POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE VOL II TOMO II (PARTE PRIMA)

Page 1

(parte prima)


.


STATO

MAGGIORE UFFICIO

DELL'ESERCITO STORICO

MARIO MONTANARI

POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

VOLUMEII IL PERIODO LIBERALE

TOMO II (parte LA GRANDE GUERR

ROMA

2000

prima)


PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA Tutti i clirilti riservati. Vietata la riproduzione anc he parziale senza autorizzazione © Copyright: by Stato Maggiore Esercito Ufficio Storico IS BN 88-87940-16-9 Roma 2000

Stampa: Tipografia Mancini s.a.s. - Via Empolitana km. 2,500 - 00019 TIVOLI (Roma) Tel. 0774411526


PRESENTAZIONE

In questo volume l'autore, esaurita la trattazione delle guerre coloniali di fine '80p ed inizi del XX secolo, prende in esame la partecipazione italiana alla prima guerra mondiale, immane tragedie che costò la vita ad oltre 600.000 soldati italiani, ma che alla fine proiettò la Nazione a pieno diritto nel novero delle potenze egemoni dell'Europa. L'Esercito Italiano, entrato nel conflitto impreparato ad affrontare una guerra di posizione affermatasi già dal 19 J4 sui vari fronti europei, riuscì a tener testa ad uno degli eserciti più potenti ed organizzati del mondo, risullando nell'autunno del 1918 un temibile strumento bellico, discretamente arnwto ed equipaggiato, sufficientemente addestrato e motivato, in grado di reggere il confronto con gli eserciti alleati inglese e francese. Fu una guerra lunga e sanguinosa come non m.ai, che rivoluzionò completamente le dottrine tattiche d'impiego degli eserciti e le strategie di guerra tra nazioni. Il rapido progresso della scienza e della tecnica mise a disposizione dei belligeranti nuovi strumenti di lotta particolarmente distruttivi, quali il carro armato, il lanciajìamme, i gas, gli aerei da combattimento. Fu una guerra tolale che comportò la mobilitazione di tutte le risorse umane ed economiche del Paese, accelerando a grandi passi l'industrializzazione e la modernizzazione dell'apparato produttivo italiano. La guerra consentì all'Italia di portare a termine l'unificazione, concludendo idealmente il periodo risorgimentale, con la liberazione delle ultime terre irredente e l'eliminazione dalla scena internazionale dell'impero asbu,gico, storico ed acerrimo nemico delle aspirazioni patriottiche italiane. Merito dell'autore è stato quello di aver saputo inquadrare lo .~forzo bellico italiano nel più ampio contesto delle operazioni militari dell'Intesa, mettendo in risallo i condizionamenti e le imposizioni subite dal Governo e dal Comando Supremo da parte dei Paesi alleati, ai quali, è bene ricordarlo, l'Italia era quasi completamente debitrice per il r(fornimento di materie prime, indispensabili per l'industria bellica nazionale.


IV

LE PRIME GUERRE COLON IALI

Rinnovo, pertanto, al Generale Montanari il ringraziamento dell'Ufficio Storico per l'Impegnativo lavoro a cui si sta dedicando, che costituisce uno studio completo ed esauriente in grado di meglio far comprendere gli avvenimenti militari italiani e la storia del nostro Paese. Il Capo dell 'Ufficio Storico Col. Enrico PINO


SIGLE usate nel volume

ACS

Archivio Centrale dello Stato, Roma.

AP

Atti Parlamentari.

AUSSME

Archivio Ufficio Storico Stato Maggiore dell' Esercito.

B.D.

British Documents on the Origins of the War 1898-1914.

CCSM

Comando del Corpo di Stato Maggiore.

D.D.F.

Documents diplomatiques français relatifs aux origines de la guerre de 1914 (1871-1914).

D.D.I.

Documenti diplomatici italiani.

G.P.

Die Grosse Politik der Europaischen Kabinette (1971-1914).

H.I-1.St.A.

Haus Hof und Staatsarchiv, Wien.

l.G.M.

Istituto Geogrnfico Militare

M.A.E.

Ministero degli Affari Esteri.

Oe.-U.

Oesterreich-Ungarns Aussenpolitik von der Bosnischen Krise 1908 bis zum Kriegsausbruch 1914.

R.M.I.

Rivista Militare Italiana.

S.H.A.T.

Service Historique de L' ArrnĂŠe de Terre.

S.M.R.E.

Stato Maggiore Regio Esercito.

USSME

Ufficio Storico Stato Maggiore dell'Esercito.

USSMM

Ufficio Storico Stato Maggiore della Marina.

USSMRE

Ufficio Storico Stato Maggiore del Regio Esercito.



INDICE GENERALE

Parte terza. La prima guerra mondiale (1 915-1919) Cap. IX. Il momento storico 1. L'ultimo trattato della Triplice Alleanza e le sue implicazioni Pag. militari ... .............................................. .............................................................. » 2. La questione d'Oriente.......... ....................... >> 3. La crisi emopea del 1914 Cap. X . le decisioni p olitiche l. La dichiarazione di neutrnlità................... 2. La dichiarazione di guerra. 3. La preparazione militare ............. ............................................................ Cap. Xl. La campagna del 1915 1. La situazione militare nel maggio 1915 ............ .......................................... 2. Il primo sbalzo offensivo .............................................................................. 3. L'offensiva d' estate (1° e 2• battaglia dell'Isonzo) ............................ 4. L'offensiva d'autunno (3" e 4" battaglia dell'Isonzo) ... 5. Considerazioni sulla campagna del J915 .......................................... Cap. XII. La campagna del 19 16 1. Gli opposti disegni strategici .................................. 2 . Da Verdun ad Asiago ..... ................................. ................................. . 3. L'offensiva austriaca nel Trentino ................................ ............................ ................................ 4. Dalla Somme a Gorizia .................. 5. La battaglia di Gorizia (6" battaglia dell'Isonzo) ....................... 6. Le tre spallate sul Carso (7", 8° e 9° battaglia dell'Isonzo) .........

3

15 28

» » »

51 88 113

» » »

153 170 192 218 233

>> ))

» » » »

249 270 293 317 333

>>

356

>>



Parte terza LA PRIMA GUERRA MONDIALE

(1915-191.8)



Capitolo IX IL MOMENTO STORICO l. L'ULTIMO TRATTATO DELLA TR IPLICE ALLEANZA E LE SUE IMPLICAZION I MILITAR] All'assunzione della carica di minisLro degli Esteri, nel febbraio 1912, Berchtold trovò subito sul tavolo le trattative in corso per il rinnovo della Triplice. Non era ben disposto verso l'Italia. Infatti, p1ima ancora di prendere le redini della politi~a estera austro-ungarica, aveva dichiarato in camera charitatis che se un giorno fosse stato destinato alla Ballhausplatz non avrebbe mai firmato quel rinnovo, considerando il trattato, così come concepito nel 1902, Lroppo oneroso per la Duplice Monarchia 1• D ue erano i punti maggiormente controversi. Il primo riguardava lo status della Tripolitania e della Cirenaica, che il suo predecessore,Aerenthal, aveva suggerito di riferire al «futuro trattato fra Italia e Turchia», cosa che l'Italia non poteva accettare non essendo sicura che detto trattato contenesse il riconoscimento esplicito della nostra sovranità. TI secondo punto concerneva l'inclusione dell'accordo segreto italo-austriaco del 1909 circa una politica comune nei Balcani (e più precisamente sull' interpretazione dell'art. VII del trattato della Triplice per quella regione), che l'Italia desiderava sanzionare con un protocollo addizionale. Le discussioni diplomatiche, rese più difficili dalla viva conLrarietà austriaca per le operazioni militari italiane nell' Egeo, si protJ·assero per mesi finché lo scoppio della prima guerra balcanica, la pace di Losanna ed un più pressante interessamento della Germania convinsero Berchtold. Il quinto trattato venne firmato a Vienna il 5 dkembre 1912. La sua scadenza era fi ssata al 1920 e, ove non denunziato un anno prima, all'8 giugno 1926. TI testo era identico al precedente ma con l'aggiunta di un secondo protocollo che riconosceva la sovranità italiana sulla Libia, estendendo a questa il casusfoederis, e confermava la validità dell'accordo italo-austriaco del 1909 sull'Albania e sul sangiaccato di Novi Pazar 2• JI 21 dicem bre Moltke presentò a Bethmann-Hollweg il famoso «mem oriale del miliardo», con il quale proponeva un programma degli armamenti giudicati necessari nella situazione che andava delineandosi in Europa. Naturalmente veniva presa in esame anche la posizione dell'Italia - da parte della quale si era ricevuta la disdetta della convenzione mllitare del 1888, ma non ancora la lettera di Pollio a Moltke, dello stesso 21 dicembre, con le due tranquillizzanti garanzie di fedeltà al patto 3 - il cui atteggiamento suscitava parecchi dubbi: 'C. A VARNA DI GUALX IERI, L'ultimo rin11ovame1110 della Triplice Alleanza cit. , p. 66. E. SERRA, L'llalia e le grandi alleanze cit.. p. 174. ' Come si è dello, il generale Pollio aveva segnalato la necessità di rinnovare la convenzione navale del 1900 e comunicato, da pane del governo italiano, l'assicurazione che, ove si fosse verificato il casusfoederis, l'Italia avrebbe immediatamcmc mobilitato. 2


4

LA PRIMA GU ERRA MONDIALE

«In seguito all'acquisto, non ancora consolidato, dei suoi possessi in Africa, la potenza militare dell' Italia è, più che nel passato, orientata in una direzione che non è sull'asse dei grandi progetti politici della Triplice Alleanza( .. .). In una guerra della Triplice Alleanza contro la Triplice Intesa, l'Austria, spinta dall ' istinto di conservazione, opporrà tutte le sue forze alla Russia, se tuttavia non è ostacolata dall'atteggiamento di uno o di tutti gli Stati balcanici. Il suo riavvicinamento all ' Italia, causato dalla questione albanese, le permetterà di sguemi re momentaneamente la sua frontiera a sud-ovest. ( ... )Per c iò che riguarda la Germa1ùa, l'impegno di tutta la sua potenza militare va da sé. L'Italia non ha alcun interesse vitale ad una conflagraz.ione che sorgerebbe da un conflitt.o tra la Russia e l'Austria. Finché la Germa1ùa e l' Austria lotteranno per la loro esistenza l'Italia sarà, al massimo, minacciata. Non sarà attaccata direttamente, perché né la Francia né l'Inghilterra saranno in grado, nel corso di una guerra con la Gennan.ia, di mandare un corpo di spedizione contro l' Italia. Se questa difende la minima parte delle sue coste, nulla di grave potrà accaderle. Se prende parte alla guerra lo farà non perché dovrà 'lottare per la vita' come la Germania e l'Austria, ma perché ha firmato il trattato. E bisogna aspettarsi, quasi certamente, che essa non impegni senza secondi fini ed a fondo, la s11a forza armata. Opererà difensivamente e pr11dentemente. Aspetterà di essere attratta, dalla piega degli avven imenti, al di là delle Alpi, per potersi ritirare senza danno se un mutamento della fortuna si verificasse presso gli alleati. La inia opinione s'è rafforzata in seguito alle conversazioni che bo avuto, in questi ultimi giorni , con 11n rappresentante dello Stato Maggiore italiano venuto qui. Tutti i pretesti saranno buoni per l'Italia, come ho affermato, per non mandare la sua 3' armata, di cui da lunghi anni abbiamo preparato il traspOrt(J, sul Reno superiore. Io tal modo 5 corpi d'armata e 2 divisioni di cavalleria mancheranno alla Gennania contro la Francia. Noi saremo soli, senza aiuto diretto, contro quest'ultima e l'Inghilterra».

Il peso del mancato concorso italiano in Gennania era messo in chiara evidenza: «Se, come vent'anni or sono, quando un 'offensiva com11ne fu concertata, l' Italia fosse pronta a partecipare alla guerra con l'energia allora prevista, si potrebbe dare per certo il successo dell'operazione combinata della Germania e dell 'Italia. Disgraziatamente, questo non è più il caso. L'aiuto italiano non avrà altro risultato che quello di immobilizzare alla frontiera delle Alpi alcune truppe francesi relativamente deboli. La Germania sarà da ci<) ridotta alle s11e proprie forie: non potrà essere dunque troppo potente ( ... ). Se la tena annata italiana fosse traspo11a1.a in Germania, i due alleati avrebbero una leggera superiorità. Ma che l'ltalia abbia 2 o 12 corpi d'armata ammassati alla frontiera delle Alpi, non ha per no.i alcuna importanza. Il forzamento di questa frontiera è straordinariamente difficile. Prima che questa sia aperta, nma l' armata italiana resterà presso di lei, l'arma al piede, senza poter tirare un colpo di fucile. La Germania deve condurre da sola la battaglia decisiva( . ..)» '.

Però la convincente lettera di Pollio venne subito avvalorata da una comunicazione dell'ambasciatore a Roma, von Jagow, alla Wilhelrnstrasse in data 31 dicembre. In essa il diplomatico spiegava come, a conti fatti, la Libia impegnasse per l'appunto l'equivalente delle truppe che in caso di guerra l'ltalia sarebbe stata tenuta ad inviare in Germania e che le circostanze escludevano di poter ri-

'ERlCH LUDENDORFF, Documents du G.Q.G. allemand sur le r6/e qu'ilajoué de 1916 à 1918, Paris 1922, pp. 91 -96, in M . MAZZETil, L 'esercito italiano nella Triplice Alleanza cit., pp. 268-272.


IL MOMENTO STORICO

5

tirare dalla Libia senza correre il rischio di perdere tutto. Perciò, a suo avviso, la disdetta fatta da Pollio si traduceva nella «dichiarata confessione» che l'Italia per il momento non era in grado «di inviare, in caso di una guerra contro la Francia, una parte del suo esercito su un fronte diverso da quello nazionale», e non derivava come supposto a Berlino, dall'intenzione italiana cli tenere un contegno di attesa nell ' eventualità di un conflitto. Sempre a suo parere, il provvedimento aveva carattere provvisorio, comunque gli sembrava opportuno che lo Stato Maggiore tedesco sondasse quello italiano per sapere se e quando, prevedibilmente, la convenzione sarebbe tornata a valere 1• L'importanza di questa comunicazione diventa chiara ove si consideri che proprio in quel periodo von Jagow venne chiamato a succedere al ministro degli Esteri Kiclerlen Waechter, morto improvvisamehte il 30 dicembre 1912. Quanto allo Stato Maggiore austriaco, a fine novembre 1911 il gen. Schemua aveva clùesto ali' addetto militare italiano, tenente colonnello Albricci, informazioni sull' impiego delle «rimanenti forze italiane» in caso di un conflitto generale. La domanda mise a nudo una situazione estremamente indicativa di un certo modo di concepire la politica estera. Pollio confidò a Brusati: «Siccome io ignoro il testo del trattato d'alleanza e non so se vi ha impegno da p~uie nostra di sostenere l'Austria-Ungheria in detemùnate eventualità, così mi sono rivolto al nù1ùstro della Guerra per avere elementi di 1isposta» 2• Ma anche il ministro della Guerra non sapeva niente! Chiese notizie al ministro degli Esteri, il quale si limitò a rispondere che il trattato non conteneva clausole militari 3• Nel frattempo, il 12 dicembre Conracl era tornato alla testa dello Stato Maggiore austriaco. A lui, dunque, il 18 dicembre Albricci recò la risposta al quesito di Scbemua. Fu una risposta p.iuttosto laconica: nelle circostanze attuali l'Italia non poteva privarsi della 3• armata perciò lo Stato Maggiore austriaco poteva disporre come meglio credeva delle linee ferroviarie e del materiale destinato ai trasporti militari italia1ù verso il Reno. Colto alla sprovvista, Comad chiese ulteriori ragguagli ad Albricci, dopo di che, confidò a Moltke che gli italiani «avrebbero trasgredito senza scrupoli agli obbliglù nùlitari dell' alleanza» ", e commentò con Berchtolcl che «mi dispiace soltanto il fatto che non si sia potuto fare i conti con questo infido vicino già molti anni fa, come io ho 1ipetuto per molto tempo esser necessario» 5. Comad era assolutamente conseguenziale nelle sue convinzioni. L'Italia non mandava più la 3• armata sul Reno? quindi si preparava a tradire l'alleanza. L'Italia po1tava al Tagliamento la sua radunata per l'ipotesi nord-est? quindi si preparava ad attac-

' G.P., XXX, doc. 11288. 'Pollio a Ugo Brusati in data 24.11.1912, ACS, Arch. Brusati, b.10. ' San Giuliano a Spingardi in data l 0.12.1912, ACS, Carte Giolitti, b. 12. 'F. CoNRAO, Aus mein.er Die1wzei1 cit., IL p. 393 e sgg. ' Oc. -U., V, doc . 4984.


6

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

care l'Austria. L'Italia smentiva intenzioni di sbarco in Albania? quindi preparava qualche operazione nei Balcani. Ma nel gennaio dell'anno successivo la Gennania si fece avanti con passi più concreti ed atteggiamento più conciliante e costruttivo. Lo Stato Maggiore e l' Anuniragliato tedeschi avevano infatti valutato positivamente il suggerimento di Pollio di rinnovare al più presto la convenzione navale, riconoscendo l' importanza dell' inunediata conquista del dominio del Medite1nneo centrale ed occidentale in caso di guerra. In siffatta ipotesi, l'Italia avrebbe potuto sbarcare senza problemi le sue truppe in Provenza e, d'altra patte, le flotte italiana ed austriaca avrebbero impedito alla Francia di trasferire sul teatro d'operazioni europeo il XIX corpo d'amrnta di Algeri e le trnppe del Marocco, pari a due corpi d'armata. «In questo modo - scrisse .Moltke a Pollio il 9 gennaio- l'Austria e l'Italia potrebbero contribnire a provocare la felice conclusione della guerra della Germania contro la Francia, che sarà nello stesso tempo decisiva per l'esito della guerra europea» '.

Ma a parte l'evidente influenza determinante che lo Stato Maggiore tedesco attribuiva alla vittoria sulla Francia rispetto alla lotta con le altre due Potenze dell'Intesa, Gran Bretagna e Russia, un'altra novità affiorò nei colloqui che il generale Waldersee, inviato a Roma a metà gennaio 1913 da Moltke per proseguire di persona i contatti con lo Stato Maggiore italiano: la convinzione ragionata che in una guerra la Gran Bretagna sarebbe stata da contare fra gh avversari della Triplice Alleanza. Né l'esercito né la marina italiani si facevano più illusioni. Avendo l'ammiraglio Rocca Rey rassegnato le dimissioni dall'incarico di capo di Stato Maggiore della mar.ina, la questione navale fu di necessità rimandata a tempo più oppo1tuno; comunque il Waldersee riportò di Pollio un'impressione altamente positiva, anche perché questi, ribadita l'impossibilità materiale di inviare la 3a armata sull'alto Reno, si dichiarò invece pronto a mandare ~ùcune divisioni cli cavalleria ed affermò di presumere di essere in grado, col migliorare della situazione, di tornare all'accordo testé disdetto 2• L'offerta venne subito accettata, naturalmente per il valore politico e psicologico della presenza di unità italiane sul. fronte tedesco. Dopo aver riferito a Berlil).o il risultato della missione a Roma e tnu1quillizzati Guglielmo II e Moltke sulla fedeltà dell'alleata, Waldersee passò da Vienna (24 gennaio) per mettere Conrad al corrente delle cose e della intenzione di Pollio di costituire fra Milano, Verona, Venezia e Bologna un'armata di riserva destinata allo sbarco in Provenza. Ma il capo di Stato Maggiore austriaco non fu

1 W. FOERSTER, Die deutsche-italienische Militiirkonvention io KSF, maggio 1927, p. 400, in M. Mazzetti, L'eserci10 italiano nella Triplice Allem1za cii., p. 285.

' G. VON WALDERSEE, Vo11 Deutsch/arul militiùpolitischenBeziehungenzu ltalien, in Die Kriegsschuldfrage, Berl in, luglio 1929, pp. 644-646, in M. MAZZETTI, ibidem, pp. 286-288.


IL MOMENTO STORICO

7

conquistato dalla notizia: «Speriamo - esclamò - che non sia un'annata di riserva preparata contro di noi!» 1• Tuttavia i primi di febbraio la diffidenza di Conrad si ammorbidì alquanto. Pollio mandò a Vienna con una lettera personale il tenente colonnello Carlo Montanrui, con l'incarico di illustrare gli intendimenti operativi italiani contro la Francia. Dopo un'accoglienza piuttosto fredda, i colloqui (4-5 febbraio) si fecero più distesi e la missione ottenne pieno successo. Al momento del conuniato Comad consegnò all'ufficiale u na calda lettera di ringraziamento per Pollio 2 • D' altronde, in quel periodo il suo obiettivo era la Serbia. Il 20 gennaio aveva presentato una memoria al ministro degli Esteri, spiegando l'assoluta necessità di impedire che la Serbia diventasse «una potenza milit~u-e di un certo peso», e fin q ui• il pensiero era comprensibile. Assai meno comprensibile diventava persuadersi che «il mezzo più efficace e razionale» fosse muovere guerra alla Russia! 3 • Naturalmente un atto del genere presupponeva che anche la Germania, con un poco di lungimiranza, si rendesse conto che alla lunga il rafforzamento degli Stati balcanici avrebbe nuociuto e non poco alla sua politica orientale. Qualora il Kaiser non intendesse sentir parlare di un confronto diretto fra T1i pliceA1leanza e Triplice Intesa, non restava che attaccare la Serbia da soli. E poiché con il trasconere del tempo le probabilità di successo potevano scemare, bisognava lanciare l'offensiva «questa primavera stessa». Quindi: mobilitazione generale e inizio delle operazioni il 15 marzo! Se la Russia fosse intervenuta, nessun problema: il grosso dell'esercito austro-ungarico si sarebbe rovesciato sul fronte della Galizia 4 • Giustamente il Ritter commenta: «Non vi è in lui la minima preoccupazione di trovare una causa precisa per la guerra» 5 • Conrad riteneva di possedere non trascurabile voce in capitolo in tema di politica estera, anzi «dato lo stretto rapporto fra la condotta della guerra e la sua prepru·azione - aveva dichiarato ad Aerenthal, suscitandone la reazione - anche sulla base della situazione politica questa responsabilità spetta al capo di Stato Maggiore in quanto consigliere [aulico]; sotto questo aspetto, come la storia insegna, egli ha in sé maggiori responsabilità del ministro degli Este1i » <o. Siffatta convinzione, in lui radicatissima, derivava dal!' idea che «in ultima analisi è soltanto il rappo1io di forze militari a determinare la politica, giacché questa perde immediatamente terreno se non è in mmonia con questo rapporto di forze» 7 •

'F. CONRAD, Aus meiner Dienstzeit cit., ID, p. 87. ' Ibidem, ID, pp. 89-92. ' In un colloquio <le! 9 gennaio, Conrad aveva premuto su Berchtold: «Sua Eccellenza <leve decidersi. La Monarchia ha perduto le sue posizioni nei Balcani, e alla fine si dovrà pure arrivare ad una prova di forza. Cerio il meglio sarebbe schiacciare la Russia, perché in tal caso potremmo avere cento amù di pace» (ibidem, TU, p. 77 e sgg.). ·' Ibidem, lil, p. 12 e sgg. 'G. R.ITIER, / militari e /apolitica nella Germania moderna ci!., I, p. 637. '' Memorandum udienza 31.10.1910, ibidem, I, p. 634. 7 Conrad a Berchtold in data 6.9. 1913, in F. CoNRAO, Aus meiner Dienszeit cit., Ili, p. 420.


8

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

In tale sua visione ossessiva, si lasciava trasportare ad insistenze irragionevoli, in un quadro internazionale troppo limitato. All'atto pratico, infatti, il suo orizzonte politico si riduceva agli Stati confinanti che reputava nemici, primi fra tutti Italia e Serbia. Nei confronti dell'Italia si era temporaneamente calmato, rinunciando ad attaccarla, ma intensificando misure precauzionali. Restava la Serbia. Era affascinato dalla concezione della guerra preventiva, quella che Bismarck aveva chiamato «guerra profilattica», bocciandola però. ln quest'ordine cli idee, a fine luglio 1913 suggerì a Berchtold di addivenire ad un accordo con la Russia, lasciando a questa la Turchia e riservando al1' Austria i Balcani occidentali. Nel contempo gli consigliò di non attendere la firn1a dell'accordo, perché conveniva gettarsi sulla Serbia prima delle manovre estive. E questo, senza avvertire la Germania, che accusava di voler soppiantare «nel suo vorace egoismo» la Duplice Monarchia proprio in Serbia, e senza nemmeno prevenire i presidenti del Consiglio dell'Austria (Karl Stiirgkh) e dell' Ungheria (Istvan Tisza)! 1• Beninteso, Conrad era perfettamente consapevole che l'esercito austro-ungarico si sarebbe trovato in serio imbarazzo a dover sopportare da solo una guerra su due fronti, serbo e russo, ma ciò non scalfiva la sua decisione strategica di accettare tale iischi.o attaccando subito la Russia fra il Bug e la Vistola il 24° od il 25° giorno dalla mobilitazione. Gli bastava che contemporaneamente forze tedesche sferrassero un' offensiva di alleggerimento sul Narev; poi, una volta recuperate unità dal fronte francese, avrebbe avuto corso la grande offensiva austro-tedesca, determinante ai fini della campagna d' oriente. Tale impegno formale Moltke glielo aveva concesso. Da parte germanica il piano SchJieffen del 1905 era alla base clell'impostazione della guerra contro l'Intesa. Per quanto il piano fosse segretissimo, al punto di esser taciuto perfino al ministro della Guerra sino al memoriale del 21 dicembre 1912, la viol.azione delle neutralità lussemburghese, belga ed olandese era data per scontata ovunque, perfino negli stessi paesi interessati, evidenti essendo i motivi di natura militare che inducevano ad un'offensiva attraverso quelle regioni: ostacoli naturali e fo1tificazioni francesi si.no al Lussemburgo e per contro territorio pianeggiante, privo di solidi appigli tattici, dal Lussemburgo al mare; dislocazione ciel grosso del forte esercito francese alla frontiera con la Germania e deboli eserciti belga ed olandese a nord. Per Schlieffen, poi, la violazione della neutralità si configurava né più né meno come un caso di legittima difesa. Se infatti i tedeschi si fossero limitati ad attaccare il fronte francese da Belfort a Montmédy, i franco-britannici avrebbero, loro, cercato di avvolgere la destra tedesca passando dal Belgio. Quindi si trattava di una scelta priva di alternative.

' Ibidem, J>. 407 e sgg.


