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Pietrangelo Buttafuoco: «Il lupo e la luna», Romanzo Bompiani, 2011, pp. 199, euro 18,00.

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«E fu così che il lupo e la luna vissero felici e contenti. E tutti noi restammo senza nenti».

Si conclude come una classica favola questo ultimo romanzo di Pietrangelo Buttafuoco, catanese, classe 1963, prima libraio, poi profes-

sore, ora giornalista, scrittore, e da qualche anno Presidente del Teatro Stabile di Catania. Alla ricerca di episodi poco noti che hanno avuto come protagonista la sua Sicilia, dopo averci narrato, ne «Le uova del drago», di Eughenia Lenbach, spia del Reich, approdata in Sicilia nel 1943, per la missione che da il titolo al romanzo, oggi egli ci porta indietro di qualche secolo, alla fine del ‘600, all’epoca in cui pirati e corsari imperversavano sulle coste siciliane e non solo. Con il linguaggio dell’epica o forse, è meglio dire del cantastorie (cantore di «cunti»), figura tipica dell’Isola, cui era demandata la narrazione e la memoria di avvenimenti «epici», Buttafuoco ci «canta» di Scipione Cicala, messinese, figlio del mercante Visconte Cicala, di origine genovese, e di Donna Lucrezia. Scipione Cicala o Cicalazadè (figlio di Cicala) o ancora Sinan Pascià (pascià genovese), cantato da Fabrizio de Andrè (che, nel suo album del 1984, Creuza de ma, gli dedicò una canzone, in genovese: Sinan Capudan Pascià), «si fece ragazzo e fu marinaio….Viaggiò e si fece uomo col ferro in mano, indurì la pelle nella salsedine e nella frusta». Rapito, ancora giovane, a largo di Favignana, dal pirata Dragut «il ragazzo fu incatenato. Affrontò il mare legato all’albero maestro. E così la trappola fu serrata intorno al lupo. Conobbe il vento, il sole e il sale». Dato in dono al Sultano, questi lo notò durante un torneo ed apprezzatolo, fece in modo di esaudire il suo desiderio, e lo fece tornare a navigare.Cicalazadè, il Rinnegato, iniziò le sue scorrerie lungo le coste. Il pensiero sempre a Messina ed alla madre, Donna Lucrezia, per non dir del fratello, Filippo, al servizio del re di Spagna. «Ti benedico, Filippo. A Scipione è dato il destino contrario. Se Dio vuole la vostra sfida, siatene degni ognuno per la pro-

pria parte. L’uno e l’altro vi ordinerete a battaglia, ma ricordate e lo ricorderai a lui, con le parole mie che sono madre a entrambi che l’insegna che vi precede è uguale: entrambi figli di Cicala».

«Fatto fu che Donna Lucrezia strappò dal proprio cuore un doppio e opposto desiderio. Di giorno desiderò per Messina scampo, di notte invece ruina».

Ma il pensiero del lupo va anche alla sua luna, Selene. «Scortato da un derviscio e con il lupo al fianco Cicalazadè raggiunse la spiaggia. Alzò lo sguardo, e la luna, in cielo, tra le stella di Iskandria, lo marchiò di amore spietato».

Dopo l’amore materno e l’amore per Selene, ecco l’amore per la propria causa. Lo scontro tra i due fratelli, tanto temuto a Messina, ci sarà, ma solo dopo che la famiglia al completo si sarà incontrata per l’ultima volta. Filippo «fece ciò che tutta Messina non voleva più immaginare: ordinò il fuoco contro il fratello sulla cui guancia aveva da poco lasciato un bacio».

«Ciò che ci rende tali, fratello, è il giuramento solenne che ci lega. Scipione, affacciato sulla balaustra delle cabina di comando, rispose: Allah te ne renda merito, Filippo».

E poi, come già evidenziato all’inizio, c’è il lieto fine di questo romanzo storico che forse non è solo un romanzo storico, di questa favola che forse non è solo una favola, di questo «cuntu» che forse non è solamente un «cuntu».

