POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE VOL III TOMO II (PARTE PRIMA)

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(parte prima)



STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO UFFICIO STORICO

MARIO MONTANARI

POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

VOLUME III IL PERIODO FASCISTA

TOMO II (parte prima) LA SECONDA GUERRA MONDIALE

ROMA2007



INDICE

Parte prima - LA NON BELLIGERANZA (1939-1940) ................

Pag. 9

Cap. I - Il momento storico 1. Il Patto Hitler-Stalin e le sue conseguenze ............................ i .I rapporti italo-tedeschi .......................................................... 3. Verso l'intervento ...................................................................

11 30 56

Cap. II - La preparazione militare italiana l. Le prime direttive di Mussolini ............................................. 2. Armamento ed industria bellica............................................. 3. Le Forze Armate nel l 940......... .. ...........................................

73 84 107

Cap. III - Il problema strategico 1. Il piano di guerra.................................................................... 2. Tteatri d'operazione............. .................................................. 3. Gli ultimi ordini impartiti......................................................

143 165 189

Parte seconda - LA GUERRA PARALLELA (1940-1941 ) ............

197

Cap. IV - La campagna contro la Francia I. . Le ostilitĂ ... ........... ............................................... .................. 2. L'armistizio ............................................................................ 3. Considerazioni ... ..... ... .... .......... .... .... .... ...... ......... ...... ... .... .... ..

199 21.3 219

Cap . V - Le prime operazioni in Africa settentrionale 1. La situazione iniziale ... .... .................. .... .... ... .... ................ ..... 2. L'avanzata italiana su SĂŹdi el-Barrani .................................... 3. La prima offensiva britannica (clic . 1940-gen. 1941) ............ 4. La ritirata italiana dalla Cirenaica (feb. 1941) ....................... 5. Cons.iderazioni ..... ... ....... ....... ........... ..... ... .... .......... .... ... .... .....

227 250 267 285 297

Cap. VI - Le prime operazioni in Africa orientale l . La situazione iniziale .............................................................

307




PROPRIETÀ LETTERARIA 111/ti i diritti riservali. Vie/a/a anche la riproduzione parziale senza autorizzazione

© 2007 - Ufficio Storico SlvIE - Roma


PRESENTAZIONE L'opera del generale Mario Montanari è intitolata "Politica e strategia in cento anni di guerre italiane", e mai come nel periodo affrontato in questo volume, 1.940-1943, il mancato o distorto collegamento, appunto tra politica e strategia, tra gli obiettivi politici e le operazioni militari necessarie per raggiungerli, ha avuto per l'Italia e per la sua storia maggiori conseguenze. Questa distorsione nel collegamento tra la politica (con Mussolini che forvola sulla reale efficienza delle Forze Armate, ritenendo con eccesso di ottimismo, che queste non sarebbero state pronte prima del 1942) ed i vertici militari si può riscontrare sin dall'inizio, con la tardiva, pressoché inutile e costosa offensiva contro la Francia sulle Alpi Occidentali ed il mancato studio (non parliamo cli realizzazione) dell'invasione di Malta. Distorsione che prosegue poi nell'estate con I' incomprensibile, parziale smobilitazione dell'Esercito, con le conseguenze che si avve1tono in autunno con la guerra di Grecia. Anche in quest'ultima occasione la volontà politica -di Mussolini e di Ciano- si impose sulle più che naturali considerazioni contrarie , di carattere militare, che il Capo cli Stato Maggiore Generale, Maresciallo Baclogho non seppe e non volle opporre, come avrebbe potuto e dovuto. E bbe così avvio la disgraziata offensiva contro la Grecia, così come ebbe avvio l'offensiva su Sicli - el Barrani, imposta eia Roma ad un recalcitrante Maresciallo Graziani. Erano, queste offensive, la manifestazione più evidente della "guerra parallela", condotta clall 'Italia a fianco, ma senza la collaborazione diretta, dell'alleato germanico. L'esito sfavorevole cli queste due mosse la concomitante incursione degli aerosiluranti inglesi a Taranto segnarono poi, nella primavera del 1941, la fine della "guerra parallela" e l'inizio della "guerra subalterna", con l'intervento della Germania nei Balcani e nel Mediterraneo, mentre si consumava la perdita dell'Africa Orientale. In Africa Settentrionale -un teatro operativo ritenuto dai Tedeschi poco determinante- la cooperazione fra le nostre Forze Armate e quelle germaniche non fu facile e la superiorità bellica degli Alleati dopo una serie di avanzate e ripiegamenti portò, nel maggio del 1943, alla caduta di Tunisi, ma, specie dalla storiografia estera, l'apporto italiano è stato talvolta trascurato, minimizzato a beneficio di Rommel e del suo Africa


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POLIT[C,\ E STRATEGJA JN CEKTO ANNI Q_~ GUERRE ITALIANE

Korps, passando sotto silenzio l'eroico comportamento dei nostri soldati, specie ad El Alamein ed in Tunisia. Ugualmente difficile per la presenza partig.iana, e ricca di complicazioni di natura politica, fu la permanenza delle nostre truppe nei Balcani ed in Grecia a fianco delle truppe di occupazione tedesche e di quelle dei governi da queste istituiti. La nostra partecipilzione alla campagna di Russia, voluta anche per motivazioni ideologiche, costosissima in termini di vite umane, e la dichiarazione di guerra agli Stati Uniti furono i momenti maggiormente caratterizzanti di questa "guerra subalterna". La sua lunga durata vide così usurarsi su più fronti le già scarse risorse militari italiane iniziali, mentre la superiorità alleata, con le incursioni aeree, cominciava ad essere avvertita anche sul territorio nazionale. Dopo la fine della resistenza in Tunisia, con lo sbarco in Sicilia fu la volta della caduta del regime e della sconfitta strategica definitiva. Si aprivano, per l'Italia, quasi due anni di guerra in casa. Ci sembra comunque giusto chiudere questa introduzione con le medesime parole apposte dall'autore a conclusione del volume: "È doverosa, a questo punto, una semplice, lineare constatazione. Scorrendo mentalmente gli oltre tre anni di guerra, dal 10 giugno 1940 al 25 luglio 1943, possiamo e dobbiamo riconoscere che i soldati, i marinai e gli aviatori italiani si sono disciplinatamente battuti in una lotta ineguale, consapevoli dell'inferiorità dei mezzi cli cui erano dotati, e pur avvertendo ben presto la lunga ombra dell'inevitabile sconfitta". Col. Antonino ZARCOl\TE


SIGLE USATE NEL VOLUME ACS ACIT AIT AP ARMIR ASMAE AUSSME CAM CCSM CSIR CTA DAK DDI DELEASE IGM DSCS OBS OKW OKH OKM OKL SIM S.H.A.T. S.M.R.E. USSME USSMA USSMM USSMRE

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SEGNI CONVENZIONALI usati negli schizzi Sono stati impiegati i segni convenzionali in uso attualmente nell'esercito italiano, e precisamente:

l. Simboli base:

unitĂ

D

Comando

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installazione logistica Comando logistico

Âľ

2. Simboli d'arma

fanteria

X

bersaglieri

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carristi

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cavalleria

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artiglieria

,., .)

•

genio

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truppe motorizzate

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. Simboli di rango:

armata corpo d'armata divisione

xxxx

xxx xx

reggimento battaglione-gruppo

IJJ

n

compagnia-batteria

brigata x Per indicare un complesso tattico si usa il simbolo I il simbolo di rango.

Isopra


....c..P=OLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

.=... 8 ____________

4. Indicativo delle unità: Alla sinistra del simbolo base si pone l'indicativo numerico corrispondente al simbolo cli rango rappresentato ed alla destra l'indicativo dell'unità nella quale è inquadrato il reparto in questione.

Es. 2

i:z:l s indica il II btg. ciel 5° rgt.f.

5. Indicativo di nazionalità: Ove necessario, a destra del simbolo base sono usate le sigle IT: Italia; GE: Germania; UK: Gran Bretagna; AU: Australia; NZ: Nuova Zelanda; FR: Francia; PO: Polonia.


PARTE PRIMA

LA NON BELLIGERANZA (1939-1940)



Capitolo I IL MOMENTO STORICO

l. IL PATTO HITLER-STALIN E LE SUE CONSEGUENZE

"Il periodo fine agosto-primi di settembre I939 merita di essere rivisto con una certa attenzione perché, mentre si svolgeva il dramma della Polonia, quasi tutti i governi europei manifestavano dubbi, esitazioni, desiderio di un compromesso che consentisse loro di sottrarsi alla spirale di una guerra di prevedibili dimensioni mondiali. Quasi tutti, si è detto. Un solo governo, una volta presa la decisione, proseguì per la sua strada senza illusioni e senza tentennamenti, disposto ad affrontare una lotta lunga e senza quartiere: il governo britannico. Ma procediamo con ordine partendo dai frenetici tentativi cli un accorcio con l'Unione Sovietica compiuti da ambo le parti: le Potenze occidentali e la Germania. La politica seguita dal governo francese si traduceva nell'intento di salvare la pace: la pace della Francia. Mentre il col. Beck, ministro degli Esteri polacco, si mostrava convinto che l'alleanza franco-anglo-polacca fosse sufficiente a bloccare la minaccia tedesca, per il governo Dalaclier e per lo Stato Maggiore francese l'unico deterrente poteva essere fornito da un accordo fra le Potenze occidentali e l'U.R.S.S .. Non che si trattasse di cosa semplice. L'Unione Sovietica si palesava dispostissima non solo a9 un iinpegno di assistenza reciproca fra le tre Potenze, ma altresì ad un impegno cli assistenza di queste nei confronti degli Stati limitrofi all' Unione Sovietica: Lettonia, Estonia, Polonia e Romania. Il tutto secondo un criterio cli aiuti automatico e ben calibrato. La Gran Bretagna, più circospetta per il timore di rimanere poi invischiata in situazioni non controllabili e nel solo tornaconto sovietico, avrebbe preferito una dichiarazione unilaterale di garanzia alle Potenze occidentali da parte dell'Unione Sovietica. La Francia, dal canto suo, propendeva per uno specifico accordo bilaterale che chiarisse a Hitler il pericolo cui andava incontro 1• 1 GRJGORI GAFENCU,

118- 122.

Ultimi giorni dell'Europa, Rizzali, Milano 1947, pp. 98-104 e


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POLITIC,\ E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

Comunque, il progetto proposto il 2 giugno 1939 dall'U.R.S.S. sarebbe stato accettabile se i sovietici non avessero insistito per includere la Finlandia, l'Estonia e la Lettonia nell'elenco degli Stati da assistere. Questo atteggiamento suscitò il fondato sospetto cli Londra e di Parigi che in realtà Mosca intendesse surrettiziamente riservarsi il diritto di intervenire militarmente negli Stati baltici. Per converso, il pronto rifiuto dei paesi occidentali rese diffidente Mosca, che vide nella limitazione dell'aiuto a Polonia e Romania unicamente l'interesse francese ed inglese. Le successive formule proposte dall'una e dall' altra parte nel corso dell' estate furono di volta in volta respinte in un quadro di ombrosa dubbiosità. Ciò nonostante a fine luglio i negoziatori considerarono l'accordo politico «virmalmente concluso». Si poteva perciò passare ai problemi militari 2 . A questo punto, nella notte sul 15 agosto, i governi francese e britannico vennero informati che un preciso quesito posto dal commissario del popolo per la Difesa, maresciallo Vorosilov, aveva riportato i colloqui in alto mare: <<Le truppe sovietiche sarebbero autorizzate, in caso d.i aggressione diretta contro la Francia e l'Inghilterra, a penetrare in territorio polacco attraverso il corridoio di Vilno e la Galizia, ed in territorio rumeno?». La domanda era sottile ed insidiosa, perché la Francia aveva stipulato un patto con la Polonia e l'Inghilterra si era impegnata a garantire l'integrità di entrambi quei paesi. Vorosilov, vista la perplessità delle delegazioni alleate subito trinceratesi dietro il carattere politico della questione, dichiarò allora che questa costituiva una conditio sine qua non3 . Quanto meno occorreva dunque sentire i governi interessati. Quello rumeno fu addirittura ignorato. Per la Polonia rispose il col. Beck. Fu drastico: «È per noi una questione di principio - disse all'ambasciatore francese Noel la sera del 19 agosto -. Noi non abbiamo accordi militari con l' U.R.S.S. e non vogliamo averne. Non ammettiamo che sotto una forma qualsiasi possa discutersi dell'utilizzazione di un pezzo del nostro territorio da parte di truppe straniere. Non v'è, del resto, nulla di nuovo: questi principi sono sempre stati i nostri e ve li abbiamo esposti spesso» 4 • Il 21 agosto si diffuse la notizia della partenza di von Ribbentrop per Mosca. 2 3 4

Ibidem, pp. 165-173. Ibidem , p. 174. !bidem, pp. 177-178.


l L MOMEi':TO STOR[CO ' - - - - - - --

La distensione dei rapporti fra Germania e Unione Sovietica era inizi.ata nel! 'autunno 1938, dopo la conferenza di Monaco. Subì una netta battuta d'arresto nel maggio 1939 in occasione dell'istituzione del Protettorato di Boemia e Moravia (non riconosciuto dal governo sovietico), ma lentamente le relazioni tornarono a migliorare. Quando, il 31 marzo, Chamberlain rese nota la garanzia offerta alla Polonia, Hitler reputò indispensabile raggiungere un 'intesa con Mosca per coprirsi le spalle quando avesse dovuto affrontare le Potenze occidentali. E si rese anche conto che Stalin non era affatto alieno dallo stabi li re contatti più stretti. Non per nulla il 4 aprile la «Pravda» accusò Francia e Inghilterra di incitare. la Germania ad impadronirsi dell'Ucraina ed annunciò che, nell'eventualità. cli un confl itto tedesco-polacco, l'U.R.S.S. non avrebbe rifornito la Polonia di materiale bellico. Il 3 maggio , poi, il commissario agli Esteri, Litvinov, noto sostenitore del sistema di sicurezza collettiva e favorevole ad un'alleanza con l'Occidente, venne sostituito dal meno duttile Molotov, rendendo evidente il nuovo orientamento sovietico in politica estera. Stalin si trovava a dover scegliere tra l'accettazione ciel patto che Parigi e Londra si accingevano a prospettargli e la prosecuzione della manovra di riavvicinamento a Berlino. Diffidava delle Potenze occidentali e, nel contempo, temeva un'aggressione tedesca nei paesi baltici. Un accordo con le prime sarebbe andato quasi esclusivamente a loro favore perché esse avrebbero offerto ben poco in cambio e, per contro, sicuramente creato le premesse per un'intesa tra Germania e Giappone eia tempo paventata in Unione Sovietica. Un accordo con la Germania invece avrebbe certamente consentito all'U.R.S.S. di riprendersi quanto toltole con il trattato di Versailles nonché il vantaggio di assistere da spettatrice ali 'urto fra le più forti Potenze capitaliste europee. Comunque Stalin era deciso a sfruttare le opportunità che la posizione di «peso determinante» nell'antagonismo fra Occidente e Terzo Reich gli consentiva. Alla fine di luglio Hitler seppe dell'invio delle missioni militari francese ed inglese a Mosca. Stabilì allora cli accelerare i tempi e superare 1a diffidenza sovietica tuttora persistente. Molotov non aveva mancato di recriminare, infatti, la stipulazione del Patto Antlkomintem ed il rifiuto tedesco di prendere parte a conferenze con la pattecipazione clell'U.R.S .S .. Così, dopo un intenso lavorìo diplomatico , il 15 agosto l'ambasciatore tedesco a Mosca, von der Schulenburg, su incarico di Ribbentrop sottolineò a Molotov l'inesistenza di contrasti in merito agli «spazi vitali» tedeschi e sovietici dato che, per quanto prossimi, non comporta-


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POLITICA I! STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE JTAJ.,lANE

vano necessariamente inte1ferenze; mi se in evidenza che la «naturale simpatia tedesca per le cose russe non era mai venuta meno» (!); che le democrazie capitaliste occidentali erano nemiche della Germania come delJ'Unione Sovietica e pertanto diventava interesse di queste ultime risolvere al più presto la questione polacca, anche a costo di affrontare le Potenze occidentali. Il ghiaccio era rotto: Molotov dichiarò di «credere ormai alla sincerità delle intenzioni teclesche»5 . Stalin continuò, tuttavia, il doppio gioco con Francia e Gran Bretagna, alle qual i aveva fatto chiedere d i interpellare «urgentemente» Varsavia pe r definire il diritto cli transito dell' Armata Rossa in Polonia. Appen a fu certo (il 19 agosto) che mai il governo polacco avrebbe concesso un simile permesso, ordinò di concludere le trattative in corso a Berlino per un accordo commerciale e dec ise di accogliere la proposta del Reich di un patto di non aggressione6. Tre anni più tardi Stalin confiderà a Churchill che nell'agosto 1939 «ci formammo l'impressione che i governi britannico e francese non fossero affatto disposti ad impugnare le armi. per difendere la Polonia, ma che sperassero invece di dissuadere Hitler cla11 'aggressione, mostrandog li uno schieramento compatto della Gran Bretagna, della Francia e della Russia. Sapevamo che non esisteva una possibilità di questo genere»7 . Il 22 agosto Vorosilov rimproverò il capo della Missione francese ramme ntandog li che la questione di un patto militare fra i due Paesi era rimasta in sospeso per molti anni e soprattutto che «l 'anno scorso, quando la Cecoslovacchia stava morendo, noi aspettavamo dalla Francia un s egnale che non fu dato. Le nostre truppe erano pronte ( ...). li Governo britannico ed il Governo francese hanno trascinato troppo a lungo le discussioni politjche e militari ». Ed aggiunse significativamente: «Per tale motivo non si può escludere l'eventualità di certi avvenimenti politici>>8. Il giorno seguente Ribbentrop arrivava a Mosca e nella notte sul 24 firmava con Molo tov un patto cli non aggressione di durata decennale così concepito: 5 P1mIPP W. FARRY, Il pa110 Hitler-Stali11 1939-1941, li Saggiatore, Milano 1965, pp. 8 1-84. 6 Ibidem, pp. 89-9 1. 7 W J:NsTON CHURCHILL, la seconda guerra mondiale, parte prima. voi. I, Moncladori. Milano 1948, p. 426. 8 Ibidem, p. 427.


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IL MOMENTO STORICO

«Ambedue le Parti contraenti si obbligano a desistere reciprocamente da qualsiasi atto di violenza, aggressione o attacco, che possa venir compiuto sia isolatamente, sia in accordo con altre Potenze ( ...)» 9 .

Nel primo pomeriggio del 25 Vorosilov partecipò ad alcuni rappresentanti militari occidentali che «dato il cambiamento avvenuto nella situazione politica, non può essere di utilità alcuna continuare le conversazioni» 10. Quando l'ambasciatore francese domandò a Molotov se il trattato franco-sovietico del 1935 dovesse esser considerato ancora operante, si sentì rispondere freddamente che l' Unione Sovietica lo reputava privo di v~lore dopo il patto cli non aggressione franco-tedesco del 1938 11 . Nel pomeriggio del 23 agosto Hitler aveva ricevuto una lettera personale di Chamberlain, con la quale il Premier britannico avvertiva che l'escludere un intervento della Gran Bretagna a favore della Polonia a causa dell'accordo tedesco-sovietico sarebbe stato un gravissimo errore: di qualsiasi natura potesse essere il predetto accordo, il governo britannico avrebbe onorato gli impegni assunti. Di conseguenza, esso era pronto , «qualora dovesse presentarsene la necessità, ad impiegare senza esitazione tutto il potere di cui dispone, e quando la guerra fosse conùnciata nessuno potrebbe prevederne il tramite. Anche possedendo la certezza di una serie di vittorie su uno dei numerosi fronti cli combattimento, sarebbe un' illusione pericolosa quelJa di credere che il conflitto, una volta iniziato , potrebbe concludersi rapidamente ( ...)» 12 . Dopo una breve sfuriata con l'ambasciatore britannico, Henderson, Hitler replicò a Chamberlain attribuendo a Londra la responsabilità dell'atteggiamento irriflessivo ed intransigente di Varsavia e specificando che la Germania non desiderava assolutamente una guerra con la Gr~n Bretagna, ma non per questo avrebbe sacrificato i propri interessi e men che meno si sarebbe disinteressata del «terrorismo>>di cui erano fatti segno i tedeschi residenti in Polonia. Perciò «se sarà attaccata dall'Inghilterra, la Germania si farà trovare preparata e decisa» 13 . 9

Ibidem, p. 429.

IO W. SHIRER, Storia

del Terzo Reich, Einaudi, Torino 1963, p. 587. 1919 al 1970, Ed . Ateneo, Roma 1972,

11 J.B . DUROSELLE, Storia diplomatica dal

p. 228 . 12 W. CHURCHILL, La seconda guerra mondiale, cit., parte prima, I, p. 431. 13 Documents conceming German-Polish Relations and the Outbreak on Histilities between Great Bri1ain and Gennany, H.M .S .O., London 1939 (British Blue Book), pp. l 02-104.


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- - - - - - - - - -~PO " "L~ITICA E STRATEGIA IN CENTO .,~NNI DJ GUERRE ITALIANl:i

Il patto di non aggressione tedesco-sovietico, in sé, era sufficiente a suscitare scalpore ovunque ed infatti fu quello che accadde; ma importanza assai maggiore aveva il protocollo segreto addizionale firmato separatamente dal patto: «In occasione della firma de l patto di non aggressione fra la Ge1mania e l'Unione Sovietica, i plenipotenziari firmatari discussero in conversaziooni strettamente riservate il problema della delimitazione delle rispettive sfere. d'influenza nell'Europa orientale. 1. Nel caso di mutamenti territoriali e politici dei territori appartenenti agli Stati baltici (Finlandia , Estonia, Lettonia e Lituania), la frontiera settentrionale della Lituania rappresenterà la linea divisoria del le rispettive sfere d'influenza della Germania e dell'U .R.S .S .. 2. Nel caso cli mutamenti teJTitoriaLi e politici dei territori appartenenti allo Stato polacco, le sfere d'influenza della Germa1ùa e dell'U.R.S.S. saranno approssimativamente delimitate dalla linea dei fiumi Narew, Vistola e San. Soltanto in base ai futuri sviluppi politici sarà possibile decidere definitivamente se gli interessi delle due parti rendono desiderabile il mantenimento di uno Stato polacco indipendente; in tal caso si vedrà come debbono essere definite le frontiere di tale Stato. In ogni modo i due governi risolveranno tale questione mediante un'intesa anùehevole ( ...)».

L'articolo 3 dava atto del preciso interesse sovietico per la Bessarabia e del disinteresse tedesco per quella regione 14 . Stalin in persona assisté ai colloqui ed alla firma dei documenti. Mai si era visto un fatto del genere, in quanto a Mosca si era sempre voluto far credere che il massimo esponente del partico comunista sovietico nulla avesse a vedere con la politica estera dell'U.R.S.S .15 .

*

*

*

La notizia del patto an-ivò a Parigi come un fulmine a ciel sereno. Il ministro degli Esteri , Bonnet, chiese subito al presidente del Consiglio, Daladier, di convocare il Consiglio della Difesa Nazionale per stabilire la linea di condotta da seguire. Secondo il verbale della riunione, Daladier aprì la discussione formulando tre quesiti: poteva la Francia assistere senza reagire alla sparizione della Polonia e della Romania, o dì una 14

W. SHIRER, Storia del Terzo Reich, cit., pp. 586-587.

15 P. FABRY, Il patto Hitler-Stalin, eit., p. l I 5.


ILMOMENTOSTOR~IC ,= O_ _ _ _ _ _ _ _ __

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delle due, dalla carta d'Europa? Di quali mezzi disponeva per opporsi? Al momento quali provvedimenti dovevano essere adottati? Circa il primo punto, Bonnet, premesso che nella migliore defle ipotesi era da attendersi che la Polonia non ricevesse alcun aiuto dall'Unione Sovietica e che la Romania appoggiasse la Germania, chiese: «Dobbiamo mantenere fede ai nostri impegni ed entrare immediatamente in guena o rivedere da capo il nostro atteggiamento e valerci della dilazione così ottenuta per rafforzare la nostra potenza militare?» 16 . A suo giudizio la risposta doveva basarsi principalmente su considerazioni cli carattere militare. Il gen. Gamelin , capo di Stato Maggiore Generale, interpellato sulle possibilità' di resistenza della Polonia e della Romania, rispose di credere <<ad una onorevole resistenza da parte dei polacchi: ciò impedirebbe alla massa delle forze germaniche di gettarsi contro di noi prima della primavera, epoca nella quale l'Inghilterra sarebbe al nostro fianco» 17 . Alla fine il Consiglio riconobbe che, poiché con il tempo la Gennania avrebbe ulteriormente accresciuto la propria forza incamerando le risorse polacche e rumene, per la Francia «l' unica soluzione da prendere in considerazione è quella cli tenere i nostri impegni di fronte alla Polonia, impegni che sono, d'altra parte, anteriori alle negoziazioni con l'U.R.S.S.» 18 . A Londra i commenti furono aspri. Il 24 agosto il ministro degli Esteri, Halifax, disse alla Camera Alta: «Non nascondo che questo annuncio è giunto di sorpresa al Governo di Sua Maestà. A Berlino l'accordo è stato salutato, con notevole cinismo, come un grande successo diplomatico che verrebbe ad allontanare il pericolo della guerra. La Gran Bretagna e la Francia, come è stato affermato, non ten-ebbero più fede agli impegni con la Polonia. Il Governo di Sua Maestà considera come suo primo dovere dissipare tale pericolosa illusione ( ...)>> senza, peraltro, abbandonare la speranza che le cose trovassero una composizione accettabile 19 . Il 25 agosto il governo britannico firmò il patto di mutua assistenza con la Polonia. A Tokio le reazioni contro la Germania furono durissime, tanto che il governo Hiranuma si dimise il 28 agosto. Tuttavia, superando il diffuso scoppio di indignazione popolare, l'esercito, come sempre favorevole 16 MAURlCE GAMELlN, Al servizio della Patria, Rizzoli, Milano I 947, pp. 51-52. 17 Ibidem, p. 53. 18 Ibidem, p. 55. Il «processo verbale» riportato da Gamelin fu, a suo dire, tanto sintetico da dar luogo ad equivoci. Nel libro Gamelin inserisce le proprie osservazioni. l9 P. FABRY, Il patto Hitler-Stalin, cit., p. 140.


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alla Germania, riuscì ad imporre il gen. Abe, quale nuovo presidente del Consiglio. E presto le acque si calmarono. A Roma l'irritante constatazione che da Berlino le iniziative continuavano ad essere prese senza il minimo cenno di preavviso all'alleato, fu superata dai timori derivanti dal prevedibile imminente attacco alla Polonia e dalla convinzione che ben difficilmente il conflitto potesse rimanere localizzato. I risentimenti nei confronti di Berlino erano marcati. L' 11-13 agosto Ciano aveva incontrato Ribbentrop a Salisburgo e Hitler a Berchtesgaden e saputo, con sorpresa, che il problema del giorno non concerneva Danzica o il Corridoio bensì l'intera Polonia. Rientrato a Roma, si era scagliato contro la deliberata inosservanza tedesca degli articoli l e 2 del Patto d'Acciaio ed aveva proposto a Mussolini di «agire di conseguenza, dichiarando cioè che noi non intendevamo partecipare ad un conflitto che non abbiamo voluto né provocato»20 . Mussolini aveva accusato il colpo. Secondo Grandi in quei giorni il Duce combatté «la più grande battaglia interiore della sua vita» 21 . Non si sentiva di rompere il Patto per evitare di dover ammettere il fallimento della propria politica; non si sentiva di seguire Hitler in quella che considerava una pericolosa avventura; dubitava cli poter realizzare una seconda Monaco. La notizia della partenza di Ribbentrop per Mosca accentuò la tensione. Decise allora di comunicare a Hitler che nel caso di conflitto localizzato l'Italia avrebbe offerto «ogni forma di aiuto politico, economico che le sarà richiesto», mentre, nell'evenienza di una guerra generale provocata dall' attacco alla Polonia, l'Italia, «date le attuali condizioni della nostra preparazione militare ripetutamente e tempestivamente segnalate al Ftihrer ed a von Ribbentrop», non avrebbe preso «l'iniziativa di operazioni belliche»22 . Il telegramma fu però bloccato dall'arrivo della lettera cli «spiegazioni>> di Hitler, che sottolineava i vantaggi offerti dal patto cli non aggressione con l'Unione Sovietica e dichiarava di trovarsi davanti ad «una frontiera dalla quale non posso indietreggiare a nessun patto»23 . In quelle contingenze e vista la fiducia che implicitamente Hitler aveva fatto intendere di nutrire nell'appoggio italiano, Mussolini e Cia20 GALEAZZO CIANO , Diario 1937-1943, Rizzoli, Milano 1.980, p. 327. 21 DrNo GRANDI, Frammenti di diario, sotto la data del 27.8.1939, Archivio

di, b. 151, fase. 199, sott. 3. 22 Ciano ad Attolico in data 25.8.1939, DDI, 8" serie, XIIl, doc. 232. 23 Hitler a Mussolini in data 25.8.1939, ibidem, doc. 245.

Gran-


ll, MOMENTO STORICO

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no si affrettarono a cercare un disimpegno, non tale peraltro da pregiudicare la validità del Patto d'Acciaio. Ciò a prescindere dal fatto che il Patto Antikomintern veniva annullato unilateralmente e che, dopo aver tuonato per anni contro il bolscevismo, a Mussolini non poteva sorridere l'idea di trovarsi a fianco dell' Unione Sovietica24 . Per quanto Chamberlain e Hitler si fossero reciprocamente dichiarati risoluti ad affrontare la tempesta - in sostanza, a non bluffare -, nessuno dei due credeva che l'ultima parola fosse stata detta. La sera stessa del 25 agosto Hitler, convinto che Londra e, quindi, Parigi si sarebbero arrestate sulla pericolosa china, confermò la data stabilita per l'attacco alla Polonia: era 4,30 di sabato 26 agosto. E il 25 , soddisfatto dell'accordo con Stalin che gli consentiva piena sicurezza ad oriente, pensò evidentemente di ottenere qualcosa cli simile ad occidente. Convocò Henderson e gli disse che «riconosceva>> l'impero britannico ed era pronto a «garantirne personalmente la continuazione, ed a impegnare per questo la potenza del Reich tedesco»! Henderson riferì al Foreign Office che Hitler «desidera compiere con l'Inghilterra un passo non meno decisivo di que llo fatto con la Russia ( ...). Il Ftihrer è pronto a concludere con l'lngh.ilterra accordi che, per quanto riguarda la Germania, qon solo garantirebbero l'esistenza dell'impero britannico in ogni circostanza, ma se necessario assicurerebbero all'impero britannico anche l' aiuto tedesco indipendentemente dalle circostanze in cui tale aiuto fosse necessario)>.

Naturalmente l'offerta, definita da Hitler «di vasta po1tata», sarebbe divenuta valida solo «dopo la risoluzione del problema tedesco-polacco» . Nel suo diario il gen. Halder, capo di Stato Maggiore dell'esercito tedesco, annotò che «il Ftihrer non se la prenderebbe se l'Inghilterra in. r scenasse una fmta guerra»-:, . All'ambasciatore francese Coulondre, ricevuto più tardi, Hitler ripeté che la Germania nulla aveva contro la Francia e che non intendeva attaccarla, ma se fosse entrata in campo, la Ge1mania avrebbe combattuto con24

Però il 5 settembre cercò di minimizzare affermando a Bottai che <<la Russia di oggi non è più la Russia del contrnsto storico Fascismo-Bolscevismo. Ha mutato. C'è stata una evoluzione. I termini in antitesi si sono ravvicinati. In ognj modo, ideologicamente, noi siamo del pari , se non più, lontani dal capitalismo demoplutocratico del le Potenze occidentali» (GIUSEPPE BOTTAI, Diario 1935-1944, Rizzoli, Milano 1989, p. 160). 25 W. SHIRER, Storia del Terzo Reieh, cil., pp. 595-597. 26 Hitler a M ussolini in data 25.8.1939, ODI, 8" serie, XUI , doc. 245.


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POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANN I DI GUERRE lTAUJ\NE

tro di essa sino alla fine». Coulondre, per tutta risposta, si dichiarò sicuro che se la Polonia fosse stata aggredita «la Francia sarebbe intervenuta con tutte le sue forze». Hitler si strinse nelle spalle e replicò che combattere contro i francesi gli sarebbe dispiaciuto, ma la cosa non dipendeva da lui. L'indomani mattina le truppe tedesche dovevano varcare la fron tiera polacca secondo gli ordini esecutivi impartiti il 23 agosto. Ma verso le 18 del 25 giunsero a Berlino due notizie che turbarono Hitler. La prima proveniva da Londra: era stato appena firmato un trattato anglo-polacco che trasformava la garanzia unilaterale concessa a suo tempo da Londra in un impegno di mutua assistenza. La seconda consisteva nella risposta di Mussolini alle tardive informazioni tedesche circa il patto con l'Unione Sovietica ed all'accenno, vago ma percepibile, dell'imminente soluzione di forza del problema polacco26. Mussolini comunicava di rendersi pienamente conto della situazione, però, nell 'eventualità che clava per scontata - che il conflitto non rimanesse localizzato, «Vi informo d'anticipo che sarà opportuno per me non prendere l'iniziativa i.n operazioni militare , dato l'attuale stato della preparazione bellica italiana, circa .la quale abbiamo ripetutamente ed in tempo utile informato Voi , Fi.ihrer, e Herr von Ribbentrop. ( ...) Nei nostri incontri la guerra era stata prevista per il I 942 e per quell'epoca io sarei stato pronto in te1Ta, in mare ed in cielo, secondo i piani stabiliti ( ...)>,27 .

Le due notizie arrivarono inattese e Hitler non nascose la sgradita sorpresa. Il maresciallo Keìtel, capo clelI'Oberkommando der Wehrmacht, a Norimberga ricordò di essere stato convocato improvvisamente alla Cancelleria da Hitler che gli ordinò: «Fermate subito ogni cosa. Ho bisogno di tempo per condurre dei negoziati>>. E Goering confermò: «Il giorno in cui l'foghilterra diede ufficialmente alla Polonia la sua garanzia, il Fi.ihrer mi chiamò al telefono e mi disse cli aver sospeso la progettata invasione della Polonia. Gli chiesi se la misura era temporanea o definitiva. Rispose: "No, devo vedere se riesco ad impedire l'intervento britannico"» 28 .

Tuttavia Hitler si riprese subito. In due successive lettere comunicò e confermò a Mussolini la determinazione di risolvere la questione 26 Hitler a Mussolini in data 25.8.1939, DDI, 8" serie, Xlll, cloc. 245. 27 28

Mussolini a Hitler in data 25.8.1.939, ibidem., doc. 250. W. SHJRBR, Storia del Terzo Reich, cit., pp. 604-605.


fL MOMENTO STORICO

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orientale «anche a rischio di complicazioni con l'Occidente» e se si fosse dovuto impegnare in una grande guerra avrebbe concluso la partita ad est «prima che le due Potenze occidentali possano ottenere qualsiasi successo»29 . È indubbia la volontà di Hitler di gettarsi sulla Polonia a qualunque costo, difatti, come si vedrà, ordinò l'inizio delle ostilità per l'alba ciel 1° settembre. Coltivò peraltro anche l'illusione di riuscire, se non ad evitare, almeno a contenere in qualche misura le conseguenze di un'eventuale entrata in campo della Gran Bretagna. Nel diario del gen. Halder, ìn data 26 agosto, si legge: <<Corre voce che l'Inghilterra sia disposta a prendere in considerazione una proposta di vasta portata. I particolari al ritorno di Henderson. Secondo altre voci l'Inghilterra si riserva il diritto di dichiarare se gli interessi vitali della Polonia sono minacciati o no. Jn Francia aumen tano le dimostrazioni contro una guerra in senso antigovernativo. Nostro piano: chiediamo Danzica, un corridoio attraverso Corridoio e un plebiscito analogo a quello della Saar. Forse l'Inghilterra accetterà; la Polonia probabilmente no. Un cuneo tra le due nazioni» 30 .

In quegli ultimi giorni di agosto un uomo d'affari svedese, Birger Dahl.erus, amico di Goe1ing, si adoperò intensamente come intermediario fra Berlino e Londra, più o meno in parallelo con il canale diplomatico. Il risultato fu che Hitler e Ribbentrop continuarono a ritenere possibile una limitazione del pericolo inglese, anche se il punto di vista britannico, espresso da Halifax, rimaneva in termini contraddittori ma tutto sommato fermi: «I O Solenne assicurazione della volontà d.i raggiungere una vera intesa fra Germania e Gran Bretagna. Non v'è un membro del Governo che la pensi diversa:. mente. 2° La Gran Bretagna è tenuta a far fronte ai suoi impegni con la Polonia. 3° Le divergenze tedesco-polacche debbono essere appianate pacificamente»31 .

Approssimandosi la data ciel 1° settembre, il gioco di Hitler si fece più serrato. La sera del 29 agosto rispose ad una nota britannica del giorno precedente, con cui il Foreign Office respingeva cortesemente l'offerta tedesca di «garantire» l'impero britannico; informava che la Polo29 Hitler a Mussolini in data 26.8.1939 e 27.8.1939, DDI, 8" se1ie, XIII, rispettivamente cloc. 298 e 329. 30 W. SllIRER, Storia del Terzo Reich, cit., p. 617. 31 Appunto di Halifax circa le istruzioni verbali date a Dahlerus il 27 agosto.


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POLITIC/1 É S'J'R!'ffEG IA IN C:ENTO ANNI l)l GUERRE !TAU.A.NE

nia era disposta ad intavolare subito trattative dirette con la Germania; avvertiva che in ogni caso il governo britannico non poteva acconsentire ad una soluzione che «mettesse a repentaglio l' indipendenza di uno Stato al quale esso aveva dato la sua garanzia»; ribadiva di desiderare «con ansia» una composizione pacifica della vertenza perché «un'equa intesa ( ...) fra Germania e Polonia può aprire la via ad una pace mondiale. li suo mancato raggiungimento distruggerebbe ogni speram:a di un accordo fra Germania c Gran Bretagna, spingerebbe i due Paesi in un conflitto e potrebbe anche trascinare nella guerra tutto il mondo. Tali conseguenze sarebbero una calamità senza pari nella storia»32 .

Hitler replicò di essere disposto «( ...) ad accettare l'offerta del governo britannico di prestare i suoi buoni uffici per ottenere che sia inviato a Berlino un incaricato polacco con pieni poteri. Esso conta sull'arrivo dell'incaricato per venerdì 30 agosto 1939. li governo tedesco redigerà immediatamente delle proposte per una risoluzione eia lui accettabile e, se possibile, le sottoporrà al governo britannico prima dell'arrivo ciel negoziatore polacco»33 .

In realtà Hitler calcolava che se Varsavia non avesse inviato entro ventiquattr'ore un suo rappresentante a Berlino (ed era prevedibile che il governo polacco non avrebbe accolto un invito che nella sua formulazione aveva tutta l'aria di un ultinrntum), oppure se il delegato avesse respinto le condizioni tedesche, avrebbe potuto accusare la Polonia di aver ricusato la «equa intesa» desiderata dalla Gran Bretagna ed in tal caso forse gli sarebbe riuscito convincere Londra e Parigi a non intervenire. Secondo il gen. Halder «il Fi.ihrer spera di operare un dissidio tra inglesi, francesi e polacchi. Strategia: creare impedimenti con richieste demografiche e democratiche ( ...). I polacchi verranno a Berlino il 30 agosto. Il 31 agosto i negoziati verranno bruscamente interrotti. Dopo il 1° settembre usare la forza» 34 . Le richieste tedesche erano invero sorprendentemente moderate (Danzica alla Germania; il porto di Gclynia alla Polon ia; la sorte del Corridoio decisa da un plebiscito indetto dopo un anno, a tensione pia-

32

British Blue Book, cit., pp. 126-128. W. SHlRER, Storia del Terzo Reich, cit., p. 626. 34 Ibidem, p. 627, nota. 33


IL MOMENTO STORICO

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cata; il Paese che avesse ottenuto il Corridoio dal plebiscito avrebbe concesso ali 'altro un'autostrada ed una linea ferroviaria extraterritoriali attraverso il Corridoio stesso), ma il rifiuto - previsto - del governo polacco di mandare a Berlino un plen ipotenziario , preferendo «combattere e soccombere anziché subire una tale umiliazione, specie dopo gli esempi fomiti dalla Cecoslovacchia, dalla Lituania e dall'Austria» , ed il volutamente ristrettissimo margine di tempo imposto dalla Germania resero vani i disperati sforzi dell'ambasciatore inglese di togliere all'invito tedesco il carattere di ultimatum. 11 colloquio Henderson-Ribbentrop, avvenuto verso la mezzanotte del 30 agosto alla Wilhelmstrasse, fu - come ricordò in seguito l'interprete Schmidt - «il più tempestoso a cui abbia mai assistito durante i ventitré anni della mia carriera di interprete», tanto da fargli temere, ad un certo punto , che i due diplomatici venissero alle mani 35 , e terminò quando Ribbentrop con un gesto sdegnoso gettò sul tavolo il documento con le proposte tedesche, dicendo che ormai esso era superato non essendosi presentato alcun delegato polacco prima di mezzanotte36 . La moderazione delle richieste era deliberata: «Ml occoJTe un alibi aveva detto Hitler e Scbmidt - specie nei confronti del popolo tedesco, per dimostrare che ho fatto di tutto per salvare la pace. Ciò spiega la mia generosa offerta circa la soluzione dei problemi relativi a Danzica ed al CoITidoio>>. Alle 12,30 di quel 31 agosto Hitler diramò la direttiva n . I per la condotta della guerra: «I . Ora che tutte le possibilità politiche di risolvere con mezzi pacifici la situazione della frontiera orientale, divenuta intollerabile per la Germania, sono esaurite, mi sono deciso ad un'azione di forza. 2. L 'attacco alla Polonia sarà effettuato in conformità ai preparativi fatti per il «caso bianco», con le modifiche che risultano, per quanto concerne l'esercito:· dal fatto che esso nel frattempo ha quasi completato il suo schieramento. L' assegnazione dei compiti e gli obiettivi delle operazioni rimangono immutati. Data d'attacco: I O settembre 1939. Ora dell'attacco: 4,45 ciel mattino. L'ora vale anche per le operazioni che riguardano Gdynia, la baia di Danzica ed il ponte di Dirschau. 3. Ad occidente, è importante che la responsabilità per i'apertura deUc ostilità ricada inequivocabilmente sull'Inghilterra c sulla Francia. Per il momento, a eventuali violazioni di poco conto della frontiera si farà fronte con azioni puramente locali.

35 PAULSCH!vUDT, Hitler\ lnterpreter, New York I 95 I, pp. 150-155. 36 Brilish Blue Book, cit., pp. 142-143 .


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POLITICA ESTRATEGL.\ IN CENTO ANNI

or GUERRI,

ITALIANE

La neutralità dell'Olanda, del Belgio, del Lussemburgo e della Svizzera, nazioni alle quali abbiamo dato assicurazioni in questo senso, dovrà essere scrupolosamente rispettata. ln terra, la frontiera occidentale tedesca non dovrà essere oltrepassata senza mio esplicito ordine. In mare, vale la stessa disposizione per tutte le azioni belliche e le iniziative che possano essere interpretate come tali. 4 . Se la Gran Bretagna e la Francia apriranno le ostilità contro la Germania, sarà compito delle formazioni della Wehrmacht operanti a occidente risparmiare le loro forze il più a lungo possibile, in modo che suss istano le condizioni necessarie per una conclusione vittoriosa delle operazioni contro la Polonia ( ...). Mi riser vo, in ogni caso, di impartire l'ordine di iniziare operazioni offensive ( ...)»3 7 .

All'alba del l O settembre, come stabilito , le armate tedesche entrarono in Polonia precedute dai micidiali bombardamenti della Luftwaffe. Alle 1O Hitler parlò al Reichstag per g iustificare l'aggressione: «( ...) Non si può pretendere - concluse - che il governo del Reich continui non solo a dichiarare la sua propensione ad iniziare negoziati ma anche a promuovere veramente tale soluzione, se da parte polacca non si pensa che a scoraggiarlo con futili sotterfugi e con dichiarazioni senza significato. È risultato ancora una volta chiaro, da un passo compiuto nel frattempo dal]' ambasciatore polacco, che quest' ultimo non ha avuto pieni poteri per affrontare una discussione e tanto meno per negoziare. Il Fi.ihrcr ed il governo tedesco hanno atteso inutilmente due giorni l'arrivo di un plenipotenziario polacco. Così stando le cose, il governo tedesco può solo concludere che le sue proposte sono state ancora una volta ( ...) respinte, sebbene esso ritenesse che tali proposte, nella forma in cui sono state rese note al governo britannico, fossero più che leali, oneste ed accettabili» 38 .

La magistrale mistificazione apparve alle masse assolutamente convincente. A complemento di essa fu aggiunto «l'attacco polacco» alla stazione radio tedesca di Gleiwitz (condotto in realtà da elementi SS in uniformi polacche): la Polonia aveva attaccato per prima! Alle 21 Ribbentrop ricevette dall'ambasciatore Henderson una comunicazione ufficiale del governo britannico:

37

Ibidem, pp. 637-638. In corsivo le parole sottolineate nel testo tedesco.

38 Sugli avvenimenti degli ultimi giorni di agosto 1939 cfr. W. SmRER,

Terzo Reich, cit., pp. 617-644.

Storia del


IL M01'fENTO STORICO

«( ...) Se il governo tedesco non è pronto a dare al governo di Sua Maestà assicurazioni soddisfacenti circa la sospensione di ogni azione aggressiva contro la Polonia ed il ritiro immediato delle sue forze dal territorio polacco, il governo di Sua Maestà adempierà senza esitare i suoi obblighi verso la Polonia» 39 .

Un'ora più tardi l'ambasciatore francese , Coulondre , consegnava una nota analoga. Intanto Mussolini, benché dissuaso da Hitler dall'offrire mediazioni destinate a cadere nel vuoto40 , sentiti i governi di Parigi e Londra attraversq gli ambasciatori a Roma e ricevuta notizia dal nostro rappresentante a Berlino, Attolico, che Henderson era stato autorizzato a precisare che la nota consegnata a Ribbentrop non costituiva un ultimatum, bensì un avvertimento, il 2 settembre fece trasmettere alla Wilhelmstrasse il seguente appunto: <<A titolo informativo e naturalmente lasciando al fiihrer ogni decisione, l'Italia fa sapere che avrebbe ancora la possibilità di fare accettare eia Francia, fnghilterra e Polonia una conferenza sulle seguenti basi: l. armistizio che lasci le armate dove sono ora; 2. riunione della conferenza entro due o tre giorni; 3. soluzione del la vertenza polono-tedesca che, allo stato degli atti non potrebbe essere che sicuramente favorevole alla Germania. L' idea, originariamente emanata dal Duce, è ora sollecitata specie dalla Francia. Dam.ica è tedesca e la Germania è già in occupazione di pegni, che le garantiscono una parte delle sue rivendicazioni. La Gennania ha già avuto la sua "soddisfazione morale". Accettando la pr'oposta conferenza, essa otte1Tebbe tutti i suoi obiettivi, evitando una guerra che orma.i si presenta chiaramente come generale e di lunghissima durata ( ...)>,41 . •

Senonché verso le 19 Halifax avvertì Ciano che il gabinetto britannico poneva il ritiro delle truppe tedesche dal territorio polacco come condizione preliminare per la conferenza. Allora Ciano si arrese: era ovvio che mai Hitler avrebbe accettato simile condizione. Malinconicamente scrisse nel suo diario: «Non tocca a noi dare un consiglio di tale natura a Hitler, che lo respingerebbe con decisione e forse con sdegno. Dico ciò a Halifax, ai due ambasciatori e al 39 40 41

Brilish Blue Book, cit., p. 168. Hitler a Mussolini in data l .9 .1939, DDI, 8' serie, XIII, doc. 542. Ciano ad Attolico in data 2.9.1939, ibidem, doc. 571.


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POLITICA E STR/ITEGJA IN CENTO •.\NNJ DI GUERRE JTALIANE

Duce, e infine telefono a Berlino che, salvo avviso contrario dei tedeschi , noi lasciamo cadere I.e conversazioni. L' ultima luce di speranza si è spenta»42 .

Il 2 settembre fu la giornata cruciale per Gran Bretagna e Francia. Halifax aveva persuaso Bonnet a compiere un passo comune a Berlino, ma quando propose di consegnare a mezzanotte un ultimatum Parigi oppose difficoltà. Più esattamente, visto che all'atto pratico solo l'esercito francese avrebbe dovuto affrontare i tedeschi, il gen. Gamelin chiese altre ventiquattro ore di tempo in modo da completare la mobilitazione generale. A Londra, ove il Parlamento era incline a prendere immediata posizione, questo passo indietro suscitò sconcerto e alle 18 Halifax avvertì l'ambasciatore a Parigi che «il governo britannico non può concedere quarantotto ore. Esso considera molto imbarazzante l'atteggiamento francese». Alle 21,50, dopo una eccitata riunione ai Comuni, Chamberlain telefonò personalmente al presidente Daladier. Spiegò che, a causa dell'esistenza di una forte tensione interna, «se la Francia dovesse insistere per avere quarantotto ore a partire eia domani a mezzogiorno, al governo, qui, riuscirebbe impossibile far fronte alla situazione». Ed aggiunse di rendersi perfettamente conto del fatto che era la Francia a dover sopportare un attacco tedesco , però occorreva fare subito qualcosa. In definitiva propose cli consegnare l'ultimatum l 'indomani, domenica 3 settembre, alle 8 con scadenza a mezzogiorno . Sia Dalaclier sia, poco dopo, Bonnet insisterono per disporre di maggior tempo, ma Halifax, consapevole di dover comunicare le decisioni governative al Parlamento nella seduta indetta per l'indomani a mezzogiorno, avvertì Bonnet che la Gran Bretagna si sarebbe mossa «per proprio conto». Cosicché, poco prima della mezzanotte, Halifax preavvisò l'ambasciatore Henderson ed all'alba gli trasmise la nota da presentare a Ribbentrop, in riferimento ed a seguito di quella del l O settembre: «( ...) Benché questa comunicazione sia stata fatta da ventiquattr'ore, non è stata data alcuna risposta e gli attacchi tedeschi contro la Polonia sono continuati e si sono intensificati. Così ho l ' onore di informarVi che, qualora non più tardi delle undici antimeridiane (orario inglese estivo) di oggi 3 settembre non s.iano date dal governo tedesco assicurazioni soddisfacenti a ta le riguardo al governo di Sua Maestà, a partire da quell' ora tra i due Paesi esisterà lo stato di guerra»43 . 42 43

G. CIANO , Diario, cit., p. 341. British Blue Book, cit. , p.175.


IL MOMENTO STORICO

In assenza di Ribbentrop, la nota fu consegnata all'jnterprete ufficiale Schmidt. Questi si precipitò alla Cancelleda: «Entrai - ricordò più tardi - ( ...) e trovai Hitler seduto alla sua scrivania e Ribbcntrop in piedi vicino alla finestra . Appena entrato, entrambi mi guardarono, aspettando. Mi fermai ad una certa distanza dallo scrittoio di Hi tler e lentamente tradussi l' ultimatum britannico. Quando finii , cadde un assoluto silenzio. Hitler ri mase seduto , immobile, fissando davanti a sé( ...). Dopo un intervallo che mi sembrò un secolo, si voltò verso Ribbentrop, rimasto in piedi vicino alla fi nestra. "E ora che facciamo?" chiese Hitler con uno sguardo selvaggio, dando quasi l' impressione di attribuire al suo ministro degli Esteri l'errato giudizio circa la possibile reazione dell'Inghilterra. Con voce calma, Ribbentrop rispose: " Ritengo che i francesi entrn un'ora ci consegneranno un analogo ultimatum")>.

Schmidt uscì dalla stanza e si fe rmò in anticamera, dove stavano diversi ministri in attesa, ed informò anch 'essi . Dopo un momento di silenzio, Goering disse: «Se perdiamo questa guerra, che Dio abbia misericordia d i noi!». Goebbels, rammentò Schmidt, «se ne stava in un angolo, solo , abbattuto, immerso nei suoi pensieri. Dovunque , nella stanza , vidi sguardi che tradivano una profonda preoccupazione» 44 . *

*

*

Tirando le somme, no n si può d ire che il comportamento delle Grandi Potenze europee sia stato esente da colpe nei confronti della Polonia, né eia effori gravi al punto da pregiudicare le possibilità di pace. Tutte dettero assoluta priorità ai propri interessi. L'Unione Sovietica, a parte l'acquisizione di mezza Polonia e dei Paesi baltici con poca spesa, puntò sul fatto che, ove in seguito fosse stata a suo tempo attaccata dalla Germania, questa si sarebbe già trovata alle prese con le Potenze occidentali. La Francia mantenne gli impegni però, vedendosi nelle condizioni cli doversi battere da sola contro la Germania durante la non breve attesa delle forze britanniche, decise di attenersi alla difensiva sulla linea Maginot fino alla primavera ciel 1940 sfruttai1clo la «resistenza onorevole» della Polonia (!). Anzi Gamelin asserì che un'offensiva anglo-francese 44

P. SCHMmT, Hitler s· lnterpreter, cit., pp. 157- 158.


2:,:: 8_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ POLITJCA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

non sarebbe stata prevedibile prima del 1941-194245 . Così l'esercito francese, completata la mobilitazione, rimase immobile lungo l'intero suo fronte46 . Non solo, ma il governo francese chiese a Londra di astenersi «da incursioni aeree sulla Germania, affermando che esse avrebbero potuto provocare rappresaglie contro le industrie belliche francesi, prive cli adeguata protezione». E la Royal Air Force allora si limitò al lancio di opuscoli di propaganda47 . La Gran Bretagna stipulò subito il patto di mutua assistenza, è vero, però ne limitò la validità soltanto all'ipotesi di un'aggressione da parte del Reich. Cosicché, quando si verificò la prevedibile invasione sovietica a seguito di quella tedesca, il governo britannico non fu obbligato a dichiarare guerra all'Unione Sovietica. Churchill in seguito ammise: <<Ero sempre convinto del profondo e, a mio parere, indomabile antagonismo fra Russia e Germania, e mi aggrappavo alla speranza che gli eventi avrebbero costretto i sovietici a schierarsi al nostro fianco. Di conseguenza non diedi sfogo alla mia indignazione( ...) davanti a questa politica spietata e brutale. Non aveva mai nutrito illusioni sul conto dei russi. Sapevo che non avevano alcun codice morale e che si preoccupavano soltanto del proprio interesse. Ma per lo meno non avevano verso di noi debiti di sorta. Inoltre non si doveva perdere di vista la considerazione che durante le guen-e mortali la collera deve tacere davanti alla necessità di sconfiggere il nemico imm.ediato ( ...)»48.

A Roma, nel tardo pomeriggio del I O settembre un comunicato del1' Agenzia Stefani rendeva noto che il Consiglio dei ministri, riunitosi dalle 15 alle 15,20, dopo attento esame della situazione determinatasi in Europa <<dichiara e annunzia al popolo che l'Italia non prenderà iniziative alcuna di operazioni militari». Dalle testimonianze di Bottai, Grandi e Guarneri risulta fortissima la preoccupazione di tutti, non solo di Mussolini, di difendersi dalla prevedibile accusa di essere venuti meno all'alleanza come nel 1914. Mussolini affermò:

45

M. GAMELlN, Al servizio della Patria, cit., p. 50. Il Fuller conunentò: «Il più potente esercito del mondo si trovava dinanzi a non più di ventisei divisioni tedesche e se ne stava tranquillo, protetto dall'acciaio e dal cemento, mentre un alleato d'una prodezza donchisciottesca veniva stcnninatol>} (J .F.C. FULLER, The Second World War (1939-1945), London 1948, p. 55). 47 W. CHURCHILL, La seconda guerra mondiale, cit., parte prima, Jl, pp. 32-33. 48 Ibidem, pp. 58-59. 46


IL MOMENTO STO•..cR,,., IC~O: __ _

29

«La nostra posizione è chiara; e fu nettamente definita col Fiihrer: l'Italia non sarebbe stata pronta che alla fine del 1942. E spiegai perché. I tedeschi non potevano, per un ' eventuale azione prima del I 942, darci ciò di cui avremmo avuto bisogno: né nafta, né ferro ... Il '42 era, per noi, termine di assoluta necessità. Ora, siccome non voglio passare per un fedifrago , ho telegrafato al Fi.ihrer perché si assumesse lui di dichiarare di avere, con l' improvvisa iniz iativa, disimpegnato l' Italia da un impegno immediato. Il Hihrer mi ha subito telegrafato in questo senso (Legge il telegramma). E ha confermato il suo telegramma nel suo discorso al Reich di ques ta mane ( ...)» 49 .

Ciano dich iarò: «Dal maggio del 1938 in poi , la nostra linea di condotta è stata costante: non potere l'Italia avventurarsi in un conflitto armato prima del 1943. La Germania ci ha fatto trovare di fronte ad una situazione di guerra, senza interpellarci. J1 convegno di Salisburgo fra me e Ribbentrop ha avuto luogo perché il Duce, avendo sospettato che qualcosa di grave si stava preparando, mi ha ordinato d i provocare l'incontro. Il patto germano-sovietico è stato concluso a nostra insaputa. Davanti ai patti ed alla storia la nostra posizione è perfetta» 50 .

Grandi andò oltre: «( ...) Mi domando pertanto se non sia cosa tempestiva e saggia profittare della situazione: la Germania è venuta meno ai patti, i quali prevedevano esplicitamente che nessuna guerra la Germania avrebbe intrapreso prima del 1943. L'Italia ha pertanto il dirìtto cli denunciare il patto d'alleanza e riprendere integra la sua libertà d'azione ( ... )>, 51.

La decisione di «non prendere iniziativa alcuna cli operazioni militari» - la formula «non belligeranza» vetTà usata ufficialmente nel comunicato relativo alla riunione del Gran Consiglio del Fascismo ciel 7-· dicembre - mirava chiaramente a guadagnare tempo, però generò nei tedeschi un'immed.iata e duratura sfiducia nei confronti dell'Italia, che si tirava indietro come nel 1914 e che era da temere potesse «passare al nemico» da un momento all'altro come nel 191552 .

49

G. B01TA I, Diario, cit., pp. 156-157. so FELICE GUARNIERI, Battaglie economiche fra le due guerre, li Mulino, Bologna 1953, p. 973. SI D . GRA NDI, Frammenti di diario, c it., data 1.9 .1939, Archivio Grandi, b. l5 , f. 199. 52 ENNO voN RINTEL RN, Mussolini l'alleato, Garzanti, Roma '1952, p. 72.


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POLITICA r, STRATEGIA IN CENTO ANNI IJI GUERRE ITAUANE

2. I RAPPORTI ITALO-TEDESCHI Durante H periodo della non belligeranza i rapporti dell'Italia fasc ista con la Germania si svilupparono in un clima di crescente tensione seguendo un 'ideale curva parabolica che toccò il massimo punto di attrito a fine 1939, per poi decrescere lentamente sino al marzo 1940, mese in cui si profilò la spinta decisiva verso l'intervento a fianco del Terzo Reich 53 . L'origine della crisi neUe relazioni fra i due paesi si può verosimilmente collocare nei colloqui di Salisburgo (11-13 agosto 1939), nel corso dei quali Ciano no si espresse con la necessaria chiarezza di tennini54. È pur vero che in seguito il ministero degli Esteri italiano predispose una esauriente documentazione atta ad eliminare ogni eventuale equivoco sulla posizione dell 'Italia55 , ma le opportune puntualizzazioni sul tema non approdarono ad alcunché di concreto, da un lato perché Hitler e Ribbentrop, convintissimi dell'incondizionato appoggio italiano , non vedevano la necessità di altri incontri e dall'altro a causa dell'ondivago orientamento del pensiero di Mussolini. L' annuncio delJa stipulazione del patto con l'Unione Sovietica fatto da Hitler il 25 agosto provocò, come sappiamo , una immediata e preoccupata presa di posizione dell'Italia. Hitler nascose a stento il disappunto, però il documento chiestogli da Mussolini per giustificare l'astensione italiana non venne portato a conoscenza della stampa tedesca e quindi rimase ignorato dal grosso pubblico, a differenza di quanto accadde in Italia. Al nostro ambasciatore, Attolico, fu detto che «per il momento non si rendeva necessario renderlo noto» alla popolazione, anche perché il Ftihrer nel suo discorso al Reichstag del 1° settembre - il giorno stesso dell' attacco contro la Polonia - si era espresso nel senso desiderato 56 . Vale la pena di precisare che il dispaccio di approvazione di Hitler non fu mai divulgato. In ogni caso si può collocare che nell'estate del 1939 Hitler era consapevole dell'impossibilità tedesca di affrontare una grande guerra e per questo aveva contenuto i suoi obiettivi strategici, limitandoli al solo annientamento militare della Polonia in un quadro operativo r.igorosamente 53

GIAN L UCA ANDRÈ, La guerra in Europa, in «Annuario di Politica lnternazionale (I 939- 1943)», vol. VI, tomo I , cap. VI, l.S.P.I., Milano 1959. 54 Cfr. ODI, 8" serie, XIII, doc. l. , 4 e 21. 55 !bidem, doc. 27,123 , 130 e '136. 56 Appunto di Anfuso in data 1.9.1939, DDI, 8" serie, XIII, doc. 549.


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ad essa circoscritto. In più i suoi discorsi al riguardo con Mussolini e con Ciano prendevano le mosse dalla persuasione del non intervento delle Potenze occiclentali57 , a seguito di una valutazione del tutto errata della situazione internazionale e, in particolare, della politica europea della Gran Bretagna. Hitler, in sostanza, considerava la guerra di Polonia alla stregua della prima gueITa di Slesia combattuta due secoli prima da Federico II. In pratica, basandosi sull'esperienza della prima guerra mondiale e più precisamente sulla considerazione dell'insufficiente (per le sue ambizioni) potenziale bellico del Reich, egli doveva ampliare lo spazio tedesco procedend~ per tappe. Aveva cominciato con mezzi «pacifici» , ora passava alle campagne localizzate da concludere rapidamente, una serie di piccole «gueITe di Slesia», in previsione cli una futura nuova guerra mondiale che la Germania, una volta egemone nell'Europa continentale, avrebbe affrontato contro gli Stati Uniti con al fianco la Gran Bretagna58 . Il 3 settembre, quando - a conferma della serietà di intenti con cui il governo britannico aveva firmato il patto con la Polonia - giunsero a Berlino, una dopo l'altra, le dichiarazioni di guerra della Gran Bretagna (ore 11) e della Francia (ore 17), Hitler si rese conto di aver sbagliato i calcoli. Per cominciare, il disappunto latente nei confronti dell'Italia si conve1tì in concreto rancore. Per quanto in apparenza i contatti fra i due dittatori conservassero un tono cordiale, Hitler lasciò trasparire la delusione subìta. Attolico ben riepilogò i sentimenti diffusi ai massimi livelli a Berlino: «È ormai provato che fino al 25 agosto i Tedeschi si ostinavano a non credere in una guerra generale. Ritornato da Mosca il 24 ( ...) Ribbentrop credeva veramen.te di avere, dopo ciò, praticamente allontanato dalla Germania il pericolo dell'intervento franco-inglese. È la mattina del 25 che arriva - fulmine a ciel sereno - la risposta di Londra af Patto germano-sovietico e cioè la conclusione di un'alleanza formale e definitiva con la Polonia. La Germania - che aveva ord.inato l'inizio delle operazi. oni per il 26 - corre ai ripari. Sono convocati Henderson e Coulondre per un messaggio di pace( ...). Il Fiihrer manda contemporaneamente un messaggio al Duce( ...). Il Flihrer comincia ora a comprendere chiaramente tutta la situazione. Aveva assoluta bisogno, per lo meno, di guadagnare tempo onde non farsi prendere - per 57 A Norimberga il gen. Jodl disse: «Se non crollanuno nel 1939, fu unicamente perché durante la campagna polacca le 110 divisioni francesi e britanniche all'incirca che si trovavano sul fronte occidentale restarono assolutamente inattive di fronte alle 23 divisioni tedesche» (W. SH tRER , Storia del Terzo Reich, cit., p. 69 l). 58 ANDREAS HILLGRUB ÉR, La strategia militare di Hitler, Milano I 986, pp. 54 e 57.


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- -- - - - ~P '--" OLITlCA E STRl ffEC IA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIA,~

giunta privo dell'aiuto attivo dell ' Italia - quasi in teramente alJa sprovvista sul fronte occidentale ( ...)» 59.

E tre giorni dopo tornò sull'argomento: «(...) Auspice Ribbentrop, il quale ha sempre( ...) accreditato la voce e dato a tutti l' assicurazione che noi fossimo - non ostante le obiezioni solJevate, ma mai portate alla loro logica conclusione - pronti a marciare al primo cenno della Germania, qui tutti si erano formati l'idea che l'attitudine italiana sarebbe stata al momento opportuno cli decisa acquiescenza alle decisioni tedesche. La sorpresa, quindi, dei messaggi del 25 e del 26 60 è stata immensa ( ...). In quei momenti( ...) io ho sinceramente temuto per l' esistenza stessa dell'Asse. Basti pensare che il primo messaggio del Duce arrivò qualche ora dopo la conclusione del patto di a1Jea1ua definitivo anglo-polacco. Ciò significa che i Tedeschi ricevettero al tempo stesso due colpi gravissimi, da una parte realizzarono cioè che l'Inghilterra interveniva sul serio, dall'al tra compresero facilmente che l'Italia non poteva seguirli. E si sospettò che questa nostra determinazione fosse essa stessa la conseguenza dell'annuncio dell' alleanza anglo-polacca» 61.

A dire il vero, sul presunto rapporto di causa ed effetto tra i due eventi veniva data un'interpretazione perfino peggiore e Goering non esitò a manifestarla con m,ùumore. 11 14 ottobre, in un colloquio con il col. Teucci, addetto aeronautico italiano a Berlino, il maresciallo fece capire senza mezzi termini che circolavano in Germania molti dubbi sulla lealtà dell'Italia, sostenendo che la risoluzione inglese di entrare in guena, o meglio di sottoscrivere con la Polonia il trattato di garanzia, sarebbe sata presa «solo dopo aver avuto la certezza che l'Italia non si sarebbe mossa» e cioè il 25 agosto. Infatti, a suo dire, «fin dalla sera del 24 agosto si era avuta a Berlino la netta sensazione che Londra si fosse convinta della necessità di premere su Varsavia affinché accedesse alle domande tedesche. Viceversa nella notte fra il giovedì ed il venerdì la situazione mutò improvvisamente e Londra decise cli riconfermare solennemente le garanzie alla Polonia. Esiste un nesso - fu la domanda retorica cli Goering - fra il mutamento di decisione britannico e l'atteggia-

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Attolico a Ciano in data 4 .9.1939, DDI, 9" serie, I , doc. 21.

°Con il messaggio del 25 agosto Mussolini avvertiva che l'Italia sarebbe potuta

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eventualmente intervenire in caso di attacco delle potenze occidentali, ma soltanto previo rifornimento di materiali e mezzi (ibidem, 8" serie, XIB, doc. 250 cit.). Con quel lo del 26 Mussolini presentava una smisurata l.ist.a del fabbisogno (ibidem, 8" serie, XID, doc. 293). 61 Attol.ico a Ciano in data 7.9.1939, ibidem, cloc. 80.


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mento di astensione italiano?» . A parte queste argomentazioni prese per buone a Berlino, l' J .l novembre Goering esprimerà a Magistrati, consigliere d'ambasciata , anche una considerazione suffragante l'equivoco evidentemente provocato da un non ben calibrato atteggiamento italiano. Secondo lui «non si era mai avuta, in Germania, l'impressione che l'Italia facesse conditio sine qua non d.i certe sue deficienze, dato che, dapprima con la firma del trattato di alleanza mii itare e poi con gli scambi di idee ad esso seguiti, si era avuta la netta sensazione di una solidarietà sostanziale sul problema cli un possibile e probabile scontro tra i gruppi europei antitetici fra di loro» 62 . €e1to si è che, se i commenti di coloro che tornavano dall'Italia risultavano concordi nell'attestare una opinione pubblica italiana non soltanto unanime nell'astensione eia impegni bellici ma talvolta addirittura antitedesca, queUi di taluni esponenti tedeschi su) comportamento dell'Italia erano brucianti. Ad esempio, l'ambasciatore del Re.ich a Bruxelles in una riunione di connazionali avrebbe eletto: «Ho il dispiacere di annunciarvi che l'Italia non adempie ai suoi obblighi nei riguardi della Germania»63 . Al che Mussolini, ferito nel vivo, impartì personalmente direttive ad Attolico per un immediato chiarimento con Ribbentrop «poiché l'Italia intende rimanere per un tempo illimitato in questo atteggiamento [non di neutnùità] ( ...) è stretto dovere morale della Germania di illuminare, sia pure in fom1a riservata, la popolazione tedesca in modo che non si parli di mancata esecuzione di Patto d'Alleanza», aggiungendo che «Se fosse noto in Italia lo stato d' animo tedesco basato sulla falsa conoscenza cieli' accaduto, l'opinione pubblica reagi.rebbe in modo inesistibile»64 . Goering, comunque, rimase impe1territo nella sua diffidenza, al punto di chiedere a Magistrati di rivolgere al Duce due preghiere a suo nome: «l O che l'Italia non dia mai all'Inghilterra ed alla Francia una qualsiasi assicurazione che essa non entrerà per nessun motivo ed in nessun momento nel conflitto a fianco della Germania( ...); 2° che essa (. ..) faccia comprendere senza reticenze a Parigi ed a Londra che la sua neutralità intende di non essere disturbata e soffocata da pretesi controlli navali anglo-francesi ( ...)»65. 62 Attolico a Ciano in data 13.11.1939, ibidem, 9• serie, n, doc. 204. 63 C iano ad Attolico in data 8.9.1939, ibidem, 9• serie, I, doc. 94. Il governo tedesco smentì la cosa. · 64 Mussolini ad Attolico in data 10.9. 1939, ibidem, doc. 138. 65 Magistrati a Ciano in data 12.9.1939, ibidem, doc. 170 .


POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI Dl GUERRE lTALIANE

Quanto al patto di non aggressione con Mosca, era chiaro che entrambi i protagonisti l'avevano accettato con forti riserve mentali . II vero pensiero di Hitler fu espresso - con stranissima sincerità - al segretario generale de1la Società delle Nazioni, Burckhardt, l' 11 agosto 1939: «Ogni azione che intraprendo è rivolta contro la Russia; se l'Occidente è troppo cieco per capirlo, sarò costretto a trovare un 'intesa con i russi ed a combattere l'Occidente, per rivolgermi poi, dopo averlo sconfitto, con tutte le mie forze contro l'Unione Sovietica. Ho bisogno dell'Ucraina perché la Germania non possa essere nuovamente presa per fame, come è accaduto nell'ultima guerra»66 . A parte ciò, al momento egli riteneva di aver impedito l'accerchiamento della Germania e distolto la Gran Bretagna dall'idea di un intervento a favore della Polonia, e, nel contempo, di aver provocato la rottura di qualsiasi possibilità di intesa tra Unione Sovietica e Potenze occidentali. Stalin, invece, prevedeva un conflitto - per giunta di lunga durata fra la Germania e l'Occidente e non intendeva assolutamente trovarvisi impigliato, specie dopo la letterale decapitazione dell'Armata Rossa da lui stesso compiuta negli anni 1937-38. Perciò mira va a riservarsi il ruolo di spettatore della guerra tra fascismo e capitalismo, pronto ad intervenire al momento opportuno per prendersi le regioni riconosciutegli di interesse sovietico. Or dunque, allorché constatò con allarme che il conflitto stava assumendo dimensioni europee, Hitler cominciò una delicatissima partita a scacchi con Stalin. Se nei primi due giorni di operazioni la Germania non nutriva uno specifico interesse per la sollecita entrata in campo dell' Armata Rossa - ricordiamo che premessa per l'intervento sovietico era il caso cli «una trasformazione politico-territoriale dello Stato polacco>> derivante dall'attacco tedesco - coltivando ancora l'illusione di riuscire a localizzare lo scontro , non appena tale speranza sfumò assunse importanza la partecipazione militare sovietica perché avrebbe coinvolto Mosca nella guerra contro le Potenze Occidentali. li telegramma che Ribbentrop si affrettò a spedire all'ambasciatore von cler Schulenburg fu comunque molto diplomatico. Poiché nell'inseguimento delle forze polacche l'eserciito tedesco si trovava costretto a superare talvolta la linea Pissa-Narew-Vistola-San, stabilita per la demarcazione delle rispettive sfere d'influenza, 66 CARL J. BURCKHARDT, lvfeine Danziger Mission, Miinchen 1960, p. 348. Fabry rileva alcune incongruenze nel discorso di .Hitler sul quale Burckhardt conservò il più rigoroso silenzio (P. FABRY, Il patto Hitler-Stalin, cit., p. 131).


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questo inconveniente sarebbe stato eliminato «se l'Armata Rossa fosse entrata in tempo nei territori di suo Lnteresse». Come si è detto , l'ultima cosa che Stalin voleva era una guerra con chiunque, perciò fece rispondere da Molotov che i tempi per l'intervento «non erano ancora maturi», e che l'eccessiva fretta sarebbe stata controproducente ed avrebbe probabilmente «danneggiata la causa e promossa l' unione degli avversari» 67 . Senonché l' imprevista velocità del successo tedesco destò una diversa inquietudine sia in Stalin sia in Hitler. Questi desiderava che i russi entrassero in Polonia prima che cessasse la resistenza organizzata polacca, in modo da far apparire Stalin suo complice di fronte alle Potenze occidentali. Stalin aveva contato - come del resto francesi ed inglesi - su una vivace lotta da parte delle truppe polacche e ad un conseguente logorìo della Wehrmacht, al quale egli avrebbe assistito senza muovere dito sino all' ultimo istante. Accortosi però che «l' ultimo istante» stava avvicinandosi con una rapidità inattesa, si affrettò a sua volta ad accelerare la messa a punto ciel dispositivo sovietico per evitare di trovarsi di fronte ad un improvviso armistizio, che lo avrebbe costretto ad aprire una seconda guerra per occupare la Polonia orientale, naturalmente da solo. Il 17 settembre, una volta infranta la resistenza organizzata polacca e dopo diverse discussioni, più che contatti, fra Ribbentrop e Molotov circa il comunicato ufficiale da diramm·e eia parte sov ietica 68 , l'Armata Rossa varcò il confine. Il giorno precedente era stata consegnata ali' ambasciatore polacco la seguente nota: «La guerra polono-tedesca dimostrn l'intima debolezza dello Stato polacco ( ...) . Varsavia ha cessato di essere la capitale dello Stato. li governo si sgretola e non dà alcun segno di vita. Stato e governo polacchi non esistono praticamente più. Perciò tutti i trattati conclusi fra l' Unione Sovietica e la Polonia hanno cessato di. ,iverc qualsiasi valore. Siccome la Polonia si trova senza alcuna d irezione, abbandonata a se stessa( ...) l' Unione Sovietica non può più continuare la propria neutralità nella maniera come ha fatto fino a questo momento. li governo di Mosca non può tollerare che i propri fratelli ucraini e bianco-russi viventi nel te1Titorio polacco siano abbandonati senza alcuna protez ione( ...)>>,

perciò l'Armata Rossa era costretta a muoversi per proteggere quelle popolazioni69. 67 Cit., in P. R\BRY ,

Il patto Hitler-Stalin, cil., pp. 189-190.

68 Jbidem, pp. 198-200 e 203-205. 69 Attolico a C iano in data 17.9.1939, DDI, 9° serie, I , doc. 271.


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POLfTICJ\ E STRATEGIA IN CENTO ANNI Dl GUERRE ITALIAI\E

Mussolini, «spesso dominato da impulsi di cuore e di fegato» 70 , fremeva di rabbia e di umiliazione e se la prendeva con tutti: con la Germania per il mancato rispetto dell'impegno di non scatenare un conflitto intempestivo e per aver portato «ancora una volta i russi nel cuore del71 l'Europa» ; con le Potenze occidentali perché il blocco navale da esse instaurato lo faceva dipendere ancora di più dalla Germania; con il popolo italiano perché plaudiva alla neutralità; con i capi delle Forze Armate (delle quali egli era il ministro) per le vistose condizioni di impreparazione. Ma soprattutto era morso dalla gelosia per l'efficienza militare tedesca e dalla mortificazione di sapersi impotente ad inserirsi nel dramma europeo. Si aggiunga, per quanto concerneva la Germania, la questione del concordato ritiro delle minoranze tedesche in Alto Adige che Berlino tu:ava per le lunghe con speciosi motivi. A questo stato di insoddisfazione si aggiunse l'informazione data il 26 settembre dall'ambasciatore a Mosca, Rosso, che per l' indomani Ribbentrop era atteso nella capitale sovietica, a quanto pareva per la firma di una vera e propria alleanza militare che avrebbe consegnato «ai Russi la Bessarabia e l'Estonia ed ai Tedeschi la rimanente parte della Romania». Commento di Ciano: «Da Berlino, silenzio assoluto. More solito, niente ci viene comunicato»72 . Attolico chiese un colloquio ma, allegando il poco tempo disponibile, Ribbentrop rifiutò di riceverlo. Il 29, prima dalla stampa e poi dagli ambasciatori Attolico e Rosso, palazzo Chigi conobbe il testo degli accordi di Mosca che concretavano la quarta spartizione della Polonia con alcune varianti rispetto ai protocolli segreti del 23 agosto73 . Su proposta di Stalin, l'intera Lublino ed il tenitorio di Varsavia ad ovest del Bug passavano alla Germania (cosa che attribuiva al Reich la responsabilità di tutta la Polonia vera e propria), in cambio della Lituania all'Uni.one Sovietica. Così Hitler aveva raggiunto gli scopi che si era ripromesso: Danzica tornata tedesca, la Prussia orientale riunita alla Germania, la Prussia occidentale e la Posnania incamerate, la Polonia nelle sue mani. Perciò il patto di Mosca fu coronato da una dichiarazione, firmata da Ribbentrop e da Molotov, nella quale si affermava «il convincimento che corrisponG. Borr/\J, Diario. cit., p. 159. Rosso a Ciano in data 26.9.1939, ibidem, doc. 440. 72 G. CIANO, Diario, cit., p. 352. 73 .Attolico a Ciano in data 29.9.1938, DDI , 9" serie, I, doc. 496, 497, 499, 502 e 503. Rosso a Ciano in data 29.9.1939, ibidem, doc. 500 , 508 e 509. 70 71


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derebbe al vero interesse di tutti i popoli dì porre fine allo stato di guerra oggi in atto fra Germania, Jnghilten-a e Francia»74 . Senonché mai le Potenze occidentali avrebbero accettato una pace basata sul consenso alla scomparsa della Polonia. *

*

Il 30 settembre il governo tedesco si fece vivo con Roma. Ribbentrop chiamò Ciano al telefono, «molto premuroso e cortese, più di quanto lo sia mai stato nei recenti colloqui telefonici» 75 , avanzando l'idea di un in~ontro Hitler-Mussolini a Monaco , oppure in alternativa invitando Ciano a Berlino, dove il Fiihrer avrebbe avuto modo di parlare a lungo circa la situazione politico-militare in generale ed in particolare. Scartata, per prudenza, la prospettiva di un colloquio che in quelle contingenze potesse impegnare in qualche misura Mussolini, Ciano accolse l'invito e partì nello stesso pomeriggio. A Berlino ricevette un'accoglienza volutamente calorosa ed una spiccata cordialità. Il l O ottobre Hitler parlò effettivamente a lungo. Riepilogò con ricchezza di dati la campagna di Polonia; indicò in 152 divisioni, ciascuna sui 20-22 mila uomini , oltre ai supporti di corpo d'armata e d'annata, la forza effettiva tedesca al term ine delle ostilità; precisò che sul fronte occidentale non era ipotizzabile alcuna possibilifa di attacco franco-inglese, talché «se la gue1Ta continua anche su questo fronte, sarà la Germania a cercare, e cercherà, la soluzione»; significò che nel giro di pochi mesi la Germania avrebbe disposto di un numero tale di sommergibili da impedire la navigazione alleata ed aggiunse che sino allora erano state osservate le regole cli una gue1Ta cavalleresca, ma, qualora il conflitto fosse continuato, la guerra sottomarina sarebbe stata condotta dai tede--· schi ad oltranza, senza preavviso cli sorta; comunicò che la Wehrmacht si trovava già in condizioni di poter attaccare in qualsiasi momento la linea Maginot con la sicurezza di superarla, «e forse con una facilità di gran lunga superiore alle previsioni». Quanto alla situazione politica, giudicava l'accordo fin11ato con l'Unione Sovietica tale da «impedire per lungo tempo la possibilità di attriti fra il mondo germanico ed il mondo slavo»; era pronto ad assicurare alla

74 P. FABRY, Il patto Hitler-Stalin, cit., pp. 218-220. 75 G. CrANO, Diario, cit. , p. 354.


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Polonia una forma statale, priva però di un'entità militare e di una propria politica estera, e beninteso a stipulazione della pace con le Potenze occidentali conclusa . Nel discorso che tra breve avrebbe tenuto al Reichstag intendeva illustrare proprio queste idee e dichiararsi disponibile a «collaborare con le altre Potenze, qualora la pace venga stabilita, alla soluzione dei problemi che turbano l'equilibrio mondiale» . Il discorso in questione sarebbe stato l ' ultimo monito da lui rivolto a Francia e Gran Bretagna prima di passare all'azione ed al ricorso alla forza «fo misura e in forma tali da sorprendere perfino coloro che hanno fin da ora la più completa fiducia nella superiorità del Reich». Poi passò all'Italia: «Ho già fatto conoscere che il Duce potrà rendermi un apprezzato servizio costituendo e capeggiando un blocco d.i Stati neutrali ( ...). Ma il Duce deve tener presente che se la Germania si batterà, la lotta deciderà non solo il destino germanico ma anche quello italiano. Le sorti del Fascismo sono strettamente avvinte alle fortune del Nazionalsocialismo(...). Comunque, ripetete al Duce il mio convincimento che l'assenza dell' Italia dalla lotta e la sconfitta della Germania rappresentano per l'Italia la fine delle sue grandi aspi.razioni imperiali nel Mediterraneo».

E proseguì significativamente: <<Farò ancora il discorso al Reichstag e questo sarà l'ultimo tentativo, ma Vi dico che se l'Italia fosse disposta a marciare subito con me non pronuncerei nemmeno tale discorso e ricorrerci senz'altro alla forza nella certezza che Italia e Germania unite possono in brevissimo tempo abbattere la Francia e l' Inghilterra e regolare una volta per tutte i loro conti con questi due Paesi( .. .)» .

Ciano era stato a sentire senza interrompere. A questo punto prese la parola e tenne a valorizzare la linea di condotta seguita dal governo fascista , ponendo infine in evidenza la «intensissima preparazione mi litare che l'Italia sta compiendo in vista, appunto, degli eventuali sviluppi del conflitto e della possibilità che essa debba in relazione a ciò prendere nuove deliberazioni circa il suo atteggiamento». Hitler riconobbe che, a conti fatti, l'astensione dell'Italia stava dimostrandosi per la Germania più utile che un intervento immediato, tuttavia osservò che «ad un certo momento l'Italia dovrà approfittare delle molte possibilità favorevoli che si presenteranno ed entrare risolutamente nella mischia». Comunque tutto era in sospeso sino a quando non si fossero conosciute le reazioni anglo-francesi al prossimo discorso al Reichstag.


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A chiusura del verbale per Mussolini, Ciano scrisse: «Il colloquio ( ...) è stato improntato ad una schietta cordialità da parte del Fiilu-er, il quale ba voluto sottolineare più volte il suo apprezzamento per la collaborazione datagli dall'Italia, pur non nascondendo un senso che defin.irci di rammarico, per il fatto che noi non siamo scesi subito nella lotta annata a fianco della Germania. Non posso nascondere che allorché ha parlato della "fine delle ambizioni imperiali italiane nel Mediterraneo", in caso cli disfatta tedesca, egli m i ha dato l'impressione di rivolgere un invito all'Italia a collaborare militarmente con lui, ma devo aggiungere che ciò è stato fatto con estrema delicatezza e senza esercitare la nùnima forma di pressione»76 .

È certo che anche in queste circostanze le espressioni di Ciano non furono tali da aprire gli occhi di Hitler sulla realtà delle possibilità italiane. L'accenno, infatti, all'intensissima preparazione militare poteva benissimo venir posto in relazione ad un nostro forte intervento non lontano. Il 6 ottobre Hitler pronunciò il suo appello per la pace. A che scopo, chiese, si dovrebbe combattere sul fronte occidentale? La Polonia creata dal trattato di Versailles non esisteva più ed il problema della sua ricostituzione poteva essere risolto esclusivamente dalla Germania e dall 'Unione Sovietica. Motivi di guerra contro Francia e Gran Bretagna non ne esistevano. Quindi trovava opportuno proporre una conferenza delle principali nazioni europee, «dopo un' accuratissima preparazione», per risolvere tutta una'serie di questioni di somma rilavanza: l'eventuale formazione di uno Stato polacco; la soluzione e liquidazione del problema ebraico; le colonie per la Germania; la ripresa e l'incremento del commercio internazionale; la riduzione degli armamenti; la regolarizzazione della guerra aerea, dell'uso dei gas, ecc.; la soluzione del problema delle__ minoranze in Europa77 . Poi attese le reazioni. Il giorno dopo il presidente del Consiglio francese, Daladier, replicò che la Francia non avrebbe deposto le armi fino a quando non fossero state fomite solide garanzie per una vera pace. Il 12 fu la volta del Premier britannico, Chamberlain, il quale definì le proposte di Hitler vaghe ed incerte, prive di un cenno per riparare i torti inflitti a Cecoslovacchia e Polonia; dichiarò di non poter fidarsi delle promesse «dell'attuale governo tedesco» e chiese a Hitler «fatti e non soltanto parole» . li 13 un 76

Ciano a Mussolini in data 1.10.1939, DDI, 9" serie, I, doc. 552. del Terzo Reich, cit., pp. 697-698.

77 W. SHIRER, Storia


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comunicato ufficiale tedesco dichiarò che Chamberlain, respingendo le offerte di pace del Fi.ihrer, aveva deliberatamente scelto la guerra. Mussolini, che ill'izialmente aveva giudicato abile e persuasivo il discorso di Hitler, al punto di dire a Ciano che secondo lui la guem1 era finita, tre giorni dopo cambiò registro: «Stamani era depresso - annotò Ciano il 7 ottobre - come mai l'ho visto . Ormai sì rende conto che la prosecuzione della guerra è cosa inevitabile e sente tutto il disagio cli rimanerne fuori» 78 . Nel suo travaglio interiore Mussolini pensò opportuno un «cambio della guardia» al governo, al vertice ciel partito fascista ed anche delle Forze Armate. Il 31 ottobre sei ministri vennero cambiati; il gen. Pariani, sottosegretario di Stato e capo cli Stato Maggiore dell'Esercito, ed il gen . Valle, sottosegretario di Stato e capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica, furono sostituiti rispettivamente dai generali Soddu e Pricolo; al posto cli Starace, segretario del P.N.F., fu nominato Ettore Muti. Ma intanto la situazione in Alto Adige, ove l'attività cli emissari tedeschi accendeva addirittura ipotesi di un plebiscito per il passaggio della regione alla Germania, indispettiva sempre di più il Duce. In questi frangenti il 30 novembre l'Unione Sovietica attaccò la Finlandia suscitando in Italia un' ondata di indignazione generale contro l'U.R.S.S. ed una maggiore freddezza nei confronti della Germania, per il suo comportamento nella vicenda79 . Fu in quel periodo che Mussolini ordinò di fortificare entro il maggio 1940 la frontiera con la Germania sì da assicurarne la «ermeticità». Il lavoro, subito avviato, ebbe caratteristiche inconsuete rispetto alle precedenti fortificazioni e venne battezzato, includendovi anche il resto delle organizzazioni di confine sulle Alpi, «Vallo alpino del Littorio» 80 . · TI 16 dicembre Ciano pronunciò alla Camera un discorso molto studiato e preparato eia tempo. Era lunghissimo e partiva da una ricostruzione della politica internazionale europea dal 1919 al 1939. Calcava il tono sul «solenne impegno politico» assunto da Germania, Italìa e Giappone con il Patto Antikomintern, inteso come difesa contro il bolscevismo; rivelava l'accordo preso da Berlino e Roma cli «non sollevare nuove polemiche» 7 8 G. CIANO,

Diario, cit., p. 357. 9 Stante la pressoché uni versale riprovazione, l' Unione Sovietica venne espulsa dalla Società delle Nazioni. 80 I .lavori alla frontiera tedesca verranno sospesi solo nel 194 l in seguito ad acide osservazioni di Berlino. 7


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prima di tre anni (anzi Ribbentrop aveva parlato cli quattro o cinque) e che per 1' appunto su questa premessa si basava il Patto cl' Alleanza. Spiegava che tale motivo, e non l'impreparazione nùlitare, aveva determinato il governo fascista a non intervenire nelle ostilità. Precisava inoltre che a Salisburgo eia parte tedesca era stata subito scartata la proposta italiana di cercare cli sistemare la vertenza con la Polonia per le vie diplomatiche e che l'atteggiamento italiano di fronte al conflitto, tempestivamente rappresentato al governo tedesco, aveva ricevuto da tempo piena approvazione. Ciano si mostrò orgogliosissimo della sua esposizione, «anche se da tutti - ammise - non viene subito rilevato tutto il sottile veleno antitedesco cfi cui è impregnata»81 . 1n effetti i tre o quattro strali contro il Reich furono recepiti in Germania con dispetto. Non per niente il sottosegretario di Stato Woermann si lamentò apertamente con Magistrati per le frasi relative all'inadempimento degli impegni assunti dalla Germania come causa del mancato intervento italiano82 . Tuttavia non s.i può certo sostenere che il discorso abbia cambiato qualcosa nelle posizioni assunte da Francia e Gran Bretagna. Queste, infatti, avevano sperato in un certo diplomatico «distacco» dalla Germania, mentre dovettero, non solo riscontrare con delusione il forte accento posto sulla solidarietà con Berlino, ma registrare con preoccupato stupore l' affermazione che l'Italia non riteneva utile la costituzione nell'Europa danubiana e balcanica di <<blocchi cli qualsiasi specie» al fine di affrettare il ristabilimento della pace. In definitiva, il discorso finì per risultare - checché ne pensasse Ciano - controproducente. Irritò maggionnente la Germania, deluse la Francia e confermò la Gran Bretagna nell'opportunità di perseverare nella linea cli condotta adottata. Così l'ambasciatore Percy Loraine in un colloquio avuto con Ciano il 16 dicembre, subito dopo il discorso, si tenne sulle generali, disse di non poter condividere l'opinione italiana circa la responsabilitr franco-inglesi in merito al conflitto e concluse rilevando che «l'abisso che divide Roma da Londra era ancora, purtroppo , assai profonclo»83 .

In siffatto clima, alquanto contraddittorio , si arrivò alla lettera che il 5 gennaio 1940 Mussolini indirizzò a Hitler. Gli argomenti cli fondo, in8! G. CIANO, Diario, cit., p. 374. 82 LEONARDO SIMONI, Berlino, Amba.sciata d' Italia 1939-1941, Migliaresi , Roma 1946,p. 41. 83 R OSARIA QU,\RTARARO, Roma fra Londra e Berlino. La politica esrera fascista dal !930al 1940, Bonacci, Roma 1980.


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POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

seritì in un vasto «giro d'orizzonte», erano in sostanza due, strettamente connessi, e vennero prospettati - in tono «saputo» - con un misto di realismo e di ideologia, di sguardo ad un futuro lontano e di intenzioni per il presente. li primo argomento riguardava la verosimile impossibilità di conseguire la vittoria sia per le Potenze occidentali sia per la Germania, anche se aiutata dall'Italia, e questo a causa dell'inevitabile intervento, prima o poi, degli Stati Uniti. Tale prospettiva pessimistica era attenuata da un paio di suggerimenti per una pace di compromesso: ricostituire «una modesta disarmata Polonia>> esclusivamente polacca e non attaccare ad ovest, riaffermando la mancanza colà di obiettivi di guerra. Seguiva l'interrogativo (a sostegno dei suggerimenti): «Vale la pena - ora che avete real izzato la sicurezza dei vostri confini orientali e creato il grande Reich di 90 milioni di abitanti - di rischiare rutto - compreso il regime - e di sacrificare il fiore delle generazioni tedesche per anticipare la caduta di un flutto che dovrà fatalmente cadere c dovrà essere raccolto da noi che rappresentiamo le forze nuove d'Europa?» .

Il secondo argomento concerneva il legame instaurato fra Germania e Un ione Sovietica ed era visto sotto angolazioni diverse. Anzitutto ideologica: «Voi non potete rinnegare il vostro vangelo nel quale il popolo tedesco ha ciecamente creduto», con l'aggiunta di un monito: «Ho iLpreciso dovere di aggiungere che un ulteriore passo nei vostri rapporti con Mosca avrebbe ripercussioni catastrofiche in Ital ia, dove l'unanimità antibolscevica, specie fra le masse fasciste, è assoluta, granitica, inscindibile». Poi c'era l'angolazione politico-strategica: «La soluzione del vostro Lebensraum è in Russia e non altrove. La Russia che ha l'immensa superficie di 2l milioni di kmq e 9 abitanti per kmq . Essa è estranea all'Europa. Malgrado la sua estensione e la sua popolazione, la Russia non è una forza , è una debolezza. La massa del la sua popolazione è slava e asiatica. Nei vecchi tempi l'elemento di coesione era dato dai baltici: oggi , dagli ebrei.; ma questo spiega tutto. Il compito della Germania è questo: difendere l'Europa dall'Asia».

Infine il programma per il futuro lontano: «Il giorno in cui avremo demolito il bolscevismo, avremo tenuto fede alle nostre due Rivoluzioni. Sarà allora la volta delle grandi democrazie. Le quali non potranno sopravvivere al cancro che le rode e che sì manifesta sul piano demografico, politico, morale».


IL MOMENTO STORIC_Q_

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Dopo tutti questi consigli non richiesti , Mussolini sentì il bisogno di assicurare la propria disponibilità alJ'intervento - pur rimanendo nel vago circa il momento - con ìl chiaro scopo di tranquillizzare Hitler sulla fedeltà dell'Italia all'alleanza: «Sto accelerando il ritmo della preparaz ione militare. L'.l talia non può e non vuole impegnarsi in una guerra lunga; il suo intervento deve accadere al momento più redditizio e decisivo. Nell'Africa Orientale l' Italia impegnò forze francesi notevoli a Gibuti e nelle Jimjtrofe colonie confinanti inglesi. Le 15 divisioni del!' Africa Settentrionale (8 dell'Esercito regolare, 4 di CC.NN. , 3 libiche) impegnano 80 mila anglo-egizio-indian i e 250 mila francesi . Sulle Alpi il nostro dispositivo è stato arretrato, date le nevi , ma non alleggerito e ha di fronte da 10 a 15 divisioni francesi. L'Italia fasc ista in questo periodo intende di essere la vostra riserva: - dal punto di vista politico-diplomatico, nel caso che Voi voleste addivenire ad una solu7.ione politico-<liplornatica; - dal punto di vista economico, aiutando Vi sino al possibile in lutto quanto può alimentare la Vostra resistenza al blocco; - dal punto di vis1a mili lare , quando l' aiuto non vi s ia di peso e di sollievo. E questo problema dovrà essere esaminato dai militari. Io credo che il non intervento dell 'Italia sia stato e sia molto più utile alla Germania di un intervento che nella guerra contro la Polonia era pe1fettamente supe1fluo. Desidero che il popolo tedesco sia convinto che l'atteggia mento dell'Italia è nel quadro, non fuori quadro ciel Patto di Alleanza» 84 .

La lettera di Mussoli ni fu presa in attenta considerazione a Berlino ed a buon motivo. Prima di tutto occorre rifarsi alla concezione strategica di Hitler. Questi era più che persuaso di suo che lo spazio vitale per la Germania si trovasse in Russia, come infatti aveva ammesso con Burckhardt, ma per la prima «guerra di Slesia» contro la Polonia aveva avuto bisogno di' coprirsi le spalle, nonché di assicurarsi i rifornimenti indispensabili per l'economia bellica del Reich . E tale preoccupazione strategica valeva anche per la seconda «guerra di Slesia», contro la Francia. Al riguardo, egli condivideva l'opinione, del resto molto diffusa, che le guerre della Gran Bretagna in Europa fossero state combattute solo grazie all 'esistenza di alleati militari sul continente. Quindi, una volta vinta la Francia - impegnata dall'Italia nel Mediterraneo-, la Gran Bretagna, rimasta priva cli partner, avrebbe indubbiamente rinunciato alla lotta ed accettato 84

Mussolini a Hitler in data 5.1.1940, DDI, 9" serie, III, doc. 33


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di accordarsi con la Germania. Poi sarebbe venuto il turno dell'Unione Sovietica85 . A Berlino, addirittura, non si pensava alla possibilità di un'offensiva 1isolutiva in Occidente: si era semplicemente conv inti della necessità di un'offensiva perché soltanto in tal modo le Potenze occidentali avrebbero compreso le conseguenze di un prolungamento della guerra86 . E quanto ai suggerimenti di M ussolini, la fallita «offensiva di pace» avanzata con il discorso del 6 ottobre al Reichstag prospettava appunto la ricostituzione cli una Polonia disarmata e dichiarava l'assenza di motivi di guerra in occidente. Hitler fece leggere la lettera - consegnatagli da Attolico l '8 gennaio - ai suoi principali collaboratori e l'effetto non fu esattamente quello immaginato da Mussolini.. Due giorni dopo Ribbentrop convocò Attolico per avere «spiegazioni e chiarimenti». Gli premeva, in pa11icolare, sapere se la proposta del Duce cli ricostituire la Polonia derivasse da una convinzione personale oppure da sondaggi effettuati a Parigi ed a Londra. Dopo di che dichiarò estremamente improbabile un accordo di compromesso con le Potenze occidentali ed espresse la sua meraviglia per l'atteggiamento vivacemente antisovietico dell'Italia. «Ho la sensazione - riferì l'ambasciatore a Ciano - che la lettera del Duce debba essere arrivata a Berlino proprio quando vi si stavano prendendo le ultime decisioni. Evidentemente i Capi qui vogliono la guerra credendosi sicuri, a cominciare dallo stesso Goering, di una vittoria rapida e risolutiva( ...). La lettera ha quindi sconcertato un po '» 87 . In effetti, proprio il 10 gennaio Hitler stabilì per il giorno 17 la data d'inizio dell'offensiva in occidente (era il terzo rinvio). La Luftwqffe sarebbe entrata in azione il 14 ma soltanto contro gli aeroporti in Francia. Non avrebbe toccato quelli in Belgio ed in Olanda per non svelare il proposito di violare la neutralità dei due paesi. Il 13 gennaio, però, ebbe luogo un nuovo rinvio. Venne addebitato alle avverse condizioni atJnosferiche, ma in realtà si trattava di due diversi motivi: l'atterraggio di fortuna in teJTitorìo belga di un aereo tedesco, con a bordo un ufficiale di Stato Maggio.re in possesso di documenti relativi alla fase ini ziale dell'offensiva, e Ia priorità attribuita all'operazione Weserii/Jun.g (Esercì-

85 A. HILLGRUBER, La strategia militare di Hitler, cil., pp. 63-65. 86 Attolico a Ciano in data 13.1.1940, DDI, 9" serie, Ili, doc. 111.

87

Attolico a Ciano in data 10.1.1939, ibidem, doc. 78.


ILMO.\;IENTO STORICO

tazione Weser). L'incidente aereo - che evidentemente annullava il fatto re sorpresa - indusse l'Oberkommando der Wehrmacht a prospettare l'opp01tunità di rimandare alla primavera l'offensiva. Hitler finì per convenire sulla questione, anche perché stava accarezzando un disegno suggeritogli nell'ottobre 1939 dall 'amm . Raecler, comandante in capo della Kriegsmarine. Si trattava della Weseriibun.g , vale a dire dell'occupazione di alcune basi in Norvegia per migliorare le possibilità della guerra navale contro l'Inghilterra . In un primo tempo Hitler non aveva mostrato soverchio interesse per un'azione ciel genere, che lo avrebbe distratto dai suoi piani per !a rapida soluzione della guerra in Francia; però il conflitto russofinlandese fece diventare possibile che le Potenze occidentali intervenissero con un corpo cli spedizione in aiuto alla Finlandia, passando dalla Norvegia e qui stabilendo una base. Un evento del genere avrebbe costituito un gravissimo pericolo per la Germania, in quanto avrebbe compromesso il rifornimento cli materiali ferrosi dalla Svezia, cli immenso valore per l'economia bellica ciel Reich. Per giunta, ove le Potenze occidentali avessero messo piede in Norvegia, sarebbero state in grado di bloccare le navi tedesche nel Baltico. Tutte queste considerazioni spinsero Hitler a decidere l'effettuazione della «Esercitazione Weser>> ed a sospendere sine die l' attacco in occidente. Ed anche a prendere tempo per una risposta a Mussolini, al quale non intendeva far cenno della questione Norvegia.

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In quel periodo Mussolini , oltre alle incertezze politiche, era alle prese con grossi problemi cli natura economica. Conviene fare un pass_p indietro. La posizione italiana si era fatta molto delicata. A prescindere dalla scarsità delle 1iserve auree della Banca d'Italia, ridottesi a fine settembre a 2.786,6 milioni, subito dopo l'annuncio del patto cli non aggressione Hitler-Stalin le navi mercantili dei paesi che ritenevano inevitabile la propria partecipazione alla guerra avevano praticamente cessato di navigare. Rimanevano in mare solo le navi dei paesi neutrali che viaggiavano a noli proibitivi. L'Italia, temporaneamente neutrale, si trovava da un lato nella felice condizione cli poter approfittare della congiuntura per realizzare un flusso eccezionale cli valuta; dall'altro, però, a dover limitare per prudenza le esportazioni cli materie prime e cli prodotti alimentari unicamente a


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POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALI/\NE

quanto eccedeva il fabbisogno nazionale. Ma sul mercato interno si agitavano altre tensioni. Il timore che la carenza cli materie prime estere incidesse negativamente sulla produzione spingeva le industrie a crearsi scorte ed a rallentare le vendite con il risultato cli far lievitare i prezzi. Ed anche le fam iglie si orientavano a formarsi scorte cli vario tipo, contribuendo involontariamente all'aumento dei prezzi . in definitiva si rese indispensabile l 'aclozione cli norme severe ai fini cli una disciplina sia delle esportazioni, sia dei consumi interni. Ma esisteva anche il problema delle importazioni, con specifico riferimento alla drammatica necessità cli carbone, di carburanti ed anche cli me tali i. Il 4 settembre 1939 Mussolin i aveva convocato il ministro per gli Scambi e Valute , Guarneri, per chiedergli se avesse «messo in moto la macchina per le forn iture all'estero». Alla domanda preliminare di Guarneri se fosse consentito concludere affari con Gran Bretagna e Francia, Mussolini aveva risposto affermativamente: «La direttiva politica italiana è questa: dobbiamo essere tanto forti da non poter essere costretti da nessuno a entrare in guerra. Anche importanti forniture di arnù possono essere negoziate, salvo decisioni caso per caso. Le vendite devono esser fatte per contanti. Occorre puntare soprattutto su materiali di rapida ricostruzione ( ...)»88_

Il ministero degli Scambi e Valute e quello degli Esteri si adoperarono allora per dare diffusione delle disponibilità italiane. Quindi la «macchina per l'estero», come Mussolini la chiamava, prometteva molto e bene; ma, nel contempo, i ministeri militari, appoggiati da quello delle Corporazioni e dalle industrie, si mobilitarono. I primi per accelerare l'esecuzione dei programmi cli armamento, i secondi per tenere in funzione gli stabilimenti anche in caso di emergenza. Tutti, compreso il ministero cieli ' Agricoltura, mirando a costituirsi scorte eccezionali. D'altra parte, la politica delle scorte poteva essere realizzata soltanto attingendo alle residue riserve della Banca d'Italia. Il 14 settembre la Com.missione interm inisteriale per gli approvvigionamenti esteri si riunì a palazzo Venezia e Guarnieri illustrò a Mussolini i preventivi valutari per il periodo 1° ottobre 1939-30 settembre 1940, calcolati sulla base del fabbisogno minimo di importazioni dall'estero. In sostanza: 88

F. GUAltNERJ, Battaglie economiche fra le due guerre, cit., pp. 974-975.


ILMOMENTOSTOR.=1CO -"'" - - - - - - - - -

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«Se rimarremo est,dnei al conflitto - disse Guarnieri - la congiuntu,d potrà risolversi in senso a noi favorevole. L'Italia è, tra i paesi non belligeranti d'Europa, quello che dispone della maggiore attrezzatura industriale. È probabile - e vi sono sintomi precoITitori che verso di noi convergeranno importanti richieste di manufatti di ogni specie( ...). Ciò posto, ai fini di assicurare la continuità del ciclo di produzione, occo1Te contare, in un primo tempo, sulle scorte di materie prime esistenti in paese. È quindi da evitare ogni sorta di accantonamento, anche per obiettivi di interesse militare, perché, in difetto di mezzi valutari per reintegrarli, l'esportazione verrebbe stroncata e l'auività produttiva della nazione in numerosi settori, nel giro di pochi mesi, si avvierebbe alla paralisi. Occorre che tutte le Forze Armate sentano che alimentare l'esportazione, con ;;acrificio temporaneo di dotazioni proprie, è l'unica via che ci rimane aperta per assicurare alla nazione i mezzi di cui ha bisogno per vivere e per armarsi e tenersi pronta ai Vostri ordini».

Mussolini approvò preventivi e linea di condotta89 . E il 14 settembre, dopo aver autorizzato la vendita alla Francia cli dieci navi-cisterna da 10.000 tonnellate di portata - vendita osteggiata dagli armatori perché, dato il livello raggiunto dai noJi, i margini di profitto consentivano addirittura di superare in pochi mesi il valore delle petroliere e quind i la vendita poteva reputarsi un errore se le navi avessero potuto navigare ancora per molto tempo - volle togliere i dubbi manifes tati da Guarneri affermando: «Fino al maggio prossimo non avremo ragione cli muoverci. Dobbiamo approfittare di questo periodo per rafforzarci» 90 . In siffatto quadro, gli accordi con la Germania, firmati il 21 ottobre 1939, subirono oscillazioni a causa deUe richieste e delle condizioni tedesche. Il vero nodo di tale rapporto era costituito dai rifornimenti di carbone all'Italia. Col tempo la Gennania, che aveva promesso la spedizione di 900 mila tonnellate mensili, incontrò difficoltà in tema di trasporti - via teITa per carenza di vagoni ferroviari; via mare per il blocco britannico ~perciò si ridusse a circa 500 mila tonnellate mensili . L'Italia allora cercò di intensificare i rifornimenti tedeschi per ferrovie e sviluppare quelli inglesi via mare; ma j) nodo attorno al quale giravano Londra e Berlino venne bruscamente sciolto da Londra con gravi conseguenze per l'Italia. Nel gennaio 1940 la Gran Bretagna si dichiarò disposta ad un accordo commerciale che includeva l'intero rifornimento di carbone, ovvia-

89

Ibidem, pp. 978-981.

90 Ibidem, p. 985.


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POLITICA E STR/ffEGIA IN CENTO AKNI OI GUERRE ITALIANE

mente per rendere Roma più autonoma rispetto al Reich, contro l'acquisto di materiale bellico , il che non poteva che sollevare proteste sempre più vive da parte tedesca. Sulle prime Mussolini si indusse a proibire l'esportazione di materiale beJlico agli Alleati, ma di fronte alla dichiarazione del ministro Riccardj, subentrato a Guarneri il 3 novembre 1939, che in tal caso l'Ital ia sarebbe rimasta ben presto senza valuta e quindi senza materie prime, tentennò. Tornava ad affiorare il suo incubo che anche l'Italia fascista venisse tacciata di tradimento. Non per niente Attolico esortava alla massima cautela per evitare che a Berlino nascessero «illegittime aspettative» circa le future determinazioni del governo italiano e richiamava l'attenzione sul fatto che si aveva a che fare con «un popolo e specialmente un capo anomali e che hanno perso ogni contatto con la realtà. Qui viviamo nell'assurdo: qui si ritiene di essere minacciati, invece che di minacciare; si crede di dover fare la guena per ottenere la pace ( ...). È solo, quindi, alla stregua di queste situazioni e di questi contrasti che ogni ulteriore atteggiamento nostro va calcolato e studiato»91 . A proposito deJla scarsa misura delle parole da parte italiana e del conseguente pericolo cli far credere ciò che non era, è significativo il commento fatto da Goering al col . Teucci il 17 febbraio. Goering dichiarò senza ambagi che le difficoltà economiche italiane avevano chiarito perfettamente i motivi per cui nel settembre 1939 l'Italia non era scesa in campo. Riusciva peraltro incomprensibile che essa, al momento della crisi, si fosse trovata così priva di riserve e soprattutto come mai, nell'aprile 1939, essa «potesse credersi capace cli affrontare eia sola una guerra contro la Francia». Secondo Goering: «Nostro torto maggiore - annotò un nostro diplomatico - è stato quello di non aver mai parlato abbastanza chiaramente alla Germania. Fino all'agosto tutti, a Berlino, erano infarti convinti che .Mussolini non avrebbe mancato di schierarsi a fianco del Reich in qualsiasi occasione. I primi dubbi in proposito li avrebbe avuti proprio lui quando apprese da Ribbentrop il risultato dei colloqui di Salisburgo. Avrebbe proposto allora di rivolgere all'Italia una precisa domanda sui suoi intendimenti, ma Ribbentrop si sarebbe dichiarato contrario affermando che ciò poteva sembrare un gesto di sfiducia ( ...)»92 .

Fu i primi di febbraio che Mussolini, dopo lunghi ripensamenti, risolse di rifiutare prodotti dell'industria pesante alle Potenze occidentali, sia 91

92

Attolico a Ciano in data 16.1.1940, DDI, 9" serie, III, doc. 137. L. SIMONI, Berlino, Ambasciata d 'Italia, cit., pp. 67-68.


IL MOMENTO STC,"')R~IC""' O_ _

per non cedere materiali utili a noi , sia per tener fede agli impegni assunti con Hitler. Decise invece di addivenire ad un nuovo accordo commerciale con la Gennan:i.a. Il ministro Riccardi rimase costernato in quanto contava sui venti milioni di sterline pattuite con Londra ed espresse il timore, più che motivato, di non ricevere più le materie prime provenienti in gran parte dal mercato britannico 93 . L'ambasciatore Loraine, dal canto suo, osservò con franchezza che «così tutte le basi dei negoziati vengono meno e tra breve sarà intercettato il traffico cli carbone proveniente dalla Germania», e sottolineò altresì il valore politico del rifiuto italiano , per cui le relazioni italo-britanniche si avviavano «verso un periodo di più acuta tensione». Quando Ciano disse che Mussolini era disposto a riesaminare la questione al termine dell'estate, l'ambasciatore replicò che «trascorso un tale tempo, l'Europa sarà sistemata per dieci generazioni» 94 . Mentre Berlino accoglieva con soddisfazione il rifiuto italiano di cedere armi ali 'Inghilterra, Ciano mandava ad Attolico una «nervosa lettera» chiedendo «in maniera perentoria» i motivi dell'eccessivo ritardo frapposto da Hitler a rispondere al messaggio di Mussolini del 5 gennaio95 .

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Il I O marzo, come Loraine aveva preavvisato Ciano una diecina di giorni prima, la Gran Bretagna annunciò che il carbone tedesco veniva catalogato come merce di contrabbando di guerra e perciò sequestrato96 . Fu un'occasione che Hitler prese al volo . Promise subito di trovare il modo di fornire per fenovia tutto il carbone necessario ali 'Italia e reputò ottimo il momento per sincerarsi dei propositi cli Mussolini nei confronti della Germania e della Gran Bretagna. L'8 marzo Ribbentrop preannunciò a palazzo Chigi il proprio anivo a Roma con una lettera del Flihrer per il Duce. Il 10 fu ricevuto a palazzo Venezia, consegnò la risposta di Hitler e si lanciò in una tendenziosa introduzione. Prima di tutto, come prevedibile , affrontò la questione del carbone, che aveva «grandemente indignato>> il Fiihrer: la Germania era <<naturalmente in grado e disposta 9 3 G. CIANO, Diario, cit., p.

394.

94 lhidem. 95

L. SIMONI, Berlino, Ambasciala d'Italia, cit., p. 72. Però i primi piroscafi italiani fermati vennero 1ilasciati dal governo britannico, a condizione che l'Italia non avrebbe più inviato a Rotterdam, né in altri porti, navi a caricare carbone tedesco (Bastianini a Ciano in data 8.3.1940, DDI, 9" serie, III , doc. 489). 96


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a coprire tutto il fabbisogno italiano» ed il ministro Clodius, incaricato degli accordi di natura economico-finanziaria, poteva offrire rifornimenti sino ad un milione di tonnellate al mese (Mussolitù aveva indicato una necessità mens.ile di 500-700 mila tonnellate). In secondo luogo la situazi.one politico-militare: il Ftihrer «non crede ad alcuna possibilità di pace, e ( ...) è deciso già in quest'anno ad attaccare l'Inghilte1rn e la Francia, nella sicura convinzione di poter sconfiggere l'esercito francese nel corso dell'estate e di poter, ancor prima dell'autunno, scacciare gli inglesi dalla Francia». Il terzo punto concerneva il problema russo. Ribbentrop, certo su istruzioni superiori intese a fornire a Mussolini elementi per giustificare davanti all'opinione pubblica italiana il cambiamento di rotta, sfoderò una nutrita serie di affe1mazioni categoriche: la Russia (fu sempre evitato il termine «Unione Sovietica») ormai era abbastanza avanti sulla via di divenire uno Stato nazionale e normale» perché «con l'allontanamento di Litvinov tutti gli ebrei hanno lasciato i posti direttivi»; la Russia non rappresentava più alcun pericolo «sia dal punto di vista della politica interna sia estera per il Nazi.onalsocialismo o per il Fascismo»; la Russia aveva rinunciato alla rivoluzione mondiale e pensava unicamente ai problemi interni del paese «a motivo della trasformazione organizzativa subìta dal regime bolscevico»; la Russia era stata trascinata con conflitto con la Finlandia dall'ingerenza inglese e l'influenza franco-britannica aveva contrastato la disponibilità finlandese ad accettare le richieste russe; la Russia non rappresentava alcun pericolo nemmeno per i Balcani e sicuramente Stalin-non si sarebbe mai lasciato coinvolgere in un conflitto con la Romania. Quarto punto: lo scontro fra il Reich e le Potenze occidentali. Secondo il Filhrer, l'iniziativa del presidente Roosevelt, che aveva inviato in Europa il sottosegretario di Stato Sumner Welles per cercare una via d'uscita di compromesso, non era da reputarsi destinata a buon fine. Comunque i tedeschi tutti nutrivano profonda fiducia nella vittoria; il blocco inglese si palesava inefficace; limitazioni alimentari esistevano solo per i grassi, ma questo non poteva che essere «favorevole alla salute». Mussolini non si era sbilanciato e pose termine alla conversazione dicendo che intendeva riflettere su i vari problemi alla luce della risposta del Ftihrer97 . Accomiatatisi Ribbentrop e l'ambasciatore von Mackensen, Mussolini si volse a Ciano e dichiarò prima che non credeva all'of-

97 Primo colloquio fra Mussolini e Ribbentrop in data 10.3.1940, in R. MOSCA,

L' Europa verso la catastrofe , Il Saggiatore, l'v1ilano 1964, Il , pp. 143-161.


IL MOMENTO STORICO

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fensiva tedesca in Occidente, poi che non credeva al successo completo , infine che aveva bjsogno di farsi un'idea esatta della situazione98 . La lettera di Hitler, che Mussolini lesse tre volte, si dilungava in un giro d'orizzonte che in certo modo ribatteva le osservazioni ed i consi.gli elargiti due mesi prima da Mussolini. In stretta sintesi: certezza nella vittoria finale e necessità di ottenerla ad ogni costo; pieno riconoscimento della posizione italiana nell'agosto 1939 e della utilità della sua non belligeranza; assoluta disponibilità a fornire all'Italia tutto il carbone necessario; esaltazione dei vantaggi economici e strategici derivanti dal pattO' con la Russia ed assicurazione della indisponibilità tedesca a qualsiasi cedimento sul piano ideologico ed a qualsiasi tentativo russo di ampliare la riconosciuta sua «zona di interesse». Però in questa esposizione figuravano anche moniti ambigui da non ignorare: «Sono anch' io della Vostra opinione, Duce, che nelle circostanze esiste nti è stato forse persino un bene che l'Italia non sia stata subito coinvolta in guerra al nostro fianco. Tuttavia credo che su di un punto non ci possa essere dubbio alcuno: l'esito di questa guerra decide anche sul futuro dell'Italia! Se questo futuro viene considerato nel Vostro paese soltanto come il perpetuarsi di un'esistenza da Stato europeo .di modeste pretese , allora io ho torto. J\'1a se questo futuro viene considerato alla stregua di una garanzia per l'esistenza del popolo italiano dal punto cli vista storico, geopolitico e morale, ossia secondo le esigenze imposte dal diritto di vita de l Vostro Popolo, gli stessi nemici che combattono oggi la Germania vi saranno avversari ( ...)»99 .

TI giorno successivo Mussolini ri.cevette ancora Ribbentrop e tornò sugli argomenti già toccati nel precedente colloguio , ma in sostanza mdla di nuovo emerse. L'affermazione, inattesa , che «( ...) è praticamente impossibUe per l'Italia di mantenersi al di fuori del conflitto. Al momento dato essa entrerà in guerra e la condurrà con la Germania e parallelamente ad essa, perché l'Italia ha anche da pa1te sua dei problemi da risolvere( ...)»,

98

G. CIANO, Diario, cit., p. 405. Hitler a Mussolini in data 8.3.1940, DDl , 9° serie, III, doc. 492. Ha osservato Di Nolfo: «In un linguaggio meno contorto Hitler avrebbe eletto: la scelta è fra l'alleam,a con la Germania alle condizioni tedesche o la riduzione ad un ruolo su balterno come "Stato europeo di modeste pretese"» (ENNIO D1 Nouo, Mussolini e la decisione italiana di entrare nella seconda guerra mondiale in «L'Italia e la politica di potenza in E uropa ( l 938-1940)», Marzorati, Milano 1985). 99


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ITlCA E STIVITEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

costituiva novità per il to no esplicito, ma il vero punto da decidere rimaneva il «quando» e, in proposito, Mussolini tornò a ripetere che, non potendo l'Italia sostenere fi nanz iar.iamente una guerra lunga, sarebbe entrata in campo solo quando militarmente pronta ed a tempo debito. Essa rappresentava «la riserva che al momento dato fa rà il suo dovere». Dalla lettura del verbale si ricava un particolare interessante: la cura con la quale Ribbentrop volle sincerarsi delle intenzioni di Mussolini. Il ministro tedesco, infatti, la sera prima aveva telegrafato a Hitler di non essere stato in grado di capire «neppure in parte quali fossero le vedute del Duce» 100 . Perciò volle puntualizzare: «Se aveva ben compreso il pensiero del Duce», l'Italia sarebbe entrata in guerra, naturalmente a fianco del Reich; i rapporti dell 'Italia con Francia e Gran Bretagna avrebbero ricevuto un sostanziale inasprimento (e Mussolini garanti: sarà molto semplice preparare tale inasprimento»); un miglioramento de lle relazioni tra Italia e Russia sarebbe stato possibile (e Mussolini assicurò: «possibilissimo»); e un riavvicinamento avrebbe faci litato l' intervento italiano volto a consentire l'auspicabile intesa fra Russia e Giappone. Soddisfatto , Ribbentrop concl use «potersi dunque stabilire che entrambi i paes i [Italia e Germani a] , secondo il pensiero del Duce, hanno un destino comune, che prima o dopo condurrà l' Italia ad entrare in guerra». Ripeté c he, a suo avviso, lo scontro in Occidente era prossimo , pur non potendo precisare l'epoca, ma «per l'Italia vi potrebbe forse essere ancor prima l'occasione di prendere un atteggiamento di carattere dimostrativo, atto a facilita re la Ge rmania». Uno scambio di vedute tra il Duce ed il FUhrer al Brennero, attorno al 19 di quello stesso mese di marzo , avrebbe completato l'identità di ved ute tra i due governi 101 . Alla visita di Ribbentrop sono stati attribuiti risultati non univoci. Taluno rilevò un più evidente ed esplicito impegno dj Musso.lini nei riguardi del confl itto; altri invece - come Ciano - non ritennero che Ribbentrop avesse segnato «alcun vantaggio decisivo nel gioco» 102 . Certo si è che Mussolini mantenne il desiderio di cercare di trattenere Hitler dal1'offensiva in occidente, in quanto simile mossa avrebbe sicuramente eliminato ogni residua speranza di una pace di compromesso. 100 W. SHJRGR,

Storia del Terzo Reich, cir. , p. 748.

10 1 Secondo colloquio fra Mussolini e Ribbentrop in data 11.3. 1940 in R. M OSCA,

l'Europa verso la catastrofe. cit., Il, pp. [62-177 . I02 G. CIANO, Diario, cit., p. 405 .


I L MOMENTO STORIC ,,,O' - - - - - - - -

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L'incontro al Brennero ebbe luogo il 18 marzo. Mussolini cominciò col riconoscere <<l 'impossibilità di restare neutrale sino alla fine della guerra» , ma il grande problema era quello della data. Per fissarla occorreva che l'Italia fosse «preparata molto bene», perciò se fosse stato possibile rimandare l'offensiva senza pericoli per la Germania, egli avrebbe portato a termine in tre o quattro mesi i preparativi militad e non si sarebbe trovato nell'imbarazzante situazione di limitarsi ad azioni dimostrative mentre il suo «camerata» combatteva. Hitler non aveva alcuna intenzione di rimandare la mossa: per la Germania era inevitabile chiudere la pa1tita di forza, al più presto possibile ed in Ii'rancia. E spiegò che una volta liquidata la Francia, l'Italia avrebbe avuto il dominio del Medite1nneo e l'Inghilterra sarebbe stata costretta a chiedere la pace. L'offensiva contro la Francia era quindi «strategicamente molto importante per l'Italia». Poiché effettivamente un attacco frontale sulle Alpi occidentale sarebbe costato all'Italia molto sangue senza risultare redditizio, «gli sembrava preferibile che, al momento dell'attacco dell'Italia, una importante armata italiana attaccasse la frontiera francese non tra la Svizzera ed il Meditenaneo, ma marciasse con l'esercito tedesco ed attaccasse lungo la valle del Rodano parallelamente alla frontiera svizzera>> per prendere alle spalle il fronte alpino franco-italiano. Poi, «Il Hilu-er sottolineò ancora una volta che non era venuto a chiedere aiuto o fissare una data pyecisa per l'entrata in guerra dell'Italia ( ...). Egli lasciava al Duce la cura cli prendere mtte le decisioni in funzione della simazione reale( ...). Tuttavia, nel caso in cui la decisione dipendesse ancora da un ul timo sforzo, che si potrebbe dare in collaborazione con l'Italia, si dovrebbero in questo caso coordinare i metodi( ...)».

Mussolini apparve 1isoluto. Rispose che «avrebbe attaccato subito, dopo una prima vittoria della Germania e( ...) assicurò che egli non avrebbe perso tempo se si fosse presentato il caso n. I, vale a dire se un attacco tedesco avesse fatto vacillare gli Alleati a tal punto che un secondo coJpo li avrebbe fatti cadere in ginocchio. Per quel che concerneva il secondo caso, cioè se la Gerrnania non avanzasse che passo a passo, il Duce disse che avrebbe atteso. Il Fiiluer aggiunse che in questo caso verrebbe il momento in cui la Germania dovrebbe riprendersi e rafforzarsi e che allora sarebbe bene che l'Italia coprisse le sue spalle aspettando l'ora decisiva)) 103 .

w3 RENZO DE F ELICE, Mussolini il duce , Einaudi, Torino 1981 , II, pp. 768-769. Del colloquio Mussolini-Hitler esistono due verbali, entrambi di mano tedesca. Uno, il più completo, ad uso della Wilhebnstrasse, è riportato nei Documents on Cerman Foreign


POLITICA E ~TR.A;rti(; IA IN CENTO ANNI DI G UERRE ITALIANE

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Indubbiamente, anche se la scelta del «quando» intervenire era stata lasciata deliberatamente a Mussolini da un Hitler consapevole cli aver acquistato un netto sopravvento psicologico, il colloquio del Brennero lasciò forte traccia nell'animo del Duce, come attestato da due fatti. In primo luogo il telegramma inviato al Re al rientro a Roma: «CoJloquio di ieri è stato molto importante, più di quanto non avessi previsto. Hitler mi è apparso in ottimo stato spirituale e fisico e, malgrado talune osciJlazioni, sicuro di vincere. Ritengo tuttavia non imminente offensiva terrestre. Non appena arrivato da Berlino manderò resoconto» 104 .

1n secondo luogo il «promemoria segretissimo» in data 31 marzo, consegnato al Re il 4 aprile e due giorn i dopo al capo e sottocapo di Stato Maggiore Generale, ai capi di Stato Maggiore delle tre Forze Armate , ai ministri degli Esteri e dell'Africa Italiana ed al segretario del P.N.F. 105 . TI documento - compilato personalmente da Mussolini, senza interpellare alcuno - formulava alcune previsioni di larga massima sulJe prospettive belliche, pur ammettendo le difficoltà che in proposito presentava una situazione di «estrema fl uidità» come quella presente; ne traeva conseguenze per quanto atteneva la posizione dell 'Ttalia; concludeva con le linee fondamentali di un piano di guerra. Per il momento ci limitiamo ai primi due argomenti. La situazione generale. Era esclusa la probabilità di una pace negoziata, come ciel resto riconosciuto anche da Sumner Welles, perché gli Alleati erano stati fermissimi nel proclamare la volontà di ricostituire la Polonia, la Cecoslovacchia e perfino l'Austria. C iò posto , si trattava di esaminare le possibilità operative delle opposte parti. Sulla base delle notizie di cui si era in possesso , le circostanze sembravano aver condotto ad una posizione di «stallo» . I franco-britannici non parevano in condizioni di affrontare il Westwall sul fronte occidentale e quindi con ogni Policy (1918-1945), Washington 1949 e seg., da cui sono tratti i brani riportati in questa sede. L'altro, pii:t riassuntivo e «purgato» - come dice De Felice - , che fu inviato a Roma a seguito delle insistenti richieste di Mussolini e che si legge ora in R. MOSCA , L'Europa verso la catastrofe, cit., II, pp. 185-193. 104 R . D E FELICE, Mussolini il duce, cit., li, p. 769. 105 DDI, 9" serie, Hl, doc. 669.