IL MOMENTO STORICO

9

Merita, in proposito, risalto un episodio profondamente significativo. Nel maggio del 1900 SchJieffen fece sapere in via confidenziale ad Holstein, consigliere segreto del ministero degli Esteri, che lo Stato Maggiore Generale non intendeva «esser limitato da nessun accordo internazionale nel caso di una guerra su due fronti», e che era opportuno che la Wilhelmstrasse ne prendesse nota. Holstein rispose: «Se il capo dello Stato Maggiore Generale, e per di più un'autorità in strategia come SchLieffen, ritiene che ciò sia indispensabile, è dovere della diplomazia confom1arsi ad agire di conseguenza» 1• Dopo la guerra Betlunann-HoUweg giustificò questa resa psicologica: «Ad un qualsiasi osservatore dotato di un minimo di serietà, i pericoli spaventosi di una guerra su due fronti apparivano tanto evidenti, che sarebbe stata una responsabilità intollerabile pcrun'autorità ciwile opporsi ad un piano militare elaborato in rutti i de11agli e considerato logicamente necessario, e la cui condanna safebbe stata quindi ritenuta l' unica causa di un eventuale insuccesso» ' .

ed ammise che durante l'intero corso della guena mondiale mai ebbe luogo un consiglio di guerra in cui la politica avesse una parte preminente. Moltke reputava inizialmente possibile, almeno in linea teorica, un conflitto limitato a Genmmia e Francia, ma non aveva dnbbi sull'entrata in campo della Russia, ove l'Austria si fosse mossa nei Balcani. Questo comportava scelte strategiche tutt'altro che semplici e conseguenti oneri tutt'altro che bevi, scarso essendo stimato l'apporto militare dell'esercito austro-ungarico. Comunque, se era inevitabile la guerra su due fronti, almeno occorreva impedire che si creasse un terzo fronte. La questione navale, dal canto suo, rivestiva un peso 1ùente affatto trascurabile. Da anni esisteva rivalità tra le marine italiana ed austriaca e la posta era il dominio del!' Adriatico, ma, quando nell'autunno 1912 la Francia concentrò le sue forze navali nel Mediterraneo unendo la squadra di Brest a quella di Tolone - dopo aver firmato in Luglio una convenzione navale con la Russia e dopo la decisione britannica di stabilire a Malta una forte squadra - , divenne logico l 'interesse italiano di cercm·e di smussare gli attriti con l'impero asburgico proponendo di rivedere la convenzione navale del 1900. È vero che la Francia, pur prendendo nùsure pmticolm·i, si fece parte diligente ne.I promuovere negoziati in merito all'accordo meditenaneo italo-franco-britannico, e che la Gran Bretagna si dichiarò subito molto disponibile, tuttavia Giolitti e il mi1ùstro degli Esteri San Giuliano non mostrarono soverchio interesse - il punto dolente era costituito clall' occupazione italiana delle isole turche nell' Egeo - e la cosa sfumò 3 •

militari e la polilica nella Gernumia moderna cit., I, p. 603. zum Wellkrieg , l , p. 167, in G. RilTER, ibidem, I, pp. 603-604. 3 B.D., X, doc. 433,435 e 438. ' G.

R l1TER, /

' T ii EOB!\LD BcTHMANN-HOLLWEG, Be1rachwnge11


IO

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Il 10 febbraio 1913 Francia e Gran Bretagna firmarono un accordo navale di significato ovviamente antitriplice. Prese dunque il via una serie di contatti fra le marine della Triplice, condotti essenzialmente sulla base di studi e proposte avanzati dal nuovo capo di Stato Maggiore della marina italiana, Thaon di Revel, e conclusi con una convenzione navale, redatta il 23 giugno, modificata il 2 agosto ed entrata in vigore il 1° novembre dello stesso anno 1• Partendo dal principio di dare precedenza alla necessità di eliminare le flotte dell'Intesa, una dopo l'altra, nel bacino occidentale avrebbero agito le migliori navi italiane ed austriache nonché la divisione navale tedesca del Mediterraneo; a guardia dell'Adriatico sarebbero rimaste le navi più vecchie italiane ed austriache. La decisione di prendere l'offensiva sin dall' apertura delle ostilità era avvalorata dal fatto che proprio in quel periodo la flotta francese sarebbe stata impegnata nella protezione dei convogli di truppe dal Nordafrica a Marsiglia ed a Tolone 2• Una convenzione addizionale indicava le linee fondamentali del piano cl' operazioni «diretto a conseguire il dominio marittimo del Mediternneo mediante il più rapido annientamento delle forze nenùche», riferendosi in particolare a quelle francesi, sia che fossero concentrnte a Biserta sia a Tolone. Bisogna anunettere che la prevista linea di condotta offensiva non poteva, di per sé, offrire garanzie dì successo. Anzi, a dire ìl vero, i giudizi degli esperti navali dell'Intesa erano decisamente sfavorevoli per le forze italo-austriache. Non per nulla nell'inverno 1913-14 il capo di Stato Maggiore della marina francese scrisse: <<L'ideale sarebbe per noi incontra.re ali 'inizio delle ostilità le forze italiane riunite e di scatena.re una battaglia che, secondo ogni probabilità, ce ne sbarazzerebbe per il resto della guerra. Ma è poco probabile che l'Italia tenti una simile avventura, così che la nostra annata navale sarà costretta a ricercare la sua flotta per il combattimento(. ..)» ' .

L'assunzione della carica di capo di Stato Maggiore e le intese navali con l'Austria-Ungheria spinsero Thaon di Revel a fare il punto della situazione navale italiana. In un promemoria del 25 luglio di quell'anno, prese come termine cli riferimento per l'organico della flotta l'anno 1918, indicando la assoluta necessità che la flotta italiana raggiungesse almeno il rapporto di 0,6: 1 nei confronti di quella francese e di 1,33: l di quella asburgica. Tenendo, invece, presente il programma francese, impostato secondo la legge navale del 1912 e riferito al 1920, ma che risultava probabilmente raggiunto nel 1918, ed il programma austriaco presentato dall'ammiraglio Montecuccoli, la situazione comparativa nel 1918 sarebbe stata la seguente:

' li primo comando delle notte riunite fu affidato all'ammiraglio austriaco Haus, stabilendo il precedente che toccasse al più anziano dei comandanti. La misura fu da noi accettata per l'importanza dell'intervento austro-tedesco nel Mediterraneo al nostro fianco. 2 M. GABRIF:LE e G. FRIZ, La politica navale italiana cit., cap. XI. ' Ibidem, p. 237.


Il

IL MOMENTO STORICO

Francia

Navi

ltalia

Austria

2,90

1,45

. .. . . • .. .. . • . . ..

1,73

0,73

Esploratori . .. . .. .. . ... .. . . .... . . .. .

2,50

1,50

Dreadno11ghts . Pre-Dreadno11ghts

Grandi cacciatorpediniere . .. . ... . . . .. .

1,07

0,20

Torpediniere . . . .. . .. . .. .... . .. . .. . . .

l,80

0,82

Sonunergibili . .. . ... . . ..... . .. . .. . . .

3,75

0,46

Una situazione ben lontana dunque dalle necessità riconosciute dal comitato degli. ammiragli nel febbraio 1912 ed approvate da Leonardi Cattolica, e beninteso senza tener conto di altre possibili forze navali schierate contro di noi. Iu conclusione, Thaon di Revel presentò e dichiarò perfettamente attuabile un nuovo programma che prevedeva per il 1918: dodici grandi navi: 4 impostate nel 1913, 2 nel 1914, 3 nel 1915 e 3 all'inizio del 1916; 34 cacc.iatorpediniere di squadra ordinate nel 1914-15; 43 sommergibili ordinati non appena in possesso dei risultati degli esperimenti in corso 1• L'accordo navale italo-austriaco influì non poco sui piani operativi italiani. Dopo la decisione di sospendere l'invio della 3a armata in Germania, Polli.o aveva disposto un nuovo esame circa le possibilità di un'offensiva attraverso le Alpi occidentali. Questo disegno incontrò la decisa critica di Cadoma, comandante designato della 2a ammta, il quale ne scrisse al Primo Aiutante di campo del re, Ugo Brusati, al ministro della Guerra, Spingardi, ed allo stesso Pollio. A Brusati mandò copia della lettera indirizzata al capo di Stato Maggiore dell'esercito, commentando di non riuscire «a comprendere come Pollio si ostini a voler ingolfare nelle Alpi tante forze, che nonriusciranno tatticamente a spiegarsi e logisticamente a rifornirsi. Secondo il mio avviso è una vera aberrazione» 2 • A Spingardi, che condivideva la decisione di Pollio, scrisse che il trattenere in Italia la 3" armata costituiva un grave errore strategico e che, in un'offensiva contro la Francia, «noi ci romperemo la testa contro le Alpi, senza ri11scire a sboccarne fuori, nel caso più favo revole, che ad operazioni compiute s11 l teatro principale; e ciò anche quando i ji·ancesi trasportino in Lore,w il XIV e XV co1po, che noi non ri11scire1110 in alcun modo a trattenere. La conseguenza ultima sarà che alla concl11si(me dell a pace ci troveremo con un pugno di mosche, e colle beffe per giunta».

' AUSSME, Fondo Ufficio Orditwme,110 e Mobilitazione, racc. 12. 2 Cadoma a Brusati in data 26.5.1913, ACS , Archivio Brnsati, b.10.


12

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Quindi, se le condizioni dell'esercito in quel periodo impedivano di mandare la 3• armata con cinque corpi, la si poteva mandare con tre o addirittura con un solo corpo d'armata, insieme con le divisioni di cavalleria. L'importante era «( ... )che la nostra bandiera sventoli a fianco di quella tedesca sul teatro principale! Si dimo-

stri a quei signori che facciamo tutto ciò che è in noi per la causa comune ! E ci si risparmi la bella figura di veder tutto il nostro esercito colpito da paralisi dinnanzi a quattro divisioni di riserva francesi ed alla muraglia alpina!» '.

A Pollio espose il proprio pensiero sullo studio operativo, significando che, a parte le difficoltà ambientali e climatiche esistenti per buona pmte dell'anno, «forse saremo riusciti a sbucare dalla barriera alpina dopo diversi mesi e con grande logoramento delle nostre forze. Ed in tutto questo periodo avremo ottenuto il solo risultato di immobilizzare quattro divisioni di riserva francesi» i _ È molto probabile che Pollio abbia voluto uno studio ex-novo delle possibilità operative alpine solo per sc1upolo, ad ogni modo le obiezioni di Cadoma, fondatissime, raggiunsero almeno lo scopo di far abbandonare definitivamente ogni pensiero di prendere di peno le Alpi. Riprese allora quota il progetto «Operazioni di sbarco in Provenza», tanto più che le trattative navali con l' Austria stavano procedendo bene. In pratica, un'intera armata sarebbe stata avviata nella Francia meridionale. Ma anche questo studio, esaminato a fondo, non risultò accettabile: la conquista del dominio del Mediterraneo sarebbe stata assicurata solo con pregiudizio della sicurezza alla scorta dei convogli verso la Provenza; una volta preso piede a Marsiglia con un primo corpo d'armata, la progressione in profondità delL' am1ata non avrebbe conseguito risultati tangibili prima di quattro mesi dall'inizio delle ostilità. Insomma: rischi enormi, spese grandissime e risultato troppo tardivo. Polli o decise cli riprendere l'idea iniziale del concorso diretto sul teatro d' operazioni principale. Per il momento, tuttavia, si astenne da decisioni, in parte perché Vittorio Emanuele lll, molto cauto in proposito, non aveva ancora dato il consenso all' invio delle divisioni cli cavalleria, in parte perché lui stesso considerava prematura la questione. In settembre Pollio e Conrad si incontrarono con Moltke, in occasione delle grandi manovre tedesche in Slesia, alle quali erano stati entrambi invitati. L'itnportanza delle manovre derivava dal fatto che venne studiato il problema strategico della guerra sui due fronti, francese e russo, prendendo in considerazione la temporanea invasione russa della Prussia orientale. È certo che Pollio riscosse la stima incondizionata di coloro che lo avvicinarono. Naturalmenle tornò sul tappeto la presenza della 3• armata sul Reno. Courad gli disse che le prevedibili esi-

'Ibidem. ' M. MA7..ZEIT1, l 'esercito italiano nella Triplice Alleanz.a cit., 537-542.


LL MOMENTO STORICO

13

genze balcaniche avrebbero inciso sulle forze austro-ungariche destinate all'eventuale fronte russo e che pertanto aveva chiesto alla Germania una maggiore pressione su detto fronte. Poi, con intenzione, domandò che cosa avrebbe fatto l'ltalia delle truppe disponibili, una volta messi jn campo quattro o cinque corpi d'armata contro la Francia. Pellio replicò che quanto restava era sì e no sufficiente ad approntare un corpo di spedizione per l'Albania. E Conrad: «Anche se le cose stanno così, avete tuttavja delle divisioni in grado di battersi; mandate dunque quello che avete» 1• Anche il generale Waldersee, il quartiermasLro generale, tomò alla carica sull'argomento, dichiarandosi addirittura pronto a forn ire artiglierie pesanti per sopperire aile carenze italiane. Al che Pellio promise di proporre al re di inviare in Ger\nania due corpi d'armata, uno su tre ed uno su due divisioni. Soddisfazione, quindi, da parte di tutti: Moltke, Waldersee e Conrad, il quale però, più tardi, non si lasciò sfuggire l'occasione per un commento pungente: «Ma il generale Pellio non era l' Italia» 2• Al termine delle manovre, Guglielmo 11 presiedette una riunione dei capi di Stato Maggiore dei tre eserciti alleati e la questione della 3" annata venne discussa in forma ufficiale. Il Kaiser dichiarò di esser sempre stato persuaso che l'Italia avrebbe fatto onore ai suoi impegni; Moltke si professò convinto delle difficili condizioni attuali dell'esercito italiano, ma rilevò che nel caso di un mancato concorso italiano la Germania avrebbe incontrato serie difficoltà all' ala sinistra del proprio schieramento. Pollio riferì i suoi chiarimenti in questi termini: «Presi allora io la parola e ripetei, riassumendo e ,1ccen1uando i fatti principali, le ragioni per le quali avevo creduto di consigliare l'annullamento della convenzione riguardante l'impegno della 3' armata( ...). Se mandavamo cinque corpi in Gcnnania, non rimaneva per una guerra alla frontiera alpina e per la difesa della penisola che la forza di tre corpi d'annata pennancnti. Non avremmo potuto mantenere l'impegno, mentre il primo dovere, dissi, quando si è alleati, è di essere 011esri. Feci anche notare Je enom1i deficienze che esistevano allora [1912J di materiali d'ogni specie, affrettandomi però a soggiungere che le condizioni attuali erano ben diverse, perché poco per volta, ma in tempo relativamente breve. si erano riforniti tutti i materiali consumati o inviati in Libia, anche in quantità e qualità maggiore e migliore delle deficienze riscontratesi. Comunque, basandomi anch ' io su quanto aveva detto il generale Moltke, aggiunsi essere io pu re persuaso che in una guerra la Triplice deve agire come uno Stato unico, t.rallandosi di questione d'esistem:a, poiché la guerra sarà terribile. Osservando poi che l'Jtalia, in caso di una guerra della Triplice, ba sovrabbondanza di cavalleria, rilevai che, per pane mia, due divisioni di qucst'anna potrebbero esser messe a disposizione della Germania. bene inteso dopo che ne avessi avuto il consenso. Riconobbi pienamente che, secondo i principi più sani dell 'arte della guerra, e visto che l' impiego delle truppe della Triplice era considerato come un problema mili tare, ero disposto a riprendere in esan1e l'impiego della 3• annata, in proponione però ridolta. Questa mia dichiarazione fu accolta con grandissimo favore da S.M. e dagli altri personaggi che mi ascoltavano» '.

' F. CONRAD, A11s 111ei11er Die11s17.eit cit., Itl , pp. 432-433. lbidem. ' AuRIANO Aumm, L'azio11e militare italiana 11ellag11erra 111011diale, Roma 1924, p. 21.

1


14

LA PRJMA GUERRA MONDIALE

A fine novembre Vittorio Emanuele ili dette il placet per le divisioni di cavalleria e Pallio maudò subito a Berlino il tenente colonnello Montanari per gli opportuni contatti con gli Stati Maggiori alleati. La comunicazione non suscitò molto entusiasmo in Germania, dove si desideravano divisioni di fanteria, e il Waldersee fu da Moltke rispedito a Roma con istruzioni e quesiti molto precisi. Pollio tornò a concordare sulla convinzione che una guem1 della Triplice sarebbe stata risolta sul teatro d'opcrazioni franco-tedesco, tuttavia, pur desiderando i11viarvi quante più truppe possibile, per il momento aveva ottenuto dal governo la sola autorizzazione per le divisioni di cavalleria. Sperava, senza peraltro poter promettere alcunché, di riuscire a mettere a disposizione tre corpi d'armata: il V ed il VII e poi l'VlII od il IX. Le trattative, o meglio le sollecitazioni tedesche ed austriache, si protrassero sino al febbraio 1914, quando il generale Calderari, addetto militare a Berlino, annunciò che il re aveva dato l'autorizzazione per l'annata e che il generale Zuccari, comandante designato della 3a armata, sarebbe presto arrivato a Berlino. La visita di Zuccari ebbe luogo i primi di marzo e nelle conferenze dei giorni l Oed 11 venne esaminato quanto concerneva 1' annata in tema di trasporti, dello schieramento iniziale e dei rinfor.d di unità di artiglieria pesante. AZuccari fu anche consegnato ed illustrato uno studio di ipotesi di impiego contro gli sbarramenti dell'alta Mosella oppure contro le fortezze di Belfort e di Epinal 1. I tre corpi italia1ù non sare bbero affluiti che al 19° giorno dalla mobilitazione, ed impiegati non prima del 22° giorno, però da parte italiana si pensava di essere in grado, dal 1915, di ridurre dì cinque giorni i tempi occorrenti. I preliminari di una successiva convenzione militare vennero firmati dai generali Zuccari e Calderrui e dal tenente colonnello Montanari per l'Italia, e dal generale Waldersee e dai tenenti colonnelli Tappen e Groener per la Germania 2• Durante le trattative per la nuova convenzione, sanzionata questa volta dalle firme dei tre capi di Stato Maggiore, affiorò l'ipotesi che truppe italiane potessero essere inviate sul fronte russo in appoggio ali' Austria-Ungheria. La cosa derivò da qualche considerazione generica di Pollio, o meglio da suoi dubbi che l'esercito austro-ungarico venisse a trovarsi in pericolosa crisi ove attaccato alle spalle dalla Serbia durante lo sforzo in Galizia, e si prestò facilmente ad equi-

' ROBERTO SEGRE, Le manovre iniziali in Alsazia ed in Lorena, Bologna 1928, pp. 349-357. ' Il ten. col. Montanari, nelle sue «Note» sull'argomento, so1tolineò che: «La convenzione militare vecchia, com 'è noto, contenevJl il dato: ·'se la guerra scoppia Lra Francia e Russia da una parte e le tre potenze centrali dall'altra mentre la maggior parte delle forze italiane attacca la Frnncia suJle Alpi ecc.". Di prop(isito il com. del corpo nostro volle evi ta.re dettagli che rit1ettevano il contenuto del trattato di allean za, e propose la formula "Verificandosi il casus foederis previsto dal trattato di alleanza esistente fra le tre potenze, mentre l'esercito italiano attaccherebbe suJle Alpi ecc.". Tale formula, come si vede. fu accettata dallo Stato Maggiore tedesco» (A. A LBERTI, Il ge11erale Falkenhayn. Le re/azio11ifra i capi di S.M. della Triplice, Roma 1924, p. 80).


IL MOMENTO STORICO

15

voci e forwture '. Si chiuderà il 16 giugno 1914 con una netta precisazione di Pollio a Zuccari: «In quanto ali ' impiego verso la Russia della 3• armata, io non escludo che eventi di guerra possano giustificarlo e, a guerra dichiarata, assumerei anche la responsabilità di tale impiego. Però, se posso consentire che se ne parli ora, non posso nell ' attuale situazione politica militare trallarne col Governo e invocare la relativa autorizzazione di inserirlo nella convenzione. Posso soltanto accettare uno scambio di idee senza ratifica ufficiale»'·

2. LA QUESTIONE D'ORIENTE Srcuramente l'insorgere dei nazionalismi in Balcania può essere incluso tra le principali cause della 1• guerra mondiale. Quel che dal 1912 cominciò a r.ibol lire nel pentolone balcanico coinvolse tutte le Potenze europee e contribuì in grossa misura alla definizione degli opposti schieramenti, più di una volta minacciando di sfociare in un co1tflitto generale'. La prima guerra balcanica durò poco. Il 17 ottobre 1912, seguendo l'esempio fornito nove giorni prima dal Montenegro (cosa che ovunque fece pensare ad un incoraggiamento russo), Serbia, Bulgaria e Grecia dichiararono guerra alla Turchia. Fra la sorpresa pressoché universale, nel giro di un paio cli settimane i turchi furono battmi dai bulgari a Kirk Kilisse ed a Lule Burgas, dai serbi a Kumanovo ed a Monastir, e dai greci a Gianitsa; talché il 3 dicembre si giunse ad un armistizio (al quale non aderì la Grecia, che stava al momento impegnata nell'assedio di Joanina, nell'Epiro) ed il 16 dicembre si aprì a Londra la conferenza della pace (alla quale partecipò anche la Grecia, pur continuando la sua guerra). L'Austria aveva seguito con crescente preoccupazione gli sviluppi bellici, non desiderando modifiche allo statu quo nella penisola. TI punto considerato inaccettabile era l'eventualità che la Serbia occupasse il sangiaccato di Novi Pazar, il che avrebbe condotto alla sua congiunzione territoriale con il Montenegro, aumentato il pericolo del panslavismo e costituito una minaccia per l'impero austro-ungarico sia al suo confine meridionale sia nell'Adriatico. Ma Berchtold non era un lottatore. Anzitutto non si rese nemmeno conto che avrebbe potuto, già nell'ottobre, quando tutti temevano le incognite della situazione, ottenere dalla Russia l' impegno a non intervenire di fronte ad un gesto di forza austriaco qualora, a guerra finita, l a Serbia non avesse evacuato il sangiaccato. Poi, peggio ancora, si ras-

'È evidente, comunque, che qualsiasi idea avesse avanzato Pollio sull'argomento, sarebbe rimasta al livello di pura e semplice opinione senza il consenso del re, decisamente improbabile. ' Per l'intera vicenda vds. A. ALHERTI, li generale Flllkenhay11 cit., pp. 81-90. ' Sull'argomento si è tenuto in particolare conto L. ALBERTfNI, Le origini della guerra del 1914 cit., I, cap. vm. I riferimenti ai doc umenti austriaci e tede-schi sono trarti da detta opera.


LAPR lMA GUERRA MONDIALE

16

FOH,11,f,t/t!NE PfiSL/.5T,#T/ QUUTIQNE Q'QRll!NTE •CAIYICA //EL SECQI.Q %111

QELLA PEN/SQLII 8111.

• '

A ..A: A.O A

t/:W'&I?,

//n,j/t d,dof4mll11'1

,,

f~r('O M/ .1,1,

;/,ttnhtt,i,,i,J«c/o,X,f

J,ìl~ f : J.61Jo.ooo

) n


ILMOME. TOSTORICO

l7

segnò a vedere questa regione in mano serba, specialmente quando una conferenza di alti funzionari del ministero degli Esteri, tenuta il 16 ortobre alla Ballbausplatz, finì per 1iconoscere che non era il caso di procedere a nuove conquiste nei Balcani; che l 'occupazione del sangiaccato da parte serba alla fin fine non rappresentava un casus belli, visto che serbi e montenegrini avrebbero potuto venire a contatto più a sud; e che soltanto l'affacciarsi serbo sull'Adriatico avrebbe toccato interessi vitali della Duplice Monarchia e quindi imposto il ricorso alle armi. Una seconda conferenza del 19 ottobre confem1ò queste considerazioni. La memoria conclusiva stesa il 25 ottobre stabilì che proprio non valeva la pena di rischiare una guerra con la Russia e l'Italia per il sangiaccato. Invece di un atto di forza, miglior linea politica appariva quella di consentire un «moderato» actrescimento della Serbia e del Montenegro e di stabilire con essi un proficuo rapporto di amicizia e di alleanza perché «annettere Serbia e Montenegro alla nostra sfera di interessi e di potenza sarebbe la via più semplice e forse anche l'unica giusta per assicurarci nel futuro un collegamento verso Salonicco e l' Albania» 1• Siffatta strabiliante conclusione - di attirare la Serbia nell'orbita austriaca e di opporsi al suo accesso ali' Adriatico - fu completata dalla decisione di creare «un contrappeso ai due Stati fratelli con la formazione di un'Albania autonoma e vitale» come Berchtold scrisse al generale Schemua 2, il quale aveva subito chiesto l'occupazione del Kosovo per impedire appunto la congiunzione dei due paesi slavi e per stabilire un collegamento con l'Albania. Ma, con jJ ritorno di Conrad a capo dello Stato Maggiore dell'esercito, avvenuto nel dicembre \ il partito della guerra alla Serbia riprese l'opposizione fierissima al principio - fino allora sostenuto - del mantenimento dello statu quo balcanico. E anche in quel frangente Berchtold confermò il suo carattere debole e timido, mostrando di trovarsi in difficoltà cli fronte a chi lo accusava di non difendere la posizione internazionale dell'Austria-Ungheria come Grande Potenza: «IJ mio ragionamento era semplice - disse al suo primo segretario Szilassy - ; eravamo una poten?.a semislava e dovevamo intenderci cogli Slavi balcanici e quindi anche coi Serbi. D'altra prute non ci era possibile sostenere una guerra con la Russia, conseguenza inevitabile di una guerra con la Serbia, perché, mentre la nostra sconfitta avrebbe segnato la fine della Monarchia, la vittoria avrebbe provocato la rivoluzione in Russia»•.

'Oe.-U., IV, doc. 417 J.

' Ibidem, IV, doc. 4183. 1 Il 14 dicembre 191 2, non appena tornato in carica, Conrad scrisse aU · arciduca ereditario: «L'unione della mzza sudslava è uno di quei fenomeni di cammino dei popoli che non possono essere né negati né soffocati con mezzi artificiali. Si u·atta solo di sapere se tale unione si compirà entro il territorio della Monarchia. cioè a spese dell'indipendenza della Serbia, oppure sotto l'egida della Serbia a spese deUa Monarchia,>. La deduzione era ovvia: occorreva gettarsi sulla Serbia prima che essa si rafforzasse (F. CONRAD, A11s meiner Die11stzei1 cit., n, pp. 381 -382). ' Juuus Szn.,ASSY, Der U11terga11g der Do11a11mo1uirchie. Diploma lische Eri1111er,111ge11, Berliu 1921. p. 222, in L. ALBERTl'lt, l e origini ciel/a guerra del 1914 cit., I, p. 405.


LA PRIMA GUERRA MONDIA LE

18

Cercò più tardi di giustificare la sua politica di conciliazione con la necessità di unifonnarsi «alla parola d'ordine partita da Berlino fin daJI 'inizio del conflitto balcanico: localizzazione della guerra» ', ma l'affennazione venne smentita nettamente per l'appunto da Berlino come «versione del tutto contraria ai fatti»: la Germania non aveva mai «voluto trattenere l'Austria da una penetrazione nel Sangiaccato» 2 • Molti anni dopo, nel 1938, Alfred Zimmermann, sottosegretario ,ùla Wilhelmstrasse dal 1911 al 1916, scriverà: «Le macchinazioni serbe che minacciavano gravemente l'esistenza della Monarchia danubiana davano gravi preoccupazioni non solo a Vienna ma anche a Berlino. La Wilhelmstrasse ha osservato un contegno di riserbo nella faccenda cd ha lasciato la sua trattazione unicamente a Vienna, considerando che la Ballplatz era l'unico luogo competente per la cosa. Non è escluso che questo contegno abbia contribuito a far credere a Vienna che la Gennania si opponeva ad un energico regolamento di conti dcli' Austria con la Serbia. In ogni caso a Vienna, da molti anni prima dello scoppio della crisi del luglio 1914, era sorta e si era diffusa la voce che la Ballplatz avrebbe già regolato da mollo tempo i suoi conti con la Serbia se l'alleato berlinese non si fosse sempre mostrato avverso al le misure necessarie. In realtà la rinuncia di Vie1111a non è affatto da attribuirsi al contegno della Wilhelmstrasse ma esclusivamente aU'iueapacità di decisione della Ballplatz» ' ·

Se era nettamente contrario alle mire serbe su San Giovanni di Medua, sulla costa adriatica a sud di Scut:ari, ed ancor più su Durazzo, Berchtold poteva però consentire un' altra soluzione: «Nel caso che la Serbia debba attribuire un valore particolare al possesso di un proprio porto - comunicò al ministro austriaco a Belgrado-noi non avremmo nulla da obiettare a tale conquista sul mare Egeo» •. Naturalmente era un'offerta avvelenata perché avrebbe provocato l'immediata frattura tra la Serbia e le sue rivali in Macedonia, cioè la Grecia e la Bulgaria. Forse anche per questo il suggerimento non ebbe seguito. Ad ogtù modo alla conferenza degli ambasciatori a Londra il rappresentante ausuiaco, conte Mennsdorf, fonuulò una proposta subito accolta da tutti come ipotesi di lavoro: riconoscimento dell'indipendenza dell'Albania garantita e controllata dalle Potenze; concessione di uno sbocco commerciale alla Serbia sull'Adriatico in un porto albanese neutro, servito da una linea ferroviaria anch' essa controllata dalle Potenze. Rimaneva peraltro in sospeso il delicatissimo problema del sangiaccato di Novi Pazar. La rinuncia, fatta da Aerenthal nel 1909, a presidiare quel territorio - già ambito per impedire materialmente la contiguità del blocco serbo-montenegrino - era stata un errore, tanto più che l'art. 25 del trattato di Berlino auri-

'Dercbtold a Szogyeny, ambasciatore d'Austria a Berlino in data 15.3.1913, in Oe.-U., V, doc. 6023. 2

G. P., XXXIV/2, doc. 13111. ' In L. At.BERTll'n, Le origini della guerra del 1914 cit.. I, p. 447. 'Oe.-U., IV, doc. 43 17. In seguito, il 28 maggio 1913. Pasié. presidente del Consiglio serbo, affermò che in cambio della rinuncia a San Giovanni di Medua, gli era stata offer1a l'intera valle dal V:u·dar con Salonicco.


