che - come ricordava Vittorio F iorini (1) nel celebrare in Reggio Emilia il 1° centenario del Tricolore italiano - nelle lotte ostinate di Spagna, nelle splenàide giornate campali J i German ia, nelle disastrose marce di Russia, si formò t1uella forte generazione napoleonica di guerrieri, che raccolse e conservò più fedeli i ricordi Jelle glorie passate e degli ideali di libertà e più tenacemente tentò di attuarli, quando, con la caduta dell' Impero Napoleonico e del Regno Italico, la mis.tica reazione dei Congressi di Parig i e di Vienna fece piombare sulla Penisola tanta forza di oppressio ne, da distruggere quelle libertà> ch e Napoleone aveva ri~petcato. Mag nifiche, indimenticabili pagine di valore militare - scrisse il Caffarelli (2) - furono quelle, per limitarci alla sola Fanteria, del 111° reggimento di linea, costituito inizialmente da hattaglioni di soli Piemontesi (uno dell'ex reggi mento Piemonte, un altro dell'ex Monferrato ed il terzo tratto da elementi del disciolto 112° di linea, piemontese anch'esso, alla cui for m azione avevano concorso i vecchi r<"ggimenti di Saluzzo e di Aos.ta) ed in seguito, dopo qualche ;inno, completato anche con elementi lombardi, liguri, emiliani e tosca ni, il quale, partito dall'Italia nel maggio del 1802, sostenne ben dodici :inni di conti nue peregrinazioni, di sacrifici e di battaglie, segnando ~empre di atti di valore e di episodi eroici le molte tappe della sua lunga via e, durante la disastrosa campagna di Russia, resistendo così esemplarmente alle molte ragioni di demoralizzazione da cui furono disfatti ta nti dei più reputati reggimenti di Francia, che Napoleone ebbe per esso singolari parole di ammirazione e di elogio. N è minor valore mostrò il 113° reggim ento di linea (composto di truppe toscane), distrutto nel lungo corso della logorante guerriglia di Spagna e ricostituito per la guerra di Russia, alla quale, incorporato nella Divisione Loison, non g iunse però a partecipare che nell'ultima fase , allorchè la Grande Armata francese era già in ri tirata ed in pieno disordine. Ricordando questi m agnifici soldati a lui ven uti dall'Italia, Napoleone, nelle meditazioni dell'esi lio, scri veva : « Allorchè io conquistai l'Italia e cominciai a leva rne soldati , gli Austriaci si burla(1; V1noR10 F10R1i-1:

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li Tricolore italiano " ·

(2) Ec1sTu C.'\rFAHl::t.LI: " Le tradizioni della f.rntc::ria di lint":1 » .


rono cli me, dicendo che non vi sarei mai riuscito, che non er::i nel carattere deg li Itali ani di battersi e di essere buoni soldati. C iò nonosta nte, io reclu tai d iverse migliaia d ' Italiani, che si batterono con ;iltrettanta brav ura dei Francesi e che no n mi abbandonarono neanche nelle mie avversità » . Vi sono, in alcuni proclami ed in alcuni discorsi di Napoleone, raro le anche più calde per i soldati italiani ; ma quelle sopra citate h:111110 un maggior valo re perchè esprimono il pensiero conclusivo del grande Ca pitano, espresso nei g iorni del raccoglimen to, al termin e de ll a sua carriera. Riieniamo opportuno ricordare anche gli elogi rivolti dal Buonaparte ai reparti ita liani durante le g uerre da lui comb:ittute. Abbiamo g ià riportato, in proposito, le: lusinghiere parole del r.erthier ai primi soldati italiani che combatterono ad Arcole. 1 apoleone primo Console, nel , 801, elogiò la Divisione Lechi. Di ven uto Imperatore, segnalò i cann onieri italiani della Guardia Reale, al comando Jcl gene rale Teodoro Lechi, nel bollettino di Austerlitz e, durante le campagne del 18o6 e del 1807, svoltesi rispettivamente in Prussia ed in Polonia, espresse la sua ammiraz ione alb D ivisio ne T cu ll ié. Inoltre, nt'll 'agosto del 1 807, l'Im pe rato re scri sse al Ministro Caffarelli : 1( Io ho provato un 'esultanza particobre nel corso dell'ultima campagna, o sser vando la condotta con cui ~i d i5tinsero le m ie truppe. Per b prima vo lta, dopo molti secoli, gl i Ita liani ~i sono m ostrati con o nore sul grande teatro del m o ndo. Spero che un sì fclice principio ecciterà l'emulazione nazionale. Fate conoscere gue~te mie parole all'esercito ed alla nazione " · N el 1809, all'atto di abbandonare la Spagna, lo stesso Napoleo ne espres~c yuesto giudizio sulle Divisioni italiane impiegate in Catalogna : .. Le mil izie del Regno d'Italia si sono coperte Ji gloria: L: loro eccellente co ndotta ha sensibilmente commosso il mio cuore. fasc sono composte per la magg ior parte di Corpi formati da me du1antc L campag na dell'anno V . I Vditi italiani sono disciplinati LtUantu prudi. No n hanno dato motivo ad alcuna lagnanza ed hanno mostrato il più grande coraggio. Dopo i Roma11i, nessuna epoc11 i: _,fata co_cì gloriosa per le armi italia11c. L'esercito del Regno d' Italia nu me ra 80.0 00 sol dati e buoni soldati: ecco i mallevadori che ha <]UC~ta bella cu ntr:1da per non essere più il teatro della guerra» (1). ( 1) Si ra,rn11 1:1 c.: hc 1111 giorno, a P ~1rigi. mentre giung<.:va la notizia Ji 1111:i \'i lloria I tpo~t:Ha in l spagn:i per il valore e per il sangue degli ltaliani,


Nel b ollettino de l :28 maggio soggiungeva: (( I regg imenti del Regno d'Italia, che si erano distinti in Polonia e ch e avevano garegg iato d 'i ntrepidezza n ella campagna d i Catalogna coi veterani francesi, si sono coperti di g loria in tutt i gli sco ntri. I p opol i d ' lt:1lia marciano a gran p assi verso un fel ice ca ngiame nto. Questa bella parte del continente, alla quale son o uni te tante grandi ed iliu str i memorie, ricomparirà con g lo ria sulla g ra nde scena del m ondo " · Quando, nel 1809, Beauharnais e Macdonald co ngiunsero l'rn:rcito italico a quello di Napoleone, questi sa lutava così i solda ti italian i: •( Voi avete gloriosamente raggiunta la mèta da 1rn; indicatavi; e il Semmering vide l'unio ne vostr a con la Grande Armata. Ben venut i! Son conte nto di voi. Sorpresi d a un perfido nemico prima c he le vostre colon n e fossero riunite, avete dovuto retruccdcre fino :tl l' Adige. M a, quando r iceveste l'ordine di procedere, e ravate su l memore campo d'Arcale e, pei m ani d ei nostri eroi, giuraste tr io nfare. E il giuram ento manteneste al P iave, a San Dio nig i, a T a rv is, a C orizia; prendeste d'a ssalto i forti d i Malborghetto e Predi] e ridu ceste a capitolare la Divisione nemica, r iparata sotto Lubiana . Ancora non avevate va rcato l a Piave e già venticinq uemi la prigionieri . sessanta pezzi eia ,ampagna, di!'.'ci bandie re avevano a ttestato il voqro n lnre. La Drava, la Sa va , la Mir non poterono fa r vi ritarda re un istante . La colon n a austri ac a c he prima ent rò in Monaco e diede il segno del le stragi nel Tirolo , circon data a San Michele, cadde sotto le vo stre baionette. Avete fatto pronta g iustizia dei superstiti nemici, sfugg iti alla collera della Grande Armata. Soldati! l'esercito au striaco. c h e un momento contaminò di sua presenza le prime pro vincie e che pretendeva spezzare l a mia Coro n a Ji ferro, battuto , di spe rso, ann ichilito vostra mercè, sarà u n ese mpio della verità cli questa divi s,1: Dio me la diede, guai a chi la tocca " .

Dura n te la campagna del 1 8 1:2 il Vi cerè inform ava Napoleone: ,. che la Divisione italiana non era m eno m e ri tevole delle altre d ei suo i riguardi e dell e sue ricompense ... facendo m a rce pe nosissime,

a l frate llo Luig i Buo.iaparte, che :nrebbe chiesto .1 Napoleo ne " perchè 11011 esaudite i ,·oti degli Itali an i, formando d i tutte le province <l'ltalia un solo Regno ? » abbia rispo~to: "Non lo farò mai perché: allo ra gli Italiani soprat farebhero i Francesi ,,.


senza \·ivcri, per incalzare il nemico che si era sempre ritirato al suo ;1pparire, e che i disagi, la fame, le mala.ttic e gli sforzi fa tti per raggiungere al più presto l'esercito, onde prendere parte alle sue grandi azioni, erano cose da valutarsi, come se la Divisione avesse combattuto cogli altri alla Moscova n. E Napoleone g l i ris1xrndeva: (( L'onore di questa bella giornata (Malojaroslawc.:tz) appartiene totalmente a Voi e ai vostri bravi Italiani, che hanno deciso così brillante vittoria ». Per suo conto, il generale inglese Wilson, addetto al Quartiere Crner:ile rus~·.) a lb hattagl ia di Malojaroslawetz, così aveva giudicato i comb:1ttcnti italiani del 1812: (( L 'esercito italiano ha mostr ato delle qualità che gli dànno il diritto di contare, per tutti i tempi, fra i pill v::ilorosi d'Europa. Durante le prime ore della g iornata, gli Italiani affrontarono il fuoco di tm.Artiglieria superiore, che avrebbe potuto srnotcre la fermezza dei veterani più risoluti, e durante tutto il combattimento mostrarono uno slancio ed un'energia che non si smentirono un solo istante '> Ricord iamo infine che, dopo la disastrosa ritirata che portò gli .1va 11zi della ~pcdiziont in Russia al di qua del Nicmcn, Napoleone ~tts~o encomiò il valore degli Italia ni « che contr ibuirono a salvargli la ri tirata in co sì difficile momento )> e che g li ~i mostrarono sempre fedeli . Il 1" novembre 1813. nell'atto di congedare il generale FontaPelli, che lallto Y:ilorosamcntc aveva comandato la Divisione ital iana dur:intc ia campagna di quell'anno in Germania, Napoleolle gli disse : " Generale, i seg nalati servigi resi mi dagli Italiani in c.1uesta campagn:1 mi hann o riempi to di giubilo. La loro fedel tà intemerata, la loro intrepida condotta, la costan za dimostrata attraverso i rovesci mi hanno profondamente commosso. Generale, tutto ciò mi ha confermato nell'opinione che bolle sempre nelle vostre vene il sangue dei dominatori del mondo. Forse non è lontana l'epoca, in cui l'Italia ritorner:i :i hrilbre in tutto il s110 splenclore >' . 11 20 novembre dello stesso anno Napoleone scriveva poi al generale lY Autbonard, aiutante di campo del Vicerè d' Ita lia: ii Il Re di Napoli mi ha scritto che marcerebbe con 30 mila uomini. Se esegue questo movimento, l'Italia è salva, giacchè le truppe austriache non valgono le napoletane ... » (1). ( 1) Per tutte k n0tizic più sopra ricordate si confronti: Co1tsE1.u: (( Antologi:i Eroica .,_


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Circa le_ gloriose gesta, che meritarono i fervi di el ogi di cui sopra, noi abbiamo g ià ricordato che i primi reparti della Legione lombarda combatterono valorosamente ad A rcole contro gli Austriaci e presso Fae nza co ntro i Pontifici e che le truppe cisalpine diedero non facili prove del loro va lore e della loro fcdeltt Anche i re parti de!la Legion e italica con tinuarono a lottare non senza gloria, anche dura nte l'assenza del Buonaparte, tanto che un atto legi slati vo del 29 g<:rmile an no VII ( 19 aprile 1799) dichiaraYa " benemerita della Patria " una co mpagnia del III battaglione della pri ma mezza brig:.ita, che si era di stinta all'attacco del 6 april e sotto Legnago ; men tre reparti della Cisalpina difendevano tenacemente il castel lo di Milano contro i cosacchi che avevano invaso le vie ùella metropoli lo mbarda ; combattevano alla Trebbia, dove il Macdonal d ebbe ai suo, ordi ni le Divisioni Victor e Rusca ed i legionari polacchi; resiste,·ano in Genova, da dove la prima mezza brigata raggi unse la Provcnz;1, men tre la seconda dalla Valtellina si recava in Savoia e la terza - chl'. si era ùistinta ad Isernia, tanto da venire anch'essa proclamat a " benemeri ta della Patria " - si rifugiava in Ancona e la ljll:trta me7.:t:t brigata rimaneva assediata in Mantov;i. Ricostituitasi ncll:.i primavera del r8co, m mc g ià si è eletto, Lt Legione italica valicò le Alpi con l'Armata consolare; ne costituì !"ala sinistra nella pianura padana , si battè valorosamente a Varallo, Lanbro, Buco di Vela cd entrò per pri ma :.i Trento. A prupmito cklk ~ue gesta, G uglid mo Pepe scrisse : ( < lo punto non esagero col dire che, nell a campagna di Marengo, l'operazione più ardua e piì:1 seminata di pericoli fu quella che e~eguirono gli lta liani lungo le sponde ddla Sesia , comunque non solo mancassero di bocche da fuoco, lad l~ovc il nemico ne abbo ndava ; ma difettassero tanto di cartucce che, se avessero avuto a fa re con truppe diverse ùalle austriache, essi sarebbero stati subito disarmati ». Quasi contemporanea mente un 'altra Divisione italiana, al comandu dd generale Pino, batteva i Napoletani in Toscana, per trasferirsi poi, come abbiamo detto. sull e sponde della Manica e far r:1rtc del la Grande Armée, i cui Corpi d'Armata si prepar:iv:ino :i minacciare l' Ing hilterra. Il Yalo re dell'esercito della Repubblica Ital iana e del Regno Italico si affermò anche nel 1805 a Caldiero e ad Austerlitz; nel 1806 a Castelnuo vo; nel 1807 all ' assedio di Colbcrt, dO\·e trm-Ò morte gloriosa il generale P ietro T eullié, b cui fin e venne così commemorata dal generale Ch:1mbarilhac: <• L a sua perdita è stata profondamente


srntita dall'Armata ::mediante, compmta in gran parte cLtlla Divisione italiana, che lo considerava come un padre. Egli meritava questo titolo, no n tralasciando mai alcuna occasione per mostrarsi fra i primi, dove più grave era il pericolo e più sicure le promesse di lr!oria Le truppe italiane si distinsero an c he all'assedio di Danzi ca : così che il tcn. colonnello Reincourt ebbe a ricordare con ammirazione ìl 6° reggimento di Fanteria napoletano, che conc1uistò alla baionetta una posizione nemica, ed il u3° r eggimento, formato quasi interamc:nle di Piemontesi, il quale confermò, in tutte le occasioni che gli si offrirono durante l'asseclio, la bella reputazione di valore già conseguita dalle truppe italiane. l reggi men ti del Regno Italico si segn::ilarono, come abbiamo già \'Ìsto attraverso gli elogi di Napùleone, an che nella campagna del 1809 in Italia ed in Germania, specialmente nelle sanguinose g10rnate della Raab e di Wagram e si coprirono di glo ria in lspagna, nella lunga guerra iniziatasi nel 1808 e durata sei anni. Secondo il Lenzi (1), si recarono in Spagna la prima Divisione it:il iana, che raggiunse la penisola iberi ca nel 1808 agli ordini del generale Giuse ppe Lechi, e poscia la seconda, al comando del generale Domenico Pino, che ven ne aggregata al Yll Corpo d'armata francese, il Llualc fu successivamente comandato dai maresc ialli G ouYÌo n Saint-Cyr. Augereau cd, infine, dal Macdonald. Quando il Viccrè Eugenio richiamò il Pi no in Italia, il comando ddla 2 ·' Divi sio ne venne tenuto dal generaie di brigata Giuseppe Palombini fino all'arrivo del nuovo comandante titolare, generale Luigi Peyri , il t1uale, dopo la presa di T arragona, lo cedette nuovamente al Palombini, nominato nel ·frattempo generale di Divisione. Nella primavera del 1811 la 2' Divisione passò alle dipendenze del II I Corpo d'Armata, comandato <lai Suchct, e sono <la ricordare le lettere con le tp1ali, in quell'occasion e, men tre il Macdonald esprimn·a al Peyri il rammarirn di perdere le valorose trupp:: it:i.liane, il Sucl1et manifestava la gioia di avere la 2 ' Divi sione ai suoi ordini. Questo contrasto, molto lusinghiero per i nostri soldati, si I innovò dopo la presa di Tarragona, quando il Macdonald chiese al1'1 mperatore che gli venisse restituita la Divisione italia na. Narra, in proposito, il De Laugier: " Ciò che fa sommamente onore alla Di visione italiana si è la gara fra i due maresciall i Macdonald e Su)l .

L'

(1) Uco LE:sZI : ,, Il sergenLc Biauchiui. l'eroe d i Ta rragona )> .


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chet, che in questa circostanza, mentre le loro rispettive Armate andavano prendendo nuova sistemazione, chiesero all'Imperatore di trattenere la 2a Divisione italiana nei loro Corpt d'Armata». Scrive va il primo non avere egli ceduto le truppe italiane all'Armata di Aragona che pel solo assedio di Tarragona; doverglisi dunque restituire ora che quello era compiuto ». Scriveva, invece, il Suchet: <( esser egli talmente soddisfatto del valore e dell'emulazione delle truppe italiane, che implorava dall'Imperatore la grazia di conservarle H . A proposito della contesa fra i due marescialli, Napoleone, in un giorno d'udienza, disse ad Antonio Aldini ed a Ferdinando Marescalchi: « Due dei miei marescialli gareggiano per avere sotto i propd ordini la Divisione italiana. Io la lascio al Suchet, che ha molte più grandi cose da fare che non l'altro. Gli Italiani torneranno un giorno a divenire i primi soldati dell'Europa. Dite al Vicerè cht: io sono molto contento della mia valorosa Armata italiana >>. In Spagna c'era anche una 3• Divisione italiana che, al comando del generale Filippo Severoli, raggiunse le prime due e ne emulò le gesta. Sempre ed in ogni circostanza - conclude il Lenzi - i nostri padri si comportarono col più grande valore e consacrarono nell a Storia bellissime pagine. Furono premio a tanto generoso sangue versato, a tanti faticosi lavori e nobili affan ni , promozioni, decora7.ioni ed encomi solenni e soprattutto la speranza che tutto ciò potesse giovare al risorgimento della Patria italiana, come infatti avvenne, perchè da quelle eroiche legioni sortirono i primi cospiratori, i primi insorti, i primi ufficiali e soldati combattenti per la libertà, per l'unità e per l'indipendenza d 'Italia. Delle gesta compiute dalle truppe italiane in Spagna converrà illustrare, sia pure brevemente, i due episodi più gloriosi : la conquista di Gerona e la vittoria di Tarragona. (<

La conquista di Oerona. Gerona, sul fiume Ter, addossata alle colline, bastionata e recinta, fu tra le piazzeforti che offrirono maggiore resistenza ai soldati napoleonici. Essa era difesa dal valoroso generale don Mariano Alvarez de Castro, che disponeva della guarnigione e della cittadinanza armata. Intorno a Gerona si combattè lungamente.


Dapprima difettavano ai Francesi assedianti gli uomini cd i materiali; poi si dovettero respingere le forze spagnole operanti alle loro spalle e, solamente quando il progredito investimento della p iazza lo permise, fu possibile ai Francesi concentrare gli sforzi contro i forti delle alture che proteggono la città; forti dei quali i principali erano quelli della Madonna degli Angeli, del Calvario e del Capitolo. L'assedio durò sette mesi e la resistenza degli Spagnoli fu molto tenace a malgrado dei bombardamenti, della penuria dei viveri e <.lell'epidemia di tifo verificatasi nella città. Al 6" reggimento italiano venne affidata, fra le altre azioni , LJUella di impadronirsi della chiesa e del convento della Madonna degìi Angeli, robuste costruzion i, circo11dale Ja parapetti, da trincee e da rocce quasi inaccessibili ( T). Era il 6 settembre 1809. Per quei di rupi otto compagnie si slanciarono all'attacco, energicamente guidate da Eugenio Orsatelli che << sempre terribile e primo nel pericolo, gridava con la sua voce stentorea: Avanti! Avanti! Viva l'Imperatore!)) (2). Sotto una pioggia di proiettili gli assalitori rimcirono ad ~prire una breccia nel murn cli cinta <' per ew1 entrarono i più arditi. Espugnata la Madonna degli Angeli, i nostri, in segno di esul Lnza, issarono su quegli spalti il tricolore it:.i li:rno. Un altro fortissimo punto d'appoggio dell'accanita difesa d i Gero na era l'abitato ed il forte di H ostalrich, dominati dall 'altissima torre di Lcs Frayles. Li Divisione Pino fu incaricata della conquista della città. L ' attacco si effettuò il 7 novembre. li reggimento ckll'Orsatelli venne diretto verso la 1x)rta principale. 1 soldati, muniti di scale e di scuri, si arrampicarono sulle mura e <( fra i primi ed i più valenti furono il granatiere Bianchini e il capit~ino Roncagl ia i, che per i primi penerrarnno nell'interno della città, della quale il Bianchini riuscì a spal:rnc:1re la grande porta e ad aprire per essa l'accesso agli impazienti assa litori ( 1). (1) VACAc'II, op. cit., ,,ol_ Il, pag. 283. (2) L1ssoN1, op. cit., voi. IV, p:ig. 329. (3) Eugenio Orsa cdli, promosso generale d i hrigata il 15 genna io 18u , hrnchè :n·cssc r iceYuto dal Macclonald il consiglio di una maggiore prudenza, nella speranza di catturare agli Spagnoli una colonna di muli carichi di g rano. , i ~pin sc aucbccmcnl!' con la sua brigata verso Plà, dove, attaccato <b forze


U11 reggi me1111, dl'/111 /)111isi n11(· !1i110

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m,11'<'111 11f'i/11 l'c11i,ol a lben n1.



E siamo alla presa Ji Gero na. Un ridotto a centoquaranta tese da lle mura formava com e un fortilizio quadrato, circo~dato Ja u n fosso, e servi va per facilitare le comunicazioni fra la piazza ed i forti . E ra necessario ed urgente im padronirsene.

Nella no tte dal 6 al 7 dicembrt I nost ri reparti, muni1i d i scale e di granate a mano, si avvicinarono cautamente al ridotto e, <-1uasi di sorpresa, se ne resero padroni. Tuttavia il Pino non credette opportuno di presidiarlo con m olte fo rze e lo affidò a due com pagn ic

del 6° reggimento. La mattina del 7 l'Alvarcz in vi<'i una for te colonna a riprendere il ridotto ; ma a g uardi a d ella porta prospicien te la città stava il granatiere Bianchini che trattenne g li invasori. Il generale Pino mandò :il!on rinforzi :il ridotto e così gli Spagnoli vennero presi di fronte ed alle spall e. Ne d erivò una mischia terribile-: i co mbattenti er:1110 così addos~a ti gli uni agli altri che, lev:ite le baionette dai fucili, si bat tev;1110 all 'arma bianca, usando le baionette come pugnali. La vittori a infine arrise agli Italiani che, per tanto va lore, si m eritarono l'encom io solen ne del Maresciallo A ugcreau, nell 'ordine del g iorno dell '8 dicembre r809. La co nguista e la r esistenza del r idotto permise ai nostri di continuare la lotta. Con successive, impetuose azioni , si p rovocò la resa d ei forti del Calvario e del Capi to lo c- si g iunse lin;tl mentc alla capitolazione di Gerona (10 dicembre 1809).

La presa di Tarragona. Il IO marzo 18t I il Capo dello State Maggiore , Marescia llo Alessandro Berthier, trasmetteva al generale Suchct g li ordini di Napoleone per l'attacco e la presa d i Tarragona, pu nto d 'appoggio della resistenza anglo-spagnola in Catalogna, vcttovagl iata e soccorsa per mare dalla flotta ing lese. Tarragona sorge su un a roccia isolata e scoscesa, fiancheggiata a sud -ovest dal torrente Francoli, che si getta nel M ed iterra neo. Essa si divide in città alta e città bassa . Quest'ultima e ra circondata superiori. resistette croi.:amc11tc, tinchè r iportò gra1· i feri te, d elle quali morì poco clopo all'ospedale di Reuss. li grneralc Suchct g li fece rendere g li onori dovuti al suo g rado ed .al suo I alore.


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da una cinta fortifìcat:.i. La città alta era, invece, cin ta di antiche mura romane. Principale baluardo della di fesa era il forte Olivo, allo ra munito di cinlJllanta cannoni e difeso da 1600 soldati . La piazza era armata di 400 cannoni e presidiata da una gua rnigione di r8.ooo uomini , comandata dal generale di brigata don Juan Senen de Contreras. La popolazione, incitata dai preti contro i Francesi, avrebbe potuto partecipare alla resistenza, alla quale la flotta inglese, ancorata nella rada , 1xiteva dare un valido appo,lg10. :--, Il 4 maggio 18n, il Suchet giunse sulla dest ra del Francoli, con poco più di 20.000 uomini, compresa la 2• D ivisione italiana, ridotta ormai a soli 6 .000 combattcr1ti, e compreso il reggimento dei dragcmi " Napoleone n , al comando del colonnello Fortunato Sc hiaz;,etti. Il Sucht:t aveva fatto approntare artiglierie, mun izioni, material i di sussistenza e di sanità per attuare la non facile impresa. Le sue truppe erano divise in due colonne : l'una, col generale H arispc. scesa da Lcrida; l'altra, col generale Habert , salita da Torlm;r. Comand:1v:i l'Artiglieria il generale Vallée ed il Gen io il gellCTal e Rogn iat. ln vestit:i la pinza ed il forte Olivo, respi nta e bloccata la g uarPigione, dopo b necessaria ricognizione, si decise di attaccare la p;azzaforte da sud -ovest e cioè dalla parte del mare e del Francoli, la cui foce era protetta da un fo rte di notevole efficienza. Prima , pnù. occorn:va impadronirsi dell'Ol ivo . .\tb prendere tiuesto forte non era compito agevole. Bisognava Yincere le difficoltà naturali e l)Uell e aggiuntevi dall 'arte, che aveva suggerito agli Spagnoli di scavare intorno al forte un fossato molto largo e profondo, sormontato da robuste palizza te. A metà maggio il Suchet, mercè l'instancabile attività ddl' Artig!ieri:i e del Cenio, aveva coronato di batterie le alture, prese le opere esterne dell 'Olivo e respinte le frequenti sortite dell a guarni!!lOne di T:irr;wona; nonchè i tentati vi delle navi inaksi. N ei giorni b b seguenti i lavo ri di investimento e di approccio proseguiro no tanto al:JCremente, che il Comando del for te ritenne di doverli sconvolgere con un a improvvisa sortita. Infatti gli Spagnoli attaccarono il 27 maggio; ma furono sanguinos:imentc respinti , pur avendo procurato agli assedianti gravi perdite, fra k quali l)Uella del valoroso generale Salme. ......1


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Nei giorni 28 e 29 maggio un fuoco infernale venne concentrato sull'Olivo ed alle ore 8 di sera dello stesso g iorno 29, tre colonne di Fanteria, preceduta ciascu na d a u n reparto del Genio, con scale, fascine, utensili e g ranate a mano, mossero all'assalto. Le tre colonne, a prezzo di sanguinosi sacri fici, raggiunsero i parapetti e discesero nel fossato. Gettate le scale, queste risultarono

li f orte Olivo

il

Tllrragon a.

troppo corte. Intanto una g randine di proiettili proveniva dall'alto sulle colon ne o rmai ferme, qua ndo il nostro capitano del Genio Camilio Vacani scoprì la conduttura in mattoni di un acquedotto che, attraverso l'Olivo, porta va l'acq ua a Tarragona. Gli Spagnoli l'aveva no protetta con una triplice palizzata, c he cadde sotto le scuri degli zappatori italiani . Per quella apertura lo strenuo colonnello Mesclop, con cinquecento granatieri italiani dei battagl ioni Marco-


gna e Sacchini, irruppe alla baionetta nel forte ed aprì le porte anche alle altre colonne. Un migliaio di Spagnoli, 70 ufficiali , 47 cannoni caddero in nostro potere. L'attacco dei granatieri italiani formò oggetto della più grande ammirazione. Il Capo di Stato Maggiore, generale Saint-Cyr Nugues, sentì il bisogno di scrivere al Peyri, comandante la Divisione italiana: ,, Mon cher général ! Il est impossible de voi r des plus braves soldats que Ics v<Ìtres : il sont les digncs descendan ts des maìtres du m o nde ,, ( 1). Ed il Suchet, che s'era recato ad ispezionare l'Olivo, alla vista degli ostacoli su perati dallo slancio dei nostri, aveva per questi le più vive espressioni di meravigl ia e di elogio. Nell'accusa re 1xii ricevuta del rapporto direttogli dal Peyri, lo stesso Suchct così gli rispondeva (2): " Dal campo di Tarragona, li 3 r maggio 1 811. " Ho ricevuto, signor Generale, il di lei rapporto concernente b bella condotta delle truppe affidate al di lei comando nella presa del forte Olirn. Io ne fui testimo nio: quella condotta aggi unge lustro al valore degli Jtaliani ed aumenta la mia stima per essi . Mi affretto :1 farla conoscere all'Imperatore e Re, solleci tando ccl appoggia ndo con impegno e soddisfazio ne particolare le ricompense che Lei richiede per la brava Divisione italiana. Viva certissimo del mio più sincero e caldo interessamento " · ln t:into nuclei Spagnoli, per sfuggire ;ill;i ~t rage, avevano ~alt:Hn le mura del forte e si erano prec ipitati giù per l'erta del colle a cer care rifugio in Tarragona. Ma essi incontrarono i soldati italiani del 6" reggimento agli ordin i del colonnello e<>rso Alessandro OrJioni, succeduto ad E ugenio Orsatclli. fra i granatieri del 6° combatteva il caporale Bianchini, da Bologna che: già si era distinto al.la presa di Gerona e che compì tal i prodigi di valore, che il Sucbet lo promosse sergente e lo propose all' Imperatore per la legione d'onore. La presa del forte dell'Olivo :iddolorò il gener:ile Contrer:is .:: b g11arnigione di T:1rragona; ma, quando il generale Suchet, per risparmiare altre vittime, propose una resa o norevole, il generale spagnolo respinse sdegnosamente ogni trattativa e negò una sospensione delle o~tilit~ anche per poche ore, per dare sepoltura ai morti. ( 1) H.,1ppr;rro dd gcrn::rak Barone Peyri, del 30 maggio 18 11 in Dc Laugier. Opera citata , note al se,ondo libro ciel tomo IX. (2) Tui:o-n1 , op. cir., voi. lii, pag. 206.


Gli assedianti proseguirono allora i la vori d 'approccio e di blocco : parallele, trincee, batterie. Il 7 giugno fu battuto e preso il forte Francoli; il 10 la lunetta del Principe ; il 2 1 un'accanita, lunga e ~anguinosa battaglia, a cui parteciparono i cannoni della flotta inglese, permise l'espugnazione della città bassa, con la cattu ra Ji un centi11aio di pezzi e di grandissimo numero Ji prigionieri . Gravi ssime le perdite di ambedue le parti: 1500 cadaveri furono dati all e fommc. Il Contreras, asserragliato nella città alta, rcspin ~e ulteriori proposte di pace, sperando di ricevere soccorsi. Ed in realtà la situazione militare dei Francesi non era ~enza pericoli, poichè il 23 giugno un Corpo anglo-spagnolo, agli ordin i del generale di Campoverde, si approssimò a Tarragona; mentre da Valrnza giu ngevano alla flotta inglese nuove navi e trasporti carichi di soldati. Un'azione combinata della piazza, della flotta e del Campoven!e poteva mettere in pericolo le truppe Jel Suchet, inferiori di numero. Ma il Campoverde non osò attaccare e si allonta nò (24 giu 6 no), inducendo il Suchet ad affrettare le operazioni. Nuove batterie furono installate, il bombardamento rnn tro la città alta divenne più intrnso e le truppe furono po, li.ile, pt:r m euo di trincee e di camminamenti, alla distanza d'assalto. Nella notte dal 27 al 28 il duello delle artiglierie annun ciò l'imminenza dell 'attacco decisivo e<l all'alba del 18 il fuoco venne conc.:cntrato sul bastione San Paolo, co n l'ord ine di sfo ncbrt' le mura <:d ti terrapieno e di aprire una larga breccia per l'attacco . A mezzogiorno la breccia era già iniziata. Un 'ora dopo il Suchet, col Rogni:H. il Vallée ed uno stuolo cli aiutanti di campo e d'ufficiali d'o rdinanz:1, giunse sul posto, mentre gli Spagnai i che grem ìvano i bastioni la neiavano ingiurie e minacce ai nostri soldati. TI fuoco d iviene sempre più intenso e la breccia si all arga a vista d'occhio. Tutti i reggimenti vogliono essere prescelti per attaccare c si offrono al Suchet. Ma questi s'attiene all'ordi ne di servizio e, formata una massa di 1500 uo~ini scelti, la divide in tre colonne agli ordi ni ciascuna di un ufficiale : Ordioni e Felici italiani, Saint Paul fré'.nccse. L'assalto, a malgrado dell 'accanita resistenza opposta dagli Spagnoli, riuscì, specialmente per l'eroismo del sergente Bianchin i ·del 6° reggimento Fanteria italiano, come riconobbe lo stesso gener:ile Suchet, scri vendo:


" Cc moment décisif fu t margué par un trait de courage gm pourra figurer parmi !es beaux souvenirs de l'histoirc. cc Lors de l'assaut du fort Olivo, le caporal de grenadiers Bianchini, du 6" regi ment italicn, avait fait prisonniers au pied mème des murs de la ville quelques soldats espagnoles et les avait amenés au géné ral cn chef, tJui, admirant son courage, lui demanda quelle récompense il pouvait lui offrir: L'honneur de monte,· le premier ,ì l'a.,s,mt de Tarragone, dit Bianchin i. ,, Cette répo nsc pouvait n'ètre que de la présence d'esprit: c'était de l" héroismc. " Le 28 j uin ce brave homme, devenu sergent, vien t au mome nt de l'assaut se présenter dans la plus belle ten ue au général en .chef tt I édame de lui la favcur qui lui a été promise. " Il s·élancc des premicrs: reçoit une blessure : continue de monter a vec sang f roid, exhortant ses camarades à le suivre; est atteint dcux fois cncore sans ètrc arrété et tombe, enfin, la poitri ne tra\'t'fS~e J'unc coup dc feu >•. Vi nte tutte le resistenze interne, occupata al prezzo di san~uinosi sacri/Ìci la Rambla, ·spalancate le porte, Tarragona è costretta ;1d :irrt'nclf'rçi ,, viene· invas::i rb i ~old:-iti f11rihondi per l'inutil e re~istrnza . Il generale Contreras e la guarnigione superstite cercano uno ~ct rnpo sulb strada di Barcdlon:i; ma ess:1 è sb:irrata dalla Divi\ionc francese del generale Harispe, che ha con sè la Divisione italiana del brarn Palombini. La Cavalleria del Delort e dello Schias~ctti arresta la colonna dei fuggiasch i, la sciabola. e la respinge ve rso il mare in un disordine indescr ivibile. G li Inglesi dall e navi aprono il fuoco su vinti e vincitori; la confusione diviene ge nerale ed al Contreras, ferito da un colpo di baionetta, non resta che arrendersi con tutta la colonna (29 giugno 1811). Condotto innanzi al Suchet, egli protesta contro le atrocità commesse dai soldati che, esasperati dalla resistenza trovata, avevano fallo devastazio ni , saccheggi ed orribi li massacri. Il Suchet, che ad onor del vero aveva fa tto di tutto per arrestare la strage, molto a proposito gli rispose che a lui solo incombeva la triste responsabilità degli eccessi, dal momento che aveva vol uto osti narsi a prolungare una inutile n: sistenza. 10.000 prigionieri , 400 ufficiali , 20 bandiere, 337 cannoni, 15 .000 fuc ili, un immenso parco di munizioni e di vettovaglie costituirono l'importante bottino della vittoria.




Sulla fine J el 1811 , Jopo il combattimen to di :Y1islata, lo stesso ge nerale Suchet dovette elogiare anche le D ivisioni Palom bin i e Sevcroli, scrivendo: ,, Fu sul campo di battaglia che i bravi soldati di Palombini diedero la mano ai loro com patriotti della Divi sione Severoli ... Questi bravi Italiani, quattromila al l'incirca, si batterono da leoni, so_stenendo per quattr'ore l' urto cd il fuoco Ji 15.coo Spagn0li. Il combattimento di Mi slata, che doveva essere di poca importanza, diventò princ ipale ; ebbe la più felice infl ue nza sulla vit toria e procacciò il più g rande onore al valore italiano " · Con mo lto valore si comportarono i sol dat i ita liani. sia del Regno Italico che di quello delle Due Sicilie anche nella campag na di Russia del 1812 eJ in yuella d i Germ ania del 181 3. N el 1812 i soldati italiani del Regno ftalico com batterono a Smolensko, a Borodino, a Malo - Jaroslawetz, a W iasm a, al passagg io del Vop, all a Beresi na, dove la G uard ia Reale fu quasi completamente distrutta. Q ualc he episodio merita parti colarmente di esse re conosciuto. Riportiamo dal Dc Laugier: « A K rasnoi si presenta al Vicerè un parlamenta re russo, che g li intima la resa. Il V icerè r isponde, o rcli n:indo al generale Cuill r mont <li :ittaccarc c0n i ~uoi il 11 1:1ui ..:v. Sono in tutto appena I .500, fra i quali alcuni u fficiali superiori servivano come sempli ci soldati. G li Italiani si scagliano come leo 11i sulle linee avversarie. e le sfond:rno , gettandovi lo scomp iglio. 13isogna proci:1marlo per l'eterna gloria di quei g uerrieri: 1.500 italiani , t1nn contro dieci, non avendo a loro fa vore che un contegno risolu to e poche :umi capaçi d i fa r fuoco, tennero fronte ai nemici per quasi un'ora . Avvolti da ogni parte, si intimava loro di cedere le armi; m a G uillemont, forma to un quadrato, si precipitava con impeto irrefrenabi le contro 10.000 fucili ed una fo rm idabile batteria, riu scendo, con supremo va lore, a riunirsi al le truppe del Viee rè sotto un turbine di proiettili )>. Alla battaglia di Malo - Jaroslawetz (.24 ottobre 1~12), l'esercito Jel Regno Italico costituiva l'avanguardia della Grande Armée, la quale aveva iniz iato la ritirata dalla Russia il 19 ottobre. Esso mosse da Troitskoie il 20 ottobre, il 2 1 aveva raggi unto Vommisk a, il 23 Borovosk ed aveva spinto su Malo - Jaroslawetz la Divi sione Del Sonzos. Nel combattimento che ne seguì il generale Del Sonzos venne ucciso e la Divisione fu respinta. Il Vicerè ordinò allora alle Divisioni Broussier, Pino ed alla G uard ia Reale di accelerare la marcia. Le Divisioni avanzaro no rapidamente e quella del Pino si impegnò


in una lolla accanitissima, durante la q uale il generale venne ripetut;imente ferito e dovette lasciare il com ando al colonnello Galimberti. La Di visione venne allora rinforzata dai gra natieri e dai cacciatori del la G uardia Reale; nonchè dal 111 ° reggimento di Fanteria di linea, composto anch'esso tutto di soldati ital iani , ed i R ussi del Kutusoff vennero sanguinosamente respinti . Secondo il generale inglese W ilson, 16.000 Italiani sconfissero, i·n quel giorno, 80.000 Russi; ma vennero uccisi il generale Leviè e molti ufficiali; fe ri ti i generali Pino, Fontana e Giffenga, 6 colonnell i, 6 ufficiali su periori e molti altri ufficiali ; caddero inoltre 5.000 soldati, dei qua li la maggior parte Italia ni (1). La battaglia di Malo - Jaroslawetz fu seguita da tale catastrofe, che il suo ricordo rimase in gra n parte cancellato e si dimenticarono k altissime prove di valore che vi compirono i soldati d'Italia. Nessuna lapide ricorda i prodi Cadut i a 5.000 km. dalla Patria, com battendo uno contro sei (2). Anche alla Beresina, se all 'esercito francese patè venire evitata una completa catastrofe, si dovette al valore italiano, che si rivelò specialmente nei gio rni del più grave pericolo.

Per quanto riguarda l'esercito del Regno delle Due Sicilie, delh Di visione che, come abhiamo g ià detto, era stata approntala per partecipare alla campagna di Russia, la prima brigata aveva raggi unto Veron:i, da dove il 5 lugl io J8T2 partiva per Norimberga; mentre la seconda brigata, raggiunta Bologna, ne ripartiva 1'8 luglio per reca rsi a Verona. Col suo ordine del 2 1 luglio, datato da Wilna, Napoleone di$pnse che la Divisione napoletana, al comando del generale d'Estrés, \ Cni ssc considerata come la 33" D ivisione della Grande Arrnée e facesse p:irte del Il Corpo d 'Armata, agli ordini del maresciallo Augereau, il cui quartiere generale si trovava aJlora a Berlino. Dopo avere raggiunto rispetti vamente Norimberga e Bamberga, le due brigate del la Divisione vennero inviate successivamente a Danzica e poscia ~ Krowno, da dove ve nnero ri chiamate nuovamente a Danzica. ( 1) ,\MllROc;10 BoLI.ATI: "Cli Ital ia ni nelle Armate napoleoniche ». (2) Cfr. 1< Memorie storiche e militari » pubblicate dall'Ufficio Storico Jcl Comando del Corpo di StJto Maggiore.


Intanto - ricorda il Ghisi (1) - i rovesci napokonici erano cominciati ed i soldati napoletani vennero chiama ti .tcl accorrere m ai uto dell'esercito francese; ma due battaglioni di veliti , usciti da Danzica il 12 novembre, non poterono procedere oltre Wilna, e~srndo già state interrotte le comu nica z ioni con la Gra nde Arméc in ritirata. A W ilna, dopo il passaggio d i apolcone, i due battaglioni ,ennero uniti agli avanzi della Guardia Imperiale cd incorporati nella brigata Michcl, con la quale comlx1tterono; così che dei due batl a-

li gc1!erale F>ancc;co Pìg11,11e//1 .

glioni non rimasero superstiti che un solo u fficiale ~upen orc e =;8 soldati. Con le compagnie ~celte dei reggime nti di Fanteria di linea 11,1poleta ni 5", 6'' e 7" ve nne forma to un nu o\·o reggimento che, al comando del colo11ndlo Macdonald. u scì da Danzica e, giunto :id Elbingen, venne unito alla gio \·ane c; uardia. Incaricate prima di presidiare le fortezze, le compag n ie scelte della Fanteria napoletana ( 1) E:s:R1co G111 s1: " li Tricolore i1:ili:i1w , .


I;<> non tornarono più a far parte dei rispettivi reggimenti e parteciparono col Il Corpo d 'armata francese alla campagna del 1813, combattendo valorosamente a Li.i tzcn, a Bautzen, a D resda ed a L ipsia. I resti della Divisione napoletana, sempre al comando del generale d' Estrés, erano rimasti a Danzica, dove, pe r ferite o malattie, perdettero la maggior parte degli ufficia li , così che i soldati - come ricorda il Ghisi - proprio mentre le ostilità coi Russi divenivano più acca nite, si trovarono privi di coloro che, per l'esperienza acL1uistata, :ivrebbero potuto meglio guidarli nei combattimenti. Ma quei g iovani soldati italiani , quasi tutti arruolati da pochi mesi e nuovi alla \'ita di guerra, vestiti ancora con le uniform i d'estate durante t1uelreccezionale e rigid issimo in vern o, lonta n: e guasi dimcnfr:ati Ja! proprio paese, seppero resistere con tanta tenacia e tanto valore, da meritarsi l'ammirazione degli stessi nemici . I reggimenti di Fanteria di linea 5° e 6v perdettero guasi due rerzi dei lo ro componenti e del 7" reggim ento di linea non poterono ritornare in Patria che 21 uffic iali e 51 uom ini di truppa. Sarebbe troppo lungo - concl ude g iustam ente il Ghisi - narr;1rc per esteso tutte le vicende dei soldati napoletani e ricordare analiticamente tutti i fatti d 'arme ai quali, in condizioni semp re più gravi e diffic ili, essi, pur così gravemente decimati, presero parte nelle campagne del 1812 e del 1813. Dal 2 1 gennaio all'11 giugno del 1813 Saspe, Shies, Neu -Schotland , Langfu rt, Brcntau, Silbcrhamncr, Pitzkendor f, Fahr wasser, lo stretto di Strissen, Solzenberg, Ohra furono testimoni del valore di LJUei g iovani Italiani, che generosamente diedero il loro sang ue _per una Causa che non era la loro. Molte furono le ricompense concesse ai soldati na poletani da Napoleone. Fra g li altri vennero in signiti della croce della lcgion d 'onore il colonnello de Gennaro, i maggiori Ga lvani e Balathier, il capitano Zeno, il sergente Felice. D opo aver subìto perdite perfì n(> superiori al 60 ~{, , i soldati napoletani, per l'accordo in tervenuto fr:i l'Austria ed il Murat, poterono raggi ungere Napo li - fra inenarrabili stenti, attraver so la Polonia, l'Austria e l' Italia, dopo oltre 6 mesi di marce estenuanti, furono uniti a q uelli del battaglione dell'8° reggimento di li nea, allora reduci dalla g uerra di Spagna - soltanto 1'8 agosto 1814, benevolmente accolti dalle au tori tà e vivamente acclamati dalla cittad inanza . Ormai I' e1x>pca napoleonica stava per conci udersi ed, a riassumere quanto abbiamo già avuto occasione di ricordare sull'esercito


del Regno Italico e su quello del Regno delle Due Sici lie ; nonchè a commemorare gli avvenimenti svoltisi durante l'effimera sovranità del Buonaparte all'isola d 'Elba, i cento giorni e la definitiva partenza di Napoleone per l'isola di S. Elena; come durante la tragica fine del sogno di Gioacchino Murat, crediamo di far cosa utile riassumendo qualche pagina del pregevole studio di Carlo Fettarappa sulla formazione dell a coscienza nazionale italiana ( 1 ). Nell'esercito <lei Regno Italico meritarono particolare menzione il reggimento dei Veliti, semenzaio di sottufficiali e di ufficiali, ed il Corpo delle Guardie d'onore, che traeva i suoi componenti tra i maggiori censiti, con divieto <li surrogazione se non da parte dei tratelli. Era questa un'ottima misura per obbligare alle armi anche le classi elevate, e per reclutare tra di e~~c, gcnc:ralmc::nlc aliene dalla milizia, gli ufficiali e per risuscitare nel cuore della borghesia gli spiriti guerrieri da tanto tempo pressochè spariti. Dalle Guardie d 'onore usciranno egregi ufficiai i, che combatteranno nelle guerre napoleoniche dapprima, in quelle dell'Indipendenza di poi: il generale Ettore Gerbaix de Sonnaz ne è un nobilissimo esempio. Nel 1809 il bilancio della guerra del Regno Italico ammontava :i 42 milioni ed il suo esercito contava 47.000 Fanti e 3.coo cavalli, ordinati su cingue Divisioni. Il 16 aprile di quell 'anno, quando si combattè a Sacile contro gli Austriaci, il grido di guerra fu: Viva l'Italia! E fu il grido di una razza rinata, rinnovata, redenta, grido di libertà, che nessuna forza del mondo potrà mai comprimere. L 'esercito italico a Sacile fu battuto sopra tutto per gli errori commessi dal Vicerè Eugenio; ma ebbe b sua rivincita il r4 giugno, quando alla Raab raggiunse e sconfisse quello dell'Arciduca Giovanni, ch'era stato costretto a lasciare l' [talia in conseguenza della sconfitta toccata ad Eggmuh! dal cugino, Arciduca Carlo . Gli Italiani combatterono ancora con grande valore in quelle g uerre de1la penisola iberica, ove, negli inesorabili agguati delle « guerrillas n insurrezionali , andò perduto il fiore della Grande Armata. Ma versarono la maggiore copia di sangue, e quindi si ac'-juistarono la maggior gloria, nella trag ica campagna di Russia, che segnò l'inizio della rovina napoleonica. In quella terribile battaglia di Malo - Jaroslawetz, per citare un esempio, combattuta in così gravi condizioni, che non fu neppure possibile raccogli ere i feriti, pugnarono eroicame nte ben 7.000 Italiani . (1) CARLO

FETTAF.APPA:

,,

Prima,·cre italiche ,,.


Nel 1813, prima di Bautzen, Napoleone, ben comprendendo quello che i nemici andavano macchinando per sollevargli contro l'Austria, avev:i. inviato in Italia il Vicerè Eugenio perchè vi organizzasse un 'Armata capace d'imporsi agli Asburgo, minacciandone gli Stati ereditari. fai il Vicerè era giunto a Milano il 18 maggio " investito di pieni poteri civili e militari su tutto il territo rio d'Itaiia anche appartenente all'Impero e sui territori francesi fra k A lpi ed il Rodano >>. Nelle tristi condizioni del Regno, esausto di uomini e di denari, incerto dell 'avvenire per le gravi noti zie che venivano dalla Germania, desideroso di pace ad ogni costo, il Vicerè s'era dato a tutt' uomo a costituire un esercito, attorno al nucleo che il suo Capo di Stato Maggiore, generale Vignolle, aveva dislocato a copertura dclb linea dell'Adige. Riuscì a mettere assieme circa 50.000 uomini, male vestiti, peggio equipaggiati, deficientemente inquadrati, che tuttavia si batterono bene ; e, se in un mese di camp:1gn:i perdettero l'Illiria senza che fosse intervenuto alcun importante fatto d'armi, non fu colpa di loro, ma del Vicerè, dotato di buone qualità per eseg uire, ma non già per comandare ; nonchè fisicamente esaurito dalle fatiche delle campagne di Russia e di Germania. Dall'Isonzo egli si ritrasse al Tagliamento, quindi al Piave, infine all'Adige, dove si Jrrestò, deciso a tentare la sorte delle armi prima I gm11otiai dà regdi continuare la ritirata al Mincio, come consigi111e11ti di Fa11teria di /11;rn. glia vano i suoi generali che, specialmente dal lato morale, valevano meno di lui. !v1entre il Vicerè combatteva , non senza ono re, in Val Lagarina ecl a C;i ldiero, Gioacch ino Murat, dopo L ipsia, ritornava in ._Italia, l' attra versava in gran furia senza incontrarsi con Eugenio ed il 14 novembre er:1 a Napoli .

L ·ese_m pio. dcli' Austria, della Baviera, della Sassonia, passate più o meno ignobilmente nel campo avverso a Napoleone, loro antico


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al leato e protettore, i perfidi consigli dei cortig iani , il malanimo contro il Vicerè, dovuto a vecc hio antagoni smo, la sconfinata ambizione ~ua e della R egina Carolina, tutti questi fattori assien1e, turberanno profondamente l'animo di Gioacchino Murat e finiranno per spingerlo nel campo avverso al cognato, di cui da tempo male soppo rt:iva l'ingerenza nel Regno di Napoli. Il 12 di novembre il Murat, partecipando all'Imperatore rhe tra breve si sarebbe messo in m :ir;::ia con 40.000 uomini e 3 .000 cavalli , scr iveva: (( L ' indipendenza dell' Itali a è il solo mezzo per an ima r::: g li Jtalian i a difenderla. Ritengo perciò necessario proclamare q uesta gra nde misura al più presto, riunendo l'Italia in una sola Naz.ion c.: ,, . Ed il 22 diccmhre, vedendo che l' Im per atore fingeva di non comprcn1kre, tentava un aitro passo per o ttenere l'investitura del Reg no d'Italia, od almeno l'estensione dei con fini di qudlo di Napoli fino al Po. Non è privo di interesse riportare l'enfatica lettera scritta, a que~to scopo, dal Murat a Napoleone . « Sire, Credetemi! la proclamazione dell 'indipendenza d'Ita lia e la sua o rgani zzazione in uno o due Stati, che avrebbero il Po come confine, la sal verà, altrimenti essa è perd uta senza rim edio. Sarà di nuo ,·o smcmbr;H<1 è lo s.::op<, del vust1v ~ul..,liwe pensiero d i liberarla , di ricosti tuirla a Nazione, dopo averla coperta di gloria , verrà pe r ~empre distrutto. Mettete, da questo istante, a mia disposizione le Province di 1à del Po (Romag na, Tosca na, E milia) ed io garen tisco a Vostra M aestà c he l'Austria non passer?1 l'Adige ... lo posso fare , con una parola, ciò che gli Inglesi e g li Austriaci h an no inYano ten tato a Livorno ed a Ferrara (la proclamazio ne dell'i ndipe ndenza). Riflettete, o Sire ; il nemico esorta g li Italiani a ll ' indipendenza e !oro la offre; la spera nza che hanno posta nella mia Armata li ha r e~i indifferenti a queste proposte ; ma r esteranno sempre sordi a ta le offerta, se il R e di N apoli non r eali zzerà le loro speran ze e contrihu irà, al contrario, a con solidare il dominio straniero, G li Ita li ani so no pronti a darsi a chi li vorrà rendere indipendenti ; questa è la verità. Vostra Maestà ri sponda e si d egni di spiegarsi su l}Uesto soggetto così impo rta nte. Il tempo passa, il nemico si rinforza ... D i g raz ia, secondate questi generosi sentimenti; una tale determ inazione è degna di V ostra M aestà. L .Italia deve a Voi, Sire, la sua prim:i liberazio ne ; le debba an che la sua esistenza politica e la sua indipendenza! ... » . . Anche il Vicerè Eugenio esortava l'Imperatore a proclamare ri ndi pendenza del! 'Italia come un ico m ezzo per ottenere il concorso


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delle popolaz ioni <lella penisola alla g ue rra. E le ragio ni che tratte nn ero Napo leone dal cedere ai desideri dei due r ivali sono c hi aramente espresse in una no ta del Duca di V icenza di singolare interesse perc hè pane in eviden za, non soltanto gli inte ndimenti della politica italiana del primo Impero, ma con tribuisce anch e a chiarire le r ela:t.ioni fu ture fra l' Italia e la Francia. « L ' Italia dichiarata indipende nt e - scrisse il Duca di Vicenza - avrà senza dubbio maggiore interesse a d ife ndersi . Era un popolo diviso e Vostra Maestà ne ha fatta u na Nazione e la forza c h 'essa h:1 acquistato sot to l'amministrazio n e d i Vostra Maestà le ha data con tì<len za in se stessa . La maggior parte degli Italiani desidera di avere una esiste nza politica: il Re di N apo li se ne è accorto e m ette ;n ;1zione og ni mezzo per alime ntare (1uesta idea e per riunire le membra dell'Italia. Ma, se Vostra M aestà consente all'indipende nza ili l]uel paese, sia ora, sia dopo la pace, è nel suo interesse di formare un a sola Mona rc hia? L ' Italia ha 16 milioni di abitanti, il vantaggio di un suolo fertile e di una fel ice sit uazione marittima e può in una sola generazio ne aumentare del doppio questa pop o laz io ne e raddoppiare 11cl m edesimo tempo i suoi arsenali e la sua M arina. E ssa r,)glierà allora alla F ran cia il commercio <lei Levante, la preponderanza del Mediterraneo e, forte d ella sua situazione geog rafica, tra u11 :1 ca te na di m on ti e due mari, diven.terà la maggio re Po tenza del su<l. ,, Due sov rani so no stati collocati in Italia da Vostra Maestà. A lJu,1k dei due appMtu rà questa corona? ... a Le cure del presente, le previde nze per l'avvenire, tutto sem ha co nsigliare di di vi d ere l'Italia in due Monarc hie, c he non possano nuocersi e di cui ciascuna abbia la fo rza che meglio co nviene alla sua posizione ed agli interessi francesi ... « Occorre una barriera fra i due Principi, ch e la nascita, la posizione e la vicinan za rende rivali e ch e Vostra Maestà h a u gual1r.ente interesse di far sussistere. Questa barriera può esse re costituita dagli Stati del Papa . Forse Vo~tra Maestà giu;l ic herà prudente creare nuovamente, nel centro d ' Ita lia, uno Sta to neutro per natura, ri spa rmiando a i suoi vici ni i pericoli d i un contatto immediato ... '.< Qmlunque r isultato si possa sperare dalla proclamazione llel1'111d1pendenza per eccitare g li a bitanti alla difesa, ora si arriverà troppo tardi. Un mese fa forse avrebbe fornito una nuova Armata al ~-ice~è, ma ora il tempo manca cd i primi moti che produr rebbe l I nd1 pendenza sarelibi:: ro certamente caratterizzati d a di so rdini pas-


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~tggeri, di cui approfitterebbe il nemico. Inoltre Vostra Maestà, riconoscendo l'indipendenza d'Italia, perde vaste provincie e 5 milioni di abitanti. Se questo riconoscimc:nto si differisce sino alla pace, può far ottenere alla Francia altri vantaggi a titolo di competw; ... •>. In qud momento tutti promettevano all'Italia libertà cd indi1,cndenza; ma in fondo tutti erano sicuri che la vecchia ancella non .1vrebbe mai sollevato il capo e che, paga di un migliore trattamento, ~arebbc rimasta serva . Persino un tal Catinelli, tenente colonnello, prima al serv,~io d'Austria poi a <-1uello d' Inghilterra , sbarcato con un piccolo Corpo anglo-siciliano a Viareggio, spiegava la bandiera tricolo re con la ~critta « Indipendenza e libertà italiana » ed occupava in seguito Livorno, ma poi, vedendo che la cittadina nza non si mostrava favorevole all'impresa, ritornava a bordo delle navi inglesi e salpava per la Sicilia. Il non aver proclamata l'indipendenza d'Italia nel 181 3 fu t•no (ici non pochi errori della politica napoleonica di <.1ucl tempo. Il Murat, intanto, mentre scriveva a Napoleone promettendo, lasciava credere agli Austriaci di avanzare per unirsi a loro. E proprio lo stesso giorno 24 novembre, nel quale il Vi,rrè Eugt:nio ~dcgnosarnente respingeva le proposte del suocero Massimiliano Giu~cppe, Re di. Baviera, di passare cioè, abbandonando Napolc.:onc, ~gli :tllcati, il Murat invia\'a il generale Colletta in apparenza per ri(o11osccre i passaggi del Po e <lell'Appennino, ma in realtà per ncgo1.iarc segretamente con il Pino e con gli altri generali italiani scon1,:nti del Vicerè.

Alla fine <lel 1813 l' Armata d'Italia era stata nuovamente riordinata e contava all'i~circa 40.000 Fanti, 3 .000 cavalli ed un centinaio <li pezzi. Il 17 di gennaio del 1814 Napoleone inviava al Vi (erè Eugenio questo laconico biglietto: (< Il Duca di Otranto vi a\'rà informato che il Re di Napoli si unisce ai vostri nemici. Tosto che ne ~: vrete notizia ufficiale, mi sembra necessario che vi portiate sulle Alpi con la vostra Armata )) _ Il 25 di gennaio il Vicerè rispondeva: <• Agir<', in modo da adempiere i desideri di Vostra Maestà. Per ora null~1 di ufficiale circa i Napoletani ... Mi è però impossibile nascondere a Vostra Maestà che lo stato dello spirito pubblico in Italia è tale che mcJlti ufficiali e


soprattutto le truppe si lasciano sedurre dal mezzo impiegato dal nemico: l'indipc11den za d'Italia. Mi è doloroso il dirlo, ma la verità si è che, se abbandoniamo la Pen isola, essa sarà perduta per molto tempo ... Fatto st;1 che la riunione dell'Armata del Viccrè co n t1uell:1 di Napoleone non avvenne. E sebbene le ragio ni addotte da Eugt'.nio abbiano senza dubbio grande valore, fu errore gra ve, perchè la fronte napoleonic:1 era unica ed una volta vinto l' Imperatore in F ranci::i, s:irebbe svanito ;tnche il Regno Italico . Occorreva battere gli alleati , che erano molti e forti e miravano :i colpire al cuore l'organismo napoleonico . Si è affacciato anche il d ubbio che al V iccrè ripugna~se ridursi alle funzioni di semplice generale in sotto rcline e preferisse .rnc lic lui correre da solo l'alea della guerra, pur d i i.:on~ervarsi la Coron:i. Ma la nobile su;1 condotta dcl Lm no precedente ci permet te di respingere llUesta ipotesi che, lL1ltr;1 parte, nulla co nferma. L':ivan zare cleffli Austriaci e dei Ì\apoktani - racconta il F ettarappa - e l'ann~nzio dclb scon fitta Ji la Rothièrc toccata da ~apoleone in Francia, inclusscro Eugenio ad abba ndo nare r Adige pe r il Mincio. A i suoi 36.000 soldati im provvi~aii, coman dati da uf.tì,i:di o rro ppo giovani o troppn vc«hi. rondntti d;1 grnn :ili mediocri , ~t:11 1c hi, stìduci:1ti da due anni th rm-csci, gli Austriaci opponevano 37.000 sold:1ti provetti, che per tre 'luarti avev:ino fo tto 4 o 5 c:imp:1g nc, uftìci:il i ro tti alb guerra, gene ral i che Jvevano dato prov~ di abilità in :il meno sette campagne. Pure le trup pe ital iche 1'8 febbraio si compurtaru no bene, diedc;ro 11011 poche prove; di v::dore e di saldezza d'an imo. t:1111ocliè l':1ustriaco Maresciaìlo dc Tkllegarde si credette battu10 e rinn11ziò all'offcnsiYa oltre il Mincio. Ma anc he il VJCc rè non si ritenne vincitore e dispose pe r ripassare il fìu me ... A\' ve11iva intanto uno ~barco ing lese in forze :issai considerevoli. circa una Divi sione. sulle spiagge di Li vorno. Appena sceso a terra. Lord Bcnink, che di fatto esercit:iva la sonanità in Sicili:1 in nome dcll'Inghi1tcrra, Lnic iava un procLun~t agli lr-a1 ian1 ccì n il t1u:-dc !i incita\·a a scuotere il ~i oL•o del tiran no cd :i non combattere contr o al tri Italian i, per con servare in ~e n ·ag~io la Patria che doveva essere liber:i ta. Le forze italiche si ridussero al la Magra, poi a Sest ri Leva nt e. Gli inglesi occuparono la Spezia. poi vinti presso N er\'i i FrancoItaliani e forzat e le alture di Alharo, il 17 di apri le costrinsero Geno\·a a c:1pitobrc. La città venne invas;1 dai procla mi che chiam :1vano i Liguri a libert;i, gl i Itali ani :id indipcnden1.;1. 11 •

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Quando la sera ciel 15 aprile, g iunse la noti zia dell':1bdicazione di Napoleone a Fontainebleau, l'Armata d 'Italia al Mincio era l'unica che ancora resistesse al nemico . Il r6 aprile a Schiarino - Rizzino fu w nchiuso un armistizio, in forza del quale le truppe francesi dovev:.ino abbandonare l'Italia, cedere le piazze di Osoppo, Palm;:ino\'a,

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Venezi;1, Legn ago, mentre avrebbero conti11u:tt(1 ad occupare Peschiera, Manto va, Pi acenza e Mibno. Così finiva la ouerra anc he nella Peni sola, guerra per noi Itak1.11i memorabile, perchè l'Armata del Regno lulico, a malgrado ddk :-,vra\'t manchevolezze ddla su:i cm tituzio nt.' . si comnortò bene. r ~

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Francesco Melzi invitava il Senato di Milano a proporre di ricor!oscere la indi pendenza e la integrità del Regno Italico, con Eugenio di Beauharn.iis quale sovrano. M,1 la proposta non fu accettata. A Milano gli Austriaci incitavano il popolo contro il domi n io fr.incese. Di fatti il 20 aprile la plebaglia in ~o mmossa massacrava il Conte Prina, ministro delle finan ze, cd Eugenio, sdegnato, abbandonava le fortezze agli Austriaci e partiva per la Baviera. C'À>sÌ finiva il 28 aprile del 1814 il R egno Italico ed il suo giovane e g lorioso esercito, le cui gesta ebbero conseguenze notevolissime nella nostra vita nazionale, perchè scossero l'Italia impig ri ta, richiamandola all 'antica fierezza. Gli eserciti austriaci invasero, non solo la Venezia e la Lombardia, ma anche Parma, Piacenza, la Rom agna. In Piemonte Vittorio F-:manuele I di Savoia, rientrato in Torino il 20 di maggio del 1814, si affrettava a ricostituire l'esercito, per sottrarsi alla pericolosa protezione austriaca che s'affermava con un presidio nella stessa Capitale del Regno Subalpino. Dalla Toscana il 1 " febbraio era partita la Granduchessa Elisa B:Kiocchi - Bonaparte cd il 20 aprile vi tornava Ferdinando III, Arcidu ca d'Austr ia. A Ro ma, il 24 maggio, tornava il Papa P io VII, reduce dalla prigionia di Fontainebleau. A Napoli Gioacchino Murat cercava di salvare ancora la Corona, destreggian dosi tra le fazioni in terne, le cu pidig ie ddl'Austria, la inimicizia dei Borboni restaur:1ti sul trono di Francia . L'lnghil terr:1 e ì"lmperato re di Russia gli concedevano una fredda protezione .

Quando, nel marzo del 1815, Napoleone, tornato dall'Elba, r ici nse la C',orona imperiale, il Murat, temendo o rmai di lui come della coaliz io ne, dapprima rimase neutrale, poi, ad un tratto, con una di LJuelle riso ll17.Ìoni impul~ive che costituivano il fondamento del ~uo carattere. raccolte le truppe attraverso g li Stati Pontifìd, dichi:uò la g uerra all'Austria ed avanzò con circa 40 . 000 uomin i ver so il settentrione del la Prniso b . Il 30 marzo la nciava ai JX)poli il ,, proclama cii Rimini >> per incitare gli Italiani ad unirsi a lu i per la co nqu ista della libertà. L a Corte di Vienna colse al volo l'occasione di in ter veni re anche nell ' Italia m eridionale, e ~i alleò con Ferdinando IV di 13orbone, l'antico Re di Napoli cacciato da Napoleone nel 1806 e r ifugiatosi


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in Sicilia, promettendogli di restituirgli il trono, salvo a ricevere a compenso, per le spese di guerra, una indennità di 25 milioni. I primi scontri avvennero a Cesena e furono favorevoli al Murat che raggiunse il Panaro, ove respinse il 4 aprile un Corpo di Austriaci. Ma le forze nemiche aumentavano e a<l esse si erano aggiunti gli Inglesi, minaccianti con la loro flotta uno sbarco a Napoli. Il Murat dovette cedere e, per arrestare l'inseguimento, accettare banaglia a Montemilone presso Macerata, dove l'esercito napolitano il 2 di maggio tenne testa al nemico, _per riprendere il giorno dopo la ritirata, durante la quale cominciò a disperdersi. Mentre il nemico invadeva il Regno e le popolazioni si agitavano in favore del Borbone, il Mural tentò ancora di salvarsi, firmando a P escara una Custituziune, c he concedeva al Napoletano Li rappresentanza nazionale, con due Cam ere. Ma il 20 maggio a C;_;sala nza, presso Capua, i generali murattiani fi rmavano con i rappresentanti dell'Austria e dell' Inghilterra un a convenzione nel la quale accettavano il ristabilimento di Ferdinando IV su l trono di Napoli, dietro la promessa di una pien ;i amnistia per la parte presa nelk JX!S· sate vicende e del riconoscimento del loro g rado . Ahhandonato da tutti, il Murat fuggì allora a Tolone e quindi rip:.irò in Corsic:1, rn::n tre il 9 giugno il Bo rbone rientrava a Napoli, fra le acclamazi o ni entusiastiche del popolo, diment ico del 1799. llluso poi da alcuni fuorusciti, il Murat credette di poter riprendere la Corona con un colpo di audacia . Partito da Aiaccio con 300 seguaci, soarcò a Pizzo di Calabria l '8 di ottobre I 815, ma non trovò fautori e facilmente fu fatto prigioniero. Per ordine di Re Ferdinando, sottoposto ad un tribunale straord ina rio, venne fucilato il 13 di ottobre. La vita avventurosa, la fama di condottiero leggendario, la r:.1orte eroica, il ri cordo del proclama di Rimini cin~cro di un velo di romantico rimpianto la memoria di Gioacc hino Murat, che non pochi voll ero considerare com e il prim o ca mpione della indipenden z.i. italiana. Con la relegazione dell '" I mpcratorc delle battaglie •• a Sant'Elena e la tragica morte di Gioacchino Murat a Pizzo, fini va l'epopea napoleonica. Ed i mo na rchi della vecchia Europa - - co nclude il Fettarappa - illudendosi che ormai nei popoli , desiderosi di pace, spento ne fosse anche il ricordo, credettero di aver ridata la pace al mondo. Noi non crediamo di potere concludere qu<·sta prima parte del volume senza ricordare lJUanto autorevolmente scriyeva, nell e sue


dio

letture per i giovani, Giosuè Carducci, mettendo in luce quan~o ;,bbia influito il periodo napoleonico nel preparare il nostro Risorgimento nazionale. Il grande poeta, a proposito delle istituzioni militari delle Repubbliche italiane e del Regno Italico, scrisse, fremendo di orgoglio e di speranza: « E soldati italiani, attorno alla bandiera tricolore, combattevano e vincevano in Val d'Adige, in Spagna, in Russia. Per Causa, è vero, non nostra; ma la tempra, infiacchita nel servaggio, rifacevasi... E tanta italianità permeava la terra e la gente, che in regione fatta fraricese e sudditi francesi nacLJUCro, a qut:sti anni, i supremi atleti del Risorgimento: Vincenzù Gioberti in Torino il 5 aprile del 1801, Giuseppe Mazzini in Genova il 28 lug lio del 1808, Giuseppe Garibaldi in Nizza il 4 luglio del 1807, Camillo di Cavour in Torino il 1° agosto del 1810 1) .


PARTE SECONDA

LE FANTERIE ITALIANE PER L'INDIPENDENZA NAZIONALE



I.

L'ITALIA E L'EUROPA DOPO IL 1815

Le fucilate, che a Pizzo di Calabria avevano spento la vita di Gioacchino Murat, davano ai Governi della Santa Alleanza l'iliusione che ogni spirito di rivolta fosse stato soffocato, non soltanto in Italia, ma in tutta l'Europa e che il ciclo napoleonico potesse dirsi per sempre concluso. La rivoluzione francese era apparentemente vinta. Tutte le spcr:mze che in Italia essa aveva suscitato erano svanite ai primi venti della reazione e l'Austria si disponeva a riprendere il suo posto nella Penisola. Mentre, come vedremo, gli Stati italiani più importanti riebbero quasi tutti gli a11Licl1i confini , la Repubblica di S. Marino rimase indipendente, la Corsica venne assegnata alla Francia, il Canton T icino alla Svizzera ed il Ducato di Lucca a Maria Luisa di Borbone, già Regina d'Etruria. In Piemonte, Re Vitto rio Emanuele I, tornato dalla Sardegna <lopo il lungo esilio, ebbe concessa Genova ; ma il confine con la Lombardia, che egli aveva sperato sul Mincio, rimase al Ticino . Jl suo primo atto di governo fu ì'Editto del 2r maggio 1814, col quale rimetteva in vigore tutte le leggi del Regno anteriori al dominio francese, fatta eccezione di guanto si riferiva alla pol izia ed ;,l regime tributario. Egli ripristinò, infatti, la nobiltà, i lìJecommessi, le primogeniture, i fori speciali, l'interdizione dei protestanti, i distintivi degli ebrei, le procedure segrete. Ma, per il minaccioso accrescersi dell'influenza austriaca, Re Vittorio Emanuele I fu indotto anche al riordinamento dell'esercito, al quale anche i suoi successori dedicarono le maggiori cure, comprendendone tutta l'importanza. Risolta con l'Austria la guestione del Novarese e quella dello sgombero di Alessandria, il Re ricmò, unitamente al Pontefice, di far parte di una lega di Principi italiani proposta dalla stessa Austria, contro la quale tentò anzi di costituire


una leua dei tre mauo-iori Stati d'Italia (Piemonte - Due Sicilie - Stato b bb Pontificio) con la Baviera e con la Sassonia; ma l'ardito d isegno non potè avere attuazione. Ad accrescere le diffidenze del Re concorse il tentativo fatto dall"Austria per ottenere la riforma della legge di successione sabauda, in modo da escludere dalla successione stessa Carlo Alberto, del ramo di Carignano, e da considerare tiuale erede della Corona Maria Beat:-i ce di Savoia, figlia primogenita di Vittorio Emanuele I e moglie di Francesco IV d'A sburgo Este. Il fermo vole re di Vittorio Emanuele I e del di lui fratello Carlo Felice ; nonchè l'opera della diplomazia francese, timorosa di vedere un giorno , con Francesco IV, insediata l'Austria a Tori no, impedirono che le trame austriache riuscissero ; mentre ~unpre più diffidenti divennero le relaz ioni fra i due Stati, storicamente destinati ad essere nemici (1). La Lombardia cd il Veneto, costituiti in R egno, ebbero dall'Austria un governo formato da un vicerè e da due ordini di cong regazioni provinciali c centrali, con semplici funzioni amministrati ve e con vo to solamente consultivo. Inoltre, nel 1815, fatta più sicura dall':1ppa re11te tranquillità, l'Austria introdusse.: nel Lombardo \'rncto la rn~crizionc militar<' ed i suoi cocl ici e, dopo le dimissioni ddl' Arciduca Antonio, venne inviato a governare il nuovo Regno Arciduca Rani eri. Nel Ducato di P:irma, Pi acenz:i e Guastalla l'ex Imperatrice Maria Lui sa d 'Austria, mentre Napoleone viveva ancora a Sant' Elena, Lisci<'> il governo del Ducato agli am anti, con cesse all'Austria la facoltà di presidiare Piacenza , dimenticò di essere stata Im peratrice e s·accorse appena di essere Duchessa. Francesco IV d"Asburgo - E ste, nel Ducato di Modena , Reggio e Mirandola , inaugurò il suo nuovo governo ripristinando gli ordi na-

r

( 1) « Le t raJiz ioni p olitic he a vevano <la Jue se(ol i segnato all a d; nastia <lei SaH>i:1 b ,·ia ,la ~egnire. D:11 giorno in rni il Duca C:i rlo Fma ru1clc l :iycva s:i ggiamcnte sacrific ato :id Enrico IV , in ,ambio di Salu zzo, più vaste terre d ' ultr ' Alpe, la Lumbardia, col decade re J elb Sp::i g na, era divenuta la metJ dell"ambiziotK <lei S::ivoia, b c1uale però parve a rrestarsi c1uando, dopo l:t pare d i Aquisgra na, i\far ia Teresa :l'Austria assicurò fo rtemente anch e a Milano la fortuna <lei su o Impero. Ora, dopo la tempesta napoleon ica, l'aq uila austriaca ricum parivJ :111cor:1 gagliarda i.n Lon1bardi:1. Cedevano così, fo rse per sempre, le ambiziose mire s:ibaude su Milano a lla grandezza d ell'Aust ria, come d u e secoli prima quelle su Lione dinanzi a lla rinnovata potenza della Francia ? ». Cfr. ITALO RAuLicH: « Storia del Risorg imen to p olitico d 'Italia>>, voi. I (1815- 1830). Zani,helli, Bologna.


menti anteriori al 1797. Ristabilì i tribunali ecclesiastici ed i privilegi dei nobili , affidò l'istruzione della gioventù ai gesuiti e sognò im-

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L1talia pll'inizio del 1848. 1

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Reg no di San lcgnJ.

-= Regno Lombardo. \ 'cn~tu.

; = Ducato di ~ = Due:,(() di

Piacenza . Parma.

5 6

7 S

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Ducato d ì ;..-Jodcna . di Toscana Stato Pontificio . Regno ,lel lc Due Sicilie.

= Granducato = =

possibili combinazioni, che av rebbero do vuto darg li il dominio d i

tutta l'Italia. In Toscana, col ritorno di Ferdinando III di Lorena, furono ripristinate le leggi lcopoldine contro ogm innovaziooe r epubblicana


18 6 e napoleonica e si <lovè alle resistenze dei Ministri Fossom broni. Borsini, Frullani, se la reazione non rinnegò, com e avrebbe voluto, le stesse riform e lcopoldi nc. Secondo le: tradizioni della propri a Casa, il G ran<luca fu mite, concesse un 'amnistia generale e, fisso nell'idea d i uno Stato patriarcale, senza competizioni politiche, assistito da un a polizia vigile cd abilissima, chiamata, per ironia, del buon governo, riuscì a far dimenticare ai suoi sudditi ogni generosa aspirazione. N ello Stato Pontificio, Pio VII, ritornatovi mercè l' abilità diplomatica del Cardin:1le Consal vi, che era riuscito a frus trare le mene Jel Mettern ich - desideroso di approfittare della decadenza <lei potere temporale pronunciata dalla rivoluzione e da Napoleone per aggreg:m: i te rritori rom:rni :i!! ' Austri a, per i dir itti del Sacro Romano Impero - era anch'egli soggetto al protettorato austriaco. Anche nello Stato Pontificio ven ne abolita tutta la legislazione napoleonica. Alla Corte di Cassazione vennero sostituiti i tri buna li ecclesiastici, ai prefetti delle provincie i Cardinali . P er conseguenza, l'amministrazio ne dello Stato tornò ai vieti sistemi; la vi ta municipak venne soffocata; le forme di elettorato politico cd amministrativo abolite ; i pa trioti, g li scienziati, gli scrittor i fovo revol i :il la passata rivoluzio ne perseguitat i; la cen sura inasprita; g li impiegati liberali tolti dai pubblici uffici. <• Nelle relazioni con le altre Corti d' Italia e d'Europa, Roma appariva dimi nui ta; il principio religioso si confo ndeva con la superstizione e si adattava inconsciamente alia nuova epoca storica; m entre b. filosofia tedesca, riprendendo - secondo l'Ori:rni (1) - il lavoro della filosofia francese del secolo antecedente, creava un altro mondo. nel quale la religione non era più che u no fra i molti elementi spirituali ,,. Nel Regno delle Due Sicilie Ferdinando I di Borbone r icostituì l'::mtico regi m e cd, abolita la Costituzione siciliana, div ise il Regno continent:ilc in quindici provincie e la Sicilia in sette valli. Per il concordato di T erracina (1818), furono riconcessi alla Curia roman a quasi tutti i privilegi g ià aboliti dal T a nueci ; mentre la catti\'a amministrazione, il difettoso sistem a tributario, le ingenti spese per il mantenimento dell e truppe austriache stanziate nel Regno, le rendite pagate dal Re al Metternich , al Talleyrand , ai generali austriaci Bianchi e Nugent, i disastrosi trattati di commercio con ( 1) Cfr. U a1ANT: ,. L:1 lotta politica in lt:i lia "·


l' Inghilterra, con la Francia e con la Spagna, finivano con l'immiserire l'erario e per ridurre lo Stato in povertà. A Napoli Ferdinando non era più che un vicerè austriaco, difrso da tru ppe austriache.

Per quanto riguarda gli altri Stati dell'Europa, le gra nd i P0tcnze si preoccuparono di rafforzare ovunL1ue il principio monarchico, di soffocare le idee dell a rivoluzione, di formare argini contro la Francia per impedirl e ogni ritorno nel resto del continente. Nella Spag na fu richiamato al trono Ferdinando V II cli Borbone che, rinnegata la Costituzione di Cadice, votata dall e Cortcs nel 1812 e da lui accettata nel 1814, tornò a regnare da Re assoluto. La Casa di Braganza rien trò in possesso del Portogallo. La Francia, ridotta di territorio e di ci rca mezzo milione di .1bita nti ed obbligata ad un' indennità di g uerra di 700 milioni, riebbe la mo narchia eredit:1ria dei Borboni ; ma con una Costituzione, col 5istema amministrativo della rivoluzione e col cod ice napoleonico . Essa finì col perdere le restan ti colon ie e. per molto tempo. og ni :nflucnza politi ca in EuropJ.. Il Belgio e l'Olanda costituirono il Regno dei Paesi Hassi, ~mcg na to alla Casa d'Orange; ma le principali colonie ola ndesi rimasero in possesso dell ' Inghilterra. Questa ottenne i vantaggi più ragguardevoli ; rioccupò il Regno di Hannovcr in Germania, aCLJuistò le isole di Malta e di H clgoland ed ebbe il protettorato delle isole Jon ic S'i mpadronì , inoltre, del Capo di Buona Speranza, dell 'i sola di Ceylon e della Guiana, g ià appartenenti agli Olandesi; dell' isola Tr inità, già appartèncnte alla Spagna, ed iniziò la colonizzaziom· drll'Occania. L1 Svezia e la Norvegia costituirono un unico Regno sotto la dinastia dei BcrnJ.clotte. Alla Svizzera fu garantita da ll e grandi Potenze eu ropee la neutralità perpetua. Nel centro dell'Europa fu costituita la Confederazione germanica, presieduta dall 'Austria e composta di 39 Stati sovra ni. A ve,·Jno preminen za in essa la Prussia e l'Austria : la prima , per gl i ing randi menti territoriali e per l'influenza politico - militare, era uno dei più importanti Stati d' Europa; la seconda, col predominio in Ital ia, con l'acquisto della Bucovina e di parte della Galizia; controbilan-


188

cia\'a ogni perdita di terri tori e, paladina della Santa Alleanza, afferma\·a la sua potenza in tutte k con troversie europee e tentava di soffocare. specialmente nella Lombardia, ogni aspirazione all'indipendenza cd alrunità italian:i. La Russi:i, ingr;rndita verso l'Europa con la Finlandia, la MolLiavia e la Bessarabia, cominciò la colonizzazione deJla Siberia, affrrm andosi come grande Potenza europea e nello stesso tempo a~1at1C:i. L1 Turchia, in piena decadenza, anda\'a perdendo nei Balcani la Serbia ed il Montenegro; nell'Afr ica settentrionale il s_uo dominio diventava sem pre più effimero e nella Grecia si preparava la grande ri\·olta per l'indipendenza che, dopo le sanguinose lotte sostenute, le venne fin;1l mente riconosciuta nel ; 829, p:.:r !'"efficace intervento della Russia. delb Francia e dell'lngh iltcrra.

I primi moti e le rivoluzioni in Italia dal 1820 al 1848. LE SOC IET1\ ~EGRETE . I principì del la ìihert:1 C del l'eguaglianza t!!n:!n:! conculc:1ti cblb reazione, il ricordo delle affermazioni rivoluzion;1ric, il rimpian to del Regno Italico e della gloria militare conseguita con Napoleone, il bisogno Ji savie leggi, di giudizi pubblici, dell'ugu:igli~rnza nell'imposizione delle tasse suscitarono il desiderio di una maggiore libc:rtà e di una m igliore giustizia in L]Uasi tutti gli Italiani. non pochi dei quali, poichè era delitto amare apertamente h Patria e desiderarne l'indipendenza e la libertà, sperando in un trionfo non lontano delle loro aspirazioni, si unirono in associazioni segrete. che presero vari nomi ( 1 ). Principale fra tutte la « Carboneria ,,, che ben presto ebbe nu~ 111erosi accoliti , specialmente in Calabria, dove interi Municipi erano ordinati in vendite di carbonari », in Romagna, in Piemonte, in Lombardi:i. nei Ducati di Modena e di Parma. e riuscì a diffondersi I(

( 1) Qua.,i tutte le società segrete diffusesi i n questi tempi , trassero origine dalla Massoneria l he, sorta in Jnghilterra dalle corporazioni muratorie, assai fior emi fin d:1[ secolo XIX, s'era largamente diffusa in Europa per effetto del prestigio e della fortunata attività inglese d urante le guerre di successione, assumendo forme diverse, secondo lo stato morale, la nat~ra ecl i costumi dei diversi popoli. Ess:i scr\"Ì a diffondere anche tra noi lo spirito d'associazione cd a dar vigore ad una nuova setta indipendente, la cui meta, come scrisse il Raulich, s'apriYa sopra una via di martirio e di s:rngue: la Carboneria .

.


Il R isorgiment o Na:::ionale . d,1 ,ma ..-otltur,1 :/1 E. Ferrart .

sempre più, così da raggiungere, almeno secondo un rappo rto del

Governo austriaco (1), il numero com plessivo di 80.000 inscritti . Secondo lo spirito romantico di allora, la Carboneria si compiaceva del segreto d 'iniz iazioni teat ralm ente severe , ten eva adunanze misteriose, lanciava minacce ai So\Tani e cer cava di spaYcntan.: i Governi. ( r) <t Essa, inveru, non p:.iceva dirsi una nuoYa sen a, poic ht:: sia che le orig ini sue fossero ceùesche e ri sali ssero, secondo la trad iz ione, a i cempi in cu i, per la necessità d i scambievole aiuto, i carbonari delle vaste foreste della Germania, tag lieggiati dai Principotti, dc,·cucro unirsi a difesa d ei propri interessi e intendersi a tal fine tra loro con segni convenzionali ; sia che le origini d O\·essero ricercarsi nella Scozia o riel Giura, certo è che la Ca rboneria venne d alla Frant'ia in I talia con g li eserciti d i Napoleone. Pur avendo in


M:1 b coscienza politica era ancora allo stadio se ntimen tale; si ama \"a la libert;1 senza saperla definire; alle Monarchie si chiede.vano Costituzioni che nessuno sapeva precisare; il concetto ckll' unità italiana non era ancora molto diffuso. Mancava una città od una dinastia od una classe od un uomo, che potesse dare un opportuno indirizzo al m ovimento; mancavano li: idee precise, come mancavano i mezzi per passare all'azione. Le Monarchie, forti delb comunanza dei loro inte ressi e sorn:tte d all ' Austria, avrebbero fatalmente prevalso sulle sette - fra le quali ricordia mo anche la società dei Guelfi in Romagna e quella degli Adelfì in Piemonte, nate entrambe dal bonapartismo liberale - cd ;; tutte le societ;1 segrete i Governi reazionari opposero le sette d ei S:mfcdisti e dei C::ilder:ii, istituite con lo scopo di scoprire e di sopprimere i liberali (1 ).

La rivoluzione napoletana del 1820. A dare nuova vita e nuovo vigore ai sentimenti patriottici , giun_gev:1110, intanto , in ltalia le notizie delle i nsurrezioni di Spagna e del Portogallo. I primi m oti scoppiarono nel Reg no di Napoli, dove più che :tÌt rove la Carboneria aveva adepti nu m erosi anche nell'esercito. li 2 lugl io 1820 due sottotenenti, Morelli e Salvati, e 127 fra sergrnti e soìdati del n:ggimellto Borbone Cavaileria, second ati da l p rete i\ !inic hin i, mossero dai tiuart ieri d i Nola verso Avellino, o ve erano accorsi llUl11crosi Carbon:iri. Il loro grido era: viva Dio, viva il Re , i,·a la Costituzione. Ad A vellino si unì al movimento il tecomune .:u n Li :-Vbsso11cria il seg reto cd il simbolismo, nonrhè il p rincipio fon d:1111c111alc delh YÌrLÙ cd il miglior;1 m ento dell'uomo, b Ca rbon eria fu m eno un i,·,-r,alc e !llirò più a Ji ni mo ra li e politici p:.irticolari, d i\'t·rsi a seconda dei luo~hi e dei tempi . l nfaui b Carboneria, oltre :111:i moralità , mira,·a alla Parri:1. Così in Cnlll:;nia. sono la tirannide 11apokonic:1, );i setta a\'c,·a prepa rato, in no lllc dclL1 Yirtì1, l\ 1;: ionc del riscatto; in Itali a, sotto l'oppressione austriaca ,; il d ispo1is1110 Jt'i Principi, intendeva :1pprestare le forze a lla lotta per l'indil'rndc 11za e per Li libcrd , incominc iando a rendere l'uo mo mig liore. Cfr. : I. Ru·uc11 . op. , it. ( r) Qu:rndo Ferdinando tornò sul trono, il Principe di Ca nosa, Direttore tlcll:i. Poli,.ia . si acc:111Ì con og ni rnc-,zo con tro i Carbonaci cd all 'uopo o rganiuò ed :1rm_<> la setta dei C:ildera i, gli appartenenti alla quale s'impcgn:i.rono, sernndo il ltwilch, :1 sopprimere ciascuno almeno .tre Carbonari.


nente colonnello D c Concili, comallcb ntc militare e ci\·ik del la citt:ì. Il moto si estese alla Capitanata, al la Basilicata, alla T erra di Lavoro. Le truppe mandate contro i ri\·oltosi disertarono e passarono d:i!la parte di questi ; 11 n reggimento di Cavalleria abbandonò Noccra; un battag lione della Guardia Reale si rifi utò di combattere colltro i rih:lli ed un altro battaglione di Fanteria, disloca to a Castel lamm ;1rc. si ammutinò. Il Re in viò contro i rivoltosi il generale C:n rascosa: m a, mentre ljUesti attendeva le truppe per iniz iare la repressione della rirnlta, il generale Guglielmo Pepe faci litò il diffondersi dell'insurrezione, ta nto che disert:1ro no anche gli appartenenti ad un :tltro regg imento di Cavalleri a e ad alcune compagnie di Fanteria, di stanza a apnl i. Riuscito il movimento, i Carbonari , penet rati nella Reania o~- ' i11timaro no al Sovrano di concedere la Costituzione cd, infatti, i! 7 l:1glio il Re concesse la Costituzione spagnola. Il 9 lugl io il generale Gug li elmo Pepe, entrato in N ~tpoli alla testa dcg li insorti, delle milizie regolari e dei Carbonari armati , venne 1.1carieato dal Sovrano del Com:111do supre mo dell'esercito. La Costi tuzione venne gi urata il 10 luglio dal Re e dai suoi Ji ~li, D uca di Calabria e Principe di Sakrno. La C:irboneria così trionfava e: vcdcv:1 impron·isamcn te aun:rn l:: rc il numero dei suoi accoliti. poi cliè si aff rett;1v;mo ad isnin:rsi :al essa militari, magistr~H i e sacerdoti. Essa aumentava così di pot1:nza e riconosceva come suo Capo lo stesso gcner:1k Pepe. N uo vi avve nimenti complicarono, p::rò, ben presto la situ;1zione. In Sicilia il popolo si ribellò, chiedendo anclùsso la Costituzione cd affermando che la Sicilia do\·eva ormai considerarsi come indipendente da Napoli. Inviato a sed are la rivolta, il generale Florestano Pepe. fratello di Guglielmo , sbarcò a Milazzo e strinse Pak nno cL1ssedi n, ind ucendola a capitolare dopo 80 giorni. Il Pepe ve nne sostituito dal Colletta, incaricato di ripristinare l"autorità regia. Giunto a Palermo, il Colletta sciolse Li G iunta del Go verno, fece g iura re la Costituzione spag nola, eleggere i depu tati al Parlament'o comune. Il nuovo Governo di Napoli , riconosciuto dalla Spagna, dai l'aesi Bassi, dalla Svezia e dalla Svizzera , non \ Cnne accettato dalla Francia, dall"lnghilterra, dalla Ru ssia. dall'Austri:i e dalla Pnmi:i. fn un Congresso, riunitosi a Troppa u (ottobre 1820), queste Potenze


ri;iffermarono il p ri nc1p10 dell'intervento armato in tutti gl i Stati, nei quali la rivo luzio ne avesse rovesciato il Gove rno legittimo. Re Ferdinando che, durante i prelimi nari di questo secondo Congresso, era riu scito a farsi invita re dagli alleati , benchè a N apoli la plek ed i Carbonari fo ssero insor ti per non farlo parti re, dopo a verc: promesso piena fedeltà alla Costituzione, ottenne dal Parlamento l'autorizzazione a recarsi a Lubiana per patroci na re, wme egli aveva Afcrmato, la Causa della rivoluzione. Ma, giunto a Lubiana, il Re rin negò la Costituzione cd im iò a Napoli il Conte Del Gallo, ad imporre il volere degli al leati , i quali Aferm a\·ano che la rivoluzione di Napoli offendeva i sistemi politici d'Eu ropa, min acciava la sicurezza dei G overni d 'Jtalia e pertu rbava ìa p;..cc uniYcrsalc. Era, quindi, necessario stabilire. che un esercito austriaco in pri ma li nea ed un altro russo, in riserva , marciassero \'erso il Regno di Napoli, per indurre il popolo all'antica obbedienza e prr gara ntire la sicurezza del Sovrano, l'osservanza delle legg i e l"opera del la giustizia. A N apoli il Parlamento considerò Ferd inando come un prigioniero di al tri Re, la sua volond forzata e la sua libertà com promnsa e dec rctù. quindi, la g uerra. Ma. ai 50.coo uom ini ben ar mati, che gli Austriac i trnevano in Itali a, pronti a marciare su Napoli, il Gov<:rno poteva opporre soltanto 32.000 vecchi soldati e 42.000 recl ute , P1cn1rc ,i andavano costituendo altre mil izie di riserva. Le forze furono così ripartite: 30.000 uomin i (10.000 del l'antica e 20.000 ciel.la nuo va milizia) vennero affidati a Guglit:l mo Pepe; 40.000 (18.000 del l'antica e 22.000 della nuova mi lizia) al generale Carrascosa; 4.000 ve nnero destinati alla difesa della città. L'esercito ~i schiere'> sulla f rnntiera abruzzese, in attesa dell 'i nterve nto del le forze miliL1ri ;111s1 riac he. L'cserci10 austriaco. forte di 43.000 combattenti, si era radunato, infatt i, in modo da m inacciare gli Abruzzi, con una prima li nea fr:1 Mnn1 alto e Norcia ; una second a tra foermo -Camerino - Tolentino - Mace rata; una tnza, in riserva, tra Foligno ed An cona. G li Austri aci awvano inoltre reparti a Rieti , a Terni ed a Spoleto, un b:1naglio11c ad Albano, un altro a Roma, uno squadrone sulla strada Valmontone - Ferentino. li 7 marzo 1821, impaziente di combattere, il generale Guglielmo Pepe :.ittaccc\ gli Austriaci a Rieti ; ma, per le poco opportune disposizioni e l'imperizia delle truppe, fu battuto e costretto alla ritirata. G li Austriac i procedettero fino ad Aquila.


1

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Cominciarono allora le diserzio ni fra le milizie civili, le diffi<ienze fra i Capi cd i gregari, gli ammutinamenti e le rivolte. Le truppe del generale Carrascosa furono ritirate a difesa dietro il Volturno; ma, ribellatosi il presidio di Capua, l'esercito \'enne a trnvarsi in così gravi condizioni, che hastò che l'avang uardia austriaca chiedesse la cessione di Capua per ottenerla. Il 23 marzo l'esercito austriaco occupò Napoli. I pit:1 compromessi nella rivolu z ione del 6 luglio , e fra essi il ge nerale Pepe, dovettero recarsi in esilio: i Ministri vennero li cenz iati, il Parlamento sciolto, il Canosa richiamato, la monarchia assoluta ristabilita. Con i patiboli, gli esilii, gli ergastoli di S. Stefano e di P antcl ìeria, Ferdinando l potè regnare fino alla morte, avvenuta nel 1825 . Gl i successe il figlio Francesco I, già Duca di Calabria (1).

moti piemontesi del 1821. Gl i stessi erro r i, che resero temporanei i risultati della rivoluzio ne'. n:ipolctana, si possono risumtr.ue nei moti picm o nte,;i. Ini zi.,t; dai bo napartisti e dai Carhonari senza alcun preventivo accordo con Napoli e senza tener conto delle energie rivoluzionarie del\; Lo m l,a rdi a, delle Romagnc, di Genova, di Venezia, aneli ·essi non pore v,rno avere che un 'efficacia effìmera. I mot i cominciarono con un tumulto studentesco in T orino l'n gennaio 1821. Il 9 marzo Alessandria si sollevò al grido di : ,. viva L. Costituzione, morte ai Tedeschi! ». Asti, Pinerolo cd altre ci tt;1 ne seguirono l'esempio cd a Torino un fortunato colpo di mano rese 1 ribelli padroni della città. Tutti g li animi dei rivoluzionari si volgevano a Carlo Alberto di Savoia - Carignano, ritenuto erede del trono e presu nto Capo della Carbonena piemontese. Per non cedere alle pressioni rivoluzion:i ri e, Vittorio E manuele I abdicò in favore del fratello Carlo Felice, resi dente in Modena, ed, affidando la reggenza a Carlo Alberto, si ritirò a Nizza. Data b sua nuova posizione, Carlo Alberto rimase perpiesso fin chè, vinto da pressioni d i ogni sorta, promulgò la Costituzione spag nola chiesta dai rivoluz ionari e costituì una Giunta provvi so ria cli ( 1) CoLLHTA:

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Storia del Reame Ji Napoli ,..


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governo: ma Carlo Felice da Modena disapprovò le concessioni del kcggente, ordinò :illc truppe di riu nirsi presso NoYara, sotto gli ordi ni del gcner:tl c Latour, cd invocr'i dall'A ustna l"i ntervcnto di 1 5 .000 uomini per sedare l:i rivolta. Anche Carlo Allieno accorse a NoYara, do,·e emanò un proclama che r;1ccomandaYa l\1hbidienza al nuo,·o Re. I rirnlu1.ionari, :il rnrnando del colonnello Regis, raccolsero .2.750 F:1n ti, 1 .080 cav;illi e (i c:innoni . T ali forze a,·rcbhe ro potuto opporre l1u:ilche resistenza alle truppe del L1tour, ma non ai 15.000 Austriaci del gener:1le Hubna , ai quali, dopo un bre\'e combatti men to, bsciaru no libero il passo verso Alessandria. Il 9 ap rile il ge nerale Latour entra,·:1 in Tori110 per seda re la ri vnl t:1 e per ri mcttt'. re l'ordine nella e iuà.

Carlo Al berto, allo11tana10 dagli Stati Sardi dal Re Carlo Felice, r:parc\ .1 Firenze, donde partì per Li Francia e lJUindi per la Spagna, do,·c co mbartè contro la Costituzione che egl i stesso aveva pronrnlgara a Torino. Santorre di S:111t:iros:1, e111i11ente figura di pa triota e d; uomo d'azione 11elb sfortunata rivolu zione, em igrò a sua volta in Sp;1g11a. in fr:inci:1, in l11gliiltcr ra , e f-ì nalmcntc in Grec ia, dove, :il la h;,tra~i i:1 di N:ivarino, trovò glorios,1 111orte (7 maggio 1825). Soffocat i :1nchc I rnot1 pi emonte~i. 1u1t~1 ri talia rim ase soggetta Jl'influcnz;1 dell' Austria che, ripetendo, col Congresso di Verona, il monito che ogni moto sarebbe stato incsor:ibil rnente represso , finì dl Ì rnggcrire ai nmtri patrioti , con l'un iformità delle misure rcazio1:,1ril.', l'idea deli\lllità d' ]1:ilia. Non più i ~i llgoli Stati, ma il popolo intno :1vrcbbc potuto :1gitare con successo Li bandiera dell'indipcndcnz;1 cd, infatti, il ricordo dei primi mJ rtiri, le \'Oci dei prigiomeri chiusi nelle rocc he delh Moravia, l'azione dei fuorusc iti accorsi a comhattcrc nella Spagn:1 t'd in Grecia e l:1 stessa nobi lt~1 incitarono il popolo rn ntro l"Amtria.

Le rivolte del 1830 e del 183 1. Nel 1~30 IT.uropa non cr:1 :1ff:11t o tram1uilla. Con la rivoluzione c1d luglio. in Francia er:1 ~t:1t:i dichiarata decaduta la monarchia dei )òorboni e: . pro~lam;'.tu Re dei Fra ncesi il Duc:1 d'Orléans, che prese 11 no me d1 L111g1 Filippo I e clic era amico dei liberali, tanto che la. sua ascesa al trono ~c mlm\ una ~fida :i lla San ta Alleanza e diede nuovo vigore :dlc spcran1.c dei popDli opprcs~i.


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Nella notte sul_ 25 agosto 1830 il Belgio proclamò Lt propria inc11pendcnza dall 'Olanda, indipendenza, che, dopo brevi lotte, fo ric,mosciuta dalle Potenze della Santa Alleanza. La Corona venne assegnata al Princip:: Leopoldo di Sassonia - Cohurgo cd il Congre~~o hdga, riunito a Bruxelles, votò la Co~tituzionc. Nel nov~mbre 1830, ridando nell 'a iuto fra ncese, la Polonia si rihd lò alla Russia; ma ben presto le armi dello Zar domarono b rivolta e la Polonia, perduta la Costituzione, venne agg regata, si:1 pun-:on una propria ammi ni strazione, a ll"lm pero mosco,ita. La lotta fra Carlisti e Cristini imperversò per un decennio 11t"lb Spagna; ma, battuto lìnalmente il Carlismo, la reggente Mari:i Cristina, che all e armi dei liberali dove va il proprio trionfo, concesse un:i. nuova, più liberal e Costituzione e, stringendo rapporti çon Don Pedro, Imperatore del Bra sile, ed aiutandolo a \' inccrc i terrorist i, favorì l'avvento di un Governo liberale anche nel Portogal lo. Anche l' Ital ia si scosse ed il segnale della rivolta partì da Roma, do ve, approfittando della vacanza della sede papale per la morte di Pio VIII, i Carbona ri , fra i lJUali i fratelli Buon,1parte, fig li dell'ex Re d 'Olanda Luigi, suscitarono un moto che fu, p~rò, subito rcprc,~o. Qualche g iorno dopo (3 febbr;1io 18.31), l'insurrezione mlpp1r'> :1 !.fodena, donde si diffuse a Reggio Emilia ed il giorno successivo a Bologna, dove il popolo atterrò gli stemmi pontifici, e quindi a Ri111ini, a Cesena ed a Ravenna , da dove il ITl()Vimcnto ~i propagò nelle \tlarche e nell'Umbria. Anche in Parma si venficarono dei moti che costrimero la IJuLhessa ~aria Luisa a rifugiarsi a Piacenza, sotto la protezione ckl la g uarn1g1one austriaca. Francesco IV di Modena, che aveva sperato di tra rre partito dal movimento ri voluzionario e dall'aiuto dei Carbonari per costituirsi un grande Stato, rimasto privo dell'aiuto francese ed accusato di tradi mento dai libera li, passò improvvisamente alla reazione <.: fece prende re d'assalto la casa di Ciro Menotti, che venne tratto in prig:unl· insieme ad altri congiurati. La città, riavutasi dallo stup:)re, costrinse allora il Duc~1 a riparare a Mantova. La rivoluzione confid ava ancora nell'intervento france se : m a l'Austria, con le truppe che aveva a Piacenza, dopo un breve combattimento svoltosi a Fiorenzuola. fece tornare Maria Luisa nel ~uo Ducato e, vinta a Modena la resistenza oppost:1 d~d ge nerale Zucchi, Yeterano napoleonico, s" im padronì della città e q uindi_. il 20 marzo,


Ji Bologna e poscia di Ancona, dove lo Zucchi venne preso e condannato al carcere perpetuo. Le repression i che segui rono a questi moti furono spietate. Il D uca di Modena chiamò a capo della polizia il Canosa, che confermò la triste fam:1 già acquistatasi a Napoli. Salirono il patibolo Ciro Menotti , Vincenzo Borelli e tanti altri; pili di 500 cittadi ni hrrono r ncli iusi nelle carceri ; oltre 1.000 trovarono scampo nell 'esilio. Anche negli Stati Ponti fici, di menticata la capitolazione di Ancona, vennero tratti in carcere e condotti al supplizio quan ti avevano partecipato :il la rivoluzione, ta nto che, per mode rare la reazione del Gcrn:'.rno pap~il e, l'Amtria occu pò Ferrara e la Francia Ancona. 1

La

G iovane Italia , .

" Un esodo di iIl ustri propalò al lora le sventure della nostra Pa1ri;1; :iltri nelle c:irceri meditarono e scrissero libri che valsero h:ittaglic: altri ancora seguitarono nel l'ombra il lento e solido brnro per ridare all ' Italia un pensiero n:izionalc » (1). E, fra que~ti, ,opra tlllti emer~e Giu,eppe Mazzini , il quale , cn~tituendo nel 1831 la Giovane Ital ia », add itò ai suoi seguaci, non soltanto il dovere della liberazione dcll 'ltalia dal dominio straniero ; ma anche c..1ue!!o dd !\1nità n:1zionale. Egli potè raccog liere, così, in · 11umcn'voli consen si, comu nican: agli altri la sua fede, con tinuare il .,uo nobi lissimo apostolato. C:ontro l:1 " Giovan e Italia n si schierarono i Govern i reazionari, con a capo l'Austria, e le persecuzion i ebbero inizio; ma nè la morte, nè l'esilio, nè il carcere poterono soffocare il movimento cd, anzi, fecero sì che, alle nobili esortazioni dd Mazzini, si u ni sse l'efficacia dei generosi esempi. Il martirio di no n poch i patrioti, il sangue ver~ato nei moti po polari, i tentativi fatti dai m:izziniani per di mostrare come il pnp:)lo italia no non si rassegnasse alle tiran nidi straniere e 11os.trane, dovevano consacrare e rendere sem pre più feconda l'opera delL1postolo genovese . Nel 1834 Ycn ne tcntat:1 la rivolta in Savoia, col proposito di e~ lt'nderla al Piemonte e di provocare la sollevazione di Geno va. Fu :!ll'uopo compi uta una sped iz ione, guidat:i dal generale Ramorino : ma non riuscì nell'i ntento e, tr:i i condann:iti :i morte, oltre il gene<(

( 1.) A. OR1,1:,.;1: ,, Li loua pol iti, :i in !tali:, " ·


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raie suddetto, vi fu anche Giuseppe Garibaldi e lo stesso Mazzini, costretti a cercare salvezza nell'esilio. Sulla fine del 1842 seguì un moto nelle Romagnc, finito :1nch\:5so senza risultati, e nel 1844 si effettuò il disperato tentativo dei fratelli P>andiera, accorsi in Calabria con 18 com pagni, nella speranza di solleva re il pnp olo contro i Borboni. Sbarcati a Cotronc e denun(iati

Git:seppt> Mazzini.

dal Boccheciam pc, che a loro si era unito a Corfù, i generosi furono catturati dagli abi tanti inso rti co ntro di loro e, tradotti prigionieri :1 Cosenza, vennero giudicati som m ariamente e m orirono con eroica serenità. Si ebbero, quindi, alt ri moti in Romagna (1845), dove gli insorti, impadronitisi di Rimini, si limitarono a chiedere alcune riforme amministrative, che vennero negate dal Pontefice. I poch i ri volto si vennero quindi dispersi.

Le rivoluzioni del 1848. Nel 1848 sembrò che, non soltanto l'Italia, dove l'esempio della rivolta partì dalla Sicilia e fu seguìto dalle altn: regioni; ma tutta


l"Europ:i ~i levasse a chiedere leggi più liberal i ed ordin amenti più conformi :ille aspirazioni dei popoli ( 1) . In Francia il regno di Luigi Filippo, screditato sia all'estero che ,t!rinterno, volgeva al suo termi ne. li 23 febbraio 1848 il popolo di Parigi, traendo pretesto dall'opposizione governativa· alla riforma

La to111b11 dei fratelli Bandiera a Venezia •1ci1n Chic,n dei SS. Gicv,11111i e Paolo.

elettorale, ~i ribcllt> ed ;issaltò le Tuileries. Il Re abdicò m favore del 11ipotc: m:i i deput:iti costituirono, per acclamazione, u n Governo provvisorio, che prm:l:tmò la Repubblica, della Lluale, il 10 dicembre, fo eleuo Presidente Luigi Napoleone Ruon aparte, nipote del pri mo Napoleone. ( 1) Pc:r le rin>iui'.:on i dcì ,841:I, si consulti il rnlurnc:: IX di quest'opera, dcdi, ;Ho ai , olo11t:1ri di guerra .


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In Germania la rivolu zione fran cese del febbra io I H48 incoraggiò .i patrioti tedeschi a reclamare anche con le armi la libertà . Il moto liberale scoppiò in molti Stati germanici e <.JUasi tutti i Principi 1 oncessero la Costituzione. Il 18 aprile il P;1r\amento tedesco, ad u11a1osi a Stoccarda, comi nciava a discutere la nuova Costituzione, q uanck, l.1 reazione prevalse cd il Parlamento venne sciolto (30 maggio). In Austria s'iniziò il moto separatista ungherese , capitanato d:il K.oss uth, e rivolte si verificarono anche nella Boem ia e nelb Mor;1via. cksiderose di un governo e di un 'amministrazione propri. Il 15 maggio insorse Vienna, obbl igando l'Impcrat1m· a rifugiarsi nel Tirolo ed a concedere una Costituzione più larga . Il 6 ottobre, traendo pretesto dal rifiuto di un battaglione di soldati italian i di partire per l'Ungheria, gli studenti e gli operai ripresero le armi. Si verificarono episodi sanguinosi; il Ministro della Guerra fu f ta:i 1:ito; l'Imperatore fuggì ad Olmutz, per ritornare a Viern1a con molte truppe che domarono l'insurrezion e. L'Imper;_itore poi abdicò ID favore del fratello Francesco Carlo, il Llu::ile alla sua vol ta n:dctt e la Corona al figlio diciottenne Francesco Giuseppe. In Italia si ebbero riforme in tutti gl i Stati non ~oggett i ali' Austria. Nello Stato Pontificio Pio IX, succeduto a Gregorio XV[, concesse alcune riforme liberali che costituirono un nobile esempio e rnnferirono nuovo vigore ::ille sper~rnze dei p::itrioti. Questi csalt:irono il gesto del Pontefice e la benedizione da lu i rivolta all 'Itali a ed il 11ome del Papa corse, popolarissimo, per tutta la Penisola. Il 17 febbraio ven ne concessa la Costituzione in T oscana cb T.copoldo II ; il 4 marzo in Piemonte da Carlo Alberto; i I q marzo nello Stato Pontificio da Pio IX, mentre, nel Regno delle Due Sicilie, Ferdinando Il era stato costretto a concederla fin dal lO febbraio. Infatti Palermo era insorta il 1 2 gennaio, seguìta ben presto da wtta l'isola, e si era costituito un C oYe rno pron·isorio prn icc!u to da Ruggero Settimo. In sorta anche Ì\apol i, il Re, visto che la rnlontà del popolo avrebbe finito col prevalere, era stato costretto a cedere. Sembrava così che in molte part i d'ltalia il popolo potesse godere di leggi più liberali ; ma la Lombardia cd il Veneto frcm cYano ancora sotto il giogo austriaco e non aspcttaYano che l'occasione per insorgere, L'evento desiderato si verificò con la rivoluzione di Vienna, la t) ual e fece sembrare favorevole il momento. A Venezia la po-


.20 0

polazio nc si sollevc\ il 17 marzo, libe rò i dete nuti po litici, fra i qual i Daniele Manin e Niccolò Tommaseo, ed, al grido di viva la Repubbl ica, viva S. M;irco J), obbligò il comandante militare e le truppe austriac he ad abba ndonare la città cd a irn barc:mi alla volta di Trieste. A Milano il popolo st levò in aperta rivolta il I 8 marzo, disselci<'> le st rade, eresse barricate e lottò eroicamente per cingue g iorni, inducendo alh fine il Rad etzk y e le ~ue truppe ;i sgombrare la città. Alle r ivol uzioni di Milano e di Venezia seguirono quelle delle altre città della Lombardia e del V encto e dei Ducati <li Parma e di I(

Mnclt'11 ;1.

11 Governo provv1 sono milanese invocò, il 23 m<1rzo, l'intervento di Carlo Alberto e questi, la sera stessa, riunito il Consiglio dei Ministri, dic hiarò la guerra a li 'Austria, benchè l'eserci to piemontese 11011 fosse ancora pronto alla guerra. Nell'intraprendere l'impari lotta, il Piemonte sperava di poter contare sull 'aiu\.fi!ar:o: ,\/ 01111mc11to · ossario dei morti 11dlc ,, c111que gìor11<1te ». to degli altri Stati d 'Italia; ma all::i sua fiducia non corrispose, come vedremo, la realtà, poichè, dopo un breve periodo nel gu:ile quasi tutti gli Stati d 'Italia si m ostrarono decisi. ad unire le loro lorze per l'indipendenza della Patria com une, si dovettero lamentare le defezioni dello Stato Pontificio e dd Reame d i Napoli.


Il.

L'EVOLUZIONE DELL' ESERCITO SARDO DAL 1814 AL 1848 T ornato in Piemonte, dopo quin dici anni d'esilio . Re \ "ittorio Emanuele 1, ritenendo a nch'eg li che (' r episodio della ri voluzione >• fosse per sempre concluso e seguendo le tenden ze reazio11arie ddL1 Santa Alleanza, s'era affrettato a tentare di ricostruire il pa~!>:1to. Come abbiamo già ricordato, con l'Editto del .2 1 maggio 1814 a veva , infatti, rimesso in vigore tutte le leggi vigenti nei suoi Stati pri ma del dominio francese e, per conseguenza, per c-itianto riguarda re,t-r( ito, egli aveva abolito la coscri zione militare. Ma, chiamato, col possesso d i G enova e con la restituziont: di N izza e J ella Savoia, a n:gnan: !>U + 000. 0 00 di su dditi, egii dovcuc ben presto accorgersi come, per seguire - tra la Francia ancora irr::· q uieta e l'Austria sempre rapace - la secolare politica dei suoi a,i. g li occorresse al più presto un forte esercito, no n potendo egli l ;,re .1ssegnamen to, al suo ritorno in Piemonte, che su qu:ilc hc rcpartu ~-o ~tituito da ex prigionieri di guerra. in gran parte piemontesi. e !>LI ben poche disorganizzate Unità. Ed, infatti - col ri torno nel Regno dei soldati provenienti dalr esercito napoleonico e dei Novaresi dell 'esercito italico, ( 1) e co,i la possibilità di disporre anche delle truppe che ancor prima del l':111nessione si era no costituite in Genova - fu tentata la costi tuzione di un saldo organismo militare. Ma, avendo abolito, com e s: è df'tto, la ( r) Formatosi l'esercito nel 1814 - Jicc la Rel azione Jclb Commi,~ionc d'inchiesta sulle cause <lcll 'esito della g ue rra del 1849 - dopo quin<l ici an ni d1 domina zione fran cese, nei quali il nostro Paese era a~sociaw con tanto oncm: a lle glorie dell'a rmata di Napoleone, g li ufficiali furono tratti in pa rte <la q ucll'Armat:i ed in parte dai collegi militari di F ranò:i. po rtando nel nostro le i<lee di quell'esercito e <li q uel Paese ed ebbero per C! pi -antichi ufficiali di quella nostra Armata , ch e dal '92 al '96 ave,·a saldamente difeso le Alpi contro le armi di F rancia , con lo scarso ed equivoco aiuto dell'Austria. Ebbe così nuovo alimento nell'Armata l'antico sentimento della nostra indipel)denz a.


'.!,() 2

coscn z1onc, il Re dovctLc con tentarsi di ricostituire, con gli insufficienti, eterogenei ekmen ti d isponibili: 8 rccruiment1 d'ordinanza: bt> 12 reggi menti provinciali ; () n::,ro-imcnti di Cavalleria; /:)t,

l..i111/01mc della Fante,ia piemontese 11el 1814.

vale a dire g li st1;:ssi, dei quali la Monarchia sarda già disponeva nel

1796. Ciò oltre ai car:1binieri, di nuova costituzione, e ad un nuovo reg!!imento di linea, che venne formato d i Licruri. 0 ~

~,


203

La breve cam pagna del r815, nella quale i Piemontesi combattero no nella Savoia insieme agli Austr iaci, dimostrò ben presto tutta la vanità dell'affrettato tentativo ed indusse Re Vittorio ad una riorganizzazione completa delle istituzio ni milita ri del suo Regno , riorganizzazione, di attuare la quale venne incaricato il Conte di S. Ma rzano, nominato Ministro della Guerra nel 1815. Il di S. Marzano soppresse i reggimenti provinciali , passanJone g li uomini validi a t]uelli di ordinanza, cd istituì il sistema dei contingenti. Così ciascun reggimento ri sultò composto in modo eterogeneo: parte di uomini con 8 anni di fe rma e parte di provinciali che, se:: erano obbligati al servizio per 16 anni, venivano chiamati alle arm i j><:riodicamente per soli quattro mesi e fini va no così col co mpiere, in di\·ersi periodi, una ferm a cumpkssiva di soli due anni. L'insufficienza di tali disposizioni doveva far ristabilire ben presto (febbraio 1816) la coscrizione, con la legge sulla leva mil itare. Per essa tutti i cittadini validi e celibi, dai 18 ai 24 anni, furono ohbligati al servizio per la durata di anni 12 per la Fanteria di linea e per l'A rtig lieria, di anni 8 pe r la Cavalleria e la Fanteria leggera. Anche gli ufficiali erano di ordinan za o provinciali. Questi ultimi, secondo lo C happeron (1), face\':1110 servizio intermittente ; ma non pntevano raggiungere grad i superiori a quello maggiore, salvo a far passaggio, per proseguire nella carriera , nel la categoria degli ufficiali di ordinanza. In conseguenza di questi provvedimenti, nel 1817 rese rcito sardo poteva avere, sul piede di g uerra, una forza di 2 8 .000 uomini , oltre alle truppe speciali dell'isola di Sardeg na, costituite da volo ntari d'ordina nza. Tale forza era distribuita nel seguente modo: - Fanteria: 10 reggimenti su due battag lioni: 1 legione leggera su quattro battaglioni ; 4 battaglioni cacciatori; I battaglione cacciatori franchi ; - Cavalleria : 2 reggimenti C avalleria pesante: 2 regg, mem , dragoni ; 2 reggimenti cavalleggeri; - Artiglieria: 3 battaglioni , uno dei quali vola nte; - Genio: 1 battaglione. Le truppe speciali della Sardegna forma vano : -, un reggimento cacciatori ; (1) Cfr. 1814 - 1914 )).

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C liAP PERON:

« L 'organica militare fr:i le due guerre mondiali


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un reggimento cavalleggeri; un Corpo di Artiglieria a piedi. DOJXJ i moti del 1821 - i cui risu ltati no n furono che l'abdicaz ione di Vittorio Emanuele I e la breve reggenza di Carlo Alberw, ben presto costretto a rinnega re la Costituz ione spagnola, g ià prom ulgata - moti a i quali l'eserc ito, come è noto, par tecipò attivamente, il Re Ca rlo Felice volle ricostituire, con severi provvedimenti, la discipl ina. Secondo lo C happeron, ven nero, infa tti , sciolte le brigate di F anteria « Mon ferrato )) ' Saluzzo » , << Alessandria )) e (( Savon a )) e fu rono soppressi 2 reggi menti d; Caval leria, portando da G :id 8 g li squad roni degli dltri. Soltanto nel 1829 venne ricostituito un lluinto reggimento di Cavalleria . Nel 1830 - decaduta in Francia la dinasti~1 dei Borboni e salito al trono Luigi Filippo; proclama la l'indipendenza belga ed inaspritasi nella Spagna la lotta fra le diverse fazion i politiche - · l'Europa :ippariv:i. nuovamente sconvolta cd irrequieta: il che indu sse Carlo Felice a dedicare più attente cure all'esercito. Egli , all'uopo, c hiamò a riordi narlo il generale modrnese Panlucci, già in servizio presso l'e~ercito russo, a l quale conferì la carica di « Ispettore generale della Fan teria e della Caval leria )) . Il Paolucci modificò la costituzione dei reggimen ti di Fanter ia e concepì un nuovo ordinamento, che cominciava appen a ad an dare in vigore, tiuanJo, morto nel 1831 Carlo Felice e succedutogli Carlo Alberto, la carica di Ispettore generale ven ne abol ita. (<

Solclato del reggimento « S11l11zzo ,.