ILMOMGNT() STORICO _ _ _ __

probabilità avrebbero insistito operando sul mare e nel! 'aria, principalmente per stringere sempre cli più il blocco economico attorno alla Germania. I tedeschi parlavano da mesi , è vero, di un offensiva in occidente per arrivare alla Manica, però una carta ciel genere presentava pur sempre jl rischio di un insuccesso parziale o totale , con sicure (secondo Mussolini) ripercussioni nell'interno del Reich. Di conseguenza sembrava verosimile che la Germania, la quale alla fin fine aveva raggiunto i suoi obiettivi di guerra, trovasse conveniente rimanere sulla difensiva e limitarsi a resistere al blocco. Soltanto nella certezza di una schiacciante vittoria o come carta della disperazione perché soffocata, sarebbe passata an 'offensiva terrestre in Francia. Non sono pochi gli assunti arbitrari che rendono queste considerazioni tutt'altro che rigorosamente conseguenziali. Se appariva realistico ritenere ormai difficile una pace cli compromesso, la posizione degli Alleati rivelava chiaramente una scelta strategica che non poteva che essere temporanea. Lo stesso Mussolini ammetteva che le truppe francesi del Levante (la cosiddetta annata Weygand) potevano trasferirsi in Egitto, in Grecia o nel Caucaso aprendo nuovi orizzonti operativi. Quanto alla Germania, sostenere che avesse conseguito i suoi scopi di gue1Ta contrastava con la notoria rivendicazione delle colonie da paite di Hitl~r. E sul piano milita.re era evidente l'esigenza tedesca di chiudere la partita al più presto, specialmente ricordando la convinzione di Hitler che, battuto l'esercito francese, l'Inghilterra sarebbe venuta a miti consigli non avendo truppe per invadere l'Europa. Come se non bastasse, nel breve incontro al Brennero Hitler, dopo aver esaltato la potenza militare raggiunta dalla Wehrmacht, non aveva lasciato dubbi sulla sua determinazione a «condurre la guerra fino in fondo e sconfiggere i nemici», perché il blocco britannico a lungo andare sarebbe diventato insopportabile. La posizione dell'Italia. A questo riguardo Mussolini ribadiva affermazioni già fatte in precedenza a più riprese, ma con maggiore incisività, quasi - come osservato da De Felice - «per riaffennare la sua autorità rispetto al pa1tito antiteclesco ed al sovrano, saggiarne le capacità di reazione e, quindi , preparare il terreno a quell'eventuale accorciamento dei tempi dell'intervento che , lo si è visto, l' incontro del Brennero lo aveva costretto a prendere in considerazione» 106 . I concetti che volle evidenziare con forza avevano valenze diverse. Sotto il profilo psicologico: il cate,oc, R. DE FELICE, Mussolini il duce. cit., Il, p. 777.


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gorico rifiuto cli schierarsi a fianco degli Alleati come nel 1915, nonostante l'inosservanza tedesca degli accordi presi; l' altrettanto categorico rifiuto cli restare nella neutralità sino al termine della guerra per non <<ridursi al livello di una Svizzera moltiplicata per dieci». Sotto il profilo politico della Grande Potenza: il sogno imperiale mediterraneo. «L'Italia - scriveva Mussolini - non sarà veramente una nazione indipendente sino a quando avrà a sbarre della sua prigione mediterranea la Corsica, Bise1ta, Malta e a muro della sua stessa prigione Gibilterra e Suez. Risolto il problema delle sue frontiere terrestri, l'Italia se vuole essere una potenza veramente mondiale, deve risolvere il problema delle sue frontiere marittime; la stessa sicurezza dell' Impero è legata alla soluzione di questo problema( ...)».

La riflessione che ne discendeva aveva una venatura quasi patetica, volendosi conciliare il desiderio di acquisire cospicui vantaggi territoriali con il minimo sforzo; il desiderio di intervenire come Grande Potenza con la consapevolezza di disporre di un complesso militare assolutamente in arretrato nella preparazione e di una potenzialità economicoindustriale troppo modesta; e infine la necessità di conciliare l'orgoglio personale e ideologico con il senso della realtà. Queste le righe conclusive sul quid jàcendum: «11 problema non è quindi di sapere se l'Italia entrerà o non entrerà in guerra, perché l'Italia non potrà fare a meno di entrare in guerra; si tratta soltanto di sapere quando e come; si tratta di ritardare il più a lungo possibile, compatibilmente con l'onore e la dignità, la nostJa entrata in guerra: a) per prepararci in modo tale che il nostro intervento determini la decisione; b) perché l'Italia non può fare una gue1Ta lunga, non può cioè spendere centinaia di miliardi come sono costretti a fare i paesi attualmente belligeranti. Ma circa il quando, cioè la data, nel convegno del Brennero si è nettamente stabilito che ciò riguarda l'Italia e soltanto l'Italia».

3. VERSO L'INTERVENTO

n ragionamento espresso da Mussolini nel suo promemoria fu, a quanto riferito dall'interessato, giudicato dal Re come improntato ad una «logica geometrica». A prescindere dalla svolta che Alleati o tedeschi avrebbero potuto imprimere alle operazioni, indubbiamente la linea di condotta adottabile dall'Italia era proposta in modo più che convincente, però la sua plausibilità derivava strettamente da una premessa non proprio inattaccabile.


IL MOMEN!_OSTOR!CO _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __

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Essa , infatti, fu enunciata con queste parole: «L'Italia, se vuole essere una Potenza veramente mondiale deve risolvere il problema delle sue frontiere marittime». Se. E gli obiettivi che sì proponeva il Duce erano tali da far rivivere l'Impero Romano. Più che un sogno, era una utopia . Ma un fondo di spiegazione in tale modo dì vedere le cose può rinvenirsi nel fatto che , sin dall'Unità, l 'Ttalìa aveva sempre aspirato ad essere, o quanto meno ad essere considerata, Grande Potenza. Senza averne i requisiti. Mussolini reputava «assurdo e impossibile» rimanere fuori dalla guena per l'intera sua durata per due motivi: la insostenibile, alla lunga, posit ione di neutrale e gli impegni presi, sia pure a certe condizioni (in partenza non rispettate da Hitler) . Sul primo punto si può discutere. Mussolini ne accennò a Franco: «È mia convinzione che la guerra assumerà fo1me sempre più dure e che la posizione de i neutrali diventerà sempre più difficile . Per rendere sempre più ermetico il blocco attorno alla Germania, gli Alleati si propongono cli strangolare i neutrali che hanno, con essa, confini comuni. Per quanto riguarda l'Italia, essa non può alla lunga evitare di entrare in guerra e, quando lo farà , sarà a fianco della Germania. La data in cui questo avvetùmento si verificherà non può essere prevista; questa dipenderà dalle misure degli Alleati , misure che diventano sempre più _iugulatorie» JOi .

Se credeva cli impressionare Franco, sbagliava perché questi non si scompose: «Io non mi attendo un aggravarsi dell'lnghilte1Ta e della Francia con i neutr;:ili ( ...). Non credo( ...) che l'Inghilterra provochi la guerra del Mediterraneo, poiché i dan ni sarebbero per essa maggiori dei vantaggi( ...). Il mio parere sopra la guerra è che questa si avvia ad essere lunga e difficile( ...)>>108 .

Il fatto è che all'origine del ragionamento di Mussolini stava la vera e propria ossessione che contro l'Italia fascista, sotto la sua guida, potesse essere rivolta la vecchia accusa del 1914. Mussolini sapeva che la non partecipazione alla guerra dell'Italia sarebbe stata giudicata oltralpe Verrat, tradimento! In gennaio Attolico era stato esplicito nell'indicargli gli umori dell'opinione pubblica tedesca. In Germania la «non bellige-

107 108

Mussolini e Franco in data 8 .4.1 940, DDI, 9" serie , III, doc. 721. Franco a Mussolini in data 30.4. 1940, ibidem, IV, doc. 260.


5 _8 _· _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _l'_O_ L r_ri_ CA_ E_'STRKrEGJA IN CENTO ANNI Ul GUERRE ITALIANE

ranza» italiana era tollerata unicamente perché accettata dal Fiihrer, ma il giorno in cui l'assenso fosse da questi ritirato, il giorno in cui le masse tedesche si fossero viste in gravi difficoltà, esse si sarebbero sch ierate unanimi contro l'Italia gridando al tradimento e del pari avrebbero fatto le Forze Armate germaniche, nelle quali «per tradizione mentale» i ricordi del 1914 non erano mai stati dimenticati 109 . Questo, fra l'altro, significava che una Germania vittoriosa - e in proposito Mussolini inclinava ormai a nutrire ben pochi dubbi - si sarebbe vendicata dell'Italia fedifraga prendendosi con la forza l'Alto Adige e Trieste. Era naturalmente possibile l'ipotesi opposta, ma su Mussolini aveva fatto presa anche un'effermazione più volte ripetuta con intenzione da Hitler: che le sorti della Germania nazista e quelle dell'Italia fascista fossero strettamente unite. Quindi né il fascismo, né lo stesso Duce, sarebbero sopravvissuti politicamente alla sconfitta del Terzo Reich. In definitiva, secondo l'ottica di Mussolini non esistevano alternative all'intervento a fianco della Germania. Ancora da stabilire, invece, era il momento. E occorreva individuarlo con estrema attenzione: né troppo presto, né troppo tardi. Nel campo delle valutazioni fatte nell'aprile 1940 non si può dire altro, ma per la cronaca vale la pena di ricordare proprio la vicenda spagnola. All'improvviso ed inatteso crollo della Francia, Franco , il quale teneva d'occhio la possibilità di ingrandire i possedimenti spagnoli nel1' Africa nordoccidentale, passò di colpo dalla neutralità alla non belligeranza e due giorni più tardi si dichiarò addirittura disposto ad intervenire accanto alle Potenze de11' Asse contro la Gran Bretagna. Per fortuna della Spagna, in quel momento la sua offerta non f1-1 vista con interesse da Hitler. Quando però, nel successivo autunno, Germania e Italia ebbero un ripensamento sull'apporto spagnolo, Hitler si mosse di persona per incontrare Franco a Hendaye il 23 ottobre. Il Caudillo sì impegnò ad aderire al Patto Tripartito ed al Patto d'Acciaio, però condizionò .I ' intervento della Spagna ad ulteriori negoziati e così rimasero indefiniti sia le circostanze sia il momento dell'intervento stesso 110 • Ma è interessante constatare come l'atteggiamento assunto da Franco, di fronte alla guerra ed agli impegni presi, sia stato spiegato dal ministro degli Interni Serrano Sufier all'ambasciatore italiano a Madrid con gli stessi identici argomenti sempre usati eia Mussolini con Hitler: 109 Attolico a C iano in data 16.1.1 940, ibidem, III, cloc. 137 . 110 R . DE FELICE, Mussolini l'alleato, voi. I, tomo I, pp. 181-182.


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IL MOMENTO STOR ICO

«La Spagna entrerà in guerra solo quando sarà sicura che la guerra non sarà lunga. Ciò non per timore, ma perché non ne ha i mezzi. Ed anche per questa guerra di breve durata essa deve avere la necessaria preparazione. Ma la Spagna entrerà in guerra, siatene ce1to. Fra quanti mesi non posso dirlo. Dipenderà dalle circostanze, dalle nostre possibilità, dall'aiuto che ci verrà dato. Quando il paese avrà grano ed armi a sufficienza, il governo falangista potrà preparare l'opinione pubblica al conflitto e la Spagna, finalmente, sarà in grado cli dare il suo contributo alla causa comune» 1ll.

Come sappiamo, la Spagna non entrò mai in guerra. Comunque non è da escludere che ad un certo punto il governo fascista potesse essere coinvolto , suo malgrado, nel conflitto.. ma questo sarebbe avvenuto in circostanza tutte da verificare e, in ogni caso, con una preparazione militare migliore ed evjtando di strombazzare la volontaria entrata in campo ... mettendosi sulla difensiva!

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A buon motivo è stata sottolineata l'assoluta preminenza di Mussolini nella direzione e nelle decisioni in tema di politica estera. In quanto regime autoritario, e non dittatura vera e propria, esistevano altri centri di potere capaci, almeno teoricamente, di esercitare una qualche influenza sugli eventi, ma nessuno di essi era in grado di esercitare pressioni concrete sulla condotta della politica estera. E tutti erano consapevoli di tale loro impotenza 112. A part~·e dal Re, il primo destinatario del promemoria. Non conosciamo quale sia stara l'impressione in lui suscitata dal documento. Ben sapeva quanto le forze armate non fossero in condizioni cli affrontare un cimento del genere. Sapeva che i capi di Stato Maggiore erano tutti contrari ad una guerra. Sapeva che la Chiesa era contraria. E non ignorava che l'opinione pubblica, pur non simpatizzando per la Francia e per la Gran Bretagna, meno ancora parteggiava per i tedeschi. Eppure non si mosse. Per una timidezza di fondo, per una sorta di complesso di inferiorità di fronte a Mussolini, per la consapevolezza di non poter mettere da patte sic et simpliciter il Duce , ed anche «per aver perso molto ciel controllo sulla macchina dello Stato» 113 • Probabilmente, dato il suo carattere introverso, trovò naturale rifugio in una posizione di 11 1 Lequio

a Ciano in data 27.1.1941, DDI , 9" serie, VI, doc.501. G.L. A.NDRÈ, La non belligeranza e l'intervento dell' Italia, in Commissione Italiana cli Storia M.ilitare, L'Italia in guerra. Il primo aruw /940, Roma 1941 , pp. I 51-152. 113 R. DE FELICE, Mussolini iÌ duce, cil., ll, p. 776. 112


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POLITICA E STRATEGfA lN CENTO ANNI DI GUÈRRE ITALIANE

attesa più o meno passiva, ritenendo che il tempo della decisione dovesse ancora an·ivare. D'altronde, nonostante le sue velleità guerriere , a quanto pare Mussolini non aveva affatto rinunciato alla speranza di riuscire a manovrare a favore di una pace negoziata. li 1° aprile, non appena letto il verbale (un riassunto «abbastanza stringato», ammise Ciano) mandatogli da Berlino, fu tentato di scrivere a Hitler per dissuaderlo dall'offensiva; il 2 aprile, in Consiglio dei ministri, comunicò che l'entrata in guerra dell'Italia poteva aver luogo in qualsiasi momento 114 . Il 7 aprile Ciano ricevette l'avvocato Dingli, legale dell'ambasciata italiana a Londra, latore di un generico «messaggio di buona volontà" di Charnberlain, e, su incarico di Mussolini, si sarebbe espresso come segue: <<Egli [MussoliniJ è legato completamente e irrevocabilmente all'alleanza militare con la Germania. Ciò non significa che l'Italia effettuerà un intervento rnilitare. Ma significa che non potJà mai esserci alcuna questione per L'Italia, se dovesse divemare attiva, di appoggiare qualunque altra parte ad eccezione della Germania. Che l'Italia intervenga o no milita1111ente a fianco della Germania dipenderà da quanto una tale azione convenga agli interessi italiani ( ...). Se l'Italia non riterrà opportuno intervenire, non c'è alcuna ragione perché i rapporti fra Inghilterra e Italia non debbano rimanere per tutto il periodo "corretti'\ ,l1 5.

Confermando poi la convinzione di Mussolini che una onorevole pace di compromesso fosse ancora conseguibile, gli disse che il Duce avrebbe preso in considerazione con la massima cura qualsiasi «suggerimento» che in tutta segretezza gli fosse pervenuto da Chamberlain. L' avrebbe fat to proprio e trasformato in proposta sua d a inoltrare a Hitler 116 . L'idea non trovò seguito da parte britannica, ma è significativa di quanto Mussolini, a dispetto di tutto, continuasse a sperare in trattative che l'avrebbero fatto tornare agli onori della ribalta internazionale e gli avrebbero consentito di non entrare in guerra. Ma all'alba del 9 aprile l'ambasciatore von Mackensen recò la «solita lettera» del Fi.ihrer con la notizia che truppe tedesche stavano occupando Danimarca e Norvegia. Mussolini fu preso dall'entusiasmo: «È un gesto che

114

G. CIANO, Diario, cit., pp. 414 e 416. R. QUARTARARO , Inghilterra e Italia. Dal Patto di Pasqua a lvlonaco ( con un'appendice sul «canale segreto» italo -inglese), in <<Italia Contemporanea», ottobre-dicembre 1976, p. 704 e sg. f 16 Ibidem, p. 707 e sg. 115


IL MOMENTO STORICO

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può avere risultati incalcolabili ed è così che si vincono le guerre» esclamò. Era tanto eccitato che manifestò a Ciano l'intenzione di occupare la CroaziaJ 17 . Peraltro nella lettera di Hitler spiccava una frase scritta con intenzione: «Quello che desidero soltanto è di assicunuVi, Duce, - e questo è lo scopo principale di questa lettera affrettata - che l'attuale operazione bellica non intacca né toglie nulla alla esposizione fattaVi né alle detenninazioni comunicateVi al Brennero» 118 . In altri termini, non lasciava dubbi che, per quanto lo riguardava, la possibilità di una pace negoziata era del tutto esclusa e i tempi per l'intervento italiano erano eiettati dall'iniziativa tedesca. Nel frattempo continuava nell'animo di Mussolini la ridda altalenante di sentimenti diversi. L' 11 aprile rispose ad un telegramma di Hitler, che lo informava sull'andamento delle operazioni in Norvegia, assicurando che «da domani 12 la flotta italiana sarà al completo sul piede di guerra, mentre sto accelerando i tempi per le altre forze armate» 119 . Tl 20 confidò a Ciano: «Non farò niente prima della fine di agosto, dopo aver migliorato la preparazione e dopo i racconti» 120 . Il 22 spostò i tem1ini del!' intervento: «primavera del 1941 perché( ...) la Scandinavia ha allontanato il centro e la soluzione del conflitto>> 121 . Il 25 stabilì la sostituzione di Attolico (su richiesta della Gennania) all'ambasciata di Berlino con Alfieri, al quale specificò che in guerra egli «entrerà solo quando avrà una quasi matematica certezza di vincerla» 122 . A prescindere dalla superficialità e leggerezza di certe affermazioni, non è sbagliato dire che nella primavera del 1940, quando la vittoria di Hitler apparve solo questione di tempo, a Mussolini non rimaneva che scegliere «tra l'essere un alleato di seconda categoria o un neutrale carico cli ostilità. Date queste premesse, entrare in guen-a diventava inevitabilmente logico e necessario» 123 . L' ingresso in campo dell'Italia comjnciava ad essere ritenuto prossimo anche ali 'estero , come risulta dai passi compiuti dal nuovo presi-

117

G . CIANO , Diario, cit., p. 41 7 . Hitler a Mussolini in d~ta 9.4.1 940, DDI., 9" serie,IV,doc. 16. 119 Mussolini a Hitler in data I I .4.1940, ibiì:lem, doc. 37 . 120 G. CIANO,Diario, cil., p. 419.

118

12 1 Ibidem.

122 123

p. 193.

Ibidem, p. 421. E. D1 NOLFO, Le oscillazioni di Mussolini, in «Nuova Antologia» 1990, n. 2176,


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dente ciel Consiglio francese , Reynaud, da Pio XII e da Roosevelt. Il primo cercò cli smussare gli attriti precedenti: «( ...) Il mantenimento di un equilibrio europeo - scrisse - è una necessità vitale per l'Italia come per la Francia. Senza di esso non possono essere durevoli né pace né prosperità. Cosa sono i dissidi che sono potuti sorgere fra noi in questi ultimi ann i di fronte a questo fatto fondamentale? Non è troppo tardi per cercare di colmare questo largo fossato che sembra attualmente separarci. La vostra franchezza e la mia devono cercare di gettare un ponte tra un regime tradizionale come il nostro ed un regime nuovo come il vostro, ciascuno di essi rinforzato dalla scomparsa della diffidenza per il proprio vicino>>124 .

Ma Mussolini rispose con poche righe rifiutando l' incontro proposto da Reynaud e dichiarando che «l'Italia - come tutte le nazioni che tengono al proprio onore - intende(va) rispettare l'alleanza che la legava alla Gerrnanìa» 125 . Il giorno dopo aver fatto questa professione di fede, il Duce confidò a Grandi il suo vero pensiero: «Occorre assolutamente, in questo momento indubbiamente delicato, non insospettire i tedeschi. Non sappiamo cosa essi effettivamente faranno. Non ho nessuna intenzione di entrare in guerra. Ma voglio cloroformizzare i tedeschi. D'altra parte sembra che da Parigi, da Londra e sopratrntto eia Washington, si decidano fi nalmente a farci delle offerte serie. Queste offerte si faranno ancora più serie nel prossimo avvenire. Verrà il momento che la nostra neutralità ci sarà pagata a caro prezzo, tanto più caro se ci si convincerà che l'Italia non è decisa a stare, qualunque cosa accada, alla finestra».

Secondo Grandi, le parole ed il tono con cui le proferiva davano l' impressione che egli fosse veramente sincero. «Ancora oggi - continua Grandi - credo che ancora in quel momento, 27 aprile, egli non pensasse seriamente alla guerra» 126 . Anche il Papa si mosse, appellandosi alle iniziative del Duce affinché venissero risparmite «all'Europa più vaste rovine e più numerosi lutti» e, in pa1ticolare, «al Nostro ed al Tuo diletto Paese una così grande calamità» 127 . Mussolini replicò che la storia deJla Chiesa non aveva

124 125

126

Reynaud a Mussolini in data 22.4.1940, DDI, 9" serie, IV, doc. 166. Mussolini a Reynaud in data 26.4.1940, ibidem, doc. 219. D . GRANDI, Pagine di ,nemorie, cit. in R. DE FELI CE, Mussolini il duce, cit., II,

p. 793. 12i

Pio XIJ a Mussolini in data 24.4.1940, DDI, 9" serie, IV, doc. I 89.


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mai accettato la formula della «pace ad ogni costo», e cioè di una pace che «in date circostanze potrebbe compromettere irreparabilmente per il presente e per il futuro le sorti del popolo italiano», comunque egli non poteva garantire che l'Italia potesse evitare la guerra si.no alla fine 128 . Roosevelt con una nota verbale toccò due tasti: l'impossibilità di fare previsioni sugli sviluppi della gue1rn, ferma restando la certezza che nessuno Stato o gruppo di Stati (in altri termini: la Germania o l'Asse) poteva pensare di donùnare il continente europeo senza incontrare gravi difficoltà, e la possibilità che l'influenza dell'Italia e degli Stati Uniti, un'influenza molto profonda finché essi rimanevano neutrali, potesse favorire trattative per una pace giusta e stabile 129 . Mussolini ribatté che se l'Italia fosse entrata nel conflitto ciò sarebbe dipeso dal «continuo vessatorio e dannoso» controllo anglo-francese sul traffico mercantile italiano. Tuttavia dichiarò che «qualora le condizioni lo pennettano, e sempre partendo dal riconoscimento dei fatti reali e compiuti, l' Italia è pronta a dare il suo contributo per una maggiore sistemazione ciel mondo» 130 •

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Il 10 maggio, alle 5 del mattino, l'ambasciatore von Mackensen si presentò a Villa Torlonia, residenza di Mussolini, con un nuovo messaggio del Fiihrer datato 9 maggio: «Poiché - a giudicare dalla situazione delle cose - ci troviamo da ieri sotto la minaccia di un immediato pericolo, così m.i sono quest'oggi deciso ad ordinare per domani mattina alle ore 5 ,35 l'attacco sul fronte occidentale, e ad assicurare anzitutto con mezzi militari la neutralità del Belgio e dell' Olanda. Vi prego, Duce, al di sopra di ognì sentimento, di comprendere la forza delle circostanze che mi costringe ad agire( ...). Spero che mi riuscirà di creare fra breve quella situazione cui accennavo nel nostro ultimo incontro. Vi terrò al corrente dell'azione e Voi potrete essere così in grado di considerare e prendere in piena libertà le decisioni di cui crederete assumere la responsabilit~, nell'interesse ciel vostro popolo» 131 .

Mussolini non proferì sillaba sulla violazione della neutralità belga e olandese, che Hitler, per una volta beffardo, si proponeva assicurare 128

Mussolini a Pio XII in data 28.4.1 940, ibidem, doc . 232. Colloquio Mussolini-Phillips in data 1.5.1940, ibidem , doc. 262. 13 Ciano a Colonna in data l.S. I940, ibidem, doc. 263. 131 Hitler a Mussol.ini in data 9.5.1940, ibidem, doc. 348. 129

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«con mezzi militari», e non esitò ad affermare che la Marina era g ià pronta e che entro il mese lo sarebbero stati due gruppi di armate, suJle frontiere occidentali ed orientale, nonché l' Aeronautica 132 . Seguiva le operazioni tedesche con tanto fervore che un paio di giorni più tardi annunciò a Ciano: <<Qualche mese fa dissi che gli alleati avevano perso la vittoria, oggi ti dico hanno perso la guerra. Noi italiani siamo già abbastanza disonorati. Ogni ritardo è inconcepibile: non abbiamo più tempo eia perdere. Entro il mese dichiaro la guerra. Attaccherò Francia e Inghilterra in aria e per mare. Non penso più ali' azione contro la Jugoslavia; sarebbe un umiliante ripìego» 133 •

In quelle tre ultime settimane di maggio, se Hitler si fece premura di tenere Mussolini al conente dei sempre più evidenti successi della Wehrmacht, dall'estero si rinnovarono gli sforzi per tenere l'Italia lontana dalla guerra. Roosevelt per tre volte si indirizzò al Duce; da Parigi e da Londra vennero offerte e proposte, dirette od indirette, per trovare una scappatoia in extremis sia pure limitatamente all 'Italia134 , ma ormai era tardi. Un particolare cenno merita la lettera che Churchill, nuovo Premier britannico, inviò a Mussolini: «Ora che ho assunto l'ufficio di Primo Ministr o e Ministro della Guerra( ...) sento il bisogno di rivolgere parole di buona vo lontà a Voi come Capo della Nazione Italiana attraverso quello che sembra divenire un baratro rapidamente allargantesi. È troppo tardi per impedire che scorra un fiume di sangue fra i popoli britannico e italiano? Non v'è dubbio che entrambi possiamo reciprocamente infliggerci gravi danni e massacrarci l'un l'altro duramente e oscurare il Mediterraneo con la nostra lotta. Se Voi così decidete bisogna che sia così; ma io dichiaro che non sono mai stato nemico del popolo italiano, né mai sono stato nel mio cuore l'avversario di colui che dà le leggi in Italia. Sarebbe fuori luogo far previsioni sul corso delle grandi battaglie che ora divampano in Europa, ma io sono sicuro che qualunque cosa possa accadere sul continente l'Inghilterra procederà sino alla fine, anche se completamente sola, come abbiamo già fatto altre volte, ed io ritengo con qualche buon motivo che saremo aiutati in maniera crescente dagli Stati Uniti d ' America e anzi da tutte le Americhe. Vi prego d i credere che è senza alcun spirito di debo lezza o di paura che io Vi rivolgo questo solenne appello, d i cui rimarrà memoria. Atlrnverso tutte le epoche,

132 M ussolini

a Hitler in data 10.5.1940 , ibidem, doc. 353. G. CIANO, Diario, cit., p. 430. 134 R. DE FELICE, 1\tlussotini il duce, cit., Il, pp. 825-833; R. QU,\RTARARO, Roma fì'a /..{mdra e Berlino, cit., pp. 614-620. 133


IL MOMENTO STORJCO

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sopra tutti gli altri richiami, ci giunge il grido che gli eredi comuni della civiltfi latina e cristiana non debbono affrontarsi l'un gli altri in una lotta mortale. Ascoltatelo, ve ne scongiuro con tutto l' onore e con tutto il rispetto, prima che lo spaventoso segnale sia dato. Esso non sarà mai dato da noi» 135 .

Era un ammonimento piano e dignitoso, ma Mussolini si trovava in uno stato d'animo acutamente stimolato dalle trombe di guerra tedesche. La sua risposta fu breve e inutilmente polemica: l'Italia rimaneva fedele alla scelta di campo fatta con l'alleanza con la Germania e ricordava le sanzioni decise a Ginevra su iniziativa del governo inglese', quando essa era «impegnata a procurarsi un po' di spazio al sole africano senza aITecare il minimo danno agli interessi ed a territori Vostri ed altrui» 136 . La resa del Belgio, avvenuta il 28 maggio, provocò il superamento definitivo delle residue indecisioni di Mussolini, che il 30, con palese soddisfazione , comunicò a Hitler: " l'annuncio della mia decisione di entrare in guerra dal prossimo 5 giugno. Se Voi riterrete che, per una migliore sincronia dei vostri piani, io debba ritardare ancora per qualche giorno, me lo direte,; ma ormai il popolo italiano è impaziente cli schierarsi accanto al popolo tedesco nella lotta contro i comuni nemici. Durante questi nove mesi lo sforzo compiuto nella preparazione militare è stato considerevole( ...). Come Vi ho già eletto, la Marina e l'Aviazione sono già sul piede di guerra» .

A seguire, due perle. La prima, uno scatto d'orgoglio e di van ità: «Il Comando di tutte le forze armate sarà assunto da me». La seconda, un sospetto: <<Dal punto di vista politico ritengo necessario non estendere il conflitto al bacino danubiano ( ...)» 137 . A Berlino, Hitler interpellò i capi militari e chiese di posticipare di qualche giorno la data, allo scopo di consentire alla Li~ftwaffe di annientare le nuove basi aeree francesi prima che, dopo la dichiarazione di guerra italiana, la Francia spostasse gli aerei in altri campi di fortuna 138 . Mussolini accolse la richiesta senza difficoltà e fissò il programma: «lu-

135

Churchill a Mussolini in data 16.5 .1 940, DDI, 9" serie, IV, doc. 445. Mussolini a Churchill in data J8.5. 1940, ibidem, doc . 487. 137 Mussolini a Hitler in data 30.5.1 940, ibidem, doc. 646. 138 Hitler a Mussolini in data 31.5 .1 940 , ibidem, doc. 680. 136


66

POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANN'I DI GUERRE ITALIANE

nedì, 10 giugno, d.ichiarazione di guerra e discorso al popolo italiano e il giorno 11 mattino inizio delle ostilità» 139 . Prima di prendere in esame la questione della preparazione militare, si può sin d'ora rilevare come, a partire dal1a metà di maggio, l'argomento in pratica non abbia mai trovato posto nella mente di Mussolini, mentre in precedenza era sempre stato citato come una remora determinante nei colloqui con gli esponenti tedeschi. Dopo l'inizio dell'offensiva della Wehrmacht sul fronte occidentale le circostanze - per giunta abilmente illustrate ed esaltate da Hitler 140 - resero obiettivamente più plausibile l'avvicinarsi della fine della guerra con la Francia sconfitta e l'Inghilterra nelle condizioni di non poterla aiutare, né di proseguire la lotta eia sola, vista la debolezza veramente inattesa mostrata da Londra nella campagna di Norvegia , cioè nel suo diretto scacchiere. In quei giorni un colloquio fra Goering e l'ambasciatore Alfieri fece effetto su Mussolini. Goering aveva chiesto in quale data l'Italia prevedesse di entrare in lizza, suggerendo, per parte sua, di attaccare quando, liquidata la sacca anglo-francese cli Dunkerque, i tedeschi avrebbero sferrato l'offensiva finale su Parigi. Mussolini rimase molto colpito dalla domanda, che considerò formulata con intenzione, e disse a Ciano: «( ...) se Goering ha parlato in quel modo, sembra chi.aro che noi non possiamo tornare indietro. Dopo la Francia, un giorno pOlTebbe venire la volta nostra: e sarebbe il colmo aver firmato un patto che si chiama <l'Acciaio per essere invasi dalla Germania; trovarsi, cioè, dalla parte delJ'incudine» 141 .

E si ripromise di scrivere a Hitler comunicandogli l'intervento italiano per la «seconda decade di giugno» 142 . Il 30 maggio, dunque, quando egli si sbilanciò con la data («dal giorno 5 giugno») pur conoscendo perfettamente le condizioni delle Forze Armate italiane, ed in particolare dell'Esercito, lo fece valutando pressoché ininfluente l'aspetto militare. Sotto il profilo politico «la situazione attuale non permette ulteriori in139

Mussolini a Hitler in data 2.6.1940, ibidem, doc. 706. Il 26 maggio von Mackensen consegnò l'ottavo messaggio di Hitler dal 9 aprile: la Germania aveva ancora I 65 div.isioni .intatte contro 70-80 francesi ed il dom inio della Luftwaffe era schiacciante (Hitler a Mussolini in data 25.5.1940, ibidem , doc. 584). 141 FILIPPO ANFuso, Da Palazzo Venezia al lago di Garda, Cappelli , Bologna 1957, p. 129. 142 G. CIANO , Diario, cit., p. 434. 140


IL MOMENTO STORICO

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dugi - aveva affermato il giorno precedente ai capi di stato Maggiore perché altrimenti noi corriamo deì pericoli maggiori di quelli che sarebbero potuti essere provocati da un intervento prematuro>>143 , e sotto il profilo militare aveva già la soluzione pronta: difensiva in ten-a, offensiva sul mare e nell'aria. Poco brillante , ma tanto la guerra era finita! L'ultima settimana di pace non fece registrare alcunché di rilevante in Italia. L' unica attività sv.iluppata a pieno ritmo era quella della propaganda interna. Stampa e radio ripetevano con insistenza che l'Italia era alla '{igilia dell'intervennto e che, sotto la guida del Duce, la guerra sarebbe stata condotta in modo diverso rispetto al passato. L'opinione pubblica seguiva gli eventi con sentimenti contrastanti. Il .10- 11 maggio la notizia clell 'invasione tedesca nel Belgio, nell' Olanda e nel Lussemburgo provocò un'indignazione generale senza distinzioni cli classe sociale, però in pochi giorni gli umori cambiarono. Il 17 maggio Ciano registrò che le reazioni erano varie: «ammirazione verso i tedeschi, euforia al pensiero cli una rapida conclusione della guerra e soprattutto una grande preoccupazione per il fu turo» 144 . Il 19 Bottai annotava, riferendosi evidentemente a determinati settori della popolazione, l'orientamento della gente verso la ·guen-a a fianco dei tedeschi, certo per interesse e non per simpatia 145 ed a fine maggio riscontrava <<il rovesciamento della pubblica opinione presa da un ossessionante timore cli ani vare tardi 146 . Giorgio Amendola ammise: «( ...) la verità è che, di fronte alla vittoria di Hitler, vi fu una frana generale, una resa alla fatalità dell'evento, una debolezza ad interpretare e difendere gli interessi nazionali, che dai ve1tici del regime si diffuse in tutti gli ii.taliani» 147

ed aggiunse che «( ...) ricordi, diari, lettere mostrano come fossero vasti , anche nelle file delle opposizioni, i guasti creati dalla lunga serie delle vittorie politiche fasciste e , soprattutto, degli ultimi travolgenti trionfi hitleriani. La domanda insidiosa: "e se Musso.li-

143

Verbale della riunione, DDI, 9" serie, IV, doc. 642. G. CIANO, Diario , cit., p. 432. 145 G. 8011'AI, Diario , cit., p. 191. 146 Gumo LETO, OVRA.. Fascismo-an1(fascismo, Bologna 1952, p. 212. 147 G 10RG!O AMENDOLA , Storia del Parlito Comunista Italiano, Roma 1978, p. 416. 144


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_ _ _ _ _ _ __,_,, POLITICA E STRATEGIA lN CENTO AKNf DI GUERRE ITALIANE

ni avesse ancora una volta ragione e con il suo fiuto avesse scelto il momento buono?" serpeggiò inquietante anche tra le file dei ristretti gruppi di opposizione,> 148 .

È verissimo. Quella <<domanda insidiosa» era riconente in tutti gli ambienti. E se la ponevano tutti: il Re, i vertici militari, i gerarchi inclini alla fronda, la stessa Chiesa. L'unico privo di dubbi era Mussolini. Al punto di decidere da solo; cli rifiutare una convocazione ad hoc del Gran Consiglio del fascismo o ciel Consiglio dei ministri, come richiestogli da Vittorio Emanuele III e da Grandi; di riuscire a persuadere il Re che la guerra stava per finire e che, nel caso di nostra mancata partecipazione, la Germania vittoriosa si sarebbe vendicata del «tradimento» attaccandoci 149 . Ed al punto cli zittire il capo di Stato Maggiore Generale ed il Comandante superiore delle Forze Annate in Africa settentrionale. TI 26 maggio il marescialJo Badoglio ed il maresciallo Balbo si incontrarono casualmente a Palazzo Venezia. Il primo doveva trattare questioni di ordinaria amm inistrazione; il secondo veniva da Tripoli per esporre di persona a Mussolini le insoddisfacenti condizioni della Libia . Secondo le memorie di Badoglio , Mussolini li ricevette insieme e, dopo un calcolato momento di grave silenzio, disse scandendo le parole: " Vi informo che ieri ho mandato a mezzo corriere una mia dichiarazione scritta a Hitler per assicurarlo che non intendo restare con le mani alla cintola e che, a partire dal 5 giugno, sarò pronto a dichiarare la guerra ali 'Inghilterra».

Badoglio e Balbo rimasero «allibiti senza poter parlare»; poi Badoglio ricordò l'assoluta impreparazione militare dell'Italia sotto molteplici aspetti, la difficile situazione in cui versavano le colonie per carenze cli ogni tipo , il fatto che la maggior parte delle navi mercantili si trovavano in pieno viaggio , e concluse: «È un suicid io!>>. Mussolini, dopo un breve silenzi.o , replicò con estrema calma: «Lei, Signor Maresciallo, ha avuto una esatta visione della situazione ù1 Etiopia nel 1935. Ora è evidente che le manca la calma per una esatta valutazione della 148

Ibidem, p. 427. R. PAOLUCCI, Il m.io piccolo mondo perduto, Bologna 1952, p. 48] . Sull'atteggiamento del Re in merito all'intervento dell ' Italia cfr. MASSli\.10 D E L EONARDIS , La Monarchia e l'entrata dell'Italia in guerra in «L'Italia e la politica di potenza in Europa», cit.; R. DÈ FELICE, Mussolini il duce, cil., TI, pp. 778-779 e 800-811; u. ALFASS IO GRJJv\ALDIG. BOZZErn, Dieci giugno 1940. Il giorno della follia, Laterza, Bari 1974, pp. 396-400. 149


IL MOMENTO STORICO

situazione odierna. Le affermo che in settembre tutto sarà finito e che io ho bisogno di alcune migliaia di m01ti per sedermi al tavolo della pace quale belligerante».

Così terminò il colloquio 150 . Pur dando per scontato che qualcosa del genere sia veramente avvenuta, la ricostruzione presentata da Badoglio non può non suscitare più di una peq)lessità. Prima di tutto Mussolini non aveva affatto scritto «ieri» (25 maggio) a Hitler - e difatti Ciano, dal quale si recò subito Badoglio a sfogarsi, non ne sapeva niente -, ma lo farà il 30 maggio . In secondo luogo non esiste traccia del colloquio nella Relazione sugl i avvenimenti che precedettero la guerra (1939-29 maggio 1940) compilata' dallo stesso Badoglio ed allegata al diario storico del Comando Supremo 151. In terzo luogo, Ciano non solo non fa cenno dell'episodio , mentre a detta di Badoglio si sarebbe mostrato «estremamente addolorato>> ed avrebbe commentato «È una vera pazzia», ma quel giorno annotava nel proprio diario che Mussolini «si propone di scrivere una lettera a Hitler annunziando il suo intervento per la seconda decade di giugno» 152 . Infine appare inspiegabile come, dopo una simile comunicazione, Badoglio abbia convocato i capi di Stato Maggiore per impartire direttive operative soltanto il 31 maggio, cioè dopo la riunione tenuta il 29 maggio a Palazzo Venezia ai ve1tici militari. A parte, poi, la stranezza del silenzio di Balbo , che certo non era tipo da tacere, di fronte all'improvviso annuncio di una decisione di tale gravità. E, a proposito della decisione, perché mai Mussolini non fece parola della guena alla Francia? *

*

Una volta lanciato verso la guerra, una volta convintosi esser giunta l'ora della decisione, nella mente di Mussolini sembra abbia acquistato-· netta preminenza un sogno già da tempo accarezzato: quello di assumere il comando supremo delle forze Armate. Si riteneva ottimo stratega, anche perché in condizioni di. conoscere e soppesare bene tutti i parametri del problema bellico . Quindi trovava pe1fettamente norm,ùe che spettasse a

150 PIETRO BADOGLIO, L'Italia nella seconda guerra mondiale, Monda<lori, Milano 1946, pp. 36-38. Da rilevare la stranezza dell'improvviso uso del lei, in luogo dell'usuale Voi. 151 USSME, Diario storico Comando Supremo, Roma 1986 e sg., voi. I, tomo Il, doc. 1.. 152 G. Ci,\NO, Diario, cit., p. 434.


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POLITICA !; STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

lui reggere le redini del nuovo conflitto, così come - non rilevava il quadro differente - aveva fatto nella campagna di Etiopia. Si sentiva sicuro dell'esatta individuazione del momento giusto per aprire le ostilità. Si sentiva l'unico in grado di ottenere quello che voleva con il minimo sforzo. Il pensiero di arri.vare a tenere nelle mani anche il potere militare veniva da lontano. Il 30 marzo 1938 Mussolini aveva detto in Senato: «Nell'Italia fasc ista il problema del comando unico( ...) è risolto. Le direttive politico-strategiche della guerra vengono stabilite dal capo del Governo. La loro applicazione è affidata al capo di Stato Maggiore Generale ed agli organi dipen denti (. ..). La guen-a, come lo fu in Africa, sarà guidata, agli ordini del Re, da uno solo, da chi vi parla( ...)» .

Quest'ultima frase era piuttosto ambigua. Da profano di cose militari (vedasi l'accenno a sproposito circa il «comando unico») ed avendo sott'occhio l'esempio di Hitler 153 , sembra probabile che Mussolini confondesse o meglio non riuscisse a separare i concetti di direzione politica della guerra da q uello di direzione strategica delle operazioni, ciascuna delle quali con precise e pesanti responsabilità. Naturalmente la dichiarazione fatta al Senato sollevò molti commenti di vario tipo, ma non risulta abbia provocato una immediata, se pur discreta, messa a punto da parte del Re o di Badoglio, che probabilmente trovarono prematura una discussione su un argomento del genere. Ad ogni modo, secondo lo Statuto del Regno , qualora l'Italia fosse scesa in guerra con tutte le sue Forze Armate (e non con un semplice corpo di spedizione), il comando supremo spettava di diritto al Re, dal quale avrebbe preso ordini operativi il capo di Stato Maggiore Generale. La somma aspirazione di Mussolini non si riduceva a semplice vanità personale o sete di potenza. Era anche connessa con lo scopo politico di presentarsi all'intera Nazione, a gueffa fin ita e naturalmente vinta, come l'unico ad aver titoli per riscuotere il merito della decisione e gli allori della vittoria. L'unico, s'intende, in contrapposizione al Re ed a.i capi militari.

153

Il 19 maggio Mussolini mostrò a Bottai la dislocazione delle forze italiane, che si riservava di illustrare a Hitler. «Egli - disse - dirige le operazioni personalmente. Questo è il segreto della vittoria tedesca: che la guerra non la fanno i generali». Gli occhi gli «sfavillavano di irnnia e di desiderio>> (G. BOITAI, Diario, cit., p. 191).


IL MOMENTO STORIC."' O_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __

Non era affatto semplice ìntavolare con Vittorio Emanuele un discorso delicato come quello delle prerogatìve reali, soprattutto tenendo conto del fatto che per le Forze Armate, attraverso Badoglio, era naturalissimo il rapporto gerarchico in guerra sovrano-capo di S.M. Generale. Percìò Mussolini mosse il sottosegretario per la Guerra, gen . Soddu, il quale saggìò ìl teneno con il Primo aiutante di campo generale del Re: «( ...) Soddu - scrisse nel suo diario il gen. Puntoni - mi fa presto intendere che il Duce, in caso di conflitto, aspira a diventare comandante politico-militare della guerra, ma che non si decide a parlarne con il Re perché è certo che Sua Maes; à non sarebbe favorevole a tale provvedimento. Soddu mi illustra, ino.ltre, le ragioni che consiglierebbero questa soluzione e dice( ...) sarebbe oltremodo utile l'esistenza di un un_ico comando politico-militare. Dice: "In una guerra totalitaria è la politica che deve indicare la strada al comandante e le operazioni militari devono essere condotte in stretto collegamento con essa, cercando di evitare ogni attrito fra capo politico e capo militare. Sarebbe perciò un'ottima soluzione far convergere le due responsabilità su un'unica persona. Responsabilità che forse è bene non ac.co.llare alla Corona, onde la Corona possa salvare il Paese nel caso che il Regime scricchioli o addirittura minacci di crollare"( ...)>>.

Come è naturale, Soddu si affrettò a sottolìneare la presenza, accanto al Duce, dì un capo di Stato Maggiore professìonalmente capace e stimato da tutte le Forze Annate, cioè Badoglio. E nel suo zelo non si fermò a queste considerazioni. Fede presente la necessità di una decisione immediata in qumito esisteva la possibilità che la situazione imponesse l'entrata in campo dell'Italia da up. momento all'altro. Perciò, aggìunse con intenzione, «se Sua Maestà dovesse entrare in questo ordine dì ìdee sarebbe bene che l'ìnìziatìva del provvedimento partisse dal Sovrano pei· evitare la sorpresa di veder pubblicato il provvedimento prima della sanzione reale»! 154 Vittmio Emanuele III, ancora offeso dalla questione del grado dì Primo Maresciallo dell'Impero conferito nel 1938 per acclamazione dal Senato a lui stesso ed a Mussolini, fece seccamente conoscere che si riservava di parlare di persona con il presidente del Consiglio, poi, quando seppe che questi - che, nonostante le sue ambìzìoni mìlìtari, non se la sentiva di affrontarlo sull ' argomento - stava facendo approntare un decreto da sottoporgli per la firma, si irritò veramente. Purtroppo, ancora una volta non giunse al rifiuto puro e semplice motivato dalle proprie

154 PAOLO P UNTONI,

Parla Vi/Iorio Emanuele III, Palazzo, Milano 1958, pp. I 1-13 .


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_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ ____,_P=OLITJCA E STRATEGIA IN CENTO J\NNI DI GUERRE ITALIANE

prerogative reali ed a malincuore finì per affidare a Mussolini «i l comando delle truppe operanti su tutte le fronti», conservando per sé il comando supremo delle Forze Armate 155 . Il 29 maggio Ciano annotò: «Stamane alle 11, a Palazzo Venezia, è nato l' Alto Comando. Poche volte ho visto Mussolin i così felice. Ha realizzato il suo vero sogno: quel lo di diventare condottiero militare del Paese in gucrra» 156.

Il 10 giugno, alle 16,30, Ciano ricevette, l'uno dopo l'altro, gli ambasciatori François-Poncet e Loraine e comunicò loro la dichiarazione cli guerra. Alle 18 Mussolini si affacciò al balcone cli Palazzo Venezia ed annunciò l'evento: <.<Combattenti di terra, di mare e dell'aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini e donne d'Italia, dell' Impero e del Regno d'Albania! Ascoltate! Un'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. L'ora delle decisioni iITevocabili . La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia. Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell'Occidente, che, in ogni tempo, banno ostacolato la marcia e spesso insidiato l ' csistenza medesima del popolo italiano ( ...) . Noi impugnamo le anni per risolvere, dopo il problema r.isolto del le nostre frontiere continentali, il problema delle nostre frontiere marittime; noi vogliamo spezzare le catene di ordine territoriale e militare che ci soffocano nel nostro mare, poiché un popolo di quarantaci.nque milioni di abitanti non è veramente libero se non ha libero l' accesso all'Oceano( ...)».

155

Sull'argomento cfr. R. DE FELICE, Mussolini il duce, cit., II, pp. 807-809; M. L'esercito italiano alla vigilia della 2a guerra mondiale, USSME, Roma 1993 , pp. 345-349; Q UIRINO ARMELLINl, Diario di guerra, Garzanti, Milano 1946, p. 22. 156 G. CIANO, Diario, cit., p. 435.

MONTAN,\RI,


Capitolo II LA PREPARAZIONE MILITARE

1. L E PRIME DIRETTIVE DI MUSSOLINI Tvfussolini toccò il tasto strategico vero e proprio in quattro circostanze prima della dichiarazione di guerra alle Potenze occidentali. Iniziò a metà agosto 1939, quando si rese conto che la Germania intendeva affrontare la questione polacca con la forza; la seconda volta a fine gennaio 1940 in Consiglio dei ministri; la terza a fine marzo 1940 , dopo l'incontro con Hitler al Brennero; la quarta a fine maggio dello stesso anno, alle soglie dell ' entrata nel conflitto. Cominciamo ad esaminare le direttive impartite nel 1939. Il 16 agosto Mussolini convocò Badoglio per metterlo al corrente degli ultimi sviluppi della situazione europea, o meglio delle intenzioni di Hitler: dar corso, verso il 21 del mese , aJJe operazioni intese a risolvere il problema cli Danzica e del Corridoio , nella certezza che la guerra sarebbe rimasta localizzata; agire con la sola Wehrmacht, perché più che sufficiente alla bisogna e perché il settore baltico era cli esclusiva partinenza della Germania. Di conseguenza, nessun concorso sarebbe stato richiesto all'Italia. Ciò premesso, e per converso nell'assoluta persuasione dell'impossibilità che lo scontro restasse circoscritto e della probabilità che tutte le altre Potenze sarebbero state trascinate nella lotta, Mussolini impattì le seguenti direttive: -· «l. Qualora nel conflitto tedesco-polacco intervengano Inghilterra e Francia e Stati a loro collegati, noi ci manterremo nella più stretta difensiva, non facendo alcun atto che possa significare nostra adesione alla iniziativa tedesca. 2. Se, nonostante questo nostro atteggiamento, saremo attaccati dalle Potenze democratiche, ogni sforzo sarà da noi fatto per assicurare l'inviolabilità delle nostre fron tiere, sia della Madre Patria, sia delle colonie, e a breve scadenza effettueremo un' offensiva contro la Grecia per tendere a Salonicco. 3. Situazione permettendo, solo dopo aver scatenato i moti interni in .Jugoslavia, ci impadroniremo della Croazia per usufruire delle notevoli risorse di detto paese>> 1• 1 USSME, Diario

storico del Comando Supremo, cit., I , tomo II, pp. 101-102.


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- - - - - 'P ' -" O=LITICA E STRAl'EGIA IN CENTO A.'l.'1 1DI GUERRE JTALIA NE

Nulla da eccepire, evidentemente, sulla prima direltiva. La seconda in parte era ovvia (anche se ordinare l' inviolabilità delle frontiere dell'Impero appariva chimerico), ma introduceva un allargamento bellico alla Grecia, cioè oltremare e nel difficile sotto ogni aspetto teatro balcanico, a tutta e sola spesa italiana. La terza direttiva, anche se espressa sotto condizioni, estendeva l'impegno bellico alla Jugoslavia. Con ogn i probabilità il pensiero di Mussolini era ancorato all'idea enunciata categoricamente nella memoria datata 27 maggio 1939 inviata a Hitler a mezzo del gen. Cavallero: che «dal punto di vista strategico le nazioni ad occidente possono considerarsi murate, cioè praticamente inattaccabili per forze di terra. Si può dunque prevedere una difesa reciproca sul Reno e sulle Alpi ed in Libia», e pertanto la guerra in occidente avrebbe assunto un carattere prevalentemente aereo-marittimo2 . Poco tempo prima (febbraio e giugno) Badoglio aveva compiuto due ispezioni in Tripolitania e constatato le gravi deficienze ivi esistenti in tema di inquadramento dei reparti e di dotazioni delle unità, di apprestamenti difensivi e perfino di infrastrutture per la sistemazione delle truppe. Rientrato a Roma, aveva concluso la seconda relazione per il Duce segnalando che, pur nel riconoscere alcuni progressi, bisognava ammettere che molto ancora rimanesse da fare per la preparazione bellica della Libia occidentale prima che essa potesse garantire non soltanto cli reggere un improvviso attacco francese, ma anche di essere in grado cli assumere qualche iniziativa. In definitiva, nella migliore delle ipotesi la TripoJitania avrebbe raggiunto una soddisfacente efficienza alla fine del 1940. Come è naturale, Badoglio pose subito in chiaro che di fronte ad un eventuale conflitto l'Italia si sarebbe trovata in piena crisi di rinnovamento dei materiali, ma soprattutto tenne a sottolineare i rilievi fatti nelle sue ispezioni in Libia. Mussolini dovette convenire sulla precarietà della situazione in Tripolitania, tanto più che una minaccia francese in Africa settentrionale veniva reputata attendibile, e si ripronùse cli impartire disposizioni in merito al gen. Pariani. Stupisce alquanto l'acquiescenza cli Badoglio di fronte alla prospettiva di operazioni offensive contro la Grecia e la .Jugoslavia, sia pure a certe favorevolissime condizioni. Forse ciò dipese dal fatto che , dopo tutto, studi operativi. potevano essere utili se non altro ai fini dì evidenziare quale impegno di truppe e dì mezzi richiedessero le citate operazioni . 2

Ibidem, pp. 9-11.


LA PRE PARAZIONE MILITARE

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In relazione a queste «direttive>>, Badoglio trasmise l'urgente ordine per gli studi ai capi di Stato Maggiore di Forza Armata e poi si. affrettò a dame comunicazione al Duce. Simile comunicazione era, invero , superflua, ma Badoglio volle evidentemente approfittare della circostanza per ribadire, senza possibilità cli equivoci , il proprio pensiero: «( ...) Ho allresì prospettato ai Capi di Stato Maggiore la situazione quale mi fu illustrata ieri da Vostra Eccellenza. G li studi saranno condotti con la massima urgenza. Vostra Eccellenza sa che noi attraversiamo in questo momento una triplice gravi crisi: di inquadramento, di armamento e di munizionamento, oltre alla crisi di ~sestamento dovuta alla recente riforma organica delle divisioni. Sono pertanto convinto che Vostra Eccellenza nella Sua grande saggezza saprà scongiurare, come già altra volta fatto, una così grande prova al nostro Paese ( ...)» 3 .

1 tre capi cli Stato Maggiore riferirono in tempi brevi sui primi studi sommari effettuati. Il gen. Pariani fece anzitutto un quadro riepilogativo delle esigenze operative cieli 'Esercito. Al momento , la mobilitazione poteva fornire 72 divisioni di costituz ione immediata e 15 di costituzione successiva (a partire dal terzo mese). Le grandi unità cli primo tempo comprendevano 50 divisioni di fanteria, 5 alpine, 2 motorizzate, 3 celeri, 2 corazzate e 2 libiche. A queste erano da aggiungersi 2 di fanteria da ricostitu ire e 6 cli camicie nere eia costituire. In totale, dunque, 72 divisioni. Ora, «fermo restando che l 'A .O .I. basti a se stesso», per garantire l'inviolabilità delle frontiere occorreva un minimo di 52 divisioni. Rimanevano disponibili 20 divisioni con le quali provvedere alle due offensive contro la Grecia e la Jugoslavia. Lo studio per l'operazione O.M.G. («Oltremare Grecia») prevedeva di sviluppare una rapida e decisiva offensiva_. con obiettivo Salonicco, mediante l'impiego delle 6 divisioni già dislocate in Albania più altre 12, di cui una per l'occupazione di Corfù. Le rimanenti 8 divisioni (le 6 dell'Armata ciel Po più 2 autotrasportabili) , inizialmente in riserva generale, a tempo debito potevano essere utilizzate per l' operazione E .J. («Esigenza Jugoslavia») unitamente alle 6 divisioni previste per la difesa della frontiera giulia, naturalmente situazione generale permettendo e situazione interna jugoslava consigliando. «In siffaue condiz ioni di forza • scrisse ?ariani - e tenendo conto che la Ju. goslavia, delle sue 32 divisioni ternarie potri'L schierarne almeno 7-8 alla frontiera 3

Ibidem, p. 103.


76

-

--------~ POLffiCA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANfi

LE ESIGENZE OPERATIVE DELL'ESERCITO NEL 1939 Divisioni

f. Schieramento frontiera occidentale ........................

at.

15

alp. mot. ce).

cor.

lib.

c .n.

3

totale

18

Sorveglianza frontiera svizzera ............................. Riserva frontiera occidentale ......... ...............

4

4

Schieramento sicurezza frontiera giulia .. ................

4

6

Difesa isole ..... ..................

4

4

Difesa Libia ......................

2

Difesa Egeo .......................

1

1

Difesa Albania ..................

4

6

Totale per difesa madrepatria, Albania, Libia, Egeo ........................

35

5

Rimangono disponibili ......

IO

2

Totale generale ..................

45

7

4

2

5

5

2 2

3

2

3

2

2

4

12

4

52

2

20

6

72

LEGENDA: f. = fanteria - at. = autotrasportate - alp. = alpine - ce!. = celeri - mot. = motorizzate - cor. = corazzate - lib. = libiche - c .n. = camicie nere.

giulia cd altre 7-8 in riserva generale, è chiaro che una vera operaz.ione offensiva a fondo non può essere condotta eia noi contro la Jugoslavia, se il lavorìo politico interno (questione croata e macedone) non assicuri cond.izioni così favorevoli da fare assumere alle operazioni stesse più che carattere cli conquista, quello cli semplice occupazione in aiuto a moto a noi favorevole . Nell'ipotesi, per contro, che la situazione generale imponesse di dover sferrare una vera e propria offensiva a fondo contro la Jugoslavia, è da escludere che tali operazioni possano essere da noi effettuate senza un congruo concorso da parte re-


Li\ PREPARAZIONE M ILITARE

77

desca (6 divisioni) e da parie ungherese (3 divisioni), o quanto meno dalle divisioni che dovrebbero essere utilizzate per l'offensiva in Grecia rinunciando a questa» 4 .

In sostanza, nessun problema per la difesa delle Alpi occidentali; possibilità cli effettuare entrambe le operaz ioni 0.M.G. e E.J ., purché contro la prima venisse esercitata una consistente pressione dalla Bulgaria e contro la seconda un forte intervento da parte ungherese, volendo escludere quello tedesco , e sempre nell'intesa di attuare le due operazioni in successione di tempi , sì da evitare un impegno su più fronti che avrebbe assorbito interamente la riserva generale. Qualora non si fossero verificate le predette circostanze favorevoli, si rendeva indispensabile limitarsi ad una sola operazione. Il gen. Valle dichiarò di poter appoggiare l'operazione 0.M.G. con la 5" squadra aerea, di prev.ista costituzione secondo il P.R. 12 mediante l'Aeronautica Albania e la 20a brigata mista di Brindisi per complessivi tre stormi da bombardamento e due gruppi da caccia, nonché eventualmente lo stormo da bombardamento di Rodi appartenente alla 4" squadra aerea (Tobruk); e l'operazione E.J. con una grande unità aerea da costituzione con 4 stormi eia bombardamento e 2 eia caccia tratti dagli scacchieri meno impegnati, cli concerto con la 5" squadra. Anche l'amm . Cavagnari non prospettò difficoltà per l'occupazione cli Corfù in sé, tuttavia nei contatti avuti con Pariani avvertì che la R. Marina non si trovava in condizioni di fare fronte contemporaneamente alle necessità della Libia, dell'Egeo e delle due offensive; che, in ottemperanza alle direttive ciel Duce cli assicurare in primo luogo la sicurezza della Madrepatria e colonie, riteneva doveroso attribuire precedenza ai trasporti per la Libia e per l'Egeo; che tutto il materiale bellico pesante occorrente in Libia doveva trovarsi già in posto al lo scoppio della guer~ ra, dovendosi escludere la possibilità cli scortare grossi convogli durante le ostilità; che il trasporto delle 11 divisioni di rinforzo in Albania per l'operazione O.M.G. avrebbe comportato circa un mese di tempo. Il 31 agosto Badoglio tirò le somme: «Gli st11cli per le operazioni offensive contro Grecia e Jugoslavia - scrisse a M ussolini - sono concretati. Da essi però appare che le nostre forze sono molto scarse, specie se, come si hanno informazioni, la Francia sferrerà subito una duplice potente offensiva contro di noi. 4

Ibidem, pp. 106- 109.


78

POUTICA I} STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITAUANE

Data la nostra inferiorità di armamento e di numero, sarà, perciò, necessario metterci, innanzi tutto, in condizioni di resistere a questa offensiva. Soltanto dopo aver superato la fase critica dell'urto, potremo esaminare se ci convenga effettuare l'offensiva in Grecia e sempre quando si sia sicuri di una Bulgaria e di una Ungheria benevole. Circa l'offensiva contro la Jugoslavia, se ne potrà parlare solo se si verificherà la dissoluzione di tale Stato»5 .

Come abbiamo osservato in altra sede6 , ad una prima lettura sembrerebbe trattarsi di una mossa per sgomberare il tavolo dalle ipotesi 0.M.G. e E.J .. In realtà, pur trattandosi di una lettera chiara ed esplicita, si esita a riconoscerle il carattere di fermezza che sarebbe stato opportuno. La conclamata scarsità di forze in rapporto all'esame delle esigenze operative ed alle iniziative balcaniche vagheggiate dal capo del governo, offriva l'occasione propizia per mettere un punto fermo alla situazione militare, bloccando improvvise ed impulsive decisioni di Mussolini. II documento parlava della probabilità di una «duplice potente offensiva francese» (cioè sulle Alpi e dalla Tunisia), davanti alla quale l'Italia si presentava in difetto di truppe e di armamenti. In realtà l' asserto è sicuramente molto opinabile, se non altro per il fronte occidentale; comunque, rinunciando esplicitamente ad avventure balcaniche, non era più sostenibile che il rapporto di forze e mezzi fosse così svantaggioso da far temere uno sfondamento del fronte tunisino e men che meno di quello alpino. Ma, a parte ciò, come si poteva parlare ciel nemico Francia senza un accenno a quello altrettanto sicuro, Gran Bretagna? Il problema del traffico nel Mediterraneo si presentava di una gravità tale che la Marina avvertiva di non poter garanti.re le scorte dei convogli fra Sicilia e Libia una volta iniziate le ostilità; la chiusura del Canale cli Suez era scontata e l'Impero , checché si dicesse e sperasse, non era affatto autonomo , anche per le preoccupanti condizioni interne, eppure il nocciolo del problema strategico posto eia Badoglio sembrava riguardare soltanto l'Esercito e la Francia. Mussolini, che in quei giorni si trovava alle prese con la nuova situazione provocata dal patto tedesco-sovietico, rispose alla lettera di Badoglio con poche righe dall'al to: «Prendo atto che studi per operazioni

5

Ibidem, p. 150.

6 M. MON"D\NARI,

cit. , p. 96.

L'esercito italiano alla vigilia della seconda guerra mondiale,


L A PREPARAZIONE MIUT ~A-"' R"'E _ _ _ __

72..

offensive fron te est sono complete. Quanto a loro esecuzione, ciò dipenderà da cause e fattori che ora non si possono valutare»7 . A queste direttive fecero immediato seguito disposizioni di carattere generale concernenti le Terre italiane d'oltremare, diramate da Badoglio, previa approvazione di Mussolini, in due distinti documenti. L'uno, in data 27 agosto, riguardava la preparazione bellica, il cui presupposto fondamentale era «il mantenimento dell ' integrità dei territori», anche nel caso di un possibile isolamento dalla Madrepatria. Sotto il profilo operati.vo, confermava i criteri sino allora comunicati di volta in volta, ma sl)ecificava l'esistenza di un legame fra i teatri cieli' Africa settentrionale e del!' Africa orientale, mentre a quello dell' Egeo veniva conferito carattere autonomo, e soprattutto precisava che, per operazioni navali ed aeree, le forze della R. Marina e della R. Aeronautica della Libia e dell'Egeo erano comprese nel quadro delle operazioni mediterranee, vale a dire che per le esigenze mecliten-anee il loro impiego era disposto dai rispettivi Stati Maggiori8 . In definitiva veniva lasciata ampia libertà d'azione ai singoli capi cli Stato Maggiore, dando per scontata l'efficacia della reciproca collaborazione, ed il coordinamento delle operazioni rimaneva nel vago. Chi doveva «tenere in considerazione il legame» esistente fra i due predetti teatri africani? ed in qual modo? ed a quali fini? Inoltre si prescrivevano ai Comandi Superio1i «piani di cope1tura e di radunata per le varie ipotesi cli gue1Ta>> cioè per la difensiva, ma si taceva in merito ad ipotesi offensive. Il secondo documento, in data 29 agosto, integrava il precedente e stabiliva: «Libia. Garantire l'inviolabi lità delle frontiere med iante a:i:ioni difensive-controffensive ( ...) . A.O .I.. Assicurare l'ordi ne in terno e l'integrità del le frontiere. Tenere aggiornato lo studio dell'operazione offensiva contro G i.buti , non trascurando di considerare l'eventualità di azioni s imultanee, o successiva, contro la Somalia inglese. Studiare la possibilità di un indiretto concorso alla difesa della Libia orientale, per vincolare forze anglo-egiàane, a mezzo di operazioni partenti dalla frontiera nord-occidentale ( ...).

7 8

USSME, Diario storico del Comando Supremo, eit.., I, tomo Il, p. 152 . Ibidem, pp. 153-154.


80.___ _ _ __

_ _ _ _ _ __,_ POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUEiRRE ITALIANE

Egeo. Assicurare l'integrità del possedimento, considerandone, quale ridotto centi-ale, il sistema Lero-Coo-Rodi» 9 .

Ancora veniva posto in evidenza il nesso strategico tra Libia ed Eritrea e, più precisamente, si indicava la possibilità di un'operazione a sollievo della Cirenaica sottovalutando i numerosi e consistenti problemi che aft1iggevano l'Impero. Difficile ritenere realistico chiedere al Viceré di esercitare nel Sudan una pressione tale da provocare benefiche ripercussioni sul fronte cirenaico , per gi unta senza prevedere da questo fronte una mossa contemporanea. Insomma, pur trattandosi di direttive di larga massima, non si riscontra in esse la necessaria concretezza. E meno che meno, bisogna dirlo, si avverte il chiaro coordinamento cli tutte le forze, compito precipuo del capo di Stato Maggiore Generale. Comunque Mussolini approvò le direttive in quanto «pienamente corrispondenti alla nostra situazione politica» 10 . Si rendeva conto della sostanziale impreparazione delle Forze Armate italiane di fronte ad una guerra di dimensioni europee e dei tempi lunghi della programmazione circa il riammodernamento delle artiglierie e dei vari material i bellici stanti le difficoltà finanziarie e la limitata capacità produttiva dell'industria_pesante italiana. Accusò i capi militari di disinformazione e, nel quadro di un cospicuo avvicendamento ai vertici, politico e militare, propose al Re la sostituzione dei generali Pariani e Valle nei doppi incarichi da essi rivestiti di sottosegretario e capo di Stato Maggiore rispettivamente del R. Esercito e della R. Aeronautica: «Vengo ora ai Ministe1i Militari - scrisse in una prima stesura della lettera-. Il gen. Pariani ha molto piombo nell'ala. Egli ha molte qualità e indiscutibili numeri, ma in questi ultimi tempi non è stato all'altezza del suo compito e soprattutto è di un ottinùsmo eccezionale. Appaitiene alla categoria degli uomini che anticipano la realtà col desiderio. Gli inconvetùenti degli ultimi richiami sono stati troppi e troppo generalizzati. Molto vivo il disagio nei ranghi e vivo nel paese attraverso i racconti dei richiamati 11 • Occorre, per riprendere quota, un uomo di prestigio e un combattente di razza: io non vedo altri all'infuori del gen. [sic} Graziani. Parianì potrebbe assumere il comando del gruppo di armate attualmente tenuto da Graziani. Sono contento di Cavagnari, quantunque la Marina a base di grandi corazzate sia rimessa in discussione dagli avvenimenti di questi ultimi giorni; non sono con9

Jbidem, p. 155. Ibidem, p. 156. 11 M. MONTANARI , L'esercì/o italiano alla vigilia della seconda guerra mondiale, cit., pp. 238-239 e ali. 37-40. IO


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LA PRCTPARAZIONE MII .ITARE

tento di Valle, il quale - anche lui - è tutto futuro e poco presente; al caso potrebbe essere sostituito dal sardo Pinna, attualmente Souo Capo di Stato Maggiore».

Nella seconda e definitiva stesura , il giudizio su Pariani fu attenuato e per la sostituzione di Valle, in luogo del gen . Pinna, fu proposto il gen. Pricolo. Tuttavia, per quanto riguardava l'Esercito si tornò, opportunamente, alla separazione delle cariche: il 3 1 ottobre il gen. Soddu fu nominato sottosegretario alla Guerra; il 3 novembre il mar. Graziani (non accettato dal Re e da Badoglio in un ruolo di governo) assunse l'incarico di capo di Stato Maggiore dell' Esercito. Non era l'uomo giusto nel posto giusto. Il gen. Valle lasciò al gen. Pricolo entrambe le carìche di sottosegretario per l'Aeronautica (31 ottobre) e di capo di Stato Maggiore ( 10 novembre) 12 •

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Il 23 gennaio 1940 Mussolini accennò , qu asi incidentalmente, al carattere che intendeva conferire alla prossima guena dell ' Italia. N el diario di Ciano, sotto quella data, leggiamo che in sede di Consiglio dei ministri Mussolini sostenne l'ormai scontata incapacità delle Potenze occidentali di vincere la guerra e l'impossibilità per l' Italia di restare neutrale all' infin ito senza <<passare nel girone B delle Potenze europee». C iò premesso, calcolò che il livello dei nostri apprestamenti militari ci consentisse di intervenire nel secondo semestre del 1940 o meglio nel primo del 1941 13 . Bottai, mini stro della Pubblica Istruzione, aggiunse qualcosa d i più: «Ad un tratto [Musolini] enuncia una formula nuova, senza defin irla: "Anche oggi potremmo affrontare e sostenere una guerra parallela" e intende, pare , una guena che si inserisca e ingrani nella più grande e generale, ma con obiettivi prop ri , specificata mente italiani . Estranea agli attuali contendenti . Non si capisce bene se alluda ad una estraneità ideologica, come ad una scesa in campo di una sorta di terza forza fra i due gruppi , o geo-politica» 14 . Un mese più tardi Mussolini - al ternùne del colloquio avuto il 26 febbraio con Sumner Welles, nel corso del quale aveva sottolineato come nell'eventualità di un accordo fra i belligeranti sarebbe stata solleva12 R.

DE PeLJCE, Mussolini il duce, cit., II, pp.701 -703. G. CIA:-10, Diario, cit., pp. 389-390. 14 G. B O'ITAI, Venti anni e un giorno, Garzanti, Milano 1946, p. 156 . 13


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ta anche la questio ne clell 'Ttalia «prigioniera nel Medi terraneo» 15 commentò con Grandi, il quale insisteva sulla necessità di tentare una mediazione: «Non ci sono tre ipotesi . Ce ne sono solo due: o guerra a favore della German ia; o guerra per conto nostro , parallela». Bottai cercò cli andare al fo ndo di questa form ula «che ormai torna insistente nel suo eloquio», ma Mussolini cambiò discorso 16 . L' 11 marzo Mussolini riprese il concetto comunicando a Ri bbentrop che l'Italia sarebbe scesa in campo «con la Germania e parallelamente ad essa» perché aveva problemi propri da risolvere. Il 3 1 marzo, infine, nella memoria segretissima citata, il concetto trovò espressione formale. Illustrata la posizione dell 'Italia nel caso, praticamen te inevitabile, del suo coinvolgimento nella lorra europea, Mussolini dichiarò non esistere, in tale evenienza , che «la guerra parallela a quella della Germania per raggiungere i nostri obiettivi che si compendiano in questa affermazione: libeltà sui mari , finestra sull 'oceano. L'Italia non sarà veramente una nazione indipendente sino a quando avrà a sbarre della sua prigione mediterranea la Corsica, Biserta e Malta e a muro della stessa prigione Gibilterra e Suez» 17 . Questi dunque gli scopi da raggiungere mediante una gueITa italiana; una guerra che Mussolini, Io vedremo, si riprometteva di impostare sulla dife nsiva, salvo azioni offensive cond izionate da se e da ma! È appena il caso di rilevare il distinguo che Mussolini faceva nei confronti della Franc ia. Finché si trattava di rivendicazioni da avanzare in tempo cli pace, egli si guardava bene dall'avanzare richieste territoriali (Corsica, Nizza, Savoia) perché - come riferì Badogl io il 26 gennaio 1939 ai capi di Stato Maggiore - convinto che mai la Francia avrebbe consentito, e l'inevitabile ri fiuto lo avrebbe messo neJla situazione «o di ritirare una eventuale richiesta (e ciò non sarebbe dign itoso) o di fare la g uerra (e ciò non è nelle sue intenzioni)» 18 . Da una Francia vinta in guerra, invece, egli avrebbe preteso cospicue cessioni territorial i come condizioni di pace.

15

R. M OSCA, L'Europa verso la catastrofe, cit., II , p. 140. S U.\'1NER W EJ. LES , Ore decisive, Einaudi , Torino 1945, p. 10 I e seg . 16 G. B<YITAI, Venti anni e w, giorno, cit. , pp. 159- 160 . 17 USSME, Diario storico del Comando Supremo, c ii., I, tomo Il, p. 178. 18 USSME, Verbali delle riunioni tenwe dal capo di Stato Maggiore Generale, Roma 1982, I, verbale n. I .


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LA PREl'ARJ\ZION!i MILITARE_ _

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La penul tima parola dj carattere strategico prima cieli 'apertura delle ostilità venne pronunciata da Mussolini nella riunione tenuta il 29 maggio ai capi di Stato Maggiore: «Precisato che dal 5 giugno in poi l'ora X può arrivare da un momento all 'altro, io confermo - per quel che riguarda le direttive politico-strategiche - la mia memoria del 31 marzo. Sul fronte terrestre non potremo fare nessuna cosa di spettacolare. ci terremo sulla difensiva. Si può prevedere qualcosa sul fronte est: caso Jugoslavia. Le nostre forze si dirigeranno verso l'Inghilterra, cioè verso le sue posi~ioni e forze navali in porto cd in navigazione nel Mediterraneo. Come previdi il 26 maggio 1939, la guerra sarà acro-marittima su tune le frontiere» 19 .

Abbiamo parlato di «penuJtjma» parola a ragion veduta. Il 5 giugno Badoglio riunì j capi di Stato Maggiore per metterli al corrente di un lungo colloquio avuto il giorno precedente con Mussolini: «( ...) li Duce ha detto che è sua in tenzione, nella dichiarazione dì guerra, di cambiare lo stato di fatto in stato di diritto, ma che intende riservare le Forze Armate, e specialmente l'Esercito e l'Aeronautica, per avvenimenti futuri. Quindi stretta difensiva, per terra e per aria, in tutti i settori. Poncet [ambascimorc di Francia) ha conseg nato una lettera al Duce con la quale garantisce che la Francia non ha nessuna inte nzione di compiere un attacco brusqué comro l'Italia, come correva voce. Parisot Laddetto militare franccsej nù disse, successivamente e quasi implorando, di non attaccare né dalle Alpi, né in Corsica, né in Libia. Naturalmente ho riportato tutto al Duce. Il Duce non vuole intervenire con bombardamenLi aerei della Corsica, Tunisia, coste francesi, se loro non ne prenderanno l' iniziativa. Ciò mi fa pensare che non voglia rompere tuni i ponti con la f rnnc ia per tenerla buona. Ma queste sono solo idee mie. Dunque, non prenderemo nessuna iniziativa né per ten-a né in aria. Continueremo, invece, la nostra preparazione intensamente con Lulli i mezzi che lo stato di guerra ci permetterà di adottare. Vedremo se si potrà chiedere qualcosa alla Germania: hanno preso tanti cannoni che, se non altro. almeno del fc1To ce lo potranno dare. Per la Marina vedremo poi . Dobbiamo però preparare subito un'azione conLro Malta: per questo l' ini zio delle ostilità sarà fissato in modo che gli aerei possano giungere alle prime ore dell'alba su Malta. Non dobbiamo porre mi ne davanti ai porti francesi; a quelli inglesi sì. I sommergibili andranno fuori , se capiterà a tiro una nave francese, dato che il tiro dei sommergibili è anonimo , si potrà lanc im·e. 19

USSME. Diario srorico del Co111a11do Supremo, ci1., I, tomo Il , p. 224.


Il Duce mi ha detto: " Non invento nulla di nuovo: facc io come i tedeschi ed i francesi. che sono stati di fronte 6 mesi senza far niente". Ho detto stamane al gen. von Rinte len che non so quando il Duce deciderà di entrare in guerra, ma che non si aspettino nulla di spettaco lare; c iò per due ragioni: - l O perché i tedeschi hanno comincialo la guerra 3 anni prima dell 'epoca fissata; - 2° perché noi abbiamo una fascia montagnosa di 250 chilometri dove non si possono fare grandi e rapide opcrazioni( ...),, 20 .

È un lungo discorso che si sarebbe tentati di postillare, in questa o quella frase , con punti interrogativi o esclamativi. Limitiamoci alla sola intenzione di Mussolini di riservare le Forze Am,ate «per avvenimenti futuri.». È possibile si riferisse ad un successivo eventuale contrasto con la Germania; è probabile si trattasse di una di quelle sue frasi vaghe ma ad effetto, in questo caso intesa forse a giustificare agli occhi dei vertici militari la strana assunzione della difensiva su ogni fronte. Comunque: perché Badoglio, capo di Stato Maggiore Generale, non chiese precisazioni?

2. ARMAMENTI ED INDUSTRI A BELLICA TI boicottaggio delle esportazioni italiane, esercitato da 52 Stati nel quadro delle sanz ioni economiche decise nel novembre 1935 dalla Società delle Nazioni a causa della guerra italo-etiopica, aveva accentuato pericolosamente lo squilibrio nella bilancia dei pagamenti sì da provocare un sempre più marcato indirizzo vi ncolistico della politica commerciale e poi da indurre Mussolini a prendere la strada dell'autarchia per <<realizzare nel più breve tempo possibile il massimo possibile di autonomia nella vita economica della nazione, soprattutto nel settore della difesa». Come era naturale, tale indirizzo investì in primo luogo la vita industriale ed in particolare l'industria meccanica. ln queste contingenze Mussolini dispose la costituzione del Commissariato Ge nerale per le fabbricazioni cli gue1rn (COGEFAG), complementare rispetto al Comitato per la mobilitazione civile presieduto dal gen . Dallolio, il quale assunse la presidenza anche del nuovo organismo sotto la d ipendenza «diretta ed esclusiva del Duce». 11 COGEFAG doveva provvedere a tutte le attribuzioni inerenti alla produzione dei mezzi necessari alle Forze Armate per affrontare e sostenere la guerra. L'intento di realizzare un accentramento di funzioni, per la 20 USSME, Verbali delle riunioni /enute dal capo di S.M.G ., c it., I. verb. n. 6.


LAl'REf'ARAZIOKf: Y11LITARE._ _ _ _ _ _ _ _ _ __

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verità, non raggiunse lo scopo che in modo molto relativo, in quanto ai vari ministeri veniva conservata piena responsabilità tecnica ed amministrativa per le commesse di rispettiva competenza. In altri termini gli organi tecnici ed amministrativi indispensabili sia per «armonizzare e coordinare i programmi delle lavorazioni occon-enti alle Forze Armate per commisurarli alle possibilità produttive de1le industria nazionali ed alla urgenza ed importanza delle necessità contigenti» , sia per «designare e ripmtire fra le amministrazioni interessate le fonti di produzione per l'espletamento delle relative commesse»2 1, rimanevano alle dipendenze dei singoli ministeri. E poiché ogni Forza Annata faceva capo ad un ministero autonomo, ne c:I.erivava che , ad esempio, per le armi e munizioni esistevano tre distinti organi tecn ici, con evidente spreco di personale e mezzi nel controllo della produzione, e senza unitarietà di indirizzo e di metodo nel collaudo dei manufatti 22 . Analoghi gli inconvenienti in campo amministrativo per l'inesistenza del coordinamento e del controllo dei prezzi e perché il frazionamento delle responsabilità «creava falle atte a giustificare manchevolezze e deficienze»23 . Tutto ciò trovava una sua origine nel radicato e geloso separatismo dei ministeri militari, concordi nel non rinunciare alle attribuzioni acquisite dopo la grande guen-a con l'abolizione del ministero Armi e Munizioni. Per lo stesso motivo rimase senza seguito la proposta del] 'unificazione di taluni servizi delle tre Forze Armate. Essa avrebbe consentito minori spese generali, un 'accentrata utilizzazione delle risorse nazionali, una cliscipli na unitaria degli acquisti soprattutto ali' estero, l 'eliminazione cli concorrenza fra i ministeri. Ma le resistenze incontrate vanificarono le buone intenzioni24 . In definitiva il COGEFAG, più che armonizzare le esigenze delle tre Forze Armate con la capacità produttiva dell 'industria e con la disponibilità di materie prime, vide le proprie attribuzioni ridotte a quelle di «provveditore e gestore delle materie prime e serriI~ lavorati, ecc., cioè a quelle di grande magazziniere» con tutte le dannose conseguenze che ne clerivavano25 . 21 CARLO FAVAGROSSA,

Perché perdemmo la guerra, Rizzali, Milano 1946, pp. 32-33. Così accadde che, per l'artiglieria contrae.rei, l'Esercito adottò il cannone da 90 lungo 53 calibri e la Marina lo stesso cannone ma lungo 50 calibri e con munizioni diverse. 23 C. EWAGROSSA, Perché perdemmo la guerra, c it. , p. 34. 24 UMBERTO SPIGO, Premesse tecniche della disfatta, Faro, Roma 1946, p. 83 . 25 C. F,WAGROSSA, Perché perdemmo la guerra, cit., p. 35. Sull'argomento vds. il saggio di FORTUNATO MINNJTI , IL problema degli armamenli nella preparazione militare italial!Cl dal 1935 al 1943 in «Storia Contemporanea», febbraio 1978. 22


___ POLITICA E STRATl;GIA IN CENTO ANNI 01 CUERRE IT/\LIANI:

Non solo, ma settori importantissimi sfu ggivano alla competenza sia del COGEFAG sia dei ministeri militari. Ad esempio i carburanti solid.i e liquidi erano amministrati rispettivamente dal ministero deUe Comunicazioni e da quello delle Corporazioni.L'insorgere di attriti fu inevitabile. Fra il COGEFAG ed i ministeri, in quanto questi assegnavano commesse e stabilivano termini di consegna spesso senza tener conto della disponibilità di materie prime; fra il COGEFAG e le industrie , per la lentezza delle procedure per l'assegnazione delle materie prime e delle operazioni di controllo, con ripercussioni sui calcoli fatt i dalle im prese c irca i costi d i fabbricazione e sulle previsioni di consegna. Nel 1939 si giunse al punto che le industrie aeronautiche chiesero ufficialmente che il ministero dell'Aeronautica sostituisse il COGEFAG nelle operazioni di controllo26 . Diciamo anche che le cose non mutarono nel giugno 1940 con la trasformazione del Commissariato - retto dal gen. Favagrossa a partire dal I 0 settembre 1939 - in sottosegretariato per le Fabbricazioni di guerra (Fabbrigueffa), perché il decreto che ne fissava i compiti riprendeva quasi esattamente il precedente decreto istitutivo del COGEr""'AG . E neppure sostanzialmente cambieranno nel febbraio 1943, quando il Fabbriguerra si trasformerà in ministero della Produzione Bellica con l'assunzione delle commesse dei tre ministeri militari: considerata Ja situazione irta di problemi, si preferirà adottare una via cli mezzo fra i due sistemi allo scopo di evitare complicazioni amministrative non risolvibili in breve tempo. I fattori più indicativi del potenziale bellico di un Paese sono rappresentati dal livello prod uttivo delle industrie meccanica e motoristica, dall 'adeguatezza del personale qualificato (dirigenti, progettisti, tecnici e maestranze) e dalla disponibilità di materie prime, nonché all'importanza riservata alla ricerca scientifica. Innegabilmente economia ed industria non potevano consentire all' Itali a un ruolo di protagonista se non entro limiti piuttosto ristretti, anche a causa della scarsità di macchinari. Né è realistico ritenere che esse fossero in grado di superare in qualche modo il drammatico problema de.Ile materie prime fond amentali. Fin dall' inizio della non belligeranza l'Italia incontrò intralci negl i approvvigionamenti ali 'estero; infatti già dal settembre 1939 le normali assegnazioni di materie prime all' industria subirono una riduzione del 40% 26 F. MJ.NNITI , La politica industriale del Ministero dell'Aeronawica. Mercato, pia11ijicazio11e, sviluppo ( 1935-1943) in «Storia Contemporanea» aprile 1981, pp. 275-276.


LA PIUil'ARAZIONE MILITA__filL__

proprio a causa delle difficoltà di acquisto oltremare. E ben presto si palesò l 'impossibilità di riceverne da molte delle fonti usuali , perché in mano nemica o per effetto del dominio avversario esercitato sulle vie di comunicazione marittime. Occorreva allora rivolgersi alla Germania, ma il Reich provvederà al riguardo in misura sempre minore ed in ritardo, talché nel 194 1 ben 729 stabilimenti furono costretti a sospendere la produzione27 . Nel settore della siderurgia prima ancora del 1939 era stato impostato un piano per realizzare una produzione moderna a ciclo integrale in grado di competere con i prezzi esteri , ma la s ua attuazione guerra durante incontrò appunto un serio ostacolo nell a carenza di materie p'rime.In definitiva , se dal 1938 al 1940 l'andamento complessivo della produzione industriale presentò un incremento del 10%, dal 1941 cominciò a scendere sempre di più. Nel 1943 il livello sarà pari a circa i due terzi di quello del 1938. A parte il problema d i fondo, occorre riconoscere che nel settore degl i armamenti, dove naturalmente lo sforzo fu intensissimo, l'industria non solo non riuscì a tenere il passo con il ritmo di produttività che la guerra aveva imposto agli altri Paesi, Germania compresa, ma nemme no riuscì a fornire prodotti qualitativamente soddisfacenti, fatte le debite eccezioni . Uno dei motivi di tale inadeguatezza fu la lentezza con la quale, nell ' intento di apportare correzioni o miglioramenti parziali, si arrivava al prototipo e poi si passava dall'approvazione del prototipo, già superato, alla produzione in serie. A conti fatti, il panorama dell' industria bellica italiana era «ancor più desolato cli quanto alcuni memorialisti nella ricerca di un capro espiatorio abbiano descritto»28 . Anche il sistema delle commesse prestava il fianco a critiche. Ogorkiewitz ha sostenuto l'opportunità della concorrenza fra le principali industrie belliche , sì da consentire agli Stati Maggiori di «limitarsi ad esercitare la propria fu nzione direttiva obietti vamente, esaminando e selezionando le proposte presentate» e formulando la scelta finale «secondo le prove comparative effettuate con i prototipi»29 . Il procedimento, generalmente segu ito ovunque per g li aerei, e al.l'estero anche per i mez27 ROSARIO Ro~o.

Breve storia della grande industria in Italia dal 1861 al 1961, TI Saggiatore, Milano I 988, [). 156. 28 Lucio CEVA E ANDR EA CURAMI , La. m.eccanizzazione deLL'e.w:rcito italiano sino al 1943, USSM E, Roma 1989, I, p. 274. Lo studio, riferito ai mezzi coraz.z.ati e blindati , illustra efficacemente i rnpporti fra l'Esercito e le princ ipali industrie nazionali. 29 RrClli\RD OGORKIEWITZ, I corazzari, I.D.S .M., Roma 1964, p. 268 .


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POLITICA E STRATEG IA IN CENTO ANNI 1) 1GUERRE ITALIANE

zi corazzati sia pure entro certi limiti , senza essere perfetto presenta evidenti vantaggi derivanti dalla competizione. In Italia, invece, in quest'ultimo campo, si impose presto l'Ansaldo con la Fi at come partner motoristico dando via, in pratica, ad un «duopolio», dal quale derivarono inconvenienti non irrilevanti, fra cui quello di consentire all 'industria di far pesare nelle richieste di commesse i problemi di occupazione di maestranze in momenti di crisi, con il ri sultato di dar corso a forniture di carri del tutto inutili perché superati30 . Pur riconoscendo che programmare un riarmo comprendente, fra l'altro, la sostituzione di quasi tutte .le artiglierie, richiedeva obiettivamente tempo, denaro e situazione di pace, è indubbia l'assenza di una politica degli aim amenti adeguata alle mire mussolinfane. Assenza dovuta agli ondeggiamenti della «navigazione a vista» di M ussolini in campo internazionale secondo intuizioni persona!i e valu tazi.oni mol to soggettive degli eventi politico-militari europei. In siffatte circostanze, e grazie alla politica dell'autarchia, no n meraviglia il successo conseguito dalla «esasperata difesa di interessi industriali»31 . L'eliminazione della concorrenza, più o meno inevitabile dato l'ampliarsi della presenza statale, consentì l'affermarsi di posizioni in certo modo monopolistiche e nel contempo divenne un freno non indifferente rispetto al progresso tecnico «permettendo, con gli alti prezzi, la sopravvivenza di una serie di impianti poco efficienti, garantiti dall'assegnazione di determinate quole della domanda,> 32 , cioè della committenza statale. Peraltro, a fronte dei rilievi concernenti i prodotti dell ' indust1ia bellica italiana - su alcuni dei quali ci soffermeremo - occorre accennare anche alle responsabilità della commjttenza, cioè dei ministeri militari . Siamo assolutamente convinti della fondamentale necessità di idee chiare in partenza . Idee chiare del committente, s'intenda. Se queste esistono , l'industria viene invitata a lavorare su linee ben precise, scevre da incertezze decisionali di fon do - dando per scontato che essa possa offrire preziosi suggerimenti- , diversamente è facile che ripensamenti e motivi di vario genere influiscano negativamente sulla produzione . Senza 30 L. CEVA E A. CURAMI, u, 111eccanizza,io11e dell'esercito italia110, cit., cap. X l e <<Considerazioni conclusive». 31 L. CEVA, l'evoluzione dei materiali bellici in Italia in «L' Italia e la politìca di potenza in Europa 1938- I940» (a cura di E. DI NOLFO. R. RAINERO, B. V1CE2Zl), Marzorati , Milano 1985, p. 358. 32 R. R OMEO, Breve storia della grande industria, cit., p. 151 .


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I ,1\ l'l(EPARAZIONF. :vl lLITAfilL_

contare che il tempo perduto non sarà facilmente recuperabile. Così in Italia venne sprecato il periodo di pace 1936-1939 (pur con gli impegni militari non lievi in Etiopia ed in Spagna, che, per inciso, avrebbero potuto servire per talune sperimentazioni di materiali), non recuperato durante il periodo di non belligeranza a causa delle difficoltà insorte per l'acquisto delle materie prime33, né, men che meno, come è ovvio , una volta entrati in guerra.

*

*

*

r>opo aver raccolto dei ministeri militari i dati relativi ai rispettivi programmi di lavorazione, l' 11 dicembre 1939 Favagrossa presentò a Mussolini un documento-base della situazione a quella data, indicando due fasi di produzione ben distinte: la prima per raggiungere la preparazione di partenza, cioè il completamento delle dotazioni di materiali e mezzi ed il rinnovo delle artiglierie; la seconda per alimentare le Forze Armate per un anno di guerra, cioè per coprire i prevedibili consumi e tenere a livello le dotazioni organiche. Gli specchi allegati al promemoria per il Duce si riferivano ai tempi per il completamento della preparazione di partenza delle singole Forze Armate cd alla previsione complessiva dei tempi occorrenti per le due fas i predette. La prima sarebbe stata ultimata alla fine del 1944 per l'Esercito, alla fine del 1941 per l'Aeronautica ed alla fine del 1943 per la Marina. La seconda fase, vale a dire la costituzione delle scorte per un anno di g uerra, si sarebbe protratta a tutto il 1949 (vds. grafici pag. seguenti). La potenzialità di produzione era calcolata sulla base del massimo sfruttamento degli impianti (due turni di 10 ore di lavoro) e considerando la sicura disponibi lità di mano d'opera qualificata, di materie prime, di energia elettrica e di quant'altro potesse occorrere. Per il R. Esercito i problemi principali erano due: le artiglierie ed i mezzi corazzati34 . L'approntamento degli stabil imenti interessati al rinnovo delle artiglierie, deciso nel 1938 con in izio dei lavori nel 1939 , prevedeva l'en33 L'approntamento degli stabilimenti destinati al rinnovo delle artiglierie subì un ritardo perché i macchi nari più complessi, ordinati all' inizio del 1939 in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. non potevano giungere. 34 Sulla situazione dei materiali dell'Esercito nel 1940 cfr. M. MONTANARI, L'Esercito italiano alla vigitia della seconda guerra mondiale, cit., pp. 240-261.


GRAFICO DIMOSTRATIVO DEI TEMPI DI APPROVVIGIONAMENTO (ESERCITO) 1940

1941

1942

1943

1944

R.ESERCITO A \ltO e lllOlOfnCl:li

Prevedibili epoche di consegna dei principali materiali occorrenti per il compietamento della preparazione di partenza

Ma teriali del Genio h,fa1, p. serv. log is tici

Cartucceria leggera Esplosivi d i scoppio eda rnina Armi indivjdunU Mortai fa nteria

Ca1r j nrmati

Trattori Rombe per mortai fanteria

EspJosivi Ăši lancio

Cannoni per fan teria

. -- -- ---- ~- -¡

37154

Mitraglimr.ic.i M unizioni per arcigl icria

Aniglierie


GRAFICO DIMOSTRATIVO DEI TEMPI DI APPROVVIGIONAMENTO (AERONAUTICA) 1942

1941

1940

Velivoli e motori Bombe

R. AERONAUTICA

-- -- ---- -

MC. 200

Esplosivi di scoppio Materiali per le telecomunicazioni

Cartucceria

~- ---- ------

Mitragliatric i 12,7

Mitragliatric i 7 ,7

Prevedibili epoche di consegna dei principali materiali occorrenti per completare la preparazione di partenza

12,7


GRAFICO DIMOSTRATIVO DEI TEMPI DI APPROVVIGIONAMENTO (MARINA) 1940

1941

1942

1943

1944

M:,te.riali per le comunicazioni

/\rmi incl ividuaJi

R.MARINA

Munizionamento per artiglierie e d anni portatili

Prevedibili epoche di consegna dei principali materiali occorrenti per il completare la preparazione di partenza

UnitĂ cli n uo v;.1 costruzione

Mitragliere Esplosivi Artiglierie cli medio e grosso calibro

ArtigJierie cl i piccolo calibro

M unizionamento subacquc<)


GRAFICO DIMOSTRATIVO DEI TEM PI DI APPROVVIGIONAMENTO 1940 I

Il

1941

m IV

Velivoli e motori Automeu.i

I

II

1942

m

\'Cll\'011

I

Motori avio Automcai

BombeR.A. Malcriali per ser"izi

rnc. 200

I

IV

LI

.

1943

m

II

T

IV

m

li

IV

Uombe R.A. rn. e q. cal .

I

1944 li III

IV

P.C.

Serviii logisticl

logistici

Cartucceriu leggera Esplosivi di scoppio Mai. colleg. e M."gnal.

l I

Esplosivi di scoppio I Mai . collcg. e segnai.

c.~n. 12,7 -

Cartucccria leggera

I

Mitragliatrici R.A .

Mitr:igliatrici 12,7

Miiragliatric, T:i Mortai fonteda Anni individuali Unita R.,1 . m "·'-·

Carri onn:ui

I

~

Tnmori

-

Mor1ai fanteria

Anni individuali

Naviglio SOttilc

I

Carri annali

-

Trauori

«Roma»

Bornbe per mortai fame-ria

Bombe per mo11ai l'anh.:I'·,a 1/47

-

Artiglierie m. e g. cal. R.M . Esplosivi di lancio

Artiglierie m. e g. cal. R.\ol. i\rtiglieric p.c. R.M.

FORZE ARMATE

fuplosivi di lancio Il 1/45

I Artiglierie p.c.R.M.

C!nnoni fanteria

Prevedibili epoche cli consegna dei principali allestìmenti per completare la preparazione di partenza Tempi occorrenti per la produzione del 100% clelfabbisogno per il primo anno di guerra

I

I

~

Mitrngliatrici R.E. ~1uni zionamento arl. Munizionamento subacqueo

Cannoni fanterin Mitrngl. R.E. - Muniz. art . IV/49 Muniz.. subacqueo IV/45

Artiglierie R.E. I

At1. R.E. IV/48


~ ! ' l'ICA E STRATEG IA IN CENTO /INNI 1) 1GUERRE ITALIANE

trata in funzione degli stessi nel I 941 , con una capacità complessi va di produzione di 3.000-3 .500 pezzi all 'anno. Quindi per sostituire le arti gl ierie della 1" guerra mondiale sarebbero occorsi cinque anni almeno. Senonché, a fine 1939 le prev isioni dell'Esercito per coprire i consumi negli armamenti connessi con un 'eventuale partecipazione italiana al conflitto diventarono addirittura iperboliche, al punto di reputare il consumo annuale in guerra pari al 144% delle dotazioni delle unità , mentre per il munizionamento le nuove richieste, riferite ad un anno di guerra e per il completamento delle scorte divennero «talmente elevate da scoraggiare>>35 . In stretta sintesi la capacità produttiva in atto alla fine del 1939 raggiungeva le seguenti percentuali del previsto fabbisogno di un anno di guerra: - artiglieria, considerate globalmente: il 6%, che dal 1941 avrebbe raggiunto il 24%; - munizionamento d 'artiglieria: per i piccoli calibri (dal 65 al I 05) i I 25%, per i medi calibri (dal 120 al 2 IO) il 7%: per i grossi calibri (dal 254 al 351 ) il 10%; - fucile 91 mod. 38: il 35% prevedibilmente aumentabile dal 1942; - mitragliatrici : il 10% sino al 1942, poi il 30%; - mitragliere da 20: il 25% aumentabile dal 1942; - mortai: il 40% aumentabile dal l 942 per i mortai da 45, il 70% per i mortai da 81; - cannoni da 37 e da 47 e .e.: il 25% aumentabile dal 1942; - cartucciame: il 25 % sino al cal. 8, il 10% per il resto; - munizioni controcarri: il 10%36 . Quanto ai mezzi corazzati, la situazione non era meno preoccupante. Contro una richiesta di 268 carri medi per il 1939 stava una produzione annua di 228, cioè pari all '85%; ai 697 carri leggeri richiesti corrispondeva una fornitura annua di 480 mezzi (il 69%) e invece di 48 autoblindo l'industria poteva fornirne 36 (il 75%) . Il fa bbisogno nat11ralmentc crebbe nei calcoli di fine 1939, ma le possibilità industriali rimasero tali da ridurre le predette percentuali a cifre irrisorie. Ben a proposito Favagrossa ha osservato:

35 :,6

C. F.WAGROSSA, Perché perdemmo la guerra, cit., pp. 53-SS. Ibidem., p. 69.


LA PIUW,\RAZIONE Mll.1'1'1\RE

95

«se alla miseria delle c ifre accoppiamo la vergogna dei tipi - specialmente quelli leggeri più dannosi che utili - s i può concludere che l'Italia nessuna seri a intenzione poteva avere cli fare la guerra . La politica estera era in pieno contrasto con la possibil ità di sostenerla ( ...)» 37 .

Forse sarebbe più esatto parl are di netta mancanza di percezione de lle caratteristiche di una guerra moderna, che tutti comunque sentivano avvicinarsi. Per completare il quadro, aggiungiamo che una snervante lentezza clccis i.onale si mantene va impavida a d ispetto ciel difficile momento storico c he l'Europa stava attraversando e che nel J 938-39 toccò • l'acme: «I prototipi elci pochi mezzi moderni che lentamente venivano partoriti scrisse Favagrossa - dopo la nascita venivano violentati con tutte le p iù impensate operazioni cui !'rute dell ' incertezza poteva sottoporli , nella speranza di raggiungere la perfcz.ione. Una volta adottato il me-LZo, appensantito da quelle aggiunte e varianti che nei non pochi anni trascorsi dopo la nascita gli veni vano apportate, s i incaricava qualche ditta per la produzione dei primi esemplari che, una volta fini ti , dovevano, giustamente, subire altre prove. Esagerandosi però nel pretendere, dopo ogni prova piovevano proposte di altri mutamenti che, pur avendo lo scopo di migliorare il mezzo, finivano qualche volta per indebolirlo. Fatti ri produrre pochi esemplari , questi giungevano pomposamente alle varie scuole per istruire gli ufficia li ed i sottufficiali. indi ai reggimenti in attesa che i fond i permettessero di produrre il quantitativo necessario( ...) . E poiché i fondi non venivano concessi i campioni invecchiavano ( ...)» 38 .

Le vicissitudini del nostro carro armato medio, elemento base delle divisioni corazzate, sono signfficative . Dal modello inizialmente proposto sulle 7 tonn. ed armato con due mitragliatrici da 8 in torretta, si passò nel 1938 ad un carro di 11 tonn. con due mitragliatrici in torretta ed un cannone da 37/40 in casamatta, denominato M 11 o M 11 /39. I primi esemplari vennero sperimentati durante le grandi manovre estive del 1939 e consegnati alla divisione corazzata Ariete nel corso dell'inverno 1939-40. Ma prima ancora che l'Ariete disponesse dei 72 carri assegnatile, il mezzo era stato defi nitivamente bocciato e sostituito da un carro si mile, ma del peso cli 13 tonn., armato di un cannone da 47 con una mi37 Ibidem,

p. 58.

38 Ibidem, p. 44.


96

POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALV\NE

tragliatrice da 8 in torretta e due mitragliatrici da 8 in casamatta, denominato M 13 o M 13/4039 . Ceva e Curami hanno ben compendiato le argomentazioni di parte industriale: «- abbiamo fatto quanto ci è stato chiesto ossia per lungo tempo veicoli leggeri, di piccola carreggiata, di peso compatibile con la portata dei ponti militari, adatti nel complesso ai non ben definiti canoni di una meccanizzazione "alpina", di una guerra insomma conforme alla natura aspra delle nostre frontiere continentali. In quest'ordine di idee sono nati prima i carri "leggeri" e poi quelli "medi". Se i secondi sono giunti tardi, è perché nessuna urgenza ci fu fatta sino alla tarda estate 1939. Proponemmo di nostra iniziativa modelli che furono accettati (M 13, L 6). E, nonostante anche allora le ordinazioni fossero modeste, riuscimmo ad aumentare la produzione con molti mesi di anticipo; - non era compito dell'industria prevedere che la guerra sarebbe stata desertica e non alpina . Quando ciò fu chiaro, non restammo inerti. La produzione dei "medi" fu mantenuta e spinta sia perché continuava ad essere richiesta sia perché se ne potevano ricavare con relativa prontezza adat~menti utili (i semoventi). Nel frattempo non arretrammo di fronte alla progettazione di carri diversi ("celere sahariano", P 40). Noi stessi aprimmo la via alla riproduzione dei carri tedeschi dalla quale poi ci dissuase il capo di Stato Maggiore Generale in persona, il quale credeva nel nostro P 40. Intanto si avviava la produzione delle autoblindo pregiudicata in pa.11enza dal fatto che le richieste iniziali erano state ancor meno consistenti di quelle dei carri. Abbiamo inoltre realizzato mezzi cli circostanza (autocannoni, semoventi da 90/53, autoprotetti). E quando l'armistizio sopravvenne, avevamo da poco consegnato i primi riusciti semoventi da 105/25»4 0. Verissime le incertezze dell'Esercito, la sopravvalutazione del carro leggero, l'imprevidenza in tema dì autoblindo, la carente visione del carro medio (stabilito come tale quello fra le 5 e le 15 tonn .!)41 , il riferimento alla guerra «alpina» ed il tardivo interesse per la guerra «desertica». Tutto vero , ma che non g iustifica l'insufficienza complessiva del carro leggero; non spiega l'errore del motore dato all 'M 13, che su terre39 Cfr. NICOLA PlGNATO, J corazzati, Albertelli, Panna I 974, pp. 87-91. L. CEVA E A. CERAMI, La meccanizzazione dell'esercito italiano, cit., I, pp. 459-460.

40

41

Circ. 3305 in data 19.11.1938 del Comando del Corpo di Stato Maggiore.


LA PREPARAZIONE MILITARE

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no desertico consentiva una velocità massima cli appena 8 km/h, anzi.ché dei 18 km/h 1isultanti dai dati ufficiali; né giustifica la tecnica di imbullonamento delle piastre della corazzatura anziché quella della saldatura, come del resto fatto nella prima serie dei carri Ansaldo da 3 tonn.; e nemmeno giustifica l'assenza della radio a bordo del mezzo. E, per quanto concerne la guerra «desertica» , non giustifica il rifiuto cieli' Ansaldo-Fiat di sostituire il motore dell' M 13 con q uello Maybach dei Panzer perché «non sembra corrispondere ad immediata effettiva necessità, mentre la fabbricazione ex-novo di tali tipi di motori si prospetta piuttosto lunga e labodosa ( ...)» 42 , o addirittura con un motore d'aviazione: «( ...) questa idea - si legge sulla Storia dell'Artiglieria Italiana fu scartata dai nostri tecnici. Eppure soluzioni similari erano largamente in atto nei carri inglesi ed americani con evidenti vantaggi nei riguardi di una produzione unificata>>43 . Se passimo alla R. Aeronautica vediamo che la situazione non differiva molto da quella relativa all' Esercito. L'industria accusò la «incerta e contraddittoria politica aeronautica di generare confusioni di indirizzo, progettuali e produttive»; l'Aeronautica, dal canto suo, tenne nei confronti dell'industria un atteggiamento forse «fin troppo generoso», perché incoraggiò e sovvenzionò progetti e studi tecnici non sempre rispondenti alle necessità belliche deJla Forza Armata , ma soprattutto ad essa fece difetto U'n'ampia visione unitaria degli aspetti industriali ed una «lunghissima direttiva e tecnologica a livello vertice di comando» 44 , tenendo presente che il rapido logorìo dei velivoli e le continue innovazioni tecniche imponevano il rinnovo pressoché annuale di parte degli apparecchi45 . Nel 1938 le industrie aeronautiche vennero raggruppate nel Comita-to Tecnico Corporativo per le costruzioni aeronautiche, con una potenzialità produttiva media annuale nel periodo 1937-39 valutata sui 2.000-

42

L. CEVA EA. CERA!vO,La meccaniz.z.az.ione dell'esercito italiano, cit., I, cap. 14 e 16. L. C EVA, Interludio carristico di uno studioso in «Diplomazia e storia delle relazioni internazionali» (a cura di A. M tGLTAZZA e E. D ECLEVA), pp. 26-27. 44 NrNo ARENA, La Regia Aeronautica 1939-1943, I, USSMA, l, Roma 1981, p. 33. Sull'argomento cfr. GREGORY At.EGl, Qualità del materiale bellico e do/Irina d 'impiego italiana: il caso della Regia Aeronautica in <<Storia Contemporanea», Il Mulino, 6/1987. 45 F RANCESCO PRJCOLO , La Regia Aeronautica nella seconda guerra mondial.e, Longanesi, Milano 1971 , p. 80. 43


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POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNr DI GtmRRE ITALIANE

2.500 velivoli e 4.000-4.500 motori, di cui il 36% destinato all'esportazione in oltre 40 paesi. Senonché, per quanto riguarda la progettazione, l'industria nazionale non disponeva di infrastrutture scientifiche cli alto livello e le scuole di progettazione si limitavano a due soli istituti di specializzazione non esattamente all'altezza dei tempi, giacché l'isolamento politico clell 'Italia provocava un certo distacco, e quindi ritardo, nel progresso tecnologico e degli indirizzi progettuali. 11 gen. Santoro ha rilevato con una ceffa amarezza che nessuna delle innovazioni più interessanti realizzate fra le due guerre - quali, il carrello retrattile, l'elica a passo variabile, la capottatura N.A.C.A. dei motori, l'impiego della benzina ad elevato numero di ottani, i correttori automatici cli quota, gli organi ipersostentatori, la strumentazione giroscopica, le difese contro le fo1mazioni di ghiaccio, ecc. - è legata al nome ciel Centro Sperimentale di Guidoni a, il massimo organismo tecnico-scientifico della R. Aeronautica46 . In conclusione, in Italia <<accanto ai progetti che potevano considerarsi veramente originali per concezione tecniche d'avanguardia, figuravano rifacimenti di modelli superati, vecchie concezioni anacronistiche , sicuri evidenti plagi modificati con un tocco personale di fantasia e di estro per dimostrare una inesistente original ità di pensiero». È pur vero che si raggiunsero talvolta ottimi risultati, tuttavia si registrarono anche «numerosi casi cli progetti classificati aeronauticamente insufficienti, che ebbero impensatamente incoraggiamenti e sovvenzi.oni produttive cli incomprensibile natura, col risultato che i velivoli prodotti eia tali progetti furono inevitabilmente avviati alla demolizione anzitempo, prima ancora cioè di aver servito in un qualsiasi reparto di volo ( ...)» 47 . Tutto ciò a prescindere da giudizi diametralmente opposti espressi da personaggi al vertice. Ad esempio il trimotore SM 79, detentore di una diecina di primati, fu giudicato dal gen. Valle ottimo per il bombardamento, siluramento e l'osservazione strategica, mentre il suo successore, il gen. Pricolo, lo considerava apparecchio difficile perché instabilissimo, al punto dì non consentire , in aria appena agitata, di lasciare il volante nemmeno per un attimo48 . 46 G IUSEPPE SANTORO, l'Aeronautica italiana nella seconda guerra mondiale, Esse, Roma-Milano, I, p. 19. 47 N. ARE NA, La Regia Aeronawica , cit., p. 35 . 48 Secondo Pricolo, «i tedeschi lo considèravano talmente pericoloso che non osavano mettervi piede, e compativano i nostri piloti costretti a volare con un simile aereo» (la Regia Aeronautica nella seconda guerra mondiale, cit., p. 104).


LA PREPARAZIONE MILITARE " - - - - -- -

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Per buona paite degli anni Trenta molte industrie presentarono diecine di prototipi di concezione scadente, basati in genere su precedenti fortunati tipi ma ormai superati, nella speranza di fai·seli accettare mercé anùcizie ed appoggi politici. Nel 1936 il ministero dell' Aeronautica volle in ce1to modo disciplinare la cosa precisando il tipo di apparecchio cui era interessato, I.e sue caratteristiche e la specialità. Tale intervento, mirato a provocare una produzione tecnologicamente affidabile ed a consentire una rigida selezione, risultò snaturato dalle circostanze o fors'anche da insufficiente indirizzo progettuale da parte del ministero, perché «scatenò una esasperata competizione commerciale fra le ditte interessate, col risultato che una prevista e au• selezione qualitativa si trasfo1mò in una sfrenata gara quantitativa spicabile cli mediocri e persino inaccettabili soluzioni progettuali, che avevano loscopo cli moltiplicare il numero dei modelli presentati, nella speranza che qualcuno di essi venisse accettato io un modo o nell'altro dal Ministero»49 . A titolo di esempio, nel concorso indetto per caccia-intercettori furono accolti due progetti sui tredic i presentati: il Fiat G 50 ed il Macchi C 200, entrambi dotati di motore stellare. Il primo fece il suo primo volo nel 1937 e da allora sino al 1939, q uanclo fu presentato al concorso, «subì una serie innumerevole di mod ifiche per farlo accettare come caccia dopo aver subìto una trasformazione d'impiego e altre modifiche strutturali agli impennaggi, timone direzionale, carrello, abitacolo pilota, armamento, peso strutturale, eliminando squilibri di sostentamento in affondata». Entrò in'linea nel 1940: la sua velocità massima, di 470 km/h, era pari a quella dei Bristol Blenheim da bombardamento inglesi in servizio dal 1937. Nessuna meraviglia che non sia mai stato amato dai piloti. Il MC 200, il migliore dei caccia italiani , non soltanto sub) numerose modifiche in fase di produzione, ma una volta in distribuzione anelò incontro ad una serie di incidenti, taluno mo1tale , per improvvisa autorota: · zione. Per eliminare il grave inconveniente, dovuto al profilo alare a disegno costante, la Direzione Generale Costruzioni ed Approvvigionamenti dovette sospendere temporaneamente i voli50 . A conti fatti, quando nel 1940 apparvero i primi caccia inglesi Hurricane e Spi{fire, la nostra inferiorità qualitativa nella specialità caccia apparve «paurosa» 51 . 49 Ibidem, p. 36. 50 Ibidem , p. 30. Si tenga presente che il MC 200, a causa della complessità della sua ~truttura, richiedeva 21.000 ore lavorative, laddove il Messersclunitt 109 ne richiedeva 4.500. 51 F. PRJCOLO, La Regia Aeronautica nella seconda guerra mondiale, cil., p. 97 .


100

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ITICA E STRATilUJA IN CENTO ANNI IJI GUERRE ITALIANE

Ed anche occorre accennare a qualche inte1ferenza del ministero per ottenere un velivolo «multiruolo». Così, alcuni prototipi (ad es . il Ca 331) presentati per una determinata specialità, subirono tali e così rilevanti modifiche da non riuscire a superare le difficoltà via via amnifestatesi e finire per non trovare alcun accettabile impiego operativo. Altri invece , come il Ro 57, prescelto nel 1939 come caccia/combattimento, entrarono in li nea soltanto nel 1943, con fisionomia incerta e modesti ri sultati finali. Anche nel campo dei motori, l'elemento più s.ignificativo del livello tecnologico di un'industria aeronautica, i risultati apparivano poco confortanti . Non soltanto i nostri aerei montavano cinque tipi di motori mentre Gran Bretagna, Francia e Germania si limitavano a d ue o tre, con grossi vantaggi nei rifornin1cnti delle parti di ricambio e dei carburanti e lubrificanti - ma nessuno di essi derivava da un' intera progettazione italiana. Tutti erano costruiti su licenza totale o parziale e con l'assistenza tecnica di ditte estere: due americane, una inglese e due francesi52 . D 'altronde i concorsi per motori avio nel periodo 1937-39 si chiusero nel modo seguente: - per motori lineari da 1.500 HP: progetti presentati 4, accolto 1 (il Fiat A.38); - per motore superpiatto di media potenza: nessun progetto presentato; - per motori d'alta quota: progetti presentati 2, nessun accolto53 . Ebbene l' approntamento del Fiat A.38, fi nanziato dal ministero dell'Aeronautica e sul quale si concentravano molte speranze, incontrò remore di vario genere, talché nel gennaio 1940 , al termine della scadenza stabilita, di fronte ali 'esplicita dichiarazione della Fiat di non essere in grado di superare in breve tempo le prove di collaudo, la Direzione Generale Costruzioni ed Approvvigionamenti tagl iò corto affidando ali' Alfa Romeo la produzione del motore Daimler Benz DB 601 , la cui licenza di produzione era stata acquistata da tempo. Nell'estate 1940 volavano i primi prototipi dei caccia Re .200 l e PC 202, dotati del motore tedesco. G li aerei entrarono in linea ne l I 942 e fo rnirono prestazioni lusinghiere. Fu un errore il mancato acquisto anche della licenza relativa al Messerschmitt 109, con il risultato che ancora nel 1943 proseguì la costru-

52 Jbidem, pp. 98-99. 53 N. ARENA , La Regia Aero11a111ica, cit., pp. 36-37.


LA PREl'ARAZ!ONE MJLITARE

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z ione dei CR 42 e MC 200 , ormai destinati all'addestramento perché insufficienti per l'i mpiego operativo. Un'altra delusione venne provocata dal caccia a grande raggio Ba 88, ad elevata autonomia e forte annamento. Nell'estate 1940 il velivolo, detentore di alcuni primati internazionali, vide i già avvertiti difetti aerodinamici peggiorati dal cl.ima rarefatto dell' Africa settentrionale, ove era stato inviato. La conclusione fu amara: non restò che smantellarlo ed usarlo come civetta per ingannare il nemico. Il gen. Prico]o, alla scoraggiata constatazione che con tutti i suoi 33 pr.irnati aeronautici l'Italia si trovava con gli aerei ed i motori peggiori, ammise di invidiare l ' lnghilterra la quale, pur avendo conquistato appena due primati, disponeva dei migliori aerei bellici del mondo 54 . Non può dunque destare meraviglia il fatto che il suo primo atto, non appena subentrato al vertice del]' Aeronautica, sia stato quello di ordinare l'immediata demolizione - previo recupero di tutte le parti utilizzabili - di complessivamente 1842 apparecchi di ben 16 modelli55 . Un discorso a pa1te meritano gli aerosiluranti. Riferendosi al siluro della Whitehead di Fiume, nel febbra io 1937 lo Stato Maggiore dell' Aeronautica considerò negativa una serie di esperienze e concluse che <<il siluro , così come oggi lo si concepisce, non è un'arma aeronautica, non potendo assolvere i compiti del particolare impiego»56 . Nel novembre 1939 Pricolo - al conente che già nel 1936 la R. Marina si era dichiarata soddisfatta delle prove con il silurp - fece il punto della situazione, poi senza esitazione dispose la commessa di una prima serie di trenta siluri per aereo alla \Vhitehead e ordinò l'approntamento e gli esperimenti di velivoli S 79 aerosiluranti. Nel contempo fu creata la scuola addestramento di Gorizia per formare piloti ed equipaggi. In tal modo nell'agosto 1940 era pronta la prima squadriglia di aerosiluranti e nel giro di un anno operavauna vera e propria squadra aerea cli un'ottantina di apparecchi, dislocati su cinque o sei basi affacciate sul Mediterraneo centrale ed orientale. La R. Marina si trovava, per molti versi, in condizioni migliori delle altre due Forze Armate. La capacità produttiva dell'industria navale ri54 F. PRICOLO, La R. Aeronautica nella seconda guerra mondiale, 55 N. ARENA, La Regia Aeronautica, cit., pp. 38-40 .

cit., p. 100. · 56 F. PRlCOI.O , La R. Aeronautica nella seconda guerra mondiale, cit., pp. 115-122. Sull'argomento cfr. GIORGIO GIORGERJNI , La guerra italiana sul mare, Mondadori, Milano 2001, pp. 157- 163.


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sultava, in tempo di pace, addirittura esuberante alle necessità militari e mercantili , sempre che, al sol ito, non facessero difetto le materie prime; perciò, con qualche miglioramento agli impianti ed agli stabilimenti navali , si stimava possibile fronteggiare senza eccessive preoccupazioni le esigenze bell iche delle due Marine . A parte ciò, la Marina da guerra risentiva di difetti tecnici tutt'altro che trascurabili. Molto giustamente l' amm . Jachino ha osservato che all' inizio delle ostilità nessuna Marina risultava esente da qualche più o meno importante deficienza di natura tecnica , tuttavia 1c Marine degli altri Paesi meno della nostra riserntirono a lungo di tali deficienze, perché sorrette da industrie navali decisamente superiori alla nostra e senza l'assillo delle materie prime57 . Comunque si poteva considerare riuscito il rimodernamento sia delJ.e due vecchie corazzate Cavour e Cesare (iniziato nel 1933) sia delle due Doria e Duilio (iniziato nel 1937). Buone anche le quattro Vittorio Veneto. Gli incrociatori pesanti avevano già una diecina di anni di vita e la ricercata veloc.ità massima era stata ottenuta a danno della robustezza strutturale della nave, con l'aggravante che la velocità raggiunta in sede di prove si d imostrò fittizia in quanto realizzata in condizioni di carico estremamente favorevoli . Il discorso valeva anche per gli incrociatori leggeri, che in genere - ma soprattutto i Giussano ed i Diaz (di 5 mila tonn.) - all'atto pratico lasciarono a desiderare perché al difetto della grave vulnerabilità aggiungevano quello della scarsa autonomia. Molto migliori i due , più recenti , Garibaldi (8 mila tonn.), ben proporzionati sotto ogni aspetto. Analogo discorso per i cacciatorpediniere, la cui lim itata autonomia non consentiva loro di partecipare a missioni di lunga durata. Sempre a fattor comune, il gravissimo difetto della scarsa precisione delle nostre artiglierie, di progettazione e cost1uzione interamente italiane, così come il munizionamento. Pe r quanto più volte, nelle esercitazioni di tiro, si fosse constatato che le salve presentavano un'eccessiva dispersione longitudinale e che, durante un tiro prolungato, esse risultavano incomplete a causa di improvvise avarie ai dispos itivi meccanici ed elettromagnetici, l' industri a non riuscì a trovare un rimedio adeguato e, d'altronde, le nostre norme per il collaudo delle munizioni erano molto meno rigorose di quelle prescritte all 'estero. E ancora: le centrali cli tiro e le apparecchi ature di punteria generale delle navi di costruzione più recente erano, è vero, ampiamente apprez57 A NGELO JACHINO, 7ì'amonto di ww grande Marina, Mondadori, Milano 1960,

p. 68.


LA PREPAR:\ZlONE ,:_c t,;ll,_,,, Ll'TA -"-"'R"'E _ __

!Ql

zabili, però mancavano i mezzi tecnici per consentire ai cannoni cli grosso calibro cli intervenire nel combattimento notturno, poiché non si era trovato il modo, per quei pezzi, di risolvere i problemi delle cariche a vampa ridotta, della disponibilità del telemetro e di apparecchi di punteria notturna sufficientemente luminosi. A dire ìl vero, però, la nostra regolamentazione navale era tassativa nel prescrivere che, a meno di particolari circostanze, le corazzate e gli incrociatori pesanti evitassero la possibilità di un incontro notturno con l' avversario . In un'evenienza del genere la scorta avanzata di siluranti avrebbe dato l'allarme ed attaccato con i siluri , favo.rendo il pronto allontanamento delle navi maggiori. Tutto ciò•ignorando che dal 1934-35 la Royal Navy e la Kriegsmarine avevano cambiato criteri tattici per gli incontri di notte stabilendo che anche le corazzate e gli incrociato1i partecipassero ali' azione di fuoco 58 . L'armamento contraerei, poi, risultava assolutamente insufficiente. Non soltanto il calibro delle armi non superava i 100 mm, quindi rendeva impossibile colpire gli aerei nemici a grande distanza, ma le spolette dei proiettili e .a., cli costruzione italiana, erano delicate al punto da provocare lo scoppio prima di raggiungere la distanza stabilita . Inoltre il proiettile da 90 mm, cioè dei nostri cannoni migliori , si frantumava in schegge così minute eia non arrecare seri danni all'apparecchio nemico. A complemento di ciò, si aggiunga che la complessità delle centrali di tiro e.a. non ne agevolava certo l'impiego. «Di conseguenza - ha ricordato l'amm. Jachino - le nostre forze navali quando attaccate da aerei fidavano essenzialmente nella manovra evasiva delle singole unità di giorno e nelle cortine di nebbia artificiale di notte»59 . I difetti presentati dai sommergibili derivavano dal previsto loro impiego. In base all'esperienza della prima guerra mondiale, l'azione del sommergibile era considerata in immersione durante le ore diurne. notte sarebbe emerso solo per la ricarica degli accumulatori . Invece la lotta subacquea si svolse, soprattutto in Atlantico, prevalentemente d i notte e in superlide. Diventarono quindi difetti pesanti quell i che, nella predetta ipotesi di impiego avrebbero avuto importanza trascurabile: eccesso di sovrastrutture , scarsa rapidità di immersione e di emersione, limitata manovrabilità in superficie, ridotta celerità di calcoli per il lancio

or

58 Ibidem, pp. 90-9 1. Solo lo scontro notturno di Matapan, nel marzo 194.1 , fece toccare con mano la nostra inferiorità e spinse la Marina a dotare le navi dei mezzi tecnici adeguati. 59 Ibidem, pp. 68-71.


POLITICA E STRATEGIA 11' CENTO AKJ\I 01 GUERRE ITALIANE

del siluro. Quest' ultimo problema fu risolto solo a fi ne 1942, quando i tedeschi ci fo rnirono le loro centrali di lancio semiautomatiche , studiate appositamente per i sommergibili. Oltre a ciò, nocquero l'indisp onibilità di acciarino magnetico , per rendere possibile lo scoppio del siluro sotto la carena della nave attaccata, e quella di ecogoniometro per La navigazione in immersione . Il 40% dei 115 batte ll i di cui disponeva l'Italia apparteneva al tipo detto «oceanico», vale a dire era progettato e costruilo per agire nell' Atlantico . A parte i di fetti comuni a tutti i sommergibili italiani , essi palesarono una debolezza strutturale tale da non essere in condizioni di sopportare le tempeste dell' oceano.

*

*

E veniamo alle materie prime. I calcoli circa il loro fab bisogno in tempo cli pace prevedevano un complesso di importazioni annua pari a 2 1-22 milioni di tonnellate di prodotti vari, di cui circa metà per vie terrestri ed il rimanente via mare con navi italiane e straniere attraverso lo stretto di Gibilterra (il 77% del traffico), dei Dardanelli (il 17%) cd il C anale di Suez (il 6%) . Partendo da questa base , le necessità di importazione delle tre materie chiave dell'industria bellica si presentavano in questi te1mini: a . carbone , per 1'85% del fabbisogno minimo di g uen-a. Pur essendo largamente disponibile su mercati centro-europei accessibili, comportava il pesante onere di tras porti via te1n; b. oli mi nerali, praticamente il 100% . Costituivano il punto dolente in quanto insostituibili, finanziariamente controllabili, approvvigionabili dalle Americhe e quindi via mare. Inoltre, una volta ricevuti in Italia ed immessi nei depositi , diventavano faci le obietti vo per le offese dall 'alto e dal mare; c. materie indus triali ed in particolare rottami cli ferro, per il 70% del fab bisogno. Per taluni correttivi degli accia i (ad esempio, il manganese), indispensabili per l'industria be llica, le difficoltà di importazione erano assai gravi. Le rimanenti materie prime destavano minori preoccupazioni, perché le necessità in proposito potevano essere fronteggiate con l'autarchia ed i suffogati, oppure perché il fabbisogno era contenibile in quantità limitate. In tema cli prodotti alimentari, ferma restando l'adozione di una rigida di-


LA PREP;\RAZIONE MJL,-ll '-',,_, :Ae:, R E,._ · _ _ _ __

sciplina dei consumi, bisognava fare affidamento solo sul mercato europeo e, a tal riguardo, l'aspetto più pesante riguardava i mezzi di trasporto 60 . In sostanza, volendo o dovendo affrontare una guerra, si imponeva la costituzione di abbondanti scorte di ogni genere: rotative, per talune materie prime, alle quali attingere per alimentare la produzione reintegrandole in secondo tempo; intangibjJj, per altre quale riserva di guerra61. Naturalmente per le Terre it,ùiane d'oltremare la situazione richiedeva un'autosufficienza prolungata, il che, almeno per l'Impero, era estremamente arduo da realizzare. Premesso che, pur riconoscendo la difficoltà di formu lare previsioni soprattutto prima del giugno 1940, le valutazioni dei ministeri per i preventivi furono talvolta imprecise o poco realistiche, l'elaborazione cli un piano generale per le scorte venne affidata al COGEFAG, ma per mancanza di fondi, la costituzione delle stesse, o meglio - come specificato da Favagrossa - dei volani di lavorazione indispensabili per garantire alle lavorazioni a carattere continuativo una certa sicurezza, raggiunse i seguenti valori62 : minerali di ferro .. .. ......... .. ............................... .. .......... .180 giorni carbone . .. ... . ... . ... . . .. . . . .... . .. . . . .. .. . ... .... .... ... . ... . .. .. .. . . .. . .. . . .. 50 giorni acciaio (semilavorati) ... ............................................... 14 giorni rottami di ferro ............................................................. 80 giorni ghisa ....... .. ...................... ..... .. ..................... .. ............ .... 25 gionli ra1ne ................................. .. ................ .. .. .. .................... 40 giorni stagno.... ................... ................... .. ............. .. .. .. ............ 50 giorni nichel . ... . .. . . .. . .. . . .. . ... . ... . ... ... .... . . .. .. . . .. . . . .. .. . . .. . . .. . .. .. .. . ... . 20 giorni Vale la pena cli rilevare che i livelli delle scorte di combustibili e dei materiali suderurgici avranno, negli anni di guerra, un andamento spiccatamente diverso . Le scorte cli carbone (gestite dal ministero delle Co- · municazioni) decrebbero rapidamente sino a scendere a poche giornate alla fine ciel 1942 - e tale miserrimo livello rimase sino al settembre 1943 - e quelle cli carburante delle Forze Armate si ridussero quasi all'esaurimento dopo appena un anno di ostilità. Per contro le scorte dei materiali siderurgici aumenteranno progressivamente. Ad esempio, per l'acciaio nel luglio 1943 esisteranno 449 60 UMBERTO SPIGO, Premesse 1ecniche della disfatta, Faro, Roma 1946, pp. 83-94. 61 La distinzione venne deliberata dalla Commissione Suprema di Difesa nella XIV

sessione (febbraio 1937). 62 C. RwAGROSSA, Perché perdemmo la guerra, cit., p. 77.