IL MOMENTO STORICO

19

buiva ali' Austria il di1itto di tenervi guarnigioni, vista la prevedibile difficoltà turca a difenderlo. Invero, si riteneva in Europa che, in caso di invasione serba, Vienna sarebbe intervenuta e con qualche ragione. Ma Berchtold rifuggiva dalle complicazioni. In compenso, Conrad continuava ad insistere per risolvere con le armi il problema della Serbia, a costo di dover affrontare anche la Russia. Su questo argomento incontrava però l'opposizione dell'arciduca Francesco Ferdinando, secondo il quale: «Il nostro avversario principale è l'Italia, contro cui si dovrà condurre una guerra. Dobbiamo riconquistare la Venezia e la Lombardia» 1• Per quanto la contrarietà dell'erede al trono ad attaccare la Serbia fosse nota a Berlino, evidentemente la forte personalità di Conrad ed alcune espressioni nebulose dello sfuggente Berchtold impensierirono la Wilhelmstrasse, sì da indurre Bethmann-Hollweg e Moltke a cercare un chiarimento. Il primo si rivolse a Berchtold, significando che un'azione militare austriaca contro la Serbia avrebbe sicuramente provocato l'intervento della Russia, alla quale sarebbe stato impossibile assistere inerte ad un evento del genere senza un'enonne perdita di prestigio. Perciò «si sboccherebbe in una guerra della Triplice - prevedibilinente non appoggiata con molto entusiasmo dall' Italia - contro le Potenze della Triplice Intesa; nel qual caso la Germania dovrebbe sopportare l'intero peso dell'attacco francese ed inglese. V.E. comprenderà che questa prospettiva mi impone di rivolgerle la preghiera di volenui informare il meglio possibile suUa via che la politica del governo l. e R. intende seguire nell' ult.eriore corso della crisi»'·

Quanto a Moltke, il 21 gennaio 1909, pur ammettendo l'inevitabilità dell'entrata in campo della Russia in un conflitto cercato dalla Serbia, aveva rassicurato Conrad scrivendogli: «Bisogna prevedere che verrà il momenio in cui avrà frne la Jongani1uità della Monarchia di fronte alle provocazioni serbe. Allora non le rimarrà altro da fare che entrare in Serbia. Credo che solo l'entrata dcli' Austria in Serbia potrebbe eventualmente provocare un intervento attivo della Russia. Ciò creerebbe alla Germania il casus foederis. Le operazioni milita ri che ne seguirebbero si baserebbero - secondo le comunicazioni di V.E. - sul fatto che l'Austria non potrebbe all'inizio riunire in Galizia contro la Russia che trenta divisioni. A.I momento stesso in cui la Russia mobiliterà, la Germania mobiliterà egualrnente, e se nza dubbio mobiliterà il suo intero esercito».

In quella sede Moltke aveva altresì sottolineato che «l'Europa attuale è talmente percorsa ed intrecciata di mutui accordi, intese ed alleanze, che nessuno dei Grandi Stati può trar la spada senza che ne sorga per tutto il continente l' obbligo di gettarsi l'uno contro l'altro». Adesso però, quattro anni dopo, egli si espresse in maniera differente, anche per unifon11arsi al pensiero, allora pacifi-

' F. CONRAD, A1.1s meiner Dienstzeit c it., m, pp. 156-157. 'ibidem, I, pp. 380-384.


20

LA PR IMA GUERRA MONDI ALE

co, di Guglielmo il. «Tutti avrebbero capito - scrisse a Conrad - che l'Austria avesse annunciato che l' occupazione del sangiaccato avrebbe costituito un casus belli, come tutti capirono che essa non poteva tollerare iJ sorgere di un porto militare serbo nell' Adriatico»; ma dopo il consenso ad un porto commerciale, sia pure albanese, una rotlura dei ponti fra Austria e Serbia sarebbe stata interpretata come deliberata ed ingiustificata intenzione austriaca di suscitare un pericoloso scontro con Serbia e Russia. In definitiva, pur essendo convinto che «presto o tardi deve venire una guerra europea in cui saranno principalmente in lotta germanesimo e slavismo, bisognava che l'aggressione provenisse dagli slavi» 1 • Questo, anche se Guglielmo Il, alquanto preoccupato per l'irrequietezza dell'alleata Romaiùa, asseriva che «la combinazione Serbia, Romania e Grecia sotto la guida dell' Austria-Ungheria era la migliore e la più naturale» e certamente avrebbe finito per attrarre pure la Bulgaria z. A fine marzo 19 13 le cose si complicarono vieppiù. L'Austria, con intento conciliante verso la Russia, aveva appena acconsentito che Djakova e Dibra venissero date alla Serbia, quando subentrò la crisi di Scutari. Per l'appunto in cambio del le buone disposizioni mostrate da Vienna, la conferenza degli ambasciatori aveva stabilito l'assegnazione di Scutari ali' Albania, ma la città si trovava cinta d 'assedio da trn ppe montenegrine e serbe, in palese non cale delle ingiunzioni delle Potenze. Berchtold rese noto allora che Scutari, così come San Giovanni di Medua, suo porto naturale, erano indispensabili ad un' Albania indipendente. Non solo, ma nella convinzione che, una volta in mano al Montenegro, prima o poi siu-ebbero entrambe cadute in mano alla Serbia, avvertì che l'Austria poneva sulla questione tutto il prestigio della Duplice Monarchia, al punto di esser disposta, se nccessai"io, a prendere le am1i. San G iuliano, allarmato per l'eventualità di un' azione isolata aust:Jiaca, il 23 marzo suggerì a Berlino che probabilmente «l' unico mezzo per uscire dalla posizione difficile determinata dall'atteggiamenLo del Montenegro e della Serbia sia un mandato europeo all' Austria-Ungheria ed al!' Italia» 1 . La Germania accolse l'idea e la caldeggiò, considerando tra l'altro, che un' iniziativa comune italo-austriaca avrebbe rinsaldato i rapporti nell' ambito della Triplice Alleanza. La Russia, per conto suo, non intendeva correre il rischio di essere coinvolta in un incidente internazionale per Scutari, perciò persuase Belgrado a ritir.u·e le sue truppe daJl'assedio, il che ebbe luogo il 14 aprile. Rimaneva il Montenegro, al quale Essad pascià, comandante della guarnigione turca di Scutari, si arrese il 23 aprile per denaro e con La speranza di essere proclamato re d ' Albania. Immediatamente il governo di Vienna, sorretto senza esitazione da quello di Berlino, invitò le Potenze a prendere misure coercitive nei confronti del Mon-

' G.P.. XXXIV/I. doc. 12824. ' G.P., XXXIV/2, doc. 12937. ' G.P. , XXX IV/2,doc. 13011.


IL MOMENTO STORICO

21

tenegro, specificando che in caso contrario avrebbe fatto da sola quello che avrebbero dovuto fare loro, ed ottenuto con le armi lo sgombero di Scutrui. L'Italia esitò. San Giuliano era favorevole, reputando che un rifiuto a cooperare con l'Austria in quella vicenda sru·ebbe equivalso ad uscire dalla Triplice 1• Giolitti non ne voleva sapere, ben conoscendo l'ostilità corrente in Italia nei riguardi dell'Austria. Alla fine, il 29 aprile San Giuliano consegnò all'ambasciatore Merey una nota con la quale l'ltalia si professava disponi bi le ad una cooperazione militare con l'Austria, ma a ben precise condizioni - accordi preliminari, questione Scutari non disgiunta da quella dei confini meridionali albanesi, nessun coinvolgimento del territorio montenegrino, definizione cieli' atteggiamento da prendere verso Essad pascià, nel frattempo autoproclamatosi re d'Albania - e •nello spirito di quell'art. Vll del trattato della Triplice «fréquemment rappelé par l'Autriche pendant la guerre italo-turque». Tutto ciò esigeva un esame ponderato dell'intero problema ed escludeva qualsiasi azione isolata austriaca 2 • Insomma San Giuliano Lasciò intendere la possibilità di prendere in considerazione uno sbarco italiano a Valona per bloccare Le mire elleniche sull'Albania meridionale 3• Ma Berchtold questa volta puntò i piedi: o insieme a Scutari o l'Austria da sola, a costo di una guerra dagli sviluppi imprevedibili. Per la verità, a dispetto della sua presa di posiz.ione, il ministro degli Esteri austriaco non nutriva affatto l'intenzione di procedere sino in fondo, però la minaccia fece effetto ed il 4 maggio Nicola I del Montenegro si rassegnò allo sgombero incondizionato di Scutari. In quei primi giorni di maggio in Italia si era dato mano alle preclisposizioni per sbarcare in Albania un corpo d'armata, ma all' improvviso ordine governativo di preparare l'esigenza Z.M. («Zona Montuosa») seguì una tentennante condotta politica, un m.iscuglio di segretezza, di indecisione e di assoluta noncuranza per le necessità militari, tale da indurre Pollio a lmnentarsene con Brnsati: «lo sono all'oscuro degli accordi con l'Austria (e non dovrei esserlo) - gli scrisse il l O maggio-, né so se v'è probabilità cli intervento. Sarebbe bene, ripeto, che si procedesse ad una seria mobilitazione occulta» ". Se, infatti, l'approntamento dell' avanguardia (tre battaglioni di fanteria, uno squadrone ed una batteria) venne ordinato subito e compiuto «dissanguando» ben dieci reggimenti 5, per costituire un corpo d'armata, su due divisioni e relative truppe suppletive e servizi, di circa 45.000 uomini, occorreva richiamare una classe.

• D.D.F., 3• serie, VI, doc. 418. Oe.-U., VI, doc. 6840. ' G.P.• XXXIV/2, doc. 13244. • ACS, Archivio Brusati, b.10. ' Appunto di Brusati in data 5.5.1913, ibidem, scz. speciale, G. 9. 2


22

LA PRIMA GUER RA MONDIALE

Ma l'invio dell'avanguardia, il cui concentramento a Brindisi era stato disposto per il 5 maggio, rischiava di aver luogo andando incontro a rischi del tutto gratuiti. Giolitti e San Giuliano, non soltanto rifiutavano venisse preceduto da una ricognizione delle coste albanesi, ma non avevano ancora deciso dove effettuare lo sbarco. Inoltre, anche se Giolitti si riservava l'ordine esecutivo della partenza (era prevista dall'8 maggio in poi), la piccola avanguardia sarebbe rin1asta sola davanti alle forze di Essad pascià (almeno alcune diecine di migliaia di armati) per troppo tempo, in attesa del grosso della spedizione. Spingardi premeva ed il 4 maggio comunicò a Pollio il resoconto di un colloquio avuto con Giolitti e San Giuliano lo stesso giorno: «( ...)Egli [San Giuliano] ritiene certa l'azione del!' Austria contro il Montenegro e, dato questo, io ho insistito perché, dovendo fare un'azione parallela all'Austria, fosse da parte nostra condotta così da non sfigurare, e riuscii a strappare a Giolitti iJ consenso a sonoporrc al Sovrano il decreto di chiamata alle anni di due classi, a condizione che egli, Giolitti, ricevendolo da me per la controfimia, l'avrebbe trattenuto egli stesso sino al momento opportuno(... ). Naturalmente io ho fatto presente ai colleghi e soprattutto a San Giuliano, che. dal momento della pubblicazione della chiamata a quello della partenza in pieno assetto, sarebbero occorsi non meno di 45 giorni! Uscendo dal presidente con San Giuliano ho ancora insistilo per la mobilitazione di almeno una divisione rinforzata, 15-20 mila uomini, ed anche lui ne convell!le. In conclusione, tutti convengono, ma la gran parola sarà detta oggi» '.

L' emergenza venne meno perché iI 5 maggio l' inglese sir Grey rese noto alla conferenza degli ambasciatori che il Montenegro si era piegato. Comunque Vienna e Roma erano tanto interessate a mantenere la tranquillità in Albania da premunirsi, reciprocamente e nei confronti di terzi, con una convenzione firmata 1' 8 maggio 1913. L'accordo stabiliva, tra l'altro, che la normalità ed una regolare tendenza ad una vita pacifica dovevano rappresentare «la base principale del sistema politico della loro amichevole intesa» (art. I); che in caso di interferenze di altre Potenze, la convenzione avrebbe assunto il valore di un'alleanza (art. 2); che per raggiungere più rapidamente gli scopi anzidetti le due Parti si riservavano il diritto «di occupare di propria autorità il territorio di Albania che esse hanno diviso, a questo punto di vista, in due parti uguali» (art. 3). La delimitazione delle sfere d 'influenza sarebbe stata definita da una speciale commissione sulla base del criterio: nord all'Austria e sud all.'Italia 2• Qualche settimana più tardi, il 30 maggio, la conferenza degli ambasciatori riuscì a portare a termine le trattative, interrotte dai turchi il 30 gennaio 1913 in seguito al rovesciamento del governo ottomano e riprese soltanto in aprile per le insistenti sollecitazioni delle Grandi Potenze. Il trattato di Londra lasciava alla Ttu·chia europea soltanto la testa di ponte di Istanbul e decideva la nascita del-

'ACS, Archivio Brusoti, b.10. ' M. MAZZETl"I, L'esercito italiano nella Triplice Allea11zt1 cit., doc. 26, pp. 535-536.


1.L MOMENTO STORICO

23

l'Albania indipendente, pur riservando alle Potenze l'indicazione dei suoi confini. Finita la crisi di Scutari e chiusa la conferenza della pace, si aprì la crisi serbo-greco-bulgm·a. Nella notte sul 30 giugno le truppe bulgare, su ordine diretto del re Ferdinando ed all'insaputa dello stesso governo bulgaro, iniziarono senza preavviso le ostilità contro greci e serbi. Nella mente di Berchtold c'era l'intenzione di fare della Bulgaria lo Stato da contrapporre alla Serbia, perciò egli aveva in precedenza cercato di allettarla, ponendo l'accento sulla convergenza degli interessi rispetto alla Serbia e facendo intendere che avrebbe potuto contare sull'appoggio concreto austriaco, ove però si' fosse mostrata disposta a concedere compensi alla Romania. Clausola, questa, nettamente rifiutata da Sofia. Allo scoppio della nuova guerra, dunque, Berchtold si trovò a prendere in esame l'eventuale, anche se reputata altamente improbabile sconfitta bulgara. A tale evenienza «noi non possiamo assistere con le braccia incrociate - telegrafò il 4 luglio agli ambasciatori austriaci a Berlino ed a Roma -. Saremmo costretti ad intervenire attivamente per evitare un eccessivo rafforzamento della Serbia» e soprattutto nel caso di un ipotetico crollo militare della Bulgaria. Per scongiurare drammatiche ripercussioni europee, la Germania era in sostanza pregata di far capire alla Romania, che intanto aveva mobilitato il proprio esercito, la necessità di astenersi da qualsiasi atto contro la Bulgaria. Quest'ultima, infatti, o sarebbe stata travolta ed allora l'Austria-Ungheria sarebbe stata costretta ad entrare in campo, oppure avrebbe chiesto subito aiuto alla Russia, che certo non si sarebbe fatta pregare 1• Bethmann-Hollweg cercò di risolvere l' imbarazzante situazione con suggerimenti non molto fondati. Rifuggiva dall'esercitare pressioni sulla Romania per evitare che, urtata, si rivolgesse alla Russia; il ricercare l'amicizia della Bulgaria era a suo giudizio «una chimera» cosicché appariva di gran lunga prefe1ibile tenere la Romania agganciata alla Triplice; la Bulgaria doveva assolutamente ricercare un'intesa con la Roma1ùa per essere in grado di battere Serbia e Grecia; la lotta tra Bulgaria e Serbia tornava a tutto vantaggio dell'Austria, perché si sarebbero indebolite entrambe. Insomma l'Austria, che d ' altronde aveva già ottenuto dalla conferenza degli ambasciatori risposta favorevole alla sua politica autiserba e vista saltare l'intesa balca1ùca, non possedeva motivi obiettivi per gettarsi in ùùziative militari avventate. Ad ogni buon conto, poiché queste avrebbero potuto toccare interessi vitali tedeschi, sarebbe stato opportuno che Vienna informasse Berlino prima di prendere decisioni del genere i .

1 2

Oe.-U., VI, doc. 7612. G.P., XXXV, doc. 13490 e Oe.-U., VI, doc. 7645 e 7646.


24

Li\ PIUMA GUERRA MONDIALE

A Roma San Giuliano, informato del punto di vista di Betbmann-Hollwcg, I' 11 luglio affrontò l'ambasciatore Merey. Aveva già discusso della questione con Giolitti e si erano trovati d ' accordo per chiarfre senza mezzi termini la posizione dell'Italia'. Secondo il rapporto di Merey, San Giuliano dichiarò che l'Italia non poteva concordare su un intervento armato austriaco; che un'azione del genere non era c lassificabile come «difensiva» sotto alcun aspetto; che la responsabilità di un gesto di rottura sarebbe ricaduta esclusivamente sull'Austria; che, infine, la Triplice Alleanza rimaneva fuori causa, risultando indubbio ed espiicito il suo carattere difensivo. «Ma dove andrebbe il carattere difensivo del trattato - aveva osservato San Giuliano - se uno degli alleati fosse libero di creare il casus.foederis con un'operazione militare offensiva, la quale provocherebbe una reazione certamente prevedibile del gruppo delle altre Potenze? L'Italia, insomma, avrebbe fatto la sua parte soltanto di fronte ad un obbligo nettamente definito dal trattato» 2• È importante anche il colloquio avuto il 19 lug lio da San Giuliano con Flotow, l'ambasciatore tedesco. In esso il nostro ministro degli Esteri riconobbe che «si offre [all'Austria] una volta ancora, e forse per l'ultima volta, l'occasione di ritornare su ciò che è stato trascurato al lo scoppio della prima guerra balcanica», tuttavia «nessun gabinetto italiano potrebbe in simil guerra, che senza dubbio sarebbe guerra offensiva, pensare ad intervenire militarmente a fianco del! ' Austria» . In questo la posizione italiana era differente da quella tedesca, giacché, a quanto ammesso con franchezza dal segretario di Stato agli Esteri, von Jagow, la Germania, se non fosse riuscita a trattenere l'Austria dal muovere guerra, si sarebbe sentita obbligata a porsi a fianco dell'alleata 1. Gli eventi, intanto, procedevano celermente. Dopo le prime vittorie serbe e greche, l' 11 luglio la Romania entrò in Dobrugia ed il 13 la Turchia riprese le armi marciando su Adrianopoli. Finalmente il 10 agosto, dopo convulsi contatti e nonostante ripetute ripicche fra le Potenze, si arrivò alla pace di Bucarest, che assegnò a Serbia e Grecia la maggior parte della Macedonia e della Tracia; alla Romania la Dobrugia meridionale ed alla Turchia Adrianopoli. La vinta Bulgaria e la delusa Turchia serbarono vivo rancore contro le Potenze dell'Intesa. Ma chi veramente uscì sconfitta a Bucarest fu l'Austria-Ungheria: essa subì una vera disfatta diplomatica. La dichiarazione ufficiale di Vienna, che si riservava di chiedere la revisione del trattato, cadde nel vuoto davanti al diniego del le altre Potenze, Russia com-

' Giolilli, assente da Roma, aveva risposto a San Giuliano il 9 luglio: «Se Austria interviene contro Serbia, è evidente che non si verifica il ct1s11sfoederis: è un 'azione che essa compie per proprio conto, perché non si tratta di difesa, nessuno pensando ad allaccarla. È necessario che ciò sia dichiarato all' Austria nel modo più formale ed è da augurarsi azione della Germania per diss uadere Austria dalla pericolosissima avvcn1ura» (G. G101.m1, Memorie della mia vita cit., p. 312). ' Oe.-U .. VI, doc. 7747 e 7748. 1 G.P., X.XXV, doc. 13568.


IL MOMENTO STORICO

25

presa, e, per di più, incontrò il freddo dissenso tedesco, posto platealmente in evidenza dalle simpatie manifestate da Guglielmo II a re Carol di Romania. Nonostante i suoi propositi e le sue minacciose affermazioni, Berchtold era costretto a vedere l'affermarsi di una Serbia ingrandita e più temibile di prima. In realtà, le sue erano state dichiarazioni velleitarie, non sorrette né da convinzione né da fermezza. Si stavano appena affievolendo le delusioni di Bucarest, quando, all'improvviso, scoppiò una quarta crisi balcanica. Il 20 settembre, nella zona albanese tuttora presidiata dalle truppe serbe, divampò una rivolta contro gli occupanti, che si estese presto sino a Dibra. La Serbia pose subito mano a preparativi militari per stroncare il moto, ma anche, come lasciò chiaramente intendere, per una penetrazione in Albania al fine di rioccupare, a dispetto delle determinazioni della conferenza di Londra, numerose posizioni considerate d 'importanza strategica. A Vienna si agitavano diverse correnti. L'arciduca Francesco Ferdinando era contrarissimo ad attaccare la Serbia ed a correre l'inevitabile rischio di un confronto con la Russia; accm·ezzava, invece, il disegno di inglobarla sì da costituire il terzo polo slavo nell'impero asburgico. Intendeva, poi, coltivare l'amicizia con la Romania per non staccarla dagli Imperi Centrali e considerava infida la Bulgaria. Gli ungheresi erano ostiJissimi proprio al terzo polo slavo e quindi rifiutavano l'idea di assorbire la Serbia. Conrad non desisteva daJ proporre l' eliminazione del bubbone serbo. Francesco Giuseppe, vecchio e stanco, non sarebbe stato contrario per principio al po.lo slavo, però soprattutto rifiutava di lasciarsi trascinare in un conflitto. Berchtold, pur riconoscendo assillante il problema serbo, non trovava l'energia necessaria ad assumere un ben definito indirizzo politico. Di fronte ai propositi, apertamente ammessi, dal governo di Belgrado, il 27 settembre Berchtold comunicò a Berlino, a Roma ed a Bucarest l'intenzione di compiere ufficialmente un passo «amichevole ma urgente» per indurre la Serbia a rinunci,u-e alle sue veUeità 1• Poi parlò con Conrad, accemrnndo all'opportunità di una occupazione intimidatoria, ma temporanea, della città di Sabac, ad ovest della capitale serba. Conrad naturalmente disapprovò l' idea e prese la palla al balzo: «era l'occasione per mettere finalmente ordine laggiù [Serbia e Montenegro]. Un ultimatum, e se entro ventiquattr'ore non sono usciti dal!' Albania, mobilitazione!» . M a Berchtold esitò: tra la diramazione dell'ordine di mobilitazione e l'inizio delle operazioni sarebbero intercorse tre settimane, il che avrebbe consentito alle Potenze di intromettersi 1 .

' Berchtold a Storck, ministro austriaco a Belgrado, in data 14. IO. 1913, Oe.-U., vn,doc. 8727, 8738, 8743. 1 F. CONRAD, Aus meiner Dien.m.eit cit., lll, pp. 443-444.


26

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Dopo due consigli dei nùnistri, del 3 e del 13 ottobre, che in pratica si ridussero a porre una volta di più a confronto i diversi orientamenti sul problema serbo, Berchtold fece chiedere al governo di Belgrado di arrestare i preparativi per la penetrazione in Albania e di ritirare le truppe già in territorio albanese. In caso contrario, avvertì, l'Austria era decisa «ad assicurare con tutti i mezzi che ci sembrano opportuni il rispetto incondizionato delle decisioni di Londra» ' . Il 15, poi, si rivolse alle alleate, informandole che, qualora «contro ogni aspettativa» la Serbia non avesse accolto l'invito, il governo l. e R. si sarebbe sentito obbligato a prendere misure coercitive 2. Però all'ambasciatore tedesco disse anche qualcosa di diverso. Non soltanto prospettò la probabilità che la risposta serba fosse negativa, ma aggiunse che in tal caso avrebbe inviato un ultimatum e, davanti ad un rinnovato rifiuto, sarebbe andato avanti «fino all'estremo» con il consenso dell' imperatore. E manifestò la piena fiducia che la Germania «si porrebbe moralmente con fem1ezza al fianco dell'Austria-Ungheria, poiché prevedibilmente si tratterebbe solo di appoggio morale, né Russia né Francia volendo la guerra» 3• 11 presidente del Consiglio serbo, Pasié, rispose proprio quel giorno, con un atteggiamento pressoché di sfida: aveva già dato ordine ai reparti serbi di arrestare la penetrazione in Albania, ma si riservava di richiamarli indietro a seconda degli sviluppi della situazione. Inoltre fece capire che attendeva con tranquilla certezza la revisione dei confini albanesi, beninteso a favore della Serbia•. Indispettito, Berchtold telegrafò immediatamente a Berlino: questo modo di fare costituiva la prova palmare della non intenzione serba cli mantenere gli impegni ed il governo austriaco, con l'approvazione dell'imperatore, era deciso a pretendere l'osservanza delle determinazioni di Londra 5 • La risposta tedesca fu incoraggiante: «( .. .) negli sforzi diretti ad assicurare un'Albania autonoma stiamo fermamente dietro aU' Austria-Ungheria e ordiniamo ali' incaricato cli affari a Belgrado di appoggiare energicamente il passo austriaco» 6, cosicché Berchtold fece pervenire a Pas ié una secca nota verbale: «( .. .) Invero l'ordine che ingiunge alle truppe serbe di arrestare la loro marcia non potrebbe esser considerato come su l"ficiente. È indispensabile agli occhi del governo l. e R. che il governo serbo proceda al richiamo immediato delle tnippe che hanno oltrepassato la frontiera stabilita dalla conferenza di Londra e che per conseguenza occupano territori apprutenenti ali' Albania. O governo !. e R. si compiace di sperare che il governo serbo non tarderà a procedere alla evacuazione integrale del

' Berchtold a Storck in data 14. 10. 1913, Au.-U., VII, doc. 8828.

' Oe.-U., VIl, doc. 8837. ' G.P., XXXVl/1 , doc. 14160. • Storck a Serchtold in data 15.10.1913, Oe.-U., Vll, doc. 8834 e 8835. ' Oc.-U., VII, doc. 8847. • G.P., X.X.XVI/I , doc. 14162.