Nel mese di giugno del 1814 il Re di Sardegna aveva dato nuove prescrizion i per le _ bandiere dei Corpi di Fanteria di linea. Og ni regg unento aveva avuto due specie di bandiere: la prim a di reggi men to o reale e la sec~nda t!i ba ttaglion<.:. In tempo di pace il I battaglione portava la bandiera eh reggimento. (

1

8 1 7)_


205

La bandiera reale aveva il drappo azzurro, sul cui centro campeggiava in nero l'aquila sabauda portante sul petto lo sc udo ro~so con la croce bianca. Negli angoli del drappo erano stelle cremisi su fiamme bianche, frangiate d'argen to: in quello superiore, presso l'asta, era ricamato lo stemma del reggimento cd in quello inferiore uno scudo bianco coll'indicazione della città da cui il reggimento prendeva il nome. La bandiera di battaglione aveva il drappo rosso, con la grande croce di Savoia in bianco. Ai quattro lati del drappo erano le stesse stelle, fiamme e scudi della bandiera reale. Venne istituita anche una bandiera reale di brigata H, da Ji~tribuirsi solo in caso di g uerra. Essa veniva data al I battaglione della brigata; la bandiera reale di reggimento passava così al Il ed ii III e IV aveva no la bandiera di battaglione. L'uniforme, stabilita col Regolamento 8 novembre 1814, consi, teva in: - un abito di panno turchino, completamente abbottonato, con 11na o due file di bottoni a seconda delle Armi, con colletto diritto. :1perto sotto il mento, in modo da lasciare scorgere la cravatta; con , palline Ji p,rnno, paramt"nli Ji forma varia a ~cconda Lki Corpi. L e diverse Armi ed i vari Corpi si distinguevano dai colori ddla mostreggiatura e della filettatura al colletto. ai paramani, ecc. cd. inoltre, dal metallo dei bottoni e dei gai Ioni; - un p:1io di pant:1loni di panno turc hino, (di te la bianc~1 i11 estate), a cintura alta, abbottonati sul collo del piede; - un paio di mezze ghette nere ; - un cappotto o mantello, da indossare sopra l'uniforme. diverso nella forma e nel colore a seconda delle Armi; - un copricapo, dapprima uguale per tutti c poi diverso per le varie Armi ed i differenti gradi. GI: ufficiali portav:ino, in servizio, un copricapo uguale a quello della truppa e. fuori servizio. il bicorno ad altissime falde, fregiato della coccarda azzurra adottata ii 20 agosto r8r4. I distintivi di grado deg li uffici,ili erano portati sulle spalline. al colletto, ai paramani, al copricapo, con galloni e ri cami di diverse larghezze, secondo i gradi. In ser vizio e sotto le armi g li ufficiali cingevano, inoltre, intorno ai fianchi , la sciarpa con i due fiocchi a sini stra. Per quanto riguarda le armi, nel 1814 la Fanteria aveva un armamento promiscuo, costituito di fucili di marca inglese e francese. (l


2 <Jll

coi quali le truppe presero parte alla campagna del 18r5. A tale stato di cose si rimediò, adottando esclusivamente, con lievi modifiche, il fucile modello inglese, del quale la fabbrica d 'armi di Tori no accelerò la costruzione. Si trattava <li un fucile calibro mm. r7,5, a<l avancarica, a pietra focaia, a canna liscia, con una gittata utile di 200 m etri. La baionetta era a g hiera , lunga metri , , rr 3 per i granatieri e<l i fucilieri e m. 1,027 per i cacciatori. Ogni soldato di F anteria ebbe pertanto: un fucile con bretella, una baionetta con fodero, una sciabola, una bandoliera con g iberna. La dotazione indivi duaie delle munizioni era di n o carich r. Gli zappatori avevano soltanto una pistola ed un'ascia; gli arm aiuoli una pistola . G li uffìciJli avevano la spada ed i sottufficiali una sciabola speciale. Per quanto riguarda la bandirra dei reggi menti, la divisa e l'arnumento J;,111dier11 del reggime nto delle Fanterie, occorre ri cordare quanto ,,C1111eo» 11cll'esercito p ie( 1814 ì . monf<'-'e segue. \ Nel r832 il primo reggimento di ciasrn na brigata ebbe una bandiera di brigata ed il secon do quella d i reggimento; mentre i battaglioni continuaro no a com ervare la hro bandiera. Con disposizione del 15 gi ugno 1832 venne ado.ttato un modello egual e per le bandiere di reggimento e per quelle di battaglione. La nuova bandiera fu rossa con una grande croce bianca, le cui braccia toccavano gli orli del drappo. L 'asta fu ri coperta d i velluto azzurro nclìa parte presso il drappo e di veliuto rosso in quella infer iore: la freccia era di tipo di verso a seconda se si trattava di bandiera di reggi mento o di battaglione; la cravatta rimase azzUira, frangiata di :lrgento; su di essa era ricamato il nome della brigata ed il numero del reggimento. Per la Fa nteria il drappo era quadrato ed ogni lato misurava m. 1,26. Le bandiere di ogni Corpo erano custodite nella casa del rispettivo c_olonnello, il quale aveva perciò una guardia, forn ita dalle compagnie granatieri.


Per le disposizioni <lei 1832 tutti i battaglioni di Fanteria ebbero nandiere uguali; quella del primo battaglione fu considerata di reg-· gimento e come tale fu destinata a portare le onorificenze concesse al Corpo.

Ufficiale de! reggi mento " R t:giua

»

(

1821)

li 25 marzo del 1848 fu prescritto c he le truppe destinate alb campagna di Lombardia ricevessero, passando il Ticino, la bandiera tricolore italiana: ma ciò non potè essere eseguito subito per tutti i reggimenti, alcuni dei quali dovettero limitarsi ad agg:ungere alle bandiere di vecchio modello tre nastri, di cui uno verde,


uno bianco, ed uno rosso. La distribuzione delle nuove bandiere terminò quando tutto l'esercito si trovò schierato sul Mincio. Poi, nella prim::i tJllindicina di maggio, ven ne ordinato che fossero soppresse le bandiere di battaglione e, per conseguenza, per ogni reggimento rimase una sola ban diera. che nelle di ve rse circostanze doveva prendere posto con il II battaglione. Il 2 novembre 1849 ven ne stabilito che le bandiere, in vece che nella casa del coma ndante del Corpo, venissero custodite in caserma, nel! 'ufficio del ì'Aiutan te Maggiore in I, vigilare da una sentinella. Per ql,la nto r iguarJ;i la divisa, l'cq~ipaggiamento e l'armamento, l' un iforme modello 1814 era stata successiHa11diera di battaglione vam ente sostituita co n quell e modello del reggimrnto « Cuneo n rlel/'e.,·ercÌln piemontese 1833 e 1842, con la quale ultima l'eser( 1814). cito piemontese comb::ittè b g-uerr::i

1848- 49. Essa era costituita da una tunica di colore .turchino scuro, lunga linu .1 pochi centi metri al di sopra del ginocchio, :i due petti per tutti. ,alvo cht per i mu~ican1i, che l'ebbero ad un petto. l pantaloni erano dello stesso colo re. Le diverse Armi e Corpi si distingue,·ano dal diverso colore della mo streggiatura al colletto, alle manopole, :illc spalline ed alle bande d ei pantalo ni. Al disopra della tunica si indossava u11 cappotto bigio, a due petti, lu ngo si no ~otto al ginocchi o. Gli ufficiali superiori indossavano il pastr ano bigio e quelli inferiori portav:rno una m ;intel Bandiera di battaglione del reglina dello stesso colore. Sulla tunica i militari portavano gimento « Nizz(I >> 11el 1814. un cinturone di cuoio nero, al quale nano assicurate un:i giberna e la borsa per la sciabola. Lo zaino era rig ido e pesante, di pelle nera, con le cinghie dello stesso colore.


Gli ufficiali portavano la spada a l fian co, median te un cinturino .• nch 'esso nero, con un fermaglio a last ra, sulla guak erano im presse le iniziali del Sovrano .

Unifnrm,, dello F,1ntc,i11 piemo-ntc,e nel rS_n-

11 copricap.> era di feltro nero, a tronco di cono, l:i rgn in basso la visiera o rizzontale, la coccarda cd i finimenti metallici , comistenti nel trofeo ed in

<: stretto in al to, con un 'armaturJ. interna di ferro,

un a catenella a treccia , sostenuta da masc heroni color g iallo-oro, il !-Ottogo b nero, la nappina di lana, di forma LJUasi sferica, a colo ri differenti a seconda delle compagn ie. Il trofeo per il rnpri ca po della


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Fanteria di linea era uno scudo col n umero del reggi mento, sormontato dalla corona reale, per i grana tieri dalla g ranata e per I cacc1a1ori dal corno da caccia. Gli ufficiali portavano, invece, gli ornamenti di metallo dor ato, lJ n appina ed i galloni d'argento. La coccarda azz urra venne sostituita, il 4 giugno 1848, con guella tricolore. Nel 1832 era stato prescritto che tutti gli ufficiali portassero intorno alla vi ta la sciarpa azzurra . A partire dal 1 ° agosto l 848 uk: sciarpa venne por.tata a tracolla. L'arm amen to della Fanteria si componeva, anche nel 1848, del fucile, della baionetta e della sciabola. Il fucile era a perrnssione, del modello 1844, e la dotazione individuale di munizioni era di 40 cartucce. Nel 1839 era stato prescritto che la Fanteria dovesse entrare in c~impag na senza la sciabola, lasciata sol tanto ai sottufficiali, ai cacciatcri ed ai g r:matieri; ma nel 1843 tale ordine era stato revocato , per venire nuovamente ripri sti nato subito dopo la ca m pagna del 1848, tanto che i fucilieri parteciparo no alla campagna del 1849 senz,1

,r:iah0] ;1. Assai più notevoli e soprattutto più durature riforme di indole lirganica introdusse nell 'esercito piem o ntese, negli ann i 1831-32, il Marchese di Vilbrn:.irin:i, Ministro della Guerra con Carlo Alberto. Egli, infatti, conferì all'esercito piemontese l'ordinamento che, in rnmpìesso, esso conservò fino al 1848 (1) e che ser vì a fa r gli avere la forza c he piL1 sono indichiamo. ( 1) Per oper:1 appu nto del Villamarina - . secondo lo C happeron - b terma clei scld;iti p rov inciali fu ridott:l a 14 mesi, <la passarsi consecuti vamente ~tto le arm i. Il loro obbligo di servizio fu di 14 ann i, dei qua li 8 neircsercitc auin1 <' 6 nella rise!'l'a . l reggiment i cli Fa n1nia furono 1r:1,fnr111:11i in hri gatc cl i 2 reggimenti. Ogni n:ggi menlo a\·c,·a 2 ba tta glioni in p;it·e e 3 in g uerra. T b auaglioni erano d i I co:npagnia g ra natieri, 4 rucilieri e 1 r :10-ia tori. I ba tt :1glioni cacciator i fu. ron o pui sciolti c gli uomini ripartiti fr:1 i reggimen ti. L:1 brigata Guard ie si con1po,e d i 1 reggimento granatieri di 2 b attaglioni in p:Ke e 4 i11 gm:rra e di r I ct:gimenlo cacciatori di sol i 2 batt:1glioni in pan: ed in guc :-r:1. ~u La C:l\·alleria fu ridotta a 6 sq uad roni per rcggime1110 t'd :irruola\'a solo uomi ni di <>J1h1a nza. L':\n:glieri a fu , ,rdinala su 2 r eggimenti di 14 comp agnie; poi, nel 1833, riordina1,1 su 8 brigat e. \li cra n:• 2 br igate da p i:izza ( 12 compagnie), 4 brigate


1I l

L'esercito piemontese e la sua efficienza nel 1848. Per effetto delle riforme del Villamarina, l'esercito pi emontese.:, nel 1848, comprendeva, sul piede Ji pace: - Fanteria: 1 reggimento granatieri guardie, su 3 battag liun i attivi; I reggimento cacciatori guardie, su 3 battaglioni attivi; 16 reggimenti Fanteria, su 3 battaglio_n i attivi ; 4 co mpagnie bersaglieri; Cavalleria: 6 reggimenti su 6 squad roni: - Artiglieria da campagna : 12 batterie; - Artiglieria da piazza: 12 compag nie in 2 brigate; - Genio: 1 compagnia m inatori e 3 zap patori. L'esercito, mobilitato, per la prima guerra d'indipenden za, po~t: formare 2 Corpi d'Arma ta, ciascuno di due Di vi~ioni di f;111leri:1. ed una Divisione di riserva, con una forza com plessi va di 65 battaglioni, 36 squadroni e 1 20 ca nnoni. All 'in izio del la g uerra i rcparll non erano al completo . da bauaglia (8 compagnie, 2 a ca,·allo e 2 da posizio ne), 1 brig ata opcr:lÌ (3 compagnie operai, 1 pontieri), 1 hrig::lla speciale d i Sankgna. I p rov inciali ;1sscgnati all'Artig licri:i fa cc,·:inn 3 ::in;1i cl i frrm3. G .rnni in ,on~.:::.lv ndl'c ,0:1 cito atti vo e 4 nella riserva. L'esercito così costituiLG venne in parte mobilitato nel 1~4 0 e la m ob ilit:1 zionc parziale d ovcuc, a quanto sembra. dàrc risultal i sodd isfacenti, poich~ non dimostrò la necessità di mo<lifirnrne l'ordinamento. Li ferma dei soldati di ordin;in 7.~ scg11itò ad es,erc Ji 9 anni e (judh ,le, provincia li d i 14 mesi: m a la dur:na ciel scn·iz io fu portat;i a 16 ann i. dei quali 8 ncll"csercito attivo ed 8 nella ri serva. I so ldati di ord in:in za erano i 11 nu,sima parte v0lo nt;1 ri o rimpiazzanti . I provin ciali erano rulli cli leva . Nel 183-,1 fo aggi unto 11n lii ha ttagli,rnc atti vo al rc~girncnto gr~na1i ,·ri g ua1die ed il reggimento cacciatori ebbe 4 hanaglioni , <lei q uali 1 , di deposito. in Sardegna. Nel r8.W i bauaglioni furo no ridotti :i 4 compagnie. Nel 18iì fu formato il Corpo dei Bersaglieri, prima di :2, poi di 4 comp:1g11 ic Nella Cavalleria, furono amm essi solda ti provinciali con ) .1n11i ,li fcrm , e 10 in congedo illimi t:110. L'Ar111a fu r ipartita in 2 bri):!ate e più tardi fo r rn<'i u na Div isione. L'Artiglieria fu partata a 10 brig;itc con l'aggiuma d i 2 briga te <la c:unpagna. Le compagnie diventarono 31 , delle quali r ponti eri , 4 o pcr:1i , 12 da piazza, 2 a cava llo, 2 da posiòone, 8 da banaglia, 2 Ji Jepos ito. Il Genio ebbe I compag nia minatori ~ 3 zappatori. il reclutamento era regionale per la Fanteria di linea; nnion ale pet granatieri e le armi speciali. [ cacciator i era no esd usi,ameme sardi. I pro,·inciali portavano a casa, all'ano del congeclamenLO, i 1 ve.~tiario e Ja. çciavano l'armamento al magazzino del Corpo.


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Ma quale poteva essere l'efficienza morale e m ateriale di una rak compagine armata? ln complesso, per la campagna del 1848, l'esercito mobilitato an-cbbe dov uto raggiungere la forza d i 70.000 uomini ; m a, per il precipitare degli avvenimenti, per il mancato accordo dell'azione poli ti ca con le esigenze militari e per l'improvvisata mobili tazione, esso non potè scendere in campo che con 35.000 combattenti e soltanto nel mese di luglio il passaggio al piede di guerra potè dirsi ul timato e l'esercito potè grada1amen te aumentare il numero dei suoi uommi. Ma Ja tale aumento non ne ebbe certo resa più salda la compagine e l'efficienza. Infatti, le ultime classi di provinciali richiamate in ~cr\'izio per la guerra, costituite com'erano di uomini già avan ti neg li an ni e preoccupati della famigl ia, n~sero assai eterogenea la costituz ione delle U nità, nelle quali , coi soldati d'ordinanza, g iovani e ben i~truiti. non si potevano facilmente amalga mare quell i provinciali, <"he purr costituivano la grande maggioranza dei com battenti (1). .\ti è bene prender e in t:same il v:ilore di ciascuno deg li clcmrntì , hc :1vn:bbero d ov uto concorrne alla efficienza m il it:-ire de l Piemonte d.il Com:1ndo dell'esercito agli ufficiali cd ai soldati.

IL Co~ur-;oo SuPRE"to E LO STATO M..\GG IORE DELL.ESERCITO . Come ~i è già detto, il Comando Suprem o dell'esercito ven ne assu nto d:1 l Re C:.irlo AlGerto, con a Capu di S. M. il generale di Salasco; 111:1. i11 verità, non sì può affatto pa rlare d i un ve ro e proprio Co111.111 do Suprem o bene o rganizzato e degnamen te preparato fin dal tempu dì pace. E ciò potè rilevarsi fin da i primi giorni della campagna, 1.1ua ndo il Re. non ostante la presenza del di Salasco, si sentì più ,·o ltc indotto a ch iedere i consigl i del Ba va, il quale fi nì per avere, ~ull':1nd:1mcnto delle operazioni, lo stesso influsso d'un vero e proprio Capo di Stato Maggiore, pur conservando sempre il coman<Ìo del I Corpo d'Armata. :'\o n si co mpren de poi perchè a nche il Mi nistro della Guerra , 1-!cncrak Franzìni, dovesse segui re personalmente le operazioni dell'esercito mobi litato, invece di adempiere ai suoi co mpiti politici e militari nel paese. Ciò fu dovuto forse al passaggio troppo r ecente del Piemonte al regime costituzionale.

( 1) C fr. Eno A1u~) Sc:A1.A: « Stor::.i politico - militare moderna " ·


Circa l'azione da svolgere da parte dd Comando Supremo, nulla <. ra stato predisposto. Le Grandi Unità non erano costituite fin da ltempo di pace e fu necessario improvvisare la stessa formazione di guerra dell 'esercito, fra gravi divergenze di pareri. li di Salasco ~o~tcneva, ad esempio, la formaz ione non per Corpi d'Armata, ma per Divisioni, come si verificò poi nel 1849 e nel 1859. Anche la zona di radunata dovette essere stabilita all'ini zio delle O!>tilità. Nulla era stato poi concretato per quanto si riferisce ad un vero e proprio piano di guerra. Questo - poichè tale non poteva dirsi l1uello compilato nel 1847 dal capitano dei bersaglieri L ions. - do\'ette essere improvvisato a Cremona il 4 aprile , nel primo dei tant i Consigìi di gue rra tenutisi durante la campagna. Consigli di g uerra, 11ci quali , per le divergenze di idee ,·erificatesi fra il D e Sonnaz cd il Bava, :ippariva se mpre più del eteria la mancanza d'un a qualsiasi discipl ina delle intelligenze. In guanto allo Stato Maggiore dell'esercito. esso non esisteva affatto lJUalc noi lo intendiamo ai nostri giorni. Le sue fun zioni era110, infatti , limitate a quell e del protocollo e soprattutto alle lc·J:itr ~opcgr;,hchc. t.rnt0 che t..ik Cui pu t.o me afferma b Rd azionc ,jella Commi ssione d'in chiesta - non diede e non potè dare al Cn mando collabora to ri intelligent i: nè durante l:i preparazione ddl a 1.,1n 1pag11.1 , 11è per la condotta del le opc:r:1zioni.

Il periodo trentennale di pace fra il 1815 ed il 1848 era tra~rnr~o. per l'esc:rcito piemontese, senza che i Capi destinati a com andarlo si accorgessero che esso doveva rappresentare un periodo di elaborazione indispensabile fra l'epoca napoleonica già ch iusa e quella molth1na non ancora iniziata. Le invenziom ventìcatcsi ed i perfezionamenti , 11umcro5i cd importanti, conseguiti ndle armi da fuoco 1xirtatili e nel le artiglierie erano servi ti soltanto a suggerire criterì tattici spesso fallaci. L'inilusso degli insegnamenti napoleonici, pur divulgati da studiosi chiarissimi come l' Jomini ed il Clausewitz, no n era riuscito per nulla efficace nel la preparazione:: degli ufficiai i destinai i ai Coma ndi più alti. Essi, infatti, si erano troppo facilmente rassegnati a ritenere sufficiente, per la loro cultura, b conoscenza dei regolamenti e la capaci tà di appl icarli e di farli applicare in ogni circostaQza. con criter1


cvidrntcmcnte ispirati all'osservanza della loro lettera, più che a q ucll;.i del loro spirito. Nulla avevano tratto i generali pi em ontesi: nè da lla scuola francese, seguace di Napoleone, nè dalla scuola pru ssiana che, dagli insegnamenti napoleon ici traeva la sua missione volta all'avve nire; scuola pru~sia na, che pure tanto doveva influire a render chiara l'import:1nza della cultura professionale. Per co nvincersi di ciò, basta sfogliare le relazioni pubblicate dall"Ufficio Storico del Corpo di Stato Magg iore sulla campagna; basta leggere, ad esempio, i rapporti sc ri tti dal Bava e dal D c Sonnaz e ricordare le dolorose conclusioni tratte dall'esame del le relazioni suddette da l generale Nasalli Rocca, nel suo opuscolo su « Le nostre tradizioni di comando )) ( r). :vfessi di fro nte al vecchio Maresciallo Radetzky - più che settant enne, 111:1 :111cor memore dell'es perienza acqu istata nel pericdo 11:1po lco ni co . come m;,1gg ior generale in Italia durante la campagna del 1805 ed a Wagram nel 1809 e come Capo di Stato Maggiore dello Sehwa rzc m berg nel 181 3 e nel 1 8 r 4 - i genera Ii piemontesi non potero no non sentire tutto il peso della loro impre parazione. A quest:· il Re cercò rimedio nei f rc<..1uenti Consigli di gue rra, durante i ( 1) C1rc,1 I impr,·p:i razio11e dei 1w,t1 i generali. la Rclaziont: della Corn,1w,,iu11 c J "in,h iesta. prcsicd ura ,bl gencr;ile P::iolucci - rcbzione com p ibt:1 .la Carlo Promi, - wsì si esprime : " . .. ìvbnc:rno :db1t,> le Sc110Ie super iori: non si stu,lia e, per conseguenza. purn ,i s:1 e <Ìl'gli errori dei generali la Nazione p:1ga il fio. ,, :-:011 tu : LÌ ccrtamrnte t'.l i ufficial i ,upniori e generali possiedo no un tra t r:110 mil it ;ire o s::in n, 1 orie111a rsi sopra una caria topagra tica o conoscono b co mbin:.izionc delle tre Armi o passiedono gli elunen ti della for tificazione di ~ampagna. Purtro ppo . nei tanti rapporti letti <lalla Commissione, ben pa,hi sono ..:i uclli. d ai <pi a li si possa argomentare che !"autore abbia capito la ragione delle mosse che andava eseguendo e la loro cooperazione con quelle degli altri Corpi ; ch e abbia saputo ac.lopera re a tempo cd a luogo l'Artiglieria, fa re agire le sue truprx· culb 111:1 1:t:iore efficacia. · ;, t)uakhe ~i;ore era inC\'Ìtabi le per mancanza di t'sperienza personale. Jopo .H anni d i pace; ma restava pur sempre b scien za che è l'esperienza storic:1. ncs.:i uta e ridotta a principi. specialment e dopo le immortal i campagne di ~ apolcom; ·-- e fu sco noscillla ». L1 ste~sa Relaz ione rimprovera p oi a l Barn di non aver saputo, nei suoi rapporti. « .<cd1rc ovwllJUe cd i11 ogni circostan za alle ~·agioni primarie [ della sconfina I e cioè : ma ncanza di un piano d i guerra , cattiva organizzazione dell'esercico. Jelìcic11,,a di mezzi i11tdlettuali e materiali, c.liretti cd indi rt'tti ». . _~è.. pu nroppo, i Quadri dell'eserci to piemon tese, specialmente per c1u:into -' 1 ritcnscc agl i :ilti _e:r;1di , appa rvero mig liori n elle c:impagnc segu enti I


yuali i Capi ddl'cscrcito, gelosi l'uno dell'altro, troppo Jisc utevano e troppo insistevano perchè il proprio disegno prevalesse ; così che ~pesso tali Consigli terminavano senza aver condotto ad alcuna conclusione. Si finì, per conseguenza, con l'adottare uno schieram ento a corJ one e col rifuggire da ogni vigorosa offensi va, anche yuando il nemico ne offriva l'occasione, come, ad esempio, duran te la ritirata austriaca da Goito e durante l'attacco del Radetzk v contro Vicenza. Si ebbe la tendenza a disseminare l'esercito su un fro nte tro ppo esteso ; così che ne risultò una linea debolissima in tutti i punti, facile quindi a spezzarsi là dove il nemico avesse portato il suo urto principale. Prima di Custoza, l'esercito si trovò disteso, infatti, co n 6 0.000 uom in i circa, da Manton a Rivoli. Si dimenticò che scopo della guerra - come aveva i.nse~nato apoleone - doveva essere, innanzi tutto, la distruzione del n~mico. E, se molti di questi errori - come il Bava non esita a dichiarare - passano attribuirsi aJ Re, troppo cavalleresco, no n per lJUCSto a ppare meno cviJente la responsabilità e la deficienza dei suoi coll aboratori, i quali non av rebbero dovuto acconsentire, ad esempio, al tcnta.tivo di difendere dall'ira nemica ogni regione ed ogni citt\ ;tlb riti rata per la Lombardia anz ichè per la destra de.l Po, al disinteres~amento assoluto delle questioni politiche che turbavano la Lomhardia eJ a tutti quegli errori . che furono, senz:l dubbio, imiemc :i molt i altri fattori di diversa indo le, causa no n ultima dell'insuccesso. AJ alcune di tali deficienze avrebbcsi dovuto ccrcan: ri medio efficace durante l'armistizio; ma il prevalere dell'opinione pubblica, in massima favorevole al proseguimento della guerra, le condizioni dell'erario, il quale non poteva a lungo sopportare le spese militari troppo ingenti per il piccolo Stato, le speranze nuovamente suscitate dai torbidi interni dell'Austria, non permisero che l'armistiz io venisse prolungato quanto sarebbe stato necessario per l'opera di completa ricostituz ione, che la campagna precedente ave va Jimostrato indispensabile. Denunziato l'armistizio il 12 marzo, la nuova campagna dovette, invece, iniziarsi quasi nelle stesse condizioni d i quella del 1848 e Novara ne fu il triste epilogo.

Gu

Il Corpo degli ufficiali, che si era andato formando dopo le epurazioni del 1821 e del 1831, non poteva, infatti, non ispirarsi, nelb sua preparazione, alle idee del tempo; idee per le UFFICIA.LI. -


quali - come ricorda il Fabris (1) - si considerava la vittori,1 risultato esclusivo Jel valore individuale e si era convinti che, per ben comandare, bastasse soltanto avere del coraggio. In tempo di pace << le manovre di piazza d'armi - afferma il G iannotti (2) - non erano altro che spettacolose esercitazioni, giudicate inappuntabili quando si eseguivano marce in battaglia, al suono d, tutte le musiche, conservando il perfetto allineamento, o compassati cambiamenti di fronte, senza perdere gli intervalli tra un battaglione e l'altro ... Veniva considerato quale comandan te di reggimento ottimo gucl colonnello, che sapeva far manovrare due o tre battaglioni nell'angusta piazza Reale di Torino n . Quale meraviglia, dunque, se la Commissione d 'inchiesta per la campagna del 1848 doveva poi stigmatizzare l'ignoranza dei quadri? « Gli ufficiali delle Armi comuni dice infatti, in proposito, la Relazione - sono. purtroppo. lontani dalla cultura dei Francesi e dei Prussiani . L'avanzame nto per a nz ianit;1, J/,mdiera della Fanteria ren dendo di ne~sun profitto lo st11pie111ontese nel 1832. dio, ne li distoglie. <1 L 'ufficiale studioso viene piuttosto malviso che la~ciato in pace dai Capi e, tra essi, quei pochissimi che vanno stud iando l'arte della guerra sono costretti a celare ai compagni il loro sapere per sfuggirne i dilcgi; mentre la propria ignoranza viene allegramente confessata da molti giovani e, purI roppo, confermata, nei fatti, da molti vecchi!. .. " Negli esa mi e nell ' Accademia militare, l'arte della guerra si richiede e s'inscgn::i con tropp::i supcrfìci:1lità; in seguito sono pochissimi che vi badano. L'ignoranza, tollerabile (perchè non molto dannosa) in un semplice tenente, si fa piena di pessime conseguenze nei m~1ggiori gradi ... ( 1) FAB1US: « Gli avveni111cnti militari del 1848 e 1849 », :i cura ddl'Ufficio Storico del Corpo <li Stato M:iggiore. (.2) G1ANNon1: « Ricordi di un amico allievo della R. Accadem ia militare d i Torino ».


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,

:. Da guesta ignoranza nacgue che pochissimi capi seppero fare non ciò che era a loro m aterialmente prescritto; pochissimi pen-

.,, L 'uniforme ,te/la Fantcn,1 p,emontt:se

11l'I

,

842.

sarono a certe cautele, così naturali e sempl ici (come lo esplorare il terreno), che volga rmente vennero persino omesse ... ,>. ·


.:!18

Dopo il 1831 - dice lo Chapperon, n ella sua opera già più volte citata - il Corpo degli ufficiali aveva finito per acquista re una certa omogeneità cli spirito, « sebbene la provenienza di essi fosse va ria. Alcu ni ufficiali provenivano dall'Accademia di Torino, molti dai sottufficiali, mol ti dai c:idetti , sostituiti poi in seguito dai soldati dist inti. I cadetti erano giovani che si dedicavano alla carriera militare ed erano assegnati ad un reggimento; vivevano però alle case loro e venivano al Corpo solo per le istruzioni. I soldati distinti, invece, vivevano al reggimento cd erano trattati come truppa e non conseguivano il grado di ufficiale, se non erano passati per quelli di caporale e sergen te. " La pietà di Carlo Felice e di Carlo Alberto, l'influenza dei gesuiti, la sorveglianza esercitata sui militari in seguito :.1i moti del 1821 e 1831, avevano avuto effett i sfavorevoli sul Corpo degli ufficiali ; vi si er:.i introdotta una ipocr isia religiosa per entrare in favore dei superior i ; congregazioni rel igiose avevano le loro diramazioni ndl'esercito e vi alimentavano partiti e sospetti. Un ufficiale diffidava dell'altro e le azioni di tutti erano invigilate dalla polizia da una parte e dalle cong reghe religiose dall'altra. ,< L'avanzamento procedeva ad anzianità. Solo t)el 1847 erano stati creati i Consigli di promozione, che dovevano esaminare i titoli degl i ufficiali per gli avanzamenti a scelta ».

L\ rnuPPA. - · Pur essendo costituito da uomini, ai quali non rnan( a,·ano di certo, anche per l' influsso di antiche tradizio ni (1), buone lfualità militari, l'esercito piemon tese, come si è già detto, era formato ( 1) Cf r. S::AL!.: « Le istituzioni m ilita ri sabaude dei secol i XV e XVI ,>. Si consulti anche il li volume di quest'opera. ,, La Relazione della Commissione d·inchiesta sulle cause Jell'esito della c:1mpagna così si esprime circa l'organizzazione dell'esercito sardo per la campagna del l848 : « La situazione politica del nostro Stato, la conformazione delle sue tron1iere cd il sentimento d 'indipendenza, che fu sempre in cuore alla generosa dinastia dei Savoia, furono cagione dell' importanza che ebbero sempre presso noi le cose mi litari . ,, li nostro c;overno ebbe :i risolvere il dirficilc problema d i tenere pronta :illa guerra una poderosa armata, seni.a cagionan:, in tempo di pace, una spesa troppo sproporz ionata alla fi nanza. A questa difficoltà fu sopperito in vari mo<l: nei tempi andati, ma , venuto al trono il Re Carlo Alberto, al fine di accrescere maggiormente l'armata pel caso di guerra, fu ordinata u na nuova organizzazione delle truppe <li Fanteria in qualche parte simile a quella dell'esercito


Ji soldati d'ordinanza e di solJati provinciali. I primi erano obbligati a rim~nere sotto le armi per 8 anni consecutivi; i secondi prestavano, mvece, serv1z10 soltanto per 14 mesi per la Fanteria, 2 ;rnni p~r i Bersaglieri e 3 per la Cavalleria, l'Artiglieria e il Genio. Per i soldati provinciali l'obbligo al servizio durava 16 anni per la Fanteria, prussiano, la quale, non sanz ionata ancora dai cimenti della g uerra, fu purtroppo anche ~ontraria ai dettami della scie nza mili tare. I 19 reggimenti onde venne composta la nostra Fanteria (non comp reso il reggimento cacciatori Guardie, che ebbe una fo rmaz ione eccezionale), vennero formati su 4 batta glioni di 4 compagnie cia scuna, dei quali 3 compcnevano la forza atti,·:1, e d oveva no essere i battaglioni di guerra. ed il quarto rima neva al deposito. per scn ·irr poi, in tem po d i g utrr:i , eia nucleo di riserva e per !"amm aestramento dellr reclute. « La truppa, che do veva compiere i quadri d1 questa rip:irtizion e, veniva composta di 17 classi. La 1" classe si componeva dei ~oldati d 'ordinanza, i q uali, parte chiar:,aci per la k gge di cosc rizione e partt arruolatisi volontariame nte. non dovevano oltrepassJ.re il numero d i 25 circ:i per compag nia e serv iva no per 8 anni. « Altre 8 classi. fornite da 8 successive annualità di coscr i;;,;ione, dai 20 :ii 28 anni , cost ituivano, con la prima, i battaglioni d i guerra al completo, somministrando cia sc una 25 uo mini , e queste ~ono le classi dei provinciali. C hiamati all"età <li 2 0 anni , questi rimanevano ai Corpi solo 14 mesi, rinnovanJosenc ogni anno la classe, dopo i quali rito rnavano alle loro case, per non essere più chia mati sotto le armi se non ra ramente, in occasione dei campi cl"esercitazione, e per soli due mesi , cosa che accade,·a per d ue volte al più nei 7 anni che rimanevano nella classe pro,·i nciale. Le ultime 8 dassi costirn i,·:1110 la ri serva, alla quale pass:ivano i provi nciali, compiuta l'età d i 28 anni, per a lui 8, senza più essert chiamati, se non pel tempo di g uerr:i ; e queste non avevano altri Quadri se non quelli scarsi che furono assegnati ai pic(Oli b:1ttaglio n1 d i deposito; cosicchè, in tempo <li guerra , do,·cndo partire anche la risen·a, nè potendosi abbandonare i òepositi necessari a rifornire J·uomin i J"arma t:1 , queste: cla ssi, che dovevano comporre una forza quasi uguale a quella dcll'arm:ita atti,•a, non ebbero nè uffiziali, nè bassi uftìzial i. Così, in tempo d i pace, k compagnie attive, alle quali aggiungevansi alt ri 10 uomini di cla sse provi nci:ilc tratti dal deposito, consta vano appena di 70 uomini e dm·eva no in g uerra salirr a 225, fra i quali so lo la nona parte erano solJari d 'ordinanza . i\1oti , i J i ecn nomia ed anche la deficienza di volo ntari erano cagion e che gli uo mini <l 'ord inanza, i soli che con tale sistema potessero avere educa;;,;ione militare, arri vassero anzi rara mente a ,·e nti: cosicchè le compagnie erano. può d irsi. in rieramente rinnovare ogni anno. << I due mesi in cui i coscritti tro,·a vansi riun it i con b , lasse precedente dovevano senza posa impiegarsi alla loro istruzione ccl all'esercizio delle armi per renderli abili in quel breve tempo a surrogarla , e non che trasmettersi alcuna tradizione di spirito militare, non potevano neppure conoscersi. In quei 14 mesi, che il coscritto p:issava sotto le bandiere, i buo ni germi , che pur sono nel 1;ostro sol d ato (i germi dell'anti co soldato piemontese'). non a\·e,·ano


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14 per i bersaglieri e r3 per le altre Armi·; ma essi, pur dovendo costituire, a mobilitazione ultimata, la massa del l'esercito, non venendo richiam2.:i alle armi per istruzione durante la lullga pace, finivano col perdere l'abitudine alla discipl ina e la ne :cssaria conoscenza del servt zto. tempo di svilu pparsi, la disciplina non an:va campo di portare i suoi trutti, lo spirito militare, la religione della bandiera non Pote\·ano ingene rarsi e l'istruzione milit;m;, non che radicarsi, non poteva compiersi. Quel perpetuo avvicendarsi degli 11omini componrnti b compagnia, che dev'essere una famiglia, s<:iolse ogni ,·incolo morale tra soldati, bassi ufficial i ed uffic iali, per modo che non era\'i nei soldati t1udla fiducia e- quella de\'ozione nei superiori, che fo la forz:1 e l'unità nelle ar111ate, ma non conoscevano d'ordinario i loro ufficiali 1wppure di nomr . ,, I soldati provetti od i bass'ufficial i ne prendeYano disgusto pel mestiere delle armi; e gli uflìà.d i si scoraggiavano del poco e passeggero frutto del loro zelo. Nacque così una reciproca indifferenza fra il soldato e gli ufficiali, che nell;i Fanteria passb in ;ibitudine, rnlchè niuna influenza morale escrcitava si dagli ufficiali sulb truppa. ,, Un altro ostacolo ad ingenerare lo spirito militare in sì breve tempo era nella (omposizìonc elci rcgg;menti per provincie. L'istruzione poi era più limi tata ancora di quanto lo permettesse il brc\"e tempo del scnizio del prnvinciak. La s::uol::i del ti~(), così es:::~nzi:de per l:1 ~uer!":1, er2, per risp:innic <li spe~at limit:ita :il ,onsu1T,o di d ieci cartuccie per uomo: l'esercizio alle fazioni. delle truppe leggere, cotanto necessario nelle frastagliate p ia nure lombarde, era stato affauo tras~111<lato . « Il m:11 fermu passo e J"i11eompetcna nelle evoluzioni riYclano ad evidenza b debolezza della nostr:i Fanteria nei mm·imenti tattici, e gli ufficiali stranieri, che avevano visitato i nostri campi di esercitazione, l'avevano più rnlte notato ed attribuito alla poca Fermancnza del soldato sotto le armi. « La poca istruzione che davasi alla truppa era anche una conseguenza del sistcm.1 che seguivasi d'impiegarla esclusivamente nei servizi di pubbl ica sicurezza , anzic.hè prepararla per la guerra. Generalmente una metà della forza cr:1 di sen·izio oc! in qu,irtiere o di guard ia, ed era raro che il soldato dormisse più di du~· notti successive. L;li ufficiali erano in parte fornit i dalla Regia Accademia Militare e<l in pane ammessi, per via di esam i, dal g rado d i bass'uffiziale, ed anche della cbsse non militare::. 1 progr:1mmi di questi esami cr:ino assai estesi, ma k esigenze troppo limitate, cd il favo re vi aveva :111che un:i larga p;irtc. Occupati per lo più nei minuti doveri di quartiere e negli <:sercizi delle evoluzioni, mostravano molto zelo, cli~ciplina e spirito milit;ire, e faccvansi eccel lent i nelle abituali manovre tattiche; ma il governo non ne n1rava punto !"istruzione. Perdevano l'uso dello ~tu<lio, nè più cercavano sollev;irsi a quelle maggiori cognizioni necessarie ai gradi superiori, ai quali arri\'avasi per solo diritto di anzianit:'t. " l c;impi d'esercitazione non era no, può dirsi, se non una più vasta piazza d'armi, e gli stuòi :: le pratiche della difficile arte della guerra erano cose ignote alla più gran pane, e semplice oggetto di erudizione a pochi . L'assoluta


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I tristi effetti di tale stato di cose si ebbero, purtroppo , a constatare durante la campagna del 1848 nella giornata di S. Lucia e più :1ncora durante il ripiegamento dal Mincio al Ticino. Quando gradatamente, dopo che la campagna del 1848 era stata già iniziata, l'esercito potè vedere aumentare il numero dei suoi centralizzazione a mministrati va <lei Corpi n egli uffici ministeriali, resa vieppiù csig, nte ùa una congerie di regolamenti :iccumulatisi da lunghi anni , costnngcl'a i Capi dell'esercito a sottoporre ogni cosa :1lla dc:cisiont' d el Ministero e delle aziende e produsse la comoda abitudine: d i rifuggire d a ogni responsabilità , la q uale, passa ta di g rado in grado a tutti gli ordini d ell:i mil izia ed insinuatasi poi ovunque, fu portata anch e in campo, dove g li orùin i dell e operazion i militari n on possono sempre eseg uirsi letteralmente t ' clo,·c la rapidità degli eventi esig.: rapide determina zioni; il che fu non u lt ima c;1gione delle peritanzc e d elb in su fficien za in m olt i, particolarm ente nella p rima ca mpagna. <, La picciolezza delle com pagnie, l'abitudine alle armi, naturale nel n ostro Paese, e le qualità apparenti dovute :ilio zelo cd allo spirito militare degli ufficiali, avevano, in tempo di pace, illuso su lla nostra Fanteria la n;1zione, che i.:redeva con quella organizzazione d 'a,·er pronto alle armi un eserc ito di ottanta mila uom mi, con 1111a spesa sproporzionalmeme piccola. Non solo nella Fanteria , ma anch e in tutte le altre Armi , il Gon·rno a1·e1·a trasc urato di pro muo,·ere lo studio e l'esercita zio ne nelle cose delb guerra. Se l'.\nigli cri:i si er:1 fatta eccellen te in tutto quanto si riferi sce a lle fazi oni campa li , ci<'> era Jo,·ut o piuttosto alla migliore sua org anizzaz ione ed all a solerzia Jcgli ufficiali, che :ii su ssidi che n e ricevesse dal ·Governo, e m anca\'a tuttavia d 'istruzione nell e operazioni d'a~sech o, pcrchè nc•n le si dHan o i mezzi di procurarsela; la Cava lleria doveva poi la sua incontrastabile su periorità, oltre al suo spcc:::ik: orga· namento più forte, a lla buon,1 istruzione d iffusa dalla scuo la d 'equitazio ne, ma d ifettava poi di quella che riflette le riconoscenze, gli avamposti e sirnili altri servizi della g uem1. Il modo di contabilità che seguivasi 11011 era :ippJicahilc alla mobiliù d ella g u erra cc.! i serv iz i accessori della sanità e della su ssisten za, così importanti per un 'a rmata in ca mpag n a , non solo n1rn avevano :1lcun mate· riale pred isposto, m a n eppure un 'organizzazione scritta . « L 'ar rr.ata , dunque, non er:1 stata preparata per la gu erra , e b sua pane princi pale, la Fanteria, ave,·a un 'organizzazione, p e~ m ezzo d ella quale potel'asi bensì riunire sotro le :umi , p er i dì delle ba1tagl:e, un gr:111 num ero di uomini, m:i nùn di soldati, e non g li ufficiali necessari per condurli. Soprag· giunta in 1r.arzo d ell'anno 1848 la g uerra, Luue le classi provinciali furono ch iamate ad ingrossare i batt:iglìom attivi, impinguandone le compa g nie, che ne furonc• così dilatar:: nella proporzione da due a nove. In qu este in genti com pagnie, ccmposte novdlamente di uomini per la ma ssima parte priYi di spirito rn:litare e ritornati dopo una assenza di uno o due fino :t sette anni, pressochè nuo vi alle armi, d a lle case loro, ove moltissi mi avevano lasciato moglie e figli, il coma ndo, l'istruzione, la vigilanza, l:1 disciplina Jo,·eyano riuscire quasi impossibili ad ufficiali abituati al comando di 70 uomini , e tanto più n ei pericoli e nelle perturbazic ni delle battaglie.


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tiomini (1), la costituzione delle Unità diYenne eterogenea, non potendosi i soldati provinciali faci lmente amalgamarsi con quelli d 'ordinanza, che erano, invece, tutti giovani e bene istruiti.

La Fanteria di linea era armata di fucile liscio a percuss10ne, ad av;111carica: i bersaglieri del la carabina a cann a rigata . La Cavalleria aveva la sciabola; soltanto il primo ed il sesto sguadro ne di ciascun reggimento erano armati anche d i lancia. L'Artiglieria era di visa in batte rie da battaglia ed in batterie da " Ciò no:id irm:11u, la 110,lra Fanter ia, spinta d a ll'entusiasm o un :vcrsale e da l sentimento c1·onort· suscit:rtu allora da l plau so d ell'in tera n azione e fidente nella ,·iu oria, inc::1lzò con mirabile ard ore il nem ico fin nelle sue fortezze ed illustrÌ> rnn (jUaltro rn esi di ,·ittorie l'onore della nostra .Bandiera. Ma è p u r forz:.i che si d ica il vero, e c:rdano le illusioni, pos, i;ichi: il passato de,· c ser vin· di scuo l;1 all':1,·,·e nire . Cli intelligen ti che osscn ·;n-ano da Yicino b nostra trupp:1 nxk ,·ano la F:1 11 tcri:1 11 011 apprcss:1re per lo più ahbasta111.a i suoi fuochi al nemico, e q u esti, più timido a11<0,·a, av;1nza rsi peritando e mettersi fo c;Jmenle in fu~:i: yeJe,·::1m~ mille sintomi d ' indisc ip lina a mala pena conten uti fra lf stesse \'ittoric; YcdeY:tno nei calore delle batt:iglic con fondersi le righe; i timid i sostare, gl i arditi spingersi dalla terza I ig:1 nell:t prima , intrecci:irsi tosto le com pag nie e perfino i rrggimcnti, cd in tal confusione riescire inutile l'oper:i e la voce degli s,·arsi ui'rici:il i, onde daìie ,·ittorie ricav,n·asi poco frutto e le ritir:11e faceY:insi disordinate; 1:1khè potcasi pre,·edcre che, quando il nemico, su perato lo stJ Lo di ,kp,essio nc morale a I quale soi;g :a-:eva, riu sc isse a respingere vi,·a n,entc una prim:r volta l'urto della nostra trupp:1. sa rebbe p urtrop po di\'ellt:tto im possibile di riordinarla all':macco, o d i farla ritirJre combattendo , per rcstilllirc il rnmhattimrnto su u n'altra linea. Si ,·inse, in lÌne, per valore irHli Yiduale e per superiorità mor:il c sul nemico, non per quelle solide qualità mili tari, che snno Jurcyo)i e possono far presagire successive v i1torie su un'arrn:tta ben cost ituita e potin:1ce, t1u:11i tà ch e non possono essere se non il frutto d i forti istituzioni rnilit:tri. « Di f:nt i rn::incò affalto nd nostro t sercito, in quclb ca mpagna, la perdu ran z:r nel di,:r,tro, cd il primo infortunio tocc:.1togli a Cusloz::1 gli fu fata le. Si spense tosto ogni Jìducia e sorse da u 11 male in un altro "asto disordine che più non si corresse, e la cui r:1dice t ra appunto nella cattiva organi zzazione"· (1) L:1 ReLnionc della Comrn issione d ' Inchiesta sulle c:iusc dell 'esito della ca rnpagn.i r;corda. :r proposito delle truppe, qu:into segue: '' L'cscr.:;tu pien 10n tcsc, pcl suo modo d i formazio ne, che era sostanzialmente quel lo degl i eserciti pcnnanenti m oderni, r,dutati con la coscrizione, rapp rcscntav:r, nel la Hl:1 ma ssa , fede lmente il Paese, nelle sue classi m eno ;1g iate · ccl Hl p:i , 1i.:o'.:1rc in ,1uell:1 del com:.1d i110 e nella giusta p roporzione Jclb popolaz.10ne d'og n i pro\' incia. J\yveni,·:i che, per debolez1.a dell 'org:in izzaziom: <lei-


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pos1ZJonc. Quelle da battaglia avevano cannoni da 8 libbre, le a1tre cannoni da 16 libbre. La tecnica di combattimento delle tre Armi s'ispirava alle idee del tempo e I 'istruzione relativa tendeva specialmente a rendere le truppe capaci di compiere rigidamente complicate evoluz ioni cli piazza d'armi. Le istruzioni si svolgeva no, cli massima, nel campo di S. Maurizio. L 'addestramento tattico della Fanteria non rispon dev:i al criterio del la semplicità. Si curava molto l'istruzione formale, per tiuantc si riferisce al non facile maneggio ed al lento caricamento delle armi. Si curava moltissimo il particolare, anche m inuzioso, senza per altro l'esercito, non avendo il soldato una propria educazione m ilitare, i suoi st'.11timenti non potevano d ifferire da quelle classi a cui appartenev;1 . « I nd urito alle: fat iche, obbediente e c :i pace ad un tempo d i slancio e dern1:ione, il nostro contadino, abituato da lunga pezza alla coscri:r.ione e conscio delle glorie militari dei padri, ebbe in tutti i tempi lode di buon soldato e rese illustre la nostra swria militare; ma è forza d ire che tremaquattro :11111i d i pace e l'accresci uto inci,·il imcnto scemarono di rnolt0 lo spirito 111il itare nella nostr:1, ,ome in tutte: le altre popolazion i europee. Lo ~,·il uppo del co mmer.: io e d 'ogni ,nan:cr.:1 cl.industrie presentarono agì; ingegni :-.vegliati migliori irn p icghi

c.:

St>pratutto più sicuro aYvenirc che non il mestiere del le armi; gli agi e le dolcezze Jelb , ita <lomestica, cresci uti in tutte k classi, resero più pcnos:1 la d11rezza della vita militare. e g li spir iti più indipende nti :1,,nggettaron,i 1•iÌ1 d1flici!mente alla di stipli n:J. Quind i il numero d ei volon tari d cll'cser<"ito si i:1cC\·a da lung hi anni sempre più scarso e i pochi, oJ erano clis( iolt i .:hc ,·i .:erca,·ano un rifug io (.bll'autorità p:iterna, od inetti rhc non potc,·:1no :1Itri. menti g uaJ:ig narsi il pane; quasi nessuno per spirito mil itare. « Il b reve tempo che il coscritto passava sotto le arm i era cons;dcrato (ome una crisi transitoria della sua vita , un trib uto da pagarsi allo Sta to. " G iovani , eh..: godeva no l,1 stima e l'amore dei superiori e che ,·ed e,·a no d innanz i a loro aperta tutta la c irri t r:1 militare, anelaYano :il g iorno in cui potessero avere il loro congedo; bassi uffic iali p ro,·eni abban<lo n:nano le :umi cd il merito acquistato con lung hi anni di sen· izio, per applic 1rsi ad um ili mest ieri ed in que,; to ù a ,·eva una l.1rg,1 p,trte :111chc la GlltiYsl organiz,.:izinnc; soldat i di una cena ca pacità intellettuale onnai più non si truY:i,·ano. ,, Questi son fa tti chC" si larnenta,·ano Ja gra n tempu e si l:1men t:H·:1110 tul· t:iYia, non solo nelb nostra armata, ma ezi:.mdio in paesi che si tro,·a,ano in rn ndizioni politiche e morali s: mili alle no~tre, fa iti che dimostrano affievolito ovunque lo spirito militare. « L:i guerra da noi combattuta, no n a;trimenti che gli altri a,·venimcnti militari dei nostri tempi, posero, purtror,po, in luce tiuesto male, pn cui la ciYiltà europea è minacci:11a d ' un:i. seconda irru zio ne nordica, se nelle nazioni libere nuov,; ist itu zion i, piì, consone alle cond izioni morali dei popoli, non venga no a raffor,.;ire la miliz i:i "·


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che le truppe venissero in alcun modo esercitate nell 'applicazione al terreno. Per il combattimento i battaglioni veniva no preceduti da un velo di cacciatori che, dopo avere iniziato il fuoco, si ritirava no sulle ali. Il battaglione, per l'azione di fuoco, si spiegava in linea su tre righe, ~i di stanza efficace dal n emico (300 passi). L'azione di urto era tenuta in onore e le truppe venivano, infatti , sufficientemente esercitate nelPassalto alla baionetta. I Bersaglieri, allora così poco numerosi, avevano affidati compiti molteplici. Secondo la Relazione della Com missione d ' inch iesta , essi avrebbero dovuto, infatti, esplorare il terreno, fiancheggiare le marce di una intera Divisione, proteggere le ritirate, iniziare i combattimenti . La Cavalleria veniva :J ddestrata nella carica in fo rmazio ne rigida, coi soldati a contatto di staffa e soltanto nelle piazze <l'armi. Essa non avrebbe potuto, per conseguenza, dimostrare le sue buone qualità in terren i intricati; nè aveva alcuna preparazione per La b.tnd:e,a data all'escrci1{) piem ontese ne{ 1848 l'esplorazione vicina o lontana. L ' Artiglieria era , nel com p lesso, assai bene istruita; ma non venne im piegata ug ualmente bene. Quest'Arma - d1ce, in proposito, la Relazio ne della Comm i~sione d'inchiesta già citata - superò, duran te la campagna, la sua s;-upenda riputazione ed, a parità di circostanze, e, per l'intelligenza nell a scelta dei luoghi, frequenza e giustezza nei tiri di adattamento dei proiettili, vinse costantemente l'austriaca. I generali di Divisione e di brigata non la impiegarono, però, mai in tutta la sua potenza, b sci:rndo sempre oziose molte bocche da fuoco . Il più delle volte non s'im pegn~rono che sezioni o mezze batterie mentre gli altri pezzi r imanevano inoperosi H. T ale era la tecnica di combattimento alla quale venivano addestrate le tre Armi; nè; in verità, in quei tempi, si poteva sperare di più e di meglio, date le qualità degli u fficiali , fedeli alle tradiz ioni ed animati da un profondo sentimento del dovere; ma non forniti delle cognizioni necessarie per un 'efficace azione di comando e non abi tuati a considerare le particolari esigenze del tempo di guerra.


Difficoltà inso rmontabili - scri ve il Baldini (1) - incontrò la mobilitazione dei servizi poichè, all 'atto della mobilitazione, mancava no carri, cavalli e personale adatto. Nell a fretta di entrare in campagna, non si potè provvedere a nulla, all'infuori di alcune colonne di munizioni. Per i viveri si dovette fare assegnamento sulle promesse del Governo provvisorio di Milano, il quale era animato da buo n volere ; ma non era in grado di misurare il valore di quelle promesse e le difficoltà di mantenerle. L'esercito rimase affidato ai fornitori, i quali organizzarono alla meglio il servizio fino al Mincio. Ai trasporti ad oriente del Mincio do,·ettero provvedere i Corpi con le loro carrette: necessità, questa, che costituì un grave impaccio per le operazion i ed un danno per b d isciplina. Al principio della campagna i soldati dovettero, infatti, marL1a re talvolta a lungo e rimanere per 24 ore senza vitto, tanto che, alla fine della guerra, poteva dirsi raro quel reggi mento, che 11011 avesse perduto da IO a 15 uomini per inedi:i. Ug ualmente soffrirono i cavalli. C irca la grave deficienza dei ser vizi logistici durante la guerra . il generale Alfonso L :i M:irmo ~:i asserì c- hr b m;inca nza cl i v Ì\'t·~i aveva contribuito non poco alla scon fitta finale. E tutto questo si verificava proprio n ella Lombardia, nella più fertile regione d'Italia I

( ,) Cfr. B.,w,:-:.1:

«

Le cam pagne del 1848

t'

del 1849 111 Italia ,,.


lii.

LE FANTERIE NEGLI ESERCITI DEGLI ALTRI STATI ITALIANI Poichè alla prima guerra per la nostra indipendenza concorsero, almeno all'inizio, contingenti degli altri Stati d'Italia, oltre ai volontari dei quali parleremo nell'apposito volume, diamo qualche cer.no sulla composizio ne e sulle caratteristiche degli eserciti degli Stati più importanti, specialmente per quanto r iguarda le Fanterie . Faremo seguire qualche considerazione per confrontare l'efficienza, e specialmente le energie spirituali, di questi eserciti con quelle dell'esercito sardo - piemontese.

Le Fanterie nell'esercito toscano. li Granducato di Toscana, restituito alla Casa di Lorena (Ferdinando Il l), disponeva delle truppe seguenti (I): - 3 reggimenti di Fanteria a 3 battaglioni su 6 compagnie; 1 battaglione veliti ; I battaglione veterani ; - 3 battaglioni guardacoste; - r reggimento di cacciator i a cavallo; -1 Corpo di cannonieri dell' Isola d'Elba. In tutto 6 .000 uomini, dei lJUali 4.500 sotto le armi (2). In Toscana vigeva la coscrizione (salvo che:: per i guardacoste, volon tari , chiama ti in servizio solo in circostanze straordinarie), conservata anche dopo la riorganizzazione de] 1853 e ten1pcrata dalla surrogazione. Cfr. Ci 1111·PERl>K, op. cit. (2~ Vienna considcra\'a b Toscana come un feudo imperiale ; ma la d igni tà ,lel Pnnctpe, rnnw !"amor proprio della popolazione. voleva no co nservare l'::iuto· nomi;;_ Cf r. Poc;~1s1: « Storia politico - militare " · ( 1)


Del valore di tale esercito dà qualche idea la seguente lettera, inviadal generale De Laugier al generale Bava nel 1848; anno nel quale il Granducato dì Toscana intervenne, come è noto, alla prima guerra per l'indipendenza nazionale, con una Divisione di 6 .000 uomini. tra regolari e volontari, comandati prima dal generale D'Arco Ferrari e poi dal De L augier. << Quartier generale toscano ddle Grazie, 26 maggio 1848. (< • • • frattanto non <leggio tnlasciare di darle un brevi~simo cenno delle condi1,ioni, in cui queste truppe si trovano. « Trascurato ed eziandio sprezzato per trcntaquattr'anni, non poteva il !llilitarè to~cano , di tutto sprovvisto, ed improvvisamente entrato in campagna, acquistare in un tratto ordine, disciplina, istruzione. A tJuesto militare associati informissimi battaglioni civici, come er,; possibile ottenere k \'Ìrtù indispensabili? « Di tali elementi composta, urge alìa nostra milizia una sollecita e norm~lc riorganizzazione:. Non essendovi truppe p~r surrogare le toscane sulla linea che ocrnpano, onde poi devenire alla provvidenza suddetta, parmi non restare altro mezzo da eleggere, per conseguir tale intento, se non quello di chiamare a due o tre alla volta in codesto esercito i battaglioni toscani, incorporandoli provvisoriamente in 3 diverse Divisioni e facendoli t]Ui sostituire da altrettanti battaglioni piemontesi, i guaii se rvirebbero, intanto, come di specchio e maeu 11iforme della Fa111eria stri ai Toscani, che su questa linea rimat"iswna nel , 8 8. 4 nessero ... )) (1). Dopo il r 849 il Governo granducale, per evitare la grave spt'sa all'uopo necessaria, studiò il modo di rim:mdarc in patria il Corpo la

(1) Da t1 uesta lettera si. rile,·a quale consiJl.'.razione godesse, in Toscana, !"esercito piemontese. I contingenti toscani si bat terono, per altro , assai bene a Curtatone ed :i Montanara.


di occupazione austriaco, intervenuto a proteggere il Governo, e decise di ricostitui re l'esercito toscano. Tale riorganizzazione venne iniziata nel 1853 dal generale dell'esercito austriaco Ferrari De Grado, il quale ebbe le fu nzioni di Mi nistro della Gue rra ed imitò l'ordi namento organico, disci plinare cd amministra ti vo dell'esercito austriaco. In Toscana ve nne così conservata la coscrizione; il contingente annuo fu di 2-400 uomini; la ferma di 8 anni. Fino al principio del r859, l'esercito si compose di 12 battaglioni di Fanteria su 4 compagnie (dei quali TO battaglioni di linea, I di

l3a11d1cra t,·icolore dd Granducato dr T oscana ( 1848).

veliti. I di bersaglieri) ; 2 squadroni di Cavalleria; 2 batterie campali. 1 compagnia d'Artiglieria da piazza ed, infine, 5 com pagnie cannonieri guardacoste. Esso ebbe, cOsì, la forza cli 10.000 uomin i, i quali, 11!edian tc il previsto sdoppiamento delle Unità, avrebbero dovuto raddoppiarsi in caso di guerra. Partito il Granduca in seguito al pronunciamento del 26 - 27 aprile 1859, il Governo provvisorio chiamò a coma ndare l'esercito il generale Ulloa, il quale potè formare: - 5 reggimenti di Fanteria di linea, p rima su 3 e poi su 4 battagl ioni; 1 reggimento granatier i su 2 battaglion i; 2 battaglioni bersaglieri; 1 reggimento dragoni su 4 squadroni ; 1 reggimento d'Artiglieria ; 2 compagnie del Genio. Sbarcato il 23 maggio a Livorno il Principe Gerolamo Buonaparte col V Corpo d'armata francese, il generale Ulloa costituì, di


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tutto l'esercito toscano, una Divisione, che da Pistoia giunse sul Mincio il 6 luglio e che, dopo l'armistizio di Villafranca, passò anch'essa agli ordini del Re Vittorio Emanuele II. All 'Ulloa venne sostituito nel comando Giuseppe Garibaldi. Chiamato al Ministero della Guerra in Toscana l'allora colonnello Cadorna, questi fece adottare all'esercito i regolamenti piemon tesi e gli fece prestare il giuramento di fedeltà a Vittorio Emanuele. Alle brigate venne dato il nome di « Pisa » , << Siena », << Livorno " e, successivamente, «Pistoia». Venne poi stabilito (30 dicembre 1859) che i reggimenti di Fanteria ed i battaglioni bersaglieri toscani a ssumessero una numerazione a seguito di quella vigente per i reparti dell'esercito sardo; e quindi (gennaio 1860) venne promulgata in Toscana la legge sarda per il reclutamento. Chiamato dal Cavour a reggere il Ministero della G uerra il generale Manfredo Fanti , cd avvenuta l'annessione, col R. D. del 25 marzo 1860, venne stabilito che l'esercito toscan o come anche quello dell'Emilia - venisse riunito con l'esercito sardo. G li ufficiali e i sottufficiali avrebbero avuto il grado e l'ìmpiq{o che aveva no alla data dell'annessione.

Il Granducato di Toscana che, come abbia mo già visto, non avcYa un forte esercito, dopo che il Granduca Leopoldo Il aveva accennato a voler partecipare, costretto dalle circostanze, alla prima guerra per la nostra indipendenza, _fX)tè inviare, nel 1848, due colonne: un:.1 com_fX)sta di due battaglioni livornesi, un battaglione volontari pisani, gli studenti delle Università di Pisa e di Siena che si unirono insieme in un battaglione universitario. Questa colonna ebht un;:.i forza complessiva di quasi 2.000 uomini. Un'altra colonna, Jella forza di circa 4-000 uomini , era al comando del De Laugier e mosse direttamente da Firenze su Mo<lrna. Dopo che il Governo piemontese ne ebbe accettato il concorso, le truppe toscane il 16 aprile iniziarono il passaggio del Po cd il 24 si trovarono di fronte a Mantova, con un nucleo a Curtatone ed uno a Montanara. In complesso il contingente toscano [u costituito da 2 reggimenti di Fanteria, 5 battaglioni di volontari e di Guardie civiche, 1 battaglione universitario di 280 uomini, nel quale gli studenti erano inquadrati dai rispettivi professori. La forza compl~ssiva del con-


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tingente toscano, al comando del generale Dc L aug ier, fu d i Circa G.ooo uomini .

L'esercito pontificio. N el secondo volume di quest'opera abbiamo parlato a lungo d elle lorzc militari dello Stato Pontificio nella Storia moderna ed abbiamo ricordato anche qualche reparto della mil izia urbana o civica. Anche nel secolo XIX l'esercito pontificio non era molto numeroso: il che era pienamente giustificato dalla missione spettan te al Ponte/ice, il c.1u:ile aveva bisogno di pache fo rze militar i, special"nt"\.. JJl..! "~- S''" "'; ~1· p~ 1;t;_,, ;"t~r"' " \..~ "pr "1'lntenerP l'o rcl1'11p\.. p ub Tn \.., L\J .t-'I l i i ~ ' hl f AIl e 1 \.. bl ico. L'eserci to pontificio dipendeva, <lcl resto, dalle autorità ecclesiastiche, le qu:di non er;ino certo adatte a promuoverne l'efficienza ed a sostenerne le energi e moral i. Nel 1834 l'esercito avrebbe dovuto avere la forza di cir ca 1 7 .000 uomini, d ei ljuali 3.700 ca ra binini e bersaglieri, particolarmente d estina ti a tutelare l'ordine pubblico. Esso com prendeva truppe reclut:: te nel paese, mediante arruolamento volontario, e truppe straniere, quasi esclusivamente svizzere, il cu i arruolamento era regola to da ;ipposite convenzioni, ~t.ihilite con la Svi,,zera nel 183T; co n ve nz.ioni che, come sappiamo, servivano a m antenere in vita una con suetudine orma i antica, visto che anche il l'a pa, quando le F ante rie svizzere si cr<rno affcrm,lte in tutta l'Europa , ne aveva vo luto alcuni reparti aì suo se rvizio. Questi reparti avevano <limost rato sempre m olta disciplina ed una devota fedeltà al Pontefice cd aveva no combattuto con molto Yalore anche contro i Lanz ichenecc hi, in occasione- del sacco di Roma \..l

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1527.

Ne! t8..;7, dopo !'asces;i al Papato di Pio IX, l'esercito pontificio ve nn e riordinato a cur,1 di una Commissione presieduta da Monsignor dc· Medici, allora << presidente delle armi )) _ Inoltre Pio IX aveva concesso l'istituzione della Guardia civica che, riformata anche ess'.1 nel 1847, costituì in Roma 14 battaglioni, uno per rione, ed ebbe afhdata la tutela della sicurezza pubblica, tanto nella Ca pitale quanto nell e provincie. La Guardia civica aveva anche il compito, eve ntuale, d i rafforz:u e l'esercito.


Quando l'Austria occupò Ferrara, la not1z1a suscito molta sorpresa nello Stat~ ~o~tificio, dov~ sì parl ò perfino di guerra, si promossero sottoscnz1ont per l'acquisto delle armi e si costit uì :i Forlì un campo per la milizia. L'occupazione di Ferrara suscitò, inoltre, molto entusiasmo per la Guardia civica, il cui sviluppo fece perfino consickrarc la possibilità di sostituire con essa I·esercito_ Questo aveva la fo rza cornples~iva di IO.ooo uomini, 650 cavalli e 16 cannoni e, nel 1847, non aveva potuto pervenire alla forza prevista di 15 .000 uomini. Dati gli scarsi risultati dice il Caracciolo ( 1) - dei lavori della Commissio ne, il 10 !,cnnaio fu proposta una istanza alla Consulta, per chiedere la riforma dell'esercito e la nomina di un comandante t>nergico e capace. Ana loghe richieste ven n ero presen tate da una petizione firmata da duecento ufficiali. La Consulta, facendo sue quelle proposte, presentò un rapporto del Principe Odescalchi e del Conte Pompeo Campello. In esso si chiedeva di invitare da qualFante pontifìcio nel d?48 . che altra Potenza italiana un « g enerale capace di dare util i consig li al Mini stro della Guerra ,, e poi si specificava addirittura che bisognava ri volg ersi al Piemontc, ( r) Cfr. lo studio del generale JVIARIO C.\RACC!O W DI h :ROLE TO su ,, Il contributo mili tare deg li Stati Ital iani all"uni t:ì J "ltalia 11, nel pregernlc volunw " Il primo passo verso l'unità d'Ital ia 1848 - 49 "· pubblicato dall 'L' fficio Storico del nostro Stato Magg iore nel 19413.


" rn cui lo spmto militare rimase sempre vivo ed energico ». Intanto, contrariamente alle consuetudin i, venne nominato Ministro alle Armi il Principe Gabridli, che fu la prima perso na laica nel Governo Pontificio. Nel 1848, dopo che il Pontefice, nel manifesto del 10 febbraio, :weva detto di « aver cercato <li avere di fuori ufficiali che venissero in aiuto a quelli che onoratamente servono il Governo pontificio ))' fu concretato un piano di riordinamento dell'esercito, che non venne però attuato. Nel mese di marzo soltanto la Guardia civica venne nuovamente riformata e sostituita ai battaglioni di riserva, con una forza complessiva di 12.000 uomini , c he dobbiamo considerare soltanto nominale. Nello stc:sso mese di marzo succc:sse nd Miuistero Jelk Armi al Gabrielli il Principe Aldobrandini, il quale, consigliato dai generali piemontesi Giovanni Durando ed A lessandro Avogadro di Casanova, ordinò la formazione di un Corpo di osservazione al confine, composto di 4 reggimenti di Fanteria, 2 di Cavalleria, 3 batterie di Artig lieria e 2 compagnie del Genio. Il g iorno 21 marzo venne aperto l'arruolamento d~i volontari. Due giorni dopo il generale Durando fu nominato comandante del Corpo di o sservazione di cui sopra ed ebbe come intendente il Conte Campello; mentre il colonnello Giuseppe Ferrari, promosso ge nerale, venne posto al comando dei Corpi ciYici e volontari. Nel 1848, per quanto riguarda lo Stato Pontificio, il contingente di truppe che doveva partecipare alle operaz ioni venne co mposto d; 2 Divisioni di 7.000 uomini ciascuna; una di truppe svizzere regolari, agi i ordini del generale piemontese Giovanni Durando, ed una di volontari e di Guardie civiche al comando del generale Ferrari. li Durando, che aveva anche il comando di tutto il Corpo di spedizio ne, aveva come aiutante di campo, col grado di colonnello, Massimo D'Azeglio. Le Guardie civiche costituivano 4 legioni, delle quali la quarta era composta di Bolognesi. Il Papa benedisse le truppe partenti, alle quali affidò l' incarico di <( difendere i confini della Chiesa ». Alle 2 Divisioni di cui sopra si aggiunsero anche i Corpi franchi, fra i quali fu particolarmente notevole quello comandato da Livio Zambeccari ( 1 ). (1) Per le operazioni compiute dai Corpi franchi, si consulti il IX volum e di <p1est'opcra, Jc<licato ai volontari di guerra.


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Il Comando delle truppe pontificie si stabilì a Ferrara il 13 aprile. Le prime Unità volontarie arrivarono a Bologna il giorno 20. I Corpi franchi vennero dislocati lungo il Po: a Francolino, Pontel agoscuro, Bondeno, Stellata e Revere. Un battaglione oltrepassò il Po e sostò ad Ostilia, dove, tra il 22 ed il 23 aprile, presi i necessari accordi con l'esercito piemontese, si recò anche la Divisione DuranJo, autorizzata a portarsi verso il Friuli. A tale scopo la Repubblica Veneta si assumeva il mantenimento dell'esercito pontificio . Il 3 maggio il Durando era a Treviso e, poichè Venez ia sollecitava l' intervento delle sue truppe ed i volontari condotti dal Ferrari si stavano riunendo a Bologna e non erano ancora pronti, si prn ~Ò ad una riorganizzazione delle forze pontificie, in modo che le due Divisioni avessero entrambe aliquote di truppe regolari, di volontari c di Guardie civiche. In seguito a questo riordinamento, le due Divisioni ri sultarono così composte: - quella al comando del generale Ferrari ebbe: 2 reggimenti granatieri e cacciatori, un'aliquota di Guardie civiche e di volontari, 2 squadroni di cacciatori a cavallo ed una batteria regolare; - b. Divi sione Durando fu costitnit:i rhlb hrig:it:i t>stcr:i, composta in gran parte di Svizzeri, <la un'aliquota proporzionale di G uardie civiche e di volontari, da una batteria regolare e da carabinieri a piedi ed a cavallo. Per il precipitare degli avvenimenti questo riordinamento vcnne attuato soltanto in parte.

L'esercito napoletano. C'.,on la restaurazione dei Borboni, l'esercito napoletano risultò dalla indispensabile fusione dei residui di quello murati a no con le eruppe che avevano seguìto Ferdinando I dalla Sicilia. Tale fusione venne iniziata a Salerno, nello stesso anno 1815: prima secondo i suggerimenti di una Commissione, del la quale entrarono a far parte generali provenienti dai due eserciti e, quindi , per opera del generale austriaco Nugent, nominato Ministro della Guerra. Questi ristabilì la coscrizione soltanto nel Napoletano, istituì cna milizia civile simil e alla Guardia Nazionale per il mantenimento dell'ordine, e ridusse le forze dell'esercito regolare, ordinandolo a somiglianza di quello aus triaco.


Nd

l'esercito napoletano comprendeva: la Guardia Reale ; 14 reggimenti di Fanteria; 4 battaglioni cacciatori ; 5 reggimenti di Cavalleria. Iniziatisi nel Napoletano i moti del 1820 con un pronunciamento militare, costretto il Re a concedere la costituzione spagnola, i costituzional i, decisi a resistere alle minacce della Santa A lleanza, raccolsero intorno all'esercito tutte le forze disponibili; ma tali truppe non resistettero a quelle austriache e Ferdinan do I, tornato nel Regno alla testa di queste ultime, sciolse ta nto la milizia civile, guanto l'esercito. Questo fu poi r icostituito, licenziando quasi tutti gli ufficiali ddhmtico, sostituendo alla coscrizione arruolamenti volontari a premi, con: 15 reggimenti di Fanteria, dei <.Juali 3 di Fanteria leggera; 4 battaglioni cacciatori; - 5 reggimenti di Cavalleria, dei quali 2 di dragoni; - - la Guardia Reale, che non era stata sciolta. Ben presto, però, si dovette tornare alla coscrizione, salvo che per la Sicilia, dove gli isolani difficilm ente s1 sarebbero rassegnati al serviz io obbliga torio. 11 Re l"'ranccsco I -- così come doveva avvenire poi anche in Toscana - per por fine all'onerosa occupazione austriaca, r icorse specialmente all'arruolamento di Svizzer i, i quali costituirono ben presto la principale forz a del Governo_ In Sicilia si formarono I reggimento di Fanteria e 2 battaglioni caccia,ori, composti esclusivamente (ufficiali e truppa) di volontari pagati dai cittadini, ch e in tal modo compravano i gradi. Sal ito al trono Ferdinando II , questi comprese la necessità di ocrn parsi della riorganizzazione dell'esercito, ch e venne, infatti, compiuta secondo i consigli del generale Filangier i. Si effettuò una certa epurazione nei quadri e nelle truppe ; si conservò la coscrizione nel Napo letano; si portò la ferma ad otto anni e si diede all'esercito l'ordinamento seguente: 1820

Guardia R eale - Guardie del corpo. 2 1 2

reggimenti granatieri a 2 battaglioni ; reggimento cacciatori a 2 battaglioni ; reggimenti Cavalleria a 4 squadroni.


Linea. Fanteria: 10 reggimenti napoletani a 2 battaglioni; 2 reggimenti siciliani a 2 battaglioni; 4 reggimenti svizzeri a 2 battaglioni; 6 battaglioni cacciatori. Cavalleria: 3 reggimenti dragoni a 4 squadroni; 2 reggimenti lancieri a 4 squadroni. Artiglieria: 2 reggimenti a 18 compagnie; I Corpo di Artiglieria a cavallo ; 1 batteria svizzera; J battaglione operai e pontieri; r battaglione del Treno ; reparti di Artiglieria litoranea. Genio: 1 battaglione di zappatori minatori. I battaglione di pionieri. I battaglioni erano su 6 compagnie. In caso di guerra i reggimenti di Fanteria dovevano formare un terzo battaglione e quelli di Cavalleria un quinto squadrone. Vi era, inoltre, una numerosa gendarmeria a piedi ed a cavallo e delle compagnie armate pel servizio cli sicurezza in Sicilia. I reggimenti siciliani erano costituiti, come si è detto, di volontari. L'esercito ebbe così - esclusa la Milizia urbana , già istituita a Napoli nel 1833 e le Guardie d'onore formatesi nclk città più im portanti - la forza complessiva di 44.000 uomini, dei quali 7.500 costituivano la gendarmeria, 5.000 la Guardia Reale, G.ooo erano svizzeri ( 1 ). L ' esercito napoletano - secondo Guglieìmo Pepe (2) - era assai bene istruito per c1uanto concerne l'istruzione formale ; ma, avendo assistito, nel 1848, alle evoluzioni eseguite da 2 reggimenti Ji Cavalleria al diretto comando del Re, pur avendo ammirato la gran(r) Queste cifre mettono in riliern la speciale caratteristica dell 'esercito napoletano, destinato specialmente alla tutela J ell'ordine interno. (2) GUGLIELMO PEPE : (< Delle rivoluzioni e delle guerre d.'ltalia nel 1847, 1848 e 1849. Memorie ,,., Tip. A.rnaldi, Torino, 1850.


dc precisione con la quale le truppe eseguivano le evoluzioni, il Pepe stesso notava che il Re con siderava « questa parte elementare della scienza della gue rra com e la parte più elevata)). Do po il 1849 Ferdinando II aumentò il numero dei battag lio ni cacciatori; ma, per l'opposizione determinatasi intanto n ell 'opinione pubblica svizzera alla concessione d i contingenti ai Sovr.a ni assoluti, nel 1859 - dopo lunghe ed infruttuose .t rattative con la Confederazione Svizzera e dopo varì espedienti, ammutinamenti e feroci repressioni - alla morte d i Ferdinando II, tutti i r eggimenti svizzeri vennero sciolti. A sostituirli si provvide con a rruolamenti individuali , fatti in 13aviera, in Austria e nella stessa Svizzera. Si ricostituirono così i battag lio ni caccia tori e si formarono i nteri Corpi di carabinieri stranieri. Secondo lo Chappc ron (1), l'esercito delle Due Sicilie, nel 1860, comprendeva i seguenti Corpi, p ei quali l'obbligo al servizio era di 10 anni, dei guaii 5 di ferma.

Guardia Reale. Fan teria: 2 reggimenti granatieri a 2 battaglioni di 6 compagnie; 1 n:ggi mrnto cacc1aLO ri a :! battagliom di 6 compagnie; 1 battaglione tiratori a 6 com pagnie. Cavaller ia: 2 reggimenti usseri a 4 squadroni. Linea. Fanteria: 15 reggi m enti d i linea a 2 battaglio ni di 6 compag nie; 15 battag lioni cacciatori a 6 compagnie; 3 battaglioni esteri a 6 compagn ie. Cavalleria : r reggimento carabinieri a cavallo a 4 squadroni; 2 n.:ggimenti dragoni a 4 squad roni; 2 reggimenti lancieri a 4 squadroni; 1 reggimento cacciatori a cavallo a 4 squadroni . Artiglieria: 1 batteria :1 cavallo; 2 reggimenti a piedi su 3 battaglio ni; , battaglione operai e 1.xmtieri. ( 1) Op. r i1.


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Genio: I battaglione zappatori - mina to ri ; 1 battaglione p10n1en. I reggimenti di Artig lieria a piedi avevano 1 battaglione da fortezza e 2 da campagna; ogni battaglione da campagna 4 batterie di 8 pezzi. Vi erano, inoltre, Guardie del corpo, Fanteria di Marina , compagnie provinciali di veterani.

Circa l'esercito napoletano, ci sembra opportuno riportare L}Uanto ha scritto il generale Mario Caracciolo di Feroleto, nel suo recente studio sul contributo militare degli Stati italiani alla prima guerra per la nostra indipendenza. « L'esercito napoletano aveva oscillato fra grandi prove di valore e giornate di evidente inconsistenza. Quegli stessi soldati napoletani che, nelle campagne napoleoniche, avevano scritto le più gloriose pag ine tra i combattenti italiani, così da esser citati ad esempio da Napoleone; quegli stessi che si cran comportati con tanto valore in Spag na, aveva no poi tanto mal figurato a Velletri; mentre, sotto l'austriaco Mack, avevano ceduto contro i Francesi di Championnet, pochi giorni dopo gli opponevano quella tremen<la e feroce resistenza sotto Napoli, che lo stesso Championnet dichiarò fra le più eroiche che avesse mai visto. Soldati sensibilissimi, come e più degli altri Italiani, alle qualità dei Capi, s'erano andati deprimendo sotto il comando dei generali stranieri (l'Ulloa scrisse: Sopra ogni altra cosa fu alle milizie 11apoletane fatale di-aver dovuto combattere sempre le battaglie dello straniero ... , tale considerando anche il Borbo ne). Neg li ultimi tempi poi s'erano infiltrate nell 'esercito le passioni politiche, il carbonarismo da una parte e l' aumentata reazione legittimi sta dall'altra ». Circa gli ufficiali - come h a scritto l'autore già citato - salvo i non molti che erano reclutati fra i sottufficiali in seguito a<l appositi corsi, provenivano in gran parte dal glorioso Collegio Militare dell 'Annunziatella, che ha dato all ' Italia soldati ed uomini insigni per provato patriottismo: Colletta, d 'Ayala, i due Mezzacapo , Cosenz, Pianell, Primerano, De Benedic.ti s, Guglielmo Pepe, Carlo Pisacane, Vincenzo Orsini e altri molti, così come aveva dato scrittori militari fra i migliori d'Italia: da Giuseppe Palmieri e· Luigi Blanch


(Jimessosi all'entrata degli Austriaci a Napoli nel 1821) fino a Nicola Marselli. " L'ambiente di quel vivaio di ufficiali era improntato a italianità, per quanto lo consentivano i tempi. Basilio Puoti, il celebre purista, nel suo insegnamento delle lingue, diceva: ... Scrivete la. vera

U111formi dell'cscrcÌ!o 11apolet11110 nel 1848.

lingua d'Italia. lo VOJ[/io avve:zzarvi a sentire italianamente ed avere in cuore la patria ,w.iim; e de Sanctis dava lezioni di letteratura che

erano lezioni di italianità. << Al gruppo di giovani più colti ed ardenti, cui pesavano gli ingiusti giudi zi sull'esercito, si opponevano gli assolutisti, fanatici ado-


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ratori del Borbone. Era , quindi, vi vo ed aperto il contrasto fra liberali e<l assolutisti, fra ammirato ri del Murat e seguaci del Borbone, fra unitari e m eridionalisti ». Anche nello Stato napoletano i m oti popolari, la formazione di reparti volontari , decisi a soccorrere i fratelli lombardi» e le agitazioni promosse tra i militari d agli ufficial i che conservavano ancora vivo il ricordo di Gioacchino Murat, indussero il Re Ferdinando II a partecipare alla prima g uerra per la nostra indi pe ndenza ed il 16 aprile il 10° reggimento Fanteria di linea, costi tuito quasi tutto di Abruzzesi, forte di soli 900 uomini, sba rcò a Livorno per portarsi sul teatro dell e operazioni . Vennero poi inv1at1 in Alta Ita lia anche reparti cli truppe regolar i post~ al comando <lei generale Guglielmo Pepe ed il Corpo di spedizione napoletano venne costituito da una Divisione <li 1 6.000 uomini, alla q uale Bandiaa tricolore adottata per il l?cavrebbero dovuto seguire gno delle Due Sicilie il 3 aprile 1848. altri 24.000 uo mini . l reparti vennero inviati a spizzico e non in piena efficienza pere hè m:1lc inquad rati e sprovvisti di tutte le armi necessarie. Come è no to, traendo pretesto dai disordini avvenuti nel l'interno, il Re ri chiamò il 15 maggio le sue forze regolari ; ma, LJUando il Pep~ ri cevette, il 22 m aggio, l'ordine di far rientrare le truppe, preferì r imanere, ass umere il comando dei volontari e recarsi nel Veneto. Delle truppe regola ri seguirono il generale P epe so ltanto r battaglio ne di cacciatori e circa 300 artiglieri con 8 canno ni . Il Re fece richiamare anche il IOQ reggimento Ji linea, che gi~ aveva combattuto con molto valore a M onta nara, a Cur tatone cd a Goito e m inacciò di far confiscare i beni e cli far prendere in ostaggio i capi-famig lia per coloro che no n avessero obbedito all 'ordine di rientrare. Per conseguenza, anche il 10° reggimento di linea ritornò a Napoli , dove ve nne sciolto. D alla Sicilia p otè intervenire solta nto un piccolo nucleo di volontari, non essendo stato possibile o rgani zza re per l' im presa reparti regola ri veri e propri. (1


Tralasciando il toscano e quello pontificio, entrambi troppo deboli per venire paragonati agli altri due eserciti, diremo ch e l'esercito piemontese e quello napoletano costituivano, senza dubbio, i due ordinamenti militari più considerevoli tra quelli dei vari Stati italiani. L'esercito piemontese, ove no n fossero sta ti commessi troppi e troppo gravi errori, era senza dubbio il più for te e, per i suoi scopi e le sue tradizioni, anche il più saldo . Come afferma il Corsi, esso poteva giustificare ancora « il concetto in che le milizie subalpine erano, da ben tre secoli, tenute presso le altre nazioni d'Europa )>; poichè, a fronte degli ultimi rovesci, stavano i gloriosi combattimenti che avevano illustrato le armi piemontesi nelle prime campagne d 'Italia. Inoltre esso, dovendo servire ad una politica nazionale e non soltanto dinastica, era il meglio o meno peggio preparato militarmente e moralmente ad assumere, nel 1848, la difesa della Causa italiana ed a sostituire, passando il Ticino, i colori dei Savoia con la bandiera nazionale. Del piemontese ben diverso - se non per la forza numerica, per gli speciali scopi ai c1uali doveva ser vire - era l'esercito napoletano. Nato, infatti, dalla fusione di due eserciti diversi e già seguaci di due Cause assolutamente contrarie ; riorganizzato, come c1uello toscano, da un generale austriaco e con sistemi austriaci, l'esercito napoletano, ben lungi dal potersi considerare nazionale. era escl usivamente dinastico, destinato soprattutto a sorreggere il trono dei Borboni ed a rispondere, in special modo, alle esigenze della politica interna e del! 'ordine pubblico. Nè di ciò ci si può meravigliare, ove si pensi alla ben diversa situazione geografico - politica del Regno delle D ue Sicilie rispetto a quella del Regno Sardo ed alla conseguente diversa missione sto rica di questi due Stati nella Penisola. " L 'esercito napoletano - scriveva, nel 1848, Guglielmo Pepe tra devoto al Re, il gualc, a forza di vivere in mezzo alle truppe, era pervenuto a sapere il nome dei semplici soldati di Cavalleria non solo, ma anc he quello dei loro cavalli. Il Re occupavasi moltissimo dei matrimonì degli ufficiali e dei bassi ufficiali e dava impieghi civili ai parenti di quest'ultimi ed ai parenti delle loro donne. « L ·esercito, così dedito al Re per interesse, si trovò trascinato in ciò ben diverso eia quello sardo - piemontese - poco a poco contro la Causa nazionale e, combattendo nelle due parti dello Stretto, ora subì ammutinamenti senza gravità, ora vere i11surrez1on1 )) .


In quanto all'istruzione formale, alla tecn ica di combattimento, all'osservanza minuta dei regolamenti, come anche rispetto alla deficiente cultura professionale degli ufficiali, in sostanza g li eserciti si equivalevano. Secondo l'autorevole giudizio del Pepe, anche l'esercito napoletano era, infatti, assai bene istruito nelle rigide esercitazioni di piazza d 'armi cd, in quanto << ai generali ed a un gran numero degli ufficiali superiori, anche quelli napoletani erano venuti vecchi nel l'ignoranza». Nè l'esercito n apoletano, a differenza di quello sardo, pcrclettc, col tempo, il suo carattere di istituzione militare essenzialmente dinastica, tanto è vero che il generale Piane!! - già Ministro della Guerra nel Governo costituzionale di Francesco II - doveva confermare, nel 1860, i giudizi già dati in proposito, dodici anni prima. dal Pepe. Scriveva, infatti, il Pianell (1), a proposito dell 'esercito napoletano: v ..• Lungo sarebbe esporre quale fosse l'opera assidua e potente del Re Ferdinando II, il quale, nell'organizzare l'esercito, non ebbe altro fine che di formare una casta a parte nel paese, ch e dipendesse direttamente ed esclusivamente dalla sua persona, non riconosce~se altro comando che il suo, non ave55e altro ~entim r nto r hr quello <li un servile, interessato attaccamento a lui. ,, L'esercito doveva essere dedito ed utile a due cose: la prima a schiacciare, per forza numerica e potenza di mezzi , qualunque movimento interno; la seconda a far bella mostra di sè nelle parate t.: nelle processioni e tal volta anche sul campo di manovra ... ,, .

(r) Generale Pu:-:ELL: « Memorie: " ·


IV.

LA PRIMA GUERRA PER L' INDIPENDENZA. LE FORZE CONTRAPPOSTE Gli avveni m enti di guerra, che ebbero per teatro l'Alta Italia dal 26 marzo all'8 agosto del 1848 - ha scritto recentemen te il gener ale Francesco Saverio Grazioli (1) -· « ci appaiono com e un breve, ma emozionante dramma, che si apre con un prologo di tìammegg iante, generale entusiasmo; si protrae, alquanto lento ed incerto, per alcuni atti, solcati in ogni senso da splendidi episodi di va lore, ma anche da contrastanti passioni, finchè sbocca in un rapido epilogo, fr;i lampi di fosca tragicità ». " Prologo del dramma: la rivoluz io ne siciliana, le cinque g iornate di Milano e la contemporanea insurrezione del Lomb;irdo - Veneto contro la dominazione austr iaca , ultimo evento, in online di tempo, ckgli sconvolgimenti politici scatenatisi in Europa nei mesi precedenti , in un generale anelito di libertà ». Non appena il Comitato provviso r io milanese chiese a Re Carlo Alberto l'intcrvc11tu dell 'esercito piemontese, il Piemonte dichiarò, nello stesso giorno 23 marzo, la g uerra all'Austr ia e Car lo Alberto emanò il seguente proclama: « Popoli della Lombardia e del la V enezia! " I destini d'Italia si maturano: sorti più fel ici arridono agli i ntrepidi difensori di conculcati diritti. " Per amore di stirpe, per intell igenza di tempi , per comunanza di voti, Noi ci associa mo primi a lluell\manime ammirazio ne che vi tributa l'Italia. « Popoli della Lombardia e dell a Venezia, le nostre armi, che ~ià si ~oncentravano sulla vostra frontiera l1uando voi anticipaste la liberazio ne della .. Qloriosa Milano, venoono o ra a poroervi nell e ulteb h (1) Generale FRANCESCO SAVERIO GRAz1m.1: L e opcra::;ioni 1111/itari dd 1848, nel volume « l i primo passo verso l' unit:Ì d ' Ita lia 1848 - 1849 » . pubblicno dal l'U fficio Storico dello Staio Maggiore d ell'Esercit o.


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riori prove quell'aiuto che il fratello aspetta dal fratello, dall'amico l'amico. « Seconderemo i vostri giusti desideri , fidando nell'aiuto di guel Dio che è visibilmente con Noi, di quel Dio che ha dato all'Italia Pio IX, di quel Dio che con sì meravigliosi impulsi pose l' Italia in grado di fare da sè. " E, per viemmeglio dimostrare co n segni esteriori il se ntimento dell'unione italiana, vogliamo che le nostre truppe, entrando sul territorio della Lombardia e della Venezia, portino lo sc udo d i Savoia sovrapposto alla bandiera tricolore italia na. « Torino, 23 marzo 1848 ,,.

contingenti italiani. Per l'indipendenza della nostra Patria avrebbero do vuto combattere nel 1848, unendo i loro sforzi, l'eserci to piemontese cd i contingenti degli eserciti toscano, dei Ducati, napoletano e ponti licio che abbiamo già ricordato, oltre ai numerosi Corpi di volo ntari , formatisi, per la Causa com une, in tutte le regi oni d 'It:1li:1: m:t specia lmente nella Lombardia e nel Veneto. In quanto all'esercito piemontese - del quale abbiamo gi:1 messo in rilievo le tradizionali virtù; non chè le cause che l'efficac ia Ji tali virtù avrebbero potuto infirmare - ci limitiamo qui a ricordare che, per l'affrettata mobilitazione rimasta incompleta e per il precipitare tiegli avvenimenti, passò il Ticino con circa 35.000 uomini ( m entre avrebbe dovuto averne, a mobilitazione ultimata, 70.000), divi si in due Corpi d' Armat;-i ; il I al comando del gene ral e Eusebio Rava ( 1), (1) Il generale Eusebio 8Jva (1?;0- 1854), vercellese:, a1·cv:1 inizia to la su:1 carriera quale furiere nd 21" lcggicro e si erJ battuto 1·aloros.11ncnte a Jena nel 1806. Due anni dopo, promosso sottotc nc11 tr nd 11" lcggicrn, era ~ ndato in lspag na ed aveva parteciparo all'assedio di Saragi>zza. Nel 1809, fatto prigioniero a Villa d c Feira (Ponogallc), era stato traskrito in ln~hi lterra. E l'aso nel 1810, era torn:llo a combattere in l si:;ag na e s; era d istinto, libcrando b città d i Lequeitio da bande di insorti. P rom osso ca pitano, a\'C\'J continuato a battersi nella penisola iberica sino alla caduta dell 'Impero ed avc\':t ricondotto poi nel restaurato Regno di Sa rdegna tutti i suoi compatrioti, costituenti un battagl ione detto dei « Cacciatori piemontesi ,1. Do po a\'erè, nel 1848, comandato il I Corpo d'Armata piemontese, vrnne promosso ge nera le di Armata per la bella vittoria di Goito. Nel 1849 fu Mini stro ddl:i Guerra; fatta la pace, esercitò le fun zioni di ispettore dell'esercito.


cd il II agli ordini del generale Ettore de Sonnaz (1), ed in una Divisione cli riserva, comandata dal Duca di Savoia. Teneva il comando dell'esercito il Re Carlo Alberto, dell'Artiglieria il Duca di Genova. Il Capo di Stato Maggiore era il ge nerale Canera di Salasco ed il Ministro della Guerra il generale Franzini, il quale seguiva le operazioni come consigliere militare del Re.

Il grneralc T'.11s,:hio Bava.

L"esercito potè raggiungere la sua forza massima soltanto sul Mincio, dopo oltre un mese dall'inizio delle ost ilità, ed ebbe la seguente form:izionc: Comandante in capo: Re Carlo Alberto. Capo di S. M. : maggior generale Carlo Canera di Salasco. Sottocapo di S. M.: colonnello Luig i Fecia di Cossato. (1) Il generale Ettore Cerhaix <le Sonnaz (1787- 1867), savoiardo, a\'cva iniziato la ~ua carrier:, come nilontario nelle Guardie d'onore a cavallo, al ser,·izio fran(csc: si era distinto nel 18q ad H anau. meritandosi la croce della le-


l Corpo d'Armata (generale Eusebio Bava). 1" Divisio ne (generale Federico Millet d'Arvillars): Brigata Regina (9" e 10° Fanteria). Brigata Aosta (s" e 6° Fanteria). Reggimento Genova Cavalleria. 6' e 8' batteria da battaglia e 3" da posizione. Distaccamento Genio . •-:!'' Divisione (generale Vittorio Garretti di Ferrere): Brigata Casale (u e 1 2° Fanteria). Brigata Acqui (17" e 18° Fanteria). Reggimento Nizza Cavalleria. 2" e 5a batteria da battaglia. Distaccamento Genio. Truppe di Corpo d'Armata: Battaglione Real Navi. I battaglione bersaglieri. r' Divisione del treno provianda. 0

il Corpo d'Armata (generale Ettore Gerbaix de Sonnn). 3a Divisione (gcncralt: Mario Broglia di Casalborgone): Brigata Savoia (1 " e i' Fanteria). Brigata Savona (1G° Fanteria, Piacentini, Parmen si, Modenesi) ( 1 ). Reggimento Novara Cavalleria. i batteria da battaglia, 2' da posizione (Modene~i e Parmensi), 1 • batteria a ca val lo. Distaccamento Genio. 4" Divisione (generale G . Battista Federici: d:d 4 giugno: Ferdinando di Savoia, Duca di Genova): gione <l'onor e per aver sa!vaco la \ ' Ìt;1 :1! proprio colonnelli,. :-.: .. i :S :4, C'J:nan dando u na notte la scorta dell'Imperatore, , ·aliclamrntc lu a ,·e,·a Jifcso da un auacco di cosa.:chi, Passato, alla pace generale, al sen·iz1c, sardo, rapiJ;unente era ~sceso nei gradi e, nella ca mpagna Jd 1848, (onu11d 3,·,1 il li Cor po d'Armata. Fu per bre,·e tempo :\1linistro delb (;uerr3 e, nd 1859, ultra sett:111tenne, tc:nne il comando del le truppe sarJe incaricate Jdla Jifesa di Turi11u. Nel 186o ebbe affidati ancora importanti Comandi. ~ominato GrJn Coil:irc dell'Annunzi:Ha nel marzo d:!48, fu Senatore del Regno d:il 1ll49. (r) Il 15" reggimento Fanteria rimase di presidio in Savoia. fu sostituito nella brigata Sa,·011::i da lle truppe piacentine. parmensi e mucknesi. La brigata fu perciò detta brigata compo~ta.


Brigata Piemonte (3" e 4° Fanteria). Brigata Pinerolo (13° e 14° Fanteria). Reggi m ento Piemonte Reale Cavalleria . 1" e 4" batteria da battaglia. Distaccamento Genio. Truppe cli Corpo d 'Armata: 2" e 3° battaglione bersaglieri. 2' Divisione ciel treno p roviancla.

Dil Ùio11e di riierva (Vittorio Emanuele, Duca di Savoia). 1

Brigata G uardie ( 1° e 2 ° gra natieri). Briga ta Cu neo (7° e 8° F a nteria). Reggimento Aosta Cavalleria. J' e 9" batteria da battag lia ; 2 " e J" batteria a cavallo. Distaccamento Genio. J' Divisione del treno provianda.

Col Quartier Generale. 3 squadroni di carabinieri. reggimenti cli Fanteria, a completamento avvenuto, ebbero ci rca 2.600 uomin i (800 per battaglione ciascuno). I reggimenti di Cavalleria contavano. 450 cavalli ; più tardi ne ebbero al tri 50. Le li:,ltt:rie da battagl ia ed a cavallo erano su o tto pezzi (6 cannoni da S e 2 obici) ; quelle da posizione su otto pezzi da 16. in complesso, computando anche le formazioni cli r iserva, il Piemonte finì col mettere in ca m po circa 70.000 uomini.

In Lo mb:mlia il Governo p rovv isorio centrale, presieduto da Gabrio Casati, aveva emanato, il giorno 1 1 aprile, la legge per (< l'organizzazione della difesa della P atria n , per la quale l'obbligo del serviz io m ilitare era esteso a tutti i cittadini dai 18 ai 60 a nni. Le classi dai 20 ai 25 anni dovevano fo rm are l'eserci to attivo; gli altri cittadi ni doveva no servire nella Guardia nazionale. Al com ando delle forze militari lombarde venne posto il gener a!e Lechi, anc h'egli veterano napoleonico ; ma purtroppo m ancava no le armi, i Quadri e le un ifor mi. 11 Lcchi avr ebbe voluto che le reclute lombarde venissero incorpor,lte nei reggimenti piemontesi; ma la cosa non fu possibile e,


solamente <.1uando venne votata l'unione col Piemonte, si cercò Ji organizzare le forze che avrebbero dovuto partecipare alla guerra. Alla fine di aprile erano in preparazione: 2 reggimenti di Fanteria ; 2 reggimenti di Cavalleria; 2 batterie di Artiglieria ed un battaglione del Genio a Milano; - 3 reggimenti di Fanteria a Brescia: 1 battaglione di Fanteria a Como ; I battaglione di Fanteria a Pavia; 1 battaglione di Fanteria a Bergamo. All'uopo vennero acquistate armi e materiale in Svizzera cd in Francia; mentre il Piemonte invia,·a gli ufficiali ed i sottufficiali destinati ad istruire le reclute. Soltanto ;ii primi di giugno potè costituirsi la 1 • Divisione lombarda al comando del generale Perrone di San Martino. Essa p:trtÌ da Milano il 17 giugno, costituita su 2 brigate, e venne subito, brnchè non completamente addestrata, inviata verso l'Oglio e quindi (r3 luglio) al Mincio, per essere impiegata intorno a Mantova. La I'' Di visione lombarda ebbe una forza di 8.000 uomini, 200 cavalli e L! cannoni. Alla fine di giugno si stava organizzando un'altra Di,·ision e al comando del general e Giacomo Durando, costi tuita òa volont;iri ; 111 :1 essa non potè raggiungere che la forza di 2478 uomini e di 9 ca nnoni. Un Corpo, costituito da r :475 regolari, I. Il 5 volontari ed 1r cannoni, era al comando del colonnello D'Apice. Vennero poi organizzati diversi Corpi di volontari, pn la pn:parazione dei quali fu chi amato dalla Svizzera, dal Governo provvisorio di Milano il colonnello Allemandi (1). Parteciparono alla guerra d 'indipendenza anche molti volo ntari veneti, divisi in diversi reparti, alcuni dei quali vennero organizz:tti da Pietro Calvi in Cadore, dal generale Zucchi nel Friuli , d~1l generale Alberto La Marmara intorno a Venezia. Essi si comportarono bene; ma ebbero nella maggior parte il carattere di guardie civiche e si limitarono alla difesa della propria regione. ( 1) Per i volontari lombardi, per quelli ,·eneti e per quelli delle altre 1egioni <l ' Italia, si comulti il IX volume di Guest'opcra. dedicato appunto alle Fanterie volontarie.


11 contingente inviato dai Ducati si ridusse, come ved.remo, a ben poco. Morta Maria Lui sa e costretto a lasciare Parma Carlo II, che le era succeduto, il Governo provvisorio del Ducato di Parma potè inviare, il 19 aprile, dopo accordi col Ministero dell a Guerra piemontese, appena 1 .069 uomini, dei quali 735 formavano un battaglione di linea, 193 erano volontari, 99 appartenevano all'Artiglieria ed al Genio e 42 erano dragoni. Questi Bandiera della Repubblica Venet a uomin i erano al comanclo i;1i111it11 dal Ga11a110 provvisorio del colon nello Pettinati. il 26 marzo 1848. Nel Ducato di Piacenza, dopo un plebiscito, nel quale ben 37.089 cittadini votarono per J"unione col Piemonte e soltanto 350 per l'unione con Roma, il Governo provvisorio provvide ;;Jla costituzione di fo rze ;nmate ; ma non potè invia re alla g uerra che una compagnia {li crociati (volontari) ed una di dragoni. J)al Ducato di Modena, c he aveva, sottoFrancescolV, un esercito di appena 2.400 uomini , una volta costretto il Duca a lasciare il piccolo Stato, il Governo provvisorio, presieduto da Giuseppe Malmusi potè approntare, nel giugno 1848, solta11to r. 140 uomini di F anteria, 250 cacBandiera tricolore adottata 11d 1848 ciatori a cavallo, 400 artidal P,1rlame11to Siciliano . glieri, 500 zappatori e 400 gendarmi poco addestrati. Inoltre a Modena, a Reggio ed a Guastalla si arruolarono 1.600 volo~tari, che si ridussero ad appena la metà al momento di partire per_ 11_ fronte. I volontari modenesi che raggiunsero il Po erano agli ordm1 del maggiore Ludovico Fontana, ardente animo di patriotta e comandante energico.


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All'inizio della pnma guerra per l'indipendenza nazionale parteciparono complessivamente, tra soldati regolari e volontari, circa 80 .000 Italiani. Oltre all'esercito piemontese, i con tingenti inviati dai diversi Stati ebbero tutti la bandiera tricolore con gli stemmi delle rispettive Case regnanti, come per la Toscan a ed il Regno delle Due Sicilie. Il

li generale Eflure de

Su11fl11 .c; .

contingente pontificio ebbe i labari bianchi con lo stemma pontificio; ma orlati con una striscia tricolore. Insufficiente ed antiquato era, in com plesso, l'armamento. Le armi della Fanteria erano rappresentate da fucili ancora ad ava ncarica, ad anima liscia, con tiri efficaci non oltre i 300 metri e per c1ric2re i quali occorrevano quattro tempi eJ otto movimenti. Ma - come scriveva il generale Graziali nello studio sulle operazioni militari del r848 già citato - in guerra, non soltanto i mezzi materiali e il numero; ma è anche lo spirito che conta, insieme all'ascendente ed alla .:apacità dei Capi. Quanto allo spirito, si può dire che pochi eserciti di quell 'epaca potevano vantarne uno così alto e vigoroso, com e quello che animava l'esercito piemontese, ed occorre ricordare che, all'inizio della guerra, l'entusiasmo animava tutti i popoli verso i sacrifizi necessari per conseguire l'indipendenza. Dalla forte regione


subalpina scrisse ancora il Grazioli - alla punta estrema della Sicilia, mentre i Governi, più o m e no vole nterosamente, dichiaravano di voler partecipare alla guerra di liberazione, la consapevolezza della santità della Causa illuminava tutte le menti e commuoveva tutti i cuori.

L'esercito austriaco in Italia. Per quanto riguarda l'esercito austriaco, per l' insurrezio ne Ji MiLno e per la minaccia piemontese sul Ticino, il feld maresciallo Radetzky ( 1) aveva ritirato le sue truppe dietro il Mincio, sotto la protez ione delle for tezze del Quadrilatero. Le sue forze ammontavano in complesso a 50.000 uomini ; ma, tolti i presidi di V crona, P eschiera, Man tova e Legna no, ne rimane vano disponibi li per le operazioni ca mp:ili soltanto 35.000. Ta li forze furono rio rganizzate dal Radetz k y su due Corpi d'Armata (Wratislaw e D'Aspre). All'inizio della campagna del 1848 una D ivisione (Wcldcn) occupava il Tre 11ti110; un Coq.>0 di r iserva òi circa 20.000 uomin i, al comando del generale Nugent, si andava raccog lienuo al di là dell'lsonzo.

( 1) G iuseppe \!en..:csb o C o nte lbdet7.ky nacque il 2 tebbraio 1766. Prese pane alle camp:ignc del 1793 e 17()6 in Ital ia. Nel 1805 cr;i maggior gcnc.alc in Italia. Si d istin se a Wagram (1809). Negli :inni 181) e 1814 era Capo di Stato Maggiore dello Srhwartzenbcrg e nel 1815 Capn di Stato Ma~giore dell 'Armata dell'Alto Reno. Venne promosso felci - maresciallo J1cl 1836. Dopo Novara fu nominato Governatore generale del Lombardo - Vc11c10 e Comand:inte in ca po della 2a Armata (Italia). Nel 1857 tu collocato :1 riposo, dopo 72 ann i d i servizio militare, r. morì a Mi lano il 5 grnnaiu 1858.


V.

LA CAMPAGNA DEL 1848

L'offensiva piemontese. L 'esercito piemontese passò il Ticino il 29 marzo ed avan zi'> su Lodi per procedere poi, per Cremona, ve rso il Mincio . Solo una brigata di Fanteria (alla quale si era unita una compagnia di volontari pavesi), un reggimento di Cavall eria ed una batteria (brigata mista Bes), passato il Ticino a Buffalora, era stata diretta su Milano e Brescia per portare aiuto alle popo lazioni dell'Alta Lombardia. L'itinerario di Re Carlo Alberto si giustificò con la consider:1z ione che, avendo il Radetzky fatto sosra in quei giorni dietro ii C hiese, a Montichiari , non conveniva urtare di fronte le di lui posi ;joni ed anche perchè, marciando lungo il Po, il Re era meg lio in g rado di congiungersi ai contingenti provenienti dall ' [talia centrale e 1T'eridionale. Al mancato ingresso del Re a Milano non furono estranee pe rò considerazioni politiche, desumibili dai patti stessi dell'i ntervento (per i quali si volle a questo togliere ogni carattere di occupazion e militare della regione) e perchè il Re no n voleva presentarsi ai Mi b nesi se non dopo aver battuto gli Austriaci. L '8 aprile l'esercito piemontese fu avviato al Mincio, essendosi gli Austriaci ritirati dietro questo fiume, ed avanzò col I Corpo d' Armata verso Goito; col li Corpo, compresa la brigata Bes, verso Borghetto e Monzambano; con la Divisione di riserva verso Cawia na e Solferino. Il generale Bava inviò la Divisione d"Arvillars ad impadronirsi del passaggio di Go ito (8 aprile), difeso dalle retroguardie austriache. Goito fu occupata ed il ponte, minato e fatto saltare dagli Austriaci. fu riattato. In <-1uesto primo combattimento di Goito ebbero il battesimo del fuoco i bersaglieri.

18.


Il giorno seguente il II Corpo potè impadronir si di Borghetto e di Mon z:i mbano e gli Austriaci, che avevano resistito a Valeggio, super ati sui fianchi, dovettero riti rarsi sotto la protezione dei cannoni di Veron:i. Pad rone della linea del Mincio, Carlo Alberto, pressato dal l'opinion e pubblica, inviò due forti ricognizioni: la prima ver so Peschiera, che, a quanto si diceva, non aveva mezzi per resistere ad un attacco : l'altra ;erso Man tova che si sarebbe solkv:ita.

L'e.,erci10 picmv11:e..-c p,1s..-,1 ,I T1,·111v.

Nei gio rni

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cd r 1 aprile fu effettuato l'attacco di P eschiera

col concorso dei volontari del Manara, i tJu ali, impadronitisi di aln111i b:1t telli a vapore amtriaci a D esenzano, attra\'nsaro no il lago d i C:ircl:1 e, sh:irc:1 ti a Lazise, si portarono J C1stclnuovo, min::icciando così le comunicazioni Ji Pesc hi er:1 co n Verona. L ·attacco non riuscì cd il Rad etzk \' i1wiò contro i vo lontari una l,ri,~ata che li scacciò da Castclnuuvu ' e, dupu vi vo co1 nbatt ime nto, li ohhligc\ :i r iti rarsi nuovamente a D escnzano. Le colon ne volontarie lombarde, c he il 6 aprile si erano staccate dall'esercito piemontese, preferirono o perare pe r Desenza no e Salò e tentare t:1ualchc azione nel Tirolo. A lcun i si spinsero fino a Tione l' Stenico : ma, fermati clalla Divisione \ Velden e da alcuni Corpi


/; ('! ('l<'llf, riemrJ"!C.•1' ,u! T1c11w.



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tirolesi, furono poi costretti a ritirarsi a Bergamo, riuscendo appena a sbarrare la val di Chiese, tra Caffaro e Storo. Fallita la sorpresa, Peschiera venne cinta di reaolare assedio, dalla 4' Divisione piemontese sotto b direzione del Du~a di Genova. li 19 aprile avvenne la ricognizione su Mantova; ma, dopo una semplice scaramuccia, non essendo insorta la popolazione, essa non conseguì alcun risultato. Il 26 aprile fu eseguita una breve avanza ta verso l'Adige e si fecero prendere al grosso delle forze le posizioni di Custoza , Vii lafranca, Sommacampagna e Sona, fino a Sandr;1 e Colà, completando così l'investi mento di Peschiera. Poichè il nuovo schieramento era minacciato dalla Divisione austriaca che occupava Pastrengo, per fronteggiare tale minaccia cd anche per tagliare al Radetzky le comunicazioni col Tirolo, ve nne decisa l'occupazione di Pastrengo, d fìdata al generale dc Sonnaz.

Il combattimento di Pastrengo. Questi, con 6 brigate divise in tre colonnl', attaccò le alture di Pastrengo, sulle quali i reparti della Di visione Wocher opposero tenace resistenza; ma il combattimento si svolse infine a favore dei Piemontesi e gli Austriaci dovettero riparare sotto le mura di V nona. l Piemontesi si spinsero fino a Bussolengo ; ma non inseguirono oltre. Lo schieramento dell"esercito piemontese si estese così per piti di 50 km. in linea retta: da Pastrengo a Mantova. Ma questi successi non appagarono lo spirito pubblico che CO · minciava a mostrarsi impaziente. Il preconcetto, sorto dopo le ,, cinciue giornate >>, che bastasse solamente attaccare g li Austriaci per ~configgerli, riprendeva il sopraYvento. Diffusasi la voce che V crona si sarebbe sollevata appena le truppe liberatrici ~i fossero :ivvicin:1te alla città, venne decisa una ricogn izione offcnsi\·:1.

La ncogniz1one di Santa Lucia. Il generale Bava ne aveva preparato il disegno, con la proposta di eseguirla i 1 giorno 7 maggio: ma la sera del 5 fu deciso ed ordinato che la ricognizione avesse luogo il giorno seguente, secondo un altro progetto, presentato dal Ministro Fr:1nz ini.


Il giorno 6, alle 7 del mattino, 40.000 uomini, d i\'i si in sci cobnne, mossero contro la linea Chievo - Croce Bianca - S. Massimo S. Lucia - Tomba. A destra avanzò da Villafranca e Custoza, in due colonne, la Di visione di Ferrero ed una brigata di Cavalleria ; da Sommacampagna la terza colonna, composta dalla Di visione d' Arvillars, dai bersaglieri e da un Corpo di volontari lombardi (Griffini); la quarta colonna ( ri serva), comandata dal Duca di Savoia, mosse da Sona ; la quinta e la sesta, partite rispettivamen te da Santa Giustin,1 e da Buswkngo, furono formate dalla Divisione Broglia. GI i Austriaci occupavano il ciglione che circonda Verona sulla destra dell'Adige con 22.000 uomini , appoggiati a destra (II Corpo) al fiume presso Chievo, cd a sinistra (I C orpo) al fiume presrn Tombctta. La pasizione era molto debole, perchè il ciglione dominando tutto il terreno retrostante, costituiva un'unica linea di resistenza trnppo estesa per h forza che l'occupava. La Di visione Wocher era stata mandata a Parona. Rita rdi nella spedizione degli ordini , el1uivoci cd errori nei particolari di esecuzione. ostacoli non preveduti. fecero mancare fin dal mattino il legarne tattico fra le ,·ar ie colonne d'attacco piemontesi. L.';111acco a S. Lucia. pronunciato dalla terza colonna prima c he le ;1ltre en trassero in azione, incontrando vigo rosa rcsiste,wa da parte (kgli Austriaci, attirò anche le fo rze della quinta colonna (Duca di Sarnia) chc, vern: nclo da Sana, doveva, in vece, cadere sopra S. Mas~i mo. S. Lucia fu presa; ma, non essendo stato attaccato S. Massimo, gli :1ttacc hi della quinta e della sesta colonna verso Croce Bianca e Chiern fallirono. Poichè anche le truppe della prima colo nna si ciano <lirette sopra S. Lucia, venne a mancare an che l'a ttacco verso Tomha. Per conseguenza, la ricognizione non r iuscì, ed alle ore r 6, m entre l'ala destra austriaca era ancora intatta, le truppe piemontesi, gii1 stanche e prive di cibo fin dal giorno precedente, avevano esaurito il loro sforzo ed erano rimaste delu se dalla mancata sollevazio ne di Verona. Venne allora ordinata la ritirata, lasciando al Duca di Savoia il compito di proteggerla contro l'eventuale inseguimento degli Austriaci. Alla sera tutte le truppe ripresero le posizioni che ave, ano lasciato la mattina, cosa, del resto, già prevista, perchè ad esse era stato fatto lasciare agli :iccampamenti perfino l'occorrente per la rnnfezionc del rancio.


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li te,,tro drìle operazioni della pnma guena per /'111d1{'cntlen z a.

Le perdite furono, fra morti e feriti, di 750 It::dian i e di 900 Austriaci. L 'inutile ricognizione in forze verso Verona costituì. l'ultima azione offensiva effettuata dai Piemontesi durante la campagna. Il ritorno sulle precedenti posizioni, senza aver provocato l'insurrezione di Verona, per quanto già previsto dall 'ordine di ope,dzioni piemon-


trse, venne interpretato dagli Austriaci come una confessione d i debolezza. Il Radetzky considerò la prevista ritirata dei Piemontesi come una vittoria.

Mentre I ·esercito sardo riceveva i complementi sopraggiunti ed intensificava !"assedio <li Peschiera, impi egando il parco d'assedio fi1i:dmcntc arrivato dal Piemonte, i volontari lombardi operavano nd Tirolo e le truppe pontificie nel Veneto. I primi, come abbiamo già detto, si erano sempre impegnati nella zona delle Giudica r ie e poi si erano ritirati, per riordinarsi, a Bergamo cd 3. l1resci :1, :ilimentan<lo lo sbarramento della valle del C hiese. Il gennale Allcmandi, dimessosi dal comando, era stato sostituito dal generale piemontese Giovanni Durando. Questi riportò i \Olontari sul Caffaro, fra Bagolino e Lodrone, per sorvegliare le due ~tr:idc che dal Tirolo scendono nel Bresciano per la Val Sabbia e per la Val Trompia e per proteggere, resistendo ai ripetuti attacchi delle truppe austriache, il fianco sinistro ed - il tergo dell'esercito piernontcsc Intanto il Corpo di riserva austriaco, raggiu nta verso la fine di :iprilc la forza di 20.000 uomini. il giorno 3 maggio si attestava al Piave per passarlo e per unirsi alle truppe del Radetzky. Ma :1 gua rdia del fìume si trovò il Durando. Questi, sia per difendne il Veneto dalle distruzioni austriache e per dare sicurezza a Venezia; sia per proteggere gli Stati P ontifici da possibili incursioni nemiche, piuttosto che portarsi ad ingrossare con i suoi 14.000 uo mini l'esercito piemontese operante sul Mincio, era r imasto fra il Po e l'Adige cd , appresa l'avanzata del Nugcnt col Corpo di riserva verso Verona. si era portato sul Piave per contrastargli il passo. 11 Kugent pensò :11lor:.i di aggirare l:i li nea del Piave e, lasciata una Divisione a Suset[ana, si portò a Belluno ed a Feltre ' ~, . col arosso b clic il 7 maggio occup<'i. · Questa nuova sit uazione gli imponeva di aprirsi una nuova via Ji comunicazione con l'Austria per il Cadore e per la strada d'Allern_agna (Belluno - Pieve di Cadore - Cortina d'Ampezzo - Valle della R1cnz - Tobkch) ; ma la valorosa resistenza dei Cadorini di Pietro _F ortunato .C1ki gli i_mpedì l'effettuazione di questo disegno e Io indusse a riprendere I avanzata da Feltrc verso la pianura.


Il

om 1 ·11rt1n1u.·1·

dt f'.1..-1,1·11go.



Il Durando, per occupare tutti g li sbocchi. lasciò allor;1 i volontari veneti a Treviso, una brigata della DiYisione a Mo ntebel luna e LOI resto si spostò a Bassano, distaccando 1 .200 uomini a Primolano. Inoltre ordinò al Ferrari di avanzare celermente con \'Olontari a \fon tebeli una. Alla mattina del 9 m aggio g li Austriaci attaccarono la pos1z1one di Cornuda, dove si era avanzato il Ferrari. Il Durando si mise 1n

La b,llwglia di Santa L uu,1 ( 6 muggin r848).

marcia per portarg li rinforzi: ma, a\-cndo appreso che i rn lon tart resistevano con va ntaggio e che il di staccament o di Pri mobno a Yc\·a avvistato una forte cùlcrn11a austriaca, n tornò in Vai Sugan:1. l volontari di Cornuda resisterono fino alle tre pomeridiane, ma quando, per mancanza d i rinforzi. il Ferrari ordine'> la rit irata su Treviso. le truppe si volsero in di so rdinat:1 fuga. gridando al trad imento. Così il N ugent potè sboccare ~u Montebelluna e si diresse verso Treviso. Il giorno I I il F errari ten tò di attacrarlo, ma le sue truppe, già demoralizzate, non lo seguirono ed egl i, lasciato un piccolo presidio entro Treviso , si ritirò a Venezia.


Il Durando ripiegò allora su Mestre per riordi nare i suoi volontari e quindi si spostò a Piazzola sul Brenta, per poter contrastare agli Austriaci almeno il passaggio di questo fiume. Ma gli abitanti di Treviso, temendo che la citt:'i cadesse in mano al nemico, si oppo· suo ed il Durando dovette to rnare a Mestre. Al N ugcnt intanto era succeduto nel comando il gener ale Thurn , il quale, profittando dell'errore del Durando, con r apida mossa si portò a Fontaniva, dove passò il Brenta e, per Vicenza, si diresse a Verona per raggiungere il grosso dell'esercito aus triaco. Nella sp::ran za di riuscire ancora a frapporsi fra il Thurn ed il Radetzky, il Durando si portò per ferrovia a Padova e da qu i marciò su Vicenza con 10.000 uo mini . Ma, quando vi giunse, la sera ciel 20 maggio, :1pprese che il Thurn er a già passato. In fatti il Cor po d i riserva, occupato il g io rno 2.2 S. I3onifacio, potè collegare k sue forze con quelle ciel Radetzky, il quale potè così d isporre di 70.000 uo m ini , da contrapporre ai 60.000 Italiani , schierati fra Mincio ed Adige. 11 Durando fu severam ente giudicato per i suo i falliti tentativi : m:i eg li aveva fatto quanto poteva. 1111.into si ver ificavano gravi disordi ni a Napol i, dove il 15 magg io doveva aprirsi il Parlamento ed era vivissima l'agitazione degli ;1~1imi per le divergenze fra i Deputati ed il Re sulla formula del giuramento . Sembrav::i che una transazione fosse stata trovata, quando un (:olpo Ji fuLi le, spa rato non si sa da chi, segnb il principio del la n uova rivo lta. Si combattè nelle vie, nelle piazze, nelle case; ma, alla fine della giornata, Li vi tto ri a r imase ai reg i. I Deputati, r iuJJiti si per protestare, furono dispersi; la Gua rdia Nazionale ve n ne d iscio lta e, co l pretesto che occorreva no p er la difesa interna del Regno, ve nnero ri chiam:,te dall'Alta Italia le truppe che dovevano parttciparc alla guerra d'indipendenza. Il P epe tentò di oppor si; ma l'esercito volle ritornare a Napoli -:, come già si è detto, ben pochi solda ti r imasero agli ordi ni del P ~pe, che accorse alla difesa di Vcno,ia. Il Radetzk y, rinforzato da l Thurn e non più minacciato dall'esercito na poletano , pensò di conce11trare tutti i suoi sforzi contro 1..1ucllo piemo ntese : ma prima in viò il III Corpo d'Armat:1 verso Vicenza, per elimi nare la r esistenza del Dur;:indo. V icenza venne att;:iccata il giorno 24: m a !"attacco ve nne r espinto 1:d il Tburn , secondo gl i o rdini rice vuti, rien trò a Verona.