Fabbisogno di materie p1ime stimato nel 1939 dal Consiglio Nazionale delle Ricerche QuantitĂ necessaria ogni anno in caso di guerra in tonn. ( 1939)

MERCE

Produ:t.ione interm1 (Albania compresa) nel 1939 in tonn.

Importazione in tonne llate per anno Necessaria per far fronte ai bisogni

Realizzata per ogni anno di guerra (media)

Carbone ( I) ..............................................

16.500.000

2.200.000

14.300 .000

11.600.000

Carburanti e lubrificanti ..........................

8.500 .000

120.000

8.380 .000

1.100.000

Materiale siderurgico (2) .........................

4.800.000

2.400.000

2.400.000

800.000

CorretLivi acciai .......................................

100.000

20.000

80.000

65.000

Metalli leggeri (alluminio e magnesio) ...

65 .000

32.000

33.000

5.000

Zinco e piombo ........................................

104.000

76.000

28.000

10.000

Rame e stagno .........................................

160.000

l.300

158.700

30.000

Prodotti per esplosivi ...............................

50.000

20.000

30 .000

20.000

Gomma ....................................................

22.000 (3)

Lana lavata ........................ ......................

43.000

Cotone .... .................... .................... .........

75.000

Juta e canapa ............................................

37.000

Cell ulosa ..................................................

365.000

Legname da costruzione .......................... Legname speciale ....................................

22.000

14.000 (4)

6.000

- (3)

37 .000

1.000

7.000

68.000

l.200

26.000

-

60.000

305 .000

120.000

3.700.000

2.300 .000

1.400.000

300.000

60.000

-

60.000

Pelli ..........................................................

53.000

30.000

23 .000

Totale .............

34.634.000

7.283.300

27.350.700

-

I 1.000 (5)

(I) Jn tonnellate equivalenti. - (2) di cui 800 .000 tonnellate di ghisa da fonderia. - (3) inferiore al fabbisogno reale. La produ zione intern a del 1942 fu di circa 5000 tonnellate. - (4) compresa la buna. - (5) stigliato verde d i canapa.


LA PREPARAZIONE :VIILITA,R .,,Ee.__ _ _ _ _ __

mila tonn . di semilavorati e 393 mila tonn. di finito (immobilizzate, queste ultime, per difficoltà di trasporti), contro le 200 mila complessive del 1940. Il cospicuo incremento derivava dagli effetti dei bombardamenti che, riducendo la capacia1 produttiva dell'industria e paralizzando o quasi i trasporti, avevano impedito l'attuazione del programma per il 1943. Favagrossa ha precisato anche che la buona util izzazione delle scotte, guerra durante, per lo più dipendeva dalla disponibilità delle materie prime complementari63 . Questo a prescindere dal fatto che sulla qualità della produzione bellica pesarono negativamente sia scadente livello cli impianti e di personale specializzato , s.ia carenze tecniche costrutti>ve da parte delle industrie64 . Qualche parola, infine, in merito alla ricerca scientifica. Non solo nell'ambito delle Forze Armate ma nell'Italia tutta la ricerca scientifica non poteva certo dirsi privilegiata. Riceveva da sempre una attenzione p.iù teorica che pratica. Non che fosse misconosciuta la sua importanza: pi uttosto, le spese che essa comportava scivolavano in seconda priorità, a causa dei bilanci statali e, cli conseguenza, di quelli militari ridotti all'osso. La questione del radar è nota: soltanto dopo lo scontro di Capo Matapan (28 marzo 1941) acquistarono credito gli studi compiuti - e già approdati a due prototipi di radar - a Livorno dall'ing. Tiberio, il quale più tardi conunentò: «Nell'insieme, può d irsi che il problema del radar è stato in Italia tempestivamente prospettato e correttamente inquadrato, ma che all'originale e rigorosa condotta degli studi sul piano scientifico e tecnico non hanno fatto riscontrn quei risultati che in sede militare si sarebbero avuti se il governo de l tempo avesse dato alle questioni di tecnica avanzata la consideraz.ione ed i mezzi che erano dovuti ( ...)»6 5.

3. L E FORZE ARlvIATE NEL 1940 Parlare di «preparazione militare» dell 'ltalia, in rapporto al secondo confli tto mondiale, si presta ad opinioni piuttosto variegate. Ben rara63 Ibidem, pp . 200-201. Sull'argomento cfr. F. l'vflNNITl, La materie prime nella preparazione bellica dell'Italia ( 1935-1943) in «Storia Contemporanea» n. l/l 986 e 2/1986. 64 A. CURAMI , Commesse belliche e approvvigionamenti di materie prime in «L'Italia in guerra», I, Commissione Italiana di Storia Militare, Roma 1991 , pp. 55-66. 65 UGO TIBERIO, Introduzione alla tecnica radio e radar, Milano 1974, p. 10.


108

POLlTICA E STRATE(;IA IN CENTO ANN I DI GUERRE ITALI ANE

mente un Paese è «pronto» per una guerra, a meno che il suo governo abbia saputo condurre la politica militare in linea con una politica estera mirante allo sbocco bellico, come nel caso della Germania nazista, oppure abbia beneficiato cli lunghi mesi di guerra «lion guerreggiata» per giungere all'appuntamento in condizioni di efficienza, come nel caso della Francia. L'Italia, dopo le due guerre cli Etiopia e di Spagna che avevano suscitato illusorie sensazioni di potenza, ma anche provocato lo spossamento dell 'economia66 , si trovava impegnata nella ristrutturazione dell'Esercito, nell'ammodernamento pressoché totale delle artiglierie, nel1' adozione cli nuovi materiali di armamento e mezzi tecnici, nel completamento delle dotazioni e nella costituzione di un minimo cli scorte. Un complesso di impegni che di per sé nulla aveva di eccezionale, trattandosi in fondo di una di quelle revisioni delle Forze Armate che qualunque Stato deve affrontare periodicamente, ma che abbisognava di tranquillità politica, di mezzi finanziari e di un periodo di pace, nonché di un adeguamento del potenziale industriale nazionale. Queste condizioni vennero a mancare per i noti avvenimenti, perciò il programma stentò addirittura a partire e soprattutto si registrò uno scollamento pericoloso fra velleità politiche e messa a punto dello strumento bellico, ossia fra politica estera e politica militare. La prima naturalmente s'impose, incurante del fatto che il lavoro di riordino delle Forze Armate fosse ancora lungi dal traguardo, raggiungibile secondo le previsioni tecniche a fine 1944. Traguardo che non coincideva affatto con una iniziativa cli guerra contro le Potenze occidentali, ma semplicemente mirava a porre l'Italia nelle condizioni di affrontare - se necessario - una guerra <<generica» con relativa tranquillità. Mussolini ed i vertici politici e militari erano ben consapevoli della situazione e non sarebbe appropriata nei loro confronti l'accusa di aver scientemente affrontato una guerra mondiale incuranti cieli' impreparazione delle Forze Armate e ciel Paese. Giganteggiò , non soltanto in Italia, la convinzione che la guerra - provocata dalla Germania ai propri fini - fosse ormai vinta dal Reich, già padrone di mezza Europa, e addirittura si temette di non fare a tempo a «partecipare>> ad essa per cogliere i frutti della vittoria . I primi cli giugno 1940 l'ambasciatore italiano a Washington comun icò a Roma che negli ambienti governativi si manife66

In merito ai gravami economici causati dalle due guerre cfr. F.A. REPACI , La.finanza pubblica italiana nel secolo /861-1960, Bologna 1962, p. 336 .


LA PREPARAZ JONE MILITARE-_ _ _ __

stava palese l'idea di uno slittamento della neutralità americana in atto verso la «non belligeranza» , formula che meglìo avrebbe consentito un aiuto materiale e finanziario ai Paesi occidentali. Per converso, si paventava che simile atteggiamento potesse nuocere agli Stati Uniti «in caso di temuta rapida vittoria dei paesi total itari» 67 . Non a caso il gen. Marshall, capo di Stato Maggiore dell'Esercito americano, nella sua Relazione biennale per il periodo dal 1° luglio I 939 al 30 giugno 1941 al ministro della Guerra, scrisse: «Durante i mesi di maggio e giugno 1940 la valanga tedesca sconvolse ab j mis l'equilibrio ciel continente europeo: la Francia fu eliminata come potenza mondiale e l'esercito britannico perse gran parte del suo equipaggiamento pesante; l'invasione dell'Inghilterra appariva a molti imminente(...)»

ed accennò perfino alla «possibile perdita della flotta inglese»68 . Quindi la preparazione, militare e nazionale, divenne elemento non determinante, tanto più che Mussolini era talmente fiducioso di realizzare le sue ambizioni con poca spesa, da - lo sappiamo - dich iarare guerra e mettersi sulla difens iva, ovviamente in attesa della rapida fine delle ostilità. Fu un tremendo errore di valutazione. Ciò detto , bisogna convenire cbe una serie cli provvedimenti sbagliati assunti prima e durante la non belligeranza, e pers ino a guerra appena iniziata, di natura politica e militare, resero la situazione ancor peggiore di quanto già non fosse. *

*

L'Alto Comando. Al vertice dell'organizzazione militare italiana in pace figurava il capo cli Stato Maggiore Generale, in qualità di consulente tecnico del capo del governo69 e pertanto privo cli alcuna funz.ione di comando e cli controllo . l suoi compiti erano precisati dal R.D. 6 febbraio 1927, n. 68, con gli aggiornamenti di cui alla legge 13 luglio 1939, n. 1178: 67

Colonna a Ciano in data 4.5.1940, DDI, 9" serie, IV, cloc. 731. G. M ,'\RSHALL, AMM. E. K lNCì, G EN . H. ARNOW, Relazione del Comando Supremo americano, Overseas Eclitions, lnc., New York, pp. 7 e 9. 69 Sulla «posizione» del capo di S.M. Generale rispetto al capo del Governo cfr. Lucro CEVA, Aspetti politici e iiuridici dell'Alto Comando militare in Italia (18481941), in «Il Politico», 1984, I,pp. 108- 120. 68 GEN .


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POLLTlC,\ E STRAT EGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

- assicurare il coordinamento nell'organizzazione militare dello Stato e delle Terre d 'oltremare, proponendo disposizioni specifiche al capo del governo che, per il tramite dei singoli ministri, avrebbe fatto conoscere le proprie decis ioni ai capi di Stato Maggiore di Forza Armata; - proporre «le linee generali ciel piano complessivo di guerra con la specificazione dei compiti di massima spettanti a ciascuna forza annata per il raggiungimento degli obiettivi comuni a due o più di tali forze». Tali direttive, una volta approvate, dovevano essere comunicate da l capo del governo ai ministri e da questi trnsmessi ai capi di Stato .Maggiore per la compilazione dei piani operativi di competenza di ogni forza annata.

Come si vede, al capo di Stato Maggiore Generale era riservata una carica più di prestigio che di sostanza70 . In caso di guena le sue attribuzioni sarebbero state definite dal governo a tempo debito. L'accentramento dei poteri evidentemente non dispiaceva a Mussolini, capo del governo e nel contempo titolare dei tre dicasteri militari. Né può dirsi che la figura di semplice «consulente tecnico» spiacesse molto a Badoglio, il quale, pur conservando la carica, risiedette in Libia dal 1929 al 1934 in qualità di Governatore; comandò le truppe in Africa orientale dalla fi ne del 1935 al maggio 1936 durante la guena cl' Etiopia; assunse, al rientro da Addis Abeba, la presidenza del Comitato Nazionale per l'indipendenza economica e della Comm issione per le materie prime insufficienti e per i sunogati ed i succedanei; accettò infine, dopo la morte di Marconi, la presidenza dell'Istituto Nazionale delle Ricerche , dedicandosi, per inciso , molto più a quest'ultimo incarico che non a quello dì capo di Stato Maggiore Generale. L' assenza di un vero Stato Maggiore Generale - perfino durante la non belligeranza! - nocque inevitabilmente sia in tema cli preparazione alla guerra , sia in tema cli impostazione strategica delle operazioni. Né poteva supplire 1a Commissione Suprema di Difesa, organismo ad altissimo livello costituito allo scopo di «coordinare lo studio e la risoluzione delle questioni attinenti alla difesa nazionale , e di stabilire le norme per lo sfruttamento di tutte le attività nazionali ai fini della difesa stessa». All'atto pratico , infatti, la sua attività si limitò al campo industriale ed economico. Essa tenne l'ultima sua sessione annuale nel febbraio 194071 . 70

Difatti disponeva di un semplice <<Ufficio del Capo cli Stato Maggiore Generale». Cfr. al riguardo F. MrNN111, Aspetti organizzativi del controllo della produzione bellica in Italia ( 1923-1943) in «CliO>) , ottobre-dicembre 1977, pp. 305-340. 71


~

PREPARAZIONE MILITARE._ _ _ _ _ __

11 1

Badoglio mise sul tappeto per la prima volta l'argomento della propria posizione in caso di guerra il 4 aprile 1940, vale a dire sette mesi dopo l'inizio della guerra tedesco-polacca. Vedendo avvicinarsi la prospettiva di un intervento italiano, chiese la definizione delle «funzioni di ognuno nella costituzione del Comando Supremo nostro» nel quadro del problema della posizione militare del Paese. Una diecina di giorni più tardi, colse l'occasione di una comunicazione fatta dal maresciallo Graziani, capo di Stato Maggiore dell'Esercito , direttamente a Mussolini per una puntualizzazione e questa volta si espresse non come semplice «consulente tecnico», bensì come superiore gerarchico di Graziani. Nel contempo sollecitò la definizione dell' Alto Comando in guerra: «( ...) Per la materia operativa non dipende il Capo di S.M. dell'Esercito dal Capo di SJvf. Generale? Se tale dipendenza esiste, il Capo di S.M. dell'Esercito deve dirigere a me ogni quesito che rifletta il ramo operativo, spettando a me di present.are proposte e di ricevere eia Vo i, Duce, gli ordini. Se così non fosse, se io, cioè, fossi considerato come un semplice consulente, io non potrei continuare nella carica cli Capo di S.M. Generale che ha, sia nella tradizione, sia per quanto avviene all'estero, sia infine nella pubblica opinione, attribuzioni e conseguenti responsabilità ben più impo1tanti che non quelle inerenti alla consulenza. E poiché la nostra storia militare è, dolorosamente, piena di attriti e di poco soddisfacente funzionamento dei Comandi per una non netta precisione delle singole attribuzioni, così io prego vivamente Voi, Duce, di voler, sin d'ora, stabilire nettamente la sfera d 'azione di ognuno ( ...)»72 .

Davanti a questa presa di posizione - la prima in tanti anni, ma in certo modo spiegata dalle circostanze - Mussolini assicurò verbalmente una pronta risoluzione, ma in realtà, dopo aver interpellato il gen. Soddu, sottosegretario per la Guerra, prese tempo. Allora Badoglio tornò alla carica, richiamando l'attenzione del Duce sulla «assoluta necessità di addivenire ad una organizzazione del comando che stabilisca compiti e rispettive responsabilità delle diverse gerarch ie militari». Per esprimere il suo «preciso pensiero in materia» riassunse le distinte soluzioni adottate dalla Francia e dalla Germania. Il gen. Gamelin era comandante in capo de)l 'Esercito francese con facoltà di. impartire direttive strategiche ai comandanti della Marina e dell 'Aviazione, però doveva accordarsi con un Comitato di guerra, formato da membri del governo. Hitler ave-

i2 Badoglio a Mussolini in data 15.4.1940, USSNIE, Diario storico del Comando Supremo, I, tomo Il, pp. 204-205.


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POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNl Dl GUERR E ITAl, IANG

va assunto personalmente il comando della Wehrmacht, disponendo di uno Stato Maggiore Generale con alla testa il gen . Keitel, le cui attribuzioni si limitavano alle normali mansioni di un qualsiasi capo cli S.M .. Ogni singola Forza Armata aveva un proprio comandante in capo, con piena autorità e responsabilità delle operazioni che dovevano dirigere in obbedienza alle direttive strategiche del Ftihrer. Seguiva una conclusione tendenziosa: scartato il caso Gamelin, se Mussolini intendeva scegliere una soluzione del tipo tedesco, doveva nominare il com.andante in capo di ogni Forza A1mata, nonché il nuovo capo di Stato Maggiore Generale, perché egli, Badoglio, non avrebbe accettato la posizione di secondo piano del gen. Keitel. Detto così, sembrerebbe un discorso tronco , ma Badoglio accennò con intenzione al precedente italiano: durante la 1a guena mondiale - ricordò - comandante in capo (puramente nominale) era stato il Re, con il capo cli Stato Maggiore deU'Esercito quale comandante effettivo ciel R. Esercito e dell'aviazione terrestre e con il capo di Stato Maggiore della Marina quale comandante della flotta e dell'aviazione navale73 . Naturalmente le idee di Mussolini erano ben diverse: come aveva dichiarato al Senato il 30 maggio 1938, mirava ad assumere il comando effettivo delle Forze Armate per guidare di persona, agli ordini del Re, la guerra, in analogia a quanto fatto per la guerra d'Etiopia. Ed infatti, dopo lungo tergiversare riuscì a strappare al Re la delega del comando, sia pure con lettera uffici~ùe e non con un decreto, e nel tardo pomeriggio del 28 maggio Badoglio, recatosi a Palazzo Venezia, conobbe il risultato delle «trattative»: Mussolini comandante effettivo delle Forze Armate con lui, Badoglio, capo di Stato Maggiore Generale alle dirette dipendenze74 . Badoglio non batté ciglio. Qualche giorno prima aveva avuto un collo- . quio con Vittorio Emanuele III e con ogni probabilità vi fu riserbo da ambo le paiti; sta comunque di fatto che , dopo l 'esplic.ita precisazione che non avebbe potuto accettare un ruolo come quello del gen. Keitel (il quale almeno era anche ministro della Guerra), egli accolse la decisione del Duce senza nemmeno una parola di recriminazione, di protesta. Il 29 maggio Mussolini annunciò ai capi di Stato Maggiore che <<( .•.) da oggi nasce l'Alto Comando, che de jure sarà reso noto quando la Maestà del Re mi darà il documento che affida a me il comando delle forze Armate. 73

Badoglio a Mussolini i.n data 3.5.1940, USSME, Diario storico del Comando Supremo, I, tomo II, pp. 206-207. 74 Q. ARMELUN'J, Diario di guerra, cil., p. 10.


L,\ PREPARAZIONE MILlT =.A.~R~é _ _

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Il mio Capo di Staio Maggiore Generale è il Maresciallo Badoglio. Io do a lui le direttive che saranno applicate sul terreno esecutivo attraverso i Capi di Stato Maggiore dell ' Esercito, della Marina e cieli' Aerom1utica. Così la cosa è definita ( ...). Aggiungo che l' A lto Comando non avrà che funzioni operative; sarà ridono all 'essenziale; non bisogna creare dei ministeri numero due. L' Allo Comando è formato da un grnppo di uom ini che hanno compiti operati vi; tutto il resto dell'amministraz ione non ri guarda questi uomini che devono dirigere Forze Armate» 75 .

Poi domandò se non fosse ritenuto opportuno sdoppiare, come già fat.to per l' Esercito, le due cariche di sottosegretario di Stato e di capo di Stato Maggiore rjvestitc dall'amm. Cavagnari e dal gen. Pricolo, rispettivamente per la Marina e per l'Aeronautica. Secondo il verbale, Badoglio rispose di «non avere nulla da osservare nei riguardi dell 'abbinamento, nella stessa persona, delle due cariche», anzi preferiva che le cose rimanessero «come sono attualmente, data la giornaliera pratica>> con Cavagnari e Pricolo76 . Al riguardo non si può fare a meno di riportare quanto dallo stesso Badoglio scritto nel «Ri assunto sugl i avvenimenti precedenti l'entrata in guerra», allegato 1 al diario storico del Comando Supremo: «È da rilevare che fin qui [novembre 1939] il funzionamento del Capo di Stato Maggiore Generale era stato in ogni modo ostacolato dai sottosegretari militari che, ri ferendo direttamente e singolarmente al Duce, cercavano in ogni modo di sottrnrsi alla mia opera coordinatrice . Quindi nessun coordinamento si è avuto nella preparazione alla guerra delle Forze Armate»77 .

Superfluo un commento. Il 30 maggio Badoglio riunì a rapporto i capi di Stato Maggiore ed il sottosegretario per la Gue rra. L'esame di quel rapporto - che prese in considerazione l'inizio delle ostilità ed i preli minari operativi - è interessante in quanto si trattava della prima riunione indetta da Badoglio, nella veste di capo di S.M. Generale di guen-a, benché ancora l'Italia si trovasse in stato di «non belligeranza». Orbene, egli aprì la seduta comunicando: <<L'ordine datomi da l Duce ieri è questo: per il giorno 5 giugno bisogna essere pronti a ricevere l'avviso di entrare in azione. Anche stamauina andrò dal Duce 75 Verbale della riunione in USSME, Diario storico del Comando Supremo, l, tomo li , pp. 223-225 . 76 Ibidem, p. 225. 77 Ibidem , I, tomo U. doc. 1, p. 5. È possibile che il discorso riguardasse soprattutto le persone dei gen. Pariani e Valle, sostituiti rispettivamente dai generali Soddu e Pricolo.


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_ _ ____:..POLITICA E 5'TRATEGIA IN CENTO ANNI DI GVERRÈ ITALIANE

per chiedere di procrastinare un po' questa data per avere un po' più di tempo; ad ogni modo, a partire dal giomo 5 giugno, dobbiamo essere pronti ( ...)»7 8.

Se si pensa che «ieri>> Mussolini aveva indicato la data del 5 giugno a tutti i presenti, c'è da chiedersi perché mai Badoglio non sia intervenuto subito per un migliore dibattito sull'apertura delle ostilità e che cosa si ripromettesse di guadagnare con il «procrasti nare un po'» . Purtroppo dalla lettura del verbale si trae la sensazione della piena soggezione psicologica di tutti verso Mussolini, della naturale, quasi passiva accettazione della fu nzione di comando di questi, pur senza nutrire la minima fiducia nelle sue qualità militari. Un vero e proprio condizionamento mentale. Non può sussistere alcun dubbio sul fatto che ove il Re avesse preso il comando, nominale, lasciando Mussolini alle sue cure cli capo del governo, Badoglio avrebbe tenuto le redini delle Forze Armate e delle operazioni con ben altro piglio79 . La costituzione ed il funzionamento del Comando Supremo vennero illustrati da Badoglio con una lettera intesa a dirimere incertezze. Dopo aver ribadito che i1 Duce avrebbe esercitato il comando suo tramite , elencò 1e principali funzioni del capo di Stato Maggiore Generale: tenere il Duce al corrente della sistemazione bellica; prendere di conseguenza gli ordini e le direttive di massima; impartirle ai capi di Stato Maggiore di Forza Armata per l'applicazione in campo strategico; seguire lo sviluppo delle operazioni ed intervenire, ove necessario, sempre ai fini cli un coordinato impiego delle Forze Armate. Fin qui, nulla di speciale. Lo strano veniva dopo: «4° - Sulla base degli ordini che riceveranno dal Duce, in quanto Comandante Supremo, e dal capo di S.M . Generale: a) i capi di S.M. delle Forze Armate eserciteranno reale e piena azione dicomando sulla rispettiva Forza Annata dislocata in Patria( ...). Tale azione d i comando pertanto [= peraltro} non deve intendersi in funzione della loro qualità di Alti Comandanti, come era stato precedentemente concordato, ma in funzione della loro qualità di Stato Maggiore , d'ordine ed in nome quindi del Duce ( ...) 80; 78 USSME, Verbali delle riunioni tenute dal capo di Stato Maggiore Generale, l, verb. n. 5. 79 M . MONTANARI , L'Esercilo italiano alla vigilia della seconda guerra mondiale, cit., pp. 342-343. 80 L' 8 giugno Badoglio, al termine della seduta con i capi di Stato Maggiore, concordò che le branche operative degli Stati Maggiori di Forza Armata assumessero rispettivamente la denominazione di Superesercito, Super marina e Superaereo.


I..A PfUil'ARAZIONE MILITARE _ _ _ __

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b) i Comandanti Superiori delle Forze Am1ate dislocate nei territori d ' oltremare( ...) eserciteranno reale e piena azione di comando sulle forze poste a loro disposizione in quanto effettivi comandanti cli tali forz.e e quindi con piena autorità, ini81 ziati va e responsabilità, direttamente provvedendo al coordinamento dell 'azione» .

Mentre, dunque, per i comandanti dei teatr.i d'operazione oltremare le attribuzioni erano definite in modo rispondente e chiaro , per i capi di Stato Maggiore non soltanto la formula usata era inconsueta e dubbia la dizione «in qualità di Stato Maggiore» tenderebbe ad escludere una responsabilità personale -, ma stupisce l'inserimento, gratuito , di Mussolini nella linea gerarchica fra essi ed il capo di Stato Maggiore Generale. ~on si comprende perché Badoglio accettasse un rapporto di servizio, e quindi un passaggio di ordini, fuori del tramite del capo di Stato Maggiore Generale. Qualche giorno più tardi Mussolini, nella veste di Comandante Supremo, emanò il suo primo ordine per la messa a punto delle Terre italiane d'oltremare. La lettera era indirizzata al capo di Stato Maggiore Generale e, per conoscenza, ai tre ministeri m ilitari ed a quello dell'Africa Italiana, e bisogna ammettere che pose Badoglio in una posizione di tutto rispetto e che assai meglio stabilì le competenze dei principali capi militari: «I . Spetta al Capo di S .M. Generale, d' ordine mio e su.Ila base degli art. I e 2 della legge 1193 estesa, per mio ordine, anche alle isole italiane dell'Egeo: a) di organi zzare la preparazione bellica delle terre italiane d'oltremare: A.S.1.,A.0.1., Egeo; b) cli emanare le direttive strategiche per lo svolgimento delle operazioni di guerra. 2. Il Capo di S .M. Generale: a) esercita le funzioni cli cui alla lettera a) del precedente n. I servendosi deicapi di S .M. delle varie Forze Armate ai qua li impartisce le proprie direttrive cli ordine organico, disciplinare, aclclestrarjvo, operativo, logistico, ecc.; b) esercita le funzion i di cui alla lettera b): - impartendo le direttive cli carattere strategico cli.rettamente ai Comandanti Superiori delle Forze Armate dell' A.S., dell' A.O.I. e dell'Egeo, .in pari tempo tenendo però informati gli Stati Maggiori delle Forze Armate ed i Ministeri interessati;

SI Badoglio ai capi di S.M. di Forza Annata in data 4 .6.1940, in M. MONTANAR I, L'Esercito italiano, cil., pp. 562-563 . La lettera, fra i principi a base clell'organizzaz.ione del Comando Supremo, indica la <<assoluta dedizione e obbedienza al Duce e intima fusione di pensiero e di azione in tutti, secondo il costume e lo stile fascista»! Il maresciallo d' Italia Badoglio poteva risparmiarsi una simile incensatura.


116'.-_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _P,_,O,.,,Le., lT_,, lC.,_A,._.E'-"' STRATEGI/\ IN CENTO ANNI DI GUERRE ll/\LIANE

- ordinando l'inizio e seguendo, quindi, lo sviluppo delle operazioni , in esse intervenendo quando ciò gli risulti necessario. 3. Sulla base di tali direttive: a) i capi di Stato Maggiore delle Forze Armate esercitano le loro specifiche funzioni con unità di indirizzo e di azione, rispondendo al Capo dì S.M. Generale della preparazione delle terre italiane d'oltremare, la quale deve continuare a perfezionarsi anche ad operazioni iniziate; b) i Comandanti Superiori delle Forze Armate, esercitando la loro azione di comando su tutte le forze armate poste ai loro ordini, iniziano e svolgono, sotto la propria responsabìlità, le operazioni dì guerra che venissero ordinate, rispondendo dell'esito al Capo di Stato Maggiore Generale, che agisce d'ordine mio ( ...)» 82 .

Indubbiamente il quadro tratteggiato da Mussolini (organigramma 1) si presenta molto più armonico e funzionale dì quello accennato da Badoglio; tuttavia, ove sì fotografi la situazione del 13 giugno83 , dai nomi dei titolari delle cariche (organigramma 2) sì è indotti immediatamente a convenire sull'esattezza cli un giudizio severo: «In conclusione non si potrebbe immaginare peggiore organ izzazione del Comando , né Mussolini avrebbe potuto assumere più gravi responsabilità personalì» 84 . In merito all'organismo di cui doveva avvalersi Badoglio, stupisce la concezione, non tanto di Mussolini, profano di cose di guerra, quanto per l' appunto di Badoglio: in sede cli rapporto tenuto il 5 giugno dichiarò che lo Stato Maggiore Generale «con i suoi venti ufficiali non vuole sostituirsi a nessuno», ribadendo quanto sc1itto nella citata lettera del 4 giugno: <<Lo Stato Maggiore Generale, organo ciel Capo di Stato Maggiore Generale, per adempiere ai compili spcttantigli (. ..) non dispone, e non ne è previsto l'impianto, di una complessa organizzazione, ma si vale di quella in funzione presso gli Stati Maggiori delle varie Forze Armate e di altri Enti: Commissione Suprema cli Difesa, Comitato Generale per le Fabbricazioni di guerra, ecc.» .

Ora, fra una «complessa organizzazione» e «l'avvalersi» cli quella dei Comandi in sottordine esiste una differenza non da poco ed entrambi i concetti sono discutibili. Anzitutto un organo di comando deve essere 82

83

Mussolini a Badoglio in data 8.6.1940, ibidem, pp. 564-565. li 13 giugno il gen. Soddu, sottosegretario per la .Guerra, fu nominato anche sot-

tocapo di Stato Maggiore Generale. 84 E. FALDELLA, L'ltalia nella seconda guerra mondiale, cit., p . 126.


LA PREPARAZIONE Mll .JTARE

costruito in base alle esigenze che lo rendono necessario e deve essere dotato di quanto occoffa per il suo autonomo e corretto funzionamento; in secondo luogo, il dover valersi dei Comandi dipendenti denuncia una scarsa fu nzionalità propria e costituisce un ' invadenza nell 'organizzazione altrui. Forse Badoglio intendeva alludere al flusso di dati e notizie che, d'ufficio o su richiesta, gli organi militari e civili interessati avrebbero fornito al Comando Supremo e, in tal caso, riteneva molto semplice l'elaborazione dei dati e l'armonizzazione delle esigenze. O forse si trattava del lontano 1icordo di quella che era stata la Segreteria di Caclorna durante la prima guerra mondiale , vero cervello del Comando Supremo? Comtmque fu un altro erro re, tanto più che i contatti e le richieste cli cooperazione fra le Forze Armate dovevano passare attraverso la catena gerarchica sino al vertice, con evidenti ripercussioni negative sulla rapidi tà delle decisioni e degli interventi. L'errore verrà riparato a fine 1940 dal gen. Cavallero. Questo il commento del gen. Santoro: «La colpa del mancalo coordinamento nella preparazione bellica delle tre Forze Armate fu anzitutto e soprattutto dello Stato Maggiore Generale , che(. ..) essendo stato posto in condizioni di mancare alla sua essenziale funzione in pace. non riuscl a far sormontare alle tre Armi distinte e separate, ostinati preconcetti, reciproche diffidenze e osti lità, esasperato spirito di arma» 85 .

*

*

Il R. Esercito. Il 12 dicembre 1939 Mussolini convocò i sottosegretari ed i cap.i di Stato Maggiore e, tenendo conto ciel promemoria 2601 riepilogativo delle situazioni del momento e futu ra illustrategli il giorno precedente dal gen. Favagrossa, accol se la proposta del Comando del Corpo di Stato Maggiore di considerare, come o rdinamento di pace, le 73 divisioni di vario tipo (comprese 2 libiche e 4 di camicie nere) esistenti a fine agosto , portandole a I00 nel! ' ordinamento di guerra. II mattino !>eguente apportò un ritocco alla decisione testè presa e ordinò a Graziani di approntare 60 divisioni per l'agosto I 940 con un milione di uomini e scorte per un anno di guerra; lasciare com 'erano le 2 libiche e ]e 4 di camicie nere 85 G1 uSE.PPE S Al\"J'ORO,

se, Milano 1957, I, p. 28 .

l'Aeronautica italiww nella seconda guerra 111011dia/e, Es-


Organigramma 1

STRUTIURADELCOMANDO SUPREMO NEL 1910 Comandante Supremo

M inistro Guem1

Capo di S.M. Generale

Capo di S.M. R. Esercito

CapodiS.M. R. Marina

Capo del Governo

Capo di S.M. R. Aeronautica

Forze armate in territorio metropolitano, in Albania ed in mare

Mi nistro Marina

Ministro Aeronautica

Ministro Africa It.

Com.teSup. inA.S.

Com.teSup. in A.O.

Com.teSup. in Egeo

Forze armate nei territori d'oltremare

Noia. - Per semplicità di figura sono omessi i rapporti di servizio ed amministrativi intercorrenti fra gl i S.M. e le unità dislocate o ltremare, fra i Ministeri e le unità in madrepatria e oltremare, fra il Ministero dell ' Africa Jtaliana e le unità in Africa Settentrionale e nell' Impero tramite i Governi Generali.


Organigramma 2 STRUTTURA DEL COMANDO SUPREMO NEL 1940 C.tc Supremo Mussolini

Capo di S .M.E. Graziani

Capo del Governo Mussolini

Capo di S .M.G. Badoglio

Min. Guerra Mussolini

Mia.Marina Mussolini

Min. Aeronautica Mussolini

Sottocapo di S .M.G. Soddu

Sottosegr. Soddu

Sottosegr. Cavagnari

Sottosegr. Pricolo

C.te Sup. A.S . Balbo

C.te Sup. A.O.I. Duca cl' Aosta

Capo di S.M.M. Cavagnari

Capo di S.M.A. Pricolo

Forze armate in territorio metropolitano, in Albania ed in mare

Min. A.I. Teruzzi

C .te Sup. Egeo De Vecchi

Forze annate nei territori d 'oltre mare

Nota. - Per semplicità di figura sono omessi i rapporti di servizio ed ammùùstrativi intercorrenti fra gli S.M. e le unità dislocate oltremare, fra i Ministeri e le unità in madrepatria e oltremare, fra il Ministero dell'Africa Italiana e le unità in Africa Settentrionale e nell'Impero tranùte i Governi Generali.


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POLITlCA l::.STRtlTEGIA Il\ CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

dislocate in Libia; tenere le rimanenti 7 divisioni in ombra, cioè eia completare in tempo successivo86 . Nel febbraio-marzo 1940 vennero chiamate alle armi le reclute del II e III quadrimestre del 1919 e dell 'intera classe 1920, raggiungendo in tal modo il milione di uomini desiderato da Mussolini. Ma nell'aprile e nel maggio ulteriori richiami riguardarono aliquote delle classi 1910-12-13-14-15-16. La situazione mensile relativa alle unità di costituzione immediata alla data del l O maggio 1940, presentata da Graziani a Mussolini ed a Badoglio, indicava lo stato di efficienza dell'Esercito sulla base dei livelli delle dotazioni individuali e cli reparto previste dagli organici di guerra, eccezion fatta per i mezzi di traspo1to (quadrupedi ed autoveicoU) tutti da completare in varia misura mediante le requisizioni previste dalla mobilitazione. A fattor comune per ogni unità la deficienza di 2/5 delle serie di vestiario-equipaggiamento e di 1/6 dell'armamento individuale rispetto alla forza cli guen-a. Ciò premesso , la situazione delle 71 divisioni metropolitane classificava: - complet.e: 19 divisioni in possesso delle dotazioni prescritte (con la nota riserva a fattor comune) e precisamente 9 divisioni di fanteria, 5 alpine, 3 celeri, 2 motorizzate; - efficienti: 32 divisioni da reputare cli impiego bellico pur presentando manchevolezze varie (oltre alle note riserve), e precisamente 21 divisioni di fanteria, 3 autotrasportabili, 4 tipo Libia, I tipo Egeo , 3 corazzate; - incomplete: 20 divisioni che, pur denunciando sensibili carenze nelle dotazioni e nell'armamento, potevano essere ugualmente utilizzate ma con determinati limiti. Si trattava di 12 divisioni di fanteria, 4 autotrasportabili tipo Libia e 4 cli camicie nere dislocate in Libia. Quanto ai supporti di armata e di corpo d'armata, erano completi solo 28 battaglioni di alpini valle e 9 gruppi cli artiglieria alpina valle. Il grosso dei supporti era valutato efficiente, anche se soffriva di manchevolezze di ogni genere. In sostanza, mentre secondo l'ultima attuazione riferita al 1° novembre 1939 firmata dal gen. Pariani risultavano complete 21 divisioni di fanteria, salvo carenze in mezzi cli trasporto calcolate colmabili entro il l O maggio 1940, adesso si riscontravano complete solo 9 di queste di86

In quella sede Mussolini dispose: <<Per l'approntamento degli armamenti si deve dare la precedenza alle anni per la Fanteria, mettendo in seconda linea le Arliglierie il cui realizzo, secondo l' ultimo programma di costruzioni, è assai lontano» (appunto di Graziani in data 13.12.1.939, AUSSl'vfE, Fondo «RR>>, rcp. H 5, racc. 2, f. 17).


Li\ l'I\EPARAZION f! M ILITARE

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visioni e con le note negative generali. Inoltre , delle 24 divisioni di fanteria che Pariani aveva previsto di completare entro la primavera ciel 1940, 21 erano soltanto efficienti e 3 rimanevano incomplete. A prescindere dall'evidente ottimismo della classificazione, suscita estrema perplessità il fatto che fra le divisioni a capacità ridotta figurino 8 divisioni e le unità della guardia alla fronti era dislocate in Libia: proprio quelle che si temeva venissero chiamate s ubito al fuoco! Non guasta, a questo punto, un breve inciso concernente la divisione «binaria», tanto acerbamente rimproverata al gen. Pariani. Il suo successore quale•sottosegretario per la G ueJTa, gen. Soddu , a suo tempo aveva manifestata piena e convinta adesione al nuovo modulo divisionale, ma una volta in carica non poté non condividere la sempre più viva disapprovazione per la riduzione della fanteria. Per non smentirsi troppo apertamente, nel marzo I 940 cercò la soluzione nel compromesso di inserire neJJ 'organico della binaria una legione di camicie nere, su due piccoli battaglioni ed una compagnia mitraglieri, quale elemento di manovra «assai snello» anche se modesto. Inutile dire che sotto nessun profilo la legione potev_a essere in qualche modo assimilata ad una unità di fanteria, sia per lo scarso apporto di forze (l.300 uomi ni circa), sia per l'addestramento molto somm ario, sia infine per l'insufficiente preparazione dei quadri superiori (comandanti di battaglione e di legione), i cui gradi nella M.V.S.N. quasi mai corrispondevano a quelli raggiunti come ufficiali di complemento nell 'Esercito. Per cli più le legioni, il reclutamento delle quali era su base volontaria, raramente risultavano a pieno organico e, dulcis in.fun.do, solo poche divisioni le ricevettero. Nel dopoguerra si sono levate voci non tanto a difendere la «binaria», quanto a minimizzarne gli effetti negativi. Un giudizio in proposito fu espresso in questi termini: «(...) suppongo che la divisione binaria abbia ben poca responsabilità degli insuccessi da noi purtroppo realizzati nell'ultima guerra. Crederlo equivale ad immaginare che ne sarebbe mutato l'esito se, in luogo di 75 divisioni binarie, ne avessimo avuto cinquanta ternarie» 87 . 87 Articolo di S imp lex «Difendo la binaria» in «Rivista Militare» luglio l 949. L'autore, fra l'altro, citò l'ottimo impiego della binaria tedesca in Russia ed in 1.talia, ma il riferimento non regge: già ne l 1942 l'estrema penuria di uomini costrinse i tedeschi a ripieghi organici di vario genere, pur se l'organico cli guerra della divisione di fan1eria rimase su base ternaria.


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f>OLLTIC/1 E STR/\TE(;JA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

Ovviamente è una battuta e non un ragionamento, in quanto far dipendere le sorti della guerra della binaria sarebbe chiaramente un'assurdità. Tuttavia, per quanto un errore di carattere organico nelle unità a struttura fissa - ognuna costruita per un determinato impiego, per un determinato compito , in un determinato ambiente e per un caso medio di impiego - possa avere riflessi in campo tattico e non strategico, la riforma Pariani 88 ebbe effetti del tutto imprevisti. A prescindere dalla ridotta consistenza della divisione - pedina fondamentale della struttura di un esercito - e dal fatto che alla indubbia maggiore snellezza ciel modulo binario rispetto a quello ternario non aveva affatto corrisposto una maggiore mobilità tattica, l' Esercito italiano si trovò impegnato nelle operazioni prima ancora che fosse completato il suo assetto ordinativo. Peggio ancora, il discutib.ile concetto di togliere alla divisione la possibilità cli manovra per trasferire questa al livello superiore avrebbe dovuto sollevare il problema ciel corpo d 'armata e dell'armata. Invece nessun approfondito studio venne effettuato sulle implicazioni del nuovo modulo divisionale sulle grandi unità a cos_tituzione variabile. Per l'anzidetta esigenza di manovra il corpo d'armata avrebbe dovuto disporre cli almeno tre divisioni binarie e normalmente quattro, mentre in generale continuò ad essere formato da 2-3 divisioni come quando esse erano ternarie. Considerazioni analoghe valevano anche per le armate, assai più dell'aumento ciel loro numero in meccanica proporzione alla moltiplicazione delle clivisioni 89 . Nel corso dell'esame degli eventi su i vari teatri cl'operazioni avremo modo di ritornare sulla binaria90 . Basti per ora osservare che certo non a caso l'organico di guerra delle divisioni di fanteria delle Grandi Potenze era sui 17 mila uomini (la divisione sovietica arrivava ai 19 mila). Due osservatori, estranei all 'Esercito, furono espliciti nei giudizi. Il gen. Pricolo scrisse: «Pur trattandosi di argomento al di fuori della mia competenza, modestamente credo di poter aggiungere, dopo quello che potei osservare in Albania, che la famosa trasforma88 Modifiche strutturali erano state apportate anche al reggimento, al battaglione e perfino alle minori unità, con non lievi ripercussioni sotto gli aspetti dottrinale, addestrativo e tecnico. 89 M. MONTANAR I, L'Esercito italiano, cit., pp. I 1-24. Cfr. FlUPPO STt FANO , Storia della dottrina e degli ordinamenti dell'esercito italiano , USSME, Roma 1984, Il, tomo I, pp. 312-315 . 90 M . MONTANARI , L'Esercito italiano nella campagna di Grecia, USSME, Roma 1999, pp. 779-788.


LA PREPARAZIONE M!L.fTARE

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zione dalla ternaria alla binaria sconvolse addirittura e compromise l'efficienza dell'esercito ( ... )»9 1 . E l'amm. Bernotti non fu da meno: «Questa riforma determinò una profonda crisi organica ed aggravò la confusione delle idee nei riguardi delle condizioni di relatività rispetto agli altri eserciti» 92 . L' l l maggio il maresciallo Balbo denunciò un'organizzazione difensiva e bellica complessiva della Libia ancora inadeguata rispetto ai prevedibili impegn i operativi. Due giorni dpo il gen . Soddu, sentendo criticata la propria azione di sottosegretario, protestò con Mussolini: accusò Balbo di formulare richieste senza tener conto della situazione generale e pensando unicamente a quella della Libia - discorso molto strano perché era naturale che Balbo potesse e dovesse valutare solo il teatro d'operazioni di cui era responsabile - e sottolineò come «queste spinte improvvise» potessero «interferire dannosamente con la situaz.i one generale ciel!' efficienza bellica del Paese» . Perciò occorreva che le richieste cli Balbo venissero esaminate «da Voi, Duce, nel grande quadro generale». Dopo cli che dovette concludere ammettendo che le possibilità di garantire in Africa settentrionale un ciclo operativo si limitavano ad un paio di mesi o poco più, con la seria incognita dell'alimentazione successiva dello sforzo operativo: e cioè dando ragione a Balbo! 93 . A ruota della 'lettera di Balbo intervenne Favagrossa con due promemoria. L'uno, del 13 maggio, circa la critica situazione dell'Italia in caso di conflitto a fianco della Germania, visto che Gibilterra e Suez avrebbero chiuso i battenti alle nostre importazioni 94; l'altro, del 31 maggio, sulla crescente difficoltà di importare materie prime a causa della sospensione della vendita di oro95 . Infine il 25 maggio Graziani, vedendo Mussol in i sempre più lanciato verso l'intervento , risolse di riprendere la questione dell'efficienza dell'Esercito con un promemoria personale:

9 ! F. PRICOLO, La Regia Aeronautica 1939-1941, cit., p. 163. 92 ROMEO B ERNOTIT, Storia della guerra nel Mediterraneo (1940-43),

Bianco, Ro-

ma I960, p. 21. 93 Soddu a Mussolini in data 13.5.1940, M. MONTANARI, Le operazioni in Africa Settentrionale, l , Sidi e/-Barrani, USSME, Roma I 990, ali. 19. 94 C. FAV,\GROSSA, Perché perdemmo la guerra, c it., pp. 263-266. 95 Ibidem, pp. 129-130.


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POLITICA E STR,\TEGI."- IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

<<Duce! Sino a poco tempo fa il nostro intervento appariva prevedibile per la primavera del 1941. In tale situazione, malgrado la nota deficienza di materie prime, le vendite di armi, munizioni e materiali bellici vari all'Estero, e l'assenza di provvedimenti eccezionali che limitassero i consumi interni a profitto dell'Esercito, si poteva contare di avere quest'ultimo a momento opportuno - sia nella madrepatria, sia oltremare - in discrete condizioni di approntamento, tranne in fatto di artiglieria e scorte. Ora i termini dell'intervento appaiono considerevolmente avvicinati , mcntJe gli approntamenti di materiali hanno mantenuto il ritmo ineluttabilmente lento di prima, non si è proceduto all'acquisto di anni in Germania, e - per riscontro - si sono dovuti staccare in blocco dalla madrepatria a profitto delle terre d 'oltremare armi e munizioni, che si era preventivato di assegnare a dette forze a poco a poco, proporzionalmente al gettito complessivo delle fabbricazioni. Stando così le cose, reputo doveroso di prospettarVi il quadro esatto della situazione afluale dell'Esercito e le deduzioni che occorre trarne».

Il documento passava poi ad esaminare le grandi unità mobilitabili e quelle disponibili per la difesa della penisola, la messa a punto delle unità speciali rispetto al problema della motorizzazione, il livello delle dotazioni dei p1incipal i servizi. In sintesi - a patte l'Impero, che verrà sempre considerato «autonomo», cioè in pratica abbandonato a se stesso -, l'Esercito poteva mobilitare 73 divisioni di vario tipo, un terzo delle quali dislocate oltremare (2 in Sardegna, 2 in Sicilia, 5 in Albania, 14 in Libia ed 1 in Egeo) con intuibili problemi d'ordine logistico ed operativo. Orbene, tutte queste forze risentivano d.i pesanti carenze organiche e tecniche. Sul piano organico la divisione cli fanteria «binaria», pur con l'inserimento della legione camicie nere voluta nel marzo 1940 da Soddu, non era assolutamente in grado di reggere un confronto qualsiasj con la divisione ternada adottata ovunque. Sul piano tecnico , le due divisioni corazzate erano <<tali solo di nome» perché costituite quasi esclusivamente con i miseri carri leggeri; le a1tiglierie pesanti campali e pesanti erano scarse di numero ed in genere tutte superate per calibro e gittata, e quelle contraerei pressoché inesistenti. Quanto all'inquadramento, la deficienza numerica di ufficiali e sottufficiali cli carriera - rimasti più o meno quanti erano nel 1914, nonostante l'ingrandimento dell 'Esercito non poteva che nuocere gravemente. Ed ,ùtrettanto dkasi per gli ufficiali di complemento, la cui affrettata preparazione era peggiorata dai troppo brevi periodi di richiamo . Per la truppa basti ricordare la candida ammissione di Pariani , che per ottenere fondi per i materiali dovette limita-


LA PR IZl'ARAZIONE Mll.l'l'A RE - - ~

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re la fe1ma, talché il periodo reale di addestramento cli reparto si ridusse a quattro mesi o poco più. TI previsto livello di messa a punto alla data del 10 giugno lasciava molto a desiderare. La forza effettiva oscillava fra il 100% ed il 60% dell 'organico di guerra; i mezzi d i trasporto fra il 100% (l'armata del Po) ed il 50%. AI riguardo occorre però tener presente che per completare la mobiiitazione bisognava requisire 20.500 autocarri , mentre il Paese era in grado di fornirne appena 12.600 circa (esclus i 3.900 esonerati) , supponendoli tutti disponibili ed efficienti. In altri termini, non restava che requ.isire anche gran parte degli automezzi esanerati, senza peraltro farsi molte illusioni sul reale gettito 96 . Le serie di vestiario-equipaggiamento esistenti erano 1.600.000, di cui 950.000 in distribuzione alla forza alle armi e 400.000 ipotecate per il personale in corso d i richiamo. Restavano circa 250.000 serie, ali 'atto pratico non tutte immediatan1ente utilizzabili. Per una mobilitazione generale mancava un milione di serie e per quanto entro il settembre di quello stesso anno fosse prevista una ulteriore disponibilità cli 620.000 serie, i due terzi di esse sarebbero stati prevedibilmente assorbiti dai reintegri elci consumi. La situazione del muni zionamento per fanteria si aggirava sul 50% del fabbisogno per le armi di reparto, salvo per i mo1tai da 81 (meno del 20%) e per i pezzi da 47/32 (meno del 10%). La disponibilità di muni.zioni per le artiglierie campali variava dal 50% all'80 % del fabbisogno. Infine, per i carburanti si prevedeva un'autonomia di circa 6-8 mesi contro una necessità di un anno97 . Mussolini non fece piega. Il 30 maggio scrisse a Hitler: «( ...) Durante ques1i nove mesi lo sforzo compiuto nella preparazione mili1are è stato considerevole . Oggi sono in stato di buona efficienza circa 70 divisioni delle quali dodici stanz iate o ltre mare (Libia : 200.000 uomini; Albania: 100.000). L'Africa Orientale Italiana dispone di 320.000 uomini tra italiani ed indigeni che non rientrano in questo conto. Come Vi ho già deuo, la Marina e l' Aviazione sono già sul piede di guerra. Il comando di tutte le forze armale sarà assunto da me. Avendone i mezzi potre i formare altre 70 divisioni perché non sono gl i uomini che mancano ( ...)» 98 .

96 Viste tali previsioni lo Stato Maggiore decise d i approntare le unità automobili-

stiche al 70% e le unità d'im piego al 50% degli organici. Ma neppure questi livelli vennero raggiunti ! 97 M. Mo:-,1TAl':AR1, L'esercito italiano, cit., pp. 321-326 e 511-516. 98 Mussolini a Hitler in data 30 .5. 1940, ODI, 9" serie, rv, doc. 646.


126

POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

I primi di giugno Mussolini ricevette dal Comando del Corpo di Stato Maggiore la situazione mensile riferita al 1° del mese. Era sostanzialmente invariata rispetto a quella cli maggio: le divisioni complete erano diventate 22, quelle efficienti 30 e le incomplete 19. Mandò a chiamare l 'estensore del promemoria, gen . Francesco Rossi: «Fui introdotto nel suo ufficio - ricordò l'interessato - ed erano presenti il maresciallo Graziani ed il generale Soddu, Sottosegretario di Stato alla guerra. Mussolini non mi fece illustrare niente, e mi disse quasi testualmente: "Ho letto il vostro esauriente promemoria relativo al le condizioni dell ' Esercito. Se io dovessi aspettare di avere l'Esercito pronto, dovrei entrare in guerra fra allni, mentre devo entrare su bito. Faremo quello che potremo"»99.

TI 1Ogiugno i) R. Esercito contava alle armi 1.634 .950 u .100 : - nel territorio nazionale ........................................... 1.076.940 u. - in Albania............... ................................................ 70.290 u. - in Egeo................................................................... 24.140 u. - in Africa settentrionale........................................... 207 .630 u. - in Africa orientale.................................................. 256.950 u. Osservando il quadro di battaglia, e tenendo presenti gli organici divisionali 101 , affiorano fondati motivi di critica. La 3a armata (su un solo corpo d'armata), la 7a armata (su due corpi di due divisioni ciascuno) e la 8a armata (su due corpi, l'uno di due e l'altro di tre divisioni), tutte senza riserve proprie e prive cli significato strategico, erano armate solo di nome. I corpi d'armata III, IV, VII, Vlll, XI, XII, XIII, XIV, XXI, XXTII e XXIII - più della metà dei corpi formati con divisioni di fanteria - disponevano appena di due binarie , quindi non erano assolutamente in grado di condurre materialmente uno sforzo offensivo profondo, lasciando all'armata l'inseguimento e lo sfruttamento del successo. Pressoché incomprensibile, poi, appare la costituzione del XXII corpo (una delle cui divisioni era di camicie nere) e del XXlll (addirittu99

FRANCESCO Rossr, Mussolini e lo S1a10 Maggiore, Tip. Reg., Roma 1951 , pp. 14-15. Le serie di vestiario necessarie per tutti i richiamati furono reperite con penosa

100

fatica. 10 1 La divisione di fanteria normale contava complessivamente 13 mila uomini, la divisione autotrasportabile e quella «tipo A.S.» circa 11 mila (riduzione dovuta unicamente alla difficoltà di reperire mezzi di trasporto) , la divisione camic.ie nere circa 8 mila e la divisione libica ci.rea 7 mila. Nel 1940 la divisione britannica era sui 14 mila uomini, ma nel 1942, ad el-Alamein, arrivava a 17 .300 mentre quella italiana contava appena 7 mila uomini !


127

ORDINE DI BAITAGLIA DEL REGIO ESERCITO alla data del 1Ogiugno 1940 a. Gruppo d'armate ovest (Umberto di Savoia): la armata (gen. Pietro Pintor) su: lI corpo d 'armata (gen . Francesco Bertini) su: D.f. ForlĂŹ (gen . Giulio Perugi) D.f. Acqui (gen. Francesco Sa11oris) D .f. Liverno (gen. Benvenuto Gioda) D. alp . Cuneense (gen. Alberto Ferrero) m corpo d'armata (gen. Mario Arisio) su: D .f. Ravenna (gen. Edoardo Nebbia) D .f. Cuneo (gen. Carlo Melotti) XV corpo d' annata (gen. Gastone Gambara) su: D.f. Modena (gen. Alessandro Gloria) D .f. Cremona (gen . Umberto Mondino) riserva d'armata: D.f. Pistoia (gen. Mario Priore) D.f. Lupi di Toscana (gen. Ottavio Bollea) D .f. Cacciatori delle Alpi (gen . Dante Lorenzelli) D.aJp. Pusteria (gen. Amedeo De Cia)

4" armata (gen. Alfredo Guzzoni) su: corpo d'annata alpino (gen. Luigi Negri) su: D.alp. Tridentina (gen . Ugo Santovito) D.alp. Taurinen.se (gen. Paolo Micheletti) I corpo d'annata (gen. Carlo Vecchiarelli) su: D.f. Cagliari (gen. Antonio Scuero) D.f. Superga (gen . Curio Barbasetti cli Prun) D.f. Pinerolo (gen . Giuseppe De Stefanis) IV corpo d'annata (gen. Camillo Mercalli) su: D.f. Sforzesca (gen. Alfonso Ollearo) D.f. Assietta (gen. Emanuele Girlando) riserva d'armata: D.f. Brennero (gcn. Arnaldo Forgiero) D.f. legnano (gen . Edoardo Scala) b. Gruppo d'armate Est (gen. Camillo Grossi):

2a armata (gen. Vittorio Ambrosio) su:


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-

-----~ PO =L=IT=IC=A=E = ST=RA =TEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE IT..¾,IA)f!ò

V corpo d'armata (gen. Riccardo Balocco) su: D.f. Sassari (gen. Giacomo Castagna) D.f. Lombardia (gen. Giovanni Esposito) D .f. Bergamo (gen. Pietro Belletti) XI corpo d'annata (gen. Matteo Roux) su: D .f. Re (gen. Benedetto Fiorenzoli) D.f. Isonzo (gen. Federico Romero)

6a armata (armata del Po) (gen . Mario Vercellino) su: corpo d'annata celere (gen . Giovanni Messe) su: l" D.cel. Eugenio di Savoia (gen. Federico Ferrari Orsi) 2" D .cel. Emanuele Filiberto (gen. Gavino Pizzolato) 3a D.cel. Pr. Amedeo d'Aosta (gen. Mario Marazzani) corpo d'armata corazzato (gen. Fidenzio Dall'Ora) su: D.mot. Trieste (gen. Vito Ferroni) D .mot. Trento (gen. Luigi Nuvoloni) D.cor. Ariete (gen. Ettore Baldassarre) D.cor. Littorio (gen. Gervasio Bitossi) corpo d'armata autotrasportabile (gen. Francesco Zingales) su: D.at. Pasubio (gen. Vittorio Giovannelli) D.at. Piave (gen . Ercole Roncaglia) D.at. Torino (gen . Luigi Manzi) 8" armata (Adalberto di Savoia, duca cli Bergamo) su: XIV corpo d'armata (gen. Giovanni Vecchi) su: D.f. Marche (gen. Riccardo Pentima11i) D.f. Puglie (gen. Mario Marghinotti) VI corpo d'armata (gen . Ezio Rosi) su: D.f. Messina (gen . Francesco Zani) D.f. Parma (gen. Attilio Grattarola) D.f. Casale (gen. Enea Navarini) c. Gruppo d'armata Sud (maresciallo Emilio De Bono): XIl corpo d'armata (gen. Angelo Rossi) su: D.f. Aosta (gen. Federico D' Arle) D .f. Napoli (gen. Renato Coturri) Xlll corpo d'armata (gen. Augusto De Pign ier) su: D .f. Sabauda (gen. Ubaldo Scanagatta) D.f. Calabria (gen. Carlo Petra di Caccuri)


1-A l'RE.PARAZIONE M IL , I ~

XXVI corpo d'armata e Comando Superiore Albania (gen . Sebastiano Visconti Prasca) su: D.f. Venezia (gcn. Silvio Bonini) D.f. Ferrara (gen. Licurgo Zannini) D.f. Arezzo (gen. Michele Molinari) D.alp. Julia (gen. Fedele De Giorgis) D .cor. Centauro (gen. Giovanni Magli)

3a armata (gen . Carlo Geloso) su: IX corpo d'armata (gen. Camillo Rossi) su: , D.f. Bari (gen. Ernesto Zaccone) D .f. Taro (gen. Gino Pedrazzoli) D.f. Piemonte (gen. Giovanni Cerio) d. Riserva generale:

7a armata (Filiberto cli Savoia duca di Pistoia) su: VII corpo d'armata (gen. Aldo Aymonino) su: D.f. Firenze (gen. Paride Negri) D .f. Friuli (gen. Vittorio Sogno) VITI corpo d'armata (gen . Remo Gambelli) su: D.f. Siena (gen. Gualtiero Gabuttj) D.f. Granatieri di Sardegna (geo. Taddeo Orlando) e. Forze Armate Isole Italiane dell'Egeo (geo. Cesare Maria De Vecchi): D.f. Regina (gen. Alessandro Piazzoni)

f. Comando Superiore Forze Armate A.S. (maresciallo Jralo Balbo): 5" armata (gen. Italo Gariboldi) su: X corpo d'annata (gen. Alberto Barbieri) su: D.f. Bologna (geo. Roberto Lerici) D.f. Savona (gen. Pietro Maggiani) D.f. Sabratha (gen. Guido DelJa Bona) XX corpo d'annata (gen. Ferdinando Cona) su: D.f. Pavia (gen. Pietro Zagl io) D.f. Brescia (gen. Giuseppe Cremascoli) D.f. Sirte (gen. Vincenzo Della Mura) XXIII corpo d'armata (gen. Annibale Bergonzoli) su: 1a D.cc.nn. 23 marzo (gen. Francesco Antonelli) 2a D.cc.nn. 28 ottobre (gen. Francesco Argentino)

-


130

E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE l'IALIANE - - - - - - - - -POUTIC.-\ -

riserva d'armata: 2a O.libica (gen. Armando Pescatori) 10a armata (gen. Mario Berti) su: XXI corpo d'annata (gen. Lorenzo Dalmazzo) su: D.f. Marmarica (gen. Ruggero Tracchia) D.f. Cirene (gen. Carlo Spatocco) XXII corpo d'armata (gen. Enrico Pitassi Mannella) su: D.f. Catanzaro (gen. Giuseppe Stefanelli) 4" D.cc.nn. 3 gennaio (gen. Fabio Merzari) riserva d'armata: l" D.libica (gen . Lugi Sibille) Scacchiere sahariano (gen. Sebastiano Gallina) g. Forze Armate dell' A.O.I. (Amedeo di Savoia, duca d'Aosta): D.f. Granatieri di Savoia (gen. Amedeo Liberati) D.f. Africa (gen. Giovanni Varda) Scacchiere nord (gen. Luigi Frusci) Scacchiere sud (gen. Pietro Gazzera) Scacchiere est (gen. Guglielmo Nasi) Settore Giuba (gen. Gustavo Pesenti) ra su due divisioni cli camicie nere), conoscendo il modesto organico delle divisioni della M.V.S.N. 102 . L'ultima notazione riguarda l'armata del Po (6"), per la quale non era ipotizzabile alcuna concreta poss ibilità d'impiego unitario. È evidente trattarsi di un semplice «contenitore» dei nuovi e «moderni» corpi d'armata speciali. Ben poco convincente, dati i tempi, la costituzione del corpo d'armata celere su reparti a cavallo e bersaglieri ciclisti; meno an102

Nella riunione dei capi di Stato Maggiore tenuta da Badoglio il 6 maggio 1940, Graziani aveva appunto riepilogato per la Libia: «In defin itiva un corpo d'armata Lii XXIII] rimarrebbe composto da due divisioni CC.NN. come adesso ed un altro corpo d'armata [il XXII] sarebbe composto da una divisione CC.NN. ed una divisione del R. Esercito ottenuta per trasformazione della quarta divisione CC.NN. con l'invio di due reggimenti dall'Italia». E Badoglio aveva concluso: «Credo che abbiamo esaminato la migliore soluzione. La sottoporrò al capo del Governo per potervi impartire gli ordini del caso» (USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., I, tomo II, p. 211). Questo quando I' 11 aprile Badoglio aveva segnalato a Mussolini «una viva preoccupazione in tutti [i capi di Stato Maggiore] per la situazione in Libia» (ibidem, p. 190). Che dire?


13 1

LA PREPARAZIONE MIIS lì \RE

cora quella del corpo d'armata autotrasportabile, che non possedeva nemmeno gli automezzi indispensabili per il completo autotraspotto di una sola delle sue divisioni; quanto al corpo d'armata corazzato, j) suo tallone d'Achille stava nei carri armati, modesti e superati, e nella inesistenza di automezzi idonei al movimento fuori strada. Ad ogni modo, proprio non trova giustificazione il mancato impiego di talune sue divisioni nello schieramento difensivo alla frontiera tunisina ed egiziana.

*

*

La R.' Aeronautica. Dopo quanto si è eletto in precedenza, riepiloghiamo come segue le deficienze pitt avvertite dei velivoli in dotazione all'Aeronautica, deficienze tutte dipendenti da errate concezioni: persistenza nella costruzione cli trimotori da bombardamento, con difficoltà varie, mentre altrove si era passati a.i bimotori ed ai quadrimotori; impi.ego di motori stellari per la caccia con forte svantaggio di velocità in confronto ai motor.i in linea usati altrove; estrema varietà di tipi cli apparecchi e di motori con evidenti complicazioni logisti.che e quindi operative; mancati studio e realizzazione di velivoli siluranti, di bombardieri a tuffo, d'assalto; interruzioni nella costruzione di paiti di ricambio a favore di un maggior numero di aerei; armamento limitato alle mitragliatrici da 7 ,7 e da 12,7, mentre altrove era già adottato il cannoncino da 20 mm; persistenza nella produzione di bombe di 500 km al mass:imo, inadatte contro navi da guerra, mentre all'estero si giungeva a bombe da 1500 e 2000 kg; insufficiente importanza data ai collegamenti radio (telegrafici ed in fonia) e radiogoniometrici; priva di ogni consistenza la difesa contraerei del territorio nazionale 103 . Quanto al personale, il radicarsi in breve tempo di un pregiudizio influì non positivamente sulla preparazione dei piloti. La caccia prese ben presto il sopravvento sul bombardamento perché generalmente considerata «più brillante», con il risultato che i p.iloti migliori cercavano in tutti i modi di farsi assegnare a questa specialità. Però, mentre in circa 150 ore di volo era possibile preparare un ottimo pilota di caccia, ne occorrevano ben 250 per fare un bombardiere. Non solo ma, se i piloti della caccia eccedevano nelle manovre acrobatiche privilegiando il «duello» aereo individuale, quelli da bombardamento presero ad emularli nella perfezione 103

G. SANTORO, L'Aeronaurica italiana nella seconda guerra 11w11diale, cit., T, pp. 20-24.


132

POLITICA E STR,\TEGIA IN CENTO ANN I DI GUERRE: ITALlJ\l%

delle formazioni, a scapito di un più completo addestramento al tiro , alla navigazione sul mare ed al volo nottumo 104 . Per quanto concerneva i piloti della riserva, il loro apporto fu piuttosto deludente, al punto che soltanto pochissimi poterono essere destinati ai repatti di volo. Lo scoppio del confl itto europeo nel settembre 1939 colse dunque la R. Aeronautica, più che in una situaz.ione di crisi, in una fase di rinnovo qualitativo del materiale cl i volo. Fase da sviluppare con calma, con organicità, in un ambiente di pace . Il gen. Pricolo si premurò di fare il punto delle circostanze a Mussolini, il quale non perse l'occasione per mostrare stupore cli fro nte alla non entusiasmante realtà . In sostanza, l'annata aerea (caccia e bombardieri) contava «con un certo ottim ismo» questi velivoli di tipo moderno: Caccia

Bombardamento

Mc. 200 .................................. 29 G . 50 ...................................... 19

S .79 ........................................385 BR . 20 .................................... 148 Cant.Z.1007 ........ ... ... .... ....... .. 32 Cant.Z.506 .. ... .... ... ........... ...... 82 Totale .....................................647

CR . 42 .................... .. ............. .143

Totale .....................................] 9 1.

Complessivamente, quindi , 838 apparecchi. «Ecco svelato - ha scritto Pricolo - il mistero di un'Aeronautica che dispone in tutto di 5.239 aeroplani, dei quali 2.479 bellici, e si riduce poi ad avere un'armata aerea di 838 apparecchi!>> 105 . Il 1O giugno l'entità dell'armata aerea era migliorata: Caccia Mc . 200 ..................................156 G.50 ...................................... 118 CR. 42 ................................... .300 Totale .................................... .574

Bombardamento S.79 ....................................... .594 BR. 20 ....................................2 19

Cant.Z.1007 ........................... 87 Cant.Z.506 .............. ............... 95 Totale .....................................995

Ai 1569 aerei complessivi andavano aggiunti altri 1700 aerei da ri104

Ibidem, pp. 26-27. Regia Aeronautica, cit., p. 131.

105 F. PRICOLO, La


LA l'RliPAR1\ZlONE MILITA RE

133

ORDINE DI BATTAGLIA DELL'ARMATA AEREA alla data del J Ogiugno 1940 l" squadra aerea (gen. Rino Corso Fougier) su: 4a divisione BT su tre stormi BT 2a divisione CT su tre stormi CT 6" divisione BT su tre stormi BT ed un gruppo CT

2a squadra aerea (gen. Gennaro Tedcschini Lalli) su: 1a divisione CT su uno stormo CT cd un gruppo aut. CT ~a divisione BT su tre storm i BT 11 a brigata BT su due stomli BT ed un gruppo BT 3" squadra aerea (gen. Aldo Pellegrini) su: s• divisione BT su tre stormi BT sa brigata CT su due stormi CT ed un gruppo da comb. 4u Zona Aerea Territoriale (gen. Eraldo Ilari) su: uno stormo BT ed uno BM, un gruppo BT ed uno CT

Aeronautica Sardegna (gen. Ottorino Vespignani) su: tre stormi BT, un gruppo CT ed un gruppo comb. Aeronautica Albania (gen. Fenuccio Ranza) su: uno stormo BT ed un gruppo CT Aeronautica Ubia (gen. Felice Po1TO) su: Settore ovest (gen . Raul da Barberino) su due storm i BT, uno stormo d'assalto, un gruppo CT, una squadriglia aviazione pres. col. ed una sahariana Settore est (gen. Fernando Silvestri) su: uno stormo BT, una squadriglia CT ed una CM Aeronautica A.O.I. (gen. Pietro Pinna) su: Settore nord (gen. Pietro Piacentini) su: quattro gruppi BT e due squadriglie BT Settore centro-est (gen. Renato Collalto) su: quattro gruppi BT e due squadriglie CT Settore sud (gen. Arnaldo Sabatina) su: un gruppo BT e due squadriglie BT


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POLITICA E STRATEGIA lN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

cognizione terrestre e marittima e di altri tipi, arrivando così ad un totale dì 3.296 aerei bellici, contro i 2.479 ciel 1° novembre 1939106 . Qualche annotazione. I tre caccia citati presentavano il grosso svantaggio di una velocità di 60-100 km/h inferiore ai similari britannici; i bombardieri erano nell'insieme inferiori per velocità, autonomia ed armamento a quasi tutti i modellì in servizio all'estero; i velivoli d'assalto e da combattimento (rispettivamente Ba.65 e Ba.88) denunciavano scarsissima consistenza, insufficiente qualità di volo per lo specifico compito e difficile pilotaggio; gli aerei per l'osservazione aerea (Ro.37) e laricognizione marittima (Cant.Z.501), in servizio da oltre cinque anni, avevano caratteristiche belliche molto mocleste 107 .

*

*

La R. Marina. L' amm. Weicholcl , ufficiale cli collegamento della Seekriegsleitung con lo Stato Maggiore della Marina, dopo il conflitto manifestò questo apprezzamento: «Prima della guerra la Marina italiana era giudicata favorevolmente, ma un' indagine sul valore tecnico e reale delle sue unità eia combattimento rivelava, nel confronto con altre grandi Marine, differenze sotto molti aspetti( ...), differenze tecniche e tattiche che si risolsero in una capacità di combattimento poco efficace delle navi. È evidente che esse ebbero origine dalla inesistenza di una lunga tradizione marittima e daUa mancanza cli esperienza cli combattimento con un avversario uguale nella prima guerra mondiale ( .. .)»!08 .

In effetti, la flotta con la quale l'Italia affrontò l' impegno bellico risentì ciel fatto che lo sviluppo della nostra Marina venne attuato con programmi annuali, tenendo presente, come punto dì riferimento, la Potenza più forte affacciata sul Mediterraneo, cioè la Francia. Questa, nella Conferenza di Londra del 1930, aveva rimesso in discussione il principio della parità navale con l'Italia, già accettato con il Trattato di Washi ngton del 1922. Subito dopo gli accordi di Washington , la Francia sì era dotata di uno statuto navale riguardante la flotta d'alto mare - ovviap. 202. G. SANTORO, L'Aeronawica italiana, cit., I, pp. 35-38 e 47-52. JOS EDERHARD W ErCHOLD, La Marina ilaliana in guerra. Opinioni di un ammiraglio tedesco, Roma 1951. LOG Ibidem,

107


LA.['REPARAZIONE .'vllLITARE

mente completato da leggi integrative concernenti tutti i settori interessanti - che, essendo espresso in tonnellaggio, possedeva una elasticità di applicazione utilissima nello stabilire di volta in volta le navi da costruire. Si trattava cli un complesso di 721 mila tonnellate così articolato: - navi da battaglia .................................................tonn. 175 mila - portaerei .............................................................tonn. 60 mila - incrociatori .........................................................tonn. 210 mila - cacciatorpediniere ..............................................tonn. 180 mila - sommergibili ...................................................... tonn. 96 mila La costruzione di tale flotta seguiva un programma a lunga scadenza (15-20 anni) , sulla base di un bilancio consolidato, cioè stabilizzato. Da parte italiana, invece, i programmi venivano compilati annualmente in re109 lazione alle assegnazioni di bilancio e tenendo d' occhi.o la Francia . Cosicché si ebbero due diverse successive impostazioni concettuali. Fra il 1924 ed il 1933 l'indirizzo conferito alle nuove costruzioni ebbe per scopo la difesa delle comunicazioni marittime e delle coste , quindi la priorità spettò al naviglio leggero e sottomarino. In questo decennio , dunque, nel quadro del rinnovo complessivo, entrarono in servizio o vennero impostate le seguenti navi: - 7 incrociatori pesanti: due della classe 1ì-ento ed il Bolzano da 10 mila tonn. , molto veloci (sino a 34-35 nodi), bene armati (otto cannoni da 203) , ma poco protetti; quattro della classe Zara, leggermente meno veloci (31-32 nodi,) , armati come i precedenti, ben protetti; - 12 incrociatori leggeri della classe Condottieri: sei della serie Di Giussano da circa 5 mila tonn. , molto veloci (36-37 nodi), buon armamento principale (otto cannoni eia 152) ma eccessivamente vulnerabili (24 mm cli corazza); quattro delle serie Montecuccoli e Duca d'Aosta eia 7 mila tonn. , con caratteristiche analoghe ma meglio protetti (60-70· mm); due della serie Garibaldi eia 8 mila tono., i migliori; - 28 cacciatorpediniere di varie classi, dalle 1.000 alle 1.500 tonn., ma che all'atto pratico fornirono prestazioni pressoché uguali, toccando una velociat cli 32-33 nodi con un'autonomia (alla velocità strategica da circa 20 nodi) variante dalle 800 alle 1.500 miglia; - 12 esploratori della classe Tarigo da 1.654 tonn., che furono imp.iegati come cacciatorpediniere, essenso sostituiti nel! 'esplorazione dagli aerei; 109 GrUSEPPE F'10R.-WANZO,

Roma 1972,1, pp. 14-17 .

L'organizzazione della MarinfJ durante il conflitto, USSMM,


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_ _ _ _ _ ___.POLITICA E STRATJ::CIA IN CENTO MKI DI GUERR§_!TA LIANE

- le prime torpediniere da 650 tonn ., stud iate per impiego in missioni indipendenti; - l'inizio della flotta subacquea. Per i sommergibili si partì praticamente da zero e solo dopo una prima fase di creazione cli prototipi (1923- 1926) ed una seconda di riproduzione mi gliorata dei predetti prototipi (1927-1930) si passò al potenziamento della specialità mettendo sullo scalo 22 sommergibili siluranti cli piccola, media e grande crociera (1931-1934)llO_ Nel 1933 con l'amm. Cavagnari, sottosegretario e capo di Stato Maggiore della Marina, venne preferita una nuova concezione, quella dell'offensiva, vale a dire la conquista del dominio del mare mediante una battaglia navale risolutiva, seguita dallo sfruttamento cli tale acquisito dominio in relazione all'andamento delle operazioni l ll . Della impostazione precedente Cavagnari conservò la guerra dei sommergibili, impiegati a gruppi. In sostanza, l'orientamento operativo in questione portò allo sviluppo delle corazzate. Fu dunque approvato un programma comprendente la radicale ricostruzione delle vecchie corazzate esistenti (Cavour~ Cesare, Doria e Duilio) dotate di buona velocità (27-28 nodi), armate con dieci cannoni da 120/44, difese da una corazza di 350 mm, nonché la costruzione di quattro nuove corazzate della classe Vittorio Veneto, velocità 30 nodi, armamento di nove cannoni da 381/50 e corazza di 350 mm. Inoltre si provvide all'incremento dei sommergibili. Poiché i fondi disponibili risultarono assorbiti da questo programma, fu giocoforza rinunciare al pur previsto ringiovanimento del naviglio leggero: 2 incrociatori della classe Ciano, 12 velocissimi supercaccia della classe Capitani romani e 13 cacc.iatorpediniere della seconda serie della classe Soldati. «La strategia Cavagnari - ha concluso appropriatamente Giorgio Giorgerini - bloccò intorno al binomio corazzata-sommergibile ogni altra possibilità di sviluppo della Marina. Il pensiero di Cavagnari puntò sul mito della ricerca della grande battaglia navale e non tenne conto di una realtà evidente, che negli studi era stata pur messa di frequente in 110 111

Ibidem, pp. 67-82. Sull'argomento cfr. OSCAR

DI GIAMBERARDTNO,

L'arte della guerra in mare,

Roma 1937; VITTORIO MOCCAGATI'A, Il polere marittùno e la guerra di rapido corso, in «Ri vista Marittima», I/I 939; G. F10IvWANZO , La guerra sul mare e la guerra integrale,

Schioppo, Torino 1932.


LA PREPARAZIO>lé M ILITARE

137

evidenza: cioè che la guerra in Mediterraneo sarebbe stata principalmente una guerra combattuta intorno al traffico italiano tra la madrepatria e le province libiche ( ...) 112 • E non soltanto venne trascurato, perciò, il naviglio per la difesa del traffico, ma fu purtroppo misconosciuto anche l'aspetto aereo della guerra navale. Secondo l'amm. Jacbino, la carenza di una «mentalità aerea» derivò dalla «mancanza di nav:i portaerei , di una vera aviazione navale e quindi di un affiatamento intimo e continuo fra marinai e aviatori». E la sottovalutazione del fattore aereo ebbe come conseguenza l'insufficiente sviluppo dell'armamento contraerei delle navi, la non considerata necessità di un «ombrello» difensivo cli cacciatori e•l'incomprensione delle difficoltà di orientamento e di azione che i piloti incontravano in mare aperto 113 • L'adozione della portaerei costituì problema sostenuto ed avversato anche in ambito Marina.L'Aeronautica era in generale arroccata al pensiero del Douhet, che - rivedendo proprie precedenti posizioni - nel novembre 1929, in un articolo polemico dal titolo «Riepilogando» apparso sulla «Rivista Aeronautica», ribadì la <<necessità di raccogliere tutte le risorse aeree in un' unica Armata Aerea, destinata a combattere la lotta avente per finalità la conquista del dominio dell'aria, rinunciando alle aviazioni ausiliarie ed alle forze aeree di difesa, le quali, provocando una vasta dispersione di forze , vennero da me dichiarate superflue, inutili e dannose ( ... ). Lanciai così la nuova dottrina di guerra fondata sul principio <<Resistere sulla supetficie per far massa nell'aria» 114 . In verità, circa le aviazioni ausiliarie Douhet si espresse in modo piuttosto contorto, comunque riconobbe l'utilità dell'impiego del mezzo aereo a favore delle altre due Forze Armate - naturalmente dopo la conquista del cielo -, specificando peraltro che l' Aeronautica sarebbe diventata loro <<fornitrice ciel personale e del materiale aviatorio, a seconda-· delle rispettive esigenze e contro il rimborso dei costi di produzione, liberandosi così da attribuzioni non di sua competenza ed evitando responsabilità non proprie» 115 .

112 G . G 10RGERINI, La preparazione e la mobilitazione della Marina italiana nel giugno 1940 in «L'Italia in gue1Ta, 1940», Commissione italiana di Storia Militare, Roma 199 I , p. 257-262. 11 3 A. JACHINO, Tramonto di una grande Marina, cit., pp. 95-97. 114 Cit. in G. GIORGERINl, La guerra iraliana sul m.are, Oscar Mon<ladori , Milano 2002, p. 132. 115 Ibidem, pp. 132-133.


~13::,c8c__ _ _ _ _ _ _ _ _ _ ___.POUTICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI (; lJER RE ITALIANE

In seno ali' Aeronautica esisteva la convinzione unanime che, date le ristrettezze del bacino del Mediten-aneo, una opportuna e ben collegata rete di basi a terra fosse in grado cli assolvere molto più efficacemente e con minori costi la funzione delle portaerei, tanto pjù che - ove preferita la costruzione di una nave ciel genere alla rete di basi terrestri - la prevedibile messa fuori combattimento, prima o poi, della sola o delle due sole portaerei costruibili avrebbe privato del tutto la Marina dell'appoggio aereo. Da parte della Marina, ragioni finanziarie, unitamente ad un certo scetticismo sulla reale utilità della portaerei per l'Italia ed a qualche dubbio sull'azione degli aerei imbarcati, indussero nel 1925 il Comitato degli Ammiragli ad esprimere a Mussolini il concorde parere contrariuo alla portaerei. Qualche anno più tardi, nel 1933, mentre il dibattito assumeva toni veementi, l'amm. Cavagnari scartò l'idea cli attuare il progetto di portaerei completato l'anno precedente, ma rimase incerto sulla proposta di trasfo1mazione delle corazzate Daria e Duilio in portaerei. Il Comitato degli Ammiragli, convocato nel marzo 1934, deliberò in senso decisamente negativo per ragioni di b.ilancio. L'argomento tornò sul tappeto in occasione della guerra d'Etiopia, ma nel dicembre 1937 il presi dente ciel Comitato per i progetti delle navi comunicò a Cavagnari che, tenuto conto dei programmi e degli stanziamenti di fondi, non sarebbe stato possibile impostare una portaerei prima del 1940-41. E con ciò si chiuse il discorso. Infine il 15 marzo 1938, Cavagnari dichiarò alla Camera che: «La }.farina italiana persiste( ...) nella decisione di non costruire navi portaerei con ponte di volo. Osservatori stranieri, lontani e vicini, hanno segnalato e criticato questa che è apparsa una deficienza della nostra flotta. Anche nell'ambito dei tecnici nazionali molto si è discusso in passato e, per lo meno, i tecnici navali erano concordi per invocare una soluzione positiva del problema. Ora io debbo dichiarare che una volta di più M ussolini, cui spettava di decidere il divario fra le opposte opinioni, ha avuto ragione( ...)».

Ed elencò i motivi del rifiuto: i rapidi progressi tecnici degli aerei che sempre più complicavano il problema ciel ponte cli volo , i costi e la vulnerabilità della nave portaerei 116 . Giova, ad ogni modo , sottolineare che alle soglie della guerra la rinuncia alla portaere.i poteva apparire effettivamente come non molto grave, soprattutto tenendo conto che il no116

F. PRJCOLO, La Regia Aeronautica 1939- /941, cit., pp. 235-236. Sull'argomento italiana sul mare, cit., pp. 142- 153 .

cfr. G. G IORGERJNr, La guerra


139

LA PREPARAZIONE MILITARE

stro punto di riferimento, la Francia, aveva trasformato in p01taerei la sola corazzata Béarn, la cui velocità, per giunta, non le consentiva di seguire le forze d'alto mare 117 • Complessivamente la flotta italiana contava: - 6 corazzate, di cui due (Cavour e Cesare) già pronte, e due (Daria e Duilio) prossime a rientrare in servizio dopo i lavori di ristrutturazione, tutte da 23.600 tonn. e con dieci cannoni da 320, e due (Littorio e Vittorio Veneto) da 35 tn ila tonn. e con nove cannoni da 38 J, prossime ad entrare in squadra , dopo la serie dei collaudi; - J 9 incrociatori tutti pronti: 7 pesanti e 12 leggeri. Gli incrociatori pesanti erano rappresentati dai due Trento , dai quattro Zara e dal Bolzano, leggern1ente inferiore. Gli incrociatori leggeri comprendevano i due . Duca degli Abruzzi (circa 8 mila tonn.) , i dieci della classe Condottieri su più serie (dalle 5 mila alle 7 mila tonn.); - 53 cacciatorpediniere (dalle 1.000 alle l.700 tonn.), dei quali, però, soltanto i quattro Maestrale (1.500 tonn .) , i quattro Poeti (1.700 tonn.) e i dodici Soldati (1.600 tonn .) si consideravano adatti ad operare con la squadra da battaglia; - una sessantina di torpediniere di varia età; - 115 sommergibili , di cui 86 in condizioni operative 118 . *

*

Per concludere , all'atto della dichiarazione di guerra, l'Esercito non aveva superato la crisi di ristrutturazione organica, doveva ancora provvedere al rinnovo delle artiglierie e disponeva di mezzi coraz-zati allo stadio elementare, perciò la sua preparazione doveva considerarsi al 40%, come Badoglio precisò a Mussolini 119 ; l'Aeronautica stava affron=tando una fase di rinnovamento qualitativo del materiale di volo, tuttavia si considerava genericamente efficiente, sì da poter «sfruttare la sorpresa del primo momento e da far sentire il peso della sua azione sull' inizio e sul successivo sviluppo delle operazioni belliche» 120 ; la Marina

1l ? R. BERNOnl , Storia della guerra nel 1\tlediterraneo, cit. , p. 8. 118 G. GIORGF.RINI, La guerra italiana sul mare, c i t. , pp. 95-1 02. 119 Badogl io a Mussolini in data 4.4.1940, USSME, Diario storico del Comando Suprem.o,I, tomoILpp.174-175. 120 G. S1\NTORO, L'Aeronaulica italiana nella seconda guerra mondiale, cit., p. 94.


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- -- - - - ~ PO =L=IT=JC=A=E = ST=RA =TEGIA I N CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

ORDINE DI BATTAGLIA DELLA FLOTTA alla data del 10 giugno 1940 I squadra navale (amm. Inigo Campioni) su: 5" divisione navi da battaglia (amm. Bruto Brivonesi) 9" divisione navi da battaglia (amm. Carlo Bergamini) la divisione incrociatori pesanti (amm . Pellegrino Matteucci) 2a divisione incrociatori leggeri (amm . Ferdinando Casardi) ga divisione incrociatori leggeri (amm. Antonio Legnani) navi ausiliarie II squadra navale (amm. Riccardo Paladini) su: incrociatore pesante Pola 3" divisione incrociatori pesanti (amm. Carlo Cattaneo) 4a divisione incrociatori leggeri (amm. Alberto Marenco) 7a divisione incrociatori leggeri (anun. Luigi Sansonetti) gruppo Di G iussano (amm . Alberto Da Zara) navi ausiliarie Squadra sommergibili (amm . Mario Falangola) su: 1° gruppo a La Spezia 2° gruppo a Napoli 3° gruppo a Messina 4° gruppo a Taranto 7° gruppo a Cagliari Forza dipartimentale Alto Tineno (amm. Aimone di Savoja) Forza dipartimentale Basso Tineno (amm. W ladimiro Pini) Forza dipartimentale Jonio e Basso Adriatico (amm. Antonio Pasetti) Forza dipartimentale Alto Adriatico (amm. Em. Filiberto cli Savoja) Comando Mil.itare Marittimo Albania (amm . Vittorio Tur) Comando Militare Marittimo Egeo (amm. Luigi Biancheri) Comando Superiore Marina Libia (amm. Bruno Brivonesi) Comando Superiore Marina A.O. (arnm. Balsamo) Naviglio ausiliario autonomo


LA PREPARAZIONlò MIL!'.fARE"--- - - -

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era pronta all'impiego ma, per dirla con l'arnm. Jachino, si trovò a «dover combattere una guerra di tipo moderno con un'organizzazione navale di vecchio tipo» 121 . Possiamo aggiungere al quadro complessivo: concezione embrionale di un Comando Supremo interforze (senza contare la sua costituzione all' ultimo momento); mancanza di un'idea precisa dell'apporto che l'aviazione era in grado di fornire alla guerra navale ed anche a quella terrestre; inesistenza dì norme concrete disciplinanti la cooperazione delle Forze Armate in campo tattico; deficienti collegamenti radio, in pratica ridotti alla sola telegrafia e per giunga con pesanti limitazioni tecniche. Non sembra esagerato dire che ogni Forza Armata entrò in guerra per proprio conto e con gravi problemi di fondò. Ma ... s.i ritorna al punto di partenza: stimandosi ormai vicina la conclusione del conflitto, l'unpiego delle Forze Armate era considerato quasi unicamente sotto il profilo della pressione politica.

121

A. J ACHJNO, 'framonto di una grande Marina, cit., p. 102.



Capitolo ID IL PROBLEMA STRATEGICO

1 . IL PIANO DI GUERRA

li 4 aprile 1940 Badoglio si recò a Palazzo Venezia per illustrare e consegnare a Mussolini un appunto relativo alla posizione militare italiana nella crisi internazionale in atto. Più precisamente, intendeva mettere a fuoco il pensiero del Duce partendo dalla lettera da questi inviata a Hitler l'anno precedente 1, con la q uale, reputata inevitabile la guen-a fra le nazioni «plutocratiche e qu indi egoisticamente conservatrici» e quelle «popolose e povere», ribadiva quanto già detto a Ribbentrop e cioè che l'Italia aveva bisogno di un periodo d i preparazione sino a tutto il I 942 e che, perciò, «solo dal 1943 in poi» lo sforzo beli ico poteva riscuotere le maggiori probabilità d i vittoria. Ciò nonostante - rilevava Badoglio - cd a dispetto degli sforz i <li conciliazione ital ian i, la Germania aveva dato il via ad una gueffa europea . Di fronte a tale si tuazione, l'Italia aveva deciso di assumere lo stato di non belligeranza, comunque l' iniziativa tedesca aveva subito accentuato le difficoltà di approvvigionamento delle indispensabili materie prime e , conseguente mente, la preparazione militare italiana, al momento pari al 40%, subiva un inevitabile notevole ritardo rispetto alle previsioni . ln siffatto quadro , l'atteggiamento di Mussolini, ripetuto in diversi colloqui , ven ne da Badoglio tradotto in questi termini: «L'alleata Germania, agendo non in conformità degli accordi presi con noi, c i ha messi in difficili condizioni. Voi, nonostante ciò, volete mantener fede ali 'alleanza , ma volete riservarVi, per intero, il diri tto di intervenire quando e come Vi sembrerà opportuno» . Stando così le cose, secondo Badoglio l' intervento italiano doveva compiersi esclusivamente con forze e mezzi italiani affinché il risultato non venisse sminuito da aiuto germanico; vincoli troppo stretti con i tedesch i erano da evitare perché costoro , data 1

Mussolini a Hitler in data 27.5 .1939 (Memoriale Cavallero), in USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., I, tomo Il , pp. 9- 1.l.


L44

POLITICA E STRATEGIA [N CENTO ANNI Dl GUERRE ITALIANE

la loro .oatura prepotente ed invadente, avrebbero potuto, con qualche colpo di testa, obbligarci ad intervenire intempestivamente; anche i contatti con gli Stati Maggiori tedeschi dovevano essere condotti con grande cautela per evitare che semplici accordi tra autorità di secondo piano potessero creare circostanze difficili. Ultima conclusione , di carattere tecnico: costituire subito, almeno sulla carta, il Comando Supremo per definire esattamente le funzioni di ognuno»2 . Non è ben chiaro quale risultato Badoglio si ripromettesse di conseguire con l 'appunto. La previsione di una guerra, sia pure differita a tempi più opportuni, era accettata senza obiezioni. L'autonomia decisionale rivendicata da Mussolini nei confronti dell' alleato non veniva messa in discussione. Restavano due affermazioni. L'una riguardava il desiderio di condurre da soli una nostra guerra, concetto quanto meno singolare ricordando che, nel primo dopoguena, tutti i massimi esponenti militari concordavano sulla indispensabilità del Comando unico nelle guerre di coalizione. L'altra, la necessità di porre subito mano alla costituzione del Comando Supremo, trova facile spiegazione nel desiderio di Badoglio di superare in qualche modo le vistose interferenze dei sottosegretari di Stato-capi di Stato Maggiore di Forza Armata. Per finire, un'ultima dichiarazione , francamente inaccettabile. Non soltanto nel corso della sua memoria Badoglio aveva più di una volta riconosciuto a M ussolini il diritto di scegliere il momento e la direzione dell'intervento, rinunciando così a manifestare a tempo debito un parere vincolante sotto il profilo dell'efficienza delle Forze Armate, ma in chiusura di appunto sembrò addirittura attribufre un'importanza relativa, ed in ogni caso minore, alla «fattibilità» dell'intervento sotto il profilo tecnico-militare: «Si potranno studiare tutte le ipotesi che Voi indicherete - scriveva - come lince di massima, riserbandoVi cli indicare, a momento opportuno, e quando i fatti daranno norma reale, la vera via eia seguire».

In altre parole, il maresciallo, nella prospettiva di cogliere il momento favorevole in cui le Potenze democratiche sarebbero inevitabilmente cadute in uno stato di prostrazione , accettava, la possibilità di en2

Badoglio a Mussolini in data 4.4.1940, ibidem, pp. 174-175. Sulla marcia verso l ' entrata in campo cfr. F. MINNITI, Profilo dell'iniziativa strategica italiana dalla «non belligeranza» alla «guerra parallela» in <<Storia Contemporanea>>, n . 6 , dicembre 1987.


IL l'ROBLl:i.MA STIU T EG_!çQ__

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trare in campo anche a preparazione bellica non ultimata, beninteso ritenendola comunque sufficiente in tali circostanze . Fatto gravissimo che certamente rafforzò nell'animo di Mussolini l' idea d i tenersi p ronti a sfruttare l'eventuale collasso di q uesto o quel Paese senza lasciars i condizionare da question i tecniche. Quersta perniciosa spinta all'improvvisazione andava a sommarsi ad un'altra insita nelle caratteristiche della pianificazione in vigore. A fine 1934 il gen. Pariani, all'epoca sottocapo di Stato Maggiore dell'Esercito, aveva introdotto una variante, non solo formale, nella pianificazione operativa. Più precisamente, aveva sosti tuito il termine «piano generale delle operàzioni» con quello di «piani di radunata», riassumente l'insieme delle predisposizioni studiate per lo schieramento strategico dell'Esercito. TI piano di radunata doveva da un lato evitare la rigidità tipica dei trasporti di radunata antecedenti la 1° guerra mondiale, dall 'altro «consentiva le operazioni iniziali verso gli obiettivi che saranno suggeriti dalla situazione del momento», con chiaro riferimento ad un dispositivo proiettato alla frontiera alpina. Secondo Pariani il piano d ' operazioni specifico doveva essere compilato addirittura nel corso dei quindici gionù richiesti dalla mobilitazione3. Come è naturale, non si sarebbe trattato di pura improvvisazione: molto semplicemente si sarebbe provveduto ad apportare le eventuali tempestive modifiche , dettate daUa situazione del momento , all ' uno od all ' altro dei piani studiati per le d iverse ipotesi operative e già pronti. Senza entrare in una disamina critica della concezione Pariani, che condurrebbe troppo lontano, ci limiteremo a dire che, assumendo aspetto sempre più spiccato l'orientamento difensivo ovunque, lo sclùeramento previsto per l'esercito era tale da rispondere senza difficoltà alle direttive di Mussolini. Il 6 aprile Mussolini inviò la nota memoria segretissima, datata 3 1 marzo, ai vertici mi litari, ai ministri degli Esteri e de ll ' Africa Ital iana, nonché al segretario del Partito nazionale fascista . Detta memoria - già presentata al Re - in certo modo costituiva la risposta alla lettera di Badoglio e tracciava le lince maestre del nostro impegno bellico . Da taluno è stata considerata un vero e proprio piano cli guerra. Non lo era, tutlavia il pensiero strategico di Mussolini era espresso con la consueta, sintetica e perento1ia chiarezza:

3 Pariani

a Baistrocchi in data 7.12.1934,AUSSME, rep. 10,Fondo SMRE. - vari Uffici, racc. 90.


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POLITICA E STRATEGIA IN C:l'.NTO ANNI DI ouriRRE ITAl.lANE

«Fronte terrestre. Difensivo sulle Alpi occidentali. Nessuna iniziativa. Sorveglianza. Iniziati va solo nel caso, a mio avviso improbabi le, di un completo collasso francese sotto l'attacco tedesco. Una occupazione della Corsica può essere completata, ma forse il gioco non vale la candela, bisognerà però neutralizza re le bas i aeree di ques ta isola. Ad oriente, verso la Jugoslavia, in un primo tempo, osservazione diffidente. Offensiva nel caso di un collasso interno di quello Stato, dovu to alla secessione, già in atto dei croati. Fronte albanese: l'atteggiamento verso nord (Jugoslavia) e est (Grecia) è in relazione con quanto accadrà sul fronte orientale. Libia: d ifensiva tanto verso la Tunisia quanto verso l'Egitto. L'idea di un 'offensiva contro l' Egitto è da scartare dopo la costitu1..ionc de ll'esercito cl i Weygancl. Egeo: d ifensiva. Etiopia: offensiva per garamire l'Eritrea e opernzioni su Ghedaref e Cassala; offensiva su Gibuti; difensiva e, al caso, contro ffensiva sul fronte del Kenya. Aria. Adeguare la sua attività a quella dell'Esercito e della Marina: atti vità offensiva e d ifensiva a seconda de i fronti ed a seconda delle iniziative nenùche. Mare. Offensiva su tutta la linea nel Mediterraneo e fuori» .

Su queste basi gli Stati Maggiori dovevano concretare i loro studi e la preparazione «senza perdere un'ora di tempo perché( ...) la volontà dei franco-inglesi o una complicazione impreveduta potrebbe metterci, anche in un avvenire immediato , di fronte alla necessità di impugnare le armi»4 . Tutto sommato, date le circostanze, si poteva condividere la predetta linea strategica, ma soltanto in prima approssimazione . A parte g li eventuali «coll assi» da sfruttare prontamente, spiccano alcune incongrue nze. Perché dare poco valo re aila Corsica quando la si indicava come una delle «sban-e» deila prigione mediterranea? Perché non puntare sulla conquista di Malta, altra «sban-a», quando era notoria l' impo1tanza attribuita ali' isola dallo Stato Maggiore deila Marina, nel caso di una gueJTa contro le Potenze occidentali, per l'alimentazione delle forze in A foca settentrionale? Perché ventilare un 'offensiva dall ' Eritrea nel Sudan e dall ' Etiopia nel Kenia, quando i g ravissimi problemi interni dell'Impero erano ben noti ? Badogli o non poté certo non rimarcare che la valenza politica e strategica di un disegno siffatto era minata alla base dalla pretesa assurda di poter svolgere un ruolo decisivo nel conflitto ri manendo sulla di -

4

Memoria di Mussolini, Duce del Fascismo, Capo del Governo, Primo Ministro Segrctnrio di Stato in data 3 1.3 .1940 , giì1 indicata in ODI, 9" seri e, III, cloc. 669.


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IL PROBLEMA STRATEGIC ~O ~---

fensiva, ma, essendo contrario alla guerra, con ogni probabilità colse al volo l'opportunità di una guerra «non guerreggiata» implicita nel pensiero di Mussolini. Rispose, infatti , senza muovere alcuna osservazione tranne che per l'Impero, assicurando che gli studi per le operazioni citate nella memoria erano già da tempo compiuti e che adesso si trattava semplicemente di «integrare questi studi con l'attuazione di provvedimenti concreti». In sostanza consentì a Mussolini cli reputare perfettamente adeguate le direttive e quind i realizzabili. «Per la difesa sulla frontiera nostra occidentale - scrisse il capo di Stato Maggiore Generale - tutto è predisposto. Occorre in questa stagione lavontiva dare tutto l'incremento possibile al completamento delle linee difensive, secondo il progetto già approntato dallo Stato Maggiore ciel R. Esercito». Un discorso del genere appare troppo sbrigativo. Badoglio non poteva ignorare che la priorità fissata da Musso) ini nel 1939, e ribadita nel 1940 , per «chiudere ern1eticamente» le frontiere era: «1° nord, 2° ovest, 3° est» . In conseguenza avrebbe dovuto quanto meno proporre una modifica di tale priorità, non più rispondente al nuovo scenario operativo e non più attuabile in rapporto al mi nor tempo ed alle minori risorse disponibili. In altri termini, perché mantenere la priorità per un'ipotesi bellica «antitedesca» rispetto a quella ormai certa in funzione «antifrancese»? A fronte di tale complessiva, e vistosa, acquiescenza, l'unica riserva manifestata con chiarezza riguardò, come detto, le azioni offensive assegnate all'Impero, ,pur senza neppure l'ombra cli preoccupazioni sull'effettiva capacità di questo di cavarsela da solo in caso di guerra. «L'offensiva nell'Impero che, a parer mio - scrisse Badoglio - deve essere nella sua ampiezza subordinata allo stato reale della pianificazione interna, richiede d'urgenza la messa in efficienza di tutte le forze armate dell'Impero. Voi, Duce, siete perfettaemnte al corrente delle gravi deficienze esistenti iri A.O.I.. Bisogna subito correre ai ripari ( ...)» 5 .

Tutto qui. *

*

*

Tre giorni più tardi, il 9 aprile, Badoglio convocò i capi dj Stato Maggiore ed il sottosegretario per la Guerra, Soddu. Si trovarono così 5

Badoglio a Mussolini in data 6.4.1940, USSME, Diario storico del Comando Su-

premo, cit., J, tomo II, pp. I 80- I 8 I.


riunite le più alte cariche mil itari , ognuna a perfetta conoscenza delle carenze della rispettiva Forza Armata non colmabili nemmeno entro il 1943, data in origine ipotizzata per la guerra; tutti con sufficiente informazione del livello di impreparazione militare dell'Italia. Considerando che nessuno, quel giorno , sapeva cieli 'inizio delle operazioni tedesche per l'occupazione della Danimarca e della Norvegia e che nessuno avrebbe neppure immaginato la futura strepitosa vittoria della Wehrmacht in occidente, si poteva ragionevolmente attendersi una netta, ferma e coordinata messa a punto della situazione militare. Una presa di posizione, cioè, volta non a ll' intento di soverchiare il potere politico, bensì, ad indicare con precisione i li miti politici da tener presenti in quel periodo assai fluido , per non richiare un grave insuccesso mil itare. Si trattava, in definitiva, difar capire all 'uomo che da solo prendeva le decisioni come, circa .il momento dell'intervento, non si potesse prescindere dal parere responsabile dei vertici mi litari. In effetti nessuno, singolarmente , aveva mai avuto reticenze nel prospettare al capo del governo difficoltà, problemi ed inefficienze ecosì tutti continueranno a fare. Mancò invece un'azione collettiva espressa soprattutto dal capo di Stato Maggiore Generale. Ma Badoglio, che aveva pienamente accettato le direttive di Mussolini, nella riunione del 9 aprile si 1imitò a comunicarle; anzi, le avrebbe lette per intero se Soddu non avesse fatto notare che anch'egli ed il segretario generale del P.N .F., Muti, avevano ricevuto la memoria segretissima6. La lettura del verbale lasci.a, bisogna ammetterlo, alquanto perplessi. La discussione risulta presieduta da Badoglio senza un indirizzo programmatico, senza, diciamo pure, un ben definito punto di a1Tivo. Badoglio intese puramente e semplicemente «illustrare» le direttive cli Mussolini eliminando in partenza qualsiasi opposizione, anche se lieve. Avvertì subito che eia esse appariva «in modo inequivocabile l'assoluta volontà del Duce di intervenire, nella direzione e nel momento che egli sceglierà». A sostegno di tale affermazione seguì il monito: <<noi non dobbiamo vincolare menomamente le decisioni del Duce», sottolineato immediatamente dopo con un «Egli deve essere lasciato del tutto libero di poter scegliere il momento e la direzione del nostro intervento», e po6 Dopo la guerra Graziani sostenne di non aver «mai avuto alcuna conoscenza» della memoria in questione (R. G RAZIANI, Ho difeso la Patria, GarLanti, Milano 1950, p. 190), ma questo è smentito dal verbale della seduta del 9 aprile.


IL PROBLEMA STRATEGICO _ _

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co più tardi da un «tenevo a dirvi come sia necessario che la sua azione non abbia intralci da nostri contatti con i tedeschi, i quali se si offre il dito prendono il braccio» . L'atteggiamento di convinta fede nella saggezza delle valutazioni di Mussolini assunlo da Badoglio è incomprensibile. Ebbe cura di precisare che le citate direttive strategiche dovevano considerarsi «di larga massima e suscettibili di variazioni a seconda delle circostanze»; ma alternativa alla difensiva poteva essere soltanto l'offensiva e Badoglio vietò di prendere in considerazione ipotesi del genere «neanche in termini vaghi», cosa che non clava affatto tranquillità perché un'offensiva non si improvvisa. Verosi nùlmente sull'o rientamento mentale dei presenti influirono la consapevolezza di aver sempre informato Mussolini circa la reale sHuazione militare, il credito dato a Badoglio , conosc iu to come assai poco propenso alle avventure, e la fidu cia innegabilmente concessa a Mussolini, vista l'abilità politica dimostrata in occasione della crisi etiopica. E , almeno per i ' Esercito e l'Aeronautica, giocò anche l' impostazione del Piano di Radunata (P.R.) 12, basato appunto sulla previsione di un conflitto tra Italia e Germania contro Francia e Gran Bretagna, con l'eventualità di dover fro nteggiare Jugoslavia, Grecia e Turchia ostili dopo una posizione iniziale incerta7 . Gli altri Stati erano supposti neutra!i, ma l'Ungheria di una neutralità favorevole, se non addì1ittura alleata. Naturalmente il pensiero corse ai lavori di fortificazione sulla cerchia alpina e Grazian i si affrettò a richiamare l'attenzione sulla carenza di cemento e , principalmente, di ferro. La replica di Badoglio fu semplicemente scoraggiante: «Tutta la nostra preparazione è in difetto; siamo appena al 40% e, in qualche settore, siamo ancor più arretrali. Ho proposto aJ Duce di limitare la chiamata falle arnù] a ottocentomila uomini per risparnùarc serie di vestiario[!) e di lasciare duccentonùla conladini in più all'agricoltura. Egli prenderà le determinazioni che crederà».

Graziani continuò mostrando incertezze nei confronti di un'operazione contro la Francia, pur tenendo conto cli eventuali circostanze eccezionali: «Noi ci riferiamo al caso di dover agire in profondità. Vi sono 150 chilometri da percorrere( ...) . Vi sono fortificaz ioni da superare ( ...). Non dobbi amo illuderci 7

Sulla pianificazione operativa immediatamente precedente all'entrata in guerra clcll'Italia cfr. F. M1 NNITI, Fino alla guerra. Strategia e conflitto nella politica dì potenza di Mussolini ( 1923-1940), Ed. Scientifiche Italiane, Napoli , 2000.


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POLITICA E STRATEGIA IN CHNTQ_!.NN I DI GUilRRE ITALIANE

sulle nostre possibilità in fatto di mezzi di fuoco e precisamente di artiglierie. 11 primo progresso al riguardo lo realizzeremo nel 1942. A fine 1940 se avremo 300 carri sarà mol to e non avremo alcun miglioramento nelle artiglierie. Anche prendendo la via più facile, come quella del San Bernardo (esiste al riguardo uno studio del generale Saletta), avremo a che fare con poderose fortificazioni di sbarramento nella valle dell ' lsère. Con i nostri mezzi si può fare poco, anche in caso di collasso frn ncese».

In luogo di queste eccezioni generiche, poteva invero esser già anticipato un giudiz io di fattibilità, dati gli studi compiuti dal Comando del Corpo di Stato Maggiore; d'altro canto appare strano che né Badoglio abbia indicato , né Graziani abbia chiesto un obiettivo concreto , il princ ipale elemento che potesse consentire un sicuro confronto fra compito e mezzi a disposi zione . Graziani concluse, dunque, che si poteva fare «poco» e Badoglio replicò: «Questo lo vedremo a momento opportuno». Circa il fronte j ugoslavo l'esame fu ancor più superficiale. Giustamente Badoglio fece notare la scarsa plausibilità di un pericolo da oriente, quando la Francia, che doveva affrontare il grosso dell'esercito tedesco, non si trovava certo in condizioni di esercitare uno sforzo massiccio verso la pianura padana, facendo così cadere l'ipotesi di un doppio contemporaneo impegno negli opposti scacchieri. Ma in questo caso, nessun obiettivo. Solo l'eventualità di un collasso. Per la Libia, Graziani cominciò dal fronte tunisino. Esisteva un contrasto di opinioni relativamente alla Jinca Tripoli-Azizia-Garian: il comandante della 5" annata (gen. Gariboldi) l'aveva individuata come posizione arretrata di buone capacità difensive, proponendo un 'attuazione graduale dei lavori vista l 'entità delle opere necessarie; invece il capo di Stato Maggiore del Comando Superiore (gen. Tellera) era d' avviso nettamente opposto. Balbo, dal canto suo, condi videva l'apprezzamento positivo della linea in questione per quanto non nella misura caldeggiata dal gen. Gariboldi. Alla fi ne il progetto «era stato messo a dormire» . Si trattava quindi cli riprenderlo e sollecitarne l'esecuzione, posto che lo stesso Badoglio aveva trovato Mussolini consenziente. Su l fron te egiziano le cose si presentavano molto più complesse. Benché il Comando del Corpo di Stato Maggiore avesse respinto le insistenze di Balbo per un'offensiva verso il Nilo, giudicandola impossibile con i mezzi a disposizione, e Badoglio, nella ri urù one del 18


11. PR08LE~1A STRATEGICO

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novembre 1939, avesse d ichiarato che pensare a ta le operazione con uno sfavorevole rapporto di forze costituiva un lavoro «teorico ed inutile», Balbo non intendeva affatto 1inunciare alle sue velleità. Graziani lo r icordò e la discussione si soffermò sull'annata Weyf?and. Secondo il verbale: <<Graziani.( ...) Bisogna tener conto clell'cscrcito cli Wcygand. Ho fatto fare uno studio per vedere quanto tempo occorrerebbe al Weygand per attestare la sua massa alla frontiera cirenaica. Ciò potrebbe avvenire in dieci-quindici giorni. Il vero pericolo per la Libia è l'esercito di Weygand. • Badoglio. Questa massa, il cui comandante ha una precisione di idee magnifica, ha una grande libertà d'azione e tiene in soggezione Turchia, Grecia e noi. E mtti ricordate quel promemoria, sia pure falsificato, nel quale si attribuisce a Weygand l' intenzione di dare una stretta alla Libia, contemporaneamente da est e da ovest. Se si calcolano le forze inglesi in Egitto (escluse le forze egiziane malfide e poltrone) e si aggi ungono 150-200 mila uomini, sempre in aumento, di Weygand, si ottiene una tal massa che il pensare soltanto ad una nostr.i offensiva da quella parte è semplicemente ingenuo. Graziani . Noi prevediamo nitto questo e non consideriamo il caso di una iniziativa franco-inglese. Questo caso sarebbe da escludere? Badoglio. lo non lo escluso. Graziani . È per questo che il Duce ha eletto che non dorme per la Libia» 8 ·

Il ragionamento si incentrava dunque sui rapporti di forza. All 'inizio del 1940 erano stimate presenti in Egitto una clivis.ione corazzata e tre di fanteria britanniche per complessivi 40 mila uomini ed il calcolo globale era corretto. In Palestina, cioè a portata di mano, si reputavano disponibili altre due divisioni, per 20 mila uomini, e si davano in prossimo arrivo una divisione di cavalleria ed un 'altra di fanteria (australiana). Fin qui, perciò, almeno per q ualche mese, non potevano sussistere grosse preoccupazioni. I timori provenivano dall 'armata Weygancl concentrata in Siria. Nella tarda estate del 1940 essa raggiungeva i 50 mila uomini. È incredibile come a Roma, ma anche a Berlino, possa essere stata così sopravvalutata. Badoglio aveva accennato a 150-200 mila uomini «sempre in aumento» e Graziani aggiunto che in dieci-quindici giorni si sarebbero potuti attestare a l confine della Cirenaica. Ammesso che il quadro fosse tale da ingenerare timori, proprio per questo sarebbe stato necessario acquisire dati sicuri o quanto meno attendibili sulla temuta 8 USSME, Verbali delle riunioni 1enwe dal capo di Stato Magiiore Generale, cit., 1, verb. n. 3.


POLITICA I; STRATEGIA 11\" CENTO ANl\"I 01 GUERRE ITALIANE

armata Weygand 9 . Comunque, fosse esatto o errato l'apprezzamen to della situazione nemica, non affiorò in alcun modo l'opportunità di modificare il presunto rapporto di forze o di reagire con una manovra per linee interne in Libia. Rimasero validi il P.R.12 (impostato a fine 1937) ed il pensiero di Mussolini (e di Badoglio): difensiva ad oltranza, decisione d'altronde non scevra di preoccupazioni . Non a caso il gen . von Rintelen, addetto militare tedesco a Roma, commentò che «Sufficienti fortificazioni ne aveva soltanto la base navale di Tobruk. Quelle al confine egiziano erano nettamente antiquate e sufficienti solo contro nativi. La costruzione di nuove opere fortificate ad ovest di Tripoli si trovava neUo stadio iniziale. La colonia non aveva catri, non difesa anticarro, non sufficienti automezzi, non scorte di carburante» 10 . Dell'Impero parlò Badoglio ed in termini scarsamente ottimistici: da informazioni ricevute sembrava certo che gli Alleati si dessero da fare per crearci imbarazzi e con lo Scioa, l ' Amhara ed altri territori settentrionali in subbuglio c'era da ritenere le fo rze in loco appena sufficienti per tenere a freno l'Impero. Graziani ribadì la gravità della situazione: l'Amhara era in rivolta, il Goggiam fu ori del nostro controllo, i capi ribelli si battevano fra loro senza che il governo di Addis Abeba potesse intervenire, esattamente come era accaduto al Negus . Nello Scioa le bande di ras Abebé Aregai, rifornito di anni da G ibuti e rinforzate da ascari disertori, rendevano precaria la sicurezza nel cuore de ll'Impero ed il conflitto avrebbe certamente fatto divampare le fiamme della rivolta. Inoltre occorreva rivedere l'organizzazione di comando per eliminare gl i inconvenienti derivanti dall'attuale struttura. Erano tutte verità ed anche Mussolini le conosceva. E le prospettive che in caso di guerra si aprivano per l'Impero non costituivano novità. Nel settembre 1939 il Comando del Corpo di Stato Maggiore aveva trasmesso ad Addis Abeba la «Direttiva per la difesa in A.0 1.» e la «Diretti va per le operazioni offensiva in A.O.I.», e ntrambe approvate da Badoglio in linea di massima. L'importanza strategica dell'Impero , per la minaccia che esso esercitava alle linee di comunicazione del Mar Rosso e dell ' Oceano Indiano e verso le colonie britanniche finitime, era valutata tale da far prevedere che il nemico avrebbe cercato di compro9 In realtà a metà mano Weygand aveva ricevuto direttive molto precise sulla condotta della guerra in Balcania nella primavera del 1940. IO E. VON RrNTEl, EN, Mussolini, /'alleato, cit. , pp. 80-8 1.


IL PROBLEMA STRATEGIC=O _ _ __

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mettere ed eliminare il nostro dominio, sia fomentando la rivolta interna, sia agendo con azioni militari presumibilmente attuate dalle due Somalie verso Harrar e dal Sudan nord-occidentale verso l'Eritrea e l' Amhara. Meno pericolose e meno probabili erano reputate azioni dal Sudan meridionale e dal Kenia verso il Gimma e la Somalia. In un secondo tempo, vale a dire ad afflusso avvenuto cli rinforzi dal Commonwealth, erano da attendersi operazioni tendenti alla conquista dell'Impero. Queste le ipotesi. Di conseguenza, per prima cosa diventava necessario stroncare sul nascere la rivolta interna e garantire la sicurezza delle frontiere. Le forze erano' quelle esistenti e mobilitabili in posto . Le operazioni offensive sarebbero state subordinate alle circostanze, in ogni caso Badoglio si riservava l'emanazione degli ordini esecutivi. Essa concernevano essenzialmente l'occupazione di Gibuti e del Somalilancl. Era altres'i prevista una penetrazione nel Sudan per raggiungere la linea Porto Sudan-Atbara e tagliare in tal guida, fra i.I Mar Rosso ed il Nilo, le comunicazioni britanniche in senso meridiano. Peraltro questo disegno, di un certo peso per il concorso indiretto che avrebbe offerto alle operazioni in Libia, era da considerarsi del tutto eventuale , tanto che le direttive tennero a precisare il suo carattere puramente orientativo. Ad ogni modo, alla fine del 1939 rinnovò il mon ito: ogni progetto relativo ad azioni offensive aveva valore cli studio e di orientamento, perché il compito del Governo Generale era assolutamente difensivo e soltanto in circostanze eccezionali si sarebbe potuto pensare ad iniziative partenti dall'Impero. Per l'attiv.ità della Marina, Badoglio espresse l'opinione che convenisse, più che cercare una battaglia navale contro le due flotte francese ed inglese, dar corso ad una guerra cli agguato per mezzo dei sommergi--· b.ili allo scopo di intralciare il traffico nemico. L'amm. Cavagnari fu laconico quanto espressivo: «Una flotta si metterà a Gibilterra ed un'altra a Suez e noi asfissieremo dentro il Mediterraneo». E soggiunse: «Per quanto si riferisce alla Marina, la situazione oggi è peggiore di quella che avevamo il 1° settembre 1939 . Allora le forze franco-inglesi erano largamente dislocate nell'Atlantico. Oggi , non essendovi più navi tedesche in navigazione, esse tornano in Mediterraneo». Il gen . Pricolo, rimasto in silenzio sino allora, intervenne per ciò che riguardava l 'Aeronautica con un giudizio convi nto: «Mi sembra che ci si faccia troppe illusioni su offensive aeronavali. Le possibilità di queste sono pochissime». E senza mezzi termini denunciò la genericità so-


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stanziale delle direttive: «( ...) quello che è grave è dover fare uno schieramento operativo senza un orientamento preciso»J 1. Così terminò la seduta. Riepilogando: nei confronti della Francia, Graziani aveva detto che con i mezzi disponibili si poteva «fare poco»; per la Jugoslavia le possibilità erano legate al concorso deUa Germania e deU'Ungheria; per la Libia tutto dipendeva dall'esercito di Weygand. Cavagnari aveva mostrato la prospettiva di veder confluire nel Mediterraneo le flotte francese ed inglese prima dislocate nell'Atlantico. Pricolo aveva escluso offensive aeronavali e lamentato le difficoltà derivanti dall'incertezza in fatto di orientamenti operativi. Badoglio concluse: «Questa è una conseguenza della singolare situazione nella quale ci troviamo ( ...).Perora studiate. Riferite poi le vostre possibilità». In sostanza, ogni Forza Annata, per proprio conto, doveva studiare come fare la guerra. Nessuna impostazione strategica globale, nessuna definizione di eventuali obiettivi strategici. Non una parola in merito ali 'impiego coordinato delle tre Forze Armate. Piuttosto poco per una convocazione a così alto livello in merito ad una gue1Ta che s.i intendeva cl ichiarare per assidersi al tavolo della pace come vincitori! Sarebbe da chiedersi il significato pratico da attribuire ad una simile seduta. Il disegno strategico coincideva con l'ipotesi generale del P.R .1 2. Le misure conseguenti erano quelle già previste dal P.R.12, come da Badoglio comunicato a Mussolini. La situazione dei lavori e delle truppe, periodicamente aggiornata, era conosciuta da tutti. Ma, si ripete, Badoglio voleva unicamente e semplicemente esporre le direttive del Duce, e soprattutto rimarcare la conclamata intenzione di questi di entrare in guerra solo quando lo avesse giudicato opportuno (e nessuno contestò tale diritto) e l'assoluto disimpegno dai tedeschi (e nessuno contestò la illogicità di una guerra parallela, intesa alla lettera, dopo le esperienze della prima guena mondiale). Emerse soltanto la preoccupazione che neanche la difensiva potesse reggere ad una iniziativa avversaria (ma nessuno fece ob.iezione alla volontà di Mussolini di entrare ugualmente in guerra). Badoglio trasmise il verbale a Mussolini con una lettera in cui stranamente attenuava le difficoltà ed i dubbi affiorati nella seduta. Ebbe cura di premettere la sua categorica insistenza nell'evitare di prendere, con i tedeschi, impegni di carattere strategico in quanto «sicuramente danno11

Verbale della riunione cit.


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IL PROBLEMA STRATEGICO._ _ _ __

si, data l'estrema delicatezza ciel momento attuale che richiede che a Voi sia lasciata una completa libertà d'azione». Per la Libia si limitò a riferire la <<viva preoccupazione» esistente in tutti; per l'Impero osservò che le truppe ivi dislocate avrebbero avuto «un compito ben duro per contenere la sollevazione e difendere la colonia eia aggressioni esterne»; per le eventuali offensive aeronavali comunicò che i due capi cli Stato Maggiore interessati avevano espresso «incertezze» sulla loro efficacia. Quanto alla frontiera occidentale, citò la «fondata preoccupazione del capo di Stato Maggiore dell'Esercito per la mancanza cli artiglieria moderna e, nel caso cli una contemporanea azione jugoslava, per l' insufficienza di truppe. La chiusa della lettera conteneva un monito, un'indicazione strategica ed una piaggeria. Il monito: «l' estensione delle nostre frontiere e la natura di esse è tale che le nostre forze, anche se la preparazione fosse completa, sarebbero sempre inadeguate per uno sforzo decisivo in gualsiasi settore». L'indirizzo strategico: «Così completato il quadro, non si può che concludere che il nostro intervento non può essere redditizio se non quando una poderosa azione tedesca, che, per ora, non si può prevedere se avverrà in settore ten-esu·e oppure in settore marittùno, abbia realmente prostrato a tal punto le forze a.vversarie eia giustificare ogni audacia». La piaggeria (probabilmente strumentale): «Tale decisione, è evidente, è riservata a Voi, Duce, a noi spetta di eseguire gli ordini Vostri» 12 . *

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Vero si è che due personaggi intervennero e con ben altro vigore. Tre giorni dopo l'amm. Cavagnari presentò direttamente a Mussolini una memoria volta ad «interpretare» la direttiva strategica ricevuta di' «offensiva su tutta la linea ciel Mecl iteJTaneo e fuori». «Se non si pensa - scrisse - ad operazioni concomitanti delle tre ForLe Armate per conseguire un importante obiettivo strategico, il compito della flotta italiana sarà principalmente o esclusivamente quello di battere le forze navali nemiche>).

In tal caso, tenendo conto dell ' entità dei due ingenti complessi navali operanti rispettivamente nel bacino occidentale ed in quello orienta12

Badoglio a Mussolini in data 11.4.1940, USSME, Diario storico del Comando Supremo, cil., I, tomo Il, pp. I 90- I 91.


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le del Meditemrneo, della nostra difficile posizione geografica e del fatto che l'entrata in guerra dell'Italia avrebbe trovato gli avversari già «pronti» e noi in corso di approntamento, tenendo conto di tutto ciò veniva meno sin dall 'inizio la possibilità di sviluppare azioni con speranza di successo. Per giunta, nel Mediterraneo la scomparsa del traffico mercantile avversario avrebbe reso privo di scopo il nostro dispositivo del Canale di Sicilia «finora definito perno della nostra manovra strategica nella guerra marittima»; nel!' Atlantico la mancanza di punti cli appoggio e l'ormai organizzato convogliamento dei piroscafi nemici avrebbero attenuato considerevolmente l'efficacia della nostra guerra di corsa. In sostanza, le previsioni inclinavano decisamente al pessimismo: «Se gli Alletati si pongono, con le loro forze navali principali, e11U'o le basi agli estremi del Mediterraneo, in attesa del nostro esaurimento, difficile sarebbe realizzare una condotta di guerra decisamente offensiva con le nostre squadre di superficie( ...). Se poi gli Alleati assumeranno invece una condotta cli guerra decisamente aggressiva contro l'Italia, per neutralizzarla rapidamente, lo scontro tra le due opposte forze navali principali potrebbe verificarsi presto e con ingenti perdite dalle due parti. Però i nostri nemici avrebbero ben più largo margine per fronteggiare i danni e per supplire all'usura dei mezzi. La nostra guerra offensiva sul mare potrebbe così , se non su bito, ben presto mutarsi in guerra difensiva. Mancando quindi la possibilità di conseguire obiettivi strategici importanti o la sconfitta delle forze navali avversarie, non sembra giustificata l'entrata in guerra di nostra iniziativa, con la prospettiva di doverci mantenere sulla difensiva anche in mare( ...)».

Il commento finale cli Cavagnari fu tetro: «Alle trattative di pace l'Italia potrebbe giungere non soltanto senza pegni territoriali, ma anche senza flotta e forse senza Aeronautica» l 3 . Suscita alquanto stupore il silenzio sul problema di Malta. In uno studio del 1938 (Documento Zero) lo Stato Maggiore della Marina era pervenuto alla conclusione che il tenere Malta e Bisetta sotto costante e dosata offesa aerea, con un adeguato di.spositivo di intercettazione nel Canale di Sicilia, poteva risultare sufficiente a conservare al centro del Mediterraneo la rarefazione cli forze aeree e navali richiesta per l'esecuzione dei trasporti con l'Africa settentrionale, però «solo l'occupazione 13

Cavagnari a Mussolini in data 14.4.1940 , in A. J.-\CHINO, Tramonto di una grande Marina, cit., ali. I.


IL PROBLEMA STRATEGICO

di detta base [Malta"!, che non deve essere considerata impossibile, risolverebbe totalmente il problema». Ed in un successivo studio del dicembre 1938 (DG 1()/A 2) , relativo al trasporto di un corpo di spedizione in Libia, la prima ipotesi presa in esame partiva dal presupposto che «Malta è caduta in nostro potere» 14 e, citando un disegno operativo contro il Canale di Suez, si precisava la necessità di vedere «l'occupazione di Malta come indispensabile premessa a qualunque nostra operazione in grande stile in Africa settentrionale». Inoltre, in un ulteriore studio compiuto nella primavera del 1940 15, l'impresa di Malta veniva giudicata realizzabile, anche se con molte riserve (effetto di una spiccata sopravvalutazione della capacità offensiva dell'isola) e, naturalmente sempre che fosse tentata nei primissimi giorni delle ostilità 16 . È peraltro possibile che il silenzio su Malta derivasse dal fatto che per Cavagnari il problema non si poneva neppure, essendo egli addirittura contrario all'intervento. Anche il Duca d'Aosta parlò molto chiaramente. Venuto a Roma, il 6 aprile era stato ricevuto da Mussolini con il gen. Teruzzi, ministro per l'Africa Italiana, e con il sottosegretario Soddu, ed aveva formulato le richieste occorrenti per far fronte alle esigenze più pressanti, sollecitando tra l'altro l'assegnazione di 900 milioni, già concessi da tempo sulla carta ma non ancora stanziati. Il 13 ebbe, poi, un lungo colloquio con Badoglio circa le reali possibilità operative dell'Impero ed in quella circostanza espose senza mezzi termini la maturata convinzione dell'impossibilità di lanciarsi in operazioni offensive. Badoglio allora, avvertendo l'inquietudine montante, si rivolse nuovamente a Mussolini. Rafforzò gli argomenti sviluppati dal Viceré e marcò la pessimistica valutazione da questi formulata, che, cioè, non soltanto «escludeva assolutamente di poter, salvo casi eccezionalmente favorevoli-; effettuare azioni sia verso Cassala sia verso Gibuti», ma sarebbe già stato «molto difficile» riuscire a mantenere i punti più importanti dell'Impero. «Con ciò - scrisse Badoglio - si deve concludere che, dato lo star.o della nostra preparazione militare, qualora fosse deciso l' intervento, saremo obbligati alla difen-

14 MARIANO GABRIEtB,

Operazione C 3, USSl'v1M, Roma 1965 , p. 7 e seg. e app. I. Jbidem, app. 2. 16 L'amm . tedesco Assmann ha scritto: «Se gli italiani fossero stati giapponesi avrebbero aperto la guerra il IO giugno 1940 con un assalto su Malta( ...)» (Ku1n- AsSMANN , Anni fatali per la Germania , USSMM, Roma 1953 , p. 261). 15


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siva su tutti i settori terrestri. Si può contare, in mare, su di un'az.ione di sommergibili e velivoli. Ma il danno che si può produrre sugli avversari sarebbe ben poca cosa rispetto a quello da noi subìto con l'interruzione di ogni rifornimento marittimo. Questa è la situazione nella quale siamo stati posti dall'intervento in guerra della Germania tre anni prima del fissato. Non ci resta, quindi, che continuare come meglio possiamo la nostra preparazione militare ed attendere che avvenga l' urto decisivo fra i due contendenti, per poter intervenire quando lo stato di prostrazione degli avversari ci dia speranza cli successo. È questa una linea di condotta somnrnmente delicata. Ma Voi , Duce, avete con mano ferma guidato le sorti della Patria in altre circostanze altrettanto difficili e così farete nell'attuale tragica situazione» 17 .