IL M011ENTO STORICO

27

territorio albanese nel tenni ne di otto giorni. In caso contrario il governo I. e R. si vedrebbe, con suo grande dispiacere, nella necessità di ricorrere ai mezzi adatti ad assicurare il compimento della sua richiesta» '·

Non a torto Grey commentò che «presentare, come faceva l'Austria, un ultimatum alla Serbia e poi chiedere l'approvazione alle Potenze equivaleva, in un certo senso, a presentare l'ultimatum a queste Potenze» 2• Infatti Gran Bretagna, Francia e Russia deplorarono il passo di Berchtold. San Giuliano non aveva creduto all'imminenza di un ultimatum, cosicché rimase esterrefatto quando seppe dal segretario generale De Martino che alle 18 del 18 ottobre (sei ore dopo la consegna dell'ultimatum a Belgrado) l'incaricato d'affari ~ustriaco, Ambrozy, gli aveva presentato un telegramma di Berchtold, con cui, riepilogati i precedenti, partecipava che «il governo I. e R. si vedeva nella necessità di prendere in mano la soluzione degli interessi della pace» 3• La reazione italiana fu confusa e contradditoria, a dir poco. De Martino il 19 ottobre disse ad Ambrozy che «se non poteva trovare opportuno il modo e le forme[= dell'Austria-Ungheria] procedimento, l'Italia a suo avviso doveva dimostrare di essere al fianco della sua alleata)) 4. San Giuliano, rientrato a Roma da una breve assenza, dichiarò ad Ambrozy che «era stato molto sgradevole trovarsi posto inaspettatamente dinanzi ad una situazione talmente seria». E, siccome il rappresentante austriaco fece notare che anche l'Italia aveva mancato di infom1are tempestivamente le alleate per l'impresa di Tripoli, San Giuliano replicò che «quella guerra non creava il casus foederis, il quale invece poteva sorgere nella situazione odierna ed avrebbe costretto l'Italia a mantenere fedelmente i suoi obblighi» )_Frase.quest'ultima ass,ù infelice, rilevò Albe1tini, e difatti «in circostanze perfettamente analoghe lo stesso San Giuliano negò, nove mesi dopo, che rico1Tesse per noi il casus foederiS )) 6. Che le circostanze del luglio 1914 fossero «perfettamente analoghe» a quelle dell'ottobre 1913 era probabilmente discutibile, comunque San Giuliano non si espresse con l'inequivocabile chiarezza usata con Merey l' 11 luglio precedente, in occasione della seconda gue1Ta balcanica. Peggio ancora, il 21 indicò con compiacimento ad Ambrozy un articolo favorevole all'Austria, scritto dal suo gabinetto e pubblicato da Il Popolo Romano, con il conseguente errato convincimento del diplomatico austriaco che

' Berchtold a Storck in data 17.10.1913, Au.-U., VLI, doc. 8850. ' B.D., X/1, doc. 43. 3 Oe.-U., VII, doc. 8854. Albenini rilevò che nel luglio 1914 si ripeteranno le circostanze di quell'ottobre 1913: assenza di San Gi uliano da Roma e consegna dell' 11/tima.tum al segretario generale del ministero degli Esteri dopo la presentazione del documento a Belgrado (L. Au1ERTINI, Le origini della guerra del 1914 cit., p. 503). ' Ambrnzy a Berchtold in data 19.10.1913, Oe.-U., Vll, doc. 8875-8887. ' Ambrozy a Berchtold in data 21.10.1913, ibidem, Vl, doc. 8888. • L. ALBERTINI, Le origini della guerra del 1914 cit., p. 503.


28

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

«il governo italiano, nonostante la situazione diffic.i le in cui riteneva di trovarsi di fronte a noi, vuole serbarsi fedele alla politica del la Triplice Alleanza» '. La tensione si stemperò di colpo sin dal 19 ottobre, quando Belgrado - resasi conto del proprio isolamento e del fatto che anche la Russia, che pure aveva sempre incoraggiato l'irredentismo serbo, non era disposta a tirar troppo la corda - ordinò alle truppe di ripiegare entro i confini stabiliti a Londra. A mezzogiorno del 25 il movimento era compiuto e la crisi si chiudeva.

3. LA CRISI EUROPEA DEL 1914 111914 vide addensarsi Je nuvole. In Europa l'inevitabilità di una guerra generale era più o meno avvertita e temuta da tutti, ma non considerata veramente imminente. L'elemento nuovo sorto ~ùla fine del 1913 riguardò la missione affidata al generale tedesco Liman von Sanders in Turchia. Yon Sanders, coadiuvato da una quarantina di ufficiali tedeschi, ricevette dalla Porta il compito di 1iordinare ed addestrare l'esercito ottomano e per di più assunse il comando del I corpo d'armata di Costantinopoli. Sazonow, ministro degli Esteri rnsso, protestò che la capitale turca, punto principale della famosa ferrovia Amburgo-Bagdad, era così destinata a diventare «il centro di distribuzione dell'enorme movimento commerciale» generato da quella linea ferroviaria e che Liman avrebbe non soltanto provveduto ad organizzare l'esercito turco, ma addirittura a <<gettare le fondamenta della dominazione germanica sull'.impero ottomano» 2 • Anche Gran Bretagna e Francia erano contrariate. Secondo il ministro degli Esteri francese, Pinchon, l'insediamento di Liman von Sanders a Costantinopoli «equivarrebbe a mettere il corpo diplomatico che risiede a Costantinopoli sotto la guardia della Germania; significherebbe presso a poco consegnare a questa Potenza la chiave degli Stretti; equivarrebbe a rendere possibili al generale tedesco interventi tali da attentare gravemente alla diretta sovranità del Sultano; significherebbe rompere l'equilibrio delle Potenze che è la garanzia dell'impero ottomano» ! 3• Si trattava allora di ottenere dalla Turchia che, quanto meno, venisse revocato a von Sanders il comando del I corpo d'armata. Ma se Berlino sarebbe stata disposta a far assegnare al generale il corpo d'annata di Adrianopoli, il governo turco rifiutò categoricamente l'intrusione delle Potenze nelle sue questioni interne. Per la verità, la posizione di von Sanders era molto simile a quella rivestita dall'ammiraglio inglese Limpus nei confronti della flotta turca, ma Sazonow si impuntò ed il 5 gennaio 1914 presentò allo Zar un memoriale in cui suggeriva

' Ambrozy a Berchtold in data 21.10.1913, Oe.-U., VII, doc. 8888 cit.

' L. ALBERTINl, Le origini della guerra del 1914 cii., I, p. 564. ' D.D.F., 3° serie, VJJJ, doc. 544.


JL MOMENTO STORlCO

29

che, per l'allontanamento del generale tedesco «il mezzo [politicamente] più sicuro s[u-ebbe l'occupazione simultanea, da patte della Francia, della Russia e dell'Inghilterra, di certi punti dell'Asia Minore, con la dichiarazione che queste tre Potenze vi resteranno finché le loro domande non saranno soddisfatte». Se, come possibile, la Gennania avesse compiuto qualche passo attivo, il risultato sarebbe stato «il trasfeiimento del problema sulla nostra frontiera dell' ovest con tutte le conseguenze che ne derivano» 1• Cioè, la guerra! I propositi di Sazonow piima trovarono un freno in sede di conferenza governativa e subito dopo rientrarono perché la Germania, volendo consentire una soluzione pacifica e senza rutare il prestigio turco, promosse Li man von Sanders feldmaresciallo, il che provocò analoga promozione nell'esercito ottomano e, automaticamente, l'abbandono del comando del corpo d'a1111ata. Von Sanders rimase ispettore generale del!' esercito turco. Ma Sazonow conservò un rancore personale nei confronti ciel governo tedesco, rancore che fra qualche mese avrà un ce1to peso. Sino alla primavera del 1914 la politica balcanica delle Potenze Centrali ruotò sui rapporti con la Romania e la Bulgaria con atteggiamenti contraddittori, superficialità di giudizi, incertezza cli linea eia seguire e gaffes a ripetizione di Guglielmo II. Si affacciò però all'attenzione delle cancellerie europee un altro argomento che riclùedeva esame e riflessione: la prevedibile unione politica tra Serbia e Montenegro sotto la corona dei Karadjordjevié, sia pure in modo graduale. La Russia si maiùfestava favorevole perché ostile al governo montenegrino, che accusava di trescare con l'Austria, e perché la fusione avrebbe sbai·rato la strada di Salonicco alle mfre austriache; la Germarùa era anch'essa favorevolissima; l'Italia non aveva intenzione di opporsi ad un evento considerato più che naturale; Francia e Gran Bretagna giudicavano impossibile impedire una unione resa necessaria dalla drammatica situazione finanziaria ciel regno montenegrino. L'Austria, dal canto suo, avanzava molte riserve, come d'altronde intuibile. Berchtolcl si era col tempo rassegnato alla indesiderata fusione, fenno restando l'assoluto veto ali' affacciarsi serbo sull'Adriatico, quindi la breve costa montenegrina doveva passare all'Albania ed il Lovcen, la montagna che sovrastava Cattaro, all' Austiia. Inoltre la Serbia avrebbe dovuto cedere Istip e Kocani, in Macedonia, alla Bulgaria e Djakova e Prizrencl, nel Kosovo, all' Albania. Tsclùrsky, ambasciatore tedesco a Vienna, gli chiese il 23 aprile: «se credeva che la Serbia, con la Russia al fianco, si sarebbe lasciata respingere una seconda volta dal mare senza prendere le armi. Egli rispose che la Russia aveva tante volte dichiarato di non potere e non volere prendere le armi per gli interessi serbi, che poteva ritenere che la Serbia, lasciata a se stessa, non avrebbe fatto giungere la situazione a punti estremi. Feci inoltre osservare al ministro che avevo motivo di credere che a Roma non si tollererebbe che la Monarchia venisse a con-

'L.

Al.BERTJKt, Le origini della guerra del 1914 cit. , l, p . 569.


30

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

finare con l'Albania. Berchtold trovò queste pretese del! 'Italia veramente troppo spinte, e le designò addirittura "infantili". Io gli feci tuttavia presente che a tirar fuori le questioni <li lstip, Kociana, Prizrend e Giacova si sarebbero chiamati in causa tutti gli Stati balcanici e le Potenze» 1•

Nel marzo 1914 Giolitti, resosi conto di non aver più il pieno controllo della politica interna, si dimise. Subentrò Salandra, conservando San Giuliano agli Esteri. Dal 14 al 18 aprile San Giuliano e Berchtold si incontrarono ad Abbazia. I colloqui ebbero carattere praticamente interlocutorio. San Giuliano, pur essendo contrruissimo alla contiguità territoriale fra Austria ed Albania, invece di avvertire che l'Italia non l'avrebbe tollerata si mostrò disponi.bile ad un accordo. Però chiese che il suo interlocutore formulasse proposte concrete e che queste impegnassero anche i suoi successori. Berchtold non volle naturalmente legare le mani al governo austriaco, perciò eluse la richiesta e si limitò a replicare che il problema rendeva necessario uno studio più approfondito. Il convegno, in sostanza, si chiuse con diffidenza e scarsa soddisfazione da ambo le parti. Del Lovcen, Berchtold non fece cenno. Probabilmente perché ricordava una conversazione avvenuta a Roma a fine dicembre 1912, nel corso della quale San Giuliano, venuto a conoscenza di un sondaggio inteso ad offrire al Montenegro Scutari in cambio del Lovcen, aveva approfittato per dichiarare a Merey che I' occupazione del Lovcen avrebbe alterato in modo determinante l'equilibrio nel1' Adriatico a tutto danno dell'Italia. Peraltro, invece di proclamru·e l'inaccettabilità del Lovcen in mano austriaca, come sarebbe stato naturale, si era richiamato all'art. VII del trattato della Triplice, sostenendo che «sorgeva dunque per l'Italia il diritto ad un compenso che non si poteva trovare nei Balcani stessi» 2• Ovvia l'allusione al Trentino. La questione del Lovcen tornò alla ribalta i primi di luglio 1914. L'ambasciatore tedesco Flotow indicò a San Giuliano il pericolo di un colpo di mano effettuato dall'Austria contando sull'assenza di un' opposizione armata da parte montenegrina, serba e russa, ed il ministro si affrettò a replicare che <<l'Italia non potrà mai consentire ali' acquisto del Lovcen dall'Austria, a meno forse della cessione all'Italia di ten-e italiane appartenenti oggi all'Austria». Avendo Flotow escluso tale possibilità, San Giuliano avvertì che in questo caso «l'Italia, nella questione del Lovcen, prenderà atteggiamento risolutamente contrario ali' Austria e forse giungerà alla guem1». Allora l'ambasciatore stemperò la conversazione, dicendo che, pur essendo molto improbabile, la cessione non poteva ritenersi del tutto impossibile «in cambio di un programmato ed efficiente appoggio, forse anche militare, dell' Italia all'Austria» 3 •

' G.P., XXX.VllI, doc. 15546. ' L. ALBERTINI, Le origini della guerra del 1914 cit., pp. 532 e 544-545. ' San Giuliano agl i ambasciatori a Vienna, Berlino, Pietroburgo, Cetinje e Belgrado in data 9.7.191 4, D.D.l., 4" serie, Xli, doc. 124.


IL MOMENTO STORICO

31

Il governo tedesco era diventato guardingo. Secondo Bethmann-Hollweg si rendeva necessario «un chiaro discorso a Vienna, che comincia ad emanciparsi troppo da noi in tutta la sua politica e secondo me deve essere fermata in tempo» 1, tuttavia nelle istruzioni che impartì a Tschirsky, se invitava l'Austria a mettersi d'accordo con l'Italia, concordava col disegno austriaco di assegnare la costa del Montenegro all'Albania e taceva sul Lovcen, il nodo principale del contrastro italo-austriaco. Fra Roma e Vienna i rapporti stavano peggiorando. I decreti Hohenlohe della fine agosto 1913, per i quali il comune di Trieste era stato costretto ad allontanare molti impiegati italiani dalla pubblica amministrazione, avevano suscitato aspri risentimenti nella penisola, tanto che, al termine del convegno di Abbazia, si verificarono manifestazioni ostili nel Veneto ed in quasi tutte le università italiane. In questa situazione di attrito diplomatico si innestò direttamente l'ennesima crisi balcanica. Il 17 marzo era sbarcato a Durazzo il principe Guglielmo di Wied, proclamato re d'Albania, con capitale a Durazzo. Non era per certo all'altezza delle circostanze e quasi subito, mentre ovunque si accendevano disordini locali, si aprì una rivalità neanche troppo velata fra Vienna e Roma per l'appoggio da fornire al principe. A metà maggio scoppiò una vera e propria insurrezione nel!' Albania centrale e Berchtold accusò aspramente il barone Aleotti, nostro rappresentante a Durazzo, di soffiare sul fuoco dei tumulti per creare una situazione di tale anarchia da favorire un'occupazione italiana. Nel frattempo, Francia e Russia si davano da fare per calmare gli antagonismi nei Balcani, cercando in particolare di attirare la Romania nel campo dell'Intesa. Questo comportava per Vienna un riesame della politica semifallimentare sino allora seguita. Sin dal 16 gennaio 1914 Conrad aveva biasimato, in una lunga memoria, lo «scandaloso» attacco della Romania alla Bulgaria nel corso della seconda guerra balcanica, e proseguito la disamina della situazione in questi termini: «Simile voltafaccia della Romania e il non avvenuto regolamento dei conti con la Serbia ed il Montenegro sono, secondo me, il maggior danno che risulti alla Monarchia dall't1ltima crisi balcanica, danno che non è stato minimamente scemato dagl i apparenti, temporanei successi diplomatici ottenuti con la creazione del!' Albania, lo sgombero di Scutari e il ritiro delle truppe serbe(... ). Le vicine Serbia e Romru1ia sono peitanto divenute le più pericolose nemiche dell.1 Monarchia, e trovano in ciò l'appoggio di Rt1ssia e Francia. La Triplice Intesa ha così acquistato una preponderanza che si esprime prima di tt1tto nel rapporto delle forze militari, ma che in parte non piccola consiste anche nel fatto che questa Intesa include lo Stato finanziariamente più forte, e perciè1 innuente, ossia la Francia. Si può già dire in linea preventiva che in una costellazione di Francia, Russia, Romania, Serbia e Montenegro da una parte, e Austria-Ungheria, Gennania e Italia dall'altra, la preponderanza militare, non solo riguardo alle cifre, ma anche alla posizione geografica, sta dalla parte dell'Intesa,

' G.P., XXXVIII, doc. 15549.


32

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

ed è soprattutto l'Austria-Ungheria che all' inizio di una guerra con questa costellazione avrà da portare il peso più grave. Ciò si verifica già nel caso di un contegno puramente neutrale della Romania, mentre un intervento guerresco della Romallia contro la Monarchia determinerebbe una p(eponderanza molto pericolosa dalla parte dei nemici di quest'ultima» '.

Sei mesi più tardi, il 22 giugno, Conrad presentò a Berchtold un nuovo promemoria, 1ichiamandosi per l'appunto a quello del 16 gennaio. Questa volta però la conclusione fu preoccupante: «Il CO(SO degli avvenimenti politici, qui bre vemente tracciati, ha condotto a questo, che la Monarchia onnai è circondata alle sue fronti nord-est, sud e sud-est da nemici aperti ed aggressivi e che perseguono scopi positivi (Russia, Romania, Serbia e Montenegro). Ha a sud-ovest un alleal.o infido (Italia) e solo al confine nord-ovest ha un alleato fidato, il quale tuttavia è minacciato da due potenze vicine (Russia e Francia) a prescindere completamente dal!' Inghilterra»'.

Il 28 giugno l'arciduca Francesco Ferdinando veniva assassinato a Sarajevo.

* * * Sullo sfondo ciel panorama europeo cresceva la corsa agli amrnmenti che eia un paio d ' amù stava assìllando i governi. In Italia le dimissioni dì Giolitti aprirono una crisi governativa (10-19 marzo al termine della quale vem1e discusso il programma dei provvedimenti intesi a migliorare le condizioni dell'esercito fra Salandra, nuovo presidente ciel consiglio, il generale Pon:o, designato a succedere a Spingardi, anch'egli clìmìssionario, ed il nuovo mi.iùstro del Tesoro, Rubini. Pollìo, con un appunto ciel 20 marzo, spiegò che da un fabbisogno calcolato a più dì un mifou·do per le spese straordinarie .1 e ad un centinaio dì milioni annui di aumento per le spese ordinaiie - fabbisogno proporzionato allo scopo cli porre l'esercito italiano in grado di essere comparativamente all' altezza delle forze militari delle altre Potenze, ma insostenibile per il bilancio italiano - era spontanetunente sceso ad un programma di riordinamento (5 dicembre 1913), basato su una spesa ordinaria di 85 milioni annui e straordinaria di 550 milio1ù. Peraltro, nello stesso documento indicò alcune alternative, proprio considerando la situazione finanziaria del paese. In sostanza, offriva al governo la scelta fra tre programmi:

'F. CON RAD, Aus meiner Die11s1zeir cit., III, pp. 778-780.

'Ibidem, lll, pp. 696-697. ' Erano stati prevenli \'ati: 615 milioni per l'attuazione dell' intera organiuazione difensiva p(Oposta; 230 per la sistemazione del!' appa.rato logistico (servizi di campagna e dotazioni); 48 per I' acquisto di terreni per l'addestramento della !(lippa, ecc. Si era rinunciato a comprendere, per evidenti motivi finanziari, le spese relative alle necessità ferroviarie per la mobilitazione, quelle per rendere stabili le unità di milizia mobile, per aumentare il numero dei quadri, per incrcmenta(e le aiiiglierie, ecc.


IL MOMENTO STORICO

33

Spese straordinarie

Aumenti annuali e spese ordinarie

550 milioni 475 milioni

85 milioni 70 milioni 58 milioni

programma massimo . . . . . . programma ridotto . . . . . . .. programma minimo ......

402 milioni

Il progranuna, qualunque fosse il prescelto fra i tre indicati, avrebbe dovuto 1icevere attuazione nel quadriennio 1914-18. Spingardi aveva accolto il programma minimo, aggiungendovi però il completamento di quello precedente del 1909-13 (circa 75 milioni) ed altre esigenze nel frattempo apparse necessruie ed indifferibili (ulteriori 1.16 milioni). Complessivamente si arrivava a 600 milioni per la prute straordinaria e 85 per l'ordinaria. Considerato il cambiamento di governo, tenuto conto delle ingenti spese per la Libia, ed in seguito ad un lungo colloquio con il ministro del Tesoro dimissionario sulla situazione del bilancio statale, Pollio indicò allora un programma «ultraminimo»: 198 milioni di spese straordinarie ed un aumento per quelle ordinarie crescente in un triennio da 10 a 35 milioni '. Il triennio 1914-17 doveva rappresentare un necessario periodo di transizione. Non appena sistemata la Libia e migliorata la situazione finanziaria, sarebbe stato preparato un programma più organico. Il generale Porro si dichiarò favorevole al programma scelto da Spingardi, con relativo impegno governativo per l'intera somma, ma avendo Salandra consentito soltanto lo stanziamento straordinaiio di 198 milioni chiesti da Pollio come fabbisogno «improrogabile», Porro rifiutò l'incarico ed il 24 marzo il generale Grandi fu nominato ministro della Guerra. Salandrn commentò il gesto di Porro con queste parole: «Così avessero fatto più spesso i militari chiamati a.i supremi uffici. Avrebbero detenninato nel Paese, e in noi parlamentari, un diverso stato d'animo circa la necessità di provvedere all'esercito» 2• Il discorso meriterebbe una lunga digressione sulle responsabilità del presidente del Consiglio e sui rapporti tra politici e militari in ambito governo (ma si dovrebbe allargare la disamina ai ministri preposti ai dicasteri «tecnici»). Ci limiteremo a due considerazioni. Anzitutto la persistenza di una illogica, quanto netta, separazione fra politica estera e preparazione militare chiaramente emersa in occasione dell'impresa di Tripoli e della poi sfumata spedizione in Albania - sì da stupirsi che non venisse avvertito dal governo come «mentre per un verso la tensione politica può consigliare l'adozione di particolari misure di protezione, per contro tali misure possono fru· precipitare la crisi e rendere inevitabile quella guerra che non si voleva» 3 •

'AUSSME, Fondo Ufficio Ordinamento e Mobili1azione, racc.12. 'ANTONIOSALANDRA, La neutralità italiana ( 1914), Mondadori, Milano 1935, p. 257. ' ROBERTO BENCJYENGA, Saggio

ma 1929, p. 26.

critico sulla nostra guerra, l, Il periodo della neutralità, Ro-


34

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

In secondo luogo, Salandra, pur sostenendo di avere per le questioni militari «la sensazione, sempre più viva e preoccupante, della loro somma importanza» 1, all'atto pratico dimostrò che nel suo spirito il rifiuto di Porro non provocò alcun ripensamento. Ed egli stesso amnùse che in quel momento dette priorità alle esigenze del bilancio in disavanzo e timoroso dell'opposizione parlamentm·e come degli umori della piazza 2• Volle peraltro parlare con Pollio, al quale chiese «un riassunto della situazione reale e dei provvedimenti indispensabili, tenendo anche conto del continuo incremento degli eserciti stranieri» 3 • Il 30 marzo ricevette il documento dal titolo «Cenni sui provvedimenti indispensabili per migliorare le attuali condizioni dell'esercito» •. Per quanto il memoriale di Pollio fosse redatto tenendo presente il «punto di arrivo» dei piani degli altri eserciti appena decisi o già in atto, e quindi lasciasse effettivamente perplessi sull'efficienza dell'esercito italiano, non sembra che Salandra ne sia rimasto impressionato, giacché nel programma di governo letto in Parlamento il 2 aprile 1914, si te1Tà al riguardo molto nel generico, annunciando un preventivo «di provviste e di lavori destinati aumentare le nostre difese e l'efficienza dell'esercito nostro>> per mezzo di fondi straordinari impegnanti gli esercizi finanziari sino al 1917-18. E, siccome «è pur noto come nelle previsioni a lunga scadenza si producano inevitabili mutazioni e col procedere del tempo sorgano impellenti nuove difese», a tempo debito si riservava di «autorizzare una maggiore spesa straordinaria da ripartire in parecchi esercizi, che non supererà i duecento milio1ù» 5 • Il risultato fu che il programma «ultra-minimo» venne decurtato di altri quattro milioni e diluito in cinque anni. Naturalmente i nùglioramenti per lo strnmento militare non potevano che essere limitati. Sullo stato dell'esercito nel 1914 torneremo più tardi. Adesso merita risalto un'affermazione del documento Pollio: «le deficienze attuali non si possono considerare, ce1tamente, come diretta conseguenza della campagna libica, ma ad esse la g uerra non è stata estranea, nel senso che, durante la guerra, tutta l'attività del Ministero doveue, naturalmente, rivolgersi specialmente alle operazioni, ed a queste furo-

' A. S,\LANDR/1 , Ln 11e11tralità italiana eit., p. 250. ' Tbidem, p. 256. ; Tbidem, p. 259. 'AUSSI'vfE, Fondo Ufficio Ordinamento e Mobilitazio11e, racc. 12 (il documento è riportato anche in A. Salandra, I.A neutralità italiana cit., pp. 301-328). Alla memo1ia di Pollio è accluso un commento a penna, firmato con una sigla indecifrabile (forse Grandi?), così concepito: «lo comprendo che il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito - il quale non deve anuni.nistrare la finanza dello Stato - parli questo linguaggio, e ammetto anche [che] il suo esposto sia un desideratum al quale si dovrà un giorno giungere, ma io mi chiedo anche se oggi, dopo le spese incontrate per la Libia, si possa porre innanzi tutto integro questo programma e se non convenga invece giungervi per gradi». s A. SALANDRA, I.A newrali1à ita.lia11a cit., pp. 298-301.


IL MOMENTO STORICO

35

no dedicate disponibilità finanziarie, che, in condizioni normali, certamente l' anuninistrazionc della guerra avrebbe potuto ottenere ed impiegare per Io sviluppo dell'esercito metropolitano. L'ultimo programma organico di sviluppo dell 'esercito doveva svolgersi nel quadriennio I 909-1913. Logicamente, quindi, nel luglio I 9 I 3 avrebbe potuto e dovuto iniziarsi l'attuazione di un nuovo programma militare. In realtà, invece, le condizioni del Tesoro non permisero di farlo, ma obbligarono anzi a ripartire in esercizi successivi, sino al I 917, assegni necessari per lo svolgimento completo del programma precedente».

Pollio si adattò, cercando di dare «primaria importanza ai provvedimenti che riguardano specialmente la forza viva dell'esercito», ma elencando le «molte e gravi lacune» che sarebbero rimaste nel settore delle spese straordinarie, nonché il fabbisogno residuo di assegnazioni per le spese ordinarie 1• Le spese militari rappresentano una fonte di dati molto ricercata nell'intento di dimostrare sia l'insufficienza degli stanziamenti sia, all'opposto, la larghezza delle erogazioni. I riferimenti comparativi tra le spese sostenute dalle varie Potenze, cui volentieri si 1icorre per dimostrare l'una o l'altra tesi, pur costituendo un buon indice orientativo, non sono attendibili sino in fondo se non fra Stati di simile potenziale umano, industriale, economico e di simile 01ientamento in fatto di strategia globale. Ed il rilevare, nel bilancio di uno Stato, che i ministeri militari in un certo anno o per un determinato periodo di anni di pace, hanno fruito di fondi superiori a quelli assegnati complessivamente a due o tre o quattro altre amministrazioni statali non consente di trarre la deduzione che, per questo solo dato di fatto, le esigenze militari siano state necessariamente soddisfatte. Si può, invece, argomentare che tale onere finanziario non appare sopportabile a Lungo dal bilancio di quello Stato. In sostanza, poiché, comunque la si pensi in materia, le forze armate sono sempre state il biglietto da visita di una Potenza nei rapporti internazionali, compete a governo e parlamento la scelta, in base alle risorse del paese in senso lato, sulla politica estera da seguire: se di grande, medio o piccolo livello. E qui torna appropriato un commento di Rochat: «(. .. )i problemi dell'esercito sono strettamente connessi a quelli di tutta la politica italiana; se gli organici erano troppo grandi per il bilancio dell'esercito, malgrado questo bilancio fosse a sua volta troppo grande per l'economia nazionale, la causa pdncipale era la politica estera di potenza, che tendeva ad un'espansione senza basi adeguate, e in cui concordavano i dirigenti politici e militari; così gli errori delle gerarchie, l'impreparazione dei quadri, il peso soffocante della burocrazia, la scarsezza di materiali moderni, in una parola tutte le maggiori deficienze dell'esercito trovano un puntuale riscontro in quelle analoghe della società italiana. Non si possono quin-

'Pollio a Grandi in data 9.5.1914, AUSSME, Fondo Ufficio Ordinamento e Mobilitazione, racc. 12.