La controffensiva austriaca. La situazione dei due eserciti belLigeranti era allora la seguente: L'esercito piemontese ed i reparti degli altri Stati erano così dislocati ( 1) : I Corpo d'Armata (Ilava) a Custoza - Sommacampagna - Villa franca 23.000 ll0ffill11 Il Corpo d'Ar mata ( dc Sonnaz): r Divisione all 'assedio di Peschiera r 3.000 ,, 1 Divisione a Pastrengo e Calmasino 10.000 Divisione di riserva (Duca di Savoia) a Sona I0.000 Contingente toscano e reparti napoletani (Dc Laugicr) a Curtatone - Montanar:i ( 1 battaglione napoletano a Coito) (J.0 0 0 Colonna modenese e parmense (Fontana) a Governolo 1.000 Il

)I

Totale

6-;.ooo

L'esercito austriaco era così dislocato: :\ pre~irl io delle fortezze Jel Quadrila tero 18.uuo Distaccamenti vad 7.000 3 Corpi d'Armata intorno a Verona (Jisponibi li per l'az ione campale) 45.000 Complesso delle forze austriache disponibil i

llOlll l n t

uo 111111 1

-- - 70.000

,. 1,

:1om1 111

Il Radetzky concepì il disegno di portare la mass:i principale del suo esercito rapidamente a Mantova, passarvi il Mincio e volgersi contro le comunicazioni dcli 'esercito piemontese, schierato su ampio fronte; nello stesso tempo far scendere una brigatJ., che era a guardia del Tirolo, per attaccare cli fianco il nemico ecl inviare un convoglio di viveri entro Peschiera. In conseguenza, nella notte del 27 e nella giornata del 28, fecc sposta re i 3 Corpi d'Armata da Verona a Mantova cd al mattino del 29 fece sboccare su sci colonne le sue truppe ~ulla destra dd Mincio, dirigendo una brigata contro i battaglioni modenesi e pa rmensi a Governolo e cinque brigate contro Curtatonc e Mo ntanara, ove erano in posizione circa 6.000 T oscani . ( 1) Senza contare le truppe <ld Durando. che 3H rbbero potuto congiungersi a quelle del Piemonte.


[I comandante di questi, generale De Laugier, era stato avvisato dal Bav:i - che ne aveva avuto informaz ione dagli avamposti di Villafranca - dell'arrivo degli Austr iaci a Mantova, ed il g iorno seguente aveva av uto l'ordine di portarsi più indietro e, se attaccato

JI generale Cesare De T_augier.

,b forze superiori, cli ritirarsi su Volta. Questa seconda comunicaz ione giunse, però, al De Laugier n el mattino del 29, quando gli Austriaci avevano attaccato le posizioni di Curtatone e Montanara.

combattimenti di Curtatone e Montanara. V cra ment e eroica fu la resistenza toscana, che si protrasse fino ;1lle ore 18 e che diede così modo ai reparti piemontesi, e specialmente :1 cruclli del I Corpo d'Armata, di parare alla g rave minaccia (I). ( 1) Pu i comhatt imc nti di Curtatone e d i Montanara sì consulti il LX vulu111c ,li cp1esr'opc,·:1, dedicato :ii volontari d i g uer ra.


Ma, ad onta degli eroici sforzi compiuti da 6 .000 Itaiiani contro i 40.000 Austri aci attaccanti, soverchiati dal numero e dall e artiglierie (130 cannoni contro 11), stanchi e decimati dall e perdite (circa il 50 ','{.), i T oscani, dietro ordine del Dc Laugier, dovettero ritirarsi su Goito. Nella stessa giornata del 29 veni va re spi ~ta dail e truppe piemonte.\i a Cal masino la colonna che dovna recare soccorsi a Pe~chin a. :\101111mt·nrn ,., (~ad11ti di C11rta:om·.

l111anto il J-{,n·,1. :1,·11t.L notizia dell':11 ucco austriaco :i C:urtatonc cd a Mo 111a11;1r,1 e delb r it ir:.i la degli Jntli:m i, da va ordin i per l':1dunat;i del grosso :1 Gni to. do\'C, 1·crso il mezzog iorno dei 30 marzo. era no schiera ti circa 19 .000 Picmonrc~i con +! pu:1.i d'Artiglieria. facen ti p:irte del ] Corpo d'A rmata e della Div isione di riscr\'a. A ltri 10. 000 uom1 111 furono inurilmcnte lasciati.

.\ l un111m' 11to

ui Cadui di

,\-Jontanara.


sulle posizioni di Villafranca, Custoza , Som macampagna, nel timo re che n<Yli Austriaci le attaccassero. . . Dopo l'azione del 29, il Radetzky non inseguì e solo il mattino seguente, ad o ra già tare.la , con le fo rze divise in d ue colonne: una di 26.000 uomini diretta a Goito e Volta, l'altra d i_ 14. 000 uomini diretta a Ceresara, riprese le operazioni con l'intento di minacciare le retrm·ie dell 'avversario, attacca ndolo di fianco e da tergo.

La battaglia di Ooito. Il generale Bava aveva disposto le sue forze a sud, con la sinistra :i Goito. Co ntro c.1ueste posizioni, verso le 3 pamerid iane, urtò la prima colo nna austr iaca, che ve nne respinta. Sembrava che un certo \·;m taggio gli Austriaci fossero per conseguire contro la destr a italiana ; ma un pronto contrattacco compiuto dal Duca di Savoia ristahdl il vantaggio per i Piemontesi. Il Radetzk y, non potendo fare intervenire all 'azione :mche il Corj'O d iretto a Ceresara, perchè troppo lontano, ordinò allor a la ritira ta. Li st:rnchezza delle truppe, l'ora t:mb , b pioggi:1., la presenza di una colun11a nemica non ancora battuta a Ceresara, impedirono ai Pie mo ntesi di compiere l'inseguimento e di sfruttare la vittoria. Il Radetz ky rimase sulla destra del Mincio; ma, b sera dello stesso gio rno 30, giunse la noti z ia che Peschiera si era arresa ai Piemo ntesi e gli Austriaci, nell a notte dal 3 al 4 g iugno, si ritirarono su ìV1antova, sulla sinistra dd fium e. Al ripiegamento il Radetzky fu indotto, oltre che dai motivi già accen nati, dall a considerazione che i P iemontesi erano ormai riuni ti in forze sul M incio; che Verona rimaneva esposta : sia alle truppe del Re che a q uelle del Dura ndo, e da lla con seguente necessi tà di :tttendere, prima di r iprendere le operazioni, un secondo Corpo di riserva di circa t5.ooo uomjni che, al comando del generale \Vcldcn, cloveva gi ungere dall'Austria. Il gio rno 6 le truppe p iemontesi che, già mosse da Goito verso le vecchie posizioni austriache, le avevano trovate sgombre, lasciata una brigata ava nti a Mantova, ritornarono sulle posizioni che avevano prim a della g io rn ata di Goito. Ad esse si era offerta l'occasione: o di ;1ttacca re il Radctzk v in ritirata o di attaccare Verona· ma non t entarono nè l'u.na cos~, nè l'altra e rimasero in attesa, lasciando l'iniz iativa ancora agli Austriaci.


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o di Coito .


Della loro inazione approfittò il Radetzky che m arciò co n due Corpi d'Armata su Vicenza, per tentare con magg iori forze ciò che ;il Thurn non era riuscito pochi g iorni prima. I Piemon tesi ebbero notizia del movimento austriaco il giorno 7 giugno ed avrebbero poturo soccorrere il Durando, prenden do il nem ico fra due fuoc hi. Venne invece decisa un"operazio ne su Rivoli, per meglio assicurare il Jìanco sinistro dello sch inamento sardo.

i.a n •.ca tli Fcstlzicr,1 ( 30 maggw I :J48) : lc fa11/crÌt' p icmo11ft'.<i ent rano 11dia CÌlltÌ.

T ;de azio 11c ebbe luogo fclicemcntc il giorno ro; ma costrinse Piemontesi :1d :dlu naare ancora cli J)it1 la linea del loro schieramento; "' b Val Lagarina interessav:i ormai assai poco . mentre agli Amt riaci

I .a caduta di Vicenza. 1\cllo stesso ~iorno 10 oiunno il RadctzkvJ attaccava a Vicenza b il Dur:mdo. Q uesti Yi aveva riu nito ci rca 15 . 000 uomi ni e 2 batterie da campagna: aveva rnu nito l:1 città dì o pere fortificate verso Verona e verso l1adO\';i, aveva f:itto costruire ri pari sulle due rive del Bacchig!ione "-~

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la città da mezzodì, con uno schieramento rinforzato da 22 cannoni di grosso calibro. Tali mezzi di difesa sarebbero stati sufficienti per resi stere contro un Corpo d'Armata; ma non contro forze così numerose come quelle che marciavano col Radetz ky. Questi portò l'attacco principale contro i monti Berici e con parte delle truppe venne a minacciare la parte orientale ed il rovescio delle difese della città. Accanita fu la resistenza delle truppe del Durando; ma, vint:i, verso le ore 14, la difesa dei Berici, il Rad etzk y se n e impadronì e da quelle posizioni minacciò il bombardamento di Vicenza. Alla sera il Durando, vista la resistenza inutil e e volendo risparmiare alla città gli orrori del bombarda mento, trattò la res:i che ru ~ti pulata a patti onorevoli. Le truppe uscirono con gli onori delle armi, ma con robbligo di ritirarsi sulla destra del Po e di non combattere in <-1uella g ue rra per tre mesi; la città cd i cittadini non dovevano subire danni o mo lestie di sorta. Il Radetz ky , occupata la città col II Corpo d 'Armata, ritorni> col I a Verona, dove giunse il giorno 12 giugno. Il giorno r3 l'esercito piemontese, :rncor;:i igm ro d el b r es::i di Vice nza, iniziò contro Verona un 'operazione per di strarre L1ttacco austriaco da Vicenza, sempre nella speranz:1 che la popolaz io n e si sarebbe ribellata. Ma, diffusasi la notizia c he il Rad ctz k y cr:1 gi~1 rientrato nella città e che Vicenza era caduta, dopo poc hi colpi di cannone, le truppe ritornarono sull e posizioni di partenza. e presidiava i monti Berici, che dominano

La situazione interna in Austria diventava intanto sempre 11iù difficile. Le insurrezioni in Boemia ed in Ungheri a progredivano cd ,i Vienn:i la popolazione insorta aveva obbligato l 'Imperato re a riparare ad Innsbruck. Furono fatte allora al Re Carlo Albc:-rtu pruplJ~lc:di pace, offrendogli la cessione della Lombardia sino all 'Adige; ma !"offerta venne rifiutata: sia perchè al Re ripugnava di abbandonare Venezia senza nemmeno tentare di porgerle aiuto; sia pcrchè l'opinione pubblica, sempre convinta della possibilità di cacciare gli Austriaci dall'Italia, si mostrò ostile all 'accoglimento dell e proposte ài pace. Seguì intanto un periodo di sosta, durante il quale gli Austriaci riuscirono col II Corpo di riserva a rioccupare il Ca<lore e, passando


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per la Val. Sugan:1, il 14 giug no in vestiro no Treviso, che capitolò agli stessi patti di Vict:nza. Il giorno 19 gli Austriaci giunsero a Mestre ed iniziarono da terra il blocco di Venezia. Intanto il Com ando dell'esercito sardo cercava Ji raccogliere le forze che era ancora possibile impiegare, ivi comprese la 1 " Divisione lombarda al comando del genera le Perrone di S. Martino cd un'altra Divisione al comando del generale Visconti , composta di riservisti piemontesi e di reclute lombarde.

La battaglia di Custoza. Rifi utata la pace, bisognava prepararsi al proseguimento della guerra ed al Quartier C ent rale piemontese si iniziarono le discussioni per concretare un piano per le future o perazioni. M a nessuna o pinio ne prevalse e nessuna opportuna decisione fu presa, fino a che, i;11orno :illa met:Ì di luglio, fu posto il blocco a Mantova, senza r in un ziare a nessuna delle occupazioni g ià fatte, e si rese ancora più gra,·e l'errore di di ssemi nare le forze disponibili da Rivoli a Mantova , con uno schieramento debole in tu tti i punti. In fatti, dopo il fatto d':1rme di Governolo (19 luglio), col quale si r iuscì a sorprendere un distaccamento di 6.000 Austriaci ed a chiudcn.: il blocco di Mantova, la situaz ione fr:J. Mincio ed A dige era la ~egucnte:

italiani

(75 .000

uomini):

Corpo d"Armata e Divisione lombarda all'assedio di Mantova ll Corpo d'Armata schierato da Rivoli a Mozzecane 1 ' Divi sione di ri serva a Marmirolo e dintorni . 2· DiYi sion e di riserva (V isco nti) eia Goito a Peschiera

Austriaci

(76.000

29.000

uom1111

23 .000

,,"

14.000 9.000

)•

uomini):

I e II Coqx> d 'Arma ta e I di riserva a V erona . III Corpo d'Armata a Rovereto IV Corpo d'Armata a Legnago . Presid'ì vari

40.000

uom m 1

7.000

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10.000

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.19.000

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Il Rad etzky, visto lo schieram ento piemo ntese e considerato il fatto che parte dell e forze nemiche erano immobilizzate in torno a




2

75

Mantova, concepì il disegno Ji rompere la linea avversaria al centro per batterne Poi le frazioni separatamente, attaccandole sul fianco e sul rovescio. L'azione doveva essere preceduta da un attacco dimostrativo. Il generale Thurn da Rovereto doveva agire contro le truppe di Rivoli, allo scopo di richiamare l'attenzione de i Piemontesi e di indurli ad indebolire maggiormente il centro. L 'attacco del Thurn ebbe luogo il 22 luglio; ma fu respinto dal de Sonnaz, il quale, pensando giustam ente che non poteva tr;.1tt:1 rsi

La battaglia di C u;toza nel

1 8-jd .

che di un'azione dimostrativa, atta a preparare un pi Lt importante attacco dalla parte di Verona, ripiegò su Castelnuovo. Il giorno 23 il Radetz ky uscì da V erona con tre Corpi d"Armat:1 e, dopo aver richiamato una briga ta del IV Corpo da L eg nago, si diresse contro il fron te Sommacampagna - Sona . A questo .attacco g li Italiani non poterono o pporre che H.ooo uomi ni, cioè guanto rimaneva dis1X>nibile del II Corpo, una parte del quale era ancora in marcia da Rivoli cd un \ 1ltra parte presick l\·a Peschiera. Per conseguenza la difesa, non potendo tenere tJuelle posizioni, dovette abbandonarle e gli Austriaci risolutamente a van zarono verso il Mincio. Il generale de Sonnaz riunì le truppe in ritirata con guclle che riportava da Rivoli e nella no tte passò su lla destra del fiume.


Il Com ando piemontese, ignaro del la situazio ne del de Sonnaz, ordi nò di riun ire presso Villafranca tutte le truppe più vici ne (circa 20 .000 uomini) per gettarle sul fianco ed alle spalle degli A ustriaci e per separarli da Verona ; m a il giorno dopo, 24 luglio, il Rad etz ky atucc<Ì Li .i' Divisione di riserva del gen erale Visconti per im padro1•i rsi dei ponti sul Mincio. Una parte delle recl ute lombarde si sbandò ed i pochi r iservisti piemon tesi, dopo breve resistenza, ripiegarono. Il generale dc Sonnaz. acco rso da Peschiera, non potè impedire agli Austriaci la costruzione di un ponte a Salionzc e, ritenendo minacciata la posizione di \lo nzambano, ripiegò prematuramcn.t e su Volta. Gli Austriaci passarono sulla destra del Mincio. Le truppe piemontesi, riunite a Villafranca e di rette a C ustoza et! a Sommacampagna, conc1uistarono quelle posizioni. Durante il n1ovimento s'incontrarono con la brigata austri aca che da L egnago <love\'a raggiungere il grosso e che, sicura che g li Italiani fossero in ritirata. marciava con scarse mi sure di sicurezza. Giunta all'altezza cli Staffolo. fu sorpresa e disfatta. A ppena informato di ciò, il Radetzk y, vedendosi minacciato alle sµ:i l!e. kce indiet reggi:ire tutte le sue truppe, fece tornare sulla sini~lra del fiume la ri serva, che già aveva fatto passare sulla destra e, Lisciati alcuni reparti per garantirgli il possesso dei ponti, schi erò le sue truppe fra Valeggio e S. Giustina, fronte a Custoza ed a S0m111;1c11npagna cioè allo schieramento assunto dai Piemontesi. Er:1 intenzione del Radetz ky di eseguire il giorno Jopo una con\ n~io ne a destra. con perno a Valeggio per addossa re i Piemontesi a Manwva . Per conseguenza egli ordinò al I Corpo d'Armata di trncr fermo (.'d al 11 di riconquistare Custoza e Sommacampagna, so~tcnuto, all'occorrenza, dalla riserva. Re Carlo Alberto diede in vece l'ordine ch e all' indomani veni sse eseguita una conversione a sinistra, per avanza re contro la linea Va!tggio - Oliosi, ;t! lo scopo di se parare gli Austriaci da V crona e di addossj rl i al Mincio . . Il de Sonnaz dall a dest ra del Mincio doveva sccondare l'attacco di Valcgoio b . Per conseguenz;1, i Piemontesi dovevano eseguire un m ovimento analogo a quello degli Austriaci, com e era naturale, dato lo schieramen to dei du e eserciti , che in un certo modo si minacciavano reciprocamente le comunicazioni: ma le fo rze di cui disponeva Carlo Alberto sul ca mpo di battaglia erano d i appena 20.000 uomini , m entre il Radetz ky poteva disporre di una for za doppia.


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Il giorno 25 il generale Bava attaccò Valeggio; ma, avendo urtato contro forze molto superiori, dovette ripiegare, per attendere che l'azione dei Duchi, che dovevano avanzare rispettivamente da Sommacampagna e da Custoza, impegnasse parte de ll e truppe nemiche. ' La condizione dei Principi non era però migliore. Infatti, per g li ordini male interpretati, i contrattempi i mpre\'isti. il mancato fun zionamento dei servizi, essi dovettero ritardare la loro azione, così che, invece di attaccare, dovettero subìre l'attacco nemico. Infatti il Duca di Genova venne attaccato sulle sue posizioni di Sommacampag na, ed il Duca di Savoia, avanzatosi da Custoz.i , incontrò il nemico poco dopo. Dopo avere resistito tenacemente, il Duca di Genova fu costretto a ripiegare su· Villafranca. Il Duca di Savoi;1 . dopo ripetuti e brillanti attacchi, sopraffatto dal numero dei nemici, ciovette limitarsi alla difesa e resistette valorosamente, fra C11Stoza e monte Torre, fino a sera inoltrata, quando Carlo Alberto ordinò Li ritira ta su Villafranca e poscia su Goito, dove da Vol ta ripiegò. di propria iniziativa, anc he il generale de Sonnaz. Gli Austriaci non inseguirono.

SuU:i b:ittaglia ,.di Custoza e sulle sue conseguenze, il generale G razioli , nel recente studio già citato, affermò: •t Il valor milita re di nostra gente scrisse, in quelle giornate, pagin e incancellabili di vigorosa bellezza. La furia di un a battaglia così dinamicamente m :1110vrata aveva scon volto il già deficienti ssimo funzionamento dei ser vizi e le truppe combatterono sotto l'assi llo della fame e di una terribile sta n.chezza. E tuttavia Capi e gregarì si coprirono di g loria. Ma, alla fine, l'enorme peso della controffensiva austriaca e la ma ncanza di riserve disponibili imposero la ritirata su Villafranca, che avvc nn, tuttavia in buon o rdinè e tenendo fierame nte test.a all 'av,rn za ntc 'lèmico. Nel lo stesso gio rno il de Sonnaz non potè muovere da Volt;i su Borg hetto e Valeggio per lo stato di estrema stanchezza delle sue truppe, che avevano combattuto tutto il 23 e marciato combattendo, tutto il 24. Il suo mancato attacco su Borg hetto fu non ul tima tra le cause che fecero decidere la ritirata su Villafranca P. In conseguen za della battaglia di Custoza, due vie di ritirata rimanevano aperte ai Piemontesi: o passare a Borgoforte sulla destra del Po, opponendo così un valido ostacolo alrinseguimento del ne-


mìco, o indietreggiare tino :1d una linea, dietro la l}Ualc fosse possibile Ji sporsi a difesa. Dal punto di vista militare il primo parti to era senza dubbio il migliore; ma scopri va Li Lombardia. Fu, l)Uindi, se~uìto il secondo. Era, intanto, ncces~aria una sosta per ordinarsi e procura rsi 1 , iveri , di cui l'esercito aveva estremo bisogno; ma a Coito no n era possibile rimanere senza il possesso d.i Volta. Fu dato perciò orcl,inc al dc Sonnaz, che, come si è detto, erasi ritirato da Volta, cli riocrnpare quella località. Nell a notte dal 26 al 27 il de Sonnaz attaccò Volta , già occupata dalk avanguardie del lI Corpo d' Armata austriaco, m a, per la cs1guit.'.1 delle forze disponibil i, non riuscì nell'intento. Al mattino del 28 il Re fece chied ere una sospensione d' armi al Radc11,ky, ma questi impose l'immediato sgombro del territorio fi no all'Adda cd il richiamo delle truppe piemo ntesi dai Ducati e eia Venezia ( 1). Queste cond izion i vennero giud icate inaccettabili ed alla sera stessa ve nne ordinat a, per Canneto e Marcaria, b ritirata didro 1·oglio, dme già aveva ripiegato la Divi sione Perrone. Ma la rtsiste uza sull'Oglio non cr;1 possibile: sia perchè il fiume, 'i11,i,i ,1s.:iutto, non rapprcscn tan un ost:icok; si:i pnchè f::ccv:rno difetto i viveri. Per conseguenza nella g iornata del 29 fu deciso di ripiegare fino all'Adda; ma anche su questa nuova linea , per le stesse rigio11 i d1e ~ull'Oglio, 11011 (u possibile resistere. _ D:llc le gravi condizioni morali e materiali dell 'esercito e la situazione, sarehbc stata opportuna u na r itirata su Piacenza; ma le invocazioni dei Milanesi cd il generoso sentimento del Re portarono i 'esercito verso Milano, per tentare un 'u hirna resistenza sotto le mu ra. Una Divisione, però (la 1"), i volontari toscani e il parco cl'.Artigl ieria ripiegarono su Piace nza. Tl Radetzk y mosse all'in seguimento il giorno stesso in cui i Piemontesi iniziarono la ritirata (3 1 lug lio), dirigendo tre Corpi d'Armata su Milano ed uno su Piacenza . · li giorno 4 agosto avvenne la battagl ia, la rni sorte, anche per la grande sproporzione di forze, non poteva esser dubbia. 11 5 Re Carlo Alberto chiese una tregua che fu concessa a patto che i P iemontesi u~cissero da Milano e si riti ras~ero dietro il T icino. A tal e notizia il popolo si levò a tumul to ed , imprecando al tradimcnto. minacciò il Re che' protetto da una com1)aonia di bersab

L

( 1) .-\ Venezia era no ~tat i avv iati tre batt:iglioni.


g lieri, dovette ritirarsi fuori delle mura, seguìto dai clamori e dalle ingiurie del popolo in rivolta. I P iemontesi ripassarono il Ticino il 6 agosto e c.iuel giorn o stesso g li Austriaci rientrarono in Milano. Tre giorni dopo il generale Radetzky cd il Capo di Stato Mai-,:· giare dell'esercito piemontese, gener ale di Salasco, firmarono un armisti z io di sei settimane, da prolungarsi di comune accorcio, che cbbligava il Piemonte a ritirare tutte le truppe dal Lo mbardo-V:::ne to. Venezia, lasciata dalle truppe e dalle n av i sarde, ri111:isc abbandonata a se stessa, bloccata da terra e da mare : ma decisa all 'estrem a resistenza, sotto il governo di Daniel e Ma nin cd il comando del µcnerale Pepe. Per ven uto al generale Federici r o rdi ne di sgomberare la piau:1. i Piemontesi do vettero abbandonare anche.: Pesc hiera, Jo\'e rientrarono gli Austriaci. Giuseppe Garibaldi che, co n un migliaio di uomini. aveva l t n tato la guerra nel Comasco ed in Valtellina, incalzato da un:1 fori c colon na austriaca, dopo i vittoriosi scontri di \l;irese (15 a.t;o~to). Arcisate e Morazzo ne (24 e 26 agosto), clo\'ctte ri parare i11 tnritr,rio ~ \"J ZZ<:rU .


VI.

LE f ANTERIE ITALIANE NELLA CAMPAGNA DEL 1848 li primo tentativo degli Italiani per scacoare dalla Penisola gli stranieri era purtroppo fallito. Erois mi Ji popolo, fede di pensa tori, valore di soldati, abnegazione di Principi non erano serviti a riparare gli errori 1xilitici e m ilita ri che ci aveva no negato il successo. I l primo di tali errori fu la errata valutazione dell'efficienza l\Cl11! (;1.

La iacile vittoria che la rivoluz io ne m ilanese aveva riportato gli Austriaci e l'esagerata v;,l utazione dei moti interni delI" A 11 s1ria aveva no cre;1to J"illmione c he le truppe nemic he in Italia 11011 avn:bbero potuto resistere. Le d ivergenze fra annessionisti ed au tonomisti; la mancanza di un unico potere che riunisse tutti gli sforzi del Piemonte, de lla Lomk 1rd ia e del Ve neto per opporli concordi alle fo rze austriache, la slrenat a libertà dì stampa e di paro la, la morbosa sen sibilità delle pu pulaziuni, le insistenti voci d' insurrez ione da par te delle città occup:ite dal nemico (Mantova, 19 aprile ; Verona, 6 maggio - 13 giug no) che indusse l'esercito sardo ad operazion i militarmente inutili e ~pc~so moralmente dannose; lo sca rso contributo dato dagli altri Stati ital iani alla Causa comune furono le cause politiche che non in lìere misura influirono sull'esito degli avvenimenti . Le cause mil itari della sconfitta fu rono non meno numerose e non meno gravi. lnn:inzi tutto !"impreparazione dell ' esercito nei servizi, nelle truppe, nei Quadri. Al principio della campagna, i soldati dovettero talvolta marciare 24 ore senza mangiare ed alla fine era raro quel reggimento, che non avesse perduto qualche uomo per inedia. Come abbiamo gi;ì ricordato, anche Alfonso La Marmara espresse il suo giudizio scrivendo: « La mancanza di viveri ha contribuito non poco ai nostri disastri ».

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L 'esercito piemo ntese, com e già si è accennato, era composto di uomini di due categorie: soldati in servizio d 'ordinanza, obbl igati a rimanere sotto le armi 8 anni di seguito e liberi poi da t]Ualunque servizio, se no n si r afferma vano, e soldati temporanei o provincia] i, obbligati a rimanere sotto le armi solamente 14 m esi per la Fanteri a, i quali costituivano il maggiore contingente nella composizi one d ei reparti. L e ultime classi provinciali , ri chiamate in ~ervizio per la g uerra , comprendendo uomini ammogliati e carichi di famig lia, d i età av:m z ata, dimentichi delle armi e della d isciplina , rendevano ancora più evidenti i difetti della composizione delle diverse Unità . Tuttavia si ebbe la tenden za a sc hierare l'eserci to a cordone, lu ngo una linea troppo ampia e quindi co n un:i densità in sufficiente . Si vollero difendere troppe cose, coprire città e strad e, seg uire g li incitamen ti deH 'opinionc pubblica che riteneva la vittoria facile e sicura, sottoporre le esigen ze militari a quelle dclb situazione politica. In co nclusio ne - sc risse il compian to gc: nc: rale Nicolò Giacchi ( r) - in qu esta prima impresa per la cacciata d egl i stranieri . mancò l'accordo tra g li Italiani. Nel l'esercito sardo, che era il più numeroso, mancò l'u nid di conundo e le o per:1 z :011i furono rn ndotte un poco troppo alla ve ntura e troppo so ttomesse agli intrig hi della stampa cd alle molte e mutevol i ma nifest:i.zioni della pubblica o pinio ne. I contingen ti dei vari Stati del la Penisola, nonchè le for m az io ni volontarie, si batterono va lorosam en te ; ma fatai mente portavano in sè i germi dell' insuccesso. Eccessi\'(i affi d amento si fece sulla capacità del popolo in armi, troppi sospetti e t roppi mali ntesi si verificarono tra r egola ri e vo lo ntari e tra le forze regolari dei va ri Stati italiani. G li Austriaci, per contro, per quanto so rpresi d ai moti cli Mi lano e di V enez ia, aveva no potuto e sa puto riprender si in m o do tale da vincere la partita. Se g rande era stato lo slancio iniziale d egli l t ~1l iani, troppe incertezze avevano paralizzato l'ardua impres:1 d i cacciare definitivamente oltre le Alpi i so ldati della dupli ce Monarc hia. In proposito anche il generale Grazio! i così conclude lo studio già citato: « L a campagna del r848 era finita co n una scon fitta , a cagione soprattutto della troppo g rande sproporzione fra scopo e m ezzi, nel duello a morte fra il p iccolo P iemon te, insufhcie ntemente (1) Cfr. N 1co1.ò G1.-1.c<::HI : " 1848. r949 ,., pubblicato dall 'Ufficio Storico Jcllo Stato Maggiore dell'E sercito nel 1948. ·


soccorso dalle altre forze armate italiane, regolari e volontarie, ed il colosso rappresentato dalla Monarchia austriaca, deliberata a non ritrarre il piede dalle nostre terre. i < Ma q uando, nel panorama di una campagna di g uerra brillante, s1 possono va ntare episodi gloriosi come Pastrengo, Goito, Pesc hiera, Curtatone e Montanara, Vicenza, il Cadore, Palmanova e, più tardi, Osoppo, l'afferma7,ione di valore effettuata è così eloquente, da conforta re anc he il dolore per la patita, finale sconfitta " · Del resto, a dimostrare che la partita non era anco ra conclusa, il 7 ago~to il Re Carlo Alberto rivolgeva all'esercito il seguente proclama: " Le so rti del la guerra ci costr ingo no a ripassare il Ticino. Pur ì\iltimo combattimento sotto ]e mura di M ilano onora iì vostro cor:1ggio e, se l:.i mancanza di munizioni ci tolse di continuare la dirc;a, come era nostro ardente desiderio, anche questa r iti rata costò :issai cara al nemico. Soldati, sollevate gli animi -sco nfortati, o rdinatevi tosto e fortemente; io voglio che la disciplina più severa sia m;rntcnuta e che ogni infrazione cli essa sia punita col massimo rigore; la polizia si:i meglio curata e la proprietà dei cittadin i sempre inviohbilrncntc rispettata. Nei momenti difficili è necessario più che: mai l'unità e b subordinazione. La Causa dclri nd ipendenza italiana, clic abbiamo preso a sostenere, è nobilissima e santa sopra tutte le altre. FssJ è il sospiro rlci passati secoli e tcstè ancora il voto delle pop0la;,,ioni si pronunciav:i per noi, libero, aperto ed una nime. Passeranno i giorn i dell'avversa fortuna e il diritto trionferà della fo rza brutale. Che 11 iuno disperi! Che tutti :1dempiano il proprio dovere! H.

Per quanto si riferisce alle gesta della Fanteria durante la campagna, i difetti della costituzione org anica dei repar ti, il mancato ~un zioname1no de i servizi e gli dfetti dele ter'Ì dell 'aperta lfocord ia In i partiti, esercitarono senza dubbio la loro dannosa influenza sulla compagine delle nostre Unità. La Fanteria di linea - come del resto ; gra natie ri cd i primi reparti di bersaglieri - partecipò alla campag na del 1848 co11 tutti i suoi reggimenti di allora, tran ne uno. il 15", della brigata •< Savo na •>, rimasto a presidiare la Savoia. Come abbiamo già accennato a proposito della costituzione Jclresercito piemontese, presero parte alla guerra tutte le brigate di F an teria d i linea: " Savoia >>, « Piemonte)\' « Aosta )), (< Cuneo)),


Il co111bat(lmemo di Vo/1,1.



(( Regina ))' e( Casale \), « Pinerolo », ,, Sarnna n (col solo 16'' reggimento), ed e, Acqui » . Brigate tu tte, che iniziarono appunto nel 1848 k gloriose tradiz ioni, alle quali doveva no serbarsi fedeli ;mche nelle g uerre future. Delle prove affrontate dall'esercito sardo nel la campagna del 1848 le più gravi erano toccate senza dubbio alla Fanteria. Per essere veramente ottima, quest'Arma avrebbe dovuto essere giovane t.:d omogenea, perchè sono appunto le classi più giova ni che pmsono meglio resistere alle fatiche cd ai disagi e sono appunto i giovan: che possono dedicare più facilmente il loro animo al ~entimcnto del don:rc. Più tardi l'età sostituisce fatalmente le forze del la ragione a ljudlc del cuore; la cura dei propri interessi in contrasto con quelli della collettività, la riflessione agli entu~ia~1ni. lv ~pirito di comcr,·:11.io11 c a quello del sacrificio. Per ragioni di politica interna e soprattutto per le necessiù del bilancio, l'esercito piemontese mobilitato non poteva conferi re di virtù alla Fanteria, poichè quest'Arma era formata di ~oldati t1·u dinanza, bene istruiti e di sciplinati , e di soldati provincial i che presta vano i loro servizi per brevi periodi in ciasc un anno e che li niY;:no per inv,cch iare senza ave re com piuti) ancnra inte ra ment e il lor() dnverc militare. Si aggiunga che i soldati in congedo richi :1m:1ti. per i tJuali il lasciare la famig lia, l'offi cina, il çampo era riuscito natmalrnentc più difficile e doloroso, durante b campagna dO\ eY:mo sentire in modo sempre più effìcace il riclii :11110 della famiglia lonta n::.i. I rep::.irti dell'Arma erano inc..1uadrati da ufficiali di alto ~pirito militare; ma di deficiente cultura, i q uali aìimcntavano il loro sentimento del dovere e della disciplina più co n il cu lto delle tradizi0ni del vecchio Piemonte che con la visione di tutta l'T tali:1; non immuni com 'erano da quelle tendenze particolaristiche che la secolare divi sione dell ' Italia in tanti piccoli Stati in parte gi ustifìcav:i. Tuttavia, pur iniziando le operazioni senza un piano di guerra vero e proprio ed a malgrado le lieficicnze, le lacune che lo stc~so Carlo Alberto non esi tò a depl orare, di viso nei due Corpi d' Armat :1 ciel Bava e del de Sonnaz, l'esercito piemontne rravcrsò la Lombardia e passò il Mincio. L 'incompleta preparazione, la mancanza d i un \·ero e proprio concetto operativo, il peso dell'opinione pubhli ca che, specialmente in Lombardia, dopo la gloria delle ,, Cinque giornate ,,, f:acev:i ritenere erroneamente gli Austriaci già per sempre sconfitt i; la mancanza. della necessaria organizzazione dei servizi logistici , cavallere-c1-


mente affidata, ixr quanto riguarda il vettovagliamento, al Comitato provvisorio di Milano ; la ricerca del facile successo necessario ad alimentare l'en tusiasmo degli Italiani; l'improvvisa sottrazione delle truppe pontificie e borboniche dovevano concorrere a rendere la campagna ricca dj disagi, di fatiche, d i pri vazioni, come infatti ;!\·ve nne, così che può dirsi che, nel 1848, l'esercito piemontese venne sottoposto ad un severo collaudo, che pesò in modo particolare sulla fant eria. Eppure questa Fanteria, non tutta giovane, non affatto omogenea, dovette com portarsi molto bene, specialmente nella prima fase della cimp::ig na, se fin da l 2 maggio il Re Carlo A lberto, alle r icompense militari già allora previste per l'esercito p iemontese, volle aggiungere anche ia menz io ne onorevole, poi commutata in medagiia di bronzo al valore, e se nel pri mo elenco di ricompense, che porta la stessa data del 2 maggio, la maggior parte di esse venne attribuita ad ufficiali t sold:1ti di Fanteria del le brigate <e Savoia " , cc Piemonte n , « Aosta n e « Pinerolo ))_ Reparti della brigata " Savoia ,. combatterono a Monzambano , Santa G iustina, Pastrengo, S:rnta Lucia, Sona, V olta, Godesco ed :1 Mibno e dimostrarono tale valore. che le ban die re dei due reggimenti vennero decorate entrnmbe con la medaglia d'argen to al valor militare. La brigata « P iemonte n combattè a Colà, Pastrengo, Calmasi no, Cisano, alla Corona, a Sommacampagna, a C ustoza ed a Milano. Il 4" reggimento prese parte anche ai combattim enti intorno a Pcscruera. La bandiera del 3° reggi mento venne decorata di una medaglia di argento a l valore per il contegno tenuto dura nte tutta la campagna e spe· ci ..dmente nel fatto J ' arme di C:1lmasino. Inoltre venne conferita la menzione onorevole (meda. g lia di bronzo) alla J a cd alla 4" compagni,1 del 3° regg imento ed al II battaglione dd 4". La brigata •< Aosta » com battè a Goito (8 apr ile e 30 magg io), a Mantova, a Sant.1 Lucia, a Sommacampagna ed a Custoza. U na m edaglia Ujfìnale dclfa «C1111rn,, di b~onzo ven ne concessa al II battaglione del 6° nel 1848. reggimento per il fatto d'arme di Valeggio.


I reggimenti della brigata ,, Cuneo » parteciparono ai combattimenti di Pastrengo, Santa Lucia, Goito (30 maggio), Sommacampagna, Custoza e Milano. L'8° reggimento venne impiegato anche nell'assedio di Peschiera. Durante la campagna, e precisamente alla battaglia di Custoza, ottennero la medaglia di bronzo al valore la 2• compagnia cacciatori, la 1 ' e la 3" del1'8°. I reggimenti 9° e 10° della brigata (( Regina n combatterono a Goito, (8 aprile), Pastrengo, Santa Lucia, Governolo e Volta. Per il fatto d'arme di Governolo venne conferita la medaglia d 'a rgento al valore alla bandiera del 9° reggimento. La brigata << Casale (< partecipò ai combattimenti di Mar.tova, Santa Lucia e Milano. L'II reggimento combattè anche a Goito (30 maggio). Per il combattimento di Milano venne conferi ta la medag lia di bronzo alla 1" compagnia del 12° reggimen to. Della brigata (e Pinerolo » il 13° reggimento concorse :.i!l 'assed io <li Peschiera e partecipò ai fatti d 'arme di Sona, Sommacampag na, Custoza e Milano. li 14° combattè il 13 aprile a Peschi era e poi alla Corona, a Rivoli ed a Milano. Per il valore dimostrato ::ilra.\scd io di Peschiera, entrambi i reggimenti ottennero la mnbglia di b ro nzo al valore. Un'altra medaglia di bronzo ve nne conferita al I battaglione del 1 .1° reggimento. Della brigata << Savona 1) mentre il 15° reggimento rim ase a presidiare, come abbia mo già detto, la Savoia, il 16° combattè a Monzambano, Pastrengo, Santa Lucia, Rivoli , Volta ed a Milano. Proprio nel combattimento di Santa Lucia, mentre il reggimento, preceduto dai cacciatori, avanzava in colonna serrata verso Croce Bianca, Yenne sorpreso dagli improvvisi tiri a mitraglia di una batteria austriaca e subì, in pochi istanti, perdite assai gravi; ma g li ufficiali rimasero al . . . ~loro posto e si riunirono intorno alla · ~~,: bandiera, che l'alfiere, sottotenente .::(7"'""='' "':'"' ~-", ... Carisio, per quanto gravemente ferito alla testa, non volle cedere ad Soldato della «Cuneo,, aicuno dei suoi commilitoni. nel 1848. 0

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La brigata

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AcL]ui •> combattè a Santa Lucia ed a Milano. Il

17" reggimento partecipò anche alla battaglia di Goito (30 maggio) cd ai fatti d'armi di Roverbella e di Volta. Il 18° combattè anche a Castel I ucchio.

Oltre alle quattro medaglie d'argento ed al le d ieci di bronzo cl)ncesse ai reparti, per la campagna del 1848, vennero conferite a militari di Fanteria di linea (1) le seg uenti ri compense al valore: medaglie d'oro 6, - medaglie d'argento 345, - medaglie di bronzo 563. Ma, oltre che con LJuesti <lati, con i quali noi soldati cerchiamo di ridurre aJ una semplice cifra la virtù di un repar to o di un'Arma, è bene aggi ungere all'arida precisione dei numeri il ricordo cli qualche episodio che dimostra corì1e la Fanteria piemontese, nella prima ;:uerra per la nostra indipendenza, fosse degna delle tradizioni m ilit:1ri, comacr.1t c dai più vecchi reggimenti in tante battaglie ed in tanti anni di Storia sabauda. Se, pn diffico ltà insormon tabili, cui si aggiunsero non pochi errori di condotta politica e militare, i risultati immediati del la camp;1g11 ;1 11011 (uronn Ltvorevoli, non si deve dimenticare che l'intervento dei nostri pad ri sui campi di Lombardi a, dando la misura della volontà e Jdle possibilità degli Italian i, r ichiamò su di essi k simpatie del mondo e preparò il non lontano avvento di giorn i più iortunati. Nel 1848 - e lo vedremo anche nel r849 - i soldati piem o ntesi, dive nuti i primi ~oldati della nuova Italia, compirono difficili sacritìci cd eroiche azioni: sia nei giorni della vittoria, sia e più a ncora in guel li dell'avversa fortuna. li Marchese Costa di Beauregard, nel rnn volume " Gli ultimi anni di Carlo Alberto " ricorda , ad esempio, le gesta della brigata H Savoia ,, a Volta Mantova na: ,1 mancava no le cartucce: se ne tolsero in prestito alle giberne dei soldati dei reggimenti delle brigate "Pinerolo'' e "Piemonte''. Si sfibbiarono le cravatte rosse ed i I famoso m otto della brigata corse nelle r ighe come la scin tilla che vola a dar fuoco alla polvere. ( 1) Per le medaglie com esse ai granatieri ed ai bersaglieri volumi d, quc:st ·opera dedicati a ..:iascu110 di q uesti Corpi.

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,, Verso le sei di sera i f a ntì dell a ··savoiri., si muovono in colorrna di attacco. •< Dinanzi ad essi i pendii son ripidi. Che importa? Un terrihile fuoco di fucileria corona t1uesti pendii. Che importa an cor,\; Essi non si curano di sparare un colpo di fucile . Si Lincian o all'as~al to, condotti dal colonnello Giovan Francesco Mallard. che be, tc:mmia come un turco. La notte è piena, senza luna. l'osc urità profonda non è rischiarata che d ai colpi di fuoco e da due o Ire incendi.

Combatti n:en lo d i T',1re ,e.

« Ecco i Savoiardi sul ripia no. Una casa. poi du e, po i c111quc, poi venti sono prese, a passo d i corsa son padroni del ,ilbggio . Il oi un ;:-,oere è il luo<.rotem:nte Conte De F o ra x, che sal1:1 alb rnrimo a ;:, ;:-, cmla del comandante nemico e lo fo m o F)rigioniero . Gli Au ~tr iaci alla rinfusa scend o no verso il Mincio: 111:1 presto il generale H crpai , con la sua brio-ata intatta ' vie ne alla riscm sa. Il '2:cnerale Mur .y ne b "---' riceve l' urto sulle sue baionette. E. una co nfu sio ne inaudita di uom ini, di grida, di colpi di fuoco. ~

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" A colpi di calcio i Savoiardi ammazzano i nemici, a colpi di baionetta essi incbiodano al suolo, alle porte, ai muri, tutto ciò che resiste; ma, più essi uccidono, più il nemico rinasce dal sangue che scorre nei fossi. Bisogna retrocedere; il combattimento diventa troppa ineguale ; da più di due ore i Fanti della "Savoia" com batto no uno contro di eci. Sono stati chiesti rinforzi; ma non arri vano; le cartucce ma ncano. Ritti dunque, alla baionetta, per coprirsi un 'ultima volta di g loria e di sang ue . In questo supremo slancio i Savoiardi m ettono h loro imm ortal e bravura. Se, in tale notte eroica, la vittoria tradì :rncor:i una volta il coraggio, l'onore fu grande per la brigata << Savoia " , che cadde come il leone di Lucerna, coprendo col suo corpo lo sct1do dei suoi Princi pi n . Non si possono fare eccezioni. Tutti i regg imenti parteciparono con molto o nore alla g nerra del r848 e ci furono reggimenti, come i d ue della brigata « Savoia>> cd il j" della brigata. « Piemonte n , che presero parte a tutti i fatti d'arrn e di quella campagna. I Fanti della brigata « Savoia ll, veri figli militari dei vecc hi soldati che un secolo e m ezzo prima aveva no clifc~o eroi c:1mentc Vercelli e T orino, destarono tanta ammi raz io ne per l'cpic:i lo tta di Pastrengo, che d::ii commilito ni, spettatori delle gc~t:i. furono accolti col grido di « Viva la brigata Savoia! ».


VII.

LA CAMPAGNA DEL 1849. LA PREPARAZIONE POLITICA E MILITARE In Piemonte la r eazione alle severe clausole dcli' arm isti zio di Salasco fu vivissima. Esso doveva durare sci settimane, p rolu,w abili (Ìnu a qua ndo una Jdlc.: par ti nun lu denunziasse. ,-, Dopo lung hi dibatti ti , ri petute crisi ministeriali e tentatiYi di m ediazione straniera per la pace, l'armistizio dovette ve nire iirorogato. Ma l'opinione pubblica era , in complesso, favorevole all a ripresa delle ostilità; l'erario non po teva a lu ngo soppo rtare le inge nti ~pese necessa rie per tenere, Ìn()peroso. un esercito così g rande com <.: y uel lo che si andava preparando : la situazione in A ustria peggiorava e fa vor iva k ~pe ranze dei Piemo ntesi, t:rnto che il 12 n i:irzo 1849, benchè l'esercito non fosse ancora pronto, L1rmi ~tiz io n: nn t: de nunziato.

Gli avvenimenti in Italia durante l'armistizio. A Venezia la Repubblica del Manin, lasciata a se stessa 1.hlk truppe e dalle navi sarde, dai pochi battaglioni napo leta ni e dagli ultimi reparti pontificì, richiam ati a Roma dagli avvenimen ti che vi ~i andavano svolge ndo, dovette provvedere tJUasi da sola a lla pro pri a d ifesa e lo fece eroicamente, so pportando impavida le otkse del nemico, la fame ed i gravi peri(oli Jell'epidc:mia cukr il ~•. In Lombard ia, col ritorno degli A ustriaci, in cominci:1ro no le pe rsecuzioni, men tre g li animi dei Lombardi no n ~a pevano ras~eg narsi alla sconfitta dell 'esercito p iemontese e prrn: ur;1 va no di spiegarl a con le ipotesi più azzardate. Nei Ducati d i Piacenza, di Parma e di Modena, non appena ('esercito piemontese ebbe oltrepassato il Ticino, l' Austria rimise gli :111 tichi Sovrani, che vi ristabi lirono il governo asso luto e vi fecero imperversare la reazione.


Nella Toscana. la sconfitta aumentò nella popolazione la diffidenza verso il Gra nduca, sospettato, come austriaco, di simpatie per lo straniero. Per ca.lmare il malcontento egli chiamò al governo Francesco Domenico G uerrazzi e quindi, nel febb raio 1849, lasciata F;renze, si rifugiò a Gaeta. Venne allo ra istituito un Governo provvisorio ed il 18 febbraio 1849 il popolo dichiarò decaduto il Granduca Leopoldo II. A Roma le tituba nze Jel Pontefice nel partecipa re alla guerra nazion:ilc e l'allocuzione del 29 aprile 1848, con la quale ordinava alle sue milizie di non varcare jJ confine, determinarono, fra il Papa ed il popolo, un di ssidio, che ben presto si tradusse in aperta r ivolta. Iniziatasi con l'assassi nio del Ministro Pellegrino Rossi, la soHevazio nc del popolo, dei volontari reduci da Vicenza, delle Guardie Ci\'ichc e elci carabi nieri costrinse ;il Pontefice a fuggi re a Gaeta. Il 5 febbraio 1849 l'Assemblea costitue nte, adunatasi nel palazzo della Cancelleria, proclamava la decadenza del potere temporale dei Papi e l'istituzione del la Repubblica Romana . A Napoli Ferdinando II non osò sopprimere la Costituzion e, se 11011 l1uando !Ornarono nel Reame l'esercito, g ià .inviato in Alta lta li:1. e Li flott:1, già manciata a Venezi:i. Allora venne ristabili to il potere assoluto. La Sicilia insorse nuovamente, decisa a separarsi da N ,1pnli : 111a le truppe borboniche accorsero e, vinta in guattro giorni di :1rcaniti ssima lotta Li resistenza d i Messina, attaccarono Pal ermo. Il 28 febbraio 1849 il Re inviò da Gaeta un ultimatum, invitando i citt:idini alla resa e promettendo loro u n'amnistia generale ed una nuova Cu~tituzione. M;1 il popolo, non credendo ,1lle prom esse regie, conti nuò a lottare, finchè fu costretto a cedere alla superiorità dell e l<1rze borboniche.

La preparazione politica. La campag na del 1849 non poteva essere che l'epilogo di quella precedente; epilogo ver,1men tc tragico nella sua brevità, poichè, in ~oli LJUattro giorni di operazioni, costrinse gli Italiani a constatare t]Uan to fosse fallace, per l'esercito sardo, Ja speranza di una immediata rivincita. Tuttavia il prevalere dell 'opinione pubblica, in massima favodella bo-uerra ' le condizioni dell'erario ' il revole al tnrosef;!uimento ._.., (1uale non poteva sopportare a lungo le spese militari troppo ingenti


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per il piccolo Piemonte (1 ), le speranze nuovamente suscitate dai torbidi interni dell'Austria non permisero che l'armistizio venisse prolungato ulteriormente; mentre il farlo sarebbe stato indispe nsabile per quell'opera di completa ricostituzio ne, che gli avvenimenti dell"anno precedente avevano dimostrato necessaria nel Paese e nel)'eserci to. FJllito, infatti, il tentativo della conferenza per la pace - che, ri unitasi a J3ruxdles, si sciolse il 16 febbraio 1849 senza essere pervenuta ad alcuna conclusione, - il Piemonte si trovò costretto a riprendere la guerra , senza poter fare assegnamento su alcuna alleanza e mentre, alrinterno, ferveva più che mai la lotta fra i partiti politici (2) . .. Ii Piemonte -- dice la Relazione della Commissione d'inchiesta gi~ più volte citata - ruppe in questa seconda volta la guerra con l'Austria per l'indipendenza italiana , non più animato dall 'entusiasmo e da lla concordia di tutta la nazione, di tutta l' Ital ia; non più cont ro un 'A rmata presa alla sprovvista e ritira ntesi fra popolaz ioni insorte, ma solo, diviso dalla discordia e tra vagliato dalle diverse razioni , contro l'Austria, preparatasi da un anno alla guerra. , La scissione p:-ilitic:1 del p;icsc, le im prndcnzc e lr in sin11nio n i di tu tti i partiti, le tristi rimembranze e le impressioni dell'esito del la prima campagna esercitarono una fun esta influenza sull'animo dei c;ttad ini e, per wnseguenza , anche su quello delb truppa ,,. Circa la mancanza della necessaria conrnrdia degli animi per la 11 uova prova da affrontare - mancanza della gualc non potevano non risentire le condizioni morali dell'esercito - la Relazione della Commissione già citata dice quanto segue ed è questa una pagina ben degna della nostra meditazione, se è vero che dagli errori del passato si dehba trarre un'efficace esperienza. " Il nuovo Regno, trovatosi ad un tratto libero con lo Statuto, 1:+be a compiere due grandi imprese: attuare ed organ izzare le libcrl;1 acljui slate; cony_uistare l'indipendenza italiana. Nei primissimi tempi l' idea nazionale, concitata dalla pietà verso i Lombardi e dall 'odio contro lo straniero, aveva prevalso e vi fu una concordia ( 1) « Il bila ncio Jclla gucrr:i per l'Jnno 1849 era stato portato a IOI milioni di lire - mentre i hilanci precedenti no n aveva no superato i 47 milioni - e pur 11 011 bastava per soddisfo re a tutte le esigenze m ilitari ,, . Così il BARONf.: « Stud, su alc une campagne». (.2) Cfr. in propo~ito: (< l misteri della catastrofe d i Novara svelati ,, di autore Jnonimo. E ditore Grott i, Novara, 1849.


297 di opinioni da cui sorse quell 'impeto uni versale Ji guerra, che trascinò intero il Paese; ma non scorse gran tempo che si prod usse un mutamento che doveva a mano a mano diventare perniciosissimo e dimostra.re quanto fosse improvvisata nei più la coscienza nazionale ed italiana. « D opo le prime vittorie del 1848, l'impresa naz io nale credevasi 1h molti ormai compiuta e le questioni politiche comin ciarono a prevalere. Le esorbitanze e le improntitudini degli uni , l'av\'ersione :tlle nuove cose per inter esse municipale o particolare degli al tri ed il timore degli eccessi divisero tosto il Paese in contra ri e o pi nio ni. Fuv vi chi volle andare più oltre, chi pensò a torn;1rc indietro e chi a restare, chi antepose l'Italia al Piemonte e chi il Piemonte all" ltal ia: lo rmaronsi infine partiti avversi accan iti. Ma alle vittorie \ UCccdct tero i disastri, alle illusioni il triste d isi nganno ed all a fidu cia il sospetto. C iascun partito incolpò allora gli avversari dei m ali effetti che nedette da essi eccitati e, nel delirio del dolore, furc n(, dett i tr;•d i1ori Carlo Alberto e complici molti Capi dell 'Armata , .. Ma, tuttavia, la ripresa delle ostilità ven ne decisa ed il M in i~tnu, i:resieduto dal Rattazzi, denunciò l'arm isti zio il 1 2 m a r,.o, mentre 11iù che mai ferveva, all ' interno , l'opcr:1 ,ldt:tcri;i delle f.1 / . i<i11 i. 111 ,.111 c,·-va la preparazione politica della nuova campagna ed anche tp1 clb militare non poteva dirsi, come vedremo, efficace e com p leta. « Parve scri ve il Barone - che, ter minando la camp;1gn:1 ì11 pochi giorni, si evitasse la rovina finan z ia ria, g li spiri ti agi t:111 , i 111:i cassero. N ella peggiore ipotesi, quand 'anche la vi ttoria non ci .11r\~l' arriso, gli an imi si sarebbero finalmente calmati . Carlo Albnu , , i fc" tra rre al proseguimento della guerra, no n tanto dalla sper:111 z;1 di , incere, ma dal desiderio di mostrare che la Mo narch i:1 s:1h:1u1 b era pronta a tutto arrischiare per la redenz ione d' I tal ia " e per d:m:, specialmente ai Lombardi, nuova prova della sua lealtà.

Per q uanto si riferisce agli altri Stati d' Italia, all"i nizio della nuova campagna non si poteva invero sperare alcun co ncorso ; poichè nel Regno delle Due Sicilie trionfava ormai la reazione; Yenc:z ia e Roma lottavano, sotto la guida di Governi repubblicani , per la loro libertà, ed un Governo provvisorio s'era stabilito anche in T oscana. Tuttavia molti volontari lo mbardi accorsero nuova mente a p<,rsi so tto la bandiera piemontese e non mancò la speram~a di un 'intesa


comune, anche se non strettamente collegata, co i di fenso ri di Venczi:1, in soccorso dei quali era pronta ad im pegnarsi nuova mcr.tc, come già nel T848, la flotta sarda. A ta le proposito giova riportare la nobil issima lettera inviata, in da ta del 1 ° gen naio 1849, dal Manina Sebastiano Tecchio, allora Ministro dei Lavori Pubblici del Regno S:mlo : « Caro :1111ico, " Noi siamo persuasi che il Mi nistero sardo vagi ia sinceramente rite ntare: :ti più presto la prova delle armi; e siamo pronti cd ansiosi di co ncorrere, secondo le nostre forze, all'opera santa . " Pc:r b scel ta del momento opportuno di riprendere le ostilità e per ordin:1re le mosse nel modo più vantaggioso, giova, anz i occorre. conoscere le condi7.ioni dell 'esercito nemico. " Su ciò noi raccogli:rn10 giornalmente ragguagli, col mezzo dei nostri esploratori, e parmi utile che del risultamento di tali raggua~!i sia f:itto p:irtecipe l'egregio Ministro sardo. Come: g ioverebbe che d :1 esso ri n: \-essi mo le noti zie che egli avesse, dal suo canto, raccolte. Tin\·io intanto . privatamente, l'inclu s:1 memoria (1). Se a codesto C c,n:rnu gradisce. potrà il nostro Dipartimento della guerra mettersi ili dITella e 1eguìare cullispondcnza con lui. ,, Imomma, il nostro scopo, unico e solo, è t1uello di cacciar L\ustri :1co e· per t1m·sto niun sacrinzio ci parrà grave; e chiunque ,t tjlll'llo scopo miri, cd a raggi t1 ngcrlo concorra , è a noi amico e fratello . amato e benedetto.

·· Addio di cuore. " \ cnezia, J'' gennaio r849. Tuo aff.mo Manìn

».

In data del 23 gen naio il Manin scriveva ancora al T ecchio : ,, I movi menti dell'esercito nem ico, sì tosto che ci siano noti con sicurezza, verranno partecipati con ogni sollecitudine al tuo Governo. Le nostre tru ppe vengono giornalm ente ingrossate da g iov:rni della terraferma, che fuggono dalla coscrizione aust riaca . Noi li accettiamo ben volentieri e perchè gioviamo loro e alla causa comune :.: perc hè togliamo nuove forze al nemico 1) _ Quando poi la ripresa delle ostilit~1 divenne imminente, il Go\·erno sardo inviò al Manio il seg retario di legazione Melchiorre (1) La memoria del Mani 11 sull'esercito :w~triaco viene riportata a proposito della situazione inizia le cl ~gli eserci ti belligeranti.


Giovannini con una lettera del Tecchio, che partecipava al Governo di Venezia (1) la decisione di denunciare l'armistizio. A tale notizia il Manin si affrettava ad emanare il seguente decreto: « Il Governo provvisorio di Venezia decreta: « I. - L'Assemblea dei Rappresentanti dello Stato cli Venezia è prorogata per 15 giorni. « II. - Tutti gli ufficiali di terra e di mare si porteranno immediatamente ai loro posti, per essere pronti a tosto eseguire gli ordini che loro venissero trasmessi. « III. - La Guardia Civica, mobilizzata col decreto 17 agosto 1848, n. 186, si terrà pronta a sussidiare le operazioni delle altre milizie. « Venezia, 15 marzo 1849 (2). Il Presidente Manin "· Data, però, la brevità della campagna, anche gli accordi con Venezia non poterono esercitare alcun benefico influsso sull'andamento delle operazioni. Come si _vede, a riprendere le ostilità in buone condizioni , la preparazione politica, sia per qu:mto rigu:irda l'interno, '.;i:i pn quanto si riferisce alle relazioni con gli altri Stati d ' Italia, 111:rnc 1va quasi del tutto; ma, ciò non ostante, la ripresa delle opera?.ioni. che il Re aveva solennemente promesso col proclama di Alessandria del 28 agosto 1848, venne decisa anche perchè ben sapevasi c he g li Austriaci erano ormai già pronti.

La preparazione militare. Il 1 ° febbraio 1849 Re Carlo Alberto, davanti alle Camere riunite, aveva pronunciato le seguenti parole: (1) Il Governo di Venezia facev.1 a ssegnamento anche sull'intervento della fl otta sarda che, per quanto l'armistiz io Salasco stabil isse che essa do veva lasciare totalmente l'A<lriatico, non avendo ancora gli Austria.:i restituito il parco d 'assedio preso a Peschiera, come a vrebbero dovuto fare secondo le condizioni fissate nell'armistizio stesso. era rimasta a svernare ad Ancona . Essa era al comando dell'Ammiraglio Albini, veterano delle guerre napoleoniche, ed era stata rafforzata con le altre navi. (2) Nel comunicare tale decreto :ili' Assemblea, il Vice Presidente Mi notti dichiarò, a nome del Manin , « che crede\'a inutile di dare _spiegazioni al momento>,.


300 << Le schiere dell'esercito sono rifatte, accresciute, fiorenti e gan:ggiano di bellezza e di eroismo con la nostra flotta; io, testè visitandole, potei ritrarre dai loro volti e dai loro applausi qual sia il patrio ardore che le infiamma )). Uguale fiducia avevano <limostrato, parlando ai Ministri, il D uca Ji Genova cd il Duca di Savoia e, infatti, pur essendo mancata la necessaria unità d'indirizzo per i troppo fre<.1uenti cambiamenti dei Ministri della Guerra, il Piemonte aveva fat to tutto quanto era possibile.

Secondo la Rela zione della Commissione d'inchiesta sulle cause dell'esito della guerra, l'esercito piemontese, gi:i. decimato dalle perdite, dalle malattie e dall'indisciplina, era stato ricostituito ed :mche troppo aumentato di numero >> . Si stava provvedendo anche alla difesa la cittadella di Alessandria e dare sollecita opera a cingere la difesa interna dello Stato « con ingenti acquisti d'armi per la Guardia Civica, col vettovagliare le varie fortezze, col mettere in stato di città con fortificazioni in terra, per apprestarvi, ad ogni evento, un campo trincerato all'esercito. <, Si assettarono le trnppe lombarde, fo rma ndone una Divisione, si compose un Corpo di guide, si ampliò il battaglione del Genio, formandone un reggimento e dan<lo tutte le disposizioni per fornirlo del materiale occorrente )> (I). Durante l'armistizio - raddoppiata, come si è detto, la somma assegnata al bilancio della guerra - con nuo\·e leve, col contingentamento degli emigrati e l'incorporazione dei volontari lombardi ed emiliani, l'esercito sardo - piemontese aveva raggi unto la forza complessiva di 140.000 uomini, dei quali, però, appena la metà potè partecipare alle operazioni (2). (<

( 1) Le truppe Jcl Genio - dice b Rebzionc tiella Comm issio ne d "inchiesta non ..:omavano, prima della guerra, che cinque compagnie e non avevano nè ma teriale, nè organizzazione per il parco neccs:irio a.i lavori in camp:i.gna. Esse furono d uplicate di Quadri e quadruplicate in numero dopo la prima c::unp:igna ; però, alla ripresa delle ostilità, la loro istruzione era appena incominciata; il materia le fu organizzato e preparato in frena negl i ultimi giorni dell'armistizio e rimase incompiuto e mancante di mezzi Ja far fronte alle neces· sità; cosa così nec~ssaria in Lombardia e nella stessa Lomellina pt:r i frequent i canali che le solcano. (2) L:i forza dell'esercito risultò effett iv:Hnent c di 144.071 uom1m ; ma, su tale cifra, occorrc\·:1 fare le riduzioni seguenti :


301

Si erano, infatti, chia!Tiate alle armi le classi p1u anziane della riserva, cos.tituendone due battaglio ni nei reggimenti attivi; poi si erano sostituite le due classi più vecchie dei riservisti con i provinciali e con gli elementi ri sultati meno idonei al servizio. Era stata chiamata alle armi la classe del 1828 ed anticipata la chiamata di quella del 1829. Le due classi avevano dato, in complesso, 35.000 (1) reclute, delle quali, 24.000 ripartite in due riprese ai Depositi di Fanteria per istruzione; ma di esse soltanto 8.000 passarono ai battag!ioni attivi nel dicembre del 1848, mentre le altre 16.000 rimase ro ai Depositi fino ai primi di marzo. Servendosi dei battaglioni di rise rva si erano costituiti, inoltre. (febbraio 1849) 8 reggimenti provvi sori di Fanteria di linea cd 1 òi ( acciatori. Con i guani battaglioni riuniti era no stati co~1i1ui1i altri 6 reggimenti (2). Assenti per Jispusizione Jcl Ministero della Guerra, per ii congedo dato alle due cla ssi di riscn-a più ;lltempatc; noncht: a tutti quelli che iurono ricono · sci uti meno aui al s,:;rvizio 1\lah1ti Truppe <li riser\'a lasci:ne nei prcsiJi 8 quarti battaglioni l:isciati a Voghera, ;iJ Alc,s:111 dria cd a Torino, cd, in parte, alb guardia dei parchi d i A rtiglic1ia e Jc:i materi.ili d'in tcndcn,a

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Totale Dedu~endo anche i 20.000 uomini rimasti sulb destra Jd Po. J't",crcitu tlcstinato alle operazioni sul teatro della guerra finì coll'a ve rt' una forza infc. rio re :ii 6o.ooo u omini. Sonraendo ancora le perdite avute a Mortara. le rruppc , hc ~i LJ'll'."aro110 in linea alla battag lia di Novara no n arri\'arono a 50.000 uomini , (ompresi il Treno Ji prov ianJ1, le guide e turtc le truppe fuori ran go. ( 1) Con la legge <lei 4 luglio 1848 erano stati d1ia111:ni i co~critti ddl:i d:tsse 18z8 e le le\'e suppleti ve <li tre; .umi , compu11e11ti 21.uuu uu,111111. Con ìcgge Jcl 27 ottobre era stata chiam:na la le\'a amicipala del 29 cd 1111 supplemento a c1uella Jcl 2fl; in complesso altri 16.000 uomi ni. (2) Dato il .:on siderevolc :iumemo dell:1 F:intcri:i. Portata p er la guerra da 20.000 a 96.000 uomini, grave di\'enne il probkrna <lei sot tuflì(iali. Q uesti, sul picJc di pace. erano 3.2C)o1; ma a\'C\'anu suhìto molte perdit e durante la campagna del 1848. Inoltre più di 500 c rnnc, stati nominati ufficial i. Ne restavano di sPonihili soltanto 2300 e ne man(avano. per i soli batt:1g lioni attivi, olt re 4.000. Essi vennero tratti in gra n parte <la i sol dati di ordinanza. Questi , che erano appena 25 per ,ompagnia, vennero .:osì ridotti di numero; il che do,·eva influire sensibilm ente ~utrcffìcienza della Fanteria.


I bersaglieri (ordine ministeriale del!' II novembre 1848) erano stati portati da I a 5 battaglioni; ma non ebbero nè tempo, nè modo di istruirsi: « I nuovi bersaglieri - dice la Relazione -- furono di tanto inferiori ai primi, quanto li superarono in numern » . Coi volontari lombardi ed emilianj, incorporati dal generale Olivieri <li Vernier in dieci battaglioni provvisori, erano stati costituiti 4 reggimenti, dal 19° al 22°. Nulla potè farsi per la Cavalleria e per l'Artiglieria, che del resto si trovavano, rispetto alle altre Armi, in buone condizioni.

Le forze contrapposte. Alla metà del mese di marzo, aboliti i Corpi d 'Armata, erano state costituite 7 Divisioni e 2 brigate m iste, che si trovavano dislocate nel modo seguente: y" Divi sione (generale Giovanni Durando): a Valenza ; Divisione (generale Bes): a Mortara; 3" Divisione (generale Ferrone): :.1 Casale ; 4"' Divisione (Duca di Genova): a Novara; 5° Divisione (generale Ramorino): ad Alessandria; 6" Divisione (generale Alfonso La Marmara): a Sarzana, da do ve era stata avviata lungo la riviera ligure verso la Toscana (1); Divisione di riserva (Duca di Savoia): a Vercelli; brigata mista (generale Solaro! i): ad Oleggio ; brigata mista (generale Rei vedere): '.I Stradella. 2•

Ogni Divisione era costituita di due brigate di Fanteria, una compagnia di bersaglieri, un reggimento di Cavalleria, due batterie di otto pezzi, una compagnia del Genio. L 'esercito, è hene precisarlo, si mobilitò col seguente ordine di battaglia: ( r) La 6" DiYisione era stata costituita , in gran parte, con vecch i soldati provinciali, tra i Lluali, il 16 dicembre 1848, il Consiglio dei Ministri aveva Jeciso di fare una scelta dei migliori per rnstitu ire una Di visione provvisoria. Questa venne poi a formare la (j'- Divisione dell'esercito e venne tenuta presso Sarzana: sia per allontanare dalle famiglie i soldati ed anche per tenere queste forze a guardia dei passi dell'Appennino. In principio si era parlato anche ddl'opportunid di mandare questa Divisione in aiuto di Venezia, od anche in Tosca na.


Comandante Supremo: Re Ca rlo Alberto. Generale maggiore: generale Alberto Chrzanowski . Capo di S. M.: generale Alessandro L a Marmara. Sottocapo di S. M.: generale Luigi Fecia di Cossato. Truppe a disposizione del Comando Supremo: III e IV battaglione bersaglieri; 3" batteria da posizione; I/ 2 ro• batteria modenese ; 2• compagnia pontieri ; 1 • e 2• compagnia minatori; 8" compagnia zappatori ; parchi. 1•

Divisione (comandante: generale G iovanni Durando) : brigata « Aosta n (5° e G·· Fanteria): brigata << Regina >1 (9° e ro'' F anteria) ; 5• compagnia bersaglieri; reggimento Nizza Cavalleria ; 6" ed batteria da battaglia; 2• compagnia zappatori ; parco divisionale.

2'

Divisione (comandante: generale Bes): brigata (( Casale )) (I I°' e I2v Fa nteria): brigata composta (17" e 23" Fant eria): 6" compagnia bersaglieri; reggimento Piemonte Reale Ca ,·alleria; 4" batteria da battaglia ; 2 " batteria da posizione ; 3• compagnia zappatori; parco di visionale.

3" Divisione (comandante : g enerale Perrone): brigata <<Savoia >1 (r e 2 ° Fanteria) : brigata <( Savona >• (15° e 16" Fanteria); 7" compagnia bersaglieri; reggimento Genova Cavaiieria : f e i batteria da battaglia ; 6" compagnia zappatori; parco divisionale. 0


4' Divisione (comandante: Duca di Genova): brigata « Piemonte » (3° e 4° Fanteria); brigata « Pinerolo )) (13" e 14" Fanteria) ; g• compagnia bersaglieri; reggimento Aosta Cavalleria; 9' batteria da battaglia; 4' batteria da posizione; 5" compagnia zappatori; parco divisionale.

5'

Divisione (comandante: generale Ra mori no): brigata lombarda (19" e 20° Fanteria); 2 " brigata lombarda (21 ° e 2i' Fanteria): VI battaglione bersaglieri; battaglione studenti; legione ungherese: legione polacca; reggimento Cavalleggeri Lombardi ; una batteria da battaglia; una batteria da posizione; una compagnia zappatori del Genio; parco divisionale. 1"

Divisione di riserva (comandante: Duca di Savoia): brigata ,, Guardie >> (1° e 2 " granatieri guardie, 6" cacciatori guardie); brigata " Cuneo " (7" e 8" Fa nteria): reggimento Savoia Cavalleria; reggimento Novara Cavalleria; 1 • e 2 " batteria a ca vallo: 1·' batteria da battaglia; 1 ·' balle ria da posizione: i compagnia za ppatori : parco divisionale. Brigata d' avanguardia (comandante: colonnello Belvedere): 18" reggimento Fanteria; I battaglione bersaglieri: V battaglione bersaglieri ; 3" batteria a cavallo.


3• brigata mista (comandante: generale Solaroli): 30° reggimento Fanteria; 31° reggimento Fanteria; battaglione Real Navi; battaglione Valtellinesi; battaglione Bergamaschi; 2 squadroni di Cavalleria; batteria lombarda; 4" compagnia zappatori. Alcune Divisioni disponevano anche di un certo numero di quarti battaglioni bersaglieri.

Esaminiamo, come già si è fatto per il 1848, quale potesse essere la vera efficienza di tale esercito. A proposito del Comando, la Relazione della Commi s~io11c d'inchiesta così enumera le deficienze che si lamentarono durante la c irnpagna, per qu;mto si riferisce all 'azione ckl lo Chpanow, ki · .. l .;, condotta della guerra fu improvvida, non meno che la sua deliberazione .. . « Nel determinare il piano di campagna, il Mini stero non port<> quelle cure che. gli spettavano, ed il generale I in capo I pospose le ragioni militari, imprescindibili, alle politiche even tual i: l'esercito fu privo d'appoggio, mancò di continuo la conoscenza delle mosse del nemico; mancò, dal punto capitale del le prime posizio ni asseg nate all'esercito, una Divisione per colpa del suo generale; fuvvi imperizia, o non sufficiente solerzia in alcuni altri Capi dcli ' Armata: il generale maggiore non seppe far concorrere tutte le forze; no n seppe, infine , impiegare la truppa in modo adatto alla ~ua indole ed alle sue condizioni organiche e morali "· Non si può negare, però, che, dato il modo nel ~1ualc ,-enne costituito il Comando e le condizioni nelle quali esso venne a trovarsi, e lette le rela zio ni delìo Chrzanowski al Re cd al Mini ~tro della Cuerra, la gravità di tali accuse risulta alquanto attenuata, così che non ci può sorprendere il sapere che Re Vittorio Emanuele II soccorse più volte lo Chrzanowski anche negli ultimi anni dell:i vita, da lui trascorsi, dimenticato e solo, a Parigi ( 1). (r) Cfr.

DELLA

RoccA:

<<

Autobiogr:ilia di un veterano>•,


Circa la necessità di un Comando per l'esercito, giova ricordare del resto come, fin dal mese di ottobre 1848, il Duca di Savoia scrivesse molto oppartunamente al generale D abormida: « . . . Se vogliono fa rci fare l}ualche m ovimento, che i'esercito ::.bbia un generale e un Ministro della Guerra, perchè l'esercito si risente sempre dell'ultimo Ministero cd avrebbe bisogno di un Ministro che lo conoscesse bene e che lavorasse molto per esso, tante cose essendo da cambiare, tante da organizzare. Vedo, con mio sommo rincr escimento, che un pa rtito perverso spera di farci affrontare il nemico al più presto, nell'inte ndimento, poichè sa che non siamo ben pronti per ora, di edificare la Repubblica sulle rovine dell'esercito e del paese >,. Ma, non ostante tale ammonimento, durante i sette mesi dell'armistizio, ben sette Ministri passarono successivamente al M inistero della Guerra; il che non permise la necessaria cont inuità d'indir izzo nella ricostituzione dell'esercito e nel ristabilimento della disciplina, che pure era indispensabile e costrinse il G overno a costituire il Comando dell'esercito troppo tardi. L:.i costituzione del Comando si face\'a sempre più neccssariJ ccl urgente, man mano che la ripresa clcììc ostilità appariva cena e non lontJna. Resasi impossibile la nomina del gener:.ile Bava, anche per le in temper:.inze nelle quali egli era caduto nei suoi « rapporti " sulla campagna precedente, sembrèi rndispcnsabiie, data la sfiducia nei generali piemontesi, di cerca re un generale straniero. All 'uopo il generale Alfonso La Marmara venne inviato all'e~tero; ma ebbe dalla Francia un reciso r ifiuto alla nomina, successi\'amcnte proposta, dei generali Bugeaud, Changarnier e Bcdan. « Ogni nostra istanza in proposito - ricordano i Ministri Chiodo, C:idorna e Tccchio nelle loro Risposte alla relazione dello Chrza11owsl(i - fu inutile. Impediva no allo svizzero Dufour la v:1cill ante salute e il contratto impegno di seguire a P arigi il Buonaparte, un dì condisctJXllo. Jl Duca d' Isly presiedeva ai son ni dell'esercito delle Alpi e Changarnier teneva in briglia, nella Capitale della Repubblica, le guardie cittadine e le milizie campal i. ii li generale Lamoricièrc, non ~ 1ppena dato mostra d'avere in qu:1lche pregio le profferte piemontesi, ne er:1 distornato da Adolfo Thiers; altri di altre scuse onestavano i loro rifiuti. Vero è che, a chi pareva disposto di entrare ai servizi della Causa italiana, il Governo francese negava, non che il formale consenso, sin anc he la toller:mza n .


Fin dall'otto bre del 1848 si trovava presso l'esercito piemontese, quale Capo di Stato Maggiore, il generale polacco Alberto C hrzanowski, che si era già distinto in Po lonia e che veniva considerato come un generale di meriti no n comuni. Il 7 gennaio 1849, sciolto il Pa rlamento, il Gioberti, allora Presidente del Consiglio dei Ministri, chiamò lo Chr zanowski e lo interrogò sulla possibilità di iniziare le ostilità subito e precisamente il 15 gennaio; m a il b rio non venne ritenuto possibile pel timore che la stagio ne, assai ri gicb , avesse potuto nuocere alla salute delle truppe. Il general e segnalò allo ra al Ministro che parecchi u fficiali e molti soldati si mostravano contrari al la g uerra e che sarebbero andati a combattere soltanto per il sentimento del dovere, sentimento c he, purtroppo, come gi:1 si è detto . s'era affievolito non poco. Sopraggiunto il generale de Sonnaz, allo ra Min istro dcll :1 C un ra (1), questi affermò, invece, <• che non mancava all 'Armata se no n un generale che ne potesse m eritar e tutta la fiducia e che un t~1 le ge nerale ben tosto avrebbe potuto risvegliare in essa il sentimento dell'onore militare )>. Si venne lJuindi a parlare della c1uestionc degli ufficiali e ;!cll'epoca nella yuale le ostilità avrebbero potuto essere riprese, ep< ,ca che venne .fissata alla seconda q uindicina di marzo, cd il grnc r.il c C hrz.anowski, to rnato ::il Quartier Ge nerale di Alessandria , ,·enne in.:aricato di compi lare una descrizione « d i c1uanto credcn 11l-ce,,:1rio da farsi per tutelare la salute e le forze del c:oldato,' i prcp:1r:1ti,·i iiìd ispensabili per porre l'Armata in g rado di entr::i re in c:1mp:1g n:1 e le riserve da prendere per sostenere la g uerra » . Tale esposiz ione, diretta al Re, venne inviata al Ministro dclb G uerra (t5 gennaio) ed al Presidente del Consiglio (20 ge nn:1io) e ~i riferiva specialmente ai serviz i. Recatosi il 24 gennaio il de So nnaz col Re ad ispez ionare le truppe, non ne riportava un a buona impressione, tanto che il ~, gennaio, nel Consiglio dei Ministri, dovette affermare: che il generale Chrzanowski no n gli ispirava tutta la necessaria fiducia e m ostrarsi contrario ad affidargli il comando. Sostituito, dopo pochi giorni, il Mini stro della Guerra dc Sonnaz col generale Alfonso La M arma r a, il Consiglio de i Mi nistri sta( 1) Lo C hrzanowski era st:ito interrogato dura11te l'::is:,CnZa <lei Ministro della Guerra appunto pcrchè le sue risPoste Potessero essere libere d a qual siasi riguardo.


bilì, nelle sedute del 7 ed 8 febbraio, di affidare il comando dell'esercito allo Chrzanowski con Capo di Stato Maggiore il generale Alessandro La Marmora e Sottocapo Luigi di Cossato, ed il Re Carlo Alberto firmò, dopo pochi giorni, i relativi Decreti , benchè il 9 febbraio Alfonso La Marma ra fosse stato sostituito al Ministero della Guerra, dopo appena sette g iorni , dal generale Chiodo. Il giorno 15 febbrai o lo Chrzanowski fu nominato comandante in capo ( 1) e venne chiamato telegraficamente a T orino, dove il 17 febbra io fu stabilito che egli doveva esercitare effettivamente il comando in nome del Re : ma " sotto la propria responsabilità >i e col titolo di " generale maggiore dell'esercito». Interpellato s11lb cbt:1 alla quale sarebbe stato possibile riprendere le ostil ità, lo Chrzanowski rispose che, purchè si fosse provveduto ai bisogni già da lui indicati fin dal 7 gennaio, la guerra avrebbe potuto ri prendersi nella seconda quindicina di marzo. Ciò, s'intende, salvo il caso di un "improvvisa concomitanza di circostanze fa. \Orevoli, quali: u11a nuova sommossa a Vienna od a Milano, una ~confi tta Jegli Imperiali in Ung heria od anche un attacco effettuato ( On grandi 111ezzi Jagli Austriaci contro Venezia. l n questo caso, o per profittare del la diminuita disponibil ità ddk truppe austri ache .i n Italia, o per alleggerire la pressione nemica contro Venezia, sarebbe stato con veniente troncare ogn i in dugio ed anticipare la ripresa delle ostili1;1. 11 gu1nak Chrzanowski non conosceva l'ambic:nte mil itare piemontese: nè era conosciuto da coloro che dovevano eseguirne gli ordini . Tuttavia egli si adoperò per affrettare la preparazione dell'esercito, notificando ripetutamente al Ministero della Guerra le deficienze :ille quali occorreva ancora provvedere. Egli asseri sce, al ri( 1) Eccu u m 1c lo si esso Ch rz:111ow ~ki ricord a la sua a ssun z ione di coma ndo: " Le 15 février 1849 le gén ~ral Bava, aya nt n:çu l'orclrc d e me rcm curc le com ,n a n<lL·111rnt dc l'A rrnfr, j'ecri1·is au ss1tot :,u M inistre dc la G uerre qm: jc ne pou,·ais p rcnd re ..:e command c1111:11t quc tcmpo ra inemcnt. " )e luis alo rs appdé ;1 Turin le 15 fé\'rier. L:1, j'cxposa i d e \':tnt le Con sci! d cs l\,linislres que k p cu d ':1ni111:nion Ju solda t e l le pcu <le popubrité dc la g ucrn · p:irm i Ics lroupcs. rc11J e,·aicnt u rgrntc la préscnce d u R oi à l'Arméc, :Ì 1; 11 J'cn rclc,-cr le m ural et d e fai rc n:iitre plus d'enthou ~iasmc. " Que k Roi nt: pou vant st: t rou ver à l'A rméc que commc commandam rn , hd, cc titrc ne poul'air pa s m 'Ètrt: dérnlu . Le l\linistère, ayant 1rou,·é mcs ohscn ·.11ions justes . ~•atua quc le Roi aura it le cnm m:m<lcmem en chef et q uc jc , cr:1is m:ijor g 011éra l de l' Annéc (generai m agg io re). avcc la rcspo nsahilité d o opératio n~ mi li t:1 i rt>s. telll' Ltu 'cllc est :1ssumée par u n g ~11éral c11 chef"·


guardo, che, vista la lentezza delle incomplete misure prese per i bisogni dell'esercito e le condizioni di questo, avrebbe voluto rinunziare all'incarico affidatogli e lo avrebbe fatto, se non glielo avessero impedito il sentimento dell'onore militare ed il desiderio di non abbandonare l'esercito sardo proprio alla vigilia della nuova prova. A Capo di Stato Maggiore dello Chrzanowski ve nne nominato il generale Alessandro La Marmara, che assunse tale carica senza molto entusiasmo e soltanto per sentimento di di sciplina.

Circa gli ufficiali di Stato Maggiore nulla era stato possibile fare, durante i mesi dell'armistiz io, per migliorarne ie l1 ualit;1 e pt:r trasformarli in collaboratori intelligen ti cd attivi dei Comandi : ma è bene ricordare che lo Chrzanowski, nel concludere la sua relazion e sulla campagna <lel 1849, ne loda l'intelligenza e l'attività (1). D el resto la composizione degli Stati Maggiori delle Divisioni venne di sposta con la circolare del Ministero della G uerra n. ')-!, in data rr marzo, così che molti ufficiali , che doveva no far parte d ei Comand i delle grandi Unità , non poterono nr·ppur,· raggiun)c';t:rli in tempo. Per ljUanto riguarda i servizi, la relazione ufficiale mt:ttc ben e i11 eviden1.a l'in su flìt:irn za degl i affrettali prov vnlilllcllti prDi 1•l·1 assicurarne il funzionamento. A far presente il bisogno dei di versi materiali indispensabili , il 15 genna io 1849, il generale C hrzanowski, nella relazione da lui compilata per ordine del Re, nell a LJUak ,·cniva indicato quanto era ancora necessario per mettere l'l'sercito in grado di entrare in campagna, metteva in rili ern le gravi cklì cierizc dei servizi di Commissariato, di Sanità e dei Tra sporti. Per tali servizi si prese qualche affrettato provvedimento e, per quanto riguarda il vettovagliamento, si cercò di int rodurre pe di no un nuovo sistema per rifornire tempestivamente la truppa; 111;1 purtroppo non si riuscì a provvedere a tutte le necessit à. Per il servizio di Commissariato, lo Chrzanowski avt.:va scrit to : " Affinchè l'esercito non abhia a soffrire per manc;rn 1.:1 di viveri t.: ( 1) Il ge nerale Ddla Rocca, ndb sua ,, A utubiogr:i lÌ:.t di un vetera no" scrisse che, nel d:b.'5, g li ufficiali di Stato \1:tggiorc erano , tati con siJcr:iti più co me ingegneri topografi fo,enti parte clell'csaciro. che come milit:iri. Essi erano stati destinat i a scn ·irc pres,u i Com:111,li di D i,·ision c cd a,·e,·ano :1n1to d iritto al ca vallo so!t:rnto nd 183 1.


possa in pari tempo muoversi facilmente, è mestieri che venga bene organizzato il personale per la sussistenza e si abbiano sui carri i vi\·cri necessari per dieci giorni. L'organizzazione <li tale personale è stata cominciata; ma richiederà un tempo non breve: sia per completarla, sia per ottenere che gli ufficiali acquistino l'abitudine indispensabile al disimpeg no delle loro funzioni, tanto più che b maggior parte degli individui addètti alla sussistenza ignorano completamente un tale genere di se rvizio i1 . Era stato istituito (1), come gi~ si è detto, per il vettovagliamento, un nuovo sistema, il cui funzionamento si riteneva p iù sicuro anche fra i pericoli della g uerra, mediante una linea cli magazzini depositi di stanti due tappe dall'esercito, da rifornirsi ad impresa dai depositi dell'interno, ed una linea di magazzini di distribuzione, più mobili e posti in prossimità delle truppe. In di cemhre il nuovo sistema era già in grado di funzionare, sia pure ince ppato dalle norme amministrative; ma mancavano ancora le compagnie di operai, che dovevansi trarre dai reggimenti di Fanteri:1 (2). Tuttavia, fra le cinque Divisioni che si impeg na rono, la prima 1n.111L..'.. dei vivc1i dalL. ~era t!d fotto d '.unK cli Morta ra e rimasero p:-ive di viveri dalla sera del 23 marzo altre due Divisioni; cosicchè, malgrado l'abbondanza delle risorse approntate, quelle truppe dovettero :ilimentarsi in gran parte con rn1 uisizio11i: il c he fu causa di g ravi di so rdini. Per il serv izio cassa, alla vigi li a delle ostilità, ìl 19 marzo, l'Intendenza lamentava la mancanza dei mezzi per distribuire il soldo alle truppe e per sopperire alle spese dei serviz i. Il Ministro delle Finanze aveva dato disposizioni presso le Tesorerie fin dal 17 per provvedere a questa gr:ive deficienza; ma l'Intendente del!' esercito ne fu avvertito dal Ministero della Guerra soltanto dopo il 21 marzo, lluanclo le sue casse furono fornite di 550.000 lire per so pperire a1 bisogni più urgenti; mentre si sperava di contrarre un prestito con alcune banche di G enova e di ottenere, quindi, sussidi di denaro e cli viveri dalla Lombardia. Per (JUanto riguarda il servizio 5anitario, nella sua relazione, il gcner;~lc Chrzanowski aveva messo in rilievo l'impo rtanza della cura

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(1) Regolamento del 1° novembre 1848. (2) Lencra Jdl'I ntcnJente dell'esercito al Ministro della Guerra, 111 daw fcbbrai o.


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dei feriti e la necessità di riorgani zzare il servizio sanitario e di dedicare a questo servizio le più sollecite cure. Già fin dal mese di novembre (1) si erano iniziati i provvedimenti per preparare il materiale occorrente. Era necessario provvedere al servizio d'ambulanza presso i reggimenti, ai carri per il trasporto dei feriti, alle cassette con i ferri chirurgici cd i m ed icin:ili ed alla costituzione di una compagnia di infermieri presso le Divisioni. Interpellato su queste necessità, il Ministro del la G uerra dava alla Camera, nella seduta del 16 febbraio, le seguenti assicurazioni : « Quasi tutti i Corpi hanno il personale necessario. Le ambula nze esistono quasi tutte cd alcune già si avvia no alla loro destinaz ione. Tutti i Corpi saranno provvisti del materiale necessario per i servi z i sanitari ed anche tutte le cassette degli strumenti sono pronte " · Ma, dalla relazione del 24 dello stesso mese, gli dovette, invtcc, risultare che delle 154 cassette di ambulanza necessarie, sole Go cr:.ino state spedite e che occorreva circa un mese per prepararne altre 40 ; che, dei 50 carri di ambulanza di visionali richiesti , soltanto 5 cra110 pronti e gli altri avrebbero potuto esserlo entro 15 giorni, nu non corredati dell'occorrente, mancando ancora molte dotazioni di ferri Lhirurgici, commissionati in .Francia. Il personale di Sanità delle Divisioni doveva comporsi di ufficiali medici da sottrarre ai reggimenti, presso i quali ne sarebbero \t:1ti in viati altri di nuova nomina. Tale sostituzione non potè, pen\ f:1rsi se non in parte, così che la maggio r parte dei m edici raggiun se le Divisioni soltanto dopo la ritirata. E ' doloroso il racconto delle pene che costò ai difensori Jcl la Patria, caduti per ferite (2), questa deficienza di personale e di materiale. Soltanto l'iniziativa di alcuni ufficiali medici permise di istituire un'ambulanza alla Bicocca, m entre vi ferveva il combattimento. I pochi chirurghi presenti supplirono con il loro zelo a qua nto mancava (3). I feriti ed i morenti dovettero essere trasportati sui c irri di Artiglieria, per sottrarli all'incalzante nemico e trasportarli a No,·ara, dove nessuna disposizione era stata data per apprestarl' i locali designati ad ospedale (4). (1) Regobmento 18 novembre 1848.

(2) V. relazione del C hirurgo Caro dell'eserlito, del 29 marzo. (3) V. ivi, e le relazioni d i altri chirurghi dei Corpi. (4) Il generale Chrzanowski non J\'eva dato alcun ordine per ricoverare in Novara i feriti, come . suggeriv;1 l'imminenle h:maglia. L "lntemlentc generale non ebbe alcun avYiso.


3I2 Per i trasporti, le richieste del generale Chrzanowski non potevano essere tempestivamente accolte ed, alla denunzia dell'armistiz io, non esistevano m ezzi per il parco d'Artiglieria e per g li equipaggi da pon te. Ma ncavano circa 1.400 cavalli, e soltan to il 1 4 marzo il Ministro della Guerra incaricò l'azien da di guerra di provvedere, o con imprese o con requisizioni di cavalli ed anche di buoi. · Queste g ravi deficienze no n poterono avere, per la corra durata della campagna, una notevole influenza sul suo esito; ma sarebbe stato necessario eliminarl e prima di r iprendere le ostilità.

L'esercito austriaco nel Lombardo-Veneto. Circa la fo r za e l'efficienza dell'esercito austriaco rn Italia, il .M anin aveva co municato al Governo italiano, pel tramite del T ecchio. :illora Ministro d ei Lavori Pubblici, i seguen ti dati, tratti << dai più fidati rap porti )) . Nella provincia del Friuli, t ra i monti d el Cadore e del Bell unc:sc, fino alla Piave UOill lill 4-000 Ndb pro \'i11cia di Trt"vi~o, into rno a Mestre e lungo ·, ) il piccolo canale dd Brenta, fra F errar a e Padova 4-000 Nelle provincie di Padova e di Vicenza, compresi i presidi' d elle due citt:i 5 .000 Lungo la sponda sini stra del Po e sull 'Adige, fi no a M onsel ice e Legnago Presso le fortezze di V erona, Mantova e Peschiera . I I .000 J\'.ellc provincie di Brescia e Bergamo, compresi i forti presidi delle due città e di altre posiz io ni \) fra i mo nti . In Milano, nel M ilanese, nel Comasco e l ungo la )) frontiera della Svi;z.zcra 1 4.000 )) Lungo il T icino 20.000 N ei v:1ri ospedali I 2 .000 ))

))

"

Totale uo m ini 86.500 D i questi circa 8 .000 erano di Caval leria . I pezzi d ' Artiglieria da campag na sarebbero stati, secondo le in formazioni del Manin , circa 200. Vedremo com e la situazione attribuita dal Governo di Venezia alJ'ese rcito austri aco del Lombardo - Veneto non rispo ndesse alla


realtà, molto più che, alla ripresa delle ostilità, un comandante ccrnc il Maresciallo Radetzky non avrebbe indugiato a costituire la massa nella zona più conveniente per l'inizio delle operazioni. Anche circa l'efficienza dell'esercito austriaco il Manin cedeva facilmente all'inganno di generose illusioni, in quanto che, nello stesso rappnrto del 1" gennaio, egli soggiungeva che fra i soldati austriaci c'erano molti ammalati e molti malcontenti, poichè i mldati viennesi « fremevano per le atroci r appresaglie che insanguina rono e devastarono la loro città e gli Ungheresi volgevano gli occhi ed il cuore all'esercito fraterno, vergognosi <li tro varsi fra le fi le nemiche ed anelanti di congiungersi ad esso » . Il Manio soggiungeva poi che truppe austriache marciavano verso l'Isonzo dirette in Austria e c he ii Radetz ky aveva o rdin ato che si affrettassero gli approvvigionamenti delle fortezze del Q u:idrilatero e che si invitassero gli abitanti a sgomberare le città ,, il cl1t: manifestava come il nemico intendesse ridursi ben tosto entro il recinto di esse. <1 E , se ciò avverrà , - concludeva il Man in -- V cncz ia no n ~:1r à l'ultima ad inviare il suo contingente I circa 17 .000 uomini I :1ll'e~e rci to o per:1to rc l s:irdo I, le mosse del qu ale erano rigu:. rJ:i.tc ..:omc il seg nale d' una generale conflagraz ione e la pronta o pportuni 1i1 ddle quali potrebbe, più che mai, essere determinata dall ' attuale ~co mpaginata condi z ione delk forze nemiche ». Dopo queste informazioni, il Man in , in dat,1 del 23 ge nnaio, promise di segnalare al Governo sardo gli eventuali movimenti delle truppe austriache; ma altre informazioni non ne pervenn ero e lo Chrza nowski ritenne che le forze austriache in Italia superassero di poco gli 80.000 uomini, dei quali, detratti i molti ammal ati , le guarnigioni di presidio alle fortezze ed alle città principali ed il Corpo di osservazione verso Venezia, non sarebbero stati dispon ibili per le operazioni che circa 45.000 uomini. Purtroppo la realtà era assai diversa dalle o ttim istic he prev1s1o n1 del Manin e dello stesso Chrzanowski. A cominciare dall'agosto del 1848, l'esercito au striaco nel Lombardo - Veneto era stato gradatamente rafforzato secondo le richieste e le proposte del Maresciallo Radetzky, il quale, alla ripresa del le ostilità, disponeva di ben 70.000 uomini e di 182 cannoni pronti per le o perazioni contro i Sardi, senza contare i 2 5.000 uomini destinati all'assedio di Venezia, la brigata che si trovava a Piacenza, le guarnigioni delle fortezze del Quadrilatero ed i varì presid1.


Il Radetzky aveva cost1tu1to 5 Corpi d'Armata: I (Wratislaw), II (D'Aspre), III (D'Appd), IV (Thurn), Corpo di riserva (Wocher). Ogni Corpo d'Armata era formato da due Divisioni; ogni Divisione da due brigate miste. Sotto l'abile guida del vecchio generale e nella certezza che le ostilità sarebbero state riprese, l'esercito austriaco, già vittorioso e con le Unità inquadrate da numerosi ed esperti ufficiali, poteva dirsi pronto alle nuove prove. Esso venne prontamente radunato dal Radetzky attorno a Milano, non appena l'armistizio ven ne denunciato dal Governo sardo.

disegni operativi. Circa il disegno delle operazioni del Comando sardo all' inizio della nuova campagna - scrisse nelle sue osservazioni il Duca di Genova - vi era da scegliere tra una guerra difensiva ed una guerra offensiva. Nel primo caso non vi erano che le posizioni di Valenza e Bassignana, le quali offrissero il vantaggio di coprire direttamente Alessandria e J i difendere Torino, manovrando sul fianco del n emico : m:1 tali posizioni avrebbero imposto l'abbandono all 'Austria del paese o ltre la Sesia e di parte della pianura piemontese; g iacchè la linea del T icino, troppo estesa, non si prestava ad una salda difesa. Il partito della difensiva non rispondeva, però, alla situazione politica ed allo scopo principale, al quale la nuova campagna doveva te ndere e che era quello di scacciare gli Austriaci dalla Lombardia. Una volta denunziato l'armistizio - nota il Duca di Genova il partito che voleva la guerra avrebbe levato le più alte grida, se, invece di attaccare il nemico sul suolo lombardo, ci fossimo ritirati nel nostro per aspettarlo. Del resto l'offensiva, « era nelle idee del Re n ed anche lo s~esso Chrzanowski, nella seduta del 17 febbraio , l'ebbe suggerita dal Consiglio dei Ministri (1). (1) In proposito, nella relazione del 9 apri le, lo stesso Chrz.anowski ricorda: jc représentai aux Ministres qu'il y avait deux manières de fa ire la guerre. « La premiè re; en la fa isant trainer cn longucur sans rien donner au h :is:1rd, ne ,·isant qu 'à obtenir de petites ;i\';tntagcs et :i les ma inten ir le plus longtcmps possible. p:iu r épuiser son adversaire et laisscr aux chances fo vorables le trntp.~ dc ~e dfvclopper. « . . .


Decisa l'offensiva - così scrive, nelle sue << Osservazioni », il Duca di Genova - questa si poteva prendere : od attaccando il nemico in un punto solo, o dividendo l'esercito in due o più distaccamenti. Le gazzette, i « clubs » dei liberatori d'Italia, con la stolta fidanza di chi sa essere lontano dal pericolo, ci dipingevano il nemico come atterrito, tale che alla nostra prima mossa avrebbe abbandonato le sue posizioni e sarebbe corso a rintanarsi nelle sue fortezze. Certo, se questo fosse stato vero, qualunque ordine di attaccc, sarebbe stato buono e avrebbe potuto forse convenire di diviJere l'esercito per fomentare e sostenere su diversi punti l'insurrezione e tagliare fuori i Corpi nemici nella loro ritirata. Ma se, invece, si basavano le proprie determinazioni sul presupposto _, che dovevasi fare cl::i ogni uomo di senno - che si sarebbe incontrata la gagliarda resistenza <li un'Armata numerosa, agguerrita, fidente nei suoi Capi e nella vittoria, conveniva allora tenere tutte le truppe concentrate sotto la mano del generale in capo per potersi imporre con un colpo energ ico, qualunque fosse il punto che si volesse attaccare. Secondo lo stesso Duca di Genova, all'esercito sa rdo s1 aprivano tre vie per l'offensiva: - marC1are per la sponda destra del Po fino a Piacenza e Cremona; attaccare per Pavia; - attaccare per l'Alto Ticino, marciando direttamente su Milano. La prima direttrice lasciava il Paese in gran parte scoperto, con tutti i pericoli materiali e morali che potevano derivare da un 'invasione nemica; la seconda rendeva, in ogni caso, più sicura la via di « La seconde manière: en concentrant dès le principe toute I'act ic,11 dans une affaire dfrisive. << Je fis observer qu'en suivant cette dernière méu10de tout étai t perdu pour nous, si nous venions à ctn: battus, tandis que la victoire, bicn que no•Js pcrmettait de pousser en avant, nous amènc:rait néanmoins :ì une seconde et pcut etre à une troisièmc bataille, dans la quelle nous scrions obli gés dc ri squer dc nouveau le tout pour le tout, avant de forcer l'enncmi :i une paix :1va 111agcusc pour l'ltalie. Cette diffén:ncc, outre !es conséquences dc la part d'une première bataille pour nous et pour l'enncmi, provient de la grande dìsproportion dc ressources entre les Ji:ux parties belligérantes et de la force des lignes sur !es ~udles s'appuie l'ennemi. Après cet exposé, je demandai au Ministère de decider le quel di: ces deux genres de guerre je tb·ais pratiquer. << Le Ministère me n:pondit: que je devais fo irc une guerre vive, risqua11t le tuut PoUr le tout, afin d'amcner rapidement l'cnnemi à faire la paix J> .


nt1rata; la terza, suggerita da un concetto evidentemente più ardito, prometteva un efficace successo fin dal principio della campagna. " Distaccandoci - scrisse il Duca di Genova - dalla nostra linea dì ritirata, invitavamo il nemico a portarvisi; stava in noi, attaccandolo di fianco con energia, sorprenderlo durante il suo movimento e conseguire il vantaggio dell'iniziativa; una rotta in quella situazione poteva essere funesta agli Austriaci ; oltre a ciò, ten endoci vicini etile mo ntagne, avremmo dato la mano a lluelle pupolazioni, k sole vera mente bellicose della Lombardia e che potevano esserci di aiuto. Se eravamo vincitori, avremmo potuto arrivare sul Mincio quasi prima dell'esercito nemico 1> (1).

Ma un disegno (Jperativo deve tener conto anc he delle operazioni ddl':1vversario; operazioni, considerando le quali, lo Chrzanowsk i, :1m mette ndo l'ipotesi che anche gli Austriaci avessero pensato di intraprendere l'offensiva, riteneva che essi avrebbero potuto scegliere quattro diverse linee di attacco per invadere il Pi emon te: - - m~i • .::iare da Milano su Novara; - concentrare le forze verso Pavia e sboccare quindi in Piemonte, seguendo come direttrice la via che da Pavia conduce a Mort;1r.1;

- marciare verso Oleggio; - seguire la riva destra del Po e puntare su Alessandria. Lo C hrzanowski riteneva più probabile che il nemico avrebbe scel to un:i delle due prime linee di attacco ed, in questa ipo.tesi, poichè le in fo rmazioni sulle forze austriache erano incerte e cont::-adittorie, ritenne necessario <( se placer de manière à se trouver en ( t) l! Ll!1c·a d i Grnova ,·osì condudn·a al riguardo: " Q11csto fu il partito prcscd10 dal gcnt' rale C hrzanowski. Nel commentare qucst.a risol uzione, so che mi allo nt:,1w dall'opinione della m aggior parte dei nostri generali; so che questo partito non era cerwmentc consentaneo a lle regole solite d i una guerra metodica , che prescriYono di non :illontanarsi <la lla line.1 di ritirata. Ma io (oltre all"esscrc ,·,,lentieri portato da natura alle imprese arrischiate, quan<lo possono rcrar gra n frutto) dirò d1c l'impresa che tentavamo, rom pendo la guerra con l'Au stria. era lemcraria ; chi si espone a lotta così temeraria, deve sentirsi da tanto <li saperla durare fi no all'estremo termine e deve aver<.: il coraggio di aftìd;1r~i molto alla fortuna. Imprese d i questo genere, se è imprudenza tentarle, è fo llia Yokrle condurre a buon fine con un procedere metodico e lento >>.


mesure de livrer bataille avec toutes lcs forces réuniés, dans le deux suppositions passibles » . La possibilità di poter rapidamente riunire le forze piemontesi, che aveva determinato la dislocazio ne iniziale dell'esercito sardo, anche nel caso in cui questo fosse stato costretto a difendersi, av rebbe permesso allo Chrzanowski di effettuare il piano offensivo da lui scelto. Tale piano poteva riassumersi in un a decisiva puntata su Milano, ::igendo per la sinistra delle fo rze piemontesi, in modo da agg irare la destra degli Austriaci e da staccare questi dalle loro linee di comunicazione. La possibilità di attuare la parte più im1x>rtante di tale piano doveva essere assicurata mediante qualche dimostrazione lungo la sponda destra del Po, verso Piacenza (brigata Belvedere); mentre, :id evitare una contromanovra nemica, un a Divisione (5', Ramorino), usufruendo della forte posizione di Cava, avrebbe dovuto coprire il centro dello schieramento sardo. L'ala sinistra di lluesto, forte di cinque Divisioni, avrebbe dovuto passare il Ticino a Buffolo r:1 e, marciando su Lodi o su Piacenza o su Pavia - a seconda che il Radetz ky prendesse posizione sull 'Adda o sul Po o si raccogli esse su l L..1~su Ticino - avvolgere l\:sercilo nemico. Alcuni battaglioni lungo il Ticino dovevano collegare: la 5'' D ivisione al grosso dell'eserci to. Una brigata (Solaroli) dovev:i pass:irc il Ticino a Sesto Calende, per fare insorge re l'Alta Lombardia e :111 nacciare le comunicnioni degli Austri:ici col Tirolo. La 6' Di visione, che trovavasi a Sangano, doveva passare la Cisa e: scendere su Parma, collegando i Piemontesi coi Veneti e concorrendo così Jll'avvolgimento dell'esercito austriaco. Nel caso che gli Austriaci fossero sboccati da Pavia sulla destra del Ticino, la 5" Divisione (Ramorino) avrebbe dovuto ritirarsi su Mortara, dando tempo al grosso di accorrere a sud per col pire gli Austriaci sul fianco destro.

In quanto al disegno 1ustriaco, abbiamo già visto come l'esercito nel Lombardo - Veneto fosse in condizion i :1SSai migliori di quelle che gli venivano attribuite. Il vecchio Maresciallo, consapevole delle buone qualità delle truppe ai suoi ordin i, desiderava far dimenticare la ritirata alla quale, nell'anno precedente, i Milanesi ed i Lombardi lo avevano costretto.


Egli concepì, per conseguenza, un disegno decisamente offensivo, imperniato su una manovra reciproca e simmetrica a quella ideata dallo Chrzanowski. Gli Austriaci avrebbero dovuto, infatti, sfondare il centro dello schieramento sardo e quindi volgere a nord per staccare il grosso dei Piemontesi dalle sue comunicazioni. Qualora i Sardi si fossero ritirati in tempo, operare, secondo le circostanze, o su Alessandria o su Vercelli. Per l'esecuzione di un tale disegno , il Radetzky intendeva muovere con tutto l'esercito da Milano per Melegnano su S. Angelo, facendo dimostrazioni verso Piacenza ; quindi dirigersi su Pavia, sorprenderne la difesa e sboccare sulla destra del Ticino. I presid~ lasciati nelle varie città dovevano provvedere a m antenere l'ordine nel Lombardo - Veneto e ad assicurare il tergo dell'esercito operante.


VIII.

LE OPERAZIONI DEGLI ESERCITI CONTRAPPOSTI In base ai concetti operativi ricordati nel capitolo precedente, i due Comandanti disposero perchè le truppe assumessero la dislocaz,one più sotto indicata per ciascun esercito, dislocazione che rappresenta la ~ituaz ione dei belligeranti all' inizio della campagna, alla data del 20 marzo.

La situazione iniziale. Per quanto riguarda l'esercito s:irdo piemontese : - Quartier Generale a T recate; 2• Divisione: con un a brigata a Cassolo Nuovo e l'altra a Cerano; - 4" Divisione: ad est di Trecate con un 'avanguardia prtsso il ponte di Buffalora; - 3• Divisione: con una brigata a Romentino e l'altra a Galliata ; 1• Divisione: intorno a Vespolate; - la Divisione di riserva presso Novara , lungo la strada che conduce a Mortara; - la 5" Divisione lombarda sulla sinistra del Po; - la 6" Divi sione, in marcia per la Cisa, da Sarza na a Pa nna. Inoltre, per osservare il nemico sulla sinistra della massa così formata da cinque Divisioni, la 3• brigata mi sta, al comando del generale Solaroli, si trovava fra Oleggio e Bellinzago, con uno scaglione costituito di 4 battaglioni a sud di Oleggio, per collegarla con la massa principale. Per osservare il nemico verso Pavia e rendere sicura la destra del grosso, la 5• Divisione (Ramorino) ebbe l'ordine di prendere posizione, il mattino del giorno 20, alla Cava , di dislocare un'avanguar-


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dia sul Gravellone e di spingere esploratori fi no a Bereguardo, facen doli collegare con le pattuglie di Cavalleria che il Comando della 2'' Divisione doveva inviare lungo il Ticino da Cassalo Nuovo appunto fino a Bereguardo; 4 battaglioni erano presso Vigevano per collegare la 2" Divisione con la 5". Così dislocato - affermò lo C hrzanowski - l'esercito era pronto ad ogn i eve nto. Se il nemico avesse, infatti, attaccato frontal m ente per la via di Milano, tre Divisioni e due battaglioni di bersag lieri avrebbero potuto sbarrargli la strada, m entre la Divisione di riserva cd i quattro battaglion i dislocati a sud di Oleggio avrebbero potuto sopraggiungere a sostenerli in appena due ore e la 1·' Divisione, la brigat:1 Solaroli ed i quattro battaglioni di Vigevano avrebbero potuto accorrere sul campo di battaglia in appena tre ore. Per conseguenza in tre ore appunto sarebbe stato possibile formare una massa di 50 .<)00 uomini ; mentre il nemico, trattenuto dalle nostre truppe, non avrebhe potuto passare il Ticino in così breve tempo. Nell'ipotesi, invece, che il nemico fosse sboccato da Pa via, la 5" Divisione av rebbe potuto ritardarne la ma rcia e prevenire il grosso . I,1 t,il , .i ,u Li ,li~locazionc Jcllc Divisioni del grosso avrebbe fac ilitato il loro movimento ed avrebbe permesso di accorrere nella g iornata, a sostegno della 5", al le Divisioni 1 ", 2' e f, m entre, nella stessa g iornata, la 3' avrebbe raggiunto V igevano e lfUclla d i riserva Mor, t:ira, pronte ad intervenire il giorno dopo. Del resto la 5' D ivisione òoveva ritardare l'avanzata austriaca in modo da assicurare, a nche in questa seconda ipotesi, la tem pestiva formazione della massa. Lo sch iera mento ini ziale assunto permetteva, inoltre, l'attuazio ne del disegno offensivo, tenendo il grosso dell 'esercito riunito verso ala sinistra secondo il concetto dello Chrza nowski. E' evidente l'importanza della posizio ne assegnata alla 5" DiYis1one (1): ma il genera.le Ramorino, dislocando la 5a Divi sione ( < col

r

( 1) " Out re t:ne instrucri1,n pa r écrit -- ~crissc lo Chrzanow ski in propo · sito - jc J onn:i i dc vÌYC , •oix, le 16 mar, . aux génér:lllx Ramorino et Fanti, ainsi q u 'a u colone.i fkrch e t, dief J'état major de cette Oi vision. Jes cxplicatio ns détaillécs sur Ics mouvemcnts qu 'ils d cvraient e xécuccr Ja ns tous les r as qui pouYaicn t se prése ntc r. leur inJiquant b conJt.iitc que Jcvait tcnir la Division <lans c h acunc de ces hypothèses. Je lcur lìs se ntir ,1u'il s ne couraic nt ;1uc un r ÌS<JU t: Jans la position de la Cava, pou rvu qu 'ils s'éclairassent b icn su r lcur g aurhe. jusqu 'il; a\';,ient lcu r retrai re.: assu rée, soit sur Sannassaro, soit sur Mortara , ou enfìn. au b csriin. par le pont dc Mez zana Corti.


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grosso nei pressi di Casatisma - Casteggio - S. Giulietta e Barbaniello, con distaccamenti a Zerbolo, alla Cava ed a Mezzana Corti, finì per avere la maggior parte delle sue forze sulla sponda destra del Po, a nz ichè sulla sinistra (1), come gli era stato ordinato H . Secondo il Barone, il Ramorino sarebbe stato indotto a dar prova di così poco illuminata iniziativa, « tra tto in inganno da notizie accennanti all'avanzata del Radetzk y su Piacenza, per invadere il Piemonte dall a destra del Po ,, .

Per quanto riguarda la dislocazione dell'esercito amt tiaco, occorre r icordare, come, appena ricevuta la denunzia dell'ar mistizio, il Radetzk y avesse riunite tutte le forze disponibili a Milano, da dove si era diretto a Pavia. Le ostilità av rebbero dovuto in iziarsi soltanto a " Je lcu1 prescrivi ~ cn ~·utrc beaucoup dc c ircompcction pcnJant la journéc: d u 2 0, ku r rernmmandant de ne prendrc l'offe nsin: quc le 21 , lor,,iu 'i ls SLrai..:111 assurés quc l'enncmi piacé en facc d'eu x leu r était ìn(érirnr en for (e. « Ayant rd léchi que le g~néral Ib morino pou,·ait pro/iter, sous un pn: tcxtc (ludconquc, dc la latitude de ces instructio;is qui lui permettaicnt dc se ret ircr par le po nt de Mezza na Corti sur 1:t ri,·e droite du Po, cc qui ~tait rnntrairc à mes ,· ues. je lui écrivis, le 17 mars, lui cnjoignam d'awlir :i n:ndre i111prat i..:alik le pont dc Mezzana Corti dans la matinéc du :20. a,·a11t midi. )'éspér;1 is pa r là le fo rn:r à rester sur la rive:: gauch e du Po. pret ;1 se réuni r au reste de l'ar111ée

h.

Il Ramo rino, in un rapporto del 20 mar zo 1i!49, ore 9 di sera , a propo si to della distruz ÌOll:'. Jel pon te di Mezzana Corti , scriveva in\'ecc: « Com e io m 'ebbi Ji già l'onore di significare all'E. V. , il ponte di barche di M ezzana Corti, io n on lo aveva distrutto, per proteggere e fa\·orire la r it irata delle poche truppe lasciate alla Cava t d a Mezzana Coni , allo scopo di p utcr gi udicare d elle forze dell'avversario ». ( 1) C irca .la d islocazione assunta il g iorno 19 mar zo da lle truppe delb 5' Divisione, ii colo nnello Berchet, Capo d i stato maggiore della Divisione stessa, la precisa nel seguente m odo, ndia su a " reb~.ionc ~u rnm·irnenti della 5• Di\'isiont· dell'esercito dal giorno 19 a l 21 marzo incluso, secondo i dati esistenti p resso lo Stato Maggiore divisionale » . La relazione è d atata da Chia \·ari. il :?:? apr ile: ' « li giorno 19 m arzo, secondo le disposizioni da te dai ge nerale !{amorino. di conformi tà, in pa rte, agli ordini anteriori t!cl CornanJo generale dell'ese rcito, la Divisione si trovava situata nel modo seguente: -- il battag lio ne bersaglieri Manara alla Ca,·a, cogli a,·ampost i dalle \•icinanze di Bereguardo al confluente del P o; - ur. lia traglione del 21° r eggimento d i linea d istaccato nei <li ntorni di Zerbolò ;


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mezzogiorno del 20 marzo e, per poter attuare il suo disegno operativo, il Comandante austriaco aveva concentrato l'esercito su!la sinistra del Ticino, intorno a Pavia, fin dal 19 marzo, in modo da essere pronto a passare il fiume non appena scaduto l'armistizio. Gli avvenimenti, per conseguenza, precipitavano. Il Ministro della G uerra si era già recato ad Alessandria, per rendersi conto delle vere condizioni dell'esercito e dei bisogni ai quali era ancora necessario provvedere, ed aveva avuto l'impressione che, prima della metà <lel mese di marzo, tutto sarebbe stato pronto. Il 7 marzo, inoltre, i Ministri Tecchio e Cadorna andarono ad Alessandria, a conferire con lo Chrzanowski e col La Marmora ed a fa r presente la necessità di riprendere le ostilità al più presto. Lo Chrzanowski , pur rilevando come fossero ancora indispensabili alcuni provvedimenti (I), atti a colmare le deficienze esistenti, specialmente nei servizi, dichiarò ai Ministri che l'esercito sarebbe stato pronto il r8 marzo . Per conseguenza - poichè per l'armistizio Salasco le ostilità potevano essere riprese soltanto « previa denuncia dell'armistizio stesso, fatta 8 giorni prima dell'inizio delle operazioni )> venne deciso che l"armistizio sarebbe: slalo <lenunt·ialo il g io rno IO. Così -

due battaglioni del 21° reggimento in linea a Mezzana Corti; il 19° reggimento d i linea a Rar bianello; il 20" reggi memo di i inca a Santa Giulietta; Juc battagl ion i Jd 22" reggimento di linea a Casatisma; un b::maglionc del 22' 1 reggimento di linea a Casteggio; il batt;1glio11e dei bersaglieri trid.:ntini a Casteggio; - il battaglione dei bersaglieri studenti a Casteggio ; - una batteria da b:maglia a Casatisma; - una batteria da posizione a Bressana, con due pezzi sulla ri va destra del Po, al ponte d i Mezzana Corti ; - una compagnia Ji zappatori del Genio a Casatisma, con un 1eparto a Hressa11a; - il quartier generale della Divisione a Casteggio; - il quartier generale della 1' brigat::i a Casteggio; - il quartier generale della 2a brigata a Mezz.1na Corti ,> . ( 1) Non si crede indispens;1bilc riferire qui della grave divergenza esistente, circa le conclu sion i del colloqu io del 7 marzo, fra quanto venne asserito in proposito nella relazione J d lo Chrzanowski e quanto ven ne detto, invece, al ri guardo nelle rispc,ste polemiche d ate alla relazione suddetta dai Ministri : Chiodo, Cadorna e Tecchio. Se mai, si consultino, in proposito: « Relazioni e ra p porti finali sulla ca mpagna del 1849 nell'Alta Italia ,, dell'Ufficio Storico d el Corpo di Stato Maggiore.


le ostilità avrebbero potuto iniziarsi il giorno 18 marzo, alla data, cioè, alla quale, secondo le dichiarazioni attribuite allo Chrzanowski, l'esercito sarebbe stato pronto (1). Tre giorni dopo la denunzia dell'armistizio, Re Carlo Alberto avrebbe dovuto recarsi al Quartier Generale, fra le truppe, e la notizia dell'imminente ripresa delle ostilità doveva venire comunicata al Paese, nonchè al Manin a Venezia ed all'Albini, comandante b flotta sarda ad Ancona.

L'inizio delle operazioni. Le ostilità avrebbero dovuto venir nprese a mezzogiorno del marzo. Nd mattino di tale giorno giunse notizia allo Chrzanowski che l'esercito austriaco si trovava col grosso delle forze vicino a Pavia, \TTSO Bereguardo, e le ricognizioni inviate sull"Alto Ticino afferma\·ano la linea del fiume sgombra. Un concentramento austriaco intorno a Pavia poteva far ptnsare: od all'inizio di una ritirata del nemico, oppure ad un suo attacco in direzione della Cava: attacco che, come abbiamo vi sto, n a stato già preveduto dallo Chrzanowski. In entrambi i casi il piano offensivo dei Sardi avrebbe potuto effettuarsi; ed infatti lo Clirzanowski ordinò che il grmso dell'esercito sardo si disponesse a passare il Ticino. La 4' Divisione (Du ca di Genova), passato il fiume a Buffalora, occupò con l'avang uardia Magenta, in modo da assicurare all'esercito anche il passaggio del N aviglio. Ma, iniziate così le operazioni, lo Cbrzanowski, im1uicto per 1·assenza del nemico e per la mancanza di notizie da parte del generale Ramerino, decise di attendere che la situazione si chiari sse. Pur sapendo il nemico in forze verso Pavia, non si poteva, infatti, supfX>rre che esso avesse passato il Ticino, senza che il Comando sardo ne venisse avvertito: sia da un avviso <lei Ramorino - avvi so che un ufficiale a cavallo avrebbe potuto portare sicuramente in poche ore -· sia dall'Artiglieria, il cui impiego sarebbe stato in ogni caso reso in20

(1) L 'armist;z io venne denunciato, in,·ccc , il 12 ma rzo, considerando che i giorni 18 e 1g erano festivi e che, in quc:i giorni , anebhero potuto farsi benedire le bandiere.


cl1spcnsabilc dalla resistenza che gli Austriaci avrebbero dovuto incontrare alla Cava. Queste illusioni dovevano però essere dimostrate fallaci dalla realtà e sva.nirono ad un tratto, quando il genera le Bes, comandante la 2" D ivisione - che avrebbe dovuto collegarsi con la 5" Divisione -inviò al Quartier Generale a Trccate il tenente Casati ad annunziare che g li Austriaci avevano passato il T icino . Il tenente C asati, dopo aver cercato invano di prendere contatto co! Com:rndo ùd la 5• Divisione a Garlasco cd alla Cava, era tornato,

G.'i Austriaci pa;..-ano il Ticino pre.,so P1wìa ( 20 m arzo 1849).

infatti , in gran fretta a Cassalo Nuovo, a. dare al Bes le prime notizie del passaggio del fiume da parte del nemico, ed era stato subito mandato ad avvertire il Comando Supremo. Oltre che per mezzo del tenente Casati, sempre per cura del generale Bes, giu nsero al Comando Supremo altre notizie che confermarono , purtroppo, l' inizio del l'offensiva austriaca per il Basso Tici no; offensiva, per parare alla quale, lo Chrzanowski credette.' di dover rinunziare a proseguire la ma rcia su M ilano. Alla sera del 20 (ore :20,30), egli ordinò, infatti, alle truppe della 4" Divisione di ripiegare sulla sponda destra dd Ticino cd al grosso dell'esercito di far f rontc a sud. Le Divisioni 2"', 3'' e 4' dovevano puntare su Vigevano; la I" DiYisio ne e quella di riserva dovevano, invece, raggiunge re Mortara.


3 --, )Così l'esercito sardo avrebbe potuto para re l'offensiva dell' esercito austriaco, attaccandolo sul fianco destro ( 1). I movimenti ordinati all' uopo alle Divisioni dovevano essere ultimati ali 'alba del giorno 2 I; ma, purtroppo, no n po~ he Unità furo no costrette a ritardare considerevolmente la m a rci a ed a stancare eccessi vamente le truppe (2).