A questo punto diventava inevitabile, più ancora che necessario, un colloquio estremamente franco tra Mussolini ed i capi di Stato Maggiore ed altresì con i responsabili dei settori finanziario ed economico del Paese, ma la situazione militare europea era lettenùmente sconvolta dalla fulminea invasione tedesca della Danimarca e della Norvegia. Non l'operazione in sé, certo non determinante ai fini della guerra, destava scalpore, quanto le impensabili incapacità ed impotenza dimostrate dalla Gran Bretagna in quel suo teatro d'operazioni essenzialmente marittimo. Mussolini ne rimase tanto impressionato eia rispondere al messaggio urgente cli Hitler, con la notizia dell'impresa, che «eia domani 12 aprile la flolta italiana sarà al completo sul piede di guerra» 18 e che stava accelerando i tempi per l'Esercito e per l'Aeronautica 19 • Questo peraltro non significa che egli avesse già stabilito il via alle ostilità, difatti il 2 l aprile confidò a Ciano che <<fino alla seconda metà cli agosto non è lontanamente il caso di parlare di guerra»20 . Non spiegò il ragionamento alla base dell'indicazione del periodo, comunque il giorno successivo Mussolini cambiò ancora la data: primavera ciel 1941, perché la Scandinavia aveva «allontanato il centro e la soluzione del confl itto» 21. È caratteristico il silenzio con Badoglio di tale considerazione. 17 Badoglio a Mussolini in data 13.4.1940 , USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., I, tomo Il, pp. 192-193. 18 «E se non cogliamo questa occasione per misurare la nostra Marina con quelle franco-britannica - disse a Ciano - perché dovremmo avere 600.000 tonnellate di naviglio? Basterebbero dei guardacoste e dei panfili per portare a passeggio le signorine» (G. CIANO, Diario, cit., p. 418). 19 Mussolini a Hitler in data 11.4.1940, DDI, 9" serie, IV, doc. 37. 20 G. CIANO , Diario, cit., p. 419. 2 1 Ibidem.


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IL PROBLEMA STRATE(;1co

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Ma intanto, sul problema strategico dell'Italia, era intervenuta un'iniziativa tedesca, interessata, con la concreta proposta di una collaborazione bellica. Il gen . von Rintelen, convocato a Berlino per istruzioni al riguardo, al suo r.itorno a Roma (10 aprile) presentò ano Stato Maggiore dell'Esercito un promemoria dell'Oberkommando der Wehrmacht: «li Comando Supremo delle Forze Armate germaniche è dell'opinione che la guerra terrestre sarà decisa in prim'ordine a mezzo dell'annientamento delle forze a[mate terrestri anglo-francesi. Nel momento in cui il Duce sarà dell'opinione che il momento favorevole all'intervento italiano sia venuto, i procedimenti dell'azione devono già essere fissati e preparati per dare all'azione l'effetto più rapido e decisivo possibile. All'intervento italiano si offrono le seguenti possibilità: a) Spedizione di circa venti-trenta divisioni nella Germania meridionale e, superata la lù1ea nemica dell'alto Reno da pm'te delle truppe germaniche, impiego di questa massa sull'ala sinistra germanica . In seguito a tale operazione, avanzata attraverso i Vosgi in disezione all'Altipiano cli Langres. Questo impiego offrirebbe nello svolgimento delle azioni la possibilità di dirigersi verso sud aprendo così .il fronte alpino. b) Offensiva italiana sul fronte delle Alpi. c) Operazioni italiane in Africa. L'Alto Comando nelle Forze Armate germaniche d~L le maggiori possibilità di successo alla proposta a) pregando il generale Roatta s ia autorizzato di prendere posizione in materia in occasione del suo soggiorno a Berlino( ...)» . I

Il tutto, dando per scontato l'intervento italiano al più presto ecomunque entro l'anno in corso 22 . Graziani esaminò il documento e lo trasmise direttamente a Mussolini con una serie di osservazioni, ma in sostanza scartando l'offensiva libica data la mancanza di mezzi adeguati (carri armati, autoblindo, aitiglierie); respingendo l'idea di un'offensivaalpina, comp01tando essa una battaglia di rottura ed una successiva difficile penetrazione in una profonda fascia montana; rifiutando l'offensiva in Germania, all'ala sinistra dell'esercito tedesco, perché avrebbe richiesto all'Italia una eccessiva entità cli forze per il mediocre compito di sfruttare la rottura del fronte francese operata dalla Wehrmacht. Insomma, volendo mantenere ferma la concezione strategìca indicata da Mus-

22

Promemoria s .d. né firma in USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit.,

I, tomo II, pp. 198-200. 23

Promemoria di Graziani in data 11.4.1940, ibidem , pp. 194-196.


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POLJTICJ\ E STRlffEGIA IN CC:NTO ANNI DI GUERR[\ ITALIANE

solini, non si potevano «prendere in considerazione i punti di vista germanici»; in caso contrario occoneva scegliere fra l'offensiva nelle Alpi e quella in Germania. La decisione era lasciata al Duce24 . Badoglio - ricevuta copia delle proposte tedesche recate dall'addetto militare a Roma e del promemoria di Graziani per Mussolini - volle anzitutto, e g iustamente, definire con chiarezza la questione delle competenze, significando che i capi di Stato Maggiore dì Forza Armata dovevano rivolgersi a lui, capo di Stato Maggiore Generale, per qualsiasi argomento di natura operativa e non direttamente al Duce25 . Poi espresse il suo parere negativo su tutta la linea, circa l'avance tedesca: no alI 'invio di una ventina e più di divisioni in Germania per un compito «di second'ordine»26 ; non esclusa una «forte pressione>> sul fronte francese, ma previa cessione di artiglierie e carri armati da parte tedesca; no all'offensiva in Libia, ma invio di altre truppe per migliorare la capacità difensiva; no all'intervento nel 1940. Punto fermo finale: visto che nessuna operazione decisiva era ancora in vista, no a conversazioni impegnative di natura strategica con l'OKW27 . La lettera fu consegnata da Badoglio nella tarda mattinata del 15 aprile a Palazzo Venezia, ove erano stati convocati anche Soddu ed i capi di Stato Maggiore. Mussolini concordò senza riserve e nessuna risposta venne data a Berlino. Poteva essere una buona occasione per uscixe da un tentennamento strategico paradossale: voler entrare in guerra, nella convinzione di non aver carte da giocare e temendo l'attacco altrui su tutti i fronti! Il 9 maggio Hitler comunicò a Mussolini l'inizio della grande offensiva in occidente. Da quel giorno fu un susseguirsi di messaggi sempre più trionfanti, che misero Mussol in.i in uno stato di esaltazi.o ne e di mortificazione. II 29 convocò i capi di. Stato Maggiore e, dopo aver annunciato formalmente che a partire dal 5 giugno l'ora X poteva scattare in ogni momento , confermò le disettive impartite il 31 marzo:

24

25

Promemoria di Graziani in data 11.4.1940, ibidem, l, tomo II, pp. 194-196. Però nulla disse a proposito della lettera di Cavagnari a Mussolini in data 14

aprile. 26

A presc indere dall'importanza attribuita al compito riservato all'armata italiana in Germania, su cui si potrebbe discutere, il suo invio era da scartare a priori perché, molto semplicemente, non avevamo una tale massa di divisioni «pronte» sì da non sfigurare a fianco dei tedeschi. 27 Badoglio a Mussolini in data 15.4.1940, USSM E, Diario slorico del Comando Supremo, cit., I, tomo Il , pp. 204-206.


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«Sul fronte terrestre non potremo fare nessuna cosa d i spellacolare: ci terremo sulla difensiva. Si può prevedere qualcosa sul fronte Est: caso .Iugoslavia . Le nostre forze si dirigeranno contro l'lnghille rra, cioè verso le sue posizioni e forre nava li in porto e nav igazione nel Mediterraneo. Come previdi il 26 maggio 1939, guerra aeromarirtima su Lune le frontiere . Questo bo confermato all'Ecc. Graziani l'a ltro g iorno quando mi metteva sott'occhio la situazione deU' Esercito. Considero questa s ituaz ione non ideale, ma soddisfacente. D'altra parte se tardassimo due settimane o un mese non nùglioreremmo la nostra situazione, mentre potremmo dare alla Germania l'impressione di arrivare a cose fatte . quando il rischio è minimo, oltre a lla considerazione non essere nel nostro coswrne morale di colpire un uomo che sta per cadere. Tutto ciò infine può essere grave nel mome nto della pace definitiva ( ...)»28 .

L' intero discorso non era pri vo di una sua logica: un a volta che l'avversario fosse stato messo alle corde (dai tedeschi) , l'impreparazione militare italiana passava in secondo piano. Tuttavia lo stesso Mussolini, ad onta della sua millantata sicurezza, nutriva inespressi quanto motivati timori e con lui anche altri, fra i più alti esponenti politici e militari. Cosicché l' idea di combattere «sulla difen s iva» venne mantenuta, sparì quella di sfruttare il collasso francese, si ammise la possibilità di un «qualcosa» non definito verso la Jugoslavia. L'unico proposito che s i consol idò fu quello della «guena aero marittima su tutte le frontiere», a dispetto dei pronostici di Cavagnari e di Pricolo. Badoglio, che certame nte non aveva assunto un atteggiamento consono a chi considerava l'entrata in guena «un suicidio», dopo la riunione sembra abbia avuto un ulteriore colloquio con Mussolini, perché il g iorno successivo , in un nuovo rapporto con i responsabili militari, si espresse in termini diversi rispetto alla riunione precedente. Cominciò dal fronte francese , invitando ad ultimare le predisposiz ioni «per respingere qualsiasi attacco» e sollecitando il completamento de llo sbarramento anticarro al Moncenisio. Ora , a fine maggio, la situazione sul fronte occidentale era precipitata: Bo ulogne e Calais erano state raggiunte da cinque giorni; l'esercito belga aveva deposto le armi; quello olandese era stato annientato; il corpo di spedizione britannico stava affannosamente imbarcandosi a Dunkerque abbandonando tutto il materiale; la linea Somme-Aisne costituiva l' unico tentativo organizzato d i oppone una diga all ' invasione tedesca; il gen. Weygand , che aveva sostitui to il generalissimo Gamelin , non disponeva di riserve per una

28 Verbale de lla riunione, ibidem, I, tomo II, pp. 223-225.


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controffensiva; l'ambasciatore a Roma, François-Poncet aveva fatto (27 maggio) esplicite avances a Ciano per sondare la possibilità di evitare l'entrata in guerra dell'Italia. Stando così le cose, restano incomprensibili i timori di un possibile attacco francese manifestati da Badoglio e da Graziani, anche perché le circa 16 divisioni francesi erano ormai fronteggiate da 25 italiane, sia pur binarie. Per il fronte jugoslavo, Badoglio precisò che «il qualcosa» da prevedere indicato dal Duce doveva essere inteso di larga massima «per essere pronti ad azioni che potranno rendersi possibili in avvenire». Non era stato informato che, dopo la convocazione a Palazzo Venezia del giorno precedente , Ciano aveva convinto Mussolini a rispettare la neutral.ità jugoslava e che, eia lui autorizzato, aveva fornito chiare assicurazioni all'ambasciatore jugoslavo?29 E quando Pricolo comunicò di aver predisposto per l'applicazione del P.R.12 bis (Jugoslavia ostile) e chiese di conoscere subito, «almeno a titolo orientativo, quali operazioni più probabili mi saranno ordinate», Badoglio rispose un po' seccamente: «se un'azione non è stata studiata non sarà ordinata. Noi ci consulteremo sempre. Riunirò i capi di Stato Maggiore e vedremo quello che si potrà fare»! TI teatro d'operazioni clell'Afrka settentrionale ricevette un'attenzione piuttosto sommaria, anche se Badoglio qualificò quell'area come «la zona che più mi angoscia». Vi prevedeva «incursioni cli carri armati da ovest e, particolarmente, da est. Con le forze terrestri, dato il difetto cli armamento idoneo , si può fare poco contro cli essi. Occorre perciò poter contare sull 'av iazione»30 . Non una parola su i rifornimenti oltremare ad ostilità iniziate, non una per Malta. «Non si può - è stato giustamente osservato - fare a meno cli riconoscere che esisteva uno stato d'animo di rassegnazione, che faceva accettare la situazione ciel momento come assolutamente non modificabile, neppure in avvenire» 31 . Gli eventi, intanto, acceleravano il loro corso . Come g.ià accennato, il 4 giugno Mussolini informò Badoglio della sua intenzione di <<cambiare lo stato di fatto in stato cli diritto», ma di voler riservare le Forze Armate, in particolare Esercito ed Aeronautica, per «avvenimenti futu29 30

G. CIANO, Diario, cit., p. 27 I. USSME, Verbali delle riunioni tenute dal capo di Staio Maggiore Generale, cit.,

verb. n . 5. 3 1 E. FALDELLA , L'Italia

nella seconda guerra mondiale, cii:., pp. 161-162.


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ri». Perciò conferma della «stretta difensiva, per terra e per aria, in tutti i settori». Sempre più sembrava rafforzarsi l'intento cli dare il via ad una «guerra non gueffeggiata» con la Francia, a meno che questa, eventualità ormai improbabile, non assumesse iniziative ostili. Difatti il giorno seguente Badoglio riunì ancora una volta i capi di Stato Maggiore per una «rifinitura» delle direttive. In breve: «azion.i contro le forze inglesi nel Mediterraneo; aspettativa e fermi contro la Francia». Come si vede, era sparita ogni velleità di sfruttare il famoso colJasso francese; della Jugoslavia non si parlava più. Restava la Gran Bretagna, cli cui veniva messa in dubbio la probabilità cli una mossa contro la Cirenaica, e comunque rimase confermata la più stretta difensiva terrestre. Per aria, si dovevano prevedere azioni su Malta ed Alessandria e, forse, anche su Gibilterra. Per la quasi certa guerra marittima sorgevano tre grosse complicazioni riguardanti i riforn imenti per l' Africa settentrionale, Malta ed il Mediterraneo. Diciamo subito che la questione dei rifornimenti, sulla quale Cavagnari da tempo aveva richiamato l'attenzione avvertendo cli non contare più sui trasporti marittimi una volta cominciate le ostilità, non fu affrontata con la dovuta decisione. Furono avviati, infatti, solo rimedi palliativi: occorrerù qualche settimana di guerra prima di pensare all'organizzazione di un traffico sistematico fra Italia e Libia , mediante convogl i scortati da navi da gueffa ed anche eia aerei32 . L' argomento Malta venne per la prima volta posto in tavola in una riunione ad alto livello. Graziani chiese se tentativi di sbarco nell'isola fossero reputati possibili; Cavagnari manifestò sfiducia; P1icolo tacque; Badoglio non parve dare molta importanza a tale operazione, comunqueconcesse a Sodclu ed a Graziani cli studiare, «per ogni eventualità», la possibilità di sbarchi preceduti da intensi bombardamenti aerei. Benché· sempre pronto a difendere le proprie prerogative , non volle riconoscere (o non riuscì a comprendere) che l'operazione, tip.icamente interforze e di primaria ed evidente valenza strategica, dovesse essere «pilotata» dallo Stato Maggiore Generale. La questione del Mediterraneo comprendeva tre distinti aspetti, pur se collegati fra loro: il controllo del bacino orientale, la neutralizzazione della base di Alessandria e l'occupazione del Canale di Suez . Il primo

Sull'argomento cfr. A. CoccmA, UJ. difesa del trqffico con l'Africa settentrionale, tomo I, USSMM, Rom.a 1958, p. 4 e seg . 32


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POLITICA E STRATEGI,\ IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

rivestiva interesse preminentemente navale; l'azione su Alessandria interessava tutte e tre le Forze A1mate perché la base poteva essere colpita dall'aria e raggiunta via terra con l'appoggio aereo ed il concorso navale; il terzo interessava anch'esso le tre Forze Armate, ma era meta ambita soprattutto dall'Esercito. Se Malta costituiva il grande obiettivo centrale, il Canale era quello orientale: i due veri nostri obiettivi nella guerra mediterranea contro l'lnghilte1Ta. Purtroppo l'intero problema fu praticamente ignorato33 . Il 7 giugno Badoglio diramò un ordine riepilogativo: «A conferma di quanto comunicato nel.la riunione dei capi di Stato Maggiore tenuta il giorno 5, ripeto che l'idea precisa del. Duce è la seguente: tenere contegno assolutamente difensivo verso la Francia (Alpi, Corsica, Tunisia e Gibuti) sia in terra che in aria. ln mare: - se si incontrano forze francesi miste a forze inglesi, si considerano tutte forze nenliche da attaccare; - se si incontrano solo forze francesi, prendere norma dal loro contegno e non essere i primi ad attaccare, a meno che ciò ponga in situazioni sfavorevoli( ...).

ll giorno seguente, in un 'al tra brevissima riunione, egli specifico: <<Come vi ho scritto, l'operazione su Alessandria deve essere studiata, ma non c.ompiuta, perché bisogna evitare complicazioni per bombe che possano cadere sulla città. Per .le azioni su Malta e Gibilterra, attendete ordirli ( ...)» 34 .

Questo il piano strategico con il quale l 'Italia entrò in guerra. Rileggendo i verbal i delle riunioni presiedute da Badoglio si prova un innegabile senso di insoddisfazione: manca l'impronta di una volontà operativa. A prescindere dalle direttive di Mussolini, venate eia oscillazioni impulsive ma soprattutto dall'indecisione politica nei riguard i della Francia, è nettamente rimarcabile l'assenza di un 'azione di comando esercitata dal capo di Stato Maggiore Generale, ad onta del palese prestigio di cui egli godeva e poteva avvalersi. Anche se

33

USSME, Verbali delle riunioni tenute dal capo di Stato Maggiore Generale, cit., I, verb. n. 6. 34 Jbidem, verb. n. 7.


IL PROBLEMA STRATEGICO "-----

fino alla costituzione del Comando Supremo, stabilita da Mussolini il 29 maggio, doveva considerarsi, secondo la legge, consulente del capo del governo, in quelle circostanze, ad intervento deciso con la sola riserva del momento , nessuno dei capi di Stato Maggiore si sarebbe sottratto ad ordini ricevuti dal maresciallo. Il quale, invece , stranamente sembrava accentuare una sua posizione cli semplice portavoce fra il Duce ed i responsabili delle singole Forze Armate. Naturalmente sapeva bene che l'atteggiamento difensivo adottato dall'Italia avrebbe suscitato, non a torto, critiche eia parte tedesca. Non a caso, per superare un certo imbarazzo, il 5 giugno si premurò di dire senza mezzi tennihi al gen. von Rintelen che non si aspettassero «nulla di spettacolare» per due ragioni: perché la Germania aveva cominciato la guerra tre anni prima dell'epoca fissata, e perché l'Italia aveva a che fare con una fascia montana di 250 chilometri che non consentiva grandi e rapide operazioni35 . Bisogna, d'altronde, tener presente che, a conti fatti, le direttive di Mussolini non toccavano la sostanza del P.R.12, il cui ultimo aggiornamento (ed. 1° marzo 1940) - particolarmente completo in quanto sostituiva anche le direttive dframate nel settembre 1939 al Governo Generale dell'Africa Orientale Italiana, al Comando Superiore Forze Armate dell'Egeo - costituì la base dei piani dei singoli teatri d'operazione per l'atteggiamento iniziale nei riguardi delle operazioni tenestri. In aderenza al P.R.12, dunque, la radunata fu intesa ad ass.icurare da un lato l'immediata disponibilità alle frontiere terrestri delle forze cli copertura, delle grandi unità destinate allo scacchiere occidentale e cli quelle per lo schieramento di sicurezza nello scacchiere orientale, nonché delle unità preposte alla difesa delle isole e delle coste; dall'altro, il rapido concentramento nella pianura padana della riserva ciel Comando Supremo, taleda «poter prontamente fronteggiare la situazione politico-militare che si verificherà allo scoppio del conflitto>>.

2. I TEATRI D'OPERAZIONI

In tutti gli Stati l'impiego delle Forze Annate era studiato sulla base di diverse ipotesi belliche di mera ispirazione geopolitica, che in certo

35

Ibidem, vcrb. n. 6 cit.


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senso prescindevano dalle mutevoli linee di politica estera. Gli eventi che di volta in volta modificavano il panorama internazionale inducevano ad aggiornare questo o quel piano, ad assumere predisposizioni temporanee come richiami alle armi o modifiche di schieramenti, ed a rivedere, all'occorrenza, determinate decisioni strategiche. Naturalmente l'esercito era, di solito, la Forza Armata più delle altre soggetta a variazioni di rilievo. Le frontiere tenestri dell'Italia erano segnate dall'arco alpino e dai poco significativi confini topografici delle colonie africane, con la differenza fondamentale che sino al 1935 l'unica frontiera considerata veramente tale, e quindi da difendere, fu quella alpina, la quale , date le sue caratteristiche, non poteva che suggerire una difensiva generale. Come è ovvio, erano stati anche approntati studi, progetti o addirittura piani per operazioni offensive verso la Francia, l'Austria e la Jugoslavia, tuttavia prevaleva l'orientamento della difesa ad oltranza appoggiata a posizioni forti per natura, integrate da fortificazioni permanente e campale, di profondità variabile secondo il rendimento e la capacità delle direttrici da sbarrare. Gli avvenimenti internazionali e le tensioni che ne derivarono obbligarono ad esaminare con maggiore attenzione i teatri d'operazioni nei quali l'Italia poteva trovarsi coinvolta. E la definizione dei teatri d'operazioni fu indice delle separate visioni strategiche. Ogni Forza Armata aveva i propri . Esisteva naturalmente larga coincidenza dì interessi fra di essi, 1ion però di impostazione operativa. Per il R. Esercito erano considerati cinque teatri: alpino, clell' Albania, ciel Mediterraneo, dell 'Africa settentrionale e dell'Africa orientale, ciascuno suddiviso in scacchieri. Per la R. Aeronautica i teatri erano quattro: continentale ovest (te1Titorio francese), continentale est (territori jugoslavo e greco), il Mediterraneo e l'Africa orientale. Per la R . Marina esistevano solo due teatri : quello del Mediterraneo, distinto nei due bacini, occidentale ed orientale, nel canale cli Sicilia e nei settori ciel Tirreno e dell'Adriatico, ed il teatro dell' Africa orientale (Oceano Indiano). Passeremo rapidamente in rassegna i singoli teatri d'operazioni secondo la valutazione di essi fatta in sede di pianificazione operativa36 , accennando anche alle forze ed ai presunti intendimenti del possibile av36

AUSSME, rep . H 6, Fondo Piani operativi, mcc. 18, P.R. 12 del 1° gennaio 1938, aggiornato al 1° marzo I940.


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IL PROBLEMA STRllTEGICO

versario. A tal riguardo, e senza scendere in una disamina approfondita, ci limiteremo a rimarcare che all'avversario vennero sempre attribuite possibilità, sia pure a titolo eventuale e di caso peggiore, notevolmente contrastanti con la timidezza affiorante nel nostro pensiero operativo. Memorie, studi e progetti di carattere offensivo concernenti i vari teatri d'operazioni erano naturalmente stati concepiti ìn previsione del verificarsi di determinate circostanze. Però l'alleanza militare con la Germanìa sembra abbia provocato sin dal suo profilarsi, cioè prima ancora della firma del trattato , una specie di ripensamento strategico. La forza militare tedesca, che, per inciso, nessuno poteva supporre tale da mettere fuori 'combattimento la Francia in tre o quattro settimane, divenne, durante la «non belligeranza», un punto d ' appoggio psicologico per tutti: per Mussolini , che non intendeva impelagarsi in una guerra lunga; per Badoglio , contrarissimo al]' entrata in gueffa dell'Italia; per i cap.i dì Stato Maggiore , i quali chiedevano tempo , ben conoscendo il periodo cli crisi che la rispettiva Forza Armata attraversava e l'incompletezza del piano cli radunata. Perciò l'esame dei teatri d'operazìoni venne in pratica dominato dalla concezione difensiva, riservando le ipotesi offensive soltanto a circostanze «particolarmente favorevoli» : da Mussolini, che ben presto vide la possibilità di sfruttare politicamente lo sforzo militare tedesco, impegnandosi appena quel tanto cli indispensabile per salvare la faccia; da Badoglio, che, ridotta ogni eventualità operativa alla Francia continentale, arrivò quasi alla soglia cli un accordo d i «stasi militare» con l'addetto militare francese; dai capi cli Stato Maggiore, che accettarono di buon grado l'idea sbandierata da Mussolini dì entrare nel conflitto solo per provocare la rap.ida decisione (in parole povere: solo al" l' ultimissimo momento) . *

*

Il teatro d'operazioni alpino Era suddiviso in tre scacchieri: l'occìclentale, il settentrionale e l'orientale. Il primo, fronte alla Francia, non era giudicato favorevole per un'offensiva da parte italiana, consi.deranclo le difficoltà poste dal terreno, l'organizzazione difensiva francese e la lontananza dì obiettivi di reale significato strategico. Il secondo, fronte a Svizzera e Germania, ovviamente fruiva della neutralità e dell'alleanza dei Paesi confinanti. Il terzo consentiva operazioni offensive contro la Jugoslavia e tale possibilità era da tener presente qualora la Jugoslavia e tale possibilità era da


L68

POLITICA E STRATEGIA 1N CENTO ANNI Dl GUERRE ITALIANE

tener presente qualora la Jugoslavia fosse passata dall'iniziale atteggiamento incerto ad uno ostile, sia pure subordinatamente alla disponibilità di truppe ed al concorso di circostanze favorevoli. Di conseguenza il P.R. 12 prevedeva una difesa manovrata alla frontiera francese, semplici misure di sorveglianza a quella svizzera e misure precauzionali sino a chiarimento della situazione su quella jugoslava. Scacchiere occidentale. La difesa dello scacchiere era affidata al gruppo d'armate Ovest (Umberto di Savoia) , composto dalla 13 e 4" armata, già dislocate in Liguria ed in Piemonte, con il compito di stroncare qualsiasi sforzo offensivo avversario ed eventualmente, ma soltanto in condizioni più che propizie , sviluppare azioni nelle Alpi Marittime e nel l'Alta Savoia. A tergo stava la 7" armata, aliquota della riserva del Comando Supremo, per intervenire laddove necessario od opportuno. Alle operazioni contro il territorio metropolitano francese era interessata la la squadra aerea ed eventualmente l 'Aeronautica della Sardegna. Contro la Corsica, la 3" squadra aerea e l' Aeronautica della Sardegna. Nel marzo 1940 le informazioni di cui si era in possesso davano presente sul versante francese l' Armée des Alpes (gen. O!ry) su XIV corpo d'armata nella Savoia e XV corpo nelle Alpi Marittime, ciascuno su due divisioni, truppe di frontiera e supporti vari. Da calcolare peraltro, all'entrata .in campo dell 'Italia, il pronto afflusso cli sostanziali rinforzi, tanto da mettere in linea entro una settimana 19 divisioni inquadrate in quattro corpi d'armata, oltre alle truppe di fortezza, per complessivi 200-230 mila uomini . Circa gli intendimenti operativi, si presumeva che l'avversario aprisse le ostilità con una serie di colpi cli mano per .impadronirsi di posizioni che agevolassero il successivo sviluppo delle operazioni. In un secondo tempo erano prevedibili sia un'offensiva su Torino lungo le direttrici del Moncenisio e del Monginevro, sia un'azione con obiettivo Cuneo-Mondovì attraverso il cerchio delle Alpi Marittime. In realtà, sin dal settembre 1939, le intenzioni francesi erano sempre state sostanzialmente difensive e tanto più lo diventarono nella primavera del 1940. Venne pe1fino esclusa una prima azione di resistenza che potesse tradursi in un'eccessiva usura per i reparti avanzati, eccezion fatta per i presidi delle opere fortificate, e la condotta della difesa poggiò soprattutto su una azione di logoramento da infliggere all'inevitabile attacco italiano, durante la sua presa di contatto con la posizione difensiva, e sulla resistenza ad oltranza delle fortificazioni, lasciando alle riserve il compito di colmare le eventuali brecce createsi nel sistema


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e, quando possibiile, di ristabilire la situazione con contrattacchi locali. Il 20 maggio il Comando dell 'Armée des Alpes passò dalla supposizione alla convinzione: si persuase, cioè, che il dispositivo italiano fosse nettamente offensivo e tale da poter procedere ad un'immediata offensiva non appena dichiarata la guerra. Naturalmente l'offensiva tedesca in occidente cambiò la valutazione della situazione da parte italiana. I primi di giugno si stimava che l'Armée des Alpes fosse ridotta a 12 divisioni in prima schiera, per 170180 mila uomini di cui 32 mila nelle fortificazioni, e 4 divisioni in ricostituzione nelle zone cli Lione e di Grenoble. Ma questo nuovo apprezzament~ non mutò affatto Ia nostra decisione di rimanere sulla difensiva, né fece abbandonare l'ipotesi di un attacco francese attraverso le Alpi. Peraltro, proprio in quel periodo si registrarono significativi «contatti». Nella ricordata sed uta ciel 30 maggio Badoglio avvertì Graziani di «preparare quanto occorreva alla frontiera occidentale per respingere qualsiasi attacco (ultimazione cli opere , avvicinamento di reparti, ecc.)», ma precisò a Pricolo che Mussolini non intendeva agire contro la Francia neppure con l'aviazione. Pochi giorni dopo, nella riunione del 5 giugno , comunicò al capi cli Stato Maggiore che l'ambasciatore François-Poncet aveva assicurato Mussolini che la Francia non pensava assolutamente ad un attacco bru.squé contro l'Italia. Poi soggiunse che in una conversazione privata il gen. Parisot, addetto militare francese , si era rivolto a lui, «quasi implorando, cli non attaccare né dalle Alpi, né in Corsica, né in Libia»37. Badoglio gli avrebbe chiesto: «Se io non attacco, che cosa fate voi?» e Parisot: «Non attaccheremo per primi certamente»38 . Scacchiere settentrionale. Di tutto il confine settentrionale era preso in considerazione solo ìl tratto svizzero, perché l'ipotesi posta alla base ciel P.R. 12, vale a dire la Germania alleata dell'Italia, escludeva qualsiasi provvedimento alla frontiera tedesca, a prescindere dal completamento dei lavori cli fortificazione tuttora in corso. Il settore , dunque, dal m. Rosa allo Stelvio era affidato al XVI corpo d'armata (inquadrato nella 6a armata), che all'emergenza avrebbe assunto la denominazione di Corpo di Osservazione Svizzera (C.0.S.), con il compito di vigilanza, particolarmente attiva in corrispondenza del saliente del Toce (direttrice del Sempione) , per parare prontamente eventuali azioni di sorpresa violanti 37

USSM E, Verbali delle riunioni tenute dal capo di Stato Maggiore, cit., I, verb. n . 6. Diario di guerra, Garzanti , Milano 1946, p. 19.

38 Q UIRINO ARMELLINI,


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POLITICA E STRATEGIA IN CENTO A NNI DI GlJERIUi ITALIANE

la neutralità sv izzera. Per quanto precede , le truppe del corpo d'armata rimanevano nelle rispettive sedi stanziali e la sorveglianza era affidata alle forze della copertura. Scacchiere orientale. La difesa dello scacchiere era assegnata al gruppo d'armate Est (gen. Grossi), composto dalla 2a e dall'8a armata. Il piano prevedeva l'attuazione cli misure difensive alla frontiera giulia in due tempi successivi e con forze gradatamente crescenti in relazione all'atteggiamento jugoslavo . Inizialmente la 2" armata, già dislocata nello scacchiere, avrebbe attuato uno schieramento di sicurezza con le truppe cli copertura e le grand i unità stanziali, quindi sarebbe intervenuta 1'8" armata e con il suo inserimento si sarebbe proceduto al completo schieramento difensivo. Il passaggio clall 'una all'altra organizzazione avveniva per inser.imento in linea dei due corpi d'armata dell'8a armata, con conseguente revisione della struttura delle due annate: 2a a nord e ga a sud. In caso di ostilità si doveva procedere ad alcune azioni offensive: la recisione del saliente di Castua, qualche rettifica di confine fra Gottavizza e m . Calici ed eventuali altre che si manifestassero utili. Un'operazione contro la Jugoslavia sarebbe stata appoggiata dalla 2a squadra aerea. Il governo di Belgrado, circondato com 'era da Paesi dell'Asse o simpatizzanti, in linea di massima non poteva pensare che a difendersi, a meno di sicure ed ampie garanzie politiche e militari in Balcania, il che proprio non era. Perciò la sua pianificazione prevedeva un dispositivo semicfrcolare appoggiato al litorale dalmata , che peraltro doveva anch' esso essere difeso. Il fronte italiano era tenuto dalla 7a armata con quattro divisioni e due odred39 , che secondo il S.I.M. in una diecina di giorni di mobilitazione sarebbe passata dai circa 17 mila uomini del tempo di pace a quasi 112 mila . A questi dovevano aggiungersi circa 10 mila uomini fra truppe di presidio delle opere della fascia fortificata di confine, granicari e gendarmeria. Inoltre era da prevedersi l'immediato temporaneo schieramento del corpo di protezione e chiusura frontiere 18 battaglioni per complessivi 13 mila umini - formato da riservisti dai 40 ai 50 anni, reclutati localmente, i quali dopo una settimana sarebbero stati sostituiti da reparti dell'esercito di campagna. Era anche reputato possibile l'afflusso totale o parziale della 2" armata, su tre divisioni, dis39 Nell'ordinamento jugoslavo non esisteva il corpo d 'armata. La divisione era ternaria; l'odred, unità al livello di brigata, era su due reggimenti; il reggimento su quattro battaglioni.


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IL PROBLEMA STRATEGICO

IL TEATRO D'OPERAZIONI ALPINO

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locata nella zona Gospié-Karlovac-Banja Luka. Date le circostanze, ai Jugoslavi non venivano attribuiti propositi offensivi, a parte l'eventuale tentativo, nei primissimi giorni delle ostilità, di ottenere qualche successo di particolare rilevanza con azioni a breve raggio, ad esempio la conquista di Fiume, e dell'occupazione di talune posizioni di confine intese ad influire negativamente sullo sviluppo di nostre mosse offensive , quali le conche di Tarvisio, Plezzo e Tolmino, la conca di Postumia e la zona di Trestenico.

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Il teatro d'operazioni dell'Albania Il P.R. 12 riguardava soltanto la difesa dell'Albania nelle due ipotesi: sola Jugoslavia nemica, qualora e per tutto il tempo in cui la Grecia fosse rimasta neutrale; Jugoslavia e Grecia alleata contro di noi. Le truppe d'Albania erano rappresentate dal XXVI corpo d'armata (gen. Geloso) cli circa 60 mila uomini. I reggimenti di fanteria erano su due battaglioni italiani ed uno albanese. In caso di ostilità con Jugoslavia e Grecia, sarebbe affluita in Albania l'aliquota meridionale della riserva ciel Comando Supremo, vale a dire il IX corpo d'armata. Alle operazioni in quel settore balcanico erano interessate l'Aeronautica del!' Albania e la 4,i squadra aerea (in costituzione presso la 4a Zona aerea territoriale). Scacch iere nord-orientale. In tempo di pace risultavano attestate alla frontiera albanese le divisioni Zetska (della 2a armata), Kosovska e Vardarska (della 3u armata). Si stimava difficile che esse, almeno in un primo tempo, raggiungessero l'organico cli guerra, comunque bisognava tener presenti i circa 3.500 uomini delle truppe di frontiera , un numero imprecisato di battaglioni dell'esercito territoriale ed una ventina di batterie da posizione. Pure in questo scacchiere verosimilmente la Jugoslavia si sarebbe attenuto alla difensiva, senza poter escludere , specie all' inizio della guerra, azioni di sorpresa contro determinate località o posizioni di confine, quali Scutari, Kukes, gli sbocchi sulla sinistra dell'alto Drin, Librazd. In caso di successo, si ritenevano possibili tentativi di sviluppo in profondità lungo le direttrici Scutari-Alessio, Dibra-Tirana e Librazd-Elbasan. Date queste ipotesi sulle possibilità j ugoslave, fino a quando non fossero attuati i lavori cli fortificazione periferici in progetto, che avreb-


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IL PROBLEMA STRATEGICO

bero consentito lo sbarramento degli accessi all'Albania, la difesa doveva proporsi di contrastare l'avanzata nemica su posizioni di copertura a ridosso della frontiera ciel lago di Scutari e quello di Oh.rida, nonché di assicurare il possesso ciel semicerchio Durazzo-Tirana-Valona. Scacchiere meridionale. IL piano prendeva in considerazione le due più probabili linee d'azione elleniche, ove la Grecia, alleata alla Jugoslavia, avesse preso le armi contro J' Albania . Dalla Macedonia occidentale un'offensiva, in concomitanza con uno sforzo j ugoslavo partente dalla zona dei laghi di Ohr.ida e di Presba, poteva mirare alla conquista della condi cli Korça e proseguire poi su Pogradec - per realizzare il congiungimento con le truppe jugoslave - oppure su Elbasan. Dall'Epiro era prevedibile un'offensiva sulla direttrice della Vojussa su Tepeleni e Valona, agevolando nel contempo l'azione nel Korçano, ed uno sforzo sussidiario sulla direttrice costiera di Konispoli per impadronirsi di Santi Quaranta e consegui re il completo controllo del Canale cli Corfù . Ricordando le predisposizioni prese da Atene durante la crisi del settembre 1939, si presumeva l' impiego ini.ziale di un corpo d'armata con due-tre divisioni in Epi.ro e di due corpi con quattro-cinque divisioni cli fanteria ed una di cavalleria in Macedonia. Successivamente, come è naturale, sarebbero affluite altre truppe dalla Tracia, dall 'Attica e dal Peloponneso. In ogni caso, nonostante l'entità della forza mobilitabile (circa 400 mila uomini), alle grandi unità greche era attribuito un livello cli efficienza piuttosto basso a causa, soprattutto, dell' insufficienza quantitativa dei quadri e delle carenze cli materiali e mezzi. Nell'eventualità di un'offensiva ellenica, secondo le ipotesi citate, la difesa doveva contrastare l'avanzata nemica con elementi cli copertura nella fascia montana compresa fra il confine e la linea del «ridotto cen-· trale», sulla quale era prescritta la difesa ad oltranza 40 .

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Il teatro d'operazioni ciel Mediterraneo Era riconosc.iuto di preminente interesse aeronavale. Per ben valutare la portata di questa valenza strategica, sembra opportuno r ichiamarsi ad alcuni concetti dottrinali espressi nel 1939 dai capi di Stato Maggiore 40 M . MONTANARI, L'esercito italiano nella campap,na di Grecia (3" ed.) , USSME, Roma 1999, pp. 90-94.


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POLITICA 1; STRATliGIA Il\ CENTO ANNI Ol GUERRE ITALIANI;

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della Marina e dell'Aeronautica. L'amm. Cavagnari, premessa la rivalutazione delle navi da battaglia, affermò: «Con .il peso della loro massa, le nostre corazzate ci possono assicurare il predominio di forza sulle zone d.i mare che più ci interessano, e nei periodi di tempo in cui sarà necessario usufruire del.la libertà cli movimento in esse. La loro presenza sad sufficiente ad allontanare le forze leggere nemiche. Contro le forze maggiori esse saranno in grado di combattere in condizioni di pari.là unitaria, affrontando quella grande ba11aglia navale cui l'animo di ogni marinaio anela, anche per misurare in campo aperto la propria forza con quella dell 'avversario. Non ci nascondiamo l'eventualità che l'avversario possa disporre contro la nostra forza corazzata di un complesso cli navi superiori in numero; ciò potrà avvenire in qualche e determinata circostanza. A nostro favore, la posizione geografica giocherà in questo caso una parte fondamentale. Si tratta di una situazione cli privilegio che non può essere sottovalutata; la potenza strategica di una forza in mare è rappresentata dal binomio «nave-base,>, che per essere veramente efficace necessita d.i una posizione dei porti militari del tutto particolare, e che per l'Italia è nel nostro bacino operativo molto felice. La nostra posizione centrale ci consent.irà anche, in determinate circostanze, di manovrare per linee interne contro avversari che fossero ai lati opposti del bacino mediterraneo. ln ogni caso la nostra posizione geografica si presenta come particolarmente favorevole per l' intervento rapido e l'impiego razionale ed esteso delle forze leggere di superficie e subacquee» 41 .

Il ragionamento appariva convincente sul piano teorico, senonché peccava di un retorico ottimismo d'ufficio. All'atto pratico, arrivato al dunque, lo stesso Cavagnari non esitò a scrivere a Mussolini la nota lettera del!' 11 aprile 1940, con la quale dimostrava che , ove gli Alleati si fossero asserragliati tranquillamente nelle loro basi alle due estremità del Mediterraneo a guardare il nostro progressivo esaurimento sarebbe stato ben diffici le per noi prendere l'offensiva. E, se gli Alleati avessero assunto l'iniziativa di provocare una battaglia navale, le nostre perdite, pur se analoghe a quelle nemiche, non sarebbero state facilmente ripianabili. Dal canto suo il gen . Valle, suJla scia delle concezioni del Douhet, così si espresse: «Conquistare lo spazio, avere cioè il predominio ciel cielo dove e quando è necessario significa raggiungere la possibilità di portare l'offensiva dovunque. Fin dall' inizio delle operazioni l'Armata Aerea dovrà perciò battersi con spirito delibe41 DOMENICO CAVAGNARI, La dottrina e lo spirito in «Le Forze Armate dell' Italia Fascista» a cura di T. Sillani, Roma 1939, p. 211 .


POLITIC A E STRAT EGIA IN C ENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

ratamente offensivo per conquistare permanentemente, o almeno dove e quando le occorra, la padronanza del cielo. Questa sarà ottenuta con la razionale e tempestiva azione contro gli aerei avversari e contro i più impo1tanti obiettivi aeronautici di superficie( ...). Ottenuta tale supremazia aerea o almeno localizzate nello spazio e nel tempo le offese nemiche, sarà più agevole dare corso e sviluppo alla guerra aerea propriamente detta( ...). Supposti raggiunti o raggiungibili i due fattori prima accennati [la conquista dello spazio e la ricerca della sorpresa] l'Arma Aerea procederà alla condotta della propria guerra. Le azioni saranno eseguite a massa con entità di volta in volta definita a seconda dell'importanza e della natura degli obiettivi da battere. La dottrina militare aeronautica non ammette l'impiego sminuzzato clell'aviazioneé 2 .

Ma il suo successore, il gen. Pricolo, il 9 aprile 1940 si mostrò molto meno euforico: «Mi sembra che ci si faccia troppe illusioni su offensive aeronavali. Le possibilità di queste sono pochissime»43 . A parte l'enfasi che accompagnava la concezione dottrinale, le azioni aeree nel teatro del Medite1Taneo - offesa al traffico marittimo ed alle forze navali nemiche e concorso alle operazioni navali - erano affidate alle unità del1'intera Armata Aerea dislocate nei più favorevoli rapporti di distanza con il bacino del Mediterraneo o il mare interessato. Ad ogni modo rimase non risolta la nota controversia sulle portaerei e sugli aerosiluranti. Peggio ancora, la definizione delle competenze sembrò tenere in scarsa considerazione la necessità di una concreta intesa aeronavale, ben più difficile da realizzare di quanto non fosse la cooperazione aeroterrestre. E stranamente venne sottovalutata anche una questione che riguardava tutte le tre Forze Armate: la protezione della linea di comunicazioni fra la madrepatria e le truppe operanti in Africa settentrionale. Per la sicurezza di questa arteria di fondamentale importanza occorreva assicurarsi il possesso di Malta e possibilmente quello di Creta. Invece si trascurò il problema, si addivenne alla rinuncia ad effettuare rifornimenti alla Libia durante il periodo della non belligeranza e l'esercito metropolitano ebbe il compito di garanti1·e l'antemurale Elba-Sardegna-SiciliaPantelleria e le isole italiane dell'Egeo. Fra l'altro, un 'azione nemica di sbarco in forze sulle coste o le isole italiane presupponeva prevalenza in

42 G IUSEPPE VALLE,

la do11rina. Lo spirito in «Le Forze Annate dell'Italia Fascista» cit., pp. 270-271. 43 Verbale riunione ciel 9.4.1940 cit.


IL PROBl.,EMA STRATEGICO,_ _ _ _ __

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mare ed in cielo, almeno per la fase critica dello sbarco, ed è chiaro il ruolo determinante di Malta a tal fine. Considerando possibile un tentativo avversario del genere, la linea di condotta più rispondente sembrò quella di conferire una spiccata autonomia operativa a tutte le isole e di assicurare una prima d ifesa sul litorale maggiormente esposto. Ove si fosse man ifestata una grave minaccia, in atto o in potenza, nei confronti delle coste peninsulari, sarebbe intervenuto direttamente il Comando Supremo con proprie riserve. La competenza e la responsabilità dei Comandi ai fini difensivi vennero così stabilite: -• Comando Supremo: la Sicilia, esclusa la piazza militare marittima cli Messina-Reggio Calabria, la cui difesa competeva alla R . Marina; e la Sardegna, compresa la piazza militare marittima d i La Maddalena, la cui funzione preminente era il controllo e la difesa delle Bocche di Bonifacio; - Comando 1a armata per il litorale compreso fra il confine francese e capo Noli ; - Comandi di difesa territoriale per l'intero litorale compreso fra capo Noli ed il confine jugoslavo, con esclusione delle piazze e zone militari marittime cli La Spezia, Elba-Piombino , Taranto, Brindisi, Venezia, Pola, Cherso-Lussino; - R. Marina per tutte le piazze e zone militari marittime, esclusa, come si è detto, La Maddalena . Nel caso in cui il R. Esercito avesse dovuto interven irvi con proprie unità per opporsi a tentativi cli sbarco o per ristabilire situazioni compromesse, competenze e responsabilità sarebbero state assunte dall'Esercito; - Comando Superiore Forze Armate dell'Egeo per le isole italiane di quel mare. Il piano esanùnava partitamente i vari aspetti del problema. Nella penisola, le coste liguri e toscane apparivano l'obiettivo cli maggior rendimento per il nemico, ma il punto chiave del teatro d'operazioni si configurava nel Canale di Sicilia. Era controllato da Sicilia, Pantelleria e dalle isole Pelagie. La prima chiude anche, con la Sardegna e la costa calabrese (piazza militare marittima cli Messina-Reggio Calabria) gli accessi al Tirreno da ovest e da sud . La sua difesa era affidata al XII corpo d'armata ed alla 2a squadra aerea, con l'eventuale concorso della 4" Zona aerea. Pantelleria e Lampedusa costituivano una zona militare marittima. L' una assolveva una duplice funzione: base aerea per azioni di offesa nel Canale di Sicilia e stazione di vedetta e punto di appoggìo per mezzi navali destinati al controllo ciel traffico marittimo in quell'area .


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La sua importanza era stimata tale da poter rappresentare un buon obiettivo per il nemico , ma per converso offriva limitate possibilità di sbarco . L'altra aveva compiti di vedetta e di punto d'appoggio. La Sardegna concorreva con la Sicilia a controllare gli accessi al Tirreno e rivestiva sommo valore come base aeronavale per azioni nel Mediterraneo occidentale. Era difesa dal XIII corpo d' armata e daU' Aeronautica del la Sardegna. Quanto alle isole italiane dell'Egeo, si trattava di mantenere l' integrità del possedimento , anche nel caso di isolamento dalla madrepatria. La loro funz ione militare era rilevante giacché costituivano un vero caposaldo atto a consentire alle nostre for; aeree e navali azioni offensive nel bacino orientale del Meditemmeo su punti vitali e sensibili del nemico, quali Alessandria, Suez, Haifa, Cipro, Smirne , Stretti, Salonicco , Pireo, Creta. Queste possibilità presupponevano un assetto difensivo tale da assicurare in ogni contingenza il possesso d i Rodi, base aerea e centro politico , e di Lero, base navale. Il presidio delle isole era affidato alla divisione Regina rinforzata ed alle unità dell 'Aeronautica e della Marina ivi di stanza. Naturalmente era previsto, ove possibile, l' intervento delle aviazioni cieli' Albania e della Libia. Per il concorso alle operazioni terrestri l'intervento delle unità aeree sarebbe stato ord inato al momento opportuno; per quello alle operazioni navali l'intervento doveva esplicarsi in maniera indiretta, cioè a carattere autonomo, oppure diretta, cioè su lla base di accordi specifici o su richiesta urgente.

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Il tea:tro cl ' operazioni del l' Africa settentrionale Non polevano sussistere dubbi sul preminente interesse aero-navale-terrestre rivestito da l teatro d 'operazioni del l'Africa settentrionale. Ferma restando la necessità di attribuire importanza primaria alla difesa della fronti era con la Tunisia, la tentazione di svolgere un 'operazione in grande stile verso il Canale di Suez sj presentava fo1ti ssima. Tuttavia, le direttive del P.R. 12 erano perentorie: un'offensiva del genere «( ...) per la natura del terreno , la lontananza degli obicllivi e la complessità della relativa organizzazione logistica, si può considerare awtabile soltanto qualora si verificassero circostanze particolarmente favorevoli e sia stato possibile provvedere di lunga mano alla necessaria imponente preparazione logistica. Nell'attua-


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POI JTIC..,_ E STRATEGIA IN CENTO ANNI Dl GUERRE ITALIANf;

IL TEATRO D'OPERAZIONI LIBICO


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ILPROBLEM,\ STRATEGICO

\e situazione detta eventualità è quasi da escludere e perciò verrà considerata soltanto a parte, in apposito studio orientativo( ...)» .

Il teatro libico era suddiviso in tre scacchieri: l'occidentale, il sahariano e l'orientale. Il Comando Superiore Forze Armate dell'Africa Settentrionale (mar. Balbo) disponeva per la sua difesa di due annate, la 5" e la l ()'1, e dell'Aeronautica della Libia , nonché di unità navali. Per quanto concerneva le operazioni aeree contro il Nordafrica francese furono definite le seguenti competenze: a sud del 35° parallelo (nord di Sfax) le operazioni erano affidate all'Aeronautica della Libia, mentre a nord •di eletto parallelo dovevano agire la 2a squadra aerea (Sicilia) ed eventualmente l'Aeronautica della Sardegna; le operazioni sugli obiettivi dell'Algeria erano assegnate normalmente ali' Aeronautica della Sardegna ed eventualmente alla 2a squadra aerea. Ad oriente l'Aeronautica della Libia aveva come compito principale gli obiettivi dell'Egitto , Siria, Palestina e Cipro, nonché offese contro il traffico marittimo e le forze navali del Meditenaneo centro-orientale. Scacchiere libico-tunisino . Le nostre possibilità offensive erano giudicate limitate. Per contro quelle francesi apparivano rilevanti e probabili sin dall'inizio delle ostilità: dirette su Tripoli, avrebbero conseguito un grosso successo politico-militare. 1n effetti un'idea del genere era accarezzata dallo Stato Maggiore francese, tanto che il gen. Gamelin scrisse: «Se gli Italiani fossero entrati in campo contro di noi, sarebbe occorso agire offensivamente appena possibile e prima che essi si fossero seriamente rinforzati in Tripolitania, per tentare di dar la mano agli Inglesi dell'Egitto, cui avremmo dovuto prestare il concorso di parte dell 'esercito del Levante» 44 . Secondo il S.1.M., in Tunisia erano stati individuati otto divisioni di fanteria (o equivalenti) ed una di cavalleria; in Algeria tre divisioni di fanteria, di cui una in via di costituzione , ed una cli cavalleria anch'essa in costituzione; in Marocco erano segnalate altre tre divisioni cli fanteria. Nonostante le preoccupazioni manifestate da molti capi militari italiani, il quadro, a ben guardarlo, sembra indicativo di intenzioni tutt'altro che aggressive. Più probabile una linea cli condotta opposta, fondata su un'azione di ritardo e cli logoramento a pa1tire dalla frontiera libica, seguita da un sicuro irrigidimento difensivo prima in conispondenza della posi44 M. GA!vlEUN, Al

servizio della Patria, cit., p. 388 .


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POLITICA F. STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

zione di Mareth (circa 200 chilometri da Ras Agadir, punto di confine sul mare) e poi degli chotts a sbarramento della direttrice Medenine-Gabès-Sfax. Questo perché le stesse denominazioni di talune grandi unità (régionfortifiée, de mantien de l'ordre, de protection) e la dislocazione (schieramento costiero o molto arretrato) o la situazione organica (unità in corso di formazione o di ristituzione) denotavano remore sicure per un impiego campale, cioè dinamico. In sostanza, pur ipotizzando il caso peggiore, ben difficilmente era da temersi un 'offensiva condotta con pi.ù di tre-quattro divisioni, di fanteria per giunta, anche se appoggiate da reparti carri . Da parte nostra, per quanto la difensiva su questo scacchiere - affidata alla 5a armata - fosse stata decisa a priori, ciò nondimeno 1'assetto delle fortificazioni si trovava ancora in alto mare, sì da provocare proteste polemiche di Balbo. Il problema venne posto sul tappeto nella riunione del 6 maggio a Roma e risolto da Badoglio: «È inutile prendere provvedimenti che avranno auuazione nel 1944 . Noi abbiamo già il campo trincerato di Tri.poli che termina a Suani ben Aden. Ad ovest di Azizia vi sono colline che si prestano magnificamente per una difesa e poi vi è il Garian. Bastano colà dei lavori occasionali in questo momento. Abbiamo visto il valore delle trincee anche quando costru ite in fretta».

Graziani commentò che se la fu nzione della «linea T.A.G.A.» (Tripoli-Azizia-Garian) in discussione fosse stata vista sin dall'inizio, essa avrebbe rivestito lo stesso carattere di chiusura proprio di quella francese fra il mare e gli chotts. Scacchiere sahariano. In massima parte deserto ed inospitale, poteva presentare una certa importanza sia per le interferenze sulle operazioni in Libia sia per le ripercussioni che un'eventuale perdita del territorio avrebbe probabilmente prodotto nel mondo arabo. Con le basi aeree avanzate cli Cufra e di Auenat consentiva un collegamento con l'Africa orientale abbastanza agevole. Era tenuto dal Comando Fronte Sud con un raggruppamento libico e le truppe del Sahara libico, considerate sufficienti per sventare un possibile tentativo francese cli aggirare da sud il nostro dispositivo o di occupare le oasi di Cufra e di Auenat. Scacchiere libico-egiziano. Appoggiato alla zona del Gebel ed alla base di Bengasi, aveva in Bardia un utilissimo centro idrico molto avan-


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Il, PROBLEMA STRATEGICO

zato e nella piazzaforte di Tobruk una base aeronavale di primaria importanza per azioni contro obiettivi nel Mediterraneo centro-orientale. La natura del deserto occidentale egiziano e della Marmarica era valutata negativamente ai fini dell'impiego cli masse cl i fanteria, però essa consenti va puntate di unità corazzate, appoggiate da operazioni di sbarco. In Cirenaica era dislocata la 10a armata con il compito cli condurre una difesa manovrata, dando alla piazza di Bardia un presidio sufficiente per una difesa ad oltranza, anche se superata, e tenendo raccolta la massa delle forze mobili nella zona di Tobruk per contrattacchi decisivi. La discussione se dare battaglia a Bardia o a Tobruk si era conclusa a favore di t}uest' ultima perché obiettivo più importante, più lontano dalle basi che il nemico poteva approntare in vicinanza della frontiera e più idonea per una manovra controffensiva. Secondo il S .I .M ., il nemico disponeva della 6" divisione di fanteria, della 4a divisione indiana, della 7a divisione corazzata, cli una divisione neozelandese incompleta , oltre a supporti vari e unità egiziane per compless.ivi 100 mila uomini . Con queste truppe, secondo le previsioni, il nemico si sarebbe impegnato , al massimo, in operazioni ad obiettivo limitato (Bardia e Tobruk) per concorrere alla probabile (come ritenuto fino a maggio) od eventuale (come pensato in maggio) offensiva francese su Tripoli. Il quadro avversario poteva considerarsi rispondente , però la reale entità delle truppe britanniche e dei Dom.inions si aggirava sui 40 mila combattenti in tutto .

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11 teatro d'operazioni dell'Africa orientale Il P.R . 12 stabiliva la linea di condotta cieli' A.O.I. anche nella pro-babiliss ima ipotesi del completo isolamento dalla madrepatria. Le preoccupazioni fondamentali erano quelle di garantire la sicurezza delle frontiere e di tenere a freno i territori contro sollevazioni più o meno ampie allo scoppio delle ostilità in Europa; problema, guest'ultimo , lasciato alle direttive specifiche che avrebbe diramato il Vicerè (Amedeo di Savoia-Aosta). A conti fatti, offensive in grande stile non erano temute, almeno in izialmente , in quanto presupponevano un sensibile rinforzo di truppe d'oltremare da parte avversaria. Qualora, comunque , gli Alleati avessero deciso operazioni contro l'Impero, si riteneva che avrebbero agito essenzialmente dal Sudan nord-orientale verso l'Eritrea e l' Amhara e dal Somalilancl e Gibuti verso Harar. Meno pericolose e meno pro-


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babili sembravano penetrazioni dal Sudan meridionale e dal Kenia verso il Gimma e la Somalia. L'indirizzo difensivo fu molto generico, data la vastità del territorio: «chiudere le frontiere, particolarmente a cavallo delle principali vie di facilitazione e stroncare eventuali azioni avversarie con l'impiego di unità di manovra». Ne derivavano la messa in opera di una organizzazione difensiva per integrare la copertura con lavori di carattere campale , secondo il triplice criterio di sbarrare le più pericolose direttrici, di dare appoggio all'intervento cli unità mobili e di consentire sbocchi controffensivi. Il tutto più facile a dirsi che a farsi. Le forze terrestri dell'Impero comprendevano due divisioni di fanteria (Granatieri di Savoia e Africa) e da 23 brigate coloniali, oltre a unità varie regolari e iffegolari . A metà maggio 1940 il ministero dell' Africa Italiana trasmise al ministero della Guerra un progetto inviato dal Governo Generale dell 'Impero, relativo alla formazione di tre armate coloniali, una per scacchiere, per complessivi sette corpi d 'armata. Soddu informò Mussolini, significando che, per la vasta portata del progetto e per l'opportunità che in quel momento le grandi trasformazioni organiche fossero da ridtme al minimo indispensabile , conveniva che la questione venisse esaminata da Badoglio e da Graziani, vale a dire che fosse accantonata. Le forze aeree erano riunite dal!' Aeronautica dell'Africa Orientale Italiana, ammontante a 23 squadriglie da bombardamento, 4 da caccia ed una da osservazione. Scacchiere settentrionale. Comprendeva il Sudan nord-orientale e meridionale dalle coste del Mar Rosso al lago Rodolfo, l 'Erilrea, l 'Amhara ed il Goggiam. La valutazione delle forze nemiche - «coITispondente a circa due divisioni» - era errata per eccesso, ma soprattutto nell'espressione «divisioni». Ad ogni modo, a detto complesso si attribuiva la capacità di sollevare contro di noi le popolazioni di confine, di fomentare la rivolta interna e di sfe1Tare offensiva in Eritrea con obiettivi Agordat e Cheren, per poi proseguire su Asmara e Massaua, e nell'Amhara con obiettivo Gondar. Quindi p1io1ità alla difesa del settore del Nilo Azzurro, dove si sviluppavano le direttrici più pericolose. Sulle rimanenti frontiere sembravano sufficienti misure precauzionali, trattandosi in gran parte di zone malariche, paludose e prive di buone vie di comunicazione. Scacchiere meridionale . Comprendeva il Galla-Siclamo e le colonie inglesi del Kenia e dell'Uganda e presentava caratteristiche tali da


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POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI Dl GUERRE IT;\I.IANl1

rendere difficili imprese di una certa entità, perciò il nemico poteva ripromettersi soltanto azioni a raggio limitato allo scopo di impegnare nostre forze, a vantaggio di settori più importanti, ed a provocare insurrezioni locali. Scacchiere orientale. Comprendeva la Costa francese dei Somali, .il Somaliland, Aden e le regioni dell'Impero finitime. Le forze anglo-francesi, tutto sommato modeste, molto verosimilmente si sarebbero attenute al1a difensiva, tuttavia non si poteva escludere una puntata su Harar, lungo le direttrici Gibuti-Dire Daua e Berbera-Harar. La difesa italiana doveva perciò essere in grado cli bloccare qualunque tentativo del genere e, in ogni caso, di lottare ad oltranza per conservare Dire Daua-Harar. Operazioni offensive in questo scacchiere erano subordinate , come già detto, alla situazione del momento ed alle truppe disponibili. Qualora consentito dalle circostanze, tali iniziative dovevano in un primo tempo essere rivolte all'occupazione di Gibuti e del Somalilancl. In un secondo tempo si poteva pensare a penetrare nel Sudan per raggiungere la linea Porto Sudan-Atbara muovendo lungo tre direttrici: la costiera su Porto Sudan a nord; la Agordat-Cassala-Atbara ad ovest; la intermedia Cassala-Haya Juncion. Se attuabile, poteva essere utilizzabile anche la Gondar-Khartum, che avrebbe ampliato il respiro della manovra.

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Riepilogando: all'apertura delle ostilità la situazione delle forze dipendenti direttamente dai rispettivi Stati Maggiori era la seguente. Superesercito controllava tutte le truppe mobilitate in Italia ed in Albania, vale a dire tre gruppi d'armate ed una riserva strategica. In particolare il gruppo d'armate Ovest, in Piemonte-Liguria, fronteggiava la Francia con la 1a e 4a annata, per complessive 22 divisio,ù; il gruppo d'armate Est era rivolto verso la Jugoslavia con uno schieramento che dal Veneto giungeva alla Lombardia ed all'Emilia e comprendeva la 2'1, la 6'1 e (dal 12 giugno) 1'8a annata per un totale di 20 divisioni; il gruppo d'armate Sud doveva provvedere alla protezione dell'Italia meridionale, delle isole e dell'Albania con 12 divisioni. La riserva dello Stato Maggiore, dislocata nell 'Italia centrale , si limitava alla 7n armata costituita da appena 4 divisioni. I reparti non mobilitati in Italia rientravano sotto la giurisdizione del ministero della Guerra, che sovrintendeva all'amministrazione dell'intero Esercito.


11, PR(JBLEMA STR,XJ'EGICO

Al vertice delle forze navali con base nel territorio metropolitano sta va Supermarina. Le formazioni principal i erano costituite dall a l" squadra navale, raccolta a Taranto con 13 navi maggiori a 24 cacc iatorpediniere, e dalla 2" squadra navale, dislocata a Napoli, Messina e Palermo , con complessivi l O incrociatori e 16 cacciatorpediniere . In sostanza, tutte le funzioni di comando per la guerra ne.I Mediterraneo erano fo rtemente accentrate, salvo la condotta dell'azione tattica. Superaereo esercitava azione di comando sulle grandi unità aeree destinate ad agire sui teatri d'operazioni europei e sul Mediterraneo: la 1:1 squadra dislocata nella valle padana, la 2" squadra in Sicilia, la 3" squadra in Toscana-Lazio e la 4a Zona aerea tenitoriale (che presto diventerà la 4" squadra aerea) nelle Puglie. Quanto agli impegni operati vi, il R. Esercito impiegava un quinto delle forze in Libia, con un compito decisamente difensivo; la R. Marina poteva ded icarsi in toto al Mediterraneo, ma limitandosi in sostanza a garantire il controllo del Canale di Sicilia; la R . Aeronautica, la cui dottrina pur non identificandosi con le teorie del Douhet tendeva ad una guerra propria, si trovava con metà degli apparecchi da bombardamento e da caccia vincolati agli scacchieri europei, circa un quarto decentrato ai Comandi Superiori dell'Africa settentrionale e dell' Egeo, e solo il rimanente effettivamente alla mano per La lotta nel cielo del Mediterraneo: i nove stormi p.iù quattro gruppi della Sicilia e della Sfu-degna. Con queste disponibilità essa doveva garantire il dominio dell'aria, concorrere alle operazioni della flotta, sommarsi all'occorrenza agl i stormi della L ibia a favore delle operazioni terrestri in quel teatro d'operazioni.

3. GLI ULTIMI

ORDINI

Il 7 giugno Graziani trasmise al Comando gruppo d'armate Ovest le direttive ricevute lo stesso giorno eia Badoglio circa il comportamento da osservare contro la Francia all'apertura delle ostilità. E precisò, per non lasciare il minimo dubbio: nessuna azione oltre frontiera, nessun passo oltre confine, nessun sorvolo aereo su territorio francese45 . Poi , nell a tarda serata del IO giugno, a seguito di preavviso telefonico, in viò

45 V1:sicE.\IZO GALLINARI. Le operav<>11i del giug110 1940 sulle Alpi occidemali, US-

SME, Roma 1981, doc . I.


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POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

la comunicazione formale: «Stato di guerra contro Francia e Gran Bretagna ha inizio ore zero domani undic i giugno. Non, dico non, fare brillare nessuna interruzione salvo caso di necessità» 46 . Dal canto suo Pricolo affermò che «dopo tante perplessità e ordini e contrordini, ero ri uscito ad ottenere da Badoglio l'autorizzazione di bombardare subito gli aeroporti della Francia meridionale e della Tunisia, per prevenire un probabile uguale attacco da parte dei francesi sui nostri campi di schieramento nella valle padana e soprattutto in Sicilia»47 . In questo orientamento, nonostante la lettera di Badoglio del giorno 7, diramò le proprie disposizioni operative - evidentemente già preparate - ad integrazione di quanto disposto nel P.R. 12, riservandosi però l' ultima parola: «( ...) Salvo ordini in contrario, è mio intendimento che le prime azioni offensive siano portate suJlc basi aeree nemiche (azioni di controaviazione) , specialmente su quelle della Tunisia, della Corsica, da l bacino Rhòne-Saone e di Mal ta, per le quah località esecutive di massima sono già indicate nel documento P.R. 12. ( ...) Questa prima azione offensiva dell'Armata Aerea dovrà essere condotta con la massima energia, facendo partecipare tutti i velivo li efficienti, senza conservare riserve. Salvo ordini diversi l'operazione dovrà avere inizio alle prime luci del giorno ( ...)» 48 .

TI. 9 giugno, a seguito della riunione tenuta eia Badoglio il giorno precedente , prescrisse ai Comandi delle grandi unità aeree che l'attuazione cli qualsiasi azione offensiva dovesse aver corso dopo ordine e confenna di Superaereo49 . Per quanto riguardava i principal i obiettivi aerei, la Corsica poteva essere attaccata qualora l'offesa fosse part.ita dall'isola; I' azione su Alessandria non doveva essere effettuata per evitare che bombe cadessero sulla città; per Malta e Gibilten-a riserva di ordini. Nella serata del giorno 10 il Comando Supremo diramò l'ordine cl'operazioni n. I, con cui ribadiva il vincolo di soprassedere «fino a nuovo ordine a qualsiasi operazione offensiva». All'Aeronautica era consentito il solo controllo, mediante la ricognizione, dei movimenti 46

Ibidem, p. 9 1. F. PRICOLO, La Regia Aeronautica 1939-1941, cit., p. 20]. 48 FRANCESCO MATTESINJ E MARIO CERMELU, Le direttive tecnico-operative di Su.peraereo, USSMA, Roma s.d., I, tomo I, doc. 8. 4 9 G IUSEPPE D'AVANZO, Ali e poltrone, Ciarrapico, Roma l 98 l , p . 275 . 47


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delle flotte nemiche; mentre alla caccia, impegnata in crociere di vigilanza, era vietato dì portarsi a meno cli dieci chilometri dalle fron tiere. Con ciò - osservò tristemente il gen . Santoro - «si ottenne il risultato di dare ai Comandi dipendenti, prima ancora che le ostilità fossero iniziate , l' impressione cli disordine e di incertezza nell 'azione di comando di S uperaereo» 50 . Se, per le operazioni terrestri, Superesercito e Superaereo in territorio nazionale ed i Comandi Superiori delle Forze Armate oltremare non avevano, in sostanza, che a riferirsi al P.R. 12 con l'aggiunta delle ulteriori t:,recisazioni ricevute da Badoglio, per il teatro d'operazioni del Mediterraneo il discorso cambiava. Qui pur essendo tutte le tre Forze Armate in varia misura e per motivi diversi interessate, spiccava la netta preminenza della Marina, tanto che in ce110 modo ricevette carta bianca. Trattandosi del teatro d'operazioni sul quale si concentreranno g li eventi determinanti della nostra guerra, si impone qualche considerazione cl ' ordine generale. Premessa l' assoluta convinzione cli Mussolini di disporre cli una Marina e di un'Aeronautica realmente fortissime 51 , ricordiamo che egli, nella memoria del 31 marzo , aveva stabilito per la Marina una direttiva tanto enfatica quanto vaga: «Offensiva su tutta la linea del Mediterraneo e fu ori», provocando due messe a punto. La prima, immediata, di Badoglio, il quale il 9 aprile si era rivolto ai capi di Stato Maggiore ridimens.ionanclo il concetto - a quanto sembrerebbe d'autorità - con una cauta precisazione: «Circa 1'a1.ione a fondo della Marina, io dico che bisogna interpretarla nel senso non di gettarsi a testa bassa contro le flotte ing lese e francese, ma di assumere una dislocazione, soprattutto con i sommergibili , atta ad intralciare il tra ffico degli avversari »52 .

La seconda messa a punto fu dell'amm. Cavagnari con la nota lettera del 14 aprile, la cui schiettezza scevra di polemica, suscitò in Musso50

Ibidem, p. 276. Ricordiamo che nel dhcorso tenu to il 15 marzo 1939 alla Camera Cavagnari presentò la R. Marina come prtmla al confronto anche con le più forti Marine da guerra. E l' Aeronautica stava facendo incetta di primati. 52 USSME, Verbali delle riunioni te11we dal capo di S1a1o Maggiore Generale, c it., l, verb. n. 3 cit. 51


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POLITICA ESTR/\TEGl/\ l N CENTO A NNI DI GUERRE ITALIANE

lini amarezza ed irritazione53 , senza peraltro dar luogo a repliche. Il capo di Stato Maggiore della Marina spiegò infatti che la mancanza di un importante obiettivo strategico, da conseguire mercé l'azione congiunta delle tre Forze Armate, riduceva il compito della R. Marina a quello dì battere le forze navali avversarie e che questo compito non appariva assolvibile, vista l'efficienza della flotta italiana compromessa dalla troppo scarsa aviazione da ricognizione marittima, dal probabile insufficiente concorso dell'Aeronautica, dalle deficienze numerica e di attrezzature delle nostre basi navali e dalla carenza di naviglio silurante. La prima direttiva navale - DINA. Zero - diramata da Cavagnari il 29 maggio delineava anzitutto le presumibili linee d'azione nemiche, pa1tendo dalla constatazione che la conformazione del Meditemmeo e la dislocazione delle basi offrivano agli Alleati l[u·ga possibilità di dominio dei bacini di ponente e di levru1te, mentre all'Italia consentiva una prevalenza nella zona centrale. La dislocazione delle forze britanniche si sarebbe concentrata, dunque, ad Alessandria, utilizzando Malta per poche unità sottili e subacquee; mentre la flotta francese si sru-ebbe appoggiata con il grosso a Gibilterra ed a Mers el-Kebir e con le fè:>17e leggere e subacquee a Tolone ed a Biserta. Ciò posto, sin dal.l'inizio erano prevedibili azioni navali nemiche contro il nostro dispositivo del Canale di Sicilia e contro le l.inee di traffico fra Italia e Libia; bombardamenti aerei delle nostre basi navali; attacchi aeronavali contro Tripoli e le città costiere della Sicilia; ricerca di combattimenti in condizioni di vantaggio contro le nostre forze navali, attirandole in zona opp01tune per mezzo delle azioni predette. Da questa valutazione derivava l'opportunità di impostare le nostre operazioni sui seguenti criteri generali: «a. Mantenere atteggiamento difensivo a ponente ed a levante, ed atteggiamento offensivo e controffensivo nello scacchiere centrale; b. impedire la riunione dei due grossi avversari, valorjzzando per la nostra manovra il dispositivo del Canale di Sicilia; c. svolgere attività insidiosa nelle acque delle basi nemiche in correlazione ad attacchi aerei sulle basi stesse; d. agire con forze. insidiose e leggere contro le linee di comunicazione di maggiore importanza per il nemico; e. cogliere e sfruttare a fondo ogni occasione di scontri parziali in condizioni cli superiorità o parità di forze; 53 Secondo

il gen. Soddu, Mussolini ebbe una violenta reazione accorgendosi che i capi di Stato Maggiore erano contrari alla guerra (UBALDO SOODU, Memorie e riflessioni di un soldato, dattiloscritto, pp. 58-59).


lL PROBLEMA STRATEGICO

193

f. creare con iniziative opportune le occasioni stesse coordinando l'azione delle forze di superficie con quelle di masse di sommergibili e cli aerei; g. evitare in massima di affrontare forze navali avversarie decisamente prevalenti; h. impegnare appena possibile il grosso delle nostre forz,e navali (squadra delle corazzate) con l'avversario, fino a che le sue forze in Mediterraneo non saranno state molto rinforzate e quando lo scontro possa avvenire più prossimo alle nostre basi che a quelle nemiche; i. proteggere le nostre comunicazioni con le Isole, la Libi.a e l'Albania; l. difendere gli obiettivi territoriali con i mezzi locali» 54 .

In sostanza, il documento poneva in evidenza due concetti. Il primo, a base,dell'ipotesi di guerra, affermava che l'entrata in campo dell'Italia a conflitto iniziato le precludeva ogni possibilità di sorpresa e, per converso, faceva ritenere possibili immediati atti ostili eia parte nemica. Ad implicito sostegno di questa tesi, molto discutibile, stava l'indisponibilità cli idonei mezzi d'offesa: portaerei, mezzi d'assalto della Marina, aerosiluranti, paracadutisti; ma in realtà il discorso andava capovolto. Se fin dal 1938, dopo la crisi di Monaco, la pianificazione avesse preso in cons.iderazione ed accettato il principio di aprire le ostilità con un subitaneo intervento contro Malta od Alessandria, una risoluta volontà avrebbe potuto imporre una tempestiva organizzazione interforze ad hoc - portaerei a parte, giacché l'impostazione di un loro programma era ormai troppo tardiva - ed è lecito pensare attuabile una mossa iniziale atta a migliorare sensibilmente il rapporto di forze o danneggiare il flusso dei rifornimenti britannici. «Non so perché - commentò più tardi l'amm . Cunningham - gli italiani non abbiano mai tentato di ostruire il canale cli Suez né di rovinare il porto di AJessandria col far saltare in aria una na- ve» 55 , ed in effetti sarebbe stato ben difficile per gli inglesi impediJe che una o due navi cariche cli munizioni o cli cemento si facessero saltare in aria, bloccando il canale e dando concretezza all'inizio delle ostilità56 . 11 54 GIUSEPPE FrORAYANZO, L'organizzazione della lvlarina durante il conflillo, USSMM, Roma 1972, tomo l, app. 7. 55 ANDREW CUNNINGHAM, L'odissea di un marinaio, Garzanti, Milano 1958, p. 49. 56 Nell'agosto I 940 il Comando Supremo trasmise a Superaereo, per l'esame e parere, un progetto di azioni intese a realizzare la temporanea inutilizzazionc del canale di Suez a mezzo di autoaffondamento di piroscafi o bombardamento aereo. Superaereo rispose che il primo tipo di azione sfuggiva, evidentemente, alla sua competenza e comunque appariva tardivo, e che il secondo presentava notevoli difficoltà tecniche di realizzazione. In ogni modo, poiché al canale facevano capo soltanto i rifornimenti per l'Egitto provenienti regolarmente dall'Oceano Indiano e saltuariarnente dal Mediterraneo, anche


194

POLITlCA E STRATEGIA IN CENTO ANN I DI GUERRE ITALIAN I;

secondo concetto, riflettente l'impiego della flotta, si traduceva nell'orientamento ad impegnare il grosso delle forze navali appena possibile e prima che il nemico venisse rinforzato; in altre parole esprimeva la convinzione che il tempo lavorasse per gli Alleati. Tuttavia tale orientamento era frenato dalla prescrizione di evitare, sia pure in linea di massima, di affrontare formazioni navali decisamente superiori. Dall'esame delle forze contrapposte in Mediterraneo alla data del 10 giugno si vede subito che l'Italia si trovava in forte svantaggio per le navi maggiori ed in altrettanto forte vantaggio per il naviglio sottile: Navi

Italia57

Gran Bretagna58

Francia59

Navi da battaglia .......... portaerei ....................... incrociatori pes ............. incrociatori legg ........... cacciatorpediniere ........ sommergibili ................

2

4 1

5

7 12 53

86

10 35 12

7 7 40 42

Ma un confronto tra le singole disponibilità e le forze complessive è meno eloquente di un quadro che tenga conto delle dislocazioni: Navi

bacino occidentale

settore centrale

bacino orientale

Navi da battaglia ..........

4 francesi 1 inglese

2 italiane

10 francesi

19 italiani

cacciatorpediniere ........ 37 francesi

53 ital iani

4 inglesi I francese 1 inglese 9 inglesi I francese 26 inglesi 3 francesi

portaerei ....................... incrociatori ...................

se il canale fosse stato ostruito per un tempo più o meno lungo, il traffico avrebbe fatto capo ugualmente a Suez ed a Porto Said con successivo cambio di mezzo di trasporto. 57 I dati si riferiscono alle navi in linea. 58 A. C UNNfNGIIAM, L'odissea di un marinaio, cit., p. 50. 59 RAYMOND DE BELOT, La Marine française pendant la campagne 1939-1940, Plon, Paris 1954.


IL PROBLEMA STRATEGICO

Al momento della nostra entrata in guena, per quanto le sorti della Francia volgessero chiaramente al peggio, non si poteva ce1to trascurare la presenza della flotta francese. Conseguentemente l'atteggiamento deciso da Supermarina - offensiva o controffensiva nel settore centrale ciel Mediterraneo - era corretto. Tuttavia la condotta delle operazioni navali presenterà motivi di discussione. Anzitutto una direttiva generale dello Stato Maggiore della Marina, che esaltava lo spirito aggressivo deUa formazione navale in inferiorità di forze, era seguita eia una frase che non si può dire offrisse norma sicura a chi aveva la responsabilità tattica di un'operazione in mare: <<La difficoltà di rimpiazzare in guerra le unità perdute impone ponderazione prima di intraprendere un 'operazione; ma la possibilità di perdite non è elemento sufficiente per indurre a rinunciare ad un'azione o ad interromperla se iniziata» 60 .

Infatti, ebbe ad osservare l'amm. Jachino, «all'atto pratico , Supermarina si regolò sempre o vincolando direttamente l'azione dei comandanti superiori in mare, oppure imponendo loro la norma restrittiva cli non impegnarsi in condizioni cli inferiorità» 61 . In secondo luogo, rilevò ancora .Tachino, il principale avversario, l'amm. Cunningham, «rispondeva naturalmente della sua attività bellica all'Ammiragliato, ma fin tanto che manteneva un contegno decisamente aggressivo aveva ampia libertà d'iniziativa, sicuro cli non essere mai criticato. Solo in caso di inattività o cli eccessiva prudenza in combattimento, egli rischiava cli essere sconfessato da Londra e probabilmente anche sottoposto al giudizio di una corte marziale»62 .

Dulcis infundo: soltanto il 7 giugno le navi in navigazione ricevettero l'avviso di pericolo cli guena, cosicché il 35% ciel tonnellaggio com-_ plessivo della marina mercantile fu perduto prima ancora del! 'inizio delle ostilità. Quella perdita, ciel tutto gratuita, costituì una «tremenda sconfitta» , che ebbe ripercussioni sull'intero andamento della guerra63 , giacché alla Marina venne a mancare una gran parte dei mezzi di trasporto tanto necessari per l'alimentazione della lotta, specialmente in Africa.

60

A . J ACHINO, 1i·amonlo 61 Jbidem, pp. 172-173.

61 Ibidem,

di una grande lvlarina, cit., p. 172.

p. 142.

63 ROMEO BERNOTTI, Storia

della guerra nel lvfediterraneo, Bianco, Roma 1960.



PARTE SECONDA

LA GUERRA PARALLELA (1940-1941)



Capitolo IV LA CAMPAGNA CONTRO LA FRANCIA

1. LE OSTILITÀ

fl discorso tenuto da Mussolini alle 18 del 1O giugno dal balcone cli Palazzo Venezia dette l'annuncio dell'avvenuta consegna della dichiarazione di guerra agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia non soltanto al popolo italiano, ma anche a quelli britannico e francese, nonché ai principali interessati: i comandanti del gruppo d ' armate ovest e delle armate l" e 4a eia un lato, ed il comandante dell'Armée des Alpes dall'altro. I primi ricevettero, come sappiamo, la perentoria disposizione cli Graziani di non far brillare alcuna interruzione, salvo il caso di necessità; il secondo ordinò immediatamente ai comandanti del XIV e del XV corpo d'armata di far saltare tutte le interruzioni previste non appena passata la mezzanotte. Cosicché vennero interrotte le strade adducenti al confine italiano, la galleria del Fréjus e le ferrovie per Cuneo e Ventimiglia. La misura adottata lasciava all' Armée des Alpes la sola possibilità della difensiva, ma rendeva pressoché impossibile una subitanea offensiva italiana. La situazione che ne derivò fu dunque la seguente . Il Comando francese si ridusse alla pura e semplice difesa ad oltranza; quello italiano si iITigidì nel contegno «assolutamente difensivo» prescrittogl i. Nessuno dei due nutriva velleità offensive, ma ognuno attribuiva tale in: tenzione all'altro 1• Nessuno dei due voleva tirare il primo colpo, ma ci fu chi si intromise e provocò l'inevitabile rottura del mutuo proposito di rimanere con l'arma al piede. Nel pomeriggio del!' 11 giugno atterrarono a Salon-en-Provence i primi Wellington inviati dall'Inghilterra per bombardare obiettivi in Italia, senonché verso sera gli aerei che si apprestavano a decollare per

Dopo un'ispezione effettuata il 6 ed il 7 giugno alla frontiera con la Francia, Graziani mostrò una certa inquietudine per l'even tuali tà di un a ttacco francese (E. FALDELLA, L'Italia nella seconda guerra mondiale, cit., p. 165). 1


200

POI,JTICA ESTRATEGlA IN CENTO ANN I DI GUERRE ITALIANE

compiere un'incursione sulle officine aeronautiche di Taliedo, nei pressi di Milano, trovarono le piste sbarrate da automezzi francesi per ordine del gen. Vuillemin, capo di Stato Maggiore dell'Armée de l'Air! Allora Churchill, che rnjrava a coinvolgere subito la Francia, ordinò che il raid partisse direttamente dall'Inghilterra con gli stabilimenti Fiat di Torino per obiettivo. La formazione aerea inglese si ridusse, volo durante, a causa delle cattive condizioni meteo , talché solo una quindicina cli apparecchi proseguì fino a Torino, dove nelle pr.ime ore del 12 sganciò il carico di bombe causando 15 morti e 30 ferìtì2 . L' incursione fu, lì per lì, attribuita ai francesi e di conseguenza Superaereo ricevette disposizioni di dare il via alle azioni offensive previste contro gli obiettivi in Francia, in Corsica ed in Tunisia. Così il giorno 12, nel primo pomeriggio, furono colpiti l'aeroporto, l'idroscalo e la base dì sommergibili di Bise1ta; poi le basi aeree della zona di Tunisi; nella tarda serata fu la volta degli impianti marittimi di Tolone e la base di Hières. Il bombardamento di Torino, però , dovette colpire Mussolini. Facciamo un passo indietro. Il 2 giugno, nel congratularsi con Hitler per il successo rip011ato nelle Fiandre e nell'annunciargli la decisione di dichi::u·are guerra il giorno 10 ed aprire le ostilità I' 11, Mussolini aveva espresso il desiderio di «vedere almeno una rappresentanza» dell'esercito italiano a fianco delle unità tedesche. Questa «rappresentanza» sarebbe stata costituita da «alcuni reggimenti cli bersaglieri che sono soldati valorosi e resistenti» 3 . Hitler rispose una settimana più tardi attraverso l'ambasciatore von Mackensen: accettava l 'offerta dei bersaglieri ed in cambio si riprometteva di ricambiare con alcuni reggimenti di alpenjaeger4 . Mussolini ne fu lietissimo e ne parlò subito con Badoglio che convocò Graziani e Roatta per sentire la loro opinione. Entrambi concordarono nel mostrarsi contrari all'invio di truppe in Germania <<dato il loro stato di preparazìone» e, qualora fosse stato inevitabile, indicarono preferibile mandare una divisione motorizzata completa. Badoglio approvò e convinse Mussoolini5, il quale allora offrì una divisìone motocorazzata (?) contro 50 batterie contraerei da 88 con serventi e munizìoni «per mostrare - spiegò a Hitler - il nostro cameratismo»6. L'invi-

2 JACQUES BENOIST-MÉCHIN, Soixante jours

qui ébranlèrent l'Occident, ed. Albin, Pa-

ris 1956, II, p. 147. Cfr. USStv1E, Diario storico del Comando Supremo, cit., I, torno I, p. 8. 3

Mussolini a Hitler in data 2.6.1940, DDl, 9" serie, IV, doc. 706. Hitler a Mussolini in data 9.6.1940, ibidem, IV, doc. 828. 5 USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., I, torno I, p. 6. 6 Mussolini a Hitler in data 12.6.1940, DD1 , 9" serie, V, doc. 9. 4


LA CAMPAGNA CONTRO LA~F-"' RAf c,;. · N:.::,: C~IA' - -- - -

20 1

dia ed il disagio di Mussolini sono quasi patetici per le contraddizioni che suscitavano nel comportamento del Duce: prima decide, anzi s' impunta sulla «guerra parallela» da condu1Te da solo per non dovere alcunché all'alleato; adesso, posto di fronte ad una realtà sottovalutata, si vede costretto a chiedere l'elemosina di un certo numero di batterie contraerei, nonostante appena qualche giorno prima l'Oberkommando der Wehrmacht avesse nettamente rifiutato la consegna mensile di tre batterie ciel genere, promessa da Goering il 19 marzo, in quanto «data la distruzione dell'aviazione avversaria - comunicò il ten. col. Teucci, addetto aeronautico a Berlino - non ne abbiamo più bisogno»7 .

Le cose fra Italia e Francia andavano complicandosi. All 'alba ciel 14 giugno una formaz ione navale francese cannoneggiò gli impianti di Vado ligure, cli Savona e di Genova. Era la risposta al bombardamento aereo di Tolone. Se l' incursione aerea su Torino aveva preoccupato Mussolini, quella navale, contrastata solamente e bravamente dalla torpediniera Calata/imi, lo ferì per l'evidente sapore di sfida. In quei primissimi giorni sul fronte alpino avevano avuto luogo azioni cli pattuglia d'ambo le parti: un'attiv ità, tutto sommato, di importanza loc,ùe e di entità limjtata. L'entrata dei tedeschi in Parigi, avvenuta proprio il giorno 14, alzò subito il live)lo degli scontri ed a Roma si cominciò a pensare ad un'offensiva cli respiro più ampio delle operazioni pur previste dal P.R. 12. Già il 13 giugno Roatta aveva sottoposto all'attenzione di Graziani tre possibili linee d'azione cli impegno crescente: occupazione del Piccolo San Bernardo e ciel Colle della Maddalena; offensiva su ampia scala ma allo scopo di agevolare la conquista dei predetti obiettivi; avanzata da tutti i valichi ove si fosse palesato il collasso francese 8 . Il 15 giugno l'ambasciatore von Mackensen consegnò a Mussolin"i la risposta di Hitler al messaggio ciel 12. Al punto in stavano gli eventi scriveva il FOhrer - non sembrava più il caso che truppe italiane partecipassero alle operazioni tedesche 9. Fu un'ulteriore spinta ad agixe e Mussolini sollecitò Badogl io ad ordinare un'offensiva contro le posizioni francesi di frontiera per il 18. Badoglio , a suo dire, replicò che per un'offensiva del genere occorreva cambiare radicalmente lo schieramento da difensivo, quale era, ad offensivo e ciò richiedeva all'incirca 25 7 L. SIMONI, Berlino,

ambasciata d' Italia, cit. , pp. 8 e 125. Le operazioni del giugno 1940, cit., pp. 98-99. 9 J. BENOJST-MÉCHJN, Soixante jours qui ébranlèrenr l'Occident, cit., II, p. 235. 8

V.

G ALUNAR l ,


202 - - - - - - - - - - - - - - f'OUTJCA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE lTALli\NE

giorni . In secondo luogo una simile iniziativa appariva francamente inopportuna. Dal punto di vista strategico la Germania non aveva affatto bisogno dell'intervento italiano per completare la sua vittoria; dal punto di vjsta militare , le forze armate francesi si trovavano sull'orlo del dissolvimento. Perciò, senza alcuna necessità od utilità ci saremmo esposti ad un severo giudizio dell'opjnione pubblica internazionale. Mussolini, allora, dopo un breve calcolato silenzio e con un atteggiamento volutamente grave, avrebbe risposto: «Signor Maresciallo, lei come Capo di Stato Maggiore Generale è mio consigliere sulle questioni militari, non su quelle politiche. La decisione d.i attaccare la Francia, appunto per le considerazioni da Lei accennate, è una questione essenzialmente politica della quale ho io solo la decisione e la responsabilità. Le guerre attuali non sono come i duelli fra i cavalieri del Medio Evo o i combattimenti alla Fontenoy, nei quali una parte invitava l'altra ad iniziare il fuoco. La guerra ora si fa per annientare il nemico, e tutte le circostanze favorevoli devono essere afferrate per conseguire questo scopo. Del resto io intendo reclamare, fra l'altro, non la Savoia, che è francese, ma Nizza, la Corsica e la Tunisia. Se ci limitiamo ad assistere al crollo francese non avremo alcuna ragione per pretendere la nostra parte di bottino. Circa lo schieramento ed al tempo occorrente per assumere una dislocazione cli attacco, ritengo che - date le condizioni in cui si trova l'esercito francese - non sia necessario perdere tanto tempo per portare avanti le artiglierie. Ma darò io stesso gli ordini al Capo d i Stato Maggiore dell'Esercito» 10 •

TI discorso di M ussolini non era pr.ivo di logica sul piano politico, di cuj dvendicava il potere decisione e la responsabilità. Avendo dichiarato la guerra a risultato quasi acquisito per sedersi al fianco del vincitore con il minimo rischio , era giunto il momento per almeno un reale impegno militare , sia pure in extremis 11 • Sta di fatto che qualche concessione dovette farla, perché Badoglio chiamò Roatta e, ragguagliato sulle tre ciIO PIETRO BADOGLIO, L'Italia nella seconda guerra mondiale, Mondadori, Milano 1946, pp. 45-47 . A parte il poco credibile uso del Lei di Mussolini, Badoglio ricorda che, uscendo dal colloquio ed incontrato Ciano, questi intul il breve scontrn dall'espressione del maresciallo e commentò all'indirizzo di Mussolini: «Vuol fare il Maramaldo!». Tuttavia dal suo diario risulta che Ciano l' 11 giugno partl da Roma per recarsi a Pisa ad assumere il comando del gruppo da bombaJdamento assegnatogli e che rientrò nella capitale il 17 per recarsi a Monaco con Mussolini (G. CIANO, Diario, cit., pp. 442-443). 11 Roatta osservò che la decisione di Mussolini «era abbastanza logica dal punto di vista politico, perché sarebbe apparso i.nspiegabik di entrare in guerra contro la Francia per rimanere inattivi e spettatori, al di qua della frontiera» (M,\RJO RoAn.\, Otto milioni di baionette, Mondadori, Milano 1946, p. 98).


?03

LA CAMPAGNA CONTRO LA !.. FRA ,= N:,: C,.<: IA,___ _ __

tate possibili operazioni , scelse la prima e ordinò di «far assumere lo schieramento per l'effettuazione delle due azioni offensìve» 12. Mentre avevano corso gli ordini conseguenti, il 16 giugno, in un'atmosfera di estrema tensione il governo Reynaud si climise13 ed il presidente Lebrun affidò l'incarico di formare un nuovo governo al maresciallo Pétain, disposto ad iniziare trattative con i tedeschi. La soluzione della crisi ministeriale francese fece temere a Roma che la Francia mirasse a concludere al più presto un armistizio separato con la Gennania, continuando la gue1Ta - difensiva sulle AJpi - con l'Italia. Il geo. Roatta, allora, sempre nel quadro delle direttive di Badoglio, convocò a Roma i capi cli Stato Maggiore del Comando gruppo d'armate Ovest e della l", 4" e 6" annata (o armata del Po), quest'ultima in afflusso in Piemonte, per un esame congiunto della situazione sul fronte occidentale, sia per l' ipotesi di una tenace resistenza francese appoggiata ai sistemi fortificati, sia per l'eventualità di un crollo14 . Si trattava, in definitiva, di aggiornare i piani esistenti ed i preparativi per l'assunzione del dispositivo offensivo riguardo le operazioni B (Piccolo San Bernardo) assegnata alla 6a armata, e M (Colle della Maddalena) assegnata alla l" annata. Questa era l'operazione principale in quanto permetteva di aggirare le difese francesi tra il Colle della Maddalena ed il mare e di giungere a Marsiglia. «Tempo massimo per montare tali operazioni: IO giorni ad incominciare da oggi 16 giugno» precisò Graziani nelle direttive inviate al Comando gruppo d'annate Ovest. Una volta che si fosse determinata la rottura dell'impianto difensivo, l'offensiva sarebbe stata estesa anche ad altre direttrici rotabili, ed in pat.ticolare a quelle del Moncenisio e della Cornice 15 . *

*

*

Nella notte sul 17 giugno a Bordeaux, ove si era trasferito il governo francese per non essere coinvolto nella caduta della capitale, il nuovo

12

USSME, Diario storico del Comando Supremo , cit., I, tomo I, p. 22. Memorie, cit., pp . 398-4"12. 14 Per tale ipotesi il Comando gruppo d'armate era stato invitato ad osservare attentamente ciò che si verificava in campo francese «per avere senza ritardo sensazione eventuale ripiegamento avversario( ...). Resta inteso che in caso ripiegamento avversario si procederà ad occupare sue sistemazioni difensive e si prenderanno subito disposizioni per ulteriore inseguimento». 15 V. GALLJNART, Le operazioni del giugno 1940, cit., doc. 4. 13 P. REYNAUD ,


=2 .c. 04 ' - - - - - - - - - - - - - - - - -'l'O ccL=.clTICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

LA BATTAGLIA DELLE ALPI OCCIDENTALI (giugno 1940)

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Linu ra~giunta delle truppe ihrDirtllriu di attacco ,. .&O .so .. " ......

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_ _ _-==. 205

ministero degli Esteri, Baudouin, consegnò all'ambasciatore spagnolo la richiesta alla Germania di far conoscere le condizioni per un armistizio, affinché da Madrid fosse ritrasmessa a Berlino. Qui arrivò verso le 3 ciel mattino e nella tarda mattinata Hitler fece telefonare a Roma per mettere Mussolini al corrente del passo francese e per invitarlo ad un colloquio a Monaco il giorno seguente 16 . La stessa richiesta venne rivolta all'Italia, ma attraverso il nunzio apostolico , talché Palazzo Chigi ricevette la comunicazione ufficiale solo a mezzogiorno del 18 17 , e subito Mussolini fece sapere di non gradire il tramite del Vaticano. Perciò il governo francese ritrasmise a Roma la richiesta d'armistizio attraverso la Spagna. Però 'Volle introdurre una sfumatura di tono: mentre la nota per Berlino parlava di «domandare la cessazione delle ostilità e cli informarsi sulle condizioni di pace>>, quella per Roma chiedeva di «esaminare insieme con esso la cessazione delle osti! ità» 18 . Nel frattempo Mussolini venne a conoscenza del discorso fatto dal maresciallo Pétain al popolo francese alle 13,30 (ora italiana) del 17, con la frase «C'est la coeur percé que je vous dis aujourd'hui qu'il faut cesser le combat» 19 . Ovviamente si allarmò, rendendos i ben conto delle implicazioni negative di una prematura interruzione delle ostilità: che cosa avrebbe potuto pretendere l' Italia? Chiamò subito Badoglio e sollecitò nuovamente l'inizio dell 'offensiva; poi, non potendo contestare le difficoltà opposte cl ali' ambiente montano e la complessità del cambiamento del dispos itivo, finì per consentire che almeno l'operazione del Colle della Maddalena fosse avviata al più presto20 . La previsione di un collasso fra ncese, come sappiamo, era già cala colata e le circostanze indussero Superesercito ad apportare alcune modifiche al piano di offensiva generale già approvato. In sintesi, la 4" ar16 Anfuso a Ciano in data 17.6.1940, DDI, 9" serie, V, doc. 36. 17 Auolico a Ciano in data 18.6.1940, ibidem, V, doc. 43. Secondo il Benoist-M.é chin, nelle prime ore del 17 il ministro Bauclouin si rese conto cli dover rivolgere analoga comunicazione all'Italia. All'alba chiamò il nunzio ed alle 9,45 gli consegnò una nota pregando di far conoscere al governo italiano il suo desiderio di «trovare le basi di una pace duratura fra i due paesi» (Soixante jours qui ébranlèrent l'Occident, cit., II, p. 293) . 18 FRANCA AVVANTAGGIATO P UPPO, Gli armistizi ji"ancesi del 1940, Giuffrè, Milano 1963 , pp. 179 e 264 . 19 JACQUES CHASTENET, Histoire de la Troisième Republique, VII, Le dràme final, .H.achette, Paris 1963, p. 230. 20 USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., I, tomo I, p. 31.


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POLITICA E STRATEGJA IN CENTO ANNI DI QUERRE ITJ\LIAN~

mata doveva agganciare ed attirare truppe avversarie nonché, se possibile, aprire uno sbocco in valle Tsère attaccando sulla direttrice ciel Piccolo San Bernardo; la 1a armata doveva agire sulle due direttrici ciel Colle della Maddalena (sforzo principale) con obiettivo Marsiglia e della Rivieni (sforzo concorrente) con obiettivo Nizza. A tempo debito sarebbero state messe a disposizione delle due armate altre grandi unità. Inizio delle operazioni: «al più presto possibile, su ordine di questo Stato Maggiore (ad ogni modo non oltre il 23 corrente)»21 . Un anticipo di ben tre giorni sul previsto! Diciamo subito che tale ordine (n. 1926 di prot.) benché preavvisato da Roatta alle ore 13,30 del 17 con una telefonata personale al gen. Battisti, capo di Stato Maggiore del gruppo d'armate Ovest, non avrà seguito pratico perché arriverà a destinazione soltanto ,ùle ore 22 del 18 giugno(!), mentre alle 18,10 di quel 17 giugno Superesercito, su disposizione dello S.M. Generale, comunicò ai Comandi dei gruppi d' armata Ovest e Sud: «Le ostilità con la Francia sono sospese dal ricevere del presente ordine. La preparazione per le note operazioni Gruppo Ovest continua con lo stesso ritmo»22.

Non vi è motivo di eccessiva meraviglia. Mussolini e Ciano stavano per partire per Monaco ed è più che plausibile il loro desiderio di accertarsi personalmente della situazione. Peraltro Badoglio, fatta analoga comunicazione a Supermarina e Superaereo nonché ai Comandi Supe1iori oltremare, tenne ad avvertirli che le forze navali ed aeree francesi sembravano intenzionate a continuare la lotta23 .

li convegno cli Monaco - sul quale ritorneremo più dettagliatamente - si concluse con la piena intesa fra Mussolini e Hitler, eccezion fatta per due punti . Il Fi.ihrer scattò nettamente l'idea it,ùiana cli chiedere la consegna della flotta e dell'aviazione, perché «se poniamo questa condizione tutta la flotta francese passerà agli inglesi»24 e dichiarò che le trattati-

2 1 V.

G,\LLINARI,Le operazioni del giugno 1940, cit.,doc. 5 . Ibidem,p.117. 23 USSNIE, Diario storico del Comando Supremo, cit., I, tomo I, p. 30. La sera del 17 giugno l'anun. Darlan, ministro della Marina, incitò la Mari.na e l' Aviazione navale a proseguire la guerra «con la più feroce energia». 24 P. SCHMIDT, Da Versaglia a Norimberga, cit., p. 453 . 22


LA CAMP,\GNA CONTRO LA FRANCIA

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ve d'armistizio sarebbero state condotte separatamente, anche se quelle tedesco-francesi non sarebbero entrate in vigore se non dopo la firma dell 'armistizio italo-francese25 . Mussolini masticò amaro per tale dichiarazione, chiaro essendo il «distinguo» voluto da Hitler. Una specifica intesa era inoltre intercorsa a Monaco. Riguardava le intenzioni mi litari del momento. Il gen. KeiteJ comunicò al gen. Roatta, anch'egli presente, che le truppe tedesche conti nuavano a combattere e ad avanzare in Francia con immutata determinazione allo scopo di guadagnare quanto più terreno possibile prima della stipulazione dell' armistizio, e chiese quando le forze italiane sarebbero state pronte ad attaccare. Roatta rispose che le armate stavano già procedendo a diverse occupazioni oltre confine per migliorare le condizion i cli sbocco offensivo e che fra tre o quattro giorni si sarebbero mosse. Poi, su richiesta cli Keitel, spiegò che il movimento verso sud dell' ala sinistra tedesca avrebbe agevolato lo sforzo italiano dirigendo una colonna corazzata su Chambéry ed una seconda colonna, sulla destra della precedente, su Grenoble. Keitel concordò e promise di impartire ordini in tal senso26 . Mussolini, debitamente informato da Roatta, approvò e non appena 1ìentrato a Roma nel tardo pomeriggio del 19 confermò a Badoglio la linea di condotta in atto. In breve: «Esercito: ,ìprendere l'attività e continuare l'azione in corso; Marina: nulla di mutato; Aeronautica: continuare l'azione su basi francesi» 27 . Roatta, dal canto suo, alle 20,50 trasmise personalmente al gen. Battisti il seguente fonogramma a firma di Graziani: << Riprendere im mediatamente piccole azioni offensive su luLla la fronte alpina. Prendere o riprendere ovunque contatto con l'avversario, che deve essere incalzato con la massima decisione e col massimo ardire».

Poi aggiunse che, trovandosi i tedeschi non molto lontano da L ione, «può darsi che vi siano truppe francesi nelle opere, ma è molto probabile che quelle mobili retrostanti siano già in ritirata» 28 . Il mattino seguente, mentre sul fronte occidentale avevano luogo con successo, ma senza contrasto degno di nota, piccole azioni oltre 25 Secondo Schmidt, Hitler disse a Ribbentrop: «Non mi passa neppure nell'anticamera del cerve Ilo di far pesare nel.le nostre trattative le an imosità italo-francesi» (ibidem). 26 FR ANCESCO Ross r, Mussolini e lo Stello Maggiore. Avvenimenti del 1940, Regionale, Roma 1951 , ali. 6 , p. 174. 27 USSME, Diario storico del Comando Supremo, c it., I , tomo 1, p. 41 . 28 V. GALLINi\Rl, Le operazioni del giugno 1940, cit., pp. 127-128 .


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POUTlCA E STRATEGIA IN CENTO ANNJ DI GUÉRRE ITALIANE

confine, Mussolini rifletté sulla nota trovata al suo rientro, con la quale il governo francese, trasmise Spagna, chiedeva l'armistizio e nominava gli stessi delegati incaricati di trattare con la Germania, confidando che le trattative potessero aver luogo congiuntamente. Mussolini covava ancora il senso di inferiorità avvertito nel colloquio con Hitler quando questi gli aveva fatto capire di non volere che i francesi «si trovassero davanti tedeschj e italiani in una posizione alla pari»29 . E probabilmente, per converso, si sentì spronato da un appunto del gen. Carboni, capo del S .I.M., nel quale l'intervento italiano era rappresentato come decisivo: «In Francia si è verificato il collasso previsto. Il risultato ottenuto dalla Germania è il frutto logico di una seria preparazione bellica ( ...). Non va dimenticato però il contributo risolutivo portato dall'Italia alla vittoria, nonostante il forzatoritardo del suo intervento diretto( ...) . Il continuo afflusso di unità alla nostra fronte nella fase più critica della grande battaglia è militarmente giustificato. L'armata italiana, presentatasi col peso de.I la sua mole e della sua freschezza alla frontiera alpina, non ha rappresentato - in sostanza - altro che una estrema ala d.i manovra rivelatasi improvvisa, con gigantesco avvolgimento, alle spalle dello schieramento francese in una direzione e in un'ora strategicamente decisiva . L'entità di questa minaccia non poteva non paralizzare ogni possibilità di controffensiva francese, provocando il netto squilibrio delle forze,>30 .

Lusingato da questa inteqJretazione degli aventi, Mussolini chiamò Badoglio e reiterò la decisione di una vigorosa offensiva. Badoglio sj oppose energicamente, sostenendo - a guanto si disse - che l'Italia aveva già assolto il suo dovere cli alleata vincolando sul proprio fronte l'Armée des Alpes, che affrettare inconsultamente un'offensiva equivaleva a rischiare uno smacco e che, infine, non conveniva infierire sulla Francia31 . L'intervento cli Ciano non fece desistere Mussolini dal suo proposito. Infatti nel pomeriggio32 Badoglio e Graziani furono convocati a Palazzo Venezia. Dopo un breve riepilogo della situazione, Mussolini ripeté che era giunto il momento di attaccare. Badoglio, rivolgendosi a Graziani, chiese «testualmente»: «Il parere del capo di Stato Maggiore dell'Esercito?». Que29

G. CIANO , Diario, cit., p. 444. Segreteria particolare del Duce. Carteggio riservato , b. 191, fase. 73. 31 E. FALI)ELLA, L'Italia nella seconda guerra mondiale, cit., p. 176. 32 Il colloquio ebbe luogo alle ore 15 secondo Badoglio (USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., I, tomo I, p. 47), alle ore 17 secondo Graziani (Ho difeso la Patria, cit., p. 213) e Annellini (Diario di guerra, cit., p. 33). 30 ACS,


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sti aveva già presentato al Comando Supremo una memoria sulle operazioni da svolgere alla frontiera occidentale sulla base delle intese intercorse fra Roatta e Keitel e comunicato di essere pronto a sferrare l'attacco per il giorno 23 33 . Non ebbe quindi incertezze nel concludere che, trovandosi ì tedeschi già nei pressi di Grenoble (in realtà erano soltanto a Lione), considerava le circostanze propizie per impegnare i francesi a sud con la l" armata ed attaccarli a nord con la 4". Il parere di Graziani, secondo Faldella viziato da insufficiente conoscenza della frontiera francese34, fu accettato da Badoglio. Mussolini allora «troncò ogni discussione e, tra perentorio e suadente, ordinò a Badoglio di dare ordine, a sua volta, per l\ nizio dell'attacco l'indomani mattina» 35 . Tornato allo Stato Maggiore dell'Esercito, Graziani telefonò alle 17,45 al Comando gruppo d'armate Ovest preavvisando le nuove direttive e spiegandone la necessità: «I tedeschi hanno occupato Lione. Bisogna evitare nel modo più assoluto che siano i primi ad arrivare al mare. Per questa notte alle 3 dovete attaccare su tutta la fronte dal San Bernardo al mare. Aviazione concorrer~t con masse da bombardamento sulle opere e sulle città. T tedeschi nelle giornate di domani e di dopodoman.i faranno concorrere colonne corazzate partenti da Lione dirette su Chambéry, Saint Pierre de Charte e Grenoble»36 . Ma le cose non andavano affatto lisce. Le due armate sul fronte occidentale avevano ricevuto nella tarda mattinata del giorno precedente (19 giugno) l'ordine n. 1926 di attacco per il 23 inviato da Superesercito il giorno 17. Alle ore 9 del 20 , mentre la preparazione era in affannoso sviluppo , arrivò il fo nogramma n. 2329: ,,Domani 21, iniziando azione ore 3, IV e I arn1ata attacchino a fondo su tutta la fronte. Scopo: penetrare il più profondamente possibile in territorio francese» 37 .

Il gen. Pintor, comandante della 1a armata, non appena lesse il messaggio telefonò dfrettamente a Roma, dichiarando a Roatta di «trovarsi 33 USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., I, tomo f, pp. 44 e 47. 34 E. F ALDELLA, L'Italia nella seconda guerra mondiale, cit., p. 176. 35

R. GR1\ZIANI, Ho difeso la Patria, cit., p. 2 14. Diario storico del Comando gruppo d'armata Ovest in data 20.6.1940. Questa telefonata, fatta alle 17 ,45 dallo Stato Maggiore dell'Esercito, sembra confermare che il colloquio a Palazzo Venezia sia avvenuto alle 15 e non alle J7. 37 E. FALDELLA , L'Italia nella seconda guerra mondiale, cit., p. 178. 36


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_ _POLITICA E STIUITEG IA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

assolutamente impreparato ad eseguire domani l'attacco». La telefonata, intercettata fra le tante dai servizi ciel ministero degli Interni e subito riferita, fece sorgere dubbi nell'animo cli Mussol ini , che incaricò il gen. Soddu, in quel momento a Palazzo Venezia, di far sospendere l'offensiva38. Alle proteste di Graziani per il susseguirsi di ordini e contrordini, Mussolini fece chiedere da Sodclu se l'offensiva non avrebbe intralciato la conclusione dell'armistizio. Le notizie recate da Soddu sciolsero i dubbi ed imposero cli mantenere gli accordi presi con Keitel. Secondo una recente telefonata del gen. Marras da Berli.no , l'Oberkommando der Wehrmacht aveva già diramato gli ordini per le colonne da dirigere su Chambéry e Grenoble e desiderava conoscere l'ora della nostra offensiva. L'incontro con i plenipotenziari francesi sarebbe avvenuto l'indomani 21 , alle ore 11 a Rethoncles39 . Allora Mussolini confermò l'ordine per l'offensiva, ma unicamente per la 4" armata. Badoglio scrisse nel diario storico del Comando Supremo: «Alle ore 21 sono stato informato che l'attacco sarà sferrato solo dal Piccolo San Bernardo, abbandonando così l'idea dell'attacco contemporaneo dal Colle della Maddalena». Da pa1te francese, il gen. Olry vide chiaramente l'immanente pericolo di avvolgimento tedesco. Vi fece fronte in certo modo con quanto aveva sottomano - ostacoli e reparti -, ma non volle modificare lo schieramento in atto dell'Armée des Alpes perché, quand'anche avesse voluto apportare qualche variante, il carattere di irruzione delle forze tedesche lo avrebbe esposto ad essere colto «in flagrante delitto di cambiamento». Perciò «l'Année des Alpes è stata posta di fronte all'Italia: essa vi resta»40 . Il 21 giugno, alle 6,30 iniziò il bombardamento delle fortificazioni francesi ad opera della I" squadra aerea (gen. Fougier). A causa soprattutto delle pessime condizioni meteorologiche, i risultati furono lungi da quanto immaginato. II gen. Pricolo fu esplicito: <<Negli ultimi tre giorni precedenti l'armistizio, io ed il mio Stato Maggiore dovemmo piegarci all'impiego più assurdo e meno redditizio che si potesse immaginare, mai previsto negli studi. e nelle esercitazioni di pace, cioè di bombarda38

Scrive il gen. Armellini nel suo Diario di guerra (p. 34): «Alle 20 mi chiama Graziani per chiedermi le novità. "Nessuna" rispondo. " Come nessuna, se io ho avuto l' ordine di sospendere l'attacco!". Qui nessuno sapeva nulla cli nulla, incluso il Maresciallo». 39 Ibidem, pp. 35-36. 40 GEN. MER, La bataille des Alpes in << Revuc Historique de l'Armée», gen naio

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re , nella zona montana più alta d'Europa, apprestamenti difensivi e forti quasi tutti ricavati in caverna ( ...)»41 . Comunque, alle 9,30 cominciò la preparazione d'artiglieria nel settore ciel Piccolo San Bernardo. L'assenza cli controbatteria e perfino di reazione contraerei indusse il gen. Guzzoni, comandante della 4" armata, a sopravvalutare sia i danni provocati dal bombardamento aereo sia l'incidenza degli eventi sullo spirito di resistenza dei francesi . Perciò valutò suffi ciente lo sforzo del corpo d'armata alpino a provocare la rottura del fron te e fece avvicinare la divisione motorizzata Trieste per il pronto sfruttamento del successo. A mezzogiorno l'offensiva vedeva in azione il cot po d'armata alpino ed il IV corpo . Poco dopo giunsero le diretti ve inviate in mattinata dal Comando Supremo agl i Stati Maggiori di Forza Armata, a conferma e seguito di ordini precedenti. Le operazioni a cavallo del Piccolo San Bernardo dovevano essere condotte con grande decisione , in concomitanza con l'avanzata tedesca su Chambéry e Grenoble, mentre quelle per il colle della Maddalena e la Cornice dovevano «pronunciarsi» ma senza forzare, a meno ciel verificarsi di favorevoli condizioni, nel qual caso occcmeva sfruttare subito le circostanze . Delineatosi il successo a nord, l'offensiva si sarebbe estesa all'intero fronte in modo da raggiungere la valle del Rodano42 . Alla sera del 21 i risultati tangibili erano pochi e ce1to inferiori ali 'impegno profuso dalle truppe. Alle 2,20 del giorno 22 Graziani ordinò alla 4" armata di riprendere l'azione ed alla l" di iniziare la sua offensiva, perché si calcolava che il 23 i tedeschi pervenissero a Chambéry ed a Grenoble43 . La seconda giornata di lotta vide, in sostanza, progressi solo nel settore del Moncenisio , cosicché sul diario storico del Comando gruppo d'armate Ovest si legge: «Nella giornata del 22 con condizioni avverse, i reparti hanno duramente lottato contro il nemico, che come il giorno 21 , ha d imostrato di non voler cedere un solo palmo di te1Teno. Non si profila ancora nessun risultato che consenta di imba44 stire sul successo iniziale lo sfruttamento a fondo» .

41

F. PrucOLO, La Regia Aeronautica 1939-1941, cit., p. 204. USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., l, tomo I, p. 53. 43 V. G 1\LLJNARI, Le operazioni del giugno 1940, cit.., p. 157. 44 Diario storico del Comando gruppo d'armate Ovest in data 22.6.1 940. Il maresciallo Caviglia scrisse nel suo diario: «Dappertutto ebbero luogo combattimenti insensati , senza un piano d'attacco, senza preparazione d ' artigl ieria (Diario. Casini, Roma I 952, p. 284). 42


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Nel corso del 23 giugno le truppe del corpo d 'armata alpino riuscirono ad intaccare la posizione dj resistenza avversaria. L' usura dei reparti era purtroppo accentuata a causa delle gravi difficoltà incontrate dai rifornimenti su mulattiere e carrarecce e dall'assenza di artiglierie di medio calibro, scarse e troppo arretrate. Molto meglio non stava il IV corpo , ostacolato dal violento e preciso tirn dell'artiglieria nemica . Per consentire un più agevole sviluppo delle operazionl, Superesercito aveva pensato ad un aviosbarco cli a1cuni battaglioni bersaglieri a Lione ed a Grenoble, senonché alle 18, vale a dire un paio d'ore dopo l'arrivo a Villa Olgiata delle due delegazioni incaricate di trattare J'arrnlstizio , il gen. Roatta telefonò a Graziani rappresentando, su incarico di Badoglio, l'opportunità di considerare se non fosse il caso di sospendere l'azione in questione in quanto esisteva la possibilità che le trattative si concludessero quella stessa sera. Ad ognl modo, alle 8 del mattino successivo Badoglio ordinò l'annullamento del progetto, essendo sorto il dubbio che l' aviosbarco non fosse sufficiente per affermare il possesso del territorio. La sintesi delle operazioni del 23 giugno è molto simile a quella del giorno precedente: <<Sebbene l'avanzata lenta e metodica proceda con risultati soddisfacenti, al cader della notte non ancora si è delineato quel risultato che pennetta spingere a fondo l'azione, per giungere sul rovescio del sistema fortificato avvcrsario» 45 .

A dire il vero, la sera ciel 23 Graziani riteneva ancora possibile un cedimento francese, data l'imminente firma dell'armistizio. Difatti il mattino del 24 , constatando una schiarita nel tempo, ordinò di insistere nell'avanzata «su tutta la fronte» . Purtroppo la schiarita fu assai breve, tanto che nell ' intera giornata non vennero effettuate azioni di bombardamento aereo, e nuovamente l'attacco si sviluppò stentato, in condizioni climatiche fattesi aspre (neve e tormenta), contro la salda resistenza ad oltranza di qualche opera fortificata francese cli modesta rilevanza, sotto un micidiale fuoco di artiglieria, con un forte log01ìo dei battaglioni in primo scaglione non facilmente sostituibili e con una alimentazione logistica irregolare. Nel pomeriggio entrò in linea il Comando della 7a annata (gen. Filiberto cli Savoia-Genova), ai cui ordini passarono il IV corpo ed il III raggruppamento alpini. 45

Diario storico di Comando gruppo d 'armate Ovest in data 23.6. 1940.


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Nel settore della I" armata l'attacco incontrò minore ostacolo ma fino a quando le difficoltà logistiche , la stanchezza dei reparti e l'impossibilità di ottenere un appoggio aderente eia parte dell'artiglieria, legata com'era alle condizioni delle poche rotabili, non ebbero il sopravvento. Il cessate il fuoco venne ordinato alle 1,35 del 25 giugno.

2. L' ARMlSTIZIO

L'uscita della Franc ia dal campo si era verificata in brevissimo tempo, cbme previsto, ma il vantaggio ricavato dall'Italia venne sensibilmente diminuito da un grave en-ore commesso da Mussolinj in sede armistiziale, anche se, dobbiamo ripeterlo, era convinzione generale che .la Gran Bretagna avrebbe presto rinunciato a proseguire la guerra. Dmante il viaggio in treno per recarsi all'appuntamento di Monaco, Ciano aveva consultato il gen . Roatta, l'amm. De Courten ed il gen. Perino, tutti al segu ito, per stabilire nelle grandi linee «il punto cli vista» italiano, tenendo conto degli interessi militari. L'appunto, presentato al Brennero a Mussolini, che l'approvò, prevedeva fra l'altro l'occupazione del territorio francese sino al Rodano, della Corsica, della Tunisia e del la Costa dei Somali , delle basi navali di Algeri, Orano (Mers el-Kebir) e Casablanca; nonché la facoltà cli occupare in qualsiasi momento, sino al ristabilimento della pace, i punti strategici e gli stabilimenti reputati necessari per il proseguimento delle operazioni. E per giunta chiedeva la consegna della fl otta e dell 'aviazione46 . I colloqui a Monaco si svolsero nel pomeriggio del 18, dapprima separatamente fra Hitler e Mussolini e fra Ribbentrop e Ciano. Del primo esiste un riassunto del Duce per informare il Re al ritorno a Roma: Hitler conve nne sulle asp irazioni jtaliane e non nascoste essere sua

46 F. Rossi , Mussolini e lo Stato Maggiore, cit., pp. 174-175. Cfr. Ciano a Mussoli-

ni in data 18 .6.1940, DDI, 9" serie, V, doc. 43. Molto opportu namente C iano lasciò da parte le istanze elencate in un appunto del proprio ministero, traducentisi in definitiva nella creazione cli una «grande Africa Settentrionale Italiana», in un a «grande Africa Orientale Italiana,>, in un blocco medio-orientale legato a ll' Italia, e perfino nella rivendicazione di parte della Svizzera (Ticino, Vallese e Grigioni) (Rol\IAIN R. RAINERO , Mussolini e Pétain. Storia dei rapporti fra l'Italia e la Francia di Vichy, USSME, Roma 1990,

I, pp. 29-90).


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POLITICA E STR."irEGIA IN C!;NTO ANNI DI GUERRE ITAUANE

preoccupazione principale che «un governo francese risieda in Francia, per poter imporre la convenzione d'armistizio e trattare la pace». Quanto alla flotta «o passa nelle nostre mani o viene neutralizzata sino al trattato cli pace». L'impressione tratta da Mussolini dalla conversazione fu che «si desidera liquida.re presto sul terreno giuridico e politico la guena con la Francia; altrettanto si desidera colla Gran Bretagna onde evitare code di guerra marittime e coloniali che renderebbero cronjco lo stato di guerra( ...) e determinare un intervento massiccio cli mezzi da parte degli Stati Uniti» 47 . Anche Ribbentrop manifestò idee simili a Ciano. Tenne a precisare che il Filhrer desiderava evitare di imporre alla Francia condizioni tali da provocare un rifiuto di proseguire i negoziati e, sopratmtto, il trasferimento del governo Pétain in Inghilterra o in Algeria. E molta attenzione poneva a non ferire la suscettibilità della Marina francese, che pur di non consegnarsi al nemico, sarebbe passata alla Gran Bretagna o all' America . Il Fi.ihrer, disse ancora, non mi.rava affatto alla distruzione della Gran Bretagna, però l'avrebbe attuata se essa avesse continuato le ostilità . Alla esplicita domanda cli Ciano, se la Germania preferisse la pace o la prosecuzione delle operazion i, Ribbentrop non ebbe esitazione nel rispondere: «La pace» . Poi il ministro degli Esteri ciel Reich chiese cli conoscere le aspirazioni italiane e, dopo la breve esposizione di Ciano , affermò che il Ftihrer si trovava pienamente d'accorcio su Nizza, Corsica, Tunisi e Gibuti. Non si sbilanciò quando Ciano accennò anche ali' Algeria ed al Marocco, né alla sostituzione dell'Italia all'Inghilterra nel trattato anglo-egiziano e nel condominio sudanese . Infine ritenne probabile che in un secondo tempo gli Stati Uni ti potessero intervenire a fianco della Gran Bretagna ove la guerra fosse continuata. Escluse comunque che facessero a tempo a salvare l'Inghilterra dal disastro di una guena combattuta. D'altronde, assicurò, aveva a disposizione contro Roosevelt ancora «tre carte di eccezionale importanza nel gioco» 48 . Nel frattempo, term inato il colloquio a quattr'occhi fra Hitler e Mussolini, i due ministri con i generali Keitel e Roatta furono invitati a partecipare alla riunione. Vennero nuovamente esposte le condizioni italiane (occupazione s.ino al Rodano, Corsica e Tunisia) e quelle tedesche

47

Hitler e Mussolini. Lei/ere e documenti (a cura di V. Zincane), Rizzoli, Milano 1946, pp.5!-53. 48 R. MOSCA, L' Europa verso la catastrofe, cit., Il, pp. 204-208 .


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(occupazione della Francia e nord della Loira, della fascia costiera atlantica sino al confine spagnolo e di una striscia d.i territorio lungo il confine sv izzero) e ripetuto il desiderio di Hitler di evitare la fuga del governo Pétain e di non provocare la rivolta della flotta franccse49 . Durante il viaggio di ritorno a Roma, il 19 g iugno , Mussolini mise Roatta al corrente che nelle clausole per la pace la Germania avrebbe inserito l'Alsazia, il bacino minerario di Briey, le ex-colonie tedesche, il Congo e qualcosa del Belgio, nonché il possesso dei principali porti norvegesi(!). L'Italia, sempre in sede di trattative di pace , intendeva chiedere Nizza, Corsica, Tunisia, Gibu ti e Somaliland , un raccordo fra Libia • e la neutralizzazione delle due sponde di Gibilterra. Mussolini e Impero parlò anche di subentrare alla Gran Bretagna nei rapporti con l'Eg itto, n,a non accennò a Malta. li 20 giugno Roatta , d'intesa con l'amm. De Courten e il gen. Perino , procedette su ordine di Badoglio alla compi lazione della convenzione di armistizio ed iJ mattino del 2 1 sottopose il testo all 'approvazio ne di Badoglio; quindi e ntrambi si recarono da Mussolini , il quale a sua volta approvò il documento, ma rimandò il proseguimento della riunione al pomerigg io perché attendeva ei a Berlino il testo della convenzione franco-tedesca. Alle .1 9 ,45 Musso! ini richiamò Badoglio e Roatta, i qual i tornarono a Palazzo Venezia con il testo definitivo delle condizioni italiane. Il D uce li accolse mostrando loro il riassunto del documento difmrato a Compiègne, trasmessogli per telescrivente dall'ambasciatore Alfi eri. Nulla vi era di mu tato rispetto a quanto defi nito a Mo naco. A quel punto, «a sole nove ore di distanza da quando Lo aveva approvato [il testo italiano], stabilì che le truppe italiane avrebbero dovuto mantenere occupato solo il territorio francese metropolitano che r iuscissero materialmente a conquistare coll 'offensiva in corso. E dichiarò che non intendeva porre alla Francia condizioni che questa - non riconoscendosi battuta da noi - avrebbe probabilmente rifiutato; e che non voleva così correre l'alea che il Flihrer gli potesse un giorno rinfacciare di non aver potuto concludere il proprio armistizio a causa delle esorbitanti pretese italiane»50 . A nulla valsero le vivaci insistenze di Roatta, che fece osservare come le richieste italiane fossero esattamente quelle comunica-

49 F. Rossi, Mussolini e lo Stato Maggiore, cit., pp. 168- 173. 50 M. R OATIA, Otto milioni di baionelle, cit., p. 102.


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te a Monaco e condivise dal Fiihrer. Badoglio taceva, mostrando però adesione alle motivazioni di Mussolini, il quale alla fine troncò la discussione spiegando cli aver g ià informato Hitler, tramite Alfieri, delle sue rinunce in tema di occupazioni per facilitare l'accettazione clell 'annistizio da parte francese51 . «II Fiihrer - annotò un nostro diplomatico a Berlino risponde, piuttosto seccato, che siamo liberi di fare quanto ci piace»52 . li 23 giugno, éUTivato da Berlino il gen . Marras con il testo ufficiale della convenzione franco-tedesco, Ciano, Badoglio e Roatta si recarono alle 11,30 a Palazzo Venezia. Mussolini lesse in silenzio, chiese qualche spiegazione, poi comunicò la risposta di Hitler al suo telegramma del 21: «Ho ricevuto la Vostra comunicazione. Qualunque cosa decidiate, la Francia è stata informata che l'armistizio entrerà in vigore soltanto se Voi giungerete allo stesso risultato» 53 . «Mi dà carta bianca - commentò Mussolini -. Ma non voglio che Hitler possa dire che io ho mandato a monte il suo armistizio»54 . Quale la ragione del repentino ripensamento di Mussolini verificatosi fra le 11,30 e la 19 del 21 giugno? Roatta per primo ha escluso tassativamente una qualsiasi pressione da parte di Hitler. Il timore che i francesi rifiutassero di firmare l'armistizio non poteva in realtà sussistere perché in tale evenjenza i tedeschi, come ripetutamente garantito da Hitler (perfino nella sua risposta del 23 giugno) , avrebbero ripreso le operazioni senza che la Francìa fosse in grado di arrestarli. Bisogna quindi ammettere che veramente Mussolini temesse - non impo1ta se a torto od a ragione - un irrigidimento del governo Pétain, forte del fatto che la linea d'armistizio franco-tedesca correva molto a nord e di per sé non incideva neJJe retrovie clell'Armée des Alpes, e che le robuste posizioni difensive alpine non erano nemmeno intaccate dal gruppo d'annate Ovest. Se avesse saputo che diversi ministri francesi non si auguravano altro che la fonnulazione di pretese esorbitanti da patte italiana per poterle fieramente respingere55 e che, proprio il 2.1 giugno, i tedeschi si erano fermati per proseguire lentamente nei giorni successivi su Grenoble e Chambéry con deboli colonne di fanteria, anziché corazzate come promesso da 51

Mussolini ad Alfieri in data 22.6.1940, DDI, 9'' serie, V, doc. 88 .