Gianlorenzo Capano

Rassegna dell’Esercito on line n. 3/2013

Attilio Albergoni: «1937 - Le Grandi Manovre in Sicilia dell’Anno XV», Scienze e Lettere dal 1919, 2010, pp. 99, Euro 20,00.

L’autore di questo studio, da circa vent’anni conduce ricerche storiche, iconografiche e documentarie, in particolar modo sulla città di Palermo durante gli anni ‘30 e ‘40, con approfondimenti sul periodo che vide la città fortemente coinvolta negli eventi del Secondo con-

flitto mondiale.

Attilio Albergoni ha curato l’allestimento di mostre fotografiche, scritto libri, articoli per quotidiani e riviste specializzate, oltre ad aver ricoperto diversi incarichi culturali. Il 2 giugno 2010 gli è stata anche con-

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ferita, dal Presidente della Repubblica Italiana, l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

Questo libro è l’analisi storica degli avvenimenti che portano alle Grandi Manovre del 1937 in Sicilia. Già dal 1936, con la conquista dell’Etiopia e la nascita dell’impero italiano, gli equilibri sociali nel Paese stavano cambiando come anche la sua geografia. La Sicilia non era più la remota periferia di un centro lontano, ma nodo strategico del mediterraneo e ipotetico ma sensibile obiettivo militare. Per questo il regime fascista ritiene necessario rifondare il rapporto con una simbolica rinascita.

Le grandi manovre dell’anno XV sono l’occasione giusta a tale scopo: nell’agosto del ‘37, arrivano in Sicilia il Re, il principe Umberto, ma soprattutto arriva Benito Mussolini che mancava dalla Trinacria dal ‘24.

Il regime fascista si trova subito a confrontarsi con una realtà sociale particolare: sono i problemi complessi ma concreti quali il latifondo e l’atavica mancanza di strade e di acqua che il regime pensa di poter risolvere a metà giugno in un convegno: «Problemi Agricoli». I bisogni derivanti dall’autarchia si sentono più pressanti e tutto il Paese vuole che vengano affrontate le improduttività secolari dando la speranza che il latifondo abbia le ore contate. Si parla di tariffe, di agevolazioni ferroviarie «per eliminare la concorrenza automobilistica», di rendere più veloci i trasporti marittimi utilizzando piroscafi «con stive munite di apparecchi refrigeranti», e tante altre buone intenzioni. Questi peraltro resteranno solo discorsi per addetti ai lavori, con nessuna ricaduta nel breve termine.

Quelli definiti dal regime «Problemi mediterranei» verranno in effetti ben presto dimenticati in un orizzonte più vasto e per meglio definire la composita realtà di un grande Paese con un impero in fieri. È in questo quadro storico che si colloca la ricerca dell’autore, non solo una serie di aneddoti, ma anche incontri tra il Re e i feudatari e notabili del posto, teatro delle grandi manovre. Tale periodo viene occupato principalmente dal Re e da Mussolini in inaugurazioni, sfilate che si muovono in un immenso cantiere itinerante, che culminerà con l’arrivo delle navi scuola giapponesi. Momento clou in cui lo scirocco trasformerà l’atmosfera da sagra paesana in freddi e ventosi giorni di guerra. La ricca iconografia, a corredo del libro, testimonia dettagliatamente i singoli eventi e spostamenti delle Forze Armate oltre ad immortalare le alte gerarchie e le festose riunioni.

Un anno dopo, il Generale Vittorio Ambrosio a commento delle «Grandi Manovre dell’anno XV» sentenziò: «Queste manovre hanno dimostrato che chi si attentasse a mettere le mani sull’Isola, le avrebbe certamente troncate!» Sei anni dopo, qualcun altro disse di lui, stavolta senza sbagliare: «All’atto pratico, non solo non troncò le mani altrui, ma alzò le sue in segno di resa».

Marcello Ciriminna

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