D a parte degli Austriaci, avu ta facilmente ragion e d ei q uattro battag lio ni lasciati dal Ramorino sulla sini stra dd Po e passato il Ticino a Bereguardo ed a Pavia, il Rad etzk y lasciò un:1 so la brig:!ta :i difendere il ponte di Mezzana Corti e per impedire il sopr,iggiungere delle altre truppe della 5• Di visio ne sard a sul suo fianco si ni stro, e col resto delle sue forze volse a n o rd, col p roposito d i po ter ri un ire, alla sera del 2r, tutto l'esercito a Mo rtara , d a dove avrebbe pot uto operare sulle vie di comunicazione dell'ese rcito sardo. E~l i dic(k , all'uopo, i seg uenti ordini . L e diver se Unità dovevano raggiu ngere Mortara: - il I Corpo d'Armata ( Wrati slaw) per Zcrho lo, Hnrg o S S, rn c Ga mbolò; - i Corpi Il (D'Aspre), III (d "Appel) ed il Corpo di riscr\'a (W ocher) per la grande st rad a P av ia - Mo rtar:.i ; - il IV Corpo (Thurn) d a Cava per S. Gio rg io. Le tre colonne dovevano ve nir fia ncheggia te sulla d c~tr.1 d;1 un distaccamento costituito d a due battagl ioni , d ue squ ad roni n l un :1 batteria. (1) Secondo le osser"azioni fatte su ll 'an da mento dcl b cam p:1g n,1 d al l)uça di G eno \'a, una volta che l'esercito austriaco a,·c,·a gi:ì pas~a lo il Tici no presso Pa,·ia , all'eserc ito sardo re~tavano tre decisioni possihi li : - ritirarsi sulla Sesia per coprire T o rino: il che era co ntrario a 1uu i gli scopi tiella guerra ; - cominuare la progettala offensi\'a e po rtarsi <"<m tuli o l\ :,ercito ard itamente su Milano e Lodi: il che a\'rebbc a cceso gli entusiasm i dcli(' popolaz ioni ed av rebbe messo il Radetz ky in catti,·e .:ondizioni; - marciare contrn il nemico, ar restandone il mtJ,-imcnto co n un :ittacco sul fian co. (2) li movimento - scri,·e il Durn di Geno,·:i - ,·enne esegu ito male prr colpa delle truppe che, no n a vvezze a m arcia re e coi loro bagagli in disordine, perdettero molte ore pn:ziose. Col caldo sotfoca ntc: e la po h·ere, le truppe si stancarono eccessivamente e non rimase lo~o tempo nè di mangi:i re, nè di riposarsi.


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Il combattimento della Sforzesca. Il disegno dello Chrzanowski era, come già si è accennato, di fermare il nemico fra Mortara, Gambolò ed il Ticino, per << fissarlo » a Mortara e, quindi, con le Divisioni 2", 3" e f avvolgerne l'ala destra t tagliargli la via di ritirata verso Borgo S. Siro. La brigata Solaroli ed i quattro battaglioni già ad Oleggio dovevano proteggere il ponte di Buffalora e quello sul Naviglio di Magenta, assicurando, così, il tergo all 'esercito sardo. La 1· Divisione giunse a Mortara ve rso le ore undici e quella di riserva dopo le ore 13. La 2• Divisione giunse a Vigevano cd occupò le posizioni della Sforzesca, spingendo un'avanguardia (r battaglione, 1 squadrone ed 1 sezione d'Artiglieria) a Borgo S. Siro. La 3• Divisione giunse in posto alle ore 15 ed in parte, per un frammischiamcnto avvenuto fra le truppe, dopo le ore 17. La 4" Divisione - la cui marcia venne ritardata dai bagagli della j' - g iunse alla tappa verso le ore 17. I nt:mto, verso le ore 13, le truppe del I Corpo austriaco a.ttaccanmo a Borgo S. Siro l'avanguardia della 2~ Divisione, che ripiegò combattendo su S. Vittoreno, dove lo Cbrzanowski aveva in viato altri due battaglioni. I tre battaglioni resistettero e quindi ripiegarono in buon ordine sulla posizione della Sforzesca, contro la quale gli Austriaci continuarono ad attaccare per circa quattro ore, venendo alla fin e respinti dalle truppe della 2'' Divisione e dal 2° reggimento della brigata « Savoia )), accorso in sostegno di esse. Circa alle ore 17 gli Austriaci tentarono un debole attacco contro le truppe che sbarravano la strada di Gambolò, ma furono ugualmen te respinti. Lo Chrza.nowki, soddisfatto dei risulta.ti conseguiti, sperava di poter effettuare il suo concetto operativo, quando verso sera si sentì tuonare il cannone in direzione di Mortara. Il fuoco cessò dopo appena mezz'ora: il che fece credere che si fosse trattato di un combattimento di poca importanza (1). Invece, purtroppo, le truppe della 1' Divisione erano state rapidamente battute dalla massa principale austr~aca (Corpi d'Armata (1) Lo Chrza11uwski 5i era affrettato a<l inviare un ufficiale in direzione di Mortara, per sapere cosa vi fosse av ,·enuto, ma l'ufficiale, sentendo cessare il fuoco, era ritornato alla Sforzesca, senza avere raggiunto le truppe della 1• Divisione :.i Mona ra.


Il, III e di riserva) che, come sappiamo, era stata avviata per la strada Pavia - Mortara, e la notizia dell ' insuccesso giunse allo Chrzanowski mentre egli aveva già preparato e stava per fare diramare gli ordini per il concentramento di tutto l'esercito fra Tromello e Mortara. La notizia venne portata da due ufficiali <li Stato Maggiore, che avevano accompagnato il generale Alessandro La Marmora, Capo di Stato Maggiore dell'esercito, a Mortara, e quindi confermata dal rapporto dello stesso La Marmora e poscia ancora dal Duca di Savoia, comandante la Divisione di riserva , e da l generale Trotti , co mandante la brigata (< Regina » .

Il combattimento di Mortara. Ecco quanto era avvenuto, secondo rapporti sopracitati, a Hortara. Per quanto riguarda la 1 ' Division e : Il generale Durando, ricevuto l'ordine in <lata 20 marzo, ore 2 0 ,30 , di trasferire la sua Divisione a Mortara, lo eseguì d ura11 tc b 11olle e giunse a Mortara al mattino del 21. Egli dislocò la sua Di vi~io11c nel modo seguente: - la brigata « Regina H a cavallo delle strade di Salasco e J i San Giorgio ; - la brigata << Aosta >> con 1'8" batteria da campag na, in riserva, a nord di Mortara, disposta a scaglioni , a cavallo ddla strada di Novara ; il reggimento Nizza Cavall eria mandato ava nti , in espiorazione; la 6" batteria da battag lia r ipartita sul fronte. « Questa dislocazione preparatoria - scrisse il Dura ndo - atta ugualmente alla difesa che all'attacco , era n aturale conseguenza delle esigenze del terreno, frastagliato da frequenti ca nali, largam.cnte travagliato dalle ondulaz ioni che ne variano la superficie. Essa presentava inoltre il vantaggio di non po tere essere vista dal nemico, salvo che impegnandosi avanti )> . La Divisione era stata già dislocata come si è detto, quando pervenne l'ordine del Quartier Generale di prendere posizione a sud di Mortara, ordine, in base al quale, il Durando non credette di dover modificare le disposizion i g ià date.


Sopraggiunto poi il La Marmora, secondo i suggerimenti dati~li da questi, il Durando free allargare gli intervalli fra le Unità e portò la brigata <e Regina n un po' più avanti, in modo che la Divisione avesse l'ala destra appoggiata al convento di S. Albino e la sinistra, formata dalle truppe della brigata « Aosta » , al cimitero di Mortara. Due battaglioni del 10° Fanteria erano in seconda linea. Sopraggiunta la Divisione di riserva, questa si schierò con la sinistra a Mortara e la destra verso Okvano. Alle ore 16,30 le pattuglie del reggimento Nizza annunciarono l'avanzata degli Austriaci in direzione di Salasco ed alle ore r7 l'Artiglieria austriaca (circa 36 cannoni) iniziò il fuoco, scompagin:indo un battaglione del 9·' reggimento Fanteria e qualche reparto bersaglieri. Gli ufficiali rimisero in ordine i reparti e la Divisione potè resistere Jino a sera, cioè fino a <-1uanòo dalle soverchianti forze nemiche il Durando venne indotto ad ordinare il ripiegamento verso il centro, sulla strada di Salasco. Inranto all'ala destra il colonnello Melfino, con un battaglione dd 9° F :interi:: , rcsi stc-ndo ten:icementc, perde\':J e riprendeva il con-

vrnto dì S. A!bino. Ma, essendo stato questo nuovamente occupato dagli Austriaci, l'ala destra della 1 " Divisione fu costretta a cedere e la Cavalleria austriaca potè lanciarsi a disturbare la ritirata . Il ripiegamento della 1 " Divisione ve rso la città si effettuò allora con crescente disordine e la lotta continuò furibonda anche per le vie dell'abitato, del quale il colonnello Benedek potè, alla fine, impadronirsi. Da parte dei Sardi non mancarono esempi luminosi di eroismo e di tenacia; ma essi furono purtroppo vani. Alcuni battaglioni delle brigate « Cuneo >) e « Regina >> vennero sorpresi nelle vie di Mortara e dovettero arrendersi; la brigata e, Guardie », rimasta in riserva troppo indietro, non potè accorrere lungo le strade ingombre di carreggi e di sbandati. Per conseguenza, alla fine del giorno 21, il piano dello Chrzanowski appariva ormai non attuabile. Egli non poteva più schierare infatti, tutto l'esercito contro il fianco destro austriaco, come aveva pensato, tra Mortara ed il Ticino, con le Di visioni 1•, 2" e 3a in prima linea, la 4" e la Divisione di riserva indietro, poichè ormai non disponeva che delle Divisioni 2", 3" e 4' - che avevano ben resistito al I Corpo d'Armata austriaco - cd il nemico era già padrone di Mortara.


329 I resti delle Divisioni l a e di riser va, ammonta nt i ad appena un ttrzo dei loro effettivi, erano in ritirata su Vercelli e su Novara; la destra Jell'esercito sardo restava scoperta. In tale penosa situazione, lo Chrzanowski no n poteva neppure decider e un 'immediata controffensiva . « Attaccare - scrisse, infatti, lo stesso Duca di Genova - era follìa, giacchè, quando si se ppe la notizia, non si avevano dati certi: nè delle per<litc delle du e Divi~1o ni di destra, nè sulla direzione della loro ritirata; esse aveva no ma rciato tutta la notte verso la strada che da Novara va a Vercelli ; un o rdi ne non jX)teva raggiungerle o rmai che all 'altezza di Nova ra ,, . Quando anche avessero rice vuto l'ordine di tornare indietro e :,Yessero ripreso immediatamente la marcia di ritorno - cosa q11e~ta impossibi le perchè le due D ivisio ni avevano m arciato tutto il g iorno e tutta la notte senza aver avuto neppu re il tempo di consumare il rancio - esse non sarebbero a rri vate che ass:ii tardi di fr'1 nt e :d nemico. Le truppe su perstiti non ammontavano, del resto, che a wF 7 mila uomini , spossati dalla fa m e e dall a fatica e non in grado di cornhattere; mentre il nemico poteva giungere a Novara prima di :vru, ~t:pararle <lai resto delle truppe e distruggerle:. Da Alessandria, dove aveva ripiegato, la 5~ Divi sione, rimasta , ulla destra del Po al comando del Fanti - che aveva sostituito il Ramorino, sottoposto a consiglio di guerra - avrebbe potuto cu11ror rere all'azione, minacciando il tergo degli A ustriaci ; ma essa era rimasta come indipendente e<l il suo inter vento assai difficilmente .,vrcbbe potuto essere te mpestivo ed efficace . Allo Chrza nowski non restava, per conseguenza, altro partito c he quello di .ten tare d i prevenire il nemico a Novara, poichè 5olt:mto a Novara sarebbe stato possibile ragg iungere i rest i d el le Divisioni 1· e di riser va e costituire la massa, ri chiamando an che la briga ta Solaroli ed i battaglioni rimasti a guardia dd po nte d i !3ufta lora. Per conseguenza, alle Divisioni 2\ 3' e 4" ven ne dato l'ordi ne di ripiegare su Novara. Il ripiegamento venne eseguito il g iorno 22, per Trec:1 te e No\'ara, dove la 2• e la 3" Divisio ne arri varono verso le 15, sotto la protezione della 4" Divisione. Quest'u ltima raggiunse Novara soltanto il 23 marzo alle o re 9, insieme alla brigata Solaroli. Il nemico aveva seguito il movim ento de lle truppe sarde fino ,1 Vigevano, m a non aveva attaccato. Così, non ostante. qua lche fal so


J~O

-~.)

allarme, dato l'indugio frapposto dagli -Austriaci nello sfruttare il successo di Mortara, l'esercito sardo ancora disponibile potè raccogliersi sotto le mura di Novara, con una fo rza complessiva di 44.000 combattenti, 2.500 cavall i e 111 cannoni. Le truppe poterono riposare nella notte sul 23 ed usufruire dei viveri, che sarebbero stati ancora sufficienti per due giorni .

La battaglia di Novara. Per la prova decisiva , i Sardi non disponevano, come già s1 e detto, che di 5 Divisioni (1', 2•, 3", 4", di riserva), d' una brigata mista (Solaroli), di 2 reggi menti provvisori di quattro battaglioni ciascWlo e di 2 battaglioni bersaglieri. In totale 66 battaglioni, 76 squadroni, 14 e 1 / 2 batterie. Purtroppo, nel giorno della battaglia, non potevano concorrere, perchè lontane <lai campo dell'azione, la brigata Belvedere e le D ivision i 5• e 6": la brigata d'avanguardia e la 6" D ivisione perchè troppo lontane, avendo avuto, come g ià si è detto, destinazioni speci:i li fin dall'inizio delb campagna; la 5• D ivisione perchè si era ritirata, come sappiamo, sulla destra del Po, verso Alessandria. · Se l'eserci.to avesse potuto sostenere l'urto decisivo con tutte le forze riunite, i Sardi avrebbero potuto disporre a Novara di altri 16.000 uomini e di altri 40 cannoni. In quanto agli Austriaci, dopo il successo di Mortara, il R adetzky era rimasto in dubbio sulla direzione della ritirata dei Sardi, ritirata la cui meta avrebbe potuto essere tanto Vercelli quan to Novara . Per conseguenza, il giorno 22 marzo, egli si era limitato a fare avanzare la sinistra delle sue truppe fino a Robbio (IV Corpo), il centro a Garbegna e la destra (I Corpo) a Cilavegna. Prima di effettuare un ·azione più decisa, il vecchio Maresciallo avrebbe voluto accertarsi Jell'entità Jellc forze sarde, che il 21 avevano combattuto alla Sforzesca, e provvedere a risol vere i non facili problemi impostigli · dal vettovagliamento. Per il giorno 23 il Radetzky aveva dato le seguenti d isposizioni: - il I Corpo (Wratislaw) doveva puntare per Robbio su Borgo Vercelli e, quindi, su Vercelli o su Novara, a seconda della situazione; - i Corpi II, III e di riserva dovevano avanzare per la strada Mortara - Novara;


33l

i.a ba11agiia di No vura.

- il IV Corpo doveva prendere posizione fra il l ed il II, in modo da potere appoggiare l'azione o dell 'uno o dell'altro, a seconda delle circostanze. Il terreno sul quale si svolse la battaglia era rappresentato d:il pianoro che si estende a sud di Novara, tra il Terdoppio e 1' Agogna.,


33 2 ed è 1rngato da molti canali (cavo Prina, roggia di Oiengo, roggia Dossi, ecé.), che ne rendono difficile la praticabilità a fo rze considerevoli, specialmente nella parte orientale. Un rilievo di una certa importanza sotto l'aspetto tattico si estende da Olengo ad Agogna ed avrebbe offerto ai Sardi una buona posizione difensiva, perchè Ja esso sarebbe stato possibile battere efficacemente sulla fronte il nemico, impacciato da lle risaie che si estendono a sud, fino a Mortara. Numerose cascine si prestavano bene a prolungare la resistenza dei difensori. Una posizione di particolare im portanza era rappresentata da lla Bicocca. In complesso, il terreno imponeva ostacoli all'attacco sulla. fronte e proteggeva efficacemente, con gli ostacoli dell'Agogna ad ovest e del Terdoppio ad est, i fianchi deiìa posizione. Questa non sarebbe stata aggirabi le che al largo: per la strada di Vercelli ad ovest e per Trecate ad est. La posizio ne scdta dallo Chrzanowsk i si stendeva per circa 4 chilomet ri, dal tratto del cavo Prina, che corre da nord a su d, parallelamente all'Agogna, alla Bicocca . Sulle posizioni cli cui sopra, il generale C hrzanowski, a ren òerc- m eno sfavore vole il r:ipporto delle forze, p<'mava di dovere impegnare una battaglia di fensiva -controffensiva. Occorreva prima logorare le Unità dell 'a vversario, rendendone fallaci gli eventuali attacchi e raffreddandone gli entusiasmi determinati dai recenti successi; quindi muovere decisamente alla controffensiva, procurando di conseguire la necessaria vittoria. Questa doveva essere tentata soltan to verso le ore 16 après gue l'cnnemi, voyant qu'il ne pouvail forcer notre gauchc, aurait dirigé Ics troupes c.1u 'il tenait en arrière vers notre droite )) . 18 battaglioni dovevano restare alla Bicocca ed, jn complesso, 2 1 battaglioni, 18 squadroni , 4 batterie avevano l'incarico di im pegnarsi nell'azione controffen siva. A tale scopo lo C hrzanowski aveva disposto le Divisioni 1" (destra), 2" (cen tro), e 3" (sinistra) in prima linea. Ad assicurare meglio le ali dello schieramento, la 1" Divisione era stata rafforzata da un reggimento provvisorio di guattro battaglioni e la .3' da un altro reggimento provvisorio e dai due battaglioni bersaglieri disponibili. In seconda linea erano state schierate la Divisione 4" e di riserva e la brigata Solaroli . Quest'ultima doveva osser va re la via di Tr ecate ed il Terdoppio cd appoggiare l'azione della 4• Divisione. Questa, disposta in colonne, era stata dislocata davanti al cimitero di Sannazzaro, mentre la Divisio ne di riserva, anch'essa in colo nne, stava diI(


333 sposta dietro l'ala destra d ello schieramento, a sud di Novara, pronta a parare anche alle minacce che il n emico avesse potuto pronunziare sul fìanco destro dei Sardi, per la via di V ercelli. Le truppe sarde erano così riunite in uno spazio ri stretto, anzi, fo rse troppo ristretto, per potere manovrare opportunamen te d uran te l:.t battaglia. In quan.to a l Radetz ky, egli , com e abbiamo g ià detto, era rimasto incerto sull a vera situazione e sulla di slocazione della massa principale delle forze sarde ; ma, pur non avendo potuto formulare un vero e proprio concetto di azione, aveva preso k dispo~izion i necessarie per infliggere ai S:1rdi un nuovo scacco e per potere riu11ire i suoi Corpi d'Armata durante ia ba ttaglia. Alle ore 11 la Divisione dell 'Arciduca Alberto del II Corpo d ' Armata , marciando in testa, lungo la strada di .\ fortara, attaccò decisam ente, ben pre~,o appoggiat:1 dalle truppe di tutto il

eo,pc d' Armati, b

pmi:r.innc ddb

nicocca. Minacciato sul fianco sinistro

da un'azione con troffensiva della D i·.-ision c Durando, il II Corpo d ' Ann,1austriaco venne costretto a ri pief!:arc, per ritentar(, però, l'attacco· ~co Il gcncralr U /10,1 . dopo. A sostenere la resistenza della 1' e della 2· Divisione apparve allora necessario fare intervenire la f, la qual e riuscì a rcsµingere nuovamente g li Austriaci oltre Olengo. Questo successo, pur avendo costretto lo Chrzanuwsk i ad imi:iegare anche la 4" Divisione, gli offriva la possibilit:1 di passa re ad una decisa controffensiva, che avrebbe trovato gi i Austr iaci non ancora riuniti e che avrebbe permesso ai Sardi d i min~icciarc le comunicazioni del Radetzky con Pavia. Infatti l'arrivo del III Corpo d 'Armata austriaco subiva un considerevole ri tardo. avendo esso trovate le strade ingombre dal carreggio del Il Corpo. Ma il Comando sardo, non ritenendo ancor g iunto il momento di passare alla controffensiva, ri chiamò indietro le truppe della 4• Divisione, de primendone così improvvisamente il mo rale e lasciando :,I Il Corpo d'Armata austriaco la possibilità di rio rdinar si e di attenla


334 dcrc il soccorso del [Il Corpo. Questo, infatti, sopraggiun se e l'att:tcco contro la posizione della Bicocca venne ancora una volta ripreso dagli Austriaci. Lo Chrzanowski decise allora cli far convergere a sinistra le Divisio ni Res e Durando, facendole avan za re contro il fianco sini~tro 1~em1co. Il m ovi mento stava per essere eseguito, q uando, per la stra<la di Vercelli, sopraggiunse sulla destra dei Sardi il IV Corpo austriaco, costringendo la Divisione di riserva a spiegarsi e richiamando improvvisamente verso l'ala destra sarda la Divisione Durando. Le truppe austriache dei Corpi II e III poterono così impadror.irsi <lella 13icocca, m entre sopraggiungeva no anche gli altri Corpi :rnstriaci I e di riserva. La linea sard a ve nne allora rotta, no n ostan te l'eroism o del Duca ti i Ge nova, c he tutto tent't> per ricondurre al fuoco le truppe; ma c1ueste, stanche, di giune e scor aggiate, ripiegarono su Novara. G li Austriaci no n inseguiro no.

Circa la battaglia di Novara ed il suo esito infausto, il Duca di Genova, nel le sue « O sservazioni n g ià più volte citate, dovette, purt:-oppo, scrivere : <• ••• io ritengo che gli errori del generale C hrzano wski abbiano poco influito sull a nostra sorte, perchè la condotta da p,1rte delle truppe in yuesta funesta g io rnata fece \'edere che la nostra rovina a Novara er a scritta nei decreti della P rovvidenza, la tiuale forse pcrchè no n era g iunto il tempo in cui doveva cessare il senaggio d "Italia - aveva permesso che k ire tlei partiti slìduc iasser'~ i prodi soldati, i c1uali, nel 1848, avevano combattuto e sofferto senza mai m acchiare il nome piemo ntese (I). >)

( 1) Il Ouc:i di C rnm·a. i noltrc, scrisse' : •• Il progcno <lei Gcnera lc fu <li <l:ire, nella pos121one :inzi acn:nnata, una bana ;;lia in parte difensiva e in pa rte offensiva. F.gli pe nsava che le Di visioni

3•. 2• e 1>, oc,upami la posiz ione su due linee, sa rebbero bas1 a1e, disposte come er,1110 fo n cmente in una posizione ristretta e rafforzata d a numerose cascine, a contenere il nem ico fin verso le on:: 16; quando poi una .parte ddle truppe n em iche fosse stanca e disord inala , :avrebbe fa tto ava nzarc b 4" d iv isio ne e quella di ri serva. che erano fr::schc, per respingere ,·igoros:im entc l'avversario. " Per dare una h:m:iglia di questo gc.:ncre, egli si dispose troppo indietro. Sarebbe stato forse conveniente occ upare la crcst:1 che da Olengo si este nde fino


335 D ato il g r ave insuccesso m ilitare di No va ra e la conseguente depressio ne di ogni energ ia mor ale nei combattenti piemontesi, ne Ila stessa sera del 23 m arzo ven ne c hiesto al Ra<letz ky un arall' Agog na . Vi sarebbero -~lat i forse d ue ,an taggi: il tnrcno, che da qucl b cresta si <l istrnde verso Mc,rtara , è tutto intersec;no J a risaie, non I i si può g iungere che attraverso a sLrctle, il nemico n o n a\' rcbhe potuto p rcsc11 t:1 rsi che , o lle teste d i colon ne cd a vrebbe av uto mino r fac ilità a , o lloça re la sua a rtig lier ia . « O ltre a ciò, nelb posizio ne che occu pavamo, le truppe er:1nn tropp e, acrnm ulate in poco spa7.io; e do veva succedere, cd in fa tti successe , un g r:111di ~sirn o , lisordine ed ingombro fra i carri cJ'artiglieria. le :11nl ,ula nze e le truppe, al p iù piccolo mov imento d i ritirata. La p osizion e pi ù a 1·:111 zata :wn a però l" in,·on \'Cn icnte per le nostre tr uppe di essere u n poco estesa. do\'cndosi , ustod ire Ji 11 0 .d ia st rada d i Vercdli, p er non essere g irati sulla nost ra destra. « Alcuni dissero che l'errore p rincipale co nsistette nell 'a\'erc I olutu d:1.-c.: u na battaglia d ifen siva, rnt:ntre si sa r,·bbe dovuto m arc iare sul nem ico. lo nc.:do , he il G enerale non abbia avuto torto aJ a\'Cr \'Olu to romi 11ciarc con lo stare , 111la difen siva, pcrchè, n ello stato in cui si trn \·a \·a !"Armata. p rinu d i :llt:l, , arlo, con1·eniva appro lÌttare del terreno che era a n oi fa,·orc,·o liss inw per " I' porgli una ;esisten za che lo obbli gasse a spiegare i suoi diseg ni. Con tri 11>p,· poco solidr ed in u n terrcr,o :i no i sfa\'Orevole, p erchè affatt o pi:1no, 11'>11 u ,n ,·e ni,·a di a,·ventu r:u si ad :1ttacc:i re il n em ico . " Nella posizio ne s, elta però le tr uppe do\'cva 110 e poteva no resist1' re :1l1ri111e11 ti di quan to fec ero. i'vla era d est ino l°hc non fosse così! Alle 11 n :l\·:11110 ,1ncora incerti se il nem ico ci avrebbe auacc:ati; ma ben p resto , fra le st r:1 Lk di Morta ra, Ji Robbio e di Vercelli, la l)i\'i sione d e!l ' Arciduca /\.lhcno . che 111~ r , ia va per l;i pri ma s111la sr.rada d i Mortara , :1ppena in ,ista clei nost ri a,·:11n 111 " !Ì , ,llt:l':cò e lo sfo rzo ddla gi ornata si concentrò tutto alla Bicocca ; su r11t10 ti ,·im anentc della posiz io ne v i fu u n c:an nonegg:a m ento più o meno " i' o, m.1 poco combattimrnto d i fucileria. Prima cl i m ezzog iorno, b .f" Di ,·isio nc. che .1veva ava nt i a sè la .1" d isposta su du ~ linee, er.1 scoperta ; da q uel 1110 111 L· 11w l'a r mata si tr<:v:i va ancora in d ebolit:i d i forze p erchè delle truppe.: del la _,-• I )i\'i · , ione com battevano ancora bensì molti uom in i isolati . ma es~a 110 11 , i pmna p iù contare come tr uppa in li nea . ,, Da q ud mom ento vid i b g iorna ta cleci~a; il talento del ( ;cncr:ilc 11011 poteva più n ulla ; no n " i era più d a co nfi dare r h c nella fortu na ; tcnt:rnd ob , .1vrem mo fo rse a,· uto miglior sorre : ma cred o ch e 11011 si pt•s~a rimpro n :ra re ti Genera le di 11011 aved o fatto, p er, hè t ropjX'. era no !e proh ah, lit:1 d i :1m la re incontro ad u na completa di struzi one. Ed , in,·ero, si rim p ro,·c.:r:11·a al Ccnc,·ak di no n essersi sp into innan zi nel momen to in cu i b 4' Di ,·i~io nc rica cc iava oltre O lengo la Divisio n e d ell'Arciduca Alberto, interamente disfa u:i. e di a,·ere d ato ord ine alla D iY isione d i ritirarsi di nuovo alla Hiccx-c:a. S,· tutte.: le tru p pe si fossero avanzate, poteva darsi forse che g li Au st ri:.ici. g i:i in par te di sor.i;:m izzat i, no n :ivessero potuto ria,·ersi e, se li a "ess: 1110 spinti \' Ì1·amc11tc, poteva accadere che le truppe ne m iche, a mmassate le u ne sulle :iltrc.: e sorprese, non avessero potu to d isporsi a difesa ; for se il G e nerai..: i11 capo av,·crsario :i vn:bbe creduto necessa rio un mov:mento in ritirata e ancbbe ma11d ato l'ordi n e d i ritirarsi a r,ch e :il Corp o del i'vlaresciallo d'A spre, ch e m:1 r, ia1·,'. su Vercell i " ·


m1stizio, che sarebbe stato concesso a condizioni troppo onerose ( r). Re Carlo Alberto allora abdicò (2) cd il nuovo Re, Vittorio Emanuele II , il giorno 24 marzo, nel ben noto colloquio avuto col Radetzky a Vignale, trattò la tregua, che venne concessa il 26 marzo. Per essa gli Austriaci dovevano occupare, sino alla conclusione della pace, il territo r io fra il Po, la Sesia cd il Ticino e fornire m età della guarnigione per la cittadella di Alessand ria. G ravi furo no, in Lombardia ed in tutta l' Italia , le ripercussio ni della sconfitta di Novara. Ndl'illusio ne d i conquistare la libertà, pugnò per dieci giorni continui contro la ferocia del generale austriaco Ha ynau l'eroica citt~ d 1 Rrescia. finchè, esausta, dovette arrendersi al vincitore. A Genova, g iunta la notiz ia del disastro di Novara, la popolaz io ne 5i sollevù, costituendosi a Repubblica. Il generale La Marmara, con la Divisio ne di ritorno dall'Emilia , con molto tatto e non poca energ ia, riuscì a domare l'insurrezione e rioccupò la città. Gli A ustriaci ripo rtarono a Firenze il G randuca, già invitato a to rna re dal partito moderato, che era riuscito :i sopraffare il partito democratico, e s'inc:iric:1rono anche di ristabilire il po tere papale :1 11o logna e ad A11cun a. Il Governo borbonico si riaffermò in tutta la Sicilia.

IJ1 ristab ilire il potere temporale del Papa in Roma repubblicana s'incaricò la Repubblica Francese. Il Principe Luig i Napoleone Ruonapartc, che dal ro dicembre 1848 era Presidente della Repubblica Francese, sia per prevenire un in lcrvemo austri aco contro Ro ma, sia per ingraziarsi il partito clericale, in viò un Coqx1 di 10.000 uomini, che, al comando del generale Oudino t, sbarcato a Civitavecchia, doveva marciare su Roma e rÌconyuistarla al P apa. (1) I p:nti impo~ti dal Radetzky compr endn·ano il licenziamento dei vo lontari lombardi, la cnnsc~na agli Austriaci, fino alla conclusi one della pan:. del territorio compreso fra il Ticino e b Sesia, no nchè della t ittadella di Akss:111d ria. A garamire J"osser\'anza di tali p:nti. il Duca di Savoia doveva rima nere tJualc os1ag1?io presso g li Au srri:ici. (2) Nd tonge,larsi dal Mini st ro Carlo Cadorna , C arlo Albcrto espresse così la sua ultima asp;raz iunc: ,, In qualunque luogo, in qualunque tempo si alzi J a ordinato Governo un:i bandiera contro l'.-\ustria , gli Austriaci posso no essere n-ri i d i trovarmi , semplice soldato, nelle schiere dei loro nemici " ·


337 Essendo state battute le forze fra ncesi dai volontari al comando Ji Giuseppe Garibaldi, il generale Oudinoc chiese una tregua, della l{Uale profittò per far giungere nuovi rinforzi, che fecero aumentare le sue truppe a 30.000 uomini . Anche la Spagna inviò, in difesa del Papa, 5.000 uomini ; mentre il Re Ferdinando li, sperando acqui~tarc gloria a buon mercato, invadeva il territorio della Repuhblica. Rattuti dai volontari a Palestrina cd a Velletri, i borbon ici dovettero, però, rientrare nel Reame. A Roma erano afflu iti volontari da ogni parte d' lt:ili:i e dall'estero, ed il Trium vi rato, composto dal Mazzin i, dal S:iftì e d:ilr :\rmcllini, poteva contare su circ;; 14.000 combattenti, che costituiro no due Divisioni di 7.000 uomini ciascuna ed una riserva. Fallite le trattative con i Francesi, k ostilit;1 si dovev;ino ri prendere il 4 giugno: ma l'Oudinot, all'alba del 3 g iugno, attaccò improvvisame nt e i nostri avamposti a vil la P amp h il1 , a porra S. J>annazio ed a villa C...orsrn1. All'allarme, i reparti di volontari più v1c1 111 accorserc prontamente, ma non gli altri, e così non fu possibile wolgere alcuna azione d'insieme e tutta la giornata trasco rse in gare di 11 ern(·, alc I... \/<'. : :, ,,·t1pfJ. c.: roi smi individuai i cd in accanite lotte per la difesa e per la riconquista delle posizioni più im portanti , posizioni che rimasero, purtrop1x> .. ti Francesi. Questi iniziarono allora l'assedio regola re clelb citt~ , contrast.1ti dagli eroici sforzi dei difensori . li 30 giugno, veduta vana ogni ulteriore resistenza, il Trium vira to incaricò il Municipio di trattare la resa . Il 3 luglio le truppe fr:111cesi entrarono a Roma e nell o stesso giorno Carihald i e gli altri , olontari lasciarono l:i città ( 1 ). A Venezia i pachi difensori, decisi a resistere ad ogni costo, lottarono contro i 30.000 Austriaci del generale Ha ynau, difende11do .,ccanitamentc le posizioni di terra ferma. Cadute queste, il destino (1) Pc::r q uanto riguarda le c::ruiche dife ,c di Roma e Ji \·cnoi:i , si conn1lti

d IX rnlumc di quest'opera.


della città fu segnato e la guerra, per il suo stesso cam po d'azione, si ridusse più ad atti di valore ch e ad azioni tattiche. Dopo la lunga, impari lotta, la resistenza non fu più possibile nella città, anche per J;i penuria dei viveri e per l'epidemia colerica. Il 24 agosto il Manin trattò la capitolazione e gli Austriaci ritornarono a Venezia.


IX.

LA FANTERIA NEL 1849

La campagna del 1849 si svolse r apida come una tragedia di Sofocle. In tre giorni la sconfitta annientò tanti nobili sforz i e C:1 rl o Alberto abdicò; ma quanti eroismi nel generoso tentativo di nprcndere l'offensiva, pur no n avendone i mezzi; quanta tenacia nel lottare contro l'aggiramento del Radetz k y e quanta prontev.a da parte delle quattro prime Divisioni dell'esercito piemo ntese' A lla Sforzc!>Ca, a Mortara e nella stessa battaglia di Novara, la 4" D ivisio 1w ~i lanciò impavidamente al contrattacco e tornarono a di sti ng ucr~i i reggimenti delle brigate (<Piemo nte", « Pinerolo », " Ao$ta " . .. S:1\oi:1 » , << Acqui n e << Cuneo 1•• Ma tutto fu, purtrop1:x.;, inutik di fronte alla schiacciante superiorità delle forze austriache . Nell'esaminare la campagna del 1849, noi abbiamo an110 cura ili ricordare tutti i preparativi fatti dal Piem o nte dura n te l'armi ~tiz io: preparativi c he raddoppiarono la forza nume rica, ma non ce rro le rnergie morali dell'esercito. Abbiamo citato, in proposito, anche i severi giudizi della Commissione d'inchiesta sulle causc d ell'in successo militare e ricordato come, all 'aumen to del numero d ei ~o ldati , non potesse corrispondere un miglioramento delle lo ro energie m orali, prostrate dalle ultime sconfitte del 1848 e non certo mi g liorate durante i mesi dell'armistizio. Le conseguenze degli affrettati provvedimenti presi dal Governo sardo per rafforzare l'esercito dovevano apparire più m ani feste nel1'cfficienza delle Unità di Fanteria. Quest'Arma, infatti , era stata portata da 58 battaglioni a n9, dei quali 8r appartenenti all 'esercito rli campagna. La sua forza numerica complessiva, che nel 1848 era di circa 30.000 uomini, aveva raggiunto, nel 1849, i 144-000 uomini, òei quali 80.000 com battenti. Si trattava di una massa ingente rispetto al numero degli abitanti del Regno Sardo; ma appunto il più che triplicato numero dei soldati ne rendeva più difficile l'inquad ramento, per i.I quale, a mal-


grado dell'affrettata nomina di 2.oco nuovi subalterni, mancavano, com e abbiamo già detto, sia gli ufficiali che i sottufficiali capaci e lx: n prepara ti. I reparti di fanteria - ba scritto il generale Carlo Geloso in un suo recente studio (r) -- (, finirono con l'essere forma ti , nel 1849, da uomini delle più sva ri:1tc età e di ogni provenienza ed i reparti vennero spesso sconquassati da congedamc nti sugge riti da ragioni soc'i:di e politiche e da innovazioni frequentissime nell'ordinamento. Vi fu una vera febbre di tutto rinnovare ; ma tale er a l'instabi lità dei concetti direttivi, di,-ersi e co ntrastanti ad ogni cambio di ministro, e tale la fretta con cui ciascuno cercava cli realizzare le proprie idee nel breve tempo di permanenza al potere, da far nascere soltanto clisordine e cont usione. il gcneraìe lfava, cui in un dato m omento fu affida to il CJm:1 ndo in capo, al La Marma ra che gli chiedeva il parere ~11 talune innovazio ni da lui co ncepite, rispondeva: (( Quanto alla domand:1 che l'F.. V. mi fa di un progetto pe r un nuovo ordinamento dcli' Armata, mi permetterci sottomettere che, nelle attuali co ndi1.ion i, a11zichè 11Ulla rinnovare, no n potrei che ve<lere con pena qualsi asi \·;1r iazion<: ... che riuscirebbe al prese nte di solo imbarazzo ed .dì Z Ì Lii .,m.11-.:, gi <.1di zio ., . " Ma il vecchio ge nerale, che era forse l' unico a ben conoscere ì"esercito, non fu ascoltato, e si proseg uì i n una ridda di in novazioni che portarono, sì, ad un numero di umnin i, di reggimenti e di batt:1glioni assai superiore a quelli dell'eser cito del r848, ma finirono per togliere alle Unità la coesione morale e la resiste nza c he pii:1 ~arebbero sta.te necessarie. L'esercito, che aveva già a\'uto un ottimo Corpo di uf ficiali, si trovò, per le perdite subìte, per le elim inazioni e per !"invio di numerosi istruttori in altri paesi d' Ital ia per addestrar vi i rnlontari, ad avere ben poc h i ufficiali provetti cd acca nto ;,d essi una massa di giovani mal p reparati , ai quali non poteva esse re sufficiente l'entusiasmo per ben co mandare. Nè 1'entusiam o era d i tutti, poichè, come ii popoio era d iviso tra fautori e contrari Jlla 1:uov:1 _guerra, così era inquinato dalla stessa di scordanza il Corpo degli ufficiali e la stessa massa dei gregari ,, . Per ,1uanto si riferisce appunto agli ufficiali, essi avevano, per !.':ìgioni ovvie, g li stessi difetti di quelli del 1848 ed, anzi, d ato il (I) C [r. Gaoso: " Le operazioni militari Jd 1849 ,, 11d volume <( Il p rimo p:1,so ,·erso l' uni tà d"ltal:a 184~ · 1849 ,, pubblic:ito J:ill'Uffìcio Storico d el no_,tro Stato M:i~gi ~,re nel 1948.


.341 maggior numero di reparti dell'esercito, la loro qualità era alquanto peggiorata. Gli aumenti apportati frettolosamente all'eserci to ____, dice il Barone ( r) - avevano spastato tut ti i Quadri. Chi leggesse il ,, Giornale Y1ili.tare » del T 849, vi troverebbe un elenco i nter~1inabile di ufficiai i nominati alla vigilia delle ostilità, i lluali andavano a comandare

Uf fìciali della brigata « S,1vo11<1 ., di/endonn alla Hicncca la bandiera del 15'' rcggi111c1110.

soldati che non conoscevano, da cui non erano conosci uti e sui qual i non avevano autorità, nè prestigio. Il numero degli ufficiali , non ostante gli aff retlati provvedimenti presi, era rimasto inoltre assolutamente insufficiente. Durante la campagna molte compagnie di Fanteria rimasero con due e talvolta con un solo ufficiale e - secondo un opuscolo di un uffìcialc piemontese rimasto anonimo (2) - ,, vi furono battaglioni ai quali mancavano perfino .i 3 / 4 degli ufficiali necessari "· Soltanto il 17 mar zo, (I) Cfr. BARo:-.E, op . cit. (2) Cfr.: « Con , idcrazioni sugli ~1, ,rnimcm i mili t:i ri del nurzo 1849 ,..


342 nell'imminenza della ripresa delle ostilità, vennero nominati 376 nuovi sottotenenti; ma le loro nomine non giunsero al Quartier Generale che il 25 m~irzo, dopo Novara. La deficienza del numero e l'impreparazione degli ufficiali all'esercizio del comando delle rispettive Uni tà non poterono non nuocere grandemente: sia nel rendere m eno efficace l'affrettata preparazione alla nuova campagna, sia durante le operazioni. Tale deficienza venne, infatti , più volte rappresentata dalla Commissione d'inchiest:i come una delle circostan ze più danno~e all'efficienza dell'esercito e specialmente a quella della F anter ia . Alla ripresa delle ostilità alcuni uf ficiali erano nuovi alle arm i, molti al grado che occupavano, alcuni fra i Capi erano insufficienti, di altri la reputaz ione veniva pubblicam ente discussa. L 'influenza mo rale degli ufficiali sulle truppe che, per antico difetto e pel continuo avvicendarsi degli uomini, non erasi mai esercitata, era divenu ta oramai impossibile >> (r) . .. Innum erevoli accuse contro i Capi dell'esercito spargevansi dai giornali nostri e di tutta l'Italia (2); ripetevansi di bocca in bocca e penetr:1vano tra le file dei soldati. Per chiarire le accuse, il Ministro Jella G uerra o rdinava che gli uUìciali accusati dai giornali gl i man d:1ssero per iscri tto le loro discolpe. Tali accuse, che durante l'armi(<

(1) In una ktter;i del 2 1 frbbra io 1849 il generale Chrzanowski scriveva ,il Re: .. Il importcrait <le (aire sentir aux offìcicrs qu 'i l est aussi d c lcur devoir dc do1111er une directiO!l morale et patriotÌl]Ue aux soldats placés sous lcurs ord rcs . Cene parrie de lcur ckvoir scmble n'etrc pas assez dévcloppéc dan s le Corps des offìciers ». (2) Anche du rante la ca mp:1gna del 1848 non erano mancate accuse, pubblicttc imprUlkmcmcntc dalla stampa , contro gen..-ral i cd ufficiali superiori dell'esercito. li .W marzo 1848, ;i. Pa v:a, g li ufficiali della brigata «Guard ie" avevano dovuto fare una p ubblica protesta contro la imputazione di tradimento fatt:1 ,lalL1 " Gau..:t i.1 ,li Milano" al loro ge ne1 ,1le (S: consulti. in proposito, b « Gaz7.ella Piemontese n dei J'' aprile 1848). Vnso la fi ne: dd maggio 1848, nel fogl io n. 55 del Giornale u li libero Italiano " · era st:ita pubblicala la notizia che l'esercito piemontese, accortosi che Carlo Alberto lo tradi,·a, lo aveva d estituito cd aveva nominato. invece dd Re. un altro Comandante. Verso la fine di lugl io dello stesso anno, il giornalt milanese « Il 22 Nlarzo >> an:va riportato, senza alcun commento, da un giornale redcsco. la notizia ch e Ca rl o Alberto, alla testa della maggior parte dell'ese rci to. era passato dalla parte dc:l nemico. Hastino <]U :'.Sti esempi a dimostra re l'esaspera zione dell'opinio ne p ubbl ic:i le diJficoltà fra le quali av<>va dovuto p repararsi 1::1 nuova ca mpagna.


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345 st1zio colpivano molte persone onorate cd amate dall'esercito, affliggevano vivamente la più parte degli ufficiali. Consci di aver fatto ~ul Mincio il proprio dovere e di aver" difeso col sangue l'ono re del Paese, oppressi dalla comune sventura della nazione e sfiduciati dallo stesso morale dell'Armata, del paese e dell'Italia, molti , dimentìcato il carattere ond'erano investiti , parlavano apertamente, non solo contro la guerra ed il suo scopo, ma benanche contro una condi zione di 1:osc che lasciava germogliare sì tristi effetti. Altri, o trascinati dalla corrente delle opinioni predominanti, o mossi da ignoranza o da ambizione, abbracciavano le opinioni estreme. <( Nacque così in breve nell'esercito la stessa depressione che cr;n·i nel paese, accresciuta anche dal gran numero di nuovi ufficia li di va rie provenienze che ne facevano parte. " Invano il Ministro della Guerra si adoperava a rannodare g li spiriti, richiamandoli al sentimento della nazio nalità ed a (1uello dell'onore militare (1), pcichè, poco dopo, alcune frasi del proclama emanato a Genova dal Ministro Commissario di quella citt:1, aum entavano lo sdegno degli ufficia li e determinavano- proteste e co n1mproteste, che rappresentavano, nel loro insieme, un vero ~crnda!u pt r tu tto l'esercito. « Quale meraviglia se, in tali circostanze, o per isdcgno contro le pubbliche accuse, o per sfiducia in chi reggeva lo Stato, n per ,n ·versione presa alla Causa italiana, od, infine, per la poca fid ucia nell.1 \Ìttoria che animava gli ufficiali, gran parte di questi si mo:; tra,·a contraria alla ripresa delle ostilità? t ( Anch'essi discordi, secondo le d iverse correnti , purtroppo J eterminatesi nell'opinione pubblica, g li ufficiali dell 'esercito sardo. nel riprendere le ostilità, non erano che dei rassegnati a com piere il loro dovere, non sorretti neppure dalla speranza che il farlo avesse potuto tornare di giovamento al Paese ed alla Causa italiana ,, (2).

Ancora peggiori dovevano essere, purtroppo, le condizioni morali delle truppe, specialmente per la Fanteria. (( Già fin d alla prima campag na del 1848 - ricorda la Relazione della Commissione d'inchiesta - non ostante i caldi entusiasmi di ( 1) Circolare del Ministro La Marmora in data 15 senemhre· 1848. (2) Cfr. GELoso, op. i:it.


allora e le agitate speranze d'un completo risolvimento nazio nale, sintomi g ra vi d 'un interiore disfacimento s'erano palesati ... ed invero, dopo le vitto rie, sopravvennero gl 'indug i che dimostrarono al solda to lunga e grave l'impresa, e le m o lte m alattie, i patimenti d'ogni sorta , sofferti per le necessi.tà della guerra, o per inesperienza dei C api, cd il vestire stesso lacero e sud icio, ne resero d imessi gli animi ; gli ozi del bivacco di edero allora ag io a pensare alla famig l ia, agl'interessi domestici, e com inciossi a ragionare su l nessun frutto avuto dai sangui nosi combattimenti, sull 'i nsufficienza dei Capi, sul poco favore avuto dalle popolaz io ni d el M incio c he d icevansi venuti a liberare ; sulla tardanza dell'aiuto di truppe lombarde, che ancora non si erano vedu te. Quindi aH'entusiasmo succedette lo sconforto, alla fid uci:i il timore; e l'indisciplina, inerente alla cattiva o rganizzazione e co nte nu ta fi no allora dai successi e d alle speranze , comi nc iò a ma11ifestarsi apertamente. Poscia si videro ancora a Custoza ed a Volta gli ultimi aneliti del primo valore e finalmente lo scoraggiamento e la sfiducia più fatale. Lo stato degl i a n imi della truppa, pit1 che la \': ttori:1 dd nemico, costrinse il Re ad o rdinare la ritirata dal Mincio; cd i ge rmi di disorganizzazione pak:saronsi allora apertamente . . . ,. ... Il Governo diede la più sollecita cura a rio rdinare l'Ar m ala, ad organizzare le parti mancanti, ad allestirne i material i, a curarn e l'i struzione e la disciplina, a prepararla inso mma ad una nuova guerra: ma. ment re t utte queste cure - dice la Relazione - ottenevano (ì loro dfetto quanto al materiale, no n era così del morale )) . Dal 19 agosto al 19 novembre 1848 il Ministro, g enerale L a Marmora, d iramava ben dieci Circolari sulla discipl ina e l'istruzione del le .truppe, sulle cure da aversi per il soldato, sulla modificazione alla legge milita re per ren dere più pronti e più sic uri i casti g hi, sulla scuola di linea, ecc. ecc. In una delle ultime, tre mesi innanzi la nuova guerra , si legge : " U na r itirata o norevole ben sì , ma precipitosa, noi abbia mo a ,t:ndic:ire. Il nemico è al Ticino e vi opprime un papalo che a voi è cong iunto. Le speran ze d 'Italia tutte si raccolgono in q u est'Armata. Abbando nerem o noi una causa abbrac ciata con ta nto entusiasmo perchè alc uni ci si mostrarono ingrati , o perchè altri levarono una diYersa bandi era? Ma questi son pochi e g li altri dal dolo re erano ciech i, e triste soldato è colui che di scute i suoi doveri )> . Ma, purtroppo, tutti gli sforzi riuscirono vani . In proposito sembra opportuno riportare, dalla stessa R elazione d ella Commissione d'inchiesta, il risultato d egli accertamenti tentati


347 dal Governo sa rdo, alla fine del 1848, sulle condizioni delle truppe e specialmente sulla loro efficienza morale. Vennero, in proposito, interpellati i Comandanti di Corpo ; ma, nelle quara nta lettere di risposta giunte a l M inistero, essi riferirono essere tutti g li ufficiali pronti al loro dovere per sentimento d'onore ; <.1uanto ai bassi ufficiali scrissero quasi unanimemente essere male idonei, esservi inetti alle armi fra i nuovi ufficiali promossi; essere esausta l"ord inanza, desiderare i provinciali, e più le riserve, troppo vi vamente d i rcstit uirsi alle loro case; . .. m olti fra q uelli che ebbero lJualchc licen za essere o tardi o non più tornati ; essere frequenti le diserzio ni all'interno. Si lamentavano, inoltre, sedu zioni di partiti sulb bassa fo rza, iafluenze di corrispondenze coi parenti rappresentanti init1ua la g uerra per suggestione religiosa o per avversione ai Lonihardi, r ise ntimenti per le umiliazioni alle quali l'Armata veniva sovente :1ssoggettata per la debolezza del Governo , e fuvvi anche chi scrisse non potersi garentire che la truppa passerebbe il Ticino. G eneralmente però scrissero essere a sperarsi che ognuno avrebbe fatto il suo do\'t:re, ma di volontà pochissimi ne parlarono e di entus iasmo 11111 i ~i tacquero " · A proposito delle manovn.: disfattiste che non trova , ·;11111 u n:1 giusta e pronta repressione, la Relaz ione deplora l'insu flìcicnz:1 tl ci mezzi di repressione, la lentezza dell a procedura, la manca nz:1 d i energia nei Capi cd anche nel Gove rno. " Eranvi - prosegu e b l{clazionc - i violenti discorsi e le m al fo ndate accuse di alcuni g iv rnal i, o nde, leggendo od udendo ripetere le ingiuste accuse scagliale su i loro Capi, gli ignari soldati imparavano ad odiarli o disprezzarli. Era nvi emissari stranieri, arruolati come emigrati, che facev:1n si istigatori alla diserzio ne ; eran vi le seduzioni dei partiti tendenti a sov\"ertire nell'Armata il sentimento del dovere •l . Un così deplo revole stato di cose influiva su tutto l'esercito; ma più particolarmente sulla Fanteria, che era, è e sar:1 sempre la compagine armata, sulla quale la maggiore impo rtan za dei fatto ri morali riesce più evidente. A migliorare, per quanto possibile, le condi zioni m o rali dell 'esercito ed a ristabili re la disciplina, i Comanda nti in vocavano dal Governo disposizioni che permettessero l'u so di puniz io ni più gravi e, soprattutto, la possibilità di esem pi che potessero essere r esi più d ficaci dalla maggiore prontezza dei provvedimenti pun itivi. Così il Duca di Savoia, con una sua lettera al Ministero della Guerra in data 21 febbraio, segnalava l'inefficacia delle punIZ1oni (<


allora in uso, richiedendo provvedimenti adeguati; ma il Ministro della Guerra, nel rispondergli, si limitava a suggerire di far leggere e commentare ai soldati gli articoli del Codice penale riguardanti i più gravi reati contro la disciplina, soggiungendo « che, se, dopo così prevenuti i delitti, avvenga che si debbano punire, conviene alla pcrfine discendere a questa dura necessità ». Anche lo stesso generale Chrzanowski non mancò di esporre al Ministero l'urgenza e la necessità di mezzi di repressione più efficaci cd ave va anzi proposto uno speciale progetto di legge; ma non si ritenne opportuno accogliere tali proposte, per non inasprire maggiormente l'opinione pubblica. Per conseguenza, non ostante tutti i tentativi fatti, coi più gravi sacrifizi, per aumentar.ne l'efficienza, l'esercito sardo, nel riprenclere le ostil ità, subiva le necessità imposte dalle circostanze e non poteva di sporre, di fronte al nemico, neppure di quelle energie morali, delle quali esso aveva pur dato chiarissime prove all'inizio della campagna precede11te.

A malgrado della gravità degli insoluti problemi dell'inquadramento e della deficienza dell'armamento, nonchè dei disagi imposti dal mancato funzionamento dei servizi, la Fanteria sarda compì, :mche nella breve campagna, tutto il suo dovere e seppe dar prova di valore e di disciplina perfino nelle tragiche giornate della sconfitta. · La brigata « Savoia n combattè alla Sforzesca ed a Novara. La " Piemonte>> partecipò alla battaglia di Novara , dove le bandiere dei due reggimenti 3° e 4° ebbero conferita entrambe la medaglia d'argento al valore. La brigata << Aosta » combattè a M ortara cd a Novara, dove la bandiera del 5° reggimento, rimasta momentaneamente isolata, sarebbe caduta in possesso degli Austriaci, se non fossero accorsi a difenderla ufficiali e soldati. Entrambi i reggimenti del!' « Aosta•> ottennero, per l'eroico comportamento tenuto durante la campagna, la meòaglia d'argento. Una medaglia di bronzo venne conferita anche al 11 battaglione del 6° reggimento per la presa del Torrione presso 'f\:ovara. I reggimenti della brigata « Cuneo ,, presero parte al combattimento di Mortara. Il 7° reggimento combattè anche a Novara.


349 La brigata (( Regin a ,, venne impegnata a Mortara ed a Novara. A Mortara il 9" reggimento venne attaccato da sei battaglioni e da sei

rn mpagnie di Austriaci del II Corpo d'Armata e la brigata fu co~tretta a ripiegare, dopo aver perduto ci rca 2 .000 uomini. La brigata « Casale >> combattè alla Sforzesca cd a Nov:.ira. La 1< Pinerolo >> prese parte all a battaglia di Novara cd, in qudl"infausta giornata, la bandiera del I 4" reggimento, momentanea-

La bandiera dd 1,{' reggimento fanteri,r alla battaglia Ji .\incar,1 .

mente priva della scorta, corse il pericolo di cadere nelle m :1ni dei acciatori tirolesi, i quali, dopo aver ferito ripetutamen te l'alfiere, ~ottotenente Scarafiotti, stavano g ià per impadronirsi dell'insegna, quando il soldato Chiaffredo Pinotto , dopo ave re difeso l'uffici:ile morente, portò in salvo la bandiera e la consegnò al sottotenente l'izzoni. Ad entrambi i reggimenti della brigata venne conferita la medaglia d'argento al valore. La brigata <• Savona )) prese parte, con i due reggimenti, alb battaglia di Novara, dove le due bandi ere otten tlero la medaglia di bronzo al valore.

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Anche la bandiera del 15° reggimento corse il pericolo di cadere in possesso degli Austriaci. Nel pomeriggio del 23 marzo, infatti, mentre i reggimenti, che da oltre sei ore combattevano presso la Bicocca, venivano costretti a ripiegare per le gravi perdite subìte e per la crescente superiorità delle forze nemiche, gli ufficiali della brigata, riuniti intorno alla bandiera del 15° in5ieme al colonnello D e Cavero, armatisi dei fucili tolti ai Caduti, difesero l'insegna, combattendo da semplici soldati. La lotta fu accanitissima e la bandiera passò successivame nte nelle mani di 4 ufficiali che, tutti feriti, la bagnarono col loro sangue. Nella furibonda mischia caddero, in difesa dell'insegna, i fratelli Ottavio e Giovanni Pietro Lavin y, alla cui memoria venne poi concessa una ricompensa al valore. Anche la brigata e< Acqui >) combattè, nel 1849, alla Sforzesca ed a Novara, dove il valore del 17° reggim ento venne premiato con la m edaglia d'argento. Nel 1849, come già abbiamo accennato, se le Divisioni da 5 e r:rno state portate a 7, compresa la D ivisio ne lombarda (Sa), i reggiment i di Fanteria di linea erano stati portati da 18 a 23, formando Ltud l i Ll,tl 19'' al 22. con i contingenti lombardi cd il 23° con hattag lion i emiliani, completati da reclute piemontesi. Tienchè questi nuovi cinque reggi menti fossero detti « provvisori », (\'enncru, iufatti, sciolti dopo il 1849 e ricostit uiti prima d el 1859) e cc,mposti in gran parte di volontari, fecero anch'essi quanto poterono e, se non tutti parteciparono ai fatti d'arme della breve campagna, ciò si dovette all'errata iniziativa del Ramorino, comandante la 5'' Divisione. I battaglioni del :n° Fanteria, insieme al VI battaglione bersag lieri (Ma nara), lasciati dal Ramo rino col generale Giannotti alla Cava e ne i paesi vicini, procurarono d'impedire alle truppe austriache il passaggio del Ticino. li 22" reggimento cercò, alla fine della campagna, di recarsi alla difesa della Repubblica Romana; ma ne venne impedito dalle navi france.si. Per il 1849 erano stati costituiti, inoltre, con i quarti battaglioni di quelli preesistenti, altri sci reggimenti di Fanteria; ma essi vennero lasciati a Voghera, ad Alessandria cd a Torino ed, in parte, a guardia dei parchi di Artiglieria e dei materiali destinati ai servizi. Per la campagna del 1848 e per quella del 1849 vennero insigniti della medaglia d'oro al valore i mi litari di Fanteria appresso indicati: 0


35 1 Saverio Griffini, Luigi Serravalle, Amedeo Carisio, Michele Bes, Cesare De Laugier, Vittorio Emanuele di Savoia, Massimiliano Rocchiardo di San Vitale, Carlo Mcnthon D 'Aviernoz, Giovanni Francesco Mollard, Enrico Cerale, Ettore Ferrone di San Martino, Giuseppe Passalacgua di Villalvernia P:.:r la campagna del 1849 vennero, inoltre, conr~sse ad ufficiali eJ a soldati di Fanteria le seguenti rico mpense al valore: medaglie d 'argento 376, medaglie di bronzo 868.


X.

LA GUERRA DEL 1859. PRECEDENTI E LA PREPARAZIO N E Dopo gli insuccessi e le delusioni del 1849, in tutta la Penisola tranne che nel Piemonte, imperversò la reazione. Nei Lombardo - Veneto, l'Austria, affidato il Governo al m;;resciallo Rad etzky, tentò in tutti i m odi di spegnere la fiamma dell'amor di patria. Le condanne poli tiche, soltanto nel primo semestre del 185 1, furono ben 2.552; mentre gli spalti di Bclfiore, presso Mantova. si mutavano in un Calvario al <..Juale tutta 1'It:1lia guardava rabbrividendo. Nel febbraio del 1853 in Milano si tentò un m ovimento insurrezionale, fallito il quale, seguirono nuove condanne, confische e supplizi. Per sfuggirr :1lle persecuzioni molti emigrarono e !'Austria pose sotto se<..J uestro tutti i loro beni, finchè, accortasi che i trattati del 1815 erano stati lacerati dalla guerra di Crimea e dal Congresso di Parigi e che il principio di nazionalità penetra va sempre p iù nella coscienza politica del l' Europa, tentò di placare i popoli del Lomb.1rclo - Veneto con un più mite governo, impersonato dall'Arciduca Massimiliano. 11 provvedimento, ormai tardivo, non mutò n egli animi le aspirazio ni all'i ndipendenza cd all'unità nazionale, già consacrate da tanti nobilissimi sacrifici e da tanti eroismi ed i patriotti lombardi e veneti rimasero in vigile attesa. A Ro ma Pio IX, protetto dai Francesi, rinunziò alle sue riforme liberali. In T oscana Leopoldo II, ritornato sotto la protezione delle baionette austriache, revocata ogni riforma, abolita la Costituzione, restaurata la polizia, processati i liberali, condannati all'ergastolo e poi banditi i triumviri Guerrazzi, Montandli e Mazzoni, conserverà ii Granducato fino al 1859. A Parma imperversava la tirannia di Carlo III di Borbone assassinato il 26 marzo 1854 da un certo Carra, sellaio; ed in Sicilia. nel 1856, durante una rivista militare, u11 giovane soldato, Agesilao Mi-


353 lana, tentava di uccidere Ferdinando II: ma, fallito il colpo, dopo orrende torture, veniva impiccato. Nell 'anno seguente circa 300 mazziniani, guidati da Carlo Pisacane, impadronitisi del piroscafo Cagliari di.retto verso la Sardegna , approdarono a Ponza, liberarono 320 prigionieri politici e si diressero al golfo di Policastro. Toccata terra a Sapri, al grido di 1, Viva

I moti d, Fiffn ze nel 185y.

ri talia, viva la Repubblica », avanza rono nel paese: ma, accerchiat i dalle truppe regie e dalla plebe, molti morirono combattendo ed altri , :i rrestati, furono condannati all'erg astolo. Soltanto il Piemonte tenne fede alle proprie istituzioni liberali cò a.Ilo Statuto di Carlo Alberto e divenne asilo sicuro per tutti i perseguitati dalla tirannide, che vi trovarono , non solamente libertà di ~oggiorno e la più larga ospitalità ; ma furono ammessi anche nell'esercito, nella magistratura e nelle più alte cariche de):o Stato.


354 Sotto l'impulso del Ministro D 'Azeglio pri'ma e poi d el Cavour, il Go ve rno sardo provvide a sollevare il Piemonte dall'abbattimento causato dall' insuccesso del primo tentativo per l'indipendenza italiana ed a farne uno Stato che fosse per l'Europa la prova nell' attiwdine degli Italiani ad un libero governo e che rap presentasse. per tutti gli altri Stati della Penisola, un nobilissimo esempio . Pur tra enormi ristrettezze di bilancio, il Cavour iniziò la costruz;onc delle ferrovie , sviluppò lo spirito d'iniziativa, a malgrado di ogni difficoltà ridusse la tassa sul sale e compì la riforma delle tariffe postali. Con le leggi sul matrimonio civile. sulla riorganizzazione dei beni ecclesiastici, sulla soppressione degli ordini monastici mendicanti , provocò una rottura col Vaticano ; ma si ded icò anche alla ricostruzione dell'esercito, prodigando danaro ad ogni richiesta del generale' La Marmara; fortificò C asale ed Alessandria, rifornì i magazzi ni , aumentò i Quadri.

La spedizione in Crimea. Nel 1853 si riapriva la questione d' Oriente e la mi naccia russa s1, Costa ntinopoli, già frenata nel 1829 e nel 1841 ( 1) dalla Francia <'.

d;11l' Inghilterra, si accentuava nuova mente per la pretesa russa

d1 esercitare il protettorato su tutti i C ri stiani dell' Im pero O ttom ano . Lo Zar cercava di profittare delle condizioni dell'Europa, per le guaii riteneva impassibile un accordo tra la Francia di N apoleone III e l'Inghilterra, e contava soprattutto, se non sulla cooperazione certo sulla benevola neutralità dell'Austria, riconoscente alla Russia per gli aiuti prestatile nel 1848 per <lo mare la ribellione ungherese. Avendo il Sultano opposto un rifiuto alla domanda dello Zar, u n esercito russo, passato il Pruth, occupò la Moldavia e la Valac(1) Nei 1828, in conseguenza della guerra d'ind ipendenza greca, la Russia, col pretesto d i proteg gere il commercio d ei suoi suddi ti e cli :issicur:ire b nav ig:i zione C'urop(':i nel llosforo , aveva clichi:1ra to gunra alla T u rch ia . E serciti russi :J\'C\'ano invaso !"A rmenia e la T racia cd ocrnpato Ad rianopoli , d ove, il 14 settemb re 18_'10, costretta dalla Fra ncia e <l:ill 'lnghi ltcrra , la Russi a do\'è tirmarc la p:ice, ( he le garantì la liher.1 navig:izione nel Ma r Nero ed il passaggio dei Da rd anelli per le navi m erca ntili . Nel 1841 le Potenze europee firma rono il tratta to , detto d,·gli Stretti, in cui riconoscevasi alla Turchia il diritto d'interd ire l'ent rata nel Bosforo alle 11:1\·i da gucrr:i d i qual siasi Staio.


355 chia ; le forze turche ripararono nelle fortezze del quadrilatero bulgaro (Silistria - Riistchuk-Schumla - Varna). Col combattimento navale di Sinope, nel Mar Nero, la flotta russa Jistrusse qu ella turca. Q uesto fatto ed il progredire delle operazio ni russe nella zona da-

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Cumillo oenso di Cavo111.

r.ubiana indussero la Francia e l'Ing hil terra ad allear~i alla Turchi;1 c :1d inviare 5 0 . 000 uomini a Varn:i (m ar zo r854). C:onrempor:inea-

rnente l'Austria, minacciata nelle sue aspi razio ni ba lca niche dall'e~pansione russa, invitata dalla Francia e dall 'Ing hilterra, radunava un esercito in Transilvania, pronta ad interveni re. I Russi allora ripassarono il Pruth e gli scopi dell a g uerra pote,·ansi considera re raggiunti, ma ri maneva come una minaccia sul Bosforo e su Costantinopoli la potenza navale russa nel Mar Nero, tanto


che gli alleati decisero di avanzare su Sebastopoli, per distruggere la flotta e gli arsenali dell'Impero mosco vita. Trasportati da Varna ad Eupatoria, nel settembre 1854, 60.000 Anglo - franco - turchi, questi batterono il 20 settembre, sulla sinistra clel torrente Alm a, i. 40.000 Russi ivi schierati per copr ire Sebastopoli, inducendoli a ritirarsi nella piazzafo rte. Gli allea ti posero l'assedio a Sebastopoli e, per meglio riuscire ad espugnarla, si portarono a sud della baia, punto più debole della cinta, appoggiandosi con la sinistra a Balaclava e con la destra al vallo ne della Cernaia. La ba~e delle operazioni fu trasportata da Eupatoria a Balaclava ed ;, C am iesch. Fra il settembre ed il novembre ebbero ìuogo, àa parte dei R ussi, ~Jcu ni atti offensivi, tutti falliti; poi, per le condizioni atmosfer iche avve rse, non furono svolte altre operazioni. Durant<.: l 'inverno il Regno di Sardegna, sapendosi abilmente vakrc di un 'offerta inglese a partecipare alla guerra, entrò fra gli Stati allea ti contro la Russia. Vin te le o pposizioni del Parlamento e dell'opinione pubblica, dopo acc:rn: ti dibattiti , il Cavour fece costituire un Corpo di sped iz io ne di 18.000 uomini al comando del generale Alfonso La Marmora (1). l1 14 ,iprile 1855, nella piazza d'armi di Alessandria, vennero benedette le bandiere dei reggimen.ti di Fanteria di fo rm azione, costituiti per far parte del Corpo di spediz ione, ed il Ministro della Guerra, generale Giacomo Durando, lesse alle truppe il seguente proclama del Re, il quale presenzia va alla ceri mo nia: ,, Una g uerra fo ndata sulla giustizia, da cui dipe ndono la tranquillità de ll 'Europa e le sorti del nostro Paese, vi chiama in Orien te. ,, V ed rete lontane terre, dove la Croce di Savoia non è ignota; ved rete pupul i cd c~erciLi valor osi, la cui Luna riempie il m ondo. Vi ( 1) Il Corpo di spediziom: piemo ntese fu orga nizzato su d ue Divisioni (La J\,(:mnora Alessandro e Durando Giovan ni), ciascuna Ji due brigate, più una brigata di ri serva. Avrebbe dovuto comandarlo il Duca d i Genova, ma, prima ancora che la spedizione fosse orga nizzata, egli morì, a soli 32 a nn i d'età. Ii Corpo di spedizione t'bbc la forza complessiva di 18.000 uomini e 4.000 cavalli. Per quanto riguarda la Fa nteria di linea , vi parteciparono 5 rcg· gimenti a 4 battaglioni, che \-Cnnero for m ati coi pri mi battagli oni d i ciascuno dei \'Cechi reggimenti.


35 7

li teatro delle operazioni

111

Crimea (1855 -1856).

sia di stimolo il loro esempio e m ostrate a tutti come 111 voi non è \·enuto meno il valore dei nostri padri. " lo vi con<lussi altra volta sul campo dell'onore e, lo ricu idu con orgoglio, divisi con voi pericoli e travag li. Oggi, do lente di separarmi da voi per c1ualche temixi, il m io pensiero vi scg uirii dappertullo e sarà un giorno felice per m c yucllo in cui sia dato riunirmi a voi. <( Eccovi le vostre bandiere. Generosamente spiegate dal m agnanimo Carlo Alberto , vi ricordino la pa tri a lontana ed otto secol i di nobili tradi z ioni.. Sappiate difenderle, r ipo rtatele coronate di nuo va g loria, ed i vostri sacrifi zi saranno benedetti dalle presenti e future generazioni! ».


Salpati da Genova il 27 aprile, il 14 maggio le nostre D ivisioni sbarcavano a Balaclava, conquistandosi le si mpatie e la stima degli alleati, per il lo.ro contegno e la loro disciplina . Esse si schierarono alla destra dei Francesi, intorno a Camara. I n quel mese l'eserdto alleato raggiun se la forza di circa 175.000 combattenti e l'esercito russo, al com ando del generale Gortscha koff, quella di circa r50.ooo uom1111. Il 18 giugno fu tentato a Sebastopoli un attacco, che venne respinto dai Russi . Seguì un nuovo p er iodo di sosta, reso più triste òal l'epidemia colerica, che fece, anche fra i Piemontesi, numerose ,ittimc, fra le quali il generaie Alessandro La M arma ra, fondatore del Corpo dei bersaglieri. L 'occasione di disti nguersi e di pater si d imostr are prod i soldati g iunse finalmente per i Piemontesi il 16 agosto, quando, protetti da ll a nebbia , i Ru ssi attaccarono per il vallone della Cernaia le posizioni occupate d ai loro battaglion i e da quell i fran cesi. Questi ultimi in principio ripiegarono; ma 1X)i, sostenuti dai Piemontesi, n:spinsero 1':ittacco ed inseguirono i Russi. L '8 settembre, dopo un intenso bombardamento della fortezza, eM.:guilu w 11 pit1 di 700 pezzi, gli alleati ripeterono l'attacco alla piaz;,~a fort c e, dopo una lotta tenacissima, la conq uistarono. I Russi, affondalo il navig lio ed incendiato l'abitato, si ritirarono n ell'interno ciclla prnisola. Dopo l::i ,acl111a di Sebastopoli non vi furono altre operazioni particolar mente importanti e le Potenze belligeranti, dopo lunghe d isrnssioni, il 30 m ar zo 1856 firmarono a P arigi il trattato di pace. Durante la spedi zione in Crimea le truppe piemontesi si distinsero sempre: sia nei combattimenti, sia nel so pportare i disagi della ca mpagna e l'epidemia colerica. Dal valore dimost rato dai soldati, il Cavour potè t ra rre un efficacissimo a rgomento per proporre poi, al Congresso d i Parigi , la questione italiana. In Crimea ve nnero concesse ad ufficiali cd a Fanti di linea: 14 m edaglie d'argento al valor milit:ire e 63 di bronzo.

Il Congresso di Parigi. Al Congresso di Parigi, radunatosi nel febb raio 1856 per trattare la pace con la Russi:i, nonostante l'opposizione dell' Austria, fu ;immesso anche, a condizioni pari a quel le degli alt ri plen ipotenziari,


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ti Cavour, il quale, fissate le modalità della pace fra gli Stati bellii,:c.ranti, portò in discussione, il giorno 8 aprile, le aspirazioni italiane; ma, per l'opposizione del plenipotenziario austriaco, il Congresso non potè che rivolgere inutili consigli di moderazione all'Austria ed .d Re di Napoli. Il Cavour presentò allora ai plenipotenziari inglese r francese un memoriale, dove, riassumendo tutti gli argomenti espo~ti al Congresso, avvertiva che l'Europa non sarebbe rimasta tranquilla, se in Italia i Governi reazionari avessero continuato ad accani rsi contro i sudditi andanti alla libertà. Così la questione italiana era stata ormai posta dinanzi all'Europa. Accolto con entusiasmo al suo ritorno in Piemonte, decorato dal Re del Collare della SS. Annunziata, il Cavour, il 6 maggio 1856, potè pronunciare queste solenni parole: << Per la prima volta nella Storia la questione italiana vc n ne di\C ussa ad un Congresso europeo, non come a Lubiana ed a Vcrona, con l' animo di ribadire le catene dell'Italia; ma con l'inten zione cli ,trrccare alle sue piaghe qualche rimedio. Terminato il Congresso, l:i Causa d' Italia è portata al tribunale della pubbli ca opinione, cui ·.pctta l'ultima sentenza. La lite potrà essere lunga, k pnipez.it: ~a1,1nno forse molte; ma noi, fidenti nella giustizia del la nostra Causa, .i~petteremo con fiducia l'esito finale >>. I T oscani offrirono al Cavour un busto col motto: « Colui che l.1 difese a viso aperto » ; i sudditi pontifici g li decret;:i rono una medaglia d 'oro con l 'iscrizione: ( < Che fanno qui tante pereg rine spade? n , alludendo all'occupazione francese ; i Napolitani gli offrirono una spada con l'epigrafe: « L'antico valore negli italici cor no n è ancor morto >>, onorando, insieme al Cavour, anche il La Ma rmo ra, 1. he aveva g uidato la nostra spedi zione in Crimea. li 9 maggio 1856 la Camera dei Deputati votava per acclama1,ione il seguente ordine del giorno: « La Camera ring razia l'esercito, ia flotta, il Generale in capo della nobile, valorosa condotta nella guerra d'Oriente ed, interprete e partecipe dei sentimenti del Paese, dic hiara che essi hanno ben meritato dalla Patria n . Lo stesso fece, il giorno dopo, il Senato del Regno. Con le parole pronw1Ziate dal Cavour il 6 maggio 1856, era !>~ata già proclamata la necessità della nuova g uerra ; guerra che appariva ormai come l'unico mezzo per risolvere la questione italiana, henchè l'Austria, dopo le discussioni al Congresso di Parigi, vobse mitigare nelle Provincie lombardo - venete il rigore . dell e leggi e


concedere una larga am 111st1a ai prigio nieri politici. Nel dicembre del 1856 l' Imperatore Francesco Giuseppe visitò, anzi, il Lombardo V eneto ed inviò a governa r vi il fratello, Arciduca Massimiliano ; ma a LJUeste im provvise prove di benevolenza Milano rispose erigendo i11 Torino un monumento al l'esercito sa rdo e dimostrando co me i tentativi del Governo austriaco fossero ormai in sufficienti e tardivi .

L'alleanza con Napoleone 111. Vista la necessità della n uova guerra, il Cavour si propose come scopo della sua politica estera la ricerca di un'alleanza per il Piemo nte e proc urò di creare in Europa un ambiente favorevole alla Cau~a italian a. Fra tutti gli Stati d'Europa, quello che dava più affidam ento di magg iori simpatie per l'Italia era la Francia, alla gualc riusciva opportuno avere, come cuscinetto fra sè e l'Austria, un Piemonte ing randito e Corte. Per i suoi precedenti giovanili, per la simpatia che aveva dimo~trato per ia Cau sa italia n:1 e per l'avver~iunt ché nutriva contro l'Au stria. causa prima della ro vina del suo gran de z io ; nonchè per il suo hisogno di gloria militare, Napoleone III suscitava le speranze del Cavour, il quale, m entre coglieva ogni occasione per ricordare alJ"E uru pa I.i q uestio ne italiana, vedeva a11mentare il suo prestigio all'interno, perfino tra i mazziniani , i quali , disperando ormai dell'eff cttuaz ione del programma rivol uzio nario, finiro no con l'aderire al programma: « Italia e Vittorio Emanuele » (1). Ncll'cst~ltc del 1858, m entre Napoleone III si tro vava a Plombières, nei Vosgi, il Cavour ebbe con lui u na serie di segreti colloqui e preparò le basi del trattato, che si concluse q uattro m esi dopo. Per esso l'Impcr;1to re s'impegnava a condurre in Italia 200.000 soldati contro l'Austria, se il Piemonte fosse stato aggredito. Egli stesso a u ebbe assunto il comando supremo delle truppe alleate. A g uerra vint:1, il Piemonte si sarebbe annessi il Lombardo - Veneto, i Ducati, ( •) Venne comtutta b « Società nazionak iwliana » , ùella qua le fu ispiratore, nrl 185ì , Daniele Manin, esule eia m olti anni a Parigi, spinto da Giorgio Pall:l\·icini. 1\ questa Società corrispose, con gli stessi ioccnti, un 'altra, fonda ta a Torino pe r opera del L:1 Farina.


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le Legazioni e le Marche; ma avrebbe ceduto b Savoia e Nizza ::llla Francia. Il matrimonio del Principe Girolamo Napoleone, cugino ddl'lmpcratore, con la Principessa Clotilde, figlia di Vittorio Ema11uelc, avrebbe dovuto cementare l'alle;inza (1) Nel gennaio <lei 1859 la guerra parYe inevitabi le, dati le parole pronunciate da Napoleone III all'indirizzo dell'ambasciatore austriat<i von Hubner, nel solenne ricevimento di Capo d'anno, cd il di,rorso di Vittorio F;manuele II all'apertura dd Parlamento piemontese (10 gennaio 1859), discorso nt:I c.1uale il Re affermava che, malgrado il rispetto ai trattati, non poteva essere insensibile al grido di dolore che s'alzava verso di lui d:i tante pa:rti d 'Italia. Tutte le diplomazie d'Europa s'allarmarono; si parlò di 11na proposta russa per un Congresso per la pace: l'I ng hilterra offrì la ,ua mediazione e l'Austria stessa propose un disarmo ~imultanco: 111a il Cavour fece abilmente le sue riscr\'c per le mili zie volontarie, dichiarandosi pronto a licenziarle quando le Potc07.e si fossero aclMdate sul l.1 soluzione della questione italiana. L' Austria non accettò ed impose, con un 1dtimatum, il congcd:1mcnto dei volontari ed il ritorno dell'esercito sanlo ~ul piede di pace (~3 aprile), rbnrlo tre giorni ..li te m po pu ri, pv1Hkre. Così l'Austria creava il cants focderis fra il Piemonte e la Fr:inr ia e l'alleanza franco - sarda, preparata e volut a dal Carnur. di\'Cni v.1 operante:. Il 27 aprile l'Imperatore d'Austria ord inò :il Cy11lai, comandante l' Armata austriaca, di invadere il Piemonte, cd il 29 1'lmpcr;1torc :'bpoleone dic hiarava di partecipare alla guerra. come alleato del Piemonte, aggredito dall'Austria. Gli altri Stati <l'Italia si dichiararono neutrali ; ma la Toscan:.i e le Provincie di Massa e Carrara, all'an nunzio della dichiarazione di guerra, si so llevarono ed il Granduca Leopoldo Il fu c0~tretto a la'(iare nuo\'amente Firenze.

( 1) l\'apolennc II l \·oleva formare in Itali:1 u11:1 Confcdcrnione sotto la prc,idenza onoraria del Papa, di cui avrebbero fatto pane un Regno Jcll'Alta Itab sorto la Casa <li Savoia, un Regno dell' Italia centrale con la To~ an:i e l' Umbria. , he sp:ra\'a di assicurar..: al cug ino Girolamo :S.:apo kone. un Regno delle Due Sicilit', da affidare a Luciano Yiurat. Così Napoleone III sperava di aumentare il suo ascendente in Francia con le nuo\'e Yittorie e di assicu rarsi: sia un ·aìlt':lnza sicura co11tro l'Austria , sia il predominio nel Med iterraneo.


Xl.

LE FORZE CONTRAPPOSTE

L'esercito piemontese dal .1849 al 1859. cll'interessanti ssimo (( Ragionamento sull'esercito piemontese e su lla sua organizzazione », pubblicato nel 1851, il Corsi (1), dopo avere lodata « l'eccellenza di un sistema, per cui il passaggio dal piede di pace al piede di guerra poteva effettuarsi in meno di quar:rnta gio rni , presentando in cam po un esercito di 90.000 uomini , capace d i essere successivamente rafforzato da altri 50.000 uomini e C<)SÌ portato a 140.000 combattenti ", si affretta ad aggiungere le seguenti, non f:ilbci, considerazioni: ,, Ma, se imprend iamo ad esaminare questa massa imponenk di gente armata , troviamo: da un canto un esercito poco agguerrito e ma l (0 11ia11 tb tn e dall'altro una riserva sen za util ità imm ediata. « Diciamo esercito poco agguerrito . perchè composto per r / JO nrc1 di soldati permanenti e per 9/ IO di soldati provinciali, vale a dire di soldati che, per una incalzante cd imperfetta educazione militare e prr un lungo soggiorno in congedo illimitato, sono poco ;1bituati alle pratiche del mestiere delle armi, ai doveri della milizia ed alle leggi della di sciplina. " Dici amo esercito mal comandato perchè il rapporto fra il numero degli ufficiali che comandano e quello dei soldati che ubbidiscono è a mab pena di 1 ad 80 ... ,. Diciamo, finalmente, riserva senza utilità im mediata, perchè sprovveduta <li Quadri ed interamente formata di soldati provinciali, che hanno compiuto il periodo di congedo illimitato e che, quando vengono richiamati sotto le armi, sognano il tugurio, la moglie, cd i figli, anzichè gli allori da cogliersi sul campo di battaglia )>. ( 1) Crn:s1. « Dell'esercito piemontese e ddb sua org:rnizzazione "· rino, 185 1.

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Ed il chiarissimo scrittore concludeva il suo vol ume con le paiOlc: « Fidiamo nell'alto sen no e nell 'operosità del Mini stro, che

presiede alle cose della guerra, il lJuale, come ha sa puto splendidame nte combattere, così saprà sapientem ente ordinare un esercito deg no del giovane e valoroso Re che lo comanda, degno del la Patria ~he lo alimenta col sudore e col sangue dei ,uoi fig li ». E ben può dirsi che l'augurio ri volto nel 1851 dal Corsi al gener ale Alfonso La Marmara, Ministro della Guerra per quasi l utto il decennio di r accoglimen to, si era in g ran parte avverato nel 1859. Proponendosi di trovar e rimedio a tanti m ali, il Corsi, reil'anno in cui seri veva, n on aveva potuto, pn ragioni ovvie, enumerare tutte le deh.. 1cnze che avevano fatalmente determinato gl'insuccessi del 1848 e de! 1849; m a il La Marmora riuscì ad introdurre nell 'esercito k riforme necessarie a rigenerarlo moral,nt: nte e materialmente:. « Fu, infatti scri ve il Bava-Beccaris suo gra ndissimo m erito l'aver riorganiz1.:ito i Corpi di truppa ed i servizi in ragio ne del numero e della forza che poteYasi LO~tituire all 'atto della g uerra ; l'aver regol.11 0 con no rme nuove L11nmmistrazione e l.1 disciplina; l'aver dotato l'esercito delle leggi fondamentali sullo sta to degli uf ficiali, sull'avan zam ento e sul reclutamento : Ufficiale della. F,111tc·11,1 leggi che furo no poi la base dei nuovi ordi- sarda 11ell'u111/on11r del namenti, ed, infine - prevedendo che un 1853. giorno il P iemonte avrebbe ripreso la iotta rnn tro l'Austria - l'aver provvedu to a fortificare la fro nt iera o rien1:ilc dello Stato e specialmente la -linea de l Po ,.. I reggimenti dì Fan teri a rimasero 20 su 4 battaglio ni ; ma vennero aumentati i bersaglieri, portati (1850 - 1852) a 10 battaglioni e l:i CaYalleria, che vide accresciuto il numero dei suoi Corpi di tre nuovi reggimenti: (( Saluzzo ))' ,, Monferrato " ed « Alessa nd_r i:i )\' 111 modo da poter contare, in complesso, su 9 reggimenti, dei quali 4 (Ti Cavalleria pesante, armati di lancia, e 5 di Ca\'aHeria leggera .


L'Artiglieria fu ricostituita su 3 reggimen ti: 1° operai e pontieri; ::!" da piazza ( 1:2 compagnie); 3° da campagna, su 7 brigate, di cui la prima di 2 batterie a cavallo su 6 pezzi; le altre 5 da battaglia su 8 pezzi. Il La Marmora cercò, inol tre, di rendere più con forme al regime costituz ionale l'ordinamento dello stesso Ministero e la compos1z1one de l « Con siglio consulti vo pcrm;:incntc della Guerra)), g ià isti.tuito nel 1848; e si occupc) anche delle r iforme indispensabili per il Corpo Reale di Stato Maggio re, cercando di indirizzarne gli studi a tutte le materi e rn ilitari, piuttosto che alla sola topografia . Presso il Comando del detto Corpo venne istituito uno speciale corso, destinato ad abi litare gli ufficiali subalterni di Fanteria e di Cavalleria all'ammissione nel Corpo di Stato Maggiore. Il ge nerale della Rocca, nella sua quali1\,fo111111;ento olferto dai Milane.<r tà d i comandante tale ,zlf'esercito ;ardo ( 1857). Corpo, si propose ( 185 1) di trasform:.irlo "i n una specie di officina, ove si sarebbero preparati i futuri cond uttori delresercito e ad ogni modo g li ecl etti ci dell'arte militare,, (r): ma, in verità, no n si ottenne ;:ilcu n risultato ( 1) Cfr.: " Autc,hiogr:ili:i di un ,·etcr:1110 ",

gi~ citata.


durevole, se non dopo l'anno 1866, con l'istituzion<: della Scuola d i guerra. L 'esercito ebbe, sul piede di pace, la forza di 35.000 uomini e, ,ccondo il generale Mezzacapo (1), la costituzio ne co me indicata alla pagina seguente. Per la seconda guerra per la nostra indi penden za - non appena d Governo consegn ò, il 26 aprile, dopo l'ultimatum :.iustriaco, la ri, posta che lo respingeva - l'esercito piemontese potè rnobil itar~i, i.otto il comando del Re Vittorio Emanuele II, con a Capo di Stato Maggiore il generale Morozzo della Rocca , su 5 Divisioni di F anteria - vale a di re nel suo ordinamento normale - 1 Divisione di Cav:illt:r ia, r brigata di Artiglieria di riserva (2). In complesso l'esercito potè m ettere in campo 8o battagl io n i di Fanteria, armati di fucile a canna liscia, e 10 battaglioni d i bersagl ieri, armati di carabina a cann a rigata; 36 squadroni, 22 battc::ri t:, e:; compagnie del Genio. In totale 70.000 uomini , 5.000 cavalli e 142 cannoni; olt re :tl b brigata Cacciatori delle Al pi ,, (: ), costitu ita da rnlont ari al c< ,1nando di Garibaldi . Ogni D ivisione - secondo il Rc vighi (-1) -- si cumpo11 <: \.i ,li. r Quartier Gene rale: generale comandante, Capo d i St;ito Maggiore, 2 capitani di Stato Maggiore, 2 o 3 ufficiali ap plic.1ti : 2 brigale.: <li Fantuia ; 2 battaglioni bersaglieri ; 1 reggimento di Cavalleria leggera; 3 batterie d'Artiglier ia da battaglia con parco; r compagnia del Genio. A presidiare le piazze furono destinati i battaglioni mobi li tratti dalla Guardia Nazio nale. <(

( t ) Cfr. MEZZACAPO : <( Swto mil ita re d' Ital ia .. , i11 l<.1 vùt,1 .\ lilit,m· . •~5'J· (2) 0;cl i859, essendo stato soppresso il rà..lutamculo 1,·gi111 ,.,k, 1 Depositi ,cgui,·ano le sorti Jei reggimenti ed erano mobili. Le operazioni di mobilita· / . IUnt: erano, per conseguenza, più complicate; m oito più che. con sano critt:rio, , i er:1 ,·oluto che i richiamati tornassero al Corpo nel quale a,·c,anu gì:ì servito. Per superar:- le difficoltà. i D epositi \'Cnncro in antecedenza r:Kcolti nei centri princi pali. nei qual i esistevano grandi m:1gazzi ni . . (3) T ale nome ebbero i numerosi volontari accorsi da ogni parte d'Italia; 111:1 specia lmente da lla Lombardia , all 'i niz io della guerra. Essi vennero posti al com ando di Giuseppe Garibaldi, no rnin :ito grncra lc di brigata dell 'esercito ,ardo. Per le gesta dei volontari nel 1859, si consulti il IX volume cli quest'opera, dedicato ai rnloncari di guerra. (4) Crs.\KE RovtGIII : ,, Storia del la 3" D iv isione dell 'esercito sardo nel 1859 » .


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Q.464

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Fnrza <k·lrc-~rcito :,:udo su) pink di p;1cc. dc~unt., dal \T.1lumc.. : del ~vlt7 .z~1G1po gi~ cit:llo .


37 1 Circa il valore complessivo dell 'esercito, non puc) negarsi che esso era, nel 1859, molto superiore a quello del 1848. . La composizione dell'esercito piemontese per la guerra del 1859 tu la seguente: Comandante in capo: Vittorio Emanuele 11 ; Capo di Stato Maggiore: il generale Enrico Morozzo della Rocca; Ministro della Guerra al campo: ge nerale Alfon ~o L i Marmora. Il Comando Supremo dell 'esercito era inoltre formato d:tl <Ju:1rtiere Generale principale, il quale comprendeva la Casa m ili 1:rn.; del Re, lo Stato Maggiore deì Q uartiere Generaie principale (di viso in Ire sezioni : informazioni, topografia, cancelleria), il Com:1ndo superiore di Artiglier ia, il Comando superio re del Genio, .il Com ando dei Carabinieri Reali, il T reno, l'Intendenza generale, l'Udi1or:1to di guerra, il personale sanitario di riserva e la Cassa militare, ol Ire i 11cessari ser vizi di Sanità, Sussistenza, Posta e Polizia. L 'esercito si divideva in cinque D ivisioni ed una Di vi~in nc di ' ~:1\':tlleri:i : Di visione (generale di Castel borgo): Brigata granati eri (reggimenti granatieri 1 ° e 2") e 111 h,1rt.1glione bersaglieri. Brigata « Savoia » (reggimenti 1 ·' e 2") e I V battagliunc hcr~aglieri. 5' brigata d'Artiglieria (batterie 10", n • e 12''). 1'

Divisio ne (generale Fanti): Brigata « Piemonte , 1 (reggimenti 3° e 4°) e IX ba tt:1glionc: bersaglieri _ Brigata (< Aosta i1 (reggimenti 5° e 6") e I battaglio ne hcr2'

14'

6' brigata d 'Artiglieria (batter ie 13',

e 15"). Brigata provvisoria di · Cavalleria (reggimenti Cavalleggeri " Novara >> e " Aosta il).

j" Divisione (generale Durando): Brigata << Cuneo >> (reggimenti bersaglieri. Brigata (( Pinerolo >1 (reggimenti bersaglieri_

ed 8") e X battaglione

13"

e rf) e II battaglione


37 2 Batterie d 'Artiglieria 4" e 9'. Due squadroni Ji Cavall eggeri di Alessandria.

f

Divisione (generale Cialdini): Hrigata ,, Regi na •> (reggimenti 9'' e 10") e V I I battaglione bersaglieri. Brigata « Sa vona " (reggimenti 15° e 16°) e VI battaglione bersaglieri. Batterie <l 'Artiglieri a 7" ed 8". Reggimento Cavalleggeri di Monferrato.

5' D i visione (generale Cucchiari): BrigaL:i " Casale ') (reggimenti 11" e 12 °) ed VIII battaglione bcnaglicri. Brigata « An1ui ,1 (reggimenti 17" e 18") e V battaglione bersaglieri. 7" brigata d' Artiglieria (batte rie 16", 17' e 18'). Reggimento Cavalleggeri Ji Saluzzo. Due squadroni di Cavalleggeri di Alessandria. Di,·isione di 1" brigata 2 ' brigata 1" brigata

Cavalleria (generale Ji Sambu y): (reggimenti ,, Nizza n e « Piemonte Reale »). (reggimenti « Savo ia » e « Genova n). d'Artigl ieria (b3tteri e a c,ivallo 1 " e i ').

Ad ogni Divisione venne assegnata a nche 1 compagnia zappatori con l sezione da ponte modello Birago. L'ordine Ji b:ittagl ia sopraesposto era stato decretato il 22 aprile; m a non tutte le Divisioni poterono co mplct3rsi immediatamen te e, nelb loro fo rmazio ne, dovette verilì carsi anche qualche cambiamento di reparti, specialmente per <.J uanto riguarda le brigate e le batterie d ·Arliglieria . La tecnica di combattimento, non ostante i progressi delle armi e le mig lior:itc qualiù J egli uffici:ili , non er:i. stat:i modificata . Circa la condotta della g uerra, nell'attesa dell ' esercito francese, ii La Marma ra avrebbe voluto schierare <.Juello piemontese con la sinistra di etro la Dora Baltea per coprire Tor ino, col centro sulla linea Alessandria - Valenza - Casale e con la destra dietro la Scrivia per co prire Genova odendo così nella stessa tendenz a a separare le forze per coprire tutto, che era stata già tanto dannosa nelle campagne precedenti e che aveva im pedito di raccogliere tempestivamente le forze.


373 Per sugger imento del Canrobcrt, i P iemontesi vennero, invece, , onccntrati in unica massa fra Alessandria - Valenza - Casa le, in modo d,1 coprire indirettamente, ta nto T orino quanto Genova, da una po,11.ione centrale, ben e appoggia ta al Po ed al Tan aro .

Uniforme della Fanteria piemontese nel 1859.

Nelb sua na rra zione, non del tu tto imparziale, il Rustow (1) no n attribuisce all'esercito4piemo ntese del 1859 il va lore che esso (1) Cfr.

«

Guerra c.!"lt:ilia del 1859 " · K:irrazionc politico- miliurc di 111lila!10, 186o.

\\'. Ru~tow. trade>tt:i dal tenente colonnello R. Pratesi. -


3 74 effettiva mente dimostrò. « Non è da comprendersi -- egli scri sse, infatti , nel 1860 - perchè i Piemontesi non possano diventare così ~;~.:~

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Oecreto con la

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d, Garibaldi a generale di brigata .

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buoni soldati, al pari dei Francesi e di q uelli del le altre nazioni. Al cune parti di truppa lo sono, anzi, di fatto; tuttavia esiste una sol; voce: che la massa dell'esercito non possiede veru na disposiziorn


375 g uerresca e singolarmente che non la si deve giudicare secondo il 111odello del Corpo . ch e, nel 1855, venne spedito in Oriente, scel to I r:i le migliori truppe disponibili >> . Tale g iudizio non sembra, però, del tutto sereno e a<l esso potn:bbero venire contrapposti quelli, assai lusinghieri, che emergo no il.dia narraz ione del Paulin (1). Nell'intento di provvedere meglio al loro addestramento ed all a loro disciplina, n el 1859, i volonta ri erano stati assegnati :1d :dcun i I kpositi. Tra questi il Deposito di Cuneo aveva costituito 8 com 1>:11-t nie di volontari, che servirono poi a formare, il 24 aprile. mediante l',1umento del numero dei giovani presentatisi, una brigata ~u 3 rc~,L:imenti, posta al comando di G iuseppe Garibaldi cd all a ltuak \'C nne dato il nome di brigata (< Cacciatori del le Alpi I\ _ Alla suddetta brigata si unì poi anch e il reggi mento " Cacciat(lr i degli Appennini )), costituito coi volontari raccoltisi :il Deposito di 1\ cqui . Così, in complesso, i reggime nti di volontari furono l[U:1ttrn. Nel maggio del 1859 si fo rmò anche una Divisio ne tosc;111a . Li •111alc, ordinata dal generale U lloa, giunse però sul Mincio ~ol1.111 tn .I 6 luglio, quando ormai le operazioni eran0 finitL e ., u, .. J><- J 1.-111,1 ludersi l'armi sti z io Ji Vi ll afranca.

L'esercito francese in Italia_ Come si è detto, l'esercito che venne in Ita li a agli ordini del l' Imperatore Napoleone III, al quale spettava il comando degli e.,crl ,ti alleati (maresciallo Vailla nt, Capo di Stato Magg iore), mobilitò la G uardia ed i seguenti 4 Corpi d'Armata, ai q ua li poi si aggiunse .111che il V, al comando del Principe Girolamo Napol eone, che doveva sbarcare a Livorno. I Corpo d 'Armata (maresciallo Baraguey d 'Hill iers) : 1• Divisione: generale Forey (2 brigate di Fanteria, 4 bat1nie d'Artiglieria, r compagnia del G en io). 2• Divisione: generale de L admirault (2 brigate di Fanteria. ·I batterie d'Artiglieria ed 1 compagnia del Genio). << G uerre J 'Italie en 1859. T.1L>lcau historiquc, politiquc Pa ris, L ibrairie de l'lllustration , 1859.

( 1) V 1croR PAULI N:

et militaire l> .

-


3• Divisione: generale l3azaine (2 brigate di Fanteria, 4 barter ic (fArtiglieria cd 1 compagnia del Genio). Riserve e parco d' Artiglieria e riserve del Grnio. Il Corpo d'Armata (generale Mac-Maho n): 1• Divi sio ne: generale dc La Motterouge (2 brigate di Fanteria, 4 batter ie d 'Artiglieria ed 1 compagnia del Genio). 2• Di visione: generale Espinasse (2 brigate di Fanteria, di cui una costituita da 2 reggimenti granatieri e da 1 reggimento zuavi , 4 batteri e d'Artig lieria ed I compagnia del Genio). Riserve e parco d'A rtiglieria, riserve del G enio. I II Corpo d 'Armata (maresciallo Canrobert): 1·' Divisione: generale Renault ( 2 brigate di Fanteria, 4 battene d' Artigl ieria ed 1 compagnia del Genio). 2' Divisio ne : generale Bou:.1t (poi Trochu) ( 2 brigate di Fanteria, 4 batte rie d'Artiglieria ed 1 compagnia del Genio). _:f Divisione: generale Bourbaki (2 brigate di Fanteria, 4 battnic d'Artiglieria ed 1 compagnia del G enio). Riser\'C: e parco d'Artiglieria e r iserve del G enio. I V Cnr pP d'Armata (generale N iel) : r ' Di visitine: generale Luzy de Pclli ssac (2 brigate di Fanteria, 4 batterie d'Artiglieria ed I compagnia del Genio). 2 " Divisione : generale Vinoy (2 brig:.i te di Fanteria, 4 batterie d'Artig lieria cd 1 compagnia del Genio). }' D ivisione: generale de Failly (2 brigate di F anteria, 4 batterie d'Artiglieria ed J compagnia del Genio). Rise rve e parco d'Artiglieria, riserve del Genio. Per ciascuno dei quattro Corpi d'Armata le riserve ed il parco d 'Artiglier ia comprendevano 4 batterie; le riserve del Gen io erano costituite Ja una sola compagnia. Gu:1rdi:1 l mperi:ile (generale Rcgn.rnd rie Saint-J:me d'Angel y) : Divisio ne Mellinet (2 brigate di Fanteria, delle quali la prima costituita da I reggimento zuavi e da 1 r eggimento granatieri; la seconda (b 2 re2:gimenti oranaticri '· ,.,- battarrlioni del reogimento a u'b h b piedi della (;11ardia). Di visione Volteggiatori: generale Camou (2 brigate di volteggiatori, delle (1uali la prima, oltre a due reggimenti volteggiatori, comprendeva anche 1 battaglione di cacciatori a piedi e 2 batterie del reggimento d'Artiglieria a cavallo della Guardia).


377 , _Per la Guardia_ le riserve ~rana costituit~ da una com pagnia del (Jento e da 2 battene del reggimento a p1ed1 della Gua rdia.

li V Corpo d'Arm ata che, al comando Jel Principe G irolamo Na poleone, doveva sbarcare, come sappiamo, a Li vorno, ed avere una destinazione speciale, risultò così composto : - 1·' Divisione: generale d 'Autemarre cl'Ervillé (2 brigate di Fanteria, delle quali la prima costitui ta da 2 reggimenti di Fanteria

Le truppe francesi passano il Mo11u nwo.

e da 1 reggimento zuavi; 4 batterie d' Artiglieria ed r compag nia del Cenio); . - 2° Divisione: generale Ulhrich (2 brigate Ji fantcri,1, delle 11uali la prima costituita da 2 reggimenti di Jine:.i e Ja 1 battaglione cacciatori; 4 batterie d'Artiglieria ed 1 compagnia del Gen io) ; -· brigata di Cavalleria : generale de la Pérouse (2 reggimenti usseri ed I batteria d 'Artiglieria). Anche per il V Corpo d'Armata le riserve erano costituite da 4 batterie d' Artiglieria e da r compagnia del Genio. Si doveva, inoltre, costituire una riserva d'Armata con 2 equipaggi da ponte di 250 metri di ponte ciascuno, 6 compagnie pontieri,


2 compagnie minatori, 1 compagnia <li zappatori conducenti e r5 batterie. L 'arma mento era costituito per la Fanteria dal fuci le rigato. Dell'Artigl ieria una parte di sponeva d i cannoni riga ti, di modello più recente e di gittata maggiore, t l'altra di cannon i lisci . Non ostante i progressi delle armi, la tattica non era stata modi lìcata. La Fanteria aveva abolito la formazione su tre righe per Lluella ,; u due per l'azione di fuoco ; ma, in pratica, prevalse l'abuso della baionetta e degli attacchi a furia, che facevano perdere i vantaggi delle armi rigate, poichè non lasciavano a queste la possibilità di di mostrare tutta la loro efficacia. L 'effetto dei cannon i rigati fu, però, molto notevole per la loro più lunga gittata, che a volte sorprendeva le riserve nem iche, le ljual i, disposte alle distanze normal i, venivano a trovarsi im prov\·isamente sollo il tiro ef lì.cace delle nuove bocche da fuoco e subiva no, per co nseguen za, oltre le perdite, i deleteri' effetti dell a sorpre,a.

l _'esercito austriaco. Pc:r qua11to riguarda l'esercito aust riaco, all ' inizio Jdle ostilità, erano pronti, sul teatro di guerra italiano , 5 Corpi d' Armata (II, V, V LJ , VllI, lll), una Divisione di riserva, una Divisione di Canlleria ed una riserva generale d'Artiglieria. Il 15 maggio giunse <.!alla Mora via anche il lX Corpo d' Armata ed, alla fine dello stesso m ese, :mc he il I Corpo d'Armata. In tota le, ai primi di giugno, gli Austriaci disponevano di 150.000 uomini, 15.000 cavalli, 56o pezzi. Com.andante, il Maresciallo Gyulai; Capo di Stato Maggiore, il colonnel lo Kuhn. Og ni Corpo d'Armata constava di 2 Divisioni di Fanteria , r reggi mento di Cavalleria ed una riser va d'Artiglieria. La Divisione aveva 2 o 3 brigate di Fanteria. L a brigata: I regg imento di Fanteria, I battaglione di cacciator i o confìna r1, una batteria d 'Artiglieria. Armamento: fucile rigato ; cannone liscio. La tattica era molto migliorata in conseguenza dell'adozione dell e nuove armi e certamente più razionale della spensierata furia


379

francese (1). Ma fece cattiva prova perc hè il rigido formali smo .t_ustriaco, togliendo_ o~ni iniziati,·a agli uomini, annullava i pregi d_elle nuove form_az1on~, le l]Uali richiedevano molto spirito d'inizi:-111va, non solo nei Capi; ma anche nei gregari.

(1) « La iormn.ionc normale di rnmb:mimento er:t b li11c:i di p1 Ln,lc colonne aò inten·alli Ji spi egamento, coperta da truppe ~parse e ,eguita d:i rn:.isse maggiori e da riserve. l più 5piccati caratteri di wk ordi11;1117 .1 a, 1d,ln:1 o dornto c~scrc la mobilit?t e lo s\"i luppo della fron:e di fuoco . Srnoilchè. nei panirnlari <li anua zionc, 11011 era ben curata la intim:.i rd:11.ionc che dnc necessariamente p;;ssare fra i \·ari dement i costitut i\·i dell 'ord ine: e ..-iù portJ\":l che le truppe non potevano concorrer· che in minima parte a!l"a1ionc- rn111cmporam:a e iacilmcnte potevnno es,erc; im pegnate a ,pizLico t: , uccessi\':tmcnte " · Cfr. ~lou:-;o: "Storia milit:ir,: ».


Xli.

L E OP E RAZI O NI

All'ini zio delle operazioni . Vittorio Emanuele II emanò per suoi sudditi il seguente proclama: ,, Popolo del Regno, " L'Au stria ci assale col poderoso esercito che, simulando amor di pace, ha adunato a nostra offesa nelle infelici provincie soggette alla sua dominazione. ,, Geloso custode dell'avito patrimonio co mune d'onore e di gloria. io dò lo Stato da reggere al mio amatissimo cugino, il Princi pe Eugenio, e riprendo la spada. ,, C:oi miei soldati combatteranno le battaglie della libertà e della giustizia i prodi dell 'I mperatore Napoleone, m io generoso alleato )) . A tut ti g li Italiani il Sovrano piemontese rivolse quest'altro

messaggio :

" Popoli dell'Ital i::i ! " L'Austria assale il Piemonte, perchè ha perorato la causa della comune patria nei Consigli dell'Europa, perchè non fu mai insensibile al rnst ro g rido di dolore. Così essa rompe oggi violentemente quei trattati che non ha rispettato mai .. . ,, Confidiamo in Dio e nella nostra concordia, con fidiamo nel valore dei soldati italiani , nell'all eanza della nobile nazione fra ncese, confidiamo nella giustizia della pubhlica opinione. e, lo non ho altra ambizione che di essere ii primo soldato Jeìl'mdipendenza italiana». Come già si è accennato, per la ritardata mobilitazione, i Piemontesi, all'inizio <leHe ostilità, vennero a trovarsi isolati e con una dislocazione infelice e difettosa (1), che avrebbe potuto produ,r re gravi conseguenze, se il Gyulai fosse stato più deciso e più rapido. ( 1) li 26 aprile l'esercito piemontese era radunat0 su tre nuclei ; uno a sud


Ma, mentre i Francesi, parte per le A lpi (III Corpo per il Mongi nevra e lV Corpo per il Moncenisio) e parte per m a re (3 Corpi d' Armata ed una Divisione) giungevano in Italia e si concentravano into rno ad Alessandria (1), i Piemontesi, per suggerimento del Maresciallo francese Canrobert, giunto a Torino il 29 aprile precedendo le proprie truppe, correggevano la lo ro dislocazio ne, concentra ndosi rn uri ' uni ca massa fra Alessandria - Valenza - Casale, in modo da proteggere l'arrivo delle truppe francesi. Intanto il Gyulai, compiuto il passaggio del Ticino il g io rno 30 aprile fra Pavia e Vigevano, avan zava verso la Sesia ed il Po, fo rse con l'intenzione di puntare, sulla sini stra di l)Uesto Jì u me . verso T orino. Ma, alla sera del 3 maggio, avuta notiz ia del trasfrri m cnto dc:llc truppe francesi da Genova ad Alessandria , egli dette di spo si1.io 11i che po tevano far credere che volesse puntare contro il fian co (ki nostr i alleati; poi dovette mutare anche questo disegno e, fino al g io rno .18, k truppe austriache non fecero che marce e contromarce ncl b 1.011 :1 rra la Dora Baltea, la Sesia e l'Agog na, a volte da ndo ai loro m0 Yi1nc111ì u n carattere offensivo, a volte un carattere dimostrativo ed a ,·<Jltc n1:1 r .::;::mdo an che in rit irata (2). Il G yulai so ste neva che, d ato il co nccn · tramento in Alessandria, i Francesi avrebbero ripetuto il pi:1110 eseg uito da Napoleone I contro il Bcaulieu nel 1796 cd , in qu c\ t:1 ipotesi, egli fece gettare un ponte sul Po a Vaccarizza ( pn:\so Li confl uenza del Ticino) per mantenersi ;i cavallo del nume e Yi m :1 nc!ò un Co rpo d'Armata (il V). Nel contempo, avendo ricevuto un Cor po di Armata di rinforzo (il IX), si dislocò tra Piacenza, Broni e S1r:1ddh e (ece avanzare la Divisione di riserva fino a Barbianello. (3• Divisione) intorno .1 N e vi e Serravalle; u no al centro (Di,· i, io11i 2", 5' e parte della 1a) intorno ad Alessandria ; l'altro (4• D i,·isione, p:irtc dd b 1·' brigata volontari e Divisione di Cavalleria) fr a T orino e ]J Dora Baltca . Scopo di tale dislocazione vole,·a e~ser-: q ud lu di upp'-" ,i ad u1 1'111 , as iu11c:: austriaca del Piemonte, in attesa dell'arrivo dell'esercito allcJ to per ini ziare le operaz1on1. ( r) Il concentramento fu eseguito, profi ttando delle li nt'c (errovia rie G c nova · T ortona e Susa - Alessandria . (2) L·indecisionc del Comando austriaco viene nornulmcnre :ittribuita 3i seguenti motivi: il Gyulai, personalmente, avrebbe preferito incom inciare questa campagna difensivamente perchè si potesse ag ire ofi cnsi,·amcme sul Reno, contro la Francia; a Vienna, invece, si era tituba nti, spera ndo nell'alleanza della Prussia e, mentre il suo Capo di Stato Maggiore tentava d' indurre il Gyulai :id atti offensivi, egli finiva col barcamenarsi fra i pa reri degli altri ed :1 proprio.


La

g 11ar,1

dd 1859: il te,ilro delle operazioni.

Il Comando piemontese, intanto, per parare ad un eventuale aggiramento dalla Dora per I vrea, il giorno 8 aveva distaccato la brigata ,, Cacciatori delle Alpi n verso quella città , col compito di SPostarsi a Biella e di pcnetrùc quindi nella regione dei laghi, per operare contro la destra nemica.


Il giorno I 7 maggio l'ultimo Corpo fra ncese g iungeva nella zona d'Alessandria. Alla sera del 19 la situazione ge nerale era la seguente: ( 1) Gl i Austriaci, con una forza compks~iva di q5.ooo uomini, .1vc\'a no il Quartier Generale a Garlasco ed erano così dislocati : - fra l'Agogna e il Ticino 3 Corpi d' Armata (II , lii e VII) con 60.000 uomi ni, nella zona d i Mortara e di S. Giorgio: - sulla destra dell ' Agogna, nella zona di Lomello, !'VIII Corpo d'Armata, forte di 20.000 combattenti; - sul Po, a Vaccarizza, il V Corpo d'Armata con 2 4.000 UOffilll I.

Il IX Corpo e la Divisione di riserva, con la forza com plc,,iv;1 di uomin i, era no di slocati fra Piacenza, Broni , Str:1ckl la e B:irbiar.ello ( 2). I Sardo- Piemontesi avevano il Quartier Generale a Occimano c. sulla si nistra del Po, la 4" Divisione (10.000 uomini) :1 Jt 1l zob e b Divisione di Cavalleria, forte di .2.0<IO cavalli , a S. Gc::rm :rnu Vcrcdlese. Sulla destra del Po erano dislocate le Di visio ni 1 ' , 2 · , _:;' e ') ' (forza complessiva 42.200 uomim) tra Casale e Giarole. Ol!rc Lt Scrivia, presso Voghera, si trovavano, inoltre, 8 squadro ni di C:1valleria, :11 comando del de Sonnaz. 1 Cacciatori delle Al pi, al comando del Ga ribaldi, si tro\':t\':1110 presso Biella. Per qua nto rig uarda i Francesi, il Comando Supremo si tro\·ava ad Alessandria; mentre i vari Corpi d'A rm:1t:1 erano così disìocat i : - sulla sinistra del Tanaro, a S. Sa lvatore, il IV con 20 .000 uom1111 ; - tra Tanaro e Scrivia, nei pressi di Alessandri :1 e di Sale, il Il e la Guardia (p.ooo combattenti) ; - sulla destra _della Seri via iI l Corpo, con 2 1.000 uomini , tra Voghera e Po ntecurone; il III Corpo con 3.2 .000 uomini a Tortona. Inoltre i Fran cesi avevano distaccato una DiYi sionc dal V Corpo d' Armata a Bobbio, in val di Trebbia.

3 1.000

(1) A. P1R.m ,o: Op. cit. (2) L'Imperatore J ':\ustria :i,·eya fatto sapere ;11 (j yubi che erano g ià in movimento verso l'Ita lia anche il I Corpo d'Armata pro,cnit ntc da lla Boemia e l'X I Corpo. proYenient c d:ill' Ung hcria.


Effettuatosi il congiungimento delle forze francesi con quelle piemo ntesi, gli Austriaci avevano ormai perduto l'occasione di battere le forze alleate Jurante il periodo della radunata.

li combattimento di Montebe11o. I I Gyulai, allo scopo di accertare la dislocazione delle forze alleate e di conoscerne le intenzion i, decise, il giorno 20 di maggio, di fare eseguire una gra nde ricognizione verso Voghera. L 'incarico fu affida to al generale Stadion, comand ante il V Corpo d' Armata, che ebbe a sua disposizione anche la Divisione di riserva Urba n. Q ueste tru ppe, provenienti d:~ Vaccari zza e da Stradella, (urono m esse in marcia su tre colonne, su un fronte di circa 8 chilometri, con un lungo scaglionamento in profo ndità. La colo nna di ~inistra, percorrendo la strada Casteggio - Montebcllo, fu attaccata, verso m ezzogiorno, dalla Cavalleria del dc Sonnaz che, con un a serie di brillanti cariche, riuscì ad immobilizzarla, da ndo tempo alla Divisione Forcy del I Corpo francese di accorrere al combattimento, prc11dcn: ia ~viii ruff<c:nsiva e ricacciare il nemico verso Vacca ri7 za e Str:1della. Anc he le alt re colonne dello Stadio n ripiegarono. Le truppe alleate vittoriose:: ~i ritirarono la stessa sera a Voghera, bsci:mdo avamposti di Cavalleria a Mo ntcbcllo. Lt' perdite furono. tra morti e feriti : Austriaci 1423 uomini, :11leati 741. Il brillante r isultato di yuesto primo combattimento aumentò l'entusiasmo elci repa rti franco - piemontesi. !11 seguito al com battimento di Mo ntebcllo, il Gyulai , sempre pit1 convinto che lo sforzo principale degli alleati si sarebbe rivolto rnntro la sua sinistra, il giorno 26 ordinò al V Corpo cli ripiegare il ponte di Vaccarizza e di trasferirsi a S. Nazzaro, allo scopo di contrastare la manovra da lui attribuita agli alkati . Fin da ll'i ni z io delle o peraz ioni, ritenendo g li Austriaci raccolti nella zona di V crcclli - Novara, Napoleone III ave va deciso di passare il Po a Piacenza; ma la manca nz a degli equipaggi da ponte e del parco d i :mc::dio, necessario per battere le opere della città, oli fecero cambiare diseg no. Informato il 19 che gl i Austriaci av~vano :ibbandonato Vercelli , dopo avere disposto pcrchè i Piem ontesi occupassero qu esta città e riattassero il ponte sulla Sesia, distrutto dagli Austriaci, concepì il disegno di muovere col grosso delle forze verso


ii Ticino, da Casale per Vercelli e Novara. Il combattimento di Mon-lc:bello gli fece però supporre che il nemico volesse sboccare da sud per minacciare al tergo l'esercito francese durante lo spostamento eia Casale, ed il giorno 23 l' Im peratore dispose per un concentramento delle truppe alleate intorno ad Alessandria e per lo spostamento verso Voghera di alcuni Corpi , dislocati fra Alessandria e Tortona. A vute, il giorno dopo, informazioni più precise sul nem ico, egli controm andò l'ordine e, trascorso qualche giorno nell 'incertezza, il 26 maggio tornò al disegno della marcia di fianco per Vercell i e<l o rdinò, per il giorno 28, gli spostamenti relativi. Egli sperava wsì di oltrel'assare l'ala destra del nemico per Novara, preveni rlo al ponle di Buffalora sul Ticino e spingersi fino a Milano. L "escrciLO sa rdo ebbe il Lompito <li coprire il movimento <lei Francesi, passando 1:-t Scsia ed occupando, pel giorno 30, le pasizioni avanti a Palestro, per protegge re lo sbocco dei Francesi da Vercelli su Novara (1). La sera del 29 l'esercito allea lo era così dislocato:

Piemontesi : - le Di visioni 1\ 2", _f e la Divisione di Cavall eria atlorno a Vercell i, s11 Ila destra di>ll a Sesia; - la 4' Divisione stava passa ndo la Sesia per stahi l ir~i ~ulla riva sinistra del fiume; - la 5' Divisione, in osservazione sul Po, fra Cas~,lc e V.tl rn1.,1. F rancesi:

- Guardia, III e IV Corpo d'Armat:1 a Casale. I <: 11 Corpo e syuadroni di Cavalleria piemontesi dei reggim enti ,, No\'ar:1 ,, ed " Aosta » fra Valenza, Bassign ana e Sale ; - r Di visione del V Corpo e g li squadro ni del reggi mento piemontese Monferrato verso Tortona.

li Gyulai, dopo Montebello, aveva conservato quasi dtl tutto in\·ariata la dislocazione delle sue Unità, yuando le in fo rm:1zioni giu ntcgli a tutto il 29 aprile finirono per fargli comprendere come gli alleati muovessero per il nord, allo scopo di aggirare la su:i destra; il che dimostrava fallaci le previ sioni già fatte dal Coma ndo au~triaco <: lo costringeva a modificare le sue disposizioni. (1) Tutti gli spostamenti di quei giorni fu rono eseguiti pu ,·ia ordi~aria; ,oltanto la Fanteria Jel 111 Corpo fran cese fu trasportMa per ferrovia lino a Casale. La ft: rrovia fu , invece, intensamente adoperata pel tra_spono dei materiali.


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combattimenti di Palestro e di Confienza . . La sera del 29 maggio il Re Vittorio Emanuele ricevette da Napoleone III il seguente ordine: « li 30 maggio l'Armata <lei Re si stabilisca da va nti a Palestro )) . In conseguen za il Comando dell'esercito sardo prescrisse che la 2a D ivisione si portasse da Ilorgo Vercell i a Casalino; che la 1" prendesse Posizione oltre Borgo Vercelli , sulla strada di Novara; che la 3" si recasse a Vi nzaglio e la 4" a Palestro. I movimenti ordi nati al mattino del 30 provocarono, il 30 stesso, i combattimenti di Palestro e di Confienza; combattimenti che, pur rappresentando epi sodi isolati, erano collegati allo scopo di age volare il passaggio del la Sesia all'esercito francese. Nel pomeriggio del g iorno 3 0, verso il tramonto, le Divisioni piemontesi 3a e 4" presero contatto con le due brigate austriache che tenevano Robbio e Palestro. Queste fu ro no costrette a ripiegare ed, alla sera del 30. tutte le disposizioni date dal Comando sardo per l'occupazione della zo na an tistante a Palestro erano eseguite. A I b ser:1 stessa del 30 gi unsero sulla Sesia : il IV Corpo francese, che nella 11ull<: 1aggi um..: Dorgo Vercelli; il III Corpo, che iniziò il ~itta mcn to d1 tre po nti davanti a Prarolo; me ntre l::i Guardia ed il lI Corpo LrA rm:11:1 raggiungevano Casale. li l Corpo era ancor:i a V3lcnza. A vut:i notizia <lei combattimenti svoltisi sulla sinistra dell a Scsia, il Gy11lai or.lini\ ;11 generale Zobd , coma nda nte il V II Corpo d ' Arma ta, di procede re , il mattino del 31, ad u na ricognizione verso k posizio ni piemontesi, con due Divisioni : una del I I Corpo cd u na del VII. Lo Zobd che, in complesso, disponeva di 11.000 uomini, for mò tre colonne, dirigendole a Confienza ed a Palestro; ma , verso le ore 10, g li Austriaci si trovarono presso le posizioni occupate, la sera precedente, dalle Di visioni piemontesi f e 2" . Alle dicci del mattino le Divisioni austriache attaccarono b linea degli avamposti piemontesi. Occupate aicune cascine dei dintorni, g li Austriaci vennero arrestati davan ti a Palestro. Un reggimento di zuavi francesi, gi unto di rinforzo nella notte precedente, formò allora una colonna d'assalto e si slanciò per scacciare g li Austriaci dalle alture. Anche i Piemontesi, usciti da Palestro, mossero al contrattacco e garegg iarono in valore coi Francesi. Vittorio Emanuele cd il generale Alfonso La Marmora si portarono in prima linea tra gli z uavi . Il generale La Marmora ebbe il cavallo ucciso da una palla di cannone ed acca nto al Re caddero numerosi soldati fra ncesi. 0


Alle due pomeridiane gli Austriaci, sconfitti , si ritira vano in disordine su tutto il fronte, lasciando nelle mani degli alleati cannoni. bagagli cd oltre mille prigionieri.