52

L. SIMONI, Berlino, ambasciala d 'Italia, ciL, p. 133.

53

Anfuso a Ciano in data 23.6.1940, DDI, 9" serie, V, doc. 91. E. FALDELLA, L'Italia nella seconda guerra mondiale, cit., p. 182. 55 J. BENOIST-MtCHJN, Soixante jours qui ébranlèrent l 'Occident, cit., II, pp. 472-473.

54


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Keitel a Roatta, e per giunga con la raccomandazione del Quartier Generale tedesco al gen. von Rundsteclt: <<Non datemi troppa premura»56 , se avesse potuto sapere tutto ciò Mussolini si sarebbe sicuramente rafforzato nel timore cli esser lasciato solo di fronte alle fortificazioni francesi. Indubbiamente Mussolini aveva creduto, da profano di cose militari, di poter sfondare sui due piedi l'ancora intatto fronte occidentale alpino e fu con delusione che si rese conto del tempo richiesto da un'operazione del genere sulle Alpi e contro un avversario in piena efficienza. Si può dunque spiegare psicologicamente la ragione del mutato suo atteggiamento. Aveva subito la mo1tificazione del rifiuto tedesco di avere gli italiani accanto , alla pari, hel dettare le condizioni cl'arnùstizio ai francesi; si accorgeva che, avendo voluto rimanere sulla difensiva, si era precluso la prontezza di un'offensiva in extremis57 ; avvertiva di essere guardato con occhio sprezzante dai tedeschi come profittatore delle loro vittorie e dai francesi come profittatore della loro disfatta. Temette forse che un'orgogliosa impennata francese si sarebbe tradotta in una nuova mortificazione per lui. «Ed allora - ha scritto Roatta - nel suo dispetto ha voluto dimostrare della dignità, della "signorilità" ed ha fatto il "gesto" ili non occupare della Francia che il territorio materialmente strappatole in combattimento»58 . Molti esponenti politici e militari italiani ricevettero un'impressione analoga, ma la sorpresa suscitata d all ' inattesa estrema moderazione ostentata dal Duce generò anche il dubbio prima e la convinzione poi di un comportamento imposto, o almeno suggerito, da Hitler. Talché prese piede nella storiografia, specialmente francese, la leggenda di un negoziato nel quale le smodate ambizfoni cli Mussolini a spese della Francia vennero stroncate eia Hitler, ben disposto, per interesse beninteso, verso la Francia eia lui battuta59 .

*

*

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I plenipotenziari si presentarono a Villa Incisa, sulla Cassia, alle 19,30 ciel 23 giugno . Ciano lasciò a Badoglio l'incarico di comunicare

56 Ibidem, II, p. 424. 57 M ussolini era < <molto umiliato - attestò Ciano - dal fatto che le nostre truppe non hanno fatto un passo avanti: anche oggi non sono riuscite a passare e si sono formate di fronte alla pri ma opera fortificata francese che ha reagito» (Diario, c it., p. 444). 58 1\1 . ROATIA, Otto milioni di baionette, cit., p. 104. 59 Sull' argomento cfr. R . R AINERO, Mus.w lini e Pétain, cit., I , pp. 39-5 1.


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POLITICA E STRATEGlA IN CENTO ANNl DI GUERRE ITALIANE

i termini dell ' armistizio. Il gen. Huntziger, capo della delegazione francese , pregò di proseguire la riunione l'indomani, in modo da poter riferire al suo governo. Ciano consentì e poi informò Mussolini, il quale «ha la bocca amara perché all'armistizio avrebbe voluto giungere dopo la vittoria delle nostre armi>> 60 . La firma ebbe luogo alle 19,15 del giorno 24. A complemento di quanto precede è bene specificare che Mussolini , pur decidendo di mostrarsi «signorile» in sede armistiziale , non intese affatto rinunciare a quelle che aveva sempre indicato come le rivendicazioni italiane verso la Francia. Si limitò sempl icemente a distinguere fra «armistizio» e «pace» . Per maggiore esattezza: preferì attendere che anche la Gran Bretagna scendesse a mi.ti consigli. Allora avrebbe presentato il conto. Il quale conto era salato , come sì vedrà ìl 7 luglio nell'incontro a Berlino, quando le due Potenze dell'Asse vollero fissare le idee in vista di un'eventuale pace con Francia e Gran Bretagna, e non venne assolutamente contestato da Hitler. Queste le aspirazioni italiane: «Nizza, Corsica, Malta: annessione; Tunisia, più un pezzo d i Algeria: protettorato; Siria, Libano, Palestina, Transgiord ania: riconoscimen to dell' ind ipendenza e occupazione italiana delle parti strategiche. Trattato di alleanza esclusiva con l'Italia; cessione delle azioni delle compagn ie petrolifere; Aden, Perim, Sokotra: occupazione militare; Egitto e Sudan: sostituzione del l'Italia all' Inghilterra nella posizione politicomilitare e giuridica; Suez: liquidazione del la compagnia e istituzione di un regime speciale; Cipro: alla Grecia in cambio della cessione di Corfù e del la Ciamuria; Somalia britannica, G ibuti, Africa equatoriale fino al Ciad: cessione» 61.

Ma c'è di più. Nei colloqui con Ciano, Hitler si mostrò convinto che la guerra continuasse e volle riconoscere con compiacimento che le claudole armistiziali presentate dall ' ltalia avevano obiettivamente faci litato l'accorcio, anche se la Germania non avrebbe reso valida la sua convenzione sino ad armistizio franco-italiano concluso. Si dichiarò conten-

60

G. CIANO, Diario, c it., p. 446. Berlino, Ambasciata d'Italia, cit., p. 142. Cfr. le istruzioni di Ciano in data 26 giugno al capo dell 'uflìcio armistizio-pace, Pietromarchi (DDl, 9" seiie, V, doc. 114) . 61 L. S 1MON1 ,


LA CAMPAGNA CONTRO LA FRANCIA

219

to che la moderazione italiana e la rinuncia alla flotta disarmata francese fossero valse a creare con il governo di Vichy gli attuali favorevoli rapporti . «Bisogna però tener presente - proseguì - che la Francia continua ad essere la nemica dell'Italia e della Germania, continua ad essere un paese che , se ne avesse la possibilità, cercherebbe di danneggiare all'estremo le due Potenze dell'Asse: pertanto dovrà pagare e pagare caramente la sua responsabilità»62 . Sia come sia, la mancata occupazione della Tunisia avrà conseguenze fatali sulla prosecuzione della guerra nel teatro del Mediterraneo ed in quello dell'Africa settentrionale. Ma a fine giugno 1940 nessuno, a quanto sembra, avvertì tale pericolo.

3. CONSIDERAZIONI Poco è eia dire su un impegno operativo durato, a seconda dei settori, da due a quattro giorni. Il primo commento, di carattere generale, è stato formulato dal gen. Faldella: di colpo si chiese all'esercito dì passare all'offensiva, modificando radicalmente il proprio dispositivo in brevissimo tempo , per salvare una situazione politicamente compromessa. Il rimprovero, susseguente, per non aver esso ottenuto risultati migl iori rivela semplicemente una profonda superficialità in tema di operazioni militari , nonché l' incapacità di rendersi conto della reazione psicologica di truppe che da tre giorni ritenevano la guerra già finita e che all'improvviso ricevevano ordine di muovere all'attacco di posizioni fortificate intatte, in ambiente naturale difficile ed in condizioni meteorologiche decisamente avverse. Il risultato fu, «né più né meno, ciòche poteva essere compiuto in tre giorni, con una preparazione affrettata ed incompleta»6 3 . Detto questo, dobbiamo accennare a quattro argomenti di diverso tipo, tutti però significativi: l'organizzazione politico-militare al vertice, la condotta delle operazioni , le modalità di attacco delle divisioni e l'intervento aereo.

62

63

R. MOSCA,L'Europa verso la catastrofe, cit. , II, pp. 208-209. E. FALDELLA,L' Italia nella seconda guerra mondiale, cit., p. 179.


POLITIC A E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

La sera del 20 giugno, dopo il colloquio con Mussolini e Badoglio e dopo gli ordini e contrordini recati dal gen. Soddu, Graziani partì da Roma in treno per raggiungere Bra, dove aveva fatto allestire il suo Posto Comando. «Prima di lasciare Roma - ricordò nel dopo guerra - avevo salutato il generale Soddu, il quale non mi aveva affatto accennato che sarebbe venuto anche lui a Bra. Appena in sede, recatomi al Quartier Generale del Principe d i Piemonte in Carignano, seppi invece che era giunto Soddu e che s'era insediato nella stessa villa. Partito dopo di me, con un treno più celere, m' aveva preceduto! ( ...) Volli chiarire la situazione e fatto chiamare Soddu in presenza del Princ ipe, gli domandai quale fosse la sua missione, essendo evidente che la dire7.ione delle operazioni non poteva essere tenuta in due. Convenne il Principe pienamente e dichiarò che non avrebbe eseguito se non gli ordini impartiti da me. Il Soddu ( ...) rispose alla mia domanda " che egli non era altro se non il telefonista del Duce". "Ma i.I telefonista - replicai - esiste già". " E chi è mai?" . " Io stesso - risposi - ed ora chiariremo la faccenta ( ...)»M.

Il 12 giugno, non appena entrati in gue1Ta, il gen. Soddu aveva chiesto a Badoglio di essere nominato sottocapo di Stato Maggiore Generale. Ne aveva già parlato con il Duce, rappresentando di trovarsi a disagio nella posizione di sottosegretario senza comando, mentre gl.i altri (l'amm. Cavagnari ed il gen. Pricolo) erano anche capi di Stato Maggiore della rispettiva Forza Almata. Mussolini accolse la proposta formale di Badoglio e Soddu ricevette la des.iderata nornina65 , nomina «molto commentata - a detta del gen. Pricolo - anche negli altri ambienti militari»66. A prescindere dalla persona, è una ulteriore conferma della radicata convinzione di Badoglio che il Comando Supremo potesse limitarsi a poco più di una segreteria. In questa ottica 1'incarico di Soddu era evidentemente reputato una sinecura. E difatti lo stesso gen. Armellini, sin dal tempo di pace a capo dell'«Ufficio ciel Capo cli Stato Maggiore Generale», ammise che Soddu «da fare non ne avrà. Le cose importanti le tratta il Maresciallo, noi non abbiamo che funzioni d'ordine. Questo Comando deve restare così com'è, perché Badoglio non ha affatto l'intenzione di ampliarlo , ma non risponde per niente alle odierne esigenze di guerra, esigenze che ogni giorno vanno palesandosi più complicate>>. 64 R . GR,\Zl!\NI,

Ho difeso la Patria, cit., pp. 2 14-215.

65 USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., I, tomo I, pp. 10 e 14. 66 Q. ARM El,UNl, Diario di guerra, cit., p. 30.


LA CA MPAGNA CONTRO L A FRANC!,.,_, A _ _ __

Dal canto suo, Sodclu annunciò che «verrà qui la mattina portandosi le pratiche del Ministero>>l 67 . Come se una situazione del genere non fosse sufficientemente ingarbugliata, ecco che il 20 giugno, dopo aver confennato l'ordine di attacco, ma per la sola 4a armata , Mussolini spedisce il sottosegretario per la Guerra e sottocapo di S.M. Generale al Comando del gruppo d'armate Ovest, con il compito cli ... comunicargli le novità ogni due ore! Alle 9 del 21 68 , dunque, Graziani telefonò da Bra «inferocito» , chiedendo al Comando Supremo spiegazioni sulla presenza dì Soddu e dichiarando che dei due uno era di troppo. Alle 11 Badoglio espose l'imtlarazzante questione a Mussolin i, il quale non esitò ad ordinare l'immediato rientro di Soddu69 . Abbiamo allora il capo del governo - comandante supremo - ministro della guerra che manda il (proprio) sottosegretario per la Guerra al fronte come ufficiale di collegamento personale, evidentemente non attribuendo molta importanza all'assenza di questi dal ministero; il capo di Stato Maggiore Generale che non batte ciglio nel vedere, ammesso che ne fosse informato, il proprio sottocapo di S.M. allontanarsi, dando a quanto pare scarsissimo valore al suo apporto al Comando Supremo; il capo di Stato Maggiore dell'Eserc ito che si reca per proprio conto a fianco del Comando gruppo cl' armate Ovest per «seguire» di persona l'andamento delle· operazioni, evidentemente poco fidando nel comandante e nel Comando del gruppo d'armate; il sottosegretario per la Guerra e neo-sottocapo di S.M. Generale che trova naturale lasciare, sia pure temporaneamente, i due incarichi, considerando sufficienti i direttori generali ed il capo dell'ufficio di Badoglio e, soprattutto valutando il compito di fiduciario del Duce molto più importante di qualunque al~ tra incombenza.

67

Ibidem. Il diario Annelli.ni indica il mattino del 22 giugno, ma la data non corrisponde a quanto ricorda Grazian.i. 69 Con l'occasione, Mussolini ordinò l' altrettanto immediato ritorno a Roma di Achille Starace, segretario ciel P.N.F. e capo cli Stato Maggiore della M.Y.S.N., il quale, recatosi al fronte per un giro d'ispezione alle camicie nere, si era presentato al gcn. Gambara, comandante del XV corpo d' armata, mettendosi a sua disposizione «per quanto possa occorrere», cioè per la partecipazione ad una azione bellica (Q. ARMELU:NI, Diario di guerra, cit., pp. 35-36). 68


222

POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI Dl GUERRE ITALIANE

Forse potremmo dire che, in fondo , tutti guardavano all'organizzazione al vertice secondo un'ottica decisamente personale. Mussolini si riteneva in grado cli gestire da solo la guerra, difatti non si peritava di ordinare questo o quell'attacco. Badoglio non sentiva la necessità di un vero e proprio Comando Supremo interforze e l'aveva detto senza mezzi termini; disapprovava la guerra, specialmente con la Francia, e l'aveva fatto capire esplicitamente; ostentava di limitarsi a fare il capo di Stato Maggiore di Mussolini, intervenendo solo se chiamato personalmente in causa, e lo dimostrava. Soddu mirava a guadagnare sempre di più la fiducia del Duce, per la cui nomina a <<comandante supremo» moltissimo si era dato da fare, e non lo nascondeva. Graziani, non a suo agio come capo di Stato Maggiore dell'Esercito, si appoggiava a Roatta per quanto concerneva il funzionamento di Superesercito, ma non voleva rinunciare ad assumere una parte di rilievo nelle operazioni. E per l'appunto su quest'ultimo aspetto bisogna soffermarsi . Veramente c'è da rimanere interdetti su come venivano rispettate attribuzioni e responsabilità. Nello scacchiere occidentale del teatro d'operazioni alpino era schierato, come sappiamo, il gruppo d'armate Ovest. Il compito assegnato a tale complesso di forze era conosciuto e pianificato sin dal tempo di pace, con il complemento di ricognizioni del terreno, esercitazioni sulla carta e sul posto, ecc. Per l'assolvimento di detto compito - rigidamente difensivo - da tempo si svolgevano lavori di fortificazione e stradali. Anche l'eventualità di sbocchi offensivi attraverso le Alpi era calcolata e studiata, almeno nelle linee generali. Ed altresì previsto, proprio per il caso di un collasso francese, era l'afflusso di nuove forze attinte all'armata del Po. Perciò si dovrebbe ammettere che il gruppo d'armate , lentamente completatosi durante l'inverno 1939-40, avesse le forze stimate necessarie e sufficienti alla bisogna, e che il Comando del gruppo cl ' armate, costituito sin dal 29 agosto 1939, sapesse esattamente che cosa fare e come farlo. Eppure sin dal primo giorno di guena detto Comando fu tenuto a reclini corte da Superesercito , sia per iniziativa di questo (caso di un'offensiva generale con intervento della 6a armata) , sia specialmente su impulsi di Mussol ini. L'eventualità di un'offensiva genenùe usciva, naturalmente, dagli schemi del P.R. 12 e delle ipotesi studiate in precedenza e perciò diventava ovvio che Superesercito prendesse alla mano la nuova situazione, tenendo anche conto delle intese con l'alleato tedesco. Tuttav ia non sembra che le circostanze fossero tali da richiedere la presenza del capo


LA CAMPAGNA CONTRO L.A FRANCI,.~\ _ _ _ __

di Stato Maggiore dell'Esercito, superiore d iretto, in zona d'operazioni, presenza probabj]mente tutt'altro che discreta a giudicare da quanto ricordato dallo stesso Graziani: «La battaglia delle Alpi occidentali durò tre giorni, durante i quali non rimasi fermo un'ora sola, recandomi al Moncenisio, al Gran San Bernardo, alla Maddalena, dappertutto in mezzo alle truppe e vicino ai Comandi»70 . L'invadenza ciel superiore, per inciso, sì verificò anche a livello più basso . Il 23 giugno il Comando ciel gruppo d'arnrnte invitò il gen. Guzzoni, comandante della 4" armata e da un paio cli giorni impegnatissimo a seguire eia vicino l'azione del corpo d'annata alpino, a tornare al suo Comando cli Rivoli «prendendo in mano le sorti dell'armata»7 1. Appena scattato il «cessate il fuoco» Graziani si recò a Carmagnola, dove era giunto il Re. Alla domanda cli questi, se fosse soddisfatto dei risultati ottenuti. «Si è potuto fare ben poco, Maestà - risposi - a causa dello strano ordine che ci ha imposto di non compiere gli atti preliminari del Piano P.R. 12; ordine emanato dal Capo di Stato Maggiore Generale. - Cosa vuole - rispose il Sovrano, abbozzando quel suo particolare sorriso tra l'ironico e lo scettico - Badoglio non voleva proprio saperne di aprire il fuoco contro i francesi. I quali furono i primi a sparare» 72 .

È interessante il commento conclusivo, a posteriori, del gen. Soddu: «Comando Supremo. li più caotico che si sia mai visto su un campo di battaglia. U n Re, capo delle Forze Armate, che non risponde . Un Duce, che comanda quel tanto che è sufficiente per ingarbugliare l'azione dei dipendenti e non ne risponde. Un Capo cli Stato Maggiore Generale che fa il sornione e si adatta in una posizione di sottordine, sicuro cli non rispondere, neppur lui , dell'andamento delle operazioni . Un Comando tattico ciel Comando Supremo [rec:te: cli Supcresercito] tsasferito in Piemonte, in modo che le pur piccole responsabi lità cli Badoglio siano virtualmente trasferite a Graziani. Un Comando cli gruppo d'armate praticamente esautorato dalla presenza in loco di Comandi s uperiori. In conclus ione, tutti si davano fastidio gli uni con gli altri , nessuno rispondeva, il bollellino era anonimo e il Comando Supremo era inquinato eia gelosie, sospetti, malanimo» 73 .

70 R. GR/\Z IANt, I-/o

difeso la Patria, cit., p. 216.

71 V. GALLINARI, Le operazioni del giugno 1940,

cit., p. 174. R. GRAZIANJ, Ho difeso la Pat.ria, cii., p . 582. 73 Cit. in E. CANEVARI , La guerra italiana, cit., II, p . 74. 72


224

POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANK I Ili GUERRE ITALIANE

Sono parole che suscitano molte riflessioni, soprattutto tenendo presenti le cariche rivestite dal gen . Soddu. Sappiamo che la preparazione dell'esercito era del tutto incompleta, ma la breve campagna sulle Alpi fece affiorare qualcosa di più preoccupante delle carenze di uomini, materiali e mezzi rispetto agli organici denunziate da Badoglio e da Graziani a Mussolini. Né gli ordinamenti in vigore, né la dottrina tattica, conseguente alla istituzione della divisione binaria, avevano retto al collaudo. Il trasferimento della manovra al corpo d'armata comportava l'impiego della divisione su una sola direzione di attacco, con lo scavalcamento dei due reggimenti di fanteria. Senonché, in pa1te per gli inviti del particolare teffeno ed in patte per difficoltà di assimilazione della nuova concezione, quasi sempre le divisioni mossero secondo lo schema della divisione ternaria, cioè su due colonne. Non esistendo, però, il terzo reggimento di fanteria, venne a mancare la possibilità di adeguato rincalzo, cosicché si ebbe a riscontrare il logoramento contemporaneo di entrambe le colonne reggimentali, provocando scavalcamenti e sostituzioni in linea cli divisioni, spesso di tipo diverso, con inevitabili problemi di ogni genere, primo fra tutti quello dello schieramento delle artiglierie. Più d'una volta, d'iniziativa, fu fatto ricorso alla tattica di infiltrazione, tuttavia i successi conseguiti rimasero limitati essendo lo strumento operativo non convenientemente predisposto e addestrato . L'offensiva era destinata a fallire in partenza ed i combattimenti in cui si sbriciolò non potevano ottenere risultati decisivi. La fanteria fu, come di solito avviene, la più sacrificata . La sua abnegazione non valse a compensare che in parte la grave inadeguatezza dell'addestramento individuale e di reparto e troppo spesso il livello professionale dei quadri richiamati, ufficiali e sottufficiali, si palesò non all ' altezza delle circostanze. Quanto all'apparato logistico, le insufficienze organizzative e le limitazioni incontrate dal servizio trasporti completarono il quadro. L'Armata Aerea, per suo conto, lamentò di non essere stata impiegata secondo i criteri posti alla base della dottrina vigente e secondo le direttive diramate ai Comandi di grande unità nell'ambito della pianificazione. Pertanto i risultati non furono cospicui come desiderato né proporzionati al numero dei velivoli impiegati ed al numero di ore cli volo compiuto in quelle due settimane. Gli aerei eia bombardamento e da ricognizione si trovarono spesso costretti dalle pessime condizioni meteorologiche ad interrompere e poi


LA CAYIPAGNA CONTRO LA FR;\ NCIA

_ _ _ _ 225

ripetere azioni; quelli da caccia furono utilizzati senza risparmio in crociere di vigilanza intese ad evitare incursioni avversarie sui centri urbani e industriali della penisola con conseguente forte usura degli apparecchi e notevole consumo di carburante. La previsione del prossimo crollo della Francia, inoltre , indusse Superaereo a ridurre l'entità delle azioni contro basi aeree e navali frances i presidiate da scarse forze, o contro centri abitati, considerando appunto tali azioni di scarsa utilità . Tutto ciò, generò, talvolta, un inopportuno senso di cautela negli ordini, volendosi evitare che le missioni venissero svolte con una intensità «eccessiva» rispetto alle intenzioni del Comando Supremo . Avvenne così che i comartdanti di grande unità aerea, ad esempio, male accettassero che negli ordini d ' operazioni, non soltanto si indicassero e perfino si limitassero gli obiettivi, ma si giungesse a prescrivere il numero dei velivoli da impiegare nelle singole azioni 74 . Comunque .il compito più ostico, cui per contro corrispose l' attività più i ntensa, fu il bombardamento delle fo1tificazioni frances i sulle Alpi, obiettivi di difficile posizione ed azioni cui gli equipaggi si trovarono impreparati.

74

G. SANTORO , L'Aeronautica ltaliana, cit., I, p. 94.



Capitolo V

LE PRIME OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

1. L A,STTUAZIONE MILITARE

Il teatro d'operazioni sul quale l'Italia giocò le sue carte, senza fra l'altro averne compiutamente afferrato l'importanza decisiva, fu quello dell'Africa settentrionale. Il problema militare della Libia cominciò a porsi alla fine del 1938, quando la consistenza delle truppe ivi esistenti si limitava ad un presidio commisurato in sostanza alle necessità di sicurezza interna e delle due piazzeforti cli Tobruk e di Bardia, sorte in occasione della nota tensione con la Gran Bretagna. Questo assetto si modificò nel 1938 per l'afflusso di truppe metropolitane sufficienti alla difesa delle frontiere, per il deciso avvìo ad una sistemazione difensiva ciel confine tunisino e per l 'attuazione di predisposizioni idonee a consentire, in determinate eventualità, cli assumere anche un atteggiamento offensivo. Nei mesi di settembre e ottobre vennero costituiti due Comandi d'annata e tre corpi d'armata, cosicché ai primi del 1940 in Tripolitania si trovava la 5a armata (gen. Garibaldi), comprendente i corpi X, XX e XXIII, ed in Cirenaica era dislocata la 10a armata (gen. Guidi) con i cor-pi XXI e XXII. La questione libica venne ripresa in esame nella XVU Sessione della Conunissione Suprema di Difesa del febbraio 1940. In quella sede il gen. Sodclu si limitò a riferire genericamente che la valorizzazione del1' Africa settentrionale risultava in pieno svil uppo, in particolare per quanto concerneva l'impianto difensivo e l'organizzazione logistica; che molto era stato fatto e che occorreva completare le attrezzature. La fortificaz ione alle frontiere poteva reputarsi a buon punto , essendo quasi ultimati i lavori di I tempo, e tale da essere ultimata entro l'anno corrente. A fine marzo furono convocati a Roma i generali Garibaldi e Guidi. Di fronte alle esplicite dichiarazioni dei due comandanti che, in contra-


228

_ _ _ _ _:....: PO:..:: L.:..: IT.:..: IC"-' J\ E STRATEGIA IN Cl;NTO ANNI DI GU ERRE ITJ\LIJ\NE

sto con l'ottimismo di Soddu, presentarono un quadro di gravi deficienze nelle rispettive grandi unità, deficienze per giunta non ripianabili in breve tempo, Badoglio si lasciò andare ad un commento rassicurante: «State tranquilli perché, fino a quando ci sarà il vecchio Badoglio, decisioni avventate non si prenderanno» 1. Il 10 maggio Balbo fu ricevuto da Mussolini che, preso dalla smania dell'intervento ed intenzionato a «stringere i tempi», come riferì Ciano nel suo diado, gli annunciò che il periodo della non belligeranza stava per terminare. Non appena rientrato a Tripoli, Balbo si affrettò, dunque, a spedire al ministero della Guerra la nota dei materiali reputati indispensabili, però volle che Mussolini non soltanto conoscesse esattamente lo stato di fatto , ma «seguisse» le spedizioni: «(...) Il gen. Soddu nù ba pregato di fargli avere subito l'elenco dei materiali che ritengo necessru·i nel modo più assoluto: ed io gli spedisco copia della presente lettera, nella quale preciso a Voi, perché ne siate infonnati, che cosa occorra alla Libia per sostenere, con probabilità di contenerlo, l'allacco avversario su due fronti ( ...). ( ...) Lasciatemi dire che con grandi unità dotate di linùtate e vecchissime artiglierie, prive o quasi di armi anticarro e contraerei, ho assoluto bisogno di poter contare sugli sbarramenti delle due vie d'accesso alla Tripolitania, sulla cinta d.i Tripoli e su quelle di Tobruch e di Bardia. Avere delle opere fortificate e sguarnite di armi è un assurdo. La mia riclùesta verte quindi anz itutto sulla necessità di mettere in efficienza queste fortificazio1ù che rappresentano il primo modesto progetto non ancora completato( ...)» .

Balbo non era tipo da esitare a prendere posizione, perciò concluse con una sintomatica frase: «Duce, permettetemi infine di pregarVi di voler vigilare perché il programma che Voi stesso avete tracciato e che non è passibile di decunazioni, sia integralmente app licato per mettere la Libia .in grado di assolvere alla sua funzione nel grande quadro della nuova guerra europea>,2 .

Salivano le p reoccupazioni che la Libia, a torto o a ragione, destava in tutti, Badoglio compreso. Il 21 maggio Balbo volò a Roma per la terza volta in un mese. Era stato convocato da Badoglio ma nei tre giorni cli permanenza nella capitale conferì nuovamente con Mussolini, Graziani e Soddu . Fu in quella occasione che chiese ed ottenne l'assegnazione cli una 1 Diario 2

storico Comando 10° armata dal 22.10.1939 al 10.6.1940, p. 84. Diario storico del Comando Superiore A.S ., data 11 .5. I940.


LE PRIMI; OPERA2l0Nl IN AFRICA Sf:TrE.'ITRlON'-" A"" LE ,,_ · _ _ _ __

FORZA EFFETTIVA IN LIBIA AL 10 GIUGNO 1940 Nazionali

Libici

Totale

l .389

-

1.389

56.435

-

56.435

12.155

-

12.155

12.901

-

12.901

R.C.T. Libiche e truppe libiche non indivisionat.e ..................................

-

5.807

5 .807

Sbarcati in Tripolitania dopo il 1° giugno 1940 .................................

39.1 84

-

39.184

TOTALEfi·ontiera. occidentale ........

122.901

5.807

127 .87 1

186

-

]86

29.775

-

29.775

13.601

-

13.601

I" Divisione Libica ..............................

-

5.856

5 .856

2" Div isione Libica ................. ...... .......

-

5.800

5.800

Truppe libiche non indivisionate .........

-

5.000

5.000

Sbarcati in Cirenaica dopo il 1° giugno 1940 .................................

27.409

-

27.409

TOTALE frontiera orientale ............

70.971

16.656

87.627

-

6.032

6.032

193 .035

28.495

22 1.530 1

FRONTIERA OCCIDENTALE Comando 5' anna ta .............................. XX corpo d'a.

{ D.f. Pavia D.f. Sirte D.f. Brescia

X corpo d 'a.

{ D .f. Savona D.f. Bologna D.f. Sabratha

} }

{ 1" D. cc. NN. 2" D. CC . NN.

}

xxrn

corpo

d'

a.

FRONTIERA ORIENTALE Comando 10" armata ........ .................... } XX I corpo d'a. { D.f. Ciren.e D.f. Marmarica

XXII corpo d 'a.

{ D.f. Ca1anzaro 4" D. CC .NN.

}

Sahara libico ........................................ TOTALE generale .. ... ................ .... ..

1 Cui bisogna aggiungere: 14.483 uomini facent i parte delle forze speciali (Marina, Aeronautica, CC. RR., P.A.I., Guardia di finanza e M.V.S.N.).


230

POLITICA E STIV\TEGIJ\ TN CENTO ANNl DI GUERRE ITALIANE

VELIVOLI ESISTENTI IN LIBIA alla data .l O giugno 1940 1 SPECIALITÀ a) Da bombardamento: 10° Stormo B .T. S . 79 ............ ........................ ..

s . 81 2 .................................. .. 14° Stormo B.T. Br. 20 .................................. .. { s.79 .................................... .. S. 81 2 ............................. ...... . 15° Stom10 B.T. Br. 20 .................................. .. { s. 79 ...... ......................... ...... . 33° Stormo BT. S. 79 .................. .................. ..

Efficienti a scopo bellico

Efficienti per voli Inefficienti allenam.

30 9

12 8

23 1

8

1 li

5 3

35 31

2

36

24

b) Da caccia Cr. 32 ............. ...................... . { Cr. 42 ....... ...... ..................... .. Cr. 42 .... .............................. .. 10° Gruppo C.T. Ba. 65 .................................... Ro.41 .......................... ....... .. 50° Stormo Ass. Ca. 310 .. .............................. ..

2° Stormo C.T.

{ {

25 27 Il 3

57 14

5 4

2

23

e) Di presidio coloniale:

I gruppo A.P.C. su Ghibli e av. sahariana ......... ...... 11 gruppo A.P.C. vari tipi; battaglia sahariana ....... .

18 21

9

d) Da osservazione aerea:

64° Gruppo Oss. Aerea { Ro 37 bis .................... .. Ro 1 bis ...... ................ .. 73° Gruppo Oss. Aerea { Ro 37 bis ..................... . Ro 1 bis ......... ... ........... . 143° Squadr. Rie. Mar. Cant. Z 501 ................ ..

8 5

6

e) Velivoli vari in riparazione presso le officine centrali di Tripoli e di Bengasi ............................. ..

TOTALI .......................................................

2

6

306

7

48

57

179

Carburanti per velivoli: benzina e miscele di vario tipo: quintali 87 .679, sufficienti per circa 200 ore di volo per ogni velivolo in forza ai reparti dell 'Aeronautica della Libia. 1 Dalla situazione in data 1.6.1940 compilata per Mussolini dall'Intendenza A .S ., completata con i dati di G. Santoro, op. citata, pag. 266. 2 . Da sostituire con S. 79.


LE PRIME OPERAZIONI TN AFRICA SE.'lTENTRlONALE._ _ _ _ _ __

23)

divisione corazzata, la Centauro, in quel momento dislocata in Albania. Per quanto ancora dotata di can-i leggeri, essa avrebbe potuto svolgere un utile servizio, ma il trasferimento in Libia fu annullato quasi subito a causa della mancanza di tempo, di navi e , più probabilmente, d.i concretavolontà. Balbo chiese allora formalmente a Badoglio cli compiere una nuova ispezione in Libia. Era .il 6 giugno e la rich.iesta venne lasciata cadere3.

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Il fronte tunisino. t'impianto generale dell'organizzazione difensiva era stato modellato tenendo conto della prossimità di Tripoli alla frontiera e dell'importanza delle due direttrici operative adducenti al capoluogo, la costiera e la gebelica. Le piazze - in realtà grossi capisaldi - cli Zuara, sul mare , e di Nalut avevano il compito cli arrestare il nemico avanzante lungo le due direttrici oppure, ove fosse penetrato nella interposta Gefara, di obbligarlo ad impegnarsi in zona per creare premesse più favorevoli ad uno scontro decisivo nella Gefara stessa. A metà distanza fra Zuara e Tripoli la «linea d 'appoggio», creata immediatamente ad ovest della rotabile Sorman-Bir el Gnem-Jefren, I\).Odestissimo allineamento campale in senso meridiano, aveva funzione di protezione della radunata della massa di manovra e di fornire appoggio all'intervento di guesta. Il campo trincerato cli Tripoli, in sistema con le posizioni di Garian , costituiva 1' ultimo baluardo e provvedeva alla difesa diretta della baia di Tripoli. La 5a armata era schierata a tergo dei tre settori di copertura tenuti dalla guardia alla frontiera . A nord, a sbarramento della direttrice Medenine-Zuara-Tripoli, stava il XX corpo d'armata (gen. Cona); più a sud, a sban-amento della direttrice Nalut-Giado-Azizia-Tripoli, era disposto il X-corpo d'armata (gen. Barbieri), Tripoli era affidata ad unità del XXIII corpo (gen. Bergonzoli). Le forze aeree dislocate in Tripolitania dipendevano dal Comando Settore ovest (gen. Da Barberino) e consistevano in due stonni da bombardamento, uno d'assalto, uno da caccia e unità minori. Da parte francese , all'inizio degli anni Trenta si era stabilito cli cautelarsi contro un possibile attacco italiano utilizzando l'istmo esistente 3 Per gli avvenimenti svoltisi in Nordafrica fra il giugno 1940 ed il febbraio 1941 vds . M. MON'JANARI, Le operazioni militari in Africa Settentrionale, I, Sidi el-Barrani, USSME, Roma 1990, 2" ed.


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POLITICA E STR,H EGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANI::

SCACCHIERE LIBICO TUNISINO Situazione al 10 giugno 1940

&~ <==., ;.,

D

Dislocazione presunta

Esistenza reale


l,E PRIME OPERAZIONI IN AFRICA SETI.~EN '--"T"-' R=IO-'-" NA =LE _ _ _ __

fra il mare e gli chotts nelle immediate vicinanze di Gabès, nonché l'allineamento dell'uadi Akarit. I primi lavori vennero realizzati nel 1935, ma negli anni successivi assunsero uno sviluppo assai più vasto e, una cinquantina di chilometri più a sud , venne approntata la cosiddetta linea di Mareth, fra la costa ed i monti Matmata o Ksour. La posizione, che nel 1939 poteva dirsi ultimata, comprendeva due allineamenti cli capisaldi molto intervallati fra loro. Più a tergo, la citata linea di uadi Akarit poteva servire da linea cli contenimento: profondo sino a 12 metri, l'Akarit riduceva a soli 11 chilometri il fronte di attacco tra il golfo cli Gabès e l'estremità orientale dello chott el-Djerid. In sostanza, un complesso fo rtificatorio modesto ma ritenuto bastevole per un nemico come l'italiano, dotato soltanto di carri più che leggeri e di pochi pezzi da 149. Considerando inoltre che Nalut ed el-Assa, gli elementi attivi più avanzati dello schieramento italiano, distavano quasi 250 chilometri in un terreno desertico, quasi privo d'acqua ed inospitale già di per sé, le difficoltà a condurre operazioni offensive apparivano tutt'altro che trascurabili . Motivo per cui, secondo il giudizio concorde dei generali francesi, la 5" armata italiana non aveva alcuna possibilità cli attuare il forzamento della posizione difensiva né, men che :meno, di aggirarla attraverso la zona desertica interna per mancanza di mezzi idonei e di risorse . Il gen . Noguès , comandante in capo delle forze francesi del Norclafrica, aveva preparato anche un piano offensivo su Tripoli , mediante uno sforzo lungo le due dirett1ici note, la costiera, alimentata da una base avanzata predisposta a Ben Gardane, e l'interna, sostenuta da Tatahouine. Le due località, situate ad una ottantina di chilometri avanti alla linea di Mareth, erano state a tal fine convenientemente attrezzate e con un sistema cli comunicazioni da tergo che avrebbe consentito l'agevole rifornimento delle basi. Tutto sommato è comunque lecito nutrire qual: che dubbio sulle concrete possibilità che quell'offensiva aveva di arrivare a Tripoli , soprattutto nel giugno 1940, quando il sostegno aereo si era ridotto a poca cosa. La cautela con la quale ambo gli avversari dettero inizio alle ostilità fu dimostrata dalla ridotta attività operativa, limitata al semplice impiego di pattuglie delle opposte forze di copertura ed a qualche azione isolata contro fortini di confine. Anche l'intervento delle aviazioni fu scarso, a parte un' incursione francese su Tripoli ed una italiana su Biserta; addirittura nullo quello navale. Inoltre, pur se l'orientamento francese nella Tunisia sudorientale all'apparenza restava immutato, le informa-


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_ _ _ _ _ _ _P~O~J.~ IT~IC~A~E~s ·~rR~J\T ~ E=GIJ\ IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

zioni raccolte dal Comando Superiore. A.S . facevano rapidamente scemare ogni preoccupazione di sorprese: il 16 giugno, due giorni dopo l'entrata dei tedeschi a Parigi, il diario storico di detto Comando registrava che tre divisioni organiche sembravano aver lasciato la Tunisia, dirette in Francia. Balbo, dunque, confermò con piena fiducia l'atteggiamento difensivo sul fronte tunisino e rivolse ogni attenzione alla Cireinaica, verso la quale cominciò a spostare le sue truppe. Eppure i possibili sviluppi della situazione nel Nordafrica francese stavano assumendo una crescente importanza. In Francia gli eventi precipitavano. A Bordeaux il gen . Weygand, da poco nominato comandante in capo dell'Esercito, era persuaso che gli Alleati avessero perduto non soltanto la battaglia di Francia, ma addirittura l'intera guerra. Perciò osteggiava vivacemente l'idea del presidente Reynaud di riprendere con maggiore fortuna la lotta nei possedimenti africani sotto la protezione della flotta. L'incalzare delle circostanze, come sappiamo, indusse presto Reynaud a rassegnare le dimissioni e Pétain lo sostituì, annunciando subito per radio la necessità di cessare la lotta . Ad Algeri spirava aria del tutto diversa. Ascoltato il discorso di Pétain, il gen. Noguès si appellò fieramente al gen . Weygand : «'Jùtta l' Africa del Nord è costernata. Le truppe di terra, dell'aria e del mare chiedono di continuare la lotta per salvare l'onore e conservare alla Francia il Nordafrica ( ...). Sono pronto, se il governo è d 'accordo, ad assumere indipendentemente da esso, la responsabilità di questa condotta ( ...) . Con l'aiuto del.la flotta e delle forze aeree promesse possiamo resistere» 4 •

E il giorno seguente, l8 giugno, si rivolse direttamente a Pétain , caldeggiando la prosecuzione della guerra e concludendo: <<È dunque con rispettosa ma bruciante insistenza che io chiedo al governo ( ...) di venire a continuare o di lasciarmi continuare la lotta nel Nordafrica ( ...)» 5 . In quei giorni Pétain e Weygand, mentre si chiedevano quali sarebbero state le condizioni tedesche , davano il consenso alla libera partenza di unità per l'Africa; ma, una volta conosciute le condizioni, Weygand si allineò a Pétain nella convinzione che la soluzione più ragionevole per la Francia fosse l' armistizio 6.

4 ANDRÉ TRUCHET, 5

L'armistice de 1940 et l'Afrique du Nord, P.U.F., Paris 1955, p. 91.

Jbidem.

6 PAULB AUDOUIN, Neufmois a.u Gouvem ement (avril-décembre 1940).


!::§ PRIME OPERAZIONI IN AFRICA SEITENTR IONALE

Noguès allora non esitò più. Sostenne la possibilità di una efficace resistenza da parte del Nordafrica con le sue attuali risorse, con il prezioso afflusso di aerei tuttora in corso e con l'appoggio della flotta; sollecitò l'intervento del governo affinché i rifornimenti per il Nordafrica francese fossero assunti dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti. Quanto alla Libia dichiarò: «Le operazioni terrestri in Tripolilania sono avviate. Non possono rivestire il carattere di un' azione di grande respiro durante la stagione calda ( ...). Per contro sarà possibile in settembre-ottobre iniziare operazioni offensive in profondità con i ri;iezzi del Nordafrica rinforzati da nuove unità create con l'aiuto britannico ed americano ( ...). Grazie ai 600 aerei di cui ora dispone, l'Africa del Nord è in grado non soltanto di appoggiare fortemente le operazioni terrestri e navali , ma altresì di intervenire con la massima efficacia contro i punti vitali della Libia e dell' Italia ( ...)» 7 .

Insomma l'ottimismo mostrato da Noguès era in assoluto contrasto con il clima regnante a Bordeaux. Il 24 Weygancl replicò seccamente, rimproverando Noguès cli parlare senza possedere elementi di giudizio circa la situazione che il governo stava affrontando e circa le decisioni imposte dalle circostanze. La sera ciel 25 giugno Noguès tornò alla carica con violenza e accusò, a sua volta, il governo di non rendersi conto, «agendo in un'atmosfera di rotta», della possibilità concreta ciel Nordafrica»8 . Naturalmente il telegramma provocò a Bordeaux un 'indignata reazione e Weygand ordinò lo scioglimento ciel Comando in capo delle forze del Nordafrica ed il trasferimento d.i Noguès in Marocco , come residente generale. Ad ogni modo , durante le trattative per l'armistizio una grande quantità di soldati e mezzi affluirono in Africa. Fra il 24 ed il 28 giugno una quarantina d.i navi sbarcarono in Algeria 15 .500 uomini emolte migliaia cli tonnellate di materiale bellico. Ed alla data del 10 luglio la Commissione italiana d'arm istizio constatò l'esistenza cli ben 2.648 aerei moderni, fra i quali 7 10 caccia e 431 bombardieri 9. Ma il grosso problema sul quale si concentrava l'attenzione vivissima di tutti, amici e nemici, era rappresentato dalla flotta francese , il cui destino apparve determinante per gli sviluppi del conflitto. A Berlino bastava che le navi da guerra, tranne un certo numero concesso per la difesa delle 7

A. TRUCHET, L'armistice de 1940, cit., pp. 94-95. ibidem , pp. 98-99. 9 Il personale riparato in Africa si aggirava sui 10 mila aviatori di cui oltre 600 ufficiali. 8


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----~ PO e.,c:. LITICAE STR,\TEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE lTALIANJ;

colonie, fossero disarmate sotto controllo tedesco o italiano ed ancorate in porti metropolitani . Londra fece sapere al governo francese sin dal 16 giugno che consentiva contatti preliminari d'amùstizio «solo purché la flotta francese salpi inm1ediatamente per porti britanni.ci» 10 ed il 17, a buon conto , appresa la caduta del ministero Reynaud, co:municò all'amm. Cunningham , comandante in capo delle forze navali in Medio Oriente; «Se la Francia conclude una pace separata, occone fare ogni sforzo affinché la flotta francese passi sotto il nostro controllo, altrimenti deve essere affondata» 11. Dall 'altra parte dell'Atlantico anche Roosevelt, convenientemente sensibilizzato da Churchill, prese posizione e mandò a Pétain un durissimo messaggio, diffidando il governo francese dal permettere che la sua flotta si arrendesse ai tedeschi, in caso contrario «perderà per sempre l'amicizia e la benevolenza del Governo e del popolo americano» 12 . Anche l'amm. Darlan era fermamente risoluto a non lasciar cadere la flotta in mani tedesche, tuttavia nemmeno era propenso a regalarla agli inglesi, giacché, come del resto pensavano Pétain e Weygand, riteneva la flotta il grande atout per strappare ai tedeschi migliori condizioni di armistizio. Perciò ordinò che tutte le navi da guerra all' ancora nei porti britannici salpassero immediatamente per il Nordafrica. L' Ammiraglio inglese, già in allarme, le bloccò dovunque: era il primo passo verso il tragico destino della flotta francese. Naturalmente il rilevante movimento tra la Francia ed i porti e gli aeroporti africani non era sfuggito a Roma ed il 21 giugno Badoglio avvertì Balbo del dubbio che il governo francese intendesse spostare le ostilità nell'Africa settentrionale, motivo per cui diventava opportuno assumere adeguate misure cautelative 13 . Balbo, tutto preso dalle sue vecchie mire verso l'Egitto, si limitò a chiedere il reintegro alla 5" armata delle unità appena cedute alla 10a ed il rinforzo di uno stormo di caccia per la Tripolitania. Seguiva però anch'egli l'evolvere della situazione politico-militare ed il giorno precedente aveva per l'appunto scritto a Badoglio: «( ...) Ti prego, non appena giungono notizie armistizio con Francia, fare ordinare una prima sommaria occupazione Tunisia, che effettuerei con motociclisti e

\V. C HURCHILL, La seconda guerra mondiale, cit., parte seconda, r, p. 204. A. C UNNINGHAM, L'odissea di un marinaio, cit., p. 49. 12 P. REYNAUD, 1'vfe111orie, cit., II, p. 422. 13 USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., I, tomo I, p. 53. IO

Il


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L[; PRIME OPERAZIONI IN AFRICA SETfENTRIONALE

cavalleria 5" armata et che mi permetterebbe cli rapinare materiale francese col quale risolverei gran parte ciel mio problema>>14 •

La risposta di Badoglio fu sconsolante: le condizioni di armistizio non prevedevano l'occupazione della Tunisia e, pertanto, bisognava concentrare ogni cura alla frontiera orientale. Alle ore 1,35 del 25 giugno la guerra con la Francia era terminata. Continuava, o meglio stava per cominciare quella con la Gran Bretagna.

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Il fronte egiziano. La difesa della Cirenaica era stata impostata su un concetto molto semplice: garantire il possesso della base aeronavale di Tobruk e del centro idrico avanzato cli Bardia; predisporre la zona di manovra di elAdem (una ventina di chilometri a sud di Tobruk) per consentire la vita ed il movimento delle grandi unitĂ che vi sarebbero state radunate; sistemare alcune ridotte di confine (Capuzzo, Maddalena, ecc .). A Tobruk l'organizzazione difensiva della piazza consisteva in un fronte a mare, un fronte a terra ed una difesa contraerei. Il fronte a mare poteva reputarsi di consistenza adeguata, quello a terra presentava maglie troppo larghe, l'ostacolo anticarro era discontinuo ed il campo minato inesistente. Inoltre la guardia alla frontiera, alla quale era affidato il fronte a terra, era formata quasi per intero da personale richiamato dal congedo ed affluito alla fine cli maggio, che allo scarso addestramento univa una specifica ignoranza dei materiali cli preda bellica della grande guerra che doveva impiegare. Le difese di Barclia avevano un livello cli efficienza analogo a quello cli Tobruk . Complessivamente, mentre la sistemazione difensiva della Tripolitania dava un buon affidamento, la fortificazione della Cirenaica, di poco superiore al campale, incompletamente armata e presidiata, male attrezzata, consentiva poca fiducia. Lo schieramento verso l'Egitto comprendeva una copertura articolata in due settori: costiero o di Amseat, interno o di G iarabub. A tergo si trovava la 10a armata (comandata adesso dal gen. Berti), concentrata sulla fascia costiera ed ordinata su due corpi d'armata. Il XXI corpo 14 Ibidem,

I, tomo 11 , doc. 2.


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POLITICA E STR ,\TE(.; IA IN CEN'JX) ANNI DI GUERRE ITA LIANI;

(gen. Dalmazzo) era disposto a ridosso della frontiera per sbarrare le djrettrici Sollum-Tobruk e Bir esc-Sceferzen; il XXII corpo (gen. Pitassi Mannella) era concentrato all'altezza di Acroma a cavaliere del Trig Capuzzo e del Trig el-Abd . Si trattava di un 'armata di ben scarsa consistenza. Su cinque divisioni, due (Marmarica e Cirene) raggiungevano i livelli organici; una era libica, sui 7 mila uomini e 24 pezzi da 77 /28 , quindi valeva ancora meno della tanto deprecata binaria; un'altra era di camicie nere ed oltre alla forza ridotta lamentava un insoddisfacente inquadramento ed un addestramento molto limitato; un'ultima infi ne, la Catanzaro, era in corso di un completamento laborioso al punto che ancora due mesi dopo non risultava operativamente impiegabile. E il disegno di manovra non poteva certo dirsi incisivo. A parte il previsto colpo cli mano su Sollum, che il primo ordine di guerra del Comando Superiore vietò cli effettuare, nell'ipotesi dj un'offensiva britannica condotta con mezzi corazzati non restava che il ripiegamento sulla piazza più vicina o l'isolamento in terreno desertico con le conseguenze facili ad immaginare. Le unità aeree della Cirenaica, dipendenti dal Comando Settore est (gen. Silvestri), comprendevano la 13a divisione aerea Pegaso a Bengasi con due stormi da bombardamento; la brigata aerea Rex a Tobruk con un gruppo di caccia; altre varie unità minori. La R. Marina disponeva a Bengasi ed a Tobruk dell'incrociatore San Giorgio, di una squadriglia cacciatorpediniere, di un gruppo sommergibili e di poche altre unità. A differenza cli quello tunisino, il fronte egiziano cominciò subito a fornire elementi cli preoccupazione, mostrando come poche forze mobili, bene armate e sorrette eia spirito aggressivo potessero rapidamente riscaldare l'ambiente, ma soprattutto palesando i primi segni di un diverso tipo di guerra rispetto al modulo convenzionale al quale si era preparati. Da parte britannica, riconosciuta l'estrema difficoltà di alimentare una consistente forza ad ovest di Marsa Matruh, il gen. Wilson, comandante delle truppe britanniche in Egitto, decise di tenere alle dirette dipendenze le forze del Delta e ciel Canale e di lasciare in copertura la 7" divisione corazzata, meno una brigata corazzata, con il preciso compito di impegnare le forze italiane di frontiera, senza peraltro alcun intento di occupazioni territorial ì. Tale libertà d'iniziativa, agevolata dallo stretto contegno difensivo assunto dalla 10a armata italiana, si tradusse in una serie di puntate contro tutti i posti confinari condotta con grosse pattuglie o gruppi tattici al livello massìmo di battaglione. Dopo appena una


LE PRIM E OPERAZIONI IN AFRIC.:A SETfENTR.,., 10"-'N"-A,.,, L=. E_ _ _ __

SCACCHIERE LIBICO EGIZIANO Situazione al 10 giugno 1940

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POLITICA ESTRATEGL", IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

settimana i presidi settentrionali - ridotta Capuzzo, Sidi Omar, Bir escSceferzen, ridotta Maddalena - erano stati eliminati. Che ciò dovesse accadere era inevitabile, considerate la facilità per gl i inglesi cli real izzare rapidamente nel momento e nel posto voluti la superiorità di forze e di mezzi necessaria e sufficiente allo scopo e, per contro, la mancanza da parte nostra dj un collegamento tattko fra i posti avanzati nonché l'inesistenza di qualche elemento mobile di riserva in condizioni di appoggiarsi ora all'uno ora all'altro per mandare a vuoto l'azione nemica. Evidentemente occon-eva contrastare in qualche modo l'attività britannica ed impedire che si creasse un clima di demoralizzazione fra le nostre truppe. Perciò il gen. Berti ordinò ricognizioni armate verso le abbandonate posìzoni dì confine con colonne volanti . La sera ciel 16 Balbo giunse a Cirene, stabilendovi il proprio Comando tattico. Prima cli partire da Tripoli aveva scritto a Badoglio per comunicargli di aver disposto il trasferimento alla I011 armata della 2" divisione libica e di altre unità; nel contempo lamentava la penuria di automezzi, di autobotti e di carburante e segnalava che i nuovi bombardieri S. 79 erano privi di prese antisabbia con conseguenti rapide avarie. Poi aggiungeva con una punta polemica: «( ...) la sola divisione corazzata inglese che è in linea ha 360 autoblindate e carri armati medi. li che non può competere con fucili et mitragliatrici; tuttavia non molleremo et faremo mixacoli, ma se io fossi il comandante inglese sarei già sotto Tobruk. Viceversa voglio arrivare al più presto al ciglione di Sollum, come dal mio primo progetto per la prima ora di ostilità, progetto rientrato in seguito at ordine esplicito di restare sulla difensiva» 15 .

Benché le puntate britanniche venissero ora per la maggior parte respinte, la loro improvvisa apparizione anche nelle retrovie ed i primi confronti negativi fra i nostri carri leggeri e le semplici autoblindo, generarono quello che il Comando Superiore segnalò al Comando Supremo come «aggravamento della situazione al fronte orientale». L'abbassamento cli tono nel morale deJle truppe riguardava particolarmente il XXI corpo d'armata, il più avanzato, cui in quel momento toccava la ventura di ril 5 Balbo a Badoglio in data 16.6.1940, in Comando Supremo, Relazione campagna dell '1tS. 1940-43 (d'ora in poi AUSSME, Relazione Comando Supremo). La relazione è una sintesi degli avvenimenti milita.ti di rilievo, compilata dal Comando Supremo. Nulla di particolarmente significativo rispetto al carteggio custodito negli atti d'archivio, ma comodità di consultazione di documenti non sempre repe1ibili facilmente in originale o perduti.


LE PRIME OPERAZIONI IN AFRICA SE1T15NTRIONALE _ _ _ _ __ __ _ _ __

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LE FORZE BRITANNICHE IN EGITTO NEL GIUGNO 1940 in realtà 0

secondo il S.I.M.

7" D .cor. su: una brg. cani leggeri su 7°, 8° e 11 ° usseri; una brg. carri pesanti su due btg.; un gruppo di sostegno su due btg. mot.; 3° rgt.art. a cavallo; . un rgt.arl . controcarn .

.

4" D.f. indiana su:

5" e 11a brg.f.; due rgt.art.camp. D.f. neozelandese su organici ridotti (circa 7.000 u .)

6" D.f. britannica su: 22" e 23" brg.f. (sei btg.) 4° rgt.rut.camp.; 31° rgt.art.camp.; 7° rgt.art.pes.camp. Truppe non indi visionate: 28" brg.f. (due btg.); presidio canale (due btg.); presidio Alessandria (due btg.); I 4° rgt.art. pesante; 9° rgt.ait. contraerei Contingenti non precisati, ma considerevoli, appena giunti dalla Palestina.

7" D .cor. su: 4" brg.cor. su 7° usseri e 6° ca1Ti; 7" brg.cor. su 8° usseri e I O carri; 7° gruppo cli sostegno su due btg. mot.; 11 ° usseri; 3° rgt.art. a cavallo controcarri; 4° rgt.art. a cavallo da campagna.

4° D. indiana su: 5" e 11" brg.f.; 31 ° rgt .art.carop.; 7° rgt.art.pes.camp. D . neozelandese su: tre btg.f.; un btg.mtr.; un rgt.cav.; un rgt.art.camp. Comando 6" D.f. britannica: 22° brg.f. (quattro btg.) a Marsa Matruh; 23° brg.f. (quattro btg.) sul cana-

le.

-

Truppe non indi visionate: un btg. al Cairo; due btg . ad Alessandria; batterie di vario tipo; I 9° rgt.art.pesante; 9° rgt.art. contraerei; 14• brg.f. (tre btg .) nel Delta.

Relazione del gen. Archibald P. Wavell sulle Operations in the Middle Eastfrom august 1939 to november 1940, pubblicato come terzo supplemento della London Gazette dell' li giugno 1946. 0


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POLITICA E STR,U EGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

scontrare le falle ciel proprio apparato: l'estrema difficoltà nei collegamenti radio, quando non proprio la mancanza; l'impreparazione dei reparti in movimento con autocolonne a reagire ad attacchi improvvisi e ad incursioni aeree; l'eccessiva vulnerabilità dei carri leggeri; la carenza di armi controcarri; le deficienze qualitative e quantitative dei mezzi ruotati. Non soltanto la radunata si trovava ancora in corso e procedeva con estrema lentezza, ma un altro grave fattore di debolezza insidiava il dispositivo: il tipo delle grandi unità. Se al posto della Marmarica si fosse trovava la D. cor. Centauro con carri M 11, ed a quello della 1a divisione libica e della Cirene le divisioni Trento e Trieste (il che sarebbe stato possibile sol che lo si fosse voluto), evidentemente il discorso sarebbe stato alquanto diverso. Balbo si impegnò a fondo per rimettere in sesto rapidamente la situazione. Secondo i primi ordini impartiti, la 10a aimata doveva assumere un contegno particolarmente reattivo durante l'organizzazione del colpo cli mano su Sollum (l" divisione libica), il Comando Aeronautica Libia doveva trasferire in Cirenaica la massa dei velivoli e cieli' organizzazione a terra, l'Intendenza Superiore doveva anch'essa spostarsi in Cirenaica, lasciando in Tripolitania una Delegazione d'Intendenza . Badoglio e Mussolini seguivano entrambi da presso gli eventi in corso al confine egiziano, ma con spirito del tutto differente. Se il primo persisteva nel suo atteggiamento prudente, Mussolini manifestava apertamente una certa euforia. Non soltanto approvava il principio di garantire Tobruk, ma incoraggiò Balbo: «Se per battere gli inglesi est necessario invadere il territorio egiziano fallo. Est indifferente che Egitto sia o no neutrale; anzi est meglio che dichiari la guena» . E Badoglio, di suo aggiunse: «Se hai difficoltà falle presenti ( ...) . Trasporto materiali mancanti oltre aerei est in corso via mare» 16 . Balbo allora, visto che proprio una diecina di giorni prima aveva ricordato al ministero della Guerra le gravi deficienze da cui era afflitto , replicò subito che, essendo il Comando Supremo, perfettamente al corrente della situazione in Cirenaica, non aveva bisogno di spendere parole per illustrarla. Piuttosto , volgendo al tennine la guen-a con la Francia, perché non chiedere ai tedeschi per la Libia una cinquantina dei loro «magnifici carri armati» ed altrettante autoblinclo? 17 16

Badoglio a Balbo in data 19.6.1940, AUSSME, Relazione del Comando Supre-

mo, cil. 17 Balbo a Badoglio in data 20.6.1940 , USSME, Diario storico del Comando Supremo, cii., l, tomo II, doc. 2.


LE PRIMEOPER,\ZIONI IN AFRICA SETIENTR!ONALÉ

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Il 25 giugno , non appena firmata la convenzione d'armistizio con la Francia, Badoglio assicurò a Balbo l'imminente sbarco di materiali a Bengasi, fra cui 70 carri M 11. Subito dopo si recò da Mussolini e gli prospettò il quadro strategico determinato dal crollo francese: ormai l'unico teatro d'operazioni era quello africano, perciò occorreva alleggerire la pianura padana e rinforzare le isole ed il meridione. Nel pomeriggio convocò a rapporto i capi ed i sottocapi cli Stato Maggiore. Toccò, per primi, due argomenti specifici, entrambi affidati aJla competenza dell'Aeronautica, Gibilterra e Malta, e non si può ce1to diJe che li abbia sviluppati in modo conveniente: a Gibilterra, con l'aiuto spagnolo in carburante e bombe, c'era da'«sperare di conseguiJe buoni risultati» e di dare «una buona lezione» agli inglesi; a Malta, «la prima giornata di bel tempo farete un'azione molto nutrita, affinché gli inglesi capiscano che, anche come ponte non può servire» . Tutto qui. Si direbbe mancasse una pur semplice percezione della capacità delle due basi di «incassare» incursioni aeree organizzate più o meno sul tamburo, eppure l'episodio di Dunkerque doveva aver mostrato i limiti di una pur forte ed efficiente aviazione. Peggio ancora: non aprì una discussione sul problema di fondo di Malta e, al pari di lui, nessuno degli altri presenti insistette sull'argomento. L'offensiva in Egitto rappresentava il punto centrale della riunione, ma anche a questo riguardo affiorano perpless.ità . Anzitutto la discutibile intenzione cli passare la Libia dalle dipendenze del Comando Supremo - come gli altri teat1i d'oltremare - a quella degli Stati Maggiori di Forza Armata, il che avverrà il 4 luglio. In secondo luogo l'orientamento operativo: «Potrebbe darsi il caso - disse Badoglio - che la situazione divenisse seria per la Gran Bretagna in Egitto ed a noi convenisse fare una puntata decisiva, che serv i; rebbe a dare al Duce quell'elemento di consistenza per le pretese verso l'Egitto».

Era il motivo ricorrente dell'intera concezione strategica: difensiva assoluta, salvo una crisi avversaria. Un principio difficile da accettare, una irragionevole pretesa quella di vincere una guerra, dichiarata a ragion veduta, solo fidando nel collasso nemico. In ogni caso, in omaggio a questo singolare orientamento, Badoglio dispose che lo Stato Maggi.ore dell'Esercito studiasse <<le possibilità cli una nostra offensiva verso l'Egitto» 18 • 18

USSME, Verbali delle riunioni tenuta dal capo di Stato Maggiore Generale, cit., verb. n. 8.


244

POLITICA E STRATEGU IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

Sfugge il motivo per cui volle togliere al Comando Superiore A.S . il diritto-dovere della paternità dell'operazione. Il mattino seguente tutto cambiò. Mussolini, influenzato dalla comunicazione fatta dal gen. Marras, addetto militare a Berlino, circa l'intenzione dell'Oberkommando der Wehrmacht di preparare per la settimana successiva uno sbarco in Inghilterra a Dover ed uno dalla Norvegia in Scozia19 , decise di «attaccare dalla Cirenaica verso l'Egitto» . Perciò Badoglio sctisse nuovamente a Balbo, sollecitandolo a mettere a punto l 'operazione <<perché i tempi sembrano serrare con velocità e potremmo essere obbligati a scattare quanto prima verso est, se non vogliamo restare alla conclusione della pace a mani vuote» . La lettera terminava con molta vivacità: «lo sto qui aUe costole di tutti per affrettare quanto più posso l'invio cli materiali alla Libia( ...). Metti le ali ai piedi di tutti ( ...)»20 . Il 28 giugno, alle 17,40, l'aereo di Balbo, colpito dalla nostra contraerei, precipitava in fiamme mentre rientrava a Tobruk dopo un'incursione aerea britannica. Non è detto che le cose sarebbero cambiate molto se non si fosse verificato il mortale incidente, tuttavia si può presumere che la spiccata personalità di Balbo avrebbe pesato maggiormente sulle decisioni e sui provvedimenti da prendere in Africa settentrionale. Giunta la notizia a Roma, Badoglio suggerì a Mussolini il nome di Graziani come nuovo Comandante Superiore. Strana la designazione dato l'incarico da questi ricoperto, strana l'approvazione di Mussolini, ancor più strano che Graziani, con il nuovo incarico, conservasse la responsabilità dello Stato Maggiore dell'Esercito invece di rinunciarvi spontaneamente. In tal modo Superesercito, che avrebbe assunto a giorni la competenza del teatro d'operazioni dell' Africa settentrionale, doveva inviare le principali decisioni - prese a Roma dal sottocapo di Stato Maggiore, Roatta, su ordine di Badoglio o di Mussolini - a Cirene per la firma del capo di Stato Maggiore, Graziani! Questi partì per Tripoli dopo aver ricevuto da Badoglio l'informazione che presso il Comando Superiore A.S. avrebbe trovato le direttive trasmesse a Balbo. Arrivato a Cirene il I O luglio, ebbe subito una sorpresa: il telegramma in data 28 giugno con cui Badoglio ordinava a Balbo: <<Fai cli tutto per essere pronto per giovedì 15»21. Non ne sapeva niente . 19

USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., I, tomo I, p. 85. I, tomo I, p. 83 . 21 Badoglio a Balbo in data 28.6.1940, USSJ\.1E, Relazione del Comando Supremo, cit. 20 Ibidem,


LE PRIME OPERJ\7.l()N I lN 1\FRICA SETlliNTRION = A=L,,_ E _ __

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Il 4 luglio Graziani riunì i comandanti d'annata, dell'Aeronautica e della Marina della Libia per l'esame dei termini del problema operativo, concludendo a favore di un'azione graduale: il 15 attaccare lungo la direttrice costiera - l'unica valida, a sud della quale il deserto non consentiva manovra per le nostre unità - con obiettivo Sollum. L'occupazione di questa base doveva costituire l'inizio cli un'offensiva il cui sviluppo sarebbe stato determinato dalle circostanze22 . Nel frattempo a Roma si studiava la situazione politico-militare creatasi a seguito dell'armistizio con la Francia . Il 2 luglio il gen. Soddu aveva presentato a Mussolini un promemoria sugl i impegni dell'esercito e prdposto una serie di provvedimenti , fra i quali spiccavano la riduzione della forza alle armi ad un milione cli uonùni, la soppressione dei Comandi di gruppo d'armate, la riduzione al 75% dell'organico cli guerra per tutte le truppe sull'arco alpino, dell'annata del Po e delle unità in Albania. Neppure sfiorata era l'opportunità di portare al 100% il corpo d'armata corazzato (D . cor. Ariete e Littorio e D. mot. Jì'ento e Trieste) e di spedirlo d'urgenza in Africa settentrionale , sia pure a scaglioni reggimentali. L' 11 luglio Mussolini diramò le nuove direttive strategiche. A ben guardarle, più che di direttive si trattava dell'illustrazione di una situazione, con relativo breve commento: per il fronte egiziano, ìl solo rimasto, il comandante superiore in A.S. aveva ricevuto «direttive precise circa la condotta da seguire», perciò non restava che mandargli il materiale necessario per l'assolvimento del compito ; la flotta doveva mantenere e sviluppare ancor più il servizio cli scopetta per essere in grado di intervenire «al momento opportuno»; l'Aeronautica, che ormai possedeva il predominio nel Mediterraneo , doveva battere a massa tre obiettivi, vale .a dire Malta,Alessandria e la flotta inflese in mare23 . Come si vede , queste direttive non erano molto illuminanti sugli sviluppi che il Duce intendeva dare alla guerra, però l' indicata raccolta di gran parte dell 'esercito nella pianura padana era spiegata con una frase di significato incerto e preoccupante: «ove sarà in misura di essere sollecitamente diretto e concentrato tanto verso nord quanto verso est». Chiariamo subito . Il «verso nord» si riferiva all'offe1ta fatta il 7 luglio a Hitler di truppe (anche 10 divisioni) e di aerei (anche 30 squadriglie)24; il «verso est» ri22

Diario storico Comando Superiore A.S ., data 4.7 .1940. USSME, Diario storico dei Comando Supremo, I, tomo I, p. 171 . 24 Mussolini a H itler in data 7 .7 .l 940, DDI, 9a serie, V, doc. 200 . 23


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POLITICA i; STR.•JTiGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

guardava probabili complicazioni in Balcania. Ora, pur sapendo che , per accontentare e nemmeno in toto le necessità minime della 1oa armata, Roatta era costretto a saccheggiare le grandi unità in Italia, si pensava a nuove iniziative che avrebbero comportato la disperata ricerca dei soliti mezzi deficitari per sistemare parzialmente altre grandi unità su nuovi fronti. Peraltro le direttive in causa furono ritirate dopo due giorni, senza alcuna spiegazione. Forse per l'intempestivo accenno al nord ed all'est. Il 12 Graziani comunicò che entro un paio di giorni sarebbe stato pronto a muovere per occupare Sollum. Però fece capire che avrebbe desiderato una piccola dilazione sulla data del giorno 15, visto che i promessi carri M 11 sarebbero sbarcati a Tobruk solo il 13. Badoglio si affrettò a tranquillizzarlo, ma nel contempo volle chiarire meglio la situazione: «Duce Vi autorizza ritardare nota operazione sino a quando non avrete tuni i mezzi che Vi permettano di effeuuare una manovra ad ampio respiro ed in profondità in modo da conseguire risultati di notevole importanza. Conquistare Sollum e poi fermarsi non est manovra redditizia et perciò da non effettuare ( ...)}>25 .

Il motivo principale del consenso al rinvio risiedeva nell'indecisione tedesca circa lo sbarco in Gran Bretagna. Proprio il 14 mattina Mussolini aveva ricevuto una lettera da Berlino, con la quale Hitler gli comunicava che i preparativi per l'attacco all'Inghilterra rivestivano molta complessità e richiedevano «un certo tempo», lo ringraziava per l'offerta di truppe e di aerei e gli suggeriva cli concentrare ogni sforzo per un'offensiva in Egitto sino al Canale cli Suez26 . Graziani cercò di spiegare i motivi che lo inducevano ad occupare Sollum spingendosi fino all'Halfaya, comunque terminò la lettera con questa frase: «Tenendo conto di quanto codesto Comando comunica sospenso per ora azione» 27 . A Roma il dispacc.io venne interpretato come una rispettosa insistenza suU'opportunità di realizzare subito una premessa, obiettivamente non difficile, per migliorare le condizioni cli partenza dell'offensiva su Alessandria. Poiché Je ragioni addotte erano valide, Mussolini elette il benestare, ma qualche giorno dopo arrivò a Cirene un altro telegramma: il Duce desiderava che l'avanzata su Sollum non venisse ri25

USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., I, tomo I, pp. 188- 1.89. Hitler a Mussolini in data 13.7 .I 940, DDI, 9° serie, V, doc. 242. 27 Grazi.ani a Badoglio in data 15.7.1940, AUSSME, Relazione del Comando Supremo , cil. 26


LE PRIME OPERAZIONI IN AFRICA SETIENTRl<)NALE _

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tardata oltre il 22 luglio per risultare in concomitanza con una violenta offensiva verso il Somaliland sferrata dal Vicerè in Africa orientale28 . Graziani si impennò e replicò seccamente di avere ormai impostato i piani ad ampio respiro e rivendicò altresì la relativa libertà d'azione concessagli. Poi mandò al Comando Supremo una memoria riepilogativa, dalla quale, nonostante alcune carenze debitamente poste in rilievo, tutto sommato il quadro appariva accettabile29 . In realtà la situazione non era affatto rosea per difetti cli fondo: un'armata ridotta a cinque divisioni binarie, due delle quali di camicie nere, peer giunta lungi dal pieno organico di guena, ben difficilmente poteva risultare classificabile come tale; e le dlfe piazze di Bardia e Tobruk, essenziali come punti di appoggio, erano tutt'altro che «in piena efficienza» come riferito da Graziani. E purtroppo c'era di peggio. Abbiamo visto come Graziani fosse stato inviato in Libia senza neppure un colloquio che gli consentisse di mettere a fuoco una semplice ipotesi di lavoro. Dopo più di tre settimane, le operazioni suli 'unico fronte rimasto erano eia Roma sollecitate, approvate o criticate sulla base degli umori di Mussolini - che intendeva condune la guerra sul solo piano politico o meglio in relazione a quanto riusciva a carpire delle intenzioni tedesche nei confronti della Gran Bretagna - e rimanendo, tutto sommato, all'oscuro del vero pensiero di Graziani. Si creavano, in tal modo, le peggiori condizioni psicologiche per un'armonia degli sforzi e degli intenti, tanto più indispensabile in quanto la lotta nel Mediterraneo, quella in Africa settentrionale e quella in Africa orientale ormai stavano avviandosi verso la più completa indipendenza dei teatri d'opera:ziione e, nel Mediterraneo, si stava registrando anche fra le varie Forze Armate. La recente battaglia di Punta Stilo ~9 luglio) aveva mostrato le spiacevoli conseguenze della mancanza di un 'accurata cooperazione fra R. Marina e R. Aeronautica. La memoria di Graziani fu bene accolta da Mussolini: consJderò la situazione «soddisfacente)) ed il lavoro preparatorio bene impostato, e si dichiarò sicuro che «dopo essere stati per alcune settimane l'incudine, sarà possibile diventare presto il martello))30 . A questo punto Graziani uscì dall'equivoco. Nella lettera di risposta inviata a Badoglio, spiegò che, dopo lungo ed accurato esame, «in questa stagione una simile opedel Comando Supremo, cit., I, tomo I, p. 219. 10. 30 Mussolini a Graziani in data 26.7.1940, AUSSME, Relazione del Comando Supremo, cit. \ 28 USSME, Diario storico 12 . 9 Ibidem, I, tomo li , doc.


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POL ITICA E STRATEGJA IN Cf:iNTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

razione non può non essere considerata proibitiva» per tutta una serie cli motivi, climatici, topografici, tattici e logistici. E concluse che a suo giudizio occorreva attendere il termine della stagione calda, vale a dire la fine di ottobre31 . Inutile dire che questa presa di posizione anivò a Roma come un clamoroso colpo cli scena, anche perché, secondo uno studio di larga massima effettuato dall'ufficio operazioni dello Stato Maggiore dell'Esercito, la 10a armata e l'assetto logistico della Cirenaica erano reputati all'altezza delle esigenze connesse con l'offensiva. Badoglio riepilogò i «precedenti» in un appunto che presentò a Mussolini senza una sillaba cli commento32 , e Mussolini ordinò di chiamare a Roma Graziani. Il colloquio a Palazzo Venezia, presenti Badoglio e Socldu, ebbe luogo il 5 agosto. Iniziò con una certa tensione, ma presto divenne abbastanza cordiale e terminò con il proposito cli eliminare le basi inglesi sul confine e raggiungere il ciglione cli Halfaya con la mira, ove le cose si fossero volte al meglio, cli proseguire lo sforzo su Sidi el-Barrani33. Purtroppo Graziani non era stato capace cli spiegarsi o non aveva osato assumere un atteggiamento abbastanza fermo, cosicché si era trattato di un dialogo fra sordi . Per Graziani obiettivo di primo tempo non poteva che essere Marsa Matruh, previa conquista a se stante del ciglione Sollum-Halfaya: Sidi el-Barrani era una località, non una posizione, e per giunta poneva il grosso problema del rifornimento idrico. Egli dunque rientrò a Cirene scontento e preoccupato , ritenendo di non essere stato compreso o, peggio, di essere lasciato solo a risolvere un difficilissimo problema nazionale. In questo turbato stato d'animo si mise al lavoro, ma risentì dell'atmosfera di sfiducia che sentiva circolare attorno a sé. Il 1.8 agosto, allora, riunì a rapporto i due comandanti d'armata, il comandante della 5a squadra aerea, l'intendente superiore ed i comandanti di corpo d'armata per un esame approfondito delle circostanze e della determinazione presa a Roma cli attaccare quanto prima su Sicli el-Ba1nni. Il verbale della riunione, controfirmato da tu tti gli intervenuti, si chiudeva in questi termini : «A conclusione di quanto detto sopra, all'unanimità affermiamo che nelle condizioni auuali non è possibile un'offensiva degna di questo nome, ma solamen-

31

Diario storico del Comando Superiore A.S., data 29.7.1940. USSME, Diario storico del Comando Suprenw, cit., I, tomo I, p. 297. 33 Ibidem, pp. 326-327. 32


LE PRIME OPERAZIONI IN AfRICA SETfENTRJONALE

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te svolgere piccole operazioni tendenti a mantenere il prestigio sull'avversario, allo scopo di marcare il predominio su di esso».

Inutile rilevare la stonatura di espressioni come prestigio e predominio sull'avversario, ma è evidente il clima di disagio in cui si era svolta la riunione , nonché, bisogna ammetterlo, la sensazione di una mano insicura al timone delle forze armate in Libia. Nel trasmettere il verbale a Badoglio, Graziani ritenne cli dover offrire le dimissioni dall'.incarico34. Senonché lo stesso giorno giunsero a Cirene nuove direttive eia Roma, tJrovocate eia indiscrezioni berlinesi che lasciavano intuire imminente l'operazione «Leone Marino» contro la Gran Bretagna. «Mussolini annotò Ciano nel diario - le crede esatta ed è convinto che alla fine del prossimo mese avremo la vittoria e la pace»35 . Le nuove direttive erano espresse in una lettera personale di Mussolini per Graziani: «Maresciallo Graziani Libia. L'invasione della Gran Bretagna è decisa, è in corso di ultimazi.o ne ed avverrà. Circa l'epoca può essere fra una settimana aut fra un mese. Ebbene il giorno in cui il primo plotone di soldati germanici toccherà il territorio inglese, Voi simultaneamente attaccherete . Ancora una volta Vi ripeto che non Vi fisso obiettivi territoriali, non si tratta di puntare su Alessandria e nemmeno su Sollum. Vi chiedo soltanto di attaccare le forze ingles i che avete di fronte . Mi assumo la piena responsabi lità personale di questa decisione( .. .). Voi avete un'indubbia superiorità di effettivi e di mezzi e di morale( ...). Non ho dubbi sull'esito definitivo della battaglia ( ...)»36 .

Graziani non ebbe la forza di sottrarsi alla lusinga della grande vittoria e rispose: <<Gli ordini saranno eseguiti>>. Mussolini ricevette quasi contemporaneamente la lettera del 18 con l'offerta delle dimissioni ed il telegramma del 20 con l'atto cli obbedienza. Prese per buono quest'u ltimo e telegrafò: «La Vostra è la risposta che attendevo». Due giorni dopo, il 22, al rapporto giornaliero disse a Badoglio di fare massa contro l'Egitto con le tre Forze Armate per realizzare la voluta simultaneità con l'operazione «Leone Marino» 37 . 34

Mussolini a Graziani in data 19.8 .1940, AUSSME, Relazione del Comando Supremo, cit. 35 Graziani al Comando Supremo in data 20.8.1940, ibidem . 36 Mussolini a Graziani in data 20.8 .1940, ibidem. 37 USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., I, tomo I, p. 4 19.


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- -- - - - - - - ' - = POLITICA E STRAT EG IA IN CENTO ANN I DI GUERRE ITALIAN I;

2 . L'AVANZATA ITALIANA SU S1DI EL-B ARRANI A Roma si era in costante attesa di notizie sulle operazioni contro l'Inghilterra. Il 29 agosto Ciano telegrafò da Salisburgo che il Filhrer si era compiaciuto della disponibilità italiana ad attaccare anticipatamente in Egitto, qualora la Germania fosse stata costretta a posporre lo sbarco in Gran Bretagna. Se il tempo fosse diventato «più propizio» , secondo Hitler due settimane sarebbero bastate per conquistare l'indispensabile dominio ciel cielo e per compiere lo sbarco. Nel complesso, però, Ciano aveva percepito un più prudente apprezzamento delle difficoltà presentate dall' impresa e raccolto l'ammissione della possibilità che il conflitto si protraesse oltre l'inverno38 . Questa informazione, anziché indurre Mussolini ad atteggiamenti più prudenti, fecero da innesco ad una improvvisa smania interventista che, suggerì a Badoglio di telegrafare a Graziani cli tenersi pronto «fra 1'8 ed il 9 settembre» previa confem1a39 . Graziani riprese allora alla mano l'analisi ciel problema operativo. Elemento fondamentale alla base di ogni calcolo era il numero degli automezzi disponibili e questo vincolo condizionò l'entità del complesso attaccante: cinque divisioni più il raggruppamento Maletti. Qualora l'offensiva fosse stata ordinata senza la disponibilità degli automezzi, sarebbe stato giocoforza limitarsi in primo tempo all'occupazione degli sbocchi di Sollum e di Halfaya, spingendo l'ala destra sino a Bir Chreigat, e poi stabilire il da farsi in base agli eventi. Il d isegno di manovra, appena abbozzato in forma schematica, era privo di un concreto apprezzamento delle presumibil i forze avversarie da superare. Del resto, anche il nemico aveva sopravvalutata la consistenza della minaccia italiana al piunto da decidere da tempo di non accettare il combattimento. Per inciso, il dispositivo britannico era stato appena rimaneggiato . Tutte le forze dislocate fra la frontiera e Marsa Matruh erano state raggruppate sotto il Comando della 6a divisione di fanteria (gen. O'Connor) , con la denominazione di Western Desert Force. Graziani comunicò subito al Comando Supremo i suoi intendimenti40, evidentemente poco apprezzati da Badoglio perché fra i due sorse una breve discussione; dopo di che nel pomeriggio del 7 settembre egli ricevette il seguente dispaccio: «Duce ordina che la nota operazione ab38

R. MOSCA., L'Europa verso la catastrofe, cit., Jl, pp. 225-226. Badoglio a Graziani in data 29.8. 1940, Relazione del Comando Supremo, cit. 40 Graziani a Badoglio .in data 2.9.1940, ibidem.

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LE PR!MUOPERAZIONI rN AFRICA SETIENTRIONALE

IL CIGLIONE DI SOLLUM-HALFAYA

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bia inizio lunedì 9 corrente»41 . Era inevitabile. Pur dando atto dell'impegno profuso e dei numeros.i accorgimenti messi in opera in campo logistico, viene spontaneo chieders.i se i due mesi trascorsi fossero stati sfruttati nel migliore dei modi; e così, pur riconoscendo la serietà della valutazione compiuta circa i termini del problema operativo, è innegabile la confusa altalena dialettica con la quale si era pervenuti alla designazione degli obiettivi. Duole osservare che l'intero, laborioso e oscillante processo decisionale si concluse in modo, se possibile, ancor più sconcertante con l'improvviso ribaltamento ciel concetto di manovra. Alle 18,30 del 7 settembre, infatti, Graziani lasciò Bengasi per tornare a Cirene. Strada facendo, riconsiderò fra sé tutti gli aspetti dell'offensiva e di colpo gli sembrò che le possibilità cli successo apparissero troppo esigue. In queste sconfortanti riflessioni affiorò subitanea l'idea di invertire la manovra procedendo con l'intera massa delle truppe lungo la direttrice costiera, con il vantaggio di una sola linea cl'operazioni, della semplicità dei rifornimenti , ciel maggiore apporto dell'aviazione. Su queste basi il giorno successivo il gen. Berti diramò l'ordine d'operazioni. Se i rapporti fra Comandante superiore e capo di Stato Maggiore Generale erano poco sereni, altrettanto accadeva in quelli fra Comandante superiore e comandante della 10" armata. In sostanza, 1'8 settembre Graziani non diramò direttive, bensì ordini esecutivi veri e propri, che Berti ripeté quasi integralmente. Cosicché l'offensiva non venne affidata al Comando della 10a armata, come sarebbe stato normale, e nemmeno al Comando del XXIII corpo d'armata, come in fondo sarebbe stato possibile, ma in pratica fu gestita direttamente dal Comando Superiore con una vera e propria invadenza delle attribuzioni dei livelli inferiori. L'offensiva si articolava in due tempi. Il primo (9-11 settembre) consisteva nella semplice assunzione del dispositivo cli partenza; il secondo, cli prevedibile inizio per il 12 settembre, concerneva lo sviluppo dell'offensiva. Graziani contava molto sull'appoggio aereo ed a buon motivo. Il 15 lugl io era stata costituita la 5" armata aerea (gen. Porro) con il conseguente afflusso di numerosi reparti di vario tipo ed aerei per reintegro e completamento degli organici, talché alla vigilia dell'operazione si poteva contare su 300 velivoli efficienti: 110 bombardieri, 135 caccia, 42 d'assalto e 4 aerosiluranti. Contro cli essi si calcolava una forza britanni41

Badoglio a Graziani in data 7.9.1940, ibidem..


LE PR IME OPERAZIONI IN AFRIC:ASElTENTRIONA.~ LE ~· _ _ _ _ _ __

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ca di pressoché pari entità. Comunque il gen. Pricolo avvertì che all'occorrenza, e se pronte le strutture a terra, avrebbe potuto inviare ancora uno o due stom1i da bombardamento ed una piccola aliquota di caccia. TI primo tempo non incontrò molto disturbo da parte nemica, però una serie di contrattempi rese quei giorni piuttosto convulsi.

In campo britannico il primo pensiero era stato quello di correre ai ripari, dando per scontata un'offensiva italiana verso Alessandria. Il 16 agosto Churchill aveva convocato il ministro della Guen-a, Eden, ed il segretario del Comitato di Difesa Imperhtle, gen. Ismay, per discutere le dirett'ive che egli stesso aveva preparato per il gen. Wavell, comandante in capo del Medio Oriente. A suo avviso: «L'invasione su vasta scala dell'Egitto da parte della Libia deve essere attesa om,ai ad ogni istante. È quindi necessario raccogliere e distribuire le più grandi forze poss.ibili lungo e verso la frontiera occidentale. Ogni considerazione di carattere politico ed amministrativo dovrà essere debitamente subordinata a questa necessità».

Perciò fra il 25 settembre ed il 1° ottobre tutte le truppe britanniche disponibili dovevano concentrarsi nella regione del Delta per un totale di 56 mila uomini e 212 pezzi. Il disegno operativo era molto semplice: ad occidente di Alessandria restava il solo campo trincerato di Marsa Matruh per consentire interventi sul tergo degli italiani, una volta da questi superato nella marcia verso il Nilo. La difesa ad oltranza del Canale era affidata all'intero esercito del Delta su una posizione difensiva allestita lungo il margine anteriore della zona coltivata e dei canali d'irrigazione del Delta42 . 11 gen. Wavell, pur orientato ad un ripiegamento di fronte all'attesa offensiva italiana, si riservò di deciderne la portata in relazione al rap: porto cli forze che sarebbe venuto a crearsi. Quando le truppe cli Graziani si accinsero a superare il confine, Wavell, che nel frattempo sì era formata un'idea assai più precisa sull'entità dello sforzo italiano, risolse di limitare l'anetramento a Marsa Matruh. Nell'ambito di questa risoluzione il gen. O'Connor lasciò al gruppo dì sostegno della 7" divisione corazzata il contrasto dinamico contro le colonne avanzanti e predispose una battaglia difensiva appoggiata al campo trincerato di Marsa Matruh, 42 W. C HURCH ILL,

126-128.

Storia delta seconda guerra mondiale, cil., parte II, voi. Il, pp.


2"'5"--4' - - - - - - - - - - - - - POLITICA E STRATEGIA IN CENTO A NNI DI GlJERRI,

ITALIANE

nella quale i suoi 50 carri Matilda da 24 tonn. avrebbero avuto buon gioco nel duello con gli M 11 italiani. Forze italiane impegnate nell'offensiva su Sidi el-Barrani

10a armata (gen. Berti) su: XXIII corpo d'armata (gen. Bergonzoli) su: D.f. Cirene (geo . Spatocco) D .f. Marmarica (gen. Tracchia) Gruppo divisioni libiche (gen. Gallina) su: F divisione libica (gen . Cerio) 2" divisione libica (gen . Pescatori) Comando unità carri (gen. Babini) Truppe suppletive d'annata Servizi d'armata Truppe a disposizione Comando Superiore: Raggruppamento oasi meridionali (gen. Maletti).

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All'alba del 13 settembre ebbe inizio l'avanzata oltre confine. Alle 8,30 venne occupata Sollum Alta. Nel tardo pomeriggio il possesso ciel ciglione dell'Halfaya e degli sbocchi in piano era assicurato e la situazione appativa tranquillizzante perché dalle intercettazioni radio risultava chiara la decisione avversaria di ripiegare senza accettare il combattimento, lasciando dietro cli sé interruzioni e distruzioni. Graziani lamentò che la manovra si svolgesse con desolante lentezza <<frustrando effetti sorpresa inversione piano»43 . In realtà i movimenti risentirono di una cattiva impostazione organizzativa, di un susseguirsi di ordini imprecisi o contraddittori ed anche di passaggi cli dipendenze di unità con conseguenti difficoltà di ordine pratico . Come risultato finale il gen . Bergonzoli, incaricato di puntare con la massima velocità su Sidi el-Barrani, venne a trovarsi a svolgere un compito con due complessi di. forze: uno, meccanizzato, in movimento verso Sidi el-Barrano sotto la sua personale guida; l'altro, appiedato, rimasto sul ciglione di Halfaya a protezione dei passi. Senza contare che la stessa colonna mec43 Graziani

a Badoglio in data l 5.9.1 940, Diario storico del Comando Superiore A.S .


Lé PRIM E OPERAZ IONI IN AI'RJCA SET l'ENTRIONJ\LE

L'AVANZATA SU SIDI EL-BARRANI VISIONE D'INSIEME DELLE OPERAZIONI ( 13-16 settembre 1940)

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POLITICA l:i STRA'.fEGIA IN CENTO ANN I DI GUERRE l'li\LIANE

canizzata agiva a stretto contatto con il gruppo dìvìsìoni libiche, dipendente del Comando Superiore. Bergonzoli si mosse alla prima mattinata del 15 settembre . Lo spostamento dalle posizioni di Sollum e di Halfaya fu lento e penoso. Vale la pena di riportare la descrizione di parte inglese: «( ...) specialmente durante la discesa dalla scarpata, gli italiani subirono forti perdite. A man mano che essi avanzavano pesantemente, lungo le strade a zig-zag che discendevano dalla scarpata, venivano a trovarsi a distanza di tiro dei nost1i artiglieri, che potevano vedere i loro autocarri salta.re in aria quando i proietti li raggiungevano( ...) . Allorché le mine esplodevano, le truppe italiane erano costrette a smontare degli autocarri immobilizzati e scendere a piedi ]ungo il tratto pericoloso, il che produceva congestioni e confusione. E man mano che gli italiani faticosamente proseguivano in queste condizioni, venivano a tiro della nostra artiglieria» 44 .

A siffatte difficoltà si aggiungeva l'intasamento prodotto dai reparti. di coda delle divisioni libiche, anch'esse in movimento , ed il costante rischio per glì automezzi di rimanere insabbiati uscendo fuori. pista. Era, insomma, una serie continua di imbottigliamenti e di arresti, sia per difficoltà di movimento sia per il fuoco dell'artiglieria britannica. Il mattino del 16 Graziani intervenne. Aveva sperato di raggiungere l'obiettivo nella serata del 15 e non nascose la delusione: «Diffidando ormai bene a ragione dello slancio dell'Ecc. Berti, prendo decisamente in mano la direzione del movimento» scrisse più tardi45 e dette inizio ad un bombardamento dì ordini al Comando dell'armata ed anche alle singole colonne. Alle 14,45 la testa della colonna Bergonzoli entrava in Sidi el-Barran.i indisturbata. Il 18 tre colonne si spinsero ad una trentina di chilometd verso oriente e sud, senza trovare traccia del nemico. L'avanzata su Sidi el-Barrani era conclusa. Le perdite subìte nel periodo 13-18 settembre ammontarono a 110 m01ti e 410 feriti, un terzo dei quali libici. La 5n squadra aerea perse 11 apparecchi, abbattuti in volo o distrutti al suolo da incursioni della We stern Desert Air Force. Le perdite britanniche furono «inferiori ai 50 uomini, con un modesto numero di veicoli» 46. Nel primo rapporto telegrafi-

44

Da L<.1. distruzione di un esercito. La prima campagna libica (settembre 1940febbraio 1941 ), Ministero delle Informazioni britannico. 45 R. G RAZIANI, Ajì·ica Settentrionale 1940-1941, cit., p . 86. 46 A . WAVELL, Operations in the Middle East.fi·omA.ugust 1939 to November 1940, c.it., p. 300 I .


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LE PRIME OPERAZION f IN AFRICA SET rENTRIONALE

co e soprattutto nella successiva relazione inviati al Comando Supremo, Graziani si lasciò trascinare dall'euforia e perse il senso della misura47 . *

*

Qualche considerazione su questo primo tempo, a partire dall'azione di comando . L'impegno appassionato di Graziani è fuori discussione. Dal suo Comando tattico cli Cirene, ben servito da un efficiente sistema delle trasmissioni, egli intervenne, corresse, sollecitò e rimproverò. A prescindere dai risultati, sono innegabili talune eccessive ingerenze nell'attività dei Cbmandi dipendenti dovute in patte al suo temperamento ed in parte alla crisi di fiducia nei riguardi ciel comandante della 10" armata. La logica cli comando pretendeva che a questi venissero assegnati compito , obiettivo e forze da impiegare; il resto era affar suo , ovviamente con la pjena responsabilità degli errori eventualmente commessi. Avvertendo lo scarso consenso del supe1iore, il gen. Be1ti ne accettò l'invadenza senza replicare e, come se non bastasse, a sua volta sbagliò non rispettando la prerogative gerarchiche. Inaccettabile l'improvviso provvedimento, motivato da una ingiustificata preferenza persomùe per il gen. Bergonzoli, di sostituire l'intero Comando del. XXI corpo , incaricato dell'avanzata su Sidi el-Barrani, con il Comando del XXIII corpo (di Bergonzoli, appunto), il quale il 28 agosto venne ad ereditare le unità del primo, che (senza truppe) passò a disposizione del Comando Superiore. Nel disegno d.i manovra poco c'è da dire - a parte le incertezze iniziali - giacché, avendo il Comando britannico rifiutato lo scontro, esso non venne messo alla prova. Quanto al suo sviluppo, notiamo che Berti disponeva di tre elementi per la buona riuscita dell'impresa: il raggruppamento Maletti, la divisione cc.un. 23 marzo ed il l O raggruppamento·carri. Erano deternùnanti perché uniche unità in condizioni di spostarsi celermente. Il primo fu in pratica estromesso dall'azione ancor prima di superare la frontiera, a causa di un insieme di contrattempi che potevano essere evitati; la seconda procedette stentatamente per difetti di addestramento; il terzo fu impiegato a protezione della fanteria piuttosto che come elemento di rottura o, almeno, di manovra. Tutto ciò trova origine, in buona misura, in una condotta troppo esitante ed insicura di fronte a

47 Graziani a Badoglio in data 16.9 .1940 e 18.9.1940, USSME, Diario storico del Comando Supremo , cit., II, tomo II, cloc . .18.


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POLITICI\ E STRATEG IA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

difficoltà ambientali, peraltro prevedibili, ed alla reazione britannica, peraltro tutt'altro che soverchiante. E altresì complicata dall'insufficienza dei collegamenti radio, dalla difficoltà di trasmettere ordini a mezzo staffetta, specie di notte, ad unità dislocate in zone imprecisate, attraverso territorio di recente occupazione e non completamente sicuro. Indubbiamente lo svolgimento dell'operazione risentì moltissimo del mal risolto problema dell'autotrasporto. Pesarono l'afflusso dei mezzi ai repmti più o meno all'ultimo minuto; il reperimento degli autieri un po' dovunque; la varietà dei tipi di mezzi disponibili; l'assenza di una mentalità «motorizzata»: la mancanza di esercitazioni preventive che consentissero ai reparti di acquisire qualche nozione di tecnica del movimento in autocolonna e di tattica di unità motorizzate48 . L'artiglieria mostrò invece una più spiccata capacità dì adattamento. Benché fornita di trattori appena prima di partire e cli trattoristi improvvisati, e trovatasi per la prima volta ad assolvere il compito di appoggiare e proteggere il movimento di unità motorizzate in un terreno assai difficile per l'osservazione del tiro, essa, a giudizio dell'avversario, «venne impiegata in modo audace, persino avanti alle truppe di testa»49 . Quanto all'aviazione, la 5" squadra aerea dovette affrontare due inconvenienti. Il primo riguardava l' impostazione tecnico-operativa. In Marmarica esistevano i due aerop01ti attrezzati di Tobruk e di el-Adern, a soli 90 chilometri dal confine. Erano intasati di aerei (circa 200 fra efficienti ed in riparazione), privi di ricoveri protetti e di un'efficiente difesa contraerei, e perciò facile bersaglio delle incursioni della Western Desert Air Force, i cui apparecchi, partendo dai numerosi e ben attrezzati aeroporti con piste asfaltate nella regione del Delta, con un'ora cli volo (400-450 chilometri) si portavano sulle Landing Ground (piste campali) allestite nel deserto ad una distanza da Tobruk non superiore ai 400 chilometri. Il secondo inconveniente concerneva la diversa concezione operativa dell'Aeronautica e dell'Eserdto. La prima era educata alla priorità della 48 Nella sua relazione finale il gen. Bergonzoli ammise che «il 23 marzo si affacciò alla battaglia non come unilrt autotrasportata, ma come truppa caricata alla meglio, che al massimo sapeva salire e scendere dagli automezzi». In ogni caso, scrisse, era da escludere il sistema adottato per raggiungere Sidi el-Ba1wni: l' improvvisazione delle autocolonne. 49 A. WAVELL, Operations in the Middle East.from August 1939 10 Novembre 1940, cit., p. 300 I.


LE PRIME OPERAZIONI IN AFRIC,_,_, \S=Ec:.. 1TE =:..c NT .:..:R.::clO "'N -"-'A:,e L,._ E _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ ____;2=.:: 59

«propria» guerra; il secondo poneva innanzi le esigenze della guerra terrestre: l'aerocooperazione era davvero ai primi passi e la buona volontà non bastava a consentire un impiego corretto dell'aviazione. Ma oltre alla ovvia necessità dell'appoggio aereo per superare le resistenze nemiche , nella maggioranza dei comandanti di truppe si 1iscontrava una carente preparazione psicologica alla normalità di un attacco aereo nemico e conseguentemente facevano difetto l'abitudine al mascheramento, al diradamento, alla reazione contro l'offesa dal cielo. Contro l'incursione avversaria sembrava unica difesa la presenza costante dell'aviazione amica. Troppo frequente, dunque, una valutazione non equilibrata delle richieste d'intervento alle unità aeree. Ed inevitabilmente un'usura della sa squadra priva di adeguato compenso dei risultati conseguiti, risultati che poteano essere ugualmente ottenuti con minore dispendio di energie umane e logorìo di velivoli. Non per nulla il 13 settembre, appena ali' inizio del! ' avanzata il gen. Porro si rivolse al capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica lamentando che «tutti questi vecchi coloniali» pretendessero la protezione aerea dal1' alba al tramonto e scaricassero sull'aviazione l'intera responsabilità di qualsiasi evento sfavorevole: «Oggi - proseguiva Porro - giornata di battaglia: a stare a Berti, avrei dovuto con l' assalto mitragliare e spezzonare 1.6 bersagli e con il bombardamento 8 obiettivi e poi dovrei mandare ondate su ondate a J\1arsa Matruh, ove ore c'è sempre la caccia in crociera ( ...)»so.

Da parte dell ' Esercito naturalmente i commenti erano agli antipodi: «L'azione dell'aviazione - scrisse Bergonzoli nella sua relazione - indubbiamente efficace dal punto di vista generale, non è apparsa aderente all'azione del XXIII corpo d'armata». A prescindere da questi aspetti tecnici ed operativi dell'aerocooperazione, il primo posto nella scaladella inadeguatezza tocca senza dubbio allo strumento militare con il quale l'Italia iniziò la guena in Africa settentrionale, strumento destinato a persegu.ire un obiettivo strategico risolutivo 51 . La guerra su quel teatro non poteva che essere una gue1Ta di corazzati e il non averlo intuito nel momento opportuno resta un segno inequivocabile dell'imprevidenza e della limitatezza di vedute dell'intera dirigenza militare.

50 51

G. SANTORO, L'Aeronautica italiana netta 2" guerra mondiale, cit., p. 326. Merita cenno la forte percentuale dei carri risul tanti inefficienti al termine dell'avam:ata; 35 carri leggeri su 52 impegnati e 31 carri medi su 68 impegnati.


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POLITICA l'. STRM EGIA J}! CENTO ANNI DI GUl; RRE n ;.\UANE

Il 17 settembre Graziani comunicò a Roma che l'occupazione dì Sìdi el-Barrani segnava il limìte massimo dell'avanzata. Si imponeva ora una sosta per attendere i materiali e mezzì in arrivo dall'Ital.ia con l'ultimo convoglio progranunato ; per riordinare le truppe tutte, ma specìalmente la fanteria libica che aveva marciato a piedi in condizioni clìmatiche ìnverosimili; per consentire l' afflusso di rifornimenti in una zona priva di ogni risorsa, compresa quella idrica, avendo il nemico «depotabilizzato» - per usare l'espressione di Churchìll - ed interrato tutti i pozzi; per procedere alla sistemazione stradale da Sollum a Sidi el-Barranì. Tutte queste ragioni - finì Graziani - rendevano «indispensabìle un tempo d'arresto di cui non posso precisare lim itì» 52 . Badoglio concordò sulla necessità di 1iveclere e migliorare l' organizzazìone logistica ed anzi precisò che non esistevano «impazìenze» circa la rìpresa dell' avanzata su Marsa Matruh53 . Poi, il 25 settembre, in una rìunione con i capi di Stato Maggiore , si soffem1ò a lungo sulla situazione nel Mediterraneo e, a proposito dell'Egitto, indicò le seguenli linee programmatiche, previo accordo con la Germania: azione su Gìbilterra per togliere quell'appoggio alla flotta britannica; ulteriore nostra avanzata verso Marsa Matruh e forse oltre per avvicinarci ad Alessandria; .intervento delle due aviazioni dell' Asse su Alessandria per rendere inten ibile quel porto. Era la prima volta che Badoglio tratteggìava apertamente un piano di guerra offensivo; in realtà, però, più che un vero disegno strategico sì trattava cli una sorta di abbozzo, oltretutto gravato da dubbi. L'idea di raggiungere Marsa Matruh , o dì sopravanzarla di poco, per consentire alle forze aeree dell'asse di neutralizzare la base di Alessandria, po.1ta a pensare ad una rinuncia a priori all'obiettivo ciel Canale, ma francamente iJ ritenere raggiungibile lo scopo finale nel modo anzidetto appare così privo dì solida base da far sospettare che in fondo Badoglio confidasse nella possibilità di non dover necessariamente allungare il braccio della manovra sino al Canale, evitando così anche il concorso tedesco nelle operazioni terrestri. Del resto, in quel periodo anche Hitler la cui attenzione stava spostandosi verso l'Unione Sovietica, sembrava accontentarsi del semplice miglioramento delle posizionì italiane in Egitto pur senza puntare al Canale.

52 Graziani a Badoglio in data 17.9.1940, Relazione 53 Badoglio a Graziani in data 18.9.1940, ibidem.

del Comando Supremo, cit.


LE PRIME OPERAZIONI IN AFRICA SETfENTRIONAl, E

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Per quanto più o meno a tutti fosse chiaro che soltanto arrivando ad Alessandria si sarebbe risolta la lotta nel Nordafrica, neppure adesso venne concretamente pianificata un'operazione del genere con la determinazione delle truppe e dei mezz.i occorrenti, con una programmazione ad ampio respiro, con la definizione dei tempi successiv i necessari, con la partecipazione delle tre Forze Armate in armonica esecuzione di sforzi. Il 29 settembre Graziani, convocato a Roma per un orientamento sulla situazione complessiva e per un esame degli sv iluppi da dare alle operazioni, si recò da Badoglio. Dichiarò che per metà dicembre sarebbe stato in condizioni di riprendere l'offensiva con il sostegno di un adeguar~ apparato logistico, ed i.nsieme si recarono a Palazzo Venezia. Mussolini ascoltò in silenzio l'esposizione di Graziani, poi, in tono piuttosto distaccato, osservò: «li mese di luglio ci ha dato la Somalia inglese, settembre Sidi el-Barrani, ottobre potrà darci Marsa Matruh. Questo ci permeuerebbe di portare avanti la nostra aviazione che sarà allora in grado di spingere il bombardamento su Alessandria ( ...). Conseguentemente a queste direttive, voi potrete riprendendere la marcia verso la metà di ottobre» 54.

Badoglio intervenne subito sostenendo l'impossibilità cli organizzarsi in così breve tempo e Mussoli.ni allora chiese il parere del maggiore interessato. <<Rispondo - ricordò in seguito Graziani - che potrò precisare i termini solo dopo rientrato in sede ed esaminati sul posto tutti i dati del problema. Il Duce non risponde» 55 . Se la voluta freddezza dì Mussolini era poco incoraggiante, assolutamente incomprensibile appare la reticenza di Graziani. A quanto risulta dalle sue memorie, egli noh si sentì sostenuto da Badoglio in modo adeguato e preferì non affrontare esplicitamente Mussolini. Il 4 ottobre Mussolini incontrò Hitler al Brennero. Secondo il verbale del colloquio: «( ...) Il Fiihrer afferma che ormai la guerra si può considerare vinta e che da parte delle Potenze detr Asse si deve evitare qualsiasi gesto che possa non essere di assoluta necessità nella lotta che adesso viene da noi condotta in ottima posizione(...).

54 R . GRAZIANI , Africa Settentrionale 1940-194 1, c it. , p. 100. Cfr. USS.tvlE, Diario storico del Comando Supremo, cit., LI, tomo I, p. 157. 55 R . GRAZIANI, ibidem, p. 10 I .


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POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

Il Duce espone quindi il suo piano di guerra per quanto concerne l'Egitto. Dice che tra breve si passerà alla seconda fase dell'offensiva che dovrà po1iare le nostre truppe a Marsa Matruh ed espone l' importanza strategica di tale obiettivo. Infine avrà luogo la terza fase dell'offensiva che si dovrà condurre sul delta del Nilo ed all'occupazione di Alessandria. TI Ftihrer, facendo presente che gli italiani partecipano con forze aeree alla lotta contro le isole britanniche, offre al Duce il concorso di sue forze specializzate per l'attacco contro l'Egitto. Il Duce risponde ringraziando e dicendo che non ha bisogno di alcun aiuto per la seconda fase dell'offensiva, mentre si riserva di far conoscere al Ftihrer quanto potrebbe essergli utile per la terza fase. Fin d'ora però può dire che le sole cose che potrebbero occorrere sono gli automezzi, un'aliq uota di carri pesanti ed alcune formazioni di Stuka ( ...)» 56 .

Sulla base del quadro bellico complessivo e dell 'interesse rivolto da Hitler ali 'Egitto, Mussolini fissò di suo pugno le direttive per il prosieguo delle operazioni in Africa settentrionale. Di queste direttive, date a Badoglio per la consegna a Graziani, trattenuto a Roma dalle condizioni atmosferiche avverse al volo di ritorno in Libia ed in attesa delle preannunciate direttive del Duce , tre rivestono particolare rilievo: «3 . L'operazione su l\1arsa Matruh deve iniziarsi entro il 10-15 di questo mese perché è mia convinzione che i mezzi di cui dispone attualmente Graziani sono sufficienti allo scopo e nel tempo fissato ( ...). 6. È mia convinzione che gli inglesi non difenderan no Marsa Matruh se non nella misura strettamente necessaria per ritardare la nostra marcia e disimpegnare le loro formazioni. 9. Giunti a Marsa Matruh, vedremo quale de i due pilastri della difesa mediterranea inglese debba essere abbattuto: se l'egiziano o il greco» 57 .

Sul personalissimo apprezzamento, contro il parere di Badoglio , che le forze ed i mezzi in Libia consentissero di riprendere subito l'avanzata, bisogna riconoscere a Mussolini alcune attenuanti. Nel colloquio del 29 settembre Graziani non aveva sostenuto prontamente, di rincalzo a Badoglio , l'impossibilità di muovere a così breve scadenza e, soprattutto, l'enfatico ed incautamente entusiastico resoconto dell'occupazione di Sidi el-Barrani poteva far ritenere l'irresolutezza di Graziani fuori luogo. Il secondo punto, Marsa Matruh difesa solo da retroguardie, era un'idea assolutamente priva di base ragionata poiché ogni informa-

56 R. MOSCA, L'Europa verso la catastrofe, cit., Il, pp. 240-243. USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., JT, tomo II, doc. 38.

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LE l'RIME OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

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zione suonava in senso ben diverso. Ma il terzo punto era il più allarmante: dopo la conquista di Marsa Matruh si sarebbe dovuto decidere se abbattere «il pilastro egiziano o il greco»! Comunque Graziani, non appena letta la nota di Mussolini, rispose a Badoglio di aver già prospettato le condizioni generali occoITenti per realizzare con successo l'attacco a Marsa Matruh, perciò «in base ad esse non mi è possibile garantire la ripresa dell'azione per la data fissata dal Duce ( 10-15 ottobre)»58 . Mussolini rimase «indignato» e non nascose di avere in animo la sostituzione di Graziani con i generali Messe o Vercellino59 ; ad ogni modo fece chiedere per quale data precisa Graziani sareb'be stato pronto. In realtà non mostrava preoccupazioni di fondo per la questione Marsa Matruh, proprio il 13 ottobre infatti ordinò che dal 26 tutto fosse pronto per l'intervento contro la Grecia ed il 15 ebbe luogo a Palazzo Venezia la fatale riunione che appunto determinò la campagna di Grecia. Il giorno 16 Graziani indirizzò a Badoglio una memoria operativa volta a chiarire fuor d 'ogni dubbio il proprio pensiero con il conforto dj dati inoppugnabili . Credette opportuno mandarne copia anche a Ciano. Il documento dava, anzitutto, per probabile una battaglia a Marsa Matruh; si dilungava sul confronto tra le opposte forze; prendeva in attento esame le esigenze logistiche e concludeva: «Questa disamina degli elementi operativi mi porta a giudicare sulla impossibilità di effettuare ora l'operazione ed alla necessità di rimandarla fino a che non siano soddisfatte le condizioni che annullino le prospettive negative( ...). Questa organizzazione logistica, intensificando al massimo gli sforzi, potrà essere realizzata nel termine di un paio di mesi e ci metterebbe nelle condizioni d i agire con le garanzie imposte dal.lo specialissimo teatro d 'operazioni e di cui non è possibile non tener conto nel formulare un concetto operativo, considerando che un insuccesso avrebbe ripercussio1ù enormi per tutto l'andamento della guerra» 60 .

Con tutti i calcoli di dettaglio concernenti la 10a armata e la 5a squadra aerea riportati negli allegati al documento, Graziani era convinto di aver messo bene in luce l'intero quadro operativo, ma era un cattivo psicologo . Francamente , a prescindere dai minuziosi conteggi e dal tono 58

Graziani a Badoglio in data 6.10 .1 940, Diario storico del Comando Superiore A.S ..

59 G. Cl,,NO, Diario, cit., p. 470. 60 Graziani a Badoglio in data 15.10.1940, USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., Il, tomo II, doc. 50.


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POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

dottorale della conclusione, non sembra che quanto prospettato nella memoria non potesse essere già eletto il 29 settembre a Palazzo Venezia, senza alcun riserva. Avrebbe goduto dell'immediato appoggio cli Badoglio e non avrebbe radicato in Mussolìni la persuasione che si trattasse dell'ormai solita irresolutezza . Cosicché suscitò forte disappunto ìn Mussolini e risentimento in Badoglio. Il primo , ormai assolutamente preso dall'avventura greca, benché «inferocito» ordinò di rispondere «che faccia quel che crede» 61 . U secondo richiamò Graziani, molto seccamente, al rispetto delle attribuzioni. Era semplicemente accaduto che Mussolini, nel ricevere da Badoglio il documento in parola, gli aveva fatto notare di averne già sul tavolo una copia (datagli da Ciano): «Il Duce - scrisse Badoglio - ha deplorato questo sistema di rivolgersi a lui direttamente. Io rammento che Voi, sia come capo di Stato Maggiore dell'Esercito, sia come Comandante Superiore in Libia, dipendete direttamente da me (...)» 62 .

Peraltro il giorno precedente Badoglio aveva ricevuto il gen . von Thoma, venuto in Italia a capo di una missione militare tedesca per studiare le modalità per l'eventuale invio in Africa di un complesso corazzato germanico pari a circa una div isione. Von Thoma si recò dunque subito in Libia per un breve sopralluogo e, nel colloquio con lui , Graziani convenne sull'effettivo peso che una Panzerdivision avrebbe rivestito nella conquista di Marsa Matruh. Tuttavia, conoscendo il punto di vista di Mussolini e di Badoglio in proposito, evitò di giungere ad alcunché di concreto. Torneremo sull'argomento, comunque nella lettera che scrisse a Badoglio, proprio prendendo spunto dalla visita di von Thoma, Graziani si lasciò andare ad una serie di considerazioni sulle note carenze dello strumento militare di cuì disponeva, sulle difficoltà esistenti in campo logistico, sul «dopo Marsa Matruh», ma il tutto mescolando buone intenzioni, riserve, dubbi, evasivittt63 . Probabilmente avrebbe fatto meglio a dichiarare apertis verbis che, al punto in cui stavano le cose e con i mezzi disponibili il problema egi6 1 Q. ARMELLINJ,

Diario di guerra, cit., p. 119. Badoglio a Graz.iani in data 18.10.1940, USSME, Diario storico del Comantlo Supremo, cit.,11, tomo J.I,doc. 5 I. 62 Badoglio a Graziani in data 18.10.1940, R. GRAZIANI, Aji-ica Settentrionale, 19401941 , cit., p. 108. 63 Graziani a Badoglio in data 24.10.1940, USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., n, tomo II, cloc. 58.


LE PRIME OPERAZION I IN AFRICA,cS ,,_.,E,.,_ TI -'-'E"'N:..:. T,.s Rl:O'-'.,: NA '-"L"" E' - - - - - - - - - - - - - - -

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ziano era per lui irresolvibile qualunque fosse l'ipotesi da assumere a base del d.isegno strategico. Badoglio, oltre ali' Africa settentrionale ed alla Grecia, pensava alI'incontro che tra breve avrebbe avuto con il maresciallo Keitel. Ben sapendo che l'argomento principale dei colloqui sarebbe stato l'Egitto non immaginando guanto sarebbe stato penoso quello della vicenda greca -, nel mettere in visione a Mussolini il promemoria di Graziani fissò in un appunto la linea che suggeriva di seguire in materia: « l. Il problema di attaccare le forze inglesi nel Deìta del Nilo, date le considerazioni fatte, non è da noi risolvibile. 2. L'aiuto che ci possono dare i tedeschi non può risolvere in alcun modo la questione, dato che le deficienze più gravi riguardano naviglio, porti, scorte di sicurezza. 3. fl compito che ci possiamo proporre e risolvere è quello di occupare Marsa Matruh, allo scopo di permettere alla nostra aviazione( ...) di rendere difficile la sosta della notta inglese ad Alessandria. 4. Giunti a Marsa Matruh, prima cura dovrà essere quella di sistemare difensivamente quella base e la retrostante linea di comunicazioni in modo da essere sicuri contro ritorni offensivi del nemico. 5. L'aiuto che può essere dato dai tedeschi è da ricercarsi essenzialmente in aviazione in picchiata con relativa caccia. Se i tedeschi insistono per darci anche la divisione corazzata, occorrerà prima spiegare bene loro i limiti e gli scopi della nostra azione, nei termini che ho sopra prospettati»64 .

Talune conclusioni appaiono a dir poco opinabili. Veniva dato per scontato che Graziani potesse conquistare Marsa Matruh senza molte difficoltà; che la divisione corazzata tedesca non fosse nemmeno utile; che gli inglesi rimanessero sulla difensiva e nella dislocazione attuale ancora per un paio di mesi. Troppo comodo. M ussolini lesse attentamente , condivise gli apprezzamenti ed ordinò di comunicare a Graziani che: l'obiettivo da conseguire era Marsa Matruh; non si ravvisava la possibilità di. procedere oltre; l'offerta della Panzerdivision era stata declinata; l'occupazione di Marsa Matruh aveva lo scopo di poter battere con il bombardamento aereo il porto di Alessandria; sarebbe stato inviato in Libia quanto richiesto nei limiti del possibile65 .

64 65

Promemoria per il Duce in data 27. IO. 1940, ibidem, II, tomo II, doc. 56. Badoglio a Oraziani jn data 29.10.1940, ibidem, II, tomo I, p. 303.


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Graziani non ebbe nemmeno il tempo di riflettere su quanto sopra perché un corriere gli consegnò una lettera personale del Duce: «( ...) questa sosta, che dura già da 40 giorni, dovrebbe prolungarsi per altri 60 giorni ancora e giunti al 15 dicembre non è sicuro - almeno da quanto mi dite nel vostro rapporto - che vi sentiate in grado di muovere. In queste condizioni - che hanno, ho il dovere di di.rvelo, suscitato un movimento di forte delusione in Italia e Germania e che incidono, a quanto mi risulta, anche sul morale delle vostre truppe - è tempo cli chiederVi se Vi sentite di continuare a tenere il comando o se, ritenendovi ingiustamente confinato od accantonato, preferite .lasciarlo ( ...)»66 .

Badoglio annotò sul diario storico del Comando Supremo: «Il Duce mi ha dato conoscenza (della lettera inviata a Graziani) per incitarlo ad iniziare le nuove operazioni per l'occupazione cli l\.farsa Matruh»67 . Per Graziani fu «un colpo di folgore», come si espresse nella sua risposta. A stretto giro di corriere replicò manifestando amarezza per le critiche rivolte alla propria azione di comando e viva sorpresa per il contrasto fra la comunicazione cli Badoglio del 18 ottobre - «Duce( ...) mi ha incaricato di infom1arVi che lascia a Voi tutto il tempo che riterrete necessario per una conveniente preparazione» - ed il brusco dilemma che adesso gli veniva posto di muovere al più presto o cli chiedere l'esonero dall'incarico. Respinse tutte le accuse, riepilogò gli aspetti principali del problema operativo, sottolineò che la situazione logistica era praticamente immutata e ribadì che «oggi, a mio giudizio, non vi è altro da fare che continuare su questa via cli una preparazione lunga tenendo conto appunto della importante preparazione avversaria». Poi venne al dunque. Se avesse visto una qualunque possibilità di affrettare l'offensiva l'avrebbe senz'altro afferrata, ma era convinto di non poterselo penn ettere prima della metà di dicembre; di conseguenza, se questa valutazione fosse stata reputata errata «il mio dovere è uno solo, e cioè quello di chiedere di essere richiamato e sostituito»68 . Mussolini ricevette la lunga lettera a Grottaglie, nelle Puglie, dove intendeva impiantare il proprio Comando tatti.co per seguire le operazioni in Grecia. Il 28 ottobre le truppe italiane, agli ordini del gen. Visconti Prasca, avevano .superato il confine greco ed il gen. Ranza, comandante dell'Aeronautica cl' Albania, aveva recato da Tirana notizie favorevo li 66

Mussolini a Graziani in data 26.10.1940, Relazione del Comando Supremo, cit. USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., I, tomo I, p. 290. 68 Graziani a Mussolini in data 29.10.1940, Diario storico del Comando SupreioreA.S. 67


LE PRIME OPERAZIONI IN AFRlCASE'ITENTRIO:-IALE._ _ _ _ __

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sull'i1ùzio delle ostilità. Essendo di buon umore, Mussolini non ebbe difficoltà a rimangiarsi l'aut-aut e ad incitare Graziani: <<All'opera, dunque, per la Vostra nuova vittoria africana>>69 . Graziani ricevette la lettera il 5 novembre. li giorno 7 Badoglio gli comunicò la nuova linea di condotta strategica della guerra: in Albania offensiva aeroterrestre a fondo per conseguire «l'integrale occupazione della Grecia»; in Africa settentrionale operazioni aeree e terrestri «limitate alla conquista di Marsa Matruh da dove poi, sistemati saldamente a difesa, poter svolgere una vivace attività aerea sul porto di Alessandria per allontanarvi la flotta britannica; in Egeo difensiva atta a conservare il possedimento ed azione offensiva aero-navale contro le flotte inglese e greca; in Africa orientale difensiva per durare il più a lungo possibile; la Marina doveva garantire il traffico con l'Albania e la Libia, tenendosi pronta ad opporsi ad eventuali offese britanniche. Poiché l' impresa greca avrebbe assorbito un forte contingente di truppe (da 20 a 35 divisioni) e di materiali , il Comando Superiore A.S. doveva adeguare le proprie richieste alle «nuove più limitate esigenze»70 . Non una parola sulle possibili iniziative del gen. Wavell.

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Il 26 novembre, a chiusura dello scontro con Mussolini nella riunione del 10 novembre a proposito della campagna di Grecia, Badoglio scrisse sul diario storico del Comando Supremo: «Dopo aver bene meditato invio al Duce le mie dimissioni. A rapporto il Duce mi chiede 24 ore per prendere le Sue decisioni ed io gli rispondo che nulla ho in 71 contrario e lo prego di voler considerare le mie dimissioni come irrevocabili» .

3. LA PRIMA OFFENSIVA BRITANNICA Non è agevole rendersi appieno conto dell'evolvere dell'atteggiamento strategico ital iano in Africa settentrionale senza un cenno riepilo-

a Graziani in data I .11 .1940, Relazione del Comando Supremo, cit. Badoglio a Graziani in data 7.11.1940, USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., Il, tomo II, doc. 61. i I Ibidem, II, torno I, p. 448. Per la lettera vds. Badoglio a M.ussolini in data 26.11.1940, ibidem, II, tomo II, doc. 87. 69 Mussolini 70


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gativo degli avvenimenti navali. La battaglia di Punta Stilo (9 luglio)72 aveva provocato un cambiamento d'indirizzo nella condotta delle operazioni nel Mediterraneo. L'es.ito indeciso e la riscontrata scarsa cooperazione aeronavale, al cui riguardo fervevano le polenùche, ispirò a Supermarina una cautela che non diminuì nemmeno allorché entrarono in squadra le corazzate Littorio e Vittorio Veneto. La conferma di tale eccessiva prudenza si ebbe in occasione dell'operazione Hats . In seguito alla richiesta di rinforzi avanzata dall'amm. Cunningham, anch'egli non eccessivamente soddisfatto dall'esperienza di Punta Stilo , l'Ammiragliato britannico dispose il trasferimento ad Alessaandria dell'incrociatore Kent dall 'Oceano Indiano e della postaerei Illustrious, della corazzata Valiant e degli incrociatori Calcutta e Coventry, muniti di radar, dalla Gran Bretagna. L'operazione impegnò tutte le forze navali inglesi in Mediterraneo . Il 30 agosto le quattro unità provenienti dal Regno Unito (Forza F) si avviarono da Gibilterra verso Malta scortate sino al canale di Sicilia da un'aliquota della Forza H de.ll'amm. Somerville, mentre da Alessandria muoveva loro incontro Cunningham con il grosso della Mediterranean Fleet: una portaerei, 2 corazzate , 5 incrociatori e 13 cacciatorpedin iere, che approfittarono della circostanza per scortare un convoglio cli tre piroscafi con rifornimenti per Malta. I due gruppi di navi da gue1rn in movimento verso il Meditenaneo centrale vennero subito avvistati dalla ricogn izione italiana, ma non il convoglio. Di conseguenza Supennarina ritenne imminente un attacco alle coste siciliane o joniche da parte nemica ed ordinò l'uscita in mare della l a squadra (amm . Campioni) e della 2a squadra (amm. Jachino), nonché l'attuazione di due schieramenti offensivi di sommergibili nei due bacini del Mediterraneo. Il 31 mattina l' intera flotta italiana salpò incontro al nemico: 4 corazzate , 12 incrociatori e 34 cacciatorpediniere. Un complesso perciò superiore a quelli britannici singolarmente considerati. Ma i vincoli posti da Supermarina (ora di partenza, rotta, velocità 20 nodi , accettazione del contatto tattico solo se entro le ore 19) furono tali da far dubitare seriamente dell'intenzione di affrontare gli inglesi e piuttosto eia indurre a ritenere che si volesse lo scontro esclusivamente in prossimità delle coste italiane. Il mattino del 2 settembre la Mediterran.ean Fleet arrivò a Malta sana e salva con il convoglio. Riprese il mare il giorno dopo per il

72

Sulla battaglia vcls. in particolare le considerazioni di G.

italiana su/, mare, cit., pp. 192-l 96.

GtORG ERJNl,

La guerra


LE PRIME OPl:RAZIONl IN AFRICA SE'ITENTRJONALE

rientro . La sera del 5 tornò agli ormeggi ad Alessandria, debitamente rinforzata. Per circa una settimana le forze navali britanniche erano state in mare scortando convogli a bassa velocità; per la prima volta unità navali erano passate dal bacino occidentale a quello orientale del Mediterraneo. Forse l'Italia perse la migliore occasione per interven ire . Lo stato d'animo di amarezza e di scontento che si diffuse sulle navi fu avvertito da Cavagnari, che chiese al Comando Supremo lumi circa la linea da seguire in futuro. Badoglio rispose il 16 settembre con una lettera nella quale, dopo un piuttosto discutibile confronto numerico tra le opposte forze navali, elencava i compiti della R. Marina - compiti ridotti alla semplice difesa passiva delle coste e ciel traffico con la Libia e l'Albania - e li d ichiarava bene assolti sino allora . Poi giungeva a considerazioni final i dubbie: «Le due flotte contrapposte hanno in conseguenza, pur essendo quella inglese doppia della nostra, svolto finora la stessa serie di azioni. Esaminando i risultati si deve concludere che la bilancia è più favorevole per noi ( ...) . Chi avrebbe interesse a modificare tale stato di cose? Evidentemente la marina più potente, cioè l'inglese ( ...). Non vedo quindi alcun motivo per cambiare la linea dj condotta sinora seguita. La battaglia navale può essere originata da due cause: l. incontro fra squadre nemiche d( cui una cerca di impedire all ' altra l' esecuzione di una missione; 2. ricerca decisa di una squadra della forza navale avversaria per distruggerla. ( ...) Il concçpire una battaglia navale come fine a se stessa è un assurdo. Non vale la pena cli discuterci sopra. Conclusione: seguire la via finora seguita» 73 .