36

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

di scindere le responsabilità degli uomini politici e dei militari, espressione cli una medesima classe dirigente(... )»'. Qualunque sia l'incidenza delle spese militari sul totale dello Stato, raramente le prime potranno 1isultare «adeguate» rispetto alle esigenze 2• Non essendo obiettivamente possibile soddisfare per intero le necessità, occorrerà di volta in volta una attenta programmazione pluriennale in rapporto agli obiettivi di politica internazionale. Per rimanere al periodo in esame, è chiaro che se il programma Pollio rispondeva a reali esigenze, le assegnazioni precedenti erano state inferiori al fabbisogno. E che tale programma fosse ponderato è dimostrato dalle assegnazioni per spese straordinarie che, dopo quella del 21 agosto 1914, furono fatte in settembre, ottobre e novembre. In tutto 601 milioni: la somma chiesta da Pollio. Salandra non perse l'occasione per dire «Che avremmo dovuto fare di più e di meglio ci accorgenuno tutti, borghesi e nùlitari, quando sopravvenne il giorno della grande prova» 3 • A prescindere dalla responsabilità governativa e del Parlamento per quanto ha tratto alle assegnazioni di fondi, esistono naturalmente altri aspetti della questione che esulano dal confronto tra fabbisogno ed assegnazioni. Se, cioè, le scelte tecniche siano state appropriate, i preventivi di spesa oculati, i tempi di realizzazione commisurati al dovuto, i fondi stanziati interamente spesi, ecc. Tutti argomenti connessi con il bilancio di qualunque amministrazione statale, ieri come oggi. Corbino osservò che «le necessità della difesa erano fuori di ogni discussione, ma sorge il dubbio se i mezzi messi a disposizione delle forze annate non avessero potuto essere adoperati con maggiore discernimento, attenuando gli inutili sperperi dovuti ad errori tecnici e gli sprechi per più o meno gravi disordini anuninistrativi. La presunta infallibilità delle autorità militrui aveva fatto dei relativi ministeri delle rocche forti in cui era difficile qualsiasi controllo tecnico» ·1• Non sappiamo a quale specifico controllo tecnico alludesse Corbino, comunque ci sembra che il rimarco si ponga per qualsiasi amministrazione pubblica e che sia da dimostrare la difficoltà di controllo in regime parlamentare.

* * * L'accennata corsa agli armamenti presentò le più acute rivalità tra Francia e Germania per le forze di terra, e tra Gran Bretagna e Germania per quelle di mare.

' G. RoCHAT, L'esercito italiano nell'estate 1914 in «Nuova Rivista Storica», U, 1961, pp. 16-17. ' Non per niente Bissolati, nel 1913, parlò di «attrazione verso L'abisso dell'infinito aumento delle spese coloniali e militari» (A. Salandra, La neutralità italiana cit., p. 249). ' A. SALANDRA, La neutralità italiana cit., p. 247. ' EPICARMO CORl!lNO, Annali dell'economia italiana, V, Città di Castello 1938, p. 12, cit. in G. RoCMAT, L 'esercito italiano nell'estate 1914 cil. pp. 10-11.


IL MOMÈNTO STORICO

37

Le preoccupazioni francesi per un'aggressione tedesca che coinvolgesse il Belgio erano cominciate nel 1905, provocando due naturali conseguenze: l'affem1arsi di una concezione dell'eventuale guerra con la Germania imperniata sulla difensiva strategica, vista la netta supe1ioiità tedesca; la ricerca di una maggiore tranquillità nell'ambito dell'Entente cordiale. Prima la Francia cercò l'alleanza militare russa, già in atto ma per alcuni anni resa poco affidabile a causa della guerra con il Giappone e della rivoluzione del 1905. Finalmente il 13 giugno 1912 il generale Joffre, capo di Stato Maggiore francese, ottenne dal generale Zilinskij, capo di Stato Maggiore russo, la promessa sciitta che in caso di conflitto con la Gem1ania, la Russia avrebbe messo in campo contro questa 800.000 uomini ed iniziato l'offensiva entro il 15° giorno dalla mobilitazione. All'altra alleata, la Gran Bretagna, il governo Poincaré si rivolse a metà aprile 1912, quando venne a conoscere il fallimento dei colloqui anglo-tedeschi sulla limitazione degli armamenti navali, fallimento reso preoccupante perché alla decisione tedesca di accelerare le costruzioni navali, la Gran Bretagna replicò adeguatamente. La convergenza degli interessi portò quindi Francia e Gran Bretagna all' accordo navale del marzo 1913. In me1ito al riarmo, le vicende interne francesi erano state altalenanti a causa dell'instabilità governativa. Dopo il superamento di una profonda crisi nell'esercito, gravemente scosso da un'ondata di antimilitarismo ', nel novembre 1911, constatando il poderoso sforzo nùlitru·e tedesco, .foffre presentò al ministro Caillaux un progranuna di spese «urgentissime» per 246 milioni di franchi; nel gerumio 1912 il nuovo governo Poincaré lo ridusse ad appena 50 milioni per portarlo di colpo a 420 milioni nel successivo dicembre per la tensione internazionale. Nel marzo 19 13 il governo Briand cercò cli varare un progranuna di 924 milioni, ma fu costretto a ridurlo a 450 in seguito alla fiera opposizione del nùnistro delle Finanze. In compenso ottenne di portare la ferma a tre anni e riorganizzò «l'esercito nero» delle colonie. Con il governo Ba1thou, subentrato a giugno, Joffre avanzò un nuovo progetto di 1.400 milionj, riuscendo a vederli approvati in novembre, ma perduti un mese dopo, ad un nuovo cambiamento ministeriale (governo Doumergue). Il ministro della Guerra, Messimy, tornò alla carica e finalmente la legge fu approvata dal governo Vi vi ani a metà luglio 1914 l .

' «Des cas d'indiscipline collective se pmduisent dans la mé1ropole, dans /es coloriies, à Paris méme. Le nombre des insoumis passe ,le 1907 à 1909 de près de 5.000 à plus de 17.000» (M. WEYGAND, Histoire de l'Année française cit., p. 309). ' La legge che portava la ferma a tre anni derivò dall' intento di disporre sin dal primo momento di una più forte massa di uonùni per contrastare il grosso esercito che la Gennania avrebbe impiegato contro la Francia. Mentre le sinistre non intendevano aumentare l'organico dell'esercito permanente cd indicavano la soluzione nel richiamo dei <<riservisti» all'emergenza, i militari e le destre sostenevano che sui riservisti si potesse fare affidamento soltanto per la guanùgione di fo11ezze e per i servizi di retrovia. Il principio dominante era: «Les réserves c'esr zéro!», perciò volevano aumentare l'esercito attivo, unico considerato in condizioni di battersi in campagna e di mettere in esecuzione l'altrellanio dominante dottrina dell'offensiva ad oltranza. Fu dunque dopo tempestose discussioni che la legge venne approvata nell'agosto 1913.


38

LA PRIMA GUERRA MON DIALE

La Germania fu lo Stato in cui la pressione dei militari maggiormente influì sulla politica estera. Soprattutto la creazione di una potente e moderna marina da guerra da parte dell'ammiraglio von Tirpitz provocò nel paese una spinta di orgogliosa ambizione di rivaleggiare con la Gran Bretagna sul mare, per conquistare almeno «il diritto di interloquire» nella spartizione dei continenti e per evitare «un' esistenza da parassita» nel commercio mondiale. ll programma di Tirpitz, espresso con le leggi navali del 1905-06 e del 1908, mirava a costituire una flotta tale da dissuadere la Gran Bretagna dai rischi di un confronto armato, e non soltanto si rivelò errato nello scopo, ma raggiunse l'effetto contrario: suscitò l' aperta ostilità della Gran Bretagna e la persuase della inevitabilità di sostenere la minaccia tedesca e quindi a potenzi,u·e la propria flotta. I colloqui navali del 191 0-12, condotti da ambo le parti nel tentativo di trovare un qualche modus vivendi almeno per attenuare la pericolosa rivalità, finirono per arenarsi in parte per la rigidità del programma di costtuzioni di Tirpitz ed in parte per la sostanziale minore disponibilità della Gran Bretagna, consapevole della proprio superiorità poUtico-militare. La missione Haldane a Berlino (8-9 febbraio 1914) si concluse con un insuccesso. È vero che consenti trattative che si protrassero per oltre un mese, però erano destinate a fallire in partenza. La Gern,ania avrebbe accettato, in fondo, di limitare il proprio tonnellaggio rispetto a quello britannico, ma chiedeva in cambio che la Gran Bretagna si impegnasse alla neutralità in caso di una guerra franco-tedesca. E la competizione navale continuò '. Se Tirpitz si mostrava politicamente molto attivo, Moltke seguì l'esempio di discrezione e riservatezza di Sclùieffen, e le enormi spese per la Kriegsmari11e lo indussero ad accontentarsi di bilanci «normali». Senonché la seconda crisi marocchina, quella del «colpo di Agadir», ed il discorso tenuto da Lloyd George il 21 luglio 1910 provocarono nel governo e nell'opinione pubblica della Germania un'ondata di nazionalismo così veemente che Bethtnann-Hollweg sollecitò il ministro della Guerra, von Heeringen, a presentare una legge militare per fronteggiare i visibili progressi di potenziamento degli eserciti francese e russo. La legge militare del 1912, che prevedeva un'aumento della forza bilanciata di circa 29.000 uomini, non fu considerata che un primo passo cd il 21 dicembre di quell' anno il memoriale Ludendorff chiese un incremento di ben 300.000 uomini, da raggiungere in due anni, e la costituzione di tre nuovi corpi d'annata. La «legge del miliardo» approvata dal Reichstag nel 1913, vide cosl un aumento della forza bilanciata di 19.000 ufficiali e sottufficiali e 117.000 soldati 2• Ma la Francia aveva già adottato la ferma triennale. L'Austria-Ungheria rappresentava un caso piuttosto speciale.

' G. RrrruR, l rniliwri e la poli1ica nella Gennania nwdema cit., 1, cap. vm. ' Ibidem, cap. IX.


IL MO?vffiNTO STORICO

39

La Duplice Monarchia risentiva dei grossi problemi strutturali ed organizzativi riconducibili alla duplicità del regno. L'attrito fra le due componenti statali si concentrava essenzialmente sull'esercito, per il quale il parlamento ungherese aveva preteso, a.lJ'inizio del secolo, una pesante serie di concessioni «nazionali». Per quanto il ministero della Guerra fosse comune (ma non quelli «nazionali», della Landwehr e della Honvedszeg), ogni legge doveva essere accettata anche dal Parlamento magiaro, cosicché, fra la tradizionale parsimonia austriaca e l'ostruzionismo ungherese, la forza bilanciata nel 1911 era di poco superiore a quella di fine secolo. Soltanto nel 1912 fu possibile varare una nuova legge militare che riduceva la ferma a due anni, però alzava il livello della forza bilanciata e prevedeva 500 milioni di corone per le spese straordinarie in otto-dieci anndalità. Questo spiega come, in rapporto alla popolazione, l'Austria-Ungheria disponesse di un esercito inferiore a quelli tedesco, russo e francese. Anche se le spese per l'esercito erano relativamente limitate, per i motivi accennati, il solo costo delle ripetute mobilitazioni parziali e delle costruzioni ferroviarie era tale da rendere precaria 1a situazione finanziaria dell'impero. L'esercito rnsso superò molto lentamente il periodo plumbeo dei primi anni del secolo. Ancora nel 1909, durante la crisi bosniaca, il ministro della Guerra confessò che l'esercito e la flotta della Russia non erano in grado di misurarsi in un conflitto con la Turchia. A partire da tale epoca, tuttavia, la straordinaria ripresa economica dello Stato consenti di migliorare sensibilmente il potenziale be!Jico, specialmente con la legge militare del 1912. L'anno seguente il generale Sukhomlinow, ministro della Guerra, si mostrò tanto soddisfatto del nuovo «Gran Programma» da affennare che con il livello raggiunto era pronto «l'apparato necessario per mettere in movimento qualsiasi esercito di qualsiasi entità», ma aggiungendo che questo stesso esercito non era ancora disponibile «né come numero di soldati addestrati, né come armamento, equipaggiamento e vettovagliamento», perché i mezzi necessari cominciavano ad essere utilizzabili solo allora 1• E nel 1914, allorché si profilò l'ipotesi di ricorrere alla forza delle armi per costringere la Turchia a licenziare Liman von Sanders, egli, a precisa domanda, dichiarò, con una buona dose di avventatezza, che l'esercito era pronto a misurarsi con la Gennania ed anche con l'Austria-Ungheria. Ma il «Gran Programma», che avrebbe dovuto portare progressivamente ad un aumento degli effettivi pari al 40 per cento, fu approvato appena poco dopo e lo scoppio della guerra lo fece rimanere allo stadio di progetto. L'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando, al di là delle simpatie o antipatie suscitate dal personaggio, sollevò una generale riprovazione nell'opi-

'Ibidem, pp. 447-448.


40

L/\ PRIMA GUERRA MONDIA LE

QUADRO DELLA TRIPLICE ALLEANZA NEL LUGLIO 1914 AUSTR!A-UNGHERTA lmper.: Francesco Giuseppe I. · Minist. esteri: Berc/rtold. - Principali capi-sezione alla Ballplatz: Forgac/r, Hoyos, Macchio, Mus11/in. - Pres. Cons. aus1r.: Stiirgkh. - Pres. Cons. ungher.: Ttsza. • Minis. della guerra: Krobati11. - Capo di S. M.: Conrad. Corpo diplomatico es tero a Vienna

Gennania:

Dumaine Tschirsc/rky

Ingh ilterr:i: ltalia: Russia: Serbia:

Avama Schebeko .!. .!ovanovié

Fnu1cia:

Diplomatici austro-ungaric i nelle grandi capitali europee A Parigi: A Berlino: A Londra: A Roma: A Pietroburgo: A Belgrado:

B1111sen

Szécsen Sziigyény Mensdorff Mérey Szapary Gies/

GERMANIA Imperatore: G11glielmo li. - Cancell.: Bet/1111(11111 1/ol/weg. • Segret. di Stato agli esteri: Jagow; sottosegret.: Zi111111erma1111. • Segretario di Stato alla marina: 1irpitz. - Minis. della guerra: Falkenhayn. - Capo di S .M.: Moltke. Corpo diplomatico estero a Berlino

Austria-Ungheria: Francia: Inghilterra: Italia: Russia: Serbia:

l Diplomatici tedescbi nelle grandi capitali europee

Szogyény J. Cambon Goschen Bollati Sverbejef Boghiéevié

A Vie nna: A Parigi: A Londra: A Roma: A Pietroburgo: A Belgrado:

Tschirschky Schoen Liclrnowsky Flotow Pounalès Griesinger

ITAUA Re: Viflorio E111a1111ele Ili. - Pres. dei Consiglio: Sa/andrei. • MiniSlro degli esteri: San Gi11lia110. - Segretario generale al mini stero degli esteri: De Martino. • Ministro della guerra: Grandi. • Capo di S.M.: Cadorna. Corpo diplomatico estero a Roma

Austria-Ungheria: Francia: Germania: Inghilterra: Russia: Serbia:

Mérey Barrère F/OtOIV Rodd Krupe11sky Michailovié

da L. Albenini, u origini della guerra del /914.

Diplomatici italiani nelle grandi capitali europee A Vienna: A Parigi: A Berlino: A Londra: A Pietroburgo: A Belgrado:

Avama

7,troni Bollati Imperiali Carloui Sq11i11i


41

lL MOMENTO STORICO

QUADRO POLITICO DELLA TRIPLICE INTESA NEL LUGLIO 1914 FRANCIA Pres. Repubb .: Poincaré. - Pres. Cons. e min. est.: Viviani. - Interim est.: Bienverw -Manin. - Segr. gen. est.: Berthe/01. - Ministro dell a guerra: Messimy. - Capo di S ..M.: ]offre. Diplomatici francesi nelle grandi capitali europee

Corpo diplomatico estero a Pal'igi

Austria-Ungheria: Germania: Inghilterra: •ltalia: Russia: Serbia:

A Vienna: A Berlino: A Londra: A Roma: A Pietroburgo: A Belgrado:

Szécsen Schoen Bertie Tittoni Iswolsky

Vesnié

Dum.aine J. Cambon P Cambon Barrère Paléologue Boppe

INGHILTERRA Re: Giorgio V. - Segretario di Stato agli esteri: Grey. - Sottosegretari di Stato agli esteri: Nicolson e Crowe. - Pres. cons.: Asquith. - Primo Lord dell' Amm.: Churchill. - Ministro della guerra: Haldane. - Capo di S.M.: Wilson. Diplomatici inglesi nelle grandi capitali europee

Corpo diplomatico estero a Londra

Austria-Ungh.: Francia: Germania: Italia: Russia: Serbia:

A Vienna: A Parigi: A Berlino: A Roma: A Pietroburgo: A Belgrado:

Mensdorff I~ Cambon Lichnowsky Imperiali Benckendorf Boschkovié

Bunsen Bertie Gorchen Rodd 811cha1um Cracka.nthorpe

RUSSIA Zar: Nicola li. - Ministro degli esteri: Sazon.of - Pres. del cons.: Goremykin. - Min. della guerra: S11chomli11of - Capo S. M.: Januschkevic. - Primo quartier mastro: Da11ilof - Capo della mobilitazione: Dobrovolski. Corpo diplom. estero a Pietroburgo

Austria-Ungh.: Francia: Germania: Inghilterra: Italia: Serbia:

Szdpdry Paléologue Pou.rtalès Buchanan Carlotti Spalaikovié

da L. Albertini, Le origini della. guerra del 1914.

Diplomatici russi nelle grandi capitali europe A Vienna: A Parigi: A Berlino: A Londra: A Roma: A Belgrado:

Schebeko Iswolsky Sverbeje.f B enckendorf.f Krupensk:y Strwuilm.an


42

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

1ùone pubblica austro-ungarica, mentre nei circoli più autorevoli dell'impero si formò subito la convinzione che fosse giunta l'occasione per regolare i conti con la Serbia '. Il pensiero di Conrad, che la Monarchia, se non fosse riuscita ad inglobare gli slavi del sud nel suo dominio plurinazionale per salvarsi, si sarebbe sfasciata generando più Stati nazionali indipendenti, incontrava molte adesioni. Adesso, «la lotta tra questi due principi. che da molto tempo covava sotto le ceneri, era entrata nella fa. se acuta in seguito all 'azione della Serbia, e la decisione non poteva più esser differita. Per questa ragione, e non per punirla del l'assassinio dell'arciduca ereditario, l'Austria-Ungheria doveva sguainare la spada(... ). Era in causa qualcosa di ben più importante e pratico: il prestigio, cioè, di una Grande Potenza(. . .). Un'ulteriore arrendevolezza, anche ora dopo l'atto violento della Serbia, avrebbe anzitutto scatenato entJo i confini dell' Impero tulle le forze che già minavano il vetusto edificio sono forma di propaganda jugoslava, czeca, rumena, russofila, e sotto quella dell' irredentismo italiano ( ... )»'·

In quest'ordine di idee, lo stesso 29 giugno Comad propose a Berchtold la mobilitazione. Il ministro degli Esteri prese tempo, anche per il timore di non essere sorretto dalla Germania. Preparò un memoriale per Guglielmo II, rappresentando i sentimenti bellicosi che circolavano per Vienna e domandando se l' Austria-Ungheria poteva fare assegnamento sull'alleata qualora la Russia si fosse posta al fianco del la Serbia. Al memoriale era unjta una lettera personale di Francesco Giuseppe, in cui il vecchio sovrano attribuiva alla propaganda serba il delitto, formulava il desiderio di stringere un' aUeanza con la Bulgaria per tener calma la sfuggente Romania e concludeva affermando che «( ...)ciò non sarà possibile se la Serbia, che attualmente è il perno della politica panslavista, non viene eliminata come fattore politico dai Balcani. Tu pure(... ) sarai convinto che non ò pensabile di comporre le divergenze che ci separano dalla Serbia, e cbe il mantenimento di una politica di pace( .. .) sarà in pericolo fin quando rimarrà impunito quel focolaio d'agitazione criminale che ò Belgrado» ' ·

Il memoriale austriaco e la lettera autografa di Francesco Giuseppe trovarono a Berlino ottima accoglienza. Il 5 luglio Guglielmo Il - che già a quattr' occhi aveva assicurato al capo di gabinetto di Berchtold, Latore del messaggio, il suo intero appoggio anche se l'Austria avesse ritenuto di dover invadere la Serbia, pur riservandosi di sentire il parere del cancelliere - convocò Bethmann-Hollweg, il ministro della Guerra Falkenhayn ed il sottosegretario di Stato Zirnmermann (Jagow era assente da Berlino), e lesse i documenti. «In noi domina l'opinione - scrisse il colonnello Plessen, aiutante di campo del Kaiser - che gli au-

'Avarna a San Giuliano in data 2.7.1914, doc. 52, e 5.7.1914, doc . 88; Martin Franklin a San Giuliano in data 4.7.1914, D.D.I., 4• serie, xn, doc. 75. 1 F. CoNRAD, A11s meiner Dienstzeit cii., rv, pp. 30-31. ~ Oe.-U., Vili, doc. 9984.


IL MOMENTO STORICO

43

st1iaci procedano contro la Serbia quanto prima e quanto meglio, e che i russi, benché amici della Serbia, tuttavia non interverranno. Si minaccia una scissione della Romania dalla Triplice ed appare all'o1izzonte un'alleanza tra la Turchia e la Bulgaria» 1• Il 6 luglio Bethmann-Hollweg ricevette l'ambasciatore austriaco Szogyény e gli annunciò formalmente che spettava all'Austria-Ungheria giudicare il com.portamento da tenere per regolare i rapporti con la Serbia, ma, qualunque fosse stata la decisione, poteva esser certa che la Germania le sarebbe stata al fianco come alleata e come amica. Poi, quasi incidentalmente, ravvisò in un'azione immediata contro Belgrado la soluzione migliore per le difficoltà che Vienna incontrava nei Balcani; approvò l'intenzione austriaca di non avvisare né Italia né Romania di questa eventuale azione militare; mise in guardia dal compromettere in Albania le relazioni con l'Italia 2 • A conti fatti, Berlino lasciò carta bianca a Vienna, nella convinzione di una situazione europea favorevole alla localizzazione del conflitto. La Russia e la Francia non erano considerate pronte per una guerra; la Gran Bretagna attraversava un momento difficile in Irlanda e non avrebbe partecipato ad una guerra scoppiata per i Balcani; l'Italia sarebbe rimasta a guardare. 117 luglio si riunì a Vienna il Consiglio dei ministri comuni per prendere visione della risposta tedesca e dopo molte discussioni fu convenuto, previa approvazione dell'imperatore, di porre alla Serbia una serie di condizioni tali che la loro accettazione fosse impossibile, chiedendo il loro accoglimento entro 24 o 48 ore. L'ultimatum doveva essere consegnato dopo la chiusura dell'inchiesta di Sarajevo, prevista per il 22 luglio. Peraltro, data la coincidenza della visita del presidente della repubblica francese, Poincaré, allo zar Nicola II, programmata già da molto tempo si volle evitare che la presentazione dell' ullimatum alla Serbia in quel momento potesse esser considerato un affronto alla Russia, perciò fu deciso di attendere la partenza di Poincaré da Pietroburgo. Quindi la consegna dell'ultimatum a Belgrado sarebbe avvenuta il 23 luglio. Rimane da chiedersi per quale motivo a Vienna, ed in un primo momento anche a Berlino, si risolvesse di non informare il governo italiano del passo che si intendeva compiere. A quanto risulta, si temeva da un lato che l'Italia con qualche indiscrezione facesse trapelare la cosa a Pietroburgo ed a Belgrado, e dall'altro che rinnovasse la perentoria diffida avanzata nel 1913. Inoltre si pensava che soltanto creando il fatto compiuto si potesse ottenere l'iniziale opportuna neutralità italiana. Le p1ime due motivazioni appaiono attendibili, la terza lo è assai meno. Se Conrad si preoccupava della neutralità rumena, che avrebbe alleggerito il peso bellico della Russia e per contro aggravato quello austriaco, a

'In L. ALBERTINI, Le origini delhi guerra del 1914 cit., II, p. 146. ' Oe.-U., Vlll, doc. 10076.


44

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

maggior ragione era sensibilissimo alla posizione italiana; infatti, il 23 luglio dichiarerà a Berchtold: «Se dobbiamo temere anche l'Italia, allora non mobilitiamo», affermazione che «corrispondeva al mio convincimento che non potevamo sostenere una guen-a su tre fronti» 1• Infine, secondo un' autorevole testimonianza, Berchtold non credette alla guerra sino al 3 L luglio, e comunque era convintissimo che J'Italia avrebbe finito per schierarsi con gli Imperi Ceurrali 1 . L'atteggiamento italiano veniva profilandosi con sufficiente chiarezza. L' 8 luglio l' ambasciatore a Berlino, Bollati, prendendo spunto dagli attriti affioranti in Albania, fece una corretta esposizione dei rapporti fra Italia ed Austria: <<Non si potrebbe immagin.1re una situazione più strana e più pericolosa: è urgente correre ai ripari (... }. In realtà non v'è forse una sola quesùone nella quale gli interessi dell'Italia non siano, o non si credano, in contraddizione con quelli deU' Austria, in cui la politica di ciascuno dei due govern i non sia intesa a sorveglia.re gelosamente e molto spesso a combattere quella dell' altro( ...). lo mi domando, sempre più sovente e con sempre maggiore insistenza, se Io scioglimento dei nostri legami d'alleanza c~m l' Austria condurrebbero davvero fatal mente ad una guerra, o se non contribuirebbe a rendere più facili, o almeno più leali, i rapporti fra i due Stati, cbe non avrebbero più così frequentemente a dibattersi contro le difficollà di mantenere gli obblighi speciali che loro derivano dall'alleanza ... Ma comprendo, d' altra parte, quale "salto nel buio" rappresenterebbe una simile rottura con quel sistema che ha fonnato da sl lungo tempo la base di tulta la nostra politica estera, e che, dopo tutto, ebbe l'urncgabile vantaggio di assicurarci la pace per trent' anni e più ( ... }. 11 governo germanico (... ) annette un altissimo valore a mantenere alla Triplice Alleanza il concorso dell' lta.lia ( . .. ). Ma, se il giorno dovesse fatalmente anivare, in cui le divergenze diventassero assolutamente insruiabili e conducessero ad un contrasto fra Italia ed Austria-Ungheria, la Germania ridotta a scegliere fra i due, opterebbe per Vienna e non per Roma (. .. )» ' .

Nel rispondere a Bollati, San Giuliano riconobbe che la situazione in Albania era diventata tale da rendere i rapporti fra i due paesi obiettivamente difficili. Egli temeva che questi rappo1ti potessero essere «in un avvenire, forse non molto lontano, messi in pericolo dalle gravi questioni che dovranno essere affrontate e risolte, e che si riferiscono ad interessi importanti e non facilmente conciliabili, dalle due Potenze adriatiche». La cosa migliore gli sembrava fosse l'evitare discussioni dirette fra Roma e Vienna, ed ottenere un' opera di mediazione deJJa Germania, intesa a smussare le rivalità tra i due paesi. Questa azione po-

' F. C oNRAD, Aus meiner Die11stzeit cit., IV, p. 108. Conrnd aveva sempre «non solo verbalmente, ma anche con memorie scritte,( ... } manifestato l'opinione che la Monarchia non fosse in grado di sostenere contemporaneamente la guerra contro Russia, Serbia, Montenegro e Italia, anche quando venisse aiutata con fedel!à d' alleata dalla Germania, che, in questo caso sarebbe stat:i certamente impegnata anche contro la Francia ( .. .). Le direttive da me date per il caso di guerra con l'Italia erano fondate pertanto sul presupposto che non fosse da temersi l'entrata in azione della Russia, che la neutralità della Romani a fosse assicurata e che, di conseguenza, bisognasse prepararsi solo ali ' intervento contro di noi della Serbia e del Montenegro» (ibideni, J, pp. 4 I 0-411 }. ' L. ALoeRTINI, Le origini della guerra del 1914 cit., ll, p. 224. ' Bollati a San Giuliano in data 8.7. 19 14, D.D.I., 4' serie, Xll, doc. I20.