La battaglia di Magenta. Nei giorni 31 maggio e 1" giugno i Francesi continuarono il loro movimento verso Novara e Trecate, mentre il Gvul:1i, non conoscendo le vere intenzioni di Napoleo ne III, poic hè I~ sue truppe non avevano fino allora incontrato che quelle piemontt:si, fi sso ancora nell'idea che i Francesi stessero preparando un·offensiv:1 fra Casale e Valenza , non provvide a parare all a loro minacc ia ~ul Ticino. Giunse intanto dalla Boemia il I Corpo d'Armata, c<i111a11d;1to dal generale Clam-Gallas, che venne in vi~to, il 2 gi ug no, a prendere posizione a Magenta. Il Gyulai ormai sapeva infatti che numcrose forze nemiche stavano concentrandosi a No vara. e dopo .1,·cr dato, nella sua indec isione, alcune di sposizioni contraddi ttoric. il 2 giugno. ordinò lo spostamento dei suoi Corpi d' Arlll:1ta \Ull:t do tra del Ticino, con l'rntrnz1one cli passare il fiume il gi<lrllll d()p(), :1 malgrado dell'ordine ricevuto dall'Imperatore J 'A mt ria d1 .. trncrc ad ogni costo la linea cld Ticino con un energico mo,·i111rnt() offensivo » . Gli alleati, il cui scr\"izio infornu ziuni 11011 funzion:t\',I in 111odo efficace, non venn ero avvertiti del ripiegamento aust ri:1co e la ,na del 3 giugno occupavano, col II Corpo d'Armata francc,c ( ~!:icMahon) ed una Divisione della Guardia, Turbigo e Rol>ccc ltctto, sulla sinistra del fiume, nell 'intento di completare il g iorno dopo il possesso della sponda sinistra e di di sporsi a cavallo dd Ticino, ( ro11tc a sud, per parare ad eventuali attacchi austriaci provtn icnti da Mortara o da Abbiategrasso. Per assumere <.1uesto schieramento, le tru ppe fra ncc~i clic si trovavano a Rohccchctto ed a Turbigo do wva nu :ivanz:m: IÌno a Magenta; mentre le altre Division i della G uard ia dovevano passa re 11 Ticino al Ponte <li S. Martino ed avanzare lino a Bu ffalora_ Si venne così, il 4 giugno, alla battagli a di Magcnta. Il Clam-Gallas aveva disposto il I ed il Il Corpo d'Armata austriaci tra Magenta e Buffalora, fronte a nord e ad ovest. Il MacMahon, in esecuzione degli ordini ricevuti, avanzò su due colonne in direzione di Buffalora e di Marcallo. La prima. colonna, venuta


a contatto con gli Austriaci, impegnò combattim ento, attaccando Buffalora. Napoleone III , udito il canno ne, lanciò la Divisione della G uardia, che era ancora a S. Martino, contro il ponte di Buffalora cd i ponti del Naviglio, per portare soccorso al II Cor1m; ma ia m ancanza di co ntemporaneità rese l'azione slegata e la Divisione della Guardia, che era g ià riuscita ad occupare il villaggio di Buffalora, fu poi costr etta a ripiegare sul la destra del Naviglio. Giunti s11cccs~ivamrnte ri nforzi dei Corpi d' Armata fra ncesi III e IV, fu di nuo vo possibile rioccupare Buffalora e fronteggiare le minacce del III Corpo :1ustriaco, fatto accorrere dal Clam-Gallas alla battaglia. Il gennalc M:1c-Mahon, occu pati Buffalora e Marcallo e riuniti in un 'unica m assa tutt i i reparti francesi disponibili, si d iresse su Magenu co11 2 Divisioni in prima linea cd I in seconda, d ietro il centro. Superata una prima resistenza alla stazio ne ferroviaria, egli attaccò decisamente l':1bitato, riuscendo, dopo una lo tta accanita, a cacc iarne g li Au striaci (o re 20). Degli I1ali:i 11i solo una parte della Divisio ne Fanti partecipò, negli ultimi mo menti, alla battaglia di Magen ta ed anch'essa contribuì :1d :i~sicurare b vittoria. I .:1 Di\·i,innc, par tita da G:1lliate, arrivò sulle sponde del Ticino alle nùvc del matti no cd allraversò i ponti gettati di fron te a Turbigo, ~ui ttual i erano già passate le truppe del Mac-Mahon, disponendosi tiu indi sulla sponda sinistra del fiume, in :illesa d i ordini. Ripresa la 111:,rcia verso Magen ta, il generale Fanti ricevette da l tenente colu1111ello di Stato Maggiore Govone, in nome del Re, l'ordine t!1 ac celerare il mo,•imrnto per portarsi al più p resto in aiu to dei Fran cesi. impegna ti presso C uggiano con tro 30.000 Austri aci. Il de~iderio d i combauere era così vivo nei soldati piemontesi, che il [X battaglione bersaglieri, g ui dato da l maggiore Angelini , nonostan te gl i ostacoli de l suo lo e le fati che della lunga ma rcia, depmti gli zaini, si d iresse a passo di corsa verso Magenta, seguito al tro!lo da una batt eria di cannoni, comanJ::ita Jal capita no Cugia. I bersaglieri e l' Artiglieria ar.ri varono tra le truppe francesi acrnlti da fr;iterne acclamazion i; i pezzi vennero piazzati rapidamen te presso t1uelli alleati ed i bersaglieri si slanciarono alla baionetta contro Magenta, scacciando il nemico dalle case e costringendolo a retrocedere fino al vi llaggio di Corbetta . Il generale Mac-Mahon, dopo la vittoria, diresse parole di alto elogio ai bers:iglieri della D ivisione Fanti , che si erano comportati co n tanto v:ilorc cd avevano col loro eroism o contribui to alla vittoria.


La caduta di Magenta decise della giornata, poichè il Gyul:ii, che aveva già predisposto, per il giorno seguente, un con trattacco a Buffalora, appresa la sconfitta di Magenta, fece ritirare le sue truppe \·erso la bassa Adda, ordinando lo sgombero di Milano, di Pavia e di Piacenza e la riunione sulla sinistra del Po delle truppe austriache di presidio nei Ducati e nella Romagna. Alla battagli a di Magenta avevano partecipato 47. 000 "Francesi contro 55.000 Austriaci. I primi avevano perduto 4.500 uomini posti fuori comh.1ttimento; i secondi 10.000. Dopo il combattimento, gli alleati sostaro no a Magent a due giorni ed il 7 giugno le loro truppe entrarono in Milano, seguii(' il gin1w) dopo dai Sovrani. In conseguenza e.li questi avvenimenti venne procbmata J"annnsione della Lombardia al Piemonte; mentre, nel Ducato di P:irrn:i. :i Modena e nelle Legazioni, il popolo voleva che vcnisst: rinnovato l'atto di annessione al Piemonte del 1848 . Tentarono di st:guirnc l"esempio anche le Marche e l'Umbria, e.love le popolazioni furono tenute a freno dalle truppe pontificie (stragi di Perugia).

Le operazioni dei Cacciatori delle Alpi . Come abbiamo gi~ tlt-tto, la brigata volontari del grni..: r:1lc C.1ril:aldi era stata inviata, il giorno 8 maggio, ad Ivn:a per p :1r;1n- :id un eventuale aggiramento dalla Dora per parte degli Amtnaci, cbioerosi di marciare su Torino. Il 16 maggio, sembrando cessato questo pericolo, Ga ribald i :1v:mzò per Biella verso il Lago Maggiore e, con rapida marci:1, ~i portò a Romagnano, dove passò la Sesia e quindi a Horgom;mcro, :id Arona, a Castelletto, dove passò il Ticino, diri~endosi : 1 Snto Calende. Da qui avanzò su Varese, dove giunse nella notti.' del 24 maggio. Il Gyulai gli spedì contro 4 .000 uomini dell:.t Divi sione: di riser\'a, comandati dallo stesso generale Urban, ed ordinò :1i presidi di Mi1:mo e di Como di accerchiare le truppe volontarie. La sera del 25 l'Urban giunse ad Olgiate cd il mattino seg uente :Htaccò frontalmente i Cacciatori delle Al pi, inviando un reggimento di granatieri ad aggirare da nord le posizioni garih:ildinc; ma il disegno operativo austriaco non potè effettuarsi.


Respinto in due attacchi e non essendo riuscito tem pestivo l'aggiramento, l'U rban ripiegò su Como, do ve, coi rinforzi giuntigli, potè costituire una massa di 10.000 uo mini . Il 27 m aggio Garibaldi gli mosse contro, battendolo a S. Fermo, cd obbligandolo a ritirarsi su Mon za. A Como la brigata <( Cacciatori delle Alpi " rimase tutto il 28; il 29 Garibaldi decise di ritornare a Varese per m arciare su Laveno, impadronirsene e fare del suo po rto u na base di r ifornimento. Nell a

Canbaldi .. :riwa /11 .,alma d, Carlo D r: C,-i,toforis.

notte sul >, ~i trasferì a Cittiglio ed incaricò il 1° reggi m ento (Cosenz) di tcntarr nella notte seguente la sor presa del forte di Laveno. La sor presa 11011 riuscì e la colonna Coscnz dovette ripiegare su Cittiglio. Il generale Urban, intanto, con tutta la Divi sione di riserva (12.000 uomi ni). il gio rno :P giungeva a Varese. Garibaldi pensò di attaccarlo ed .1 yuesto sco po eseguì personalmente una ricognizione delle posizioni occupate dall'avversario. Constatata l'impossibilità -di ;1ttaccare con successo, decise di ritornare a Como per Arcisate. Ma il 2 giug no la Divisio ne di riserva austriaca fu chia mata dal G yula i sul Tici no ed i Cacciatori delle Alpi poterono, il giorno 3, rientrare a. Como col loro Comandante ed ivi far sosta, dopo aver tenu ta impegnata p~r 11011 hrcve tempo una forza nemica quadrupla. A Como il generale Garibaldi apprese la notizia della vittoria di Mage nta e del ripiegamen to austri aco cd , attenendosi a l compito


39 1 affidatogli, procedè per l'alta Lombardia , entrando 1'8 giugno a Bergamo, che gli Austriaci avevano già abbandonato. Il giorno seguente, lasciata la brigata a Bergamo, Garibaldi st recò a Milano per conferire col Re circa le future operazioni ( 1).

li combattimento di Melegnano. Mentre in Milano si svolgevano, in onore deg li alleati, le feste ed i ricevimenti , giunse notizia che gli Austriaci, il giorno 8, si trova\'ano a Mel egnano. Sorpresi, i Comandi alleati, credendo ad un ritorno 0ffensivo nemico, inviarono 3 Corpi d'Armata; ma non tratta\'asi Lhe di una brigata dell'VIII Corpo austriaco in ritirata su Lod i, brigata che, durante il combattimento, venne rinforzata da un 'altra accorsa da questa località. I Francesi ebbero ragione di esse t: k co~trinsero a ripiegare sul grosso delk forze austriache; ma no n imcguirono ed il contatto con gli Austriaci fu nuovamente perd uto. Dopo una breve sosta dietro il Chiese, gli Austriaci ripiegarono, il giorno 16, al di là del Mincio, dove, sotto la protezione dclk fm tezze dd Qll:tdrilatcro, riorJinarouo le proprie fo rze, disponc.:ndm1 ... tentare un ·azione controffensiva. Il comando in capo dell'esercito venne assunto tb llo stn,o Imperatore Francesco Gi useppe, che ebbe a Capo di Stato M.1gg101 e il generale Hess. L'esercito austriaco, rinforzato dall 'XI Corpo d'Armat ,1 e Ja un'altra Divisione di Cavalleria, veniva ad essere composto Ji 8 Corpi d'Armata, coi quali, con le due Di visioni di Cavalleria t: rn11 la ri strva generale d'Artigl ieria, furono costituite due Arm;1te (Wimrffen e Schlick). Il Gyulai venne esonerato dal comando. Alla sera del 22 giugno il riordinamento era compi uto e r esncito austriaco aveva disponibili , per l'azione ca mpale. 180.000 uomini, oltre ai 40.000 impegnati nei servizi di retrovia, nelle fortezzt: e nei presidi. Incerti sulla situazione del nemico, il 1 2 gi ugno gl i alleati ripresero lentamente:: l'avanzata da Milano verso il Chiese, su tre colonne: quella di sinistra, composta Ji Piemontesi, avanzava per Vaprio, Palazzolo e Brescia; quella centrale, formata da: Corpi fran( 1) Le opcr.17.l!mi .:ompiu1 c. nel 1859, J:ii C ~K, i:non Jcllc Alpi \"engono prese in esame nel IX volume di l)U<:st·c pera. JeJil:Ho ai_ rnlontari di guerra .


3)2 cesi I e Guardia; quella di destra costituita dagli alt,i Corpi francesi: II, lll e IV. Una Divisione del V Corpo proteggeva il fianco destro francese; la brigata <, Cacciatori delle Alpi » , spostan<losi da Bergamo a Brescia, proteggeva il fianco sinistro piemontese; il grosso del V Corpo, col Principe Girolamo Napoleone, rinforzato dalle milizie toscane, accelerò il proprio movimento e si diresse su Casalmaggiore. l i giorno 15 Garibaldi urtò a Castenedolo contro le truppe del penerak Urb:m e, sostenuto dalla 4" Divisione, comandata dal Cialdini, le respinse . Quando, il 18 giugno, le colonne degli alleati giunsero all'altt:zza di Bresc ia, il Cialdini, con la f Divisione e Garibaldi con i Cacciatori delle Al pi e gli altri volonta ri che costituivano il reggimento Cacciatori degli Appennini, vennero distaccati in Val Sabbia, in Val Camonica ed in Valtellina, per parare la minaccia del V I Corpo austriaco, raccolto nel Tirolo. Prima di raggiungere il Chiese Napoleone III volle assumere ;1ltre informazioni sul nemico; ma tutte le ricognizion i inviate all'uopo riferirono che gli Austriaci si erano ritirati sulla sinistra ckl Mincio . li C:hiese venne oltrepassato dopo due giorni di sosta, ed, alla sera del 21, gli alleati erano così dislocati: i Sar<li sulla fronte Dcscnza no - Lonato - Calcinato ed i Francesi su quella Monti chiari Carpenedolo. li giorno dopo fu fatta avanzare la sinistra dell'esercito sardo a Rivnhella. li gio rno r) l'esercito austriaco ripassò sulla destra del Mincio nl occupò Sulfrrino, Cavriana, Guidizzolo e Medole.

La battaglia di Solferino e San Martino. La sera del 23 giugno gli alleati avevano saputo che Solferino era fortemente occupata dagli Austri:ici, i cui avamposti si spingevano fino a Castiglione dello Stiviere. Per proseguire verso il Mincio, Napoleone III ordinò che nel giorno 24: a sinistra, i Sardi puntassero su Pozzolengo ; - al centro, i Corpi d'Ar mata I e II avanzassero su Solferino e Cavriana; - a destra, i Corpi I e III raggiungessero rispettivamente G uidizzolo e Medole; La Guardia doveva sostare a Castigl ione, in rise rva.


L, l•,l/t,,:,,11,1 c/1 S,.11 .\/.r,u,10.



395 Nello stesso g iorno 24 gli Austriaci volevano rioccupare con la Armata le posizioni di Lonato - Castiglione e spingere, con la 1· , le forze alleate contro le Alpi, staccandole dalle loro linee di operazioni e mettendole in condizioni svantaggiose. Dai movimenti predisposti dalle due parti per il giorno 24 derivò la duplice battaglia d'incontro di Solferino e S. Martino, alla yuale parteciparono circa r35.ooo Franco - Piemontesi contro 1 40.0 00 Austriaci. Iniziata la marcia, le colonne degli alleati si scontr:irono, lungo tutta la fronte, con gli avamposti austriaci ed i combattimenti si trasformarono a poco a poco in una battaglia decisiva , il cui svolgimento può considerarsi diviso in due fasi: b prima costituita dai combattimenti parziali, necessari per il raggiungimento degli obbiettivi di marcia degli alleati; la seconda - iniziatasi verso mezzogiorno, quando, per l' intervento del. Comandante in capo, le az ioni slegate sboccarono in un'azione generale e decisiva - costituì la batt:iglia vera e propria. All'alba del giorno 24, il generale Baragucy, comandante della colonna fran cese centrale, in viò contro il nem ico la Divisione Forey, che aprì subito il fuoco, respingendo gl i Austri:tci \'erso Solferino. Fatte proteggere k aìturc conquistate dall'Artigl1cria, il Baraguey si accinse ac.l attaccare col I Corpo schierato :1 sin istra ed il II Corpo a destra. Il IV Corpo d'Armata francese, diretto a Guidizzolo, inco ntrò accanita resistenz;i e potè sostenersi meJiante l'aiuto di u11a hrir ar:i del III Corpo che, occupata Medole quasi senza resistenza, vi ri 111:1 neva in attesa di un contrattacco. Alle ore II Napoleone III dava personalmente l'ordine dell'attacco decisivo a Solferino e solo alle ore 14,30 i Francesi, dopo a,·er perduto e ripreso parecchie volte il monte, riuscivano ad occuparlo ed a mantenervisi definitivamente. Il Mac-Mahon riceveva, intahto. l'ordine di attaccare C:ivrian::i. dove gli Austriaci lo attendevano.

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I Piemontesi erano partiti Ja Lonato, precec.luti dall'ava nguardia al comando dei colonnelli Cadorna e Casano va. Prima di raggiungere San Martino, le pattuglie incontraro no gli avamposti nemici, che ripiegarono fino alle cascine del Po nticello, dove gli Austriaci erano già schierati con forze considerevoli . Il generale


Mollard, udito il cannone cd il crepitare della fucileria, si portò rapidamente in soccorso dell'avanguardia, tutta impegnata nell'azione contro San Martino. Ma le colonne austriache avevano già occupato le alture circostanti. Il colonnello Cadorna occupò e resistette nella chiesa di San Martino; ma fu costretto a retrocedere, contendendo al nemico il terreno . Il Re, avvertito di quanto avveniva, percorse il campo di battaglia, mandando i suoi aiutanti a San Martino con l'ordine di resistere ad ogni costo. L a battaglia continuò accanita per ore ed ore: i colli, le cascine, i vill aggi, furono presi, perduti e riconquistati più volte. Alle ore 15 gli Austriaci furono respin.ti anche da Cavriana. Ma la loro ala sinistra, avendo fronteggiato dur:i.nte la giornata forze molto inferiori (il solo Corpo francese del m aresciallo Niel), m antenne le pasizioni, resistette e non si spinse in avanti solo per non staccarsi dal resto dell'esercito. Alle tre del pomeriggio Francesco Giuseppe inviò l'ordi ne al1'.1la sinistra di contrattaccare; ma il maresciallo Niel, avute due Divisioni di rinforzo, prevedendo l'attacco del nemico, lo prevenne con tutte le sue forze. I suoi battaglioni, ripetutamente respinti, attaccarono più volte alla baionetta e stavano per cogliere il frutto della lunga e disperata lotta, quando scoppiò u n forte temporale. La h:itt;iglia venne interrotta, l'Artiglieria soltanto continuò a far fuoco pe r quasi tutto il tempo in cui durò la bufera. Quando, cessato l'uragano, la luce del sole tornò a rischiarare il teatro della lotta, il nemico era già in ritirata e soltanto all'ala destra resisteva tenacemente ai Piemontesi ]'VIII Coqx:i d'Armata del Benedek. Il generale Mollard era accorso, come abbiamo vis to, in aiuto del colonnello Cadorna a San Martino, cd alle ore 9 aveva lanciato le sue truppe alla riconquista del colle. Due volte i v;ilorosi reggime nti toccarono \;i vetta e due volte furono costretti a ripiegare; l'Artiglieria accorse a sosten erli, i Cav~lieri del e, Montebello >i si lanciarono alla carica su per le pendici e già si erano impadron iti di tre cannoni, quando vennero sopraffatti da nuove e numerose forze nemiche. L 'eroico generale Arnaldi, comandante della brigata cc Cuneo », appena pesto il piede sulla sommità del colle, esclamò: « Ci siamo finalmente! n; ma una raffica improvvisa abbattè lui ed il suo cavallo. Il generale Mollard poco lontano accorse e, chinatosi con pre-


.3 9 7 murosa commozio ne su di lui, gli c hiese ansiosamente: « Arnaldi, ~ci ferito ? » . Il valoroso generale, col p ianto nella voce, gli rispose: " Non per me piango; ma perchè tu avrai un'aspra giornata da combattere e non ti sarò compagno nel pericolo! i•. Il nemico, ricacciati i Piemontesi dalla vetta, scese al conlratt:icco; ma il capitano Spinola gli mosse incontro con lo squadro ne di cavall eggeri (( Saluzzo » e, col sacrificio di q uasi tutti i suoi, lo arrestò, dando tempo ai bersaglieri di sopraggiungere e di ri nno vare la resistenza. Alle ro arrivò a marcia forzata la 5• Di visione, condotta al fuoco dal generale Cucchiari. Suonarono le tro mbe, rullarono i tamburi e le truppe si slanciarono di nuovo sul colle di San Martino e sul viLillo Roccolo, sfidando il violentissimo fuoco di A rtiglieria e di fu.:ileria degli Austriaci . L a lotta fu spietata, sanguinosa, senza qu;ir1iere; m a la vitto ria arri se al valore degli Italiani, che ancora una volta riconquistarono le posizioni . Il combattimento, per un attimo interrotto, riprese sempre più ,1ccanito; gli Austriaci, contra ttaccando, entrarono in possesso del Roccolo e di Sa n Martino e per la quin ta volta i Piemontesi li scac,·iarono dalle due colline. Era mezzogiorno e già il generale Moltard si disponeva con le ~ue truppe e le artig lierie a snidare g li Austriaci dalle casci ne :il le falde dei due colli, qu;.indo g li giunse la triste notizia che, su l suo haneo, i Piemontesi e rano stati costretti a ripiegare e, per non essere circondato, dovette anch 'egli ri tirarsi. V ittorio Emanuele, sempre presente dove era maggio re il pericolo, vedendo gli eroici sforzi dei suoi intrepidi soldati che da ta nte ore combattevano continuamente, mandò loro in ai uto la Di visione del ge nerale Fanti. L' ufficiale che a nnunciò al Mollard l'ar ri vo de i rinforzi, aggiunse : " I nostri alleati a Solferino hanno già riportato una grande vittoria. Il Re vuole che le sue truppe ne riportino una seconda a San Martino 1> . " Dite a Sua Maestà - rispose il Moll ard - che i suoi ordini suan no eseguiti ,, . E subito d ispose per l'assalto gener:.i k . All'improvviso il Re comparve a cavallo tra i soldat i che attendeva no il rullo de i tamburi e lo squi llo delle trombe per lanciarsi nuovamente all'assalto e rivolse loro, in dialetto piemontese, parole incitatrici . Al grido di « Viva il Re!», le truppe sferraro no allora un attacco ch e neppure il tem porale riuscì ad arrestare.


La battaglia proseguì fino alle 9 di sera, ora . alla quale la vittoria arri se finalmente ai Piemontesi, m entre !'VIII Corpo d 'Armata austriaco, dopo avere così a )ungo e così ostinatamente resistito, finalme nte ripiegava. Il g iorno seguente Vittorio Emanuele rivol se all'esercito il seguente ordine del giorno:

S

:\l(lrti110 :

Cappella- Ossario per i Cadttti d ei 1859 .

(< La vittoria costò numerose vittime ; ina, con quel nobile sang ue ve rsato per la più santa delle Cause, l'Europa conoscerà che l'Italia è degna di comparire tra le Nazioni. Soldati! Nelle precedenti battaglie ebbi spesso occasione Ji segnalare i nomi di molti di voi; oggi porto all'ordine dei giorno l"Armata int iera ! " · L ' Imperatore d 'Austria ordinò il ripiegamento dietro il Mincio t lluindi, per consiglio del generale Hess, a Verona, a cavallo del!' Adige e sulle alture fra l'Adige ed il Lago di Garda. Gli alleati non inseguirono. Le perdite, durante la battaglia, furo no sanguinose; gli Austriaci ebbero messi fuori combat timento circa 22. 000 uo m ini ; i Piemontesi 5.000 cd i Francesi 18.000. <(


399 Gli alleati passarono il Mincio soltanto sette giorni dopo la battaglia ed, intanto, vennero raggiunti dal V Corpo d'Armata e dalle truppe toscane. Prima di proseg uire le operazioni , Napoleone III , timò necessaria l'occupazione di Peschiera ed incaricò di investirl a i 'esercito piemontese. Garibaldi, proseguendo nelle sue operazioni , Jalla Val Camonica era passato in Valtellina ed aveva conquistato Borm io. Intanto le forze navali franco - sarde, padrone dell'Ad ri atico , rnstituita una base nell 'isola di Lussin , tolta agli Austri:,ci, si accingevano ad attaccare Venezia.

L'armistizio di Villafranca. Ma altri avvenimenti distrassero ben presto l'attc.:nzion<.: di N:1polcone dal teatro di guerra italiano. Sul Reno la Prussia, alla quale, se conveniva un indtbolimento dell'Austria, non giovava certo un soverchio ingrandimc::nto dc::lla potenza francese, preparava armi contro l::i Francia, accingc.:ndost ad .,~salirla, se non a~ccllava le sue proposte di mediazione pn 1111a p:-icc:: lOn l'Austria. Inoltre la pubblica opinione in Francia. contraria ali:, gun ra d' Ital ia, voleva che si ponesse fine alle ostilità: ~ia pcrc hè ~,an ca Jci ,acrifici sopportati ; sia ix:rchè, data la ptuPorzione cht gli avvenimenti andavano assumendo, non poteva certo conveni re alla Francia un'Italia unita. Ugualmente stanco si dimostrava, del resto, anche l'ese rcito fr:111tcse, alcuni generali del <.Juale, specialmente yuell i più vicini all 'Imperatore, esprimevano senza reticenze severi giuJizi sugli scopi dcl b guerra ( 1) . Un telegramma ricevuto dall'Imperatrice, rhe :.inn11nri:1v;1 11na ... oalizione contro la Francia, qualora le trup pe fra ncesi avcsst:ro oltrepassato il Mincio (2), e le preoccupazioni per alcune comunic:.11ion1 confidenziali dello Zar. che g li ri\'clavano la di lui neutral ità ( 1) Il generale Fleury, primo scuJi er.J di l\"apoleonc Il i, anebbc detto : "Ci vuole troppo sforzo per considc:rare com e: nc::rnici gli Austriaci, e anco, puì per riguardare come amico 11n popolo degenerato che noi 11ogliamo lihe111re dalla schiavùù ,,. Cfr. f. OLLl\111-.R: ,, Emp;u; lib~1:i l ,,. (2) P .\NZ1:-;1 : ,, li 1859, da Plombières a \ ' illafram:i »:


nel caso dell'intervento prussiano; la delusione provata dallo scarso concorso, alla sua chiamata, dei volontari italiani, e le notizie pessimiste riferitegli dal cugino Principe Girolamo circa l'Italia centrale, spinsero Napoleone III a trovare una via d'uscita, offrendo all'Imperato re d'Austria un armistizio. · Questo, come è noto, venne concluso a Villafranca. Alla sera del 6 luglio Napoleone III inviò a Verona il generale Fleury, con una lettera mediante la quale chiedeva all'Imperatore Francesco Giuseppe una tregua d'armi, facendo appello ai di lui sensi di piet:1 e di umanità. Il giorno seguente, verso le dodici, il generale fu di ritorno con l'assentimento dell'Imperatore austriaco, ed immediatam ente Napoleone III telegrafò all'Imperatrice a Parigi , in questi termini: « Una sospensione d'armi è convenuta fra l'Imperatore d' Austria e mc». I Comm issari incaricati di fissare le modalità dell'armistizio si riunirono, il giorno 8, a Villafranca. Essi furono i tre Capi di Stato Maggiore degli eserciti belligeranti: generali Vaillant, Hess e della Rocca. Re Vittorio Emanuele fu informato dell'armistizio solo quando il Maresciallo Vaillant gli chiese d ' inviare il Capo di Stato Maggiore per trattare la tregua. Il Re si recò subito da Napoleone 111 e da lJUesri chbe l'assicurazione che gli scopi della guerra sarebbero stati 11g 11::ilment e conseguiti ; ma che, per il momento, era necessaria la sospensione d'armi. In questo senso il Re telegrafò al Cavour, raccomandandogli di :1umcntarc le forze dell'esercito con energia e sollecitudine. Il g iorno 10, a Villafranca, si abboccarono i due Imperatori ed , al ritorno, Napoleone Ili fece chiamare il Principe Girolamo per comunica rgli il risul.tato del colloquio e per inviarlo a Verona, allo ~copo di determinare per iscritto quei preliminari che a Villafranca erano stati trattati soltanto a voce. In un colloquio col Re Vittorio Emanuele, dopo :wergli parfato della necessità di terminare la guerra, Napoleone IIJ gli espose le condizioni dell'armistizio, facendogli sperare che il territorio ceduto dall'Austria si sarebbe esteso fino al Piave. Alla fine del colloquio il Re, nell'impossibilità di poter conti. nuare la guerra con le sole truppe sarde, dopo avere esclamato: (< Povera Italia! », disse: « Qualunque sia la deliberazione della Maestà Vostra, io serberò sempre la più viva gratitudine per ciò che Ella ha fatto a va ntaggio dell'indipendenza d'Italia».


Nel pomeriggio dello stesso giorno, a Verona, l"lmperatore Francesco Giuseppe firmava k condizioni dell'armistizio: cioè b cessione della Lombard ia fino al Mincio, escluse le fortezze di Peschiera e cli Mantova, all' Im pera tore Napoleone I Il , che doveva cederle al Re di Sardegna. Soltanto la sera Re Vittorio Emanuele, invitalo Jall' lmperatore Napoleone III a Valeggio, per attendere il ritorno del Principe Girolamo, conobbe il testo preciso dei preliminari di pace e ne provò tanto sdegno da congedarsi molto freddamente dall'l mpnatorc. Giunto il Re a Monzambano, chiamò a colloquio il Cavour, al LJU:ilt: fece leggere la copia dei preliminari di pace (1). Le prote~lc del Cavour fu rono vivacissime e si concl usero, come è noto, con k sue dimissioni. Nell 'accomiatarsi da Vittorio Emanuele per tornare in Fr.incia, 'apoleone III gli disse: << TI vostro Governo mi p:1ghcr;1 k spese e non penseremo più a N izza, nè alla Savoia: ora vedremo che cm:i gli Italiani sapran no fare da soli ,,. Queste ul ti me parole dovcvar. , pen'> ,·cnire di111rnt1c1tt· d:tl l'Imperatore che, dopo l'an nessione :d Piemonte delle Prn\·Ì1tl ic dcll'it:ili:1 centr:ilr., si affrettò ad c~igt'1..: per la Francia 1 · i Z7. .i l. l.1 ~;1 ,·oia, che gli furo no cedute, non ostante il risrntimc:nt o ddl 'opi nione pubblica e k vive proteste del Ga rihald1 per il s:tudit i<> 1lcllc ,luc: rc~ion i. ( 1) La con,·enzione <li V illafranca stabili,·a: ·• L' lmper:11or<' ,1',\,1.srn;i <' 1·1mperator!: dei F rancesi fa vorira nno la creazione di una Conft:drr:1/in nc i1a liana: questa Conlecleraziom: sa rà sotto la p residenza onoraria del Sant o P:idn-. " L 'Imp(:r:1tore J'A ustria cede a ll'I mperatore d ei F rancesi 1 ~uoi di ritti sulla Lombardia, ~\Ò eccezione <lellc fortezze: di Mancm·:1 e di Pt"s,hi era, dimo J ochè la fromiera dei possediment i austriaci, partendo dall 'estremo ragg i<, òdl:i ionczza di Peschiera. ~i estende in li nea diretta lungo il Mincio 1i110 :di.: ( ;r:izi,· e di là a Scc>rzarok e a L uzzara sul Po. dove le fronti ere presrn ti continueranno a for rn::ire ( limiti dcll 'Austri::i. L ' lm pcrawre dei Fr:incc~i rirn,nc1 :1 1 tcmton ,c<luti al R"' di S::ir<lcgn:.t. « La Venezia farà parte d ella ConfeJcra:i:ionc i1::ili:1na. 1c,r,111do .<otto la

r nron,i ddf'lmperatore d'Au_;tria.

" li Gra nduca di T oscana e il O uca <li Ì\loden:1 ricntrer:inno nei loro Stati. conccden<lu un'a m nistia g enerale . ., I due Imperatori .: hicder:inno al Santo Padre:: <li 1111rodurrc nei suoi Stati le riforme i!1Òispensabil i. « E ' concessa <l'ambo le parti p iena cd incera am ni stia :1llc person e com promesse in occasio ne deg li ul timi an-en imenti nei territori delle parti hellig eranu "·


La pace di Zurigo. Nel mese di agosto i plenipotenziari della Francia, dell'Austri a e J ella Sardegna si riunirono a Zurigo ed il 10 novembre un trattato di pace definitivo venne a confermare la convenzione di Villafranca. Così la generosa speranza del Cavour <li vedere liberato tutto il \ ·eneto rimase in parte delusa e l'alleanza franco- piemontese, da lui effettuata, non si dimostrò del tutto efficace. Nel 1866 fu, per conseguen za, necessaria la guerra italo-austriaca; ma intanto, con le annessioni, divenne possibile raccogliere intorno ai Piemonte tante altre regioni della Patria e proclamare, nel 1861, la costituzio ne del Reg no d'Italia.


Xlii.

LA f ANTERIA NELLA SECONDA GUERRA PER L'INDIPENDENZA NAZIONALE Per for.tuna dell'esercito sardo . piemontese, dal 1849 al 1859 fu quasi sempre Ministro della G uerra il generale Alfonso Fcrrcro della Marmara, il yuale ebbe così modo e tempo cli provvedere alle dt hcicnze dimostrate dall'esercito nella prima guerra per l'indipendcnz:i nazionale e particolarmente durante la campagna del 1849. Contrario alle innovazioni, egli sciolse i reggimenti di Fant eria di nuova formazione e fece tornare l'esercito agli organici del 1cmpo di pace, guaii erano prima del 1848. Per conseguenza Li F:1n1cria venne formata nuovamen te su 10 brigate, 2 0 reggimenti, Ko h;1ttaglioni e 320 compagnie, con un compksso di 27.roo uomini . Inoltre egli modificò profondamente L costituzione <lei rc1nr1 i, rendendone la composizione meno eterogenea cd aumentando considerevolmente le forze di prima linea. (( Se si confronti l'ordinamento del 1859 con l1uello del 18-18 scrisse, infatti, lo Chapperon (1) - si vedrà aumentata di mo lto b ,• linea. La 2• li nea, che nell'esercito del 1848 era rapprc~cntat L1 dai successivi battaglioni di riserva previ sti in 2 per reggimento, manc1,-.1, cd, in complesso, nella Fanteria si avevano 80 battaglioni invece di roo. L'obbligo al servizio, essendo stato ridotto da 16 ad 1 r :inni. il numero dei riservisti era diminuito. « Si erano volute portare in prima linea tutte le forze dello Stato poichè la situazione politico· militare giustificava !';?dazione di Llut:sto criterio ». L'opera del La Marmara fu rivolta soprattutto " a migliorare il morale dell'esercito (2), restaurando la discipli na scossa. procuran(1) C HAl'PERO:,.;:

Op. cit.

(2) A migliorare le energie morali degli ufficiali e dei soldati piemontesi cfticacem cnte servì anche il p lacarsi <li tutte: !e ire e di tu1ti i sospetti, su ggeriti , nel 184~ì, dalla sconfitta.


do di incoraggiare il cameratism o tra gli ufficiali, cresciuti n o tevo lme nte di numero e <li provenienze diverse, e di sopprimere le rivalit~ fra Arma e Arma e fra Corpo e Corpo, attribue ndo a ciascun comanda nte la piena responsabilità della disciplina, dell'istruz ione e dell 'amm inistrazione del proprie reparto (concetto, questo, del tu tto nuovo. poichè prima di allora le singole attribuzioni non erano ben defini te); ordi nando agli ufficiali di accostare i soldati per g uidarli, consigliarli ed ispirare in loro la devozione alle istituzioni ed al don :rc militare 11 ( r). Poichè, durante le campagne precedenti , a gravissimi inconvenienti a,·eva dato luogo, come si è detto, l'eccessiva sproporz ione fra g li effettivi di pace e quelli di g uer ra, era necessario modificare anche nmc k di~pu~i:1.iuni riflettenti il reclutamento. A ciò il La Marmora pro\'vide con la legge del 20 marzo 1854, con la quale la permanen z;1 sotto le arm i dei soldati di prima categoria (2) ve nne fissata in 5 a n ni. con l'obbligo di rispondere, in caso di g uerra, alle chiamate alle armi per al tri 6 anni. li numero degli uomini da iscrivere alla prima categoria doveva t ssere determinato annualmente per legge. Tale numero, in gener::!t:. fu di 9.000 u0mi ni (3). Detratto il contingente assegnato alla prima categoria, tutti gli alt ri iscritti di leva ve ni va no assegnati a lla seconda, nella quale rimanna no fino al 26" anno di età, costitqendo una speciale riserva, destinata a col m are i vuoti che la gue rra avrebbe prodotto nelle file dell'eserci to attivo. L'istruz ione della seconda categoria <loveva in.iz iarsi allo scoppiare delle ostilità e si sarebbe svolta presso i D epo\Jti. desti nati ad alimentare i battaglio ni attivi. li reclutamento regionale ven ne conservato solamente per la Sa\'oia; mentre per il Piemonte e la Sardegna venne adottato quello na zio n:ile, fo rse per amalgamare meglio i Lig uri con i Sardi ed i Piemonte~i. Non esistnano, in tempo Ji pace, Comandi superiori a quelli cli brig:1t:i. T uttavi:i, per quanto riguarda la circoscriz ione territoriale, !o Stato era diviso in 5 Divisioni territoriali: Torino, Alessandria, Liguria, Savoia e Sardegna; cd in 2 sottodivisioni : Novara e Nizza. La Gua rdia Nazionale costituiva l'esercito territo riale. ( 1) BAVA - l:h :ccAK1~: « St uJ io sull'esercito italiano ». (2) Costitu ita Jai giovani v:iliJi primi inscr itti nelle liste.: di lev:t. (3) E. SCALA : " Lezioni d i Storia milit are"·


P.c r quanto si riferisce agli uffic iali, nuove kggi sull 'avanzamento e sullo stato di essi - scrisse lo Chapperon - posero in armonia l'esercito coi tempi nuovi. Gli ufficiali provenivano: per 2/3 dall 'Accademia Mil itare e pel ri manente dai sottufficiali. I tenenti erano nominati per anzianità in pace: per 1 / 3 a scelta 111 guerra. La proporzione delle promozioni a scelta da trne nte :1 1:ipitano era di 1/3 in pace e di r/ 2 in guerra. I maggiori veni vano promossi a scdta per metà in pace e per la totalità in guerra. I g radi da tenente colonnello in su erano con feriti sempre a scelta. La legge sullo stato degli ufficiali concorreva, con quella sull'a' ,111zamento, a sottrarre la loro carriera ali 'arbitrio. li grado degli ufficiali era distinto dall'impiego ed t:rano prl' \ 1sti i casi e le modalità, con cui gli ufficiali potevano essere pri\·ati ,lell\1110 e dell'altro ( 1). Oltre all 'Accademia Militare, destinata a fornire ufficiali a tutte k Armi, si aggiunsero la Scuola Militare di Fanteria di I\Tea. l.1 Scuola Militare d i Cava lleria di Pinerolo, la Scuola Complcmcnl:lrc ·> d'Appl icazi<1 nc pe r gli uffi~iali Ji Artiglieria e Jd Ceni", 111 Torino. Inoltre, come istituto preparatorio, si ebbe il Collegio Mili1 arc ,li Asti. I beneficì di tutti <-1uesti provvedimenti risu!t:irono evidenti 111 occasione della spedizione in Crimea ( 1855 - 56). Per quanto rig uarda l'uniforme, nel 1850 venne adottato un r. uovo tipo di berretto per gli ufficiali , sottufficiali e tru ppa, d i p:in 110 turchino scuro , con visiera e sottogola, filettato coi colori del l'Arma e fregiato sul davanti dal numero del reggimento, in ri c;1mo d'argento per gli uffici ali cd in lana bianca per la tru ppa. Quc.:l lo degli ufficiali ebbe i distintivi di grado costituiti da filett i d'argento 111 numero di uno per i subalterni , due per i capitan i e tre ptr gli ufficiali superiori. Si modi ficarono, inoltre, i colori e le forme dell e nappinc delb truppa, che divennero eguali per ciascuna specialità. Ad ogni nap· pi na fu posto anche il numero della compagnia. Poi venne abohto il c hepy del 1848 e se ne adottò un altro d i LUoio, rinforzato all'interno con lamine di ferro e ricoperto di panno ·


turchino scuro, co n l'imperiale e la v1s1era di cuoio n ero, gli ornamenti in metallo bianco, costituiti dal trofeo col numero del reggimento, la n:ippina e la coccarda tricolore. Nel 1856 fu concesso agli ufficiali l' uso, in servizio, della dragona di cuoio nero e sul copricapo vennero sostituiti i distintivi di grado.

L'opera svolta dal La Marmara durante il decennio di raccoglimento per riorganizzare l'esercito piemontese e per eliminare le manchevolezze e gli errori già constatati dieci anni prima, se migliorò le al tre Armi, riuscì particolarmente benefica all a F anteria, che potè in izia re la nuova guerra con maggiore efficienza. Al confl itto del 1859 . parteciparono le brigate (( Savoia » (detta poi « Re "), " Piemonte l>, e, Aosta l>, Il Cu neo >l , c<Regina )) ' <1 Casa le ", " Pinerolo ,1, 1, Savona » ed <( Acqui >>. I volon tari erano stati istruiti, per il 1859, presso speciali Depositi cd avevano costituito la brigata dei " Cacciatori del le Alpi ,, cd un reggi mento di t, Cacciaturi degli Appennini n . La brigata ,, Cacciatori delle Alpi ", alla <1u:1k pu1 ,•enne unito il reggimento <lei « CaLciatori degli Appennini " · ven ne posta, come è noto, al comando di Giuseppe Garibaldi , nominato generale di brigata dell'esercito piemontese. Pn il valoroso comportamento nei diversi fatti J 'arme della ~cco 11da guerra per l'indipendenza nazionale, vennero conferite: la 1rn:dagl ia d'uro al vaior militare alle bandiere dei reggimenti 5°, 6" e 9''; la meJaglia d'argento ai reggimenti 7°, 8°, 9u, 10°, II 12", 13°, 14", 15", 16", 17' e 18°; la medaglia di bronzo ai primi battaglioni dei reggimenti 1°, 2° e 10°. Furono concesse, inoltre, ad ufficiali ed a soldati e.li Fanteria di linea le seguenti ricompense individuali: - medaglie d'oro al valor militare: 5; - medaglie d'argento: 1-383; - medaglie e.li bronzo: 1.996. Durante la gucrr::i del 1859, l.1 presenza dei Francesi suscitò nei nostri soldati un nobile spirito di emulazione, che divenne più efficace nella marcia al Chiese, nei combattimenti di Palestro e di Magenta e specialmente nella battaglia di San Martino. Davvero memorande furono, anche nella seconda guerra per la nost.ra indipendenza, le gesta compiu te dai vecchi reggimenti di F:111ter1a. 0

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Già fin dall'inizio, il 21 maggio, al passaggio della Sesia e nelle successive operazioni verso Palestro e Borgo Vercelli, il I battaglione del 10° Fanteria « Regina n si distingueva tanto da meritare la medaglia di bronzo al valor militare. Nei fatti d'arme di Palestro e Ji Confienza del 3r maggio, i reggimenti delle Divisioni Cialdini e Fanti scrissero nuove pagine di gloria nella storia del valore militare italiano. A Palestro - dove, alla presenza del Re, una nostra Divisione, ,1vente a rinforzo un solo reggimento francese di zuavi, combattè e vinse contro forze superiori - i reggimenti della brigata « Regina ), guadagnarono alle loro bandiere; uno, il 9°, la medaglia d'oro, c l'altro quella d'argento; e medaglie d'argento vennero conferite anche alle bandiere dei reggimenti del la brigata (( S:ivona » . A Palestro il caporale Domenico Mastrone, del 10° reggimento Fanteria, gravemente ferito accanto alla bandier:i, dimenticava k sue ~offerenze ed incitava ancora i compagni ad avanzare ,, per la bandiera del reggimento i, , A Magenta il IX battaglione bersaglieri raggiungeva di corsa il campo di battaglia ed attaccava gli Austriaci , che occupavano L1bi t:1to, con un impeto che si impasc .1l l':ilnmi1az. iu1H.: dcgli ~tess i Francesi. Ma Palestro e Confienza non furono che una brn degna introduzione alla grande partita che si concluse il 24 giugno. con la conquista delle contrastate alture, sulla destra ciel Mincio, di San M:irtino e di Madonna della Scoperta.

Quando si parla del valor militare degli halian i - scris~e ben a ragione il Caffan:lli, nell'opera già più volte citata - non si debbono dimenticare questi due fatti d'arme, svoltisi contempora neamente in breve spa1.io di tern.:110; 111a del tutto Ji~t111tì, nei t1uali fu unicamente per la saldezza eò il valore delle truppe che potè essere strappata, per la P:itria, una vittoria, do\'e parevano essere ed erano tutti gli clementi per una sconfitta. Fra i due eserciti nemici, sostanti nella relativamente ristretta zona fra il Chiese e<l il Mincio, intercorrono pochi chilometri di distanza, in qualche punto, nel settore setten,rionale, vi sono poco più di sei chilometri in linea d'aria ; eppure ciascuno dei due Comandi ionora dove si .trovi il grosso del nemico. Quel che ciascuno b .


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n'.de del nemico - <:: sono gl i clementi di diretta ed immediata copertura - sembrano deboli reparti molto avanzati dal grosso. N ella reciproca errata ipatesi, i grossi dovrebbero, forse, trovarsi ancora, in rutto od in parte, al di là del Chiese da un lato, e al di là del Mincio dall"altro. Al mattino del 24 giugno, mentre;: gli Austriaci (che hanno pernottato sul rovescio delle alture che dal Gar<la degradano nella pianura lombarda) levano comodamente il campo per riprendere, più tardi. la loro marcia verso il Chiese, sono sorpresi dalle avang uardie alkate, che si erano messe in marcia nelle prime ore del mattino. J'iù che di avanguardie, si tratta di distaccamenti che, nel pensiero del Comando franco-piemontese, avrebbero dovuto prevenire le forze au~triachc sulla linea di alture antistanti al Mincio, dove il grosso delle forze li avrebbe pai raggiunti. Quei distaccamenti, costituiti da buone ed ardite truppe, erano abbastanza forti per avere inizialmente ragione delle truppe di copertura austriache dispaste sulle alture; 111;1 non per resistere - nell'impassibilità di ricevere .tempestivi rinc il1.i - ai contrattacchi di intere brigate, che gli Austriaci, ammassati poco indietro, poterono prontamente lanciare. T uttavia essi, per circa m c t~1 della giornata, ~i c::~aurirono, con insistenti attacc hi, in accaniti co111battimcnti cd in vani sforzi, <li fronte alla grande superiorità di numero e di mezzi che il nemico poteva opporre ed opponeva sul posto. Durame la battaglia il 13° reggimento Fanteria, comandato dal cokin ncllo D;1vi<le Caminati, avanzava al seguito del 14° per attaccare l':1ltu r:1 di San Martino: ma, non tenendo la s.tessa celere andatura e so1101x>sto ali 'improvviso temporale, attraverso terreni rotti e frastagliati, deviò a destra e giunse contro il nemico quando il 14°, dopo l'eroica morte del suo comandante, tenente colonnello Balcgno di Carpeneto, aveva già ripiegato. Ciò nonostante, il I 3° attaccò la Colombara. L'intrepido colonnello Caminati avvertì i suoi : « Figliuoli, il momento è giunto! Avanti !"· E tutti si lanciarono all'attacco; la Colombara venne presa; gli L:fticiali, nella maggior pa rte feriti, continuarono ad incitare i combattenti: il portabandiera, sottotenente Giovanni Alberico, continuò ad avanzare . finchè, ferito, cadde privo di sensi per il molto sangue n:rsato. Ma neppure l'attacco del 13°, effettuato con tanto impeto, riuscì :1 conquist~re l.a vittoria ed il reggimento dovette ripiegare. Il colonnello Cam10at1, morente pfr una grave ferita, continuò ad incitare


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i suoi soldati ed il reggimento, Jopo avere contrattaccato ~di a haionctta, riuscì a ritirarsi a Fcnil etto Raimondi (1). Per l'eroico comportamento tenuto nella battaglia, ent rambi i reggimenti della brigata < Pinerolo " ebbero co nferita la mcdagl ia Li'argento. Nella stessa battaglia di San Martino, l'alfiere dell'11 '' reggi mento Fanteria, sottotenente Biraghi , nel portare in salvo la bandiera. ,-c n1

L 'ultimo assalto a San .\/ar1i110 .

ne gravemente feri to ; ma non abbandonò l'insegna, se non quando po.tè consegnarla al tenente Approsio, subito accorso. Ammirato del contegno dell'alfiere, il soldato Bcrtola esortò i compagni a riPortare la bandiera sull'altura di San Martino primJ che: ~up1a~g iunge~~c la notte. Anche l'alfiere del 18° reggimento, sottotenente Carlo Emanuele Gualchi, ferito gravemente al piede destro da una palla di cannone, a malgrado delle sofferenze e del la perdita di sangue. 110 11 volle abbandonare l'insegna, fìnchè non potè affidarl a ad un altro ufficiale. (1) Luic1 CoPnA.-.:o: « La g uerra del 1859 e b battagl ia di S. Martino, con la n arrazioni: di fatti individuali di valore, raccolti personalmen te dall'autore e rimasti fin ·ora inediti "·


Nella battaglia Ji San Martino an che i <lue reggimenti della brigata ,, Acqui )> ottennero la medaglia d'argento al valor militare. Quando, nel pomeriggio, la brigata « Savona ll potè _entrare in azione, trovò la brigata ,, Granatieri di Sardegna » che, dopo essersi inutilmente logorata nella lunga ed accanita lotta, si era aggrappata alle pendici occidentali <li Madonna del la Scoperta, dove gli Austriaci, sino allora \·incitori, non osavano più attaccarla. Ed in quelle condizioni i Fanti della ,. Sa vona l• iniziavano anch'essi il loro calvario di eroici, ma sterili assalti , per riconyui~tare l'altura. Quale fosse l'andamento della battaglia su questo punto anche nell'ult ima parte della giornata, si può desumere dal fa tto che, menlre non risultò l'opportunità di assegnare ai reggimenti della brigata ,. Savuna >• una ricompensa per la loro azione collettiva, furono assegnate medaglie di bronzo al I battaglione del 15° reggimento ed ai tre battaglioni del 16° ,, per l'ardore e la ri solutezza con cui a Madon na della Scoperta eseguirono l'attacco alla b~aionetta >>. E lo stesso, su scala più vasta, avvenne a San Martino, dove suc((:ssivamente andarono a logorarsi le brigate di altre due Divisioni. <)uanJo, nd pomeriggio avanzato, le due brigate dell'ultima Ji tali Oiviçioni, che era stata prima lasciata i_n riserva, giunsero sul c.11npo di battaglia (la brigata « Aosta » a S_a:Q Martino e la 1< Piemon te » a Madonna della Scoperta), la battaglia era da ritenere ccmc pcrdut:i. Certo - scrisse il Caffarelli - ci fu l'aiuto di Dio, col provvidenziale uragano, per il quale, sospesa l'azione degli Austriaci, i noqri potero no ri nfrancare alquanto le loro fo rze; ma ci fu anche l'aiuto degli uomi ni . E questi uomini furono i modesti , ma forti fanti della vecchia ,, Aosta » che, ben memori della onorata tradizione della loro gloriosa brigata, accoglienJo l'incitamento del Re, di conLJuistart: San Martino per non essere costretti alla ritirata, deposti gli zaini. si scagliarono contro il nemico e, con reiterati assalti, trasci nando i compagni ri;m imati d:il! 'csempio e rinvigoriti dal la smta , portarono le loro b:mdicre sull a cima dell 'altura, raccogliendo, nell'alloro della vittoria, le medaglie <l'oro al valor militare. oiornata, i valoMa, se i Fanti dell' Aosta H furono, in quella • b rosissimi tra i valorosi, ben degni di loro furono anche i F anti di tutte _k altre ?rigate. Ne fanno fede le vecchie bandiere dei reggimenti delle bngate 1< Cuneo l> , <1 Casale ll, 11 Pinerolo » ed 1< Acqui ))' tutte fregiate, per San Martino, della rnedaolia d 'argento al valor militare. b (I


Gusta vo Rcisoli , in un articolo in occasione dd LXXV an niYersario della battaglia di San Martino, così descri ve l'impeto della Fanteria piemontese : Montebello, Pal estro, Vinzaglio, Confienza , Magenta conducono i Franco - Sardi al decisivo incontro sulle colline ad occidente dd Mincio. I primi contatti fra gli Imperiali ed i Sardi della 3' e della 5• Divisione si hanno al mattino, verso Pozzolengo; mcmre i Francesi si impegnano a fondo con gli Austriaci sulle alture di Solfe rino. E' !' VIII Corpo d'Armata, comandato dal generale Jk nc<lek - colui che, sette anni dopo, doveva offuscare la sua gloria nell'infelice campagna di Boemia - che occupa San Martino ed ivi, con osti n:ito valore, rimane, fino a ta rda sera, contro il disordinato; ma tenace luzzare dei nostri. La battaglia h a tre momenti caratteri stici cd in ciascuno di t·ssi ricorrono i nomi delle antiche brigate, cui è legata la Storia di tult~1 la nostra epopea. Il primo attacco alle ben guernite posiz ioni nem iche viene effettuato dalla hrigata « Cuneo)> contro la Controca nia: 9 hatt:1glioni, sostenuti soltanto da 4 pezzi, prendono, riprendono il casc in;1k, lino a qu~mdo sono ric:icciati da 13 batt..igl ioni au~triaci, appog,:..:i at i da 29 cannon i. Accanita lotta con alterne vicende, al termine clclh quale, dopo aver seminato di morti tutto il pendio, l::i brigata non può tenere la presa e deve ripiegare dietro la ferrovia Brescia Vcrona. Gialli di Casale )), G iall i del Calv:1rio ,, - come li chi:1mcranno un giorno gli Austriaci di Gorizia - a voi è affid:ito il secondo lt:ntativo, a voi tocca il secondo assalto, lanciato contro i 17 battaglioni ed i 53 pezzi del Benedek. Ecco l' II reggimento prorompere, a battaglioni serrati, verso la chiesa di San Martino, a breve distanza seguito dal t2" che presto si spiega verso la Controca nia. Ora " Casale» si cimenta da sola, chè le brigate " Acqui n e « Pinerolo )) sono ancora lontane dal campo di battaglia e la << Cuneo )) se ne è appena ri tratta, spçJSSata dalla dura fatica , deCim ata nell·a~pro travagiio. Sono appena 10 battaglioni con 10 pezzi, gettati in folle corsa su per il pendìo fulmin ato. Ciò nonostante, sotto l'urto dell 'a la sinistra sarda, la destra imperiale vacilla e retrocede. Così il 12° reggimento può giungere, a baionetta calata, sul cigl io; effimero successo, tuttavia, poichè nuovi rincalzi nemici, accorrenti al combattimento, rigettano quegli eroi a colpi di calcio di fucile e restano fra i morti ed i feriti , sotto i cipressi schiantati dal la mitraglia. M~ in tempo per raccogliere i Fanti della " Casale )>, per sorreggerli, per riportarli (<

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sul margine, con l'impeto della sua energia ancora intatta, gmnge la brigata « Acqui n (reggimenti 17° e 18°). La Controcania, il Roccolo, San Martino, Ortaglia sono in nostro possesso. Allora incombe sul nemico il pericolo della crisi; allora sono ver~nncntc necessarie l'en(;'.rgia dei Capi e la devozione delle truppe, affinchè gli Imperiali possano rimanere sulle posizioni contro cui vengono ad infrangersi i marosi tremendi dell'assalto. Ma saldo è l'animo degli Austriaci e, per contro, il nostro sforzo, non alimentato da .tergo, non può durare. Se basta agli Austriaci rimanere sul posto, ai nostri è d'uopo proseguire e manca la lena e difettano gli uomini! Cosicchè j Sardi devono cedere di nuovo il terreno conquist:ito, l:isci:ire le posizioni così duramente raggiume. Solo l'indomito valore del 18° reggimento « Acqui )), non ancora logorato come i reggimenti della (( Casale », riesce a contenere l'avversario, facilitando il ripiegamento dei nostri. Tardi ormai giunge e si scaglia la La torre mfJnumentale « Pinerolo » : fiammata di a San Martino della battaglia. audacia che presto si spegne, dina nzi ali 'incrollabile resistenza del nemico, invero degno di starci a fronte. Quando la battaglia tace, si fa improvvisamente il terribile silenzio dei campi di morte, il silenzio che agghiaccia il cuore, perchè succede al fragore della lotta, perchè fa presentire la nuova bufera. Al terzo ed ultimo attacco assiste Re Vittorio Emanuele. Mentre le Divisioni 3' e 5" andavano alternando i loro colpi contro la ferrea cintura delle bianche assise nemiche, egli si era avvicinato ai luoghi in cu i i suoi erano impegnati: a San Martino ed a


Madonna della Scoperta. Dopo aver ordinato che nuove truppe fossero avviate verso San Martino, affinchè si continuasse ad oltranza a l'attacco, b . egli si portò a cavallo, col suo seguito, sopra un poagio poca distanza da Castel Venzago. Fu nell'uscire da quell 'abitato che le truppe della brigata (\ Aosta », in marcia n :rso il combattimento, sfil ando sotto il poggio, videro il Re e furono da lui, con masc hie parole, incitate a compiere il loro tremendo dovere. E guei soldati dell'antica e gloriosa legione di " Aosta >• non ~eppero esprimere la loro commozione e la loro fede se 11011 col grido dell'assalto. N ella moltitud ine dei bravi - noti eJ ignoti il gencr:1le Mollarci fu veramente l'eroe della giorna ta. Verso le 15, lJUando già da molte ore durava il combattimento, egli decise di rit cnt:1rc la prova con tutta la sua f Di visione contro l.1 sinistra ncmic:1 , 111<.: ntn: la 5•, per ordine del Re, avrebbe puntato contro la destra impcri:ik. In quella stessa ora , pare che il generale Bencdck ricevesse l'on lin e di ripiegare al di là del Mincio, ma il tenace soldato, comprrndcndo che i Sardi stavano per rigettarsi contro i suoi, deci se di attendere il nuovo urto e di rima nere sulle sue posizioni. In questo frattempo la brigata ,, Pinerolo " e b brigata " An~t.; .. . .1ncora frementi p<:r le parole del Re. si accingono a 111110,·cie in nanzi. Alle 16,30, infatti, partono insieme all'attacco della Crn11rocania e cli San Marti no. Ma, improHi samcnt c, alla furia Jegli 1111mi11i fanno eco gli elementi scatenati. Il ciclo, già prima nu\'olmo. ~i f:1 tempestoso, il \'cnto sibila, piove a ~crosci, il tuono risponde al c 111none. Presi da1l'uragano, accecati dalla pioggia, battuti d.11 fu.,co nemico, gli attaccanti debbono presto sostare. La marcia in h:i ttaglia ,i potrà riprendere soltanto alle 19, quando la bufera ~ad cessata. Allora saranno tutti i reggimenti della 3• e della 5• Divi ~ionc, Fa nt i dell a « Casale H , cieli '(( Acqui ,,, dcli' .. Aosta ,,, della " Cuneo " che, finalmente, riunira nno i loro sforzi e le loro stremate \Chicre per prevalere su l nemico. E, lluando la lunga lin ea ~arda - composu da 11omini affaticati, in z uppati di pioggia e di sangue, coper1i di fango, 1h tru ppe logore e decimate, ma pure ancora animate e sospinte da un mirabile spirito aggrcssirn, da un:i com 1110Yt'llte devozione al do\'ere - giunge rn l cigl io delle posizioni nemiche, gli Im periali si decidono ad in iziare il ripiegamento per l'ala sinistra. Alle ore 20 i Sardi pongono piede sulle alture e, subito dopo, ha luogo l'ultima reazione austriaca: un contrattacco, gu idato personalmente dal Benedek. Ma è, ormai, l' ul tima fa\'illa di un incendio domato e !'VIII Corpo austriaco ripiega ~u Pozzolengo.


Così ha fine la lotta famosa, in cui 22.000 Italiani, con 48 canno ni, combatterono contro 20.000 Austriaci, appoggiati da 80 pezzi, ~u o ttime posizioni difensive.

I nsieme ai reggimenti regolari, meritano una speciale menz10ne, per la guerra del 1859, anche i volontari. 11 valiJo aiuto dell'esercito francese, venuto con Napaleone IJI a sostegno del piccolo, ma valoroso esercito di Vittorio Emanuele II, avrehbe potuto togliere al volontarismo di guerra una delle sue maggiori ragioni Ji essere. Ma il volontarismo non mancò. Al contrario, se anche fu meno appariscente, fu ~e11za confronto più redditizio che nelle precedenti campagne. Non più, guesta volta, il gran numero <li piccoli r eparti dispersi in azio ni autonome o quasi; i molti volontari accorsi da ogni parte J"ltalia per la guerra liberatrice fu rono, di massima, incorporati nei reggimenti regolari dd Piemonte. Unico Corpo esclusivamen te vo1,) ntario fu (1uello dei « Cacciatori delle Alpi » -- nel y uale, dopo b:-cYissima ,·itJ ::mtonoma, si riversarono anche i " C1Cciatori degli r\ ppen11i11i 1, - - coman<lato da Garibaldi, militante come generak di Vittorio Emanuele, ai diretti ordini dd Comando franco - piemontese. !\fa bastò questo solo Corpo per confermare brillantemente l'alta misura di qualità guerriere dei volonta ri italiani che, degni in tu t to del loro grande Capo, si prodigarono dovunque furono condotti e, per il v:i lore dimostrato in tutte le azioni - massime nelle giornate di Varese, di San Fermo e di Castenedolo - meritarono ai loro reparti due medaglie al valor militare. Fu certo inadeguata ricompensa per mi lizie che avevano ben meritato l'altissima lode, che il Re fece loro tributare con apposito ordine del giorno: Diceva l)uell'ordine del giorno: " Mentre l'oercilu alleato tenevasi ancora sulla difensiva, il gc.:neralc G:iribaldi, alla testa dei Cacciato1.·i delle Alpi, dalle sponde della Dora spingevasi arditamente sul fianco degli Austriaci. Con u na ~lraordinaria velocità di mosse, in pochi giorni raggiungeva Sesto Calen de, donde, cacciato il nemico, penetrava sul territorio lombardo e veniva a porre il campo a Varese. Ivi, asi.afito dal tenente m aresciallo Urban co n 3.000 Fanti, 200 cavalli e 4 cannoni , sosteneva, tuttochè sprovveJuto d'Artiglieria, una pugna accanita, dalla quale usnva \·ittorioso. Con altri successivi combattimenti aprivasi poscia il


passo verso Como, do ve respingeva di bel nuovo gli Austriaci e s'impadroniva dei loro magazzini e bagagli . Questi ragguardevoli fatti <l"armc formano il più bcll 'elogio di questi giovani volontari, i qual i, ordi nati dal loro valoroso Capo, mentre il nemico già raJunava po· derose schiere ai nostri con tin i, combatterono da vecchi soldati. Essi han no bene meritato dalla Patria, e Sua Maestà, nel compiacersi di altesta.r loro la sua più alta soddisfazione, ha ordinato che siano fa tti lOnoscere all'esercito intero i nomi dei prod i Cacciatori, che maggiormente si distinsero e le ricompense che loro accorda col presente ordine del giorno ,,. Più adeguata riconoscenza <lell a nazione per quei suoi volo ntari, fu attestata più tardi , quando, nell 'anno 190<), commemor:i ndo~i il cmyuantenario deìla liberazione, fu decretata a ciascuno dei due reggimenti della brigata Alpi >•, ere<le del la tradizione <lei ,, Cacciatori ", una medaglia d 'argento al valor militare « a perpetuo ricordo degli ar<limenti e degli eroismi, on Je rifulse, nella campag na del 1859, il Corpo volontari "Cacciatori delle Alpi '' ». Quel Corpo nel quale si manifestarono e si affermarono in tutto il loro valore uo rni ni w me Carlo Dc Cristoforis che, dopo avere insegnato con gli ~..:ritti , nmc si debba comhattere, inscgn;n .1 , a Sa11 Fc:rmo, come si dchh;1 morire per la Patria: Pilade Bro nzetti, c he, a Seriate, co n 111cnn di l t'nto volontari, attaccc'> alla baionetta un Corpn nemico di circ, mill e uomini, lo sbaragliò e fece molti prigionieri; come N1110 Bi xin i: Medici e Sirtori e Coscnz e gli altri, i cui nomi app:irt e11~unu or mai tutti alla Storia e che nel 1860 dovevano contribuiri: cmì vali da mente a re ndere possibi le a Ga ribaldi di tentare e condurre vitto1 iosamente l'epica impresa dei Mille. Per la seconda guerra per l'Indipendenza nazion:ik \'t nne rnn1 essa la medaglia d'oro: - al 9° reggimento Fan teria, al 5" reggi mento Fanteria, - al 6° reggimento Fanteri a, - al VJT battaglione bersaglieri. Furono inoltre concesse le medaglie d'oro ai segurnti mi lit ari: <:iuscppe Jest, Giuseppe Garibal<li, Filippo I3rignone, Luigi 13cretta, navidc Camin:iti, Michele Angelo Balegno di Ca rpincto. (l



PARTE TERZA

LE FANTERIE ITALIAN E NELLE GUERRE PER L' UNITÀ NAZION ALE



I.

LA SPEDIZIONE DI GARIBALDI NEL REGNO DELLE DUE SICILIE Le annessioni e le loro conseguenze nel ca mpo militare. Nel 1859, al momento della dichiarazione di guerra Jcll'Au,tria al Piemonte, in seguito ad una dimostrazione popobre . il Cranduca di Toscana si decise ad abbandonare lo Stato. Ai primi ~ur ce::ssi ddle armi alleate, lo stesso si verificò poi a Parma, a Modena e:: 11e::ilo lato Pontificio, dove i Legati abbandonarono hrrara, Bolog na e la Romagna. I Governi provvisori, costituiti in tutte le suddette reg ioni. d11 e::,no l'intervento di Re Vittorio Emanuele e yuesti inviò, co me Co111 111issari regi: in Emilia Luigi Carlo Farin i, in T oscana Be::t1in<1 Ri ca\oli, in Romagna Massimo d' Azeglio. Per la wnvenzione di Villafranca il Re dovette ric hiam.t r.: i Commissa ri; ma le popolazioni dei Ducati, della R0 magna e dc1la Toscana proclamarono (settembre 1859) la decadenza dei Gu\'e:: rni passati e la loro volontà di unirsi al Piemonte. Organizzarono, quindi, l'amministrazione e l'eserci to secondo le leggi ed i regolamenti piemontesi (1) e, riunendosi in una Lega mi litare - Ji cui prese il w mando, insieme a quello dell 'esercito, il generale Manfredo Fanti - prepararono l'annessio ne al Piemonte. Ma l'Austria aveva dichiarato cams belli l'cntr:ita di un solo ~oldato piemontese ncll 'Jtalia centrale. Fu necessario, yuindi, riaccostarsi alla Francia per avere un apJ)Oggio contro In prepotenza . 1ustriaca. ( 1) L'esercito della Lega fu <Ostitu ito ~u tre Di, isioni ( Ruselli, Mezzaca po Lu igi, Garibaldi). La Scuola Militare di Modena fu istituita per il reclutamento Jegli ufficiali di quell 'esercito.


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Il 16 gennaio 1860 Vittorio Emanuele richiamò alla Presidenza <lei Consiglio il Cavour, che con ferì alla politica piemontese una magg iore prontezza nel profittare delle occasioni favorevoli e che cercò <li di mostrare come nessuna restaurazione fosse più possibile nell'Italia centrale e che all 'incerto regime dei Governi provvisori er.i. necessa rio sosti tu ire iI riconoscimento <lell 'annessione. Per il buon esito dell a sua nuova politica, il Cavour confid,1va ~-1 nche nell'appoggio dell'Inghilterra (1). Fu allora che Na1xilcone III, per giustificare dinanzi alla Francia la guerra d' Italia , pretese, in base all 'accordo di Plombières, la cessione di Ni zza e della Savoia. In cambio egli non si sarebbe opJX>Sto alrannessione dell 'Italia centrale al Piemonte. 1cl marzo 18(10, rinnovati i plebisciti, la Toscana, l'Emilia, la Romagna e Ferrara confermavano l'annessione al Regno Subalpino ed il 1 2 marzo fu firmata la dichiarazione della cessione della Savoi:1 i: Ji Niz.i'.a alla Francia. Coi Dccrt:ti ciel 17 e 2 2 marzo le nuove Provincie. furono dic hiar;,te p:1rtc integrante del Regno, che venne, quindi, a comprendere: Piemonte. I .i~uria, Lombardia, Romag na, Toscana , Parma e Pia.:cn z.1, Mod cn:i, Ferr:ir:i, Tb log na, con una popolazione comple~siva cii I 2 milioni di abitanti.

La Fanteria nel 1860. Dopo la vittoriosa guerra <lei 1859 - scrisse il Caffarell i - passata l'Jtalia sulla via dell a sua costituzione in unità, il vecchio esercito del Piemonte non era più suf liciente e si formarono nuovi Corpi. (1) 111 l ng hiltcrr:t fin dal g iugno precedente era caduto il Ministero conser\'aturc e.I cr:1 ~;ilito di nuovo al potere lord Palmerston, che affidò il portafoglio degli E,te, i a lor.I )<,hn Ru sse!. Questi due statisti, che a vc,·;ino sempre dimostrato la loro sim patia per la Causa italiana, ebbero una pa rte principali ssima nelra~sicu r:. rnc il trionfo; e l'opera loro fu Yalidamcntc coadiuvata Jall 'ambasci:norc inglese a T orin o, sir J:imcs Hud son, entusia ~ta ammiratore dd Cavour. n ·a1tra pane le prtOlcupa,.iu11i inglesi pei successi francesi, che avc,·ano tanto contribuito :t r:tffrt'.dd:ire le simp:itie dcli'! nghilterr:i per il Piemonte <lurantc la g uerra dc:I 1859. era no orma i cessate. L ' Inghilterra anzi notava con piacere il makontcnto deg li lt:iliani con tro la Franci:t, e quindi anche l' interesse inglese 1ncl11ceva quel Go,·erno a favori re il 1110,·imcnto n,1 zionale itaEano, nella speranza d i riu sci re a sottrarre il a uovo Regno all'influsso fran cese. C fr. P . 0Hst: •< Cli ultimi cento anni di Storia uni\'ersale ».


Per (!Uanto riguarda la Fanteria, con contingen ti forniti dai Corpi preesistenti, si costituirono 6 reggimenti dal 19" al 24°. Per i primi cinque fu veramente una ricostituzione, poichè già nel :848

Uniforme della Fanteria piemontese nel 1860.

il Piemonte, come abbiamo detto, aveva costituito 5 reggimenti provvisori: il 19°, il 20", il 21° ed il 22° composti di contingenti lombardi ed il 23" formato con battaglioni emiliani, completati da reclute piemontesi. Tali reggimenti erano stati disciolti dopo la sfortunata campagna del 1849.


.p4 Ad aggiungersi , così, all'esercito del Piemonte vennero per pri« Brescia l', « Cremona » e " Como ". Suhito dopo, ed ancora con contingenti forniti dagli altri reggimenti. si formaro no guelli delle brigate " Bergamo )) (25° e 26°) e " Pa,·ia " (:.7 " e 28°). Procedendo poi coi plebisciti e con le conseguenti annessioni, entrarono a far parte dell'esercito, ancora piemontese di nome ma nazio11:1le di fotto, i vecchi reparti toscani , ai quali il colonnello dello Stato Maggiore pi emontese Raffaele Cadorna, in fun zione di Capo Ji Stato Maggiore presso il Governo provvisorio della Toscana, aveva dato, fin d:il l'anno prima, ordinamento, formazione ed uniformi ident ÌL i .1 quell i delle truppe regolari del Piemonte. Furono le brigate " Pis:.i "· " Siena >', 11 Livorno » e u Pistoia )) , alle quali venne :!f iìda ta la tradizione militare della Toscana, la quale - come giustamente ha a\'\'trtito il generale Giorgctti, nella sua opera « Le Armi 10sc 1nc.: e le occu p;izioni ~traniere in Toscana dal 1537 al 1860 >, , pur non cs~c.:ndo così splendida come quell a del Piemonte, era pur deg na di venire r icordata. Fi1rnno poi costituite le brigate : 11 Ravenna ,, , formata coi reggimenti istitui ti in Toscana nel maggio del 1859, con volontari emiliani; .. Bologna ,, , composta di Veneti e di Romagnoli ; << Modena >>, t1 :1tt:1 d J? reggimen ti v0lontari dei (( Cacciatori <Idi a Magra )>; u Forlì .. d.il ;" e 4" reggimento del II Corpo d'Armata dell'Italia cen1rale. for1 11:11 i in Toscana con volontari di altre regioni ; « Reggio )>, cosriwita con battaglioni volontari modenesi ed emiliani; 11 Ferrara •• , formata coi reggimenti delle « Colonne mobili della Romagna "· costituite a Bologna nel luglio del 1859; (( Parma », composta di rnlontari emiliani ed , infine, la brigata « Alpi », derivata dai ,. Cacciatori c.kllc.: Alpi ,, di Garibaldi . In tal modo, per il decreto 25 marzo 186o, sul saldo nucleo dell'esercito piemontese, in meno di un anno, ,·enne ,1 co~tituirsi il primo esercito it:i.li:mo, che ebbe una forza llUa~i tri pia ri spe tto al pri mo. bso comprendeva; infatti: - 4 reggimenti granatieri (I), - 5:? reggimenti di Fanteria di linea, - :!7 battaglioni bersaglieri , me, nel 1859, le tre nuove brigate

L

( 1 ) O ltre i 2 rcggim cmi di g1an:llieri di Sardegna, c'erano di granatieri di L ombardia.

2

reggimenti


., 4-) ~

-

17 reggimenti di Cavalleria,

4 reggimi>nti di Artiglieria. L 'esercito era diviso in 5 Corpi d 'Armata ed in 14 Divisioni e poteva fare assegnamento, in tempo di guerra, su una forza complessiva di 250.000 uomini.

La spedizione di Garibaldi nel Regno delle Due Sicilie. A completare l'unità italiana mancavano ancora: il Veneto. lo Stato Pontificio (Umbria, Marche e Li.zio) ed il Regno ddk Du<.: Sicil ie. L'esercito piemontese non era in grado di contrastare in guerra all'Austria il possesso del Veneto ed a Roma le truppe fr:rn ccsi non permettevano di affermare le aspirazioni italiane sulla ci tt :'1 eter na. Per conseguenza, le mire degli Italiani si volsero all'Italia meridionale cd al Regno delle Due Sicilie. Ardenti patrioti siciliani, come Francesco Crispi e Rmnlinn Piln. tornati nascostamente in Sicilia, vi avevano fatto propaganda d'italianità, introducendovi anche armi e munizioni; cd il Mazzini. con le: sue lettere ai Palermitani , aveva incitato gli abitanti ch.:ll'i soLt :1 levarsi nuovamente contro lo spergiuro Governo borbonico. Il 4 aprile Palermo tentò un'insurrezione, ben presto ~o ffocata nel sangue. I congiurati, con a capo Francesco Riso, sorpresi nel convento della Gancia, furono imprigionati e fucilati , mentre la rivoluzione divampava nelle campagne, a Messina, a Catania cd in :!Itri centri dell'isola. A Genova le notizie dell 'insurrezione inducevano il partito d'azione ad organizzare una spedizione per correre in aiuto degli in sorti e ad affidarne il comando a Giuseppe Garibaldi ( 1). Questi , nel timore che si avesse a ripetere l'insuccesso Jclla spedizione Ji Sapri, era incerto perchè le noti zie che pervenivano dalla Sicilia facevano credere l'insurrezione già repressa; ma finalmente, convinto dall'ardore del Bixio e dalle assicurazion i di Francesco Crispi, il 30 aprile decise di capitanare l'impresa. (1) Si consulti , in proposito, il IX rnlumc di ciuest'oper:t, dedic:tto ai \'Olon1:iri di guerra, nel quale le imprese di Garibaldi \'Cngono trattate più diAusamcntc.


Nella notte dal 5 al 6 maggio 1860 Garibaldi, con poco più di un migliaio di volontari, dopo essersi procurati due piroscafi (il Lom bardo c il Piemonte) della Compagnia Rubattino, fingendo di catturarli nel porto di Genova, salpò da Quarto. A Tala111011c, ove approdò per il rifornimento dell'acqua, Garilddi riordinò i !)uoi volontari in compagnie ed inviò una settantina d·uomi ni ,·crso lo Stato Pontificio per far credere che la spedizionc [ossc diretta contro il Papa. L·, 1 maggio la spedizione giunse in vista della Sicilia, presso Marsala. dove sbare<'>. li 13 Gari bald i era ;1 Salemi, dove pubblicò un proclama, nel ~ualc dichiarav:.i di assumere la dittatura della Sicilia in nome di Vi ttorio Emanudc Il e dove accorsero a lui le prime squadre degli insorti sici liani. l i giorno r5 la spedizione ebbe il battesimo del fuoco a Calatatimi c. battuti i B()fbonici, prosegul la marcia per Alcamo e Partinico, dirigrndmi \ U Palermo. Ma a Partinico Garibaldi apprese che altri forti di~1.1n:amrn ti di regi occupavano Monreale. Non illudendosi ~ull.1 f,l(ilit:1 di u n successo, Garibaldi concepì allora un'ardita e geuialc 111.111<" 1,1 1'1: r tr,11-r<! in inganno i Rorhonici. Fece fare :igli in~ort i, (omandati <la Rosolino Pilo, una dimostrazione verso Monreale l' 111 ,1rci<'i su Piana dei Greci. L·indi\cipiina dei picciotti co~t1 imt: però il Pilo ad eseguire un :1tt;1,·.-o non bene organizzato, fallito il quale, gli insorti vennero di~pcr~i. 1cll'azionc Rosolino Pilo fu mortalmente ferito . Il ~ULCCsso ottenuto presso Monreale e la presunta ritirata dei Garibaldini verso Corleone indussero il generale Lanza, comandante ie forze borbonic he <lei la Sicilia, ad inviare due colonne ad inseguirli . Ma Garibaldi , dopo aver fatto impegnare a Parco un distaccamento. che resistette ai Borbonici per tutto il giorno, raggiunse il 26 maggio il colle di Gibilrossa, dove lo attendevano i numerosi insorti raccolti dai I.a Masa. Così, il 27, mentre le truppe borboniche credevano ancora di inseguirli verso Corleone, i Garibaldini, avanzando a cavallo della strada litoranea, raggiungevano Palermo (1) e, dopo un breve com h:mimcnto al ponte dell'Ammiraglio , riuscivano a penetrarvi per ( 1) Siamo co~1.n:lli ad esporre molto sinteti.:amente le gloriose gesta tlt:1 Mille in Sicili:1, poichè esse verranno ricord:ite molto analiticamente nel IX vo lume di qucst'oper:1 , dedicato :ippunto alle Fanterie volont:irie.




porta di T ermini. I Bo rbonici bombardarono la città dal Castello a mare e dalle navi per tre giorni, dopo i quali, il 30 maggio, il Lanza fu costretto a chiedere un armistizio che g li venne accordato il giorno dopo. Secondo le co nciizioni stabilite, k truppe borbo niche cominciarono ad imbarcarsi J>Cr Na1:>0li ed il b"iorno 19 :::,uiuuno non rimanet, \'ano nell'isola che i presidi di Messina e di Siracusa. Intanto il 6 g iugno era giunto nel porto di Palermu, Lluak spt:ttatore non disinteressato degli av\"en imenti. l'ammiraglio di Per~ano con la flotta sarda e, pochi giorni dopo, sbarcavano in Sicilia, in ri nfo rzo ai Garibaldini ed agli insorti, b spedi;,.ionc Med ici e, successivamente nel ! Jglio, l}uella guid ata dal generale Coscnz. 1

Con queste forze e con l!uclle degli insorti, Gar ibaldi cm1it uì tre brigate di 2.000 uomi ni ciascun a (Turr, Bixio, Medici) e Lluindi riprese l'offensiva verso Messina. Il 17 luglio una colonna borbonica di 5.000 uom ini urca, pro\'l'nicn tc da M cs~in .1 , attaccò la briga ta Medici : fu n:spmta e prese posizione a Milazzo. Ga ribaldi, avvertito, accorse con la colonna Co,enz ed il 20 luglio attaccò la posizione borbonica. Alb scr;1 i ~ol ,lati di Francesw II, battuti, si chiudevano nel castel lo Ji Mi l:1zzo, dove furono assed iati . Ne seguì una Convenzione, median te la quale le ultime truppe borboniche sgombrarono l'isola, tenendo soln !:i cittadella di Messina (28 luglio) (1). (1 ) Il Rt: Francesco Il , che J a pri11òpio a,·c,·a , iolentemcme pn>tc,ta l<t ( O ll 1ro il Go\'erno piem ontese, d ichia randolo complice di questi att i cli ..cll'aggw pirateria. si era poi, nell a spera nza di rnnser\'are ancora il trotw. acbuato a tiare la Cost ituzione cd a prom ettere d i fa re allean z:i m l Piemont<:: m a t1l:SH1n<• , rcdctte all.! ,inLC1i1à ddlt; 5ue promesse. Ad ogni modo ii Gon.:rnu p1.:mo11tn<: doveva agire con prude n za, pcrchè llltte le Potenze (all"intuori dell" Ingh ilterra) inanifesta\'ano la loro di sapprc,·azione per la eone.lotta da esso tenu ta; percii> il Re Vitt orio Emanuele, per fa r mostra ,li aù·onclis.:eudert: allt: sollcci1nioni tli Napoleone lll. scrisse una lettera ufficiale a G aribaldi. in\'it a ndolo a non passare lo st retto ed :i contentarsi del succesw ottenuto: ma lo stesso messo , hc po rtò q uesta lettera a l generale lo .1 nenì che la ,·era inten zione del Re era che egli non ne tenesse a lcun conto. Cfr. P. ORSI : up. cit., voi. I. Inoltre il Gucrrini, <fai Diario del Conte L itta - Mocl1gliani, uffic iale d'or.lrn:inza di \" ittorio Ema11uelc, ha rilevato c.: hc il Litta pona,·a a Garibaldi anche


43° Dopa aver distratto rattenzione dei Horbonici con dimostrazioni e con parziali approdi, Garibaldi il 20 agosto passò improvvisam en te lo stretto con 4.000 uomini e sbarcò a Mel.ito. Il 21 Reggio si ;,rrcndeva al Bixio. Le truppe mandate contro Garibaldi si sbandarono e, sebbene avessero una forza di circa 100.000 uomini, non combattero no più. L'avanzata dei Garibaldini verso Napoli potè dirsi, i1ifatti, rn mpiuta senza alcun altro combattimento .

l 'a frrmo acdama Garibaldi dittato,c della Sicilia.

11 giorno 7 sett embre Garibaldi, precedendo le sue truppe, entrò Napoli , che Francesco Il aveva abbandonato il giorno prima. Nella spera nza di poter tentare un rito rno offensivo, il Re raccolse _gli avanzi del proprio esercito dietro il Volturno, occupando le due fortezze di Capua e di Gaeta, e, con i 50.000 uomini rimastigli , concepì il disegno di riaprirsi la via su Napoli, iniziando la controffensiva da Capua.

111

un:i lettera t"onfìdenziak, con la ljU:ile il )te suggeriva al generale la rispost:1 11egari11a da dare alla lettera uffici ale.


43 1

A queste forze Garibaldi potna in tutto contrapporre 20.000 uomin i circa, divisi in 4 Divisioni: 15' Turr, 16"' Coscnz, 17" Medici, 18" Bixio (1), che, nell'impossibilità Ji altre operazioni offensive, egli ,1veva schierato a difc~a sulla si nistra del Volturno.

La battaglia del V oltu rno ( 1° ottobre 1860). Le forze garibaldine erano così dislocate: 16'' Divisio ne (generale Milbitz) (2), 4.000 uomin i e -l c 1n n,, ni, S. Maria Capua V etere; 17' Divi~ione (gem:rale Medici), 4.000 uomim e 9 ca 11no 111 . a ~. Angelo in Fo rmis; 18" Divisione (generale Bixio), +ooo uornjni ccl 8 c 111 no ni . a Ponti della Valle di Maddaloni ; 15' D ivisione (generale Turr), +soo uomin i e , 3 t ,111110111. in riserva a Caserta. .1

Alla Divisione Bixio erano .iggregate due piccole hngatc. u> lll · pic~si\'amente di circa 2.000 uomini. La brigata Sacchi, non indi visionata, fu posta a montt· S. Lrn~io. La Di visione Milbitz aveva distaccato un battaglione (Hro1t1L"l t1) .1 Ca~tel Ma rrone. Lo schieramento si estend eva per ci rca 22 chilometri. Le forze regie, r accolte in Capua, erano comandate d:il Marc\Ciallo Ritucci e divise in tre D ivisioni di Fanteria ed u11;1 di Cav:dkria, con molta A rtiglieria da campagna e da posizione. Per ragioni politiche e m ilitari le truppe borboniche erano co\trette all'offensiva e dovevano attu:.irc il seguente di~cgno: - attacca re frontalmente il nemico da S. Angelo a S. M:1ri:i: - aggirare la <lestra di Garibaldi rnn nn :i forti' ,·nlnn na che. passato il Volturno più a monte dclh con fluenza con l'Isckro, doveva puntare contro la difesa Jei Ponti della \'all e e, per Maddaloni. marciare su Caserta; - con la Cava lleria, girando al largo per b pianura, fac ilita re I attacco frontale e collegarsi a Ma<ldalom od a Caserta con la colonna diretta ai Ponti della Valle. ( 1) Facc:ndo seguito :ilb nurner:11.ionc .!dk Di,·iS:o ni dd l"esercito s:irdo. ( 2) In so<t ituzione del Coscnz.


Intanto, in assenza di Garibaldi, recatosi 111 Sicilia, si era verificato un episoJio cht: aveva reso più sicure le speranze dei soldati 1,orbo11ici. Rimasto te mpo raneamente al comando delle forze garibaldine. iì generale Turr :i veva f:ttto occupare Caiazzo: ma, tre giorni dopo, f" abitato era stato rioccupato dai soldati regi, che avevano inflitto ai C,arih:ildin i gravi perdite.

N1110

Rixio.

Appena tornato dalla Sicilia, Garibaldi rimproverò aspramrntc i: Turr r fece sistemare a difesa i punti più importanti dell 'ampio schieramento. li I°" ottobre, sccondo il disegno già detto, i regi 11wiarono: - contro l'ala sini~tra garibaldina una colonna di 8.000 uom1111 che, 11:,~sato il Volturno a Ducrcnta doveva dividersi in Juc b ' parti : una contro Caserta vecchia e l'altra contro le difese di Ponti della Valle :


·¼3 3 - una colonna di 4 . 200 uomini che, passato il Volturno alla Scafa di Linatola alla sera del 30, all 'alba del T" ottobre doveva attacl are Castel Morronc::, difeso dal solo battaglione Bronzetti, e quindi lOnvergere su Caserta vecchia; - una colonna di 10.000 uomini contro la Divisione Mc.: Jici ,1 S. Angelo cd un'altra di 7.000 uomini contro la Di\"i sionc.: Milbitz .1 S. Maria: - due.: reggiment i lancieri ( 1.500 cavali i), che do\"cvano ol trepassare la sini stra garibaldina a S. Tam maro e puntare ~u Ca~nta : 7.000 uomini sulla destra del Volturno, presso Trifli~co, in nentuale sostegno della colonna del centro, attaccante S. Angelo. La riserva generale, forte di circa 7.000 uomini di Fan1 eri.1 e Cavaìleri a, a Capua (T).

La battaglia si svolse slegata e diede luogo a diver~i cpi,odi .. \ ; Ponti della Valle il Bixio respinse i Borbonici. in fliggendo loio ~r.1\·i perdite e r ibuttandoli verso la vailc di Maddaloni. A Castel M o rron c il 11uggiu1e l3ru11 zc:tli, in ;Htna dcli".1tt.1LLO 1,cmico, si disp0se a difesa ed oppose una lunga rcsis1c11z:1, lin<. hl· . mi nacciato sul fianco destro e vista tagliata la \"ia della n111.11.1. ripiegò ~ulla cima <lel monte, per resistere ancora con le 1111111 H' rnu 1111,ioni e perfino con i sassi. Ma, verso le 16 e 30, il battaglione, ridotto ormai ad u11 1>ug110 di uomini, comprese che ogni ulteriore resistenza era impos~ibilc c. quando i regi giun sero sulla cima, il Bronzetti sventolò un drappo bianco sulla punta della spa<la. Ciò nonostante, un soldato borhoni cn che gli era giunto dappresso gli tirò una baionettata alla gola: ma ne rice\"ettc un colpo di sciabola ; un altro soldato gli ~parò a bruciapd o e lo col pì in pieno petto. Dei pochi superstiti del ba1tagliorn: i regi fecero un 'orrenda carneficina e ~oltan lo pochi ssimi feriti poterono raggiungere Limatola (2). ( 1) Intorno alla forza delle rnlonne borboni.:hc. c,i,1.: t r.1 gli ,wrici una certa J is.:rcpanza . Noi ci siamo serviti Jc::i <lati forn iti dal rnlo11nello lbrbctta 11clla sua pubblicazione << La battaglia <lei \"oltu rn•J "· (2) Approfitt:mdo Ji una sosta che i Borbonici frccro Jallc 12 a lle 1:; , per recarsi a Capua a rnnsumare il rancio, Gariba ldi. sebbene ancora ignaro Lidia situ:izione nelle altre loca lità, fece accorrere l:i ri serva Ja Caserta e m: di,·ise i reparti fra le Divisioni r6~ e 1j'.


-H -l JI ocncrale Sacchi, da S. Lucio, aveva inviato soccorsi; ma questi niu~~ero solamcnie guando Castel Morronc era g ià in possesso dei Borbonici e 5i limitarono a contrastare la m arcia del nemico su Caserta \'ecc hia (1).

S . .\lnria Capua Vctcre: \lnn11111,·11to (Jsrnrio ai Caduti nei/,, hnttngtia del Vot111mo. A S. Angcl<J cd a S. Maria, dove si svolse l'az io ne principale, Carilxilrlini , dopo una serie d'at tacch i e di contrattacchi , riuscirono :il la sera a respingere ovun<..jUC i norbo nic i, che ripiegarono su Capua. 1

L "impicg(I Ji luna b , iscrva tu certamente prematuro e trova g iu stific:i zione ~,lamcnte nelrcsiw lunun:itu dd combattimento. ( 1) A ciuc,t "u ltimo c:pi,odio ddla battaglia del \'olturno partecipò, invitato cb Garihalcli, ;inchc un hau;iglionc di bcrs;iglieri piemontesi (m;i)!giore Luig i Snido), arri,·a to ncll:l notte all:i :,taz in11c di Caserta.


435 Felice della non facile vittoria, Garibaldi, appresa la fine del battag lione Bronzetti e la p resenza di truppe borbon iche a Caserta vecc hia, dette disposizio ni per circondare, il g iorno 2, quel la colonna t. distruggerla o fa rla prigion iera. L 'avvo lgimento, fel in: mcnte ideato c brillantemente compiuto, ebbe pn risultato la cattura di qua ~i tutti 1 soldati borbonici (1). Ma, per mancanz a di forze dopo la battaglia dc\1'1 e del 2 ottobre, i Garibaldin i rimasero sul Volturno.

( 1) La spedizione di Garibaldi in Sicilia e_ le gloriose_ gesta dei_Mille ,-c:ngono prese in esame nel IX volume di ()Ue,t opera. dedJCato paru colarmente ,1llc gesta dei \'olontari di guerra.


11.

LE O PERAZIONI NELL E MARCHE E NELL'UMBRIA Le diplomazie europee, preoccupate dd successo del l'impresa ina ,, pii'1 ancora di un ·eventuale marcia dei volo ntari su ,,aribald 1"'> Roma. :1n.:vano rivolto le loro rimostranze al Governo di T orino, il quale 11011 poleva più lasciare soltanto le forze garibaldine contro l 'eserci10 borbonico, senza com mettere un grave errore politico. Per L]Uesti rnol i\·i. ai pri mi di settembre, col tacito consenso di Napokunc I I I. fu decisa una spedizione m ilitare nel l' Italia centrale, allo scopo d1 L1cili1are l'annessione delle Marche e dell'Umbria, per portar~1 p01 nell'Italia meridionale C: 11 c 1 le.: cause dell' intervento ttalianu nei!' ltali:i centrale il t.,olo1111ello Attilio Vigevano scrisse (1): .. Se non era riu ~cita difficile l'annessione delle Rom agne, percht· wl.'1 ti potere del Governo Pontificio tro vavasi affievolito da quello e~t:rl it.1l1J\'Ì dirella111rntc dall'Austria, ben diversa e più irta di osta coli ~i pn.:~entava tJuella Jelle Marche e dell ' Umbria, dove il Papato vant a \·a diriu i secolari, dove le tradizioni avevano un gran peso e don: k prov incie erano strettamente e completamente dipendenti dalla Sa nta Sede. •· L.1 !.pedi:1.io nc garibaldina in Sicilia e nel mezzocB della Penisola fu tjuclh che pc:rmi sc il com pleto aprirsi del la questione dell e Marc he e dell ' Umbria. Lo sbarco a Marsala del duce dei Mille segn<', il principio della grande crisi; e mentre Garibaldi combatteva, a T onn o incominciò ~ svolgersi quel la audace battaglia diplomatica, il cui risultato do\'cva avere influenza efficace quanto quella esercitata dalle armi . e, Napoli, l'Austria, la Prussia e la Russia incolparono il Pie Ir'.Onk della ribell ione suscitata in Sicilia; la Francia lamentò la vioI ') \'1r.1:.v,1:-o : ,, Le operazioni nelle l\fa rche e nell ' Umbria >), Ufficio Sto rirn dello St:ito Ma~giorc dC'll'Escrci10.


437 !azione flagrante al d iritto delle genti, confidando che il Gabinetto <li Tori no non avrebbe tardato a chiarire le sue intenzioni; il Governo Pontificio si adoperò a tutt'uomo per indu rre ad un a protesta generale contro un atto che definì più scellerato delle barbare i11va,ioni dei Saraceni del medioevo. << Tutta l'abihtà del Conte di Cavour si volse ad ottenere che la ltmpesta delle minaccie e delle proteste estere non si mut;1sse in azione e che l'accensione degli animi italiani , prodotta dall 'i mpresa, non spingesse all ' interno i comitati, k società, le popobzion i ad az ioni premature od incon sulte. Cominciò così quel destreggiare diplrnn:11irn, per il quale il Piemonte riusciva a scagionarsi da ogni accu~a mossagli ed otteneva nello stesso tem po che nessu n Governo intcr\ enisse a guarent igia dd l'integrità del territorio napoletano : cd .111dò ,\·iluppandosi quella scherm agli a intesa a dimostrare b Monarchia ,:,bauda non chiusa alle proposte di alleanza col Re Borbone cd .1111.i occupata ad impedi re che i volontari partissero da Genova e d.1 Livorno, m a contemporaneamente impossibilitata a fcrmarr Carihaldi nel corso della sua impresa. « Lasciarsi appa rentementr rimorchiare, trascinare dalL1 ri\(ilu;.;onc, fino .1 ,1uan,lo que~la manteneva si nei limiti non conti :t~t·111t1 ton l'avvenire monarc hico ed unitario e nascostamenl c favor irla, tak fu dunque il concetto fondamentale della condotta politica del Ca\Our: ma quando la ri voluzione, esaltal:1 Ja1 propri s11cco.'.1, .1t11.1t1.1 da miraggi bel lissi mi, ma per il momc:nto dismodati, cumi11cic'i :1 l:ir dubitare dell 'avvenire e delle sortì d'Italia, egli sentì la 111.:ccss1t;1 di intervenire direttamente». Già appa ri va evidente il pericolo a cui andava incontro il principio unitario ed il danno morale, il discredito in cui sarebbero caduti la Casa di Savoia ed il par.tito monarc hico, se l'azione garib:11dina fosse riuscita da sola a trionfare nel Mezzogiorno d' It alia nl a costitui rvi uno Stato. E più grave appariva il pericolo se Garibaldi. co me chia ramente aveva più volte manifestato e come aveva scritto a Re Vittorio Emanuele Il, perseguendo il suo disegno, avesse con tinuato la marcia su Roma. Un intervento armato straniero sarebbe divenuto inevitabile ed .1vrebbe forse reso impos. . ibilc l'iniziata uni1à . E perciò il Conte di Cavour, dopo aver tentato di ottenere che la rivoluzione in Napoli ~uccedesse all'infuori dcll 'nionc garibal dina, med iante un movimento nazionale intrapreso prima che il generale Garibaldi vi entrasse, e visto poi che senza il concorso di


llllesti nulla di n:r:.imente decisivo si sarebbe ottenuto, modificò rapidamente consiglio, rinunciò a prevenire il generale in Napoli e contmuò il1\·ece ad J<Ternbrne l'opera, cercando Ji volgerl a ad un orogr:1 m ma di pront; an nessione e nello stesso tempo decidendo di ~ontrobilanciarb mora lmente e materialmente, con un efficace intern:-nto dell'escn:ito regolare. Questo intervento - continua il Vigevano - nella mente del Conte di Ca\'our avrebbe tolto anzitutto dall'imbarazzo le fo rze ga-

ribaldinc che, pu r essendo vincitrici, si trovavano ad avere di fronte un t scn.:ito org:.inicamente intatto, di <-1uaranta e più mila soldati ; in ~e(Ondo luogo aHehbe costituito, con la diretta partecipazione m ilitare contro i Borbonici, una sostituzio ne o al meno una preponder:111za monarchica sulle forze rivoluzionarie; in terzo luogo avrebb<.: dato un motirn per gi\1stilìcare l'occu paz ione dell ' Umbria e delk M:1rclw, <.:Juali Provi ncie necessarie }Jer b<Tiunoere nell 'ltal ia m eri t, dionalc. 11 31 agosto il Cavour scrisse pertanto :iì Pcrsano ed al Villamarina in , apoli, pregando d'informare Garibaldi della decisione pres:1 d_'invadere senza indugio le Marc he e l' Umbria, per poter inviare in aiuto delle tru ppe garibaldine un Corpo d'eserci to regolare, dicendo


439 fra l'. altro: (( li Gove rno è deliberato a tentare questa impresa ardita, l1ualum1 ue possano essere le co nseguenze " · Il giorno 7 settembre il Carnur free poi rim ettere al (;overno del Papa una nota di protesta contro le crudel i repressioni Ji Spoleto e di Perug ia, intimando il congedamento delle truppe mercenarie. Ricevutone un rifiuto, l'rr settembre le truppe Ji Vittorio Emanuele, comandate dal general e Manfredo Fanti, pass:1rono il con linc, fo rti d: due Corpi d'Armata (IV, s11 t re Di\·isioni, al com:.tndo dd gcncr:de C ialdini e V, su due Divisioni, agli ordin i del generale del la Rocc:i).

Le forze contrapposte. ì\ella sua r elazione in Jata dd i'' ottobre 18Cm, indiriu .1t.1 :il Capo dello Stato, il generale fanti , co m a ndante gcncr.1lc !" ,\rinata di occupazione delle Marche e dell'Umb r ia, scrisse che le for ze 1t.1lianc era no costituite dalle tre Divisioni del I\' Corpo d' ;\rn 1.1t.1, no nchè da una Divisione e da una brigat:i mi\ta del V Corpo 1· \l tp,· r:.iYano numericamente quelle pontificie di circa un terzo. Il , l1c -. :c nl! .:unfum..1iv dal 1.v11fru11 lo fra ie forLe cont rappo~Ll' dur.111t1. Ì.J c. mpagna. L ' Armata di ocrnpaz1one delle Marche e dell'L'mhria chhc. ;n. fa tti, al 1° di settem bre, ia scguentc compos1z101 1c:

Quartiere Grncrale Principale. ComanJantc in Capo: ten ente gcnualc: Fanti ~la111n:Ju. Capo di S. M.: maggiore di Stato Maggiore Berto!~ Viale Ftton:. Comandante del Ge nio: maggio re generale Men:ilm:a Luig i. Comandante dell'Artiglieria: tenente ~enerak Thaon di Re ,·el Genova Giovanni Battista. Intendente bo-enera le d'Artil!lieri a: mag•,..,~ior r enn.,lc D ella Ro'-' ..... .... ,., ,ere Alessandro. Capo del servizio sa nitario : medico capo Com1sc1ti (;io\·anni . Addetti al Comando Vaencrale: ma!!giorc Cerb.1ix dc Sonmz '-''Gi useppe e maggiore Ricasoli Vincenzo. Comand ante del parco d'Artiglieria: maggiore Ricca rJi Filiberto.

IV Corpo d'Armata . Quartiere Generale. Comandante: tenente generale Cialdini Enrico ..


Capo di S. M.: tenente colonnello Piola Caselli Carlo. Comandante dell'Artiglieria: colonnello Franzini Tibaldo Paolo. Comanda nte del Genio: maggiore Belli Ernesto. Comandante la Cavalleria: maggiore generale Griffini Paolo. Intendente militare: Alliaud Carlo Ottavio. Capo ddb sanità: medico capo Cortese Francesco. Sussistenza militare: vice direttore Blancon Onorato .

./ Divisione. Comandante: maggior generale Pes di Villamarina dd Campo Cont e Bernard ino. Capo di S. M.: capitano D ' Oncieu De 1a Batie Conte Paolo. Stato Maggiore. Di~taccamento Treno d'Armata. Intendenza militare. Ambubnza divisionale. Sussistenza militare. Brigata ,, Regina 1i (colonnello brigadiere Avenati Giacinto). 9" Fanteria (ten ente colonnello Duranti Stefano). 10 · Fanteria (tenente colonnello Bossolo Antonio). Brigata .. Savona» (maggior generale Regis Gioacchino). 15" Fanteria (tenente colonnello Manca Thiesi di Villahermosa Ernesto). d i° Fanteria (colonnello Manca Simone). \'I battaglione bc:rsaglicri . VI I battaglione bersaglieri. Reggimento Lancieri di Novara. t'' batteria da 8 (5° reggimento). :r' batteria da 8 (5° reggimento). Parco divi sionale. Ge nio : 5' compagnia zappatori (2° reggimento).

7'' Divijiu11e. Comandante: maggior generale Leotardi barone Alberto. Capo di S. M . : maggior Chanet Giovanni. Stato M:iggiorc. D istaccamento Treno d'Armata. Intendenza mi litare. Ambulanza divisionale. Sussistenza militare. Brigata "Como 1i (colonnello brigadiere Cugia Filippo).


44 1 23v Fanteria (colonnello Borda Egidio). 24° Fanteria (tenente colonnello Grixoni Girolamo). Brigata << Bergamo » (colonnello brigadiere Avogadro di Ca!ianova Conte Alessandro). 25° Fanteria (colonnello Scano Michele). 26° Fanteria ( tenente colon nello Masala Pietro). XI battaglione bersaglieri. XII battaglione bersaglieri. Reggi mento L ancieri di Milano. f batteria da 8 (5° reggimento). batteria da 8 (5° reggimento). Parco d'Artiglieria. Genio: 6' com pagnia zappatori (2"' reggimento).

1 3•

D ivisione.

Coman dan te: maggior generale Cadorna Conte R aff:1ck. Capo di S. M. : maggiore Bruno Duplex Adolfo. Stato Maggiore. Distaccamento Tre no c1·Arm~1ta. In tendenza militare. Ambulanza divisionale. Sussistenza militare. Brigata (e Pistoia >> (colonnello brigadiere C hi:1hrcra Fm anm·I,-). 35° Fanteria (tenente colonnello Caffarelh Eligio) . 36° f<an teria (tcm:nte colonnello Mazè de la Roche Co n lt' <;u,1avo). Brigata « Parma r (colonnello brigadiere Smidt Doda Luig i). 49° Fanteria (tenente colonnello Perego Antonio). 50° Fanteria (tenente colonnello Radaelli Carlo A lberto). XXII battaglione bersaglieri. XXVI battaglione bersaglieri. Reggimento L ancieri Vittorio Emanuele. 2• batteria da 8 (8° reggimento). 3• batteria da 8 (8° reggimento). Parco divisionale. Genio: 1 compagnia zappatori .

Brigata Artiglieria di riserva. Coman dan te : magg iore Marro Carlo Antonio. 3• batteria Ja 16 (5° regcgimento). 6" batteria da 16 (5° reggi mento).


-1 · batteria mortai (8° reggimento). Parco di riserva di Corpo d'Armata. 8" compagnia del 2° zappatori Genio.

Nùerva di Corpo d'Armata. L.8 settembre il generale Cialdini , con elementi tolti alle varir Unità. rnstituì l:i riserva di Corpo d'Armata con le Unità sotto in dicate : Comandante: maggiore generale di Cavalleria Griffini Paolo. \ 'I I battaglione bersaglien. XI h:ittaglione bersaglieri . XXVI battaglione bersaglieri. Reggimento L mcieri di Novara . Reggimento Lancieri Ji Milano. Reggimento Lancieri Vittorio Emanuele. Hrigata Artiglieria con parco (f batteria). Compagnia del Genio.

v' Corpo d'Armata. Cum:111dantc: tenente generale Morozzo della Rocca Coni,· 1.nrico.

Ca po di S. M.: maggiore De Fo rnari Marchese G. L uca. Co1n:1nd:111tc dell'Artiglieria: tenente colonnello Bottago Carlo Mas,i rni lia110. CumanJ,rnte del Genio: maggiore Giacosa Cesare. C11 111andantc Carabinieri Reali: c;ipitano Petrini Oreste. Treno : c;ipitano San Martino di Strambino Luigi. Tntcndenza militare : commissario di 2• classe Peyrone Al essandro. Corpo sa nitario : medico capo Rima Giuseppe ·Felice. Ambulanza divisionale: medico chirurgo Paccotti T eodoro. Sussistenza mil.itare: direttore in 2"' Ponzano Luigi.

, · Diflisionc. Com;i ndante: maggior generale Gerbaix de Sonnaz Coni,· Maurizio. C:1po di S. M.: maggiore Rizzardi Ercole. Stato Maggiore. Distaccamento Treno d'Armata. Intendenza militare. Ambulanza divisionale. Sussistenza mii itare.


443

Brigata Granatieri di Sardegna (maggiore generale Camerana arlo). 1" granatieri (colonnello Gozani di Treville Alessandro). ::!° granatieri (colonnello Isasca Carlo). Brigata granatieri di Lombardia (maggior boeneralc Briunone ::, Filippo). 3° granatieri (colonnello Burnod Carlo) . ..( granatieri (colonnello Ferrcro Emilio). XIV batt;iglionc bersaglieri. XV I battaglione bersaglieri. 5• batteria (8° reggimento). 6• batteria (8" reggimento). Parco divisionale. Gen io: 1" compagnia i'.appatori (::?.°' reggimento). ~~

Divisione di riserva. Comandante: maggior generale Hracorcns di S:1voiroux ( ::1rln. Capo di S. M.: maggiore C;ivalchin i G:1rofolo France~co. Stato Maggiore. Distacc11nento Treno d"Armat.1. Intendenza militare. Ambulanza divisionale. su~si~tc:nza m il ilare. Brigata « Bologna ,, (colonnclln hrig:.irlicre Pinelli Fn din.ui.!..). 39° Fanteria (tenente colonnello Novaro Agostino). 40° Fanteria (tene nte colonnello Quintini Pietro). IX battaglione bersaglieri . XX III battaglione bersaglieri. XX IV battaglione bersaglieri. XXV battaglione bersaglieri. r· brigata di Cavalleria di linea (colonnello Quadrio d i Ccre~uk 1\ k ssandro). Reggimento Piemonte Reale (colonn1.l lo Cusan i Conf:ilo11 icri Ippolito). Reggimento N izza (colonnello Quadrio d i Cncsok Aks~andro). 1 batteria da 15. I 1• batteria da 8. Gen io: 5• compagnia zappato ri del 2 ° Genio. Parco d'Artiglieria di Corpo d"Armata. Parco d'assedio.


444 Per quanto riguarda l'eserci to pontificio, esso era costituito dalle t,uppe di presidio nelle località più importanti dello Stato, ammon tanti complessivamente a 6.248 uomini , e dall'esercito disponib ile per le operazio ni, la cui fo rza complessiva era di r 3.985 u omini e 30 pezzi, suddiv isi nel modo seguente : briga ta : generale Schmidt. 2" reggi m e nto Ji linea (1). 2·· reggime nto straniero. r compagn i:.i di gend arme ria m obile. 1 di stacca m ento di gendarme ria a cavallo. 6" batter ia di Artiglieria su 6 p ezzi. 1•

b n g:ita: ge nerale De Pimodan.

l batt aglione cacciatori. I I h;1ttagl ione cacciatori. Battaglio ne carabinieri . Ba 1taglio ne tirag liatori. I [ h:1ttaglionc bersaglieri. r" t· 1." ~t 1uadrone dragoni . 1 ,,j..;,,,bmc c;1\·;;1!cggcri. 1 1·' batteria di Artiglieria su 6 pezzi.

3' brigata: ge nerale Dc Courten . 1" reggi men to d i l inea. I ba ttaglio ne bersaglieri . 111 b;;tt:1glio ne bersaglieri . 1 squa drone di gendarme ri a a cavallo. 7' e 10· ba tteria di Artiglieria su 12 pezzi.

Brigata di ri serva: colo nnello Cropt. 1 ° reggimento estero. Plo tone g uide. 5" b atteria d ' Artiglieria su 6 pezzi . Per consegue n za il La Moricière, comandante in capo delle truppe pontificie, di spo neva di ci rca 18.000 uomini, d ivisi in 18 battaglio ni di Fanteria. Egli aveva, inoltre, 4 squ adroni e 12 ba tterie. Queste forze, in quei g io rni, e rano r:iccolte intorno a Foligno, T erni, Ma(1) I reggimenti dell'esercito pontificio erano su due battaglioni , ciascuno ch.·i qua li fo ~mato su 6 compagnie.


445 cerata e Spoleto. Sperando nell'interven to della Francia e dell'Au\tria, il La Moricière sperava di concentrare le sue truppe ad Ancona, per attaccare sul fianco sinistro le colonne italiane. In complesso, per quanto riguarda la Fanteria, gli Italiani polevano schierare per la campagna 62 battaglioni di Fanteria di li1;ea i.. 12 battaglioni bersaglieri; mentre l'esercito pontificio di sponeva di 15 battaglioni, ai quali si aggiunsero il battaglione irlandese, i battaglioni bersaglieri IV e V c:d una compagnia di gendarmi.

concetti operativi e le pnme operaz1on1. Circa i concetti opnativi, reputiamo opportuno na ssumcn: quanto in proposito scrisse, nel 1923, il colonnello Attil io \ ' igt·-.·;mo, .1 1iora Capo delrUfficio Storico dello S. M. dell'Esercito . I caratteri fo ndamentali del piano d'operazioni e dt:l la r:1du 1,.1t.1 italiana furono imposti da ragioni politiche e permessi dalb ,itua1.10ne militare. Era necc:ssario, infatti, occupare subito e conrempora nc:111H.·111 e l' IJmhria e le Marche, non solo per st:Jhilir\'i il posscs;,o it., L.,., .. , 11, ,1 .111che pçr impedire cht l'insurrezione, che doveva scoppi:1rc nci lc ciuc Provincie, non fosse repressa dalle truppe pontificie, cu nw t r:1 ,:cc:Jduto l'anno prima a Perugia. Questa necessità era stata sentita chiaramente dal Colli e di l :., vour. Il 29 agosto egli aveva scritto al cav. Nigra, Ministro d1 S:mk gna a Parigi: <1 Ne pouvant prévenir Garibaldi ;\ . Jplcs, ti f.1111 l arreter ailkurs. Ce sera dans l'Ombrie et dans ks Marclws. Un mouvernent in surrectionnaire va y éclater: aussitot. au nom do prinu pes de l'ordre et de l'humanité, Cialdini entre dans Ics March-:~, Fanti dans l'Ombrie; ils jéttent La Moricièrc: à la mer et ~·cmparrn t d' Ancone, en declarant Rome inviol able " ( 1). Nelle i~truzioni concretate ti 7 settembre dai Lon~1glio J c, Ministri e consegnate il medesimo giorno aJ generale F;111ti , il conc<:tto di occupare subito l'Umbria e le Marche appare con maggior<.: evidenza ed è più ampiamente svolto. Esse dicevano: « Assunto immediatamente il comando de! Corpo stanziato alL:i Irontiera dello Stato Pontificio, qualora in un luogo di qualche importanza dell'Umbria e delle Marche Yenisscro manifestazioni in (1) CHIAL\: " Lcnerc di Cavour ,,, 6, 582.


senso naz io nale, il generale Fanti intìmi al comandante le forze pontificie di aslenersi assol utamen te da misure di repressione contro tali moti e, ljualora avesse già presa qualche misura, di volersi ritirare immediatamente dai luoghi in cui avvennero le manifestazioni, soggiu nge ndo poi che, se il comandante pontificio si rifiutasse di uniformarsi senza indug io a siffatta richiesta, era dovere e volontà del Governo di procedere all'occupazione militare di quelle Provincie per ~a lv:1re ad un tempo le pojX)lazioni dagli orrori che truppe straniere accampate in uno Stato italiano polrebbcro commettere, come già fr:ccro a Perugia nell'an no scorso, e per svenlare le conseguenze inc\ itabili e di una g ra vità incalcolabile ch e il contraccolpo delle misure cli scvni tà mt·desime , adottate alle porte degl i Stati del Re, provocherebbe da u11 capo all'altro di questi nei mumenli atLuali. « Se il comandante pontificio non si d ichiarasse pronto a uniforrnar~i, il generale Fanti entri col suo Corpo per forza e senza indug io cd occupi mililarmentc le Marche e l'Umbria. " St: il comandante pontificio si dichiarasse invece pronto ad L1 niformarsi alk surriferite ingiunzioni, allora il generale Fanti aspet11 llll tt: lcg ramma dal Conte della Min crvd, stato spedito da Roma, con :;n;: 1~ot:i :il cardi n:ile Antonelli " (1). Conseguenza im mcdiala della necessità di occupare le Marche e l"Urnhria era una rad unata su due masse distinte. Milii:irmcnte lptcst:1 separazione del Corpo d'opernioni in due parti veniva permessa dal lluanlitativo di forza disponibile, dalla Ji ~locazio ne iniziale pontificia, dal con.tributo del movimento in surrez ionale, dalle prob:ibil i mosse che l'esercito pontificio poteva compiere ix:r parare la doppia avanzata italiana. La massa della Romagna (est) era molto superiore per numero a tutto l'esercito pontificio disponibile per le operazioni di campagna e la massa di T oscana (ovest) la uguagliava, giacchè poteva contrapporre ai 13.900 pontifici atti ad operare all'aperto i suoi 13 .000 uomini. Ma l.1 J ifferenza nella forz a !>i rendeva sensibilissima, se si teneva c 1lcolo dei fattor i di coesione. L'esercito pontificio, per quanto efficace fo~se stata l'ope_ra del ge nerale La Moricière, eterogeneo per de rn entt , per provenienze, per nazionalità, non poteva reggere al confronto ?cll 'csercito i.taliano, uscito vittorioso dalla campagna conU:o l'Austria, modellato su di un unico tipo e maggiormente provvisto d t quan to occorrev:1. ( 1) C HtAt.A : u Lettere di Cavour ,,, 6. 592.


447 A pt.TITi ctterc poi la divisione delle forze ~i agg iungeva ancora

I., dislocazione ini ziale pontitìcia, nota al Comando italiano in quasi tutli i suoi particolari, per merito di un ottimo servizio informazioni. S.,pevasi le truppe pontificie divise in due pani: la parte campeggia nte in Umbria e yuclLi campeggiante nelle Marche. e sapcv;,si la ,,rima scaglionata tra Perugia e Terni e la seconda a M:ic<.:rata. div1~c fra loro dall'alto Appeanino e, per conseguenza. risultanti in un e v1dente stato d' inferiorità su tutti e due i versanti. Il lavorìo ddl c società e dei comitati segreti permett eva :1ltrcsì di I.ire assegnamento sul concorso di bande in surrezionali. le tiu:il i pol''vano Portare il non trascurabile contributo di indurre l"ncrcllo l'ontificio a frazionarsi maggiormente od almeno di st:111c:1rln :1ni'i trmPo, obbligandolo ad accom:rc mi punti minacciati, d:1i •1u,ili ,1l'n:bbe dovuto poi rapidamente ririrarsi per effetto dcll ':1l'anz;1t:1 11.iliana. Come egli stesso scrisse nella Relazione al Re più sopra Lit :11.1 , il ,.-.,nti ritenne che i Po ntifici, raccolte le loro forze, avrd,bew potuto 1•1endere posizione nella zona di Ancona o ritirar5i 11cll :t ( '01 11.,rL".t e lll'I Patrimonio di S. Pietro, oppure prendere: posizione a L:1v,dl11 dcll"Appc:nninu, per esempio nelle ncinanze cli Gubbio. Per conseguenza egli ordinò al IV Corpo d'Armat:1 di 111:11 t1:1re 11rr Pesaro, occuparne il forte, inviare una Di \'isionc per Url i111c,, l .1gli e Gubbio ed avanzare con le altre due Divisioni per F .11 H) e '-1nigaglia verso Ancona, in modo eia in tcrpor~i f, :1 A 11co11., e fvb', r,1ta. La 1" Divisione e la Divisione di ri~erva del \' Corpo. n ·it.indo 1.1 ~tretta del lago T rasimeno, dovevano, im·ec<.:. opn arc lungo la v.illc del Tnere, per Città di Castello, Fratta e Pcrugi:1 cd, n pu~11ato 11 [orte che dominava quest'ultima città , marciare \·crso Foligno. La !>,visione del IV Corpo che, come abbia mo eletto più ~opr.1, <lv\·cva 111.1rciare su Gubbio aveva anche il compito di collegare. per quanto rra possibile, i due Corpi d'A rmat::i separati dall"Appcnnino. li concetto operativo del Fanti era. infatti. il seguente : :l\·anz:ire .r,n la sinistra (IV Corpo) lungo il litoral e adr iatico per richiamare 1 Pontifici verso Ancona, marci:1re con la destr.1 t V Corpo) lungo l.1 l'alle del T evere, per tag liare loro la ritir:tta su Roma. La 13' Di11\ione, al comando del Cadorna. a\'anza ndo per Urbino, Fossoml11one e Cagl i, doveva collegare i due Corpi d 'Armata. Il La Moricière intendeva invece. come ::ibbiamo già detto, appoggiarsi ad Ancona per minacciare il fianco sinistro degli Italiani.


In base ai concetti di azione più sopra esposti, con le prime oper,:zioni - che qui ci limitiamo a riassumere, riservandoci di parlarne più diffusamente nei volumi dedicati rispettivamente ai granatieri di Sardeg na ed ai bersaglieri - i due Corpi d'Armata italiani iniziarono k operazio ni e<l il IV Corpo, sconfitti i piccol i presidi delle città litoranee, affrettando la marcia, il giorno rr settembre entrò a Pesaro, il 12 a Fano, il , 3 a Sinigaglia, nei cui pressi battè la retroguardia Jc:11:t J' brigata pantificia, e proseguì su lesi ; mentre il V Corpo, avanzando per l'alta valle del Tevere, per Città di Castello, raggiungeva Perugia cd il 14 settembre se ne impadroniva, dopo u n \·i,·ace combattimento, per raggiungere il giorno dopo Foligno. li La Mo ricit·re, informato della vittoriosa ava nzata degli l ta1i:ini, co n I resti della 1" brigata, con la riserva e con la 2• brigat.1 (in com plesso 9 .000 uom in i), partì il 14 settembre da F oligno r per C:olfìori to marciò su Macerata per raggiungere Ancona, scen dcre poi ,-er~o Porlo Recanati e trasferirsi il giorno I 7 a Loreto. Il gene ral e F anti, conosciuti i movimenti del La Moricière, or dinù al IV Co rpo d'Armata di :iffrettare la marcia e di attaccarl' fron 1al 111rntc le truppe pontificie; a l V Corpo di raggiungere b \·.di..: ,!cl Cliir nii rd alla 13° D ivisio ne, che era intanto giunt;i ., (;ualdo TaJino, di ripassare l'Appennino e di occupare S. Severino in Val Pot<.:nz:1. 1: ,1lu·1llii.11nclìlo dei Pontifìd stava così per essere compiuto cd al La Moricière non rimaneva ,il tro che tentare di aprirsi a viva for,..1 l:1 v,a di Ancona. Fra il 16 cd il 17 settem bre egli riunì, infatti, h sue for7.e atto rno a Loreto.


lii.