Alla fine cli quello stesso mese dì settembre la necessità di rjnforzi e di rifornimenti urgenti a Malta spinse nuovamente Cunningham a prendere il mare. La forza navale britannica (una portaerei, due corazzate e due ii1crocìatori) fu avvistata all'altezza cli Sidi el-Barrani il mattino ciel 29 . Cavagnari ne parlò subito a Badoglio, proponendo cli fare uscire la flotta da Taranto. Badoglio annuì , ma ancora gli ordini inviati ali' amm. Campion i non consentirono l'intercettazione del nemico 74 e nella notte sul 30 le squadre italiane rientrarono alla base, dopo aver consumato forti quantitativi di carburante ed éssersi esposte a possibili offese di sommergibili, mentre Cunningham raggiungeva indisturbato Malta e

73

USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., II, tomo I, p. 84. Crr. A. JA-

CH!NO, Tramonto di una grande Marina, cit., pp. 2 14-219. 74 A. JACrnNO, Tramonto di una grande Marina, cit.., pp.

222-225 .


270

POUTICA é STRATEGIA IN CEN:ro ANNl DI GUERRÈ ITAUANE

due giorni dopo riprendeva il mare per Alessandria senza cliffìcoltà. Questa volta il malcontento c.irca le cautele poste nei movimenti navali fu così evidente che i primi di ottobre Cavagnari si recò a Taranto per esporre personalmente ai comandanti di rango più elevato i criteri adottati per l'impiego della flotta. Nel rapporto tenuto a bordo della Littorio, egli illustrò la situazione generale, le direttive del Comando Supremo, l'insufficienza della ricognizione aerea e terminò dichiarando che: <<( ...) una protezione indiretta permanente delle comunicazioni con la Libia è possibile soltanto per l'esistenza stessa delle nostre forze navali principali, il cui solo atteggiamento potenziale costituisce già un freno all'iniziativa avversaria»75 .

Però a questo criterio era pervenuto partendo dalla premessa del1' inferiorità della flotta italiana rispetto alla Mecliterranean Fleet, il che in quel momento non era del tutto esatto, e negando la possibilìtà di affrontare solo aliquote della flotta inglese, il che era già accaduto due volte. L'amm. Jachino , poco convinto dell'esposizione del capo di Stato Maggiore della Marina, preparò un promemoria che gli consegnò all'atto della sua partenza da Taranto76. Il documento, assai esplicito, metteva in discussione la validità delle direttive sulla condotta della guerra marittima e sosteneva essere le condizioni italiane migliori di quelle britanniche. Qualche giorno più tardi Cavagnari replicò con una secca lettera . In definitiva, la prudenza continuò ad ispirare le uscite della nostra flotta e la risolutezza, non disgiunta da quella dose di fortuna che volentieri si accompagna alla decisione, guidò l'impiego delle forze britanniche. Il 28 ottobre ebbe inizio la campagna cli Grecia. La prima immediata risposta inglese fu l'occupazione della baia di Suda a Creta (1 ° novembre), una mossa che rese Londra molto più sicura per Malta ed ebbe un forte significato per la situazione nel Medieterraneo orientale. All'alba cieli' 11 novembre Cunningham salpò da Malta. Doveva far due cose prima dì rientrare ad Alessandria: un'incursione aerea sul porto di Taranto ed una di incrociatori nel canale d'Otranto. Gli riuscirono entrambe. Il fianco a mare di Graziani era inequivocabilmente sotto controllo britannico e, di conseguenza, da parte italiana un 'atmosfera di sfiducia gravò sulle possibilità sia di appoggio navale ad operazioni in Egitto-Cirenaica, sia cli rifornimenti oltremare. 75

Jbidem, pp. 228-229. pp. 234-237.

76 Jbidem,


27 1

LE PRIME OPERAZ IONI IN AFRICA srrrr ENTRIONALE

*

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*

La tarda estate e soprattutto l'autunno 1940 videro nei due campi un sensibile mutamento di indirizzo. In Italia, la campagna di G recia, iniziata su lla base cli garanzie politiche rivelatesi inesistenti, spostò verso i Balcani l'attenzione e le preoccupazioni dei vertici politico-m ilitari; le operazioni nel Mediterraneo spensero ogni illusione sulla valid ità della Fleet in being (la flotta in potenza) senza peraltro provocare un'alternativa efficace; le vicende in Africa settentrionale cominciarono finalmente ad aprire gli occhi sulle vere implicazion i di una guerra meccanizzata nel deserto. La Germania , dal canto suo, dopo la rinuncia all'operazione «Leone Marino», prese a considerare realisticamente e con sempre maggiore insistenza, una partecipazione all'offensiva verso il Canale cli Suez. La Gran Bretagna, invece, non appena conseguita la certezza della vittoria su i c ieli della Manica e dell'isola, passò con decisione al potenziamento delle forze nel teatro d'operazioni del Medio Oriente. Che entrambi i contendenti si attivassero per migliorare le rispettive posizioni era naturale; mentre però gli inglesi no n manifestarono al momento mire risolutive, gli italiani presero a coltivare propositi velleitari di ampio respiro. L' Africa settentrionale anelava delineandos.i come il terreno della prima vera prova di forza . Le dimensioni dell'area interessata allo scontro erano notevol i: il deserto occidentale egiziano e la regione cirenaica. Da Marsa Matruh ad el-Aghcila corrono circa 900 chilometri; da Apollonia a Cialo, nell 'interno, circa 450. ln questo gigantesco campo di battaglia ben presto uno degli antagonisti avrebbe incontrato un successo inatteso, superiore ad ogni più rosea aspettativa; l'altro un insuccesso ugualmente inatteso, superiore petfino alle nere previsioni dei più pessimisti . ln campo italiano il disaccordo tra Graziani ed il gen. Berti si era accentuato. Ad ogni modo, verso la metà di novembre l'idea che l'avversario potesse precedere il nuovo balzo in avanti dell 'armata trovava tu tti concordi e si fece str ada la convinzione che, accanto ai provvedimenti in corso per l'offensiva, fosse oppo,tuno sia curare l'assetto difensivo attorno a Sidi el-Barrani sia il prevedere l'eventualità di una controffensiva . Ciò non toglie che affiorassero dubbi ed il 5 d icembre il gen. Gariba ldi, che sostituiva interinalmente Berti, partito per l'Italia per motivi di famiglia, inoltrò al Comando Superiore alcune osservazioni che, in fondo si riassumevano in due precisi quesiti: si deve attaccare o


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rimanere sulla difensiva? e quanto sarebbe durata l 'incertezza?77 Questo, prendendo spunto da un ordjne diramato da Graziani per il nuovo raggruppamento delle forze «in vista delle future operazioni>>78 . Il dispositivo della 10a armata i primi cli dicembre era il seguente: - I settore (Sidi el-Bairani) , affidato al gruppo divisioni libiche, fronte ad est e sud-est; - fI settore (Bug Bug) a sud-ovest del precedente, appoggiato con la destra alle propaggini del costone di Halfaya, assegnato al XX corpo d' armata; - m settore (Sollum) a guardia della «base» dell'armata, Bardia-ridotta Capuzzo, affidato al xxrn corpo d'annata .

In definitiva, al primo scontro erano interessati solo il XXI corpo ed il gruppo divisioni Libiche, cioè le grandi unità destinate a muovere su Marsa Matruh: circa 50 mila uomini in tutto.

In campo britannico si stava preparando l'operazione Compass programmata per la fine di novembre. La sistemazione assunta dalla 10a armata fece ritenere attuabile un'azione limitata nel tempo contro una o più unità italiane. «Il dispositivo difensivo nemico - scrisse più tardi Wavell - mi sembrava molto difettoso e lacunoso. Si estendeva su un ' ampio fronte con una serie di accampamenti fortificati, che non erano in grado di darsi assistenza reciproca e separati da ampi intervalli. La sua difesa mancava, ino.ltre, di profondità,,7 9.

Il 20 ottobre, dunque, egli chiese al gen . Wilson, comandante delle forze britanniche in Egitto, proposte circa un rapido attacco contemporaneo su Sidi el-Barrani e su Sofafi: le ali dello schieramento italiano. Truppe a disposizione: la 7a divisione corazzata e la 4" divisione indiana1 il nuovo 7° Royal Tank Regiment dotato dei recentissimi Matilda da 25 tonn. ed un'aliquota della guarnigione d.i Marsa Matrub. Complessivamente si trattava di 35 mila uomini con 120 pezzi, 60 autoblindo, l 46 carri leggeri da 5 tonn., 80 cruisers da 13-15 tonn. e 50 carri da fanteria Matilda . Contro i 50 mila uomini con 300 pezzi e 22 carri da 11 tonn. efficienti dalla J.Oa armata poteva realmente nutrire fiducia.

77

Diario storico del Comando Superiore A.S., data 5.12.1940. data 25.11.1940. 7 9 A.P. WAVEL1,, Operations in the Western. Desertfrom December 7th 1940 to February 7th 194'1 , suppi. alla «London Gazette» del 25.6.1946. 7 8 Ibidem,


274

• E •ST RAT EGIA IN ç·1,. NTOAN NIDI GUERRE ITALIANE POLITICA

al 5 dicembre e . Situaz1.011e 1· tahana

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J.E PRIME OPERAZIONI IN AFRICA SEITÈNTRION. ~A=L=E _ _ __

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Il gen. O'Connor rifletté a lungo e si convinse che un attacco contemporaneo alle ali avrebbe comportato una dispersione cli sforzi nociva ai rapporti di forza per un'impresa del genere. Propose allora di penetrare nell'ampio spazio vuoto fra Nibewa e Bir er-Rabia (cioè fra il raggruppamento Maletti e la Cirene) e di attaccare prima le posizioni centrali, poi 1e altre in successione cli tempi. Wave11 approvò il disegno, ben sapendo che gli italiani non potevano competere né ìn fatto di carri (i Matilda erano pressoché invulnerabili) , né di artiglieria (erano giunti nuovi ottimi pezzi da 25 libbre), né cli addestramento. L'operazione Compass doveva iniziare di sorpresa con la luna piena di novembre, vale a dire l'ultima settiri1ana ciel mese, ma i preparativi richiesero più tempo.

*

*

*

Sabato 7 dicembre la Royal Air Force iniziò l'offensiva aerea contro gli aeroporti avanzati e quelli della Cirenaica. Alle 7 ,45 i Matilda emersero ali' improvviso dalla foschia e dalla nuvolaglia di sabbia davanti ai difensori cli Nibewa. Alle 8 ,30 la resistenza organizzata del raggruppamento Maletti poteva reputarsi praticamente cessata. I1 combattimento terminò alle 11. Era adesso il turno della 2" libica. Verso le 13 ,30 il gen. Pescatori avvisò il Comando del gruppo divisioni libiche, a Sic! el-Barrani, che il nemico aveva investito il primo caposaldo. Alle 18 circa tutto era finito. Il gen. O 'Connor, visti i risultati della giornata, non ebbe esitazioni sul programma per l'indomani: attaccare Sidi el-Barrani. A Roma l'atmosfera era plumbea. Il 4 dicembre il gen. Sodclu, che il 9 novembre aveva sostituito il gen. Visconti Prasca nel comando delle forze in Albania, si era espresso in tono addirittura scoraggiato, circa ta situazione locale creatasi, con il gen. Guzzoni, nuovo sottocapo cli Stato Maggiore Generale e sottosegretario alla Guera. Il gen. Cavallero, nominato capo di Stato Maggiore Generale in luogo del maresciallo Badoglio, era stato inviato d'urgenza in Albania da Mussolini, il quale sul momento era apparso «abbattuto come mai»80 . Poi si riprese, tuttavia la gravità delle comunicazioni provenienti da Tirana gl i faceva guardare con distacco agli eventi del fronte nordafricano. Il IO dicembre, un nuovo scossone. Ciano annotò:

80

G. CIANO, Diario, cit., p. 484.


_ _ _ _ _ - -- - - - ~ P= OLITJCA E STRATEGIA IN CENTO AN:-11DI GUERRE ITALIANE

<<Le notizie dell'attacco su Sidi el-BaJTani arrivano come un colpo cli fulmine. Dapprima la cosa non sembrava grave, ma i successivi telegrammi di Graziani confemiano trattarsi di una grossa legnata. Mussofuù, che vedo due volte, è molto calmo (...). Non vuole ancora realizzare la gravità dell'accaduto che invece è seria (. ..)» 81.

Invero le informazione che nel corso della giornata del 10 affluirono al Comando Superiore, a Cirene, superavano le peggiori previsioni . Alle 18,30 Graziani ordinò a Garibolcli cli far ripiegare anche le divisioni Cirene e Catanzaro sulle posizioni Sollum-Halfaya, dove già si era ritirato il grosso del XXIII corpo. Nel frattempo si provvedeva al febbrile riassetto delle retrovie ed al rinforzo dei presidi di Bardia e dj Tobruk racimolando reparti ed artiglierie da Cirene, Bengasi e Barce. Lo sfruttamento del successo era stato affidato dal geo. O'Connor alla 7" divisione corazzata, la cui 43 brigata aveva preso contatto con la divisione Marmarica e raggiunto, più a sud, il reticolato di confine, minacciando un avvolgimento ad ampio raggio dell'intero XXIII corpo d'armata. Posto di fronte a questa pericolosa prospettiva, Graziani ordinò al Comando genio di approntare una serie di inte1TUzioni sulla via Balbia da Tobruk a Bengasi, in vista di una possi bile ritirata. Poi si rivolse al Comando Supremo. Le sue previsioni sulle intenzioni inglesi erano pessimistiche: investimento della Cirene sul ciglione di Halfaya e prosecuzione su Sollum. Non basta: <<( ...) se anche questa manovra nemica riesce est da presumere successivo investimento piazza Bardi:i che est scarsamente munita. Dopo d.i che non rimarrebbe che estrema resistenza piazza Tobruk ove tutti mezzi che est stato possibile riunire sono stati schierati (...). Flotta inglese scorrazza liberamente sul mare. Stani:ine trovasi davanti Ras Azeiz. Aviazione continua at essere quasi impossibilitata agire causa avverso tempo. Minaccia travolgimento intero fronte c.i.renaico est palese. Ho dato disposizioni at 5" annata Tripoli mettere massima efficienza quel campo trincerato ritirandovi tutte truppe mobili et lasciando sistema copertura frontiera occidentale inalterato(...). Dopo questi ultimi avvenimenti che possono prevedersi imminenti, riterrei nùo dovere :inziché sacrificare mia inutile persona sul posto, portarmi :i Tripoli, se mi riuscirà, per mantenere almeno alta su quel castello la bandiera d'Italia, attendendo che madrepatria mi ,.n etta in condizioni di continuare ad operare. Da me all'ultimo soldato abbiamo coscienza profonda :ivcr fatto tutti sforzi per resistere dopo quelli compiuti eia mc per far comprendere at Roma quali fossero le reali condi-

81

Ibidem, pp. 486-487.


l, E PRIME OPERAZIONI IN AFRICA SET l'ENTRIO"-N""'' A=Ll=:i· _ __

L' INIZIO DELLA BATTAGLIA DI SIDI EL-BARRANT (9 dicembre)

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zioni di questo teau·o d 'operazioni ed i mezzi necessari per poterle ampiamente fronteggiare senza mettere l' uomo col fucile et con scarsissinù mezzi anticarro in condizioni di sostenere la lotta della pulce contro l'elefante. Sia detto questo at mia memoria testamentaria et perché ognuno assuma cli fronte alla storia la responsabili tà in propri o cli quello che oggi qui accade» 82 .

Inutile ogni commento. A Roma lo stupore e l'allarme ormai dilagavano. Adesso M ussolini cominciava a sentire il peso degli eventi: «In Libia ammise - abbiamo subìto una disfatta in piena regola» . E subito dopo: «Questa volta non si dirà che è colpa della politica. Ho Lasciato ai militari la più, ampia libertà d ' azione». Menliva, puramente e semplicemente. Basti. rileggere i telegrammi di sollecitazione inviali a Gra:t.iani. Però del non aver intravisto a tempo la profonda diversità (e novità) della guerra nel dese1to 1ispetto alla tradizionale sarebbe ingiusto farne colpa sol tanto a lui. Ad ogni modo, il «catastrofico telegramma, misto cli esaltazione, di letteratura e di preoccupazione»83 lasciò il segno, anche se, nel rivolgersi a Graziani per incitarlo a non demordere, Mussolini tenne un tono molto pacato84. Tra l' altro , Graziani aveva commesso anche un grave eITore psicologico con l'accenno a rifugiarsi a T ripoli. Gli verrà rinfacciato più tard i. Nella giornata del 12 dicembre egli co ntinuò a diramare ordin i. Un susseguiJsi cli provvedimenti al limite della sovraecc itazione che non rispettavano le prerogative gerarchiche, perveni vano ai Comandi destinatari spesso in ritardo , modificavano le dipendenze, tenevano i reparti in peren ne movimento, sempre sotto la pressio ne dell'in iziativa avversaria. Risultato: il diffondersi fra i Comandi e le truppe di un senso di incertezza , di insicurezza e di sfiducia. Come non bastasse, il 14 il Comando Superiore ebbe la sensazione che le nere previsio ni della vigilia stessero per avverarsi ad un ritmo travolgente. Graziani era scorato ed esasperato. Le parole di lusinga cli M ussolini, lungi dall ' incoraggiarlo e dal calmarlo , gli parvero di c ircostanza . Si sentiva abbandonato dopo essere stato incompreso . D' impulso , si rivolse «da uomo a uomo» a Mussolini: «Affermazioni di fiducia in me se possono commuovermi non possono farmi dimenticare che essa doveva essermi concessa in pieno prima, quando con tutti i 82 Graziani a Comando Supremo in data 12.12.1940, Diario storico del Comando Superiore A.S. 83 G. CIANO, Diario, cit., p. 487. 84 Mussolini a Graziani in data 12.12. 1940, Diario storico del Comando Superiore A.S.


280

POLITICA 6 STRATEGLA. IN Ct;NTO ANNJ DI GUERRE ITALIANE

mezzi ho cercato d i farVi comprendere la verità. Non mi avete ascoltato. Non mi avere pi ù concesso di parlarvi direttamente. Quando l' ho fatto attraverso il conte Ciano, che si diceva delegato da Voi per permettermelo direttamente, mi avete fatto richiamare dal Capo di S.M. Generale . Mi avete poi indirizzato Vostra del 26 ottobre che mi offriva via di scampo che non ho voluto avere la vigliaccheria morale di seguire, continuando a rimanere al mio posto di estrema responsabili tà. Avete continuato ad ascoltare chi aut Vi ingannava deliberatamente aut Vi ill udeva. Sono stato dipinto come divenuto incapace, ineno, preoccupato solo di salvare il mio punto di arrivo. Tuno conosco, fani e nomi. Al momento della suprema responsabilità di fronte alla storia ed alla Patria mi est ora di estrema ma miserevole, ma necessaria legittimità parlarVi da uomo a uomo . Voi mi avete misconosciuto dopo il mio ritorno dall'Impero. Mi avete poi chiamato ad una funzione di Capo di SM. dell'Esercito senza darmi la possibilità di compierla libcrameme, insidiato da tutti presso di Voì. Io che da solo ho avuto allora il coraggio di non illudervi mai. Poi mi avete inviato qui senza danni nemmeno il respiro per parlarvi. Avete dimenticato che per tanti aruù Vi ho servito con devozione et fede senza limiti. Avete dimenticato che se la vittoria etiopica fu possibile , questo fu dovuto al fatto di averm i pcm1esso di parlarVi liberamente, saltando rune le canaglie che me lo avrebbero voluto vietare. Ora, Duce, non c'è che un arbitro, il destino, alle cui forze superiori io non posso più oppo11'e quelle mie umane, che fino all'ul timo momento forò vibrare in me et in tutti gli altri. Sconto un passivo creato non da mia cecità aut volontà, ma da quella di rutti coloro che Vi hanno tradito miserevolmente et con Voi l' Italia»85 .

Secondo la testimonianza di Ciano, Mussol ini rimase «calmo e indignato». La permanenza di Graziani in un ruolo di comando non era più ammissibile dopo simi le lettera, però volle attendere che passasse il momento critico, anche nella considerazione che destitu ire un altro maresciallo d ' Italia, dopo Badoglio, nel volgere di un paio di setti mane sarebbe stato troppo. Perciò sorvolò nuovamente e si limitò a ribadire l'ordine di difendere ad oltranza Bardia e Tobruk86 . *

*

*

La replica di Graziani fu netta: «Solo l'invio di potenti mezzi terrestri et aerei preventivo al scm1re sotto del nemico può ancora salvare la Cirenaica>> 87 . Obiettivamente non aveva torto. Il gen. Roatta preparò un

85 Graziani a Mussolini in data 14.12.1940, in R. GR/\ZlANI, Africa Settentrionale 1940-1 941, cit., p. 147. 86 Mussolini a Graziani in data 15.12.1940, Diario storico del Comando SuperiorcA.S. 87 Graziani a Mussolini in data 17.12.1940 e Graziani a Guzzoni in data 18.12.1940, ibidem.


LE PRIME OPERAZIONI IN Al'R!CA SETTENTRIONALE

281

promemoria per Mussolini. Bisognava rivolgersi alla Germania. Per salvare la forma non si chiedevano aiuti, ma si proponeva di realizzare una concentrazione di sforzi nel teatro in cui J' Asse era più vulnerabile ma anche dove l'avversario poteva essere più efficacemente colpito. Nel documento trasparivano sia la critica alla concezione strategica iniziale, sia la bocciatura della formula della «guerra parallela»88 . La Germania si mosse. 11 18 dicembre il gen. Marras, addetto militare a Berlino, comunicò che l'Oberkommando der Wehrmacht avrebbe inviato un corpo della Lujiwaffe su sei gruppi. Il giorno dopo il gen. Cavallero ricevette il gen. von Rintelen, al quale illustrò con molta franchezza la serietà della situat ìone in Libia e chiese l'urgente invio di una Panzerdivision. quale elemento di manovra e di contrattacco89 . Graziani cominciò a sperare, anche perché entro il mese avrebbe ricevuto altri tre battaglioni di carri M 13 ed un reggimento dì artiglier.ìa motorizzato. Intanto esonerò .il gen. Berti, rientrato dalla licenza, dal comando della 10" armata, che affidò al gen. Tellera. A questo punto giova vedere come la situazione fosse valutata a Roma, a Cìrene ed al Cairo. Secondo uno studio interno preparato dallo Stato Maggiore dell' Esercito in data 26 dicembre, il blocco di Bardi.a presentava tre possibili soluzioni . La prima ovviamente consisteva nella resistenza pura e semplice all'assedio, che però prima o poi avrebbe condotto alla caduta della piazza. La seconda consisteva neIJa sortita del presidio forzando l'assedio oppure nello sgombero preventivo via mare; nel primo caso le forze sarebbero state esposte all'attacco dei carri britannici con la prospettiva di fare la fine della divisione Catanzaro; nel secondo sarebbero occorsi dominio ciel mare e disponibilità di mezzi dì trasporto navali, quin~ di neanche a parlarne. La terza soluzione si traduceva in una controffensiva mirante a rompere dall'esterno il blocco, e questa scelta era-reputata praticabile, ma tale appariva perché fondata su informazioni errate o incomplete accolte con fiducioso ottimismo. Lo studio fu presentato al gen. Guzzoni 1'8 gennaio ed egli annotò: <<Mi pare che non ci sia più niente da fare». Ormai bisognava puntare sul tentativo cli dare ossigeno a Graziani in attesa dei tedeschi. 88 Promemoria segr. di Roatta in data 13.12.1940 in USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., II, tomo I, p . 563. 89 Ibidem, Il, tomo I, pp. 576-577.


282

POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ..c\NNJ DI GUERRE ITALIANE

A Ci rene Graziani era determinato ad intensificare lo sforzo difensivo in corso per guadagnare tempo, pur senza farsì molte illusioni. A suo giudìzìo, Bardia era destinata a cadere, se non altro per esaurimento. Tobruk, assai più debolmente presidiata, avrebbe presto seguito il destino di Bardia. E lo schieramento di Derna-Berta-Mechili consentiva poche speranze di arrestare l'eventuale penetrazione inglese verso il Gebel e la piana cli Bengasi. Per cli più, anche in tema cli aviazione le cose non brillavano. Naturalmente i puntì cli vìsta risultavano molto cliscordantì, comunque il 21 dicembre il gen . Porro, in una lettera personale al gen. Pricol.o, aveva confessato: «( ...) Ormai però la situazione è purtroppo capovolta. Non ci si può più .illudere sulle possibilità della nostra azione. Spiljìre e Hurricane numerosissimi , numerosi i reparti da bombardamento inglesi: quindi offese continue sui campi, attacchi agli aerei nostri quasi ad ogni azione ( ...). Dopo i primi giorni gloriosissimi e brillanti, vivo ora la tragedia dell'impotenza per le difficoltà dei campi, dei collegamenti, dei rifornimenti, delle riparazioni, del lavoro a terra ed in volo e per l'allagamento dei campi che ci immobilizza e ci impantana ( ...)» 90 .

Pricolo mandò la lettera a Guzzoni, sottolineando la gravità della crisi delle basì. E rilevò che in pochissimi giorni si erano dovuto abbandonare ben dieci aeroporti di manovra nella zona dì Tobruk e che <<all'attuale situazione ha molto contribuito la precipitazione, sotto ogni aspetto eccessiva, con cui il Comando Superiore ne ha ordinato lo sgombero». Lo scollamento fra 10a armata e 5a squadrn aerea mostra chiaramente l'assenza di una impostazione interforze della battaglia. Il comandante ciel XIII corpo britannico, come dal 1° gennaio venne chiamata la Western Desert Force, aveva preso la decisione. Di tutte le forze disponibili alla frontiera, la patte di protagonista per la rottura della cinta difensiva di Bardia e la penetrazione nella piazza fu riservata alla 6· divisione australiana ed al 7° Royal Tanks, rimasto con solo 25 Matilda efficienti. Le altre truppe servì vano per consentire il blocco della piazza. Fra il 31 dicembre ed il 2 gennaio la Royal Air Force bombardò praticamente l'intera zona a nord della strada per Tobruk e la cinta clìfensiva di Bardia. Il 2 alcu11e cannoniere inglesi effettuarono tiri cli disturbo. Alle 90

AUSSME, Fondo Car1eggio Ministero della Guerra. Gabinetto. In meno di due mesi la 5" squadra aerea aveva perduto oltre 300 velivoli di vario tipo, più del 50% di quelli in carico (F. PRICOLO, La Regia Aeronautica 1939-194! , cit., p. 353).


5 ,30 del 3 gennaio iniziò la preparazione di artiglieria. Verso le ore 9 non solo l'irruzione della 6a brigata australiana appariva non più arginabile, ma dal mare e dal cielo le forze inglesi erano venute a dare una mano agli australiani. E che mano! Alle 8,10 le navi da battaglia Warspite, Valiant e Barham con sette cacciatorpediniere avevano aperto il fuoco e per tre quarti d'ora una grandine di granate cadde su Bardia, mentre la portaerei lllustrious forn iva pattuglie aeree di protezione. Alle :IO Bergonzoli dichiarò gravissima la situazione e chiese ancora l'urgente intervento della R. Aeronautica, ma la Royal Air Force stava imperversando. Verso le 16 del 4 gennaio «l'interno dell ' uovo» era pressoché vuoto ed il nemico entrava in Bardia. Jl mattino del 5 tutto il fuoco dell'attaccante si concentrò contro le ultime difese. Quando i pochi Matilda ancora efficienti giunsero sugli schieramenti d'artiglieria comi nciò il conto alla rovescia . Alle 13 tutto era finito. Anche il secondo passo della via crucis della 10" armata era stato compiuto . Ed anche la caduta dj Bardia era stata amara, bisogna ammetterlo al di là degli indiscuti bili e pur numerosi episodi di valore di singo1i e di reparti. *

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Wavell calcolò che, perduta Bardia, Graziani avrebbe potuto contare soltanto su una divisione (la Sirte) , più resti di divisioni battute, per il presidio di Tobruk; una seconda divisione (la Sabratha) ancor pit1 ad ovest ed una formazione corazzata a Mechili. Era bene informato. Con questo presupposto decise di procedere su Tobruk prima ancora di ultimare il rastrellamento di Bardia, in quanto l'operazione, di evidente convenienza sotto il profilo tattico, non presentava eccessive difficoltà sul piano logistico. Perciò il mattino del 5 gennaio la 7a brigata corazzata si mise in movimento ed il giorno successivo bloccò Tobruk da ovest. Il 7 arrivarono le altre brigate della 7a di visione corazzata e della 6a australiana. In siffatte circostanze, la lettera con la quale Graziani ragguagliò Mussolini non poteva che essere di estremo allarme per le prospettive immediate, di giustificazione delle misure adottate in precedenza, di richiesta di urgente aiuto: «Stamane - scrisse il giorno 6 - si è iniziato l'investimento dell a piazza da parte dei mezzi corazzati nemici. Dopo di che i vari episodi del nuovo dramma sono facilmente prevedibili»91 . 9 1 Graziani

a Mussolini in data 6.1.J 94 1, Diario storico del Comando Superiore A.S.


POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GU ERRE ITALIANE

Mentre a Roma si stava consolidando l'orientamento a frenare l'avanzata inglese e ridare efficienza alla 5" armata, sì da costitufre con essa una massa di manovra armonica, l'Oberkommando der Wehrmacht chiese, tramite l'ambasciatore a Roma, un giudizio sul quadro strategico in Mediterraneo dopo la caduta di Bardia allo scopo di «poter decidere da parte nostra se l'invio di forze tedesche a Tripoli è possibile ed ha speranza di successo». La Memoria fatta preparare dal gen. Guzzoni fu, tutto sommato, ottimistica, però una frase finale era tutto un programma: «In conclusione, come è stato detto, la situazione è grave; non è disperata ma neppure tale da escludere che la Cirenaica ed in prosieguo di tempo anche la Tripolitania possano essere occupate dagli inglesi» 92 .

Graziani doveva prendere una decisione ed il 9 gennaio diramò le direttive per la battaglia d'arresto sulla linea Dema-Be,ta-Mechili, implicitamente dando per perduta anche Tobruk, cui rimaneva solo il compito di guadagnare qualche tempo. La predetta linea doveva essere considerata «il Grappa della Libia e vi si deve ripetere il miracolo del Grappa, e cioè vi si deve arrestare il nemico, con la decisione incrollabile ne.i comandanti e nei gregari di morire sul posto piuttosto che cedere», in quanto la sua caduta avrebbe comportato l'invasione della Libia93 . Una minore enfasi ed una minore perentorietà sarebbero state più appropriate . A tutti era chiaro che Mechili era semplicemente una località isolata nel de~erto, del tutto slegata dal vero sistema Derna-Berta. Quindi non era in grado di costituire appiglio per reggere ad un attacco di corazzati. In conseguenza, anche la Cirenaica occidentale sarebbe stata invasa senza che le posizioni di Derna-Berta potessero esercitare un reale peso nella lotta. Mussolini comunque approvò con un retorico telegramma che lasciò le cose come stavano. Wavell intanto aveva chiamato il gen . O'Connor e chiesto quali interizioni accarezzasse per il «dopo Tobruk». O'Connor, pur rendendosi conto di non poter prendere la piazza di slancio, non riteneva il compito troppo arduo. Sapeva, infatti, che rispetto a Bardia c'erano metà uomini per un fronte doppio. Rispose, quindi, che considerava la conquista cli Mechili molto importante per il pericolo che avrebbe immediatamente 92 93

Richiesta presentata al Comando Supremo alle 12,30 del 7.1.1941. USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., II, tomo I, p. 51.


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creato sul fron te ed alle spalle delle posizioni italiane nella fascia costiera di Derna. Wavell annuì, ma volle anche d iscutere la possibilit~t di un' incursione su Bengasi. O'Connor si dichiarò più che favo revole, precisando tuttavia di preferire qualcosa di più di una semplice incursione . Con l'approvazione dei capi di S tato Maggiore, Wavell dette il via . Dalle ore O alle 2 de l 2 1 gennaio alcune n avi britanniche aprirono il fuoco su Tobruk ; poi fu la volta de lla Royal Air Force. Alle 5,50 si scatenò la preparazione d'artiglieria. Verso l'alba il fuoco andò diminuendo: era l' intervallo di tempo per allungare il tiro. L' attacco cominciò subito; alle 7 si era prodotto uno squarcio superiore al chilometro e diciotto M&tilda si inoltrarono al seguito dei battaglioni in secondo scag.lione. Immediatamente ebbe inizio l' allargamento della breccia. La battaglia, svolgentesi ormai nell ' interno dell a piazza , seguiva lince fatali . Verso le 16 ciel 22 gennaio si arrese l' ultimo caposaldo.

4. L A RITIRATA DALLA CrRENAICA Alla decisione di abbandonare la Cirenaica Graziani pervenne per gradi . Iniz ialmente, come si è visto, tale ipotesi non si pose nemmeno. n 23 dicembre, allorché la situazione confermò la probabilità di un ' offensiva britannica verso Bengasi , Graziani si preoccupò di conferire p rofondità alla difesa della Cirenaica accelerando la sistemazione del ciglione di Dema, la scarpata che a giudizio del Duce poteva costituire «la zona d 'arresto definitiva dell'avanzata nemica». Il s.istema difensivo , se così poteva chiamarsi , comprendeva il caposaldo di Derna sulla cosra, la linea dell'uadi Derna, il caposaldo di Berta, an-etrato. A sud, isolato, c'era Mechili, un incrocio cli piste su cui sorgeva una vecchfa ridotta attorno alla quale erano stati disposti alcuni campi minati. 1'utto qui. Dopo la caduta di Bardia, Graziani prese in seria considerazione la probabilità che l'avversario tentasse cli scardinare tale impostazione difensiva forzandone l'ala destra a Mechili, perché ciò gli avrebbe consentito sia di aprirsi la via su Bengasi, sia di penetrare nel Gebel da sud. Per meglio fro nteggiare il pericolo, lo schieramento venne diviso in due settori dipendenti dal. Comando della 10a armata: il «Dema» ed il «Berta-Mechili» . U primo , agli ordini del gen . Bergonzoli (sfuggito alla cattura dopo la caduta di Tobruk) , era tenuto da un insieme eterogeneo cli appena 5 mila uonùni di varia provenienza, senza un Comando organico, senza fisionomia operativa, senza affiatamento . Il settore «Berta-Mechili», affi-


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IL DISPOSITIVO SULLE POSIZIONI DI DERNA (23 gennaio)


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dato al XX corpo, era difeso da forze più omogenee: la divisione Sabratha (gen. Della Bona) proveniente dalla Tripolitan ia, la brigata corazzata (gen . Babini) ed un raggruppamento motorizzato (col. Piana). Tenendo presente che la 10a annata era adesso su un solo corpo d'armata , il XX, e questo sulla sola divisione Sabratha, non si comprende perché non sia stata affidata al gen . Tellera la condotta della battaglia in. Lutta la Cirenaica occidentale, invece di lasciargli semplicemente la fasc ia più avanzata . In tal modo la difesa sul Gebel poteva essere tenuta interamente dal Comando XX corpo e l' importantissima questione dell'impiego dei corazzati probabilmente sarebbe stata vista sotto diversa angolazione. La bfigata corazzata rappresentava l'elemento di forza dei resti dell 'armata ed era stata formata al preciso scopo di disporre d i un complesso capace di tener testa ad unità simil ari britann iche. Essa comprendeva il IIl ed il V battaglione carri M 13 (57 carri in tutto), il. LX battag lione can·i leggeri (25 cruTi) e reparti minori . Fino a quel mome nto la sua scarsa consistenza aveva sempre indotto ad evitare il confronto diretto. Ora, quando la zona di Mechili veniva con assoluta convinzione reputata il prossimo inevitabile campo di battaglia fra corazzati, il 22 gennaio il Comando Superiore decise di crearsi una propria riserva con un gruppo celere, agli ordini del gen. Bignami , dotando lo del VI e del XXI battaglione carri M 1.1 ed M .13. Così rinunciò deliberatamente alla concentrazione di tutte le unità corazzate. La presa di contatto operata da elementi della 6a divis ione australiana nel settore di Dema e della 7a divisione corazzata in quello cli Mechili , pose il problema cli come impiegare utilmente la brigata Babini. Fu risolto in questi termini: «giacché suo compito preminente est quello di ostacolare penetrazione nemica su direttrice Mechili-Bengasi, deve evitare, assolutamente, cli lasciarsi coinvolgere in unica azione avversaria diretta contro presidio Mechili et conservare invece libertà manovra et massima efficienza per suo compito essenziale»94 . Il 29 gennaio Graziani fu informato dal S .I.M. cli alcune indiscrezioni affiorate negli ambienti militari del Cairo , secondo le quaU il Comando del XIlJ corpo britannico intendeva limitarsi a fronteggiare il settore di Dema ed agire con la 7a divisione corazzata sulla direttrice preclesertica per Bengasi. Diventava ine vitabile l'abbandono di Derna, questione però molto delicata che Graziani non volle risolvere senza sentire 94

Diario storico del Comando Superiore A.S ., in data 25. l. l 941.


POLITICA E STRAJ'EGIA IK CENTO ANJ\l DI GUERRE ITALIANE

i principali comandanti in sottordine. La riunione ebbe luogo alle 10,30. Tutti furono d'accordo sul ritenere miglior soluzione rinunciare alla difesa ad oltranza di Derna e recuperare tutte le truppe a favore di una manovra ritardatrice su tre linee successive. Spesso nelle riuni.oni a carattere consultivo, dall'impostazione del preambolo discende naturalmente la conclusione. Il ragionamento esposto aveva una sua logica, ma, in verità, nessuno dei presenti - a cominciare da Graziani - si chiese cosa poteva accadere se la 7a divisione corazzata inglese, o anche solo una sua aliquota, sganciandosi ali 'improvviso dal GebeL si fosse diretta su el-Abiar o addirittura su Msus, in assenza di forze che potessero intercettarla. E , ovviamente, nessuno si chiese quale sarebbe stata la sorte delle truppe in ritirata sul Gebel. Si noti che la ricostruzione del dispositivo nemico era in quel periodo molto lacunosa. Comunque il dado era tratto. Alle 12,30 il gen. Tellera ordinò verbalmente l'arretramento del sistema difensivo sulla prima posizione intermedia. L'avversario lasciò fare. Contrariamente alle previsioni, per l'intera giornata del 29 gennaio si limitò ad azioni di pattuglie. Il 30 la 19a brigata australiana entrò in Derna, ormai abbandonata. Il gen. O'Connor pensò che molto probabilmente la 10a armata, o quello di essa che rimaneva, si sarebbe ritirata per dare battaglia ad oriente cli Bengasi. Puntare quindi da Mechili su el Abiar-Bengasi avrebbe comportato qualche difficoltà per i mezzi corazzati ed il rischio di non riuscire ad avvolgere il fianco destro italiano. Perciò decise di incaricare la 6" divisione australiana di continuare la pressione sul gebel, mentre la 7a divisione corazzata si sarebbe indirizzata su Msus. Inviò il piano a Wavell, al Cairo, ed il 2 febbraio gli giunse il placet del comandante in capo. Già alla sera del 30 gennaio agli occhi di Graziani gli avvenimenti sembrarono volgere al peggio. Il 31 pervennero altre allarmanti notizie, per cui alle 12,45, «ormai sicuro che nemico tenti aggiramento totalitario per la Mechili-Bengasi», Graziani ordinò la ritirata generale su Barce. In questi frangenti ricevette un telegramma cli Mussolini: «Comunicatemi disposizioni che intendete dare circa futuro irnpiego forze Tripolitania compresa divisione leggera tedesca che comincerà affluire primi febbraio. Tenete conto necessità intercettare carovaniere che da Sirtica possono addUJTe direttamente alla Tunisia et consentire eventuale unione con forze francesi dissidenti»95 . 95

Diario storico del Comando Superiore A.S., in data 31.1.1941.


LE PRIME OPERAZIONI IN ;\FRICA SETTENTRIONAL.= E_ _ _ _ _ _ _ _ __

LA RJTJRATA DELLA 10" ARMATA DAL GEBEL 29 gennaio-7 febbraio 1941

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POLITIC:A E STRATEGIA IN CENTO ANN I Dl GUERRE ITALlANll

Se Graziani avesse nutrito ancora titubanze, il dispaccio gliela avrebbe fatte passare di colpo perché gli parve esplicito invito a concentrare ogni pensiero sulla T1ipolitania. Espose dunque il proprio programma. A Sirte, al momento affidata ad una modesta frazione della Y armata, intendeva raccogliere le truppe della 10a armata in ritirata dalla Cirenaica. Nel frattempo avrebbe ricostituito a Tripoli la 5a armata con il compito di difendere il campo trincerato e di fornire la copertura alla frontiera tunisina. Le nuove divisioni in arrivo - la corazzata Ariete, la motorizzata Trento e la Y leichte tedesca - si sarebbero raccolte in Tripolitania e poi impiegate secondo le circostanze. Quindi, non appena la ritirata avesse raggiunto uno sviluppo adeguato, avrebbe lasciato a Tellera Ja direzione delle operazioni in Cirenaica e si sarebbe stabilito a Sirte con il Comando Superiore. A Roma, Superesercito formulò seri dubbi sulla possibilità di riuscita della ritirata su Sirte, perché i reparti corazzati inflesi puntando su Agedabia avrebbero inevitabilmente preceduto la 10a armata, gravata di un più lungo percorso e di un minimo di lotta sul gebel. C'era da temere che prima ancora dell'8 febbraio gli inglesi fossero ad Agedabia. Aci ogni modo non sarebbero stati in condizioni di riprendere l'avanzata verso la Tripolitania prima del 1° marzo. L'ordine di operazioni della 10a armata, diramato il 31 gennaio, fissava le disposizioni per la ritirata dal gebel. Nella notte sul l O e sul 2 febbraio il ripiegamento dei reparti dalle posizioni cli Derna-Berta si svolse con sufficiente regolarità. Perciò Graziani vide la ritirata ormai bene avviata e giudicò il momento opportuno per trasferirsi in Tripolitania, in vista deJla nuova fase operativa. Con le direttive verbali che impartì al gen. Tellera, dispose che questi, a partire dalle ore O del 3 febbraio assumesse il comando di tutte le forze dislocate in Cirenaica, comprese le unità del Territorio sud-cirenaico, con il compito cli raccogliere nella Sirtica le truppe che stavano defluendo dal gebel. Tellera, che si era portato a Bengasi con il Comando dell'armata, passò tutti i reparti agli ordini del comandante del XX corpo (gen. Cona). Il programma di larga massima prevedeva il completamento della ritirata su Agedabia nella notte sul 6 febbraio. Purtroppo apparve subito impossibile seguire la pianificazione perché, nonostante le riduzioni apportate nei servizi e nelle dotazioni, gli automezzi messi a disposizione del XX corpo furono appena 190. Fu giocoforza allora modificare gli ordini già impartiti - con la ripercussione negativa, assai grave in quei


L~ PRIME OPERAZIONI IN AFRICA SETL'ENTRION.'~A= L E" - - - - - - --

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frangenti, di un profondo disinganno negli uomini della Sabratha96 - e far svolgere a piedi, in due tappe notturne, il movimento sino a Barce: la prima il 3 febbrajo, la seconda il 4. A prescindere dalla carenza di automezzi, erano innegabili l'insoddisfacente inquadramento e l'insufficiente addestramento tecnico-morale. Da aggiungere che i conduttori erano stanchissimi ed anche scossi dal continuo mitragliamento aereo cui si trovavano sottoposti. Molti autocarri giacevano abbandonati ai margini delle strade, alcuni per guasti, altri per danni provocati dall'offesa nemica. Le squadre cli soccorso funzionavano male. In simili contingenze il sistema dell'accentramento dei mezzi al Comando d'armata stava palesanclo~i inadatto e provocava perdite di tempo per le richieste, lunghi percorsi a vuoto dei veicoli, sovraccarico di lavoro per gli autisti.. La sera del 4, informato della presenza di una cinquantina cli autoblindo a Msus, Tellera dispose il blocco di Sceleiclima con il raggruppamento Bignami (già riserva del Comando Superiore) e ordinò al Comando del Territorio sucl-cirenaico , insediato ad Agedabia, cli mandare ad Antelat un distaccamento. Purtroppo sembra che l'ordine sia pervenuto ad Agedabia solo verso le IO del giorno 5, talché il repa1to del genio , inviato tardivamente sul posto per la posa cli mine sparse, dovette constatare che la località era già in mani ingtesi. Il cosiddetto «grosso» delle truppe in ritirata era qualcosa di estremamente eterogeneo e confuso e la cui sola descrizione è sufficiente ad indicare quanta energia e chiarezza cli vedute richiedesse il buon esito dell'operazione. Parte di esso era au tocarrato: i Comandi della 103 armata, del XX corpo e della Sabratha , alcuni reparti della divisione, il 10° bersaglieri ed elementi della piazza di Bengasi e dell'Intendenza, per un totale di circa 5 mila uomini. AItri 15 mila erano sparsi fra Barce, Bengasi, Ghemines e Soluch in attesa di mezzi di trasporto . Questi gli immediati precedenti della battaglia di Beda Fomm, una battaglia decisamente anomala perché svoltasi in circostanze così particolari ed attraverso una tale frammentazione di combattimenti durante tre giorni (5-7 febbraio) da rendere assai ardua la sua ricostruzione, anche perché da parte italiana sono mancate relazioni esaurienti e precise . Per cli più troppo spesso i pochi rappo1ti pervenuti peccano di evasività o di limitata visione degli eventi .

96 «La loro efficienza bellica è ormai problematica» è l'amara constatazione che il comandante della Sabratha scrisse sul diario storico della divisione la sera del 3 febbraio.


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POLlTICA E STR1Xl'EOlA 1N CENT_O ANNI 01 GU!ZRRE JTALlANCl

Situazione alle ore 18 del 4 febbraio 1941

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LE PRIME OPERAZION I IN ArRlCA SETI!2J'lT,-" Rl'-" O-'--' N.',\L -"=E_ _ _ _ __

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Il gen. O'Connor contava di riprendere l'avanzata fra il IO ed il 12 febbraio. Fu nel pomeriggio del 2 che ulteriori informazioni lo indussero a pensare ad una ritirata italiana su scala assai maggiore di guanto sino allora avesse creduto. La sera stessa inviò il preavviso ed il mattino seguente l'ordine alla 7a divisione corazzata di occupare Msus nonché, appena la situazjone logistica lo avesse consentito, Soluch e Ghemines . Il compito era chiarissimo: bloccare tutte le forze italiane a nord di detta località, impedendo nel contempo qualsiasi tentativo di rompere l'accerchiamento da sud. Dal canto suo la fr' divisione australiana, l'altro braccio della tenaglia, doveva imprimere il massimo vigore alla propria avanzhta. All'alba del 5 l'intera 7a divisione corazzata si trovava concentrata poco ad oriente di Msus . Il gen. Creagh, suo comandante, ricevute nuove notizie dalla ricognizione aerea circa colonne in movimento da Bengasi e Ghemines, prese la risoluzione di lanciare verso Sceleidìma-SoJuch la 7a brigata corazzata ed il gruppo dì sostegno e di portarsi con il resto della divisione ad Antelat per sbarrare la via Balbia all'altezza cli quella località. Fu la mossa determinante per il successo britannico ed il dramma della 10" annata. Nel primo pomeriggio cli quel gi9rno la testa della prima colonna in ritirata (il 10° bersaglieri) fu an-estata più o meno all' altezza di Antelat dalla Comheforce, il complesso tattico inglese incaricato , appunto, di sbarrare la via Balbia. Poco più tardi il sopraggiungere di un'altra colonna complicò l'imbottigliamento creatosi. Mancando un'organica direzione degli sforzi, ogni comandante dovette agire d' iniziativa . Al calar delle tenebre la situazione si era fatta critica e non suscettibile di un guai-· che sollecito miglioramento perché, tra l'altro, l'avversario conservava piena possibilità di manovrare fuori strada, il che gli assicurava un for-tissimo vantaggio tattico. Per di più una moltitudine disordinata e spaventata di militari cli enti diversi e di civili si era mescolata alla colonna provocando confusione ed aumentando le difficoltà: erano militari appartenenti alle più svariate unità, alle compagnie lavoratori ed ai servizi d'Intendenza; era personale delle altre Forze Armate; erano uomin i, donne e bambini in fuga da Bengasi; era, diciamo anche questo, il risultato di una cattiva organizzazione della ritirata. Mentre la Com.beforce continuava a sbarrare la via Balbia, la 4" brigata corazzata muoveva su Beda Fomm, la 7" brigata corazzata, cambiata direzione di movimento , puntava quanto più rapidamente possibile su Antelat ed il gruppo cli sostegno stava per attaccare Sceleidima.


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POL!TICA E STR/ITEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

BEDAFOMM La sìtuazione alle ore 22 del 5 febbraio

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LE PRIMÈ OPERA~_lON l JK AFRICA SETTENTRIONALE

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Nella notte buia, agitata da forti raffiche di vento proveniente dal mare e da scrosci di pioggia battente, il tempo scorreva lentamente senza che dall' una o dall'altra parte si cercasse di riaccendere il combattimento. 11 gen. Tellera, discusse brevemente con il gen. Cona, poi decise di tentare il forzamento del blocco con l'unico battaglione di carri M 13 sottomano, il VI. Alle prime luci dell'alba il gen. Caunter, comandante della 4a brigata corazzata, venne avvisato che «a colossal colum.n, packed on the road, stratch.ing as far as we could see», una enorme colonna nemica, serrata sulla strada, lunga a non finire , era ferma a sette-otto chilometri a nord del bivio per Beda Fomm . Subito ordinò l'attacco e la lotta 11 si accese. A dispetto delle difficilissime circostanze, i resti della 10 armata riuscirono a fare qualche progresso, grazie anche al sopraggiungere della Retroguardia Libia Orientale, comandata dal gen. Bergonzoli e comprendente la brigata Babini. Ma a metà pomeriggio la 4a brigata corazzata inglese, nel frattempo ri nforzata dal 1° Royal Tanks, era padrona della situazione e dopo ore di combattimento , al cadere della sera, nei ranghi italiani era subentrato lo scoraggiamento . La posiz.i one dei resti dell'armata - scaglionati su una profondità di una quarantina di chilometri, in un caotico succedersi di mezzi imbottigliati , cli materiali distrutti, di militari e di civili, cli Comandi disorientati - era disperata. li mattino del 7 trovò Bergonzoli - Tellera, ferito gravemente il giorno prima, era morto - nell'incertezza determinata dalla constatata presenza di campi minati. Poi decise di puntare direttamente contro lo sbarramento della Combeforce con quanto rimasto della brigata Babini: una trentina di carri medi. L'assalto fu animato dalla rabbia della disperazio1ie. Senza badare alle perdite 1' ondata degli M 13 si avventò contro lo schieramento inglese: << La difesa fu messa a dura prova - commentò più tardi il gen. O'Connor - i carri italiani penetrarono fino al Comando della Riffe Brigade prima di essere respinti con gravi perdite inflitte loro, soprattutto dalle batterie controcarri. Era veramente la fine».

Sul campo cli battaglia scese il silenzio . Alle 9 O'Connor anivò al Comando della 7" divisione corazzata ed apprese che la battaglia era finita. «Fox killed in the open» (la volpe è stata uccisa in aperta campagna), trasmise in chiaro a Wavell.


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POUTlCA ESTRATEGr.-\ IN CENTO ANNI DI GUERRE rl'ALIANE ------------

BEDAFOMM La situazione alle ore 22 del 6 febbraio

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LE l'RfME OPERAZJONI IN AFRICASETTENTRIONAL.,,_ E _ _ _ _ _ _ _ _ __

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Quando la testa della 6a divisione australiana arrivò ad el-Magrum, all'inizio del lunghissimo campo di battaglia che si snodava a cavallo della via Balbia, il quadro che si presentò agli australiani non poté non suscitare in loro un senso di ammirata soddisfazione: autocarri abbandonati, rovesciati ed incendiati; pezzi di attiglieria contorti o intatti, con le ruote ed i cassoni fracassati o bruciati; carri armati fuori combattimento, anneriti dal fuoco; amù individuali, casse cli munizioni e di viveri, bidoni cli benzina dispersi per ogni dove, a perdita d 'occhio. E, più lontano, la cupa desolazione dei vinti, che a gruppi venivano rastrellati dai vincitori della 7" divisione corazzata. La battaglia di Becla Fomm annientò quel che rimaneva della 10a armata italiana. Riuscirono a riparare in Tripolitania solo 8.300 uomini, cli cui 1.300 libici. li nenùco annunciò la cattura di oltre 20 mila prigionieri, cli 100 carri M 13 (compresi quelli distrutti), cli 200 pezzi di artiglieria e 1.500 automezzi più o meno utilizzabili previe riparazioni. Le perdite britanniche ammontarono a 3 mila uomini circa, però più dell'80% dei mezzi ruotati e cingolati erano distrutti o non più ulteriormente utilizzabili.

5. CONSIDERAZIONI Il 6 gennaio 1941, in occasione della caduta di Bardia, il ministro Eden scrisse a Churchill che «never has so much been surrender by so many toso few» (mai, in ugual misura, tanti si sono arresi a così pochi). La frase - non originale - non fu ripetuta, ma poteva esserlo, a conclusione dell'intera offensiva del gen. O'Connor. Giusto l'orgoglio per la bella e brillantissima vittoria, certamente non sognata all'inizio dell' operazione Compass. Poco generosa, e soprattutto inesatta, l'espressione. Nella storia della guerra esiste solo l'imbarazzo della scelta per dimostrare come sia pressoché normale che pochi, ma bene armati, abbiano successo su molti, ma male armati. In fondo, la guerra - disse il Fuller si traduce essenzialmente in una questione di armamenti. Dal canto suo Liddell Hart, che studiò la campagna sotto lo specifico profilo dei corazzati, poté affermare: «In ultima analisi è innegabile che la distruzione di un'intera armata in questa breve campagna di quattro battaglie fu dovuta principalmente all'azione decisiva della 7a divisione corazzata e del 7° Royal Tank Regiment»91 . Le cause della sconfitta furono quindi «struttu97 BASfL LJDDELLHART, The

Tank.i·, Il, Cassel, London 1959, p. 62.


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rali»: vinsero le forze mobili contro quelle statiche, le forze meccanizzate contro quelle a piedi, le forze dotate di appoggio aereo contro quelle con minor copertura. Bisogna anche dire che vinsero le forze meglio comandate. Molto probabilmente Graziani fu posto davanti ad un compito troppo grande per lui, ma il biasimo deve ricadere prima di tutto su chi lo prescelse per tale incarico , pur conoscendo le caratteristiche della sua carriera, essenzialmente coloniale e quindi meno a contatto con l'impiego di grandi uni tà complesse metropolitane. Come Comandante Superiore gli si deve attribuire una colpa assai grave. A prescindere dall'impulsività e subitaneità con le quali si abbandonava ad entusiasmi e depressioni, egli vide abbastanza chiaramente il pericolo di una sosta a Sicli el-B arrani, quello di chiudersi in Bardia ed in Tobruk , quello cli essere aggirato da Mechili , tuttavia non si comportò di conseguenza. L'esame della sua corrispondenza con il Comando Supremo lo mostra troppo incline a sollecitare, attendere e ricevere gli ordini superiori prima di muoversi in un senso o nell'altro. È vero che le direttive di Mussolini concedevano poco spazio, comunque Graziani non oppose mai un no reciso, né lottò per imporre il proprio punto di vista. In tema, poi, di corazzati - il punto chiave della lotta - sono innegabili la presenza di una specifica timidezza nell'intera condotta delle operazioni ed una concezione d'impiego non all'altezza delle circostanze. Lo stato di fatto di un'armata a disagio sin dai primi contatti con autoblindo o piccoli reparti meccanizzati venne subito riconosciuto da Balbo ed ammesso da Graziani. Si cercò un rimedio purchessia da contrapporre al nemico. Poiché sui caITi leggeri era impossibile contare sotto ogni aspetto, in attesa dei carri medi si fece ricorso alle «colonne mobili », quasi integralmente composte da pezzi di piccolo calibro e da mitragliatrici autocarrati; ma proprio la loro costituzione non consentiva, in caso di scontro diretto , che l'arresto frontale: la minima manovra di aggiramento da parte nemica le metteva in difficoltà. L'impiego di complessi tattici pluriarma motorizzati toccò la massima espressione durante la ritirata. Alla vigilia della battaglia di Beda Fomm esistevano ben otto raggruppamenti (due di fanteria-artiglieria, uno di mitraglieri-artiglieriacarri, uno di mitraglieri-artiglieria, quattro di artiglieria). È probabile che la genesi del provvedimento sia da rinvenire nelle caratteristiche di qualche caso tattico pa11icolare da risolvere, ma il risultato pratico fu negativo: da un lato la rottura dei vincoli organici cli troppi reparti, dall'altro la scarsa efficienza di complessi privi di amalgama. Alla battaglia di


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Beda Fomm si presentarono in successione di tempi reparti di formazjone messi insieme affrettatamente , privi di coesione, senza solidi vincoli disciplinari, con capi improvvisati la cui azione fu ostacolata anche da carenze negli organi di comando e delle trasmissioni. Sotto il profilo tattko , la campagna 1940-41 può essere divisa in due fasi: l'avanzata su Sidi el-B arrani e la controffens iva britannica. Dell'avanzata si conoscono origini e motivazioni , esitazioni e discussioni. Graziani avrebbe prefe rito arrestarsi al ciglione dell'Halfaya ed avrebbe fatto bene. Senza convinzione eseguì l'ordine di andare avanti e lascid che venisse attuato male. Lo schieramento difensivo assunto a Sidi el-Barrani risentì pesantemente cli giudizi prematuri ed ottimistici non suffragati da una precisa analisi dell'attività avversaria, di un' erronea valutazione delle forze e delle intenzioni del gen. O 'Connor, di un insufficiente apprezzamento delle possibilità dei mezzi corazzati nel deserto , di una deficiente esplorazione aerea e terrestre, di una inadeguato servizio informazioni che in qualche caso trasse dagli elementi forniti dall'esplorazione deduzioni del tutto in contrasto con la reale situazione. Cosicché l'uscita in tempo di O'Connor travolse il gruppo di divisioni libiche ed il XXI corpo d'armata. Fu, questo, il primo errore; tuttavia, a ben guardare, il vero sbaglio concettuale fu quello di non aver rimaneggiato l'ordinamento della 10a armata e ricavato un corpo d 'armata quanto più manovriero poss.ibile per giocare la partita con quello, rinunciando alle unità appiedate, utilizzabili soltanto come presidio cli basi, e, nel contempo, cli non aver studiato una tattica difensiva contro l'attacco corazzato , facendo leva essenzialmente sull'artiglieria e sui campi minati. Né vale obiettare che il risultato non sarebbe mutato di fronte ai Matilda, visto .che eia parte italiana se ne ignorava persino l'esistenza. La scorreria dell'operazione Compass si tradusse immediatamente in un felice e indovinato sfruttamento del successo da parte inglese . Fu il preciso momento in cui Graziani si sentì preso alla gola: l'appoggio navale inesistente; quello aereo in netto calo di intensità, il nemico incalzante (secondo il S.LM.) con almeno due divisioni corazzate, un corpo d 'armata australiano-neozelandese ed una folta seconda schiera di divisioni motorizzate. È possibile che questa convinzione cli superiorità quantitativa e qualitativa dell'avversario abbia esercitato una grave pressione emotiva e psicologica sui capi italiani, creando il senso dell ' inutilità degli sforzi. Certo si è che la prima scelta circa le misure da adottare per impedire il dilagare nemico in profondità dopo Sicli el-Banani fu pre-


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sa sotto l' impressione - esagerata - dell'inarrestabilità cli un torrente corazzato. Non riuscendo ad imbastire una barriera sul ciglione dell'Halfaya, si trattava di decidere se far massa su Barclia, su Tobruk o su entrambe. Sappiamo che Mussolini ordinò di tenere ambedue le «piazze», come eufemisticamente venivano chiamate, e che Graziani condivise l'idea. Fu certamente un errore. Bardia come porto non aveva significato alcuno né per la 10a armata né per il XIII corpo britannico. Inoltre era isolata e bombardata dal mare e dal cielo, senza prospettive di una controffensiva liberatrice, e quindi condannata in partenza. Le vere basi valide erano Sollum e Tobruk. Persa la prima, tanto valeva concentrarsi sulla seconda. Veniamo al penultimo atto: la resistenza sulla linea Dema-Mechili ed il ripiegamento verso Bengasi. L'impostazione data da Graziani al problema operativo, allorché la Cirenaica risultò aperta alle mire britanniche, non persuade. Ammesso che O'Connor procedesse verso Bengasi lungo le direttrici costiera ed interna, a ridosso deU'altopiano di Barce, si trattava cli individuare un allineamento di posizioni idoneo ad arrestarlo e di intuire dove avrebbe gravitato lo sforzo principale. Secondo Mussolini e Graziani il cosiddetto ciglione di Derna si prestava alla bisogna e il noto cli Mechili si trovava con esso in rappo1ti tali da completare la ricercata linea difensiva. In realtà Derna-Berta e Mechili non erano affatto collegabili in sistema; comunque, una volta accettata questa Jettma del terreno - giusta o sbagliata che fosse - ne derivava un'unica rigida soluzione: sul gebel difesa in posto , nel deserto battaglia di carri, beninteso da affrontare in condizioni è.ii vantaggio. Non esistevano alternative, eccezion fatta per l'abbandono della Cirenaica, ben difficilmente proponibile per Graziani. In sostanza , dal 23 dicembre, allorché venne accolta l'idea della battaglia d'arresto sull'allineamento Derna-Berta-Mechili, nell'ipotesi deIJa perdita di Bardia e cli Tobruk, od anche, più semplicemente, dal 9 gennaio, data di diramazione delle direttive, al 29 gennaio, quando fu deciso l'abbandono delle posizioni citate, nulla accadde che non fosse già previsto o temuto. E tuttavia solo in extremis si riconobbe che aggrapparsi al gebel con il fianco meridionale scoperto non aveva significato nella guerra dei corazzati. Questo errore costò la perdita del XX corpo o, quanto meno, vi contribuì fortemente. L'ultima tappa della via crucis dell'armata fu Beda Fomm. Per la sorpresa tattica e tecnica subita a Sidi el-Barrani, per il cedimento morale a Bardia ed a Tobruk, per la stessa incertezza operativa sul ciglione di Derna possono concedersi alcune attenuanti. Per la ritirata da Bengasi è difficile rinvenirne. Dispiace ammetterlo ma i pochi documenti, i fatti e le te-


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stimonianze a vario livello, i commenti del nemico, sembrano dimostrare concordemente che detta ritirata ebbe luogo in un quadro di grave disorganizzazione . In guerra succede, ma nel caso specifico gli errori cli impostazione pregiudicarono l'intera azione prima ancora che cominciasse, anche perché le premesse esistevano ed in abbondanza: morale sempre più basso, frammischiamento cli reparti, deflusso disordinato dal gebel, disorientamento circa le mosse del nemico, sovrapposizione dei Comandi, carenze della ricognizione, nelle trasmissioni e nell'azione di comando. Furono troppo sottovalutate le possibilità che il deserto offriva al nemìco cli dirigersi da Mechili su Agedabia per tagliare la 1itirata alla 10" at'mata. Non che fosse ignorata tale eventualità, però si ritenne sufficiente presidiare le posizioni di el-Abiar-Regima e di Agedabia. L'unportanza cli garantire Antelat fu intravista, ma senza collocarla nel necessario quadro di urgenza e di sicurezza organica. Il problema che si poneva al Comando cl'am1ata si traduceva in un dilemma: se risparmiare, per utilizzarle in tempi migliori , le truppe corazzate ed abbandonare alla propria sorte le fanterie appiedate, oppure se tentare il salvataggio di entrambe. Quello stesso dilemma si porrà ancora, più avanti, nel deserto ad ambo le paiti. In quella circostanza fu risolto nel peggiore dei modi, cercando una impraticabile via di mezzo. Si cercò, cioè, di trarre in salvo parte delle fanterie senza sacrificare le rimanenti su una posizione difesa ad oltranza; si cercò cli recuperare quanto era su ruote e su cingoli senza una rigorosa pianificazione della ritirata.

In Tripolitania il contraccolpo fu violentissimo: << Misurata fino a ieri è stata invasa da truppe provenienti dalla Cirenaica, truppe che hanno dato uno spettacolo pietoso non solo alla popolazione nazionale,. ma anche alla popolazione indigen:i . Truppe disordinate, quas i sempre disarmate, malvestite, affamate, senza meta, sballottate da un Conrnndo all'altro, senza assistenza; rilevata in particolar modo l'assenza degli ufficiali. Solo pochi reparti sono transitati con un certo ordine. Lo spettacolo, poi , degli ufficiali isolati e senza comando di repa1t o è stato ancor più sconfortante ( ...)» 98 .

Anche gli uomini della divisione Ariete, appena sbarcati, videro il rifluire disordinato della truppa battuta in Cirenaica ma non ne furono scalfiti. Tecnicamente non erano in condizioni migliori dei loro sfortunati predecessori. L'8° bersaglieri solo alla partenza da Napoli aveva ri98

Rapporto della Questura di Misurata n. 52/9 in data 9.2.1941.


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cevuto le mitragliatrici Breda 37 in sostituzione delle Fiat 35; il 132° carristi era ancora dotato dei piccoli carri leggeri, «les plus insignifiants d' Europe» per dirla con il Fuller; il 132° artiglieria disponeva di due soli gruppi da 75/27 con appena sei chi lometri di gittata, eppure il loro morale - altissimo - non fece piega. Ben inquadrati, ben addestrati e preparati, rimasero decisi a non sfigurare né di fronte al nemico, né dj fronte ai commrntoni tedeschi dell'Afrikakorps di imminente arrivo . *

*

*

La conclusione della battaglia di Beda Fomm aprì la fase finale della campagna 1940-41. In campo britannico occorreva stabilire se proseguire o no l'offensiva; per gli italiani si doveva pensare a come mantenere la Tripolitania. I due problemi erano legati a filo doppio con altre questioni fondamentali: l'aiuto da fornire alla Grecia per gli inglesi e l'afflusso di rinforzi corazzati per gli italiani . L'll febbraio si riunì a Londra il Comitato d i Difesa per definire la politica militare da seguire nel bacino del Mediterraneo orientale. A favore della conquista della Tripolitania - che si prospettava non diffic.ile - militavano ragioni evidenti: cancellazione della presenza militare italiana nel Nordafrica, acquisizione di un'ottima base aerea a Tripol i per colpire la Sicilia, congiunzione con le forze francesi. Giocavano a sfavore altri aspetti: il presidio del ten-itorio ulteriormente conquistato avrebbe richiesto altre forze e mezzi e la linea cli comunicazioni marittima si sarebbe allungata sensibilmente a scapito della sicurezza. Questi due elementi negativi influivano sul discusso intervento in Balcania. Nel frattempo, dopo una faticosa trattativa sulla modalità degli aiuti ai greci la cui conclusione fu dovuta al1'entrata dei tedeschi in Bulgaria, l'accordo con il governo ellenico congelò per il momento le operazioni in Libia e Wavell si accinse a concentrare ogni attenzione sul teatro d'operazioni balcanico. D'altronde dalla posizione cli el-Agheila, porta d'entrnta in Cirenaica, si poteva agevolmente controllare qualsiasi azione di disturbo, senza contare che da Tripoli ad elAgheila co1Tevano 760 chilometri, per buona parte di deserto. Il 6 febbraio il S .I.M. presentò a Badoglio un appunto sulla situazione. Secondo notizie raccolte al Cairo , il gen. Wavell era intenzionato a proseguire l'offensiva fino a Tripoli . La valutazione delle disponibilità britanniche derivava da quella compiuta a metà gennaio ed era ampiamente esagerata: tre divisioni corazzate, sette di fanteria ed una brigata


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OPERAZION I IN AFRICA Sl':11'!:NTRIONALE

francese in Cirenaica; da nove a undici divisioni di fanteria del Commonwealth in Egitto99 . Ciò posto, lo sforzo offensivo poteva essere esercitato con un complesso cli due divisioni corazzate, una motorizzata e due-tre di fanteria più o meno largamente motorizzate. In ogni caso le forze italiane erano davvero scarse: i resti dell a 10a armata e la 5" armata. I primi ammontavano a 20-25 mila uomin i, se tutti recuperati ; la seconda già ai primi di settembre de l 1940 era depauperata e nej cinque ultimi mesi era diventata l 'ombra di se stessa 100 . 11 12 febbraio essa comprendeva la guardia alla fronti era e la copertura al confine tunisino; il X corpo e la piazza di Tripoli (in tutto tre scarne divisioni cli fanteria); la divisione corazzata Ariete, appena sbarcata. Complessivamente si trattava di 80 mila uomini, 160 pezzi da campagna e 209 carri leggeri. Benché informato della situazione in questi termini negativi, il 6 febbraio Mussolini volle ugualmente spingere Graziani ad una maggiore aggressività. La battaglia per la difesa dell a Tripolitania doveva essere preparata su posizioni quanto più ad oriente possibile, sia per proteggere più efficacemente le basi aeree, sia per costringere il nemico a combattere con il deserto alle spalle. In pa1ticolare: «Le unità motomeccanizzate italiane e tedesche dovranno essere impiegate sin che possibile per intere divisioni e sempre offensivamente - in primo tempo neI1e difese ritardatrici della Sirte, profittando di ogni occasione favorevole per passare all'offensiva a fondo in modo da infliggere agli inglesi quante più perdite possibil i; in secondo luogo quale riserva di manovra della posizio ne da Voi scelta, per agire sul fianco e sul tergo del nemico» 101 •

Era appena partita la lettera con queste direttive, che da Tripoli arrivò al Comando Supremo un telegramma disastroso: «Rapporto sugli ultimi avvenimenti al fronte orientale(...). Con questo ultimo atto at due mes i da Sidi el-Barrani, durante i quali con l' esercito quasi distrutto et con ventimila uomini circa si est resistito alla pressione nenùca imbastendo un dispositivo su l gebe/ con la speranza di poterlo in tempo

99 In realtà l'avversario aveva in Cirenaica-Egitto appena due divisioni corazzate, due di fanteria ed una brigata polacca. IOO L'annata aveva ceduto quatlTO divisioni e unità minori per complessivi 55 mila uomini, 140 carri armati, 6 15 pezzi e 2.600 automezzi. 101 USSME, Diario worico del Comando Supremo, cit., ID, tomo Il, doc. 52.


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saldamente consolidare con gli afflussi dalla Madrepatria, perché per se stesso debole et campato in aria, la Cirenaica est sommersa( ...) . Si prospetta imminente il problema della Tripolitania sul quale riferisco con rapporto a mano che invierò. G.raziani» 102 .

A Tripoli, più che parole occorrevano fatti e lo sbarco di appena tre battaglioni dell'Ariete con i miserevoli carri leggeri aveva stretto il cuore. Graziani, dunque, rispose alle direttive di Mussolini ponendo in evidenza che esse si riferivano ad una situazione futura e che intanto egli doveva anangiarsì con quanto rimastogli. Perciò aveva ordinato la costituzione di un settore «Silte» con le truppe recuperate dalla Cireinaica. Alla divisione Ariete, unica grande unità di manovra disponibile e per giunta di scarso peso bellico, aveva dato il compito di agire sul fianco e sul tergo dell'avversario. Le divisioni del campo trincerato di Tri.poli potevano rimanervi: erano mal ridotte e così prive di mezzi di trasporto che sarebbero state costrette , ove si fosse inteso impiegarle più ad oriente, a lunghi spostamenti a piedi. Nuove possibilità operative dipendevano dallo sbarco di truppe corazzate tedesche. A Roma queste disposizioni piacquero poco. Eccessivamente pessimista sembrava l'accenno alle difficoltà di autotrasporto della fanteria. Comunque, compito immediato della 5a armata rimaneva quello di consentire lo sbarco dei rinforzi. Ne derivavano da un lato l'utilità di ricercare il guadagno di tempo anche nella Sirtica, a costo cli sacrificare qualche unità, e dall'altro l'inutilità di ridursi al campo trincerato di Tripoli. L'll febbraio Mussolini replicò a Graziani, tagliando corto: «Confermo mie direttive in data 6 corrente( ...). Divisioni 5a armata inutile rimangano attorno a Tripoli . Insisto necessità schieramento grosso forze disponibili più avanti possibile, almeno oltre Misurata» 103 . Lo stesso giorno il gen. Guzzoni comunicò che 1'Aeronautica della Libia avrebbe ripreso piena efficienza entro una diecina di giorni con circa 350 aerei italiani e tedeschi. L'argomento aviazione era un tasto dolente, affiorato nel corso degli eventi bellici con l'aspro di.sappunto, per così dire, dei Comandi terrestri nei confronti cieli' Aeronautica, accusata di aver lasciato le truppe alla mercé della Royal Air Force. Che ciò si fosse realmente verificato è incontrovertibile. Bisogna peraltro convenire sulle pressoché drammatiche 102

103

Diario storico del Comando Superiore A .S. data 7.2.1941. Ibidem, data 11.2.1941.


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condizioni in cui era venuta a trovarsi la 5" squadra aerea. Dopo la caduta di Bardia, infatti , era stata costretta a sgomberare in fretta e furia quanto aveva base in Marmarìca. La decisione successiva di abbandonare la linea Derna-Mechili aveva imposto una nuova rapida evacuazione. Di conseguenza ìl gen. Aimone-Cat, che proprio il 5 febbraio aveva sostituito il gen. Porro nel comando della 5" squadra, si preoccupò di salvare la maggior parte dell' organizzazione aeronautica trasportando in Tripol itania i materiali più preziosi, quelli che potevano e dovevano consentire la prosecuzione della lotta, lasciando in zona un Comando tattico con un gruppo da bombardamento e due di caccia. Puttroppo anche in Tripolitania la situazione degli aeroporti era tutt'altro che semplice. La necessità di sgombero dell'ingente materiale ed anche del personale non più utilizzabile per ragioni varie, nonché la difficoltà di apprestare celermente le vecchie e le nuove basi , costituivano problemi di non facile soluzione per tre distinte cause: concentramento su poche basi, già ingolfate o poco idonee, di. tutto il materiale ed il personale proveniente dalle successive rìtìrate; sbarco di unità tedesche, che benché preannunciato aggravava lo stato degli aeropo1ti; mancanza di benzina avio. Per tutti questi motivi, il ripiegamento del XX corpo da Bengasi non aveva ricevuto il desiderato appoggio aereo. Alla richiesta di Graziani che l'aviazione proteggesse il deflusso in Sirte, il gen. Aimone-Cat fu costretto a rispondere: «Aerei da ricognizione segnaleranno presenza nemica. Tuttavia data provenienza da mare non sarà possibile garantire l'incolumità colonne in movimento». Si era alle battute finali della campagna. In Cirenaica ormai praticamente non esistevano più forze italiane. Solo un piccolo presidio, poco più di un battaglione, resisteva in armi a Giarabub. Graziani era scosso ed amareggiato. L'8 febbraio aveva chiesto, tramite Guzzoni, l'esonero dal comando104 . Mussolini rispose subito: «In relazione alle circostanze personali che mi comunicate, accolgo Vostra domanda. Comando Superiore sarà assunto dal gen. Gariboldi» 105 . Due giorni dopo Graziani presentò le dinùssioni anche dalla carica dì capo di Stato Maggiore dell'Esercito, poi lasciò Tripoli ìn volo per rientrare in Italia. Il 16 ed il 17 ebbe due colloqui con Mussolini. L'incarico di capo di Stato Maggiore dell'Esercito fu ufficialmente assegnato al gen. Roatta solo il 24 marzo. w4 Diario storico del Comando Superiore A.S., data 8.2.1941. ios USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., llJ, tomo I , p. 289.



Capitolo VI

LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE

I. L A SITUAZIONE INIZIALE

•La collocazione geografica del!' Africa orientale era tale da far considerare, ancor prima dell'entrata in guerra, l'Impero come isolato e senza possibilità di rifornimenti dall 'Italia, essendo sulle fro ntiere terrestri circondato da forze nemiche coloniali e su quelle marittime bloccato dalla potenza navale britannica. Non per niente il 21 aprile 1940, ne l comunicare al gen. Trezzani la sua nomina a capo di Stato Maggiore delle Forze Armate in A.O.I., con rango di Vice Governatore Generale, Mussolini gli ricordò che «a guerra iniziata, la Madre Patria non potrà più aiutare l'Impero» 1. Ciò nonostante il problema strategico era stato esaminato con un moderato ottim ismo , alimentato dalla fidu cia in una rapida conclusione del conflitto che avrebbe consentito alle forze in loco di «durare» senza eccessive difficoltà, anche a fronte di una situazione militare tutt'altro che soddisfacente e di difficoltà regionali certo non trascurabili sul piano dell'ordine interno . La preparazione bellica dell 'impero, avviata solo nel 1939 ed incentrata sui tentativi cli defini re un accettabile livello cli autosufficienza e di mettere a punto un organigramma di comando che definisse bene attribuzioni e responsabilità in caso di guerra, ebbe termine in pratica solo nell'imminenza dell'apertura delle ostilità. L'onere dell'approntamento delle forze fu riservato ai capi di Stato Maggiore di Forza Armata in collaborazione con il ministro cieli ' Africa Itali ana, sulla base di direttive emanate dal capo di S.M. Generale a seguito di ordini del Duce; ma, stranamente, mentre le competenze in tema di Marina e di Aeronautica rimasero quasi interamente nelle mani dei rispettivi capi di Stato Mag-

1 ALBERTO Rov1GH1,

Le operazioni i11 Africa Orientale, USSME, Roma 1988, II, cloc . .11. Per gli eventi militari nell ' [mpero si rimanda , in patticolare, a tale opera.


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POLITlCA E STRATEGIA 11' CENTO ANNI Dl GUERRE ITALI ANE

gìore , per l'Esercito le attività di approntamento vennero curate in gran parte dal ministero dell'Africa Italiana e lo studio e la condotta delle operazioni fecero, invece, sempre capo allo Stato Maggiore Generale. Anche l'assetto dell'Impero subì una modifica in vista dell'emergenza. Su proposta del Vicerè, a fine maggio 1940 fu approvata una nuova organizzazione di governo civile e militare. Più precisamente furono istituiti uno scacchiere Nord (gen. Frusci) fronteggiante il Sudan settentrionale e comprendente i territori dei governi dell'Eritrea (meno la Dancalia) e dell'Amhara; uno scacchiere Sud (gen. Gazzera) fronteggiante il Sudan meridionale ed il Kenia settentrionale e comprendente il territorio del governo del Galla-Sidamo e patte della Somalia; uno scacchiere Est (gen. Nasi) fronteggiante la Costa dei Somali francese ed il Somaliland e comprendente i territori dei governi di Harar, dello Scioa e di parte della Somalia; un settore Giuba (gen. Pesenti) fronteggiante il Kenia2 . Per quanto concerne l'autosufficienza, la previsione di spesa complessiva di circa 5 miliardi, presentata nel 1939 dal Vicerè era stata respinta a causa delle difficoltà finanziarie. Anzi, nell'occasione venne stabilito di limitare l'autonomia a quello che era possibile realizzare con i fondi già stanziati in bilancio, senza alcuna assegnazione straordinaria. Il Vicerè, peraltro, tornò alla carica nel settembre dello stesso anno con un progetto di spesa pari ad un miliardo e mezzo per un'autonomia di un anno. A fine novembre il ministero delle Finanze accordò solo 900 milioni, che però furono assegnati il 18 aprile 1940, troppo tardi per poter essere utilizzati nell'apprestamento delle difese e nel funzionamento degli organi militari e civili in Africa orientale. Le truppe dell'Impero comprendevano due div.i sioni nazionali (Granatieri di Savoia e Africa); 29 brigate coloniali, di cui 9 costituite a fine dicembre 1939 e 6 mobilitate successivamente; una compagnia carri M 11 ed una di carri L, ciascuna su 24 carri; tre gruppi d ' artiglieria da 105/28 ed uno da 75/46; gruppi bande e bande indigeni regolari o irregolari; unità minori, organi dei servizi. Le unità muovevano e combattevano a piedi. Le artiglierie, quasi tutte di piccolo calibro, erano someggiate. Il ricorso al trasporto automobilistico si limitava alle poche Joc,ùità servite da rotabili , le cui cattive condizioni purtroppo logoravano ra-

2

1 Comandi di scacchiere, come si vede, si sovrapponevano a Governi di regione e Comandi Truppe che sino allora avevano operato con larga autonomja, talché l'improvviso cambiamento stabilito alle soglie del conflitto, provocherà non pochi inconvenienti.


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LE OPERAZIONI I N AFRICA ORIENTAL=E~ - - - --

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SCHIERAMENTO DELLE FORZE CONTRAPPOSTE IN A.O.I. ALL'INIZIO DELLE OSTILITÀ (11 giugno 1940)

-

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NOSTRE FORZE: (1)

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per()perazioniallt' .ti"M.f/t're . . ..... v ... 206.000 pt'rQrt/ineinlernQ//. .. ~

compiessivamenfe u.. ~ FORZE AVVERSARIE:

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' · - · Inglesi: 11i uc1vs11 . vom1. 70000 ...,,ie,~ dis/o,:a.fl adtldM v.. ... .

~;,~ francesi. .................... ...v .. .,. ~ complessivamente u. ... - ~ (1) Nonaono considerate le forze di polizia.


.:::.. 3 ,_,, [()'------- _ __ _ _ _ _ _ POLITICA ESTRMl:'GIA IN CENTO ANNI DI GUER!Ui ITALI ANE

pidamente i mezzi. Il problema logistico era aggravato dalla carenza di tre elementi critici: automezzi, gomme e carburanti. L'autonomia complessiva per la vita ed il combattimento era, in definitiva, valutata a seisette mesi. Alla data ciel 1O giugno 1940 la forza presente dell'esercito ammontava a circa 6 mila ufficiali, 69 mila sottufficiali e truppa nazionali, 182 mila indigeni. In totale 257 mila uomini. Una forza all'apparenza notevole, ma infirmata in partenza da un livello di efficienza che purtroppo lasciava a desiderare. I reparti nazionali erano formati da <<Volontari» di età in genere superiore ai 30 anni; i comandanti di plotone e di compagnia, quasi tutti richiamati a domanda, risentivano di una preparazione professionale limitata. I reparti indigeni sul piano della qualità potevano distinguersi in due blocchi: i vecchi battaglioni davano pieno affidamento sotto ogni aspetto (a parte le deficienze a fattor comune in tema di org,mici, armamento e munizionamento); i battaglioni di costituzione successiva e specialmente quelli mobilitati nel 1940 presentavano gli inconvenienti dell'affrettato approntamento e, soprattutto, di un inquadramento di ufficiali la cui esperienza di truppe del genere era sovente nulla, con tutti gli inconvenienti che eia ciò derivavano. Generale, poi, era l'assenza cli un qualsiasi orientamento ad una guerra motorizzata o, men che meno, meccanizzata. La R. Aeronautica contava 9 gruppi e 4 squadriglie autonome da bombardamento e 4 squadriglie di caccia, con 183 velivol i in linea, 61 in rise1'va e 81 alle grandi riparazioni. Tutti gli apparecchi erano ormai obsoleti e marcatamente carenti in velocità ed autonomia. La disponibilità cli naviglio della R. Marina era stata ridotta al minimo , nella convinzione che, in caso di guerra, tutto il potenziale a sud del canale di Suez sarebbe stato immediatamente perduto. A prima vista, allo scopo delle ostilità la situazione franco-britannica non era tale da suscitare eccessive preoccupazioni. TI complesso cli truppe che risultava dislocato neJla Costa dei Somali francese e nel Somaliland non costituiva seria minaccia, tuttavia era in grado di sostenere una vigorosa battaglia difensiva sia in virtù degli apprestamenti realizzati a Gibuti, sia per l'apporto delle forze aeree e navali britanniche di base ad Aden. Come è evidente, la conservazione di Gibuti rivestiva un valore altissimo stante la possibilità di garantire l'affluenza di rinforzi provenienti d~ùle altre parti dell'Impero britannico e cli consentire un 'azione sulla pericolosa direttrice Gibuti-Dire Daua.


LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTAI.là

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Anche ad occidente le forze inglesi si trovavano in condizione d i assoluta inferiorità numerica rispetto a quelle italiane , però fruivano di alcuni importantissimi fattori positivi: stabilità della sicurezza interna della colonia; un ità nazionali e ind igene costituite da personale permanente e ben addestrato, bene armato e bene equipaggiato; larga possibilità di creare reparti indigeni locali. In breve: unità forti, mobili e atte ad operare con larga autonomia nel più difficile ambiente coloniale. Le direttive emanate dal gen. Wavell, sotto la cui autorità erano state poste anche le truppe del Somaliland e dell'Africa dal Sudan al Tanganica, prescrivevano un atteggiamento iniz iale difensivo, con lo specifico 'compito di mantenere aperta la rotta del Mar Rosso e di assicurare la difesa del Sudan. L'alimentazione ed il sostegno della rivolta in Etiopia erano rinviate a tempo debito . Quindi, una difesa mobile alle frontiere da opporre ad eventuali offensive italiane ed una difesa ad oltranza degli obiettivi di primaria importanza , quali Khartum e Porto Sudan nel Sudan , Mombasa e Nairobi nel Kenia e Berbera nel Somaliland . Il coordinamento delle operazioni risaliva unitariamente al gen. Wavell , al Cairo , ma la responsabilità dell 'azione sui singoli fronti era interamente lasciata ai rispettivi comandanti locali: il gen. Platt nel Sudan, il gen. Dickinson nel Kenia, il gen. Godwin-Austen nel Somaliland . Dalla parte italiana, la pianificazione (P.R. 12) si basava su due di stinte direttive. La prima concerneva la difesa dell' Africa Orientale Italiana, con priorità assoluta alla «tutela della sicurezza dell'interno e dei confini» . I criteri di massima circa la condotta della guerra a tal fi ne prevedevano una copertura ai confini , utilizzando anche carabinieri, guardia di finanza e polizia; il presidio del territorio di ogni governo con il minimo delle forze statiche e con grande ricorso a colonne mobili; una massa cli manovra alla mano di ogn i governo. A sua volta il Governo Generale doveva costituire una propria massa di manovra da impiegare per linee interne, tutta o in parte, nel territorio minacciato in aggiunta a quelle local i. Qualora le cond izioni dell'Impero lo avessero consentito , si sarebbe potuto valutare se e come compiere azion i offens ive oltre confine con le forze mobili utilizzabili. La seconda d irettiva si riferiva, appunto , ad operazioni offensive, considerandole però <<eventuali e subordinate alla situazione del momento ed alle forze che potevano rendersi disponibili», e da attuare soltanto a seguito di esplicito ordine del capo di S .M . Generale. Le operazioni in questione riguardavano gli obiettivi d i Gibuti e Berbera e la linea Porto


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Sudan-Atbara. L'occupazione di Gibuti (Piano G.l.) - considerata la porta principale per l'invasione e per l'avanzata nel cuore dell'Impero - era vista come di assoluto rilievo, tanto da prescrivere la sua realizzazione «il più celermente, con una decisa azione di forza intesa a travolgere la difesa avversaria prima dell'arrivo di rinforzi» . La penetrazione nel Sudan per raggiungere la linea Porto Sudan-Atbara si proponeva di «rompere in due il te1Titorio anglo-egiziano», ma, tenuto conto delle forze occorrenti e delle difficoltà logistiche da superare, era da tenere in sospeso sino a quando, nel corso della guerra, le circostanze non lo avessero consentito. L' attenzione del Vicerè si concentrò sul Piano G.I .. Sin dall' agosto 1939 egli tenne a chiarire che per agire con prontezza si rendeva indispensabile la tempestiva concentrazione di truppe e mezzi e che la sola radunata delle unità previste per l'operazione avrebbe richiesto un mese cli tempo e circa 2 mila tonnellate di carburante. Su questo freno di partenza influirono sempre di più gli orientamenti difensivi di Roma, tanto che nelle ultime settimane della «non be1ligeranza» Badoglio non cessò di ribadire tale concetto al Governo Generale. Il 28 maggio 1940, nel1'approvare la nuova organizzazione delle Forze Armate dell'Impero, ricordò che lo scopo da raggiungere era «la conservazione integrale del territorio e , in casi specjalissimi, svolgimento di azioni offensive e controffensive». Il 30 maggio, nel comunicare la possibile apertura delle ostilità in qualsiasi momento dopo il 5 giugno, prescriveva che «fino a nuove disposizioni compito Forze Armate ai vostri ordini era strettamente difensivo». Il 4 giugno, nel rispondere al Vicerè, il quale rammentava come il Piano G.I. dovesse essere eseguito con immediatezza, confermò di attenersi all'ordine del 30 maggio3 . Tuttavia, poiché gli sviluppi della guerra in Occidente facevano prevedere una rapida conclusione della guerra contro la Francia, l'operazione offensiva su Gibuti perse presto importanza. In questo momento di incertezza, il 6 giugno Badoglio chiese ad Addis Abeba un quadro riepilogativo della situazione politica interna. La risposta, in data 8 giugno, fu molto chiara: «( ...) situazione Eritrea, Harar, Galla e Sidamo, Somalia buona. In Amhara oscura per aggressioni notevoli anche recenti , contrastanti con numerose piccole sottomissioni forse per sfiducia forza oltre confine più probabilmente per ingannarci. Scioa incerto per capi decisamente ostili e formazioni che sbandate si ricostituì-

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A.

ROVIGHI,

Le operazioni in. Africa Orientale, cit., II, doc. 40, 41, 42 e 43.


LE OPE(b~IONI IN AFRICA OR IEN'l;\LE

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scono. Nostre operazioni offensive fortunate assicurerebbero ordine interno. Se sfmtunate potrebbero fare divampare incendio( ...)» .

Badoglio finì per escludere l'operazione Sudan e dispose invece che venisse studiata un'azione su Cassala, che avrebbe migliorato le difese dell'Eritrea. Poi concluse: <<( ...) Azioni Impero subordinate gran parte situazione interna ( ...). Concetto generale: garantire possesso Impero, operando essere sicuri successo, successo sia reale et non effimero. Su tali basi direttive sono queste: 1° contegno strettamente difensivo; 2° tenersi pronti at reagire subito et violentemente; 3° studiare varie pos\ ibilità offensive da attuare dietro mio ordine. Tenermi corrente situazione» 4 •

Il Vicerè chiese allora - mattino del 1O giugno - se poteva attaccare gli inglesi per cielo e per mare e Badoglio rispose: «Non effettuare alcuna azione offensiva, ma assicurare possesso territorio»5 . Per parte nostra, le operazioni in Africa orientale si conclusero a fine novembre 1941 e si svolsero in modo praticamente autonomo , senza ripercussioni di alcun genere sulla guerra in corso nel Nordafrica. Una prima fase (giugno 1940-marzo 1941) - che possiamo comprendere, solo per una certa contemporaneità di eventi, nella «guerra parallela» - vide la conquista britannica dell'Eritrea e della Somalia. La seconda fase (aprile-novembre 1941) registrò la caduta dell'Amba Alagi, la resistenza nei «ridotti» di seacchiere e la progressiva occupazione britannica dell'Etiopia.

2. L'INIZIATIVA ITALIANA Sin dall'apertura delle ostilità presero il via incursioni aeree britanniche sui principali aeroporti dell'Impero. L' aviazione italiana replicò con attacchi su Aden, Berbera e Porto Sudan, e con sporadiche azioni di piccole unità attuate ai confini occident,ùi. Nei confronti della Costa dei Somali francese, che l'armistizio prevedeva smilitarizzata con il diritto dell 'ltalia di fruire della ferrovia e del po1to di Gibuti, si andava profilando una certa perplessità dovuta all'impossibilità per l'Italia cli avva-

4

5

Ibidem, II, doc. 46, 47 e 48. Ibidem, II, doc. 50 e 51.


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J>OLLTICA E STRATEOJ,\ IN CENTO ANNI DI GUER RE ITALIANE

lersi degli impianti portuali a causa del blocco navale inglese e d'altra parte alla «smilitarizzazione stessa, che agevolava i prevedibili, e temuti, atti offensivi avversari. Questo stato di cose si protrasse fino a luglio, quando, in coincidenza con l'arrivo della stagione delle piogge, la minaccia di colpi di mano si affievolì. Nel frattempo a Roma venne decisa l'occupazione di Cassala, ad una trentina di chilometri dal confine eritreo, allo scopo di chiudere il principale accesso all'Eritrea, cli impadronirsi cli un nodo stradale indispensabile per eventuali offensive ad ampio raggio ed jnfine di tenere alto il nostro prestigio fra le popolazioni locali. Fu realizzata il 4 luglio senza incontrare resistenza di rilievo, contemporaneamente all'occupazione del fortino britannico cli Gallabat, importante incrocio di strade verso il Goggiam. Rimaneva però la questione di Gibuti, da risolvere in qualche modo. Per garantirsi sulla direttrice Gibuti-Addis Abeba, il Governo Generale propose la conquista del Somaliland. Questa avrebbe consentito di impedire ogni possibilità di sbarco britannica e di evitare il pericolo di un'offensiva su Harar; di eliminare il contatto diretto tra francesi ed inglesi e consentire, in caso di necessità, un'azione su Gibuti anche da sud; di rimuovere più di mille chilometri di frontiera terrestre con il conseguente recupero di forze per altri compiti; di ottenere profonde favorevoli ripercussioni sulla situazione interna dell'Impero. L'ostacolo delle grandi piogge era poco avvertito in quell'area, perciò il Comando Supremo concordò sull'operazione. Le forze britanniche adesso , secondo i dati di cui si disponeva, ammontavano a circa 11 mila uomini ripartiti in cinque settori ed appoggiati ad opere cli fortificazione semipermanente. Da parte nostra, i preparativi, già predisposti eia lungo tempo, portarono alla costituzione di un corpo cli operazioni agli ordini del geo. Nasi, con 35 mila uomini di cui 30 mila indigeni, con il supporto di 27 aerei da bombardamento e 23 caccia. La conquista del Somaliland fu lunga, cruenta ed onerosa. Essa si svolse fra il 3 ed il 19 agosto in tre tempi. Il primo (3-6 agosto) di avvicinamento; il secondo (7-15 agosto) di rottura ciel sistema fortificato del1' Argan; il terzo (16-19 agosto) cli completamento del successo con l'occupazione di Berbera. A prescindere dal positivo risultato dell'operazione e dall'innegabile lusinghiera riuscita dello sforzo logistico, affiorarono alcune constatazioni che il gen. Trezzani mise in evidenza senza mezzi termini in una lettera personale a Badoglio. Due erano positive e riguardavano la spiccata abnegazione dei quadri ed il grande spirito ag-


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gressivo degli ascari (in buona parte ambara e scioani), a dire il vero a volte inconsulto . La nosta negativa concerneva la «grandissima incapacità tecnico-professionale dei quadri». «Finché si tratta di arrischiare la pelle - scrisse Trezzani - sono ammirevoli; quando invece occorre aprire gli occhi , ragionare, decidere a mente fredda , non ci siamo più. In materia d i esplorazione, sicurezza, presa di contatto, preparazione del fuoco, movimento coordinato ecc., sono pressoché analfabeti. Gente che di tutto ciò ha mai sentito parlare (ufficiali di complemento) oppure che tutto ciò ritiene supe1fctazione scolastica (ufficiali in s .p.c .) convinti che tutta la guerra consista nella guerriglia contro i briganti di casa ( ...)» 6.

Dal canto suo il gen. Nasi riconobbe che il nostro strumento militare era «strumento di guen-iglia più che di guen-a, non preparato quindi, neanche per temperamento, ad affrontare il problema tattico complesso che si trovò di fronte», comunque tenne a sottolineare «il collaudo della fedeltà delle nostre truppe indigene, specie amhara e scioane», di cui la propaganda franco-inglese profetizzava la diserzione7 . Durante l' intero mese di agosto fra il Comando Supremo ed il Governo Generale intercorse una conispondenza imperniata su un inte rrogativo: che fare ad ovest? Le necessità dell 'Impero consistevano essenzialmente in aerei, armi contraerei , gomme e carburanti e purtroppo le circostanze non offrivano alcuna speranza di porvi riparo. L' 11 settembre il Vicerè volle fare il punto per determinare la futura linea di condotta in rapporto alle possibilità concrete . Sui due fronti esterni, Kenia e Sudan, la situazione appariva caratterizzata da due fatti fondamentali ed apparentemente contrastanti, vale a dire il progressivo ma costante incremento delle forze (in Kenia circa 74 mila uomini, con 154 pezzi , 66 aerei e 6 mila autocarri; in Sudan circa 40 mi la uomini con non molti cannoni, ma parecchi carri ed autoblindo) ed un atteggiamento nettamente difensivo . Sul fronte interno non si riscontravano sostanziali novità, però la situazione nell'Amhara rimaneva incerta e delicata: I' Am-

6 Trezzani

a Badoglio in data 25.8.1940, ibidem, Il , doe. 65. Relazione gen. Nasi, ibidem, Il, doc. 68. Nelle sue memorie inedite il gen. Nasi scrisse: «Berbera fu una piccola Dunquerque! Operazio ne nella quale gli inglesi fu rono sempre maestri . r 10 mila uomini si imbarcarono sotto il tiro dei nostri cannon i e sotto la protezione di una divisione navale e aerea ancora intatla» (LUIGI GOGL!A, La guerra in Africa nel 1940 in Commissione Italiana di Storia Militare, L'Italia in guerra . li primo anno 1940, Roma 1991. 7


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hara «rappresenta il punctum dolens del fronte interno - scriveva il Vicerè -; il luogo di attacco della miccia che dovrebbe accendere la mina della rivoluzione al seguito della quale marcerebbero le forze inglesi d'oltre confine». Il tema aviazione era toccato con evidente senso di impotenza: il nemico era «libero di impunemente fare tutto quello che vuole», la popolazione indigena «sgomenta, invoca inutilmente protezione» e «a neu tralizzare l'effetto delle bombe vicine non basta l'eco delle vittorie lontane». In sostanza «il passare del tempo conferma sempre più le previsioni iniziali sulla complessiva linea di condotta inglese: attendere il progressivo esaurimento delle nostre risorse, affrettandolo con persistenti martellamenti aerei( ...). Debilitato così il nostro organismo , essi pensano di squassarlo con il propagarsi di una rivolta in grande stile ( ...)». La conclusione della lunga lettera non si traduceva in proposte, bensì nella richiesta di mezzi bellici, gomme e carburanti: <<Se la guerra si protrae e se questi mezzi non ci potranno arrivare, noi con tutti i ripieghi , con tutte le economie e con tutta la nostra volontà non potremo che prolungare la resistenza. E non sempre resistere significa vincere» 8 . Pur riconoscendo pienamente la difficilissima posizione dell'Impero , a Roma si mescolava la concezione della difesa delle fro ntiere con il desiderio di azioni offensive a raggio limitato, intese a migliorare le possibilità difensive nei confronti sia del Suda sia del Kenia. In siffatto atteggiamento di attesa - in cui le speranze si concentravano sugli aleatori rifornimenti stabiliti con il Giappone - passò il pericolo delle piogge.

3. L ' OFFENSIVA BRITANNICA Per il Comando in capo del Medio Oriente la presenza .italiana nel Corno d'Africa rappresentava un problema non di poco conto. Prima di tutto, non valutando esattamente il reale stato di efficienza operativa delle forze italiane, temeva un'offensiva nel Sudan con possibili ripercussioni nel teatro d'operazioni dell'Africa settentrionale; né era da trascurare la probabilità di un 'irruzione nel Kenia con dannosi risvolti nell' Africa orientale britannica. In secondo luogo , l'ingresso del Mar Rosso, linea di comunicazione marittima fondamentale per il Medio Oriente, ri-

8 Amedeo di Savoia a Badoglio in data 11.9.1940, in A. ROV!GHI, Le operazioni in Africa Orientale, cit., U, doc. 78.


LI! OPERAZION I IN AFRICA ORIENTJ\Ltl

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sultava bloccato e, per giunta, essendo diventato zona di guerra, le navi americane non potevano entrarvi. Insomma, l'Africa Orientale Italiana costituiva un ostacolo ed una minaccia ed assorbiva attenzione e forze necessarie altrove. Il costante afflusso di rinforzi di fanteria, artiglieria, carri ed aerei migliorò sostanzialmente la situazione br.itannica, talché all'inizio cli novembre si resero possibili le prime puntate offensive nel settore di Cassala (3-1 I novembre) ed a Gallabat (6-7 novembre) . In entrambi i casi si trattò di un successo difensivo ital iano, dovuto in grande misura all' intervento massiccio dell 'Aeronautica dell'Impero, intervento che sarà, a causé1 delle carenze di vario genere, anche I'u ltimo . Sul confine keniota, invece, l'iniziativa britannica si concentrò su El Wach , un nostro posto avanzato. La colonna avversaria , costituita da un paio cli brigate e da unità di autoblindo, travolse jJ presidio locale provocandogli ingenti perdite, poi ripiegò, ma l'episodio presentò aspetti che davano da pensare: elevata efficienza delle forze meccanizzate nemiche e ottimo appoggio fornito dalla Royal Air Force; serie deficienze nostre in tema di esplorazione, cli sicurezza e di collegamenti , nonché nell'azione di comando del comandante del settore. I primi di dicembre, in un rapporto tenu to al Cairo , il gen. Wavell impartì direttive circa l'atteggiamento da assumere in Africa orientale: maggiore aiuto alle for:t.e ribelli in Etiopia9 , mantenimento della pressione a Gallabat, riconquista di Cassala all'inizio del 1941 e attacco su Chisimaio al termine delle piogge invernali 10 • La scelta degli obiettivi di Cassala e di Chisimaio rispondeva all 'intento di togliere al Governo Generale dell' A.O.I. quelle possibili basi per eventuali future opera:t.ioni italiane. Questo programma di massima ricevette un 'acceJerazione dagli sviluppi inaspettatamente brillanti e rapidi dell'operazione Compass in Egitto. Dati i risultati , Wavell pensò di risoJvere al più presto il problema dell'Africa orientale: conferendo maggiore impulso alle operazioni nel Corno d'Africa, calcolò di riuscire ad occupare l'Eritrea entro l'apri9 A Khartum, dove il 7 luglio era Stato fatto arrivare il Negus l-lailé Selassié, sin dall 'agosto erano in via di organizzazione quattro battaglioni di fuorusciti etiopici e, in quel periodo era stata inviata nel Goggiam la Missione 101 per stimolare le rivolte locali in nome del Negus. IO I.S.0. PLAYFAJR, History of the Il World War. The Medi1erranea11 ami rhe Midd/e Easr, .H.M .S.O., London 1954, I, p. 393.


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P()LITICA E STRATEGIA 11' CENTOANKI 0 1 GUERRfi ITALIANE

le 1941. Di conseguenza, l' 1.1 dicembre ordinò la partenza dall'Egitto della 4a divisione indiana, così vivacemente comportatasi a Sollum. Il disegno operativo di Wavell contemplava genericamente una duplice offensiva a tenaglia, con il gen. Platt dal Sudan ed il gen. Cunningham (che aveva sostituito il gen. Dickinson) dal Kenia verso il centro dell'altopiano etiopico. Il tutto con la contemporanea attivazione dei movimenti rivoltosi a nostro danno. A tale scopo il gen. Platt avrebbe disposto della 4a e sa divisione indiana, della Gazelle Force (formata da unità motorizzate e blindate), nonché da supporti vari; il gen. Cunningham avrebbe contato sulla IY e 12a divisione africana, sulla 1a divisione sudafricana e su suppo11i var.i. Quanto all'aviazione, la superiorità aerea era adesso assicurata in modo schiacciante. Agli occhi del Governo Generale dell' A.O.I. la situazione complessiva poteva così sintetizzarsi: sul teatro d'operazioni balcanico l'infelice impresa greca assorbiva ogni pensiero del nuovo Comando Supremo; sul teatro dell'Africa settentrionale soltanto il concorso tedesco era in grado di ristabilire un accettabile equilibrio; nel Mediterraneo l'incursione aerea britannica su Taranto aveva lasciato il segno nella flotta italiana. In definitiva, il Vicerè poteva contare unicamente sulle disponibilità in posto per risolvere il problema della resistenza - che, come aveva scritto a Badoglio, non equivaleva a vittoria - dell'Impero, a dispetto della progressiva usura del potenziale bellico , dell'evidente rafforzamento del nemico e del minaccioso diffondersi della rivolta, anche se acefala e non coordinata. La stasi militare, infatti, stava influendo negativamente sul morale degli indigeni: «Chiamati a fare la guerra - scrisse il duca d ' Aosta - sono accorsi volenterosi: sono passati ormai sei mesi e di guerra alla loro maniera si è fatto ben poco. Diverse brigate non hanno ancora visto il nemico, né io posso mandarle al.l'attacco per fare loro piacere. Così dicono: "O facciamo la guerra o torniamo a casa". A questo motivo fondamentale altri se ne aggiungono. Viveri sempre più cari, vestiario sempre più a brandelli, lontananza dalle fatniglie sempre più lunga ( ...)» 11 .

Non stupiva, quindi, l'apparire cli sintomi pericolosi: forte recrudescenza delle diserzioni, irrequietezza generale, maggiore aggressività delle bande ribelli.

11

Amedeo di Savoia a Badoglio in data 18.11.1940, A. RovrGHI, Le operazioni in Nrica Orientale, cit., II, doc. 87.


LE OPER;\ZIONI IN AFR ICA ORIENTAL.13 _ __

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Stante questo stato di cose, la probabilità di un 'offensiva inglese d i vasta portata era stata presa in esame ad Addis Abeba e stimata di possibile inizio nella prima decade di dicembre. Senonché, d'improvviso, l'atteggiamento avversario mutò e l' aggressività crescente riscontrata a fine novembre subì una pausa . Evidentemente lo sforzo nel deserto occidentale egiziano aveva la precedenza ed il Vicerè si rese ben conto che, una volta allentata la minaccia italiana ne l Nordafrica, gl i inglesi avrebbero fatto «convergere sul nostro fronte tutta la loro av iazione e probabilmente buona parte delle loro unità motorizzate per un colpo a fondo contro di noi, che, riuscendo, segnerebbe il princ ipio della' fine de ll ' Impero». Se il successo nemico in Egitto fosse stato completo, l'offensiva britannica in Africa orientale era da prevedersi per la fine di d icembre 12 . Nei fatt i, il successo del XIII corpo a Sidi elBarrani fu completo. Il 24 dicembre il Yicerè diramò le direttive per fronteggiare l'attesa offensiva. Furono le uniche inviate ai comandanti di scacchiere e del.le altre Forze Arm ate e non derivavano né da direttive del Comando Supremo , né a questo erano state inviate per l'approvazione. L'Impero era isolato . Nello scacchiere Nord si attendeva un attacco a fondo su Agorclat o su Gondar, ovviamente con il concorso di azioni sussidiarie. Nel settore Giuba, un attacco su Chisimaio. Data la convinzione che il primo e determinante urto sarebbe stato lanciato contro lo scacchiere Nord, qui erano state concentrate le forze maggiori: se I 'azione fosse stata respinta, forse anche sug li altri. fronti l'offensiva avrebbe sostato dandoci qualche mese di respiro e forse consentendoci di arrivare alla stagione delle piogge. Ma occorreva prospettarsi l'eventualità del caso peggiore: «Se noi fossimo sfondati dall 'attacco nemico avremo contro non solo le popolazioni ribelli, ma anche quelle oggi ince1tc che si butteranno sulle nostre retrovie rendendole impercorribili; molte delle nostre truppe indigene si sbanderanno durante la lunga ritirata. Non solo, ma perderemmo progressivamente tutto l' Impero per ridurci ad un unico ridotto centrale nel quale dovremmo concentrare lulla la popolazione bianca che non potremmo alimentare. È pertanto assurdo pensare ad un fronte uni co semicircolare progressivamente restringentesi sulla capitale. Per evitare i mali di cui sopra è necessario fonnare in ciascuna delle più importanti regioni dell'Impero un ridotto ne l quale ogni scacchiere dovrà resistere ad o ltranza con i propri mezzi ( ...)».

12

Amedeo di Savoia a Mussolini in data 16.12.1940 , ibidem, Il, doc. 94.


POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GlJERRE ITALIANE

DIRETTIVE DEL COMANDO SUPERIORE FF.AA. DELL'A.O.I. in data 24 dicembre 1940 per la costituzione di ridotti nei vari scacchieri

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LE OPER,\ZIONI [N AFRICA ORIENTALE

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Naturalmente a questi ridotti - nei quali dovevano raccogliers.i tutte le truppe regolari e la popolazione nazionale - si sarebbe pervenuti quando ogni altra difesa più avanzata e continua si fosse manifestata impossibile. Per proprio conto il Comando Superiore intendeva allesti re un ridotto centrale ad Addis Abeba 13 . Il pessimismo che traspare da siffatte direttive è innegabile. Più che di ordini conseguenti ad un vero disegno strategico difensivo, si tratta della semplice prescrizione cli porre in atto una resistenza accanita e nulla di più. La prima battaglia era ancora prevista alla frontiera e condotta autonomamente da ogni comandante di scacchiera; l'ultima resistenza doveva attuarsi nei ridotti cli ogni scacchiere. Forse la palese nostra debolezza materiale in quell'immenso teatro d'operazioni induceva ad uno stato d'animo cli quasi rassegnazione; forse, per contro, si sovrastimavano le difficoltà che il nemico avrebbe pur incontrato. Comunque , sotto il profilo strategico è naturale una critica a questa concezione. E difatti prendendo spunto dall'invito del Vicerè ad esprimere pareri in proposito - il gen . Gazzera, comandante dello scacchiere Sud, sollevò eccezioni nei confronti del concetto cli fondo e propose una soluzione esattamente opposta: costituzione cli due grosse masse di truppe, una a nord (Eritrea ad Amhara settentrionale) ed una a sud (Harar, Galla-Sodamo e Somalia) per sostenere una battaglia in campo aperto in regioni le cui popolazioni potevano reputarsi tranquille ed abbastanza legate a noi. Perciò: provvedere subito ai concentramenti dei nazionali e rinunciare a conservare a tutti i costi Addis Abeba. A quest'ultimo proposito , il gen. Gazzera mise giustamente .in evidenza che «ad un accentramento strettissimo di tutto - quale è tuttora in vigore e contro il quale da tempo subordinatamente ho spezzato molte lance ( ...) - si verrebbe a sostituire improvvisamente , nel momento di maggiore pericolo , quando più utile sarebbe un'azione unitaria di comando, quasi un (absit injuria verbis) si salvi chi può. Ciò mentre tutti sappiamo che nessuna delle regioni dell'Impero (neanche questa che è notoriamente la più ricca di risorse) può vivere, combattere, resistere da sola» 14 . Dal canto suo _il gen. Frusci, comandante dello scacchiere Nord, dapprima mostrò di aderire alle direttive, poi nella pratica modificò vistosamente il concetto iniziale della battaglia sulla fascia di frontiera, alleggerendovi i reparti (e perciò sguarnendo

13 Amedeo di Savoia ai 14

comandanti dipendenti in data 24.12.1940, ibidem, II, doc. 96. Gazzera al Comando Superiore A.O.I. in data 6.1.1941, ibidem, II , doc. 98.


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_ _ __..c.. POLITJCA f; STRATEGIA IN~ ENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

Cassala e Gallabat) e studiando una difesa sulle posizioni arretrate dell'altopiano. Per far passare la «forzatura» si richiamò a sue intenzioni comunicate in precedenza al Comando Superiore 15 • In conclusione, le direttive furono confermate , ma sull' abbandono delle pos.izìonì avanzate il Vicerè volle sentire il Duce - dopo le dimissioni di Badoglio, ed in assenza del gen. Cavallero impegnato in Albania, la corrispondenza con il Comando Supremo era svolta direttamente con Mussolini - e questi non mosse obiez ione alcuna, anzi aggiunse che «Non bisogna dìmenticare che il destino dell'Africa sarà deciso da quello che si farà in Europa» 16 . Il 15 gennaio 1941 il Comando Superìore ordinò di rompere il contatto con il nemìco nel settore cli Cassala e di ripiegare su posizioni a metà strada fra Cassala e Agordat. Il gen . Frusci aveva costìtuito con parte delle forze a disposizione tre divisioni cli formazione: la 1a (gen. Carnimeo) incarìcata di fronteggiare lo sforzo nemico settentrìonale da Karora su Cheren; la 2a (gen. Bergonzi) e la 4a (gen. Baccari) per arrestare l'attacco da Cassala su Agordat. Il settore Gallabat-Metemma (gen. Martini) doveva contrastare l'avanzata inglese su Gonclar. Da parte brìtannica operavano la Gazelle Force, la 4a e la sa divisione indìana sulla direttrice Agordat-Asmara; la 1a divisione africana sulla direttrice Matemma-Gondar; la 7a brigata (della 4a divisione indiana) rinforzata, sulla direttrice Karora-Cheren. La notte sul 17 iniziò il ripiegamento di tutte le forze schierate al confine nordoccidentale su posizioni rispettivamente a nord di Cheren (la divisione) e ad ovest di Agordat-Barentù (2a e 4a divisione) . I movimenti si conclusero il 20 e colsero cli sorpresa l'avversario , il quale però seppe reagire con molta prontezza. Riprese presto il contatto spingendo avanti elementi meccanizzati ed anticipò al 10 gennaio l'offensiva in Eritrea. La differenza cli potenziale fu avvertìta sin dalle prime battute. Mentre il nostro arretramento era stato compiuto con una certa fatìca da truppe per lo più a piedi , le unità britanniche, sfruttando l'ampia dotazione di camionette, autoblindo, can-i ed automezzi, non soltanto ristabilirono rapidamente il contatto ma si inserirono spregiudicatamente in vari tratti del nostro dispositivo. Basti dire che se la sera del 17 gennaio le truppe di Frusci erano in vantaggio di due tappe sul nemico , alla sera

15 16

Frusci al Comando Superiore A.O.I. in data 8.1.1941, ibidem, II, cloc. 99. .Mussolini ad Amedeo cli Savoia in data l l.1.1941, ibidem, II, doc. 103 .


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!,E OPERAZIONI IN AFRICA ORIC:NTALc

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POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANg

del 18 erano state già sopravanzate. Il Vicerè non nascose al Comando Supremo che gli avvenimenti avevano «provocato nei quasi un senso di amarezza e di sconforto (per quanto la necessità del ripiegamento fosse da tutti sentita) e nelle truppe indigene un senso di demoralizzazione. Vi contribuiscono l'intraprendenza delle camionette inglesi e soprattutto il senso della nostJa impotenza di fronte ad esse. Poiché esse puntano decisamente sulla nostra retrovia, costituiscono fonte di preoccupazione anche per i nostri Comandi}> 17 •

Il 27 gennaio cominciò la battaglia di Agordat. Si concluse nel primo pomeriggio del 3 I . TI col. Lorenzini, che aveva sostituito il gen . Baccari nel comando della 4• divisione, scrisse nella sua relazione: «Sono le ore 14 del 31 gennaio. Aerei nemici padroni incontrastati del cielo, mi tragliano e bombardano il comando di divisione. La battaglia di Agordat è perduta. Al comandante non resta che di prendere, e subito, le disposizioni necessarie perché la ritirata che si impone subito, non s i converta in fuga disordinata» 18 .

Caduta Agordat, il gen. Frusci ordinò il ripiegamento delle truppe di Barentù - che già avevano respinto un assalto nemico - su Arresa e dispose l'organizzazione della difesa sulle posizioni di Cheren-Arresa. In una diecina di giorni l'arretramento dal Bassopiano e da Cassala, iniziato con una ben riuscita rottura del contatto, si mutò in una precipitosa ritirata sulla linea Agordat-Barentù ove si registrò una serie di insuccessi. E quella li nea sulla quale si intendeva presentare una resistenza ad oltranza, dovette essere abbandonata precipitosamente dopo avervi subìto gravi perdite. Considerato il reale rapporto di efficienza militare, tutto a nostro sfavore, si può convenire nel reputare errore il concepire ed accettare battaglia nel Bassopiano, a metà strada fra Cassala e Agordat, così come si dimostrò errata l'articolazione delle forze in due complessi , più o meno di pari entità, fra Agordat e Barentù, invece di concentrare ogni sforzo per una difesa ad oltranza su lla posizione principale di Agordat. Il settore Gallabat-Meternma ripiegò senza eccessivo contrasto il 1° febbraio , completando il movimento retrogrado il giorno successivo. 17

Amedeo di Savoia al Comando Supremo in data 27.1. 194 1, ibidem., II, doc. 115. sulla battaglia di Agordat, ibidem, 11 , doc. I 16.

18 Relazione


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L' ATTACCO CONTRO L'ERITREA Le operazioni prima della battaglia di Cheren fino al 2 febbraio 1941 ~ 1/nilà orillrnniche ~

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POLITICA E STRATEOl/1 IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

Per un giudizio generale, bisogna riconoscere che la rapidità della progressione britannica da un lato e la difficoltà di farsi un'idea precisa del corso degli eventi a causa dell' insufficienza dei collegamenti dall'altro, fecero ben presto perdere al Comando dello scacchiere - e, a maggior ragione, al Comando Superiore ad Addis Abeba - ogni possibilità di ponderata valutazione della situazione e, quindi, di adeguata adozione dei provvedimenti da prendere. A livello inferiore il morale non poteva non risentire della palese facilità con cui il nemico effettuava infiltrazioni ed aggiramenti e riusciva ad attaccare quasi impunemente con mezzi potenti e veloci. In definitiva, indecisioni ed anche manchevolezze nell' azione di comando a parte, lo strumento a disposizione dei comandanti italiani era troppo impari al compito. All'occupazione di Agordat (1 ° febbraio) e di Barentù (2 febbraio) seguì quasi immediata la ripresa dell'offensiva britannica. Obiettivo, Cheren. Il Vicerè fu esplicito nelle direttive inviate al gen. Frusci: era inutile pensare alla difesa materiale cli Asmara: «Asmara - affermò - la si difende sulla linea Cheren-Arresa; o qui si resiste e Asmara è salva, o qui si cede e Asmara è perduta e con essa tutta l'E1itrea. Quindi togliersi assolutamente dalla testa la possibilità di un ulteriore ripiegamento ( ...)» 19 .

Fu esplicito anche con il Comando Supremo: «faccio osservare che proseguendo operazioni e qualora impiego Aeronautica conservasse ritmo mantenuto attuale periodo, è prevedibile che entro 15 giorni Aeronautica Impero dovrà considerarsi priva di apprezzabile efficienza bellica»20. Mussolini promise l'invio di CR. 42, pur ammettendo che la perdita di Bengasi complicava e rendeva sensibilmente pericoloso il viaggio. Però quando seppe dell'intenzione del Vicerè di abbandonare Addis Abeba per portarsi nella regione degli Arussi, a buon contatto con l'Harar, il Galla-Sidamo, lo Scioa e la Somalia, si affrettò a dichiarare che «bisogna fare ogni sforzo per evitarlo. La perdita della capitale equivarrebbe politicamente alla perdita dell'Impero>>21 . Le circostanze, intanto, avevano indotto ad una revisione dei Jimjti cli competenza degli scacchieri. Lo scacchiere Nord era ora ridotto alla

19

Amedeo di Savoia a Frusci in data 2.2.1941 , ibidem, ll,doc. 118. ibidem, II, doc. 119. 21 Mussolini ad Amedeo di Savoia in data 20.2.1941, ibidem, II, cloc. 128. 20 Amedeo di Savoia al Comando Supremo in data I .2.1942,


LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIÉNTALE_

_ _ _ __

327

sola Eritrea (meno la Dancalia) sempre agli ordini del gen . Frusci; jl nuovo scacchiere Ovest (gen. Nasi) comprendeva i territori dello Scioa, del1' Amhara e l'Uolcait; lo scacchiere Est (gen. Bertoldi) perdeva lo Scioa; immutati gli scacchieri Est (gen. Gazzera) e Giuba (gen. De Simone). La battaglia di Cheren prese in pratica i mesi di febbraio e di marzo 1941, sviluppandosi in tre tempi. Il primo (2-13 febbraio) vide gli attacchi, tutti respinti, della 4a divisione indiana; il secondo (4-14 marzo) fu dedicato da ambo le parti ad una riorganizzazione degli schieramenti e de1le unità, di conseguenza la lotta nei settori meridionale ed occidentale di Cheren si limitò a piccoli episodi locali , mentre nel settore settentrionale entrav~t in azione, stringendo il cerchio attorno a Cheren, la Briggs Force proveniente eia nord. Nel terzo tempo (15-17 marzo) divampò un'accanita battaglia. li gen. Platt gettò nella @schia tutto ciò di cui disponeva e soprattutto usò le carte migliori: l'artigl ieria e l'aviazione. La sera del 26 il gen. Frusci ordinava la cessazione della resistenza a Cheren, il ripjegamento delle artiglierie ed il loro schieramento su nuove posizioni ai margini dell'altopiano e la raccolta delle fanterie superstW più a tergo. Le perdite italiane furono dì circa 3 @la motti e 4.500 feriti fra i nazionali; di circa 9 mjla morti e probabilmente il doppio di feriti fra gli indigeni. Quelle britanniche sono state indicate in 536 morti e 3.229 feriti . L'offensiva britannica contro la Somalia venne attuata con un leggero sfasamento cli tempo rispetto a quella contro l'Edtrea. 11 piano ciel gen. Cunningham prevedeva una minaccia dimostrativa verso il GallaSidamo sulla direttrice Gimma-Addis Abeba con la l" divisione sudafricana ed un'azione a fondo in Somalia con la 11a e la 12a divisione africane. Lo sforzo principale era riservato a quest'ultima, incaricata di costituire una testa di ponte sul basso Giuba, a nord-este di Chisimaio. Le ·· operazioni cominciarono i primi cli febbraio con azioni di frontiera nell'Oltre Giuba, presto divenute violento attacco contro la 1013 e la 102a divisione di formazione italiane. L'll febbraio il Vicerè fu costretto ad ord inare lo sgombero di Chisimaio, mantenendo però la difesa del Giuba il più a lungo possibile. La lotta durò sino al 22 febbraio. Dopo l' annientamento pressoché totale della 102a divisione sul basso Giuba e considerata la crescente demoralizzazione ed irrequietezza dei reparti indigeni, il Comando Superiore stabilì di recuperare i resti della 101" divisione - le truppe somale , della cui fedeltà nessuno aveva mai avuto motivo di dubitare, erano crollate di colpo abbandonando in massa le unità senza nemmeno vedere


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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE

329

il nemico22 - e gli elementi minori e ne dispose la ritirata su Neghelli, nel Galla-Sidamo. Il 26 febbraio Mogadiscio, che il Vicerè aveva voluto evitare di coinvolgere in una battaglia priva di significato, era occupata senza combattimento dell'avversario . Fra il 1° ed il 9 marzo tutte le ultime truppe della Somalia si concentravano nell ' Harar.

Mentre le due offensive britanniche erano in corso, il duca d'Aosta aveva chiesto a Mussolini di «essere tenuto al corrente, nella misura che riterrete opportuna, della situazione generale e sulle previsioni che si fanno della guerra in Europa. Dalla fine di ottobre non ho più avuto nes• sun orientamento né direttive in proposito, salvo quelle tratte dal giornale e dalle intercettazioni radio>> 23 . Mussolini gli rispose con un ottimismo assolutamente privo di basi. La situazione dell'Impero non era poi tanto drammatica, perché - dichiarò con convinzione - «gli inglesi tendono a Massaua ed a Mogadiscio per toglierci ogni possibilità di respiro. Quanto al resto lasceranno fare al Negus, aiutandolo con denaro, armi, quadri>>. Tuttavia non accettò il progettato abbandono di Addis Abeba. Sugli altri scacchieri le prospettive erano migliorate grazie ... alla Germania. In Grecia, infatti, i tedeschi avevano deciso di intervenire, attraverso la Tracia, verso la fine di marzo; in Libia - continuò Mussolini «anche per suggerimento tedesco, ci siamo schierati sulla Sirte per difendere Tripoli» con una linea che ogni giorno diventava più solida per l'arrivo di una Panzerdivision e poi di una seconda, oltre che della nostra divisione Ariete, «la quale con gli M 13 diventerà una divisione corazzata sul serio»24 . Il duca d'Aosta replicò con semplicità: «( ...) Da questo rapido giro d'orizzonte appare chiaro come quell'attacco con-centrico dell'Impero previsto da tempo sia ora in atto. Contenere questa pressione che si manifesta su quasi tutto il parimcnto è impossibile. Numericamente le forze contrapposte si pareggiano all'incirca, ma noi siamo privi di l1ltto mentre gli. inglesi hanno larga disponibilità di ogni cosa; noi siamo costretti a parere sempre e dovunque mentre quelli possono attaccare quando e dove vogliono; noi dobbiamo, infine, fronteggiare una situazione interna che per le ripercussioni degli avvenimenti di guerra, per la crescente crisi economica, per la svalutazione del nostro prestigio e delle nostre forze va facendosi sempre più grave».

22

Amedeo di Savoia a Mussolini in data 16.3.1941, ibidem, Il, doc. 130. Amedeo di Savoia a Mussolini in data 14.2.1941, ibidem, li , doc. 127. 24 Mussolini ad Amedeo di Savoia in data 20.2.1941, ibidem, II, doc. 129.

23


POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI Dl GUl;:RRJ; ITALIANE

330

Non prese in considerazione l'idea che gli inglessi desistessero dallo sforzo contro di noi e lasciassero fare al Negus e confermò che avrebbe tenuto Addis Abeba sino a quando il nemico non fosse entrato ne] raggio tattico della città. Poi - assicurata la popolazione civile - «col resto delle forze prenderò il largo per combattere fino all'ultimo in mezzo r alle montagne»-'. Mussolini non rispose. A fine marzo la situazione precipitò rapidamente. Prima crollarono le difese nell'Harar, poi terminò la resistenza a Cheren. L'occupazione britannica dell'Eritrea isolò del tutto l 'Impero e quella di Addis Abeba aprì al nemico l'accesso a tutte le regioni dell'altopiano etiopico. Inevitabilmente i Comandi di scacch iere si trovarono a frontegg iare con estrema difficoltà gli eventi a causa di un sensibile calo nel morale nonché nell'efficienza operativa delle unità. Di qui disservizi, mancanza di tempestività nelle comunicazioni, omissione di brillamenti di interruzioni predisposte che avrebbero quanto meno potuto ritardare l'avanzata delle colonne nemiche verso Massaua o verso Gondar, azione incerta di reparti ancora efficienti , diserzioni di ascari sempre più accentuate. Con la caduta de]] 'Eritrea, della Somalia, clell 'Harare dello Scioa si erano perdute tutte le più importanti basi logistiche e con esse le scorte ammassate con tanta fatica. Le forze residue andavano raccogliendosi nell'Amhara settentriomùe, nel Galla-Sidamo e nella zona Dessiè-Amba Alagi. Quindi, una volta deciso l'abbandono di Addis Abeba, per lo spostamento ciel Comando Superiore A.O.I. si presentavano tre possibilità di maggior rilievo. Prima: ripiegare su Gondar, ove il gen. Nasi aveva stabilito buone condizioni di sicurezza interna e di organizzazione difensiva, tenendo anche presente la probabilità che il Gondarino venisse attaccato in un tempo successivo. Oppure portarsi nel Galla-Sidamo dove il gen. Gazzera appariva in condizioni di sostenere una resistenza mobile e la popolazione sembrava relativamente sicura. Terza soluzione era quella di creare un ampio ridotto imperniato sull'Amba Alagi. Per raggiungere Gondar, però, bisognava aprirsi la strada attraverso il Goggiam meridionale in preda alla ribellione ed i rischi erano evidenti . Quanto alle forze di Gazzera, esse erano tutte nell'ovest e nel sud del territorio del Galla-Sidamo , quindi molto eccentriche. Invece la costitu-

25 Amedeo

di Savoia a Mussolini in data 25.2.194 1, ibidem, Il, doc. 129.


