La deportazione degli ebrei italiani
“In maggioranza, gli ebrei italiani e gli ebrei stranieri che hanno cercato rifugio in Italia sono sopravvissuti. Tuttavia la tempesta razziale è esplosa in un paese dove la minoranza ebraica, profondamente radicata, era insediata nella vita civile e produttiva, negli ambienti militari, nella magistratura, nelle professioni, nell’insegnamento, nell’industria, e da due secoli non conosceva discriminazioni, appoggiava il governo e non aveva motivo di credere che un giorno sarebbe stata possibile la promulgazione delle leggi razziali. Ma tali leggi furono proposte da un capo del governo che non aveva precedenti di pregiudizi razziali, un re d’Italia le firmò, e divennero una realtà italiana. Vi furono arresti, retate, deportazioni, esecuzioni, migliaia di morti.” Così argomenta Furio Colombo nella prefazione, ampia e molto densa, da lui scritta per l’edizione italiana del saggio di Susan Zuccotti su L’Olocausto in Italia.1 La ‘soluzione finale’ fa la sua comparsa in Italia pochi giorni dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, sotto forma di alcune iniziative definibili come ‘selvagge’. Sulla sponda piemontese del Lago Maggiore stazionano, con il ruolo più o meno dichiarato di forze d’occupazione, alcune compagnie del II Reggimento SS della Panzerdivision Leibstandarte Adolf Hitler. Si tratta di un’unità di fanteria corazzata spostata nell’Italia del nord dopo la caduta di Mussolini (25 luglio 1943), proveniente dal fronte russo e quindi abituata ad assistere, se non a partecipare, agli eccidi di massa perpetrati fra le popolazioni ebraiche dalle Einsatzgruppen. Il 15 settembre, uomini in servizio presso tale reggimento arrestano e, dopo una detenzione di alcuni giorni, massacrano 54 ebrei, 15 dei quali fuggiti in Italia da Salonicco per sottrarsi al terrore dell’occupazione tedesca. L’eccidio che i tedeschi, apparentemente, compiono a scopo di rapina o per puro sadismo, viene consumato con risvolti di particolare efferatezza in varie località: Meina, Baveno, Arona, Stresa e alcune altre.2 Il 18 settembre reparti di questo stesso II Reggimento SS rastrellano e catturano nelle valli del cuneese circa 350 ebrei, per lo più d’origine polacca, fuggiti dal sud della Francia nell’illusione che, con l’armistizio, l’Italia possa diventare un’accogliente terra d’asilo. Il 16 settembre, 35 ebrei di Merano e Bolzano cadono in una retata a opera di elementi altoatesini aggregati a un corpo di polizia locale che collabora con le SS. Questi ebrei vengono inviati al campo di internamento di Reichenau, in Austria, ove rimarranno presumibilmente fino ai primi di marzo del 1944, per essere poi trasferiti ad Auschwitz. 3 Susan Zuccotti, L’Olocausto in Italia [1987], Mondadori, Milano 1988, p. 14. Sull’eccidio di Meina e sulle altre stragi perpetrate nello stesso periodo dai nazisti nella regione del Verbano si vedano: Giuseppe Mayda, Ebrei sotto Salò. La persecuzione antisemita 1943-1945, Feltrinelli, Milano 1978, pp. 79-95; Susan Zuccotti, L’Olocausto in Italia, cit., pp. 35-36; Liliana Picciotto Fargion, Il libro della memoria. Gli ebrei deportati dall’Italia (1943-1945), Mursia, Milano 1991 [III ediz. aggiornata e ampliata 2002], pp. 760-761; Marco Nozza, Hotel Meina, Mondadori, Milano 1993; Lutz Klinkhammer, Stragi naziste in Italia. La guerra contro i civili (1943-44), Donzelli, Roma 1997, pp. 55-79; Giuliana, Marisa, Gabriella Cardosi, Sul confine. La questione dei “matrimoni misti” durante la persecuzione antiebraica in Italia e in Europa (1935-1945), Zamorani, Torino 1998, pp. 3-8. 1 2