LA BA TT AOLIA DI CASTELFIDARDO E L'ESPUGNAZIONE DI ANCONA I.a battaglia di Castelfidardo. La battaglia di C.astclfidardo merita, per la sua dccisi\·,1 i111 p11 rtanza, una particolare menzione e noi seguiremo, a tale ~co po, l.1 narrazione docume ntata, estratta dalla Relazione uffìciak dclb , 1mpagna, pubblicata nel 1908 dall'Ufficio Storico del nostro S1:1to M.1ggiore. Lo svolgimento della battag)i;1 può essere diviso in tre fa si. Nc ll :1 1'1ima si svolse l'offensiva della colonna pon tifìcia conJott:.i dal gc1it·1ale Pimodan ; nella seconda l'a;r.ione controffen~iva nnqr:1. cui 111 111 ,inte nell 'intervento della brigata " Regina );; la ter'l..a rn1 11 1•11:nde la crisi dell'esercito pontiticio e l'inseguimento da parte delle l/11it à italiane. Il mattino del 18 settembre nulla faceva prevedere l'attacco de i l'u111ifid, yuando alle ore 9,30, mentre le nm tre truppe pn:p:1r:t\'an(l il rancio, le prime fu cilate segnarono l'inizio della battaglia . Fin dal primo mattino, secondo gli ordini ricevuti, il ca pit.11~11 lt.1rbavara di Gravellona, comanda nte il XXVI battaglione ber~a~:lic:ri, a\'eva spinto la 101· compag nia ad occupare la S. Casa di \ otto per sorvegliare le mosse dei Pon tifici cd. a quest'ultimo scopo, dcu ni bersaglieri si era no avanzati fino alle Case Arenici, dove fu 10110 fotti segno al fuoco di due compagnie di carabinieri ~v izzcn, , lic facevano parte dell'avanguar<lia della colonna Pimodan. Tale colonna era forte di 3.500 uomini e compren deva 5 battai;l1uni, 2 squadroni e 2 batterie. Essa dove\·a attacca re le nostre truppr, proponendosi come primo obbiettivo le Case Arenici e quindi la 'I. Casa di Sotto e quella <li Sopr:1. Un'altra colonna, di destra, forte di 4 battaglioni, del parco di J\ rtiglieria, di reparti d' Irlandesi di S. Patrizio, di gendarmi a ca,.il lo e <l1 guide (forza complessù ·a di 3.300 uomini .circa) era al co-


I e; "

1::.1ndo dello ~tesso generale La Moricière. Essa doveva segu ire la co1,mna Pimodan per alimentarne lo sforzo. [ carabinieri svizzeri, dopo le prime fucilate, passarono il Mu~one a guado e Lutto il battaglione, forte di o compagn ie, si schierò co11tro gli argini della sponda sinistra del corso d 'acqua. Seguiva un battag lione di cacciatori indigeni ed uno di tiragliatori franco-belgi. Il Muso ne venne passato anche da una sezione d 'Artiglieria. l:knchè so ttoposti all'improvviso al fuoco dei Pontifici i bersag lieri delle compagnie 47" e 101• contrattaccarono vigorosamen te alla baionetta e la mischia si SYolse furibonda sulle dighe e fra i can neti. Ma alla lìne, caduto il capitano Della Casa, i bersaglieri ri piegarono ,1111:i S. Casa di Sotto, dove furono raggiunti dalle altre tre compagnie dd XXVI battaglione, con le quali si prepararono a resistere. Nel combattimento c he ne seguì e che si svolse tra gli argini del ?vlu sone e la S. Casa di Sotto, l'attacco dei Pontifid, bcnchè vigoroso, no n ebbe tutta la compattezza necessaria; ma, data la superioril~t delle forze, cs~i riuscirono a far ripiegare il battaglione bersaglieri :i!Li S. C:a~1 di S1 ,pra. ln ta nto le truppe italiane avevano ripreso le armi ed era stato , ,rd inato che i ber~aglic1i venissero rinforzati Jat primi battaglioni del ]() reggi mento Fanteria. :\nche il genera le Cialdin i, da Castelfidardo, si recò al g aloppo sul luogo del combattimento. Er,rno circa le ore I 1, lJU:indo si iniziò b secon da fa se, rapprc~t: nla ta d:111 ':ittacco del 10° reggimento, mentre il 9° occupava i passagg i sull'A spio ( 1). 0

( 1) E~w ti rappo rto del comanda nte il 9" reggimento f;i nte,·ia , tenente .:c,lo nndlo Du ra ndi, sull 'az ione svolta dal Corpo durame la battaglia Ji Castdtidardo; rapporto indirizzato al comandante la brigata u Regina ,,. " .\ ppcna d 1c d Jbe luogo l'anacco, il regg imelllo, dietro ordine d i V . S. 111.ma. prese lr armi per rern rsi a p;-e ndere posizione sul poggio a sinistra di Crocette; dopo mezz'ora all'incirc:i, dacchè il reggimento si trovava ~u quel pnggio, rire,·ene l'ordine di portarsi verso il paese di Umana , allo scopo di 1agliarc la ritirata al nemico, che si dirigc,·a da quella parte per rientrare in :\ ncona, alla di stan za però di due chilometri dal pu nto di partenza, su di un 'a ltura che domi na,·a il ma re. Il reggimento si di \'ise in due parti; la prima, clclla for~.a di due battaglioni, sotto il comando del signor O<Tener:ile di brigatJ. si di rcs,c verso il paese di Umana; la seconda, composta di sei compag nie, venne condotta dal sottosc riuo, pit1 sulla destra. ad un chilometro e mezzo circa d;1 U mana, ~er,::, la spiaggi;i dc) mare: sempre nell'intento di impedire la riti1,11 .1 di u11:t colon ua nemiça che si ripiegava verso Ancona, costeggiando il litorale, cnm post:t di r irca q u:ittroce 1110 uomini.


45 1 L'attacco del 10" reggimento venne svolto con un impeto veran-1ente eroico. Il terreno intorno alla S. Casa di Sopra era coperto d i caduti , fra i quali due capitani ed un tenente del 10··. I nostri attaccarono più volte; ma intanto la colonna guidata dal generale La Moricièrc g iunse sul campo di battaglia e, fatto frc ntc a sinistra, si d ispose in linea di colonne, con i due battag lio ni del reggimento estero in prima linea cd i rimanen ti due h:1tt:1glio;1i dell a colonna in riserva. Mentre si recava verso la S. Casa di Sopra per orirntar ~i, il L1 Moricièrc incontrò il generale Pimodan che, colpito da tre.: colpi di fucile, veniva con dotto moribondo verso la S. Casa di Solto . Alla S. Casa di Sopra il nostro I0° reggimento domi11a ,·;1 orm:i i gli ostinati nemici ed il La Moricière dovette ord inare :1 d ue h:11t;1glioni della sua colonna di accorrere in soccorso degli :iltri rcp:: rti pontificì, già gravemente scossi. Ma i soccorsi giungevano orm ai troppo tardi e, sou opm1 i .11 t 1ri della nostra Artiglieria, i battaglioni del La Moricière si ~h,1ndaro!10. La S. Casa di Sopra cadde alla fine in possesso dei nmtri cd i l\rn1i fìd vennero ricacciati sulle linee retrostanti. Erano le ore II ,30 tJuando s'inizia\'a ia terza fase dcii ;, l1:1t1 ;1gi1:1. che vie ne così descritta nel volume d ell'Ufficio Storico gi:1 ti 1:1to. Le vicende del combattimento impo neva no :il gcnn:il (' l .. 1 \,lo ricière di persistere nel suo disegno di raggiu ngere Li pi.i u .1 d, ,\ ncona con il meglio dei suoi e rinfo rzarla con e~~i, g i:1cc l:2' ripie gare su Loreto, con truppe ormai in disordi ne, sarchhc \ l.1to impossibile. Il genera le <liede, infatti, gli ord ini in questo sen~o. La 1:a ntcria doveva riordin;1rsi, protetta dalla Cavalleria e dall'A rtig licri.i ; g li ,kindati raccogliersi sulla riva destra del Musone, rimpct!o :il g uado di " La veloci tà con cui le nostre truppe opcr.1rono t:il m," 111 1. 11111. lcu: , ì che più di due terzi della for za del nemico rim:i , e p rigionia.,. , 1u:11H unquc 11011 tralasciasse di opporre resisten za , che fu resa del tulio \'ana .. 1llnu lo , 1:incio e la risolutezza con n1i i nostri operarono l'attacco. Pcr, iò. , ·ì ,1:1 l'im pu" ihilità J i potere eseguire il suo movimt"nto in ritir:i t:i . il nem ico :ibbassò k armi e si arrese prigìoniero, lasciando m olti m orti sui campo. no nLÌlè , ·ari annegati, che, piuttosto che arrendersi, p referi rono !,:é'lla r,i i11 m:i rc. fr:i i qu:il i :in,hc un u ffiziale. « La conJ ona delle truppe, che erano ,otto i m iei ordini. m t:r it:1 nnti gli encomi pd co~aggio e l'i ntrepidezza che mosrr<> in 1:i k occasione. al p unto che più di una \'Olt~ fu i obblig:1to di ra f-1renarnc lo ,lan,·io per mantenere l'ord ine compa tto ».



453 Cascin a Camilletti, coperti dalle dighe, e di là tentare di raggiungere la strada di Umana. Ma gli ordini non pervennero, perchè delle guide cui erano affì. dati alcune furono uccise ed altre si smarrirono per il terreno molto intricato. Intanto nella S. Casa di Sotto i nostri, incalzando i nemici, erano stati accolti da un intenso fuoco proveniente dai fossati e dalle siepi circostanti e si erano fermati. I bersaglieri austriac i <lei maggiore Fuchman, traendo partito <la questo indugio, contrassaltaro no subito per dare aiuto ai tiragliatori franco - belgi ed ai carabinieri S\'izzeri, ormai stanchi dell'aspro combattimento; ma h sm ta fu breve ed, accerchiati, travolti da ogni parte, i Pontifìcì ripit:garono in disordine verso il grosso dell'Artiglieria. Presso la S. Casa di Sotto e nel suo cortile, un pugno di tiragliato ri <.: di carabinieri, stretto attorno al generale Pimodan ferito , difendeva Lluell'appiglio con accanimento ancor maggiore di Lluello spi egato ndla lotta attorno alla S.Casa diSopra, ma infine i Pontifìcì si arresero. Il T0° Fanteria combattè circa tre guarti d'ora ; ma chlic g r:1vi perdite: 3 ufficiali e 47 uomini di truppa morti, oltre :1 10 ufJìcial i :: 92 uomini di truppa feriti (1). Dalla S. Casa di Sotto riconquistata , bersagli eri e Fan t i pio mh:1rono subito sul grosso dell 'Artiglieria pontificia; il tenente Mig uct, :dia testa di alcuni bersaglieri e di un pugno di Fanti del ,o.. regg i mento, si lanciò su tre pezzi nemici c he, impacciati in quel tcrrrno intrigato, caddero, con i loro cassoni, in possesso degli assali tori.

( 1) Il rapporto <lei .:omandante il 10" tegg;mento Fanteri .1, tenente , 0 10 11 ndlo Bossolo, sull'azione svolta dallo stess~ regg imento, così si esprime. « ••. Per dare alla S. V. Jll.ma un s unto del movimento opcr:no , i d al rcgg. mentc> <lirò: che il mattino del 18 cor rente, 'verso le ore ro. g li :l \' amposti ,-c11 nero attaccati dal nemico e poco dopo mi ,·enne l'ordine di fo r :1 v:111 z:irc due: battaglioni in rinforzo; feci tosto partire il I e iI bauagli o nc. che al pa s;t, :iffelerato giunsero sull'altura delhi posizione :igli a,·ampost i. e sc:nza titubanz a ne discesero con un vivo attacco alla baio netta , al grido di Viva il Re 1 Yisla l"urgenza pc! forte incalzare dd nemirn, pd \'Ìvo fuoco impcg n::nosi . m~ssero gli altri due battaglioni, che, lasciati pe r ,·i:.i gli zai ni, siccc, me pure tecero il I e II battaglione dietro online avutone. si \ p;nscro in linea con slancio, :i uaccaudo alla baionetta al g rido di Viva il Re! ; successero dopo fatti parziali J i valore, di avanzarsi e retrocedere; fin chè il nemico, con forze decuple delle nostre, dovette cedere e ritirarsi ancora disord inato ndla prima po.sizionc di Lo.ceto. Le perdite del n:ggimcnlo furono sensibili, tanto in ufficiali come tn ha ssa forza, ragguagliate al decim9 della ~ua forz;1 app rossimatÌ\'a ,..


454 Gruppi di carabi nic:ri, di zuavi, di can no nieri, di cacciatori e di Irlandesi s'i mpegnarono a frotte in una tremenda mischia con i nost ri; ma la lotta, che si era svolta sull'estrema si nistra dei nostri, non fac~va temere altri attacchi nemici sulle altre parti della fronte. A tergo, n:r~o Ancona, il generale Cugia aveva occupato Camcrano con il 23" reggimento Fanteria cd il generale Cialdini, contento della sua iniziativa, gli ordinò di occupare anche Massignano. Intan to il grner:-ilc Avenati, comandante la brigata (( Reg ina », fece oltrepassare l'Aspio al 9" reggimento Fanteria, del quale due battagl ioni occuparono l'abitato di Umana; mentre le altre sci compagnie del reggimento ne occupavano il porto, in modo da imped ire ai Pontificì <li ripiegare da quella parte. Prcclu~a .ii 1H.: 111ici la ritiraLi verso Ancona, si provvide a sbarr:ire loro anche la via verso Loreto, impiegando i lancier i di Novara, i battaglioni bersaglieri XII cd XI ed i tre battaglioni del 26° reggimento f-:rnt eria. l lancieri di Novara e l'XI battaglione bersaglieri inseguirono i fuggia~c hi. Dopo J\"Crc ordinato che le truppe si riordinassero sulla destra del Mu ~onc, il La Moricièrc, lasciato il comando al colonnello Goutlcnhnn·•i. si :1vviù, seguito d;1 pochi ufficiali e da una ci nq11 antin:i Ji (a valleggeri, verso U man;i; ma venne sorpreso dal fuoco del ,/ reggimento Fanteria cd a stento potè salvarsi nella boscaglia. A ::.ud del Musone ì Pontifid fuggiaschi cercavano di arrivare :1 Lo reto cd a Porto Recanati, nella speranza di raggiungere Ancon<1 ~u tiu:ilche imbarcazione. Alle ore 14 ii combattimento ebbe termine. Esso era costato ai ,~ostri 6 ufficiali e 55 uomini di truppa uccisi; 10 ufficiali e 130 uomini feriti. I Pontifid avevano perduto 88 morti, fra i quali il generale Pimodan, :11 quale il Cialdini fece prodigare inutilmente tutte le cure Jel caso; circa 400 feriti e 600 pr igionieri . Vennero, inoltre, catturati dai 11ostri 3 cannoni cd una bandiera ( 1). ( 1) Ecco il bullcuino ddl"e,ercito I;u111ilì cio sulla battaglia Ji CastdfidarJo. datato Ja Rccanat i. il :?o scttrmbrc 186o. Esso è st:ilo tro\"ato ancora in minuta e 11011 può affermarsi che sia st:no effettivamente pubblicato. ,, La scrJ. Jd 17 sctLcmbre il Corpe comand:no da l generale D e La Moricièn: . t" mm posto di cinque rn1npagnic del l f hat1 ag lione del 2 " rC'ggimento indigeno. del t" reggimento cst(:ro, del 11 batt:1glione del 2 ° reggimento parimemi estero, di un;i comp:ign i:1 battaglione S. Patrizio , dello squadrone delle guide, di uno sq uacl rone di gend:irmcria cd uno ca\'alleggcri. nonchè di w pezzi d'Artiglieria, comandati dal tenente colonm:llo nlumensthi l, il tutto ammontante a ci rra 350<1




45 7

L'investimento e l'espugnazione di Ancona. Mentre le nostre colonne mobili si spingevano in tutte le direzioni ed occupavano Terni, Narni, Rieti, Fermo ed Ascoli Piceno, catturando dovunque numerosi prigionieri, gli accordi fra il generale Fanti e l'ammiraglio Persano permisero di ini ziare l'im·estimento di Ancona. A tale scopo, mentre la flotta , giunta il mattino del , 8 settembre nel mare della piazzaforte, rispondeva alle cannonate dei fo rti , le truppe del 1V Corpo d'Armata completavano da terra l'in vestime nto Ji Ancona, della quale il 23 settembre venne dichiarato il blocco. N ello stesso giorno s'iniziò lo sbarco del parco di assedio nel porto di Umana. Il generale Fanti, desideroso di occupare la piazzafo r1 e nel mino r tempo possibile, preparò l'attacco della città c scelse co rnc pri mo uom ini , occupava la città d ì Loreto nelle varie sue posiz io ni in ,n trn 1ionc del !"arrivo della brigata Pimodan, onde tentare il passaggio d a Ca mcrano in t\n, ona ; e difatti, giunta questa la sera del 17, e composta del 1° e 2" ,·a<"(i.Hori indigeni, 1 ° carabinieri, battaglione tiragliatori, del 2° bersagl ieri. han c, ,a St.11J1cr. d ue squadroni dei dragoni e relative ambulan ze, forman1 e in tutto, i, , a )o1o uo mini, si accampò circa due miglia fra Loreto cd il porto d i Rc,an:iti . ,\I r:q>pono della sera il signor generale De La Moricière ordinava r hc per l:1 d11m 11i m:i ttinJ , circa alle ore 10 ant imaid' anc, tuni i Cor pi fossuo al i""' I'"''" FCr incominc: are l'anacco, e con ordine che la brigata Pimotb11 prLn,ln,c !"i niziativa. ,, O ccupava l'Armata p:emontcse, forte d i circa 30.000 uomin i, , <,n !"0 1n·nu dr iua Reca nati, cd estendendosi per le alture dì Castel fidardo ed U,11110, tcnc\'a il suo centro al Monte delle Crocette, e l'estrema sinistra ,-crso Ca mer:1110 , ocnipando eziand:o fortemente il contraffo·te del Monte delle C rwctlc. cn mc posto a\·anzato della linea. " Difatti , appena la colonna Pimodan cominciava ad inolt ra r, i lungo la riva destra del fiume Mu sone, l'avanguardia , coma ndata dal ten ent e co lonnello Corbucci, e composta dei corpi 1° carabinieri, 1° cacciatori i11d ·~,·11i. lial la_1!lio11,· bersaglieri, ed una sezione d'Artiglieria, lo guad:1va vicino :ilb ,·i:1 tktt:i Jella lfanderuola: :illorrhè l'inimico sp'nse in ava nti, da lla pos1zio11,· pd , <>ntr:11fort c. u n numero strao rdinario di bersaglieri, onde contra stare: il p:i sso: men tre altra linea di bersag lieri, sollo un burrone dalla parte d estra, pre11dc,·a d i tìa 11.:0 le CO· lon nc marcianti. I Corpi pontifici che marcia ,·:ino, ;l\·e,·:1110 all 'estrema punta .I I battaglione carabinieri, ed in sostegno di q uesto il I bn:1g lione (ac..:iatori, h::ttaglione tiragliatori e due pezzi d 'Artiglieria; e giunti al g uad o destinato, , carabinieri si spiegarono ed aprirono il combattimento,. setto la protezione del quale, guida l'intera colonna, e s'impegnò u n comb:itt1mcnto generale che \ i spinse fino sotto al contrafforte, ricacciando !"inimico al di Eì della loro posi1.ione, facendo anche dei png1001en. Per altro i nemici, prQtctti da una fo ~te


nbbicttivo le IXJsizioni fortifica te del Gardetto, la cui conqui sta ;:vrebbe pututo venire faci litata dall'azione ddla flotta, ed avrebbe permesso di battere efficace mente le altre d ifese Jella piazza. Ma, per impadro nirsi del Gardetto, occorreva conquistare prima le forti posizio ni di Monte Pelago e cli Monte Pulito. L 'attacco principale dove\'a essere co mpiuto da lle truppe del V Corpo d 'Armata, alla nostra desLra e preceduto da un attacco di quelle dd IV Corpo alla n.o~tra ~inistra; attacco, quest'ul timo, che, pur essendo dimostrativo, doveva portare ~ilb conL1uista dell a Lunetta Schima e del Lazzaretto . Il Coma ndo del ge nerale Fanti s1 trasferì da Loreto a Vilb Fa,·ori ta ~otto Castro . La conquista di Ancona venne 1mziala il 24 sèltembre, con un ,·iole11to bombarda mento delle opere esterne della città, eseguito dalle truppe e dall e navi e, mossa all'attacco, la rf Divisione occupò, dopo <cha s11ua1a ~ut 1110111c stesso alb loro sini~tra, e da una scc;omh posizione piò ah:i e g i:\ funi fir :11:1 in antc, edenza, cominc:iarono a fulmina re dalla loro posi , ion,: ,un m11 r.1glia e g ranate, in modo, 11011 so lo da rendere impossibile ogni ulteriore :I\ .1111:11111·n10, ma di 111a111cn ersi 11dla fatta conquista. Intanto la co lo nn:1 I )r La J\11111ncrc, giun r:1 ::i i ddii,nu della , ia d..lla Ihndcruob, e guadato il li unw. s1 I""<' in on li11e serrato; ma , tormemata ancor questa <lai ca nnoni rig.11 i dal l.1 P'"1z 1011l' p:t·mo11lcsc fortifi cata, e vcùuta la difficoltà Ji sostenere l.1 po~ 'llP!1 ~ '"""Jl"''·":i, dopo u 11'altra ora d i vivissimo fuoco, cd accaduta la m um: dd gcm:1:ile l'i nwdan su lla p osiz ione presa, il generale in capo ordinò l.1 1iu , .,1,1. I., , 111.d.: ,-enn e cscµuit a da tutti i Corpi sono il fuoco rlcl l'Artiglicria e· F.1111 cr ia lll'l1l ll .1. pn circ 1 due miglia: la 111aggior pane dei Corpi riemrarono in Lorl'lu, l.1, u,rndo sul campo d i battaglia moltissimi morti d'ogni grado, feriti c p; igionicri, l" tre pC7.z i d'Artiglieria, che non si poterono trasportare per difcttc ,Id terreno e per.!11.1 dei cavalli. " L"inimilu dlh•: t·g li ancora del le perdite cunsidcrt',·oli a sua con fess ione. " li ge11er:1lc in .-:1po, segu ito dallo squaùron c di ca,·allcggeri, Ja due pezzi d 'i\ niglieria , ,b 1rn,1 p:irrc d ei b:lllag lioni Dupasquier e Belle, e da vari plotoni delle ri~crv,· d i og11i Corpo. p rl'sa la vi:1 di Sirolo, tentò di di rigersi in Ancona ; 11 1.1 11u11 pot~ r,1i!giu11gcrc lo s, opo che il sob generale in capo, seguito chi pochi ,·:l\'allcggcri e d ue pn.zi d'Artig li eria, mentre il resto della scorta rimase prig-ionicra di un Corpo ncmirn appostalo colà per l'oggetto. " l sold:iti, a11im;1ti d:ti propri u ffi ciali , rt"cero fino ail'estre mo il loro dover<::, e c.umbanerono bnllantcmcnte, no n curando le maggiori for ze e le posizioni for. mid::ihili Jd nemico. e particolarme111e i primi Corpi che entrarono in combat timcnto ga reggi arono Lanto gli ufficiali che i su!Jati di cornggio e Jcvozione, , cgucndo così l'esempio del generale Pimodan, che rimase ucciso sul campo. « li barrngl ionc Fuchman conservò l'ordine. protesse b ritirata e, pel suo forte con tegno e valoro, o comb:Hterc, fece ~ì che il nemico non inseguì che con gra n circospezio ne».



un accani10 ccmbattirnento, la lunetta Scrima, ll}cntre la i Divisione raggiungeva la cima di Monte d 'Ago e Monte 'Pedocchio. Intanto le truppe del V Corpo occupavano le alture di Monte Acu10 e di Monte d'Ago ; il 25 settembre s'impadronivano anche cieli" Altopiano di Pietra della Croce e del contrafforte di S. Maria delle Grazie ed il giorno 26 settembre occupavano anche il villaggio di Pietra della Croce. Due compagnie del 39° e del 40" Panteria attaccarono alla baionetta l'opera di Monte Pelago, seguite di corsa dalla hrigata " Bologna » e dai battaglioni bersaglieri XXIII, XXV e XI, il quale ultimo doveva operare di sorpresa sul tergo dei difensori. 111 un batter d'occhio - scrisse il Fanti - ,, tutte yueste truppe, sotto il più vivo fuoco della mitraglia e della fucileria, attraversano il fosso, s·arrampicano sui parapetti e piantano la bandiera nazionali: sull'opera, ove il nemico abbandona 7 pezzi d 'artiglieria. morti e feriti. ,, Ma ciò non basta a quelle valorose truppe. li 39" r eggimento Fanlcria ed i battaglioni bersaglieri, incalzando i nemici fuggenti, 1,iombano sull"opera di Monte Pulito ed, a malgrado il profondo fossato e l'alto parapetto, s'impadroniscono di essa e fanno sventolare ivi pure il vessi llo nazionale, sostenendosi sotto il fuoco vivissimo dd k .iltre v pcre Jclla piazza n . Nella stessa st.: ra il generale Cialdini ordinava ai battaglioni hersaglieri VI, VII e XII cd al 49° reggimento Fanteria della brigata " Parma n di co11<-1uis1are il borgo di porta Pia che, infatti, \'enne OLcupato, respingendone i Pontifid e facendo molti prigionieri. Nella notte sul 28 settembre il VI battaglione bersaglieri occupava anche il L:izzaretto. [ntanto si era riuscili a trasportare il parco d'assedio a Monte Aculo, sul quale, non ostante l'intenso fuoco nemico, furono costruite le piazzuolé e ven nero installate le bocche da fuoco. Fallito un tentativo della flotta per penetrare nel porto di Ancona e respinto con l'aiulo delle navi ur, attacco de~ Pontificì conlro il Lazzaretto, il 28 settembre il Fanti ordinò: che anche le artiglierie: del parco d'assedio aprissero il fuoco sulle rimanenti opere della città; che le truppe del lV Corpo d' Armata cercassero di entrare di viva forza in Ancona per porta Pia e che quelle del V Corpo vi entrassero per le porte Calamo e Farina e procurassero cli sorprendere il Garde tto. Questi o rdini sarebbero stati senza dubbio eseguiti, se aìla m ezz:rnotte ciel lo stesso giorno 28 non si fosse presentato al nostro Co111:i ndo un p:1rbmcn1:i re. inviato da La Moricière, a proporre un ar-


mistizio di 6 giorni e, al rifiuto del generale Fanti, a proporre la resa che, dopo laboriose trattative, venne conclusa alle ore r5 del 29 sett::mbre (1). Per i patti concordati il giorno 30 le truppe pontificie di Ancona, con 3 generali, 346 ufficiali e 7-oco uomini di truppa, usC1rono dalla città con gli onori militari, per deporre subito dopo le armi e considerarsi prigioniere di guerra.

,'vlo11ume11to

ili

C!1duti di Castelfìdordo .

Con la caduta di Ancona la campagna potè ritcncr~i conclu~::. In soli 18 gio rni le truppe italiane avevano espugnato Pesaro, Urhino, Perugia, Spoleto, San Leo ed Ancona. Nella Relazione del generale Fanti, già più volte citata, vengono esaltate le virtù militari dimostrate dal nostro esercito durante la c::impagna. (1) Ancona si a rrese dopo quatuo giorni <li bombardamento da terra e ,l.1! mare. Venne.o catturati, oltre a molti prigionieri, 154 pezzi d'Artiglieria.


Le Marche e l'Umbria furono poi, ai primi di novembre (r), :rn nesse, per plebiscito, al Regno di Vittorio Emanueie.

Il 4 ottobre Re Vittorio Emanuele assunse in Ancona il comand0 del Corpo di spedizione vittorioso ed il Fanti venne nominato

Capo d i Stato Maggiore; quindi, lasciati alcuni presidi nelle nuove Provincie, 1·esercito marciò verso gli Abruzzi. Alla notizia dell'avanzata dell'esercito italiano, Francesco II inviò ad Isernia una brigata di Fanteria che, rinforzata da gente del luogo, il 20 ottobre attaccò l'avanguardia del IV Corpo sull'altura del Macerane ; ma, respinta, si sbandò, lasciando libera la via di Venafro - T eano. L'avanzata delle truppe italiane e la minaccia di quelle garibaldine sul Volturno indusse l'esercito borbonico a ripiegare, lasciando un forte presidio a Capua, dietro il Garigliano. Il 26 o ttohre, nei pressi di Caianello, avvenne lo storico incontro di T eano fra Garibaldi e Vittorio Emanuele ed il congiungimento delle forze rcgobri con quelle volontarie. Fu poi deciso che il V Corpo d'Armata ed i Garibaldini assedi assero Capua ed il IV Corpo attaccasse i Borbonici sul Garigliano. Il g iorno 2 nove mbre Capua capitolò. Il 29 ottobre si erano svolti combattimenti lungo il Garigliano per assicurare il passaggio del fiume al grosso, ma il passaggio non potè av\·enire che il 3 novembre, dopo che le truppe di Francesco II , in seguito ad un violento bombardamento della flotta, abbandonarono b sponda destra del fiume, ritirandosi parte a Mola di Gaeta (Formia) e parte ad Itri , per prendere posi7,ione di fianco contro l'ulteriore avanzata dei Piemontesi. Il giorno seguente una Divisione piemontese attaccò Mola e, col concorso Jei tiri della flotta, riuscì a scacciarne i difensori , che si ritirarono a Gaeta. (1) Al Pontdìcc rima sero la Comarca ed il. P atrimonio di S. Pietro, proteni dalla band tera francese. La Comarca, o campagna <l i Roma, comprendeva: O stia, Velletri, Frascati, Albano, Tivoli , Anagni, Frosinone, T erra cina ccl altri abitati. Il patrimonio di S. Pietro comprendeva, oltre ad altre terre, Viterbo, Ci,·ita\'ccchia, Civitacastellana eJ Orte. L'annessione delle Marche e dell'Umbria alla nuova Italia venne votat:1, con unanime plebiscito, rispettivamente il 4 ed il 5 nnvembre.


Le truppe borboniche di Itri ripiegarono su Fondi ed al confine pontificio consegnarono le armi ad un distaccamento francese. Il 7 novembre Vitto rio Emanuele entrò in Napoli ed il g iorno 8 ricevette dal Dittatore il risultato dei plebisciti per l'annessione del Napoletano e della Sicilia. Il generale Garibaldi partì per la sua Caprera. Il I 3 febbraio 1861 capitolò la fortezza di Gaeta e poco dopo ,i arresero anche quelle di Messina e di Civitella del Tronto, ultimt.: resistenze dei Borbonici. L 'Austria, la Prnssia e la Russia, riunitesi frattan to a co1~g re~so :, Varsavia, non poterono accordarsi ai nostri danni per l'appog).! io . 1 noi dato dall 'Inghilterra e da Napoleone III , che dichi arò di non permettere un intervento straniero n~gli affari italiani . Il 18 febbraio si riunì in Torino il primo Parlamento italiano t.: b sessione legislativa venne solennemente inaugurata dal Re. Il 2 1 febbraio il Cavour presentò al Senato un disegno di lcggt:, per il quale Vittorio Emanuele assumeva il titolo di Re d'Italia: progc1to che venne approvato con 129 voti favorevoli e 2 contrari ~11 1 3 1 ' "natori presenti. Lo stesso progetto venne approvato il l..j m .irm ,Liii.i Camcr.1 dei Dc:putati <.: J il 17 marzo la « Gazzetta v f tìciaic- " pubbl icc'-1 la legge, per la quale Vittorio Emanuele assumeva, per ,z_. r per i suoi successori , il titolo che gli spettava. Dieci giorni dopo Li 1 'amera dei Deputati, udite le dichiarazioni fatte in propo~ito d:il Cavour, votava qua si all ' unanimità l'ordine del giorno, col 1..1uak , , confidava che « Roma, Capitale acclamata dall'opinione nazion.tle ", venisse resa all 'Italia. Per la spedizione di Garibaldi in Sicilia e per la. campagna delle i ruppe regolari del 1860- 1861 furono insignite di medaglia d'oro le ba ndiere del 10° reggimento Fanteria e del 1° reggimento Grana1ic:ri e vennero inoltre concesse le seguenti medaglie d'oro indi viduali : Rosolino Pilo, Giuseppe Missori , Pil ade Bron zetti, Paolo O<: Flotte, Paolo Griffini, Pietro Eleonoro Negri, Enrico Morozzo della l{occa, Manfredo Fanti, Alessandro Grosso Campana, Emilio Pal b 11cini cli Priola, Erculiano Gobelli, Enrico Franchini. Pietro Quin1111i, Ferdinando Pinelli, Luigi Ferrari. Vennero inoltre conferite ad ufficial i cd a soldati di Fanteria le ,rguenti ricompense individuali: - medaglie d'argento 1 .315, - medaglie di bronzo 2.01 6. Il generale Cialdini venne nominato Duca di Gaeta.


IV.

LA FANTERIA CONTRO IL BRIGANTAGGIO ( 1860 - 1870) Per t]uanto si tratti di un pcrio<io assai doloroso della nostra vit:1 n:1zionale, reputiamo opportuno ricordare anche quanto la F anteri:1 italiana co ntribuì all a difesa c.lelle leggi e dell'ordine, d urante l:1 c;im pagna cont ro il brigantaggio e seguiremo nel farlo il pregcvok studio, gi~ pubblicato in proposito da Cesare Cesari (1). Egl i avverte, ai ri guardo: " Il fenomeno di reazio ne politica che pre~e il nom e d1 brigantaggio e che turbò la vita italiana nel decennio fra l\rsscdio ·di Gaeta e Li proclamazione di Roma a Capitale d' Ital ia è uno dei fatt i più complessi della nostra Storia nazionale. ,, L:1 sua ricostitu zione non può farsi qu indi coi soli demen ti ut f:ciali di carattere politico, che si conser va no nei nostri arch ivi di Stato ed in Quell i provinciali e com u nali; nè sulle sole fonti milita11 d 1e ha raccolto l'lJffìcio Storico del nostro Stato Maggiore, poich1\ d.1 tutti l1ucsti elementi, non ri sulta il fatto psicologirn che eblir tanta importa nza sulla predisposizione degli a nimi e nel succeden1 degli :iv,·eni m enti. Molte carte sono, inoltre, scom parse e m olte sono tu ttora conser vate da privati, come documenti no n d estinati al l.1 pubb licità; cosicchè i carteggi che si possono consultare si riducono ad un nu mero rehtivamente esiguo e di parte che chiameremo it:1 liana, pcrchè no n sussidiati dal raffro nto di al tre di parte borbonic:i , pontificia ed a nche straniera, in qua nto il feno m eno fu pure al imrn tata da interessi politici, co ntrari all'unità italiana. ,, A compe nsare q ueste lacune si potrà obiettar e che no n manl,1 al rigua rdo una copiosa bibliografia; ma a nessuno degli studiosi d1 qu esta materia s:1rà sfuggito che, fra le centi na ia di li bri che trattano del brigantaggio, sono rarissime tiuelle opere che hanno un carattc.:1r (1i imparzi:il ità ed una serena val utaz ione dei fatti, m entre abbond:1 ( 1) C t.SARE CESAl<I : " L'esercito italia no nclb cam pagna Jcl brigan1agg111 ( 186o - 1870) ,).


una letteratura leggendaria o apologetica o aneddotica, completamente falsa e tale da augurarsi che di essa possano pres to scomparire anche le ultime tracce. « I pochi lavori sed, comparsi in questi ultimi anni , hanno, infa tti, bandito quelle ignobili fonti ed hanno sviscerato il fe nomeno con più approfondita cognizione dell'ambiente, per dimostra re l'erroneità di certi giudizi che erano diventati assiomatici, con gr:! ve danno tlel nome italiano, in patria ed ali' estero. t, Basterebbe sfogliare taluni giornali illustrati del decennio che corse fra il 186o e il 1870 per farsi un'idea della poca conoscen za cht: , i aveva allora dell'Italia meridionale e delle sue popolazio ni , raffigurate sempre col cappello a cono e la pistola alla cintola , in sofferenti di leggi, pronte ad assalire e a farsi giustizia da sè. N essuno si preoccupò, in quel lasso di tempo, di sventare o di chiari re qucllt: corrispondenze di redattori improvvisati od in mala fede, cosicchè il fenomeno della reazione politica, comune a tutti i paesi cl11.: ca mbiano improvvisamente istituzioni secolari e forme governative. ,·enne a poco a poco prospettandosi rntto una luce di maland ri11.1ggio uniforme e gen erale "·

lYaltra parte il Governo volle coprire il buon o e il c tl li vu wl medesimo si lenzio, fino al punto da non riconoscere l"opna dell'esercito contro il brigantaggio w me campag na di g uerra e da limit:.ire al minimo inevitabile la concessione di ricompense :.i ljllei ,·a l<'rosi che, nell 'adempimento di un increscioso dovere, avevano Lisciato la vita. Fu forse un atto di generosità verso le popolaz ion i del Mezzogiorno e verso il cessato governo borbonico; ma in pratica si tradusse in un duplice danno: di lasciar viva la triste fama che si era radicata neg li animi degli Italia ni intorno alle provincit: mn iJionali e di non compensare adeguatamente l'azione paciJìcatrice co mpiuta dalle truppe regolari e dalla G uardia Nazional e. Azione delicata ed in pari tempo durissima, che si iniziò nel 1860, in seuuito al famoso bando di Isernia del generale Fanti per reprimere 1 moti rivoluzionari che si manifestavano alle spalle dell 'esercito durante l'assedio di Gaeta e che si protrasse, con un pericoloso crescendo , fino al 1863, per scemare poi g radatamente e spegnersi nel 1870, con la liberazione di Roma e la cessazione di ogni altra velleità separ:itista di fronte all 'unificazione del Regno.


La poca forza mandata in prinop10, gli ordini, non sempre chiari e adatti alle circostanze, che venivano da Torino, la mancanza di conoscenza dei mali e dei rimedi furono le cause princip:,li di uno strascico così lungo del triste fenomeno. Ufficiali e soldati furono di una abnegazione superiore ad ogni elogio; ma il loro compito non potè esplicarsi che col dare la caccia alle bande, senza poter corroborare questa azione, prettamente militare, con misure politiche (: sociali inte~e :.i sollevare gli animi delle popolazioni ed a renderle fa vorevoli al nuo vo ordine di cose. Da troppo tempo il mal governo borbonico aveva abituato i suoi sudditi a scorgere nelle autorità soltanto delle forze repressi ve : da troppo tempo le popolazioni erano tenute in una deplorevole ignoranza e più di una volta il Governo aveva dato per primo l'esempio J"arm are delle bande composte di pessimi elementi per sostenere il trono o per imporre la propria volontà. Cosicchè, quando si ~.::ppe che la Corte era ormai chiusa n ella fortezza di Gae.ta, che i privileg i de i nobili e del clero erano in pericolo, che << i Piemontesi 1, an:'. Yano invaso il Regno delle Due Sicilie, parve logico e legittime iniziare la for mazione di bande, affidate a uom ini temuti , per difen . ._!ere con rssc le'. \'ecchie istituzioni. E, poichè nell ' immaginazione popola re l'opera del le bande stesse era no n soltanto autorizzata, ma voluta dal Re e dalla Regina e la lrn o .izionc: difensiva si prospettava circonfusa di una aureola d i eroismo per le sofferenze che incontrava e per la gloria che l'accompag na v:i, non mancarono fin dal primo mo mento verso di essa tutti gli aiuti possibili , morali e materiali, senza distinzione di mezzi le gali o illegali . N el trapasso fra i due Governi si trovarono così di fronte ed in contraddittorio due elementi di fatto: una consuetudine secolare, violentemente turbata, ed una impreparazione a ricostruire ciò che si andava distruggendo. Quindi la reazione, fomentata e sorretta d:1 tulli coloro che vedevano compromessi i loro sistemi <li vita, ebbe subito buo n gioco e non tardò ad affermarsi e ad estemlersi oltre Li piccola cerchia dei dintorni di Napoli e di Gaeta; e la Causa itaiiana, A fìdata all'esercito, senza il concorso di immediate misure liberali e ci_vili, non ebbe la forza e il prestigio di imporsi, per troncare imme· chata1!1e~te. un malanno che per la stessa bontà intrinseca delle popol:iz1on1 s1 sarebbe sanato in pochi mesi. Questo è doveroso afferma rt: perchè b lunga durata della lotta no n venga attribuita a deficienza del sent imento del dovere nei Quadri e nelle truppe.


Parlando di brigantaggio, è necessario distinouere - continua b il Cesari - i due aspetti diversi coi quali si manifestò. Il primo fu essenzialmente politico ed il secondo prese tutte le forme della <lelinquenza ordinaria. Uno nacque per ritardare la cadura dell a dinaqia borbonica durante la campagna di guerra che culminò a Gaeta, e continuò fino al 1863, cioè fino a quando la Corte borbonica po tè ancora esercitare da Ro ma e da palazzo Farnese la propria infl ucnza nel perduto dominio napoletano ; l'altro fu come uno strascico di malandrinaggio, alimentato da pochi capibanda disillusi ndk loro aspirazioni per il mancato ritorno di Francesco II, ai qua li si aggiunsero poi i malcontenti e gli sbandati del vecchio cserciro borbonico. Gli uomini di cui i nostalgici <lei Borboni si ser viro no in p,·incipio furono dei generali stranieri come il Conte di Cr istrn . Jo~è Uorges, de Guiche, Carlo Maier, Raffaele Tristany, tutti lcg i11imi ~1i intransigenti, che intesero la guerriglia delle bande come il m c,zo per mantenere nelle popolazioni la speranza ed il timo re e per 0~ 1.1colare o compromettere le annessioni delle Provincie m eridio 11 .tli .il Regno d'Italia. Cessata quest'azione diretti va, il brigantaggio ebbe .il tri C'l,i ~c.: nza scruPoli e senza pietà, desiderosi di bottino e pril'I J, og1 11 1dc.1 lìtà, come Chiavane, Ninco Nanco, Leone, Cocito, Crnr riilo, C'.1ruso e tanti altri; cosicchè i Borboni se ne disinteressaro no cd il ( :o \crno pantificio stipulò, il 24 febbraio 1865, col Governo it.di .1110 L, convenzione di Cassino per distruggere ogni resi<luo di hrig:int:1)-')!Ìo. ln virtù di tale accordo anch~ le autorità francesi in Rollla f uruno indotte a cooperare lealmente con le autorità italiane per l'estrad izione e la cattura dei malviventi. Cosi l'evol uzione si venne co mpiendo, non come il risultato di un prog ramma ben defini to . 111:1 come naturale procesw di un fenomeno, che era sorto con fonda te.: ~pcranze di successo e che si affievolì allorchè le speranze stc.:ssc.: andarono gradatamente svanendo. A giustificare, o per lo meno a scusare, ta nta rcsi stenz:1 è d\1upo non dimenticare che, per tutti quegl i anni , no n pochi emissari bor1,onici continuarono un'accanita propaganda contro l'lt:ilia, per m czl O di foglietti e di opuscoli, letti in verità da poc hi ; ma commentati eia molti, specie nelle campagne, dove ~i diceva che l' Ing hilterra ~tava per intervenire allo scopo di rimettere Francesco II sul trono di Na poli, che la squadra russa era g ià in viaggio per la Sicilia, che Pio IX aveva scomunicato Vittorio Emanuele II e che i Borboni avrebbero premiato i fedeli e sarebbero stati inesor;ibili con coloro


che avevano fatto adesionr al Governo piemontese. Inoltre si diceva che i Garibaldini sarebbero tornati per saccheggiare i paesi e che perciò si doveva tenersi pronti ed armati per la comune difesa. Gravi e bugiarde accuse, ma che non debbono meravigliarci pcrchè furono sempre usate in simili circostanze e che di fa tto ottcneYano qualche tangibile risultato.

I primi sintomi reazionari si manifestarono ad Isernia, sul finire del 186o, quando si trattava di minacciare da tergo il Corpo <l'Armat:i del generale Cialdini che investiva Gaeta; ma la vera e propria reazione scoppiò qualche mese dopo, quando Gaeta era già cadu ta e la Co rte borbonica si era rifugiata a Roma. Allora fu stabilito un piano organico di resistenza, che porta la data del 15 novembre 1&61, e per il quale si formarono cinque bande agli ordini cli Chiarnne, Cetrone, Falga, Capoccia e Pischiatello. La banda Chiavone fu b prima a costituirsi sui monti di Vcroli, con 400 uomini, 12 spingarde e 2 cannoni , con obiettivo l'occupazione d i . Sora e la re~-tauraziu nc: Jd Guwrnu borbonico in quel paese. La bar:da C.etrone, con un centinaio di uomini, accampò nei pressi di Sonnino con obiettivo T erracina. La banda Capoccia, sparsa fra Tivoli e Subiaco, con una forza non superiore a lluella di Cetrone, <lovcva entrare nell:i Marsica per unirsi alla banda di Chiavane. Le altre due bande di Falga e di Pischiatcllo, com poste di ex soldati borbonici coman<.:ati da ufficiali , dovevano imbarcarsi ad Anzio sopra un legno con hndiera francese e sbarcare: una in Calabria e l'altra in Sicilia. A costoro erano state distribuite uniformi francesi per ingannare le truppe italiane. L 'indisciplina di <-Jueste bande non permise, però, di effettuare ;1icuna delle progettate spediz ioni ; ciascuna banda agì per conto proprio e non tardò a frazionarsi cd a crearne aitre, che si sparsero per Wttc le Provincie del Mezzogiorno. Così sorse a Cotronei ia banda del Muraca: così il Borges sbarcò di sua iniziativa con 22 compagni a Gerace per unirsi alla banda calabrese di certo Mittiga, che cadde poi ucciso in uno scontro con una compagnia del 29° F anteria, per cui il Borges dovette fuggire negli Abruzzi ; così a Ripacan<lid:i. si formò la banda di Croceo, che diede tanto filo da torcere alle nostre truppe; così, infine, un certo Zimerman, d'origine tedesca, ed il Marchese di Trazeignes, nativo di Namur, si diedero ad organiz


zare la resistenza armata in territorio di Isoletta, per solo desiderio di avventura. Il primo cadde prigioniero di una pattuglia del 43° Fanteria a San Giovanni Incarico ed il secondo venne fuc ilato dai nostri soldati. La guerriglia, condotta sotto l'egida dei legittimi sti , assun se, neg li anni 1861 e 1862, una parvenza di lotta per l'indipendenza, per la quale il Tristany, dal suo quartiere generale di Mig nano, emanava o rdini e proclami, intitolati pomposamente co l nom e di « Comando di Armata>> e firmati con l'attributo di << Maresciallo di Ca mpo d i S. M . il Re Francesco II )) ' senza tuttavia ottenere per tJUcsto che :·autorità del comandante stesso venisse rispettata dai g regari. Infatti, come più volte il Borges aveva dovuto sconfessare il capo brigante Croceo per le sue inutili crudeltà , così il Trist:m y si sh:1razzò di Chiavone, facendolo uccidere a tradimento. Il Borges, avventuriero spagnolo non privo di ge m:ro~it} . fu catturato dal I battaglione bersaglieri, al comando del rn:1ggiorc Franchini, e fucilato a Tagliacozzo, dopo una scena dr:1111111:tti L:t . i n ,·ui egli volle baciare i suoi compagni , consegnare la su:1 ~p.n l.1 e .,ttc ndere in ginocchio i colpi mortali. into nando ad :tlt:1 voce u11 a preghiera.

Tutto ciò - continua il Cesari no n poteva no n infl ui re sulLi f:rntasia delle popolazioni, che in buona fede firmavano le pet izio ni, 1 ivolte all 'ex Re e all'ex Regina, perchè tornassero presto fra i lo ro , udditi, e Francesco II rispondeva sempre da Roma con proclam i pieni di fiducia nella Provvidenza divina, incoraggiando b rc:17.io m: cd esaltando il valore dei combattenti, fra i <-1uali non m anca rono le donne, mogli, figlie od amanti dei briganti, e celebri e se pure pe r i ro manzi d'amore e di morte, che intorno ad esse si and:1 va no og ni gio rno intessendo. Fra esse basterà ricordare la bellissima Maria Oliviero, amante del capobanda Monaco; Elisa Bella, detta la Regina della mo ntag na , ucc isa più tardi, nel 1865, da alcuni squadriglieri pontifici ; la terribile moglie del brigante Cedrone, c:iduta in un conflitto e ricono~c iuta donna soltanto dopo morta, perchè vestiva da uomo, cavalcava stupendamente e adoperava la carabina come il più abile tiratore. La simpatia destata da questi uomini e da queste donne, e più .tncora il terrore che suscitavano in coloro che venivano segnalati co-


mc partigiani del Governo italiano, andavano così rapidamente ;:umentando, che le truppe e i funzionari mandati in talune plaghe ciel Mezzogiorno si trovarono ben presto circondati da una rete di favoreggiatori , più pericolosa ancora dell'azione aperta e decisa delle stesse bande. La tattica usata dai briganti ci risulta da una specie di memoriale che fu trovato indosso al capobanda Andreozzi. Poche norme dettat( dall'esperienza e dall'istinto prescrivevano gli appostamenti in località dalle quali si dovessero attaccare le pattuglie militari all'improvviso, con una prima scarica, eseguita proditoriamente sul fianco delle colonne, in modo da obbligarle a far fronte verso il lato opposto a quello sul quale si svolgeva l'attacco principale. Praticissimi dei luoghi, coloro che erano incaricati ddla prima azione dimostrativa, come quelli a cui era serbata l'azione decisiva. sceglievano sempre un terreno che avesse alle spalle un bosco od un dirupo, dove , in caso di ritirata, fosse agevole disperdersi. Sicuri delle notizie dei loro informatori, i briganti conoscevano in precedenza le direzioni di marcia delle truppe e le comunicavano agli .Kcoliti : di notte con fiammate convenzionali e di giorno con segnab ziur.i :i òist:inz:1. Qualche volta, dopo un conflitto con la truppa, parecchi animali cadevano nelle mani dei soldati. Un bando del generale Cialdini ,,rdi11.1va che, in tal caso, la refurtiva fosse restituita ai proprietari ; m.a, puichè (Jllt:~ti, pel timore delle rappresaglie, dichiaravano sempre Ji no n ricon ,:cere le proprie bestie, così era prescritto di vendere gli :'. nimali all"asta e di versare il ricavato ai Comuni per opere di beneficienz:1.

Negli an ni 1861 e 1862 il brigantaggio venne combattuto con poche truppe c con molti c~trabinieri; ma poi si finì col mandare contro i briganti circa 6 battaglioni granatieri, 52 battaglioni di Fanteria, 19 battaglioni di bersaglieri e 4 reggimenti di Cavalleria, naturalmente sul piede di pace. Al servizio contro il briga ntaggio si voleva dare il valore di servizio d'ordine pubblico e, soltanto nel novembre 1862, si costituirono le zone di Gaeta, <li Caserta e di Avellino, alla dipendenza della Divisione di Napoli, a cui fecero poi seguito le sottozone tl i Campobasso, di Benevento, di Sora, di Bisacca, di Lacedonia e di C:1s


47 1 sino. Sul finire del 1863 ~i costituì, contro il brigantaggio, un Comando distaccato a Pontecorvo e, quando, nel 1866, si abolì la zona Ji Cassino, si istituì quella del Matese. Dal 1867 in poi tutte le Provincie meridionali passarono all'unica dipendenza Jd Comando generale di Napoli, affidato al generale Pallavicini. Il massimo sforzo, come si è detto, fu compiuto nel r8(13 con circa 90.000 uomini; forza che diminuì gradatamente in seguito, fino a ridursi a 40.000 uomini nd 1865. Un'altra riduzione.: av venne nel 1866, allorchè i quarti battaglioni furono richiamati rn:ll'Alta Italia per la guerra contro l'Austria: ma la forza totak aumenti) òi nuovo fra il 1867 ed il 1870, quando, in appoggio alle rnlrn 1nc mobili, si costituirono anche dei presidi stabili. Nel solo anno 1861 i reggimenti di F anteria di linea che 111.111<larono i loro battaglioni nell'Itali a meri dionale, per comh:1ttcrc il brigantaggio, furono 30 e precisamente, secondo il Caffarelli , il 1" n.: gg imento, un reparto del quale si distinse 1'8 maggio nello ,rn ntro di Fondi, ed un altro, il 5 luglio, in quello di Balsorano; i reggimenti 2 " e 3° che parteciparono a notevoli fatti d'armi: il '( clil" ,i trovò a Bauco il 28 gennaio ; il 6" rimasto a lungo alla fro11ti n:1 il<' .·~li Stati pontifici , donde veniv::i :.ilim r ntato e diretto il '""' 11 11~111u della ri bellione; J'n°, il 12", il 17", il 18°, il 21 °, il 23", il 2-;". il ,(," cd il 28°, che furono impiegati nel terri torio di Caserta, di A"cllino. di Sora e nel Matese: il 27" che, (accndu parte della rnlon11:1 dd generale Pinelli, s'impegnò sin dai primi scontri e si scg11:d,ì rn ·l b liberazione di Acquasanta, dove i superstiti di una sua co mp:1gnia, l.1 9•, bloccata <lai briganti, avevano resisti to, combat11.:11do d i,pcr.11amente, sulle deserte montagne, nel cuore cieli 'inverno, pn ben t1uindici giorni, senza soccorsi di alcun genere e qu:1si srnza speranza di poterne ricevere. Sulle aspre montagne del Gargano ed in territorio di Bareggiano e di Gioia si distinsero anche i reggimenti 29" e )o" negli -contri del 27 e 28 luglio; il 35" che sostenne uno scontro il q ago,to; il 36° che fu a Roccaman dolfi e disperse alcune bande di briganti, coi due fortunati combattimenti del 31 maggio c.: del 14 novembre, segnalandosi poi a Riccia, alla masseria Dc Matteis, a Tor1cfantina ed a Saccione nel mese di novembre stesso; il 37° con tre fortuna ti fatti d'arme; il 39° con la sua magnifica condotta di Salsa e Sorbo, di Acquasanta, di Santo Stefano ed in tutte le operazioni della colonna mobile del Beneventano; il 40° che perseguì la famosa ba nda del brigante Chiavone; il 49° che sostenne lo _scontro di Ro-


47 2 seto il 13 settembre; il 50° che si segnalò a Cervinara; il 53° ed il 54" che combatterono a Messerole ed, infine, il 61°, con gli onorevoli scontri di Muro e di Ruvo, ed il 62° che a Ruvo e a Bella, sosten uto più volte l'urto della banda Croceo, battè Poi brillantemente i briga11ti a Coro nato, a Colle ed a San Marco dei Cavoti . Tutto questo in soli otto mesi, nel 1861 l

Pochi episodi bastano poi a dimostrare con quanta ferocia si combattesse contro i nostri soldati e quanta vi rtù militare occorresse per resistere e superare quell'aspra prova. E~~rndu giu nta notizia che il 7 ago sto 1861 era scoppiata a Ponte hndolfo una r ivolta, approfittando della quale i bandit i, preavvisa~i <: precedentemente radunati, avevano invaso i l municipio, saccheggiato k c 1~e dei liberali, uccisi e gettati su mucchi di fascine in fiamme alcuni fra i più in vi sta dei partigiani della Causa italiana, da Camrobasso fu mandato un distaccamento di 50 uomini del 36° Fanteri a che, agli ord ini del tenente Cesare Bracci, giu nse a Ponteland olfu nt'l m attino dclr1 1 agosto . !\arra il Cesari: " li paese era in apparenza tranquillissimo, ma. non appena i pri mi soldati vi entraro no, furono accolti d alle g r icb Ji " morte ::ii Piemontesi » e da una turba di gente rni naccios;1. l i ti:nente Bracci intuì subito il pericolo e si addossò ad una vecchi:1 to rre, ordin a ndo il fuoco. Caddero i primi rivoltosi ; ma la turba . m grossata ed inferocita, scardinò la porta di quel fortilizio, si preci. pitò per le scale e, dopo aver ucci so quei soldati che vi si er ano rin chiusi, rincorse i pochi che erano r iusciti a<l evadere saltando da un:i finest ra e tutti li finì a colpi di roncola e di pietra. Il povno tenemc, gravemente ferito, ebbe schiacciata la testa da una donna. ,, Due giorni dopo, arrivato sul p0sto il tenente colonnello Ne gri, col XVIII battaglione bersaglieri, trovò questa testa o rribi lment,· contusa, infilata sopra una croce di ferro in una chiesa di Po ntelan do lfo >l . A Santa Croce di Magliano, nei primi del 1862, una compagni.i anche questa del 36° Fanteria - fu assalita dalle bande riunii, del C aruso, del Nunzio e del Coscione, che massacrarono il capi tano Rota, il tenente Perino, 19 soldati e 2 carabinieri. Sfuggito all'inseguimento, non ostante la dispersione della ban òa, lo stesso Caruso, nel marzo dello stesso anno, alla Petrella, nr1


473 pressi di Lucera, assaliva un reparto ddl'8'' Fanteria, trucidando il capitano Richard e 18 soldati. La lotta contro il brigantaggio durò 10 anni, durante i qu ali, degli uomini di truppa che vi presero pa rte, ve nnero messi fuori com battimento circa 800, e furono decorati al valor mili tare : con medaglia d'oro, 4 ; con medaglia d'argento, 2-305; con m edagli a di bronzo, 5.012. Delle sud dette ricompense i car abinieri o tten nero 35 , medag lie d 'argento e 748 di bronzo. I granatieri impegnarono i loro due r eggimenti ed ebbero, com plessivamente, 42 medaglie d'argento ed 84 di bronzo. I bersaglieri (45 battaglio ni): 247 m edaglie d 'argento e 595 di bronw. L a Cavalleria impiegò alcuni squadroni dei , 2 reggime nti ed i suoi uomini ebbero conferite r64 m ed aglie d'argen to e 262 di bronzo . l'Artigl ieria ed il Genio parteciparono a lla lotta contro il brig:lll t:1ggio con pochi r eparti. L ' Artiglieria ebl>c 42 decorati, dei c.1u:il i 12 con m edagli a d'argento e 30 con quella di bronzo. Il Crn io nr chbc 22 : 2 con m edag lia d'argento e 20 con quella di bronzo . L a maggio r parte dell e ricompense toccò alla Fan 1eri:1 di li rn:.1. della quale i 72 reggimenti di allo ra impiegarono t:u111 .-., i l , 1 i;.;,11ol i ; guarti ed anche i quinti battaglio ni. In to tale, tra ufficia li e soldati, !;, Fanteria di linea ebbe 2 decorati di m edaglia d'oro, 987 d i m ccl.1g lia d'argento e 2.239 di quella di bronzo. I Fanti decorati con medag lia d 'oro per la lotta conrro il bri gan taggio furono il sergente Cobelli (43° r eggimento) cd il caporale Albani (68° reggimento). 110 11 al Se tale fu il bilancio materi ale - conclude il Cc~ar i trettanto può dirsi del bilancio morale, poichè l'esercito, con m ezzi lìmitatissimi e fra mille privaz ioni e difficoltà , con ~1brn.:gazio ne e disinteresse superiore ad ogni elogio, compì, in qu el periodo di Irapasso e di sistemaz ione delle Provincie meridio n:1l i, o pera efficacissima di fusione e di patriottism o e fu veramente il più d tìcace e benefico fattore del! 'unità na zionale.


V.

LA GUERRA DEL 1866

La preparazione politica. Dopo Li costituzione del Regno d'Italia, due mète occorreva ancora raggiungere per conseguire l'unità della Patria: Roma e Venezia. L 'occupazione di Roma - già affermata necessaria dal Cavour e poi, morto il grande Ministro (6 giugno 1861), dal Ricasoli che gli successe nel Ministero e da Garibaldi che, nella sua generosa impazienza, fece, nel 1862, un tentativo per liberare Roma e ricongiungerla all' Italia - veniva contrastata dalla Francia, poichè l'Imperatore Napoleo ne lll, per ragioni <li politica interna, non poteva acconsentire all'abolizione del potere .temporale dei Papi. Per evitare all'Italia l'umiliazione di vedere Roma ancora occupata da armi straniere, il 15 settembre 1864 il Ministero Mingbctt i concluse con la Francia una Convenzione, per la quale il Governo italiano s'impegnava a rispettare ed a far rispettare l'integrità territr, riak dello St~1to Pontificio e quello francese si obbligava a far ~gombra re il territorio romano dalle proprie truppe. La Convenzio ne doveva avere effetto solamente quando la Capitale del Regno d'Italia da Torino fosse stata trasferita in un'altra città. Infatti tjuando, col passaggio della Capitale a Firenze (1865), gli Italiani di.mostrarono di avere rinunziato per il momento a Roma, potè ini7.:a rsi il richiamo delle truppe francesi c:i:1110 Stato Pontificio. Ugualmente difficile appariva l'esaudimento dei voti degli Italia ni per la liberazione del Veneto, per quanto « il sentimento pubblico in Italia fosse già tutto rivolto al compimento dell'indipendenza e dcll 'unità nazionale, con un fervore, un desiderio, una fede che trascorrevano all'impazienza ,,. Alla soluzione del difficile problema - che interessava l'esi~tcnza stessa della nazione (( in quanto il trattato di Zurigo, confermando i preliminari di Villafranca e lasciando l'Austria padrona


475 <lei Mincio e dell' Oltrepò m:.intovano. le aveva mantenuto tanta potenza offensiva Ji qua dalle Alpi, da rendere qu asi illusoria la proclamata indipendenza italiana >> (1) - era possibile pervenire: o correndo l'alca di una guerra d ell'ftalia sola con tro l'Austria , od ottenendo la cessione del Veneto co n pacifici nego ziati , o ppure pro fi ttando dell'alleanza con un 'altra nazione o stile all 'Au stria, per un a g uerra contemporanea, che rend esse m eno di fficile la vitto ri a. Esclusa, per la nostra impreparaz irn H:, la 1xmihili t:ì di imp iega re il primo mezzo, il Ministero L a Marma ra aveva ten tato la via Jci negoziati cd avrebbe offerto al Governo di Vienna un indenn izzo pecuniario, se il Nigra, ambasciato re italiano a Parig i, no n lo an·ssc avvertito dell'impossibilità di ottenere dall ' Austria la cessione d el Veneto mediante: un compenso in danaro . Si pensò allora di ri scattare i diritti turc hi sui Pr incipati d:rn ubiani del Principe Couza e di o ffrire quindi i Pri nc ipati ~tes~i ;di.Austria in cambio del Veneto; ma, intanto, per o per:i d el Bism arck . ~i andava preparando la possibilità di quell'allea nza ita lo - p ru s\i:111:1. che l'acume politico del Cavour aveva già intuito com e p<m ihi lc. Infatti , fìn dal gennaio 1861 , per p ropos ta :1pp 11 11 to dd <.:avnur, Rr V ittorio Emanuele II aveva in viato :i Berl ino il ~cnc:·:1!c .0\ lfo:1:.0 La Marrnora, quale ambasciatore strao rdi na r io, i11caricato di prc ~e ntare al Re di P~ussia le congratulaz ioni <lei Governo ita li:1no pd mo :1vvento al trono ; ma anche per esa minare l'eYcntua lit:'i ,li un.1 l u1m.1 alleanza fra l'Italia e la Prussia co ntro l'A ust ria (2) . Le trattative così. aperte fra i due G overni fu ro no lung he e l:i horiose_ Riprese una prima volta nel 18fo dal Ministero F :1rini - P:1so lini e quindi, nel lug lio 1865, dallo stesso La ?vfarmo ra, parvero ddìnitivamente troncate nell'agosto dello stesso :111110, per t ff etto .k !Lt Conven zione di Gastcin (14 agosto 1865) Ira l'Aust ri a e la Pruss ia. ( 1) Cfr. !a Relazione ufficiale italia na sulla cam p:1g na ,k l ,:,;1,1, in lt :ili a. (::! ) !! Ca rnur a\·e\·a , infatti. scritto, il 16 gennaio :S6: . :1! L.1 :S.Lirmor:i. circa la missione affidatagli: ,, . .. quanto alle q uestio ni gc ucr:ili . che si auengono all' indirizzo della nost ra po litic:i eJ a lle cond izioni gcm:r~li ddl:i Pcni sob . Ella fa ccia comprencl,~re in prim o luogo che l' lt:ib unit:1 h:i vcrn c pcrm :1 11e11tc interesse <li stringere intime rel azion i co n b P russi:1, a cui ~ riser bata p:i rtc t:lnto imparta nte nella costituzio ne :1,·\·en irc delb Ger man ia. ()u csto interesse .1ppare evidente ove si consideri che ambedue i Go\'crni fo nd:ino b loro forz:1 l. tr:iggono :iutorità dal principio nazion:11:: e J:illa lea le ossen ·anz:i d elle istituzioni liber:.1li e che all'uno cd al.l'altro incomhono le stesse J iftìcoltà nel se rba re incolume l' indipendenza comune, d:1 q ua lunque lato do\'essero sorgere pericoli e b co nfl:igrazione n. L A MA R_\ IOR.\: " li11 po' pi t1 di luce. ecc.:. ,,.


.-17 0 Fu allora che il La Marmara, per mezzo del Conte Mataguzzi, fecc un ultimo tentativo diretto ad ottenere pacificamente dall'Austria i possessi italiani, che ancora stavano sotto il dominio dell'Impero: ma anche questo tenta ti vo non conseguì il successo sperato. L ' intermezzo pacifico, determinato tra l'Austria e la Prussia dalla Convenzione di Gastein, era destinato, per altro, a durare assai poco. Lsso doveva servire soltanto a clar tempo alla Prussia, guidata dal Bi smarck , di isobre politicamente l'Impero austriaco e di meglio preparare l'esercito. Ad assicur:.ire la neutralità della Francia, il Bismarck ebbe, nell'ottobre del 1865, a Biarritz, un colloquio con Napoleone III , il y uale promi se che la Francia non sarebbe intervenuta nella prossima g uerra, neiLi speranza di ottcnere, nd caso di una vittoria prussiana , Jei com pensi sul Reno. Re~a in téll modo la Prussia sicura sul Reno, il Bismarck riprese le trattati ve con l'Italia ed ai primi di marzo 1866 fece pregare dall'ambasciatore prussiano a Parigi l'ambasciatore italiano di chiedere al Go verno di Firenze che venisse inviato a Berlino un ufficiale dell'esercito « po ur trailer la qucstion militaire ». Per un così delicato incarico il L a Marmora scelse il ge nerale Giuse ppe Govone (1), al quale venne raccoman data la massima circospezione, autorizzandolo a venire ad accordi veri e propri soltanto nel ca~o che il G overno prussiano si mostrasse veramente deciso all;i guerra . li Govo ne giumc a Berlino il 14 marzo ed, insieme col Conte 01 Barrai , Mini stro italiano alla Capitale prussiana, conferì subito col Bism:irck: ma dal colloquio, come egli scrisse subito al La Marmora, riportò l'impressione che la Prussia fosse ancora lontana dal pensare alla guerra e che quindi la progettata alleanza si dovesse riferire soli-anto ad eventualità non immediate. Le trattative sarebbero state probabilmcne interrotte anche questa volta (2), se intanto Napo( 1) 11 compianto gcnc:ralc Go\'onc, all ora quarantenne, era reputato uno ùei più colti cd esperti ufficiali dell'esercito italiano; egli non era neppur nuo\'o ai cim~mi diplomatici, avendo già ùisimpegnato, per incarico del La Marmara , missioni wnlìdenziali a Vienna cd a Bcrlin•) nel 18y, e nel 1851, dando scmprt· prova di tatto finissimo e di rara fermezza. (2) ,\ queste diffidenze accennava il Bcne<leui. ambasciatore francese a Bc-r lino. due settimane_ dopo l'inizio delle trattative: " L"inviaco italiano ha pro posto un contralto impegnante alla g uerra a da ta sicura e<l in certo senso im med i:na: Bi~m:irck gli ha risp0sto che la Prussia non sapeva ancora se poteva


477 leone III, sperando di trovare nella guerra prossima un mezzo per ingrandire la Francia sul Reno, non avesse spinto l'Italia a concludere al più presto con la Prussia un 'alleanza anche ge nerica ( I). Superati finalmente tutti gli ostacoli , il giorno 8 aprile potè essere firmato a Berlino il trattato che stabiliva l'alleanza offensiva e difen siva tra la Prussia e l'ftalia, con le condizio ni segU<:nti: - la guerra doveva essere condotta con ogni energia e nessuna delle due Potenze alleate poteva conciudere a rmisti zio o pace senza il consenso dell'altra ; - tale consenso non poteva venir rifiuta to quando l'Austria avesse ceduto all'Italia il Veneto (2) ed a lla Prussia territori equi valenti ; fare la g uerra all'Austri;~, e meno anco ra a qual mo111c1no Li ;.:ucrr:i put n .1 "enire dichiara w ; così che, per con seguenza , t'g li pote1·c1 wntr:irrc ,o li :11110 irn pegni cvcniuali. I Jue plenipotenz iari si su no tenuti rispcniv:imcn1c , 11 tale tcr rcno. In realtà essi diffìdaYano e d iffidano :incora !'uno dell':il1 rn. ,\ Fi re n7c ~i teme che, venuta in possesso di un atto che m ettcn·bbe in ccrtu 111od o 111uc k forze delrltalia a sua di sposizione, la Pru~si:i ne fa cc ia co 11os, ,·n · il ,0111 ,· nuto a Vien na, per spingere con tale imimiclaz ione il ,_;,J,·c, "" ·'"''' :;1l(, ;1 f., rle p.icìlìrnmente le concessioni desiderate: ;i Berlino " 1c111c <lil· l'lt:11!;1. u na 1·olta condotte le trattative sulle basi che essa desidu a. intorm i ,kllc tr:itt:iti ve stesse l'Austria per ottenerne la cessione d ella \ 'enczia m t:di :rntc un rom penso pecuniario. « Mi sembra evidente che tali preoc..:upazion i h,lll no peortato 1 11c~oz1:11 uri .1 tenersi in g ua rdia tanto bene che, durame ; p rimi g iorn i, è, si "'"' " ''" ' , 1u" i1i .,d intendersi su alcun punto». B tNEDETTI: ,< Le,, origi nt·s d ipl om;,1 1<1u o dc b guerre de 1870 - 7r ». (1) In dat:1 del 23 marzo il N ig ra, nostro ;i mba sciatorc a l':1rig i, teleg rafa va. ,nfa tti, a l La Marmora: ,, L 'Empcreur a <lit ;1u p rin(c N apokon LJUC, si Li !'russe fasa it la paix séparf,: avec l'Autrich (: et si l'.\~1trid1e s·a vi,;1it d c tombn c·nsuitc su r nous, la France ne le permettrait r:i, ... le ,·om cngage ... ~ sig nc1· mème tra ité d'alliance oflensi"e et défc nsive gencriquc ,.. !:.d. in d:na 30 m:1rzo. il Come A rese, inviato a Parigi per m eglio :icccrt:irsi delle di spnsizioni pcrso11:1!i d ell'lmp<;.r atorc, telegrafava : "Napol,'.on t rc,u , c utile: I., , ig11.1lu1 c du t, a ilé avec Prusse; mai s il désire dunncr cc consci! .:o,nmc :1mi et san, a un rne rcspo n, abilité ». (2) Con telegra mma del 28 ma rzo, spediw :il B:ir r:11. ti La i\ l:1rmor:i tentò di far inc!u,le,e fr:1 i territori dei qua li l' Italia d o\'C,·:i ottenere la cessione, ~rnche il T remino. « ... Je crois :111ssi nc:cc,sai rc , k cnmprcndrc le Trentino, ou valléc SUJY.:rieure de l'Ad ige, dans Ics limitcs namrellcs dc l'ltalie » . Ma il Bismarck considerava , invece, i~ Trentin:i come: p:irte della Confed erazione germa nica cd il Barrai avna dovuto rispondere al La ,\,f arm ora: « Bismarck m 'a .lit q ue, le T rentin faisant parte de la Conféd ération gcrmanique, il était impossible dc stip uler à l'a\'ance sa cession à l'ltalie ; mais cc qui ne pourrait pas


- il trattalo doveva considerarsi senza efficacia, qualora la Prussia non avesse J ichiarato la guerra all'Austria entro tre mesi dalla firma clc:I .trattato stesso; -- nel caso che l'Austria avesse inviato navi da guerra nel J\al ti co, l' It::ilia s' impeg nava ad inviare la sua flotta in aiuto a quella prussiana. Come si vede, il trattato no n era pienamente reciproco, poichè, m entre impcgnava l'Italia alla g uerra se la Prussia ne avesse preso l' iniziativa, non faccva eguale ohbligo alla Prussia nel caso che l'Italia avesse dic hia ra to per la prima la guerra all 'Austria o ne fosse stata assalita. L"Austria tentò, infatti, di prevenire l'azione degli alleati, prendendo, dal!"~ al 20 aprile, provvedime nti militari così minacciosi contro l'Italia, da indurre il La Marmora a rompere gli indugi e ad ordin:irc il richiam o alle armi delle classi in congedo. Gli avvenirn c11 ti, rnsì, precipitarono. Compreso il pericolo della doppia g uerra o rmai sicura, il Governo au str iaco offrì allora all 'Italia , per rnez7.0 di Napoleone Ili, Ì:1 cessio ne del Veneto (5 maggio 1866); ma il Gabinetto di Firenze. p!..r ussc n·arc lcalmcntr. il tr:ittato con la Prussia, rifiutò. Ad evitare il conflitto imminente, la Francia, l'Inghilterra e la Russia proposero un Congresso per definire le varie questioni ; ma l'Austria JXlSe la cond iz ione che nessuna Potenza dovesse uscire dal Cong resso ingranJi ta di territorio e quindi la g uerra si rese inevitabile. In fatti, il 16 g iugno, la Prussia invadeva la Sassonia ed il giorno 20 l'Italia dichiarava a sua volta la guerra all'Austria.

La preparazione militare. La guerra italo - austriaca del 1866 ci suggerisce meditazioni pili dolorose ~d a~1monimcnti più efficaci che non le altre campagne del nostro R1 sorg1 mc nto ( 1), pcrcliè la sconfitta che subì l'esercito it:ise fai rc avant la g uerre, pourrait parfaitemcm s'etfectuer pendant ou apre~. surtout cn :idressant un appel aux populatio ns ,,. ( 1) La guerra del 1866 è: la prima ~ombattuta dall'esercito italiano. Per con scguenza ,_ anche se i ris.ultati . l~i essa non co rrisposero alle spera nze della na z 1011e, 1101 ne faremo un espos1z1one s11fficicntc111cnte analitica.


479 liano, nella sua prima prova di esercito di una intera nazione già costituita, avrebbe potuto e dovuto evitarsi, yualora non fossero stati commessi tanti e così gravi errori e si fosse meglio sfruttata la superiorità numerica delle nostre forze. La situazione nella quale la campagna si iniziò era, infatti , per l' Italia assai favorevole. Non si trattava più di un ardito e quasi disperato tentativo, effettuato, come nel 1848 e nel 1849, da un piccolo Stato contro la grande Austria, o di una guerra, dur:rn te la Li liale doveva lasciarsi - come nel I 859 - il merito della sperata vittoria ali un esercito alleato, venuto a portarci il suo aiuto, per ri chiedere poi una riconoscenza che poteva trasformarsi in soggezione Nel 1866, invece, noi eravamo in grado di l:mciarc :;00 .000 lt;.iliani, tratti da tutto il Paese oramai costituito in nazione, rnn tro un esercito, le cui forze più importanti erano costrette ad agire i11 un altro teatro di guerra, di fronte ad un alt-ro degni ssi mo ;1vversario e per conseguenza a dividersi, almeno all'ini z io. fra la Boemia ed il Veneto. Il rapporto delle forze, rispetto alla massa che I'.!\ w t ri;1 ;1vrehhc potuto dirett;imentc contrapporci, era per conseguenza l;1vn rc,·olc :• noi e b vittoria non ci s:ircbhc prnh:ihilmcntc mancau. ciu:do r.1 )-; li uomini che ci guidavano fossero stati all'altezza delb ~itu :11.iolll:. Giova, per altro, ricordare che, nel 1866, la procl:i111;1z iunL· del Regno d'Italia era ancora troppo recente, per avere g i.'1 \ .11 11 (' lb111 tutte le differenze che tradizioni storich e, consuetudin i e lcg1~b zioni diverse avevano determinato fra le var ie region i, e che la c 1rnp:ign:1 del 1866 si svolse mentre l'Italia era ancora in piena crisi di co nsolidamento e di sviluppo, così che, mancato il Cavour, i govcrn :rnti pur sentendo la necessità di completare l'unit :1 della Patria e di J :in: :all'uopo la precedenza alla liberazione del Veneto - non pot evano ,,vere già compiuto il .tirocinio necessario per guidare un g rande Stato e per rivolgere efficacemente verso un unico ~co po rnngi e e iorze ancora assai diverse fra loro.

L'esercito italiano dal 1859 al I 866. La preparazione militare italiana nel 1866 av rebbe dovuto rappresentare il risultato complessivo di tutti quei provvedimrnti, coi lfUa!i si era tenuto conto della necessità inderogabile di una nuova guerra con l'Austria. Tali provvedimenti vanno esaminati: sia nei


riguardi della preparazione dell 'esercito, sia rispetto alla sistemazione difen siva - offensiva del territorio. Per guanto riguarda l'esercito, gli storici più autorevoli e gli stuJiosi, che con maggior acume e più viva passione indag arono sull e cause d:ille quali ci derivò l'immeritata sconfitta di Custoza, sono concordi nel sintetizzare tali cause nella cattiva o rga nizzazio ne del Comando Supremo dell'esercito e nella troppo discorde azione dei comandanti più devati che, nonostante le virtù militari dimostrate dai solda ti (virtù riconosciute cd ammirate dallo stesso nemico) ( 1), non seppero conseguire la vittoria; nonchè nell'eccessiva eterogeneità che doveva allora, purtroppo, lamentarsi tra i com por.enti del le nostre forze militari. L 'esercito del 1866 - che, in seguito alla legge c he proclamava Vi ttorio Eman uele II Re d'Italia (17 marzo 1861), aveva preso il nome <li Regio Ese rcito Italiano - ave.va dovuto subire, infatti, molteplici tr:isformazioni, le più importanti delle quali si debbono agli ordiname nti emanati successivamente: il 25 marzo 186o _(2), il 2~ marzo 1Hfo (~), il 18 dicembre 1864 cd il 30 dicembre 1865. ( 1) LÙ.: « Rapp0no uffic iale <lell'ArciJ u<ea All,ei tu ,ull.i. b:m :1gli.1 Ji C11 :-.toza ,,.

(2) Coli ·ordinamento Fanti del 25 marzo 186o, l'esercito era stato diviso i11 13 Di"isioni :111ive che, sul p iede ùi guer ra. d ovevano costituire 5 Corpi d'A, mata cd una Di,·isione di Cavalleria di ri serva. Le prime 5 D ivisioni risult., remo i.:ompo~Lc d i truppe sarde; le :iltre <li truppe toscane e<l emi liane e: presi d i:ff:rno Pro,·incie diverse <la quelle <l'orig ine. Nel 186o ven ne pure riordin:11:1 ( R. D. 17 giugno) l'Arma di Artiglieria con la creazione di 5 Comandi tcrri toriali, reni da maggiori generali, e di 8 reggimenti su 12 compagnie. Di queste (Omp:ignie 8 era no provenienti dall'antico esercito sardo, 2 dal toscano, 2 dal l'emiliano. I reggi menti 1°, 2°, 3° e 4° erano d'Artiglieria da piazza; gli alln (5", 6ù, 7° ed 8°), cosl illliti su 12 hanerie da battaglia, era no invece da campagn:i. L 'Arma del Genio, forte di 32 com pagnie, era stata d ivisa (5 maggio) in 2 re!! g imenci zappalori su 3 battaglioni di 4 compagnie. (.:;) Con l'ordi namento del 23 m:irzo 1862 (Ministro P etitti), incorror:11r le nuo\'e milizie pro\'enic nti dall'a nnessio ne delle Marche, dell 'Umbria e dd Regno delle Due Sicilie, l'esercito era stato ordinalo su 6 Corpi d'Armata , 17 Oivisioni cli fanteria, 1 Divisione di Cavalleria di riserva ed una riserv., generale di Artiglieria. li Corpo d'Armata era costituito da 3 l)ivisioni di F a11 teria (ad eccezione del V, che ne aveva soltanto 2), 1 brigata di Cavalieri:,, squadrone guide, r compagnia zappatori , 1 distaccamento del Corpo d"Am 1ninistrazione. I d :staccamcnto del Treno. L::i Divisione di Fanteria si compo ne\'a <l i 2 brigate, 2 battaglioni bersaglieri e 3 batterie da battaglia. La Di,·1 sione di Ca\'J lleria aveva 4 reggimenti di linea e 2 batterie a cavallo. La riserva ~enerale d"Artiglieria era costituita da 11 batterie.


Secondo il Tosti, dopo la conclusione vittoriosa della guerra del

1859, la conseguente annessione dell a Lombardia al Piemonte e le riscosse liberali dei piccoli Stati italiani, vennero ad aversi tre nuclei militari da incorporare nell'esercito sardo: tJucl lo lombardo, proveniente dall'esercito austriaco, ed i due dell'Italia ce ntrale. La fusione del primo di questi tre contingenti potè com piersi senza eccessive difficoltà; con esso e con i volontari lombardi della campagna del r859 si p ~>terono aggiungere nuove brigate di Fanteria ( .. Lombard ia )) , « Brescia n , « Cremona 1>, <( Como )1, " Pavia'•) alle 10 g ià esistent i nell'esercito piemontese, e costituire 6 batt:.iglioni bersaglieri , ) reggimenti di Cavalleria (((Milano >>, " Montebello " , " Lodi ») e ::>. batterie. 11 secondo contingente che venne a far parte d ell'eserci to s:1rdo fu quello toscano, della cui ricostituz ione fu incaricato il grncrak Raffaele Cadorna. Questi ricompose le truppe toscan e in "1 hri g:ttc di F anteria (" Pisa )) ' •< Siena >, , ,, Li vo rno,,, « Pistoia ,,) e 8 hatl:1g!ioni di bersaglieri; i cacciatori a cavallo divennero ,<C 1\·:ilkggni di Firenze >• ed un Corpo di cavalleggeri \'Olontari fu il n11<·kc, del reggimento « Cavalleggeri di Lucca n : si formò anche un reggi mento Ji Artig lieria, con 6 batlerie da piazza e 6 <la campagna . Come abbiamo già ricordato, il generale M anfred o F :111ti fu in caricato, alla fine del 1859, Jel riordin amento delle 1rnpp<-· cm ili:in c e <lei numerosi Corpi di \'olontari e della costituzio ne d, 1111 c~crc1 10. <letto d el la Lega Centrale. I reggimenti d el Ducato di P,1rm:i cost ituirono quindi la brigata « Parma >• : quelli della Di visione volo nt.iri toscani del generale Mezzacapo le brigate <• Ravenna n e ,. Bo logna ,, : i Cacciatori della Magra la brigata •<Modena ,,; la brigat:i Rosscl 'i costituì la e< Forlì >, . Si formarono, inoltre, le brigate " Ferrara ,, e " Reggio >> e 9 battaglioni bersaglieri; con drago ni e gen darmi po ntifici fu formato il reggimento <, Lancieri Vittorio Emanuele " e con dragoni parmensi e disertori quello dei ,. Cavallegge ri di Piacenza>). L ' Artiglieria venne ad avere altre 9 batterie da c 1mpagna tcl altrettante da costa. Fu il generale Fanti stesso che, divenuto. nel gennaio 1860, Minjs.tro della Guerra, immise nell'esercito sardo, dopo l'annessione al Regno di Sardegna della Toscana, dell'Emilia c clclle Romagne, le truppe della Lega. Il Decreto del 25 marzo, col qua le veniva dis1X)sta la fusione, stabiliva che le leggi e gli ordinamenti dell'ese rci to sardo fossero estes.i a quello del la Lega.


Il Fanti patè, quindi, costituire 13 Divisioni omogenee - composte ciascuna di due brigate di Fanteria, due battaglioni di bersaglieri e cli un'aliquota variabile di Corpi, Armi e Servizi - e raggrupparle in cinque Corpi d'Armata. I primi quattro Corpi d' Armata avevano tre Divisioni di Fanteria ed una brigata di 3 reggim enti di Cavalleria; il quinto Corpo aveva una Divisione sola. Vi era, inoltre, una Divisione di Cavalleria su 4 reggimenti. L 'Artiglieria ebbe 8 reggimenti; il Genio 2. L 'ordinamento in Divisioni terri toriali , voluto dal generale Fanti, oltre a decentrare l'azione di comando ed a rendere più sollecita la eventuale mobilitazione, veniva anche a rendere più stretti i r apporti tra Esercito e Paese, perchè le Divisioni andavano a presidiare Provincie diverse da quelle di origine eà i Corpi no n avevano sede fissa. Si iniziava, in tal modo, quella fusione tra le varie regioni italiche che, intensificandosi col tempa, doveva creare la vera unit~ _11azionale e da re così felici risultati. Un nuovo, non facile problema organico si impose dopo la vittoriosa campagna del 1860 - 61, per amalgamare con l'esercito nazion:1l e i due eserci ti meridionali: il borbonico ed il garibaldino. Per il primo si provYide al licenziamento c.lelle classi più anziane. tenendo alle armi solo le quattro più g iovani ; gli ufficiali furono ammessi nell'esercito nazionale con i gradi che avevano prima del ~et_icml_irc: 1860, ma i più preferirono liquidare le loro pensioni e nt1rars1. Più ardua fu la soluzione dei problemi inerenti all'esercito garii,aldino. In un primo tempo il Ministro Fanti, procedendo con grande cautela ed abilità, mantenne in vita questo esercito meridionale, dandogli un apposito ordinamento su tr~ Divisioni e più tardi su quattro. Non senza contrasti e dibattiti penosi, il problema venne finalmente risolto anche per i Garibaldini, con il decreto del marzo 1862, sciogliendo il Corpo Volontari Italiani. Alla truppa si lasciò Lt scelta tra l'essere licenziata, con sei mesi di paga, ed il contrarre !:i ferma di due anni in taluni Corpi speciali di volontari (più tardi sciolti anch'essi). Gli ufficiali che lo vollero ' e che furono ::,uiudicati idonei da apposite Commissioni, furono ammessi nell'esercito nazionale col loro g rado. Si provvide, lluindi, a dare un nuovo ordinamento all'esercito. li territorio dello Stato fu diviso in 6 Corpi d 'Armata su tre Divisioni di Fanteria ciascuno (meno il V Corpo, che ne ebbe due), una brigata di Cavalleria, uno squadrone guide, una compagnia zappa-


tori del Genio. C iascuna Di visione ebbe d ue b riga te di F a nteri:i e furono costituite 6 nuove brigate (,< Napol i •>, " U mh ri;1 h, , , Marche » , << Abruzzi H , <• Calabria i; , << Sicilia »). L 'esercito naz ionale era così finalmente costituito: di ciò ,·a rcsr, o nore, anzitutto, alla solidità d ell 'origi n:i rio nucleo sardo: po i alla fede ed alla rettitudine <lei ge nerale F a nti ed , intìnc, al huo n volere col quale tutti g li Italiani si sottoposero ad o neri fìnan z i:1r i ed a ~;1crifiz i personali , pur di dare un saldo pre\idio alb na z io ne riso rta .

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~ Nel 1860 si ebbc una nuova ban 1J\i -y ; 1~--.--0 d iera, yuaòratà, co n i lati di m. 1,214, con al centro della ba nda bianca lo ldt\ \ ;,; ~ ~ · . . ,cudo di Savoia o rl ato d 'azzurro, di/ < 11'!Y'' 'ir;::;::1p .· i::;1 ·1 :,· N .. "':<', . l11 L I,, . stacca to da lle bande laterali e so~ mon~.Jii'1l lato dalla corona reale. L 'asta fu ri ve-ftt{" ':...J r-, 1 1 , rita di vell uto azz urro, tìssato co n . ,, ~' · ,\ i - •. chiodi di ottone posti a spirale . L1 ~· j Creccia ebbe nel m ezzo lo stem m a reak ~; ·! kl--.-~- - - - ed u n ga mbo con LlUattro faccette, sul ~j • j J-ia11dicr.1 dd/'c,c, u t o k nua li venneru incisi iI nome de1 -, it,1itt1 n11 ,u•/ 1S f111 reggimento, l'anno della su a costitu r-., z inne e dt'Jle successive ~uc fo rm az ioni. i fatti d':1rmc :1i l jll,tl i .1H·1;1 preso parte e le ricom pense o t tenu te. La cravatta d ell:i !J.1ndina cr.t azzurra e fini va con due nastri orlati d'a rgen to. P er quanto rig uarda l'uni for m e, il 13 ottobre del 181,J cr.1 , 1.1 10 st;1bilito che le brigate di F anteria si distingue~,ero d:il colnre d el coll et to della tunica e del cappotto. Le vecchie b rigate c<iri, cr,·arono i loro colori ; le nuove assunsero Llucl li d elle brigate che :1vc v~1110 fo rnito i contingenti per la formazione dell e num ·c , con Lju:ikhc altro scgno distintivo. I reggimenti che avcYa no colletti di eguak colore si di stingu evano dal colore del la nappina. Per la Fanteria . la filettatura della tuni ca, del c :ippotto, dei pa ntJloni e del berretto furono rosse per tu tti i reggimenti, il cui numero era impresso sui bottoni m etall ici dci l'un iforme. Nel dicembre del 1859 \'enn e adottato lo zaino a pelo, in sostitu zione di quello di cuoio nero. Il 28 marzo del r 86o fu d ecretata un ·altra mod ifica al \'estiario tiella F anteria di linea, Ycstiario che \'(~n ne re~o ugu;ilc per tutte le

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brigate. Ven ne adottata la divisa della brigata « Savoia » e tutta la Fanteria ebbe la solita tunica di panno turchino scuro, con un colletto J i n :lluto nero orlato di scarlatto. La linea dell'abbottonatura sul peuo e le mostre delle tasche furono anch'esse orlate di scarlatto . .Anche la cra vatta fu di lana scarlatta orlata di bianco e la nappina Ji colore rosso col disco turchino. Per quanto riguarda l'armamento, il 17 febbraio del 1860 venne adottato il fucile rigato 1< modello 186o », ottenuto dalla trasforma7.io nc dei fucili modello 1844 ad anima liscia. Il nuovo fucile era munito di alzo, aveva un cali bro di mm. 17,5 cd un proietto cilindroogi\·alc del calibro Ji mm. 17,2. Il tiro si _poteva considerare efficace sino ai -100 m etri, tiuantunquc la gittata dell'arma oltrepassasse i (;oo m etri. Il munizionamento individuale della Fanteria presso l'esercito mobi litato consisteva in 200 cartucce, delle quali 6o in dotaz ione a cia~cu11 soldato e le altre 140 suddivise tra i carri delle batterie addette :tllc Di visioni, i parchi divisionali di Artiglieria cd i parchi d"Arti glieria dei Corpi d 'Armata.

L'ordi na mento dd 23 marzo 1862, del quale abbiamo parlato più ~apra, fu dovuto al Ministro Petirti ; ma non fu quello definitivo, ;1nc hc " ' conferì all"esercito italiano una solida formazione. L ·orga nizzazione definitiva si ebbe con i successivi ordinamenli e ~pe(ialmcntc con l'ultimo (30 dicembre 1865) (1), tendente anch'esso ( 1) L"orJi11a mcnto 18 dicembre 1864 si riferì, in generale, a modificazioni :u111ninistra1ivc, suggcr itt: 1.lallc gra vi condizioni finanziarie dello Stato. Con esso \T llnc prl·vista la rnst iluz.ione dell'esercito sul piede Ji guerra in 7 Corpi J'Armac.1. 1 Divisio ne Ji Cavalleria Ji riserrn cd 1 riserva generale J'Artiglieria. l i Corpo <..L\rmata doveva avere 44.000 uomini, 5.000 cava lli , 60 cannoni ; b Oivisionc di Ca,·allcria di riserva: 4.226 uomini, 3.798 cavalli c 12 pezzi; h risen·a generale d'Artiglieria (18 b:mcric e 18 colonne munizioni di riserva) : 4.13-; noniini. 1.792 cavalli e 126 cannon i. :--:cl 1865, prevalendo ancora le esigenze economiche, ,·cnnero licenziate i11 anticipo akunc classi e, nel L866. proprio alla vigilia della c:11npagna, erano state sospese , sempre per economia, le opera zioni Ji leva . Così, secondo il Pollio. l'eserc ito potè scendere in campo soltanto con 220.000 uomini, 37.000 cavali, e 456 cannoni. Come già ricordava il Bav:.i - Beccaris, nel pregevolissimo studio gi:i citato, per tutto l'esercito vigeva la kgge sul reclutamento <lei 18<;4, per b quale ogni cinadino pnt<:va Yenir chiamato alle armi all'età di 21 anni. Il con


..: raccogliere, intorno all'antico esercito sardo - piemontese, tutte le forze militari , regolari e volontarie, delle diverse regioni successivamente annesse al Piemonte, mediante un 'opera lenta e non facile di amalgama, il cui merito spetta ai diversi Ministri della Guerra succedutisi in tale periodo di tempo e specialmente al Fanti cd al La Marmara. L'antico esercito sardo - piemontese (e, do1X) il 1859, sardo - lombardo) era, così, cresciuto rapidamente di numero, passando prima, con l' unione delle truppe toscane ed emiliane, da una forza complessiva sul piede di guerra di 127.577 uomini a tiuella di 183.363 uom ini, e quindi, nel 1864, alla forza di 31r.978 uomi ni, 42.867 cavalli e 536 cannoni . Infatti nel 1859, dopo la guerra, l'esercito piemontese era stato portato da 5 ad 8 Divisioni con l'incorporazione elci sol d ati lombardi licenziati dall'Austria e dei Cacciatori del le A lpi. Nel 186o erano state aggiunte altre 6 Divisioni, con l'incurporazionc delle truppe della L ega (toscane ed emiliane). Nel 186! si era avuta l'immissione di molti soldat i e di :1kuni ufficia li dell'esercito borbonico e, con l'incorporazione clcll:t prinn leva generale regolare Jd Regno, (lc:va generale cl1e feL e , v i gei(., nelle Provincie meridionali, il grave fenomeno di numerose re nitenze e diserzioni, col conseguente sviluppo del brigantaggio), h for,.a dell'esercito venne aumentata di circa un q uarto. Nel 1860 c'era stata, inoltre, l'incorpnrazione di un num ero considerevole di ufficiali garibaldini, provenienti dal disciolto c~t:rci to meridionale.

Circa g li ufficiali, è bene ricordare quanto, in proposito, scrisse il Bava-Beccaris nello studio già citato : ,, Uno degli effetti immediati e più importanti di questo ampliamento fu l'aumen to notevole ti ngente anr.uo cr;1 <li circa 200.000 inscritti , dei quali, per le numerose esen zioni, solo 80.000 restavano disponibili. Questi c:rano divisi in due categorie: la prima, di 4 <:r-50.000 uomini, era obbligata al servizio per 11 :inni, d i cui 5 alle armi e 6 in congedo; la 5eeon<la. era obbligata ~I suv izio per 5 anni e veniva esercitata in pace per 40 o 50 giorni all'anno. Le 5 classi di seconda categoria, con le 6 più vecchie di quelle in congedo. davano gli uomini necessari ad accrescere la forza dell'esercito, mediante parziale o totale chiamata di esse, a seconda Jel bisogno.


J ci Quadri. Nell 'esercito sardo, per la formazione dei nuovi Corpi, era s,ato necessario nomin are sottotenenti in numero notevolmente maggiore dell"usato e decretare numerose promozioni; lo stesso accadde ,,eirc~ercito toscano, ch 'erasi più che raddo ppiato ; nell'emiliano, creato di sana pi anta, gli ufficiali provenienti dalle truppe regolari ckll ' Austria, di Parma, di Modena, del Papa e dello stesso Piemonte, o reduci dalle milizie venete o roman e del 1848 e del 1849, ebbero. in poc hi mesi, tale aumento, da otlenere rapidissime promozioni . Questi sistemi irregolari di nomine e di avanzamenti, dovuLi alle imperiose necessità del momento, condussero ad un impoverimento delle Llu,dità dei Quadri, poichè vi entrarono persone che, pu re essendo :mimate da sentimenti di sano patriottismo, difettavano di cult11ra. di esperienza e di capacità militare ». Come ricorda lo stesso autore, vennero pure riordinate le Scuole di n:clutamen to degli ufficiali: all'Accademia Militare di Torino furono ammessi solamente gli aspiranti alle Armi speciali ; la Scuola Milita re di Modena e Lluella di Cav:illeria di Pinerolo furono riser, ate :1 preparare i giovani destinati a divenire rispettivamente ufficiali nelle Armi a piedi di linea ed ufficiali di Cavalleria. Il Liceo \ 1iliL.uc ,li F ire nze e b Scuob Milit:i re cli Parma fu ro no trasform ati ;n Col legi m ilitari. Per tali circostan ze è doveroso riconoscere - come scrive il Vac(a Magg iolin i - che il giovanissimo esercito ita liano del 1866, per l:t ~ua ~tessa g ioventù e per la sua costituzione eterogenea, non pote, ;1 conside rarsi alla stregua dell'esercito austriaco, ricco di trad izioni ~ccolari gelosamente custodite ed abil mente sfruttate. A tale deficiente s:tl dczza , altre qualità tecniche e morali dell'esercito e del . oIda to ital iano a \'l'ebbero -potu to _però largamente supplire. Ora se, alriniz io dell a campagna del 1866, l'esercito italiano, pur essendo animato da profondo sentimento patriottico e da una fiducia fo rse eccessiva nel proprio valore (fidu~ia nata dai successi conseguiti nel 1859 e nel 1860), non rappresentò, di fronte al nemicu. l!na forza corrispondente al numero dei suoi armati , ciò ebbe a verifica rsi pcrc hè, pei molti clementi eterogenei che lo componevano e per la deficiente istruzione dei Quadri , esso non aveva ancora acquistato tutta la coesione indispensabile e non poteva ancor;1 dirsi del t utlo amalgam ato. Nè poteva avvenire di versamente, date le gravi, sostanziali differenze che già esistevano fra i diversi eserciti, che successivamente avevano contribuito a formare quello nazionale.


Nel 1866 l'esercito italiano era d unque anch'esso, com e tutto quanto si riferisce alla nostra politica interna cd estera, in crisi di crescenza e risentiva dell'imprepa razione deg li elementi d ire tti vi, posti di fronte all'ingrandirsi dell o Stato ed all 'accrescersi de i con seguenti bi sogni. Scomparso il F anti e costituitosi il Ministero La Marmo r:i, la preparazione milita re aveva subìto, nel 1865, una inter ru z io ne, dovuta essenzialme nte alle precarie condizioni del bilancio ed an che al fatto che - per le incertezze e g li indugi ver ificati si, come gi:1 si è detto, ne ll a preparazione politica - l'e\·entua lità della g uerr a non era sembrata allora immine nte. Era no stati, infatti, tolti 30.000 uomini dalla fo rz:1 bilan cia ta e no n si era provveduto alle deficienze d ei Q u:1dri, in m odo clK l\ :se rc~to, che avrebbe potuto contare su circa m ezzo mi] ione di :1r m:1ti (dei quali 300.000 atti alle operazio ni attive), risul tò, all'ini zio delle ostil ità, costitui to di soli 220.000 uo m i ni . Aggiungasi che i provvedimenti straordinari ado ttati per !"e ntra ta in g uerra - quali l'assegnazione d ei ri chiamati :tl lc U11i1~ dell'esercito perm ane nte e b consegue nte c reazione dei quinti h:1tt:1 g liuni nei reggi m enti Ji Fanteria e J ei nuovi batta~lio ni lin~ag licri ; la formazione di nuove batterie d'Artig lieria e di nuovi rcp:1rti del Gen io - contribuirono a rendere ancora pitt evidente h ddì cie nz:i nu m erica e 4ualitativa dei Quadri e qu ella manca nza di o rn ogc ncitit . df'll a quale sl è già detto abbastanza.· 1'.el giugno del I X(if, Ì:;cn ·;1n,,, infatti, pa rte dell 'esercito ita li ano elementi provenienti d,1ll'ocrci10 ~ardo per il 5,65 'J{,; dall 'esercito austriaco per il 4,60 ",. ; da ll'esercito della Lega per il 2,54 ' 1/,·, ; dall 'eserc ito borbonico per il 4,Ho "., e dalle chiamate alle armi delle classi 1860 - 1865 e dcll:t 2' c:1tego n :1 della classe 1864 per 1'82,31 ",,. Per quanto rig uarda gli ufficia li, la Relazio ne mini steriale del marzo 1866 permette di rilevare le note\'oli differenze di proveni enza e di preparazione esistenti nei Quadri. G li ufficial i crano, in totale, 15.758, e di essi : la m età appartenente alle antiche Provincie, 2 / 16 :tlla Lombardia , 2/ r6 alk Provincie napoletanr cd T/ 16, infine, alle Provincie venete e ro mane. Circa una m età a\-evano t]uind i g ià fat to, con l'esercito sardo - sia come ufficiali , sia come mi litari d i truppa - tutte o g ran parte delle campagne del 1848, 1849, 1855, 1856, r359, 186o e 1861 ; un quarto, proven ien te dai vari eserciti italiani d iscio lti o dai volo ntari , a\'e va partecipato ai numerosi fatti d 'arm e woltisi in Italia dal 1848 in pai: l' ultimo q uarto, infine, uscito dai


culkgi militari o provenie nti dai sottufficiali dopo il 1861, aveva 1~reso parte soltanto alle operazioni contro il briga ntaggio. Circa la preparaz ione culturale degli ufficiali, la Relazione italiana sulla campagna dice che il 43 ',\ . di essi provenivano dalle varie Scuole militari preesistenti al 1859 od istituite dopo quell'epoca ; il 50 % dai sottufficiali e soltanto il 7 % dai Quad ri improvvisati nelle regioni annesse negli ann i 1859 - 1860. La nostra Relazione ufficiale - pur ricordando che, così composto, l'esercito italiano, nonostante lo spirito che lo animava e le cure poste a disciplinarlo e ad addestrarlo alla g uerra, non poteva a\'erc un 'efficienza pari alla sua massa - mette in rilievo l' importanza J ei provvedimenti presi: sia per facilitare l'amalgama dei diversi clementi, ,, conservando intatte le leggi, le pratiche e k <.:ostur.1anze dell':mtico esercito sardo )) , sia per migliorare l'armamento . Tutta la Fanteria era stata, infatti, provvista d 'armi rigate (1); !' Art igl ie ria dispo neva di nuovi cannoni rigati da campagna (2) ; ~·vev:1 costituito parchi d'assedio, raccolto in g rande quantità il materiale da po nte e dato ai suoi arsenali ed alle sue officine quello sviluppo che era richiesto da ll 'assetto militare del Reg no. Anche pcl rifurni111c1dv ,ki ~avall i alla Cav:illcri:1 ed all' Artiglieria - rifornimento ç hc incontrava in Italia non lievi difficoltà - si era provveduto nel m i~lior modo possibile. Pn comcgucnza le con dizi1rni complessive dell'esercito italiano 1~cl 1866 erano soddisfacenti ed il Ministro della Guerra, generale di Pc1ti11rngo, nella Relazione presentata al Re prima dell'inizio della campagna, potn·a affermare che le truppe erano bene istruite, tanto che, ,, ricercando fra i vari eserciti europei, non vi era che' l'esercito fra ncese che potesse, per qualità tecniche degli uomini, dirsi uguale 0 superiore a quello italiano"· Ed infatti - anche secondo la nostra Relazione ufficiale sulla campagna - all'inizio della guerra, l'esercito, materialmente considerato, era forte di numero, bene armato, mubilitabile in poco tempo. Molto però lasciavano a desiderare i provvedimenti intesi a mantenere efficienti le Unità mobilitate ed a fornire le riserve ed i presidi (1) La Fan1eri.1 t.li linea c::ra ca!. 17.c;, co 11 tiro efficace sino glieri di c::irahina m0<l. 1856. (2) <?an~on~ di bronzo da le batterie d1 n serva avevano, ta g n::i i ca nnoni da 86.

armata di fucili a percussione, rigati, mod. 186o, ai 400 m. e gittata massima di 6oo m .; i bersa

~. mod. 1863, con gittata efficace di 2.500 m .; invece, il cannone da 1:z1 · le batterie da mon '


occorrenti. Anche ammettendo che la chiamata alle armi di tutte le classi di leva di 1" e di 2• categoria avesse dato ai Corpi un numero di unità superiori agli organici (in modo da rendere possibile di costituire una prima riserva con gli uomini delle classi più an ziane del la 1' categoria e con parte di quelli della 2' ), mancava no i Quad ri per organ izzare i reparti; così che sarebbe stato necessario cosrituirt: un numero assai considerevole di nuovi Corpi d i rise rva co n u f fìcia li sottratti ai Corpi mobili, proprio nel momento di cominc ia n: la guerra. Inoltre la riserva così costituita non avrebbe potuto essere ~urtì ciente per tutte le esigenze, che avrebbero potuto verificarsi d:ille Alpi t dal Po sino alla Calabria ed alla Sicilia, ed ;1 t::ilc in suflìcicn z:i si tentò di riparare m ediante l'istituzione della Guardia N azio11::i k mobile, « che doveva dare 220 battaglioni di 5 - 600 uomin i r u no. L iot circa 125.000 uomini di milizia da presidio " : ma. semp re per la m a ncan za dei Quadri, questa istituz ione ebbe u n valore ~011.1111 1, effimero. " D 'altr::i par te, la mancan za d i u na buona seconda r1 \ 1· 1 \,1 conclude la Relazione - era inevitabile conseguenza della ~m T r,· 111.1 g iovinezza del Regno e della necessità di 1mp1egare nel le o p c r .11. 1.. 111, fìn dal primo momento, tutte le forze militari disponih ili . pn rrn dere meno incerta e più pronta la vitto ria " ·

La formazione dell'esercito italiano per la ~uerra del 1866. Comandante in ca Po: Vittorio Emanuele Il. Capo di Stato Maggiore: generale d' Arm. Alfomo L.1 Ma rmora . Aiutante generale: luogotenente generale Pctitt i. Sottocapo di Stato Maggiore: colonnello lbriob . Co mandante dell'Artiglieria: luogotenente ge nerale.: V :il f rè. Co mandante del Genio: luogotenente generale Men ali rea. Intendente generale: maggior g enera le Bertolè-\'i:ilc .

1 Corpo d'Armata (generale d'Armata Du rando). Quartier Generale: 3° e 5° squadrone Cavalleggeri di Lucca (198 cavalli). 15• compagnia del 1<> reggimento zappatori. Equipaggio da ponte: 3• compag nia Jel 1° regg imento.


-f <) () Parco d'Artiglieria: ro" e 15' batteria del 2" reggimento Artig lieria. Parco Jel Genio: 2 " compagnia del 1° reggimento Treno. Ambulan za. Intend en ze (sussistenze). r' Divisio ne (1uogotenente generale Cerale):

Brigata ,, Pi sa ,, (29° e 30° F anteria), m aggior generale di Vi llarc~· : 8 battaglion i, 3.681 combatte nti . Brigata ,, Fo rlì ., (43° e 44" F a nter ia), magg ior generale Dho: d batt:.iglion i, 3.554 combattenti. XV I Il battaglione bersag lieri: 479 combattenti. 1 o' e I J' batter ia del 6° Artig lier ia: 1 2 pezzi . .f e 4" squadro ne guide : 2 12 cavalli. 2' com pagn ia del 1" r eggimento zappatori . Servizi: 8· co mpag nia dd 1° reggimen to Treno: colonna muni zion i: :11Hl>ulanz a di visio nale: sussisten ze. Di vi~ionc (1uogotcrn.:ntc g cnerale Pianell): Brigata « Aosta ,, (5" e 6° Fanteria), maggio r ge neral e Dal :·.\ ~!io: X b:lltaglio ni, + 107 co mbattenti . l:f rigata « Siena » (3 1" e _-\2" fant eria), maggior generale C.1 doli no : 8 battagl io n i, 4.018 combatte nti. XV II battag lione bersaglieri: 484 combattenti. 13' e 14' batteria d el 6" A rtig lieria: 12 pezzi . i'' e 2 " squadrone g uide: 2 10 cavalli. 8' com pagnia del 1" reggi m ento zappatori. Serviz i. 2

-~' D i,·isionc (l uogotenen te generale Brigno ne): Hng:11 a 1< <. ;ranaticri di Sardegn a " (1° e :t g ranaticri), ma g g ior gem: rale Guzzani di Trevi lle : 8 battaglio ni, 3.784 combattt'nl i. Brig ata " C ranatier i di Lo mbardia >> (~0 e 4° g ranatieri). Pri11 C1 pc Amed eo di Savoia: 8 battaglio ni, 3·7'72 combattenti. XXXVII battaglione bersaglieri: 488 combatten ti. 1" e 2' batteri a del 6" Artiglieria: 12 pezz i. r " e 2 ° squadrone Cavalleggeri di Lucca: 247 cavalli . 8"' compagnia ciel I " reggimento zappatori . Servizi.


49 1 5• Divisione (luogotenente generale Sirtori): Brigata «Brescia» (19° e 20° .F anteria), maggior generale di Villahermosa: 8 battaglioni, 3.990 combattenti . Brigata « Valtellina » (65° e 66° Fanteria), maggior generale Lopez: 8 battaglioni, 3.882 combattenti . V battaglione bersaglieri: 494 co mbatten ti. 1 • e 2• batteria del 9° Artig lieria : 12 pezzi. 3° e 4° squadrone Cavalleggeri di Lucca : 208 c1\·al li. 15' compagnia del 1° reggimento za ppatori. Servizi. Riserva di Corpo d'Armata (maggior generale AribalJi G hil i11i): Ir , IIT, VIII e XIII battaglione bersaglieri: 1.991 combattenti. 3•, 12• e rf batteria del 9° Artiglieria: 24 pea.i. Reggimento Lancieri di Aosta (5 squadroni): 608 c 1vall i. 5° squadrone guide: 109 cavalli.

Il Corpo d'Armata (luogotenente generale Cucchiari ). Quartier Generale (maggior generale De Barrai ): Lancieri di N ovara (5 squadroni) . Uss:iri di Piacrn:, .t ~quadroni), totale: 1.009 cavalli. ri compagnia del 1° reggimento zappatori . Equipaggio da ponte: 1 " compag nia dc:I 1° rcgg i111 rn1 " . Servizi.

(:;

4'

Divisione (luogotenente generale Mignano): Brigata « Regina » (9° e 10' Fanteria), maggio r generale C 1ri ni : 8 battaglioni, 3.756 combattenti. Brigata << Rave nna » (37° e 38° Fanteria), colonnello Tarditi : 8 battaglioni, 4.030 combattenti. I e XXI battaglione bersaglieri: r .005 combatten ti. 4", 5• e 6~ batteria del 6° reggimento Artiglieri:1: 18 pcz71. , • compagnia del 1° reggimento zappatori. Servizi. 6" Divisione (luogotenente generale Cosenz): Brigata « Acqui » (17° e 18° Fanteria), maggior generale Schiaffino: 8 battaglioni, 4.026 combattenti. Brigata « Livorno >> (33° e 34° Fanteria), maggior genera le Radicati: 8 battaglioni, 3.933 combattenti. XV e XX battaglione bersaglieri: 941 combattenti.


1 ",

6' e 8" batteria del 9° reggimento Artiglieria:

14' compagnia del Servizi.

I8

pezzi.

reggimento zappatori.

Divisione (luogotenente generale Angioletti): Brigata " Umbria " (53° e 54° Fanteria), maggior generale Masi: 8 battagl ioni, 43.000 combattenti. Brigata II Abruzzi >• (57" e 58° Fanteria), maggior generale Pc:yron: 8 battaglioni, 4.005 combattenti. XXIV e XXX I battaglione bersaglieri: 855 combattenti. 4", i c 1.2" batteria del 9" reggimento Artiglieria: 18 pezzi. 18" compagnia del 1° reggimento zappatori. Snvi 7i. 10•

llf Divi~ione (maggior generale Longo ni) : Brigata •< Calabria " (59" e 60'' Fanteria), colonnello Ador11i : 8 battaglioni , 2.626 combattenti. Brigata " Palermo >> (67" e 68° F a nteria), colonnello Caffarelli : 8 h:iuaglioni, 3. 173 combattenti. XXXIII e XL battaglione bersaglieri: 817 combattenti. 1c"', , 1" e , ?.' h,,tt eria del 7° reggimento Artig lieria: 18 pezzi. 1· compag nia del 2° reggimento zappatori . Servizi.

III Corpo d 'Armata (generale d 'Armata Morozzo della Rou . .1) Q uartier Generale (maggior generale di Pralormo): Lancieri di Foggia (5 squadroni) - Cavalleggeri di Saluzzo (r, sL1uadro ni) - Cavalleggeri di Alessandria (2 squadroni). 16' compagnia del 2 '' reggimento zappatori. Equipaggio da ponte: 6" compagnia dd 1° reggimento. Servizi.

7"

Divi~ione (luogotenente generale Bixio): Brigata ,, Re 1, ( 1° e 2 '' Fanteria), colonnello De Fornari : g battaglioni , 3.81 7 combattenti. Brigata •< Ferrara " (47° e 48° Fanteria), maggior generale No varo: 8 battaglioni , 3.434 combattenti. IX e X battaglione bersaglieri: 868 combattenti. 1', 2· e .3• batteria del 5° reggimento Artiglieria: 18 pezzi. 2 " squadrone Cavalleggeri di Alessandria: 122 cavalli . compagnia del 2 ° reggimento zappatori. Servi1.i.


493 !f Divisione (luogotenente genera le Cugia): Brigata «Piemonte >' (3" e 4" Fanteria), maggior generale Noaro: 8 battaglioni, 4.058 combattenti. Brigata <( Cagliari ,, (6.f e 6.f Fanteria), colonnello Gabct: '< battaglioni, 3.687 comba ttenti. VI e XXX battaglione bersaglieri: 454 combattent i. i , 8" e~/ batteria del 6" reggimento Artiglieria: 18 pezz i. f squadrone Cavalleggeri di Alessandria: 109 cav:illi. i' compagnia del 2 ° reggimento zappatori. Servizi.

9'

Divisione (luogotenente generale Covone): Brigata « Pi~toia )) (35" e 36' Fanteria), m:1ggior gcncraic BotLaco: 8 battaglioni, 3. 772 combattenti. Hriu-ata " Alpi ,, (51 " e .52'' Fanteria)' maoaio r ~ encrak Dan t> b b zin1: 8 battaglioni, 3.980 combattenti. XXVII e XXXIV battaglione bersaglieri: 9 18 (0!1lbattrnti. 4", 5" e 6" batteria del 5° reggimen to Arti ~lic ria : 18 pc,., i. f compagnia del 2" reggimento za ppatori. Scr·,izi. 0

16" Divisione (Principe Umberto Ji Savoia): Bri!l~1ta « Parma " (49" e c:;o" F:1mcr i;1) n1;iuuior uc ·n , -r. , ir 1:,·r.._, ... _.., ' b ,-::> ~-. re ro: 8 battaglioni, .3.654 combattemi. Brigata mista (8" e 81 " F antcna). colonnel lo DL" S.111gct: K battaglioni, 3.305 combattenti . IV e XI battaglione bersaglieri: 872 combattenti. 10", 11 " e 1 2 ;' batteria del 5" reggimento Artiglinia: 1H po.zi. 3'' squadrone Cavalleggeri di Alessand ria: 11 4 ca\'alli. Servizi. Truppe a disposizione del Comand o generale dc!!'E.,crcito :

Divisione di Cavalleri:1 di li ne.1 (luogotcnrnte generale dc Sonnaz): 1• brigata ((( Savoia " e ,( GenoYa Ca\'alkria ))), maggior generale Soman: 10 squadroni, 1.023 G1;alli . 2" brigata ( u N izza " e ,, Piemonte Reale Cavalleria »), maggiore generale Cusani : 10 SlJUadroni, r .210 c.1Yalli. 1 • e 2" batteria a cavallo del 5" reggimento Artiglieria: 12 pezzi.


494 Artiglieria di riserva: 54 pezzi, (colonnello Balcgno): 7', 8", 9' e 14" batteria e.lei 7° reggimento Artiglieria. 15• batteria del 7° reggimento Artiglieria, 16· del 6° e 1_ 1" del 9''. Le forze di questi tre Corpi d'Armata, destinati, come vedremo, ad operare sul Mincio, erano, in complesso: 216 battaglioni (101.660 combattenti) : 6:! squadroni (7.074 cavalli): 47 batterie (282 pezzi).

i li Corpo d' Armata (generale d 'Armata Cialdini). Quartier Generale: 1' brigata di Cavalleria (Lancieri di Milano, Cavalleggeri di Ì\Jontc.:bello, C 1valleggeri di Lodi). 2· brigata di Cavalleria (Lancieri di Firenze, Lancieri Vittorio Emanuele, Cavalleggeri di Monferrato). 4 batterie da campagna, 1 da montagna; 2 equipaggi e.la ponte: 2 compagnie zappatori. Servi 7.i. Divisione (generale Casanova): Brigate Pinerolo ,. e •< Modena H , 2 battaglioni bersaglieri, _-; battc.:ric da campagna, r compagnia zappatori. 1 1·

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u · Divi~ionc (generale Ricotti):

Brigate " Casale n e e< Como », 2 battaglioni bersaglieri , 3 bat terie da campag na, 1 compagnia zappatori .

3• Di visione (generale Mezzacapo) : Brigate « Savona >> e « Bologna », 2 battaglioni bersaglieri , batterie da campagna, r compagnia zappatori. 1

r 4' Divisione (generale Chiabrera): Brigate Reggio» e « Marche», 2 battaglioni bersaglieri , 4 b:1llcrie da campagna, 1 compagnia zappatori. e(

r5' Divisione (generale Medici): Brigate (<Pavia " e e, Sicilia >', 2 battag lioni bersaglieri, 3 bat tnie da ca mpagna, r compagnia zappatori.

t

Divisione (generale Cadorna): Brigate « Napoli '> e (( Toscana >> , 2 battaglioni bersaglieri, 3 battnie da campagna, r compagnia zappatori. 1


495 18" Di visione (generale Della Chiesa): Brigate

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Cremona

3 batterie da montagna,

I

e « Bergamo », 2 battaglioni bersaglieri, compagnia zappatori .

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.:w• Divisione (generale Franzini): Brigate (< Ancona >> e mista, 2 battaglioni bersaglieri , 3 ba tterie da montagna, 1 compagnia zappatori. Artiglieria di riserva (colonnello Mattei): 2 batterie <li 12 pezzi da 40 G. R., 2 batterie di 25 pezzi da 16 B. R., 4 batterie di 25 pezzi da 8 B. R .. Totale: 174 pezzi. Il IV Corpo d'Armata, che doveva venire destinato ad agirc ~ul basso Po, ebbe, in complesso, la forza di: 144 battaglioni (63.795 combattenti); 30 squadroni (3.503 cavalli); 37 batterie (354 pezzi). Oltre all'esercito regolare, venne costituito, al comando l.kl Garibaldi, un Corpo di volontari, pel quale era stato stabilito un org.; nico di 10 reggimenti su 2 battaglioni. Non appena, col Decreto del 6 maggio, venne aperto l'arruola11H::nto, i giovani accorsero a presentarsi agli appositi Consigli pro,o ciascun capoluogo di circondario in tale numero che, mancando le armi e gli oggetti Ji vestiario ed equipaggiamento, [u 11<:cn~:1ri() ~ospendere l'arruolamento. Tuttavia, per quanto l'affl uenza dei volontari fosse ~t:tl:t pr1111.1 prevista per il numero di 10.000, finirono con esserne ~:rruolat i hcn 40.000 e si portarono da 2 a 4 per reggimento i battaglioni , ci:-i scuno dei quali venne costituito su 6 compagnie. Si potè form are, inolt re. uno squadrone di guide, montate ed equipaggiate :-i loro spese. L "Artiglieria venne fornita al Corpo dei volontari dall'escrcito regolare. Il 10 luglio i IO reggimenti volontari vennero riuni ti in 5 brigate (Haugh, Pichi, Orsini, Corte, Nicotera) ed il Corpo - comandante il generale d 'Armata Garibaldi - potè assumere (3 1 agosto) la formazione e la forza seguente: - - 5 brigate di volontari (42 battagl ioni, 33.480 combattenti) ; I battaglione bersaglieri (406 combattenti) ; - r squa<lrone guide; - 3 batterie del 5° Artiglieria; - , batteria da montagna. In totale: 33.886 combattenti e 24 pezzi.