I. li OPERAZIONI IN i\PRICA ORlfi NT/\LE

zione di un nuovo ridotto Dessié-Amba Alag i consentiva di disporsi a cavallo dell'asse Asmara-Addis Abeba, impedendo in tal modo il congiungimento delle forze nemiche provenienti dall'Etitrea con quelle provenienti da sud . La difesa del ridotto doveva im postarsi sulla resistenza ad oltranza in corrispondenza degli sbocchi meridionale (Dessié) e sette ntrionale (Amba Alag i) di quel tratto della strada imperiale che si snodava Iungo l'orlo orientale dell 'acrocoro abissino. La sede iniziai mente prevista per il Comando Superiore era Quoram o Mai Ceu , presso il lago Ascianghi . Questa fu dunque la soluzione adottata, ed il sistema DessiéAmba Alagi fu organizzato in scacchiere il 7 aprile ed il duca cl' Aosta ne assunse direttamente il comando . Che le ragioni della scelta avessero una loro validità è dimostrato dal fatto che il gen. Wavell , comandante in capo del Medio Oriente, impose proprio l'el iminazione del ridotto in questione per consentire alle truppe dislocate in Africa orientale di raggiungere l'Egitto imbarcando a Massaua oppure scendendo la valle del Nilo . Il gen. Cunningham , invece, avrebbe di gran lunga preferito dare la precedenza al Galla-Sidamo per rendere sicura la propria linea di comun icazione con la regione dei laghi. L'offensiva contro le posizioni di Dessié fu iniziata il 20 aprile dalla 1a brigata sudafricana, unitamente a contingenti abissini. L'azione terminò, dopo aspra lotta , nel tardo pomeriggio ciel 26 con l' ingresso degli inglesi in città. L'investimento dell'Amba Alagi fu attuato dalla 5" divisione indiana a nord e dai sudafricani a sud. Gli intensi bombardamenti aerei ed il fuoco dell ' rutiglieria britannica incisero fo1temente sulla pur accanita difesa e, fra l'altro, determinarono numerose diserzioni nelle unità indigene. La sera dell'8 maggio il duca d'Aosta comunicò al Comando Supremo: «Riassumo situazione data odierna. Essa va rapidamente aggravandosi per diserzioni in massa di coloniali passanti in gran maggioranza ad ingrossare formazioni capi ribelli spinti da inglesi contro di noi. Abbandono nostre file est dovuto at convinzione che onnai non possiamo più resistere et convenga essere at lato nuovi dominatori ( ...). e) TI ridotto cieli' Amba Alagi est ormai strelto eia ogni .l ato; attaccato da nord e da ovest, investito eia est, chiuso a sud( ...). Rimangono all 'Alagi circa quattro battaglioni nazionali (di cui 2 fom1ati da autieri , avieri, carnbinieri, ge1ùcri) con poche bauerie di piccolo calibro con limitato munizionamento et impotenti controbatterie medi calibri nemici sempre più tormentosi ( ...). L' aviazione nemica domina indisturbata( ...) . Gravissimo problema quello sanitario per materiale impossibilità di ricoverare et curare malati et feriti( ...). d) Le difficoltà materiali di ogni genere diverranno di giorno in giorno più gravi. Lo spirito delle truppe se non sostenuto dalla visione di una possibile vitto-


3,c, 32,:___ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _,_, PO"=L"-' lT_,, IC"" Ac,: Ec,c ST ,_,R=ATE._,G"' lA.,_,D '-'NC . ENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

riosa resistenza sia pure a costo di est.remi sacrifici non può umanamente durare a lungo inalterato. Occorrerebbe fossero alimentati da qualche speranza di non lontano aiuto. In ogni caso tutto quanto è possibile sarà fatto con ardente volontà»2 6.

Il 13 maggio, nuova comunicazione diretta a Mussolini: «Rappresento situazione ridotto Amba Alagi alla data odierna. I) Per scarsità forze nostra occupazione si riduce at parte più alta dell'Amba, all'incirca( ...) quota 3.000 metri( ...). 2) Dopo attacchi respinti( ...) nemico non preme con fanteria . Esso agisce essenzialmente con bombardamento artiglieria che più o meno violento dura giorno e notte( ...)».

Ma il problema più sentito era quello dei feriti esposti al fuoco nemico e senza assistenza, che incideva profondamente sul morale. Mussolini lasciò il Vicerè libero dì ogoi decisione, ove la situazione fosse diventata insostenibile e il 1.7, alle ore J.5, il duca d'Aosta telegrafò a Roma la risoluzione di trattare la resa. Con la fine della resistenza all'Amba Alagi praticamente la campagna cl' Abissinia era terminata. Resistevano peraltro ancora i due grossi nuclei cieli' Amhara e del Galla-Sidamo e gruppi minori, ma sul piano strategico la lotta poteva considerarsi conclusa. Non per nulla il Comando del Medio Oriente, che dopo l'occupazione cli Massaua aveva fatto tornare in Egitto la 4" divisione indiana, dopo la caduta dell'Amba Alagi ordinò il trasferimento per la stessa destinazione della sa divisione indiana, della l" sudafricana e di buona parte delle forze aeree di base nel Sudan e nel Kenia. Restavano la 11 a e la 12a divisione africane e unità minori. In compenso il ritorno dell'imperatore Hailé Selassié ad Addis Abeba da un lato consentiva la ricostituzione di truppe regolari etiopiche e dall'altro incoraggiava i capi locali e partecipare attivamente aUe operazioni contro gli italiani. Vale la pena cli ricordare che per l'appunto in questo periodio a Roma si vagheggiava, con estremo ottimismo, cli una costituenda armata d'Africa cui affidare il compito della riconqu ista dell'Impero, mentre l'armata d'Egitto, raggiunto il Canale, avrebbe proseguito su Haifa. Per l'ulteriore resistenza nell'Impero, ci limiteremo a mettere in evidenza che Dembidollo, ove finì per asserragliars i, il gen. Gazzera chiese la cessazione delle ostilità il 4 luglio, dopo aver portato la resi26

A. Rov1Gff1, Le operazioni in Africa orientale, cit., Il, doc. 134.


LE OPERAZIONI IN AFRICA ORJ= EN ~T=A=LE~· _ __

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stenza ai limiti delle umane possibilità. E nell'Amhara il gen. Nasi continuò la lotta per altri quattro mesi arrendendosi a Gondar il 28 novembre, dopo alcuni giorni di accaniti combattimenti.

4. CONSIDERAZIONI «Il tracollo finale è stato precipitoso - scrisse un ufficiale del Comando Superiore A.O.I. al gen. Ferrara, capo ufficio militare del ministero Africa Italiana, in maggio -: l'impero, così come era organizzato, era un organismo che una volta perdllto un pilastro sarebbe crollato. Purtroppo i pilastri crollati sono stati due: la Somalia e l'Eritrea, cioè le due vecchie colonie. Ma mentre la maggior parte degli ascari eritrei ci sono stati attaccati fino all'ultimo momento, i somali, una volta perduta la linea del Giuba, hanno mollato in pieno ed hanno dise1tato in massa. Non parliamo poi degli ascari harrarini, i quali, senza aver mai combattuto hanno disertato non solo, ma si sono appropriati di salmerie, materiali ecc., defez.ionando proprio quando stavano per iniziare i combattimenti e quindi nei momenti più critici. Ora anche i battaglioni eritrei non tengono più. Si regge ancora in piedi il Galla Sidamo e Gondar perché ancora non sono stati attaccati. li giorno che saranno attaccati s i sfasceranno in poche ore, perché anche qui gli ascari defezioneranno( ...)».

A prescindere della non esatta previsione circa la resistenza del Galla-Sidamo e di Gondar, le «ragioni di questo sfacelo» erano così descritte: la grande superiorità del nemico in armi, materiali e mezzi; la propaganda inglese fatta a base di talleri gettati sul mercato a piene mani sì da privare di valore la lira italiana; l'att accamento degli ascar.i al proprio paese: una volta che questo era stato conquistato dal nemico non esisteva più motivo per combattere , quindi tornavano alle loro case27 . Innegabilmente lo squilibrio fra ì due avversari in tema di armamento e cli equipaggiamento, di disponibilità di mezzi e di risorse, cli appoggio locale, rese fin dall'inizio prevedibile la perdita dell'Impero, e del resto anche a Roma era dato per scontato che le sorti dell' Atìica orientale sarebbero dipese dallo sviluppo della guerra in generale. Una guerra che fosse durata appena appena oltre l'autunno del 1940 avrebbe lasciato l'Impero abbandonato a se stesso. Ed anche nel 1941, checché si dicesse e si sperasse, nessuno poteva farsi eccessive illusioni . Tutt'al pÌLI si trattava di durare. È naturale che l'avversario , colta la vittoria, abbia messo in tutto risalto l'averla ottenuta nonostante la disparità numerica delle forze regolari

27 A . RovJGHl, Le operazioni in Africa orientale, cit., II , doc . 133.


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POLITICA E STRATEGIA I N CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANI:,

in campo ed a dispetto di obiettive sue deficienze difficoltà iniziali. Riconosciamo anche l'abile azione di comando esercitata dal gen. Wavell e dal maresciallo dell'aria Longmore nel teatro del Medio Oriente. Ma non si manca di obiettività affennanclo che l'esito di molti scontri fu determinato essenzialmente dagli interventi della Royal Air Force e dalla grande superiorità dell'm·tiglieria britannica, nonché dalla manovra di elementi blindati e meccanizzati sui fianchi e sul rovescio delle unità .italiane. Quanto poi si è eletto sulle defezioni di interi reparti indigeni non deve suonare affatto come indiscriminata condanna di quelle che costituivano il grosso delle truppe dell'Impero. Esse combatterono e resistettero, con i familiari al seguito, più a lungo di quanto la situazione consentisse. Cedettero quando apparve chiara la nostra debolezza e videro compromessa la sicurezza delle famiglie, anche per le temute rappresaglie del restaurato potere del Negus .


Capitolo VII

LA CAMPAGNA CONTRO LA GRECIA

1. I

PRODRO:MJ D~L CONFLITIO

Dopo l'occupazione italiana dell'Albania, nel 1939, le relazioni fra Italia e Grecia erano state caratterizzate da una diffusa inquietudine in campo e llenico e eia generiche smentite italiane delle voci allarmistiche circolanti su presunte intenzioni aggressive. Allo scoppio della g uerra europea, Mussolini volle tranquillizzare formal mente il governo greco affidando , 1'11 settembre , al ministro d'Italia ad Atene, Grazzi, un messaggio per il gen. Metaxas , capo del governo: «J. L' Italia ha già dichjarato in data IO settembre che non intende assumere ini ziativa alcuna di operazioni militari . IL Questa decisione del Consiglio dei Ministri, che vale in generale . vale particolarmente nei riguardi della Grecia. m. Anche nell'eventuali tà, che l' Italia non può escludere data la sua posizione di grande Potenza, di un suo in tervento nel conflitto, l'Italia non prenderà l'iniziativa di operazioni uei confronti della Grecia. IV. Per dimostrare in modo concreto i sentimenti da cui è animato il Governo itali ano e i.n modo speciale il Duce nei riguardi de lla Grecia, sarà ordi nato il ritiro dell e truppe italiane a 20 chi lometri dal confine greco-albanese. V. Il Duce non esclude la possibilità, nonostante le vicende attuali , di riprendere e di stabilizzare quella politica d'intesa fra l ' Italia e la Grecia che ebbe consacrazione in appos iti accordi di caratte re diplomatico» 1.

Pochi giorni più tardi tuttavia (17 settembre) Mussolini ricevette da Badoglio specific.i ragguagll sugli studi eseguiti dagli Stati Maggiori, su ord ini suoi , circa due distinte ipotesi belliche contro la Grecia e la Jugoslavia. Data la previsione di un improvviso attacco francese contro di noi, l'ipotesi greca venne senz'altro rimandata a tempo indeterminato e comunque sempre nell 'ambito di un atteggiamento favo revole da parte di Bulgaria e di 1 EMANUELE GR/\7:Zt, Il principio

della.fine, Faro , Roma 1945, p. 65 .


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- - - - - - - - - - - --'-' PO ,e,L"'lT,..c l C,:cA.,_,E,..,Sc,. TR e,::A~T.-"' EGIA IN CENTO ANNI 01 GIJERRt, ITALIAN~

Ungheria, e l' ipotesi jugoslava addirittura giudicata metitevole di attenzione unicamente «se si verificasse la dissoluzione di tale Stato»2 . Mussolini, in definitiva, si convinse che nella situazione contingente, era del tutto fuori luogo parlare di offensive nei Balcani e par1ando con il gen . Guzzoni, in quel periodo comandante delle truppe in Albania e autore del progetto preso a base degli studi per l'eventuale iniziativa contro la Grecia: «Sapete, Guzzotti - disse -, cli quella progettata azione contro la Grecia non se ne farà più nulla. È subentrata una distensione dei nostri rapporti con quel Paese ( ...). D'altra parte la Grecia è un osso spolpato per il quale non vale la pena di perdere uno dei nostri granatieri di Sardegna (...)»3 . Il 3 dicembre MussoJinj ricevette il gen. Geloso, destinato a sostituire il gen . Guzzoni .in Albania, e, all'interrogativo da questi postogli circa l'eventualità di operazioni offensive da parte jugoslava o greca contro di noi e viceversa, rispose: <<Ho detto ai Greci che la Grecia non è sulla mia strada!» 4 • A tali reiterate e rassicuranti dìchiarazioni, il 10 giugno 1940, dopo aver annunciato al mondo l'abbandono della non belligeranza da parte italiana, egli volle aggiungere: «( ...) dichiaro so lennemente che l' Italia non intende trascinare nel conflitto altri popoli con essa confinanti per terra o per mare . Svizzera, Jugoslavia, Grecia, Turchia , Egitto prendano atto di queste mie parole. Dipenderà da loro e soltanto da loro se esse saranno o no rigorosamente confermate».

A dispetto della dnata cordialità di rapporti fra i due Paesi, la precisazione non rassicurò affatto i destinatari dell'avviso, specialmente per la significativa frase finale. «Non vi fu in tutta la Grecia una sola persona - ricordò Grazzi - che non considerasse come una calamità l'entrata in guerra dell'Italia»5 . Nel frattempo si era rafforzato il personale orientamento di Ciano per un ingrandimento del suo «feudo» albanese. Riconoscendo impensa2 M. MONTANARI , L'esercito italiano nella campagna di Grecia, USSME, Roma 1999 (3" ed.), p. 22. Per gli eventi mi litari nello scacchiere albanese, si rinvia in particolare a questa opera ed alle fonti in essa citate. 3 Testimonianza del gen. Guzzoni, ibidem, pp. 22-23. 4 Testimonianza del gen. Geloso , cfr. L u101 MoNDINI, Prologo del conflitto italogreco, Garzanti, Milano 1945, p. 167. 5 E. GRAZZ!, Il principio della fin e, cil., p. l09.


LA CAMP~ GNA CONTRO LA GRECIA

_ _ _ _ _ __.::337

bile mirare al Kosovo, almeno per il momento, volse lo sguardo alla Ciamuria ed all'Epiro . Non per niente parlerà con compiacenza della <<mia guerra» con molte persone6, anche se il suo diario diventerà sempre più cauto dopo il 28 ottobre e le pagine del 27 e del 28 saranno da lui rifatte con osservazioni di scarso interesse7 • Il 22 maggio si era recato in visita a Tirana, trovando le accoglienze predisposte per lui naturalmente molto calorose e tutte indirizzate, su regìa della Luogotenenza, alla rivendicazione del Kosovo e della Ciamuria: «Parlando con personalità albanesi locali - ricordò il Luogotenente Jacomoni .. si era lasciato andare a grandi promesse. Le sue istruzioni erano state perentorie: occorreva trovare un motivo o un pretesto che permettessero all'Italia di rivendicare per gli albanesi il possesso della Ciamuria ( .. .)8.

Nel clima di ampio consenso intorno a queste velleitarie posizioni, si era peraltro registrata una nota discordante. Era accaduto che Ciano, nell'informare il gen. Geloso dell'onnai probabile ed imminente entrata in guerra dell'Italia, gli aveva spiegato che se ogni atto ostile contro la Jugoslavia era sconsigliato d,ù.la situazione internazionale (a meno di un crollo interno), un'occupazione della Grecia era invece da ritenersi auspicabile ed urgente ad evitare che gli anglo-francesi vi installassero basi aeronavali. Geloso replicò con discrezione e misura, ma senza lasciare dubbi su quel che ne pensava: l'ipotesi era contraria a tutte le direttive ricevute dallo Stato Maggiore dell'Esercito, e in ogni caso la direttrice operativa più redditizia sembrava quella su Salonicco, per isolare la Grecia dalla Turchia. Ne derivava la necessità di uno studio molto serio in proposito, anche perché, per condurre in porto l'operazione con rap1dità, occorrevano almeno 10-11 division.i a piè d'opera. Le poche ma centrate osservazioni d i Geloso dimostravano che ogni mira offensiva era, al momento, da considerarsi impraticabile. Ciano capì l'antifona e, molto semplicemente, rimosse quell'ostacolo ottenendo dal sottosegretario Soddu l'immediata sostituzione cli Geloso. Il 5 giugno il gen. Visconti Prasca assumeva il comando delle Truppe cl' Albania.

6

Jbidem, p. 185. G. Sai vernini mise per primo in evidenza le cancellature ed i rifacimenti sulle pagine riguardanti la guerra di Grecia in Th.e Atlantic Montly, marzo 1946, p. 163 e seg. 8 FRANCESCO JACOMONl, La politica dell'Italia in Albania, Cappelli, Bologna 1965, pp. 225-226. 7


33 "'" -'8' - - - - - - - - - - - - --'P-'-' C)=Llc:..: Tl"'-' CA ' -"E :c.:S c:=: TRATEGIA fN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

La notizia dell'entrata in guerra dell'Italia ebbe subito evidenti riflessi in Grecia e si manifestò con il raffreddamento dei rapporti con l'Italia e con il chiaro contegno preferenziale dei giornali nei confronti dei francesi e degli inglesì. D'altronde non si può certo affermare che da parte italiana sia stata data l'impressione di tenere molto alle buone relazioni con il governo di Atene, anzi venne orchestrata una violenta campagna di stampa in Italia ed in Albania, che giunse al culmine a fine luglio, per poi cessare, cli colpo, inspiegabilmente, ma avendo suscitato l' indignazione popolare greca contro l'Italia. Il 13 agosto Ciano annunciò a Jacomoni ed a Visconti Prasca, da lui stesso chiamati a Roma, che il Duce, per ragion.i politiche, intendeva occupare la Ciamuria, ossia la parte dell'Epiro considerata irredenta dagli albanesi. Non si addentrò in particolari, tuttavia precisò a Visconti Prasca di tenersi pronto ad agire entro quindici giorni9. Uscito da Palazzo Chigi, il generale si recò ovviamente allo Stato Maggiore dell'Esercito dove, non avendo trovato il sottocapo di S.M., Roatta, perché nel Veneto in ricognizione per l'ipotesi jugoslava, dettò al capo reparto operazio1ù un promemoria circa le richieste per l'Eventualità G (un rinforzo di due divisioni cli fanteria, quattro gruppi di aitiglieria someggiata, tre battaglioni alpini valle e tre di camicie nere). 11 giorno successivo Ciano accompagnò a Palazzo Venezia Jacomoni e Visconti Prasca. Secondo il suo diario: «Il Duce fissa le linee politiche e militari per l'azione contro la Grecia. Se la Ciamuria e Corfù verranno cedute senza colpo ferire , non chiederemo di più. Se invece verrà imbastita una resistenza, spingeremo l'azione a fondo. Jacomoni e Visconti Prasca vedono ]'azione possibile ed anche facile, a condizione però che si faccia presto».

Poi scrisse ancora, riportando quello che sapeva essere il maturato pensiero di Mussolini: «Il Duce, invece, permane d'avviso, per ragioni d 'ordine militare, di rinviare l' azione verso la fine di settembre» 10 . In effetti, Mussolini inten-ogò Jacomoni sulla situazione interna dell'Albania e sui sentimenti in-edentistici dell'Epiro, poi voltosi a Visconti Prasca, volle conoscere particolari sull'entità e dislocazione delle truppe

9 S EBASTIANO V1SCONTI PRASCA , Io ho aggredito la Grecia, cit., pp. 31-32. Cfr. G. CIANO, Diario, cit., p. 457 , che però non specifica. IO G. CIANO, Diario, cit., p. 457 .


~ CAMPAGNA CONTRO LA, -'-'G "-'RE ,:e·:,:: Cl-"'A _ __

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italiane e chiese «se guelle forze fossero sufficienti per eseguire una improvvisa occupazione dell'Epiro>>. Visconti Prasca rispose che <<un'azione ciel genere, che aveva analogia con un colpo cli mano in grande, presentava possibilità di riuscita», qualora però effettuata con immediatezza - cioè con un paio di settimane cli preparazione, per sfruttare la sorpresa - e comungue previo gualche rinforzo 11 • A prescindere dalla disinvoltura con la quale si parlava di aprire un nuovo fronte di guerra senza una reale necessità, mette conto di rilevare come, per guanto atteneva l'Albania, la presenza del ministro degli Esteri fosse elemento fondamentale del quadro. Anche se Mussolini si era limitato a chiedere ragguagl i, senza accennare a date, Visconti Prasca aveva preso per buona l'indicazione dei «quindici giorni» fornita da Ciano, il quale, del resto, non si era peritato dì convocarlo a Roma senza informare né ìl capo di S.M. Generale, né il capo cli S.M. dell'Esercito da cui Visconti Prasca dipendeva direttamente . Uscito da Palazzo Venezia, il Comandante Superiore delle Truppe cl' Albania si presentò al Comando Supremo. Badoglio ascoltò il resoconto del colloquio con Mussolini e, oscurandosi ìn volto, avrebbe commentato: «È matto. Ora vuole anche la Grecia!». Poi Visconti Prasca si recò al ministero della Guerra. Non .trovò Soddu, perciò gli lasciò un appunto con cui riferì della visita a Ciano in termini netti: «( ...) Mi ha prospettato la necessità che nella ipotesi G i preparativi militari s iano a buon punto e le forze in grado di agire fra l 5 giorni, a partire da oggi. Ne risulta evidente la necessità di procedere subito alle operazioni di imbarco dei rinforzi chiesti a Roatta ( ...)>}.

Incomprensibilmente non fece cenno del colloquio con Mussolini. Specificò di aver parlato, nella mattinata, con Badoglio, ma senza fornire altri particolari. Poi il giorno 16, non appena rientrato a Tirana, si affrettò a telegrafare a Roma: «Est per Eccellenza Soddu et per conoscenza Superesercito. Coma da ordine ministro Esteri preparazione per frontiera greca deve essere ultimata entro 15 giorni, di cui due già trascorsi. Occorre richiedere ministro Esteri che venga data precedenza assoluta trasporti interessanti organizzazione et operazioni militari ( ...)» 12 .

11 12

S. V1scONTl PRASCA,fo ho aggredito la Grecia, cit., p. 32 e seg. Ibidem, p. 36.


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POLITICA E STRllTEG IA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

Soddu consegnò immediatamente l'originale telegramma a Badoglio, il quale appena due giorni prima, il 14, al consueto rapporto giornaliero a Palazzo Venezia, era stato informato da Mussolini delle intenzioni aggressive nei confronti della Grecia. Preso alla sprovvista, aveva ordinato a Superesercito solo di predisporre l'invio di tre divisioni in Albania, da effettuarsi però in un non precisato momento opportuno . Ciò induce a pensare che Mussolini avesse virtualmente concesso i rinforzi, ma senza diramare ordini connessi con un concreto disegno. Così, appena tre giorni dopo, Badoglio ebbe buon gioco nel farlo recedere dalle velleitarie mire epirote: «Secondo l'ultimo grido - il colloquio di stamane - contro la Grecia non si farà nulla. In Albania sarà al massimo mandata una sola divisione sempre con compito difensivo» scrisse il gen. Arme li ini nel suo diario il 17 agosto 13 . A buon conto Badoglio tenne a mettere in chiaro i rappo1ti di servizio . Il diario storico del Comando Supremo riporta in pari data: «Il mar. Badoglio ordina allo S .M. dell' Esercito di i.nfonnare il Comandante Superiore in Albania che gli ordini a lui sono dati esclus.ivamente dallo Stato Maggiore stesso. Ciò in relazione ad alcuni ordini s u operazioni da svolgersi alla frontiera greca, impartiti dal Ministro degli Esteri e di cui il Sottocapo di S.M. Generale ha consegnato personalmente copia» 14 .

La battuta d'arresto era in realtà dovuta anche ad un mirato i.ntervento tedesco. Proprio il 17 agosto giunse a Roma un messaggio dell'ambasciatore a Berlino, Alfieri. In una lunga conversazione a quattr' occhi, Ribbentrop aveva formulato alcune velate critiche - palesemente ispirate «dall'alto» - circa le mire italiane in Balcania. Io sostanza , nelle attuali circostanze «dovrebbero essere sospesi anche studi di carattere tec1ùco che non mirino direttamente alla disfatta dell'Inghilterra, perché essa rappresenterebbero per gli Stati Maggiori una distrazione» . Quanto alla Grecia, pur comprendendo ben issimo l'atteggiamento italiano, non si doveva sottovalutare il pericolo che l'Uruone Sovietica «potrebbe trarre da una nostra azione pretesto per un intervento nei Balcani, modificando così lo status quo che noi abbiamo sommo interesse a mantenere» 15. Ciano commentò: «È un alto Là completo , su tutta la linea» 16 . 13 Q. ARMELUNJ., Diario di guerra, cit.. , pp. 57-58 . 14

USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., I, tomo II, pp. 393-394. Alfieri a Ciano in data 17 .8.1940, DDI, 9" serie, V, cloc. 431 . 16 G. CtANO, Diario, cit., p. 458 . 15


LA CA.MPA( ,NJ\ CONTRO LA GRECIA

341

Mussolini colse appieno l'importanza dei segnali cli Ribbentrop. Dettò lui stesso la risposta per Alfieri: assolutamente d'accordo nel considerare fondamentale la lotta contro la Gran Bretagna; nessuna intenzione cli intervenire in Jugoslavia; con la Grecia la questione veniva portata «sul piano diplomatko», con un semplice rinforzo delle poche truppe dislocate in Albania 17 . Ciò fatto, il 22 agosto Mussolini diramò nuove direttive: «In relazione con gli sviluppi. della situazione politico-militare europea e mondiale, sono state esaminate in questi ultimi tempi le eventualità operative sugli llcacchieri jugoslavo, greco ed egiziano. Nell'imminenza dell'attacco contro le forze inglesi in Egitto - che coinciderà con l'attacco te!l"estre germanico contro la Gran Bretagna - i.I settore libico diventa il principale sul quale bisogna convergere attenzione e sforzi; è il settore sul quale bisogna fare massa in terra, in mare, in aria. Gli altri due scacchieri - il greco e lo jugoslavo - a meno che non siano jugoslavi o greci o inglesi a prendere l' ini ziativa - diventano scacchieri di osservaz ione e di vigilanza, necessaria vigilanza data la politica equivoca seguita da quei due stati e lo stato d' animo dei popoli. Si può quindi rallen tare il ritmo predisposto per gli schieramenti su quei due scacchieri, ulti mando quello sul fronte est al 20 ottobre invece che al 20 settembre, e quello sul fronte greco alla fine di settembre invece che alla fine di agosto. È chiaro d ' altronde che, una volta battuta la Gran Bretagna, gli Stati che hanno più o meno copertamente simpatizzato con Londra non faranno di fficoltà a seguire quelle che potranno essere le decisioni dell'Asse>>.

Nel pomeriggio Badoglio illustrò queste direttive a Socldu ed ai capi di Stato Maggiore: «Tutti ne sono rimasti contenti e soddisfatti>> 18 • Ma intanto i movimenti di truppe verso la frontiera greca iniziati da Visconti Prasca avevano indotto Atene a cominciare la mobilitazione ed il 23 agosto prese il via un metodico e ordinato piano di radunata e di schieramento alla frontiera, che lasciava intravvedere non solo la bontà degli ammaestramenti tratti dalla precedente mobilitazione del 1939, e ben messi a profitto , ma anche il pieno consenso e l'appassionata adesione della popolazione che aveva perfettamente inteso il pericolo incombente. Le fasi di questo approntamento graduale furono seguite dal nostro addetto militare ad Atene, il quale ne tenne informata Roma, sen17 Ciano

18

ad Alfieri in data 17.8.1940, DDI, 9" serie, V, doc. 435.

Q. ARMELLINI, Diario di guerra, cit., pp. 64-65 .


342,c.___ _ _ _ _ _ _ _ _ __

POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

za poter tuttavia stabilire un nesso preciso con gli avvenimenti albanesi perché tenuto volutamente all'oscuro degli intendimenti del governo 19 . Fu in questo periodo che la Grecia si avvicinò definitivamente alle posizioni inglesi e prese a favorirle. Il 23 agosto Roatta fece il punto della situazione con Visconti Prasca: <<l. V.E. ha accennato a disposizioni superiori, avute direttamente, secondo cui avrebbe dovuto essere effettuato, entro il mese in corso, un dato schieramento alla frontiera greca . 2. Orbene, per ordine del Duce tale schieramento dovrà essere eventualmente attuato non per il 1° settembre, ma per il 1° ottobre p.v. 3. Conseguentemente il trasporto in Albania delle note tre divisioni di rinforzo rimane predisposto ma non viene effettuato sino a nuovo ordine. 4. V.E. riceverà in tempo utile da questo Stato Maggiore direttive operative e precisazioni circa il trasporto di cui sopra. 5. Nel frattempo V.E. modifichi, se I.o ritiene necessario, la dislocazione presa dalle truppe alle sue dipendenze, i.n vista dello schieramento di cui al n. I che avrebbe dovuto assumere per il 1° settembre, in modo che nel periodo di transizione non sia in sofferenza la copertura alla frontiera jugoslava»20 .

Con ciò l'intero programma relativo all'Epiro era chiaramente sospeso e, con molti condizionali, rimandato eventualmente al 1° ottobre. Dalla lettera si potrebbe comunque arguire, con giustificata perplessità, che l'impresa greca fosse già decisa; in realtà, a prescindere da un'indubbia carenza di precisione, la data del 1° ottobre non voleva significare affatto l'inizio automatico delle ostilità. Una settimana più tardi, infatti, Roatta chiarì che lo schieramento eventuale alla frontiera greca doveva essere predisposto per il 20 ottobre, anziché per il l O del mese e che l' arrivo dei rinforzi significava non l'ordine di assumere uno schieramento offensivo per il 20 ottobre, bensì la possibilità di assumerlo quando e qualora precisato. Inoltre informò della prossima diramazione cli nuove direttive concernenti tutte le ipotesi; e cioè misure di sicurezza contro la Jugoslavia e offensive contro la Grecia per occupare l'Epiro settentrionale ed eventualmente Corfù e le isole jonie; misure di sicurezza contro la Grecia e offensive contro la Jugoslavia (Emergenza E); difensive su entrambi i fronti.

19 LUIGI MONDTNT, Prologo

del conflitto italo-ireco, Garzanti, Milano 1945, p. 214. Roatta a Visconti Prasca in data 23.8.1940, in Diario storico Comando Superiore Albania. 20


Dopo l'espl icito invito tedesco a non sollevare vespai nei Balcani , fra Ciano e Jacomoni si era intrecciato uno scambio di corrispondenza che mostra come effetti vamente, e con convinto zelo, si mantenesse in potenziale efficienza quanto in corso di approntamento in fu nzione de i noti obiettivi 21 . Conoscendo l'influenza del ministro degl i Este ri su Mussolini e con quanta rapidità il vento potesse cambiare di direzione, sempre nel presupposto di una passegg.iata militare, non c 'è da stupirsi eccessivamente se Visconti Prasca continuava a coltivare l'impresa epirota. Il gen. Pricolo, ad onta della sua posizione di capo di S .M. dell ' Aeronautica, meno di tutti era informato circa progetti , piani e velleità balcaniche. Contattato direttamente dal sottosegretario per gli Affari Albanesi, Benini, il 9 settembre pensò bene di ri volgersi a Badoglio: «Supermarina e Superesercito hanno preso contatto con Superacrereo per lo studio dell'occupazione dell'Epirn, dell'isola di Corfù e delle altre isole joniche ( ...). L' argomento accennato non mj era noto fi no alla data d i ieri, 8 settembre. Per quanto sopra prego vivamente volermi comunicare le diretti ve necessarie all'impostazione dei vari problemi e fino a qual punto debbano intendersi esecutive le predisposizioni che verranno messe allo srndio»22 .

Stando al gen. ArmeJlini, Badoglio avrebbe parlato con Mussolini ed il risultato sarebbe stato che «la Grecia tramoota»23 . In effetti il maresciallo aveva prospettato la necessità di giungere ad una precisazione e ad una visione più realistica della guerra, stante l'esistenza d.i troppi progetti rispetto al le nostre forze e possibilità24 . I risultati purtroppo furono scarsi , anche perché Mussolini conservava piena fiduc ia in una prossima fine della guerra «in seguito al collasso dell 'lnghilterra)) 25 . Aci ogni modo, il 12 settembre Badogl io cercò di mettere a fuoco la situazione come meglio possibile in una lettera ai tre capi di Stato Maggiore: «(...) È ora necessario avviare gli studi ad un più preciso orientamento sulla base della sirnazione quale oggi si può prevedere. 1) Operazio ni contro la Jugoslavia (Emergenza E) . La situazione poli tica in J ugoslavia è dal Duce ritenuta tale da far pronosticare un rivolgimento a breve scadenza. Perciò per la fine del mese di ottobre deve es2 1 D01, 9"

serie, V, doc. 469,483,508, 509 , 514. USSME, Diario storico del Comando Supremo, eit., Il, tomo II, doc. 8. 23 G. SANTORO , L'Aero11a111ica italiana nella Il guerra mo11diale, cit., I, p. 155. 24 Q. ARMELLINI, Diario di guerra, c iL, p. 79. 25 Ibidem, p. 83. 22


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_ _ _ _ ____,1'-"' 0"' Ll"TI -"C'-' 'A-"' E.,,_ STR. = '\TEGJA IN CENTO ANN1 DI GUERRE ITALIAN[;

sere ultimato lo schieram.e nto in modo da essere in grado di approfittare di un eventuale sconvolgimento interno. 2) Operazioni contro la Grecia (Emergenza G). Deve considerare l'ipotesi di un nostro intervento armato per occupare la Ciamuria in Epiro, ed eventualmente l'isola di Corfù cd in secondo tempo le isole di S. Maura, Cefalonia e Zante. Linee generali dell'operazione: quelle previste nella Emergenza G delle Direttive per le operazioni in Albania diramate dallo Stato Maggiore dell'Esercito(...). fl trasporto oltremare dei rinforzi occorrenti alle truppe d'Albania deve essere ultimato per la fine settembre. 3) Operazioni contro la Francia. a. Occupazione della vaUe del Rodano. L'occupazione è da ritenere sospesa. b. Occupazione della Corsica. Sarà effettuata, qualora venga ordinato, con truppe della Sardegna. c. Occupazione della Tunisia. Potrà essere effettuata con la 5" armata( ...). 4) Gli studi per le eventuali operazioni d.i cui sopra dovranno essere compiuti al più presto da parte degli Stati Maggiori delle Forze Armate ( ...)>>.

Naturalmente a base di tali studi stavano i piani operativi approntati dallo Stato Maggiore dell'Esercito per l'azione terrestre ed il concorso aereo e navale doveva essere previsto in armonia a detti piani26 . Anche se il gen. Armellini dovette registrare uno sfogo di Visconti Prasca: «In Albania - annotò - tutti danno ordini: noi, il Ministero della Guerra, lo Stato Maggiore dell'Esercito, Ciano, Benini, Jacomoni, il Duce. E Visconti Prasca non sa da che pa1te voltarsi>> 27 , tutto sommato la pianificazione proseguiva quasi esclusivamente per dovere d'ufficio. Difatti il 25 settembre, in una riunione dei capi di Stato Maggiore, Badoglio parlò della situazione politico-militare nei Balcani in termini di assoluta calma operativa, senza ventilare azioni né da parte nostra, né, meno ancora, da parte altrui. In definitiva, la convinzione del Comando Supremo, dello Stato Maggiore dell'Esercito e del ministero della Guerra che le due Emergenze fossero rinviate sine die era così salda da indurre a prendere provvedimenti per una buona sistemazione delle truppe nel periodo invernale ormai prossimo, senza prospettive belliche. Mentre a Roma spirava dunque una ce,ta aria di disam10, a Tirana si viveva persuasi - nonostante tutto - dell'immanenza, se non dell'imminenza, dell'azione. E bisogna riconoscere che la richiesta cli Visconti Prasca cli «co26 USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., II, tomo II, doc. l l . 27

Q. ARMELLINJ, Diario di guerra, cit., p. 79.


LA C,\MPAGNA CONTRO LA GRECIA.,__ _ __

noscere su quanti giorni presumibilmente potrei contare fra l'eventuale preavviso e la data che sarà fissata per l'attuazione del previsto schieramento operativo»28 era lecita e meritava una schietta rjsposta, almeno verbale.

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Dopo l'armistizio con la Francia si era stranamente diffuso un clima cli rilassatezza psicologica, un calo di tensione che aveva allontanato molte nubi dal cielo plumbeo della prima decade di giugno. L'ottimismo circa un'imminente fine del conflitto fu contagioso , al punto che in luglio.il ministero della Guerra, ovviamente con l'approvazione cli Mussolini, dispose una parziale smobilitazione a vantaggio della vita economica del paese e lo scioglimento di taluni Comandi e reparti non necessari. Adottata durante le ostilità, questa iniziativa non poteva che suscitare ince1tezze e sbandamenti con il prevedibile corollario di gravi danni allo strumento bellico. Il risultato pratico fu un profondo turbamento dell'intero assetto organico e spirituale dei corpi, a prescindere naturalmente dei continui cambi di indirizzo strategico . Ma questo era niente al confronto dj quanto avvenne in ottobre. Il 2 ottobre il gen. Soddu, su decisione di Mussolini e benestare di Badoglio, dispose una grossa riduzione nella struttura dell'Esercito e della forza alle armi: 600 mila uomini su 1.100.000 effettivi. L'insieme dei provvedimenti comprese tre distinte misure: il collocamento in congedo delle classi dal 1910 al 1916 comprese; il rientro alle sedi normali di pace delle grandi un ità e reparti esistenti sin dal tempo cli pace e quello ai rispettivi centri d.i mobilitazione di taluni reparti non esistenti in pace; l'assunzione cli una nuova struttura organica da pa.ite di alcune grandi unità. Il collocamento in congedo doveva iniziare il 10 ottobre. Esso ovviamente fu programmato a scaglioni, cominciando dalla più anziana delle sette classi interessate. Poiché la distribuzione delle classi nei corpi era press'a poco uniforme, ne derivò che il congedamento incise contemporaneamente su tutti i reggimenti, vale a dire su quelli destinati a sciogliersi come su quelli che dovevano rimanere in vita ad organici ridotti o pieni. Si aggiunse, poi, con dannose ripercussioni morali, la deliberazione - d' altronde forzata - di non congedare i militari appartenenti alle unità di stanza oltremare.

28 Diario slorico del Comando Superiore Albania, data 5.10.1940.


346

POLITICA E STRATEG IA IN CENTO ANNI

1)1 GUcRRÈ

ITALIANE

Il rientro in sede dei reparti dislocati in zona di radunata, prute per via ordinaria e patte per ferrovia, fu reso complesso da] fatto che le caserme sedi stanziali di pace erano ora occupate dalle truppe al deposito, dalle unità per la Difesa Ten-itoriale e da altre unità mobilitate. Quanto alle divisioni da conservare - una cinquantina - 20 di esse dovevano essere tenute sul piede di guerra «eventualmente ridotto» , colmando i vuotj provocati dal personale congedato con militari attinti da divisioni destinate a scontrarsi. Queste erano 30. Quindi, le prime, che assorbivano 300 mila uomini dei 500 mila disponibili in Italia a congedamenti effettuati, denunciarono una seria carenza di amalgama e di assetto complessivo; le seconde, che inquadravano i 200 mila uomini residui meno quelli destinatj agli enti territoriali e vari, risultarono costituite da appena 3 mila uomini circa. Per meglio tratteggiare il livello di efficienza dell 'Esercito italiano nell'ottobre 1940, riassumiamo le misure adottate nel giro di un anno come diretta conseguenza delle ostillazioni della nostra politica estera: - settembre 1939: mobilitazione parziale ma molto estesa; " ottobre-novembre I 939: smobilitazione; - primavera 1940: mobilitazione quasi generale; - luglio 1940: parziale smobi.litazione; - ottobre 1940: ampia smobilitazione.

Quest'ultima decisione fu veramente esiziale e può essere considerata una cli quelle - poche - che graveranno come macigni sugli sviluppi della campagna di Grecia. Il gen. Roatta cercò cli opporsi al provvedimento denunciando con tutta chiarezza le disastrose conseguenze alle quali si sarebbe andati incontro. In questi termini concluse la lettera del 5 ottobre indirizzata al ministero della Guen-a: «Ad ogni modo è opportuno che non sussistano equivoci di nessuna specie sulle conseguenze ineluttabili di tale stato di cose e cioè: - disperdimento nelle unità dell'affiatamento morale e de ll'addestrame nto collettivo finora conseguiti; - impossibilità di impiegare comunque le unità ad effettivi ridotti, se non si procede prima: • al comp.letamento del personale; • alla ridistribuzione delle armi, dei materiali e degli autoveicoli immagazzinati; • ad una nuova requisizione di quadrnpedi, previa rivista e precettazione (se avviene la vendita);


347

• alla ricostinizionc dei Comandi, enti e servizi soppressi; • ad un certù affiatamen to e riaddestramcnto collettivo. In altre parole deve essere ben chiaro che, se si volessero in futuro compiere operazioni in più di quelle previste per la massa di manovra29 , occorrerebbe procedere ad una nuova mobilitazione totale. Deve essere ben chiaro altresì che codesta nuova mobilitaz ione totale non è possibile a brevissima scadenza( ...). Tutte le considerazioni sopra esposte, pur non po11ando ad una conclusione netta (perché occorrerebbero dati che orn sfuggono) po1tano peraltro a ritenere, in via orientativa, che una nuova mobilitazione totale non si potrebbe iniziare prima di aprile 194 l e completare (in tutti i suoi elementi) prima della fine di magg io» 30 .

•Non risulta che il ministero sia rimasto turbato dalle prospettive illustrate da Roatta. In ogni caso, non bisogna credere che le carenze dell'Esercito fossero solo una conseguenza dei dissennati provvedimenti di smobilitazione o di riordi namento. La loro gravità era connessa con la loro «strutturazione». Ammesso (comunque non fu fatto) che le di visioni fossero portate al 100% degli organici e dotazioni, sarebbero rimaste di per sé povero strumento bellico; ammesso (e comunque non fu fatto) che le unità del genio e delle trasmissioni fossero incrementate e portate al 100% degli organici e delle dotazioni , sarebbero rimaste inadeguate al compito; ammesso (comunque non fu fatto) che le Intendenze d'armata ed i servizi di corpo d'armata fossero stati portati al 100% di organici, dotazioni e scorte, sarebbero rimasti di per sé troppo g racili per sostenere la guerra in Africa settentrionale e perfino lo sforzo iniziale in Grecia, per non parl are della Russia.

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Il 10 ottobre, come detto, ebbe inizio il congedamcnto. Ma il 12 ottobre Mussolini seppe che, in segu ito a richiesta del nuovo governo romeno istituito dal gen. Antonescu con un colpo di Stato il 4 ottobre, una forte missione militare tedesca era entrata in Romania per garantire la sicurezza della zona petrolifera. Ciano annotò: «( ...) [il Duce] sopranutto è indignato per l'occupazione gcrrnanica della Romania. Dice che ciò ha profondamente e malamente impressionato l'opinione pubblica italiana, poiché dall 'arb itrato di Vienna nessuno si aspettava questo risultato. 29

Si trartava delle 20 divisioni da tenere prossime all'organico di guerra. e lo Stato Maggiore, cit., pp. 77-78 .

30 F. Rossi , M11ssoli11i


348 _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ ___,_P"' OL"'-IT :.:.l"" CA -'-'E"-'S'-' T'-" RA =TEGIA lN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

"Hitler 1ni. mette sempre di fronte al fatto compiuto. Questa volta lo ripago della stessa moneta: saprà dai giornali che ho occupato la Grecia. Così l'equilibrio verrà ristabilito". Domando se è d'accorcio con Badoglio: "Non ancora - risponde - ma do le dimissioni da Italiano se qualcuno trova delle difficoltà per battersi coi greci". Ormai il Duce sembra deciso ad agire. In realtà, credo l' operazione utile e facile» 31 .

L'impennata di Mussolini, offesosì per non essere stato preavvisato da Hitler nell'incontro dì otto giorni prima al Brennero, derivava in realtà da un complesso d'inferiorità che stava agitandosi nel suo animo da qualche tempo. Sin dalla metà di settembre, difatti, sapeva che la Romania aveva chiesto la collaborazione tedesca per la riorganizzazione dell'esercito32 ed il 10 ottobre l'ambasciatore von Mackensen aveva comunicato ufficialmente quanto da Ribbentrop già anticipato a Ciano in occasione della visita dì quest' ultimo per la finna ciel Patto Tripartito (27-28 settembre) , e cioè l'adesione del Ftihrer alla preghiera del gen. Antonescu con «alcune formazioni di istruzione» ed anche con l'invio di unità aeree da caccia33 . Piuttosto un forte motivo dì contrarietà era rinvenibile nella constatazione che la Romania appariva ormai decisamente condizionata dalla Germania, la cui penetrazione economica era «costantemente preceduta ed appoggiata da un'intensa e talvolta minacciosa pressione di carattere politico-rnilitare»34. È pur vero che 1'8 ottobre il nostro ambasciatore Chigi informava che Antonescu sembrava desiderare una partecipazione italiana «accanto e d'accordo con la Ge1mania>>35 , ma alla replica di Ciano di provocare da parte romena una fom1ale richiesta «in modo da far chiaramente capire trattarsi di un naturale desiderio della Romania anche e soprattutto dì fronte al governo germanico» 36 , Chigi dovette ammettere di reputare «difficile» che Antonescu si prendesse la briga dì chiedere d'iniziativa reparti italiani senza precedenti accordi fra Roma e Berlino»37 . Mussolini si sentì ferito nell'orgoglio. Si rendeva conto che nel Patto d'Acciaio il partner forte era Hitler; che la Germania la faceva da padrona trattando ambiguamente con l 'Unione Sovietica, accattivandosi 31

G. CtANO, Diario, cit., p. 470. Chigi a Ciano in data 15 e 16.9.1940, DDI, 9" serie, V, doc. 590 e 596. 33 Nota verbale data 10.10.1940, ibidem., doc. 707. 34 Chigi a Ciano in data 7 .10 .1940, ibidem, doc. 659. 35 Chigi a Ciano in data 8.10.1940, ibidem, doc. 676. 36 Ciano a Chigi in data 9.JOJ940, ibidem, doc. 694. 37 Chigi a Ciano in data 12.10.1940, ibidem, doc. 7 14. Il giorno dopo Chigi tolse ogni eventuale speranza: la domanda romena di una vera e propria missione militare era all'atto pratico improponibile senza una preliminare intesa fra Germania e Italia (ibidem, doc. 720). 32


1, A CAMPAGNA CONTRO LA GRECIA~ - - - - - --

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Ungheria e Bulgaria, stabilendo una sua forte presenza in Romania, tacendo all'Italia le proprie mire balcaniche e, per contro, ammonendola che «da parte dell'Asse si deve evitare qualsiasi gesto che possa non essere di assoluta utilità» nella nuova favorevole fase della guerra38 . 11 13 ottobre Ciano annotò sul diario: «Niente di nuovo». Non era vero. In quel giorno e nei successivi 14 e 15 l'idea di attaccare la Grecia assunse forma e consistenza. Quella mattina Badoglio ricevette da Mussolini disposizioni di «far preparare le operazioni per l'esigenza G in modo da poterle iniziare per il mattino del 26 corrente>>39 . Non risulta che egli abbia mosso obiezione alcuna, né per il fatto di non essere stato tempestivamente consultato in proposito, né per il momento critico che l'esercito stava attraversando e per le difficoltà che Graziani incontrava in Libia. Non chiese neppure per quale motivo l'apertura delle ostilità dovesse aver luogo il 26 ottobre. Si limitò ad ordinare a Supennarina cli mettere a punto i trasporti per la spedizione cli Corfù, a Superesercito che tutto fosse pronto alle ore Zero del 26 in Albania per l' Emergenza G, a Superaereo cli rinforzare l'Aeronautica d' Albania40 . Il mattino del 14 Badoglio e Roatta si presentarono a Palazzo Venezia, ove li attendeva Mussolini per trattare di «una eventuale campagna per l'occupazione dell'intera Grecia?> 41 . Mussolini entrò subito in argomento, dichiarando che il comportamento della Grecia era diventato così favorevole agli Alleati che egli giudicava inevitabile occuparla. Quindi chiese l'entità delle forze reputate necessarie e quanto tempo comportasse il loro schieramento alla frontiera greca. Roatta rispose: «che giudicaavo necessario, sino da l primo inizio della campagna l' impiego contemporaneo cli 20 divisioni. Ed in quanto al tempo significai che occ(mevano tre mesi dall'ordine esecutivo all'inizio delle ostilità. A condizione, però, che l'esercito venisse subito rimobi litato e che fossero adottate l11tte le restrizioni necessarie nei trasporti terrestri e marittimi civili, per assicurare in detto termiJ1e l' aJTivo in Albania, e la loro sistemazione sulla base di partenza, delle truppe e dei materiali ( .. .), senza peraltro pregiud.icare i trasporti per la Libia. Mussolini si rivolse a.I Capo di S.M. Generale, il quale si associò ai miei punti di vis ta. Allora il Duce li approvò a sua volta, ordinò di dare subito le predisposizioni del caso e di preparare il progetto opexativo,>42 . 38 39 40

R. MOSCA , L'Europa verso la catastrofe, cit., Il, p. 242. USSME, Diario slorico del Comando Supremo, cit., 11 , tomo I, p. 224.

Ibidem, p. 221. Q. ARMBLLlNl , Diario di guerra, cit., p. 113. 42 M. ROATJ:.\, 0110 milioni di baionette, cit..,pp.121 - 122. 41


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POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

Nel pomeriggio Roatta chiamò i suoi collaboratori e tracciò le linee generali di un'azione tendente a sospendere la smobilitazione in corso, a rimobilitare in toto l'esercito ed a definire un piano di trasporto per l' Albania, sì da raggiungere le 20 divisioni ritenute indispensabili. Infine impartì al gen. Visconti Prasca - convocato a Roma insieme con il Luogotenente Jacomoni - le direttive affinché fin dall'inizio delle operazioni si realizzasse uno sforzo massiccio e senza interruzioni. Il comandante delle truppe d'Albania accolse la data del 26 ottobre senza battere ciglio, evidentemente considerando l'ordine pienamente attuabile. Alle 11 del 15 ottobre ebbe luogo a Palazzo Venezia la fatale, storica riunione, sulla quale tanto è stato scritto. Erano presenti Ciano , Jacomoni e Visconti Prasca, Badoglio e Soddu. Non invitati i capi di S.M. di Forza Armata, ma Roatta fu chiamato d' urgenza a riunione iniziata, mentre gli altri furono trascurati; il principale esponente italiano in Grecia, Grazzi, il capo del S.I.M., Gen. Amé. Coloro che non erano stati convocati, tutti contrati alla gue1Ta, avrebbero potuto smentire con dati concreti determinate affermazioni fatte con molta supeliicialità. Secondo il verbale originale43 - la cui lettura suscita una impressione innegabilmente penosa - Mussolini aprì la seduta illustrando lo scopo della riunione: «definire le modalità dell'azione, nel suo carattere generale, che ho deciso di iniziare contro la Grecia». Precisò che il primo tempo di questa azione doveva concludersi con la conquista delle isole jonie e di Salonicco , il che avrebbe migliorato la posizione dell'Italia nel Mediten-aneo rispetto all 'Inghilten-a. In un secondo tempo, od anche di seguito, si sarebbe passati alla occupazione integrale della Grecia. Poi precisò di aver stabilito anche la data, «che a mio avviso non può essere ritardata di un'ora: cioè il 26». Assicurò di aver maturato lungamente «da mesi e mesi» !'.impresa. Infine accennò a Jugoslavia e Turchia, dandone per ce,ta la neutral.ità , ed alla Bulgaria, dandone per probabile l'intervento al nostro fianco.L'inizio era tipico dell'uomo. Una premessa psicologicamente imposta e tenuta fuori da un'eventuale disamina, dalla quale il resto doveva discendere come naturale conseguenza. Senza soffermarci sui molti spunti di commento offerti dal verbale44 , diciamo che nel colloquio vennero eliminari, uno ad uno, tutti gli elementi 43

USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., Il, tomo II, doc. 49. DDI, 9" serie, V, doc. 728. In proposito cfr. M. MONTANARI, L'Esercilo italiano nella campagna di Grecia, cit., pp. 60-73. 44


L.A CAMPA9NA CONTRO L'\.~ GR = E=Cl~.A._ _

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condizionatori del problema operativo, senza contrasti, quasi che gli interlocutori fossero ipnotizzati. L'Emergenza G si basava sulla sicura e forte pressione o minaccia bulgara: l'intervento bulgaro venne accettato come semplicemente probabile. L'occupazione della Grecia esigeva venti divisioni a pié d'opera: si accettò il 1inforzo di tre divisioni da montagna «in un primo tempo)) e comunque dopo la conquista dell'Epiro. La preparazione dell'invasione richiedeva tre mesi: la possibilità (per modo di dire) di sbarcare tre divisioni in una notte ad Arta eliminò ogni difficoltà. La questione dei trasporti marittimi era essenziale per l'invio dei rinforzi e dei rifornimenti in Albania: fu risolta trascurandola. La conquista dell'Epiro pdteva, con molta immaginazione, essere pensata come impresa politico-militare consentita obtorto collo da Atene, mal' occupazione dell'intero paese avrebbe certamente trovato l'esercito greco , già quasi sul piede di guerra e schierato, in maggior parte, alla frontiera albanese, deciso ad opporsi: ebbene, questo fu semplicemente ignorato. La smobilitazione in corso doveva essere immediatamente bloccata, come già chiesto da Roatta: anche su questo argomento scese il silenzio. Lo svernamento dei reparti in tempo di pace, questione che, dopo tutto, rientrava nella competenza dei Comandi d'armata o dei Comandi Superiori, aveva talmente preoccupato il sottosegretario alla Guerra da indurlo a chiedere assicurazione sulla sua rapida soluzione: adesso che il problema si ingigantiva per il rapido incremento degli uomini e dei quadrupedi e che appariva la prospettiva di farli accampare per tre mesi .invernali, cioè sino a tutto gennaio 1941 in attesa dell'inizio della marcia su Atene, non una parola veniva detta. A dispetto dello sconfortante ottimismo che traspare dal verbale , al termine della riunione Roatta, a suo dire, man ifestò dubbi sull 'opportunità di un attacco così precipitoso e con forze limitate a Soddu, il quale gli avrebbe risposto di stare tranquillo perché circostanze di natura poli~ tica davano la certezza di un pronto e facile successo, anche prescindendo dalle truppe impiegate45 . Effettivamente circolava una voce insistente, pur se ammantata di mistero, secondo la quale alte personalità greche, avverse al regime di Metaxas, avrebbero agito in nostro favore in modo da costringere il governo ad accogliere le nostre richieste e, comunque, da farci incontrare una resistenza assai blanda. 45 M. ROATTA, Otto milioni di baionette, cit., p.127. Cfr. E. GR.'\ZZI , 11 principio della jìne, cit., p. 221. Però Armellini scrisse che Badoglio, parlandogli del rapporto di quella mattina a Palazzo Venezia, gli comunicò, ovviamente su informazione di Mussolini, che ,da Germania invierà in Romania 30 divisioni» (Diario di guerra, cit., p. 116).


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Quanto a Badoglio, il mattino seguente tornò sull'argomento con Mussolin.i e riepilogò le modalità secondo le quali potevano svilupparsi le operazioni in Grecia: raccogliere tutte le truppe occorrenti all'impresa e poi iniziare e concludere sollecitamente l'impresa; oppure, in alternativa, cominciare l'azione in Epiro con le truppe in posto e procedere in secondo tempo con i rinforzi che nel frattempo sarebbero sbarcati ad Arta. «In entrambi i casi - scrisse sul diario storico ciel Comando Supremo tempo previsto tre mesi circa. Il Duce decide che venga attuato il secondo caso ( ...)» 46 . In sostanza, a prescindere dallo sbarco ad Arta, che evidentemente era tanto desiderato da apparire fattibile, non sussisteva ombra cli incertezza: intanto prendiamo l'Epiro con quello di cui disponiamo in Albania; poi, con tre mesi di tempo, occuperemo l'intera Grecia. Se Badoglio, a conti fatti, si era adattato alla decisione di Mussolini, i capi di Stato Maggiore insorsero. Il 17 si riunirono al Comando Supremo e si espressero senza perifrasi. Roatta si dichiarò molto perplesso sull'avviare un'operazione del genere quando 300 mila uomini erano stati appena congedati e gran parte dell'opera cli smobilitazione compiuta. Cavagnari ribadì l'utopia di uno sbarco di tre divisioni in una notte a Prevesa, ma altresì precisò che per portare ad Arta le tre divisioni era bene calcolare tre mesi. Pricolo, che ancora si rammaricava per l'invio del corpo aereo in Belgio47 , avvertì che per la data stabilita non poteva assicurare nemmeno il materiale schieramento dei reparti sui campi di aviazione designati e che gli occorreva almeno una settimana in più. Badoglio riconobbe la fondatezza delle obiezioni e promise che avrebbe chiesto una riunione collegiale presso Mussolini per discutere la convenienza di un rinvio. Nei due giorni seguenti, 17 e 18 ottobre , l'influenza negativa di due personaggi, Ciano e Soddu, si palesò determinante nell'evitare la predetta riunione a Palazzo Venezia, nel corso del quale

46

USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., II, tomo I, p. 241. Il Corpo Aereo Italiano inviato per partecipare alla battaglia d'Inghilterra si era appena raccolto in Belgio e sin dai primi contatti con la Luftwaffe, erano emerse in tutta evidenza l'inferiorità dei nostri apparecchi (specialmente dei bombardieri) e l'insufficiente preparazione dei piloti in tema di impiego del radiogoniometro di bordo e di navigazione assistita. Il rientro del C.A.I. verrà deciso a metà dicembre 1940, vista la critica s ituazione creatasi in Albania ed in Africa settentrionale (N. ARENA, La Regia Aeronautica 1934- 1943, cit., I, pp. 224-228). 47


LA CAMPAGNA CONTRO LA GRECIA

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l'opposizione dei capi di Stato Maggiore avrebbe avuto campo di esprimersi con il supporto cli dati cli fatto. Entrambi si erano ormai sbilanciati con Mussolini sostenendo trattarsi di successo a portata di mano senza problemi. Anzi, Ciano confidò apertamente a Badoglio di «essere riuscito ad avere dalla sua diverse notabilità greche, alcune facenti parte dell'attuale governo, per il rovesciamento del governo stesso e per il passaggio della Grecia dalla nostra parte» e soggiunto che «ciò gli era costato un po' caro»48 . Il risultato fu che Badoglio , evidentemente convinto da Sodclu, non insistette nel proposito49 e il 18 ottobre, dopo il giornaliero rapporto a Palazzo Venezia, scrisse sul diario storico: <<Il Duce mi parla [!] delle operazioni in Grecia e, in vista dello stato della preparazione, conviene di ritardare l'inizio cli due giorni» 50 . Difficile un commento. Dulcis in fundo. Il 2 1 ottobre una notizia inattesa fornì a Badoglio l'ultima occasione per una decisa e assolutamente motivata opposizione all'impresa. Questa, come sappiamo, fondava buona parte della sua «fattibilità» su due pregiudiziali, l'una politica e l'altra politico-militare. La prima - rassegnazione greca - era stata garantita da Ciano a dispetto della situazione interna ellenica descritta dal ministro Grazzi i prinù di ottobre: «( ...) Pur facendo parte dovuta ad esagerazioni di informatori, è fuori dubbio che la Grecia ha sotto le arnù 250.000 uomini, per la maggior parte già schierati alla frontiera( ...) . Da questa concentrazione( ...) e da spir.ito pubblico si dovrebbe desumere che Governo di Metaxas tenterà di respingere ogni tentativo di invasione e che non sarà possibile ottenere da esso senza uso della forza cessioni territoriali , consenso ad occupazione cli zone o punti strategici e probabilmente nemmeno atti concreti di adesione della Grecia ali' Asse( ...). ( ...) Governo Metaxas si è collocato da se stesso nell'impossibilità di retrocedere, senza porre contro di sé non solo inglesi e turchi, ma stessa opinione pubblica nèlla quale spira vento di estremismo nazionalista mai sinora veduto( ...). Mai Presidente Metaxas ha avuto dietro di sé così totale unanimità di consensi ( ...)»51•

E quando (il 23 ottobre) venne per caso a conoscenza del lavorìo vantato da Ciano, Grazzi rimase attonito e non esitò a smentire qualsiasi collusione con esponenti greci: 48

P. B;\DOGLJO, L'Italia nella seconda guerra mondiale, cit., p. 53.

49 Q. ARMELLINI, Diario di guerra, cit., pp. 117-l18. 50

USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., 11, tomo I, p. 250 (corsivo

nostro). 51

Grazzi a Ciano in data 3.10.1940, DDI, 9" serie, V, doc. 667.


POU TICA e STRATEGIA JN CENTO ANNI DI GUcRRE ITALIANE

354

«In conclusione: nessun lavorìo politico-militare fu fatto in Grecia o, se fu fatto, fu affidato a persone che narrarono il falso ed alle quali, in materia di tanta gravità, si prestò una fede che nulla giustificava , con una credulità che sarebbe inanunissibile se invece di una guerra si fosse trattato di organizzare una scampagnata domenicale» 52.

La seconda pregiudiziale aveva aspetto più marcatamente mi.litare. Era stata posta da Badoglio e Roatta il 14 ottobre a Mussolini e da questi accettata: che la Bulgaria entrasse in guerra e trattenesse la pa1te maggiore delle forze greche (secondo la pjanificazione) o da sei-otto divisioni greche (secondo Badoglio)53 . L'importanza del concorso bulgaro non era certo sfuggita a M ussolini, il quale nella seduta del 15 ottobre non aveva mostrato dubbi sulla partecipazione di re Boris in un qualunque modo. Invece , contro ogni aspettativa il sovrano rispose all'invito del Duce che , a causa dell'incompleto riarmo dell'esercito, la Bulgaria era <<costretta ad agire con molta poderazione» e quindi «obbligata ad astenersi da un 'azione armata». Tuttavia garantiva che con il suo inequivocabile atteggiamento avrebbe impegnato «una parte considerevole delle forze dei suoi vicini»54 . Mussolini, irritato, minimizzò: «Faremo senza di lui - disse a Badoglio -. La marcia di Visconti Frasca sarà tanto rapida che attirerà verso Atene le forze greche del nord, se pure non si sfasceranno per andare ciascuno a casa propria>,55 .

Badogl io ascoltò e poi uscì dall' ufficio di Mussolini <<con poca convinzione»56 . Tutto q1d. Accettò la decisione , pur sapendo che le forze cl' Albania non avevano alleati e pur dubitando delle garanzie offerte da Ciano. I primi di dicembre asserì al gen. Guzzoni che la situazione gli era stata presentata in questi termini: la Ciamuria sarebbe insorta, l'esercito ellenico non avrebbe combattuto , i generali greci erano stati corrotti ed il governo Metaxas sarebbe stato sostituito da un governo Venizelos, filoitaliano ed anglofobo 57 . 52

E. GRAZZI, Il principio della fine, cit., p. 228. P. BADOGLIO, L'Italia nella seconda guerra mondiale, cit., p. 51; M. ROAITA, Ot· lo milioni di baionette, cit., p. 120. 54 Re Boris a Mussolini in data 20.10.1940, DDI, 9" serie, V, doc. 746. 55 P. BAOOGLlO, L'llalia nella seconda guerra mondiale, cit., p. 54. 56 Ibidem. 57 C. BAUDINO, Una guerra assurda, Cisalpino, Varese 1965 , p. 143, testimonianza 53

del gen. Guzwni.


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A Berlino si era in attesa degli eventi con atteggiamento di freddo distacco. Sul diario di guerra de11'0berkommando der Wehrmacht il 30 ottobre venne scritto questo commento: «Obiettivi dell'operazione: l'occupazione di Corfù , il movimento su Gianina e la penetrazione fino al golfo di Patrasso, l'occupazione delle antistanti isole di Itaca, Cefalonia, Zante, nonché la prosecuzione su Atene e Salonicco. Comando affidato al comandante del XXVI corpo d' armata, generale Visconti Prasc a. Poiché delle nove divisioni dislocate in Albania, due risultano impegnate per la difesa del confine jugoslavo, la superiorità di forze potrebbe essere, nel caso di una se1ia opposizione da parte greca, non adeguata alle esigenze di un rapido successo» .

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*

*

Il piano per l'Emergenza G messo a punto dallo Stato Maggiore dell'Esercito i primi di settembre 1940 derivava dal progetto delineato dal gen. Geloso nel maggio precedente. La condizione operativa si traduceva in un'irruzione violenta su lanina e di tale entità da battere sicuramente l'avversario e raggiungere di slancio Arta e Prevesa, allo scopo di occupare J'Epiro settentrionale sino alla linea del fiume Arachtos . Nel contempo una fo1te cope1tura verso la Macedonia avrebbe garantito il fianco sinistro del dispositivo. Forze destinate all'operazione: 6 divisioni di fanteria, una alpina, una corazzata e supporti vari. L'occupazione di Coti"ù costituiva azione distinta, coordinata dal Comando IX corpo d ' annata cli Bari. Al termine della riunione del 15 ottobre, Mussolini concluse: «offensiva in Epiro, osservazione e pressione su Salonicco e, in secondo tempo, marcia su Atene». A patte la «pressione su Salonicco», la grossa novità era il «secondo tempo», cioè l'avanzata su Atene una volta sbarcati rinforzi sufficienti. Non era mai stato preso in considerazione ma, come abbiamo visto, fu accettato da tutti, dando per scontato un successivo sbarco ad Arta. Il 23 ottobre il Comando Supremo riepilogò tutte le operazioni legate ali' Emergenza G ed il giorno successivo Badoglio commentò il piano alla riunione dei capi di Stato Maggiore. Bisogna nuovamente rilevare in questa sede 1'assenza cli una qualunque parola di dissenso da parte del capo cli SM. Generale, ì1 quale quarantott' ore prima aveva saputo del rifiuto di re B01is ad intervenire. Le sue osservazioni sul piano definitivo non possono non suscitare sconce,to: «Lo schieramento attuale delle forze greche non potrà essere variato per parecchio tempo, data l'enorme diffico ltà di movimento sia per la natura del leJTeno, sia per la scarsità delle comunica,.ioni e dei mezzi( ...).


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Dal primo o secondo giorno ve!l'emo a conoscere il contegno jugoslavo. Per quanto mi ha detto il Duce, e io sono cli questo parere, la Jugoslavia non si muoverà. li Duce mi ha detto anche che non si muoverà la Turchia ( ...). Sembra allora opportuno che il Comandante delle trnppe prenda un duplice ordine di provvedimenti: tenere sempre una divisione indietro pronta a sostenere la divisione che lancia verso la direttrice di Salonicco, e disimpegnarne un'altra dalla frontiera jugoslava ( ...) e farla affluire a sud; avrà in questo modo una riserva di due divisioni ( ...). In questo modo noi saremo in condizioni cli far fronte ad un'eventuale controffensiva, per quanto poco probabile, da parte delle truppe greche ed avremo anche una imbastitura per le azioni di secondo tempo,>58 .

Un confronto con le disponibilità greche non venne neppure abbozzato, anche se proprio quel giorno il diario storico del Comando Supremo riportava le notizie che la forza alle armi dell'esercito ellenico si aggirava sui 320-350 mila uomini, che le divisioni di Patrasso e dì Nauplia sembravano essere già alla frontiera epirota e che ad Alessandria risultava pronta ali' imbarco una clii visione britannica per occupare Creta ove la Grecia fosse investita clali' Asse59 . Il dispositivo stabilito dal gen. Visconti Prasca per l'offensiva in Epiro si articolava su tre complessi di forze: il nuovo corpo d'armata della Ciamuria (gen. Carlo Rossi) su due divisioni di fanteria (Ferrara e Siena) ed una corazzata (Centauro) sulla direttrice Kalibaki-Janina-Arta; la divisione alpina Julia alla sua sinistra per bloccare il passo cli Metsovo, sul Pindo; il raggruppamento del Litorale sulJa destra, sulla direttrice dì Prevesa, per chiudere lo sbocco sud dell'Epiro. Il rapporto cli forze cli fanteria vedeva 33 battaglioni complessivi (23 btg. f., 2 btg. cc.nn. e 8 btg . albanesi) italiani contro 33-36 battaglioni greci supposti (in realtà. erano in posto 15 battaglioni, più reparti da posizione). Nel settore macedone doveva agire il XXVI corpo d'armata (gen._ Nasci) con le divisioni di fanteria Parma e Piemonte, e poi la Venezia. Rapporto di forze: 15 battaglioni italiani (cli cui uno dei carabinieri ed uno cli camicie nere) contro 28 battaglioni greci supposti (in realtà 22). In conclusione, le truppe italiane alla frontiera greca ammontavano a 140 mila uomini. I reparti erano al 100% degli organici cli guen-a per il personale , al 75% invece per i quadrupedi e gli automezzi . L'artiglieria di corpo d'annata era scarsa, specialmente dovendo battere la fortificazione semipermanente di frontiera. In due campi avevamo la netta supe58 59

USSME, Verbali delle riunioni tenute dal capo di S.M. Generale, cit., verb. n. 15. USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., II, tomo I, p. 279.


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LA CAMPAGNA CONTRO L.A GRECIA

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riorità: nei mezzi corazzati e nell'aviazione. La disponibilità di ben 160 carri contro zero fa effetto, ma solo sulla carta perché i nostri leggerissimi carri in quell'ambiente naturale valevano ben poco. La consistenza dell'Aeronautica d'Albania (gen. Ranza) era in corso di potenziamento, cosicché ai primi di novembre ammontava 8 squadriglie da bombardamento, 9 da caccia e 3 da osservazione aerea. Per completare l'incredibile processo organizzativo, rimane da accennare all'impo1tantissima questione dell'articolazione di comando. In sede di progetto per l 'Emergenza G, lo Stato Maggiore dell'Esercito aveva previsto l'invio in Albania cli un Comando d'armata con il gen. Gelosb, alle cui dipendenze sarebbero stati posti il Comando XXVI (finora coincidente con il Comando Superiore Albania) retto da Visconti Prasca ed un secondo nuovo Comando cli corpo. Mussolini però non accolse la proposta e si impuntò: le operazioni dovevano essere dirette da Visconti Prasca. L'argomento rimase in sospeso, anche per effetto dell'altalena del sì e no sulla guerra, fino al 14 ottobre. Una volta presa la decisione, lo Stato Maggiore dispose che alle dipendenze del Comando Superiore (che si sarebbe staccato dalla fu nzione di Comando del XVI corpo) fossero posti due Comandi di corpo d'armata retti da generali di divisione con l'incarico de) grado superiore (quindi inferiori in grado a Visconti Prasca) , l' uno costituito da un 'aliquota dell'attuale Comando XVI corpo con un altro generale e l'altro di nuova formazione a titolo di «comando tattico>> (?). In definitiva, una settimana prima della dichiarazione cli guerra arrivarono in Albania i generali Nasci e Rossi. TI primo trovò un Comando (XXVI corpo) dimezzato a profitto del Comando Superiore; il secondo trovò meno ancora e dovette provvedere personalmente racimolando personale fra le sue divisioni. Inutile cercare giustificazioni sia per un così grave ritardo cli soluzione in materia tanto delicata, sia per una soluzione così approssimativa. I Comandi Aeronautica (gen. Ranza) e Marina (amm. Turr) continuarono a dipendere rispettivamente da Superaereo e da Supermarina. II JO settembre 1939 lo Stato Maggiore greco aveva diramato il Piano !Ba, una variante del Piano IB (Italia-Bulgaria), stante una migliore sistemazione difensiva attuata in prossimità delle frontiere. La concezione strategica sullo scacchiere italiano prevedeva: difesa della Macedonia occidentale, affidata alla Sezione d'annata della Macedonia occidentale (SAMO) su due corpi d'armata poggiata su posizioni assai prossime al


- - - - - - - - ' -POLITICA E STIUffEG IA IN CENTO ANNI DI GUERRJ; ITALIANE

360

LE LINEE DIFENSIVE GRECHE

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J,A CAMl'J\GNi\ CONTRO tA GRECIA

confine; difesa dell'Epiro, affidata all'8a divisione r.inforzata , appoggiata al Kalamas, leggermente arretrato rispetto alla frontiera. Sullo scacchiere bulgaro operava la Sezione d'armata della Macedonia orientale. In riserva generale il I corpo d'armata di fronte alla prevista irruzione italiana dal Korçano. Oltre a queste truppe, era predisposto l'afflusso di altre unità per rinforzare il dispositivo avanzato o per agevolarne il ripiegamento sulla retrostante linea IB.

2. LE b

PERAZIONI INIZIALI

(28

OTTOBRE -

4

DICEMBRE

1940)

Il corpo d'armata Ciamuria iniziò l'offensiva nel settore epirota all'alba del 28 ottobre nella conv inzione che tutto procedesse per il meglio. Il grosso - costituito dalla D.f. Ferrara e dalla D. cor. Centauro attaccò fra la Vojussa ed il Dhrinos per rompere la posizione di resistenza greca in corrispondenza del bivio di Kalibaki. A parte le pessime condizioni atmosferiche che cominciavano a pesare e che stavano provocando un abnorme ingrossamento dei corsi d'acqua, tutti a regime torrentizio, il giorno 30 la situazione sembrava rientrare nelle previsioni, talché il gen . Rossi diramò l'ordine per la prosecuzione dello sforzo su lanina, ad avvenuta occupazione di Kalibaki. La linea greca presentava una buona sistemazione difensiva: solidi elementi di trincea, postazioni semplici e doppie per mitragliatrici, opere in cemento armato, ostacoli anticarro numerosi e svariati, buona osservazione del tiro per le artiglierie. Così, sin dal primo urto contro le postazioni del1'8 11 divisione ellenica, apparve chiaro che si trattava di impresa niente affatto semplice. L'attacco dunque si esaurì il 3 novembre, mentre più a sud la progressio.:ne della D.f. Siena, sul medio Kalamas, era bloccata dall'impossibilità materiale di passare il corso d'acqua, inguadabile ed in forte piena . Sulla sinistra del corpo d'armata, a dispetto delle interruzion i, ciel freddo già intenso e della piena dei torrenti, la D. alp. Julia aveva varcato il confine travolgendo i posti greci di frontiera ed occupando il 31 il nodo montano di Furka. L'avanzata di questa divisione nel Pindo non era stata prevista dal Comando greco nella misura in cui stava verificandosi . Soprattutto la rapida occupazione del monte Stavros aveva messo subito in crisi l'organizzazione difensiva del Distaccamento del Pinclo . Lentamente, ma inesorabilmente, si diffondeva la sensazione di uno sfondamento ineluttabile. Le segnalazioni dei reparti attaccati erano


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POI .ITl(;A E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

preoccupanti e la minaccia della separazione delle forze del Pindo da quelle della Macedonia occidentale si profilava ormai prossima, ma il Comando Supremo corse ai ripari con prontezza ordinando di avviare sul Pindo tutte le unità più vicine (e ce ne'erano parecchie). Poi il 30 ottobre il gen. Papagos tolse il settore del Pindo dalle dipendenze della SAMO per affidarlo al II corpo d'annata, in grado cli condurre localmente la lotta e cli alimentarla in modo autonomo. Anche se da parte greca il momento era giudicato molto critico, la sera del 30 ottobre il quadro generale si era già modificato per effetto dell'arrivo delle nuove truppe . E il II corpo ellenico si accinse a recuperare il terreno perduto. Nel settore del XXVI corpo d'annata l'inizio delle ostilità fu caratterizzato da un'attività piuttosto vivace dei minori reparti di frontiera. Il gen. Nasci intendeva sviluppare un'azione dinamica per mascherare il proprio contegno difensivo e per occupare con qualche colpo di mano posizioni oltre confine atte a migliorare la situazione tattica locale. Le sue forze si riducevano alle divisioni Piemonte (con vincolo d'impiego, presto sciolto) e Parma, oltre ad un certo numero di supporti di corpo d ' armata. Come è facile immaginare il dispositivo consisteva in un puro e semplice velo difensivo, però stava sopraggiungendo la D:f. Venezia . Il Comando Supremo greco, dal canto suo , voleva creare un diversivo che riuscisse, in certo qual modo, ad evitare che gli italiani potessero concentrare tutta la loro attenzione sull 'Epiro. Di conseguenza ordinò alla SAMO cli promuovere un'azione offensiva volta all'occupazione di Korça, cosa che avrebbe sollevato il morale dell'esercito e della nazione tutta. A tale scopo il 1° novembre assegnò ad essa l' 11" divisione ed avvicinò alla frontiera la 17a divisione, destinata inizialmente al fronte bulgaro. L'attacco, previsto dapprima per il 31 ottobre, fu rimandato di ventiquattr'ore. La lotta, accanita, si protrasse per alcuni giorni. La sera del 5 novembre il gen. Nasci dispose lo sgombero delle posizionj di frontiera. Il giorno seguente a1Tivarono le prime unità della D.f. Arezzo e sul fronte macedone scese una temporanea stasi: gli italiani cercavano di dar vita ad una sufficiente organizzazione difensiva; i greci preparavano l'offensiva su Korça. Per quanto ci riguarda, la supposizione, base di tutto il piano operativo, che due divisioni bastassero per conferire sicurezza al settore macedone si dimostrò fallace. D'ora in poi la preoccupazione per la so1te del fianco sinistro del nostro dispositivo in Albania sarà sempre crescente. Lo svolgimento delle operazioni era stato attentamente seguito a Roma dai responsabili politici e militari. Con piena fiducia, conseguente al-


LA CAlv lPAGN/\ CONTRO L A GRECIA

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!'assolutamente ingiustificato ottimismo sempre manifestato, da patte di taluni. Con uno stato d'animo indefinibile, derivante dalla non piena persuasione circa le garanzie politiche di un rapido successo , da parte di altri. Il 1° novembre Badoglio riunì al Comando Supremo Soddu ed i tre sottocapi di Stato Maggiore per trattare dei rinforzi da spedire in Albania e dello sbaco a Corfù . Roatta prese subito la parola per illustrare sulla carta la situazione al fronte greco e precisò che, se pure il Comandante Superiore non aveva chiesto rinforzi - a parte ovviamente quelli necessari per il secondo tempo delle operazioni - le truppe dovevano essere molto provate a causa dell'inclemenza delle condizioni meteorologiche e non sarebbe stato mille disporre in posto di altre divisioni per consentire sostituzioni. E rappresentò inoltre che l'intero problema logistico mostrava segni di graduale peggioramento, visto che il passaggio dalle cinque divisioni iniziali alle otto attuali aveva in pratica dimezzato l'autonomia cli partenza. Ormai all'aumento delle truppe doveva sempre accompagnarsi un corrispondente incremento cli scorte. Badoglio si rivolse allora a Soddu: «Io prego Soddu di riferire al Duce quanto segue: noi avevamo promesso un congiuo numero di autocani ali' A.S.I. per la marcia su f\farsa Matruh; propongo al Duce che queste spedizioni siano sospese per ora e sia fatto affluire tutto in Albania(...). In Albania verrà subito sbarcata [a·divisione Bari; per ora non ci occuperemo di Corfù ( ...)» 60 .

Mussolini, che il 30 ottobre si era portato a Grottaglie ove intendeva impiantare il suo «Comando tattico» , volle vederci chiaro ed incaricò il gen . Pricolo di recarsi subito a Tirana per consegnare una lettera personale al gen. Visconti Prasca61 , ma soprattutto per appurare la reale si: tuazione. Il 2 novembre Pricolo raggiunse il Comandante Superiore a Doliana, cli fronte a Kalibaki, ed ebbe con lui una conversazione dellàquale riportò i minùni particolari62 . Indubbiamente egli ricevette, dal colloqu io e dalle impressioni di viaggio, una assai sgradevole sensazione di sbigottimento, al punto da parlarne in serata, appena rientrato a Grottaglie, con Soddu, il quale ebbe cura di interrompere il discorso. Le lllusioni stavano cadendo. Mussolini, resosi conto che la sua presenza a Grottaglie era del tutto fuori luogo, il 2 sera tornò a Roma. 60 USSME,

Verbali delle riunioni tenute dal capo di S .M. Generale, cit., l , verb. n. 16. La lettera, scritta il 31 ottobre, conteneva fras i di compiacimento, Mussolini non la modificò. 62 F. PRICOLO, Ignavia contro eroismo, cit., Longanesi, Milano 1971 , p. 14 e seg. 61


"' 3"64 - ' - - - - - - - - - - - - - - - - - - 'l'-". 'O"'LITICA E STRATEGIA I N CENTO ANNI DI GUERR E ITALIANE

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Prima di salire sull'aereo a Brindisi aveva ricevuto una lettera di Ciano, recatosi per proprio conto a Tirana: «31 ottobre - annotò sul diario il ministro -. Ancora tempo cattivo. Scrivo una lunga lettera al Duce. Qui ci si lamenta della cattiva volontà dello Stato Maggiore Generale, che non ha fatto quanto doveva per preparare l'a:lione. Badoglio era convinto che la questione greca sarebbe stata risolta al tavolo della pace ed agiva con questa pregiudiziale. Il che ha av uto come risultato una preparazione molto più scadente di quanto fosse lecito attendersi},63 .

Di fronte alle .ire di Mussolini verso la direzione militare della campagntl, Soddu prese le distanze affermando che la responsabilità delle operazioni apparteneva allo Stato Maggiore dell'Esercito. Poi, secondo la testimonianza del gen. Pricolo, continuò: «Se io potessi avere un comando potrei rispondere dei provvedimenti da prendere. Vi chiedo, Duce, di anelare ad assumere il comando delle Forze Armate in Albania»64 . Lì per lì Mussolini non sembrò intenzionato a raccogliere l'inopinata autocandidatura del sottocapo dj S .M. Generale e sottosegretario per la Guerra. Nemmeno Badoglio era tranquillo. Mandò a Visconti Prasca un messaggio personale, le cui righe lasciavano trasparire una seria inquietudine, tanto più che chiudeva con la frase: <<Vi prego di dirmi esattamente e francamente come vedete situazione. Fatemo tutta urgenza teleavio»65. Visconti Prasca rispose con apparente sicurezza, ma non riuscì ad essere convincente: «(...) Ri tengo situazione non inquietante e con afflusso forze Italia sempre più favorevole scopi guerra. Mobilita:òone intero esercir.o greco richiede afflusso pronlù buone forze da Italia e disponibilità autocarri ( ... ). Necessario più che mai in questo primo periodo intervento a massa aviazione unicamente su obiettivi tattici aderenti truppe. Ripeto mia fid ucia esito finale anche se vi sono difficoltà momentanee per ragioni essenzialmente di trasporli e di maltempo»66 .

Ma, nel pomeriggio nel 4 novembre, Mussolini convocò improvvisamente Badoglio, Soddu ed i capi cli Stato Maggiore: le truppe cl' Albania dovevano essere potenziate sì da raggiungere al più presto il livello 63 64

G. CIANO , Diario, cit. , p. 318. F. PrucoLo, Ignavia contro eroismo, cit. , p. 20.

65

Diario storico del Comando Supremo, tele 361/op., data 4. 11.1940.

66

s. VISCONTI PRASCA, lo ho aggredito la Grecia, cit., p. 125.


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POLITIC/1 E ST R!'ITEGJ/1 IN CENTO ANNI 'OJ GUBRRE IT/\Lli\NE

di gruppo d'armate; il nuovo Comandante Superiore sarebbe stato Soddu; questi doveva intanto partire subito per Tirana per esaminare la s.ituazione e riferire persona) mente a Mussol ini. Il 5 novembre Soddu comparve a Derviçan i, dove Visconti Prasca segui.va il rinnovato attacco del corpo d'armata Ciamuria alla linea del Kalamas. Il colloquio fu breve ed amichevole, poi il visitatore si accomiatò manifestando l'intenzione di recarsi a Korça, alla sede del Comando del XXVI corpo. Al ritorno a Derviçani mise le carte in tavola: offrì a Visconti Prasca il comando di una delle due armate da costituire, quella dell ' Epiro; precisò che nel giro di pochi giorni egli avrebbe assunto il comando delle Forze Armate cl' Albania e si sarebbe stabilito a Tirana, dato l'allestimento in corso ciel cavo Brindisi-Durazzo che avrebbe reso possibile la conversazione telefonica fra Roma e Tirana67 . La situazione al 7 novembre era assai diversa da quella prefigurata nei disegni del Comando Superiore. Sul fronte dell'Epiro il corpo d'annata Ciamuria stava esaurendosi nel vano tentativo di sfondare a Kalibaki, mentre la Siena aveva a mala pena stabilito una testa di ponte sul basso Kalamas . Sul Pindo la Julia, a cinquanta chilometri in linea d'aria dal confi ne, era semiaccerchiata e si batteva bravamente, ma alle sue spalle, sull' arroccamento Erseke-Leskoviku , esisteva il vuoto. Nel settore macedone il XXVI corpo stava disponendosi sulla posizione d i resistenza. Visconti Prasca fu costretto ad ammettere che l'offensiva era fallita ed ordinò alla Julia di ripiegare su Konitsa. In realtà, non soltanto l'operazione si era arenata, ma sulla sinistra si profilava una minaccia di cui ancora non era possibile apprezzare le dimensioni e , ciò che è più grave, a tergo non si disponeva di truppe con le quali influire nella battaglia . Un telegramma al ministero della Guerra clava in poche righe l'esatta sensazione del fallimento dell'ambizioso piano operativo: «Nostro attacco può ritenersi a1Testato da resistenza nemica alt. Inutile sperare di raggiungere obiettivo fino a quando non saranno giunte altre divisioni ( ...)» 68 .

Di conseguenza, lo Stato Maggiore dell 'Esercito ordinò di sospendere l'offensiva e di sistemarsi sulle posizioni raggiunte, provvedendo a rendere sicura la zona di Konitsa. Quel g iorno - come sappiamo - Bado67

È oltremodo significativo che nessuno avesse pensato a questo collegamento nemmeno durante il lungo periodo della non belligeranza ! 68 Diario storico del Comando Superiore Truppe Albania, data 7.11.1940.


LA CAMPAGNA CONTRO!,A GRECIA

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glio indicò a Graziani la linea di condotta strategica della guerra in questi termini: «dall'Albania azione offensiva aereo-terrestre a fondo per l'integrale occupazione della Grecia( ...) dalla Libia azioni aeree e terrestri limitate alla conqista di Marsa Matruh ( ...)», specificando che «la principale operazione da condurre è quella che ha per obiettivo l' occupazione integrale della Grecia»69 . Il giorno 9 Soddu assunse il comando delle Forze Armate d'Albania, pur conservando gli incarichi di sottosegretario alla Guerra e di sottocapo di S .M. Generale, ed annunciò il nuovo ordinamento da assumere con l'afflusso dall'Italia di altri Comandi e cli grandi unità: la 2a armata70 t on Visconti Prasca a destra; la 9a armata con il gen. Vercellino a sinistra; l'Intendenza Superiore con il gen. Marfuggi. Ma a Roma gli eventi maturavano. Il 10 novembre Mussolini riunì i capi di Stato Maggiore per fare il punto alla situazione. Secondo il resoconto di Badoglio: «( ...) Il Duce prende la parola e fa la cronistoria delle azioni in Grecia, rappresentando come le previsioni di Jacomoni e di Visconti Prasca sul sollevamento della Ciamuria siano completamente fall ite. Essendosi verificato l'opposto, oggi le forze impegnate appaiono insufficienti all'azione. Ritiene quindi necessario inviare altre 7 divisioni ternarie, portare quelle in Albania su 9 battaglioni e tenere pronte a partire in Puglia altre 3 divisioni di riserva. Intende essere pronto per il 5 dicembre. Chiedo la parola per dire: il 14 ottobre, avete convocato me ed il generale Roatta e ci avete chiesto quante divisioni occorrevano per occupare la Grecia: abbiamo risposto venti ( ...). Il giorno dopo ci avete nuovamente riuniti, presenti le Eccellenze Ciano, Jacomoni e Visconti Prasca e, senza più interpellarci, avete dato ordine di attaccare il 26, divenulo poi il 28. J fatti sono quelli che avete esposto, ma cli questi fatti non può essere reso responsabile né lo S.M. Generale, né lo S.M.R. Esercito. In quanto ad attaccare il 5 dicembre, a meno che non si voglia ripetere quanto è avvenuto, non credo possibile ( ...)» 71 .

Mussolini, che aveva iniziato la seduta cercando con una certa disinvoltura cli riversare ogni addebito su Jacomoni e Visconti Prasca, si sentì invece accusare, neppure tanto velatamente, di essere il primo responsabile dell'accaduto. Non solo, ma che le sue decisioni cervellotiche - la data del 5 dicembre per riprendere l'offensiva - potevano ottenere unicamente la replica dello scacco. Accusò il colpo, senza reagire. Per il momento. Tolse la seduta, rimanendo in attesa delle conclusioni degli 69 70 71

USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., II, tomo Il , doc. 61. L'indicativo della 2" annata fu mutato, dopo un paio di giorni, in I l' armata. USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., II, tomo[, pp. 355-356 .


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POLITICA E STRATEGIA IN CENTO AN/.1 DI GUERRE ITALIANE

studi sul prosieguo delle operazioni. Nel pomeriggio del giorno successivo fece chiamare il gen. Geloso ed affidò a lui, invece che a Visconti Prasca, il comando della 11 a armata. Come se il quadro complessivo non fosse abbastanza preoccupante, giunse come un fulmine il vistoso attacco degli aerosiluranti inglesi a Taranto nella notte sul 12 novembre. Un'incursione che, studiata attentamente come operazione a se stante, venne attuata in coincidenza con l'arrivo di rinforzi per la Mediterranean Fleet, scottati dalla Forza H da Gibiltena al canale di Sicilia e poi congiuntisi il giorno 9 a Malta con la Mediterranean Fleet, ivi in attesa dopo aver scortato convogli a Suda ed a Malta. La nostra flotta era rimasta a Taranto, pronta a muovere, dall'8 all'll novembre in attesa di ordini da Supe1marina, che a sua volta aspettava precise infornrnzioni dalla ricognizione aerea sulle mosse della Mediterranean Fleet, debitamente avvistata72 . Inutile dire che la situazione strategica nel Medite1rnneo risentì profondamente dell'operazione che aveva messo fuori combattimento buona parte della forza navale italiana73 .

* L'll novembre arrivò a Tirana il gen. Vercellino; il 12 era la volta del gen. Arisio destinato al III corpo d'armata; U 15, nel tardo pomeriggio, giunse il gen. Geloso. Intanto era cominciato l'afflusso disordinato, perché disposto direttamente da Mussolini, dei rinforzi dall'Italia. A metà noverribre i rapporti di forza si traducevano all'incirca in 80 mila greci contro 45 mila italiani nel settore cli Korça; 32 mila greci contro 23 mila italiani nel settore Erseke-Leskoviku; 80 mila greci contro 47 mila italiani nel settore dell'Epiro. In riserva, 40 mila greci contro zero in campo italiano. Però i primi rinforzi, circa 10 mila uomini, erano già sbarcati in Albania. Il 14, d'improvviso, si pronunciò la controffensiva greca. All'inizio cli novembre, visto il favorevole andamento delle operazioni ed il soddisfacente sviluppo della mobilitazione e della radunata, al Comando Supremo greco si era posto l'interrogativo della linea strategica da assumere, tenendo ben presente l'inizio della stagione invernale. Dopo molte discussioni, il gen. Papagos ordinò alla SAMO di impadronirsi del Morova, una barra montana costituente il bordo orientale della conca di Korça, e possibilmente di portarsi sul Grammos, alla te72 A . .IACHINO, 73

Tramonto di una grande Marina, cit., pp. 241-242. A. CUNNJNGHAM, !..,'odissea di un marinaio, Garzanti, Milano 1952, p. 121.


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stata per così dire del Pjndo, per controllare l'arroccamento LeskovikuErseke-Korça, parallelo al confine. L'obiettivo del Morova fu dal gen. Pitsikas, comandante della SAMO, assegnato al III corpo d'armata rinforzato, mentre il raggiungimento del Grammos , considerato completamente rispetto al precedente, fu affidato al II corpo. L' Epiro, al momento , non rivestiva che una importanza secondaria perciò il I corpo, ivi schierato, doveva semplicemente riportarsi anche sul basso corso del Kalamas e, se possibile, al confine. In sostanza, alla base della decisione del Comando Supremo ellenico non vi fu una volontà strategica offensjva, bensì l'intento di migliorare in' modo sostanziale l'assetto difensivo. Furono gli eventi tattici , inaspettatamente più che favorevoli, che progressivamente mutarono un'operazione settoriale a braccio limitato in un'avanzata dell'intero fronte e poi in una vera e propria controffensiva. Soddu aveva avuto tempo e modo di soppesare la situazione in uno con i motivi dell'esaurimento dello sforzo iniziale . A parte l'evidente sproporzione fra scopo e mezzi (ma lui stesso aveva sostenuto con calore il piano di Visconti Prasca!), tre aspetti negativi rivelarono la loro pesantissima incidenza. Anzitutto la costituzione dei Comandi , tardiva nella determinazione e caotica nella realizzazione. Come sappiamo, il gen. Rossi trovò un Comando di corpo d'annata dimezzato (il Ciamuria) ed il gen. Nasci rimase per più giorni con i pochi ufficiali che si era portato dall'Italia. E il 12 novembre non erano ancora anivati i Qua1tier Generali dei due Comandi. Non solo, ma come se la recentissima esperienza non fosse bastata, l' inconveniente si ripeté per i Comandi d'armata e di corpo d 'armata costituiti per inquadrare le grandi unità cli nuovo afflusso. L'aspetto più grave, tuttavia, non consisteva nella carenza del personale per il funzionamento del Comando, pur esso importantissimo , bensì nell'inesistenza di veri centri trasmissionj. Si pensi che il 17 novembre Soddu si lamenterà della mancanza quasi assoluta di collegamenti che gli consentissero di farsi un 'idea tempestiva degli avvenimenti, e che soltanto dopo circa tre mesi dall'inizio delle ostilità il Comando Superiore poté collegarsi al meno con l' 11a armata e con i suoi due corpi cl' armata grazie alla cessione di due coppie della rete operativa dell'Aeronautica. E solo a fine febbraio 1941 poté realizzare una rete telefonica semipennanente dell'esercito mercé il materiale fornito dall'Aeronautica. Il secondo punto riguardava l'organizzazione logistica, la cui messa in campo fu lentissima, al pari del suo funzionamento, perché si iniziò


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IL DISEGNO OPERATIVO GRECO IN MACEDONIA OCCID.

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LA CAMPAGNA CONTRO LA GRECIA

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una guerra in ambiente montano, con una rete stradale del tutto inadeguata alle circostanze, alle porte dell'inverno, con grandi unità non ancora assestate e con una superficiale attenzione alla questione dei trasporti marittimi. Terzo punto dolente: la cooperazione aero-terrestre. Senza dubbio alcuno essa causò una amara delusione alle truppe d 'Albania, seconda solo a quella provocata dalla capacità operativa dimostrata dall'avversario. Il grande motivo che indusse i Comandi ad invocare l'appoggio aereo fu l'i nsufficienza, o meglio l'assenza, di artiglieria pesante e pesante campale per un 'efficace azione di preparazione, di interdizione vicina e lontétna e di controbatteria. Per contro, da parte dell'Aeronautica sorse preso la sgradevole impressione di non vedere apprezzato il proprio sforzo né , peggio ancora, comprese le possibilità e le limitazioni dell'intervento aereo. Certamente il terreno , dalle forme aspre e rotte, non costituiva l'ideale per il bombardamento orizzontale, ma bisogna ammettere che all'origine in tema cli cooperazione aeroterrestre si era appena ai primi passi e mancava perciò anche l'idea di una normativa e di un'organizzazione idonee ad assicurare l' intervento aereo nel quadro della risoluzione di un problema tattico. Nonostante tutto, i risultati conseguiti dai greci nei primi due giorni si sarebbero potuti anche considerare limitati, se la pressione esercitata quasi ovunque quasi uniformemente non avesse impedito il benché minimo spostamento di forze italiane da un settore all'altro e se la minaccia sulla indifesa Erseke non si fosse profilata come difficilmente eliminabile. Da questo momento la nostra debolezza, fortunatamente mai colta nella sua giusta dimensione dall'avversario, sarà cagione di giornaliere perdite di terreno in vari tratti di fronte, a seconda delle diverse direzioni cli attacco ciel nemico ormai quasi ovunque superiore, e finirà col tradursi in un periodico arretramento generale della linea sotto l'insistenza greca, con perdite non necessariamente inevitabili di uomini , armi e mezzi. Inoltre l'ostinarsi a tenere a tutti i costi quanto più terreno possibile con forze insufficienti stava conducendo purtroppo ad un impiego frammentario e illogico delle truppe appena sbarcate. La sera del 20 novembre, dopo l'occupazione cli buona parte del Morova ad opera del III corpo greco, Soddu si rassegnò a consentire la ritirata della 9a annata su una nuova posizione difensiva, da Pograclec all'alto Devoli, arretrata di una trentina di chilometri rispetto alla precedente ed appoggiata ai massicci del Kamia e clell ' Ostravice . Il 23 il grosso dell' armata si trovava sulle nuove posizioni. Nel frattempo la lot-


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POLITICA E STRATEGL"- IN CENTO bcNN! Dl GUERRE ITALIANI':

ta si era estesa al settore dell 'Epiro ed il 21 novembre il gen. Geloso, subentrato il 16 al gen. Visconti Prasca nel comando dell'1 la armata, sotto l'ininterrotta pressione e le incontrollabili infiltrazioni nemiche, con l'ala destra dell'armata sbilanciata in avanti ed il vuoto in corrispondenza di Erseke, aveva chiesto a Soddu l'autorizzazione a ripiegare sul1' allineamento Ostravice-Klisura-Tepeleni-Kurvelesh. Se j generali Vercellino e Geloso non appena arrivati avevano mostrato un allarmato stupore alla vista dello strumento bellico loro affidato, Soddu era passato clall 'ottimismo iniziale ad uno stato di amarezza e di pessimismo, espresso in due lettere personali al col. Sorice, capo di gabinetto del sottosegretario per la Guerra74 . Si tratta di lettere di difficile definizione, nelle quali la verità dei fatti è mescolata all'intento di apparire il salvatore d.i una situazione compromessa; nelle quali il giudizio negativo su tutto e quasi tutti esula completamente dalla propria innegabile responsabilità in veste di sottosegretario per la Guerra e sottocapo di S.M. Generale e di primo collaboratore dei general i Baistrocchi e Pariani; nelle quali non affiora che malamente un apprezzamento sulle reali possibilità di manovra del nemico. Il 18 novembre Soddu riferì al Comando Supremo che «1'intera ex Armata d'Albania dopo venti giorni di tormentoso , debilitante e continuo attaccare, resistere, contrattaccare, ha perduto moltissimo della sua efficienza»75 , ed il giorno seguente comunicò: «( ...) In sintesi per ottenere un ripiegamento ordinato occorrono almeno alcuni giorni ancora di resistenza; ciò che ho chieslo ai Comandanti di armata, anche nella sensazione che quesli giorni di accanita resistenza possano forse coincidere con l' inizio dell'esaurimenlo dell ' auacco avversario ( ...)» 76 .

Ma tacque di avere appena approvato le predisposizioni assunte da Vercellino e Geloso e la facoltà loro concessa cli scegliere il momento dell'arretramento. In sostanza, a Roma si nutriva qualche fiduc ia di poter tenere le posizioni, tranne correzioni locali, anche perché si reputava che lo sforzo greco avesse raggiunto il limite massimo delle sue possibilità. A Tirana, invece, la situazione veniva considerata molto seria, soprattutto per l'inadeguatezza del ritmo di afflusso di truppe e mezzi rispetto alle neces74

M. MONTANARI, L'Esercito i1aliano nella campagna di Grecia, cit., <loc. 6 e 7 . Diario storico del Comando Superiore Albania data I 8. I I .1940. 76 Ibidem, data 19.11.1940. 75


LA CAMPAGNA รงQNTRO LA GRECIA~ - - - - --

LA MANOVRA DI RIPIEGAMENTO DELLA 9a ARMATA (21-23 novembre)

Legenda ---P.D. P.D. arretrata


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sìtà di alimentare la lotta e per la confusione degl ì arrivi, che stavano provocando nei reparti una notevole crisi organìca. E si faceva rilevare a Roma che mentre le unità in Albania difettavano di gran parte dei mezzi di trasporto, una massa di ben 14 mila quadrupedi e di centinaia dì automezzi, si trovavano ancora nelle Puglie in attesa di imbarco. li 21 novembre il Comando Superìore Albania informò che la manovra in ritirata deJl' Il a armata era già ìn corso di esecuzione e che la 9a armata si sarebbe mossa all'imbruniJ·e.

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Come prevedibile , gli avvenimenti cl' Albanìa crearono rapidamente un'atmosfera plumbea, in cui l'incredulità sì mescolava alla delusione ed al timore del peggio. Anche i tedeschi erano impensieriti a causa delle ripercussioni politico-strategiche di uno scacco italiano .1115 e 16 novembre Badoglio si era incontrato a Innsbruck con il mar. Keitel e naturalmente la questione greca era stata messa sul tappeto77 . Fu poi la volta di Ciano di partire per la Germania: doveva avere un abboccamento con Ribbentrop e Serrano Sufier e poi con Hitler. Da Salisburgo mandò una relazione a Mussolinì riferendo sul lungo colloquio con il Fi.ihrer, che aveva insistito sulla convenienza di cointeressare Belgrado alle operazioni contro la Grecia, ed anticipando la lettera personale di questi . Fra l'altro riferì che: «(...) M.ackcnsen mi ha molto confidenzialmente parlato del colloquio KeitelBadoglio. Quest'ultimo ha tenuto a far sapere che egli aveva giudicato te forze insufficienti , che aveva previsto tutto quanto poi è accaduto. Declinava ogni responsabilità dell'accaduto, perché la decisione di marciare era stata presa contro il suo parere. Non ho mancato di rispondere a Mackenscn come dovevo e mettere i punti sugli i ( ...)»78 .

Stando a Ciauo, Mussolini aveva consentito malvolentieri al convegno di Innsbruck, perché cominciava a «diffidare profondamente» ciel maresciallo79, talché lo qualificò di <<nemico del regime» e cli «traditore» 80 . 77

Sull'incontro di Innsbruck cfr. L. CEVA , L'incontro Keitel-Badoglio del novembre 1940 nelle carte del generale Marras, in «Il Risorgimento» , giugno I 977 . 78 R. MOSCA , L'Europa verso la catastrofe, cit., II, p. 265. Cfr. P. P UNTONI, Parla Viuorio Emanuele III, cit., p. 25. i 9 G. CIANO,Diario, cit., p. 478. 80 Ibidem, pp. 480-481 .


LA CAM PAGNA CONTRO I.A GREC IA _

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La lettera di Hitler non era affatto gradevole. In esordio sottolineava il mancato preavviso circa l'attacco alla Grecia e questo non tanto per una questione di forma quanto di sostanza: avrebbe consigliato di proc rastinare l'azione a stagione più propizia , ma soprattutto di non intraprenderla «senza prima occupare in modo fulmineo Crcta» 81 , al cui riguardo avrebbe potuto offrire il concorso di una divisione di paracadutisti e di una divisione avioportata. Morale: «Lo stato delle cose così creatosi ha conseguenze psicologiche e militari gravissime a proposito delle quali è importante fare luce completa». Le conseguenze psicologiche erano preoccupanti perché provocavano un 1Mforzarnento della visibile tendenza di alcuni Stati a non impegnarsi con l' Asse prematuramente. La Bulgaria, ad esempio, già poco propensa ad aderire al Tripartito, adesso si mostrava del tutto restìa ad un simile passo82 . Comunque restava solo da sperare che non si verificassero «prese di posizione poco amichevoli da parte di quelle Potenze che, come la Jugoslavia, potrebbero provocare se non addirittura una catastrofe, almeno una spiacevole estensione del conflitto» . Le conseguenze m il itari , poi affermava, «sono, Duce, molto gravi». L'Inghilten-a avrebbe ricevuto dalla Grecia un certo numero di basi aeree pericolose sia nei confronti del bacino petrolifero di Ploesti , sia dell'Albania e dell ' Italia meridionale. · Ciò posto, le misure da adottare sul piano politico, a parere del FUhrer, erano le seguenti: convincere la Spagna ad entrare subito in guerra; allontanare l'Unione Sovietica dalla Balcania; premere sulla Turchia per sottrarre la Bulgaria alla sua invadenza83 ; indun-e la Jugoslavia a disinteressarsi della questione greca , oppure ad interessarsi ad una collaborazione positiva con l'Assc84; inviare un fo tte complesso di truppe tedesche in Romania a titolo di ... p rotezione85 ; persuadere l' Ungheria a lasciar passare queste tru ppe tedesche attraverso il suo territorio86 . Sotto il profilo militare era evidente la necessità di chiudere gl i accessi al Mediterraneo. Per G ibilterra, H itler voleva convincere Franco 81 Hitler aJludeva alla immediata occupa7,ione di Creta fatta dagli inglesi non appena iniziate le ostilità fra Italia e Grecia. 82 La Bulgaria aderì al Tripartito il I O marzo I 941. 83 Il IO giugno venne firmato un parto decennale di amicizia turco-tedesco. 84 La Jugoslavia aderì al Patto TriparLito il 25 marzo 1941 , ma due giorni dopo un colpo di stato militare rovesciò il governo. 85 La Romania aderì al Patto Tripartito il 23 novembre I 940 ed il 13 dicembre iniziò l'ingresso delle truppe tedesche. 86 L'Ungheria aderì al Patto Tripartito il 20 novembre 1940 .


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ad intervenire; per Suez, Mussolini doveva tentare di raggiungere Marsa Matruh per stabilirvi una base aerea da cui battere Alessandria ed il Canale. Dopo di che occorreva esercitare il massimo sforzo congiunto aeronavale contro la Mediterranean Fleet ed i convogli britannici. A tale scopo Hitler invitava Mussolini a ritirare il corpo aereo italiano nel Belgio ed offriva l'invio cli un corpo aereo tedesco in Italia. In tal modo la R. Aeronautica avrebbe dominato i cieli albanese, italiano ed anche egiziano nonché il Mediterraneo centrale, mentre la Lufiwaffe avrebbe essenzialmente operato nel Mediterraneo 01ientale. Il problema egiziano poteva per il momento limitarsi all'occupazione di Marsa Matruh. In conclusione: «Con sapiente impiego delle forze aeree, fra tre o quattro mesi il Mediterraneo diverrà la tomba della flotta inglese e ciò è la premessa decisiva delle operazioni militari che, a mio avviso, non si potranno iniziare prima del principio di marzo per quel che concerne la Grecia stessa».

La lettera chiudeva con l'augurio che il Duce potesse «superare nel più breve tempo possibile la crisi» 87 . Il quale Duce commento: «Mi ha dato il regolo sulle dita»88 . A tutto ciò si aggiunga un promemoria presentato da Roatta sulla situazione dell'esercito metropolitano, in cui era fatto presente che le condizioni morali e addestrative erano andate peggiorando sempre più; che le divis.ioni in crisi di smobilitazione erano state sconvolte dall'inopinata applicazione dell' Emergenza G nella sua versione più completa; che, infine, appariva indilazionabile la rimobilitazione parziale dell'intero esercito per fronteggiare le diverse esigenze. Mussolini prese atto di tutto, consentendo a tutto. Riconobbe la necessità della rimobilitazione portando gradualmente sul piede di guerra 50 divisioni, con priorità alle 30 impegnate o di previsto impiego in Albania. Ordinò di costituire i terzi reggimenti (una settantina) e , essendogli stata rappresentata la impossjbilità di provvedere in tal senso, replicò: «Provvedo io con la Milizia» 89 . Cosicché i tre battaglioni eia aggiun87

Hitler a Mussolini in data 20. 11.1940, DDI, 9" serie, V, doc. 140. G. ClANO, Diario, cit., p. 48 I. 89 G. ARMELLINI, Diario di guerra, cit., p. 152. In realtà l'organico della divisione di fanteria già prevedeva una legione della Milizia su due battaglioni, ma solo pochissime divisioni ne erano dotate. E solo pochissime continueranno ad esserne provviste, essendo il reclutamento delle camicie nere volontaiio. 88


Li\ CAMPAGNA CONTRO LA GRECIA

_ _ _ _.::. 377

gere alla divisione «binaria» furono due di camicie nere ed uno di ... mortai da 81 !90 È strano che Roatta non abbia preso la palla al balzo per proporre dj tomare alla «temaria» sciogliendo un certo numero di «binarie» , invece di costituire nuovi reggimenti. Forse considerò respinta in partenza l'idea di ridurre il numero delle divisioni. Mussolini rispose a Hitler, convenendo con le osservazioni e proposte. Però, nel tentativo di giustificare, con una serie cli motivazioni a dir poco puerili, ciò che giustificabile non era e di minimizzare l'accaduto, usò un tono cli sufficienza decisamente fuori luogo e concluse con disinvoltura: «Ho avuto anch'io la mia settimana nera, ma ora il peggio è passato. Le condizioni interne dell'Inghilterra, da notizie pervenuteci, sembrano effettivamente gravi né è da escludere la possibilità di un collasso»91 . Nei confronti di Badoglio ostentò indifferenza, però il 23 novembre sul giornale «Il Regime Fascista» apparve un articolo di Farinacci, nel quale l'autore con una frase chiamava in causa il Comando Supremo: <<Mussolini ha proclamato che la moderna Cartagine sarà sconfitta e che la Grecia finirà con le reni rotte. Noi siamo certi che tutto questo si realizzerà, anche se qualche imprev idenza e intempestività del Comando dello Stato Maggiore Generale [sic] ha permesso a Churchill <li avere uno sciocco diversivo» 92 .

Essendo la stampa controllata strettamente dal regime e Farinacci un gerarca di primissimo piano, si poteva pensare che l'attacco a Badoglio fosse stato quanto meno autorizzato da Mussolini. La crisi era dunque aperta. Il 24 pomeriggio Badoglio inviò a Mussolini una lettera di vibrata protesta, lamentando il fatto in termini netti e, ripetuto che nessuna responsabilità sulla campagna di Grecia poteva essere attribuita a1lo Stato Maggiore Generale, pose l'alternativa: o la ritrattazione, completa ed esauriente, eia parte del giornale o le sue dimissioni. Il mattino seguente si recò al rapporto quotidiano a Palazzo Venezia con la smentita da far pubblicare su «Il Regime Fascista». Mussolini cercò dapprima di dare poca importanza all'episodio, poi attribuì l'iniziativa a Farinacci, alla fine si dolse che <<fuori si sapesse e si parlasse dell'opposizione fatta da Badoglio alla guerra contro la Grecia» 93 . Le carte erano in tavola. Il

90

USStvfE, Diario storico del Comando Supremo, cit., II , tomo I, pp. 445-446. a Hitler in data 22.11.1940, DDI, 9" serie, V, doc. 146. 92 M. MONTANARI , L'Esercito italiano nella campagna di Grecia, cit., doc. 8. 9 3 Q. ARMELL!Nl , Diario di guerra, cit., p. 171. 9 1 Mussolini


378

_ _ _ _ _ _P "O "=L= IT= I C=A~E~ST =RATEGIA IN CENTO ANN I DI GUE!l,RE l1ì\LIANE

mattino seguente, 26 novembre, Badoglio rassegnò le dimissioni . S ul diario storico scrisse: <<Dopo aver ben medi tato invio al Duce le mie dimissioni . A rapporto il Duce mi chiede 24 ore per prendere le sue decisioni ed io gli rispondo che nulla ho in contrar.io e lo prego di voler considerare le mie dimissioni come .irrevocabili»94 .

Il giorno successivo, dì fronte alle difficoltà prospettategli da Mussolini circa l'immediata sostituzione nella carica, chiese una licenza di una settimana allo scopo di consentire una scelta con più calma. Mussolini aderì alla ri.chiesta. Il pomeriggio del 29 novembre il gen. Guzzoni fu informato telefonicamente di essere stato nominato sottosegretario per la GueITa e sottocapo di S .M . Generale al posto di Socldu. Nello stesso pomeriggio il gen. Cavallero fo convocato a Palazzo Venezia. L'incontro fu breve: dopo uno scambio cli vedute sulla situazione creatasi .in Albania, Mussolini avvertì il generale che era in predicato per la successione a Badoglio. L'indomani gli confermò la designazione, riservandosi tuttavia di emanare ìl decreto al rientro dì Badoglio. Questi tornò nella capitale il mattino del 3 dicembre, si recò dal Re e inaspettatamente l'indomani, all'udienza fissata a Palazzo Venezia, manifestò la disponibilità a ritirare le dimissìoni 95 . Ma il 4 dicembre accadde qualcosa che fece passare in secondo piano i pur gravi contrasti emersi in quei giorni . Il gen. Guzzoni scrisse la sua prima Nota sul diario storico del Comando Supremo: «L'Ecc. Soddu la mattina del 4 dicembre alle ore 8 mi prospetta telefonicamente l' impossibilità di continuare le operazioni e la necessità di un intervento diplomatico. L'esame della situazione mi dà motivo di ritenere che la crisi possa essere superata e che non sia in nessun modo accettabile il punto di vista dell 'Ecc. Soddu . 11 Duce, al quale riferisco le parole dell'Ecc. Soddu, concorda e gli ordina di contendere il teneno al nemico sino all'estremo. Ordina all'Ecc. Cavallero d i partu·e subito per l'Al bani a per l'esame in sito della situazione»96 .

Come si era giunti a tanto? Indubbiamente l'andamento dei combattimenti deì primi di dicembre aveva prodotto risultati sconfo11anti: Pogradec perduta; la saldatura fra le armate pericolante; l'ininterrotta pres94

USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., I(, tOmo l , p. 448. Ibidem, p. 454. Cfr. G. CIANO, Diario, cit., p. 485 e P. PUNTONI, Parla Vittorio Emanuele li!, cit., pp. 26-30. 96 USS.ME, Diario storico del Comando Supremo, cit., II, tomo I, p. 494. 95


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sione nemica nelle alte vali i dello Skumbi e del Devoli, nel settore cielI 'Osum, a Premeti; i cedimenti sui singoli tratti della fronte a stento tamponati; il clima ormai invernale; l'insorgere di una timidezza cli comportamento di fronte ad un avversario aggressivo e di una psicosi dell'accerchiamento; tutto contribuiva a temere prospettive oscure. Dopo ungiro d'ispezione effettuato il 3 dicembre, Soddu mandò a Roma un rapporto scoraggiato. L'azione di comando era inceppata dall ' insufficienza dei collegamenti e dalla mancanza di riserve, al punto che nei Comandi di grande unità «dopo tanti giorni di attesa della possibilità di poter fu nzionare, v'è oggi un marcato senso di sfiducia». Le truppe in linea non clavancf nemmeno affidamento di tenere le ultime posizioni, trattandosi o di reparti che da quaranta giorni combattevano ininterrottamente senza speranza di sostituz ione o d i uni tà gettate nella baltaglia non appena sbarcate e tuttora mancanti di organi vital i e di mezzi non ancora giunti . Esse scarseggiavano d i tutto: coperte, tende e talvolta anche di cibo. «Resistono coi denti, ma di fronte ad un nemico strapotente di numero, di anni e più fresco, sono ormai costrette a cedere il terreno metro a metro; la sfiducia si diffonde ( ...)». I quadri inferiori avevano subito forti perdite, cosicché l'i nquadramento in molti casi era diventato del tutto insufficiente. I battaglioni , in genere , avevano l'efficienza di una compagnia . L'organizzazione logistica era «anco ra ben lungi» dal co1Tispondere alle esigenze. Le conclusioni erano conseguenti: «La trafila del mare, dei po11i , delle strade non consente l'arrivo in linea che di un paio di battaglioni al giorno e anche questi senza rutti i loro mezzi. Quindi continua l'impiego a sp.izzico, per ramponare le falle, cosicché la giornata si conclude costantemente in passivo; il passivo pertanto aumenta di giorno in giorno incidendo fatalmente sulla consistenza delle unità. Siamo costantemente in ritardo rispetto al ritmo della battaglia. Ulteriori ripiegamenti su linee più arretrate con i reparti già impegnati sono da escludersi ne l modo pi ù assoluto. La situazione è pertanto delicata e può sboccare da uo momento all'altro in un cedimento totale con conseguenze a.<,sai grnvi. Tale momento può verificarsi anche in questi giorni( ...) . Allo stato di fatto debbo adunque concludere che, con la situazione ora creatasi, il ritmo dei ri nforzi praticamente sperimentato non mi lasc ia prevedere la possibilità, nonché di una ripresa, neanche di un equilibrio. A questa conclusione sono giunto ieri sera dopo aver constatato lo stato di stanchezza e di sfiducia dei reparti e dei Comandi che vedono ogni giorno di pi ù aumentare la sproporzione delle forze» 97 . 97

Diario storico del Comando Superiore Albania, data 4.12. I 940.


POLITICA E STRATEGIA lN CENTO ANNI DI GUER RE ITALLANE

IL RIPIEGAMENTO DELL' 11" ARMATA dal 24 al 30 novembre

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È in siffatta atmosfera che Soddu telefonò a Guzzoni rappresentando la necessità di un «intervento diplomatico» per risolvere la guerra. Difficile dare un ' idea precisa di quello che suscitò a Roma la telefonata, assai più della lettera, anche se circondata da tutta la possibile segretezza. Il più freddo probabilmente fu Guzzoni che, recatos.i a Palazzo Venezia , dichiarò senza ambagi che la crisi militare, lungi dall'essere senza speranza, poteva essere superata. Sembra lecito ritenere che Socldu abbia inteso riferirsi all 'intervento armato tedesco o bulgaro o jugoslavo da chiedere con urgenza, tuttavia l'infelice espressione da lui usata fu tradotta a Roma come necessità di una richiesta d'armistizio alla Grecia: «( ...) Mussolini mi chiama • scrive Ciano • a Palazzo Venezia. Lo trovo abbattuto co me mai. Dice: " Qui non c'è più tùentc da fare . È assurdo e grottesco, ma è così. Bisogna clùcdere la tregua tramite Hitler" ( ...)» 98 .

Cavallero , convocato a sua volta, condivise l'apprezzamento d i Guzzoni e consentì a pa1tire immediatamente per Tirana. In questi frangenti Badog lio si presentò a Mussolini. Il colloquio sicuramente risultò penoso. Badoglio offrì di rimanere al suo posto, ma una collaborazione non era più possibile. Mussolini si mostrò volutamente evasivo , riservandosi la decisione al ritorno di Cavallero. Badoglio confermò allora le dimissioni e Mussolini le accettò99 . Il gesto .lasciò traccia. Il gen. Pricolo, non favorevole al maresciallo , reputò «un g ravissimo danno» per la nazione e specialmente per l'esercito l' allontanamento di Badoglio: «Come potei in seguito constatare personalmente, il morale delle truppe e dei quadri ebbe un sensibile tracollo, reso ancor più grave e, dirci quasi pericoloso, per la sensazione subito diffusasi che qualcosa di irreparabile era avvenuto fra l'Esercito ed il Partito e tra l'Esercito e la Milizia»L00 .

3. L A LUNGA LOTTA INVERNALE (DICEMBRE 1940-MARZO 1941) Verso le 13 del 4 dicembre Cavallero arrivò a Tirana. Conferì con Soddu e poi si recò ad Elsaban, sede del Comando della 9a armata, la cui 98

G. CIANO, Diario, cil., p. 484. Cfr. R. Du FELICE, M11ssoli11i l'alleato, c it. , I, tomo l, pp. 339-345, e P. PIERI e G. ROCHAT, Badoglio, UTET, lòrino 1974, pp. 766-768. tOO F. PRICOLO, Ignavia comro eroismo, cit., p . 70. 99


POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

posizione risultava più precaria, per un colloquio con il gen. Vercellino. Rientrato verso le 19, si affrettò a telefonare a Mussolini: «Oggi la situazione è un po' migliorata. Se i Greci continuano la pressione che hanno esercitato negli ultimi tre giorni la 9a armata è costretta a ripiegare. Se c'è distensione - bisogna considerare che i Greci hanno impiegato tutte le unità che erano a riposo, e cioè da due a tre divisioni - il ripiegamento può essere evitato, altrimenti si .impone( ...). Non ho visto Geloso. L']]" armata sta meglio( ...)». Bisognava comunque che al più tardi entro una diecina di giorni sbarcassero a Durazzo due divisioni, di cui una alpina, veramente pronte per occupare la «ridotta di Tirana» 101 . La conversazione telefonica, alla quale aveva partecipato anche Soddu, non poté, evidentemente, tranquillizzare Mussolini. L'ambasciatore Alfieri, introdotto alla sua presenza poco dopo, fu molto eloquente nel dipingere l'atmosfera di depressione e di smarrimento che aleggiava a Palazzo Venezia e, soprattutto, nel porre in risalto la superficialità con la quale venne spedito d'urgenza a Berlino: «Qualunque aiuto - gli disse Ciano - purché sia immediato. È inutile specificare od esprimere delle preferenze tramite l'addetto militare, generale Man-as . Tu devi ottenere la decisione favorevole in sede politica personalmente da Hitler. La situazione è tale per cui l'invio di alcuni aeroplani e cannoni, il rinforzo di alcuni reparti di truppa può esserci di grande aiuto. Si tratta di guadagnare dei giorni, fors 'anche delle ore ( ...)». Dal canto suo Mussolini, colpito dall'accenno alla possibilità della rottura del fronte, fece spedire dal col. Sorice - non dal Comando Supremo - un telegramma con la direttiva, per così dire, di «non rifuggire dal prospettarsi la peggiore delle ipotesi e cioè la difesa dell'Albania settentrionale e quella del ridotto di Valona» 102 • Alfieri fu ricevuto da Hitler il 6 dicembre. Questi non esitò a criticare ape1tamente Comandi e truppe italiani , comunque, dopo aver ribadita l'impossibilità di creare diversivi in Bulgaria, promise l'invio di aerei da trasporto per agevolare i rifornimenti in Albania e poi aggiunse: «Penso alla concreta possibilità di fare un forte contrattacco con due divisioni corazzate e con l'aiuto di Stukas per aggirare l'armata greca. Di ciò voglio parlare al Duce. È urgente( ...)». A)fieri riferì immediatamente a Roma, ma due giorni dopo fu chiamato al telefono da Ciano, il quale, senza om-

101

AUSSME, Diario Cavallero, data 4.12.1940. Due dittatori difronte, Rizzoli, Milano 1948, p. 106 e seg.

!02 DINO ALFIERI,


LA CAMPAGNJ\ CONTRO LA GRECI/\

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bra cii imbarazzo, gli comunicò: «Resta inteso che tu non devi chiedere nessun aiuto, nulla, assolutamente nulla. D 'altronde le notizie sono migli ori e si può om1ai considerare superata la fase critica» 103 . Mussolini aveva intanto deciso cii esonerare Soddu e ili sostitu irlo con Cavallerol04, ma per il momento tenne il provvedi mento in sospeso pensando che esso - vi sto il moltiplicarsi, in Italia ed all 'estero, dei commenti s ulle dimissioni di Badoglio - avrebbe allarmato l'opinione pubblica, gettandoci lo sconcerto. E che sulla guerra con la Grecia esistesse un forte disagio nelle Forze Armate è attestato da una circolare che il gen . Guzzon i, come sottosegretario alla Guerra, sentì iI bisogno di diramare ' ai principali Comandi in Italia nell'intento di giustificare - è la parola esatta - in qualche modo i motivi di un confl itto che tutti avrebbero capito se si fosse trattato di una passeggiata militare accettata , o meglio subìta, dal governo greco, ma che davanti a ciò che stava accade ndo, ognuno trovava sempre più inspiegabile sotto ogni aspetto. In poche parole, la giustificazione consisteva nella accertata complicità ellenica con gli inglesi e nella necessità cli «battere l'Inghilterra anche in quel settore del Mediterraneo» . L'attività di Cavallero in Albania ed a Roma fu in quel periodo febbrile ed in pratica concentrata essenzialmente sulla efficienza da dare all'organizzazione logistica e sulla programmazione dei trasporti via mare. Nel campo greco si avvertiva un clima di moderata eufo1ia. Le truppe elleniche avevano addirittura superato il confine albanese e tuttavia si ignorava la portata della crisi di comando che paralizzava le operazioni italiane e non si valutava adeguatamente lo stato di spossatezza delle nostre unità. Risoluto, ad ogni modo , a conservare l'iniziativa finché possibile ed a non concedere pause, il gen. Papagos determinò i nuovi obiettivi che, in corris pondenza della direttrice Janina-Valona, dovevano consolidare il possesso del nodo Tepeleni-Kl isura. La manovra si basava s u una rotazione dell' intero ciispositivo verso nord, con perno s ull'ala destra. La SAMO garantiva il possesso della zona di Korça ed ass.i curava il collegamento con il II corpo agevolandone le operazion i. Questo, con tre divisioni, doveva conquistare le posizioni a nord del solco Tepeleni-Klisura con un aggiramento da nord-ovest. Nel contempo, a sin istra, il I cor-

103

Ibidem .

°" USSME, Diario storico del Comando Supremo cit., II, tomo I, p. 525 .