IL MOMENTO STORICO

45

sitiva della Wilhelmstrasse, doveva però tener ben presente che il governo italiano, a differenza cli quelli tedesco ed austriaco, si trovava «nell'assoluta impossibilità ( ... ) di seguire durevolmente una politica non voluta dall'opinione pubblica e dalla maggioranza della Camera dei deputati», e tenendo altresì conto ciel fatto che i decreti Hohenlohe avevano ferito la sensibilità italiana al punto che «si va cominciando a riflettere se convenga continuare a rimanere nella Triplice Alleanza e se non sia più naturale e conveniente l'aderire aUa Triplice Intesa, di cui una Potenza è affine a noi per ogni rispetto e due sono al pari di noi guidate da principi liberali e moderati». Quanto all'Albania, la posizione del principe di Wied appariva seriamente compromessa. Se l'indipendenza e l'integrità albanesi fossero diventate impossibili, San Giuliano vedeva solo quattro soluzioni: Albania divisa fra Serbia e Grecia, oppure fra Italia (zona meridionale con Valona) ed Austria (zona settentrionale con Durazzo), oppure fra Austria e Grecia, oppure «se ne dà una parte all' Austria e si costituisce l'altra con Valona in Stato indipendente». Nelle due ultime ipotesi, l' Ausu'ia avrebbe dovuto cedere all'Italia «una parte delle sue province italiane». Questa sarebbe stata La soluzione più popolare in Italia e la meno pericolosa politicamente. Comunque, «se l'Albania indipendente deve vivere, occorre che anche l'Austria voglia lealmente la parità, e non di più né meno della parità, e in questo senso dovrebbe agire il governo tedesco a Vienna». Ribadito che l' Italia mai avrebbe consentito iI passaggio del Lovcen in ma- · no austriaca, e neppure un ingrandimento austriaco in Albania «senza adeguati compensi territoriali, sia nelle province italiane clell' Austria, sia nell'Albania meridionale», San Giuliano toccò anche il tasto di un possibile conflitto austro-serbo in conseguenza dell' assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando: «Tutta la nostra politica deve mirare ad impedire anche in questo caso un ingrandimento territoriale dell'Austria, cui non corrispondesse un adeguato compenso territoriale in favore nostro. E in questo caso la difficoltà è appunto, come ho spiegato a Flotow, data dall 'impossibi lità nostra di appoggiare l'Austria qualora essa presenti alla Serbia domande incompatibili coi principi liberali del nostro diritto pubblico( ...)».

Poi il ministro parlò della Triplice Alleanza, argomento sul quale Bollati aveva manifestato perplessità: «A rnio parere è possibile, e forse anche probabile, che, in un avvenire forse non lontano, a noi convenga uscire dalla Triplice, ma è certo che per mc ora conviene restarvi. Per ora, infatti, la Alleanza è per terra (e la so11c della guerra si deciderebbe per terra) più f01ie della Triplice lmesa. Inoltre questa, soprauutto la Francia, ci detterebbe condii.ioni incompatibili coi nostri interessi, colla nostra dignità e col nostro avvenire, se ci sapesse isolati e non più sostenuti dai nostri alleali».

Perciò, «soprattutto, prima di prendere una decisione così grave bisogna assicurarsi del vero grado di forza che i due aggruppamenti avranno fra qualche anno». Era difatti molto probabile che «tra quattro o cinque anni» la Russia fos-


46

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

se molto più forte e l'Austria molto più debole, ma non era facile formulare giudizi sulle altre Potenze, comprese quelle minori 1• I calcoli di San Giuliano non potevano non essere percepiti. Il 14 luglio l' ambasciatore Flotow riferì a Berlino l'insistenza con la quale il ministro aveva dichiarato che il governo italiano non avrebbe potuto contrastare il principio di nazionalità. E tradusse: «Egli, secondo ogni apparenza, vuole farci intendere che nelle complicazioni ulteriori non potrebbe rimanere a fianco dell'Austria» 2• Ma qualcosa di più scrisse due giorni dopo: «Se l' Austria di fronte al pericolo non si rende pienamente conto che, se vuole estendersi altrove, deve compensare l'Italia, l'Italia le piomberà addosso. È una questione per noi tanto seria che dobbiamo esaminare se non dobbiamo concludere accordi precisi con Vienna( ... )» ' .

Jagow, che ben conosceva la politica di Roma, essendovi stato ambasciatore, si era fatta un'idea abbastanza precisa in proposito ed il 15 ne aveva scritto a Tschirschky, a Vienna: «L'opinione pubblica italiana si è mostrata sin qui tanto serbofila quanto in generale è austrofoba. Non v'è per me dubbio di sorta che in un conflitto austro-serbo essa si schiererà per la Serbia(. .. ). Annetto perciò, a mio avviso, la maggiore importanza a che Vienna s'intenda col gabinetto di Roma sui fini che l'Austria vuole raggiungere in caso di conflitto con la Serbia, ed arrivi ad avere l'Italia con sé, od al.meno - giacché un conllitto con la Serbia non crea il casusfoederis - si assicuri della sua stretta neutralità. In virtù dei suoi accordi con l' Austria, l'Italia ha diritto ad ottenere dei compensi per ogni modificazione nei Balcani che si risolva a favore della Monarchia danubiana. Questi compensi dovrebbero essere oggetto di negoziati con l' Italia( ... ). A dirla in confidenza, il solo compenso che sarebbe trovato serio in Italia sarebbe la cessione del Trentino. Il boccone certo sarebbe troppo grosso perché l'opinione pubblica austro-ungarica non protestasse(... ). Ma d'altra parte v'è da chiedersi che valore rappresemi per la politica austriaca il contegno dell' Italia, con qual prezzo si debba per conseguenza pagarlo e se questo prezzo sia proporzionato ai guadagni che si possono realizzare altrove. Prego V.E. di voler fare del contegno dell'Italia argomento di conversaiioru confidenziali ed approfondite col conte Berchtold, entrando eventualmente a discutere la questione dei compensi. Bisogna in queste conversazioni sollevare il problema del Trentino? Mi rimetto al Suo giudizio(.. .). ( ... ) Se questo conflitto provocasse una c-onflagrazione generale, il contegno dell'Italia sarebbe anche per noi di grande importanza militare»'.

Jagow era così convinto della assoluta necessità che l'Austria dovesse cercare un accordo preliminare con l'Italia che il 18 luglio tornò sull'argomento, incaricando Tschirschky di fare «una dichiarazione categorica al conte Berchtold in tal senso.» 5• Ma Berchtold non ci sentiva da quell 'orecchio. Pensava che, piut-

'San Giuliano a Bollati in data 14.7. 1914, D.D.I., 4• serie, XII, doc . 225. ' L. Albertini, Le origini della guerra del 1914 cit., II, p . 228. 3 Ibidem, II, p. 230. • Ibidem, II, pp. 231-232. ' Ibidem, Il, p. 233.


IL MOMENTO STORICO

47

tosto, occorresse richiamare l'attenzione di San Giuliano sulle sue ripetute affermazioni circa l'opportunità cli una forte Duplice Monarchia per opporsi alla marea slava. Poi, non vedeva proprio alcun bisogno di promettere compensi territoriali ali 'Italia, posto che l' Austria non mirava a conquiste in Serbia. Inoltre, da Merey sapeva che «attualmente l'Italia, come conseguenza della sua campagna in Libia, non era affatto bellicosa e che essa manifesterebbe il suo malumore contro di noi con delle parole, ma non con degli atti» '. Men che meno Berchtold intendeva sollevare una discussione sull' art. Vll, «perché potrebbe provocare irritazione e mettere perfino in discussione l'esistenza del trattato» 2• A metà luglio Sazonow cominciò a ricevere rapporti e notizie allarmanti da Vienna, Roma, Parigi e Londra circa un passo minaccioso clell' Austria-Ungheria cont!l'o la Serbia, passo valutato effettuabile in base al previsto non intervento russo. Ma a Pietroburgo spirava vento contrario e per di più Poincaré, che per quanto non più al governo continuava a controllare la politica estera francese, volle sgomberare ogni motivo di inquietudine. li 21 luglio, in un ricevimento al corpo diplomatico, si rivolse ali' ambasciatore austriaco con una mancanza di tatto in assoluto contrasto con la cautela di Sazonow, e gli disse che la questione austro-serba con un poco di buona volontà poteva accomodarsi, ma senza questa buona volontà poteva anche precipitare. Come se non bastasse, aggiunse significativamente che «la Serbia conta amici carissimi nel popolo russo. E la Russia ha un'alleata, la Francia. Quante complicazioni da temere!». Talché Sazonow ebbe a constatare che «il soggiorno del Presidente della Repubblica a Pietroburgo si svolse sotto l' impressione di una catastrofe imminente», e ne ricavò la forza di telegrafare all'alba del 23 all'incaricato di affari russo a Vienna per far riflettere Berchtold sulle conseguenze che «un passo dell' Austria potrebbe avere, se fosse cli natura tale da non conciliarsi con la dignità della Serbia» 3• In quei giorni San Giuliano era venuto a sapere da Bollati della speranza di Jagow che, non potendosi escludere l'eventualità di una guerra, la Russia non fosse preparata ad entrare in campagna e che comunque utile freno sarebbe stato mostrarle la compattezza della Triplice. n ministro colse l'occasione per puntualizzare che «l'Italia non è obbligata a prender parte ad un'eventuale guerra provocata da un'azione aggressiva dell'Austria contro la Serbia, che tutto il mondo avrebbe condannato. D'altra parte ( ... ) noi non potremo compiere alcun atto favorevole all'Austria-Ungheria senza prima esser ben sicuri dell' interpretazione dell'art. Vli del trattato e senza che prima fosse ben risoluta la questione dei compensi>}. Siccome reputava «pericoloso intavolare trattative dirette fra l' Austria e noi», urgeva che il governo di Berlino sondasse il terreno a Vienna •.

' Ibidem, 11, p. 236. ' Ibidem, Il, 238. ' Ibidem, n. pp. 197-198. 'San Giuliano a Bollati e ad Avama in data 22.7. 1914, O.O.I. , 4" serie, XU, doc. 413.


LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Il 21 luglio Merey conferl con San Giuliano, del quale conosceva le preoccupazioni per l'imminente passo austriaco a Belgrado e per le temute ambizioni territoriali. Lo tranquillizzò: l'Austria-Ungheria non intendeva procedere ad annessioni o conquiste, disse l'ambasciatore. Ma subito si oppose a dare di ciò notizia alla stampa, spiegando che «questa comunicazione confidenziale enunciava la serie intenzione di astenersi da qualsiasi annessione territoriale, ma non si trattava di un impegno»! Lo strano è che - secondo il rapporto di Merey - San Giuliano abbia non soltanto accettato una simile formula, ma assicurato di sostenere l' Austiia «nel caso che le nostre [= austriache] domande fossero di natura tale che la loro esecuzione sembrasse legittima», senza appigliarsi agli articoH I e VII per pretendere di conoscere quali condizioni sarebbero state fatte alla Serbia 1• Sul comportamento di San Giuliano sono stati fommlati severi giudizi. I documenti austriaci e tedeschi pubblicati dopo la guerre «offrono un quadro così concorde del contegno incerto, oscillante, ambiguo del nostro ministro da non consentire dubbio» 2• È certo che né prima né dopo l'ultimatum San Giuliano parlò con l'inequivocabile fermezza usata nel 1913. È certo che egli tacque a Salandra quell'importante passo diplomatico, tanto che quando Giolitti lo rammentò alla Camera il 5 dicembre 1914, Salandra e Sonnino rimasero stupefatti J. È certo che le istruzioni impartite agli ambasciatori all'estero non dovettero brillare per incisività, se Avarna sembra abbia manifestato a Tschirschky, poco prima del 21 luglio, la «sua convinzione che il governo italiano, nel conflitto austro-serbo, adempirebbe fedelmente ai suoi obblighi di alleato e che si terrebbe a fianco del1' Austria-Ungheria, anche se nel l'opinione pubblica italiana si facesse strada una corrente opposta» •. Del resto, il 22, comunicando agli ambasciatori a Vienna, a Berlino, a Londra ed a Pietroburgo, una conversazione avuta con l'ambasciatore britannico a Roma, San Giuliano scrisse: «Rodd mi ha dello che in caso di guerra europea l'Inghilterra spera di non prendervi parte ed espresse il voto che l'Italia faccia altrenanto. lo ho risposto che è impossibile prevedere ora se si presenterà per noi il casusfoederis ( ... )» ' .

' Ricordiamo che l'art. I diceva: «Le Alte Parti contraenti ( ... ) s'impegnano a procedere ad uno scambio d 'idee sulle questioni politiche cd economiche di carattere generale che potessero presentarsi, e si promettono reciproco appoggio nei limit i dei loro interessi». E l'ait. Vll, a proposito delle modifiche allo stalli quo in Balcania. ripeteva che «Esse si comunicheranno a tal fine tutte le notizie atte ad illuminarsi reciprocamente sulle proprie disposizioni, come anche con quelle di altre Potenze( ... )» . 1 L. ALllRRT!NI. Le origini della guerra del 1914 cit., II, p. 244. '«Fu perrne una rivelazione- scrisseSaJandrn - , San Giuliano non mi aveva infonnatodell'importante precedente. Lo ignorava pure Sonnino» (A. S,\LA'.'IDRA, La ne111rali1à italiana cit., p. 450). • Oe.-U., VIII, doc. 10439. ' San Giuliano ad Avarna, Bollati, Imperiali e Carlotti in data 22.7.1914, D.D.l., 4' serie, XII, doc. 424.


IL MOMENTO STORICO

49

Davvero era impossibile? È ce1to che per quasi un mese dopo l'attentato di Sarajevo San Giuliano si attenne ad una linea di condotta strana, passiva. Pur guardando alla possibile guerra europea nulla fece per scongiurarla, se non invitare la Serbia a mostrarsi acquiescente alle richieste dell'Austria. La chiave di questo suo atteggiamento risiedeva in una specie d i complesso, non tanto nei confronti del!' Austria quanto della Germania. Considerava l'impero gennanico come la potenza militare più forte d'Europa e dava per scontata una vittoria degli Imperi Centrali, grazie appunto all'efficienza dell 'esercito tedesco. Per converso, sottovalutava l'Intesa ed anche per questo si era allontanato da Francia e Gran Bretagna per stringersi alla Gennania. Nei confronti del!' Austria palesò sentimenti contrastanti, ma quello che prevalse nel luglio 19.14 fu deside,io febbrile del «colnpenso», configurato nel Trentino, ed il timore di compromettere l'aspirazione affrontando l'Austria in un discorso a tu per tu. Da ciò il continuo rivolgersi a Berlino affinché spendesse una parola convincente con Vienna.



Capitolo X LE DECISIONI POLITICHE 1. LA DICHIARAZIONE DI NEUTRALITÀ

Il timore della Ballhausplatz che da Roma partissero pericolose indiscrezioni verso Pietroburgo continuò sino alla consegna dell'ultimatum. La sera del 22 luglio Berchtold telegrafò a Merey di avvertire San Giuliano, nel pomeriggio seguente ed in via confidenziale, che la presentazione delle richieste a Belgrado sarebbe avvenuta in quello stesso pomeriggio, con un termine di 48 ore per l'accettazione. Le Potenze sarebbero state informate ufficialmente del contenuto della nota il giorno 24. La comunicazione confidenziale era fatta, per un riguardo alle alleate, soltanto a Roma, a Berlino ed a Bucarest (ma Berlino era già a conoscenza di tutto!). Il testo del documento venne reso noto nella tarda mattinata del 24 luglio. San Giuliano, in cattive condizioni di salute per la gotta che lo tormentava da tempo, si trovava a Fiuggi con Flotow. Li aveva raggiunti Salandra ed insieme presero visione del documento. A sentire Salandra, rimasero turbatissimi ed ebbero «la visione della catastrofe imminente» ', ma non è sostenibile che il governo fosse talmente all'oscuro delle intenzioni della Ballhausplatz. Il giorno prima da Budapest era giunta notizia dell'imminenza della mossa austriaca e del fatto che «linguaggio giornali ufficiosi dichiarano momento grave e storico» 2, e San Giuliano in serata aveva chiesto agli ambasciatori in Europa «impressioni e decisioni codesto governo( ... ) sul passo austriaco contro Serbia» J . In seguito, poi, alle informazioni da Budapest, aveva telegrafato a De Martino, a Roma, in questi termini: «salvo suo diverso avviso parmi che Avarna e Bollati dovrebbero subito dichiarare che se Austria farà occupazione territoriale anche temporanea in Serbia senza il nosti:o previo consenso, agirà in violazione dell'articolo settimo e noi perci?> facciamo tutte le nostre riserve. Se tale dichiarazione ritiene utile, dovrà farsi subito e perciò Ella dovrebbe senti.re stasera Salandra» '.

Poi rifletté e fece un immediato seguito alla comunicazione: gli ambasciatori a Vienna ed a Berlino dovevano inoltre avvertire che «un passo come quello dell'Austria, che può dar luogo a complicazioni pericolose, non avrebbe potuto esser fatto senza il previo consenso degli alleati. Aggiungerei che facciamo tali riserve a

' A. SAL ANDRA, La neutralirà italiana cit., p. 69. Martin FrankJin a San Giuliano in data 23.7.1914, ore 10, D.D.l., 4• serie, XTI, doc. 437. ' San Giuliano agli ambasciatori in data 23.7.1914, ore 20, ibidem, doc. 444. ' San Giuliano a De Martino in data 23.7.1914, ore 22, ibidem, doc. 449.

2


LA PRIMA GUERRA MONDIALE

52

tutela della noslra eventuale libertà d 'azione, nouché dei nostri diritti ed interessi, ma che nei limiti consentiti da questi è nostra intenzione di tenere attitudine amichevole e il più possibile benevola verso Austria e non già per crearle imbarazzi ( ... )» 1•

Nelle prime ore ciel 24 fu la volta di un telegranuna dell'incaricato d'affari a Belgrado, Cora, per avvertire dell'avvenuta consegna dell'ultimatum austriaco, richiedente risposta entro 48 ore: «Non conosco ancora dettagli ultimatum, ma mi consta che richieste sono per la massima parte inaccettabili e che ultimatum è redatto in modo provocatorio ed offensivo per la Serbia» 2 • All'alba del 24 fu la volta di Avarna: Berchtold aveva reso noto che il governo austriaco doveva «chiedere alla Serbia di sciogliere le società panserbe e sconfessarle e dare garanzie tali che l'assicurasse contro il ripetersi di fatti simili», altrimenti «un conflitto annato non avrebbe potuto fare a meno di scoppiare» 3 • La discussione fra Salandra - recatosi a Fiuggi evidentemente in seguito al colloquio avuto durante la notte con De Martino-, San Giuliano e Flolow fu molto animata, poi, alle 15,30 San Giuliano inviò aclAvarna ed a Bollati il telegramma che, a quanto risulta, De Martino non aveva spedito. Ripeté, in sostanza, che il passo austriaco, suscettibile di complicazioni pericolose, «non avrebbe potuto esser fatto, a mio avviso, senza il previo consenso clcg(j alleati>> e quindi le riserve italiane erano ovvie; e che il governo italiano assicurava «attitudine amichevole e il più possibile benevola verso l'Austria-Ungheria» e non intendeva «creare imbarazzi» •. Una simile più che blanda presa di posizione appare stupefacente! Naturalmente, gli alleati si convinsero che, se avessero ammesso di doverci 1isarcire in base al famoso art VII, l'Italia sarebbe stata solidale con loro fino in fondo. Jagow telegrafò a Tschirschky che Bollati «mi ha comunicato il punto di vista del suo governo: l'Italia riservandosi di mantenere la propria libertà d'azione e di tutelare i propri interessi conformemente all' art. VII del trallato della Triplice Alleanza, è disposta ad osservare un atteggiamento benevolo ed amichevole verso l'Austria ed a non crearle difficoltà. L'llalia vuol segui re in tutte le questioni balcaniche una politica di accordo con i suoi alleati; ma ciò le sarà possibile solo se otterrà precisazioni sull ' interpretazione dcll 'an. VII. Altrimenti la politica italiana dovrebbe tendere ad impedire un ingrandimento dcli ' Austria-Ungheria ( ...)».

E, quanto ai compensi, Jagow spiegò che l'Italia voleva il Trentino e non Valona e che egli non condivideva l' interpretazione austriaca, secondo la quale l'art. Yll riguardava unicamente il territorio turco ' .

' San Giuliano a De Marti no in data 23. 7. 19 14, ore 22, ibidem. doc. 450. Cora a San Giuliano in data 23.7. 1914, ore 22, ibidem, doc. 451. ' Avarna a San Giuliano in data 24.7. 1914. ore 2 1,15, ibidem, doc. 448. • San Giuliano ad Av.tma e Bollai.i in data 24.7. 1914, ore 1.5,30, ibidem, doc . 468. ' Jagow a Tschirschky in data 24.7. 1914 , L. ALBERTINI, le origini della guerra del / 914 cii., m, pp. 249-250. 1


LE DECISIONI POLITICHE

53

Dal canto suo il barone Macchio, che ricevette Avama in assenza di Berchtold, così riferì il colloquio: «(...) [Avama] ha dich iarnto ( ... ) che il governo italiano, nel C,L~O che questo con!litto debba prendere una piega bellica e condurre ad un'occupazione anche provvisoria di tCITitorio serbo. si riserva di reclamare il diritto ai compensi spcnantigli in base all'articolo VD del trattato della Triplice. li R. Governo italiano ( ...) sarebbe inoltre dell'opinione che. prima di un'eventuale occupazione di territorio serbo, dovrcnuno menerei d"accordo con esso. Del resto il R. Governo italiano ha rintenzione di assumere nell 'eventuale contlitto armato tra l'Austria e la Serbia un contegno amichevole e conforme ai doveri d i alleato» 1 •

Secondo Salandra «non fu facile impresa» intonare ai propositi del governo la condotta di Avarna e di Bollati, che non riuscivano «a sottrarsi alle sugge• ambiente» 2• Può essere, però le loro prime comunicazioni ai governi stioni dell' tedesco ed austriaco furono rigorosamente aderenti al telegramma di San Giuliano. II fatto è che soltanto alle 22,40 del 24 San Giuliano inviò direttive più energiche. Aveva ricevuto un eloquente dispaccio da Belgrado - «governo serbo ritiene inaccettabili quasi tutte le richiesle della nota presentala ieri (...). Si attende risposta da governo russo( ...}» 3 - e quindi si era reso conto del salire vertiginoso della tensione. Questa volta scrisse che non solamente l'Austria-Ungheria non aveva il diritto di agire senza previo accordo con Germania ed Italia, ma le sue pretese erano talmente offensive per la Serbia, e indirettamente per la Russia, da rendere evidente il deliberato proposito di provocare una guena. Tenuto conto del trattato della Triplice, l'Italia «non ha obbligo cli veni.re in aiuto all' Auslria in caso che, per effetto di questo suo passo, essa si trovi poi in guerra con la Russia»; tuttavia ciò «non esclude la possibilità che a noi possa convenire di prendere parte all'eventuale guerra, qualora ciò corrisponda a nostri interessi vitali». Date le circostanze, non era possibile per l' Italia determinare la linea di condotta da seguire «senza prima conoscere se i nosLri alleati condividono la nostra interpret.izione dell"art. VII,,, cioè compensi territoriali in caso di ingrandimento cieli' Austria •.

Ma il pensiero completo di San Giuliano risultò in una lettera a Vitlolio Emanuele Ili, scritta sempre a Fiuggi il 24 lug lio, per chiedere la sua approvazione: «(...) Salandra ed io, nel nostro odierno colloquio con Flotow, nulla abbiamo detto e fotto linora che impegni la libertà d"azione dell' ltalia negli eventi che potranno derivare dal passo austriaco a Belgrado( ...).

'Macchio a Berehtold in data 25.7.1 9 14. Oe.-U., Ylll. doc. 10680. ' A. Salandra, La neutralità italiana cit.. p. 142. Merita rilievo. al riguardo, la critica di Rochat sulla versione dei falli che Salandra presenl,L nelle sue memorie, versione spesso fuorviante (G. RoCll,\T, L'esercito italiano nell'estate 1914 cil., p. 309). ' Cora a San Giuliano in data 24.7. l914. ore 12,30 {pervenuto ore 16,30), D.D.I., 4' serie, XlJ, doc. 463. 'San Gi uliano ad Avama ed a Bollat i in data 24.7.19 14. ore 22, ibidem, doc. 488.


54

LA PRIMA GUERRA MONDLALE

Siamo entrambi convinti che sia difficilissmo. forse impossibile, certo pericoloso trascinare l'Italia a prender parte ad una eventuale gucmi provocata dall'Austria e fatta neU 'i nteresse dell' Austria. È anche necessario, prima di ingolfarci in una determinata linea di condotta, di assicurarci che sarl la più conispondcme ai nostri interessi. Parmi dunque che a noi convenga: I. sostenere presso i nostri alleati che noi non abbiamo l' obbligo di p;uiecipare alla eventuale guerra per le ragioni addolle nei telegrammi in partenza; 2. assicurarci, prima di appoggiare, anche diplomaticamente, i nostri alleati, che essi accettino la nostra interpretazione dell' art. Vll del trattato della Triplice Alleanza; 4. assicurarci gli eventuali compensi per l'eventuale, ma non probabile, nostra partecipazione alla guerra, partecipazione da decidere pro o contro liberamente a suo tempo; 3. assicurarci gli eventuali compensi per qua.lsiasi ingrandimento territoriale dell'Austria; 5. possibilmente a~sicurarci anche compensi certo assai minori, o almeno garanzie che non saranno danneggiati i nostri interessi, per qualsiasi nostro appoggio diplomatico ai nostri alleati. Tale nostra attitudine è per il momento facilitata dal fatto che l'Austria-Ungheria non ci ha finora chiesto alcun appoggio e neanche un apprezzamento qualsiasi sulla sua nota alla Serbia» '.

Anche giunti a questo punto, San Giuliano non pensò di cercar di bloccare gli alleati per evitare la guerra, e non pensò alla convenzione del 1902 con la Francia, che vincolava l'Italia alla neutralità nel caso di una guerra provocata dagli Imperi Centrali. Negò l'esistenza del casusfoederis, ma si professò disposto a riconoscerlo dietro adeguato compenso. Non si pensi che a Vienna non si presentassero dubbi cd esitazioni in extremis. È di sommo interesse il commento di un alto funzionario della Ballhausplatz, estensore materiale dell'ultimatum: «Berchtold, al pari della maggioranza dei fun2ionari della Ballhausplatz, sebbene scettico sui risultati di una soluzione pacifica, pure nel suo intimo la desiderava e la sperava. Non si erano presi provvedimenti di mobilitazione, appunto nelJa persuasione che la Serbia avrebbe accettato la nota. Lo Stato Maggiore, d'altra parte, non voleva mobilitare se non si era certi della guerra(. ..). Senza dubbio la forma dell'ultimatum era categorica e non si pennise alla Serbia di discuterlo; ma ciò perché si volevano evitare risposte capziose, perché insonuna si voleva conseguire un risultato pratico. Del resto, se non fosse intervenuta la Russia a sconsigliare l'accettazione, il governo serbo si sarebbe piegato (...). Tuttavia, anche dopo la rottura delle relazioni diplomatiche, rottura considerata come fonna di pressione, si coltivò a Vienna la speranza che la Serbia, consigliata daUc Potenze, finisse per cedere. Fin' anche la dichiarazione di guerra non fu considerata da Berchtold che come un'estrema forma di pressione per ottenere la resa diplomatica dell'avversaria. che ebbe quasi venti giorni di tempo per ravvedersi, poiché le operazioni cominciarono solo il 15 agosto (... ). Dal momento infatti che l'Austria si era impegnata a non attentare all'integrità tenitoriale cd alla sovranità della Serbia, si presumeva che la Russia non sarebbe intervenuta e che la guerra europea si sarebbe evitata. Tisza poi credeva che la Russia, anche se fosse scesa in campo, avrebbe condotto una finta guerra cbe sarebbe finita in un accordo onorevole per ambo le parti (... ). Né questo modo di pensare poteva spingere ad accettare una conferenza europea o qualsiasi altro espediente che ponesse la Monarchia allo stesso piano della Serbia (... ). La vittoria diplomati ca doveva essere piena» 1 .