VI.

L'ASSETTO DIFENSIVO DEI CONFINI ED IL COMANDO ITALIANO Fin Ja lluando, dopo la guerra del 1859, la Lombardia era stati unita al Reg no di Sardegna , era :1pparsa evidente b necessità di supplire alla mancanza di una vera frontiera militare sulla linea Jd Mi ncio chl'. con le fortezze di Peschic::ra e di Mantova, era rima, ta in potere degli Austriaci. Al riguardo era apparsa prima evidente la necessità di costruin: u n ra mpo trincerato sulle alture di Lonato e Castiglione: di ch,u dcrl' rnn o pere perrn:rncnti le strette del le alte valli lombarde, fori i hl ando, per coprirne gli sbocchi, Brescia e Bergamo; di sistemare .1 difc~a la linea dell'Adda, rafforzando Pizzighettone; di fare, 111fine. d1 Pavia la base della difesa della Lombardi:1, assicurandone, col fortificare Stradella. il collegamento col sistema piemontese Genon · t\kss:111d ria - Casale. Si er:1, inoltre, pensato anche alla convenienza di :.i ppoggi:ir:,: fortcmrntc al Po, tra il Ticino e l' Adtla cd anche tra l'Adda l' l'Og lio, per collegan.: il sistema di difesa della Lombardia con l!uello dell'Emilia eJ , all'uopo, erano sembrate particolarmente idonee Pi :, ccnza . Cremona, Casalmaggiore. Intanto i Governi provvisori della Toscana e dell'Emilia, stm 1i~i in Lcg:1 difensiva cd affidata, come abbiamo già ricordato, l.1 loro prrp; r;1z ionr militare :il generale Fanti, avev:mo rico nosci111.1 l'opportunità di fortificare Bologna, destinata a facilitare la dift:~.1 dell'Emilia ed a coprire la Toscana. ·n Governo sardo, all'uopo con sultato, aveva rico11osciuto la convenienza di tale provvedimento e: subito ~i erano iniziati i lavori , « adattando in fretta a difesa l.1 ,·ccc hi:i cima dell:i cillà e circondandola di una cerchi a di fortini d1 terra nella pianura e sull e colline sovrastanti "· Per opporsi più efficacemente ad una eventuale offensiva au ~triaca . era stata presa in esame anche (;i convenienza di fortifica1t ;dtre città di minore importanza, più vi cine al Po (Ferrar:1, Mir:111


497 dola e Guastalla) e qualche lavoro era stato anzi già eseguito a .Mirandola; ma il terreno tra il basso Po e l'Appennino no n era sem brato adatto alla costituzione di una salda frontiera art ificiale. Ad assicurare il collegamento del sistema difensivo em iliano con quello sardo - lombardo, si era deciso poi di fortificare Piacenza , facendone una doppia testa di ponte sul Po; ma, per la sua posiz ione arretrata rispetto alle frontiere del Mincio e del basso Po, Piacenz::i <. ra sembrata più adatta come " piazza di primo concentramento e di rifugio ,, , che non come perno di manovra per le operazio ni, cd era stata riconosciuta la necessità di fortificare sul Po qualch t: altr:1 locali tà eh:: - come Cremona, Casalmaggio re, Brescdlo o G uastalla - permettesse di agire più prontamente sul fian co del nemico che si fosse avanzato: sia dal Mincio, sia dall'oltre Po m:11110,·ano. Sul finire del gennaio r862 era stata istitui ta, infine, un :1 Com missio ne permanente per la difesa dello Stato, presieduta dal P rin cipe Eugenio di Savoia Carignano, con l'incarico di << studiare Ljll:tk a~setto di difesa meglio si convenisse all'Italia di fronte :111'A 11~tria " . Nell'assolvere il suo mandate, la Co mmissiont· ,!O\eva trncr presente la necessità di ,., evitare, per c.1uanto era poss ibile, b co~t ru zione di nuove fortificazioni, b cui importanza avesse ;, cessare .1l l0rchè l'Italia fosse giunta ai suoi natur~ili confini; di :1ccrc~ct:rc le d ifese permanenti nei soli punti giudicati essenziali in vista <;i un;i prossima g uerra coll ' Austria e di farlo in modo che i L1 ,·o ri lo ~-.c ro condotti al termine in breve tempo e con no n tropp<, rileva11 tc di spendio " · In un suo primo progetto, esposto al Mini stero della G ucrr :! alla fine del marzo 1862, la Commissione aveva proposto di: - costruire una doppia testa di ponte a Ca salmaggiore. punto di concentramento e perno di manona preferibil e a Pi ace nza ; - sistemare le fortificaz ioni di Bologna in modo da poter d ife ndere, all'occorrenza , la città con poche forze ; - fortificare Brescia per opporsi ad un ·eventuale incursio ne nemica da Peschiera e per fX)ter concorrere alla difesa dclk va ll i lombarde, che dovevano venire sbarrate con piccole opere perman enti. Pel colkgamento tra Casalmaggiore e Bologna si reputavano sufficienti le guarnigioni di Modena e di Parm a. Gli studì più accurati fatti su C:1salmaggiore dimostrarono, però, ben presto l'impossibilità di compiere i lavori in un tempo relativamente breve, per l'ampiezza che sarebbe sta to necessario dare alla doppia testa di ponte, e la Commissione propose, molto oppor-


tunamente, di i1witarc i generali d'Armata, << ai quali doveva spett;ire, secondo il caso, di mandare ad esecuzione il piano di difesa che trattaYasi di stabilire )) ' ad esporre la loro opinione al riguardo. I pareri dei generali interpellati furono diversi e discordi, e la scelta di Crcmo 11a o Casalmaggiore od altro punto sul Po, come località da fortificare, rimase sospesa.

Alla line del 1863, allorchè sorse fra la Prussia e l'Austria la tjuestione dei Ducati dell'Elba, la nostra Commissione permanent e d i difesa co mpil<'> un nuovo progetto, proponendo : - che ve nissero compiuti gli studi per la difesa attiva delle valli lo mbarde; che si fo rtificasse Cremona con opere in terra, in modo eia co~tituirvi una testa di JX>nte difendibile con una Divisione ; - che Cremona, con Piacenza e Pizzighettone, dovesse formare il nucleo del sistema difensivo contro l'Austria ; - che si cominciassero a sostituire con poderose opere permane nti i lavori di fortificazione campale intorno a Piacenza ed :1 l~ologna : - che si a ffrctt:issero intanto i lavori delle ferrovie, dcstinat<.: :1 mett ere in comunicazione tra loro e colla valle del Po i punti principali dei due versanti delrAppennino, allo scopu di facilitare ::1 radunata sul Po delle truppe sparse nella penisola. T ale proge tto venne presentato al Ministero della G uerra nd genna io del 1864; ma fu deciso di fortificare subito Cremona e di ~opra~~edere sui lavori proposti per Piacenza e Bolog na. L'allontanarsi delle probabilità di una guerra con l'Austria, il l'assaggio della C apitale da Torino a Firenze, i progressi crescent i c.Jell'Anig!icr i~i impedirono poi l'effettuazione dei provvedimenti ed imposero nuovi orientamenti agli studi in corso. Occorreva, infatti, pensare a proteggere la nuova Capitale d:i (;g ni offes:i proveniente dal basso Po e, per conseguenza, spostare il centro di gravità del sistema cli difesa rispetto all'Austria da ovest :1 \U d, quantum1uc gran parte dei m agazzini e delle fabbriche mil itari si trov:issero ancora in Piemonte. Così, mentre diminuiva l'importanza di Piacenza, aumentava c1uella di Bologna ed ancora più urgente diveniva il collegamento del le due piazze.


499 Infatti il Ministro della Guerra, col dispaccio del , 3 febbraio 1865, <1 constatando le migliori condizioni poi itichc del Rea no, le quali consigliavano a non differire ulteriormente lo studio d:l sistema generale difensivo di tutta l'Italia », affidava alla Commissione permanent~ .r:r la difesa l'incarico di_ studiare un « nuovo progetto g enerale eh difesa dello Stato, che nspondesse nel miglior modo a .t utte le eventualità » .

Po

BOLOGl'I,.

'"'

Le dive,·.ce proposte sull'assetto difensivo a'ci confini.

Anche questa volta i pareri dei membri della Comm issione non furono concordi intorno al valore strateg ico di Bologna ed all a scelta di qualche altra località da fortificare, tra Bologna e Piacenza. Unanimi nel negare a Bologna una funzio ne offensiva, i membri della Commissione erano discordi circa l'efficacia della piazza :111, hc in caso di guerra difensiva, poichè alcuni la riteneva no uti lissima: sia :; proteggere la radunata dell 'esercito, sia a coprire la via della nuova Capitale; altri consigliavano di conservare Bologna forti fìcata per semplici considerazioni di convenirnza, ed altri , infine, reputando la piazza inutile e perfino dannosa, proponevano di con siderarla nuovamente come città indifesa.


50 0

Quanto alle nuove fortificazioni destinate a collegare Bologna e Piacenza, si pensò nuovamente a Brescello ed a Guastalla; ma anche contro l'attuazione di questo progetto sorsero difficoltà simili a quelle che già avevano fatto rinunziare all'idea di fortificare Casalmaggiore. F inalmente, in seguito a nuovi studì, la Commissione potè compilare un proget10 particolareggiato, nel quale, per quanto si riferiva alla difesa terrestre verso l'Austria, riconfermando quanto era stato già fatto nel genna.io r864, date le nuove condizioni del Regno, ~i reputava nccc.:ss;1rio proporre: " r. - Un grande aumento di potenza difensiva cd offensiva alle fvnczze di Piacenza e Bologna, per fare de lla prima una grande pinza da g uerra con campo trincerato permanente, a guisa di doppia testa di p:rnte sul Po (secondo il progetto approvato dalla Commissione nd dicembre 1864) e della seconda una grande. piazza da guerra cun doppio campo trincerato : uno cioè nella pianura per l.1 difc$a delb città e l'altro in collina (secondo un progetto approYato dalla Commissione nel gennaio 1865); asseg nando a Piace nza il compito di appoggiare le operazioni dell'esercito per la difesa della Lvmb,1r,li., L dell'Emili a e a Bologna tp1el ln di coprire nel m odo piÌJ cf tìcacc le principali comunicazioni tra la bassa valle del Po e la T mcan:i e di offrire un punto d'appoggio alle truppe operan ti sul ba~,o Po. " 2 . - Costrui re a Cremona una testa di ponte sulla spanda sinistra del Po (secondo un progetto già esistente), allo scopo di a~sicur<1rc m o mentaneamente un secondo passaggio sul Po a valle di Piacenza, al hne di agevolare una difesa di fianco della Lombardia ;1tt:icc:11a dalla linea del Mincio, facendo sistema con Pizzighettone e Piacenza . .. 3. - Aumentare e migliorare le opere difensive di P izzighcl tone (seco ndo un progetto approvato dalla Commissione sin dal gennaio r863) coll'intento di estendere l'azione di Piacenza sull'Adda , a~sicurando un passaggio importante su (Juesto fiume alle truppt operanti sulla r iva sinistra del Po. " 4. · Costrui re una nuova piazza, di carattere puramente difensiYo, nella parte centrale dell'Emilia , in un sito da scegliere di c: t ro ulteriori stud1 sul terreno (Guastalla o Reggio), per collegare le due piazze di Piacenza e Bologna, coprire le varie comunicazioni cìirctte tra la valle del Po e la Toscana e particolarmente quelle che pro\'cnivano dai distretti mantovani.


501 (< 5. - C hiudere con opere di sba rramento tutte le strade che attraversavano l'Appennino tosco-emil ia no, al fine di accrescere valore al l' Appennino m edesimo come li nea difensi,·a . "6. - Sollecitare la costruzione delle fcrro\'ie Spezia - Geno n e Sarzana - Parm a e l'apertura Ji strade ro tabi li sui giog hi Jcl\"A ppen nino, per facilita re le comunicazioni " · Tutte le opere sopraccennate ve ni vano d ichiarate u rge nti : m:i, date le difficoltà c he come si è ri cordato, si era no oppo~tt: alb romr:laz ione di un progetto definiti vo, q uesto non po tè em::rc procnl;1lo ai Ministero della G uerra prima del 9 aprile 1866, cioè LjLiando l' imminenza del la g uerra no n ne p: rm ettn ·a più l'attuazione. Si po terono in iziare sol tanto i lavori che si riferi\'ano a C rem o na cd a Pizzighettone; m a non fu possibile di proHedcrc a tu tti i 1x:· r icali che presentava il co nfine stabilito dalla pace di Zurigo. Quc,to, infatti, svolgendosi dallo Stelvio al basso Po per il Garda cd il Min cio (pur dando una certa tranquillità per il lago e le du e lince flu viali che lo costituivano), present;l\"a tratti estremamentt: deli ca ti e lasciava all 'Aust ria il possesso di locali t;1 at te ad agevoh rnc ,ingol.11 m ente le eventuali operazioni offe nsive, come Pesc hiera cd il Snr.1 g lio suì Mi nçio e Borgoforte ~ul Po ( 1 ).

La costituzione del Comando italiano. Perchè potesse riuscire veramente efficace nella g uerra imminente l'accordo concluso, come già si è Jctto, :1 Rcrlino pu l":tllcanz a italo - prussiana, avrebbe dovuto es~e re com pletato <Li un :1ccordo militare. A tale sco po il La Marmara - pur limitando~i a dargli semplici istruzio n i verbali Ji indole più poli tica che mili tJ n.: - aveva incar icato di ini ziar e le trattative necessarie ( 2) il gc ncrak Govo ne: ma questi potè, al rig uardo, sc:1 mhiare appen:1 (p 1ak ltr idea col Moltkc (3) , il quale m ostrò d i considerare l'intcr\'cntu ita liano ( t ) Cfr.: Relaz ione 11 ffìc i:ile ital ia na ·,ulla campagna del r Xllh. (2) Nella ltncr:i. co n la quale il La M:mnora presrnt:n a a l Conte di Harral il <Tcncrale Govo11c. era , infatti . eletto molto opp,>rtuna mc111c : " Le hut <lt· l:i ~issio11 de M. k i.:én:- ra l Go,·one est <le s'assurcr dcs comliinaisons 1:,ilit:iircs -iue, par suite Je la -~ituation politiljue anuclle, le gou,·crncmc111 clc sa Majc,t~ le Roi Je Pru sse p t1urrait vouloir concertt:r ::i,-ec nous pour b défencc commune "· (3) ,-\ mettere meglio in luce l'opcr:i del (°';ornnc. si riporta , in p roposito, q uanto egli stesso espose nd suo d iario: •• '\;cli; Jis.:ussioni :i,·utc col Conte


necessario soltanto a costringere l'Austria a dividere le proprie forze ( 1). Soltanto p1u tardi, :il principio ùi giugno, il Moltke inviò al La Marmara il von Bernhardi, addetto alla · legazione prussiana a Firenze, con una Memoria, la quale espon eva dettagliatamente le vedute del Capo di Stato M:iggiore prussiano sulla condotta generale della campagna (2). In proposito, il 6 giugno, a Paìazzo Vecchio in di Bi~m:irck e col ge nerale Moltke , ulle operazioni militari eventual i, sostengo come erroneo il concetto Jd lc due Armate di Sasson ia e Slesia. Sostengo 1:i urnccncrazionc Ji un:i sola mas~a, cht: cammini "coude à coude" per la Boemia vc::r~o Gorlitz. Bismarck mi dice d i sostenere ques1·opinionc con Moltkc. Mohke mi dà le r;,gioni delle Juc Armate e poi mi Jice: M,1 voi, che sostenete la concentrazione in Prussia, t•oi 11011 seguite poi ta!e massima in Italia. lo vedo due ,·.,erc-111: C'i11fd111i sul Pa, il resto sul 1'vli11ei<>, rispondo: Ma non si possono svelare ogj!i i nostri progetti ; ci si forma, si formano le Di visioni; ma sono ~icuro che, wminciando le e;stilità, non si avrà che un ~olo esercito, sia sul Po. sa , ul ~linci,, ,.. C fr. U. GovoNE: « li generale G. Govone ,1. ( ,) Il 5 ma rze 1866 il Moltke scriveva, infatti, al Bismarck: « Le operaz io ni sa r:111110 condotte con reciproca, complct:t indipcn<lenza su teatri Ji gut:rr:i J isti1111 cJ in Yista di gravi interessi particolari. Il vantaggio non è che k· <1pc1azro111 siano combinate; ma che esse siano s1111ulta11cc "· (2) Circa l':izicnc italiana durante la g uerra, b Memoria del von Bernhardi d :e<.:va : " l'uur com plétcr, pour consolider ccs suc.cès qu 'elle cspère, pour k , , en d, e i,, é, o,ahlcs et cléfinitifs, la Prussc cornpte sur la coopér:nion :icrin· cl incc~s:imc d1: su11 alli ~. Meme dans la position ,·icwriemc à laquelle nous tcn don~. le son dc la guerre dans sa totalité pnurrail c11Lorc St: tro uvcr compromi~. s"il é1ai1 pcr mi~ ;1 l'enncmi Jc lancer contre l"Armée prussien nc tout cc qui rcstcrair de tw rpcs, rcnforcés, 11c ffit que temporainement, par l'Armée qu 'il au, ait cn premier lic11 opposéc à J'ltalic. 11 impone J onc surtom quc Arméc i1alirnn1: ne pcrdt: jamais dc vue son adver saire, qu'ellc le serre de bien pn.:~; qu"rnfin l"Arm,:c :nnrichienne d' ltalic ne puisse jamais se di riger vcrs le Danuh, cl comrc l"i\rm,:c de la Prussc, sans ~tre talonnée de prés par l'A rméc italiennt:, commc dc l':1111rc cote' Ics cffons quc fcra la Prussc pour frapper au coeur b pui ~sa ncc cnnem ic, ne pcrmettnmt jamais à l'Autrid1e de détacher vers l'Italic dcs n:nforts. <Jui pourraicnt lui donner b sup::riorité dc nombrc sur ce théatrr ck g uerre. " C 'est ~ notrc aYi s, je le répé1c. le point csscntiel cntre nous. Le princip, ,1Jmis, il fou d ra it que l'Armée italie1111c, loin Jc se laisser arreter par k (Juadrilatérc, tachc :iu comrairc Je donncr à ses opérations, dés le comrnencc mcm d_c la guerre, une clircction qui lui préparc Ics voics pour suiv rc son ;1Ù vcrsa1rc, lo rsq uc cclui-ci ser.1 forcé dc se retircr Jans Ics provinccs centrale, d1: J"Empire autrichicn ». La n~emori:i formub,·a .. quindi, le diver se ipotesi possibili, raccoman<lando. sw nfitto 11 nemrw, J1 marctarc anch:: a l d i là delle Alpi Carniche: « L'Armét italienne pourra pcut-étrc memc prévr nir l'cnnemi au déb:mché Jcs montagne,,

r


Firenze, il von Bcrnhardi ebbe una lunga conferenza col La Marmora: ma questi, sorpreso di vede re incaricato di trattare tali argomenti uno scrittore e non già un generale, si mostrò, durante il colloyuio. assai riservato ( I). Inoltre il 19 giugno, quando era appena giunto al Quartier Generale a Cremona, il La Marmara ricevette una nota ddl'U ~edom. inviato straordinario e ministro plenipotenziario del Re di Pru ssia a à Villach, s'emparer de Trieste par une d ivision J ~1achée et étaolir :1 im i dn comunications dircctes avcc son armée na,·ale ... "· A facil itare l'esecuz ione di questo piano il von Rernhardi suggc.: . i, a . .:0111c vedremo, una sped iz ione in Dalmazia gu:data Ja Garibaldi , rnn l' i1K:1ri,u d1 provocare l"insurrezione in Ungheria. (1) A proposito di tale colloquio, il von Bernhardi (cfr. « D<.:r Kricg 11ì<><i gegen Ocsterrcich ») scrisse: « G giugno 1866. Alle 3 con ferenza con il L1 \f ar mora , in un 'oscura stanza di Palazzo V ccch io. « L 'impressione che, nel complesso , mi lascia il La Ma rmo ra . d opo u n dialogo di due ore, non è punto soddisfacente; mi rimane il p enoso d uhhio .:IK egli non sia all 'altezza del suo compito, anzi eh ·egli 11011 sappia rcndcr,1 c(1111u d ella vc:ra essenza del problema ch e de\"e risolvere . .. ,,. cc La prc-gettata spedizione di Garibaldi !!li ripug na perchè c.:gli tc.:111c che Gariba ldi lo possa condurre più 111 là di quanto egli vu ole e che l:i g uen.1 fi nisca per uscire fuo ri Ja quegli stretti con fini nei qual i egli b , uol 111:1111c1 1c.: 1c Per queste rag ioni egli vedrebbe \'olcntieri naufragare qucst:.i spcdiz1011c c.:. ,t· Jipcndesse da lui, la ma11J crd1be ,cuza d ubb io a vuot0. P11id1l· egli. , <>11 11· molti dei suoi conterranei, considera a11cora il Piemonte come il n ·ro S1:1to cd il resto d "ltali:.1 come una sempl ice appendice, e rirnlge ogni ~u o , l<Jrlo a condurre la g uerra fu o ri del Piemonte, non come un vero lt:ili:1110; 111:i com t· un Piemontese ... " · Il 7 g iugno il von Bcrnhardi fu ricevuto da Vittorio Emanuele Il . dc.:I qua k scrisse, in\"ece: « Vittorio Emanuele ha un a spetto che impone ; , u t:iò 110 11 può esservi diversità di pareri . Pare che :ihbia energia ed un int ellcu n fine. pronto e sano. Si arguirebbe ch'egli sa ciò ch e vu ole e che voglia :1nc he ottcrK·rc ciò ch e egli vuole. Semhra, come si su ol dire, tagliato tlllto d'un pezzo,,. Il Moltke - in r isposta al ,·on Rernhard i. che g li a ve\"a riferito il rnlloqu;o avuto col La Marmora - scriveva in data ciel 15 giugno: ,, H o visto ron rammarico dalla sua interessante let tera Jel 9 çorrente ch e 110 11 vi ì: molto da sperare dalla cooperazione dell' Italia. E ' strano come non si com p renda :i Firenze che sarebbe evidentemen te più faci le <l 'impadronirsi dei Quadrilatero battendo g li Austriaci in rasa ca mpagna, che assed iandon e le piazzeforti . .. lo spero ancora che Re Vittorio Emanuele - E g li ì: nello stesso tcmpo uomo di Stato e soldato - compren<led meglio le cose e che, m:igari a ll 'ultimo m omento, al momento decisivo, saprà condurre le sue belle e numerose truppe :1ttraverso il Polesine a tagliare le più importanti comunicazioni Jel Quadrilatero cd avviluppare Venezia per terra e per mare, per nurciare poi d iritto al cuore degli Sta.ti ai..striaci » .


Firenze, circa (( il sistema di guerra che la Prussia proponeva all 'ltalia ptT la prossima campagna ,. (1). In <letta no ta erano ripetute le stesse idee espresse da l von Bernhardi, idee che si possono riassumere nella proposta che l'Italia conducesse la guerra decisamente ed a fondo, senza indug iarsi attorno alk fortezze del Quadrilatero, spingendosi a minacciare la stess:1 C apitale nemica e concorre ndo, mediante l'intervento di Garibaldi . a fomentare l'insurrezione in D almaz ia ed in Ungheria. Entrambi i due tentativi più sopra ricordati non portarono, però, :111:i conclu sio ne desiderata, e - sia per la solita diffidenza, si:1 per le nostre condi zioni militari cd i nostri particolar i obbiettivi no n sembrò possibil e, nè opportuno di collegare in c.1. ualc he modo k opera zioni dei due eserciti alleati. Per conseguenz a, nel 1866, l' Ita lia ent rò in campagna cont ro l' Austria d 'accordo con la Prussia soltanto circa la contemporaneit:1 <lelrin1 zio delle o peraz ioni ed il Com ando italiano rimase libero cli :~g ire nel modo e nella direzione che avesse ritenuto più opportuni (2).

lk nchè alla g uerra ~i pensasse da tanto tempo, la costituz ionr 1lcl Comando Supremo delrescrcito si presentò come un problcm ,1 di no n facile soluz ione per le difficoltà che si opponevano alla scelt.1 del Capo di Stato Maggiore. V itto rio E manuele Il aveva espresso il desider io di assumere pc1 ~ nalmcntc il comando dell'esercito (3); ma, per rispetto alle norn u cosritu zionali, la con dotta effettiva delle operazioni doveva essc 11 ( 1) Il C:111onge ~crisse giu stamente che la nota dell 'U sedom tra11ava I., quntione d c!l'offrn sil'a italiana troppo Sllp<.: rncialmrnte. (2) li La ;,larmora (cfr. Relazione del 2 0 Ji.:cmbre 1868) 1 a proposito d, I colloquio a l' uto il b g iug no col rnn Bernh:i rJi, scrisse che (( mai gli era vcm olu i11 test:1 d i co 11siderarlo come u n plenipotenziario od incaricato mili ta re ,, e d 11 il colloq uio fu « un:i con versazione interamente accademica ». C irca la !101a J dl"Usedom , anche il C anongc trova naturale che il La M.11 mora <( la mettesse prudentemente in disparte ,,, data la legg erezza con 13 11u,1l1 ,·eniva in essa n m siJcrata fa cilissima e sicura l'ava n zata dell'esercito iwli:1 1111 su Vicnn:i. (3) Il pr oc lama emanato dal Re agli Italiani, in data d el 20 g iugno, fi11 11 ,, infatti, con queslc parole: << Io tlò lo Stato a reggere al mio amatissimo cug11111 il Principe Eugen' o e riprendo la spada di G oito, di Pastrengo, di P ab1111 e di San Martino. Io sento in cuore la sicur<"lZa che scioglierò pienamente, quc,i.1


affidata al Capo di Stato Maggiore responsabile. I candidati pm in vista per tale carica, dopo la morte del Fanti , erano i generali La Marmara, Cialdini e della Rocca. Benc hè i primi due possedessero magg iori titoli, il Re avrebbe preferito la nomina del gen eral e Morozzo della Rocca, già suo Capo di Stato Maggiore duranre la campagna del 1859; ma, temendo che il La Marmora ed il Ciald in i non si sarebbero rassegnati facilmente a dipender<..: dal dell a Rocc:1. r inunz iò a tale designazione. Ad eliminare poi gli attriti, palesi o latenti , che si sarcbbcr(J. purtroppo, determinati tra il Cialdini ed il La Marmor:1, qu:il or:1 uno dei due fosse stato chiamato all 'alta carica, il Sovrano pen sù di Alìdarc ;.i ciascuno di essi il comando di un "Arma ta e di tener<..: un Corpo di riser va al comando del della Rocca . Comandante ~. uprrn111 dell'esercito avrebbe dovuto essere il Re. coadiu vato dal 1 cncr.1k •' Petitti. Ma l'opposizione del Cialdini fece fallire anche C[ucsro di~c~110. in cd allora il La Marrnora - che era anche Cap :> del Gon-rno vitò ripetutamente ad assumere la carica di Capo di St:1to tvl:iggi1 1n· lo stesso Cialdini; m a questi, forse temendo di non poter u~ufru l 1T di tutta la necessaria libcrt;1 cL1ziom:, rifiutò, pur did11a1~111do d,c egli si sarebbe assoggettato a rimanere al la dipendenza del L:1 ;\\.1r mora. (.)ucsti, secondo il Petitti, "era esi tante ad assu mere il C<!rn,rnd" di un esercito di tanta mole ,, e, solo q uando già gli av,·c11 illlrnti i11 calzava no, dovette rassegnarsi ad accettare la nomina a C:1po di S1 :1ro Maggiore dell'esercito « per evitare che giungesse il momenin di entra re in campagna senza che quel posto fosse occup:1 to " ( , ). Egli c:bbe a suo collaboratore, con Li tJualific:1 di aiut:1nte gencr:il c. il Pc1

,·olt;1, il ,·oto fatto sulla tomba dt>I mio ma g nanimo ge nitore. lo ,oglio , "'. e ancora il primo soldato dell'indipendenza ita lia na "· Ed il generale Pctitti scrisse. in p roposito : << Decisa la gunra . \"iuori" Emanuele palesò il suo franco volere di assumne in essa il com:rndo d d l"esercito » . ( 1) Il La \-1armu, a stesso nella , u:1 Rd:iziunc:: dd l o lug l:o 18('9 scrisse in proposito che ,, do,•ette risoh·ersi, ma lgrado u na grandissima ripu gnanza , a<l :1cct"t1arc il posto di Capo di Stato \fafg iorc . .. " · " Questa qualit..'t ! di Capo di Stato :'lfagginrcJ, se mi pt:rmc1tev:i d i proporre, ~uggcrirc, con s: gliarc, rag;onare, mi Yietava per altro di ag ire di proprio impulso ed emanare ordini chiari , prec isi, assoluti, come i: nella mia n:itura . e mi costringeva a tacere, cedere, t .-ansigcrc con le mie con,· inzioni o nde evitare urt i. complicaz:oni e ma)?giori danni >•.


tttll; ma. come si vede, la nomina del La Marmora era il risultato di un compromesso, purtroppo non sufficiente ad eliminare le divergenze che dovevano avere un così deleterio influsso anche sul corso

della campagna. Cosa, questa, tanto più deplorevole, in quanto il La Marmora, Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli FHeri fino all'apertura delle ostilità, non ebbe tempo e modo di concretare un vero e proprio piano di guerra (1), com<: sarebbe stato indispensabile.

( 1) li della Rocca scrivc,·a, infatti , da V icenza il 5 agosto 1866: che avrdilw rnl uto sapere ,, ,111alc fosse il piano di campagna» ed il La Mannura, 11dl.1 sua Relazione del 10 luglio 18&), scriveva in proposito: (( Ben comprcndcv11 quanto sarebbe stato co nveniente reca rmi prontamente ali' Armata ed assumc, t' 111 tempo I..: fun zi0ni di Capo di Staio Maggiore; e molto insistei per cedere il mi o posto di C:ip<.1 del Governo al Barone Ricasoli, già destinato a succedern11 Se non che. complica ndosi maggiormente la politica in quc::i giorni, e non v11 lcndo il Harcnc Ricasoli a nessun costo assume re la presidcn7.a ed il portatogll11 degli esteri linchè la guerra non fosse dichiarata, dovetti rimanere in Firenze Per cui , dei preparativi per la mobilitazione dell'esercito mi potei poco occuparr, e solo mi era lecito, di quando in quando, co ncertare col Ministro della Gucri ., le- disposizioni generali per ii riparto e concentramento di c::s,o » .


VII.

LE FORZE CONTRAPPOSTE

La mobilitazione e la radunata dell'esercito italiano. A cumpltlare lJUan lo si rifer isce alla preparazione mil it:m.: it,1liana per la guerra del 1866, non sa rà inopport uno accennare anche al modo nel quale si svolsero le operazion i per la mobilitazione cd i trasporti per la radunata. Le disposiz ioni successivamente em anate dal Mini stero ddl:i G uerra per la mobilitazione dell 'esercito - da quando l'eventualit:1 della guerra apparve come possibile a tutto il 27 aprile - furono lc~eguent1 : - r I marzo : chi amata alle arm i degl i uomin i di seconda c.1tc:goria della classe 1!344 per l'istruzione an nuale ; - 25 marzo : ripresa del le operazioni di leva della cbm : 1K-15. o perazioni che, al principio dell'anno, erano state sospese pn ('Cc 1 nom1a; 1° aprile : emanazione di alcune norme circa la dcstin az1unc preventiva del personale che, in caso di mobilitazione, sa rehlic ~t:1to chiamato a costituire i Depositi ; 1° aprile : richiamo degli ufficiali dall'aspettati v;1; - r8 aprile: sospensione delle licenze; - 27 aprile : richiamo di tutti i militari cd i111 picg:1t i m licenza. Ma, mentre il Governo italiano iniziav;i i suoi prcparat1 v1 gradatamente e co n la pruden za necessaria a non fare attri buire ad essi il sig nificato di u na vera e propria provocazione, l' Austria si preparava alla guerra ormai palesemente e telegrammi da Trieste e da Vienna, in data del 24 e dd 25 aprile, annunziavano al La Marmora il richiamo generale di tutti i soldati J ell'Impero. Questo provvedimento, m esso in rel azione con la nota del 26 :1prile, con la quale il Gabinetto di Vienna esponeva. a c1uello di Ber-


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)

lino il proposito dell'Austria di disarmare al nord, verso la Prussia ; ma di mobilitare l'esercito contro l'Italia, indusse il La Marmara a r<m1pere gli indugi. E, dopo aver fatto constatare ufficialmente la precedenza degli armamenti austriaci verso l'Italia, si affrettò a prendere i provvedimenti imposti dalle circostanze. Per conseguenza le operazioni per la nostra mobilitazione diven11ero p.t!esi ed, infatti, in data del 27 aprile, venne disposto per l'immediata incoqx1razione clegli uomini di seconda categoria della classe 18.H ed, in data del giorno 28, per la costituzione dei Depositi. Nello stc~so giorno 28 si diramarono, inoltre, gli ordini e le istruzioni per il richiamo delle classi già in congedo illimitato, richiamo che doveva cf frttuarsi nei giorni 5, 7 e 9 maggio e che si riferiva ai soldati delle classi dal 18_34 ;il 1840 a qualunque provinna del Regno appart•:ncsscro: nonchè a t}uelli delle classi 1841 - 1842 del Treno cl 'Armat:i che erano stati mandati in congedo poco prima ed agli uomini della ~econda categoria delle cl assi 1840 e J 84 r. Costituiti i Depositi dei Corpi, gli uomini delle classi richiamate vi :1ffluirono in un numero complessivo di 129.496. Di questi, come rn:ord:i, con bene giustificato compiacimento, la nostra Rclazionr uftìciaÌl:

si presen tarono nel giorno stabilito: 121.802: - si presentarono posteriormente, ma prima di mcorrerr nel la d1serz1one: 2.429 ; - furono dichiarati di ~<"rtori, ma poscia s1 presentarono sponta neamcnte: 34 1; - furono arrestati: 3(>7; - rimasero ancora latitanti al 30 settembre: 2.092; mancarono alla partenza, a tutto il 30 settembre, per g111 sti ticati motivi: 2.465. Da queste indi~azioni risulta che, dc.gli uomini delle classi in co ngedo illimitato, soltanto !' 1/ 62 'X, dei militari richiamati no11 a,·ev~ ~ncor~ raggmnto, al 30 ottobre, senza giustificati motivi, i ri spett1v1 :cgg1menti. Circostanza, questa, che hen dimostra con quak concordia e con quale entusiasmo il giovane Regno si accin(Jesse ali.i guerra per l'unità nazionale. b

Mentre si compivano le operazioni ricordate, il Governo - da1.1 la necessità di non tardare ad assumere almeno un atteggiamento


difensivo, poichè già verso la metà di maggio l'Au stria avrebbe potuto trovarsi in grado di iniziare le operazioni contro l'Italia - prendeva anche le disposizioni per la radunata dcli 'esercito attirn verso Piacenza e verso Bologna. I movimenti a tale uopo necessari dovevano iniziarsi nella notte

dal 2 al 3 maggio cd essere ultimati pel giorno 5, giorno nel quale doveva cominciare, come si è detto, l'invio ai Corpi dei richiamati. Il problema della radunata non era certo facile a risolversi. Al 1° di maggio le truppe italiane si trovavano ancora disseminate nelle varie Provincie del Regno ed occorreva costituire rapidamente due masse: runa tra Lodi. Cremona e Piacenza; l'altra intorno a Bologna-; mentre al sollecito andamento dei trasporti rela-


510

tivi si opponeva il fatto che tra Piacenza e Bologna era disponibile soltanto una linea ferroviaria (147 chilometri) ad un solo bin ario; cosicchè, dovendo eseguirsi contemporaneamente i trasporti degli uomini e dei materiali da Piacenza a Bologna e viceversa, verso le due zone di radunata, si sarebbe incorsi in notevoli indugi che occorre-va evita re. Ad ov\·iare, per <!uanto era possibi le, all'insufficienza della linea Bologna - Piacenza, il Ministero della Guerra dispose allora che i Corpi d'Armala che dovevano costituirsi a Lodi, a Cremona ed a Piacenz:1 venissero formati rispettivamente dalle truppe stanziate in Lomhardia, in Piemonte e nell 'Emil ia occidentale, usuf mendo delle lince fcrro\'iarie: Torino - Milano

\ Lodi-Piacenza;

? Treviglio - Cremona:

Brescia - Treviglio - Cremona: nonchè di alcune di tJuelle della T oscana, lungo le yuali dovevano affluire i reparti proven ienti per mare dalle Provincie meridionali e ~barcati a Livorno cd a Genova. Tali rrparti do vcv:1110 raggi ungere le zone di radunata, usufrucn. do delle lince ferroviarie: Livorno l Pistoia - I3ologna - Piacenza: Firenze \ Cenova - Novi - Tortona - Piacenza . Con criterio analogo, al Corpo d'Armata che si doveva raccoglicn: prcs~o Bologna, al coman do del Cialdini , vennero assegnate le truppe gi;1 dislocat e nei Dipartimenti di Bologna e di Firenze e 1..1udlc delle Pro\'incic meridional i che più facilmente :ivrebbero potuto affluire sulle lince :

Lecce - Ancona - Bologna: Li\'Orno f Pi stoi:.i - Bolog na . . F1rcnze \ ..., . Così vennero ridotti al minimo possibile i trasporli sul tratto Piacenza - Bologna, secondo le disposizioni che erano state già preparate fin dal tempo di pace. . D,~ta _la n_cccssità di porsi i~ grado di difcnderc la frontiera, che m quei g10rn1 potev:i vemre minacciata dall' Austria, si dovette trasportare nel minor tempo possibile il magt.Tior numero di uomini e la maggior (Jllantità di materiale ed, all'uo;o, si adottò molto oppor-


5I

I

tunamente il criterio di non servirsi delle ferro\'ie , ~e non per trasportare la Fanteria ed il carreggio; mentre le trupp::- a cavallo, in gran parte dislocate lontane dall e zone di radunata, do. . .non molto . . vevano pervenirvi coi propn m ezz1. Secondo tale concetto, il Ministero della Guerra, con teleg ramma del 1° maggio, ordinò ai comandanti dei Dipartimenti di tenere le

I! gcflerale Enrirn Cialdini.

truppe pronte a muovere al primo cenno cd il giorno z spedì loro le l~ìbelle di formazione dei Corpi d'Armata, co n le iqruz ioni neccss:irie per effettuare i movimenti di radunata. Ma, poichè dice la Relazione ufficiale ( 1) - no n sarebbe stato possibile regolare da Firenze il collocam ento delle truppe nei luoghi

1n

( 1) UFFICIO S,ox1 c;o Italia ».

SlATl' ~!,c GI OKE

R. E sERc110: ,, La

guer ra

del 1866


5 12

c!i riu nione, nè provvedere agli inconvenienti di varia natura che potevano verificarsi nell'esecuz ione di q uel gran movimento, ne fu affidato l'incarico e l'iniziati va al comandante del Dipar timento di Milano per le truppe destinate ai Corpi d 'Armata I, II e III (Lodi , Cremona e Piacenza) ed a quello di Bolog na per le truppe destinate al IV Corpo d' A rmata. I comandan ti dei D ipartimenti suddetti regolarono, infatti, l'affl usso dei repa rti nel le zo ne di radunata . Le trup pe che d oveva no ragg iungere Piacenza per la linea Pistoia - Bologna - Piacenza vennero trasportate prima d i quelle destinate a Bologna, in modo da lasciare poi disponibile tale linea per la radunata de l IV Corpo. Le truppe provenienti dalle Provincie napoletane, da lla Sicilia e dalla Sardegna ve nnero sbarcate a Livorno ed a Genova e, per cura dei Coman danti delle D ivisioni territo riali locali, furono successivamente trasportate, secondo le richieste e le indicazioni telegrafìch<: dei comandanti <lei Dipartimenti di Mila no e di Bologna. Le truppe già stanziate nel D ipartimento d i Mila no , essendo \' icinissi me ai luoghi di radunata, vi affluirono qualche giorno dopo le alirc. per evitare il soverchio ingo mbro degl i alloggiamen ti. Pe, conseguenza, se il 6 maggio la maggior parte delle forze si trovò già riun it:1 :i Lodi, C remona, Piacenza e Bolog na, soltanto tra il 2 cd il 15 1mggio le Divisioni cd i Corpi d'Armata fu rono costituiti. Le truppe delle Provincie meridionali, che dovevano essere t,:, sportate per mare nell' Italia superiore, vennero raccolte presso i porti d"imbarco. Questi fu ro no: - per le:: truppe provenienti dalla Sicilia : Girgenti, Trapani , Palermo, Mi lazzo, Messina, Catania e Siracusa ; - per le truppe del le Provincie calabresi e na poletane: Rcg g io, Pizzo, Paola, Napoli e Gaeta ; - per g uel le della Sardegna : C agliari. Per i trasporti ferroviari le Società avevano raccolto i lo ro rnatr r ial i mobili sull e principali vie del movimento e cioè sulle linee : Torino - Milano

Trevig lio - C remona; Lodi - Piacenza ;

Torino - A lessandria - T ortona Ge nova - Navi - T ortona Firenze l . . hstota - Bologna; . L 1vorno 11 Lecce - Ancona - Bologna.

l ~

P iacenza;


Mentre la situazione politica andava chiarendosi cd induceva a ritenere la guerra ormai come imminente, le Unità dell'esercito si completarono e, presso i Corpi , venne provveduto anche all 'istruzio ne degli uomini di seconda categoria. D al 15 al 19 giugno la massa destinata ad operare sul Mincio (Corpi d'Armata I, II e III) si avan zò dall'Adda al Chiese, in modo da poter coprire meglio la Lombardia e da avvicinarsi, per quanto tra possibile, al IV Corpo. L'esercito italiano ven ne così ad assumere uno schieramento più adatto alla guerra offensiva che stav;1 per in iziare; ed il 20 giugno, alla dichiarazione di guerra ( 1). k diverse Unità avevano la dislocazione seguente: ( 1) La d ichiarazione di guerra venne fatta con la seguente kttcra i11di, i,. z ata, d"ordine del Re Vittorio Emanuele. da l La Marmora all 'Arciduca A lbcn o. comandante delle truppe austriache nel Veneto. E ssa venne portata a ~lanto, ;1 dal colonnello di Sta to Maggiore Bariola, sottocapo d i Stato Magg,o~c cl cll'cscr· cito, il 20 giugno alle ore 6,30. Oa MantO\·a \·enne ~pcdita a \ 'erona :1ll 'r\rc1du,a :\lberto, a! quale dovette pt:r\·enire alle ore 13 circa . « C O~!A1'DO

I N CAPO DEtt.'F.StR CITO 1'! .1 1.l h:-SO «

Dai Q uartier Cenernic <li Lrcm ona , zo g1 u g110 1ttt~,

" L' Impero austriaco ha più d'ogni altro :::ontribui w a tenere Jivisa cd op pressa l'Italia, e fu cagione principale d egli inca lcolabili danni materiali ,· 1>101:rlt ,·he Ja molti secoli h:i d ovuto patire. Oggi ;.rncora che \'Clltiduc rnili f,11i ,h IL.I liani si sono costituiti in nazione, l'Austria sola, fra i g randi Stati dd 111<i11t l, , Liv ik, ~i rifiuta a riconoscerla. T em:ndn tutto ra schiava u11;1 d elle pit1 nohtl t nostre pro\·incie, trasformandola in un \·asto ca mpo trincerato . cli lii 111111:1" 1,1 l:.i nostra esistenza e rende impossibi 1e il nostro svolgimento politico interno et! esterno. Vani riuscirono, in questi ultimi anni, i tentativi cd i consig li di I',, tcnze amiche per rimediare a quc:sta incompatibile condizione; Ji cose. Ei.1 Llui nJi ine , itabile che l'Italia e l'Austria si trovassero di fronte al primo 1n:111ilestarsi di qualche complicazione europea. « Le pretese iniziatiYe dell'Austria ad armare e la ripulsa che opp<Jse allc pacifiche proposte di lrc g randi Poten ze. mentre facn·ano palest: al mo ndo <1ua11 t1J tossero osti ÌI i suoi disegni, commossero i' lta l:a cuna, da un c:rpo all'~tl tro. ,, On<l'è <"he S. M. il Re, custode geloso dei diritti del suo po polo e di ft: n. ~ore d cll' imcgrità nazionale. si sente in dovere di d ichia rare la g unra a ll 'Im pero a ustr;aco. " D'ordine, quindi, del prcfaw Augusto mio SoHano. signilìco a \" . A. I.. q uale comandante le truppe austriache nel Veneto. che k ostili1:1 an:.111110 prin, ipio dopo tre g io;ni d alla data della presente: a meno rhe V. A. I. non volesse .,dcrire a questa dilazione, nel qu~I caso b p rcghe;ei di vo lermelo si gnifìcaie. Il g enerale d 'Armata Capo di Stato Ma ggio re dell'Esercito Italiano Alfonso La M,1rm01·a » .


Quartier C rneralc principale : Cremona. I Corpo d' Armata. Quartier Generale a Castiglione dello Sti-

vierc:. r ' Divisione a Pozzolengo (1). Di visione. Quartic:r Generale a Rivoltella: brigata « Aosta >> : Villa Arrighi (ad est di Rivoltella) ; bri~~ta « Siena » (2): Casa Mon tani e Campagnola (ad ovest di Rivoltell~) . .f Di visione: Volta. 2'

l,":\ rli<luca no n <l1:uc risp~s a alc una. N ello stcss:i giorno il \1Cnistro degli Affa1 i Esteri del Reg no d 'Italia noti· lil"a\'a :1 1uui gli agenti Jiplomatici e con solari l'a vn:nu1a dich iarazione di guerra c li ssa,·a il moJo Ji ,, reg olare sul mare 1'1:~ercizio <lei diriui del Governo itali:1110 " · Un Occreto reale istitui va una Commis,ionc delle prede, con sede in F in:nzc e 11.: Jetermina\'a k attribu zio ni . Nello s1esso gio: nu il generale Cialdini e m:ma,·a il seguente ordine del g;orno per il IV C orpo d'Armata : " Uflicial i, sottufficiali e soldati del IV Cor po d' Armata, " Ripigl:amu li: ar mi. auspice e d uce Re Vittorio Emanuele. Non ci muo, c amhi~ i:inr d i dominio. nè desiderio d1 conquista. Ah ru non cerchi:imo fuo~cht· di L11 libera la m iser:1 Venezia, terra non austriaca. ma alrnmente italiana . " :\h ro non vog liamo fuu :chè compiere la indipendenza e l'unità del nostro p.1t ,c. ~·. 1. r,> per ogni an · 111: 1 ge11e,u:..1 e citt::idina è q uesto compito. Ci accompagn:1110 quindi i voti di (!uallli nel mondo a mano !:i Pat ria. Allo annunzio d , ' la so,pi r:11a impresa, spnrvero fra noi gare municipali e d ifferen ze poli tiche ,:i:q uero ri,·:tli1:1 <li uo mi ni e discordie di partiti. Tuui ci demmo fortemente b m:rno. Sp~ttacolo solenne, esempio mblim-: che insegna all 'halia in qual m odo p:,,~1. ,·olendo, raddoppiare semp:c la sua potenza. « All"armi dum1 ue 1 La sa ntità dello scopo, la g randezza d ei mezzi, la concordia Jegli ani mi pr{para no la villoria. Ora a noi di conseguirla. ·• Lasci:imo .11 nemico le minacciose bra,·ate e le superbe pa role. Il linguag· gio dell"ira e d cll"urgoglio 11011 fu mai argomento di fo rza, nè d i g iustiz ia. •< Noi in\'ecc ricordiamo <1uie1amentc come la nostra bandiera corresse l'lt:1 lia d::i T orino a Ma~sa la per la splendida via dei naz10nali tr:onfi. Noi invece. traendo Jal passato tranquilla fidu cia nell'a vvenire, auendiamo r;1lmi e sicuri g li o rdini del Re guerriere , attendiamo i d ecreti del destino e la sentenz:i del cannom:. " Dal Q uartier Gencrn l.: di Bologna , 20 giugno 1800. Il generale d'Arm:ita: E . Cù;Jdi,11 ,,. ( 1) Il 29" n:ggimc:-nto Fa nteria (brig:i:a " Pisa ") c~a manca m e di due com pagnic del lii ballaglione, che rima sero Ji stac.:., tc a Rocca d'Anfo. (2) IJ 32° 1lgg imcnto Fameria (brigata "Siena ") era mancame di un bJ, ta~lionc. diHaccatn a Salò.


5" Divisione. Quartier Generale a Cavriana: brigata (( Brescia » : Monte Breda (a nord - est di Caniana) : brigata ,, Valtellina n : Cavriana. Riserva: Solferino e S. Cassiano.

/li Corpo d'Armata. Quartier Generale a Gazzo lo . i Divisione: Goito (1 ). 8" Divisione: Ceri ungo. 9• Divisione: Motta. 16' Divisione. Quartier Generale a Cadenazzo : brigata << Parma » : Rivalta; brigata mista: Settefrati; brigata Cavalleria: Caigolc.

li Corpo d'Armala. Quartier G enerale : Castcllucò o (2).

4"

Divisione. Quartier Generale a Cesoie: brigata <<Regina •> : Cesoie ; brigata « Ravenna »: Canicossa. 6' Divisione. Quartier Generale: Castel luccio. ro• Divisione. Quartier Generale a G abbiana: brigala «Umbria " : Campitcllo ; brigata " Abruzzi >> : Gabbiana. 19" Divisione: Gazzo lo (3): brigata Cavalleria: Marcan a e Sargine~co. Divisione Cavallt:ria: Medole, C astiglio ne clt:llo Sti\'icrc . IZ,1 besco e Guidizzolo. Riserva generale d'Artiglieria: attorno a Cremo na .

I V Corpo a'' Armata. Quartier G enerale: Ferrara. 11•

12•

Divisione: Gallicra . Di visione: presso Cento.

( 1) li n ba ttaglione Jcl 1" rcgg1111ento aa cunora a P1aù11 1.1. L 11" .11 '" lontari veneti. formato p oco prima come V battaglwne Jello ~tt:"o rq.:g 11nc 1:l<>. c~a stato sciolto il 17 e gli uomini di cui si componr,·a cr:1110 ,1 .1t i ri p:11 tit1 tr,1 tuui i reggimenti Jd lii Cor po. li nuo,·o \" battag lione del 1' rcgg11ncnto 1u. dopo ciò, costituito come gli altri. (2) Pd passaggio <ldl'Oglio :1 ( ;azwlo fu g itt:itu <bi ponu ci i del 11 Cor po un ponce d i barche e cavalletti. (3) La 19• Di,·is:onc :i,·ev:1 :illora presenti tre soli rqigimrnci d i Fanteria, pcrchè il 68" (brigata <( Pa lermo ») era Hato trauenulO pron isoriamente :i presidi::, di Cremona, Pizz ig hettone e Pa,·ia , e non ra!(giunsc la D ivi sio ne che il 27 g it1gno.


13" Divisione: Ferrara. 1.( Divisione: S. Giovanni m Persiceto.

Di\'isione: Mirandola. Divi sione: Altedo. 18' Divisione: Argenta. 20' Divisione (allora composta soltanto coi XXXVIII e XXXIX battaglioni bersaglieri e col 7° reggimento Fanteria): Ferrara. 1' brigata di Cavalleria: Pontelagoscuro - Francolino - Colog n:1,- Mesola, con posti lungo il Po, tra la foce <lei Panaro e Mesola. 2 ' brigata di Cavalleria: Mirandola - Carpi - Guastalla - Novi, con posti lungo il confine mantovano e fino alla foce del Panaro. 1~" )

11

Nì,;crr.; d"Artiglieria: Bologna.

Le forze austriache in Italia. L'nrganizzaziont: militare dell 'Aust ria non era stata mutata Jopo iI 185q. La dura ta normale <lei servizio alle armi era di 8 anni e di .! i,db ri~erva : ma . in r<'alt~ , i conti ngenti non com pivano se non un:1 ferma di 3 an ni. L·c~crcito austriaco comprendeva : ~o rt:ggimenti Fanteria di line:i, :1 4 battaglioni su 6 compagni,·; q reggimenti con lì.nari, a 3 battaglioni : 1 reggi men to cacciatori imperiali, a 7 battaglioni ; 31 battaglioni cacciatori; 12 reggimenti corazzieri, a 5 squadroni (uno a 6): 12 regg1 ment1 drag~ni , a 5 squadro ni ; q reggi menti usscn: 13 reggi menti ulani ; 1 2 reggi menti Artigli eria da ca mpo (a 10 batterie oascuno e lJ di r.:izzi). I reggimento Artiglieria d'assedio e da costa , a 4 battaglioni : 2 reggimenti Genio, a 4 battaglioni: 6 battaglioni pionieri ; 50 Sll uadroni Treno. L'effettivo di pace era di 200.000 uommt o rca; quello di guerr:1 di 603.000. Oltre (1uestc truppe, l'Austria aveva ottime milizie per le di fesi' local i. Tali erano:


la milizia di frontiera ( 2 1.000 uo mini circa) ; la Cavalleria dei confini militari (4.000 uomini); - la miliz ia di Trieste (1.000 uomin i) ; - la milizia dell'Istria (7. 700 uomin i circa) ; - la milizia del Tirolo e del Voralberg composta di tr e bandi: il primo di 8 battaglioni di tiratori naz ionali , il secondo di 2 1 compgnie (3.000 uomini) di tiratori volontari (Ti ro kr Scharfcsc hutzen) cd, infine, di 187 compagnie della Landsturm tirolese (36.000 uo mini). In complesso le milizie comprendevano 43.000 co mbattenti . Gli organici austriaci non contemplavano come norm ale Li form az ione in Divisioni; l'Unità tattica era rappresentata an cora d alla brigata, costituita da 2 reggimenti di linea, r battaglione caccia tor i ed 1 batteria montata. La brigata di Cavalleria er:i di 2 o 3 regg imenti, con I batteria a cavallo. Il Corpo d'Armata, unità strategica , comprendeva 3 o 4 brig:i tc di Fanteria, I reggimento di Cavalleria ed una riserva di Arti gfo.: ~i :1 d i 5 o 6 batterie. Nel 1866 l'Austria aveva 7 Co rpi d 'Armata organi camente c()stituiti fin dal tempo di pace; gli altri si do vevano form are ..11 m o 111 rn10 del bi sogno. La Fanteria era armata del fucile Lorenz, reputato una h uo n;1 arma; l'Artiglieria di cannoni di bronzo rigati, caricantisi dall a hc,rc1. di tre calibri , come quelli italian i.

Il Governo austriaco si era deciso ad aumentare g li effetti vi delle sue truppe fin dal 7 marzo; ma, invece di ordinare immedi atanw ntc la mobilitazione generale, aveva preferito mobilitare per periodi successivi , per non fare precipitare gli av venimenti. Ciò nonos1:.111te, le forze austriache contro l'Italia furono pronte assai prima d: quelle mobilitate contro la Prussia. Il 12 marzo vennero ordinati alcuni cambiamenti di g uarnigione atti ad avvicinare i Corpi ai loro D epositi ed all a fro ntiera. Dal 23 al 25 aprile furono messi sul piede di guerra i Corpi d 'Armata del Su<l; si provvi<le ai quadrupedi , ai traini d'Artig lieria ed alla Cavalleria; si richiamarono i congedati di tutta la Monarchia e si incorporarono le reclute dell'ultima leva. Dal 26 aprile al 7 maggio si provvide a presidiare le fortezze e dall'8 maggio alla fine di giugno si costituirono 80 .quinti battaglioni


di Fanteria e 16 nuovi battaglioni cacciatori. ln complesso, con guc~te misure, l'Austria ebbe alle armi una forza di 536.000 uomini, da dividere in J ue Armate. Quella del nord si componeva di 7 Corpi d "Armata, 3 Divisioni d i Cavalleria ed una riserva d'Artiglieria, ossia di 203 battaglioni, T54 squadroni e 92 ba ttc:r ie, con 736 pezzi, al comando del Feldzcugmeister Rrncdek. L·l\rmata del Sud era costituita dai Corpi d' Armata V, VII e lX. da una Divisione di Fanteria detta di riserva e dall e truppe po· ste a difesa del Trentino, dell'Istria e del Veneto. ln complesso, compresi i pre~id1 del le piazzeforti, l'Austria di sponeva in Italia di 194.000 uo m 1111. I Corpi destinati alle operazioni in Italia, contando solamente i co mb:111cnti. avevano la for7.a seguente : Armala a1ulriaca del Sud. Comandante: S. A. I. l'Arciduca Alberto. t · Corpo d'Armala. (generale d'Armata Rodich): briga te Bauer, Moring, Piret: 2 1 battaglioni, 2 squadroni, 6 l>at1eric, 20.800 Fanti , 3 1_) cavalli , 4u pezzi. Corpo d'Armala (generale d'Armata Maroicic): brigate Toply, Scudicr, Welscrsheimh: 2 1 battaglioni, r squadrone, <i batterie, 10.000 Fanti, 144 cavall i, 48 pezzi . l,'fl

IX Corp , d'Armala (generale d'Armata H artung) : brigate Kirchbcrg, Wekbecher, Bok: 21 battaglion i, dro ne, 6 batteri t:. 19.500 Fanti, 132 cavalli , 48 pezzi.

1

squa-

Divi..-ione di Fanteria di rùerva (generale d'Armata Rupprccht) : brigate \.Yeima r e Benko: 12 battaglioni, 2 batterie, 11 -300 uorn111 1, 10 pezzi. Riserva di Caflallcriu: brigate Pul z e Bujanovics: \·alli , 8 pezzi.

20

"squadroni,

1

batteria,

2.900

ca

Dai dat i di cui sopra si rileva come l' Armata del Sud disponesse, per le operazioni in Jtalia , di 75 battag lioni, di 24 squadroni, di 2 1 batterie, cd avesse una forza complessiva di 71.800 uomm1, 3.50c cavalli e 168 pezzi.


VIII.

DISEGNI OPERATIVI

Dato l'andamento del nostro confine con l'Austria , ~i er;:ino 111;1nifcstati, intorno al modo di condurre le operazioni , diversi pare ri . Secondo alcuni, sarebbe stato necessario: scegliere Bulug 11a :1 base delle operazioni, effettuare dimostrazioni verso il Min ~io e n :rso Borgoforte ed invadere il Veneto dal basso Po, passando 4ucsto fiume a monte di Ferrara. Passato il Po, l'esercito doveva marciare. per Padova e per Vicenza, sulle più vita! i comunicazioni del Veneto, al cuore della Monarchia austriaca. Tale era il disegno dal quale si ripromette va una più ~i cura , ittoria il generale Cialdini, che di esso aveva 1 lungo studiato l':ittuazione, trovandosi al comando del Dipartimento militare di Gologna. Secondo un altro parere, sar ebbe stato, in\'ece , più converne1:t e di basarsi su Cremona e su Piacenza, eseguire qualche di mostrazione sul basso Po, invadere il Quadrilatero dal Mincio e, battuto l'esercito nemico, sfruttando la superiorità delle nostre forze , in"estire le fortezze del Quadrilatero e procedere oltre. Questo secon do concetto era proposto dal La Marmora (1); nè noi possiamo sorprenderci troppo di una così aperta di vergenza di ( 1) Nella sua Re!:i:.r.ione in data 10 luglio 1!l('9, ri,po11Jc:11Jo alla Joman<..'.1 , lcl Ministro Jclla Guerra ,, qu:!lc fosse l.1 d i reni·.:i , tr:.i tcgic.1 Jal principi o ~11., IÌne della g uerra ,,, il La i\.fa rmor:1 ~cris,c in proposito: « E' noto a tutti come· d ue opinioni o si~temi di versi pr(\·a 1ess.:ro n ell'eseréito sul moJo di irw :1Jerc cd attaccare gli Austr:aci nella V enczia. Nes ; ,1 11 genc:rale ita li:i no però h:1 mai pen sato. io credo, che si pot esse travcr,arc: c- g ira re il QuaJrilatcro sen za occ u parsi delle fortezze. CrcJevano g li uni, massime: J opo il trasporto de lla ( :;1p1 tale, che l'attacco principa le dO\csse farsi dal basso Po ; altri opina va no (e mi affretto a d ichiara re , he fui sempre Ji questa opin;o ne) che oµ ni opcrn io11c Jal basso Pc, <lovna riuscire lenta , difficile e p iena di pericoli: per cui 1111 1nsuccesso, o una semplice sorpresa ai fianr hi od alle spalle. o la rottura Ji .tkun i arg n i, potc,·a produr re un ,·ero disastro. i ll':ccc, op~rando d::il Mincio,


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idee, date le ragion i profonde che la determinavano e considerando i Yantaggi offerti dall'attuazione dell'uno e dell'altro disegno; nonchè le difficoltà, quasi ugualmente gravi, che si sarebbero opposte all 'effettuazione <li entrambi. In proposito ci sembra opportuno di riassumere quanto, al rigua rdo, scriveva il Barone: « Contro la forte posizione del Quadrilatero due sole erano le direzioni possibili di attacco: affrontarla dal Mincio o<l aggirarla dal basso Po. I due concetti possono così enunc..:tarsi : runo, quello dell 'attacco di retto: portare la massa delle forze nel mezzo del Quadrilatero, tagliare le comunicazioni tra le fortezze e, presa una posizione centrale, dare od accettare battaglia. L 'altro, quello dell 'att acco aggirante : far base di Bologna e, pel basso Po e pd basso Adige, entrare nd Veneto, tagliare le comunicazioni del Quadrilatero col Friuli e prendere il Quadrilatero medesimo di rovesno n . Finchè la Capital e era rimasta a Torino cd il Piemo nte aveva rappresentato la base della potenza militare del Regno, l'idea deli'att;JCco dalla pane del Mincio era stata accolta senza contrasti; ma il trasferimento della Capitale a Firenze non aveva potuto non fare sorgere il concetto d1 :11taLcarc, invece, il QuaJrilatero dal basso Po, con un attacco aggira nte, i fautori del quale sostenevano la loro cpinionc - conti nua il Barone -- con ragioni politiche, strategiche e tattiche. Attaccando dal ba ~so Po, sarebbe stato, infatti, possibile coprire la Capitale, ragliare al nemico le comunicazion i col Friuli , stornare una sua offensiva in Lombardia e nell'Emilia, schi vare gli ostacoli del Mincio e del medio Adige, trarre più facilmente il nemico a battaglia campale o, se si fosse chiuso in Verona, assediarvelo in condizion i assa i migliori che non avanzando dal Mincio, atteso che Verona era meno fortifical a da est che non da ovest. Un attacco dal basso Po avrel>be poi favori to anche la possibilità di far concorrere la flott a alle operazioni. L'esperienza delle campagne del 1848 e del 1849, ammonendo circa le difficoltà che si opponevano ad un attacco frontale con tro il Quadri latero, confortava i fautori dell'attacco ag<:r'.1 as~ai p:ù ia_cilt: separare e p~ralizzarc sun:cssi,·amenlc le va rie piazze e mc g ho s1 appogg1a,·a no le operaz10ni dd Ti rolo. Se la vittoria ci sorrideva, s1 poteva clali'una o dall 'altra parte progredire anche olcre Verona . In caso d 'in successo. in vece, poteva mo sempre ritirarci e riordinarci fra C remo na e Pi:1 cenza. senza temere che il nemico s'in oltr:isse in Lombardia o si avvcntura s~csulla Jc, tra del P o ... >>.


5.21

girante, molto più che, dopo il 1859, l'Austria aveva considerevolmente aumentata l'efficienza delle fortezze. I fautori dell'attacco diretto ricordavano, invece, la necessità di non allontanare l'esercito da quelle Provincie piemontesi, che dovevano somministrargli i migliori elementi; l'opportunità di far h:m di Piacenza, Cremona, Pizzighettone che, nd loro in sieme, facilitavano: sia le operazioni offensive, sia quelle difensive, mentre Bologna si prestava soltanto alla difesa; i considerevoli vantaggi che si potevano trarre da una contemporanea invasione del Trenti no. 1( Essi giudicavano utile - dice il Barone - rompere la linea del M incio cd impadronirsi di Peschiera e non disperavano di espugnare Vero na coi perfezionati mezzi di attacco. Inoltre i fautori dell'attacco fro ntale giudicavano poco agevole l'attaccare Verona da est, a causa della forte posizione di Caldiero, consideravano difficile il passaggio del Po in presenza del nemico (1); troppo gravi le difficoltà opposte :tlk operazioni tra il basso Po ed il basso Adige dallo stesso terreno e dalle fortificazioni di Rovigo». Muovendo dalla Lombardia, l'esercito avrebbe avuto sul ~110 f-ìanco sinistro l'impaccio delle Alpi bresciane e del lago d i G:ircb , che copriva l'alto Adige e le comunicazioni di Verun,1 ~vi Ti1 vl.,. opponendo un formidabile ostacolo all' agg iramento del <) 11 :Hlril:1tero da nord. Sola linea d'operazione possibile ve rso il Ti ro lo ~:1n:bhc :..ta ta quella di Val Chiese su Riva e Trento, racchiusa fr:1 stn:rtc.: continue e sbarrata dai forti aus.triaci. Sul fianco destro italiano. avanzante dalla Lombardia verso il Mincio, avrebbe avu to in vece il non facile ostacolo rappresentato dal Po. Il corso del Mincio, tra Peschiera e Mantova, avrebbe.: o f fc.: rto qualche possibilità all'attacco nel .tratto fra Monzambano e la spo nda settentrionale del lago di Mantova . Questo tratto, lungo so lt anto .23 chilometri , offriva alle operazioni uno spazio troppo limitato. Non sarebbe stato possibile di passare il Mincio se non fra Goito e Monzambano, per manovrare poi verso Verona -Pastrengo, alle spalle d i Peschiera, o verso Ronco - Legnago, allo scopo di dare battaglia fra Mincio ed Adige. Scarso aiuto avrebbe potuto trarsi dalle ferrovie, perchè la linea Milano - Venezia correva troppo a nord rispetto alla direttrice del movimento ed era interrotta da Peschiera, e la linea Mantova - Ve(1) Anche la Relazione ufficiale austriaca accenna alle gravi difficoltà che .1vrebbe incontrato l'attuazione del piano del Cialdini.


521

w na, almeno all'inizio delle operazioni, avrebbe potuto giovare più ;igli Austriaci che non agli I.talia.ni'. . . Nel ca\<) che gli Austnac1, piuttosto c~e accett~re battaglia, s1 fossero appigliati ad una difcnsi va appoggiata al sistema Verona Pastrengo - Ciriano, la campagna sarebbe andata per le lung he.

· AUSTQ!llC/

L.1 g11c·1111 d(•/ 1866 in !ta!ia: I co11cctti operatiIli.

Qualora le operazioni principali si fossero svolte, invece, dal b;1sso Po. l'anu:1zionc del piano del Cialdini aH ebbe incontrato k ' l I. t1·1 -ol•~ S'' <Tt""l l !. . L ·ostacolo stesso del Po. Passato il Po. le opera;,. ion i offensive avrebbero potuto procederr o ad oriente o ad occident e delle valli veronesi. Agendo ad occidcrn r di (JUesta zona di ostacolo, le operazioni avrebbero dovuto mirarr alla fronte Legnago - Mantova: il che sarebbe stato utile mltanl o nel caso di operazioni perfettamente coordinate con un'offensiva sul :\1 incio. Ad oriente delle valli veronesi la zona cli terreno atta allr <)perazioni militari avrebbe avuto una larghezza di 45 - 50 chilometri , \.I

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fra Sermidc e ('.,olog na, a cavallo della strada Ferrara - Rovigo - P;,. dova - Vicenza. Fra Po ed Adige il terreno del Polesine, per i numerosi can:1li che lo solcano e le paludi che vi si trovano, avrebbe costituito, rispetto ad operazioni militari, effettuate con forze considerevoli, una zona di ostacolo profonda circa 20 chilometri. Il passaggio dell'Adige sarebbe stato reso ancora più difficile dalle fortificazioni di Rovigo e da quelle di Legnago, che avrebbero permesso agli Austriaci di molestare sul fianco la nostra avanzata.

concetti operativi italiani. Animato dal lodevole desiderio di eliminare, alla vigilia delb guerra , una così deplorevole divergenza di idee fra i due generali , " entrambi confortati dal favore dell'opinione pubblica ed entrambi rivestiti dell 'auto rità che loro derivava dall 'aver condotto precedentemente altre imprese militari fortunate » , il generale Petitti tentò di conciliare ( 1) in qualc he modo i due co ncetti o perativi, facendo sperare al Cialdini che il suo piano, tenden te aJ opc:rarc Jal basso Po, sarebbe stato tenuto nella dovuta considerazione, nel quarlro g enerale delle operazioni. Anzi al Cialdini venne co nferito il comando Ji ben otto Di visioni : forza con la quale - secondo quanto egli stesso affermò - egli avrebbe potuto puntare oltn· la linea dell'Adige (2). (r) Fin <lai 29 marzo il generai:: Petitti aveva, infatti, richiamata l':mcn· zione del generale La Marmara su lla necessità che. tanto lui q uanto il C ialdi ni. dall'opiniom: pubbl ica a<lditati come i più probabili condottieri d i una g uerra contro l'Austria, s"intendessero sulla soluzione del tanto d iscusso problema, se: cioè convenisse operare dal Mincio o dal basso Po. A quest'amichevole invito del Petitti, il generai= La Marmora rispo11<lc:va, in data 11 aprile: (< Cialdini ha passato qui d ue giorni e ti rosso co n g ran piacere annunziare che siamo più d'accordo di quello che: ~i potc:v::i \ n:Jc:rc. Cialdini credeva che noi avessimo in pensiero di assediare una dopo l'a lt ra le fortezze del Quadrilatero; mentre io sono pure d'opiniom: col C iald m i .; hc. quando potessimo d;sporre di sufficienti forze, co1l\'ienc passa re: in mc:u.o a lle fortezze, mascherare le principali ed :rn<lare oltre ; massime: :.e: l ·oc1t·it<> pnt ~ siano potesse, vincitore, avvicinarsi al Veneto ». (Cfr. C ~ll ALA, op. cit.). (2) Il La Marmora, nella sua Relazione del IO luglio 18&J, scri~sc al rig u::ir<lo : « . .. da prima il generale Cialdini accena va il coma ndo Jd Co rpo <ld h::ism Po, compo~to di 5 Divisioni e più tardi lo stesso genera le n:: chic<lcva altre tre. A tale richiesta io aderivo, in seguito alle assicurazioni e ~olk1:itn io ni che mi venivano fatte dal _genera1e Petitti oer !)Jrte <ld l!Cm:ralc Cia 1dini ... H o cr


Circostanza questa che, insieme con le assicurazioni del Pctitti, finì col convincere il Cialdini: sia che la divisione dell 'esercito in due m asse non sarebbe stato un male irrimediabile; sia della possibilità dell'adesione del La Marmora ad un'azione principale dal basso Po (adesione che il La Marmora, come si rileva dai documenti, non aveva chiaramente espressa). Ad uscire dalla equivoca si tuazione così creatasi ed a decidere finalmente sulla direzione nella gualc esercitare lo sforzo principak dell'esercito, il La M armora ed il Cialdini ebbero un colloquio a Bologna, il 17 giugno, quasi alla vigilia dell'apertura delle ostilità; ma non possiamo fare a meno di rilevare come in tale occasione - che ,!vrebbc dovuto essere decisiva per la scelta del disegno delle operazion i - il La Marmora non abbia mostrato tutta la necessaria fermezza. Pur non co1H.liviJenJonc il parere, egli lasciò, infatti, il Cialdini nella convinzione che l'azione principale si sarebbe svolta dal basso Po, ed anzi - almeno secondo lluanto ebbe ad affermare lo stesso Cialdini - promise di eseguire semplici dimostrazioni sulla sinistra del Mincio, in modo da facil itare al IV Corpo d' Armata il passaggio dd Po. Sobmcntc qu:mdo la massa del Cialdini si fosse s,ildamentc affermata nel Polesine, l'Armata del La Marmora si sarebbe unit:1 ad essa per agire ulteriormente. Se il passaggio del Po non fosse riu scito, il Cialdini avrebbe do \lito, invece, unirsi alla massa del Mincio per operare con tutte k f< 1 rt',e in quella direzione. Come si vede, a Bologna non ven ne ben precisata la reciproca funzione delle.: Jue Armate e non venne eliminato l'equivoco, gi~ csisteotc fra i due generali circa l'operazione principale (1). duto solo pcrd1è il Pctiui mi assicur:iva che il generale Cialdini si sentiva i11 grado, colle 8 Divisiu11i, 11011 solo di Yarc:ire il Po. ma di espugn:ire Ro,·igu <" prngrnlirc- ;rncl)(' oltre "· (1) Circa il colloquio di Hologna. il C i:ilJini raccollla: « A Bologna il gt nera le _Cialdini. propose, come condizione sim: qua 11011, che si eseguisse u11 .1 seria d1111.ostraz1011r sul Mincio. onde trarre in inganno il nemico eia c1 uel l:it n. mentre s1 sarebbe tentato dall'altro lo studiato passaggio del Po. Il generai, La Ma rmora accettò b proposta e promise di limitarsi ad una semplice dimn strnionc. Si conven ne altrcsl che, se i I pa ssaggio del Po fosse.: riuscito e se " fosse preso terr:i solidamente nel Polesine, tutto il resto d ell 'esercito sarebbe :11 c_or~. a ma~ce forzat<:, e valendosi della ferrovia, a riunirsi al Corpo del Cialdino S~ 1!1Vccc il passargm dd Po non fosse riuscito. il Corpo del C ialdini sarl'hh, :md:ito, srnza perdite di tempo, a riunirsi al resto dell'esercito sul Mincio ,,,


5 ..,- -) Da quanto si è detto si rileva che il nostro piano di guerra sòrto, purtroppo, da un compromesso che si sarebbe dovuto ad ogni costo evitare - può così riassumersi: attaccare il Quadrilatero dal Mincio con una massa principale, aggirarlo in pari tempo con una massa secondaria dal basso Po, e completare l'offensiva con l'in vasione di un Corpo di volontari (Garibaldi) nel Tirolo, allo ~co po di tagliare le comunicazioni austriache anche da quella parte. In conseguenza si rinunziò a quell 'unità di comando, cli c t così importante in guerra; l'esercito italiano venne di viso in due masse - una delle quali, inferiore numericamente al nemico, che doveva affrontare (1) - ed iniziò le operazioni senza che i Capi fossero concordi sul piano d'a ttuare, contro un avversario risoluto, compatto, riunito nel Quadrilatero e guidato, come vedremo, da un solo Capo, energico ed intelligente.

E' bene ora accennare anche al concetto operativo adotta to per l'impiego dei volontari, le cui forze, come già si è detto, ammo n. . . tavano a ore.i

40.000

uommi.

Il L:i J\ larrn o, a - che, 3 proposito J cl colloquio Ji Bolognn, nella sua Rc'.:1 zionc del 10 lugl io 1869, avt:va gi:ì affermato che « nessu n accorJo cr:1 st:1to , tabilito sui !'articolari ddl':1z ione rispt tti v:1 >• -- nc!ropu scolo " Schia rimenti c r::ttifi~hc" r :badiscc lo stesso co ncetto cd agg iu l!gc: « Tn seguito e Ji pc11dentcmcntc dai successi ottenuti , o J'ese~cito si sarehhe riunito tutto d:1 una p:1rte o si sarebbe considerevolmente rinforzato l'esercito Jd Po, qualora fosse riuscito ad espugnare Rovigo ed a portarsi sull'Adige. Di dimostrazioni su.I Mincio per parte Jcl Corpo principale, a Bologna, no n se ne fece parola .. . .,. Ma. lasci,11~d o Ja parte le relazioni e gli scr:ni pubblicati dopo la ca mpag na. la deleteria pcr ma:icnza dell'equivoco viene dimostra ta in modo lampante anche Jalla corrispo11c!cnza scnmbiata tr,1 il Cialdini cd il Comando Suprem o dell'esercito dal 20 :11 24 giugno. Dai documenti si rile\'a in modo non d ubbio che, aneli:: J.,pL• il collo4uio Ji Bologna, il C i;dàini effettivame nt e comidcra ,·:i la dimostrazio ne sul Mincio come condiz ione essenziale per passare ii Po. Non si comprenJe, per conseguenza, come il La Marmora non abbia ri levato, Ju rante il cn llo:'.ì uio. l'errore dd Cialdini e no n abbia chia rito meg lio il ; u<> concetto. (1 ) Come forze combattcnù, il Cialdini avcv:i 63.795 fa nt i, 3503 C:ll'a liai e 354 cannon i, <li cui soltanto 168 da campag na. L'Arc id uca Alhcrt n an:,·a 71.824 fanti. 3536 cavalieri e 168 cannoni. Le nostre forze, qu indi , per q uanto riguarda l'Armata del Po, risultavano inferiori a guellt: austriache di circa 8.000 uomini, q_uasi pari per la Cavalleria e più che doppie soltanto per l'A rtiglieria. i\fa le condtzioni dd terreno fra basso Po ed :\digc avrebbero tulta


A questo rigua rdo è g ià stato ricordato_ come, nel comuni_car_e al La Mannora le i<lec del Moltkc sullo svolgimento delle operaz1om, il von Bernhardi prima e l'U scdom pai suggerissero di affidare a Garibaldi il còmpi to di g uidare una spedizione in Dalmazia e di favori re l"insurrezione in Ungheria. Il La Marmora, però, non fu di q uesto parere (1) - e, a <lire il vero, non senza ragione - paichè egli riteneva che « nessuna impresa fosse passibil e al e.li là Jdl'Adriatico, finchè la nostra flotta non si fosse res:i padrona di quel m are, con il distruggere o paralizz~irc la floll:1 nemica )', ed anche perchè, « non credendo conveniente uno sbarco al e.li là del l'Adriatico- all 'i nizio della guerra 1>, pensava che i volonta ri dovessero venire impiegati nel Tirolo . A proporre a Garibaldi questo progetto - che appariva anc he al Cialdini come l'unico possibile, almeno all'inizio della campagna nei prim i di giug no il La Marmara in viò a Caprera il colonnello di Stato Maggiore D c Vecchi, al ciuale Garibaldi espose allora un suo disegno . che - secondo la Relazione ufficiale - era quello « non gi~ di tent are una puntata nella Dalmazia, attraverso le P rovincie slave del mezzodì, ve rso l' Ungheria e p<1rre piede nell 'Istria, a!k '.,p<1lk ùi Pvb; rn.t Ji sbarcare presso Trieste, occupare questa città e manovrare verso nord , sul rovescio delle Alpi Giulie e Carniche, per impadronirsi dei passi che dal Veneto conducono nelle valli della Sava e della Drava " (2). Il De Vecc hi non negò che tale progetto avrebbe patuto effettuarsi dopo l'in izio delle operazioni , a situazione chiarita, e Garib , upc:iunù Lidl'Anig;1eri:1, metà òdla quale, non essendo da ,a mpagna, non a ncbbc polulo manovrarvi. (Cfr. Pou.10, op. cit.). (1) Ndh , ua R ela:z.ion.: dd 20 dicembre 1868 il La Ma rm ora scrisse, 11011 senza ama re1.,.,a, i11 propnsi10: <1 G iamma i ho pe nsato ad impiegare i volontari fuori dd Ti~olo . .. Così per altro nc n b pen savano altri personaggi importanti che, lu singati dai vario pinù progcni degli c:mig1 :ni ung heresi ed affascinati dalle solite teorie dei rivo luz.ion:1ri di ..:o nvinzi.one o d i p rofessione, con venuti a Firenze d:1 t utte le parti , si lasci:1v:1no dare a<l intendere che le popolazioni dalma1e, croate e<l ungherc>1. s1 sarebbero soll evate come un sol uomo pe r fa re caus.1 comune coll 'ltalia .. « Qua nto fossero illu sorie le spera nze <lei professori e dilettan ti di in su1 rczioni, In h:1 provato il contegno <lelle popolazioni ung heresi, croate e dalnulr duran te la guerra ». (2) Garibal<li scrisse, in proposito, al Re: <1 Cen amcnte ho anch 'io, com, g li :iltri. il m io piano <li ,ampag na. Espongo le mie idee se sono consultatn, e, natur:ilrm :nte, ho piacere di vederle messe in opera; ma non farò mai <lifh rnlrà ad eseguire i comand i dd Capo supremo d ell' Armata >> .


baldi accettò di agire intanto per il Tirolo, assicurando che, in ogni caso, avrebbe obbedito al Comando dell 'esercito. La riunione dei volontari continuò quindi a farsi anche a 8 :1ri , Barletta e Trani, soltanto allo scopo di effettuare, occorren do, qualcne dimostrazione e di tenere incerto il nemico, sino ali 'ultimo mom ento, sulla loro destinazione. Appena iniziate le ostilità Garibaldi ottenne, pen\ dal Ministro della G uerra che anche i volontari che si trovavano in Puglia , eni ss:.:ro trasportati sul teatro delle operaz io ni. Il concetto del La Marmora circa l'i mpiego dei volo ntari è :1ccennato nella seguente lettera del 19 giugno, da C remona , aven te per oggetto: •< Missione affidata al Corpo dei volontari " e indirizzata a Garibaldi, a Salò: « L 'intenzione cl i Sua Maestà è che alla S. V. sia affida ta, lìn lL1 adesso, la difesa del lago di Ga rda e d ei vari passi che tbl Tirolo mettono nelle vallate lombarde. Al suo comando sono quindi ~ot toposte, siccome ne avrà già ricevuto avviso : sia la flottiglia, si:i 1' Art ig lieria recentemente inviata per l'armamento delle b:ittcric loc:tl i. ,e Rotte le ostilità e di mano in m a no che le forze sotto i ~uo1 0rdini si completeranno in numero t:<l in organizzazione, F.11.i agir:, contro gli Austriaci: o per il lago o per le montagne, com e megl io crederà. Suo scopo sarà di penetrare nella valle dell'Adige e· d i stal1ili rvisi in modo da impedire ogni comunicazione tra il T irolo e i' /\rmata austriaca in Italia. Se le popolazioni del Ti ro lo italiane si m m 1r:1~.sero favorevoli alla nostra Causa, Ella è autorizzato a trarne part ito. cc In questo suo campo d 'azione è necessario c he Elb teng:1 presente la dichiarazione emanata dal Governo, che avrehhe ri spct· tata la neutralità svizzera, a condizione, bene inteso, che lo sia pure dall'Armata nemica ». Come si vede, anche quest'ordine, invero assai vago, 11011 cbv:1 a Garibaldi quelle informazioni e quelle disposizioni c he s:irchhcro state necessarie a coordinarne meglio le operazioni con gucllc del l'esercito regolare, del quale pure i volontari dovev;ino proteggere il fianco sini stro.

li concetto operativo del!' Arciduca Alberto. L 'Armata austriaca ciel Sud, destinata ad operare in Italia, era ,rata posta al comando dell'Arciduca Alberto. Questi era fig lio èe!-


l'A rciduca Carlo - che, nel 1797, nel 1805 in Italia e nel 1809 in Germ ania, si era dimostrato degno avver sa rio d i Napolc:one I ed era stato istruito nell'arte militare dal padre stesso. A veva già combattuto in Italia nel 1848 e nel 1849, disting uendosi a Mo rtara. Nel J 855 , durante la guerra d 'Oriente, aveva comandato un'Armata di 150.000 uo mini raccol ta sul Danubio; m a, nel 1860, quando, in seguito all 'occupazione dell'Italia centrale e m eridionale, pareva che stessero per riaprirsi le ostilità contro il Regno di Sardegna, aveva acce ttato il coma ndo di un semplice Cor po d'Armata alla dipendenz:i del man.:sci al lo Bcnctkk . L'Arciduca era, per con seguenza, già ben preparato all 'esercizio J et coma ndo in Italia, com ando che gli venne affidato nella speranza di una meno diffic ile vitto ri a, a malg rado del desiderio del Benedà, che soltanto per spirito di disciplina si rassegnò ad assumere, in vece , la direzione delle operazioni contro la Prussia. Ecco q uanto il F eldzeug m eister von Scudier diceva del Comandante l'Armata austriaca del Sud: u . . . Nel r866 il feldmaresciallo ,\ rci duca Alberto an:va 46 anni . Dalla sua pr ima gioventù si era dedi cato agli st udi milita ri. Soldato fino alla punta dei capelli, non era ~c1.ondu ;1 nessuno per l'amore Jdla ~ua professione e per b dc \'Ozione all' Imperatore. F.gli era severo e no n raram ente d u ro per sè com e per g li altri e passedeva un car attere fermo nei suoi propo ~iti, incro ll ab,lc nelle avversità. In un tempo in cui poçhi studia vano, egli, Jcdito indefessamente allo studio delle guerre (e spec ialmente di quelle comhattute dal glo rioso suo genito re), primeggiava fra , ge nerali austriaci. Per vedu te strategiche e per la condotta delle opc razio ni era indubbiamente superiore al suo C apo di Stato Maggiore, maresciallo von Jo hn : ma, .per la parte tattica, a causa della bcrrandc . . m1op1a, doveva neccss;1riamentc rimettersi a q uelli che lo circonda,·;ino " · L'Arciduca Alberto ebbe un abilissimo collabora tore nel suo Capo di Stato Maggiore, il feld maresciallo von Jo hn , ch e con talr carica si era g ià di stinto alla dipendenza dell'Im perato re, durante b srconda pa rte della campag na del 1859.

Secondo i diseg n i concepiti a Vienna sulla condot ta del la cam pag1~a, m entre. la ~11aggior parte delle forze austriache doveva o p porsi alla Prussia, I A rmata del Sud, trovandosi in cond izio ni d 'infc


riorità di fronte ali'esercito italiano, avrebbe dovuto tenere in Italia un atteggiamento difensivo, appoggiandosi al Quadrilatero; salvo poi a riunire sul teatro di guerra italiano tutte le forze austriache, dopo aver sconfitto la Prussia. L'Arciduca Alberto, assumendo il 9 maggio il comanJo dell'Armata del Sud, lasciò le truppe alla sua dipendenza dislocate nelle loro ordinarie guarnigioni, finchè non ebbe le necessarie in formazioni sulla radunata dell'esercito italiano. Nell'attesa di tali notizie, egli raccolse il materiale ferroviario nei centri più opportuni, in modo da mettersi in grado di compiere, in sole due giornate, la riunione delle sue forze nella zona che s:1rehbe risultata più conveniente. Il 29 maggio il Comando austriaco ebbe notizia della separazione degli Italiani in due masse ed allora l'A rciduca Alberto decise di profittare dell'errore iniziale degli av versari e concepì una manovra centrale, da effettuare fra le due Armat<..: P.emiche. Tale disegno -, che così bene rispondeva agli esempi napolc.:onìci ed agli insegnamenti dell'Arciduca Carlo - venne chi aramrnte precisato nella lettera in data del 3 giugno indirizzata dall ' A rciduc:i Alberto all'Imperatore d'Austria; lettera che si reputa oppo rtun o d i riportare integralmente, anche per gli interessanti giudiz i che es~a contiene sulle forze e sui disegni degli Italiani. << Dopo il telegramma del 29 maggio circa la dislocazio11c del Reale Esercito Sardo, debbo comunicare che questo ha già co mpi11 to l'iniziato cambiamento di fronte (1). Se prima potevasi sup po rre che il nostro nemico, riunendo tre Corpi d'Armata nei Ducati e sul basso Po e lasciando la Lombardia sgombra quasi del tutto di truppe regolari, mirasse principalmente ad un attacco del Veneto, agg ira nte rispetto al nostro sistema di fortezze, la presente dislocazione del le sue truppe fa credere ora, con tutta sicurezza, che gli Itali ani abbiano sostituito al loro primo progetto quello di trattenere le nostre forze sul Mincio con la parte maggiore dei loro esercito, per rompere, con la parte minore, la linea del Po nella direzione Ferrara - Padova. Quindi, secondo i casi e nella supposizione di prosperi successi, le due masse italiane dovrebbero riunirsi dava nti a Verona. « Contemporaneamente a tali operazioni - che, secondo ogni verosimiglianz;i, possono essere simultanee - la flotta it:_iliana, im(1) L'Arciduca Alberto alludeva ai movimen ti compiu ti dai Corpi d'Arm:na italiani I, II e IIJ per portarsi dal basso Adda verso il Chiese.


53° barcati 5 reggimenti di \"Olontari ed altre truppe regolari, dovrebbe tentare uno sbarco su qualche punto della costa adriatica; mentre gli altri Corpi franchi a ttaccherebbero i passi del Tirolo (1). A siffatto disegno sembra, infatti, che si debba attribuire la nuova dislocazione assunta dalle truppe italiane negli ultimi quattordici giorni. << Per quanto concerne le condi zio ni morali delle forze avversarie, le informazioni che ho ricevuto fin'ora sono assolutam ente contradditlorie; m a, dal pronto accorre re della gioventù italiana alla formazione del Corpo dei volontari, dovrei argomentare che gli animi siano generalmente molto esaltati, ciò che non può non ave r<: qualche influen za sull 'esercito. Per quanto riguarda le condizioni materiali , risulta , invece, da molte notizie, che l'approvvigionamento ~ia alt1 ua nto m anc hevole e che lasci molto a desiderare anche quanto si rift: m cc ai mezzi di trasporto e particolarmente ai cavalli dell'Artiglicri:1. Infatti sembra ch e le batterie italiane debbano entrare in campo LOn soli 4 pezzi e che il parco assegnato organicamente alle ~ingok Di\'isio ni debba essere lasciato indietro (2). ,, D el resto cor n: \'OCc che il Governo imperiale francese, per sovn~nir, .tll:t sensibile mancan za di cavalli nell'esercito italiano, sia dc,i~v ,1 ,uk 11. .,ll'luli:i i c:iv:i!li di 2 reggimenti di Cavalleria (3). ,. ln tJuanto alle l. R. u·uppe sottopmte al mio comando, posso ass11.ur.1n: c he sono tutte animate <lai mig lior spirito e che sono provvi~tc di llllt<,, salvo 1.. ltc di ~cJrpc e di borracce per la Fanteria. L 'ap prc~tamcnlo a difesa e L 1rm:1mcnto delle fortezze è terminato quasi d:ippcrtutto; !"approvvigionamento è completo fin <lai 25 maggio. Pel 7 del mese corrente saranno poi qui pronti alcuni traini che mancavano. La dislocazione J ei 3 Corpi d'Armata alla mia dipcn d enz:i è la ~egucnte: V Corpo a Verona, con le sue tre brigate rispettivamente a Villafranca, San Bonifacio e presso Verona: VH C:orpo a Padova, con le su e brigate nella zona Padova Rovigo - Este - Munlagnan;1 ; JX Corpo ;1 Vicenza, con le tru1)pe a Bassano Tiene Loni go ' , ' ' Cologna e Campo Sampiero. · . . ~ l ) Come si. \'Ctk, mentre l':'-r-.iduca aveva una chiara idea <lei p iù prob.1 bili 1ntend 1m cn n. c~d ~amando 1_taliano si n <lai p rincipio di g iugno, egli pc11 ~wa alla _poss1b1lita eh una spcd_m one di volontari in Dalma;.ia , data la pa1 2 1alc riumune L!c1 Yolont:m stessi nelle Pug lie. (2) Queste 1101 izic era n,l im:sane. (3) Anche queste notizie n on ri spondevano alla vcrit~.


53! « Finora non ho creduto opportuno di riunire la brigata di Cavalleria del colonnello Pulz ed ho lasciato: il 1° reggimento ussari ed il I 3° reggimento ulani in V crona; il 3° ed il I 3° reggimento ussari in Padova ed a Rovigo : l'u ed il 12° ulani a Vicenza ed a Cittadella. « La brigata mobile del colonnello Zastavnikowik, col comando in Conegliano, ha per obiettivo principale l'osservazione dei mon ti bellunesi e friulani; nonchè quella del litorale, tra Piave c T agliamento. Essa occupa i punti più adatti a tale scopo ed ha un battaglione distaccato in Treviso. cc Il Corpo della milizia costiera (Kusten Corps), con l';1iuto delle guardie comunali, copre il Friuli fino al Tagliamento e l' Istria fino a Pola. Le truppe del Tirolo sono disposte divise in mezze hngate, sotto comandi particolari per le diverse valli, che costi tui ~cono tante diverse zone di difesa. Una potente riserva è disponibile ndl :1 valle dell 'Adige, tra Verona e Trento, per accorrere in ogni ca so verso i punti minacciati. u La dislocazione delle truppe, che ho qui accennato a brghi tratti, mi offre la possibilità di riunire, in due m arce al più , i tre C.orpi d'Armata mobili e la brigata di Cavalleria del c<,lonncllo l>ul,.. Dato l'attuale schieramento delle forze nemiche e le presupponihili intenzioni del Comando italiano, ho cercato, con la più matura ponderazione, quale sia il punto più adatto alla riunione delle mie forze. « Mi sembra evidente che i 100.000 Ital iani raccolti in Lo mh:1rdia, a due o tre marce al più da Verona, nostra base strategica (H :n1p t Depoplatz) e chiave del nostro sistema difensivo, sarebbero pcrfrturr.ente in grado di trattenerci nel Quadrilatero, salvo il caso ch e noi , per opporci al contemporaneo irrompere del IV Corpo del basso Po, volessimo correre l'alea di vederci tagliata da quei 100.000 uomini la via di Verona e di trovarci, in seguito a qualche fatto d 'arme :1 noi sfavorevole, presi in mezzo alle due masse nemiche. D 'altra p:1rte si deve pensare che il passaggio del basso Po, non contrastato, darebbe in brevissimo tempo in mano agli Italiani le nostre comunicazioni ; mentre quei tanti infiammabili elementi ri voluzionari , che sono qui rimasti, permetterebbero al nemico di approfittare di tutte le risorse locali. cc Così stando ora le cose, volendo io tenere d 'occhio cd essere in grado di parare le minacce di entrambe le masse nemiche, non Slprei scorgere posizione centrale più atta allo scopo che quella sul!' Adige, tra Montagnana e Lonigo, poichè da essa, sia per Verona, 0


~i:.i pc! b:.isso Adige presso Badia, con una sola marcia forzata, potrò o-ittarmi su una o sull 'altra delle Armate italiane che prima 1111 st 0 offra vulnerabile " ·

In conformità :.il concetto espresso nell'ultima parte della lettera che J bbiamo riportato, l'Arciduca Alberto emanò gli ordini perchè la radunat:i dell'Armata del Sud fosse compiuta tra Verona e Lonigo il 14 ~oitwno uiorno nel quale le forze austriache assunsero, infatti, la b 'b seguente dislocazione: V Corpo (Rodich): brigata Bauer a Verona; - brigata Moring a Caldiero; - brigata Piret a S. Bonifacio. Vll Corpo (Maroicic): -· bngata Welsersheimh a Montagnana ; - brigata Toply a Mcgli:idino; - brig ata Scud ier a Rovigo. fX Corpo (Hartung): - brigata Bok a Bagnolo; - brigata Kirchberg a Lonigo; - brigata \V ckbcckcr a Pavarazzo. Divisione Fanteria di riserva (Rupprecht): -- brigata Weimar a Verona; - brigata Benko a Albaredo. Brigata Cavalleria (Pulz) lungo il Mincio. Brigata mobile (Zastavnikowik) a Conegliano. Co~ì l'Arciduca poteva sorvegliare, con la brigata Scudier il basso Po e con la brigata Pulz la linea del Mincio; mentre i due Corpi d'Armata VII (a Montagnana) e V (a Verona), costituivano masse di co pertura rispettivamente verso il Mincio e verso il Po cd il IX Corpo e la Divisione di r iserva formavano la massa di manovra. Riflettendo su lla propria situazione e sui partiti ai quali il Comando italiano avrebbe potuto appigliarsi, l'Arciduca Alberto con siderò come più pericolosa per gli Austriaci l'eventualità di un con temporaneo passaggio da parte degli Italiani del Po e del Mincio r <Ìi un successivo attacco della linea dell'Adioc, eseouito con le forze b b ' riunite, dal Cialdini e dal La Marmora.


533 Per sfuggire a tale pericolo e per approfi ttare del tempo in cui le forze nemiche sarebbero rimaste necessariament e ancora di\·ise, l'Arciduca decise di passare dall'attesa strategica alla offensiva. gettandosi prima contro l'Armata del Mincio che. non fermata da tro ppo g r:ivi ostacoli, era anche la più vicina alla linea Ji comu nicazione austriaca della Val Lagarina. Così, dando alla sua manovra centrale: un raggio d'azione più ampio ed assicurandosi il vant:iggio della iniziativa, egli moltiplicava in suo favore le probabi lità di riuscita ed avrebbe tiuindi potuto, do po avere scon fitto il La Marmora, portarsi contro il Cialdini , che san.:hhc stato intanto fermato dalle fortificazioni di Rovigo e dalle diffìu ,11 :1 opposte, nel Polesine, dallo stesso terreno e dai numerosi corsi <L1n1u:t. Ora, se l'azione simultanea delle due Armate italiane, ljt1:dor:1 fosse stata effettuata, avrebbe risposto all'ipotesi più pcricolos:1 per gli Austriaci, l'avanzata dell'Armata italiana del Mincio prima di quella del Cialdini avrebbe favo rito, evidentemente, la manovra ide.1t.1 dall'Arciduca. Era quind i necessario che il Comando austriaco facilitas~c :il I ..1 Marmara il passaggio del Mincio, in m odo da po terlo battere pri11 1., che il CialJ ini pa~~a~~e il Po; e fu appunto con gw:~to scopo che l' A rciduca Alberto fece lasciare intatti i ponti sul Mincio, lasciò pocl11 , simc truppe sulla linea di confine e raccolse attorno a V crona il ~uo esercito, pronto a gettarlo sul fianco sinistro del La Marmora: sia che questi , passato il Mincio, avesse proseguito la marcia verso il h.1,,1, AJige, sia che avesse sostato attorno a Villafranca. In base a tale concetto il Com ando austriaco (al quale veniva intanto segnalata la presenza di truppe italiane nel Trentino, sul Gard.1 , sul Mincio e sul Po), dopo aver comun icato, lo stesso giorno 20. all"I m peratore la dichiarazione di guerra ricevuta, ordinò: - di sgombrare le località della sponda destra del Po; - di occupare militarmente la ferrovia Rovigo - Veron:i ; - di riunire sull'Adige tutta l'Armata del Sud , compre~.1 la !· rigata Scudier, c he doveva venir trasportata da Rovigo ~• V crona per ferrovia; - di lasciare a guardia del basso Po un solo battaglione cd il r3° reggimento ussari, al comando del color,ncl lo Sz:q >.1 ry, al guale venne prescritto di ritirarsi lentamente, di fror.te a forze preponderanti, distruggendo tutti i ponti sui corsi d'acyua; - di prendere, infine, le disposizio ni più o ppo!'tune per gara ntire il segreto sui successivi movimenti delle · truppe :1ustriachc.


53-t In conseguenza di tali disposizioni, l'Armata austriaca del sud, a lla sera del 22 giugno, aveva assunto la seguente dislocazione: V Corpo (Rodich) a Chievo; VII Corpo (Maroicic) a S. Massimo; IX Corpo (Hartung) a S. Lccia; Divisione di riserva (Rupprecht) a Pastrengo. Il carreggio era stato lasciato sulla sinistra del!' Adige, a San Michele. Così le forze austriache erano state raccolte in una zona di oo" chi chilometri yuadra.ti, pronte a lanciarsi sul nemico. Sull'Adige, all'altezza di Ponton, vennero gittati due ponti; un :iltro fu gittato a Pescantina, altri due a Bussolengo. Le alture di l\ 1strrngo furunu rafforzate con trinceramenti atti ad aumentarne il \·:ilore difensivo.


IX.

LE

OPERAZ I ONI

Il passaggio del Mincio. Come è s.tato già àetto, i Lrc Corpi d'Armata italiani che don:vano operare sul Mincio, assumendo il :w giugno la dislocazione già indicata, ri sultava no schierati in modo più adatto all a prog<.: ttata offensiva. La fronte complessiva del loro schieramento, g i:1 ~li periore a 6o chilo metri, era stata, infatti , ridotta ( dal Garda a Ce-.ok presso Scorzarolo sul Po) a circa 42 chilo metri. I comandanti dei Corpi <l'Armata - secondo le proposte fatt e, a l riguardo, fin dal r6 maggio, dal generale Durando :il Mi 11 i,l<.:111 della G uerra - si erano costituite particolari riser ve, usufruendo d1 reparti delle varie Armi to lti alle rispettive Division i. Così il I Cm po - che, schierato da Pesch iera a Volta, aveva una fronte di 16 chilometri, sulla quale il Durando riteneva di dover im piegare tuttt' e quattro le sue Divisioni - aveva formato la sua riser va con qua ttro battaglioni bersaglieri e con y_uattro batterie di Artiglieria tolte al le Divisioni, alle quali erano stati assegnati, in cambio, due st1uadroni di Cavalleria per ciascuna. Analoghi provvedimenti aveva preso :111che il della Rocca, comandante il Ili Cor po, presso il quale ve nne assegnato uno squadrone di Cavalleria a ciascuna delle Di vision i dipendenti. La riserva del I Corpo d'Armata si dimostrò mo lto uti le duran te la battaglia di Custoza. Furono così suddivisi fra le Di visioni ed i Quartieri G<.: nnal i de i due Corpi d'Armata: il reggimento Guide, il reggimento Cava lleggeri di Lucca ed il reggimento Cavalleggeri di Aless;.1 ndria. Le informazioni sull'esercito nemico, pervenute successiva mente :tl La Marmara nei giorni 15 - r9 gi ug no, facevano riten ere come probabile: - c he il V Corpo austriaco, abbandonata la zo na tra Mincio t:,1 Adige, si fosse riunito intorno a Verona:


53<> - c he :il tre truppe nemiche fossero in m arcia da Verona a Vicenza e da Padova a Rovigo ; - eh<.: ljUasi tutta l'Arm ata austriaca del Sud stesse per raccùg liersi sulb sinistra dell'Adige, tra Verona, S. Bonifacio, L eg nago e Mo nselice (Cor pi V e IX) cd anche sul basso Adige, atto rno a Ran go (VII Corpo) (1) ; - che t1uattro po nti fossero stati gittati sull 'A dige, rispetlt\'a men te a Sett imo, Pescantina, Po nto n e Zcvio ; - c he fossero stati m inat i i ponti sui corsi d ' acqua del Polesine T ali no tiz ie fecero credere sempre più al La Marmara che I' Arci duca Alberto intendesse, almeno tcmporaneam en.te, limitarsi a difendere il Veneto, usufruendo de lla linea dell'Adige e<l appoggiandosi a Ro vigo. ln base a tale convin zione, egli si propose di impadronirsi, nel mattino del g io rn o 23, dei ponti sul M incio fra Mo nzambano e G o ito ( I e I11 Corpo): no nchè dei fortini avanzati di C urtatone, Mo nta11:1r;1 e del Ser rag lio (II Corpo), cercando di tagliare le comunicazio ni fra Mant o va e Bo rgoforte. li p residio di quest'ultima località . .ì, t.1ù·~.t0 lu ngo lr rluc sponde del Po, do vev:i venire indotto alla re~a ~pccialmcnte con azioni di Artiglieria. Per co nscgucn z:i, in attesa d i po ter iniziare le osti lità, venne urdi11.110 ai Cur pi l e 1lI di " fare tutto il possibile pcrchè gli Au~1ri.1ci no n rompessero i ponti sul Mincio >> e, a ta l uopo, le Di vi~io ni più vicine ;ti fiu me (Divisione 3" del I Corpo e 7" del III Corpo) :1wi::i ro no <.1ualclic reparto d i Fanteria e di Cavalleria a guardia dei pont i di Mo nzambano, di Borghetto e di Goito. A tutl i i Comandi venne inoltre r accomandato di « g uardarsi m ilitarmente ", JXT guanto, sulla spo nda sinistra del Mincio, non s; no tasse se no n 1..1ualchc pattuglia di Cavalleria nemica. N ei g iorni 20 e 21 g iugno vennero riord inate le truppe cd, in ~eguitu ,id ordine r iccrnto dal La Marmara, il Comando del I Corpo free avanzare b 1 " Divisio ne a Monzambano e la 2 • a Pozzolengo. li :22 giugno il Comando Supremo si trasferì a Ca n neto sull'Oglio. (1) U na lrncr.1 in viat:i. in d ata Jd 20 gi ugno, da l C ialdi ni al Comando Suprem o dcfi11i,·a com e " 1;ravc n b notizia che il nemico av<:va ahh:indo n:110 la linea del Mincio . Tale notiz ia faccYa , infatti, ritenere a l C ialdini che l'A r cid~c.1 Alberto a vc_ss<: intu :ro il suo disegno cd intcn<lcs.~c opporsi con tulle le torze ;illc operazioni del lV Corpo.


53 7 Le scarse informazioni (1) avute in tale giorno sul nem ico affermavano che i.I V Corpo d 'Armata austriaco si trovava sull a si ni stra dell'Adige e che il VII Corpo, da Caldiero, S. Bonifacio e Lonigo. era in marcia verso Rovigo ed il basso Po. Tali informazioni non potevano c he confermare il concetto operativo del La Marmara, il quale emanò, infatti, g li ordini per J';H( 1) A proposito del servizio informazioni presso l'esercito italiano 11cl 1;,ll)I,. il Pollio rirnr<la opportunamente quanto segue: u L'Ufficio d'Informazioni fu organizzato nel 186.3 dal colonn ell o ,li St.ot11 Maggiore Edoardo Driquct, g ià C 1po di Stato Maggiore del gcn.:rale ( ;o rn11c. comandante delle truppe operanti nella Sicilia . « L 'Ufficio è quello stesso che funzion<• nella c·:impagna Jel 186(L « G li agenti principali del .:olonnello Driquet erano il capi1ano Cl-, l,.I d i Bonvi lla rct a llrescia , il capitano Carenzi a F errara ed il benemeri to pa1111 ,11;i A lberto Ca\'allctto, capo dell'emigrazione \·e neta , a Torino. « In poco tempo si ebbe la sod disfaz ione di raccogliere i d ati sulla , 011111" sizione e forza del l'esercito austriaco dislocato nel \"eneto, in Tiro lo , T r1,· ,1c. Istria e Dalmazia non solo, ma anche i tr;icciat i t:d i profili d i 11111<; I,· 11rcrl· d i fortificazio ne esistenti in quelle provincie ed il loro arma mc 1110. ()11(·i , l:11i. t ht: p rima d el l'aprirsi del la campagna vennero comu nicati a ch i po1n ·.11H, 11111· ressare , furono poi, a g uerra finita, trovati J i un·c~attczz:i, se non m a1c11 i:1 1i. .1. ce rto m o ito sodd ìs iace ntc.

" L ' 11 marzo 1866 il colonnello Driquet ebhe o rdine d i pa r1in· , 11111111 ,.,J generale G ovone per Berlino, mantenendo il seg reto sulla sua nuo\'a 1111." 111111·. li (Olon ncllo partì nelle 24 ore, senza poter <lare a chicd1esia la «>11·,q~11a d, I l'u ffi cio e non riemrò in Italia che ai primi di g iugno, q ua ndo il ()ua rtic1 C,· ncrale prjncipaie era già costituito a Pi acc11za . « Dur:.ntc l'assenza del colonnello Driquct. b di rezio ne d d l' UflÌ L11J I 111, ,. m azioni era stata a ssuma dal colonnello A vet. ,1 Il colonndlo Driquet si giovò dei pochi giorni che rima ncv:1 110 r,rim:i dell'inizio della guerra, per imprimere mag gio re attiYità ai nostri agl·n ti e per moltiplicarne il numero, in modo d a costitui re u11a f1t1 ;1 rete sopra ;111Ll1c .il k principali vie di comunicazion~ nell 'interno d ell'Jmpcro austriaco; 11C,,u 11 l :111 , , di qualche importanza militare pott:va ve riticarsi nel c unpo avver,a rio, ,c11 1.:1 che se ne avesse av uta informazione. u C a qu.rn t,, ,opra, il fatto ,he il nosu o Comando no n vc1111c :1\, n ti to che gli Austriaci si erano concentrati presso \'cro11a il :?2 cd avn ano pa~,al(> l'Adige il 23, si deve, in sosta n za, attribuire alle tre c:iusc scg111.:11t i: 1 • - alle SC\'eri ssimc di sposizioni date dall 'Arciduca, pc:· le tiu:ili le , uc co lonne <li marcia non poterono essere oltrepassa te da chicchcsia : 2• - :ill'insu ffi cicntissima ricogniz ione fa tt a d alla Di visione d i Cavaller;a di riserva il 23 giugno; 3• - al profondo con\"Ìncimento, che regna\'a nel Q uart ier Generale prin cipale, che gl i A ustriaci si sarebbero limitati in Italia ad una pura d ifensiva. « Si ritene\'a, e ciò era verosimile, che per l'Au stria fosse di capitale importanza il riportare una vittoria sulla Prussia.


tuazione di esso, attuazione che doveva avere inizio il giorno 23, all'aprirsi delle ostilità (1), nel modo seguente: 11 I Corpo doveva passare il Mincio con tre Divisioni: la 1• Divisione (Cerale) a Monzambano; la 3• (Brignone) su un ponte gittato ai molini di Volta e la 5• Divisione (Sirtori) a Borghe.tto. Il III Corpo d 'Armata doveva passare il Mincio a Goito. La 7" DiYi sione (Bixio), passato il fiume, doveva prendere posizione verso lkl \'(:J t rc, per proteggere il passaggio delle altre truppe. L:1 16" Di visione (Principe Umberto) doveva dirigersi a Roverbella: la 9' (Govone) a Villabona e 1'8" (Cugia) doveva, invece, giture un pon te a Ferri e recarsi a Pozzolo. L :i Divi~ione di Cavalleria (de Sonnaz) aveva l'ordine di raggiungere Goito d i buon mattino e di attendervi ulteriori ordini . li Il Corpo doveva impad ronirsi, con la 6" Divisione (Coscnz), di Curlatonc e Montanara ; tenere le Divisioni 10· (Angioletti) e 19• ( Lo ngoni) pron.te a portarsi su Goito e Villafranca ; inviare, infine, l:i .( (N un ziante) verso Borgoforte. L.1 riserva d 'Artig lieria doveva restare a Piadena. Il Comando dd Genio aveva l' incarico di provvedere all a co, titu ,.iunL d elle teste di ponte in corrispondenza di Valeggio e di Coito. 11 grosso bagaglio doveva rimane re nelle località di partenza. 11 C',0111ando Supremo si sarebbe trasferito a Ccrlungo. In base a tali disposizioni , il passaggio del Mincio si effettuò ~c11z.1 incontrare resistenza da parte del nemico, del quale venne notata soltanto qualche pattuglia di Cavalleria, cd alla sera del 23 giu_g no, i tre Corpi d ' Armata ùel Mincio avevano assunto la seguente di~locazionc :

I Corpo: 1• D ivisione (Cerale) : a Mon zambano, con l'avanguardia (di Villarey) a T orrione.

" La perdita tiella Vcnc-z.ia doveva esse re per lei questione secondaria ; ed . in fo n i, fin o dal 5 maggio , l'Imperatore d 'Austria ne aveva proposta la cessione a ll"lm pcratorc Napoleone, come prezzo <lella nostra neutralità. « Simile idea preva leva anche nelle sfere militari prussiane; ma così 110!1 la pensò l'Arciduca A lberto ,,. ( r) Essendo pervenuta la dichiarazione di guerra all'Arciduca Alberto sol tanto alle ore 13 <lei g iorno 20, gli Austriaci credevano che le ostilità sarebbero cominciate so ltanto alle ore 13 e no n già al mattino <lei 23 giugno.




54 1 2• Divisione (Piancll): sulla destra del Mincio, a cavallo del Redonc, fronte a Peschiera. 5• Divisione (Sirtori): il 20v reggimento della brigata « Brescia» con l'Artiglieria e . la Cavalleria in Valeggio ; l'altra brigata (<e Valtellina ») ed il 19° reggimento a Borghetto. 3• Divisione (Brignone): tutta sulla sinistra del Mincio, a nord di Pozzolo, con un ponte ai molini di Volta. A Volta rimase la riserva del Corpo d 'Armata.

1/ Corpo: 10a Di visione (Angioletti) a Gabbiana. 19• Divisione (Longoni) ad Ospedaletto . 6· Divisione (Cosenz) a Curtatonc. 4" D ivisione (Nunziante) presso Borgoforte.

lll Corpo: 7' Divisione (13ixio) a Belvedere. 16' Divisione (Principe Umberto) a Roverbella. 8' Divisione (Cugia) a Pozzolo, con un ponte a Ferri. 9• Di visione (Govone) a Villabon a. Brigata di Cavalleria di Corpo d'Armata (Pralormo) alle Sci Vie. Riserva di Artiglieria a Piadena. DiYisione di Cavalleria tra Mozzecane; r Quaderni. Per quanto riguarda il IV Corpo, esso si preparava a pass,H<' il Po con 7 Divisioni, in corrispondenza della confluenza col Pan:1ro. L ' 8• Divisione, secondo gli ordini del Cialdini, doveva eseguire una dimostrazione da Ariano, per Adria, su Cavarzere; ma per agire si doveva attendere che il La Marmora avesse fatto la sperata dimostrazione sul Mincio. Avuta, il giorno 23, la notizia che il Mincio era stato passato, il I V Corpo affrettò i preparativi per il passaggio dd Po. In quanto' ai Garibaldini, essi era no, il 23 giugno, incanabti per le valli bresciane ed avevano raggiunto, con le teste delle colo nne, Rocca d' Anfo e Breno.

Qualora si esamini la dislocazione assunta dai tre primi Corpi d'Armata nostri, ben si rileva come l'Armata del Mincio - benchè ormai non lontana dal nemico - risultasse di\'isa in sei mas~c, come ricorda la nostra Relazione ufficiale .


54 2 La massa principale, forte di 7 Divisio ni di Fanteria (1', 5• e 3' dd l Corpo e le altre quatt ro del Ill) ed una di Cavalleria, 7 4.000 uomini con 138 c:rnnoni, sch ierata per o ltre 15 chilometri lungo la fronte Monzambano - Roverbella verso Verona, e per 9 chi lo m etri n :rso M:mto\'a, d:1 Roverbella al Mincio. Di tale massa, 20.000 uomini c.irca (1 " e 5• Divisione) si trovavano sul limitare dell'anfiteatro more1:ico del Garda, che ebbe sempre un a speciale importanza ogni qualvolta si co rnbattè tra Mincio ed Adige; altri 43.000 erano nella pianura tra Pozzolo, Quaderni, Mozzecane e Rotta, ed i rimanenti 10.000 (9' Di visione) sulla s.trad a Coito - Mantova. U na Divisione (la 2") in osservazione verso Peschiera. Un:1 DiYisione e m ezza ( la 6' e la brigata " Ravenna») in osser, .,z iont: presso M:intova. I,;1 brig ata '< Regi na i, avvia ta, per la dest ra del Po, contro Borµofo rte. Le D ivisio ni 10" e 19• destinate a rinforzare la massa principale, rna rimaste an cora a 16 - 11:l chilometri a sud di Coito. La ri erva generale d'Artiglie ria a P iadena. Com e si vede. l'errore iniziale del la se parazio ne d elle forze ve11 i, .1 10 ,, , u,n t.,lc ; -:hicramC' nto, ancora niù g-rave . Infatti i Corpi d'arm ata I e III ave;ano ~le loro truppe disseminate ~u una fro nte di '.i5 ch ilomet ri (da Pozzolengo, a Villabona), a c:1 \':illo del Mincio, cd il II f',orpo, spinto ad operare verso M antova e contro 11or gofortc . non era in grado d i accorrere tempestivamente in ai uto agli altri due, nel caso, assai probabile, che si fossero incontrate rnnsidcrcrnli resistenze nemiche sulla si nistra del Mincio (r). Come, nelle sue Rela zioni, troppo tardi deplora lo stesso La M:ìrn,o ra, nulla o ben poco fu fatto per chiarire la situazione. L a Divisione di Cavalleri a d e Son naz avanzò soltanto fino a Villafranca, e, durante il giorno, i suoi reparti in esplo razione si spinsero ad appena 16 chilometri Jal Mincio, per ripiegare, nella stessa sera del 23. a prendere gli alloggiam en ti , sol ta nto aJ r chilometro ad est <li quelli dcll"8" D i,·isione, ferm a a Belvedere. Ciò ben dimostra co me il La Marma ra - in base al preconcetto ( 1) Qualora si tenga presente che da Verona al !\,linc io corrono circa 20 chilometri e che la <listanza .J:i Ospeda letto, sede d ella 19• D ivisione, e da C urta tone, sede della _6~ _D1 v1s1n11c, a Vi!labona , sede delle truppe pi ù vicine del 111 Corpo (9' D1v1s10ne), era invece <li oltre 30 chilom etri, si ve<lrà come le truppe del Il Corpo fossero troppo lontane per poter appoggiare tempestiva-

111rnte l':1zione dei Corpi I e III.


543 che le truppe dell'Arciduca Alberto non avrebbero opposto resistenza se non sulla linea dell'Adige - non ritenesse probabile una sorpresa nemica. Senza ammettere una tale illusione, non si potrebbe comprendere come la riserva d'Artiglieria fosse stata lasciata ancor:i. a Piadena e come i comandanti dei Corpi I e III, già così vicini al nemico, ignorassero ancora le intenzioni del Comando Supremo sulle operazioni da compiere dopo il passaggio del Mincio .