1


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- - - -- - - - - - " P-"'OL:e,.IT .,.,I= CA.,.,,E S'fRATEGIA IN CJ;NTO ANNI DI GUERRE ITA l, lANE

po, con altre tre divisioni, doveva impadronirsi delle posizioni dominanti il nodo di Tepeleni e possibilmente scendere oltre il Kurvelesh. A tergo stavano tre divisioni come riserve settoriali ma con vincolo d'impiego, nell'eventualità del 1icorso ad esse da parte del Comando Supremo. Due dei criteri da seguire in fase esecuzione meritano rìlìevo. «Per nessun motivo le grandi unità debbono trascurare l'occasione dì sfruttare a fondo loro eventuali successi» dispose Papagos , e se il concetto non fu mai seguito in campo strategico, innegabilmente lo fu sul piano tattico, anche se a braccio piuttosto raccorciato. Il secondo riguardava una questione che purtroppo molto pesava su dì noi: i corpi d'annata dovevano impiegare le divisioni <<con tutti i loro mezzi organici ( ...) evitando di spezzettarle e dì porle per aliquote agli ordini di altre grandi unità. Quest'ultimo caso può essere ammesso solo in circostanze eccezionali, non essendo giustificato abitualmente se non nei combattimenti di cui il nemico abbia assunto l'iniziativa». L'offensiva greca riprese in dicembre a cavaliere di quattro direttrici: quelladell'Osum-Tomorreces, zona dì contatto fra la 9a e l'lJ" armata; la Vojussa-Deshnices con Klisura come obiettivo; la Dhrinos-Vojussa con Tepeleni come obiettivo immediato; la val Sushiça, che consentiva di aggirare le difese del Kurvelesh e dì insinuarsi verso Valona. Un successo sulle prime due direttrici avrebbe separato le due armate ed aperta la vìa su Berat lungo il corso dell'Osum mettendo la 9a armata in una situazione difficìlìssima. La conquista dì Tepeleni, oltre alla ovvia risonanza, avrebbe, insieme con l'avanzata lungo la val Sushiça, dato ai greci il controllo della rada di Valona, uno dei due polmoni del gruppo d'armate italiano. I greci attaccarono con vigore su tutte quattro le direttrici e questa dispersione di forze - unitamente alla resistenza italiana - impedì loro di conseguire un qualche successo tattico foriero di sviluppi strategici. La lotta si accese violenta ed i combattimenti, fatti di assalti e contrassalti con pause ed intervalli irregolari, furono logoranti anche per la persistenza del maltempo e della temperatura 1igida. Il 10 dicembre la 9" annata dovette constatare che la saldatura con l' l l • armata era saltata. La sua consistenza si rìduceva a 16 mila uomini del III corpo, poco meno di 9 mila del XXVI corpo e 1.500 delle truppe d'armata. Questo insieme spezzettato, non omogeneo e spossato era diluito su un forte semicircolare di una settantina di chilometri in linea d'aria. Venne ad acquistare una certa consistenza fra il 18 ed il 19 dicembre grazie all'arrivo in linea della D. alp. Cuneense, ma nel contempo i greci riuscirono a sfondare in val Sushiça.


LA CAMPAGNA CONTRO LA GR,,,, EC ,eelcA,___ _ _ __

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Dello schieramento dell' 11 a armata, l'ala settentrionale, dal Tomori a Klisura, rappresentava la parte più vulnerabile. Schematizzando l'orografia della regione è facile individuare le possibilità che si offrono al dirensore contro le vie naturali di penetrazione fornite dall'andamento nordovest-sudest delle pieghe orografiche. È pur vero che i tre poderosi complessi orogenici del Tomori, del Nemerçke-Trebeshines e dell'Acroceraunia, pur presentando nel loro interno numerose zone di facilitazione, sono forti elementi di ostacolo, ma il sistema ha un motivo di debolezza costituito dall'esistenza del penepiano, relativamente percorribile, del Mali Qarishta fra il Tomori ed il Trebeshines, settore tenuto dall'VIIJ corpo. Sulla destra stava il XXV corpo a difesa di Tepeleni ed a sbarramento della direttrice del Dhrinos; a sud-est di questa si trovava il settore del Litorale tenuto dalla D.f. Siena. Qui il 17 dicembre, dopo tre giorni di lotta in mezzo alla nebbia, la desu·a della divisione finì per cedere rendendo indispensabile organizzare una nuova posizione difensiva più a tergo. L'intero fronte dell'lla armata sussultava in un alternarsi di urti violenti e di brevi pause. Molti erano i tratti per.icolanti - ogni corpo d'armata ne aveva almeno uno - ma la minaccia dal Litorale su Valona fece passare il resto in secondo piano. li 18 dicembre Sodclu telefonò a Mussolini mostrandosi, a quanto pare , molto turbato nel fornire un quadro della situazione: le due armate prive di contatto tattico; la 9" armata costretta ad abbandohare la testata della valle Tomorreces ed a flettere la sua destra; l' 11 a armata, già in serie angustie per Klisura, posta all'improvviso di fronte al ripiegamento della Modena sul Kurvelesh ed al cedimento della Siena, con il conseguente abbandono di Porto Palermo. Il mattino seguente Cavallero lo chiamò al telefono per rincuorarlo ed informarlo del programma dei rinforzi in corso di attuazione. Poi però rivolgendosi a Guzzoni ed a Roatta, presenti alla telefonata, Cavallero osservò pensosamente: «TI nemico preme per sfondare prima che arrivino i rinforzi. Prevedo che Geloso dovrà sostenere un nuovo attacco. Ieri ha perduto Porto P,ù.ermo. Ha dato il comando del settore al generale Messe. Ci aspettìamo un attacco anche a Tepeleni». Più di tutti aveva smarrito la calma Mussolini: «Nella riunione delle ore 18 col Duce, questi esprime il parere che, data la situazione tragica prospettata dall'Ecc. Soddu, non rimane che rimettere tutto nelle mani del Fiih.rer perché nulla noi possiamo più fare. È già pronto il treno per l' Ecc. Ciano per andare in Germania a conferire al riguardo.


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POLlTICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI OJ GUERRE ITAL! ANE

L'ALBANIA SUD OCCIDENTALE E LE POSSIBILITÀ OPERATIVE GRECHE Legenda: ~ Linee di facilitazioni

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Linee dilensiYe naturali

Scala l : 300.000


LA CAMPAGNA CONTR,.,O:..,L.,_., Ac,; Gc:.:c RE ~oC"'-' IA.:..__ _ _ _ __

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L'Ecc. Cavallero si oppone risolutamente a questo concetto. Afferma che ha già deciso di partire nella notte [per l'Albania] e che si sente di ristabilire la situazione. Congedato l'Ecc. Cavallero, il Duce riceve l'Ecc. Guzzoni e l' Ecc. Ciano. L'Ecc. Guzzoni comunica che la situazione è migliorata e l'Ecc. Ciano, sortendo dalla sala del Duce, informa l'Ecc. Cavallero che non è più il caso che egli parte: questo è anche il pensiero del Duce. L' Ecc. Cavallero chiede di essere nuovamente ricevuto dal Duce e gli conferma che ha deciso di partire ugualmente. li Duce aderisce» 105 .

Ma il mattino dopo (20 dicembre) il gen. Guzzoni scrisse nel diario storico del Comando Supremo: «Ho avuto un colloquio con l'addetto germanico von Rintelen, durante il quale ho rappresentato la necessità, in relazione alla situazione che si è determinata in Albania ed in Libia, di un intervento immediato germanico che ci alleggerisca,) 106 .

Cavallero trovò Soclclu assai poco fiducioso. Egli allora convocò i due comandanti d'armata e comunicò che lo sbarco dei rinforzi permetteva cli considerare superato il momento difficile; che il Duce ordinava di passare all'offensiva per acquistare spazio e respiro in modo da poter attendere l'arrivo delle nuove divisioni; che gli attacchi dovevano essere preparati in modo organico. Tutto sommato, a parte l'ordine del Duce, gli argomenti toccati - atteggiamento, organizzazione, morale, ecc. - rientravano nella normale competenza del Comandante Superiore, ma il vero motivo di quel rappo1to stava nella consapevolezza, esatta o errata che fosse, di Cavallero di dover dare ai comandanti d'annata, e per loro tramite ai divisionari , l'iniezione di fiducia che Soddu non poteva più dare. Da allora Cavallero rimase in Albania. Nei giorni seguenti ebbe una serie di contatti personali con i comandanti di corpo d'armata. Obiettivamente, la sua innegabile attività impresse una brusca accelerata all'organizzazio:.ne logistica di campagna e territoriale cl' Albania, ma il significato di una interferenza del genere era chiaro e non poteva non ferire Soddu, il quale a suo tempo era venuto in Albania proprio con l'intenzione cli fare con Visconti Prasca quello che ora Cavallero stava facendo con lui. Nella seconda metà di dicembre il Comando Supremo greco, pur riconoscendo le difficoltà cli vario genere che le truppe incontravano, sentì 105 Diario

Cavallero, data 19.12.1940. storico del Comando Supremo, cit., Il , tomo I, p. 584.

106 USSME, Diario


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la necessità, più che la convenienza, di battere i1 fen-o finché era caldo. Perciò dispose la ripresa degli sforzi per sfondare verso Valona con il I corpo o verso Berat con il li corpo. Il 22 dicembre presero l'avvìo gli attacchi sulle due direttrici determinando una situazione sempre più pesante per l'Ila aimata. Mussolini, vivamente emozionato per le informazioni che gli pervenivano, tempestava. Il 24 dicembre telegrafò a Cavallero: «Qualunque cosa accada vi ordino di resistere ad oltranza sul bastione Progonat-Tepeleni-Klisura anche se domani fosse completamente accerchiato alt Vi ri tengo personalmente responsabile della esecuzione intelligente integrale di questo ordine alt Confermate» 107 .

La forma del messaggio - che di sicuro mai Mussolini avrebbe usato con Badoglio - tradisce in modo più che eloquente lo smarrimento del Duce. Cavallero si limitò a rispondere: <<Assicuro». Il 27 dicembre la situazione si mostrava realmente grave, anche perché il Servizio Informazioni segnalava possibile il trasporto di truppe britanniche a Janina ed a Santi Quaranta per alimentare l'offensiva su Valona ed avvertiva deJl'imminente tentativo greco di travolgere l'1 I a armata. I tratti in pericolo erano il Kurvalesh, nel settore del XXV corpo dove la Modena era alle corde 108 , ed in valle Sushiça, nel settore del nuovo corpo d'armata speciale 109 . Soddu era angosciato. In una lettera personale al col. Sorice dipinse un quadro pressoché disastroso, dichiarandosi pronto a scrivere a Mussolini di non sentirsi «in grado di reggere il comando del gruppo d'armate sulla base delle attuali direttive» e di desiderare il comando di un'armata alle dipendenze ciel nuovo Comandante Superiore 11°. La que107 USSME, Diario .vtorico del Comando Supremo, cit., II, tomo I, p. 608. 108 A fine dicernbre la divisione Modena era costituita da 200 uomini del li e lll/3° granatie1i, 140 u. del III/42° fanteria, 90 u. del III/29° artiglieria, 250 u. del 36° e 82° battaglione camicie nere, 200 u. del XIV e XXfV battaglione bersaglieri e 800 u. del Il e 111/18° fante1ia. I09 fl corpo d' armata speciale (gen . Messe) era stato formato con tutto ciò che era disponibile in Albania - fanti, bersaglieri , alpini, cavalieri appiedati, carristi, camicie nere - inquadrato in due divisioni di formazione: la Aqui ed una divisione alpina speciale. Quest'ultima era la denominazione assunta dalla ... D . mot. Trieste, di cui si trovavano in Albania il comandante con il solo Comando di divisione ed il reggimento di artiglieria. Tutto il resto era in Italia e andrà i.n Africa settentrionale. 1IO Benché personale la lettera fu inserita nel diario storico del Comando Superiore Albania, data 28.12.1940.


1, A CAMPAGNA CONTRO LA GRE.-C"-' "'IA_ _ _ __

IL DISEGNO DELL'OFFENSIVA GRECA DIFINE ANNO

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POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

stione si risolse ancor prima di quanto Sodclu non pensasse, perché l'indomani giunsero a Tirana due telegrammi cli Mussolini. L'uno a Soclclu: «Venite a Roma per conferire( ...)»; l'altro a Cavallero: «Ho chiamato a Roma per conferire il gen. Sodclu. Durante la sua assenza assumerete il comando gruppo armate Albania» 111 . Cavallero comprese benissimo che il provvedimento era definitivo1 12 e prese con fiducia le redini in mano, a dispetto delle dolenti notizie in continuo afflusso. In sintesi: la testata dello Sushiça in mano greca; la difesa dell'altopiano del Kurvelesh in equilibrio instabile; la situazione di Valona insostenibile. Si imponeva una controffensiva per alleggerire la pressione su Valona e capovolgere lo stato delle cose almeno fra il Dhrinos ed il mare. Questa fu prescritta alla 11" armata, mediante azioni condotte dal XXV corpo e dal corpo speciale con obiettivo la linea Porto Palermo-Q. Drass-Golemi. L'operazione doveva essere appoggiata clall 'Aeronautica d'Albania e dalla IV Zona aerea. *

*

*

La battaglia di Berat. Dopo Capodanno i combattimenti ebbero una breve pausa sull'intero fronte. Anche all'avversario occorreva un qualche respiro . li giorno 6 il gen. Papagos diramò le direttive per l'attività operativa di gennaio. Poiché la crisi dei rifornimenti provocata dalle pessime condizioni meteorologiche non consentiva di pensare ad operazioni decisive se non dopo il loro attenuarsi, e considerando anche il tempo occorrente per il ripianamento delle perdite di uomini e materiali, le azioni da svolgere dovevano tendere ad obiettivi limitati e precisamente: per la SAMO, la semplice conservazione ciel Korçano; per il I corpo, l'avvicinamento a Tepeleni ed il consolidamento sul Kurvelesh. Come si vede, non esisteva alcuna intenzione risolutiva, ma fu sulla base di questo indirizzo che nacque e si sviluppò la battaglia per Berat. Vi furono impegnati, dal ma-

111

Diario storico del Comando Supremo data 29.12.1940. li 30 dicembre Cavallero iniziò la telefonata mattutina con Mussolini con queste parole: «Assumo il comando effettivo e vi ringrazio della fiducia( ...)» (Diario Cavallero, data 30.12.1 940) e la comunicazione inviata ai Comandi in sottordine è formulata nello stesso senso: « I I 56/0M alt Per ordine superiore ho assunto dalle ore otto di oggi comando del le forze armate cieli' Albania» (Diario storico del Comando Superiore Albania, data 30.12.1940). 112


LA CAMPAGNA CONTRO LA GRECl.,A,_ _ _ _ __

re al Kamia, il U corpo con compiti di rottura (senza però che fosse previsto uno sviluppo immediato) 113 , il I ed il V con compiti essenzialmente di sicurezza sui fianchi. L'injzio, stabilito per il 5 gennaio, venne spostato all '8 gennaio per motivi organizzativi. Il settore di Klisura era tenuto dall'Vlll corpo (gen. Bancale), il cui Comando fu sostituito dal Comando IV corpo (gen. Mercalli) durante l'offensiva greca. Il 9 Klisura venne abbandonata ed il momento tornò ad essere di nuovo turbinoso: da un lato l'incertezza tattica di alcuni tratti del fronte; da un altro la questione dell'intervento tedesco in Macedoni,t orientale e/o in Albania; poi il riordinamento delle divisioni; poi ancora una pianificazione a larghe maglie per ipotesi favorevoli od anche sfavorevoli a più lunga scadenza. Il tutto dominato dal fatto che l' iniziativa delle operazioni da due mesi era in mano greca. Il 18 gennaio Cavallero si recò a Berat per parlare con il gen. Geloso. Mussolini tempestava che «bisogna contrattaccare, rompere questo incantesimo che da 90 giorni ci fa perdere terreno di posizione in posizione. Così ci troveremo al mare e non ci saranno più posizioni! I Greci raggiungeranno lo Skumbi al quale tendono>> 114 , quasi che da mesi i comandanti d'armata non cercassero in tutti i modi di prendere respiro. Il 21 gennaio si aveva: una linea dì contatto, alla quale si appoggiavano in un sensibile frammischiamento le unità del IV corpo e quelle dell'VIII corpo; una posizione difens iva arretrata, sulla quale erano in corso cli approntamento capisaldi speditivi; una linea di raddoppio, anch'essa punteggiata da capisaldi al momento solo previsti. A mezzogiorno Cavallero informò Mussolini che il riassetto del fronte era già iniziato: «Il muro più avanzato tiene, adempiendo sua funzione, ad un certo momento mollerà. È solo un elemento ritardatore per consentire alle divisioni che sono indietro di mettersi a posto( ...). Intanto a Berat si lavora per un solido muro, un po' indietro forse, lo so, ma le unità solide sono a posto solo ora ( ...)»ll5. È chiaramente avvertibile nel colloquio un'intenzione tranquillizzante da parte di Cavallero. In realtà il panorama strategico era meno oscuro di quanto gli stessi protagonisti potessero ritenere. Innegabile il Il II corpo greco era su due divisioni di fanteria - la 15" e la I", ciascuna su cinque reggimenti di. fanteria - e supporti vari. 114 Diario Cavallero,data 18.1.1941. 11 5 Jbidem, data 20.1.1941. 113


392

POL ITICA E STRATEGIA lN Cl3NTO ANNI DI GUERRE ITA U ANE

momento di grave incertezza - cominciato, in fondo, al Kalamas - ma gettando uno sguardo nelle retrovie, dove i reparti in ricostituzione stavano raccogliendosi, e conoscendo le predisposizioni in corso per il trasporto in Albania di numerosi battaglioni di complementi, diventava lecito un moderato ottimismo. Ne derivò l'idea della <<contromanovra di Klisura»: un'azione affidata al XXV corpo al fine di alleggerire la pressione nemica mediante l'interruzione della sua linea cli comunicazione valle Vojussa-valle Deshnices. Lo svolgimento cieli' operazione fu cadenzato in tre tempi successivi: I, occupazione cli sorpresa delle posizioni avanzate da utilizzare per l' immediato impianto delle basi cli fuoco; II, occupazione di Klisura con la divisione Legnano rinforzata; III, intervento sul fianco ed alle spalle dell'avversario ad est della confluenza Vojussa-Deshnices con la riserva di corpo d'armata. La lotta, iniziata il 26 gennaio, si protrasse sino al 30, quando all'estrema sinistra del corpo d'armata si registrò uno scollamento con il contiguo VIII corpo. In serata fu deciso di sospendere l'operazione e di passare ad un atteggiamento difensivo. L'azione di Klisura, condotta in cinque giorni di duri combattimenti e priva di un sicuro ed efficace coordinamento con l'VIII corpo, non aveva raggiunto gli obiettivi sperati; tuttavia fu il primo atto di decisa reazione e fece sentire al nemico il pericolo incombente sull'unica rotabile che consentisse l'agevole rifornimento della 13 e della 15a divisione elleniche. Dalla fine di gennaio i greci cesseranno cli puntare su Berat e rivolgeranno ogni loro sforzo alla conquista di Tepeleni, saliente mi naccioso, possibile base cli partenza per controffensive italiane. Si è visto come dal dicembre esistessero contatti con la Germania per un aiuto diretto (una divisione da montagna in Albania) e indiretto (azione dalla Bulgaria su Salonicco), intesi ad alleggerire la pressione greca sul fronte albanese. Il 31 dicembre Hitler mandò a Mussolini una lettera di auguri, nella quale, accanto ad una lezione di comportamento politico-militare, formulava qualche vaga promessa senza troppo sbilanciarsi. Intanto - spiegava - «È semplicemente necessario, Duce, che Voi stabilizziate il vostro fronte in Albania, così eia trattenere almeno la parte principale delle forze greche ed anglo-greche ( ...)» 116 . Il gen. Marras, che sapeva bene interpretare il pensiero del Fiihrer e dell' Oberkommando der Wehrmacht, pochi giorni più tardi inviò una lunga relazione che si concludeva in questi termini:

116

Hitler a Mussolini in data 31.12.1940, DDI, 9" serie, VI, doc. 385.


LA CAMPAGNA CONT =R=O~L=A~G=R= EC =l~ A _ _ _ _ _ _ _ _ __

393

«Riassumendo: - la Gennania vuole occupare Salonicco; - il rapporto delle forze e le condizioni del terreno lasciano presumere che l'avanzata tedesca sarà molto più rapida di quella italiana e che perciò le forze germaniche potranno giungere ad Atene prima di quelle italiane; - è possibile che la Grecia non intenda opporre una seria resistenza alle forze tedesche e che essa preferisca l'occupazione tedesca a quella italiana; - non è pertanto da escludere che la minaccia tedesca porti soltanto un lieve alleggerimento del fronte a]banese; - si prospetta l'opportunità di tempestivi accordi politico-militari per il coordinamento delle future operazioni offensive contro la Grecia» 117 .

La questione della cooperazione italo-tedesca contro la Grecia era molto complessa. In gennaio giunsero in Albania due missioni militari germaniche, l'una guidata dal gen. von Rintelen e l' altra dal col. Jodl (fratello del capo dell 'OKW), ma Hitler voleva soprattutto un colloquio con Mussolini. Questi eia tempo procrastinava l'incontro «sotto il peso dei numerosi insuccessi non riscattati almeno parzialmente» 118 . Alla fine si arrese e fissò la vjsita a Berchtesgaden per il 19 gennaio. Da parte tedesca fu richiesta la presenza dj un consigliere militare responsabile. Non potendo in quel periodo allontat')arsi dall'Albania, Cavallero si fece sostitufre dal gen. Guzzoni e, convocato a Foggia il 14 gennaio, consegnò a Mussolini un appunto relativo a tutti i problemi connessi con la situazione mil itare, condividendo gli apprezzamenti fatti da Mains circa la necessità di «impedire che le future operazioni offensive contro la Grecia venissero svolte dai due alleati in modo indipendente. Gli svantaggi di questo mancato coordinamento sarebbero tutti per l'ltalia» 119 . Secondo Ciano l'incontro di Foggia non dovette essere molto consolante, perché Mussolini tornò a Roma «scuro e pessimista». «La Grecia - avrebbe detto a Ciano i.I 16 gennaio - è stato un capolavoro politico; siamo riusciti ad isolare questo paese ed a farlo battere solo, contro cli noi. Chi ha mancato in pieno è l'esercito» 120 .

117

USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., III, tomo U, doc. 8. La relazione, in data 4 . l. I941, fu presentata da Guzzoni a Mussolini, che la mandò a Cavallero con un semplice commento: «(.. .) la conclusione è che bisogna precedere i tedeschi nell'opera di an nientamento della resistenza greca» (Diario Cavallero, data 6. 1. I 941). 1!8 G. CIANO, Diario, cit., p. 496. 11 9 Diario Cavallero, data 14.1 .1941. 120 G. CIANO, Diario, cit., p. 499.


394

POLITICA t; STRAf i:iGJA lN CENTO ANNI DI GUERRE !TALlANfc

Che si sentisse inquieto, comprendendo che quella guerra inutile e non preparata si poneva per intero a carico del regime, sta a dimostrarlo la decisione presa proprio il giorno seguente di mobilitare, col I O febbraio, tutti i principali gerarchi e spedirli in Albania - ove il malcontento per l'andamento della guerra gli risultava particolarmente diffuso - col triplice scopo di mettere propagandisticamente gli esponenti fascisti in prima linea, di elevare il tono dell'ambiente albanese e di avere informatori sullo spirito dei Comandi e delle truppe. In sostanza, aveva «riconosciuto» il fronte interno . Consapevole com'era di presentarsi davanti a Hitler in manifeste condizioni cli inferiorità, arrivò a Berchtesgaden nervoso ed a disagio, talché all'ambasciatore Alfieri - il quale si affrettò a significargli che il Flihrer era ben disposto ad accogliere eventuali richieste - rispose seccamente: «Io non ho nulla da chiedere» 121 . Nelle sedute pomeridiane di quei due giorni fu rono affrontati gli argomenti di carattere militare. Il maresciallo Keitel ed il gen. Jodl tornarono sull'offerta di un corpo d'armata di 30 mila uomini, su due divisioni da montagna, ma la replica di Guzzoni fu in sintonia con quanto in precedenza soppesato con Cavallero: data la situazione logistica, al massimo poteva essere mandata in Albania una divisione convenientemente alleggerita.

*

*

*

La battaglia di Tepelen i. li 1° febbraio Cavallero fu convocato cl 'urgenza a Bisceglie da Mussolini. In quella sede illustrò in una vasta panoramica il momento operativo significando che «il 4 dicembre eravamo sull'orlo della catastrofe, mentre oggi siamo in deciso vantaggio» , quindi passò a precisi argomenti. Anzitutto la questione dei richiami alle armi: «Non posso tacervi, Duce, che questo stato di cose è grave( ...) almeno occorrerebbe che le nostre riserve ( ...) una volta a1Tivate in Albania si presentassero di pronto impiego. Ciò non si è mai verificato. Al danno dell'affrettata costituzione delle unità devesi aggiungere che esse vengono portate a numero richiamando uomini ed ufficiali che non hanno fatto più servizio militare da molto tempo e perciò sono privi di ogni addestramento, specie per quanto concerne le nuove armi .

121

D.

ALFIERI,

Due ditlatori difronte, cit., p. 113 e seg.


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Df. «Ferrara>> Df. <<Brennero)> Df. «Legnano» Df. «Modena» Df. «Sforzesca»

(*) Jn riordinamento sotto il controllo del gen. Negro. (':'*) Il comando era quello della D.f. mot. «Trieste» .

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POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITAl.lANE

Ho il dovere di segnalarvi, Duce, che ciò rende assai difficile il compito di tutti. Soprattutto ciò è cagione di scarsa consistenza e perciò scarso rendimento dei reparti, di gravi perdite in ufficiali ed in perdite di uomini di truppa assai superiori a quelle che si avrebbero con reparti anche mediocremente addestrati. Ci sono stati annunciati 15 battaglioni di complementi poco e affatto addestrati; questi battaglioni servono per I.e unità da riordinare e saranno utilizzati nel modo migliore. Ma occorre che ulteriori invii di complementi s iano fatti con uomini addestrati e perciò tratti da classi che abbiano avuto recenti richiami( ...). Debbo in sintesi confermare l'urgente necessità che sia modificato il criterio che presiede ai richiami degli ufficiali e della truppa. Mi rendo conto che si può sollevare obiezioni cli ordine sociale, ma penso che il danno al quale ci esponiamo perseverando ne.JI' attuale sistema è troppo grave perché quel.le obiezioni non debbano essere in qualche modo superate» 122 .

Po.i Cavallero toccò altri argomenti, fra cui la situazione dei quadri e delle grandi un.ifa, i due schieramenti contrapposti, i procedimenti tattici greci ed infine l ' impiego dell'aviazione nella battaglia, con specifico riferimento allo scarsissimo numero di aerei da bombardamento disponibili in Albania. Mussolini prese atto di ogni cosa e promise il suo personale interessamento per sanare gli inconvenienti indicati. In Albania quel periodo fu essenzialmente di assestamento e cli riordinamento. Giornalmente arrivavano complementi ed unità cli supporto; le divisioni in ricostituzione stavano completandosi e addestrandosi; la rete delle principali mulattiere nei settori centrali era in affannoso miglioramento con reparti del genio ed operai civili. Però il servizio trasporti rimaneva il problema dei problemi e rendeva insoddisfacenti perfino i 1ifornimenti di materiali di cui esisteva disponibilità. Cavallero sperava di avere al completo, a fine mese, per la grande offensiva con la quale intendeva rovesciare la situazione, )e cinque c.Uvisioni in riordinam~nto, nonché la Piemonte, la Parma ed un pa.io di divisioni fra le ultime arrivate. Purtroppo il 25 febbnùo l'ufficio operazioni rappresentò che il blocco di grandi unità in questione poteva essere pronto , nei riguardi delle dotazioni, non prima della metà di marzo. Ma per il momento Cavallero doveva pensare a Tepeleni , nel cui settore stava abbattendosi un impetuoso attacco greco. Considerando la sempre più probabile apertura delle ostilità sullo scacchiere bulgaro, il gen. Papagos aveva rivisto tutta l'articolazione di comando ad alto livello, modificando il dispositivo come segue: 122 Diario

Cavallero, data 1.2.1941.


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SCHEMA OROIDROGRAFICO DELLA ZONA PRINCIPALE DELLA BATTAGLIA DI TEPELENI

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- Sezione d'annata deUa Macedonia orientale (gen. Bakopoulos): V corpo e supporti vari; - Sezione d'armata della Macedonia occidentale (gen. Pitsikas): IIT e IV corpo e supporti; - Sezione d'armata dell'Epiro (gen. Drakos): I e II corpo, divisione di cavalleria e supporti; - Sezione d'armata della Tracia (gen. Kotoulas): 12" divisione di fanteria e supporti vari.

La nostra controffensiva su Klisura aveva fatto comprendere che, dati lo schieramento ed il nuovo rapporto di forze del settore occidentale, l'azione a fondo su Berat non poteva essere proseguita a causa della grave minaccia esercitata dal XXV corpo italiano contro le truppe elleniche operanti fra l'Osum ed il Trebeshines. Quindi bisognava eliminare il cuneo avanzato costituito dal XXV corpo, operazione che avrebbe consentito di tentare contemporaneamente la conquista di Tepeleni per avvolgimento. Sul piano strategico Tepeleni era semplicemente un momento della manovra per il raggiungimento de)]'obiettivo sul quale ormai si concentrava ogni attenzione e speranza greche: Valona. Il compito dello sforzo risolutivo fu affidato alla Sezione d'armata dell'Epiro, che disponeva in totale dì dieci divisioni. La battaglia dì Tepeleni ebbe inizio il 13 febbraio e , attraverso due distinte fasi, separate da temporanea sosta, si protrasse fino a metà marzo confondendosi con l'inizio della controffensiva italiana in val Deshnices. Nonostante il continuo peggioramento delle condizioni climatiche e lo spostamento di entrambi i contendenti, i combattimenti si prolungarono con inalterata intensità specialmente su m. Golico, divenuto il nuovo punto caldo della contesa per Tepeleni, drammatico per il duello che vi si svolse tra rocce a picco, tormenta di neve e vento gelido. Il pomeriggio del 20 il gen. Geloso si recò da Cavallero per discutere sull 'andamento della battaglia nel settore del XXV corpo. Il punto critico era il Golico; finché esso resisteva la situazione a nord della Vojussa non destava preoccupazioni; la sua caduta, invece, avrebbe di colpo avuto riflessi pericolosissimi sullo Shendeli. Quella sera lo striminzito presidio del Golico, ridotto ad un centinaio di uomini, dopo due ulteriori assalti greci sostenuti da intensissimo fuoco, fu costretto ad indietreggiare sino all'ultima quota del monte. Qui si abbarbicò e resistette. Il 22 febbraio la battaglia prese a languire. Se la prova era stata dura per il difensore, ancora di più lo era stata per l'attaccante che si era dis-


LA CAMPAl;NA CONTRO LA GRECIA

IL DISEGNO OPERATIV O GRECO PER LA CONQUISTA DI VALONA

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DI GUERRE ITALl,\NE

sanguato ed accusava palesemente logorìo e scoraggiamento. Troppo tardi il Comando Supremo greco aveva riunito la massa delle forze per operare in una sola direzione; quello che sarebbe stato possibile in dicembre ed anche in gennaio non lo era più in febbraio. A questo punto Mussolini sentì il bisogno di parlare all'Italia, romendo un silenzio che aveva sapore di colpevolezza. Convocò per il 23 febbraio le gerarchie del fascismo romano al teatro Adriano in Roma ed in tale sede commentò apertamente gli avvenimenti militari sui vari scacchieri. Quelli verificatisi in Albania erano i più scottanti . Da troppo tempo egli sapeva di dover spìegare ciò che era accaduto sul fronte greco. Cominciò con l'additare al pubblico la responsabilità dei generali: «( ...) L'ultimo appoggio alla Gran Bretagna era ed è la Grecia, l' unica nazione che non ha voluto rinunciare alla garanzia britannica. Era necessario affrontarla e su questo punto l' accordo di tutti i fattori militari responsabili fu assoluto. Aggiungo che anche il piano operativo, preparato dal Comando Superiore Forze Armate d' Albania fu unanimemente approvato, senza riserve di sorLa e non fu chiesto, nell' intervallo fra la decisione e l'inizio dell'azione, che con un ritardo di due giorni>>.

Non mentiva. Comunicava semplicemente una parte della verità. Quella che gli faceva comodo che fosse conosciuta. Non disse che «i fattori militari responsabili» avevano approvato piani operativi basati su premesse inesistenti e situazioni politiche al di fuori della realtà; ma alle quali. si doveva credere perché avallate dall'autorità del capo del governo, del ministro degli Esteri e del Luogotenente del Re in Albania. Questo non avrebbe soverchiamente diminuito le colpe dei vertici militari, per l'approvazione di un piano ambizioso nei fini ma da eseguire con forze insufficienti , tuttavia avrebbe indicato onestamente che le responsabilità dovevano essere più largamente ripartite. Poi Mussolini proseguì elogiando le truppe, in primo luogo quelle alpine , ed infine chiuse annunciando trionfalmente la prossima ripresa offensiva: «( ...) mentre fra poco sarà primavera e , come vuole la stagione, la nostra stagione, verrà il bello. Vi dico che verrà il bello e verrà in ognuno dei quattro punti cardinali( ...)».

La battaglia per Tepeleni fu riaccesa dai greci a fine febbraio, ma la fiammata si spense ben presto e dopo qualche giorno in campo greco si affacciò la sensazione che la situazione stesse per sfuggire definitivamente


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di mano. Il gen. Drakos, convocato ad Atene, dichiarò senza mezzi tennini che il logorìo delle truppe dell'Epiro era tale da non permettere ulteriori tentativi . Il risultato fu che il gen. Drakos ed i comandanti ciel I e del Il corpo furono esonerati dal comando. Il 6 marzo il gen. Pitsikas , comandante dell'annata della Macedonia occidentale, sostituì il gen. Drakos. Il provvedimento era un estremo tentativo cli giungere in fretta ad una conclusione in Albania. Papagos si trovava ormai con le spalle al muro perché il 1° marzo i tedeschi erano entrati in Bulgaria ed inevitabilmente avrebbero presto fatto in-uzione in Tracia. Giocò, quindi, il tutto per tutto contro il XXV corpo italiano. La resistenza fu disperata. Il 12, 1 isti stroncati tutti gli assalti sul Golico e sullo Shencleli, che ormai si protraevano da ben cinque giorni, il nemico cambiò repentinamente disegno puntando solo lungo il versante destro della Vojussa, a mezza costa e verso il basso. L'ultimo atto della battaglia di Tepeleni fu rappresentato daJJ'arrivo in linea della D.f. Lupi di Toscana, a sbarramento del fondo valle Vojussa all'altezza del ponte di Perati. La lunga battaglia difensiva strategica, iniziata nella prima decade di dicembre per assicurare gli obiettivi vitali dello scacchiere - Valona, Tepeleni e Berat - , era finalmente vinta. Si trattava adesso di riprendere l'iniziativa delle operazioni. A questo, appunto, aveva cominciato a pensare Cavallero mentre era in corso la battaglia di Tepeleni. Accettò il disegno proposto dal gen. Gambara, comandante dell'VIII corpo, ed il 21 febbraio concretò la decisione neJle direttive n . 18: la ripresa offensiva doveva partire dal fronte cli Berat rompendo, previa poderosa preparazione cli artiglieria, il dispositivo nemico a cavaliere della rotabile cli fondo valle Deshnices con primo obiettivo la zona cli Suka e possibilmente Klisura. La protezione del fianco sinistro era assicurata dal IV corpo, quella del fianco destro dal XXV corpo. Quest'ultimo doveva sfruttare il successo con un concorso da Tepeleni su Klisura, lungo la Vojussa. Diciamo subito che, a dispetto degli entus iasmi del gen. Gambara, esistevano molti motivi di perplessità: direttrice cli attacco discutibile; rapporto cli forze poco persuasivo; difficoltà per i rifornimenti dopo lo spostamento in avanti; alcuni reparti non ancora sufficientemente pronti . Da rilevare che il gen. Guzzoni si era esplicitamente dichiarato contrario a tale operazione, ritenendo di gran lunga preferibile rinunciare ad .interventi locali e, invece , concentrare ogni attenzione del settore di Korça a favore della controffensiva decisiva. Non esitò a parlarne a Mussolini 123 , insistendo perfino 123

USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., III, tomo I, p. 394.


402

POLITICA li STR/ffE(,tA IN CENTO ANNJ OJ GUERRE JTALIANE

mentre lo accompagnava all'aeropo1to. Infatti il Duce, conquistato dall'entusiasmo di Gambara e daJl'avallo di Cavallero, aveva stabilito di essere presente al vittorioso evento 124 . II vero protagonista dell'imminente battaglia era l'VIII corpo cl' armata, con tre divisioni in prima schiera, due in seconda ed un raggruppamento di cami.cie nere , formato con le legioni delle predette divisioni, in riserva. Tra le 7 e le 7 ,30 del 9 marzo iniziò la preparazione cl' artiglieria. Fu intensa e ad essa si accompagnò l'intervento dell'aviazione. Ma ancora una volta i risultati non furono quelli desiderati perché il bombardamento, eseguito da altissima quota non poteva ottenere gli effetti voluti. Le conseguenze non tardarono a farsi sentire. Dopo poche ore la battaglia assunse un carattere di logoramento, tale da impegnare duramente attaccanti e difensori, da provocare forti perdite, ma da consentire come risultato tangibile soltanto il guadagno di poco terreno 125. All'imbrunire si potevano reputare eliminate le avanstrutture della difesa, ma soste, disguidi, carenze di coordinamento avevano ritardato l'investimento della posizione di res istenza nemica , ancora non intaccata in alcun punto. Nonostante ripetuti sforzi la situazione non migliorò. Il mattino del 14 marzo Mussol ini ebbe un lungo colloquio con Cavallero: <<A sua domanda - annotò Cavallero - glj bo detto che onestamente ritengo che le nostre unità non sono idonee a produrre rottura di fronte che ha sfruttato il tempo da noi impiegato a formare il fronte per fare una sistemazione difensiva molto efficiente. Davanti ad un'azione difensiva bene imbastita con centri di fuoco , occorre una truppa che sappia fare tattica di infiltrazione e che abbia forte inquadramento di ufficiali. Noi non abbiamo queste condizioni e quindi invece di fare tattica di infiltrazione agiamo di peso e logoriamo il nemico( ...). Ritornando all'operazione in corso, ho detto al Duce che se fra oggi e domani vediamo che si sfonda possiamo continuare l'azione con la massima intensità. Se invece vediamo che non si profila uno sfondamento dobbiamo riflettere( ...). Domani sera, in base all'esito delle operazioni dell'VIJI corpo egli [Mussolini] potrà prendere le sue decisioni ( ...)» 126.

124

Diario Cavallero, data 4.3.1941. Poche ore dopo l'inizio dell'operazione, Mussolini disse al gen. Pricolo: «L'offensiva è già fallita» (F. PRICOLO, La Regia Aeronautica, cit., p. 344). 126 Diario Cavallero, data 14.3.1941. 125


LA CAMPAGNA CONTRO LA GRECIA

IL PROGETTO BASATO SULLE DIRETTIVE N. 18 (28 febbraio)

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Scala 1: 100.000


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POLITICA E STRATEGLA IN CENTO ANNI DI GUERRE l'l,\LIAN E

Le decisioni cui alludeva Cavallero sì riferivano ad una ripresa offensiva di maggiore e decisiva portata, allargando il fronte di attacco ed agendo a fondo anche nel settore del litorale. Riesce francamente difficile comprendere come Cavallero, che conosceva assai bene le cause prime dei nostri insuccessi - impreparazione adclestrativa generale, carenze organiche, deficienza di artiglieria moderna, insoddisfacente rifornimento di munizioni, organizzazione improvvisata - potesse, di punto in bianco, voler aprire un nuovo settore di lotta all'estremità meridionale dell' 11 a armata e senza apprezzabili sviluppi, e per cli più con truppe che notoriamente non erano in grado di passare bruscamente eia una difensiva , caratterizzata tuttora da uno spiccato framrnischiamento di reparti, all'offensiva. Un tempo d'arresto comunque s'imponeva e Mussolini alle 21,30 dispose di interrompere l'operazione per tre giorni e di osservare la reazione del nemico. Il giorno seguente tenne rapporto a Cavallero, Geloso e Gambara. Lasciò che Cavallero riepilogasse la situazione e le prospettive e poi tagliò corto: «( ...) Abbiamo fatto il muro che il gen. Cavallero è riuscito a costituire; abbiamo scelto una d irezione coinvinti che il giorno che si sapesse che abbiamo conquistato Klisura l'esercito greco crollerà. Credo che ormai i greci abbiano rinunciato ai due settori estremi di Korça e di Valona. Occo!Te impegnarli sul binomio Kli sura-Tepeleni. La situazione di Tepeleni è precaria. Però lèpeleni si difende anche agendo su Klisura. Quindi insistere sull'azione Klisura-Tepeleni e concentrare tutto sui corpi d'armata IV, vrn e XXV ( ...)» 127 .

La delusione di Mussolin i doveva essere trasparente e, per quanto non risulti che avesse ancora formulato commenti negativi128 , sicuramente Cavallero avvertiva il muto rimprovero . Solo così si può spiegare la ricerca affrettata di nuove direttrici operative senza connessioni con i progetti ragionati nel tempo e miranti ad attuare la sospirata offensiva dal Korçano. II 16 mattina infatti sottopose a Mussolini il progetto di una nuova offensiva da sferrare nel settore del IV corpo: 127

Diario Cavallero, data 15.3.1941 . li 20 marzo Mussolini si sfogò con il gen. Pricolo in modo assai pesante: «Vi ho richiamato - gli disse - perché ho deciso di rientrare doman i stesso a Roma. Sono nauseato di questo ambiente. Non abbiamo progredito di un passo; mi hanno ingannato fino ad oggi . Disprezzo profondamente tutta questa gente. Stanotte ho inviato un rapporto particolareggiato a Sua Maestà» (F. PRICOLO, La Regia Aeronautica, cit., p. 345). 128


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«Ore l l. Conferisco col Duce in merito ai nuovi provvedimenti per dare all' azione la massima efficacia, e cioè: preparazione artiglieria; nuove direzioni di sfondamento; rimaneggiamento del comando. A questo proposito proporre.i di prendere direttamente il settore del IV e dell'VIII C.A ., lasciando a Geloso il comando dei C.A. XXV e Speciale. Quindi l'azione dello Shendeli-Tepeleni sarebbe affidata a Geloso. fl Duce risponde che da tempo aveva notato che il settore clell'll" am1ata attualmente è troppo grande per un solo Comando e che aveva pensato di mettere un nuovo Comando al centro. Quindi approva ( ...)» 129 .

Si ignora come potesse seriamente esercitare nello stesso tempo i tre incarichi di capo di S .M. Generale, di Comandante Superiore delle Forze A1mate d'Albania e di comandante di armata. Del pari è da chiedersi come potesse pensare di costituire un'armata senza Comando, senza servizi, senza truppe di supporto, oppure ad organizzare in una diecina di giorni, quanti ne mancavano alla fine del mese, l ' intelaiatura di una nuova armata con truppe stanche e logore 130 , sia pure - probabilmente - a tempo determinato. Ad ogni modo quest'idea cadde dopo quattro giorni 131 , il che dimostra quanto poco solide basi avesse. Il 20 sera, prima di rientrare in Italia, Mussolini tenne un nuovo rappot1o al comandante dell'lF annata ed ai suoi princ.ipali sottordini. Cominciò elogiando tutti, poi segnalò con soddisfazione l'adesione imminente del1a Jugoslavia al Patto Tripartito ed il previsto intervento dei tedesclù nei primi gionù di aprile, ed infine venne al dunque con tre osservazioni che meritano rilievo132 . La prima: «L'azione-del 9 corrente è stata per mc una sorpresa. Non mi facevo illusioni che si ottenessero successi strategici; non escludevo però un successo tattico soddisfacente. Il piano era ben studiato; il fuoco di artiglieria bene organizzato; gli apprestamenti logistici a punto. Come è avvenuto che le divisioni abbiano avuto un così scarso potere penetrativo? Questo è un problema che voi dovete studiare».

La risposta era una sola: quando, dopo alterne vicende, un'offensiva raggiunge parzialmente lo scopo prefisso ma non l'obiettivo, oppure non

129

Diario Cavallero, data 16.3.1941. marzo la riduzione di efficienza delle divisioni dell'Vlll e del XXV corpo impiegate era valutata sull'ordine del 50%. In un paio di settimane la Pinerolo aveva perso 213 ufficiali (tra cui 1 comandante di reggimento, 9 comandanti di battaglione ed l comandante di gruppo d'artiglieria) e 3.370 sottufficiali e soldati. 13 1 Diario Cavallero, data 19.3.1941 . 132 Ibidem, data 20 .3.194 1. 130 Il 16


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POI.ITJCA E STRATEGIA IN CENTO ANNI lJI GUERRE ffAUANE

consegue né l'uno né l'altro, si può anche considerare il fatto come evento bellico che rientra nelle probabilità negative dell'operazione; ma allorquando non riesce neppure a prendere slancio significa che vi è stato errore, e grave, in sede di valutazione dei termini del problema operativo. Seconda osservazione: «( ...) mantenendo l'offensiva in quel settore ( ...) si dovranno rivedere le cause della mancata penetrazione della prima fase per porvi rimedio». Ora, le cause dello scacco erano conosciute ed egli ben sapeva che non si potevano eliminare né a brevissima né a breve scadenza. Pertanto l'ordinare - come fece 133 - la replica costituiva superficialità di vedute ed assunzione di precise responsabilità. Naturalmente il non opporsi con la dovuta fermezza a simile ordine estendeva la responsabilità. Terza osservazione: «( ...) dall'aviazione in campo tattico non bisogna attendersi risultati spettacolosi. Essa può agire in questo campo solo quando l'avversario è in rotta». Inutile un commento.

U 26 mattina il gen. Guzzoni comumcò che molto probabilmente il 1° aprìJe avrebbe avuto inizio l'operazione Marita. Un gruppo di divisiom da montagna doveva puntare su Edessa e Florina per prendere contatto con la 9' armata italiana. Cavallero convocò immediatamente Geloso e Pirzio Biroli (subentrato, questi, il 16 febbraio al gen. Vercellino nel comando della 9" armata), e mise in programma un'operazione del settore di Pogradec. Tutto appariva ben avviato, senonché ventiquattr'ore più tardi, 27 marzo, giunse la notizia che il giovane re Pietro II aveva assunto il potere in Jugoslavia con un colpo di stato militare e che il gen. Simovié era il nuovo capo del governo filobritannico. Cavallero telefonò a MussoJini assicurando di aver preso subito alcuni provvedimenti di carattere precauzionale e il Duce approvò, soggiungendo di sospendere «l'altra faccenda» sul fronte di Berat - cioè l'intenzione di Cavallero di rinnovare, con opportune varianti la fallita operazione in val Deshnices - in attesa di un chiarimento politico.

4. LE OPERAZIONI SUL FRONTE JUGOSLAVO

Alla notizia del colpo di stato a Belgrado - e del conseguente annullamento dell'adesione jugoslava al Patto Tripartito - Hitler fu assalito da 133 «Prima che i tedeschi - disse - sparino il primo colpo di cannone è necessario avere inflitto una sconfitta ai greci. Il popolo italiano si ribellerebbe all'idea che il suo esercito non ha saputo battere quello greco».


LA CAMPAGNA CONTRO L A GRECIA

407

un ' ira sconvolgente. Ri unì Goering, Keitel, Jodl e Ribbentrop e, qualificata la Jugoslavia come fattore di incertezza e quindi di forte disturbo nell'imminente operazione Marita, senza neanche altendere eventuali dichiarazioni di lealtà da parte del governo Simovié, comunicò la sua decisione di «distruggere sia l'esercito sia l'unità nazionale dello Stato jugoslavo>>, non appena pronte le truppe ed i mezzi necessari. Ali 'Italia, all ' Ungheria ed anche alla Bulgaria avrebbe chiesto un concorso militare, perché tutte avrebbero avuto da guadagnare: la costa adriatica ali 'Ita1ia, il Banato all'Ungheria e la Macedonia all a Bulgaria. La Romania, invece, si sarebbe limitata a guardare la fron tiera con l'Unione Sovietica. B quello stesso 27 marzo diramò il <<Foglio d'istruzioni n. 25»: «È mia intenzione invadere la Jugoslavia con potemi forze dalle zone di Piume e di Sofia con direz.ione generale Belgrado e il leJTitori o più a sud, allo scopo sia d'inniggere all'esercito jugoslavo una disfatta decisiva. sia di separare la parte meridionale della Jugoslavia dal resto del paese, allo scopo di trasformarla in una base per ulteriori operazioni delle forze tedesche e italiane contro la Grec ia. In particolare ordino quan to segue: a) Non appena sia compiuta la concentrazione di forze sufficienti e le condizioni meteorologiche lo consentano, lUlli gli impianti a terra e la c ittà di Be lgrado devono essere distrutti con attacchi aerei continui, di g iorno e di notte. b) Se possibile simultaneamente, ma in ogn.i caso non prima, dovrà avere inizio l'operazione Marita, il cui primo limitato obiettivo sarà quello di impadron irsi del porto di Salonicco e dei monti Dia» 134 .

Secondo Keitel il pericolo maggiore per la Ge1mania consisteva in un attacco jugoslavo alle spalle delle forze italiane in Albania . A parte ciò, «la decisione di attaccare la Jugoslavia significava un mutamento radicale di tutti i movi menti e di tutti i piani preparati sino a quel momento. L'operazio ne Marita dovette essere completame nte riveduta. Nuove forze dovevano essere fatte affivare dal nord attraverso l' Ungheria. Tutto doveva essere improvvisato» 135 • Per quanto concerneva l' Ungheria, attraverso il cui territorio dovevano passare i trasporti militari per lo sforzo principale contro la Jugoslavia, è vero che le si offriva l'occasione di riprendersi le regioni cedute alla Jugoslavia dopo la prima guerra mondiale, ma l'autorizzazione al transito venne chiesta in termini addirittura brutali: «Il problema è ur-

134 135

W. CIIURCHILL, La seconda guerra mondiale, cit., parte terza, I, pp. 192 e seg. Dalla deposizione d i Ke itel a Norimberga, ibidem, p. 195.


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- -- - - - - - - - - - 'P ~O=l,~ I T~IC=A=E~S1' ~R =A=T= EG =l=A IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

gente. Si chiede una risposta immediata ed affermativa» 136 . Quanto all'Italia, Hitler mandò un messaggio a Mussolini per metterlo al corrente delle proprie intenzioni e dei provvedimenti presi e preannunciando la visita del gen. von Rintelen per gli accordi militari. La parte più importante della lettera era la seguente: «3 . Ora io considero questa situazione non come catastrofica, ma tuttavia come così grave che da parte nostra dovrà essere evitato ogni errore se non vogliamo trovarci in definitiva a veder posta in pericolo la nostra posizione generale. 4. Perciò io ho già preso tutte le disposizioni per poter andare incontro ad uno sviluppo del la crisi con i necessari mezzi militari. Il cambiamento delle nostre disposizioni di marcia anche in Bulgaria è già ordinato . Vi prego ora caldamente, Duce, di non voler iniziare nei prossimi giorni ulteriori operazioni in Albania. Ritengo necessario che con tutte le forze che siano comunque disponibili cerchiate di guarnire e proteggere i passi più importanti dalla Jugoslavia all'Albania. Non si tratta che di misure che debbono opporsi almeno per i prossimi quindici giorni o tre settimane, agli sviluppi cli una crisi. Ritengo inoltre necessario, Duce, che rinforziate le vostre forze al fronte italo-jugoslavo con tutti i mezzi e con la massima rapidità».

Seguiva un reiterato invito al più assoluto silenzio su qualunque misura posta in cantiere 137 . Mussolini ricevette la lettera tramite l'ambasciatore von Mackensen. Rispose subito dichiarando che l'accaduto non l'aveva «minimamente sorpreso»; che aveva già dato personalmente ordine al gen. Cavallero di sospendere l'offensiva «il cui inizio era imminente»; che in Italia aveva già ordinato l'afflusso verso la frontiera orientale di sette divisioni che si sarebbero unite alle sei già in posto; che garantiva «il segreto più assoluto» 138 . L'Albania era sempre stata considerata scacchiere nel quale le operazion i dovevano aver carattere nettamente difensivo per stroncare possibili iniziative avversarie contro Scutari, Kukes, alta valle del Drin e Korça mediante nuclei di manovra. In ogni caso si imponeva la difesa ad oltranza sulla linea del «ridotto centrale Miloti-K.ruja-Librazhcl-Klisura-Tepeleni-passo Logora»: un ampio semicerchio, spalle al mare, che copriva i due po1ti di Durazzo e di Valona e la capitale. Il progredire della guerra contro la Grecia non aveva fatto perdere di vista la minaccia 136 ULLEN-REVIEZY, Guerre allemande. Paix Russe, p. 89. 137 Hitler a Mussolini in data presumibile 27.3.1941, DDI, 138

Mussolini a Hitler in data 28.3.1941, ibidem., doc. 795.

9" serie, VI, cloc. 792.


LA CAM PAGNA CON)'RO L.,A,= GR =E=C= I A~ - - - - - - - - - - -

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jugoslava, talché 1'8 marzo il Comando Superiore aveva riconsiderato la questione rifacendosi al P.R. 12 dell'anno precedente. Nel caso in cui la Jugoslavia fosse stata attaccata contemporaneamente dall'Italia, frontiera giulia, e dalla Germania, frontiera austriaca, la probabile contromossa jugoslava nello scacchiere albanese era prevista in un attacco a fondo dal Dibrano lungo la direttrice Tirana-Durazzo, sussidiato da azioni secondarie dal Montenegro e dal Kossovo. L'aggiornamento del piano, comunque, era stato compiuto più che altro per debito d'ufficio, senza attribuire molta attendibilità al pericolo jugoslavo. Cavallero prese subito provvedimenti . In primo luogo il rinforzo delle misute di sicurezza alle frontiere; in secondo luogo il Comando XIV corpo (gen. Vecchi), appena costituito a Tirana, assunse la responsabilità della difesa verso la Jugoslavia per il momento con le divisioni Firenze e Centauro, in attesa dell'mTivo della Messina promessa da Mussolini, mentre l'lla am1ata doveva predisporre l'autotrasporto della Puglie, da effettuare su ordine. Il fatto era che su Cavallero pesava come un incubo la mira greca su Tepeleni . Mal sopportava che la profondità della posizione difensiva in quel settore fosse ridotta a solo otto chilometri «facili ad essere mangiati», essendo convinto che i greci avrebbero tentato un nuovo disperato sforzo se non altro per influenzare la Jugoslavia. Tn definitiva egli teneva in piedi la studiata offensiva della 9a armata perché, se i tedeschi si fossero mossi, come accennato, in una direzione favorevole per il congiungimento con la 9a armata, conveniva partire dal settore di Pogradec. Invece l ' azione dell 'l 1'1 armata era tenuta in sospeso e dipendeva da Tepeleni , ormai divenuta il Palio di una gara. Tanto radicata era in Cavallero la convinzione di doversi attendere un nuovo tentativo ellenico, che il 29 disse al gen. Ranza: «Abbiamo un problema generale ed uno particolare. a) generale: situazione. La Germania agirà certamente (presumo), ma noi prendiamo intanto precauzioni nei settori del Dibrano, del Kossovo e di Scutari. Bisogna prevedere che durante gli avvenimenti s i intensifichi l'offensiva greca ed avvenga anche un'offensiva jugoslava; b) particolare. Mi aspetto un'offensiva in stile su Tepeleni . Pare, secondo lettera di Geloso , che vi sarà bombardamento di aerei a massa ( ...)» 139.

Ranza replicò di avere perduto 60 piloti eia caccia su 130 e che ben cinque gruppi erano ridotti ai mini mi termini perché il personale non si

139

Diario Cavallero, data 29.3 .1941.


4~1=0_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _~POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DJ GUERRE ITALIANE

reggeva più in piedi. Ad ogni buon conto si rivolse al gen. Pricolo, e per conoscenza a Mussolini, esponendo le difficoltà in cui si dibatteva. Pricolo rispose che le disponibilità numeriche dell'aviazione d'Albania e della 4a squadra aerea erano superiori a quelle dell' avversario. Intanto il gen. von Rintelen aveva comunicato a Guzzoni gli intendimenti tedeschi. Hitler aveva stabilito di eliminare dapprima la Jugoslavia, in modo da ottenere l'indispensabile sicurezza alle spalle prima di operare contro la Grecia. L'azione nei Balcani era prevista in tre tempi: occupazione di Salonicco ed eliminazione di ogni contatto territoriale fra Jugoslavia e Grecia; offensiva concentrica su Belgrado per annientare la Jugoslavia; offensiva, infine, in Grecia sino al Peloponneso. Di conseguenza, il 2 od il 3 aprile il XVIII corpo d'armata tedesco, costituita da tre divisioni da montagna ed una motorizzata, sarebbe entrato in Jugoslavia per aggirare le difese greche della linea fortificata RupelStruma ed avanzare su Salonicco e su Eclessa. Il 3 o il 4 aprile altre forze avrebbero puntato su Skoplje in modo da interrompere qualsiasi possibile contiguità fra jugoslavi e greci. Il 12 l'armata cli Graz si sarebbe mossa verso Belgrado lungo la valle della Sava, probabilmente in concomitanza con unità ungheresi. All'Italia erano chieste: un'offensiva massiccia parte dalla fronte giulia il 12 aprile con obiettivo la linea Spalato-Jaice, allo scopo cli proteggere il fianco destro dell'armata tedesca diretta sulla capitale; un'offensiva a braccio più corto dall'Albania su Skoplje per alleggerire l'analogo sforzo tedesco partente dalla Bulgaria; un'operazione navale mirante alla distruzione della marina jugoslava; la ripresa offensiva contro le truppe greche, da attuarsi però solo nel momento in cui questa, per l'avvenuto crollo jugoslavo, desse la certezza di poter arrivare fino al Peloponneso , in contemporaneità con la 12a armata del maresciallo List. Linea di separazione fra italiani e tedeschi: la catena del Pindo. Alla luce di tale programma, nessuna nuova operazione doveva essere intrapresa in Libia sino al 20 maggio, sì da indurre glj inglesi ad inviare truppe in Grecia. Dopo cli che sarebbe stata sferrata un'offensiva ad obiettivo ]imitato 140 . La risposta italiana fu cli sostanziale adesione. Naturalmente, la linea di condotta da adottare in Albania diventava più semplice, in quanto, mettendo da parte ogni intenzione offensiva, si limitava ad assumere un atteggiamento generale difensivo in attesa dell'iniziativa tedesca:

140

Diario storico del Comando Supremo, data 28.3.1941, nota del gen. von Rintelen.


LA CAIVIPAGNA CONTRO LA GRECIA

41 I

«Est chiaro - scrisse Mussolini a Cavallero - che entrando in guerra contro l' Asse e quindi unendo le sue alle forLe militari della Grecia, la Jugoslavia tenterà di attaccarci alle spalle e di fianco alt Est quindi urgentemente necessario di preparare le nostre difese e di resistere per lutto il tempo occorrente alla Germania, la quale attaccherà da est tutte direttrici da Uskub per congiungersi con noi. Tale periodo si calcola in dieci-quindici giorni alt Mentre vi mando d'urgenza la Messina, vi propongo di togliere dal fronte sud due divisioni onde portare a sei quelle schierate sul fronte nord( ...). Misura est delicata ma necessaria ( ...)» 141.

Cavallero rìspose di aver già recuperato tre divisioni di fanteria (Firenze, Arezza e Puglie), una alpina (Cuneense) ed una corazzata (Centauro) nonché supporti vari. Nulla poteva più togliere alla 11a armata, «dove attendo sforzo nemico impo1tante verso Tepeleni». Nel pomeriggio del 31 una missione mìlitare tedesca, guidata dal ten. col. Spath, si presentò a Tirana per esporre con maggìori particolari il piano tedesco e sentire la possibilità del gruppo d'armate cl' Albania. La prima domanda del capo missione riguardò la durata della capacìtà di resistenza. Cavallero assicurò che per almeno un mese non esistevano problemi difensivì ; pìù delle mìsure prese, però, non era possibile fare a causa della persistente sensibilìtà del settore di Tepeleni. Il ten . col. Spath chiese quale valore ì greci attrìbuissero a Tepeleni. «È un loro punto d'onore» spiegò Cavallero , e precìsò che intendeva tenere quella località «a qualunque costo e perciò non posso tirar vìa niente di là.; sono già nelle condizioni che non posso neanche più fare un'azione ìmportante da Berat per alleggerire la loro pressione su Tepeleni». 11 capo missione si interessò alla possibilità di una puntata dalla Centauro verso Skoplje, per andare incontro alla colonna tedesca, ma la divisione era già ipotecata per la difesa dì Scutari, il possesso della quale era importante per ragioni di prestigio internazionale. «Infine - concluse Cavallern - c'è il ridotto, col criterio però che l'ultìma posizione è buona fino a che non è occupata» 142 . Il mattìno del 1° aprile giunsero le direttive di Mussolìni per le operazioni contro la Jugoslavia . Erano modellate su quanto comunicato da Hitler: «La nuova situazione creatasi in Jugoslavia impone ali' Asse di agire immediatamente contro I.a Jugoslavia per eliminarla, così da avere l'indispensabile sicu-

141 142

Diario Cavallero, data 29.3. 194 1. Diario Cavallero, data 3 I .3.1941.


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POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

rezza alle spalle per poter poi operare contro la Grecia. Mi riservo di precisare il giorno X in cui avranno inizio le ostilità, ma è probabilmente imminente. È presumibile che la Jugoslavia concent1i tutti i suoi sforzi offensivi sull'Albania. Sono previste le seguenti azioni tedesche: giorno X dalla Bulgaria in direzione di Salonicco attraverso il territorio jugoslavo; g iorno X o X+ 1 dalla Bulgaria in direzione di Uskub e, appena possibile, verso Dibra e Kossovo; giorno X+9 dalla Stiria per la valle della Sava su Belgrado ed in direzione diCelje-Lubiana-KocevjeOgulin. Il gruppo armate cieli' Albania deve assumere atteggiamento difensivo su tutte le fronti , sino a quando, sviluppatesi le azioni tedesche, non sia possibile mutare atteggiamento. La resistenza, sia sul fronte greco che su quello jugoslavo, deve essere intesa ad oltranza. Particolarmente sensibili al fronte jugoslavo, i tratti presso il lago di Ohrida, in corrispondenza di Dibra e quello di Scutari. La 2" annata deve assicurare Ja d ifesa della frontiera giulia; preparazione offensiva tendente alla fronte Spalato-Jajce ( ...)» 143 .

I problemi che Cavallero doveva risolvere con urgenza erano più d'uno: prima di tutto la questione della difesa cli Scutari; in secondo luogo la situazione logistica determinata dal nuovo schieramento e dall ' incremento di forze (oltre alla Messina. era attesa anche la Marche). Per Scutari non esistevano molti dubbi, però, sapendo come potessero sorgere difficoltà di difesa di fronte a quello che poteva immaginarsi come lo sforzo principale jugoslavo, Cavallero preferì essere esplicito nell'impartire ordini al XIV corpo (gen . Vecchi), che ne aveva la responsabilità, ed al XVII corpo (gen. Pafundi), che doveva subentrare: <<A conferma <li quanto sancito con direttive n. 24, preciso che la città di Scutari va ten uta a qualsiasi costo. Questo compito deve costituire un pegno d'onore per il XIV corpo d 'armata e - ad inserimento avvenuto - del XVII corpo <l'annata. E poiché è presumibile che l' avversario farà ogni sforzo per impadronirsi di questo importante obiettivo, il cui nome ha vasta risonanza, è necessario organizzare a Scutari una saldissima difesa ( ...)» 144.

In campo logistico l'Intendente, gen . Scuero, sintetizzò le disponibilità: 20 giornate di viveri, di cui la metà di riserva; 4 scarse unità di fuoco; sufficienti scorte di carburante. Ancora deficienze dì mezzi di trasporto, ma alleviabili col ricorso ad imprese private. Esistevano anche altri motivi di preoccupazione. La disponibilità di forze e l'ampiezza dei settori escludevano la costituzione di uno schiera143 144

USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., UI, tomo II, doc. 340. Diario storico del Comando Superiore d'Albania, data 1.4.1941.


LA CA.'v\PAGNA CONTRO L,.,_, A"" G::.,, RE,,,,C,.,,_ lA.:...__ _ _ _ __

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mento continuo e, di conseguenza, obbligavano a sban-are le linee cli facilitazione più delicate , limitando il controllo delle rimanenti a misure di semplice sorveglianza. Questo concetto, ovvio, diventava di non semplice applicazione in due casi: laddove le forme del terreno sj aprissero a favore del nemico, il che avveruva nella conca di Dibra e nello Scutarino; e quando mancasse una massa di manovra robusta e mobile a tergo, il che si verificava in quei primi giorni di aprile. Il 5 aprile la situazione delle forze contrapposte alla frontiera albanese-jusoglava era la seguente. li XVII corpo teneva il fronte semicircolare dal mare all'alto Drin con lh D.f. Messina, la D. cor. Centauro, il raggruppamento camicie nere Diamanti ed unità varie, contro la lY D.f. Zetska in Montenegro e la 3 t ' D .f. Kosovska rinforzata nel Kosovo. Da tener presente il fortissimo organico della divisione jugoslava: 3 reggimenti di fanteria su quattro battaglioni, 2 reggimenti di artiglieria ed unità divisionali. Ad oriente il XIV corpo teneva il fronte macedone con la D.f. Puglie (meno un reggimento), la D. alp. Cuneense ed unità varie, contro la 25" D.f. Vardarska rinforzata nel Dibrano e un odred a nord di Ohrida. Poco dopo le 5 del mattino del 6 aprile su Belgrado si scatenò l'operazione Castigo secondo l'ordine di Hitler. Durò due giorni. Nel contempo la 12" armata tedesca attaccava in Serbia sulle direttrici di Nis e cl.i Skoplje. Quanto alle posizioni italiane in Albania, l'attacco della divi sione Zetska si pronunciò lentamente nel settore di Podgorica, mentre la divisione Kosovska muoveva da Prizren. Le difese, quasi tutte posti di confine e piccoli presidi, ripiegarono ordinatamente. Cavallero si attendeva questo inizio , anzi lo aveva temuto peggiore perché le previsioni si basavano sulla presunzi.one di uno sforzo attuato da dieci divisioni jugoslave , di cui sei in prima schiera e quattro, derivate per sdoppiamento; in seconda. Senonché parte delle truppe jugoslave si trovava ancora in fase di radunata ed il pericolo tedesco era subito apparso temibile. L'8 aprile, quando unità del XIV corpo d'armata tedesco entrarono in Skoplje, Mussolini inviò un messaggio a Cavallero per richiamare la sua attenzione sulla possibilità di «colpi di audacia» jugoslavi dal Montenegro su Durazzo e sulla convenienza di agevolare la penetrazione tedesca muovendo una colonna verso Kicevo (direzione Prilep) oppure verso Gostivar (direzione Skoplje) 145 .

14 5

USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., 111 , tomo I, p. 672.


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POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI Dl GUERRE lTALIANE

Ma benché la questione jugoslava fosse sul tappeto da tempo, il Comando Supremo italiano aveva trascurato di propon-e all'Oberkommando der Wehrmacht un coordinamento delle operazioni. Cosicché fu la Germania a prendere l'iniziativa ed a prospettare all'Italia quello che attendeva da essa in base ai propri piani. Lo stesso 8 aprile il gen. von Rintelen presentò al Comando Supremo copia di una comunicazione appena ricevuta da Berlino: il Ftihrer pregava il Duce di «consentire alle seguenti proposte per garantìre la concordanza delle operazioni contro la Jugoslavia» 146 . In sintesi, la campagna era suddivisa in tre fasi. La l" riguardava il congiungimento nella zona di Skoplje delle forze tedesche provenienti dalla Bulgaria con le italiane provenienti dall'Albania, in modo da separare territorialmente jugoslavi e greci. Nel contempo altre truppe tedesche sarebbero entrate in Tracia ed avrebbero occupato Salonicco. La 2" fase concerneva l'annientamento dell' esercito jugoslavo mediante offensive concentriche sfe1Tate a nord da italiani e tedeschi, a nord-est dagli ungheresi e ad est da unità tedesche provenienti dalla Bulgaria. La 3" fase si traduceva nell'attacco congiunto alla Grecia, da definire dopo l'eliminazione deJla Jugoslavia. Una raccomandazione particolare era riservata alla R. Aeronautica: intervento a massa contro gli obiettivi jugoslavi; rinforzo di caccia in Africa settentrionale; sufficiente protezione dei convogli diretti in Africa settentiionale . Nel pomeriggio del 9 aprile von Rintelen ricevette una nota del Comando Supremo circa la collaborazione per la 2a fase . Comunque gli eventi superavano in rapidità le previsioni e Mussolini era molto eccitato. A mezzogiorno aveva telefonato a Tirana comunicando che le divisioni tedesche si trovavano a Prilep ed a tre chilometri da Salonicco e che il gen. Jocll aveva proposto un'azione italiana verso Kicevo affinché le truppe jugoslave non potessero sfuggire verso la zona dei laghi. Cavallero rispose molto pacatamente che nel Dibrano stava attaccando però non disponeva «né cli elementi né di velocità per agire in profondità»; che faceva tutto il possibile ma non si doveva dimenticare che ad oriente il fronte albanese raggiungeva i trecento chilometri . E, per giunta, «l'attacco su Scutari si sta delineando» 147 . Dopo tre quarti d'ora nuova telefonata di Mussolini: «Salonicco è presa; le divisioni greche si sono arrese; gli ungheresi sono anivati a

146 147

Ibidem., III, tomo Il, doc. 127. Diario Cavallero, data 9.4.1941.


LA CAMPAGNA COJ\TRO LA GRECIA

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Maribor: sotto». E, saputo che la Marche non era ancora utilizzabile a Scutari e che in suo luogo era tenuta pronta la Casale, raccolta nella zona cli Tepeleni, suggerì cli inviarla subito a nord «tanto anche se perdiamo Tepeleni ormai non importa». Cavallero replicò che intendeva conservare Scutari e Tepeleni 148 . Nonostante l'evidente sconvolgimento dell'esercito jugoslavo - un telegramma del gen. Simovié, intercettato il 10 aprile, si esprimeva in termini più che eloquenti: «Le truppe dipendenti combattano in tutte le direzioni, ovunque vengano a contatto col nernico, senza aspettare alcun ordine. Agire d'iniziativa» 149 - era ancora reputata possibile un'azione su Soutari, in quanto le truppe del Montenegro non risultavano coinvolte né dall'offensiva tedesca ad oriente, né da quella italiana a nord. Anche da parte germanica affioravano timori. L' 11 aprile l'ufficiale di collegamento della 12" armata avvertì il Comando Superiore cl' Albania: «L'attacco principale dell'armata jugoslava si attende in direzione Scutari-Tirana. La linea a sud di Scutari sarebbe da tenersi assolutamente» 150 . Cavallero allora si orientò verso un alleggerimento ciel dispositivo sulla frontiera macedone, eia Pishkopije a Librashd, per favorire la costituzione cli un robusto fianco difensivo ad oriente di Scutari, appoggiato all'ansa del Drin, e dispose altresì il rafforzamento degli sbarramenti esistenti in corrispondenza dell'alto Drin e del Drin Nero. Ma le previsioni pessimistiche si rivelarono infondate. Il 13 ed il 14 la divisione Zetska attaccò con quanto aveva sottomano senza riuscire ad ottenere un qualsiasi risultato: respinta con gravi perdite dalJ'energica reazione della Centauro, dovette desistere dallo sforzo. Onnai la breve campagna si avviava alla conclusione. Il mattino del 15 Cavallero venne informato da Mussolini che il governo di Belgrado aveva chiesto l'armistizio e questo lo indusse a rompere gli indugi. Mentre le istruzioni chieste d'urgenza a Roma tardavano ad arrivare e per quanto la situazione locale fosse tutt'altro che chiara, ordinò al comandante del XVII corpo di iniziare l'avanzata in Montenegro, rompendo le resistenze avversarie, e di puntare su Cattaro e Ragusa. Il 17, nella tarda mattinata, la Messina occupava Cetinje e Cattaro e la Centauro, seguita dalla Marche, passando da Poclgorica e Niksié entrava in Ragusa nel primo po148

Ibidem. USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., III, tomo Il, doc. 128. 150 Diario storico del Comando Superiore d'Albania, data 11.4.1941. 149


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4 16

LA SITUAZIONE AL 12 APRILE

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LA CAM PAGNA CONTRO L.,_, A =GRE =·= C=!A' - - - - - - - - - - --

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meriggio. Qui veniva raggiunta alle 18 dall'avanguardia del corpo d'armata autotrasportabile (gen. Zingales) proveniente dalla frontiera giulia. Il 18 aprile il gen . Guzzoni comunicò: «Le Forze Armate jugoslave hanno capitolato alt La capitolazione andrà in vigore alle ore 12 di oggi».

5. LA BATTAGLI.A DfLL' EPIRO I contatti intercorsi a fine marzo ad Atene fra inglesi (ìl ministro degli Esteri Eden, il capo di S.M. Imperiale gen. Diii ed il comandante del corpO' di spedizione britannico gen. Wilson) e greci (il nuovo capo del governo dopo la morte di Metaxas, Koryzis, ed il gen. Papagos) avevano condotto a ben poco di concreto. I greci sembravano ritenere sicura l'entrata in campo della Jugoslavia a fianco della Grecia e della Gran Bretagna, tanto da caldeggiare un fronte unico alleato dall'Adriatico al mare Egeo in grado di opporre una solida resistenza alla prevedibile duplice offensiva tedesca e bulgara. Dato questo orientamento , per prima cosa reputavano necessario e possibile procedere al sollecito «rastrellamento» delle forze Haljane in Albania, in modo da recuperare al più presto la disponibilità delle divisioni colà impegnate. Quanto all'auspicato schieramento alleato, sostenevano l'opportunità cli realizzarlo in una regione non immediatamente raggiungibile dall'offensiva concentrica dei paesi aderenti al Patto Tripartito, cioè nel Montenegro orientale e nella Serbia, a sud dell'arco fluviale Drin-Sava-Danubio. Alle forze dislocate in Slovenia ed in Croazia sarebbe stato assegnato il compito cli svolgere azione di logoramento e ritardo contro l'invesione da nord e dall'Ungheria sino al ridotto serbo. Non basta: nel suo ottimismo interessato Papagos riproponeva la dislocazione alla frontiera bulgaro-macedone delle trup~ pe britanniche insieme con quelle greche di frontiera, «supposto - commentò Eden - che noi ci sm·emmo sentiti obbligati a difendere Salonicco se la Jugoslavia fosse intervenuta» 15 1, e di chiedere alla Turchia di assumere la difesa della Tracia occidentale. A prescindere daJJa chiara assurdità di pretendere dai jugoslavi l'abbandono di gran parte del territorio nazionale, Eden fece notare ai suoi interlocutori che anzitutto conveniva domandare a Belgrado quali intenzioni avesse. Soltanto dopo si poteva interpellare la Turchia, la quale pe-

151 ANTHONY EDEN,

Memorie 1938-1945, Garzanti , Milano 1968, p. 309.


4~1~8_ _ _ _ __ __ _ _ _ POLITICA E STRATEGli\ IN CENTO ANNl l)l GUERRE lTALli\NE

raltro non sembrava affatto propensa a battersi per Salonicco. Dill e Wilson, dal canto loro, precisarono concordemente di non avere alcuna intenzione di spostare avanti le truppe britanniche prima di conoscere esattamente decisioni e piani operativi jugoslavi. A Belgrado, Simovié, che si m uoveva con i piedi di piombo, avvertì l'ambasciatore britannico che il suo governo non avrebbe denunziato il Patto Tripartito firmato dal Reggente - tutt'al più si sarebbe limitato a non ratificarlo o ad ignorarlo - e non era disposto a fare dichiarazioni ufficiali che potessero compromettere ancor di più la già pericolante situazione politica. Consentì tuttavia a ricevere il gen. DiU. Questi spiegò che il corpo britannico stava sistemandosi a difesa suUa linea del basso Aliakmon, tuttavia esisteva una disponibili.tà a spostarlo in avanti, a sostegno delle divisioni greche incaricate deUa difesa di Salonicco, qualora la Jugoslavia si fosse impegnata ad entrare nel conflitto nell'ipotesi di un'aggressione tedesca alla Grecia. Di11 concluse chiedendo di invitare a Belgrado anche Eden e suggerì la diramazione di un comunicato ufficiale che rendesse noto l'intervento della Gran Bretagna a favore della Jugoslavia se attaccata dalla Germania, e chiarisse altresì che, ove venisse attaccata la sola Grecia, la Jugoslavia sarebbe entrata in campo a sostegno di quest'ultima di concerto con la Gran Bretagna. Lì per 1ì gli esponenti jugoslavi consentirono alla dichiarazione, però il giorno dopo, a mente fredda, si tirarono indietro, non volendo firmare un documento che comunque stabilisse un preciso impegno del loro governo. Per finire, Simovié disse francamente che, per evitare qualsiasi ripercussione in campo internazionale, non intendeva prendere iniziative che potessero esser considerate provocazione da Berlino. Per questo motivo non gli sembrava oppo1tuno ricevere il ministro Eden ed i colloqui di carattere militare stabiliti dovevano essere considerati semplice scambio di punti di vista. La sera del 3 aprile si incontrarono alla stazione di Kenali (Kremenica) i capi militari delle tre parti in causa: Dill e Wilson per la Gran Bretagna, Papagos per la Grecia ed il gen. Jankovié per la Jugoslavia. L'incontro fu piuttosto deludente. Il gen. Jankovié rifiutò di far conoscere i piani jugoslavi ed avvertì che, di fronte ad un'irruzione di forze corazzate, le divisioni jugoslave erano impotenti. Ad ogni modo fu raggiunto un accordo suJle comuni operazioni nei confrontj degli italiani. Se i greci avessero rinnovato i tentativ.i sulle direttrici Elbasan-Tirana e Berat-Tirana, contemporaneamente le forze jugoslave avrebbero sferrato un'offensiva prima ancora del 12 aprile, data prevista per il completa-


LA CAMPAGNA CONTRO LA GRECIA

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mento della radunata, con quattro divisioni: due sulla di.rettrice Podgorica-Scutari-Tirana, una sulla Prizren-Kukes-Tirana ed una sulla DibraKruja-Ti.rana. Papagos si accontentò, almeno per lo scacchiere albanese, perché le divisioni jugoslave avevano effettivi più che doppi rispetto a quelle italiane. All 'inizio di aprile lo schieramento greco-britannico comprendeva: la Sezione d'armata dell'Epiro (gen. Pitsikas), costituita dal I corpo su due divisioni, dal Il corpo su quattro divisioni e da una riserva di tre divisioni; la Sezione d'armata della Macedonia occidentale (gen. Tsolakoglou), composta dal III e dal IV corpo, ognuno su tre divisioni, e da una divislone di cavalleria in riserva; la Sezione d'armata della Macedonia orientale (gen. Bakopoulos) composta da quattro divisioni ed una brigata; il Raggruppamento W (gen. Wilson) , formato dalla Sezione d'annata della Macedonia centrale (gen. Kotoulas) su due divisioni e dal copo di spedizione britannico su due divisioni ed una brigata corazzata. In sostanza, contro le armate italiane erano schierate 15 divisioni greche; contro i tedeschi si trovavano poco più di quattro divisioni greche aridosso del confine bulgaro e, a tergo, due divisioni greche ed altrettante inglesi. Nel tardo pomeriggio del 1° aprile Cav,ùlero convocò il gen. Pirzio Biroli e lo mise al corrente delle misure prese per fronteggiare il pericolo jugoslavo: nello Scutarino agiva il XVII corpo, nella zona cli Poeshkopije il XIV, dal Di brano al lago di Oh.rida la Firenze e l 'Arezza inquadrate in un nuovo corpo d'armata affidato al gen. Nasci. La 9a armata doveva tenere atteggiamento strettamente difensivo . Il 5 aprile, come da accordi presi a Kenali, il gen. Papagos impartì alle due armate cl' Albania l'ordine di attaccare al più presto. Al gen. Tsolakoglou assegnò l'obiettivo di Elbasan, al gen. Pitsikas gli obiettividi Berat e di Valona. In particolare , l'offensiva su Valona doveva essere «decisamente sostenuta con potenti mezzi e soprattutto con artiglieria, per venire rapidamente conclusa» 152 . Ancora una volta si trattava di più sforzi , contemporanei per giunta, con obiettivi fuori dalla portata reale delle truppe impiegate sulle tre direttrici. Il 6 aprile i tedeschi entrarono in Macedonia ed in Tracia. Ben presto travolsero le truppe di copertura e sullo slancio proseguirono verso sud, provocando la frettolosa ritirata dei distaccamenti cli frontiera. T1 gen. Bakopoulos aveva ricevuto l'ordine di «resistere fino all'ultimo e 152 A. PJ\PM10S,

La Grecia in guerra, cit., pp. 144- )46.


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GLI OPPOSTI SCHIERAMENTI IN BALCANIA lL 6 APRILE

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LA CAMPJ\GNJ\ CONTRO LA GRECIA

di cedere le armi solo quando fosse venuta a mancare ogni possibilità di difesa» 153, ma, constatata l'impossibilità di opporsi con efficacia alla puntata tedesca su Salonicco e reputando di non poter fare soverchio affidamento sulle proprie divisioni, tutte già impegnate frontalmente , il 9 aprile chiese la cessazione delle ostilità per tutte le forze ad oriente del Vardar. L' armistizio con il Comando della 12a armata germanica fu firmato alle 13 in Salonicco occupata. Fin dagli esordi dell'intervento tedesco e, a seguire, dalle notizie, pur vaghe e contraddittorie sull'andamento dei combattimenti in Jugoslavia, al Comando Supremo greco si era affacciata minacciosamente l'ipotesi di una separazione delle truppe jugoslave da quelle greco-britanniche e, peggio, l'apertura di un vero fronte nord. Per parare il temuto pericolo eia Bitolj (Uskub), Papagos, d'accordo con Wilson, risolse di modificare il dispositivo generale, rinunciando all'appoggio del Kaimaktsalan, per evitare che una penetrazione tedesca fino a Florina prendesse alle spalle sia l'armata del gen. Tsolakoglou sia il raggruppamento Wilson. I movimenti furono completati entro la notte sul 9 aprile. Lo stato d'animo ciel Comando Supremo ellenico si dibatteva in un'altalena di speranze e di delusioni. La caduta di Bitolj rese defi nitivamente chiara la gravità della situazione e ne impose un urgente riesame. Ormai non restava che il tentativo di fronteggiare, per quanto consentito dalle circostanze, l'avanzata della 12a armata tedesca. Papagos confidò in un iITigidimento della resistenza su una linea più arretrata, dal mar Jonio al mar Egeo , sulla quale schierare l'intero esercito greco: Butrinto-posizioni cli confine-Peratim-m. Valisitsa-f. Venetikos-f. Aliakmon-m. Olimpo. Qui l'armata dell'Epiro avrebbe tenuto il settore ad ovest del Pindo~ l'armata della Macedonia centrale, rinforzata dalle unità della Macedonia occidentale, il tratto dal Pindo al rientrante dell' Aliakmon; il corpo britannico, il settore orientale. Su questo ordine cli idee fu dunque impartita la direttiva di alleggerire il settore di Korça dai materiali supe1i1ui. ll ripiegamento delle truppe fu rimandato, in attesa di ulteriori chiarimenti operativi. Anche in Albania i combattimenti apparivano senza speranza. Gli sforzi ordinati contro Elbasan, Berat e Valona erano naufragati ed era evidente che la 9a armata italiana stava a sua volta per attaccare. A questo punto Cavallero fu preso forse dal timore di mancare di tempestività in relazione al ritmo degli eventi. Che la situazione si trovasse in equilibrio instabile e che da un giorno all'altro l'offensiva tedesca 153 !bidem.


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POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE JTAL!ANE

L'OFFENSIVA TEDESCA IN MACEDONIA E LE LINEE DIFENSIVE GRECHE

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LA C_AMPAGNA CONTRO LA GRECIA

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potesse provocare un tracollo in Serbia od in Macedonia era palese. Così come era evidente l'opportunità di cogliere l'occasione di un attacco riparatore dì tante amarezze senza perdere tempo. Tuttavia gli ordini impartiti per trovarsi pronti ovunque non si basarono su criteri di semplicità come sarebbe stato preferibile - tenuto conto dell'atteggiamento difensivo assunto e delle condizioni delle truppe - e risentirono di una frettolosità che mal surrogava la rapidità. L' 8 aprile Pirzio Biroli fu invitato a tenersi in grado di muovere con un preavviso di due o tre giorni; il gen. Nasci ebbe ordine di attaccare immediatamente verso Gostivar con la Fi renze e la Cuneense; analogo ordine ricevette il gen . Ferone con la ArezZo. Il *giorno successivo, mentre Nasci avviata le sue due divisioni, radunate a fatica nella nottata, il Comando Superiore diramò le direttive n. 26: «Non appena si delinei il disfacimento avversario nel Dibrano, è necessario spostare prontamente la nostra azione sul fronte di Pogradec per determinare la rottura del fronte greco e riconquistare il Korçano. Occorre quindi predisporre il concentramento sulla di.rettrice di Pogradec delle divisioni Cuneense e Firenze che, in aggiunta alla D.f. Pinerolo, costituiranno massa devoluta all'azione ( ...),} 54 .

Mentre aspri combattimenti si uccendevano soprattutto sul fronte della 9" armata, 1'11 aprile la Pinerolo scavalcava l'Arezzo, appena entrata in Struga, e puntava su Ohrida. Nel frattempo Cavallero volle dare un assetto organico al piano operativo da mettere in atto al primo segno di ritirata ellenica. A ciò furono rivolte le direttive n. 28 155 . Considerata la direzione su cui avanzava una colonna tedesca (Florina-Bilishti), bisognava raggiungere il più celermente possibile il nodo di Bilishti e scendere verso Erseke-Kalibaki, località ove si riassumono tutte le comunicazioni adducenti dall'Albania alla Macedonia ed all'Epiro; quindr proseguire su Janina e Missolungi. Di conseguenza: - la 9" am1ata doveva svolgere la manovra avvolgente con il IIl ed il XXVI corpo, lasciando il XIV ed il IV corpo (da assumere alle proprie dipendenze) a controllare le frontiere albanesi; - l' 11 " armata doveva avanzare sino alla frontiera con i corpi VIII, XXV e Speciale e procedere poi all'occupazione dell'Epiro e dell'Acarnania con il XXV corpo;

15 4 155

Diario storico del Comando Superiore d'Albania, data 9.4.1941. Ibidem , data 12.4.1941.


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POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

- il XVII corpo sarebbe rimasto a disposizione del Comando Superiore per altre esigenze. Nel caso in cui si fosse verificato un collasso greco, l'imperativo era di rompere ovunque ed avanzare tagli.ando ogni direzione di ritirata al nemico. Proprio quel giorno, 12 aprile, il Comando greco ordinò alle Sezioni d ' armata dell'Epiro e della Macedonia occidentale di iniziare la ritirata, diradando progressivamente il fronte. Nonostante il tempo piovoso con nebbie a tratti fitte, il movimento fu avvertito, ma il gen. Pirzio B.iroli , probabilmente condizionato dall'esperienza negativa delle passate improvvisazioni, volle attendere la notte per avere sicura conferma con azioni di pattuglie. Ricevutala, ali 'alba del 13 dette il via al III ed al XXVI corpo, che durante l'arco notturno avevano adottato il dispositivo studiato per quell'evenienza. A lla sera il III corpo - al quale, rotta la resistenza del fianco difensivo greco fra i lagh i, si era congiunta la Pinerolo proveniente da Ohrida - riprese il contatto con le retroguardie nemiche in ripiegamento. A mezzogiorno del 14 la Venezia entrava in Korça. L' 11" armata, invece, incontrava una vivissima resistenza e solo il IV corpo , sulla sinistra, procedeva superando fo1ti reazioni. In quelle circostanze non potevano sussistere dubbi sull'intento greco di ritardare sino all ' estremo limite la ritirata in quel settore. Di conseguenza i.I rap.ido raggiungimento del ponte di Perati e del bivio di Kalibaki avrebbe permesso l'avvolgimento dell'armata dell ' Epìro. Dal canto suo il gen. Geloso , non appena informato del movimento retrogrado greco lungo le valli del Dhrinos e della Vojussa (13 aprile) spronò 1'11" armata: lasciate sulle posizioni le forze strettamente indispensabili, le divisioni dovevano puntare avanti e cercare di tagliare la strada almeno alle retroguardie, superando lateralmente, senza preoccupazione alcuna, le resistenze eventualmente incontrate. <<In questo particolare momento - incitò il 14 aprile - occorre agire con reale spregiudicatezza, tenendo presente che il nemico ostacola sicuramente la nostra azione soltanto con forti retroguardie. Si cerchi il vuoto ovunque sia ( ...)» 156 .

Il XXV corpo ed il corpo d'armata speciale si batterono dal 13 al 17 senza riuscire ad aprirsi un varco nelle linee avversarie, sapendo i greci 156 Diario

storico del Comando 11• annata, data 14.4.J 941 .


LA CAM PAGNA CONTRO LA GRECIA

trarre il massimo frutto dalla ottima organizzazione a difesa creata in quei settori. Il 17 aprile però, dopo dura lotta, lo schieramento delle retroguardie dal Tomori al mare crollò . La sinistra dell'armata, con la Pusteria, si attestò ad Erseke, al centro la Bari si avvicinava a Premeti, nella valle del Dhrinos la Ferrara e la Casale erano prossime ad Argirocastro, ali' estrema destra era ripreso Porto Palermo. li 18 l'avanzata fu proseguita con tre corpi (XXVI, XXV e Speciale), ciascuno operante lungo una direttrice e con un asse di rifornimento. Le difficoltà maggiori si incontravano sulle strade: tutti i ponti, grandi e piccoli, erano stati fatti saltare; frequenti i campi minati speditivi; frequentissime le interruzioni da frane, assai facili da attuare in quell'ambiente montano. Quegli ultimi giorni di guerra furono frenetici. Mussol ini non clava requie. Verso le ore 22 del 16 aprile chiamò Cavallero - era la quarta telefonata della giornata - per dirgli «di aver pensato che sarebbe bene che io [Cavallero] andassi ad Erseke per presenziare all'azione e dice che l'altra volta, quando sono andato col Comando truppe a Struga, l'attacco è riuscito» 157 . E Cavallero partì in nottata, mTivò a Korça verso le 10 del giorno seguente, si informò della situazione e con Pirzio Biroli si diresse verso Erseke. Qui era in corso uno scontro fra la Venezia e la retroguardia della 16a divisione greca, ma fu questione cli un 'oretta ed alle 16,30 Cavallero compilò un telegramma per Roma: «Nostre avanguardie formate reparti divis ione Venezia et 4° bersaglieri occupata Erseke alt Sono sul posto con comandante armata et comandante corpo d'armata, generale Nasci, che ha assunto comando truppe operanti direttrice Ersekco ponte Pera ti , et comandante clivisione Ycnezi a» 158.

La notizia evidentemente suscitò altri entusiasmi a Roma, perché alle 8 dell'indomani Mussolini telefonò: «Avanzate duramente su Kalibaki». È bene precisare che nonostante i numerosi prigionieri ed i grossi quantitativi di materiali catturati, sarebbe errato pensare ad una facile ed incruenta az.ione di inseguimento. I greci, sia detto a loro onore, continuavano a battersi con coraggio e tenacia, consapevoli che il minimo cedimento avrebbe potuto causare una rotta di gravi proporzioni . È pur vero che , stando alle notizie fomite dai prigionieri, essi ignoravano il col-

157 158

Diario Cavallero, data 16.4.1941. Ibidem, data 17.4.1941.


POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

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lasso jusoglavo e la disfatta subita dal raggruppamento Wilson in Tessaglia, tuttavia non occorreva un grande sforzo di immaginazione per comprendere che la guerra era perduta. Il 21 fu raggiunta Leskoviku ed all'alba del 22 il ponte di Perati, già occupato dai tedeschi. «Gli ordini del comandante del corpo d'armata sono tassativi - riferì il col. Morigi, comandante dei Lancieri di Milano- , ma i tedeschi mi vietano nel modo più categorico il passaggio e con rabbia mi vedo sfilare innanzi la colonna greca senza poterla attaccare». Sulla sinistra la D. alp. Pusteria dal Grammos scendeva su Konitsa. L'azione durò fino al 23 aprile. Quel giorno finì la guerra. Indubbiamente né Cavallero né Pirzio Biroli potevano illudersi di montare un inseguimento od uno sfruttamento del successo, come freneticamente ambìto da Mussolini, che di cose militari continuava a capire poco . Nei dieci giorni di ciclo operativo (13-23 aprile) la 9" annata non ebbe modo di sostenere una vera e propria battaglia. Posta sulla difensiva, con l'esplicita rinuncia ad avviare un'operazione di rottura, non esistendo presupposti favorevoli per un atto tattico del genere, essa lasciò quindi di proposito piena iniziativa al nemico e rimase in attesa che questa si presentasse sotto la forma di una manovra di ripiegamento oppure di una vera e propria disgregazione. Al verificarsi della prima ipotesi, sarebbe stato opportuno precedere l'avversario ai passaggi obbligati, senza attardarsi in azioni frontali ma aggirando la difesa degli ostacoli. Ma ad una spregiudicata manovra di tal genere si opponevano le cond.izioni ambientali p1ima di tutto. Un semplice sguardo alle carte geografiche e topografiche fa balzare agli occhi le difficoltà proprie di quel duro terreno montano, pressoché privo cli vie di comunicazione, e senza considerare le accennate interruzioni artificiali. Quindi , più che inseguire si fu costretti ad incalzare le forze in ritirata. E lo si fece a fatica, a piedi, lungo un percorso dai 150 ai 300 chilometri a piedi, all'insegna di una azione di comando complicata dall'insoddisfazione funzionamento dei collegamenti radio.

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*

*

L' idea di avviare trattative con la Germania era germogliata da lungo tempo fra i comandanti di rango più elevato dell'esercito greco. Il l 0 marzo il Diadoco, principe Paolo, in visita al fronte albanese, si era fermato al Comando del I corpo ed aveva chiesto al gen. Kosmas ed ai suoi


LA CAMPAGNA CONTRO LA GRECIA

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divisionari se ritenevano possibile una resistenza contro un'offensiva bulgaro-tedesca senza l'aiuto jugoslavo e turco. L'opinione dei presenti fu concordemente negativa: vedevano difficile e comunque a non breve scadenza un aiuto britannico, perciò nel caso dell'intervento tedesco l'esercito greco, già tanto seriamente impegnato in Albania, sarebbe finito in prigionia ed il Paese avrebbe corso il rischio di serie distruzioni. In definitiva, essi convennero sull'opportunità di cercare un accordo con la Germania. Anche il gen. Papaclopoulos, comandante del II corpo si dichiarò dello stesso avviso: occorreva che il governo evitasse a tutti i costi una guerra con la Germania. ~uando le truppe tedesche iniziarono l'operazione Marita, l'esercito greco era pressoché impotente sul fronte macedone ed aveva già superato il punto morto superiore su quello albanese. La direttiva strategica «quasi tutto contro l'Italia, quasi nulla contro la Germania» era stata osservata fino ìn fondo con la speranza di buttare a mare le forze .italianed, ma la speranza si era dimostrata illusoria e adesso le unità che bravamente si battevano ancora in Albania si erano così logorate da non consentire nemmeno una sicura resistenza in posto . 11 16 aprile il T corpo si trovava ancora sulle sue posizioni; il II corpo stava ruotando verso sud facendo perno a Klisura, senonché la sua estrema destra era stata superata dalla Pusteria diretta ad Erseke. In questi frangenti il gen. Pitsikas reiterò la proposta in termini drammatici: «In seguito alla situaz.ione che si è creata, è assolutamente necessario un intervento politico. Di ora in ora la ora la situazione peggiora» 159 , ed inviò ad Atene il suo sottocapo di S.M. per sostenere l'urgenza dì un armistizio. Il gen. Papagos ondeggiava, incerto sul da farsi. Proprio quel mattino, in un colloquio con il gen. Wilson, aveva dovuto accettare la ritirata del corpo britannico dalla linea dell' Aliakmon a quella delle Termopoli, perciò la determinazione cli gettare le armi lo avrebbe esposto ad accuse di slealtà da parte dell'alleato, condannato quasi sicuramente alla distruzione od alla prigionia. D'altronde il governo si era irrigidito sulla prosecuzione della lotta. Quindi ordinò al gen. Pitsikas di continuare il ripiegamento verso il confine. Nel pomeriggio del 18 aprile il Consiglio dei ministri si riunì per una valutazione politica della situazione. I punti di vista erano tre: immediato inizio delle trattative di resa; trasferimento del Re e del governo a Creta

159 STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO GRECO, La guerra greco-italiana, cit., IV, p. 173.


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POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

LA SITUAZIONE AL 22 APRILE

ed abbandono alla loro sorte dell'esercito greco e del corpo britannico; resistenza in Epìro fino ad imbarco ultimato o quasi degli inglesi. Il ministro della Guerra lesse un messaggio del gen. Bakos, il più impegnato: «Ho già riferito e tomo a riferire che la situazione volge rapidamente al peggio. Il disordine, la disobbedienza, l'abbandono di posto da parte di ufficiali dilagano nonostante le nùsure rigorose adottate e le fucilazioni. Vi prego, in nome d.i Dio, di prendere inunediatamente una decisione per evitare che dobbiamo piangere su rovine senza precedenti. Clùunque ritenga di portare la croce del ma1tire meglio di me faccia pure e venga a piangere tanta rovina perché le nostre lacrime si sono asciugate».

Mentre ad Atene si dicuteva, il fermento fra i genenùi cresceva e Pitsikas, avuto chiaro sentore di ciò, quello stesso 18 aprile rinnovò Ja disperata richiesta:


!--'\ CAMPAGNA CONTRQ_LA GRECIA

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«La situazione è giunta ad un punto estremamente critico. Reparti della 17" divisione stanno abbandonando Lagaritsa, località che copre l'ala sinistra del gruppo di divisioni. Il II corpo d' armata parla di sbandamento cli uomini dell'8° divisione. L'll" divisione, che copre Metsovo, segnala uomini in fuga. In nome di Dio, salvate l'esercito dagli italiani» 160 •

Un'ora più tardi telefonò al gen. Mazarakis, nuovo presidente del Consiglio , affinché in giornata provocasse una decisione, anzi la decisione. Ma le conclusioni della riunione con il gen. Wavell , appena giunto dal Cairo, erano state di proseguire le ostilità il più a lungo possibile per proteggere il reimbarco delle truppe britanniche. A questo punto i generali Bakos e Demestikos (nuovo comandante del II corpo) incaricarono il gen. Tsolakoglou di trattare direttamente la resa con i tedeschi anche per le loro truppe. L'idea era di dar vita in Epiro ad un governo provvisorio sotto la presidenza del metropolita cli Janina. TI mattino del 20 delegati dell'armata dell'Epiro si recarono, dunque, alle linee germaniche per intavolare trattative sulla base di due punti fermi: cessazione immecliata delle ostilità ed esclusione della resa agli italiani. Le colonne della 12a armata tedesca avrebbero occupato l'intero Epiro fino al confine, sbarrando la strada alle annate di Geloso e di Pirzio Biroli. Nel frattempo il Comando Supremo telefonava a Janina avvisando dell'invio del gen. Gianistras, per un esame sul posto del da farsi, ed ordinando cli tenere la linea di confine <<fino al momento delle decisioni», e Pitsikas comunicava al Comando Supremo di essere stato ... esonerato dal comando dal gen. Tsolakoglou. Il gen. Gianistras , arrivato a J,mina, si rese subito conto dell'impossibilità cli trovare un 'intesa con Tsolakoglou, il quale, fra l'altro, aspettava la risposta dei tedeschi. E questa fu conforme alle richieste di favore loro rivolte. Senonché re Giorgio fece una dichiarazione ufficiale affermando nettamente che la guerra doveva continuare s.ino all'estremo ed allora il maresciallo List non confermò la concessione dell'armistizio: per l'annata dell'Epiro si poteva ricevere la pura e semplice resa senza condizioni, così come fatto per l'armata della Macedonia orientale. Ne derivò che il gen. Tsolakoglou dovette firmare il giorno 21 un nuovo protocollo di armistizio: gli appartenenti all'armata dell'Epiro e della Macedonia erano considerati prigionieri di guerra dei tedeschi e tutto il materiale di detta armata costituiva preda bellica dell'esercito tedesco. Alla questione italiana era riservato l'ultimo paragrafo:

160

Ibidem, IV, p. 213.


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POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

«Con il Comando Superiore italiano in Albania verrà fissata una località per trattare la cessazione della guena su tutto il fronte e l'esecuzione della resa, possibilmente senza attriti».

La guerra aveva un solo vincitore: la Germania. Durante i contatti fra i parlamentari a Larissa, dove si era sistemato il Comando della 12a armata tedesco, il maresciallo List aveva inviato un dispaccio a Cavallero , chiedendogli, su ordjne di Hitler, «di fermare subito l' avanzata delle truppe italiane e di non oltrepassare la linea fino ad ora raggiunta», nonché di inviare l' ufficiale tedesco di collegamento a Lm·issa «per determinm·e la linea di demarcazione durante il tempo occorrente per il disarmo dell'armata greca e per definire altri notevoli pa1ticolari» 161 • Cavallero ricevette il telegramma verso le 12,30 di quello stesso 21 aprile. Chiese subito istruzioni a Roma e Ja risposta di Mussolini fu che era «disposto ad accogliere la domanda di capitolazione del Comandante Superiore dell' armata greca dell'Epiro , purché la domanda rivolta al Maresciallo List sia diretta anche all'Esercito italiano e che ciò risulti per scritto . È questione di prestigio che l'Esercito italiano ha il diritto e il dovere di fare , dato che da sei mesi si batte contro l' Esercito greco» 162 . Si era così giunti all'imbrunire del 21 e nel frattempo unità della D. cor. Leibstandarte Adolf Hitler erano state fatte passare rapidamente per il passo di Metsovo per correre al confine albanese e sbarrare il passo agli italiani. Cosa che avvenne. Dopo agitati contatti fra Roma, Berl ino , Larissa, Tirana e lanina, il gen. Tsolakoglou chinò il capo ed accettò la capitolazione senza condizioni all' Italia, negli stessi termini di quella resa al Comando della 12" armata tedesca 163 . Il Qumtier Generale delle Forze Armate italiane dette conoscenza dell'avvenimento con il comunicato straordinario 11. 321 , diramato il 23 aprile: «L'armata nemica dell'Epiro e della Macedonia ha deposto le anni. La capitolazione è stata presentata ieri sera alle ore 21,04 da una delegazione militare greca al Comandante dell' ll'' armata italiana sul fronte dell'Epiro. Le modalità della

161 Diario

Cavallero, data 21 e 22.4.1941. USSME, Diario storico del Comando Su.premo, cit., 111 , tomo n, doc. 138. 163 !bidem. 162


LA CAMPAGNA CONTRO 1, A G RECI,~

431

resa vengono stabilite nei loro particolari in completo accordo con il Comando alleato tedesco».

6. CONSIDERAZIONI Il 10 novembre 1940, in una riunione a Palazzo Venezia presieduta da Mussolini, Badoglio non poté trattenersi dall'esclamare: «Quando penso all'affare greco, mi sento salire le fiamme al viso» 164 • Ne aveva ben donde. La guerra fu condizionata in partenza da due fattori negativi. Da un lato un miscuglio di faciloneria, di superficialità e di presunzione per cui l'impresa venne valutata di facile e rapido successo; dall'altro una strana disponibilità all'accettazione più o meno acritica delle affermazioni di Mussolini, per cui gli aspetti tecnici del problema erano stati pressoché minimizzati . Tutto ciò derivante in buona misura dalla situazione abnorme creatasi in Italia. All'atto pratico, uno solo possedeva una visione d 'assieme sugli affari dello Stato: Mussolini. La sua volontà di non perdere il controllo delle leve dì comando ed ìl suo carattere accentratore avevano provocato una serie di compartimenti stagni fra i vari ministeri 165. Particolarmente nel campo della politica estera, da lui guidata in prima persona dal 1932 al 1936, faceva sentire la sua presenza, tanto che per ogni provvedimento di una certa importanza il suo placet doveva essere preventivo. Ciano poco poteva e purtroppo quel poco si manifestò spesso nell'appoggiare Mussolini nelle decisioni sbagl iate 166 . Aggiungasi che con Ciano ìl gabinetto del ministero degli Esteri acquistò un'importanza esagerata a tutto detrimento delle Direzioni generali. «Gli ambasciatori ed i capi missione all'estero erano esautorati ed impiccioliti ( ...) . Invece del Ministero c'era il Ministro , cioè non più un organismo ma un uomo( ...)>> ricordò un ambasciatore 167 . E quest' uomo , pur intelligente e capace ma fatuo e vanesio, si rivelò un pessimo min istro degli 164 M.

MONTANARI, L'Esercito italiano nella campagna di Grecia, cit., <loc. 5. SuvrcH, Memorie, Rizzoli, Milano 1984, p. 9. 166 Osserva al riguardo G.B . Guerri: «Non poche de~isioni del Duce fra le più sbagliate furono sollecitate, incoraggiate, tenacemente perseguite da Ciano: se infatti era praticamente impossibile distogliere il Duce da una decisione, era relativamente facile portarlo agli eccessi nella decisione presa e mantenervelo» (Gateau.o Ciano, Bompiani, Milano 1979, pp. 177-178). 167 RoBER1ù CANTALUPO, Fu la Spagna, Mondadori , Milano 1948, p. 52. 165 FuLVIO


432

POLITICA E STRATE(;IA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

Esteri, che, «ansioso di trionfi personali» 168 , curava gli indirizzi cli politica internazionale con un'azione disorganica, confusa, ritagliandosi qualche spazio per la propria ambizione ed atteggiandosi a gran diplomatico di Grande Potenza. E anche questo spiega come l'affare greco sia risultato indecifrabile. Molto a proposito Bottai non considerò errori imprevisti ed imprevedibili né il disastroso avvìo della campagna né l'incursione inglese nella notte sul 12 novembre a Taranto. In realtà «sono la conseguenza logica del sistema di governo e di comando accentrato fino ad abolire ogni competenza e responsabilità. Un sistema cui non è dato di colpire mancanze e colpe, perché se lo si colpisce in un p unto, si colpisce al centro» 169 . A presc.indere dal «lavorìo» fo Grecia vantato da Ciano, esisteva una diffusa sottovalutazione sia della reattività del governo di Atene, sia della capacità combattiva del soldato greco 170 , talché Mussolini, per quanto illogicamente, credette davvero che determinate circostanze rendessero l'operazione priva di difficoltà e ritenne verosimile una remissività ellenica: «Se la Ciamuria e Corfù venanno cedute senza colpo ferire non chiederemo di più - aveva detto il 12 agosto a Jacomoni ed a Visconti Prasca -. Se invece ven-à imbastita una resistenza, spingeremo l'azione a fondo» 171 . Qualora avesse lontanamente supposto la possibilità non già di un insuccesso, ma semplicemente di intralci operativi, per certo non avrebbe portato agli estremi la situazione, rendendosi ben conto che il bruciante scacco si sarebbe rivolto contro di lui ed il regime fascista. Del resto, il 27 ottobre Ciano espose a Bottai tre ipotesi sull'avversario, di sicuro prese in esame in colloqui con Mussolini: «o non resistenza, o una parvenza cli resistenza iniziale, o una vera e propria resistenza cli un tre o quattro settimane». Come è ovvio, quest'ultimo sarebbe stato il caso peggiore . E palesò tanta sicurezza da ripetere una frase detta qualche giorno prima da Mussolini in Consiglio dei ministri: «Se

168

GIUSEPPE BASTJANJNJ, Uomini, cose,fatti, Vitagliano, lVlilano 1959, p. 239. G. BOTrAJ, Memorie, cit., p. 23 1. 170 Per la verità, non soltanto in Italia si pensava così . Il 27 ottobre Magistrali, ministro a Sofia, scrisse a Ciano: «La poca stima che qui si ha del valore e della consistenza militare dell'esercito greco e la persuasione che, in caso di crisi, la Grecia sia obbligata a sgomberare la parte settentrionale ciel paese, fanno sì che i rapporti con Atene siano visti con una certa tranquillità e sicurezza( ...)» (DDI, 9° serie, V, doc. 800). 171 G. CIANO, Diario, cit., p. 458. 169


LA CAM PAGNA CONTRO LA GRECI,\

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non dovessi essere in grado di battere i greci, darei le dimissioni da italiano»172. Che il governo di Atene si rassegnasse alla cessione di una parte del territorio nazionale senza lotta potrà sembrare, oggi, inconcepibile, ma in quell'estate spirava in Europa un'aria tutta particolare. La Romania aveva ceduto la Bessarabia e la Bucovina all'Unione Sovietica il 28 giugno, a seguito di un brutale ultimatum. I paesi baltici, già occupati da truppe sovietiche, erano stati annessi dall'Unione Sovietica fra il 3 ed H 6 agosto, dopo elezioni di stampo comunista. La Dobrugia era passata alla Bulgaria il 28 agosto dietro pressione tedesco-sovietica su Bucarest. E la Romania dovette ancora cedere la maggior parte della Trantilvania all'Ungheria il 30 agosto in base ad un arbitrato italo-tedesco. Non deve perciò meravigliare molto se , specie dopo la stipulazione del Patto Tripartito, ossia di una vera alleanza militare fra Berlino, Roma e Tokio, Mussolini e Ciano si illusero di godere di un peso internazionale ben superiore alla realtà e di potere , a loro volta, apportare modifiche territoriali alla carta geografica europea. La visione strategica di Mussolini fu spesso influenzata, in varia misura, da fattori che ben poco hanno a che fare con il ragionamento: radicati pregiudizi, suscettibilità, autoesaltazione, impulsività, supetficialità. Riprendiamo brevemente, a riprova, i g ià citati <<passaggi» del suo pensiero circa la questione greca dalla fine di settembre all'apertura delle ostilità. Il 25 settembre Badoglio rese noto ai capi di Stato Maggiore che, secondo ìl Duce , «il problema ,greco, così come il problema jugoslavo, era uno d i quei problemi che vernnno risolti al tavolo della pace, volenti o nolenti gli interessati» 173 e tutti i vertici militari, a cominciare da Soddu, si persuasero che le due Emergenze fossero rinviate sine die. Il 5 ottobre Mussolini inviò precise direttive a Graziani: attaccare con obiettivo Marsa Matruh entro il 10-15 ottobre, nel presupposto che gli inglesi non l'avrebbero difesa se non «nella misura strettamente necessaria» per ritardare la nostra avanzata. Raggiunto l'obiettivo, Mussolini si riservava di stabilire quale dei due pilastri della difesa britannica nel Mediterraneo abbattere: «se l'egiziano o il greco». In altre parole, la Grecia era valutata più o meno come valida alternativa al Canale di Suez 174 . Nei giorni 13 e 14 ottobre 172 G. BOlTAI, Memorie,

cit.,p. 228. USSME, Verbali delle riunioni tenute dal capo di SM. Generale, cit., I, doc.12 cit. 174 USSME, Diario storico del Comando Supremo, cit., li, tomo II, doc. 38. 173


-4"3,_,4_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _...!.P.,e; OL,e.lT -'-'-JC " "A "-'E<-=S'-" TR " "A "' TE =G,JA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

Mussolini comunicò d'improvviso a Badoglio ed a Roatta la necessità di occupare la Grecia, dato l'atteggiamento troppo favorevole alla Gran Bretagna tenuto dal governo di Atene, e dispose che lo Stato Maggiore dell'Esercito facesse subito un nuovo studio per stabilire modalità e tempi dell'operazione con inizio il 26 ottobre 175 . Il giorno successivo, nella notissima riunione, Mussolini - invero cogliendo uno spunto fornitogli da Badoglio - considerò positivamente l'effettuazione contemporanea del1'impresa greca e della conquista di Marsa Matruh, desiderando «nelle due azioni un sincronismo con un leggero anticipo per quella africana». Ricordato tutto ciò, ci sembra inutile porre in evidenza contraddizioni concettuali e supeificia}jtà di valutazione dei termini del problema strategico. Inutile soffermarsi sull'evidente necessità di concentrare energie ed attenzione sul teatro d'operazioni ove l'Italia conduceva la propria guerra parallela verso l'obiettivo che lo stesso Mussolini il 19 agosto aveva indicato a Graziani come «il colpo di grazia per la Gran Bretagna» 176 . Inutile soffermarsi sulla ingiustificabile imprudenza di avventurarsi in altra impres oltremare, che per giunta avrebbe turbato la situazione d'equilibrio esistente in Balcania senza il minimo accordo con la Germania, anzi contro l'esplicito monito di Berlino a non turbare le acque in quell'area. È inutile perché Mussolini si era convinto, ben appoggiato da Ciano, di avere a portata di mano un successo rapido ed a buon mercato. Continuava l'autoillusione che circostanze e realtà fossero quali faceva comodo pensare; aveva già avuto campo di affermarsi una volta e si ripeterà ancora. Sta di fatto che la determinazione di aprire un nuovo teatro d'operazioni venne presa: - senza il vantaggio della sorpresa e contro l'esercito greco già mobilitato e sorretto da un'opinione pubblica fattasi accesamente nazionalista ed antiitaliana; - senza l'apporto attivo dell'esercito bulgaro; - con un rapporto di forze tutt'altro che a nostro favore ; - in prossimità della stagione invernale in una zona montana, aspra e povera di vie di comunicazione; - con le evidenti difficoltà di dover alimentare sotto ogni aspetto una guerra oltremare, aggravate dall'inconsistenza dei porti albanesi;

175 !bidem, II, torno f, p. 224 e 229. 176 Relazione del Comando Supremo

cit.


LA CAMPAGNA CONTRO LA._,G=RE =C ·=IA.,___ _ _ __

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- a smobilitazione in corso di ben 600 mila uomini e con l'esercito in piena crisi; - nell'imminenza dell'offensiva in Egitto ordinata al recalcitrante Graziani. I vertici militari - tranne il sottosegretario alla Guerra, Soddu, ed il comandante delle truppe d'Albania, Visconti Prasca - erano contrari. Il capo di S.M. Generale non ebbe l'energia e la fennazza di far muro con essi di fronte a Mussolini. Tenuto conto di quanto detto, nessuna meraviglia né scalpore possono sussistere se le vicissitudini della guerra furono quelle che furono. Sin dal primissimo ostacolo, sulla linea del Kalamas , si profilò il fallimento dell' offensiva, sulla quale invero pesarono anche inopportune modalità operative prescritte da Visconti Prasca . E non appena si manifestò, improvvisa ed inattesa, la forte controffensiva greca, affiorò la crisi. Mussolini corse sub.ito ai ripari ordinando di portare le truppe d' Albania al livello di gruppo d'armate - il che è da solo ampiamente sufficiente ad indicare l'abissale divario tra la valutazione politico-militare fatta il 15 ottobre e la realtà-, ma occorreva tempo per realizzare il nuovo quadro di battaglia ed il nemico sembrava intenzionato a sfruttare al massimo il capovolgimento strategico. Per arrestare il nemico imbaldanzito urgevano rinforzi, ma l'inconsulta smobilitazione in corso aveva nuociuto seriamente all' efficienza delle grandi unità in Italia, per cui si rese indispensabile rimobilitarle ed approntarle, senza tuttavia poter concedere loro un periodo di amalgama e di addestramento. Per inquadrare organicamente le truppe d'Albania, le originarie e quelle in at1luenza, fu provveduto alla costituzione di due armate , ciascuna su più corpi d'armata, ma i comandanti arrivavano in Albania e si trovavano senza un Comando, senza supporti operativi, senza servizi. Per l'alimentazione delle armate la Direzione Superiore dei Servizi cl' Albania venne trasformata in Intendenza di scacchiere, ma con estrema lentezza, perché in Albania esistevano organi logistici a stento adeguati alle esigenze cli pace ed un'organizzazione territoriale (strade, porti , trasporti) addirittura rudimentale 177 . Il potenziamento dei po1ti albanesi fu il 177 A Durazzo

più di due o tre piroscafi non potevano sostare ed a Valona poco più. Inoltre, esistendo in entrambi i po1t i una sola strada di deflusso, sgomberare la congestione a terra diventava un grosso prob.lema.


436

POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNl Dt GUERRE l'fAUANE

primo dei problemi presi di petto da Cavallero nel dicembre 1940, dovendosi provvedere allo sbarco di divisioni intere senza influire sul contemporaneo arrivo dei battaglioni complementi e del personale per il completamento delle divisioni già in Albania, nonché sui rifornimenti di crescenti quantitativi di materiali indisxpensabili sia per il sostegno logistico delle truppe sia per la costituzione delle scorte d'Intendenza. Tuttavia, per quanto si facesse per meglio organizzare i porti di Valona e di Durazzo e per attivare altri punti di sbarco, non si riuscì ad ottenere una capacità di scarico proporzionata alle circostanze. Di conseguenza, dovendo utilizzare al massimo ogni mezzo di trasporto ed ogni approdo, le divisioni giunsero in Albania frazionate e per tempi successivi . Per rinsanguare le stremate divisioni in linea occorrevano battaglioni complementi e «completamenti», ma l'esigenza non era stata calcolata nella misura adeguata al logorìo che in realtà si produsse. E, a questo proposito, è utile tornare brevemente sull'argomento della divisione binaria. È evidente la mancata attenzione all'usura che la nuova struttura della grande unità elementare avrebbe subito in combat:timento 178 ed ai problemi che ne sarebbero derivati. Chi più di ogni altro ebbe a doversi amaramente a ricredersi sulla tanto decantata binaria fu il gen. Soddu , uno dei suoi più accesi sostenitori. Il fallimento dell 'offensiva ini.z.iale aprì gli occhi a tutti. Fu un coro. Bastino pochi cenni. Il 10 novembre , dopo la riunione a Palazzo Venezia, Badoglio scrisse sul diario storico del Comando Supremo: «Il Duce mi ha comunicaato il suo intendimento di po1t are a 9 btg. tutte le divisioni dislocate in Albania; è così confermato il fallimento della binaria>>. Il 15 novembre Soddu si sfogò con il col. Sorice: «Torno ora dalla Bari( ... ) . Anche qui si vive nel bluff organico. Si tratta di sei battaglioni cli 500 uomini. Quindi una brigatella, attrezzata da sbarco, che combatte in montagna ( ...)» 179 . Ed il 28 dicembre, appena prima del siluramento, scrisse ancora: «( ...) io proporrò fra poco che, senza mandare nuove grandi unità, mi si invii un terzo reggimento per divisione». Cavallero non fu da meno. Nel suo diario si leggono brevi commenti. Il 16 gennaio 1941: «Divisione binaria: non va. Oltre ai molti incon178

Il 5 dicembre 1940 il comandante del 48° fanteria della Ferrara scrisse sul dia1io storico: «Passa alle mie dipendenze il 47° fanteria composto da 350 uomini. Si tratta di uomini senza organicità, senza armi automatiche ( .. .)» . 179 La D.f. Bari era stata resa ancor più «leggera» perché destinata ad occupare Corfù. Annullata la spedizione, la divisione fu mandata in Albania così com'era.


LA CAMPAGNA CONTRO LA GRECIA

venienti c'è anche quello che non esiste un generale vicecomandante» . Il 7 febbraio: «Divisione ternaria: Brennero con I 8° fanteria e Cuneo con 17° fanteria» . Anche i comandanti di corpo d'armata lamentavano la situazione. A metà gennaio il gen. Rossi, nel segnalare l'usura, la spossatezza, il bisogno di riordino di troppi reparti , precisò: «Sono convinto che a questo stato di cose non sia estranea l'attuale costituzione della divisione. Questa - così com'è - rappresenta un organ ismo che si logora e si esaurisce troppo presto. Esprimo il parere che occorra ridare all a divisione la costituzione ternaria (con vicecomandante) che - oltre ad evidenti vantaggi ne l campo operativo - consente di avvicendare i reggtmenti in linea». Ed il gen . Bancale, non appena rientrato in Italia dopo aver lasciato il IV corpo al gen . Gambara, presentò un promemoria al ministero della Guerra sulle esperienze dei primi tre mesi di guena, affermando senza ambagi: «È riconosciuta la necessità di ritornare alla div isione ternaria». Francamente non si comprende come Cavallero - che pure toccò con mano l'i nsoddisface nte prova pratica della binaria e che non esitò a sfasciare la divisione Acqui assegnando un reggimento alla Brennero ed uno alla Cuneo - non abbia concretato l'auspicata revisione organica sciogliendo un certo numero cli binarie. Anche quando sul Don la div isione Jiceverà settori difensivi ampi 20-25 chilometri continuerà l'inerzia con cui venne lasciata cadere la questione. La crisi italiana in entrambi i settori, epirota e macedone, si trascinò a lungo. La controffensiva greca ebbe agio cli sfruttare due elementi fortemente negativi per .le truppe italiane: l'ampiezza delle fronti e la scarsità di fanterie. La prima offiiva all'avversario imprevedibili possibilità di penetrazione, fortunatamente non utilizzate appieno ; la seconda era aggravata dal lo scoraggiamento e dalla mancanza di punti di appoggio organizzati. n dilemma che si pose subito, e che durerà in pratica s ino a tutto il gennaio del 1941 , era semplice: resistere sulle posizioni di frontiera, le prime occupate dopo il frettoloso arretramento dal Kalamas, sino all'arrivo dei rinforzi oppure sganciarsi io q ualche modo e portars i su una Hnea più economica per riorganizzare il dispositivo. Esclusa la concreta poss ibilità cli una rego.lare manovra di ripiegamento sotto la protezione di una retroguardia, a causa dell 'estsemo logorìo subìto dalle scarne fanterie divisionali, ed altresì esclusa quella di attuare una manovra 1itardatrice a favore dell'organ izzazione cli una posizione arretrata con truppe


:!1L_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __,_PO -"'L"'-IT -'-'J"" CA:,.,E,,_.,S,_,_, T~ATEGIA IN CENTO ANN I DI GUERRE ITALIANE

che non esistevano, non rimaneva che resistere in posto finché ... consentito dal nemico. Troppi erano gli elementi sfavorevoli per la difesa ad oltranza: la evidente crisi delle unità, l'impossibilità cli impedire penetrazioni negli ampi intervalli a stento controllati, il vuoto fra le due annate in corso di costituzione, la mancanza di artiglierie di grosso calibro , le gravissime insufficienze di carattere logistico. In definitiva, occorreva restare sulle posizioni a contatto, tamponando le falle che si aprivano in rapida successione in questo od in quel settore mediante le unità incomplete a mano a mano che sbarcavano, senza rispettare i vincoli divisionali e reggimentali. Tale misura di emergenza concedeva un po' di respiro alle truppe in linea, ma inevitabilmente portava al frammischiamento dei reparti e , peggio, non consentiva la formazione di riserve, chiudeva la giornata in passivo ed il passivo aumentava ogni giorno di più. «Siamo costantemente in ritardo rispetto al ritmo della battaglia» scriveva avvilito Soddu al Comando Supremo il 3 dicembre. Fu in questo stato d'animo che il mattino seguente telefonerà al gen. Guzzoni rappresentando la necessità di un «intervento diplomatico». Ove si considerino i tempi degl i sbarchi delle nuove divisioni dopo il 3 dicembre e della loro immissione in combattimento, è facile imma-

Divisioni

Acqui Cuneense Cuneo Brennero Lupi Legnano Pinerolo Cacciatori Cagliari Sforzesca Forlì Puglie Casale Firenze Messina Marche

1° giorno di sbarco

13 dicembre J4 dicembre 22 dicembre 24 dicembre 31 dicembre 5 gennaio 11 gennaio 14 gennaio 27 gennaio 27 gennaio 3 febbraio 15 febbraio 15 marzo 22marzo 3 aprile 8 aprile

Affluenza in zona cli impiego ciel grosso primo giorno

ultimo giorno

18 dicembre l7 dicembre 27 dicembre 30 dicembre 5 gennaio 23 gennaio 13 gennaio 17 gennaio 2 febbraio 28 gennaio 7 febbraio 16 febbraio 16 marzo 22 marzo 3 aprile 9 aprile

25 dicembre 4 gennaio 10 gennaio 8 gennaio 12 gennaio 30 gennaio 25 gennaio 5 febbraio 9 febbraio 13 febbraio 3 marzo 10 marzo 3 aprile 3 aprile 12 aprile 19 aprile

Primo giorno di combattimento 19 dicembre 18 dicembre 28 dicembre 3 1 dicembre IO gennaio 25 gennaio 23 gennaio 24 gennaio 13 febbraio 13 febbraio 20 febbraio 7 marzo 14 aprile 9 aprile IO aprile

-


~

\GNA CONTJ(O LA = GR =E= C l"'" A __

ginare in qual i condizioni i comandanti di divisione e di reggimento abbiano dovuto «risolvere» il rispettivo problema tattico. Ogni volta che la resistenza .l ocale fu infranta, si indietreggiò dunque lentamente, a piccoli sbalzi, spesso sotto la pressione nemica, e si consumò quasi per intero la fasc ia montagnosa che dai laghi di Ohrida e di Presba scende verso sudovest sino a raggiungere la costa fra Valona ed il confine. Fu così che venne evitato il peggio, si riuscì a costituire il muro tanto desiderato ed a raccogliere riserve degne di questo nome. La lunga battaglia difensiva strategica iniziata sulle posizioni del ridotto centrale nella prima decade di dicembre per assicurare gli obiettivi vital\ dello scacchiere - Valona, Tepeleni, Berat - terminerà soltanto il J2 marzo . Ora si trattava di riprendere l'iniziativa delle operazioni. Al riguardo conosciamo l' insistenza di Mussolini , ma non era cosa fac ile perché occorre va non soltanto reagire all'insistente aggress ività greca, e nel contempo evitare di impegnarsi in azioni di non sicura riuscita ecostose. A disposizione c'erano divisioni logorate sino all'inverosimile dagli eventi bellici, dalle condizioni meteorolog iche e daJla carente alimentazione, e divisioni appena sbarcate, in penoso difetto di amalgama e di addestramento individuale e di reparto. Pe r questi motivi poco persuadono le due operazioni , del resto tentate più per accontentare Mussolini che per solidi motivi strategici: la contromanovra di Klisura (gennaio 1941) e la controffensiva in val Deshnices (marzo 1941). La prima, condotta dal XXV corpo, fu condizionata dalla frettolosità organizzativa, dall'insufficiente spinta d'attacco e claJl 'incerto collegamento con il contiguo Vlll corpo. Non per nulla il gen. von Rintelen ebbe ad osservare che «i vostri contrattacchi in Albania, fatti con truppe appena sbarcate, in terreno sconosciuto e diffic ilissimo, e senza adeguata preparazione , sono pi ù dannosi per voi che per il nemico» 180 . La controffensiva in val Deshnices, pur di livello superiore, si dimostrò ugualmente intempestiva ed inutilmente logorante. Il clima di entusiasmo che c ircondò l'operazione, e che contag iò per primo Mussolini, non coinvolse Guzzon.i. li quale insisté nel mani festare il proprio scetticismo caldeggiando invece un'offensiva nel settore cli Korça, dove minore era la densità del dispositivo g reco. L'operazione era stata delineata in uno studio fatto a metà gennaio e mirava alla riconquista del Korçano in un pri-

180 Appunto

data 1.2.1 94 1.

del gen. Gandin, addetto al Comando Supremo, per il gen . Guzzoni in


440

_

_ _ _....,_P=OL =IT =ICA E STR!ITEGlA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

mo tempo e, successivamente, all'avvolgimento delle forze greche della valle Vojussa agendo sulla direttrice Korça-Erseke-Perati . L'affermazione nel Korçano avrebbe inoltre avvicinato la nostra linea d'operazioni a quella tedesca 181 . Probabilmente questo disegno, se attuato nella seconda metà di marzo , avrebbe potuto rivestire carattere risolutivo e tutto per merito nostro. Verrà eseguito in aprile e sarà messo in ombra dalla travolgente avanzata della 12a armata tedesca.

181 Nota personale di Guzzoni in data 25.2.1941 sul Diario storico del Comando Supremo cit., III, tomo I , p. 394. Guzzoni inviò lo studio anche al Primo Aiutante di campo generale del Re (ibidem, p. 409).




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