' San Giuliano al re in data 24.7.1914, ibidem, doc. 470.

' L. ALIHlRTINJ, Le origini della guerra del 1914 cit., n, PJ>. 384-385.


LE DECISIONI POLITICHE

55

Le esitazioni viem1esi riguardavano H contegno della Germania, che aveva suggerito un Halt in Belgrad e la mediazione, cosa rifiutata dall'Austria 1itenendola una perdita di prestigio, come detto.1130 mattina arrivò un telegramma di Moltke: «La mobilitazione della Russia non è ancora un motivo di mobilitazione Iper la Germauja). Lo sarà solo il subentrare dello stato di guerra fra la Monarchia e la Russia. A differenza delle abituali mobilitazioni e smobilitazioni russe, la mobilitazione della Germania condurrebbe inevitabilmente alla guerra. Non dichiarate guen·a alla Russia, ma attendete l'aggressione da parte nissa»'.

Qualche ora più tardi, un secondo telegramma di Moltke avvertì che l' ambasciatore russo a Berlino aveva dato notizia ufficiale della mobilitazione dei distretti di Kiev, Odessa, Mosca e Kazan, e chiese «le decisioni prese costl». Conrad replicò: «Per decisione di S.M. si è stabilito di far guerra alla Serbia. Il resto del! ' esercito sarà mobilitato e concent.rato in Galizia. Primo giorno di mobilitazione il 4 agosto. L'ordine di mobilitazione è pubblicato oggi 31 luglio. La prego di farmi sapere quale sarà il primo giorno di mobilitazione di cosù» '.

In nottata giunse a Conrad un altro telegramma, questa volta dell 'addetto militare austriaco a Berlino: «Moltke mi dice che considera la situazione come molto critica, se la Monarchia austro-ungarica non mobilita subito contro la Russia. Le dichiarazioni fatte dalla Russia sulle sue mobilitazioni rendono necessarie contromisure da parte dell'Austria-Ungheria, e bisogna che ciò sia posto in luee nella spiegazione ufficiale. Con che il ca.rns Joederis si troverà creato per la Germania. Ogni momento di ritardo aggrava il pericolo della situazione perché la Russia guadagna tempo. Concludete un compromesso onorevole con l' Italia, promettendole un compenso conveniente, in modo che essa resti un membro attivo della Triplice Alleanza; non lasciate un uomo alla frontiera italiana. Respingete i rinnovati tentati vi della Gran Bretagna per il mantenimento della pace. Una guerrn europea offre l'ultima possibilità di salvezza per l' Austria-Ungheria. L'appoggjo della Gem1ania vi è a.<.solutamente assicurato» '.

Ma se Moltke premeva da un lato, a condizione peraltro che l' Italia venisse convinta a rimanere a fianco degli Imperi Central i, Betlunann-Hollwcg e lo stesso Guglielmo II insistevano affinché la Duplice Monarchia, dopo l'occupazione di Belgrado, agevolasse in qualche modo la composizione della vettenza. Berchtold volle seguire il suggerimento di Moltke - per giunta soltanto per l'azione contro la Russia e non per trattenere l'Italia -, rifiutò la proposta britannica di sospendere le ostilità e ignorò l'Ha.Il in Belgrad tedesco. Tale fu la sua cecità che, al termine del Consiglio dei ministri tenuto il 31 luglio e nel quale riepilogò gli avvenimenti in modo assolutamente tendenzioso, egli scrisse nel suo rapporto a Francesco Giuseppe che «il barone Conrad spera di decidere l'Italia,

' F. CCJNRAD, Aus mei11er Die11srzei1 cit., IV, pp. 151 -152. ' Ibidem. ; Oe.-U .. YHT,doc. 11127.


56

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

oltre aU' adempimento dei suoi doveri di alleata contro la Francia, a mettere a nostra disposizione trnppe da destinare in Galizia»! 1• Berchtold aveva letto di buon grado l'appunto di Macchio sulla vis ita di Avarna, perciò incaricò Merey di esprimere la sua soddisfazione a San Giuliano per la promessa fattagli di «un atteggiamento dell'Italia amichevole e confom1e ai suoi obblighi di alleata», ma, quanto ai compensi, «non essendo ancora certo che noi siamo costretti a ricorrere ad un'occupazione provvisoria di territorio serbo, una discussione a tal riguardo mi sembra prematura» 2• Questa volta San Giuliano mise il dito sulla vexata quaestio: «Qu;ull à l' intention du comte Berchtold de discuter au moment donné le thè me des compensations, il est évident qu 'un accorci sur ce point est urgem, car tant qu'il ne sera pa~ fait et qu' un doute peut subsister sur l' intcrprétation que l'Autriche donne à l'article VII , l'Itolie ne peut pas suivrc une pol itiquc de nature à faciliter actuellcment ou plus fard des occupations temporaircs ou défi niti ves de l' Aut riche-Hongrie et doit au contrai re favodscr tout ce qui diminue la probabilité de tclles occupations, tout cn tachant dc concilier autai1t que possible cettc tigne de conduite imposéc par la sauvcgardc d' intcrets vitaux, avec son vi f désir de resserrer de plus cn plus les rapo11s inlimes cntre le deux puissances alliées ( ...)» '·

Chiarissimo: pur d i ottenere un compenso (senza nemmeno indicare quale) l'Italia concedeva all'Austria l'occupazione temporanea o definitiva di ten itori serbi ! Ma esisteva un motivo preciso che spiegava le nostre reticenze. San Giuliano, nella lettera al re, aveva indicato tre tipi di compenso: il primo, legato a «qualsiasi ingrandimento territoriale» dell'Austria; il secondo, connesso con la «eventuale nostra partecipazione alla guerra»; il terzo, di minore entità, dovuto a «qualsiasi nostro appoggio diplomatico». Ora, San Giuliano assai poco inclinava a schierarsi a fianco delJ' Austria, ma il Trentino poteva chiederlo soltanto entrando in guerra. Da ciò, il discorso generico con Vienna ed aperto con Berlino. Nella capitale tedesca c'era molto interesse in proposito, sia sul piano politico sia su queUo nu lit~u·e. La sera del 27 luglio Jagow mandò questo esplicito telegranuna a Tschirschky: «S.M. l' Imperatore considera come indispensabile c he l'Austria si intenda in tempo utile con l'Italia sull'art. Vll e sulla q uestione dei compensi. Sua Maestà ha espressamente ordinato di avvisare V.E. pregandola di f'arnc parte al conte Berchtold» '.

Bcrchtold non fece piega. 11 28 precisò ad Avarna che la contesa in atto riguardava unicamente Austria-Ungheria e Serbia e che, no n pensando l'Austria a

' Oe.-U., Vili, doc. 111 19. ' Berc htold a Merey in data 26.7.191 4, Oe.-U.. vm. doc. 10746. La stessa cosa circa i compensi era stata comunicata a Berlino. 1 San Giuliono a Sa.landra in data 28.7.19 14, con testo della comunicazione a Merey, D.D.I., 4" serie, Xll. doc. 679. ·• L. ALBER'flN I, Le origini della guerra del 1914 cii., Hl, p. 275.


LE DECISIONI POLITICHE

57

conquiste, l'occupazione di territorio serbo non era in causa. Se peraltro, contro ogni intenzione ma in dipendenza di motivi di forza maggiore, un'occupazione del genere si fosse resa indispensabile, allora l'Austria-Ungheria sarebbe stata disponibile ad uno scambio di idee con l'Italia per discutere dei compensi. Se poi aveva un qualche fondamento l'impressione circolante a Vienna che taluni in Italia avessero in mente il Trentino quale compenso, doveva essere inequivocabile che «il distacco di una qualsiasi parte della Monarchia non potrebbe nemmeno formare oggetto di discussione» 1• A Roma San Giuliano continuava ad insistere con Merey, affermando che l'Italia non era obbligata ad intervenire in una guerra generale, ma «con ciò non è detto che l'ltalia, presentandosi questa eventualità, non si metta il quesito se meglio t orrisponda ai suoi interessi porsi militarmente al nosu·o fianco o rimanere neutrale»; e con Flotow: «Non dico che l'Italia non finirà col prendere parte alla guerra, ma constato solo che non è obbligata a farlo>) 2• A Berlino il malcontento si faceva impaziente: «(...) se alla vigilia di una possibile conflagrazione europea - scrisse Bethmann-Hollweg a Jagow - Vienna minaccia di far saltare con queste maniere la Triplice Alleanza, tutta l'allean,:a sarà scossa. Li dichiarazione di Vienna che, nel caso di un'occupazione dure,•ole di distretti di territorio serbo, si intenderà con l' Italia, è in contraddizione con le assicurazioni che ha dato a Pietroburgo sul suo disinteressamento territoriale. Le dichiarazioni fatte a Roma sono certamente conosciute a Pietroburgo. Noi non possiamo, come alleati, appoggiare una politica di duplic ità».

Quindi occorreva insistere a Vienna e significare a Berchtold che le isu·uzioni mandate a Merey «non possono affatto essere considerate soddisfacenti per l'Italia» 3 • Il 30 Vienna decise la mobilitazione generale. Il 31 il Consiglio dei ministri affrontò il problema dei compensi all'Italia. La conclusione fu comunicata da Berchtold a Merey il l O agosto in questi termini: «Je considère qu' une divcrgence de vues sur l'inté1prétation de l'artiele VIJ forme un élément d' incertitude pour 110s re]ations du présent et de l' avenir qui pourrait etre préjudic iablc aux rapports inti rnes entrc )es deux Puissanc.es. J'accepte I' intérprétation do1u1ée à I' article VTI par I' Italie et l' A 1lemagne à condition que l'Jtalie obscrve une attitude amicale par rappo1t aux opérations de guerre engagées actucllement par I' Autrichc-Hongrie et la Serhie et remplira ses devoirs de alliéc dans le cas oì1 le conflit pourrait amener une conflagration généra\e» '.

Così, il governo asburgico rimaneva fermo alla condizione di una partecipazione italiana.

1 Bcrchtold a .Merey in data 28.7.1 914, Oe.-U., VIII, doc. 10909. ' L. ALBERTINI, Le origini della guerra del 1914 c it., lll, pp. 292-293. " Bethmam1-Hollwcg a Jagow in data 29.7.1914, ibidem, pp. 279-280. ' A. SALANDRA, La newralirà italiana ci t., p. 102. Cfr. San G iuliano ad Avama e Bollali in data 2.8.1914, D.D.I., 4" serie, XII, doc. 882.


58

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

* *

*

Il 31 luglio ebbe inizio la corsa alla guerra. Il 1° agosto Guglielmo II e Francesco Giuseppe si rivolsero a Vittorio Emanuele III, facendo appello ai rapporti di amicizia e di aUeanza. Il 2 agosto il governo italiano prese la decisione di attenersi alla neutralità. A prescindere dall 'insufficiente indirizzo politico da parte del ministro degli Esteri ai nostri ambasciatori a Vienna ed a Berlino ', le comunicazioni fatte da Flotow e Merey ai rispettivi governi in merito ai colloqui avuti in quei giorni con San Giuliano, non danno una buona impressione del nostro modo di fare 2• Il 4 agosto Merey telegrafò a Berchtold: «Nel colloquio che ebbi ieri, il ministro degli Esteri espose nuovamente i motivi che costringevano l'Italia alla neutralità. Osservò specialmente che gli enormi sacrifici ed i pericoli di una guerra non avevano per essa alcuna proporzione con gli eventuali vantaggi. Nizza non solo era una ciuà frnnccse, ma era stata altra volta ceduta dall'Italia stessa. La Tunisia era una bella colonia, ma l'Italia ne aveva già troppe. Dei territori albanesi potevano convenire ad uno Stato formato da diverse naidonalità, come la Monarchia, ma per uno Stato nazionale unitario sarebbero d'imbarazzo. Altra cosa sarebbe, concluse egli, se si trauasse del Trentino. Sarebbe il solo compenso da desiderare(...)» '.

L'annuncio della neutralità italiana provocò, come era prevedibile, commenti di fuoco da parte degli Imperi Centrali, anche se essi, ufficialmente, si tennero su toni cauti, rendendosi ben conto della convenienza che l'Italia, quanto meno, rimanesse neutrale. Non può esser posta in dubbio la validità di tutte le ragioni esposte il 3 agosto da San Giuliano a Bollati e ad Avarna per non entrare in guerra: inesistenza del casus foederis; inosservanza da parte austriaca di quanto prescritto dagli art. ID e VII del trattato della Triplice; rifiuto dell'opinione pubblica a schierarsi a lato dell'Austria-Ungheria; insostenibile sacrificio per l'economia nazionale e grossi pericoli per le nostre coste e le nostre colonie se avessimo partecipato al conflitto; nessun reale vantaggio finale in caso di vittoria, perché l'Austria era categorica nel negare il Trentino; peggio ancora in caso di sconfitta. Quel che ha nuociuto all'immagine è la mancata, dura, immediata, puntualizzazione della nostro posizione, come fatto nel 1913, nonché l'assi11ante ricerca del compenso. Una ricerca che continuerà. Il 4 agosto Sazonow spedì ad Izvolskij, ambasciatore a Parigi, un eloquente dispaccio, riferendosi ad una conversazione avuta il giorno prima con l'ambasciatore italiano Carlotti: «Oggi ci fu comunicato mollo confidcnz.iaJmcnte che il mjnistro italiano degli Esteri, informando l' ambasciatore tedesco dell'intenzione dell'Italia di restare neutrale, aveva aggiunto che l'!-

' L. ALllElmNI, Le origini della guerra del 1914 cit., III, p. 325. lbidem, III, cap. VU. ' Ibidem, III, p. 325.

1


LE DECISIONI POLITICHE

59

talia era pronta ad esaminare la possibilità di portare aiuto ai suoi alleati se prima fossero state stabilite in modo preciso le condizioni corrispondenti agli interessi italiani. Fra queste, a quanto pare, deve intendersi la realizzazione delle pretese dcli ' Italia sul Trentino e su Valona. A questo proposito ci fu dichiarato che l 'ltalia, in seguito alla scarsa probabilità di ottenere da Germania ed Austria ciò che desidera, potrebbe avere uno scambio di idee con noi ( ...). Abbiamo risposto che non solo noi, ma sicuramente anche la Francia sarebbe d' accordo nel garantire all'Italia la possibilità di acquistare Valona. Per quanto riguarda il Trentino, da parte nostra nulla da opporre alla sua unione ali 'Italia, ma non ci siamo ancora pronunciati perché prima volevamo essere informati da voi intorno al pensiero della Francia in proposito. Ritengo che ( ... ) potremmo intraprendere con l' Italia trattative molto confidenziali per stabilire quale aiuto essa possa prest:uci, al prezzo delle suddette promesse, nella lotta contro Austria e Germania» 1•

• scrisse che gli costò più «intenso sforzo di riflessione e più enerSalandra gica deternùnazione di volontà» la decisione della neutralità che non quella dell'intervento. È comprensibile, però, anche se la mancata partecipazione alla guerra rischiava di danneggiare il ruolo di Grande Potenza, cui l'Italia teneva moltissimo, sotto il profilo pratico la neutralità si presentava come l'unica soluzione. Lettera e spirito del trattato della Triplice consentivano tale scelta senza ombra di equivoco, la situazione interna del paese era scossa da agitazioni e scioperi, gli umori delle masse popolari apparivano nettamente contrari alla guerra, le simpatie dell'opinione pubblica si volgevano alla Francia, quelle degli ambienti mjlitari e di buona parte della classe dirigente erano per la Germania; le antipatie generali riguardavano l'Austria-Ungheria. In questo quadro - ed a parte l'interessata questione dei compensi - Salandra fece pesare sulla decisione la considerazione dello Stato «indebolito da dieci anni di politica nefasta» e gli «ostacolo derivanti da deficienze nelle dotazioni di mobilitazione» rappresentatigli dal ministro Grandi 2• Il primo elemento era piuttosto generico. Il secondo, mal citato. Durante l'intero mese intercorrente fra l'assassinio di Sarajevo e l' ultimatum austriaco il fattore nùlitare venne del tutto ignorato da Salandra e da San Giuliano. E questo non soltanto per quanto concerneva la preparazione militare, ma anche - cosa forse più grave - per la strana lunga vacanza della carica del capo di Stato Maggiore dell'esercito. Pollio morì improvvisamente il 1° luglio, ma soltanto il 10 luglio venne nonùnato il successore nel generale Luigi Cadorna, che occupò l'ufficio il 27! Riesce difficile comprendere come l'urgenza dell'insediamento del nuovo capo di Stato Maggiore, in quei frangenti di inconsueta gravità, non venisse avvertita. Come è naturale, il rimarco riguarda il re, il presidente del Consiglio ed il nùnistro della Guerra, ma sta di fatto che Salandra - il quale con Pellio sj era professato deciso ad «affrontare con ben maggiori mezzi il problema ' Ibidem , lll, p. 339. Cfr. Carlotti a San Giu liano in data 4.8. 1914, O.O.I., 5• serie, I, doc. 43. ' A. S A L ANDRA, La neutralitù iwliana cit., pp. 198 e 260.


LA PRIMA GUERRA MONDIALE

dell'esercito» - il 24 luglio, d'intesa con San Giuliano, prese la determinazione di tenersi fuori dalla guen-a, ma con riserva, senza essere neppure sfiorato dal pensiero della nostra preparazione militare. Fu tre giorni più tardi che Grandi lo avve1tì delle carenze dell'ordine di diversi milioni nelle dotazioni di vestiario ed equipaggiamento, da cui «deriverebbero ostacoli in caso di mobilitazione» 1• Quindi Salandra non poteva clùamare in causa né la situazione delle dotazioni di mobilitazione, non ancora rappresentategli da Grandi, né le preoccupazioni di Cadoma, non ancora insediato, e nemmeno sostenere che «tanto più angoscioso fu per me il decidere» 2• Sempre in questo tema, colpisce un'altra affermazione di Salandra: «Eppure fu bene che l' intuizione degli uomini politici prevalesse sui criteri esclusivamente militari» 3 • Fem10 restando il principio della priorità delle responsabilità, e quindi delle decisioni, politiche, non si capisce perché sia stato riferito a quel momento. Inaccettabile, poi, è la prevalenza dcli ' intuizione! No, a nessun uomo di governo può essere consentito di basare la decisione sull' intuizione, anziché sulla valutazione critica, ponderata e consapevole di tutti gli aspetti di un problema di portata nazionale. Infine, bisogna rimarcare lo scollamento fra governo e Stato Maggiore, quale vertice tecnico dello strumento militare. Il generale Cadorna era un uomo di notevole personalità; di carattere fermo, duro e spigoloso; contrario a l compromesso; suscettibile ed anche insofferente alle critiche; privo di simpatie per il mondo politico in genere. Tutto sommato, non era un uomo con cui fosse molto facile trattare. È noto l'episodio della sua mancata nomina a capo di Stato Maggiore nel 1909. Approssimandosi la sostituzione di Saletta per raggiunti limiti di età, il nome di Cadorna circolò come uno dei candidati più quotati; ma, nel contempo, corse voce della sua intransigenza sulla responsabilità di comando rispetto al re. Si disse che intendeva porre due condizioni per l'accettazione dell'incarico: «che fossero di molto allargate le attribuzioni che, in base a recente Decreto reale, sono date al titolare dell'altissima carica che, in caso di guerra, il Re non doveva, per nessun motivo, assumere il comando dell'esercito» •. Cadoma rispose a Brusati, il quale l'aveva interrogato in proposito, con una lunga lettera in cui metteva a fuoco l'annosa questione della responsabilità operativa: «( ...) il supporre che sia nel mio pensiero di escludere S.M. dall 'assumere in guerra il comando delr esercito, giustamente conferitogli dallo Statuto, è pit1che assurdo, ridicolo. Dichiaro esplicitamente che se a me pare doversi chiaramente stabilire le attribuzioni del capo di S.M., più che nel-

' Ibidem, pp. 260-261. 'Ibidem, p. 265. ' Ibidem. • Bmsati a Cadoma in data 8.3.1908, in L. Cadoma, letterefamigliari, Mondadori, Milano 1967, p. 89.


LE DECISIONI POLITICHE

61

l'interesse di questi (la cui persona passa ili seconda linea) è nell'interesse del Pae,~e, poiché è assolutamente necessario che non si ri nnovino a fatali dualismi delle guerre passate e specialmente del 1866 (...). Ora, S.M., che dallo Statuto è creato Comandante Supremo, è pur dallo stesso Statuto dichiarato irresponsabile. Ma il comando non può neppure esistere senza un responsabile, il quale perciò non può essere che il capo di S.M.. Ma la responsabili tà ha per necessario correlativo: I. la libertà d'azione nella condotta delle operazioni; 2. la libertà d'azione ne!Ja preparazione della guerra in ciò che ha rapporto con le operazioni; 3. la esclusione dai più alti comandi di coloro che non ispirnno la necessaria fiducia (...). Questo, lo ripeto, nella sostanza, la quale non solo non sarà indebolita, ma sarà rafforzata, come tu ben dici, dall' autorità del Sovrano. Ma, affinché questa autorità esista, è d'uopo che il Sovrano abbia tutte le apparenze del comando rJale, epperciò tutti gli ordini di guerra debbono, a mio avviso, essere emanati in nome di S.M. ed il capo di S.M. sarebbe indegno di tale eminente posizione e mal provvederebbe al suo interesse, se per soddisfare una stupida vanità volesse darsi le arie di fare la prima figura. Stabilito in tal modo chiaramente e genuinamente ciò che io ne penso, è per me secondario che le attribuzioni di cui sopra siano all'atto pratico definite da una legge, da un decreto o da un'assicurazione di S.l\L Anzi, quest'ultima ha, in g11erra, un valore SL1periore alla legge ed al decreto; ma queste sono più specialmente necessarie in pace per ben definire i rapporti fra capo di S.M. e nùnistro ed evitare attriti che, se sono meno probabili col ministro borghese, lo sarebbero di più col ministro militare(... )»'.

A questa lettera aggiunse un post-scriplum, relativo al citato decreto reale: «lo trovavo che il medesimo, sufficientemente largo per le attribuzioni del capo di S.M. in tempo di pace, non definisca affatto la sua responsabilità e le sue attribuzioru in tempo di guerra. Se a questa importante lacuna si vuol rimediare con un ' intesa diretta con S.l'vl. nel senso da mc precedentemente accennato, il decreto provvede bene, ri peto, al tempo di pace, purché al capo di S.M., che è il responsabile, non si leghino le mani vincolandolo alle decisioni di Comitati e di Consigli della difesa irresponsabili. Egli non deve diventare il capro espiatorio della volontà allrui. ln una parola, organi consultivi finché se ne vogliano, ma a deliberare dev'essere uno solo: il responsabile» ' .

La questione rimase senza seguito. Quando nel 1914 Caclorna fu convocato da Vitto1io Emanuele 111 per la nomina a capo di Stato Maggiore dell'esercito, egli scrisse: «Ieri mallina (7 luglio] mi ricevette il Re e où trattenne un· ora molto benevolmente. Credo che e.e la faremo bene insieme» ' ·

Il 29 luglio, non appena entrato in carica, Caclorna - che si sentiva in dovere di «considerare l'eventualità che l' Italia dovesse entrare in guerra contro la Francia a fianco delle Potenze Centrali, secondo il trattato della Triplice e le con-

' Cadoma a Brusati in data 9.3.1909, ibidem, pp. 90-91. ' Ibidem, pp. 91-92. ' Ibidem, p. l02.


62

LA PRIMA GUERRA MONDIA LE

venzioni militari» 1 - propose al ministro Grandi l'adozione di alcuni «provvedimenti militari d'urgenza», intesi a po1re in stato di approntamento i primi quattro corpi d',mnata del dispositivo alla frontiera fran cese, nonché i tre corpi d'armata e le due divisioni di cavalleria della 3" arnrnta da inviare sull'alto Reno 2 • Ma soprattutto, chiese a Grandi di precisare quali dei citati provvedimenti avrebbe preso il ministero e quali devolveva aJio Stato Maggiore. Ricordiamo che, in tempo di pace, il campo d'azione del capo di Stato Maggiore era fortemente limitato. Nell'ordinaria amministrazione poteva solo segnalare al ministro disfunzioni e deficienze e proporgli le misure da adottare. 11 31 luglio, proprio il giorno in cui la Germania mandava l'ultimatum alla Francia ed alla Russia, Cadorna inviò al re, e si presume anche al ministro della Guerra, una «Memoria sintetica sulla radunata nord-ovest e sul trasporto in Germania delle maggiori forze disponibili». Si trattava di un riepilogo degli impegni militari presi nell'ambito dell'alleanza sin dalla sua stipulazione e, in particolare, con la Germania. Tutto noto. Ma a Cadorna premeva affermare un principio, che già nel 1913 aveva esposto con calore a Pollio: «(...) è altresì mio fenno e preciso convincimento che la soluzione prospeuat.1 [l'invio di tre corpi d'armata in Genuania] non corrisponderà compiutamente agli interessi della Patria se non quando avrì, raggiun ta la maggiore estens ione di cu i è capace. Ritengo, in altri termini , che s i debba non soltanto tornare ad assegnare 5 corpi d' armata (oltre alle divisioni di cavalleria) all'armata da inviare in Germania ( ... ); ma che si debba tendere ad inviare su quello che, nel conflitto, rappresenterà il teatro principale della guerra, tutte quelle maggiori.forze che saranno per risultare esuberanti ai nostri bisogni allafromiera N.0. e nello interno, bisogni che mi propongo di determinare mediante ponderati studi ( ... ). All'infuori deUa considerazione politica dei maggiori compensi che potremo richiedere in relazione al maggiore concorso di for.te che concederemo, è fuor di dubbio che l' interesse strategico consiglia e comanda di considerare le forze armate della Triplice come se appartenessero ad un unico esercito e di ripartirle ed impiegarle con un concetto direttivo unico(...). Sottrarre aU'azionc decisiva anche una sola unità non indispensabile al tnwe, significherebbe concorrere scientemente a diminuire le probabilità di successo dell' opera comune( ... )»'·

'L. CADORNA, Altre pagine sulla grande g11erra, Mondadori, Milano 1925, p. 13. L'8 lug lio Cadoma aveva scritto a casa: «Spero di poter andare in settembre col Re alle grandi manovra in Germania. Pollio vi era stato invitato e spero inviteranno anche me( ...)» (L. CA.DORNA, Lettere famigliari cit., p. 102). ll 18 luglio il colonnello Calderari, addeno militare a Berlino, trasmise l'invito ad assistere alle manovra previste dal 10 al 20 settembre. Cadoma vide il telegramma il 27 luglio, quando assunse la carica ed annotò a malita: «Altro che manovre!». ' Fra questi provvedimenti figuravano l'immediata occupazione avanzata delle posizioni su lla frontiera nord-occidentale; il trasporto dalla frontiera orientale a quella occidentale delle artiglierie necessarie a completare r armamento delle fortezze: il rientro dalla Cirenaica di quattro battaglioni alpini e di altri reparti, sospendendo le operazioni; il miglioramento della situazione dei quadri con immediata promoz ione degli aJJievi delle scuole e con il richiamo di uffic iali dalla Libia; il complclamenlo delle dotazioni di mobilitazione, specialmente delle 200 mila serie di vestiario cd equipaggiamento mancanti (foglio 692/R.S. data 29.7. 19014. AUSSJ'vlE, Fondo M.G., Capo di S.M.R.E., racc. 10, fase. l). ' L. CADORNA, Alrre pagine sulla grande guerra cit., pp. 15-23.