Pure non era mancato qualche indizio di un probabile mu tamento nelle intenzio ni attribuite all'Arciduca Alberto. Se le informazioni raccolte nei giorni precedenti a,evano con fermato, come già si è detto, che g li Austriaci si erano raccolti sul l'Adige, nel pomeriggio e nella sera del giorno 23 si ebbe, invt:((.: , notizia della presenza di truppe nemiche in marcia al di ciu:i cl:il1' Adige, da est verso ovest. La nostra Relazione ufficiale narra in proposito: " Nel pomeriggio del giorno 23 l'attenzione dei bersaglieri del XVIII battaglione (1a Divi sione), :ippost:iti ~ull:i vetta del mo nte M:1grino, fu richiamata da un gra n polverìo che scorgevasi nella G 1mpagna a nord di Villafranca, diretto da est a ovest. Il capitano Pa ~tl li spedì subito al generale di Villarey u n higlit1tu, col l jUalc gli .11111111 1ciava che forti colonne austriache muovevano da Verona verso Peschiera, ali'altezza di Villafra11ca. Il generale fece trascrivere tll'el higlictto e lo spedì al Comando della Divisione in Monzambano. li colonnello Dezza ed il capitano di Stato Maggiore Sismondi , m :111 dati dal generale di Villarey a riscontrare quella cosa, scorsero a nchc: essi ben distinta la traccia }X)lverosa che segnava precisamente la str.1da maestra Verona - Peschiera, a circa 10 chilometri a nord d i Villafranca, mentre un altro immenso poh·erìo a sud-ove~t di Villafr:,nca disvclava il movimento della Cavall eria del gencraìe de S0n11 :1:.,.• (< Da t1uclle notizie il generale di Villarey dedusse la possibil tt~ di un attacco della guarnigione di Peschiera rinforzata contro lluel la sua posizione e perciò volse tutta l'attenzione sua verso Ol iosi e Salionze. Nè diversamente pensò il comanda nte della Divi~ionc, quando, essendo venuto verso sera a trovare il generale di Villarey sul monte Sabbione, gli fu spiegato meglio il senso di quella espressione all'altezza di Villafranca che, contenuta nel biglietto d'a vviso, gli aveva fatto parere assurda la notizia di un movimento di truppe da


544 Verona a Peschiera , tanto più che sapeva essere stata avviata su Vilbfranca la Divisione di Cavalleri a, cui potevasi attribuire quel polverìo . Ed anzi, per mettere il generale di Villarey in g rado di meglio fronteggiare quel supposto attacco, il generale Cerale lo rinforzò con un battaglione del 30° reggimen to Fanteria. ,, Del resto, considerando tutto ciò come cosa che interessasse particolarmente la 1• Divisione e non già tutto l'esercito e fidando nella fo rza della Divisione medesima, cu i per ogni caso potevano dare appoggio la 2 ' e la 5', non ne fu dato avviso al comandante del Corpo d 'Arm ata; ma soltanto al comandante delle tru ppe in Valeggio. " Inoltre, la sera stessa del giorno 23, il comandante della 5• Di\'isio ne, avendo udito incidentalmente che un vetturale proveniente da Verona asseriva <li avere incontrato, nell'uscire al mattino da que sta città per porta S. Zeno, un Corpo di 4 o 5.000 uomini di truppe ,i ustriache in marcia, volle personalmente interrogarlo; ma il vetturale 110n avendo saputo d:ue, nelle sue risposte, che in~icazioni vaghe e poco verisimili , il generale Sirtori non credette dare ad esse importanza, nè qu indi di riferi rne al Comando -del Corpo d ' Armata. « Nelb notte sul 24 giugno il posto di Cavalleria . distaccato nella direzione di Santa Lucia del Tione, segn~lò una pattuglia di ulani austriaci, la tJLlale, all'avanzare de i nostri , retrocedette. ,, Finalmente anche a Mozzecane giunsero da Verona, nel pomer1gg io e nella sera del 23, dicerie di mol te truppe austriac he marcianti verso ovest : ma tali dicerie andarono disperse nei pri vati collo(JIIÌ e non ven ne ro riferite ai Comandi militari In complesso si trattava di notiz ie che, per q uanto vaghe ed incerte, avrebbero potuto in qualche modo far prevedere al L a Marmora la possibilità di un incontro con le fo rze austriache al di qua <leJrA dige; ma alle informazioni non venne attribuita troppa importanza ed esse no n ven nero comunicate: nè al Comando Supremo, nè ai Comandi dei Corpi I e III. Solamente il Coman do del II Corpo d'Armata informò il La Marmara delle dicerìe raccolte presso 0 li abitanti; dicerìc, secondo le quali, il presidio austriaco di Manto~a sarebbe stato, nel successivo giorno 24, rafforzato fino a raggiunge re la forza di 2 0 .000 uomi ni. Altri avvisi circa i movimenti delle truppe austriach e, mandati an_c he da privati, data l'efficacia delle precauzioni prese dal ne m1Co, o non pervennero affatto o g iunsero ormai troppo tardi, dopo il 14 giug no, vale a di re do po lo svolgimento della battaglia di C ustoza. 11 •


545

Gli ordini del La Marmara. Per conseguenza, il La Marmora rimase fedele al suo concetto operativo cd emanò, nel p0meriggio del g iorno 23 giugno i segur nti c rdini: ,, Al comanda nte del I Corpo. « Per domani, 24 giugno, V. E. darà le seguenti <lisposizio11 i ; ttna Di visione continuerà a rimanere sulla destra del Mincio. Le altn: tre Divisioni, che sono sulla sinistra del fiume, vorra nno essere di sposte: due Divisioni tra Sona e Santa Giustina; la 3" osscr vcr~t Pc:-

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Cl, or.1111, dei due Comand, per il 24 g11,g110.

sch iera e Pastrengo, occupa ndo specialmente Sa ndrà , Colà e Paccngo. Il Quartier Generale del I Corpo dovrà essere a Castelnuovo. Sull a ~ua destra Ella sarà collegata al III Corpo d·Armata , che occuperà la linea Sommacampagna - Villafranca. Le truppe par.t ira nno dagli attuali loro accantonamenti prima delle ore 4 antimeridia ne )) _


,, Al comanda nte del III Corpo. Domani m::ittina, prima delle ore 4, avanzerà con le debite precauzio ni con le sue quattro Divisioni, disponendole come meglio ,:rederà, tra Villafranca e Sommacampagn a. Ella sarà alla sua destra collegato col II Corpo, che occuperà Roverbella e Marmirolo per mezzo J ella Cavalleria dell'anzidetto II Corpo. Il I Corpo d'Armata, col Quartier Generale a Castelnuovo, si protenderà per Sana e Sant:i Ciustina verso Pastrengo >•. (<

Al comandante della Divisione di Cavalleria. Domani, giorno 24 corrente, Ella stabil irà la sua Divisione fra l\ 1ozzecanc, Quadern i e la G herla, col suo Quartier Generale a Quaderni. l movimenti occorrenti saranno tutti iniziati prima delle ore 4 anti meridiane ,, . «

11

,, Al comandante del II Corpo. « Nella giornata di domani ferme ri manendo le disposizioni d:1lc :interiormente per la brigata, che sotto gli ordini del generale Mig nano deve agire contro la testa del ponte di Borgoforte - la S. V. vorrà, col rimanente del le due Divisioni di dest ra, occupare Curtatonc e Montanara. inoltrarsi nel Serraglio e minacciare la strada fra Mantova e Borgoforte. Le altre due Divisioni, prima delle 4 antimeridia ne, passeranno il Mincio a Goi.to e si porteranno: l' un;1 a Marmirolo, l':iltra a Ro verbel la... )) . Come si vede, ta li ordini si limitavano ad indicare a ciascun co mandante di Corpo d'Armata i movimenti da eseguire il g iorno dopo: m:t null:i dicevano: nè ci rca la situazione generale, nè sulle intenzioni attribuite al nemico, nè sul concetto d 'azione comune.

Oli ordini dell'Arciduca Alberto. Il colunnc:llu Puh. aveva informalo il Comando austriaco che gli Italiani avevano passato il Mincio. L'Arciduca Alberto aveva ricevuto, inoltre, la mattina del giorno 23, la notizia dell'avanzata delk truppe italiane verso Mantova e verso Borgoforte. Un ufficiale dello St~1to. Maggiore austriaco, dopo una ricognizione eseguita verso il Mincm, aveva poi riferito che non aveva scorto alcun indizio di movimenti italiani a nord <li Valeggio; ma che reparti di considerevok cnt it~ erano stati segnalati in marcia a sud di Valeggio, sino a Vilb franca.


547 Tali not1z1e confermarono nel l'A rcid uca Alberto il disegno di attaccare sul fianco sinistro gli Italiani provenienti dal Mincio e che egli riteneva diretti verso l'Adige; e, ad affrettarne l'attuazione ( dopo avere, alle ore II, informato verbalmente i comandanti di Corpo d'Armata delle sue intenzioni), egli em anò il segU<.:nte ordi ne: (( Disposizioni pel pomeriggio del gio rno 23 giugno. " Dietro le informazioni avute dal Comando Supremo dell'Armata in data di oggi a mezzogiorno, l'Armata nemica ha va rc1to b frontiera questa mattina all'alba a Goito, Valeggio e Mo nz:1mli;1110 e si è avanzata nella direzione principale di Villafranca . In seguito a ciò, determino quanto segue: ,, Divisione di riserva: di questa Di visione la brigata ckl colonlì ello Saxe - Weimar dovrà avanzare quest'oggi, all e 5 pom .. da Pa~trengo a Sandrà e distaccher à trup pe a Castelnuovo. « Il V Corpo d 'Armata lascerà, alle 5 pom., il hi v:1Cco pre~~o Chievo e si dirigerà a Santa Giustina e spingerà quivi una brigat ~1 :1 Sona, se questa località non fo sse ancora occupata dal 11cmico o lo fosse debolmente. Appena occupate le tre suindicate loGilit;\, ,,uc, tc dovranno essere m esse in istato di difesa e si dovrà atten1 :1 m cn1 1· 1,, S1'rvare i_! terreno verso Salionzc, 01 i,i,,i e Sum rn,Kalll paglla ... « La brigata del maggiore generale: Brnko, come pure il VI I nl il IX Corpo d'Armata, la riserva ed i parchi rimangono nel le :1ttu:d1 loro posizioni. ,, Per avere a disposizione, per la proge tt:1ta nurcia in :i.vanti ri i domani, un grosso Corpo di Cavalleria, determino che 3 stp1:1dro11 i del 3° ussari, 3 dell'11° ussari e 2 del 12·· ulani (in tutto o tto \ tjll ,1droni) debbano formare un a brigata sotto gli ordini del colonnello Bujanovich. A questo colonnelle verrà, per la giornata di do111.1;1i . addetto il capo di Stato Maggiore KoYacs. Questa brigata st:1hil ir:'1 il proprio campo stasera a Santa Lucia e spingerà gl i avampm ti ,·cr,n \ 'illafranca. Per le operazioni di domani essa sarà riunita alla hrig:11:1 Pulz. I due sg uadro ni ul ani marceranno, alle 5 pom. , ,·crso Lug~, g nano per coprire la marcia del V Co rpo e manderanno p:1 1tug lic verso Sana per mettersi in comunicazione con gli :1v:unpm 1i vcr~o Villafranca. « Onde avere, per tutti i casi, sufficienti p:~ssaggi ~ull 'Adige, ~i costruiranno, nella giornata, a Ponton e Pescantina dei ponti militari che saranno ultimati per domani alle 6 ant.. Ricordo inoltre che esiste un ponte semipermanente a Pastrengo. li ponte presso Casa Burri verrà ro tto questa sera. I pionieri del IV battaglione, non occu-


pat ì nella costruz ione dei ponti , Jovranno trovarsi domattina, alle < re 2 , senza c<.1 uipaggio da ponte, presso San Massimo.

" li Qu:irtier G enerale princip:ile si trasferirà questa sera a S.1n Massimo. ,, Ordino che le truppe destinate a prender parte alle operazioni d i do mani abbiano a fare un altro rancio questa sera. Esse consumeranno il vino e la minestra e conserveranno la carne cotta; per cui autorizzo la somministrazione della doppia razione di quest'oggi. " Per le ore 3 ant. di domani tutto dev'essere pronto per la marcia in a\'anti: le truppe dovranno quindi consumare per tempo il

L.l ffè. " I ~ignori comandanti dei Corpi d"Armata e delle truppe avranno, infìne, cura di provvedere che le truppe sieno fomite <li quattro ~iorni di viveri, cioè viveri per due giorni da portarsi dagli uomini L per altri due giorni sui carri. " I grossi bagagli rimarranno per ora nei luoghi ove attualmente ~1 trova no " . In ottempera nza a tali disposizioni: - b D ivisione di r iserva (Rupprecht) si portò a Sa ndrà, dove g iu11~c pi im.1 d i ~..:r.i e spinse b sua :l\':m guardia verso Castelnuovo ; - il V Corpo mosse da Chievo e, per Croce Bianca, si portb ~1illa ~!rada di Peschiera. Giunto alla Presa, il generale Rodich venne in fo rmato che Sa nta Giustina, Sona, Castelnuovo e San Giorgio in Salice erano ancora sgombri . In b:isc a tali notizie, il Rodich decise di mandare una brig:ita ( Moring) a Sona, un':iltra (Piret) a Castelnuovo cd un 'altra, infine (brigata Baucr), ad Alberello e a San Giorg io in S:ilice. Alle ore 18,45 del 23 giugno l'Arciduca Alberto emanava da Verona le sue disposizioni per il giorno 24. « Disposizio ni pel 24 giugno 1866 : " Come fu g ià accennato nelle dis1Xlsiz ioni emanate lJuest'oggi neì pomeriggio, rntte le truppe dovranno essere pronte alla marcia alle o re 3 ant. ed il Comando della Divisione di riserv:i, con la briga ta del maggio r generale Bcnko, da Pastrengo si avanzerà a Sandrà per riunirsi LJUi vi con la brigata del colonnello Saxe-Weimar. L'ulteriore avan zata di tiuesta Divisione si effettuerà sopra Castelnuovo. ' 1 li V Corpo d'Armata da Santa Giustina e Sona avanzerà, con i~ due briga te c~c occu_rano Santa Giustina verso San Giorgio i~ Sa IICc e con la bng:ita dt Sona verso 1:i strad:i ferrata, nella direzione di Casazzc.


549 << Il IX Corpo d'Armata, ora a Santa Lucia, a\'anzerà, possibilmente coperto a settentrione dall'argine della ferrovia per Massalacqua, e prenderà la direzione di Sommacampagna; attaccherà questa località, se è occupata, e vi si stabilirà fortemente. (( Questo Corpo sarà seguìto dal VII Corpo d'Armata, che partir;, da San Massimo; e, non appena il IX Corpo si sarà avanzato verso Sommacampagna, manderà una brigata lungo la fe rrovia per Cas;:i.zze, onde dare il cambio alla brigata del V Corpo, la quak rientrerà al suo Corpo d'Armata. Le altre due brigate del V I I Corpo rimarranno m riserva. « Compiuto questo spiegamento, la Divisione di ri serva :tvan1.<. r:1 da Castelnuovo ad Oliasi; il V Corpo verso San Rocco di Palnzo lo ; la brigata del VII Corpo a Zerbara; m entre il IX Corpo terr:1 fe rmo, quale perno, a Sommacampagna e si stenderà verso Beret t:1r:1. Le due brigate del VII Corpo, destinate a costituire la riserva, rimar r:t11no sulla ferrovia, all'altezza di Sona. « La Cavalleria, sotto gli ordini del colonnello Pulz, c ioè k hrigate Pulz e Bujanovich, avanzerà portandosi all'altezza del IX Cor po, coprendone il fianco durante la sua marcia verso Sommac:.imp:1~11 :1. E' sno còrnpito speciale di pron-cdcrc alla sirnrczza del fì :rn rn ~i 11 i stra di tutta l'Armata. (( Nel caso che sfavorevoli circostanze costringessero ad una riti rata, i Corpi si dirigeranno sui ponti , già accennati nelk di ~pmi1.io11i di oggi, di Pescantina, Pastrengo e Ponton; e cioè: la Divisio ne d1 riserva a Ponton, il V ed il VII Corpo a Pastrengo, il IX Corpo :1 Pescantina. << La brigata di Cavalleria Pulz eventualmente ripiegherà per Sa n Massimo a Verona. << Il Quartier Generale principale raggiungerà col V 11 Corpo Sona, dove dovranno essere diretti tutti i rapporti >1 • Alle ore 2r,30 del 23 giugno venne mandato inoltre alb brigata di Cavalleria Bujanovich, dal capo di Stato Maggiore delI' A rl·iduc:i Alberto, il seguente ordine: « Domattina per tempo uno squadrone riposato, sotto il co rn :i ndo di un capitano specialmente adatto, do vrà esser diretto verso lsob della Scal'a e Bosolore, nel tratto medio tra il Mincio e l'Adige, per raccogliere notizie e vedere se il nemico avanza da Legnago verso Verona. Tutti i rapporti, da farsi ad intervalli di tempo, dovranno spedi rsi al Comando della fortezza di Verona, significandone il contenuto per via telegrafica al Comando Supremo déll' Armata » .


X.

LA BA TT AOLIA DI CUSTOZA

La situazione iniziale. La ~ituazionc iniziale risulta dagli ordini, già riportati, dei due Comandi e, nell'imminenza della battaglia, può riassumersi nel modo seguente. Tra gli Italiani rn:s~uno pensava veramente ad una battaglia imminente, ta nto che le truppe - salvo q uelle della Divisio ne Brignone - veni vano ancora seguite da l carreggio e che la Cavalleria, invece di procedere avan ti nella necessaria esplorazione, si trovava tu tta indi:c:trn. '.'Jessuno dei gcner:ili conosceva chiaramente gli scopi tielk marce <.: I<.: intenz ioni del Comando Supremo. Il gene rale La Marmo ra, accompagnato da d ue sole guide, sor,cgli.1\,1 pcrson.1lmcntc la m arcia delk colonne, invadendo le attril,uzioni degli inferiori e non preoccupandosi troppo del nemico, che egli su pponc\a sempre fermo al di là dell'Adige. L ·cscrcllo austriaco era, in vece, pronto ad avanzare secondo un rn nccllu Ji mano\'ra hm chiaro e pienamente noto ai comandanti del le Grandi U nità: le truppe sapevano, inoltre, di marciare verso il necessario, sang uinoso epilogo della battaglia. L'Arciduca Alberto, sorretto dalla fermezza del suo carattert, era così deci so :id attuare il suo ardito concetto e così fiducioso nella villoria, dìc malgradu due tclègr.unmi p erven utig li successivan,cntc alle o re 20 cd alle ore 24 del 2.)~ oiuono, telc"rarnmi che buli t, b annunz iavano, erroneamente, che il Cialdini aveva passato il Po rimase fedele alla sua idea di dar battaglia l'indomani ali' Armata del Mincio e ~i limitò a distaccare, contro quella del Po, un solo squadrone \·erso boia della Scala. _Circa !I_rapporto delle for ze belligeranti, il compianto generale Polito stabtl1sce un co nfronto, che crediamo opportuno di riportare, per b sua eloq uenza: ~


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55 2 a) sulla sinistra del Mincio: Italiani (3 Divisioni del I Corpo, III Corpo, Cavalleria di linea) : 59.000 baionette, 5.800 sciabole, 144 pezzi ; Austriaci (V, V1II, IX Corpo, Divisione Rupprecht, Cavalleria di riserva): 72.000 baionette, 3.500 sciabole, 168 pezzi; b) in Peschiera e davanti a Peschiera: Italiani (Divisione Pianell): 9.000 baionette, 200 sciabole, 1 2 pezzi; Austriaci (combattenti del presidio, non tutti disponibili per una sortita): soltanto 2.0 00 combattenti nominali ; e) a Mantova, a Borgoforte e davanti a tali piazze: Il aliani (Il Corpo): 33.500 baionette, 1.000 sciabole, 72 pezzi; Austriaci (presidio): 6.500 combattenti nominali; d) sul basso Po : Italiani ( IV Corpo) : 6 4.000 baionette, 3.500 sciabole, 354 pezzi ; Austriaci ( r battaglione, 4 squadroni, presidio di Rovigo): 3 .000 combattenti al massimo; t) non utilizzati in operazioni militari: Italiani (Artiglieria di rist:rva, rim asta a Piadena) : 54 pezzi ; Aust riaci (brigata Zastavnikowik, impiegata per tenere a frrno le popolazioni del Veneto): 6.500 baio nette, 148 sciabole, 8 pezzi. " Si veda dunq ue - conclude il Pollio - in quali deplorevoli cond izioni noi anda mmo ad affrontare la battaglia ed in quali eccellenti condizio ni , in vece, si disponeva l'Arciduca a darla. Si ved;i con quale giusto criterio gli Imperiali si disponevano ad affrontare un·azionc tattica, che poteva essere decisiva, come fu , e quali terril)ili conseguenze per noi si delineavano, già il 23, in seguito ai confu si criteri, alla mancanza di unità di direzione, alla scarsa preparazione ed alla poca previdenza del Comando Supremo ed in seguito all'idea preconcetta che il nemico facesse: non quello che poteva riu~circ a noi più da nnoso ; ma quello che poteva essere pc::r noi più comodo! ».

Il terreno. Il terreno sul quale si svolse la battaglia è rappresentato dalle colline dell'anfiteatro morenico del Garda e dal loro degradare nel Fiano ; ma - sia nella sua parte settentrionale, collinosa, sia in quella


553 a sud, in pianura - esso offriva ai combatten ti buone condizioni di percorribilità, buone posizioni per la difesa e, nello stesso tempo, facili vie di attacco per l'offensiva. e< L 'anfiteatro morenico del Garda scrive il Vacca Maggiolini - domina l'Adige con la sua morena laterale e degrada perciò da quel lato con un versante piuttosto accentuato e quasi ini nterrotto, formando un netto ciglione, rivolto ad est, delineato ad un dipresso da Pastrengo, Santa Giustina, Sona e Sommacampagna. A md di

Le operazioni contrn Borgo/one.

Sommacampagna il ciglione è però interrotto dallo sbocco nella pianura del vallone di Staffalo. cc Verso sud - est e verso sud, cioè verso Vill afranca e verso Valeggio, le morene frontali si presentano, invece, anzichè in lince con tinue di alture, come gruppi di colline isolate, le quali hanno sempre versanti non difficili. Tale separazione delle morene frontali in gruppi corrisponde all'esistenza, in tutto l'anfiteatro, oltrechè degli avvallamenti concentrici tra morena e morena, anche degli avvall ame nt i dovu ti all'erosione delle acque, solcanti l'anfiteatro stesso dal no rd al sud. In tali avvallamenti scorre, passando dall'uno all'altro col ~uo corso tortuoso, il Tiene, che nasce verso Pastrengo e va a gettarsi nel T artaro. Come corso d' acqua il Tione non ha importanza; ma in parecchi punti le sue sponde sono piuttosto difficili.


554 .. Gl i avvallamenti meridiani di cui si è detto possono servire a disti ng u<::re le colline - per quanto capricciosamente disposte - in tn: g ruppi: uno, occiJcntalc, racchiuso tra il Mincio e<l il solco seg uìto dalla stra da Valeggio -Castelnuovo; uno, centrale, tra detta strada e L1vvall am ento segnato al nord dalla striscia piana, lunga circa 6 chilometri, detta depressione di Guastalla, ed al sud dalla \·alle inferiore del Tione dopo l'ansa del Serraglio; un terzo gruppo, r,rie ntalc, tra la depressione o ra detta e la pianura verso Verona n . Fra i tre gruppi di alture, il più compatto ed il meglio definito ì: - secondo il Pa llio - quello orientale, il quale, benchè interrotto d:illa gola di Staffalo, può co nsiderarsi che abbia fine n ella pianura, con k alt un: di C ustoza, i cui versanti sud - o rientali sono diretti \'C r~o Villair:rnca. 11 Pollio così enumera e giudica le posizioni difensive che il c ,mpo di battaglia poteva offrire: " Buonissima è quella Jd mo nte Vento, che trova il suo prolunga1m:nto verso ovest nel Torrione e nel mo nte Sabbione. Un'altra discreta posizione difrnsiva, nel gruppo centrale, si trova nel ciglione d i S:rnta Lucia del Tione. Essa però, mentre si collega facilmente a ., ;11i,tr.1 .:on !:i posizione del monte Vento, è debole a Jestra, a causa de llo sptrone avanzato cd a dolce pendenza che finisce presso Serragl io c.: prc~~o Pianure. ,, 11 g ruppo di alture di Custoza assume la più grande importanz.1, essenzialmente pcrchè là combattè la m aggior parte delle forze amtriache (i 2/ 1 circa) e là si decise la giornata; ma non ha speciali rcyuisiti t:ittici . " b so t: costitu ito da due lince di alture pressochè paral lele, dirette verso no rJ - est, che si raccordano, dopo essersi alquanto abbassate, in un poggio centrale, stretto ed allungato, sul quale sorge il vill aggio di C ustoza. Esse fo rmano com e una conca aperta a n ord est, verso la depressio ne di Staffalo. '' La linea di alture a nord di Custoza, che si acccntu:1 nel monte Torre e nel mo nte della Croce (c he è il punto più elevato, 153 metri), presenta versanti piuttosto dolci verso la pianura. Ha cresta assai ~ottile e termina bruscamente nella gola di Staffalo. <( Dalla linea d 'alture a norJ si ha buona fronte difensiva verso i>ord e verso nord- est; fronte che può considerarsi quasi come una continuazione di quella monte Vento - Santa Lucia. (( Verso nord - est, cioè verso le alture di Pellizz ara, Berettara, Casa <lei Sole, le colline ad est di C ustoza (monte T orre e m onte


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Croce) hanno caratteri difensivi assai mediocri; non permettono che un limitato svil uppo di forze cd hanno di fronte come un a ltopiano, generalmente dominante, che permette l'impiego di molta Artiglieria. « Migliori (aratte ri hanno le alture Belvedere - monte Molimenti, perchè a dossi più larghi e versanti degradanti a terrazze. Importantissimo poi è il poggio di C usloza, centro dell'azione tattica di tinella zona. « Per i c:uatteri g ià descr itti, la linea delle alture Belvedere monte Moli menti si presta bene per un 'azione offensiva diretta verso nord, sia perchè dette alture sono come unite alle alture cont rapposte della Berctt:ir:1 e di P ellizzara, sia pe r le successive posizioni d ' Artig lieria c he esse offrono, sia perchè si può di là facilmente proteggere: ravanzata di truppe nella depressione di Guastalla. '< Dietro tutte queste posizioni, sorge come una cittadelJa il mo nte Mamaor, che domina tutte le alture antistanti ( 192 metri) e c he presenta una buonissima fronte difen siva, esattame nte verso nord , lunga circa .1 chilometri, cd una più ristretta fronte verso est, per u11 'azione diretta su Custoza . " L1 f runtc verso nord troYa il suo prolungame nto ad ovest, in una linea di piccole alt ure fin presso C. Zeno . .. ln genere tutte k :ilturc li:inno poca elevazion e e versanti non troppo difficili per la Fanteria. 1 < La colti"az ionc non è molto fitta , a ca.usa della natura sassosa del terreno collinoso. Attu::ilmente vi ~no molti vigneti che, nel 1866, non esi~tcvano; per esempio sull':iltura a nord di O liosi e sulle fa lde settentrionali del mo nte Croce, che allora e rano a gerbido. « Si deve perciò considerare c he, nel giorno della battaglia, il terreno era più facilmen te percorribile di quello che non sia ora. « Le sommità delle t:intc colline di quest:i zona forniscono ecc.dlenti punti d'osservazione, specialme nte il monte Bianco, il monte Cricol, il monte Vento, Santa Lucia, il Belvedere, i l monte della Croce, i l monte d ei Rosolotti (a sud di San Rocco di Palazzolo), quota 142, ecc.. « In quell'ep:xa una sola buo n a strada attraversava c.1uesto terreno da nord a sud, ed era quelb da Castelnuovo a Valeggio. V'erano però parecchie strade cli campagna in ogni senso e che erano atte al passaggio dell'Artiglieria. e< La parte piana del campo di battaglia, a causa anche del terreno di natura sassosa, non :iveva fata coltivazione ed era facilmente percorribile, ta.nto dalla Fante ri:i quanto dall:i C:ivalleria.



558 " ln un prolungamento della fronte orientale del monte Mamaor si osserva un ciglione, da cui si domina per più di un chilometro la pianura yerso est e che si accentua presso Torre Gherla. Esso però si perde ripiegando più sotto, verso est. . . « Diverse buone e discrete strade attraversano b. pianura: le m1n liori dirette dal Mincio a Verona per Villafranca. ;:-, t, Villafranca assume, quindi, la sua impartanza qu,1le nodo di comunicazioni a metà distanza fra le alture ed i terreni acquitrinosi. « Di m:1ggiore importanza è Valeggio, non solo pcrchè ha alle spalle il ponte su l Mincio di Borghetto; ma perchè segna il passaggio dall:i p~1rte collinosa alla parte piana del campo di battagl ia cd, inoltre, per le tante strade che da quel punto si dipartono, fra le: l111ali b più breve rotabile che a noi si offrisse dal Mincio a V crona: pn l'eccellente posizion~ difensiva e controffensiva che esso presenta. " Tale posizione ha un'estensione di circa 3 chilometri, quasi da nord :i sud, coi robusti caseggiati dal vi llaggio al centro e si presta per azioni d'Artiglieria, speci;ilmente verso sud - est, verso est e verso nord - t'.st ,, .

Lo svolgimento della battaglia. L:i b:maglia di Custoza fu una battaglia <l'incontro e, per conseguenza. non si può parlare di veri e propri concetti d'azione nel c11npo tattico. Essa è la conseguenza dei concetti operativi nel campo ~trategico: concetti dei quali, tanto per ciò che si riferisce ali' Arciduca Alberto, ll uanto per quello che concerne il La Marmara, si è già detto abbastanza. Tuttavia sarà bene ricordare quanto il L a Marmara stesso scrisse nel suo primo rapporto del 30 giugno 1866 circa g li intendimenti, con i t]uali egli avna d,Ho '-'2"li ordini boià ricordati per il ?4 bo-iu,~no b . Egli dice, in proix>sito, che gli ordini pcl 24 dovevano rispondere ai rnncctto di « gettarsi arditamente tra le piazzeforti di Verona, Pescluera _e ~antova, separarle l'una dall'altra e prendere, tra la pianura d1 V1llafranca ed il gruppo di colline tra Valeggio, SommaG~mp_agna e Castcl~uovo, una fortt posizione, la quale favorisse lo svolgimento successivo delle operaz,ioni » . La sorpresa dell'urto austriaco contro le Divisioni italiane del I e del III Corpo in marcia, determinò la battaglia che prese il nome


559 di C ustoza, dal punto dove la lotta fu più accanna e più a :ungo incerta. All'ala sinistra la Divisione Cerale, attaccata presso Oliosi da soverchia nti forze nemi che, fu completamente scompag inata e respi nt:1; la Di visione Sirto ri, investita presso Santa Lucia del Tio ne, fu ributtata indietro verso Valeggio; intanto, all'ala destra, presso V ii J;1franca, la Cavalleria austriaca assali va le Divisioni 16'' Princi pe Umberto e 7' Bixio e, qua ntunque :.illa fine fosse respinta, riusciva ncll0

Il 49" Fantt'ria a V1il11fra11<11.

scopo assegnatole di trattenerle per un certo tempo cd irnpcdirc loro d'intervenire a l combattimento. Ma il centro ddla lotta era formato daile aitu re d1 Custoz.:1, dovc la 3' Divi sione (13rigno nc) dal ma ttino resi~tev:1 ag li at t;1 cc hi reiterati del IX Corpo austriaco. Sebbene soccorsa da un reggi m en to dclh D ivisione Cugia (64" Fanteria) e poi da tutta la brigat:i "Cagliari ,. e da un battaglione di bersaglieri, la Di visione dovettt: ced t: rt: k al ture di Cuswza alla brigata austriaca Scudier. Intanto, pe r suggerimento perso nale del Re, che aveva intuito essere Custoza il perno della battaglia, la 9• Divisio ne (Govone) marciava alla riconquista delle :1lture di Custoza. ·


Alle.: 1 L e m ezzo y ucstc erano riprese e per cinque ore tenute dalle t ruppe ddb 9" Divisio ne e da quelle della Divisione Cugia. Se a queste truppe, spossate d al caldo, dalla sete, dalla lunga lotti con1 ro forze soverch ianti ed a corto di muniz io ni; fossero state n:andate in r inforzo le truppe fresche delle Divisioni Bixio e Princi pc Umberto, c h e e rano a Vii lafranca con le armi al piede, la vitto ria ~arebhe stat:i cntamente nostra. Ma, sebbe ne il Govone le avesse ripetutamente c hieste ed i com:i ndan ti fossero ,, divorati dall ' impazienza di entrare in combatumcnto ", il gene rale della Rocca, co manda nte il Corpo d'Armata, ~i trincerc'i dietro l'ordine ricevuto al mattino dal La Marmara d i ,, tener ferm o a Villa franca >J e non fece muovere le sue truppe. V erso le ore 18 i resti delle due Divisioni Cugia e Guvone, esauçti e ~ovcrcbiati dal nemico, dovettero sgombrare le alture di Custoza c lasciare q uelle posizioni, su cui avevano combattuto con tale e roismo, da rendnne ammirati gli stessi nemici. La ritirata fu protetta dalla Divisione Ri xio, che alle o re 2 1 ., gomb rò Villafranca. Alla sinistra la rit irata fu protetta dal generale Pia nel\ che, in ,1 ud ~c 1tore, cus, l.1 ~u,1 i n iziativa e con !:i sua energia, avev;1 posto riparo :1ll:i critica si tuazione creata dallo scacco inflitto alle Divi~ioni Cerale e Sirtori. Le c:ira ueristiche ddl 'az ionc italiana nella di sgraziata giornata lii C ustoza so no state così magistralmente scolpite dal generale Po llio: " Da p:irtc deg li ltali:mi non vi fu ... nessun piano d 'azione ogni com:indante, abbandonato a se stesso, agì come potè, se n za poter si p reocc upare di lJUanto avveniva altrove - quindi un'azione slegata in sommo g rado, una successione di sforzi ste rili di risultati , perchè non coordin ati e non appoggiati, episodi di s.trenuo valore, anche azio ni t:1ttic he in più L.irga scala ben pen sate e ben riuscite, un gran logoramento di forze e di energi e in alcuni riparti, intere Di visioni rimaste con le ar mi al piede tulla la giornata o quasi . Ri sultato final e: la sconfitta! ». Nel settore d i sinistra 1 2.000 Italia n i avevano urtato alla spiccio lata contro 32.000 Austriaci ; nel setton: di destra, tra mattina e se ra , 24-000 Italiani si erano trovati di front e a 48.000 Austriaci; nel pomeriggio la lotta si svolse fra 30.000 A u st~iaci e 15 .000 I_ta_li_a ni_; memrc altri 2 0.000 si trovavano in~rti a fX>Ct d1 stanz:1. Le 4 D1v1s10111 del TI Corpo non furon o nemmeno impegnate. M:i l'effetto della so rpresa, l'impressione prodotta dal disordine d ei c:i rregg-i, dalle ferite dei ge nerali Durando, Cerale e Princip<·


Amedeo, dalla disordinata nt1rata compiuta da qualche repar to, dal!' accanimento dimostrato dal nemico, fecero creJere la giornata perduta prima che lo fosse e, quando effettivamente fu perduta . fu creduta un di sastro. E , sotto questa impressione, non tenendo conto : n è dell e forze ancora a disposizione, nè delle condizioni del nemico dopo una g iornata di combattimento accanito (r), il La Marmora , nonostante che Sua Maestà il Re ed altri genera.li si fossero pronunciati per una immediata ripresa controffensiva, nella notte dal 25 al 26 giugno, ordinò la ritirata su Cremona e Piacenza.

Le operazioni del IV Corpo d' Armata italiano. Il generale Cialdini, che aveva disposto di passare guel la notte stessa il Po, avendo ricevuti telegrammi dal La Marmora an nuncianti lo stato deplorevole dell' Armata, incapace di agire per qu:1 k hc tempo, ed il compiuto passaggio '.·ulla. destra del Mincio non disturbato dagli Austriaci, che avrebbero potuto volgersi verso il Po . giu dicando pericoloso il movimento g ià preordinato per il ri sch io d1 essere attaccato durante la crisi del passaggio del fiume e di rima nere poi isolato, ordinò il concentramento del IV Corpo su Bolog n:1. per essere più vicino al grosso dell 'esercito. Nella giornata del 27 il movimen to di ritirata Jell'Arm:ita del Mincio fu arrestato sulla linea dell'Oglio ed il 29, in un coJloquio a Parma, fu concretato un nuovo piano offensivo, presente a nche ii Cialdini, secondo il quale questi sarebbe ritornato sul Po ad invrstire Borgoforte e a ritentare il passaggio del fiume ; mentre il I .a Marmara, appoggiato all'Oglio, avrebbe trattenuto contro di sè il nemico per muovere poi, quando il Po fosse stato passato, e congiungersi con l'Armata del Cialdini. Ma, quando queste operazioni cominciavano ad avere 1111z 10, giunse al Comando italiano un telegramma, col quale Napoleo ne fl I annunciava che l'Austria, per suo mezzo, cedeva il Veneto. ( 1) A noi, oltre il IV Corpo <l'Armata, calcolato almeno eguale all'es<.:n:ito nemico, rimaneva no impiegabili subito circa 6o.ooo uom ini , memre a ltri 2 5 .000 erano in via di riordinan~ento o poco <lista nti dal grosso. La ri serva d'Arti glieria era ancora dimenticata ;1 Piadena, a non più <li una giorna ta di marcia 1 Nella giornata del 24 gli Austriaci ebbero : 5154 mo_rti e feriti e 2800 prigionieri. N oi: 3281 tra morti e feriti e 4100 prigio nieri .


L'ArciJuca Alberto, ch iamato alla salvezza dell'Impero minacciato dalle vittorie prussiane, lasciato un sol Corpo d 'Arma~a in Italia, ~; affrettava ad accorrere con tutte le altre forze sul Danubio e, quando l"esercito italiano, il giorno 8 luglio, passò il Po, gli Austriaci u ·ano già in movimento verso la loro Capitale. A Il \:sercito italiano sfuggiva così l'onore della ri vincita.

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- =='=' ITALIJ'iN m!n ----- - AUSTl.'IA L!' opera:uoni itali,111,· d opo Cwtoza.

Dopo b proposta di Napoleone, a l Comando italiano vi fu un momento di dubbio circa il proseguimento delle operazioni ; ma il giorno 12 il Ricasoli, Presidente J ei Ministri, insistette telegraficamente per la ripresa energica della guerra. L 'esercito fu organizzato su due Armate : una di osser vazione CO$lituita da due Corpi d' Armata (II e IIl), di tre Divisioni di Fantcri:i e Ji una Divisione di Cavalleria ciascu no, al co m ando <lei Re, con a capo di Stato Maggiore il La Marmara, con lo scopo di completare l'occupa7.io ne del Veneto e d i cu stodire .le retrovie dell'Arma ta di ~pediz io nc.


5 6~.) Questa, cos.tituita da 4 Corpi d' Armata (I, IV, V, V I) di 3 Divisioni d i Fanteria e di 1 brigata di Cavalleria ciascuno, e da un Corpo (VII) di 2 Divisioni di Fanteria e di 2 brigate di Cavalleria (forza complessiva: 150.000 uomini ), fu m essa agli o rdi ni del Cialdin i, col compito di (( marciare a grandi giorna te verso l'Isonzo , cacc iarne g li Austriaci, appoggiarsi a Trieste e, se il caso lo avesse richi n to, passare le Alpi e marciare su Vienna » (1). Il giorno 19, giunto a Padova, il Cia ldini invia va in val Sug;1na la Divisione Medici del VI Corpo, per compier vi , d'accordo con le azioni svolte da Garibaldi in val Chiese, o perazio ni tendenti all :1 conquista del Trentino e spingeva verso il Friuli tutto il V Coq x1 (Cadorna), che faceva subito seguire dal grosso dell 'Arm :1t:1. Ma, giunto ad Udine il 26 luglio, il Cialdini app rese la nuO\·., della tregua d'armi conclusa, la ser a del 24, dal Governo ita li ano col Comando austriaco. La .tregua, della durata di otto g io rni , co m inciava la m attina del 25 ed obbligava tutte le truppe ad arrestar~i ~11i punti estremi raggiunti dalle teste di colonna nella loro :i van ,.;11.1, i11 attesa dell'esito delle trattati ve per l'armistizio. Questa decisione era stata presa dal Governo italiano i11 s<:g 11i1n alla notizia della tregua conclusa dalla Prussia con l" Au stri .1 ~c n, ., darne preventiva comunicazione all'Italia, ad essa lc.:g;11;1 rnn lln trattato di alleanza. A dimostrare an cora m eglio la sua 11o liti l .1 spregiudicata, il Bismarck, che aveva conseguito orm ai tut t i g li ,rnpi d1 guerra della Prussia, condudeva a Nikolsburg, il 2(J lugli11. un a rmistizio con l'Austri a, che garantiva a questa l'integrit;Ì lèl ri 1ori. dc, eccettuata la Venezia, e ciò senza la partecipazione cd il co11 ~cn~o dell'Italia, dichiarando, all'atto della firma, che il consenso d t.:ll' lt.1lia non pateva essere negato, giacchè si verificava la co ndi ,.ionc !Ìs s.ata dall'art. 4 del trattato dell ' 8 aprile: cioè l' Italia acq u i~l;1v:1 il Veneto.

Le operazioni dei volontari. Garibaldi, con i suoi voìontari, p artit o il ::w giugno da Brescia per Salò, il 24 occupava il ponte sul Caffaro e b pmizio11c di mo nte Suello. ( 1) UFF1c10 STOK1co DEL CcRPo DI STATO :\-IA,,cwKt;: . " Co,nplctJmcnto al!. Storia della c:1mpag113 Jel 1866 in Italia n.


Riccrnta il 24 la notizia della sconfitta di Custoza e l'avviso della ritirat:1 dell 'esercito su Cremona e Piacenza, Garibaldi radunò le proprie truppe fra Lonato e Tesenta. Il giorno 30, ricevuti altri tre :-eggimenti di volontari, lasciò c1uesti a proteggere le comunicazioni e col grosso ritornò sulle posizioni del Caffaro, per riprendere Je operazioni interrotte. Contemporaneamente inviò 4 battaglioni in val ( 'amon ica per occupare il passo del Tonale. 11 Kuhn clic fronteggiava i nostri volontari, reso sicuro, per la \·ittoria di Cmioza, alle proprie spalle, il 2 luglio mosse alla controffcmi va su Rocca d'Anfo ed in val Camonica. Il 3 si combattè a munte Suello con la vittoria dei volontari ; il 4 a Vezza d'Oglio, dove t1u csli .furono respinti su Tcdolo. li succe~so di mo nte Suello e<l il mancato aggiramento per la val C:1monica da pan e degli Austriaci do po il successo di Vezza, nonchè L1rr irn di :1ltri volo ntari , spinsero Garibaldi a riprendere l'offensiva. 1)op:i :1kunc fazioni a Lodronc, alla sera del 13 Garibaldi giunse a Sturu con r8.ooo volontari cd occupò Condino sul Chiese ed A.mpola :,1 \':il di Lcdro. li giorno 16 gli Austriaci attaccarono" Condino. Il ,:omhattimcntu ebbe esito incerto; ma gli Imperiali si ritirarono ed i <]anhalcirn1 nou.:uparono k loro posizioni cd iniziarono l'investime nto del forte c.l"Arnpob, che il giorno 19 cadde in loro patere. Preoccupato dall 'avanzata della Divisione Medici per la val Suga11:1. il huh11 decise di risolvere la partita con i Garibaldini e<l il giorno ~1 mo~sc:: su Jue colonne, una <li 6.000 uomini e l'altra di 4.500. coniro le loro posizioni. Le truppe garibaldine di Bezzecca cedettero; ma tennero fermo q uelle di Concl ino. Allora Garibaldi , spostate le proprie riserve in \·al di Ledro. ingaggiò intorno all'abitato cli Bezzecca un aspro coml?tt_imcnto durato tulla la giornata e che finì con la riconquista del! abitato stesso. obbligando gli Austriaci a ritirarsi per la val Concei. La Divi sione Medici, intanto, respinti gli Imperiali a Primolano, }'_roce<_k va su Borgo e Lcvico, dove, battute le truppe austriac he in,·1atev1 da Verona, pn.:ndeva posizione. Il 24 occupava Pergine, sgomhrat:i dagli Austriaci . La Divisione Cosenz, inviala di rincalzo, nello stesso o-iorno 0 ~iungeva :i. Borgo ed i volonta ri a Riva. Su quc::ste posizion i i reparti di Garibaldi venivano sorpresi dalla tregua del 24 luglio. Per la guerra del 1866 venne concessa la medao-lia d 'oro alb 0 bandiera del 25° reggimento Fanteria cd ai seg uenti militari: Um-


Il combattimento di Primolano



berto di Savoia, Amedeo Ferdinando Maria di Savoia , Onorato Rev <li Villarey, Federico Manassero di Castigl ione, Raffaele Pasi, A~tonio Ferrari, Annibale Boni, Vincenzo Statella, Gi use ppe Trombone de Mier, Roberto Lavczzeri, Giuseppe Cotti, Malachia Ma rchesi De Taddei, Gaetano Fuggetta, Giacinto Bruzzesi, Angelo Bottino. Pietro Pedrazzini, Agostino Lombardi, Giovanni C hiassi. Menotti Garihaldi, Stefano Canzio, Giacomo Medici, Federico N edral, Pietro Brunetta D'Usseaux, Carlo Emanuele Belli, Luigi i'vLisi.

Dopo il 1866 la Fanteria italiana migliorò sensibilm ent e il proprio armamento. La guerra austro - prussiana aveva messo in evidenza la superiorità del fucile ad ago su quello aJ ava ncarica in uso nell'esercito francese: di conseguenza tutte le nazioni d'Europa si affretta ro no ~1 dotare le rispettive Fanterie di armi a retrocarica. L'Italia affidò alla fabbrica d 'armi di Torino il compito di studiare la trasformazione a retrocarica d el fucile ,, modello 1860 "· Il fucile che risultò da tali studi, comunemente chiamato ,, { :arcano ", venne definitivamente adottato nell'agosto del J 867. Esso della vecchia arma conservò la canna, la baionetta a g hiera ed :1 lam:1 triangolare e la cassa: ebbe soltanto mod ificato l'alzo e la culatta, che fu aperta e munit:1 di un otturatore. L 'accensione della carica, di grammi 4 e mezzo di polvere nera, era prodotta da un grosso e lungo spillo, che teneva luogo clclL1 ttuale percussore, il quale, penetrando nella cartuccia ad involucro di carta, ne infiammava l'innesco. L'estrattore, invece di essere applicato, come ora, all'otturatore, consisteva in un'asticciuola di fe rro cilindrica, lunga 15 centimetri, destinata a togliere i residui cli ca rta dalla camera della culatta: essa fu prima portata appes;1 con una c1tcnella d'ottone ad un bottone del cappotto e poi, con una picc,, la striscia di cuoio, al fianco destro della g iberna. Tenuto conto della maggiore celerità di tiro, conseguita cnl nuovo fucile, la dotazione di cartucce venne fissata a 60 in pace e ad 80 in guerra per ogni armato di fucile.


Xl.

LA CAMPAGNA

DEL 1870

Il tentativo garibaldino del 1867. F:illito ad A~promonte (1) il tc.:ntativo del 1862, Giuseppe Garik ildi non a veva ahb:rndonato l'idea della liberazione di Roma, per d:.m:. finalmente, all ' Italia la Capitale auspicata dal Cavour fin dal 1'.)b1 ed, appena finita la guerra del 1866, inviava ai suoi fedeli le i~tru zio11i per l'org:..111izzazione di una nuova impresa. A questa do,·n·:.1110 concorrere circa 7000 volontari, che si dovevano riunire a P:1s~o Corcse. Q ua11do i prcp.11 ,1i ivi per b spc<lizionr furono ultimati, Garibaldi . partito improvvisamente da Caprera, approdò in Sardegna e, sbarcato a Livorno, giunse il 19 ottobre r867 a Firenze per raggiungere il campo garibaldino. Int anto, il 22 ottobre. 75 giovani, g uidati da Giovanni ed Enrico Cairoli, :1vanzavano su Roma allo scopo di promuovervi una già prepara ta insurrezione. Ma b polizia pontificia, scoperta la cospirazione nella città, ne arrestava i Capi e faceva fallire la rivolta. Ignari del fallimento dcll"impresa, i Cairoli si accamparono sull'altura di Villa Glori, presso ponte Molle, attendendo il segnale dell'insurrezione: ma all'alba le loro vedette videro avanzarsi due compagnie di Ponti fict che veni vano per catturarli. La mischia fu breve e violenta. Contrattaccati con impeto, i Pontifid ripiegarono, m a i Garibaldini fu rono decimati cd i pochi superstiti fecero ritorno :1 P:isso Corese. Nel combattimento Enrico Cairoli fu ucciso e Giovanni gravemente ferito. Entro Roma si mani(estò llualchc.: sintomo di rivolta; i patrioti ( 1) Per ,111antu 1iguarda ii tentativo ga ribald ino del 1802 s1 consulti il JX , oluinc òi quest'1Jpera.


Monti e Tognetti prepararono un attentato alla caserma Serristori. dove erano alloggiate le truppe francesi della Legione.: d ' Antibo; ma, scoperto il tentativo, furono arrestati e consegnati al carnefice. Il 25 ottobre, nel lanificio Aiani in Trastevere, alcuni cospir;.itori , sorpresi dalla polizia, resistettero coraggiosamente, ,mimati dall'esempio di Giuditta Tavani Arqua ti ; ma, sopraffatti, furono uccisi insieme all 'eroica compagna.

Il combattimento di Mentana. All'annuncio dell'eccidio dei Cairoli, Garibaldi passò il conlìnc: attaccò e prese Monterotondo, difeso dai legionari francesi; mentre altre colonne di volontari occupavano Viterbo, Frosinone e Velletri. Quindi Garibaldi avanzò su Roma, giungendo il 29 a Castel Giubileo; ma, reputando impossibile entrare nell'Urbe per la mancata insurrezione e saputo che il 30 un Corpo francese era giunto a Civitavecchia, a sostegno del Pontefice, ripiegò su Monterotondo ed. in attes.a di circostanze: più propizie:, decise di marciare su Tivoli . Il movimento su Tivoli, in cerca di una posizione più forte, im pressionò i Garibaldini, fra i quali rinacquero le discussioni e le discordi tendenze di partito, tanto che 2000 di essi abbandonarono la spedizione. Il 3 novembre, durante il movimento su Tivoli, la colonna g:1ribaJdina fu sorpresa a Mentana <la una colonna di circa 3000 Pontifid. I Garibaldini si difesero strenuamente; ma, sopraggiunti i battaglioni del Corpo di spedizione francese, furo no sopraffatti ed alla sera ripiegarono su Passo Corese. Il 15 novembre tutti i volontari ripassarono il confine, cedendo le armi alle truppe italiane ed i Francesi rimasero a Roma. Garibaldi, arrestato, venne · condotto al Varìgnano e quindi a Caprera. L 'episodio di Mentana fece dimenticare i vincoli form~1ti ~i fr:1 gli Italiani ed i Francesi sui campi di battaglia della Lomb:irdi:i, cd ii ricordo del combattimento, reso an cora più doloroso dalla inutilt e spavalda frase del De Failly, comandante la spediz ione fran cese, sulle meraviglie fatte a Mentana dagli Chassepots, contribuì a rendere poi impossibile un'alleanza franco - italiana, durante la guerra franco . germanica del 1870.


57° Il rammarico di tutti gli Italiani per Mentana avrebbe potuto ,·cnire efficacemente attenuato, se Napoleone III avesse persistito nel suo proposito di richiam:.ire immediatamente le sue truppe in Francia. Ma i suoi co nsiglieri, compreso il Maresciallo Nid, Ministro della Guerra, si dichia rarono contrari a ciucsto progetto (1).

Le trattative con la Francia. Da q uel mo m ento in poi - scrisse il C biala - la politica francese ri~pctto all' Ita lia non fu più che una serie di errori, di cui seppero ,1pprofittare coloro che avevano interesse a determina re la di!CorJia fra i due Paesi. Trascorsi parecchi mesi dai fatti di Mentana e riuscito vano il lii segno della riunione di. una confere nza europea per risolvere il problema di Roma , il Re Vittorio Emanuele si rivolse all'Imperatore N:1poleonc per chiedere la sua attenzione sulla conve nienza, per i due Paesi. di ric hi amare i reparti francesi dall' Ital ia. I .e truppe francesi avevano lasciato Rom a sin dal dicembre 1867; 111:i occup..1va110 .incora Civitavecchia, contrari.::imen.te alla dicbiar:1-z ionc del Go,-erno imperiale, che aveva promesso di farle richiamare Lb ll' It-alia 110 11 appena il territorio pontificio fosse stato liberato dalle bande armate e la tranquillità vi fos~c turnata. L 'Im peratore non respi nse la do manda del Re Vittorio Emanuck; m a, siccom e era preoccupato per gli sforz i fat ti dall.a Prussia per distaccare l'Italia dalla Francia, comprendendo la possibilità di una g uerra con la Prussia, volle collegare il richiamo delle sue truppe con la stipulaz ione di un trattato di a lleanza offensiva e difensiva. L'Austria, sconfitta dalla Prussia, già da tempo invitata a stipulare un .trattato della stessa na tura, aveva subordinato la sua adesione alla partecipazione dell ' Italia ;1ll ' :11leanza e quindi a Napoleone III premeva Ji assicurar si l'adesione italiana. Durante tutto il 1868 e parte del 1869 Re Vittorio E manuele trattò personalmente con l'Imperatore e con l' Austria la questione del( 1 ~ Q m:stu 1~011 impe<lì ~ -hc il ~a~1za, assumendo il 9 dicembre la presidenza della Camera , dicesse fra g li un:11111111 applausi eh.e « Roma, per la necessilà <lelle cose e per la ragione dei rnnpi, <luvrà essere Capilale <l'Italia » e che il Sdla presentasse un ordine del giorno che così suonava: <, La Camera, ferma nel proposito di ~erbare inviolato il prog ramma nazionale con Roma Capitale d ' Italia. pa ss.1 :illa discussione delle interpellanze " ·


l'alleanza e, nel giugno 1869, mandò a Parigi il generale Menabrea, allora Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri, e pose come condiz ione per l'alleanza jJ richiamo del le truppe francesi da Civitavecchia e la facoltà , per il Gove rno italiano, di ocrnpa rc il territorio pontificio, tranne Ro ma cd i dintorni ed, in certe e,·e ntualit;1, anche Roma stessa. Ma le buone disposizioni dell ' Imperatore Napoleo ne Ili d< m:ttero cedere dinanzi all' influenza dell'imperatrice cd :1ll"opposizio11-· Jel Ministro degli Este ri (Lavallette). L'alkanza Llu indi no n si cc ncluse, non avendo la Francia accettato le condizioni propo~tc per Roma (1). Nel luglio del 1870 scoppiava la .~uerra tra la Franci:1 l' la Cn mania e, pur mostrandosi sempre intfansigente sulla nccc~~it:'1 di Lt sciare Roma al Pontefice, il Go,-crno francese cere<'> di ripr cndn ç I · t!attative con l"ltalia, dichiarandosi pronto a richiamare i11 p.11ri:1 il piccolo Corpo di occupazione (5.000 uomini) da Civitavccd1i,1. L'Italia, cui anzitutto premeva lo sgombro delle truppe lt.1lll t , i. aderì ; cd il Governo imperi:1k ordi nò che il Corpo d'ou·111 1,11i.,1H· sgombrasse il territorio pontificio :1 partire <.Lii 5 agmto. li Re, intanto, avrebhe voluto portare il 5llu aiuto all:t 1·1.111< 1.1 . ma il Governo france se e J'l mpera tor c rifi utavano di fare qu .il 11 nq I I\ nuova con cessione per Roma. Jntcrpcll ati i ministri. il Hl' do, 1 11 1· convi ncersi che, ormai, l'unico pcn~1ero del Go \'erno cr:1 l j ttl·llo tl 1 rrofittare dcl l'occ:isione fa vore\'olc per ri vendicare :dl'lt :ili.1 l.1 .. ,1.1 Capitale.

Richiamate sotto le armi quattro classi, l'esercito co rnrr H i<'> .1d avvicinarsi alla frontiera pontificia, per impedirne il p:1~s:1ggio .1 bande di volontari e per assicurarsi l' iniz iativa delle future opc1:11.io111. li 29 :1gosLO un Memorandum dei Go,·erno italiano .,v,Trti k Potenze estere della necessità di una soluzione immcdrat:1 dcli.i l jll l' stione di Roma e tale comunicazione no n sollevò protc~tc. Il 2 settembre l'esercito france e era battuto a Sédan n l il 1 r.1dev:1 il Governo im1xriale. ( 1) Raccu nla il Rothan d11.: il ~!en:1 hre:i, ndl':i.:cumiatarsi J:J ll'lmpc.:r:1101t·. )!li disse: « Puisse Votrc tvlajcstè ne pas rcgn.:tter un jour Ics 400 mille baion, 11 ,·,, lj Ue j'étais venu mettre :, sa di sposi1ion " · ( l{c>Tt·IA:S: ,, La pnlitiquc fran çatst' en 186<) »).


572

Le operazioni del 1870. L'8 settembre giungeva a Roma il Conte Ponza di San Martino, latore di una lettera del Re per Pio IX, lettera nella quale « con affc:lto di figlio", il Re pregava il Pontefice di rinunciare al potere tcmpo r:ik; ma Pio IX rispose che non avrebbe ceduto che alla violenza. L ' 11 settembre le truppe italiane passavano il confine. Le forze italiane per la liberazione di Roma erano così costituite: lii Corpo d'Armata: sulla frontiera dell'Umbria , dal lago di Bolsena al mon te Velino, col Quartier Gen erale a Spoleto. Comandante : tenente generale Raffaele Cadorna. Capo di Stato Maggiore : tenente colonnel lo Primcrano. Comandante dell 'Artiglieria: maggior generale Corte. Comandante del Genio: colonnello Gambini. Comandante della Cavalleria: maggior generale D'Humilly dc Chcvilly. Comandante dei bersaglieri: tenente colonnello Pinelli.

Divisione (tenente generale Cosenz) a Rieti: brig:it:.i 1~1ista (19° e 35° reggimento F:rnteria): maggior gt''1t'-

1,,

r;i le Bott:.icco ;

brigata « Sicilia " (61 " e 62° reggimento Fanteria): maggior generale La111.avecchia di Duri; bersaglieri (battaglioni XXI e XXX IV); Artiglieria (3 batterie da 8); Ca\'alleria (2 squadroni di Lancieri di Milano). Divisione (maggior generale Mazè dc la Roche) a Terni: brigata « Bologna » (39° e 40° reggimento Fanteria): maggior genera le Angclini; brigat:i ,e Modena " (41° e 42° reggimento Fanteria): maggior generale C:uchidio ; bersaglieri (battaglioni XII e XXXV) ; Artiglieria (3 batterie da 8); Cavalleria (4 squadro ni di Lancieri d'Aosta). 12•

13• 1?ivisione (maggior generale Ferrere) ad Orvieto, poi a Narni: II Cuneo 1> (7" e 8" reooimento Fanteria)· magoior genehngata :.. ob · t> r:ìlc De Fornari : brigata << Abruzzi " (57° e 58° reggimento Fanteria): maggior generale Bessone:


573 bersaglieri (battaglioni XVI e XXXVI); Artiglieria (3 batterie da 8); Cavalleria (2 squadroni di Lancieri di Milano). Riser va (maggior generale Corte) a T erni : Artiglieria (3 batterie da 1 2 e parco); equipaggio da ponte; Genio (1 brigata di zappatori di 3 compagnie) ; bersaglieri (6 battaglioni); Cavalleria (reggimento Lancieri di Novara). Divisioni staccate. Divisione (tenente: generale Bixio) ad Orvieto: brigata « Granatieri di Lombardia > (3° e 4° reggim ent o ;-!Ltnatieri): maggior generale Cavalchini-Garofoli; brigata « Reggio>> (45° e 46° reggimento Fanteri a): 111;1gg1or generale De V cechi; bersaglieri (battaglioni XX, XXIX e XXXIII) ; Artiglieria (4 batterie da 8); Genio (r compag nia); Cavalleria (reggimento Cavalleggieri e.li Lodi). 2a

1

9" Divisione (tenente generale Angioletti) sulla str;1d:1 da N;1p1d 1 a Roma, per San Germano:

brigata (( Savona » (15° e 16° reggimento Fanteria): 1n:1gg1, ,1 generale Dc Sauget; brigata ((Pavia>> (27" e 28° reggimento Fanteria): cnln11 1wllo brigadiere Migliara; bersaglieri (battaglioni XXV e XLIV) ; Artiglieria (3 batterie da 8); Genio (1 compagnia) ; Cavalleria (reggimento (< Savoia >>). In totale: circa 50.000 uom1m, con 7.530 quadruped i e c:mnon1.

11 . 1

Le milizie po11tificie avevano, nel 1870, le forze sollo indic:1tc. Fanteria: 1 reggimento Fanteria di linea (.2 battaglioni di 7 compagnie e ri I compagnia di deposito): circa 1.700 uomini;


574 b:llt:iglione di cacciatori (8 compagnie ed r compagnia di deposito): circa 1 .200 uomini; 1 reggimento di zuavi (stranieri, 4 battaglioni di 6 compagnie e 4 compagnie di deposi to) : circa 3.040 uomini; 1 rcggimt'.llto di carabinieri (stranieri, 2 battaglioni di 6 compagnie e 2 compagnie Ji deposito): circa 1.200 uomini; legione d"Antibo (stranieri, 2 battaglioni), ridotta a etrca 1

l. 100 ll011lll1!.

C;1,·:1lkria: 1 reggimento di dragoni (4 squadroni e 1 st1uadrone di deposito): circa 567 uomini. J\rti~lieria: 1 reggirnemo (2 batterie montate, 3 a pieòi, 1 da mont.1g na t: .! di deposi to): 40 cannoni; circa r.ooo uo mini. Gt:nio: t co mpagnia zappatori: circa 150 uomini . Treno: r c.:o rnp.1g nia del treno di C(!ui paggi; roo uomin i. Gcnd,trmeria: 1 legione; circa 2 .000 uomini. Stiuadriglieri (au sili ari ddla gendarmeria): I.000 uom1n1. Corpi scdentarì: 1 b:itta~lione; fi40 uom ini . P:,htini c vulonlari pontifici: circa 1.500 uomini. ,\ met:1 settembre l'esercito pontificio aveva la forza di 14.000 uomini. di .. ui -: ir..:.1 11 .ooo comh:ittenti, e 5.500 stranieri. Il nerbo delle milizie pontificie era raccolto in Roma. Le :i!tre 1-rincipali ci ttà e la stessa Civitavecchia erano presidiate da poche truppe :\ lb guardia dei confini staY:rno gendarmi e doga nieri. li GoYerno pontifìc.:io era risoluto ad opporsi con le armi ai moti intern i eJ alle irwasioni di volontari :?rmati. Per il caso che i reparti n:gol:m italiani ayessero passato il confine, era stata decisa la raccolta dei pre~iJì delle Provincie su Roma e su Civitavecch ia .

Circa la bre\'e campagna del 1870 e la liberazione di Roma, lo Zanoli, neii"opna gi:'i più volte citata, ricorda gl i interessanti parli · (()lari clic. 3 wmplc1:1rc Ja nostra esposizione, reputiamo utile riassumere. fl nostro Corpo d'Armata aveva il pacifico nome di cc Corpo di osscrv:1zionc n ed il suo compito ufficiale era quello d ' impedire che tJuak he reparto di volontari violasse il confine ed invadesse lo Stato f'ontificiu; ma appariva chiaro che le medesime truppe, ad un ordine preci~o_, ;n'. rebbno potuto trasform ;:irsi in un Corpo di occupazione, suddm5<> m tre colonne di attacco.


575 settembre, alle ore 17, il Bixio con la sua Divisione passò il confin e e si diresse verso Montefiascone, che domina la pianura sottostante. Giunta sotto le mura dell'abitato sul far della no tte, !a Divisione accampò ai lati della strada e ricevette dal generale Cadorna le disposizioni circa il contegno da tenere.

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La Divi sione doveva occupar e Civitavecchia , <( verso l:i qu:,k marcerà, lasciando la cura d i occupa re Viterbo alle truppe del generale Cadorna. Il generale Bixio tenterà, inoltre, di intercella rc le comu nicazioni tra V iterbo e Roma '). Le istruzio ni ge nerali per llltti i Corpi erano le seguent i : « Trattare com e prigioniere le truppe straniere; ma assicurare loro il ritorno in Patria. G iunti sotto le mura di Rom:.i , arrestarsi e


non far alcun atto di ostilità contro di essa. Solo nel caso che i Pontifìd prendessero l'iniziativa <l°i un attacco, ri spondere con la forza. Rispettare in ogni caso e non occupare la città Leonin_a ~'· . . Mentre il Bixio levava le tende e puntava su C1v1tavecch1a, 11 generale Ferrero marciava su Viterbo per ricongiungersi più tardi al ,.,rosso ' che aveva l)er obiettivo Civitacastellana. Riunite in c1uesta ~ località tutte le truppe, si doveva muovere con rapidità all'assedio di Roma. A Civitacastellana, però, i Pontifici tentarono una prima resistenza ed accolsero l'avanguardia italiana a colpi di fucile; mentre dal forte della piccola città qualche pezzo d ' Artiglier ia faceva fuoco sug li assalitori. I nostri schierarono sulla strada due batterie ed ind ussero ben presto i Pontifid ad alzare la bandiera bianca. 11 generale Cadorna entrò in Civitacastellana e vi rimase con le r~uppe, finchè, il giorno 13, il Ministro gli telegrafò di spingersi a marce fo rza te su Roma. Il Cac.lorna diede allora le necessarie dispo~izioni e partì, preceduto eia 6 squadro ni di Cavalleria che dovevano riconoscere il terreno ; ma che, fin sulle alture di Mo nte Ma rio, non incontrarono alcun soldato pontificio. D opo una lunga e celere marcia , al mattino Jcl 14, il Corpo di spedizione si accampa va aJ otto r hilo1rn.:tr i da Roma. Intanto, all'alba del 15, il Bixio, abbandonato Corneto dopo una breve ~osta, schierava la sua Divisione sotto le mura di Civitavecchia n l intimava b resa alla guarnigione. Malgrado l'estensione delle opere fortificate da assalire e le accidentalità del terreno, che rende, ano difficile il movimen to delle artiglierie, alle ore IO Civitavecchia era già circondata completamente, poichè la Squadra navale italiana, al comando dell'ammiraglio del Carretto, sbarrava le comunicazioni della città anche dal mare. V erso le ore 11 il capitano Orero, preceliuto dalla bandiera bianca, consegnò l'intimazione di resa agl i as· scdiati, ai quali si accord avano dodici ore di tempo per r ispondere, prima di iniziare il bom bardamento della città. Verso le ore 20 una commissione di cittadini chiedeva al Bixio che fossero ev(tati il m,1ssacro degli incrm.i e gli orrori del bombarda mcnt~; ma 11 ~ene ral~ no n volle nulla promett~re _e la P?polazionc s1 ;~duna_ sotto I allc'.gg10 del comandante pont1fic10, chiedendo la cap1tolaz1one. In fatti due parlamentari comunicarono al Bixio la resa dell a città. Al m attino del giorno 16, salutata dalle salve d'uso, la corazzata ita liana Terribile entrava nel porto e vi gettava le ancore ed alle ore


577 10 il Bixio, alla testa delle sue truppe, entrava nella città imbandierata, fra gli applausi degli abitanti. Il giorno 16 il Cadorna, fatto g ittare un ponte, faceva inizi;1 re il passaggio del Tevere alla Divisione Ferrere. Il Bi xio, intanto, r:igg iungeva Palo, vi pernottava e prosegui va all'alba per raggiungere: ;1 Rio Galera, dove, già in vista di Roma, dovette attendere gli ordi ni del Cadorna. Tali ordini, imparzialmente attesi, finalmente g iun sero t per essi, mentre, il giorno 20, il generale Cadorna avrebbe proceduto all'attacco di Roma, il Bixio doveva compiere uPa diversione fra porta San Pancrazio e po!"ta Portese. All'alba del 20 settembre anche lt Divi sioni Ferrero e Angioletti dovevano svolgere attacchi dimostrativi : la prima fra porta San Lorenzo e porta Maggiore; ia seconda tra porta Latina e porta San Giovanni. L'attacco decisivo era affidato y alle Divisioni C'.,osenz e Mazè che, raggiunta Roma rispettivamente per la via Salaria e per la via Nomen tana, avrebberc contemporaneamente attaccato le mura fra porta Pia e porta Salaria. o/-fé,,_._~ a ' . t ; > ' o ~ Alle ore 5,15 i cannoni delle {,,,,-,?/ -=----- / D ivisioni Ferrero ed Angioletti iniziavano il tiro contro gli obiettivi loro assegnati. Poco dopo 12 pezzi aprivano il fuoco contro le mura fra porta Pia e porta Salaria, dove venne aperta una brecc ia, per la quale le nostre truppe poterono entrare finalmente in ci tt~ . Mentre si svolgeva l'attacco del genera le Cadorna, il Bixio muoveva a sua volta verso villa Pamphili ed, alle ore 6, la su:1 Di visione, ordinata in tre colonne, giungeva sulle posizioni prestahilite . Vil i:, Pamphili ed il convento d i San Pancrazio, rimasti indifesi, vennero facilmente occupati. Quindi il Bixio free battere con le artigli<: rie i ripari nemici lungo le mura: ma la porta San Pancra,.io era rinforzata con terrapieni e l'azione de: cannoni riu sciva poco efficace : sia Fer la solidità delle opere, sia per non colpire la ci tt~ Leonina.

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Il destino dell'Urbe era però ormai segnato e ben presto una bantiit:ra bianca, innalzata sul tetto di villa Patrizi, fece cessare il fuoco ed an nunziò 1a resa dei Pontifìd . Il generale.: Cadorna concesse alle truppe stra11iere l'onore delle ,irmi cd il Governo it:iliano si assunse l'impegno di farle rimpatriare. La breve resistenza di porta Pi a aveva voluto le sue vitti me cd era costata al nostro esercito un centinaio di feriti, la morte di 20 soldati e t1uell:r del maggiore Pagliari, comandante il XXXIV. battag: ione bersaglieri. Il 21 s<:ttcmbrc Pio IX abbandonava anche la città Lconi11a, afhnchè le 11ostre truppe potessero ristabilirvi l'ordi ne. Co~ì si compiv:i l' undìcazionc d ' Italia con Roma Capitale cd i <;11ve rni delle Potenze straniere, delle quali temevasi l'intervento, :,ccc ll aruno il fatto compiuto. li 2 ottobre 1870 le popolazioni del Lazio J ichiararono, in un ~ole nnc plebiscito, il loro desiderio di unirsi al Regno di Vittorio l ·. m.111 :ck , ed il Re, ricevendo l'n ottobre a Palazzo Pitti la Jcpu1:t1.in11c romana, presieduta dal Duca di Sermoneta, promi~c « di .,~~it urare la libertà della Chiesa e l'indipendenza del Sovr:ino PontdÌ ..:c ., : pro m es~a ci1c fu man ten u ta 1.011 l.i legge. delle Guaffnl :gie (q maggio 1871) (1). ·ci pri mi giorni del lugl io del 1871 la Capitale del Regno venne tra,fc n t.1 :1 Roma.

L'esercito ital iano dopo il 1870. Ncll"anno 1871 fu modificata l'uniforme degli uffici .ili. Sopprc~~u il chepy, ven ne adoltato come copricapo un berretto di panno nero, di forma rigida, con la coccarda tricolore ed il numero del rcggi111cnto ~ormontato dalla corona reale. Però nel 1872 venne riprntm.110 11 cliepy, di forma ci lindrica, più bas~o, con nappine e guarnizioni d'argento e l'antica !unica di panno nero, con colletto Jiri110 e Calde lunghe sino quasi al ginocchio, venne sostituita da ( 1ì l',·, c .,;, \c1111c ro a,·wrda tc al Papa 1uttc lt: p rerogative e g li onori di So\'rJno ind: pc ndrnte. gli si laS<"ia rono i p:i la7.7.i dd Va 11c;1110 e del Laterano e l:i villa. di Cas_rcl C:111dolfo, esenti da og ni t:i ss:i; gli si asseg nò una dot:iziorw ,rnnua <l1 3 t111 l. :m1 c: 225.0<K> !ire, pa ri a quella che era inscritta nd bil:incio romano per provH:<lcrc al t1:iua1rn:-1110 del Sommo Poniclicc cd ai bi soo ni cc.:clc ,i:1~1ici ddb S:1111;1 Sede. b


579 una giubba corta, a due petti, di panno di colore bigio - azzurro, filettata di velluto nero. Anche la banda rossa dei pantaloni venne sostituita con una di panno nero.

_è,._ .____·_, U nifr.rmc della Fante, ia

11<1 1i,rn.i

nel 1880.

Il cappotto fu abolito e vcnne adottata Li 111a111cllin:1 per 11111 1. Il cinturone della sciabola, che prima si porta\·a sopra , 1·c nnc port ,11u sotto la tunica.

La divisa degli ufficiali venne nuoYamente modi tic: 11:1 nel 1 ~,t( la giubba, di foggia identica alla preceden te. ebbe il collctro, le 111a


580 1.opole::. le tasche cd i bordi filettati di rosso. Ai pantaloni fu rimessa la banda scarlatta. La sciabola , che aveva un'd sa fo rmata di un solo elemento, si portava appesa a due pendagli , uno dei quali, molto lungo, parti va dalla parte posteriore del cinturino e si attaccava alla seconda camp:rnd b . 1 ·c1 1888 venne adottata la sciabola con l'el sa di due elementi. !\:el 1895 scomparvero tutte le fi lettature dell a g iubba, al bave ro della quale furono applicate, per la Fanteria, fiamme a due punte di colore ~carlatto. · cl H)O T fu adottata una giubba da campagna e nel 1902 vennero appl icate al bavero le mostrine con i vecchi colori delle brigate.

Anche l'uniforme della truppa subì, in (1uesto periodo, numerose mod ifi cazioni. Nd 1872 le spalli ne di lana rossa, che la truppa portava nella grande un iforme sul cappotto, vennero sostituite da altre di panno, a for lll a Ji ~picchio fi lett.110 di rosso. Per tu tti i m ilitari in servizio attivo furono adottate le stellette. All'an tico chep y, alto e pesa nte, di forma tronco conica, venne ~ostituito un copricapo più basso, di fo rma cilindrica, con guarnizioni ~· :1rl:11tc, ~,d i:-, e numero del reggimento in metallo, coccarda e nappina con il nu mero della compag nia. Per l'armamento, nel 1872, il fucile model lo 1860, trasformato a retrocarica, fu sostituito con quello mo<lello 1870, chiamato « W etitrl y" dal nome dell'inventore, a caricamento successivo, con un ralihro di mm. 10,35, ca nna rigata con 4 righe ad elica, cartuccia co n bossolo metallico, alzo a quadrante graduato sino a 1000 metri. L'otturatore, a cilindro scorrevole e girevole, aveva il percussore d·acciaio spinto avanti da un a molla a spirale situata all'estremità postcrion: dell'otturatore stesso. Inoltre il fucile era muni to di una lunga sciabola ba ionetta. Nel 1887 il f ucilc Wctterl y fu trasformato, secondo il sistema pro posto da! capita no d'Artiglieria V itali: sotto la culatta mobile ~-enne applicata una scatola serbatoio, co ntenente quattro cartucce che, rntr~do tte aut? maticamente nella camera, erano espulse con il solo m_m·1111en to d1 apertura dell'otturatore, e l',ilzo fu graduato sino a 1boo met ri .


581 Il fucile così trasformato, venne chiamato « modello 70-87 » e gradatamente sostituito al Wetterly come arma principale della Fanteria. Nel 1890 fu adottata, per la confezione delle cartucce, b balistite, più potente dell'esplosivo usato prima e fu possibile graduare !"alzo fino a 1800 metri. Il fucile << modello 1891 •>, in sostituzione del Vetterl y-Yitali , finì di essere distribuito nel 1896 e le buffetterie di cuoio nero -1 st1 tuirono quelle bi;rnche sino :illora mate.


Xll.

IL VALORE DELLA FANTERIA NELLE GUERRE PER L'UNITÀ NAZIONALE Già nel tJt1in1.1 ucnn io trascorso tra la costituzione del Regno <l'Italia e la guerra del r866 per la liberazione Jel Veneto e che avrebbe dovt:lo rappresentare u n periodo di consolidamento per il nuovo organismo militare, non erano mancate occasioni per l'affermarsi della discipl ina e del valore delle n ostre truppe ; poichè, prima ancora che co n la caduta di Gaeta cessasse la guerra aperta contro i Borboni, incomi nciò, com e abbiamo g i~1 av uto occasione di ricordare, il brigantaggi(). t"he oppresse per un decrn nio le Pro,·incie dell'Italia meridionale. Al...1u,111iu Jttcnu~1 to ndl'ultimo pcrioclo, il brigantaggio du rò 1 irca dicci an ni e furono dieci anni d i durissima vita e di durissime prove per tutte le I ru pp::.- im piegate per la sua repressione, molte delle tJu,tli mn ica nmo la gratitudine dell a Patria (1). Nd 1860 111,n poche brigate delle nuove fecero parte, insieme alle pi ù antiche, <;ei Corpi d'A rmata IV e V nella guerra per unire all'Italia le Pro ·.-i ncic dello Stato Pontificio. Dei granatieri d i Lombardia il 3° reggimento partecipò ai fatti d'arme di Perugia. Spoleto e Mola di G aeta; il 4° all 'assedio di Ancona cd al combattimen to di Capua. La brigata " Savoia•• - che, nel 1860, in seguito alla cessione della Sarnia :dia Francia, avcq assunto il nome di brigata del Re prc~e p:1rtc. coi suoi due reggimenti, al combattimento di Capua. La brig,1ta 1< Regina " si coprì di gloria alla battaglia di Castelfìdardo cd ceco come una pubblicazione dell 'Ufficio Storico del nostro Stato Maggiore (:2) ne descrive l'impiego : ( 1) . Abb_iamo gi~ rirnrciato i regg imenti che p iù si distinsero nella loua cnntro 11 bng:i nt:ig-gw alla Jm c del capitolo 1V d i <1uesta parte del Yolumc. (2) Cfr. UH1c10 S T0R1co STA1\ > MAr.G10 11t E sERcrTo: « La battaglia d i Casteltid:mlo ., _


A quel punto g iun sero, correndo, sul monte d'Oro il l ed il Il battaglione del 10° fanteria, m andati a (lucila volta dal generale Vi llamarina; li seguivano i due rimanenti battaglioni dello stesso reggimento e la sezio ne della 2 ' batteria del 5" Artiglieria. L'angustia delle strade cam pestri e l'erta collinosa avevano alquanto ri tardato la marcia di questi p rimi soccorsi. " I bersaglieri avevano fatto testa al l".:tvversario, cinl[Ut: vol te maggiore, per più di un'ora, a prezzo di gravi perdite . Di cim1 uc compagnie bersagl ieri impegnate, tre avevano perduto i loro ca pitani . Per conseguenza l'arrivo dei battaglion i di Fanteria sarebbe suto p-ez10so. ,, Tosto che i due primi battaglioni del 10° Fanteria g iun sero sul ciglione del monte d'Oro, il generale Cialdini ordinò al tenente colonnello Bossolo, che li precedeva, d i f;ir b :ciarc gli zaini; indi cò !uro i due cascinali sottostanti, cad uri in _nn no Lici Pontifid cd ord inò di riconquistarli alla baionetta. Al colonnello Avenati , comandan te della brigata « Regi na'>, diè l'ordine di g uarni re con il 9° reggimento il poggio di S. Pellegrino, a guardia dei sottostanti p,1ssagg i sull 'A, pi(): ;:ii tre squadroni dei Lancieri di Novara di ;ipp:irecc hi:irsi ad oper3rc nd piano ; ad altri due pezzi dc.: ll . 1 2 " h.ittLi-i,1 dd ::i" t<.:~gim<.. nl" ,I, raggiungere la sezione già partita ed, infi ne, alla 4" batteria di c 1nnoni da 16 del1'8° reggimento di teneni prnnta ad aprire il fuoco. << Ai grido di Viva il Re, i Fant i del IO., reggimento si lanci:1 ro no giù dal ciglione verso la S. Casa di Sopra e si unirono :,d cs~i i bersaglieri del capita no Barbavara , punti dal desiderio di riacqui~t:trc i perduti cascinali. In <.1. uesta gara il g rande ardore dei nostri era :1 mala pena padroneggiato dai Capi . « Tiragliatori franco - belgi e carabinieri s\·izzeri, an nidati si prL'~ <o C3sa Corroini , opposero una prima resistenza. « Più accanita fu la lotta intorno alb S. Cas:i di Sopra: carabini eri .:: tiragliatori vi si erano aggrappati te nacemente; bers,1g li eri e F:1111i del 10" reggi mento accerchiarono la Casa : le fiammate alte e fumo ~e dei pagli::ii che s'incendiavano to~lievano la vista dei singoli epi ~od i. « Respinti, i nost ri ritornarono all'assalto. La lotta si svolgl'v:1 con alterna vicenda. Il terreno interposto tra la S. Casa c!i S011r,1, l:1 \·Ì:1 cam pestre di Casa Corroini ed il ciglione, era seminato di caduti dell'una e dell'altra parte : fra i nostri, i capitani Cugia di S. Orsola e Scorticati ed il tenente Volpini del I0° Fanteria ,,. Per l'eroico comportamento tenuto nella battaglia, alla band iera del 10" reggimento venne conferita la medaglia d'oro. <<


I reggimenti della brigata u Savona >i combatterono a Pesaro cd 3 C astelfidardo e parteciparono ag li assedi cli Ancona e di Gaeta. La brigata ,, Como ,, partecipò all 'occupazione di F ano, alla battaglia di Castcl.fidardo, all'assedio di Ancona ccl a quello di Gaeta, dove il 24°" reggimento meritò la medaglia d 'argento al valor militare. La stessa ricompen sa venne concessa, pc! fatto d'arme d i Gaeta, ai reggimenti del la brigata ,, Bergamo », 25• e 26° F anteria, i quali parteciparono ai fatti d'arme di Fano e di Sinigaglia, alla b attagli a di Castelfida rdo ed agli assedi' di Ancona e di G aeta. Della brigata ,, Pavia " il 27" reggimento partecipò, nel 1861 , all':issc<lio di Civitella del Tronto. I reggi menti 35·• e 36" della brigata « Pistoia )/ presero parte al1'~1s~edio di Ancona ed a quello della ci ttadella di Messina. Appunto a Mess ina entrambi ottennero la medaglia <li bronzo al valore. La brigata " Bologn a >> partecipò con molto onore a ll'assedio di Ancona cJ il 39" reggimento anche a c.1uello di Civitella del Tronto. Per il valore dimostrato all'attacco delle opere di monte Pelago e d i monte Pul ito, entrambi i reggimenti conseguirono un a ricomp t nsa al valore. Ecrn come il Tli.1vu Jc.: Rcvd <lescrissc i due combattimenti, nei quali la brigata ebbe il battesimo del fuoco. li 25 ottobre 1860 la brigata « Bologna » occupava la spianata del poggio dell"A ltav illa, avente a fronte l'erto e minaccioso monte Pd ago, fatto segno, per tutto il giorno, ai tiri dei cannoni del la nostra fìotta. La mattina seguente i Pontifici' concentrarono su Altavilla i fuochi delle: loro batterie e, circa alle ore 9, una colonna di 300 uomini , uscita dalla lunetta di monte Pelago, attaccò gli avamposti degli assedianti, costituiti da una compagnia del 39° e <la una del 40°. Le due compag nie, non soltanto arrestarono g li attaccanti; ma li co~trinscro a rientrare nel forte. Vedendo che i Pontifici ripiegaYa no, il generale Savoiroux, comandante la Divisione, dall'alto del pabzzo d'Altavilla, g ridò ai suoi uomi ni : « Bologna, avanti! » . F la brigata, al comando del generale Pinelli, si lanciò avanti di corsa, COllljUistò Pietra della Croce ed assaltò alla baionetta le posiz ioni di ll!ontc Pelago. li 39" reggimento riuscì a raggiungere la vetta, sulla qu ~le )'~!fiere,. sottotenente Enea Pasi, riuscì a piantare la bandiera. Qu111d1 il reggimento attaccò le posizioni di monte Pulito. Anche la brigata « Parma » partecipò alla campag na del 186o con la I J' D ivisio ne ed i due reggimenti 49° e 50° combatterono ali 'assedio di Ancona.


Per quanto si riferisce alla g uerra del 1866 per la liberazio ne del Ven eto, abbiamo già messo in rilievo la grande eterogeneità fra gli elementi dell'esercito italiano chiamato alla sua prima prova : eterogeneità che doveva influire in ispccial modo sulla compagine della F an teria di linea, della quale i soldati richiam ati alle armi avevano prestato, come è noto, il loro primo servizio in ese rciti diversi. L a guerra si svolse con rapidità fulminea e venne decisa i n una sola battaglia, a Custoza, dove, se le nostre perd ite ammo nrarono a 334 ufficiali cd a 7.048 uomini di truppa, quelle degli Austriaci non furono certo inferiori (325 ufficiali e 7.642 uo mini) è nella quale il Comando italiano comm ise l'imperdonabile errore di contrapporre a tutte le forze del nemico soltanto un'aliquota delle 20 Divisioni delle quali disponeva . Tuttavia la battagli a non fu certo disonorevole per la nostra Fanteria cli linea. D elle tre Divisioni del nostro I Cor po d'Armata (esse ndo star:1 L 2• lasciata ad occidente del Mincio), la 1 ", passato il fiume a Monza mbano, aveva compiuto, per un malinteso, un larg his~imo giro per andare ad occupare le posizioni assegnatele a nord di C1 s1c l11uorn, cd era stata sorpresa dalL1la destra nemica, ancora in marcia, 1nculonnata di fianco per quattro . P er un errore la 5' Divi sio ne cr:1 rirn .1 sta priva dell'avanguardia e ·si era trova ta improvvisamc n1 e \O ll<1 il luoco di forze superiori . La 3" Divi sione, diretta a So na, g iunl.l .i Staffalo, udendo il rumore del combattim ento a Vi llafranca (do\'c le teste di colonna del III Corpo erano state attaccate dalla Cavalle: i.1 austriaca e dove il 49° reggimento F anteria aveva difeso, nel quadrai,, del suo IV battaglione, il Principe Umberto), si era ferm a la, avcv:1 fatto fronte verso Villafranca ed era st:1ta sorpresa dal centrn ne m ico e colpita di rovescio dall' Artig lieria austriaca dalle alture cklla lk r ettara. Tutto il g rosso dell'esercito austriaco, nel primo tempo dcll :1 battaglia, si era accanito contro queste tre Divisio ni e con so ldati d i diverso animo, in ta.li condizioni, m olti reparti si sarebbero di ~pcr~i ; mentre i nostri resistettero. Della 1 " Divisione pagarono di persona anche i ge nerali : il ge nerale Cer ale, comandante la Divisione e il gene rale D ho vennero ft:riti; il generale Rcy di Villarey m o rì a lla testa della sua briga t:1 , g ri . dando: « Viva il Re! » . L e truppe, impegnate a ·spizzico, scn z:1 :1ccordo e senza possibilità <li schierarsi, si batterono valorosam ente e molti furono gli atti di eroismo, fra i quali gl i attacc hi conr ro O liasi,


586 effettuati d"iniziativa, prima dal capitano Gamberini, comandante il JI battaglione del 43" reggimento, e poi dal maggiore Aronne, comandante il IV h:ittaglione del 44"; nonchè il contrattacco del III battaglione dd 66" reggimento Fanteria (maggiore Reverberi), sc« Valtellina II sino alla Pernisa . ...,n uìto poi dalla bri!!ata ,, - La resistenza della 1" Divisione, validamente soccorsa dai 4 batuolioni in\'iati dal Pianell al comando del colonnello Pasi, continrn'i ::-, fino :1 l)Uando essa venne costretta a ritirarsi su Mo nzambano e su \\1 lcn-nio. sotto la l1rotezione del la rise rva del I Cor1x1 d 'Armata, fatta b() \chieran: dal Dur:rndo su monte Vento. La 5• Divisione, al comando del generale: Sirtori, sebbene sorprc~a. si sc hierù e resistette alla Pern isa per <-1ualchc te mpo, finchè il colonnello Gorin, coma11danre il 19° reggimento Fanteria, attaccanclolo d i sua inizi:1tiva, respinse il reggimento austriaco Bencdek. Poi Li Di\·isione, minacciata da forze prevalenti per Artiglieria e per posizioni, dovette r ipiegare. Ma, non appena riordinat:i, con un vivace :1ttacco riprendeva la Perni sa, 1-ì.nchè, rimasta col fi:i nco sin istro scopnto pn il ripiegamen.to della ( D ivisione, e poi anche per <.Jucllo dc1L1 ri ~erY;t ciel l Corpo, assalita di fronte e minacciata sul fianco, dofftte ritira r~i su Valeggio. F;.:u:ilc sorte ebbe b 3" Divisione, la ciuak, sebbene ass:ilita an' hc d., tergo, riuscì con ordinata manovra a cambiare fron te cd a :.,·h1cr:irs1, rcsp111gendo ripetuti attacchi nemici , tinchè non venne r;1fturz.1t.1 d:il il.j'' reggimento f,';111teri'a del1'8'' D ivisione', condotto d' i11izi:11i\·a ~u monte Torre dal colonnel lo Ferrari, che riuscì a ricaccian, il nemico da monte Torre e da mon te Croce. Ma, a malgrado dell'accanita resistenza, anche la 3' D ivisione, dopo a\·er subìto gravi perdite, dovette ripiegare su Valeggio. Il Principe Amedeo. che comandava la brigata (< Granatieri di Lo mbardia )), era ~talO fcrito. L 1 t/ D ivisione del 111 Corpo d'Armata, al comando del gener.1lc Giuseppe Covonl:, bcnchè sta nca, avendo già marciato per nove ore, rn11 l'impetuoso attacco della hrigata « Alpi )) ' ric:icciati gli ,\ ustriaci cl alle alture di Custoza, li respi ngeva verso Sommacampagn;i. Questa Divisione durante la battaglia si coprì di gloria per l'eroi)::110 delle sue brigate " Alpi n e " Pistoia » . Ma queste nioni slegate, anche se brillanti, non potevano mutare le sorti della battaglia cd, infatti, quando il Comando austriaco raccolse la massa delle sue truppe superstiti contro la Divisione del Covone, :inche questa, dopo aver resistito per ben tre ore alla gr:inde


superiorità numerica degli Austriaci, sfinita dalla stanchezza e dalla fame, dovette ritirarsi anch'essa su Valeggio, protetta dagli impetuosi contrattacchi del 52• reggimento Fanteria. Ecco come il generale Cappa, nella commemoraz ione del centenario della nascita del generale Giuseppe Govone, desc ri sse l'azio ne <lella 9• Divisione. « La mattina del 24, verso le 8, la Divisione Govone (b ri ga te ,, Alpi >> e (( Pistoia >> e XXXIV battaglione bersagli eri) era g iunta, dopo la lunga marcia, a Quaderni, dove dal della Rocc:i (lii Co rpo) ricevette l'ordine di abbandonare il primitivo obiettivo di Pozzo Moretta, per andare a porsi in linea a nord di Villafranca, sulla dn 1r:1 deUa Divisione Bixio. In obbedienza a quest'ordine, il Covonf" ;1v\ i1\ per Rosegaferro a Villafranca la brigata ,, Pi stoia » , avverte ndo che egli, col rimanente della Divisione, vi si sarebbe recato per P rohi :1110. Poco dopo, un nuovo avviso confermò alla 9" Divisione l'online cl ell:i vigilia, di andare a Pozzo Moretta, ma era troppo .tardi pe r jXll er evitare che la brigata (( Pistoia >> raggiungesse Villafranca . t< In quel momento il generale Govone seppe da Vittoriu l ·.11 1. 1 nude, che scendeva da monte Torre, della sconfitta dell a IJi v1~iP1H· Brignone ed, allora, parendogli anche di interpretare la volo111 :'1 cl!'I Re, dopo un rapido e giusto apprezza mento della situaz io 11<.:, .1111 massò la brigata <( Alpi >> ed il XXXIV battaglione bersaglieri e , batterie a Casa Nuova, e da qui, di sua iniziativa, mosse clireu:1111l·n1 r per l'erto pendìo di monte Torre. Fu questa iniziativa ch e s;1hù l 'o nore delle :irmi italiane, pcrchè senza di essa probabilmente la h:111 :1 glia sarebbe finita prima delle ore dodici. (< Fermate le Fanterie dietro il ciglio di monte Torre, il grncr:1 k Govone fece subito mettere in azione le sue <lue batterie, d'acro 1do con quelle dell'8' Divisione, per combattere ie artiglieri t nctnicht. Verso le ore II,30 g li giunsero la brigata « Pistoia)) e l'a ltr:.i ~u:1 h:11 teria ; questa si unì alle altre; quella venne schierata in seconda ii nc,1. (< Mentre durava il duello di Artiglieria , il generale Govone riconobbe il terreno, studiò l'oscura situazione e, poichè g li Au~tr i:1c1 avevano occupato le alture a nord di Custoza, ad esclusione della parte orientale, difesa da alcuni reparti di granatieri, intuì subito b necessità di riprendere per prima cosa Custoza. Egli vide L1u:1nto vantaggio potesse ricavare da quella sua posizione sul mo nte T orre, dove aveva raccolto tutta la sua Artiglieria, per adoperare questa a massa e dominar la battag lia, rivolgendo il fuoco dei ca nnoni successivamente contro quei singoli obiettivi che a volta a vo lta gli si


588 mostrassero prevalenti, senza lasciarsi distogliere dal cannone nemico (1). « Egli concentrò i tiri dell'Artiglieria contro Custoza, dove erano visibili le divise austriache, e lanciò all'assalto il XXXIV batta· glione bersaglieri, seguìto da un altro del 51° F;mteria. Il nemico, scosso dall 'Artiglieria e sopraffatto dall'assalto, venne rica~ciato a precipizio e Custoza fu ripresa. Del successo il Govone informò il della Rocca, avvertendolo però dell'arrivo di nuove colonne nemiche cd assicura ndolo che la 9" Divisione avrebbe resistito con energia ; ma che il combattimento era seriamente impegnato. Col fuoco dei suoi pezzi e con l'azione delle sue Fanterie ricacciò ancora la brigata Scudier dal Belvedere e <lalle Posizioni a nord di Custoza; a mezzo dc! capitano Racagni, mandato dal della Rocca, informò que st'ultimo che era necessario un rinforzo, perchè, da quanto poteva congetturare, proprio a Custoza si effettuava l'attacco principale. Ma il Comandante del 1II Corpo rimase purtroppù passivo, sempre con la convinzione di dovere tener fermo a Villafranca. " Ristabilita, per merito del Govone, la situazione al centro del fro nte di battagli a, si può dire che, ve rso mezzogiorno, le sorti delle ,,rmi (u~~au in complesso favorevoli agli Italiani; ma l:i tregu:i che s~guì alla riconquista di Custoza fu di breve durata. cc Il Comandante il IX CorPo austriaco, avendo visto che gli Italiani non avevano inseguito e temendo le comeguen ze della ritirata della brigata Scudier, ordinò che il r eggimento Thun, cldla sola brigata rimastagli , avanzasse verso il Belvedere e Custoza. ! , Con l'impiego dell'Artiglieria e con l'attacco di tre suoi battaglioni, il Govone costrinse ben presto gli Austriaci ad una nuova ri tirata. Invano le compagnie di un altro reggimento nemico mossero alla riscossa, poichè anch' esse vennero respinte e furono inseguite fino a monte Molimenti >i . Erano circa le 15,30 ed i soldati della Divisione Govone, affranti dalla fatica, privi <li cibo e di munizioni ; m a vittoriosi, inneggiavano alla vittoria. Essi, però, non erano in condizioni di sfruttare il successo e dovettero fermarsi sulle Posiz ioni conquistate, mentre il Govone inviava al della Rocca il seguente rapporto : « Le mie truppe hanno respinto tre volte gli attacchi del nemi co. Da ieri non mangiano, sono spossate dalla fatica e dal lungo combattimento. Non Potrebbero resistere contro un nuovo attacco. Ma ( 1) Cfr. anche b Rel:1zionc ufficiale.


se V. E. mi manda un rinforzo di forza fresca, mi impegno a dormire sulle posizioni ». Il della Rocca, che aveva a sua dispasizione le due Divisioni Bixio e Principe Umberto, si rivolse alla Divisione Long oni c h e, per la sua lontananza dal campo di battaglia, non pote va g iungere in tempo. Ad un altro ufficiale, che il Govone gli aveva mandato per chiedere rinforzi e muni zioni , il della Rocca si li mitò ad o rdinare che la Divisione Govone dividesse le munizioni con quelle dell a Divisione Cug ia che, anc h 'essa impeg n a ta, d ifficilmente av reb be pot ut o fornirne. Il momento critico della battaglia in tanto si a vvicinava cd agl i .l\ustriaci, padroni ormai di monte Vento e di Santa Lucia, no n restava che ripre ndere Custoza p er avere la vittori;:. L 'Arciduca Albe rto, con sa piente intuizione, emanò allora il seguente ordine coordin,1t ivo di tutta la battaglia: <' ••• Il VII Corpo te nterà, ve rso le cin(1ue. l' ultimo attacco contro Custoza: alla m edesima ora una brig ata del V Corpo appoggerà sull a sinistra e m a rcerà ugualmente in d irez io ne di C ustoza " · V erso k ore 16 le batte rie d el VII Co rpo c (1uellc d ella r i~cr \·.1 del IX Corpo coprirono d i proietti li le alture tenute d all a ti" e d:di:1 9a Divisione, mentre le due briga te d el VII Corpo a ustr iac<l ;1v:1nz:i vano verso il Belvedere. Udendo tuonare il cannone, il Princi pe Umberto ed il gc11c1.1k Bixio chiesero al della Rocca di pote re accorrer e a C u ~Loz:1, rn :i 11c ebbero un rifiuto. Il Govone, vedendo addensarsi la m assa dei ne miei attorno al Belvedere, ordinò al XXVII battaglione bers:1g l 1rn di accorrervi da monte Torre e fece a vanzare sulla destra di C mtoza il 36° Fanteria. Dietro monte Torre, ultima ri serva , rcst:1v:i il '):!." Fanteria. Frattanto l'attacco austriaco contro il Belveder e si pro nun ciava impetuoso: i difensori erano decimati cd oppressi dall:1 \ 11prriorità degli Austriaci. Malgrado gli audaci contrattacchi it :ilia n i n l un violento assalto del XXVII battaglione bersaglieri, il nc m iLO ~i impossessò del Belvede re e la difesa si addensò atto rno a C ustoza . (( Una breve tregua scri veva il ge nerale Cappa viene accordata ai valorosi della Divisione Govone, perchè il ge nc r:ilc M:1roicic (VII Corpo a ustriaco), p rima di lanciare le sue truppe con tro Custoza, vuole concedere loro un po' di riposo e dar tempo :1lk b;ittcrie di a vanzare sulle alture di monte Molimenti. Il g ene rale Govone n e approfitta pe r chiedere nuova mente rinforz i al d ella Rocca; ma anche quest'ultimo appello non viene ascoltato.


« Al generale Govone non rimaneva che trarre in tempa la sua Divisione, ormai p ri va di munizioni, dall'avvolgimento che già la mjnacciava. Verso le cinque e tre quarti egli fece spiegare su monte Torre l'unico rcggimen.to (il 52" Fanteria) d i cui dispaneva contro il fianco sinistro del nemico e, sotto 1a protezione di questo reggime nto, che eseguì energ ici contrattacchi, e degli squadroni del << Lucca •> e del e< Foggia •>, ordinò la ritirata a scaglioni su Villafranca. Sul le falJe del monte Torre e del poggio di Custoza, e poi nel piano, l:i valorosa Divisione continuò a combattere e solamente verso le o re 19 il grosso g iunse p resso Villafranca ». La condotta del generale Go vone - scrisse auto revolmente il Poll io - prima, durante e dopo la battaglia, fu degna di ammiraz ione. Essa fu al p iù alto g rado intelligente, risoluta cd efficace. ln tluclla oscura situazio ne, in quella confusione di idee e d i principi, in q uell'avvicendarsi di sorprese di ogni specie, egli fu tra ·i pochissimi generali che videro chiaro. Egli atti rò su di sè l'azione principale della giornata, no n tanto pel terreno su cui combattè, q uanto pcl modo co n cui combattè. L'azione dell'Artiglieria a massa, l' impiego delle truppe di Fanteria, il giudiz io sulla situazione così c hiaro e così g iusto e: persino la ritirata (quella davvc:ro n c:ces~1ria) ri velano il talento ed il carattere di un vero gcn cr,tlc. La 9• Divisione aveva, dopo la riconcp1ista del monte T orre e del monte Croce, ristabilito l"equililmo della battaglia. Non poteva il generale Govone solo far t ,·abocc.1re la bilancia a nostro van taggio. Questo compito era del Comando del Corpo d'Armata della Rocca e specialmente del Comando Supremo.

Ecco ora come il Thaon de Revel descrisse l'azione svolta dalla brigata « Forlì i> (reggimenti 43° e 44°) durante la battaglia di Custoza. (< Nella gio rnata del 24 . giugno il generale Cerale, com andante la 1• Divisione, si avanzava sull a strada che da Valeggio conduce a Castelnuovo. La colonna procedeva in fo rmazione di fi anco, con gli uomini per quattro. Il generale Cerale, col generale Dho, comandante ia brigata 1, Forlì » , precedevano la colonna, non badando al fuoco che andava crescendo sul la lo ro testa. Q uando giunsero allo sbocco della strada a San G iorgio in Salice, uno stuolo di ulani austriaci irruppe da gu~lla strada per caricare la colonna. I due generali, sorpresi ed esPost1 senza difesa, volsero indietro, portan dosi di galoppo


59 1 verso la colonna, incalzati così da vicino dagli ulani , che il generale Dho venne ferito da un colpo di lancia. ll I battaglione Jel 44" reggimento, che aveva la bandiera , fu trascinato nella confusione determinata dalla sorpresa e si riti rò: una parte verso la Casc ina Valpeson ; l'altra parte, costituita da dicc i ufficiali e da una trentina di uomini con la bandiera , occ up<) un a cascina detta Fenile presso Alzarea e vi si sistemò a difesa. li capitano Baroncclli, ufficiale più anziano, assunse il comando di qu<:l gruppo di uom ini , che respinsero i r ipetuti attacc hi del nemico, non lasciandosi sgomentare dal trovarsi ormai soli a combattere da qucll::i parte. Allora gli Austriaci, per vincere la resistenza, ricorsero al l'incendio e quei valorosi, vista l'impossibilità, non soltanto di continuare la lotta ; ma di rimanere in quegli ambienti soffocati dal fumo e tra breve lìammcggianti , decisero, pri.ma di arrendersi, di salvare la bandiera . Il drappo e la fascia, staccate dall'asta, vennero lacerate in ta nti pezzi, in modo che ogni ufficiale potesse portarne uno nascosto e soltanto allora il ten ente Augusto Chiverne, che conosceva la lingua tedesca, salì ad una fi nestra del primo piano cd. in mezzo al fumo, mi se fuori sulla punta della sciabola un f:11.zolettn bianco. <, Usciti dalla casci na, l'uflìcialc cd i soldati deposero le ar mi dav,mti al colonnello austriaco H ohen lohe Altemps, il quale, meravigliato che il numero dei tenaci difensori fosse tanto esiguo, cfose loro : Bravi! vi JÌc:te difesi da leoni' ,.. Dopo la pace, g li ufficia li del 44'', tornati in patria dalla prigionia, fecero riunire insieme i 17 pezzi del la bandiera, b qua le, così in parte ricostruita, venne solennemente riconsegnata al reggi men to in Piazza S. Marco a Venezia dallo stesso generale de Revel. Anche la bandi era del 43°, decimato durante la battaglia , cor~e il pericolo di cadere in possesso degli Austriaci presso Olimi: ma essa fu ~trenuamente difesa e potè es~ere ~alvata. Particolare menzione merita ancht' il valore dimostrato dal 1V battaglione del 49° reggimento Fanteria (brigata " Parma "), che ottenne, in quella circostanza, la medaglia di bronzo :11 \·:ilor militare 1( per la prontezza con cui formassi in quadrato per difrn derc il Principe Umberto, respingendo con coraggio i ripetut i :i ll .tl.°l hi dell:t Cavalleria austriaca " · Nel 1866 si distinse, specialmente nell 'ulti1110 periodo dcll:t campagna, anc he la Di visione Medici, formata dalla brigata " P :l\'Ì:t " e dalla brigata « Sicilia ))' i cui Fanti ottennero la medag lia lLtr<(


59 2 gento a Primolano ed a Vigolo: men tre quelli del 28" reggimento Jclla brigata " Pavia ))' per avere occupato a viva forza Borgo e per :1.,-er attaccato, con disci pii nato silenzio, alla baionetta Le vico, ottenn ero, per la bandiera del reggimento, la m edaglia d'oro al valor militare. Per la guerra del 1866 vennero conferite agli ufficiali ed agli uomini Ji truppa della Fanteria di linea ben 2207 ricompense al valor militare. delle quali 5 medaglie d'oro, 729 di argento e 1473 di bronzo. Alb bandiera del 28° reggimento Fanteria, che Jurante la guerra aveva combattuto valorosamente a Primolano, a Borgo ed a Le\'ico, venne conferita la medaglia J'oro al valor militare.

Anche durante la breve campagna del 1870 i Fanti italiani dimostrarono il loro valore e, più ancora, il loro ~en so di disciplina e l.: loro devozione al dovere. Poic hè ci riserviamo di ricordare le gesta dei bersaglieri nel VII \'Ol urne dell"opera, dedicato appunto a questo Corpo glorioso, ci basti 1..1ui m ca crc in ri lievo che -- come si rile\':: d:illa Rebz ione del genede Raffaele Cadorna sulle operazioni militari del IV Corpo d'Ar-

I be, saglieri a Po, fa Pia.


593 mata nelle Provincie già p<>ntificie - il 39" reggi.mento Fanteria, sboccando da villa Patrizi in testa alla brigata « Bologna » , si lanciava, con ammirevole prontezza, all'assalto di p<>rta Pia, obbligando 1 difensori a deporre le armi ed entrava in Roma ment re sulla breccia ancora si combatteva. La bandiera del reggimento, portata dall'impavido sottotenente Lugli, lo stesso g iorno 20 settembre sventolò per la prima sul Campidoglio. Le nostre perdite furono limitate, n el 1870, a 32 morti cd a 143 feriti . Per la presa di Roma vennero concesse ai Fanti di linea: J7 medaglie d'argento al valor militare (delle quali 14 agli ufficiali) e N di bronzo (delle quali 26 agli ufficiali). Le 76 ricompense, così conferite complessivamente ai comhattenti della Fanteria di linea, rappresentano, fra tutte le ricompc1N : concesse per la campagna, una percentuale del 30 per c rnl n, che 110 11 fu raggi unta da a.lcun' altra Arma.



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».

c XIX •.



INDICI

INDICE DEL TESTO

Pag ..

Pr~fazione

V

VI1

Parte Prima LE FANTERIE ITALIANE DURANTE IL PERIODO NAPOLEONICO I.

• L'Italia dopo la pace di Aquisgrana Considerazioni

I prt'cursori IL

3 !! IO

• La Rivoluzione francese e le sue istituzioni miliL:tri I precursori militari.

Le nuove istituzioni militari . III.

. Napoleone I ed il ritorno rlell'Italia alle armi

IV.

- Le Fanterie nelle guerre: contro la Francia rivoluziom1ria

60

Il Piemonte contro la Repubblica Francese Le campagne degli anni 1792 · 1795 La campagna del 17~ V.

• Le Fanterie; nel periodo napoleonico

La Guardia Nazionale mibnesc La Legione lombarda

Le truppe della Repubblica Cisalpina e la Legione italiana Le istituzioni militari delle altre Repubbliche italiane

90 91 94 99 106


606 Pag.

\ . I.

\ ' 11.

Le Fanterie della seconda Repubblica Cisalpina e della Repubblica Italiana

I

Li Rcpuhhlica Italiana

1 14

09

Le Fanterie ndl'esercito del Regno itali(o

I

17

Guardia Reale .

I

18

T ru ppe ordinarie

120

Le G u:irdic d'onore e la Guardia Nazionale

128

. Le Fanterie nel Regno delle Due S icilie

L\.:scrt:1to di Cius(·ppc Buonapartc L 'esercito di l;ioacd1ino Mur:n G enerali cd ufficiali italiani del periodo napoieonico

1 39

V I 11. - Le gt'sta della Fanteria italiana nd periodo napoleonico La conqui sta d i Gcruna La pres:1 di Ta r ragona

Parte Seconda LE FANTERIE 1T ALIANE PER L'INDIPENDENZA NAZIONALE I.

L' Italia e l'Europa dopo il 1815

I primi moti

e

le rivoluzioni in Ttali a d al 1820 al 184b

L1 riYolu 7.io n<: napoletana del 18:w .

I muti piemo ntesi del

182 1

Le ri volte dd 1830 e del 18.F «

Li Gi,wane Italia "

Le rirnlu i.io ni d el 184b

n. I I I.

L·ernlu zionc dell"cscrcitn ,ardo dal 1814 a l 1g48

20 1

L'cscn:ito piemontese e la sua efficienza nel 1848

2 I I

Le Fanterie negli eserciti degli altri Stati i1 alia11i

Le f.anteric 11cll'cscrcito toscano L'esercito p :mtiticio . L'csen.:ilo napult:tano

22 6 230 2

33


607 Pag.

IV .

La prima guerra per l'indip,;:ndenza. Le forze contrapposte I contingenti italiani L'esercito austria.:o in Italia

\ '.

La campagna del 1848 L"otfensiva piemontese Il combattimento di Pastrengo

2

55

La ricognizione di Santa Lucia La co ntroffensiva austriaca J combattimcmi Ji C unatone e Mo nta nara

La battaglia di G oito La caduta di Vicenza

La battaglia di Cusco:za VI. V I I.

272

Le F:intcric italiane nella campagna del 1848 La campagna del 1849. La prepa1azium: puliti,a

e

miliurc

Gli a vvenimenti in llali a dura nr,.: l'a rmisti 'l. in La preparazione politica

La preparazione militare Le forze contrapposte

~o 2

L'esercito au striaco nel Lomb:irdu \"cnctu

I disc)!ni operativi Vlll. - Le operazioni degli eserciti contra pposti La situazione iniziale

3 19 J I 'I

L 'inizio delle operaz ioni

Il combattimento della Sforzes.:a Il combattimento di Mortara La battaglia di No,.ira IX. X.

La F:interia nel 18'1 9 - La guerra del 1859. I precedenti e la preparazwnc La spedizione in C rimea . Il Congresso dì Parigi L'alleanza con N apoleone IJI

Xl.

Le forze contrapposte L'esercito piemontese dal 1849 al 1859

33 9


608 Pag.

L"cscrcito francese in Italia

3 75

L'esercito austriaco

378

XII. . Le operazioni Il combattimento di Montebello

380

3 84

I comba ttimenti di Palestro e di Confienza

386

La bauaglia di Magcma .

387

Le operazioni dei Cacciatori delle Alpi

389

Il combattimento di Melegnano

391

La ba1taglia di Solferino e San Martino

392

L"armiscizio di Villafranca

399

La pace di Zurigo .

402

XIII. - La Fan1eri;1 nella seconda guerra per l'indipendenza nazionale

40 3

Parte Terza LE FANTERIE ITALIANE

NELLE GUERRE PER L'U NITÀ NAZIONALE l.

Il.

lii.

La spedizione di Garibaldi nel Regno delle Due Sicilie

421

Le annessioni e le loro conseguenze nel campo mil ita re

421

La Fanteria nel 186o

422

La spedizione di Garibnldi nel Regno delle Due Si<.:ilic La battaglia del Volturno (1° ottohre 186o)

42 5 43 1

Le operazioni nelle Marche e nell' Umbria

436

Le forze contrapposte I concetti operativi e le prime operazioni

439 445

I.a battaglia di Castelfìdardo e l'espugna;,.ione di Ancona

449

La battaglia di Castelfìdardo .

449

L 'investimento e l'espugnazione di Ancona

457

IV.

- La Fanteria contro il brigantaggio (l86o - 1870)

464

V.

- La guerra del 1866 .

474

La preparazione Politica La preparazione militare .

474

47 8


609

L 'esercito ita lia no dal 185~ al 1866 La formazione <lell'escrcito ita liano per la guerra del 186(, VI.

- L'asseno difensivo dei confin i cd il Coma ndo italiano

La costituz ione del Comando italiano

501

V Il. - L e forze contrapposte La mobilitazione e la radun:ua dell'esercito italiano

Le forze austriache in Ital ia VIII. - I disegni operativi I concetti operativi italiani

IX.

Il concetto operativo dell 'Arciduca Alberto

Le operazioni

5 35

Il passaggio del Mincio

'i35

Gli ordini del La Ma rm ora Gli ordini dell 'Arciduca A lberto

X.

La battaglia di Custoza La situazione iniziale Il teneno .

Lo svolgimento del la battaglia Le opet azioni del IV Corpo d'Armata italiano Le operazioni dei volontari Xl.

- La campagna del 1870 Il tcntaLivo garibaldino del 1367 Il combattimento di Mentana Le trattative con la Francia Le operazion i del 1870

57 2

L 'esercito italiano dopo il 18,0

XII. - li valore delle F anterie nelle guerre per l'Un ità nazionale Bibliografia Indici Indice del testo Indice delle illu strazioni

59 7


INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI

Pag.

1,·1wli;1 :ilb fine del secolo XV III

2-3

4

fhn dic-r:1 d..-i h:111:irlioni piemontesi sr,tto Vittorio Amedeo II Uniforme della Fanteria piemontese sotto Vittorio Amedeo Il

I

Band iera culonnclla dei reggimenti di. Fanteria sotto Carlo Emanuele lii

20

3

Bandier:i colonnelb dei regg imenti di Fanteria sotto V ittorio Amedeo III

60

Il .-c,mb:ntinwnto <lt'll'Anthion (Rig hini, Tori no: Museo del Risorgimento)

64

lhndicra J i banag lio11c .lei reggimento "La Marina " sotto V ittorio :\rnt:dco TTI

66

Li resi stenza J i Cosseria

73

Uniforme della l·antcrù piemontese duran te il Regno d i Vittorio Amc,lco lll

76

Il ,omhanimento di :'\fontmottc (Da un l111adro del Bageni)

79

li gt:ucrale B11011apaflt' nel 1796 . Il n,,nbauimcnto di Uego (Da un c1uadro del llagctti) Il gC11eralc Buonaparr.~ entra in Milano (Diseg n o di Volpini)

83

85

1

88

Bandiera dd II bartag-lione della Guardia Nazio nale milanese d istribuita il 20 novembre 17()6 :i Mil:1110

92

U niformc di ufticialt: ddla Guardia "!\'azionale milanese

93

B:inJiera <lei battag lioni di hntcri:i della Repubbl ica Cisalpina Uniforme della fan1cr i;1 italia na p er

Gran:itieri

97 100

Il gcncrak Domenico Pino .

102

F ra11,nrn ?vlelzi di Eri! (Ri tratto cli B. Lasinio)

107

Napoleone Buonapart.: nel 1800 .

112

lhnd in:1 tldb Repubblica Italiana

I I

5 7

Aquib della b:indiera di un reggi memo di Fan1cria <lei Regno Italico

I I

La Fanteria del Regno Italico

xx 8

Un Fame del Reg no Iralico .

121


611 Pag.

Rassegna di truppe italiche a Milano (Mila!,o: Ci,·ica raccolta ddk Stampe) .

(2 .)

Bandiera dell'esercito del Regno Italico

126

Il generale Teodoro Lechi .

127

Napoleone passa in rivista le: Milizie itali ant.: ( Da u11a stampa d d l\ :poca)

I 2 ')

Giuseppe Huonaparte Gioacchino Murat .

Il generale Giuseppe Sercognani Il generale Achilk: Fontanelli ( Ritratto d i .c.\.. ,\ppiani) Il generale Ronfanti Il grnerale Filippo Se\ eroli La bandiera del 3° reggimento Fanteria La Divisione Pino ritorna a Milano il 28 fdibraio 1808 U n reggimento della Divisione Pino (Da una stampa dell'epoca) .

marcia nella Peni, ol:t lhnica

Hl

157

Il forte Olivo a Tarrago!la li passaggio della Be,esina (Milano: ~1useo del Risorginmnu)

I (, I

li generale Fra ncc:-S<:u P1g11atelh .

I granatieri dei ri.:ggimcmi di Fanteria di linea

,

Ufficiale del reg)!imento di Fanteri:i « S aw ia ,, (181 4)

I -, -

-,

J

I -

11

L"Italia all'ini zio Jcl t848

li « Risorgimento Nazionale

», d:i una scultura d1

E. Ferr:1ri

G iuseppe M:12zini (Disegno dal n :ro <li G iuseppe Barz in o)

La tomba dei fratelli Bandiera e Paolo

a

I Cj

Venez':1. nella C hiesa d ei SS. Ciuva11111

Milano: Monumento " Ossario dei morti nel le '( Cinque Giornate "

200

Uniforme della Fanteria piemontese nel 1814

20 2

Soldato del rcggiml'.nto « Saluzzo Bandiera dd reggi men,n

«

)1

( 1817) .

C uneo ,, ndi"eseréÌto piemontese ( ni 14)

Ufficiale del regg imento « Regina » ( 1821 ) Ba ndiera d: battag lione del reggimento tese ( 18r4) Bandiera di battaglione del reggimento

<(

Cuneo " dell 'esercit o pic1no11

«

N izz:.i

»

U niforme della Fanteri:i piemontese nel 1833 Bandiera della Fanteria p :cmontesc nel 1832 L ' uniforme della Fanteri:1 piemontese nel 184:? La bandiera dat:1 :ill'csercito piemontese nel d48

nel 18q


012 Pag.

Uniforme Jella F:mLeri;, toscana nel 1848 .

227

Bandiera tricolore del (.iranclucato di Toscan;i (1848)

228

Fa ntc pontificio nel 1848

23 r

Uniformi dell'esercito napoletano nel 1848 .

238

Bandiera tricolore adottata per il Regno delle Due Sicilie il 3 aprile 1848

239

Il generale Eusebil> Ha"a

244

Bandiera della Rcpubblic1 Venet;1 istituita dal Governo p ro\'visorio il '.!(i marzo 1848

248

Bandiera tricolore adcttata nd 1848 ,bi Parlamento Siciliano .

248

li generale Etrorc de Sonnaz

249

L'esercito piemontese passa il Ticino (Da una stampa popolare ddl 'cpocaJ

252

L'estrcito piemontese sul Ticino (Disegno di Stanislao Grimaldi: Museo del RisorgimenLo di Mibno) .

253

Il teatro clelle operazioni della prima guerra per l'i ndipendenza

257

Il combattimento di Pa strengo La battagii:.1 di Santa Lu(ia (6 maggio 1848) (Disegno di Stanislao Gri-

259

tn:ildi: Mu st:o del Risorgimento di Mibno)

JI grneralc Cnare

[k Laugier

Monumento ai CaduLi di Curtatone

26 1 264 265

Monumento ai Caduti di Montanara

265

La battaglia di (;nito

'J.67

La resa cli Pc-schiera (Ju maggio 1848): le F :mterie piemontesi entrano nella città

268

La hattagiia di Goito

269

La batLaglia di Custoza nel 1848: il combattimento cii Sommacampagna (Xilografia del Grimaldi)

27 3

La b:maglia di Custoza nel 1848 .

2

La battagli:1 Ji Custoza nel 1848: il combattimento di Staffalo (X ilografia riel G rimaldi)

277

75

11 (urnbat: imt>ntO di Vnlta

285

Uffìci:ile della « Cuncc )) nd 1848

288 289

Snlchto dclb

<<

Cuneo n nel 1848

Combattimento di Vare.<e L:i campagna di-I 1849: iì Lcatro Jelle opera,.io11i Gli Austriaci passano il Ticino presso P;l\'ia (20 marzo 1849) (Da ll'album dei fratelli J\dam) . La battaglia di :--J0\·:1ra

Il generale Ullua

.

291 2 95


613

3 37

Il generale L. Mezzacapo Ufficiali della brigata « Sa vona » difendono a lla Bicocca la bandiera dd 15° reggimento (Quadro del G rimaldi)

34 r

I superstiti di Novara (Ferrari, Torino : Musco del Risorgi men lo) .

J4 ,

La bandiera del 14° reggimento Fanteri:1 alb battagli a <li N°'·arJ (D:i una litografia di S. G rimaldi)

34 9

I moti d i Firenze nel 1859

35 ;

Camillo Benso d i Cavour

355

Il teatro delle operazioni in Crimea (1!i55- 1856)

357

G li alleati in C rimea

, 'i9

Monumento ai cad uti italiani in C rimea (cim itero cattolico di F erry Keny, Costaminopali) .

,o,

Ufficiale della Fanteria sarda nell'uniforme del 1853

3ù7

Monumento offerto dai Mil anesi a ll'esercito sardo ( 1857) (Opera dello scultore Vincenzo Vela)

., 68

Uniforme del la Fa nteria piemontese nel 1859 .

{7 3

Decreto con la nomina <li Garibaldi

374

a

gcm:r::i lc d i h rigat::i

Le li uppc f1anl cs1 pa,,ano il Mon(c nt ,10

.

La guerra del 1859 : il teatw <lellc opcr:izio lll

Ga ribaldi salu ta ìa salma di Carlo Dc C ri ~to fori s ( Da una stampa popolare delrepoca)

37 7 381

La battaglia di San Martino .

390 ,9 J

San Martino : Cappd lJ - Ossario ì>er i C llluu , lei ,11.:;,.i

;98

TI combatt imento di Governolo

407

L'ultimo :issalto a San Martino (Affresco Ji lbffa clc l'n11 lcmolt )

4 11

La torre monumentale a San Martino del la h:11ug lt:1

4 14

Uniforme della Fanteria piemomcse nel

·1 ~ ;

18(,0

G iuseppe Garibaldi

.~z 7

Palermo acclama Garihaldi dittatore ddb Sicili a

4 ;o

N ino Bixio

,~, 2

S. Ma ria Capua Vetcrc - Monumento - O ssario ai C aduti nella b:iuag lia del Volturno

434

Manfredo Fanti

438

La battag li a di Castelfi<lardo

45 2

La battag lia di Castelfid ard o

45 5

L 'assedio di Ancona

459


(,14 Pag

Monumento ai Caduti di CastellìJardo (scultore Vito Pardo)

461

Bandic:ra dell'esercito italiano nel 186o

48 3

Le d iverse propo~tc su ll 'assetto difensivo dei confini

4 99

Alfonso La t.farmora .

509

Il genera le Enrico C ialclini La guerra del 1866 in Italia:

511 concetti operativi

52.2.

La bauaglia cli C ustoza (Giovanni Fattori, Roma : Galleria d 'Arte Moderna)

539

Gli ordi ni dei due Comandi per il 24 giugno

545

I precedenti della ba1taglia di Custoza

55 1

Le operaz ioni contro Borgoforte .

553

La battaglia di Custoza (1' fase)

555

La bauaglia di C u stoza (2" fa se) .

557

li 49° r:anteria a Villafranca (Affresco di Ra ffaele Pontemoli)

559

Le operazioni italiane d op o Cuscoza

.

5 62

Il combattimento d i Primolano (Dipinto di Gerolamo Ind uno)

565

I.a campagna del 1R70 .

575

li generale Raffae le Cadorna

5 7i

U niforme ddla Fanteria italiana nel 1880

5 79

I bersaglieri a Porta Pia (Fra ncc:sco Cammarano; Roma. Calcografia)

592



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