LE DECISIONI POLITICHE

63

Vedremo, guerra durante, Cadorna mirare a seguire sempre la concezione unitaria della direzione delle operazioni belliche. Salanclra ha affermato cli esser venuto a conoscenza del documento soltanto nel dopoguerra, allorché lo lesse nelle «Altre pagine sulla grande guerra» di Cadoma. Ed ha commentato ironicamente: «se me ne avesse allora data notizia in tempo utile, gli avrei suggerito di risparmiarsi la faticm> 1• Se stupisce il fatto che esso non sia stato sottoposto alla sua attenzione a tempo debito, è altresì motivo di meraviglia che il presidente del Consiglio non abbia sentito la necessità di un immediato contatto con il nuovo capo di Stato Maggiore per metterlo aJ corrente delle incognite della situazione internazionale e dei propositi del governo di non escludere una partecipazione al conflitto. In nessun caso si poteva pensare'che non fosse indispensabile adottare talune misure precauzionali. Molto candidamente, Salandra ha scritto che «il generale Cadoma (...) non aveva avuto tempo, in quei pochi giorni, di mettersi al corrente della situazione politica generale( ... )» 2, ignorando, a quanto sembra, il dovere del governo di «tenere a giorno [il capo di Stato Maggiore] della situazione politico-militare» prescritto dai R.D. 4 marzo 1906, n. 86 e 5 marzo 1908, n. 77. Sta di fatto che la dichiarazione cli neutralità colse Cado.ma di sorpresa. Si presentò subito dal presidente del Consiglio e gli chiese: «La neutralità che ha dichiarato significa che la guerra con la Francia non si farà mai più?». Salanclra rispose semplicemente: «Sì». «Allora - chiese ancora Cadorna - che cosa debbo fare?» e, visto il silenzio del suo interlocutore, disse: «Debbo preparare la guerra contro l'Austria? Questo è evidente». «Sì, sta bene» replicò Salanclra. Il commento amaro e irato di Cadoma è immaginabile: «Ma io sono andato a domandare tutto questo che avrebbe dovuto essermi detto. Il 5 prendo tutte le misure nuove. Lo sforzo era terribile; tutta la massa in movimento doveva essere arrestata. Il 6 un telegramma infatti la fermava, anzi la rimetteva in marcia verso oriente. Ma già si delineava h1 maniera di fare del governo con me, io non sapevo mai ciò che era accaduto se non quando era accaduto, o immediatrunente prima, perché ricorrevo alle inrom1azioni>> '.

Non può meravigliare se questo inizio cli relazio1ù personali fu origine di incompatibilità tra Cadoma e Salandra. Il primo ricavò confenna bruciante della cliftìdenza da nutrire nei confronti degli uonùni politici, principalmente a cau-

'A. SALANDRA, La neutralità italiana cit., p. 264. 'Ibidem. (corsivo nostro) . ' A. GATII, Un italiano a Versailles, Ceschina, Milano 1957, pp. 438-439. Affiora peraltro il dubbio di qualche esagerazione d' ambo le parti. Che taluni provvedimenti precauzionali fossero già in corso di auuazione è più che plausibile; che si trattasse di «tutta una massa in movimento» lo è meno. Per converso, nessuna misura poteva essere disposta se non dal ministro della Guerra. cioè dal governo; come poteva esserne all'oscuro il presidente del Consiglio, che il 2 agosto, su prnposta del min istro della Guerra aveva preso una serie di deliberazioni, in funzione appunto della dichiarata neutraliti1?


64

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

sa della loro scarsa sensibilità verso le esigenze militari. 11 secondo probabilmente non si rese nemmeno conto di quello che comportava, per un esercito rnodemo, cambiare nemico dalla sera alla mattina. In quell'atmosfera, non poco equivoca, Ca.doma ricevette una lettera inviatagli da Conrad il l O agosto: «La situazione improvvisamente aggravatasi nù costringe a chiedere a Vostra Eccellenza di proseguire le tratlative verbali da me personalmente intavolate in via riservatissima con S.E. Pollio. testé defunto. Queste sono arrivate al punto che rr1alia, oltre le forze che manderebbe in aiuto diretto alla Germa1ùa, in base alle eonven.zioni già stjpulate, metterebbe altre forze a disposizione, in caso di guerra, della Triplice e le terrebbe pronte ad appoggiare s trettamente r Austria-Ungheria. Prego V.E. di farnù conoscere quali sarebbero queste forze, quando e dove sarebbero disponibili e di concedere la sua approvazione, perché tra i due Stati Maggiori vengano presi i necessari accordi - come già si è fatto per le forze messe dircllarnente a disposizione dell a Germania - perché lo spostamento ed il trasporlo di queste allre forze venga fissato nella medesima guisa ( ...)» '.

Poiché la lettera arrivò a Roma ìl 3 agosto, fu facile a Cadorna replicare che «in ottemperanza alla dichiarazione di neutralità del R. Governo italiano, mi trovo nella impossibilità di rispondere in questo momento in merito all'argomento ( .. .)» 2• È da tenere per certo che Conrad abbia cercato di forzare la mano, allegando promesse inesistenti di Poli io, e probabilmente anche per saggiare le intenzioni italiane sul conflitto apertosi 3• * * * Una volta scoppiata la guerra, si pose senza più dilazioni la questione dei provvedimenti da prendere. Ne discusse il Consiglio dei ministri il 2 agosto e, su proposta di Grandi - che mise in risalto il fatto di essere «pressoché disarmati» (!) - fu stabilito il richiamo delle classi 1889, 1890, dell'aliquota del 1891 ancora in congedo e della 2• categoria del 1893, nonché la precettazione di 20 mila quadrupedi. Venne scartata l'idea della mobilitazione generale, che molto probabilmente avrebbe generato all'estero l'impressione di un' imminente entrata ìn campo dell'Italia. La protesta di Cadoma fu immediata. A differenza dì quanto praticato in alt1i paesi, le operazioni di mobilitazione e cli radunata non erano distinte, da effetruare cioè in due fasi successive. Nell'intento di ottenere un guadagno di tempo a vantaggio della prima difesa delle frontiere, le unità venivano trasportate subito in zona di radunata e poi raggiunte dai richiamati e dai servizi per portarsi sul piede di guerra. Il mobilitare nelle guarnigioni di pace le unità - come deciso dal governo - e successivamente, su nuovo ordine ed a tempo debito, cffet-

' P. CONRAD, Aus meiner Dienstzeit cit., IV, p. 158. ' Ibidem, IV, p. 176. ' Per la vicenda vds. A. ALBF.RTI , li ge11erale Fa/ke11hay11 cit., pp. 82-90.


LE DECISIONI POLITICHE

65

tuare la radunata avrebbe sconvolto l'intero sistema di mobilitazione, creando notevoli difficoltà di carattere tecnico, soprattutto data la forma allungata della penisola e le strozzature appenniniche. Inoltre, in questo modo, non l'esercito sarebbe diventato più fo1te, bensì le singole gutUTiigioni; e nessun incremento di sicurezza, sia pur ridotto, si sarebbe ottenuto alla frontiera perché i corpi sarebbero rimasti nelle sedi stanziali. Aggiunse poi che «mentre di fronte all'opinione pubblica e agli incompetenti, l'Esercito avrebbe l'apparenza di essere stato posto in condizioni migliori per entnue prontamente in azione, di fatto esso si troverebbe in condizioni non molto dissimili, e forse meno buone, di quanto sarebbe se il rinforzo alle guarnigioni non fosse avvenuto». E se occorresse «operare in qualsiasi senso» sa• sempre necessario un mese per poter iniziare le ostilità. Cadorna volrebbe pur le altresì rappresentare che «per il caso si debba entrare in azione, non sarà mai troppo presto raggiungere lo stato di mobilitazione completa perché è indispensabile che le grandi unità, costituite così come dovranno agire, abbiano tempo (...) di prendere consistenza». E, per finire, chiese esplicitamente che quanto da lui scritto venisse portato a conoscenza del presidente del Consiglio '. Grandi inoltrò a Salandra la lettera di Cadorna, commentando: «Evidentemente il Capo di S.M. dell'Esercito, con le obiezioni di cui sopra, tende a provare che miglfor partito sarebbe stato pel Governo, anziché di adottare le misure precauzionali ormai note, di decretare la mobi.litazione generale. Ma poiché, sia per ragioni di politica estera, sia iu vista delle condizio1ù interne del paese, tale misura radicale il Consiglio dei Ministri ha stimato per ora di escludere, panni oziosa ogni ulteriore discussione sull 'argomento, e parrni convenga accetta.re il concetto che ha prevalso, e dare opera a che s ia tradolto nei fatti nel miglior modo possibile e col maggior utile per l' Esercito».

E contestò che i provvedimenti decisi potessero complicare od furecare turbamento alla successiva, eventuale, mobilitazione generale 2 • Ma Salandra volle veder chiaro nella questione e convocò una riunione ristretta. Il dibattito sulla mobi litazione generale risentì delle posizioni diverse assunte dai principali protagonisti. Per Cadorna l'aspetto militare faceva testo, al punto di indicare - calcando le tinte - il pericolo di un'improvvisa aggressione austriaca ", ma anche perché, a suo modo di vedere, l'immediata mobilitazione avrebbe assunto semplicemente il carattere di giustificata misura precauzionale, aspetto che nel giro

'Cadorna a Grandi in data 2.8.191 4, f.718, AUSSME, Fondo M.G. , Capo di S. M.R.E. , racc. 10, fase. I. ' Grandi a Salandnt in data 4 .8.1914, f.21 G., ibidem, racc. 1(), fase. l. ·' «Non si esagera - scrisse Cado.ma - ( ... ) affermando che se, appena proclamata la nostra neutralità, l' Austria ci avesse assalito, ci saremmo trovati pressoché senza difesa» (La guerra al/a fron te italia11a, Treves, Milano 1921, 1, p . 162). 'l\tttoè possibile , ma Cadorna per primo non poteva pensare seriamente ad un'ipotesi del genere. Anche ignorando che per Conrad un ter.i;o fronte appariva inaccettabile, la sola richiesta di tntppe per il fronte russo poteva considerarsi sufficiente indizio che l'Austria aveva altro a cui pensare che pwcurarsi gratuitamente un nuovo nemico.


66

LA PRIMA OUC:RRA MONDIALE

di poche settimane sarebbe scomparso per essere sostituito dal netto segno di ostilità verso l'Austria-Ungheria. Per Grandi, a quanto sembra, la scarsa probabilità di una guerra per l'Italia e le difficoltà di bilancio imponevano una preparazione molto graduale 1• Per Salandra e San Giuliano l'impiego dcli' esercito era da vedersi in prospettiva assai lontana. Tanto lontana che, come abbiamo visto, fu Cado ma che dovette recarsi a chiedere informazioni. Essi non intendevano assolutamente gettarsi nella mischia se non a situazione chiarita, vale a dire a vittoria ormai definita. Il 5 agosto, nella riunione indetta da Salandra, ebbe partita vinta San Giuliano che «espose con l'abituale eloquenza le regioni politiche per escludere la mobilitazione generale». Grandi, che già ne era convinto, e Thaon di Revel, che come ministro della Marina non aveva i problemi dell'esercito, non sollevarono obiezioni. Ma Cadoma non rinunciò a sostenere la propria idea e l' 8 agosto scrisse a Grandi che, viste le accese reazioni provocate in Germania ed in Austria dalla nostra dichiaraiione di neutralità, «il ritardare ancora la mobilitazione ci esporrebbe con tutta probabilità ad un danno irreparabile nel caso probabile di avvenimenti decisivi sul teatro di guerra franco-tedesco». Perciò si inchinava alle ragioni politiche, ma avvertiva il governo di non dimenticare che dalla decisione della mobilitazione generale all'inizio effettivo delle operazioni sarebbe trascorso almeno un mese 2 • La mobilitazione parziale dell'esercito, vale a dire di una grossa parte dell'esercito, non era stata pianificata né prevista. Nessun motivo di meraviglia o di critica, perché esulava dagli impegni militari internazionali, dalle ipotesi strategiche e da quelle politiche. Considerata la complessità dell'operazione - di cui magna pars erano i trasporti ferroviari, già di per sé comportanti una rigida programmazione - non era neppur pensabile di ricavarla in stralcio da quella generale, né di pianificarla ex novo in breve tempo. Tuttavia non presentava eccessive difficoltà e poteva essere studiata e concretata dallo Stato Maggiore, a condizione che il governo si fosse reso ben conto di ciò che comportava un simile lavoro e che la condotta governativa nel campo della politica estera tenesse presenti le esigenze militari connesse con il provvedimento J . Per San Giuliano la dichiarazione di neutralità si traduceva in ottimo balcone dal quale osservare lo sviluppo degli avvenimenti europei. Non aveva in-

' Il disegno di legge relativo alle spese straordinarie per l'eserei10 (194 milioni in cinque anni) fu prcscn1a10 alla Camera il 29 maggio ed il 25 giugno la Giunta generale per il bilancio consegnò la relazione favorevole. Poiché la Camera prese in luglio le vacanze senza nulla deliberare sul1'imponante ed urgente questione, allo scoppio della guerra si doveue procedere con R.D.: il 16 agosto per 6.500.000 di spese ordinarie, il 21 agosto per 21.200.000 di spese ordinarie e 79.800.000 di spese straordinarie. ' L. C ADORNA, Lt, guerra allajrome italiana cii.. I. pp. 41-43. Cfr. A. Salandra, La 11e11tralità italiana cit., pp. 262-263. 1 R. BEKCIVENGA, Saggio cri1ico sulla nostra guerra cit..1, pp. 74-78.


LE DECISTONI POLITICHE

67

certezze sulla via da seguire. «Secondo me - scrisse a Salandra - qualunque decisione diversa dalla neutralità sarebbe pericolosa per ora e per qualche tempo ancora, finché non si possano fare previsioni fondate sul probabile esito della guen·a>> 1• All'Italia conveniva «fare il morto per un mesetto, ma solo in apparenza», ed intanto assumere d'urgenza «provvedimenti difensivi, non visibili, ma pronti ed efficaci, al confine verso 1' Austria, rifornire dovunque i magazzini generali, tenere in stato di efficienza l'esercito e la marina» 2 • E conveniva anche aspettare la reazione delle Potenze dell'Intesa. Queste, non appena conosciuta la scelta fatta dall'Italia, ne avevano tratto le inevitabili conseguenze, dando il via ad una serie di offerte sempre più allettanti. Il 3 agosto Sazonow si era dichiarate dispostissimo al nulla osta per il Trentino, ed •il 5 aveva confidato al nostro ambasciatore, sia pure a titolo strettamente personale, che Russia e Francia si sarebbero adoperate per assicurare all'Italia «il completo dominio dell' Adiiatico», eccezion fatta «per qualche concessione alla Serbia». Però l'Italia doveva, «con decisione pronta e chiara», prendere un atteggiamento tale «da immobilizzare presso c.onfini nazionali considerevoli forze austriache o addirittura impadronirsi del Trentino» 3• Il 6 Londra offrì Tr.ieste, naturalmente qualora l'Ita]ja si decidesse subito ad occupare «il Trentino e Trieste» ". L'8 Sazonow aggiunse la Dalmazia! s_119 San Giuliano comunicò a Salandra: «Si può cominciare sin d'ora a prevedere, se non la probabilità, almeno la possibilità che l'Italia debba uscire dalla sua neutralità per attaccare l'Austria». Però occorreva molta cautela. Il passo doveva aver <<la certezza o quasi certezza di vittoria» e nel contempo evitare in qualche modo di venir giudicato «un atto di slealtà». Poi occorreva stabilire con chiarezza garanzie attraverso trattative segretissime, da condursi a Londra. Secondo lui, i principali punti fermi riguardavano: niente pace separata; cooperazione navale italo-franco-inglese contro la flotta austriaca; almeno il Trentino «sino alla displuviale alpina» epossibilmente Trieste all'Italia; Albania divisa fra Serbia e Grecia, ma con le coste neutralizzate e Valona internazionalizzata; alleanza anche nel dopoguerra per garantire stabilita al nuovo assetto europeo 6 • L' 11 agosto queste 1ichieste, approvate da Salandra e dal re, vennero inviate a Londra 7• 11 13 agosto, in un nuovo convegno con Salandra, Grandi e Porro, Cadoma tornò alla carica. «Approfitto della circostanza - annotò poi - per insistere un' altra volta sui pericoli della neutralità. E siccome il pericolo massimo è quello di trovarsi di fronte ad una Gennania e ad un'Austria vitto1iose, in accordo proba-

'San Giuli,mo a Salandra in data 7.8.1914, D.D.I., 5" serie, I, doc. 119. 'San Giuliano a Salaodra in data 4.8.1914, ibidem, I, doc. 55 . ' Carlotti a San Giuliano in data 5.8.1914, ibidem, I, doc. 65. ' Carlotti a San Giuliano in data 7.8.1914, ibidem, i, doc. 120. ' Carlotti a San Giuliano in data 8.8. I 914, ibidem., I, doc. 133. ' San Giuliano a Salandra in data 9.8.1914, ibidem, I, doc. 151. ' San Giuliano ad Imperiali in data 11.8.1914, ibidem, I, doc. 201.


68

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

bilmente con la Svilzera, consegue, io dico, che noi dobbiamo aiutare Russia e Francia a schiacciare l'Austria». Ed aggiunse che dalla fine di ottobre non sarebbe stato più possibile superare le Alpi Giulie per ragioni climatiche, perciò la mobilitazione doveva essere indetta «al più tardi i primi di settembre, sl da avere il mese cli ottobre disponibile per le operazioni». Salane.ira «esprime solito sentimento di quietismo e dice che ne parlerà al ministro degli Esteri San Giuliano» 1 • Ma San Giuliano osservò: «L' Italia non può rompere con Austria e Germania se non si ha certezza di vittoria. Ciò non è eroico, ma è saggio e patriottico» 2 • ll 19 agosto, a palazzo Braschi, Cadorna ebbe modo di esprimere le sue valutazioni cli carattere militare a Salandra ed ai ministri degli Esteri e della Guerra. Poi sintetizzò in un appunto per propria memoria: «Vengo interrogato ed espongo la situazione militare. Convengo con Salandra e di San Giuliano che l'ordine di mobilitazione dato ora suonerebbe guerra ali' Austri a, ciò che non sarebbe accaduto se ordinato il 1° giorno contemporaneamente alla dichiarazione di neutralità. Perciò il governo non può ordinare la mobilitazione (che richiede un mese) senza esporsi ad una dichiarazione di guerra dell'Austria. Perciò è d'uopo attendere che le for.ie austriache siano fortemente impegnate con i Russi e che la bilancia penda in loro dam10, per rendere loro impossibile di spostare not.evoli forze verso la nostra frontiera. Tullo ciò rende evidente quanta ragione io avessi di insistere fm dal 2 agosto perché venisse effettuata la mobilitazione. Dal complesso della discussione, durata due ore, risulta: 1. Che se si addivenisse alJa mobilitazione il governo ha in mira di occupare il Tl'cntino e Trieste per averli già in mano alla pace 2. Che esso è del tuno inconscio della impossibilità di attaccare il Trentino, irto di fortificazioni, privi come siamo di corrispondente parco d'a.~sedio. 3. Che non ha alcuna idea della convenienza di fare la grande guerra nell 'intento di andare ad imporre la cessione delle province irredente, nel cuore della monarchia austro-ungarica d'accordo con gli alJcati. Nessun pensiero di risoluzioni audaci! Piccole idee, piccoli uomini!» ' ·

Senonché l'andamento delle operazioni suscitava molte perplessità. Sul fronte occidentale i tedeschi erano a Bruxelles, la «battaglia delle frontiere» si era conclusa con un netto insuccesso francese e Joffre stava assistendo al crollo del Piano XVII, con il quale la Francia era entrata in guerra. Sul fronte opposto, i russi avevano invaso la Prussia orientale e battuto i tedeschi a Gumbinnen (19-20 agosto). Se avessero portato la gravitazione dello sforzo strategico contro la Germania per aiutare la Francia, si sarebbe alleggerita la pressione in G,ùizia contro

'Archivio Cadoma, b.12, in G. ROCHAT, L'esercito italiano nell'estate 1914 cit., p. 38. I riferimenti all' archivio Cadorna sono tratti da questo saggio. Cfr. L. MONDIN I, LA preparazione de/J'eserciro e lo sforzo militare nella prima guerra mondiale in USSME, L'esercire italiano dall'unità alla gra,ule guerra cit., p. 339. 'San Giu liano a Salandra in data 16.8.1914, D.D.l., 5° serie, I, doc. 28 1. 'Archivio Cadorna, b. 12.


LE DECISIONI POLITICHE

69

l'esercito austriaco, ivi radunato in fretta e furia per fronteggiare l«'inverosinùle» intervento russo e creato il presupposto per uno spostamento cli truppe austriache verso il fronte italiano 1• «Non è possibile - ribadì San Giuliano all' ambasciatore a Londra - impegnare l'Italia in una guerra se non si ha la quasi certezza di vittoria sin dalle prime operazioni militari. Mi pare perciò on11ai certo che dovremo mantenere neutralità» 1 . Il 25 convocò Cadorna per sentire quali richieste cli natura militare dovevano essere poste, eventualmente, all'Intesa. Gli espose la situazione e sostenne che non si poteva pensare ad una partecipazione alla guerra «se non abbiamo il 99% di probabilità cli vittoria>>, per non correre il rischio di ottenere nuove province dopo ui;ia disfatta, come nel 1866. Per dichiarare guerra ali' Austria bisognava aspettare che essa fosse già chiaramente soccombente. Cadorna arricciò il naso, osservando che entrare in campo ad Austria battuta sarebbe stato come fru-e una «eroica guerra contro il vuoto», rendendo inutile il nostro concorso militare e dando all' Austria «il calcio dell'asino» 3• Nel promemoria che il giorno seguente trasmise a San Giuliano, sulle «Condizioni da richiedersi ai Governi ed agli Stati Maggiori delle Potenze della T1iplice Intesa per l' intervento delle forze milit,u-i in favore delle Potenze stesse», Cacloma affermò la fondamentale impo1tanza di quattro punti: «La Russia deve far conoscere quante forze potrà impegnare etfellivamente contro l'Austria nel momento del nostro intervento. La Russia si impegni di attaccare a fondo l'Austria-Ungheria, tanto pili fortemente quanto maggiori saranno le forze sottratte dalla Galizia e inviate contro di noi. Conquistata la Galizia, la Russia dovrà proseguire per Vienna. Qualora, malgrado l'offensiva russa, l'Austria portasse contro di noi forze così notevoli da sconsigliarci l'offensiva oltre Isonzo, noi manterrenuuo nel Friuli e verso il Trentino un alleggiamento difensivo-conlroffensi vo, in modo da immobil izzare le suddette forze A.U. sottraendole al tealJ:o di guerra principale ove si deciderà la somma delle cose. Non si dubita che la Serbia e il Montenegro spiegheranno la massima energia per penetrare in Bosnia-Erzegovina» ·•.

Con l' occasione, Cadorna chiese l'equipaggiamento invernale per l'intero esercito, nella previsione di dover attraversare il Carso nel mese di ottobre. Insomma, «le forze militari cieli' Italia potrebbero anche determinare la decisione». San Giuliano annotò in margine: «Non lo credo». Ringraziò e promise di riferire a Salandra. Ma la cosa finì lì. Probabilmente il ministro si sentiva sempre meno incoraggiato dagli eventi a pa1tecipare alla guemt. «So benissimo - scrisse ad Imperiali - che l'Inghilterra e la Russia possono sostenere una guerra l.unghissi-

'San Giuliano a Imperiali in data 23.8.1914, ibidem, I, doc. 414.

' San Giuliano a Imperiali in data 26.8.1914, ibidem, I, doc. 453. ; Archivio Cadorna, b. 12. " E. FALDELLA, La grande guerra, Longanesi, !vlilano 1965, 1, pp. 24-25.


70

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

ma, ma non è così per gli altri» '.El' Austria e la Germania avevano, proprio allora, dichiarato di accettare l'interpretazione italiana sul famoso art. VII! 2• Intanto Grandi piano piano stava tornando sui suoi passi. Presentò a Salandra (18 agosto) una proposta di mobilitazione limitata alle sole 25 divisioni dell'esercito pennanente (anziché le 35 previste), raccogliendo nella pianura padana una massa di 200-300 mila uomini. Salandra, poco persuaso, rispose al ministro cli prendere contatto con Cadorna, il quale non ebbe esitazione nel respingere il progetto, giudicandolo tecnicamente inattuabile. Un secondo progetto (22 agosto) prevedeva invece il richiamo della Milizia Mobile, per costituire le nuove unità. Un terzo considerava la radunata dell' intero esercito mobilitato nella valle padana, ma in posizione arretrata, sì da togliergli il significato di aperto schieramento verso la frontiera austriaca. Cadorna scartò anche questi per tre ragioni cli fondo: difficoltà di preparazione ed incertezza di buona riuscita di una mobilitazione improvvisata; necessità di maggior tempo per la prontezza operativa; profonda alterazione dei piani di mobilitazione, sì da compromettere seriamente la possibilità di usufruire, in tempo successivo dell' intero potenziale militare italiano. E concluse di non ritenere accettabile soluzione del problema diversa dalla mobilitazione generale 3• Grandi finì per condividere la tesi, pur proclamandosi legato alle delibere governative sotto ogni profilo ". Tuttavia in questo scambio di opinioni affiorò un contrasto personale tra ministro e capo di Stato Maggiore; contrasto che non sfuggì a Salandra, il quale osservò che «mentre lo Stato Maggiore mi si mostrava animato da una fervida energia fattiva, quale i tempi imponevano, il Ministero della Guerra pareva intento a preservare la pace piuttosto che a preparare la guerra» 5• Nei rapporti fra i due personaggi si stava verificando qualcosa di importante, messo molto bene in luce da Rochat 6 • Formalmente, essendosi in pace, i problemi militari sarebbero dovuti essere affrontati dal ministro della Guerra, al quale spettava di avocare a sé quelli di natura amministrativa-logistica e di passare

'San Giuliano ad Imperiali in data 26.8.1914, D.D.l., 5" serie, I, doc. 497. 'San Giuliano ad Avarna e Bollati in data 26.8.1914, ibidem, I, doc. 448. 'L. CADORNA, La guerra al/a fronte italiana cit., l, p. 43. ln particolare, la radunata dell'esercito nella pianura padana «in posizione arretrata» per quanto naturalmente possibile era tutt'altro che conveniente, comportando essa varianti a ben 3.000 treni sui 4.600 previsti per la radunata. In sostanza, sarebbero stati necessari 35 giorni per portare l'esercito <<in posizione arretrata», poi altri 20 giorni per trasportarlo nel Veneto. Questo, contro i 23 giorni contemplati nel piano in vigore (AUSSME, Cadorna a Grandi in data 24.8.1914, Fondo Carteggio sussidiario prima guerra mondiale, racc. 1). • CCSM, L'esercito italiano nella grande guerra 1915-1918 (d'ora in poi Relazione ul'ficiale) , !, Roma 1974, pp. 153-154. ' A. SALANDRA, La newralitù italiana cit., p. 268. '' Sulle divergenze e di vedute fra min istro della Guem, e capo di Stato Maggiore cfr. G. RoCHAT, L'esercito italiano nell'es1a1e 1914 cit., pp. 334-346. Sul generale Grandi cfr. PASQUAL,E AMA· TO, Il generale Dome11ico Gra11di in USSME, Memorie swriche militari 1981, Roma 1982.


71

LE DECISIONI POLITICHE

·:.•.·:·········: ~\ ·............... ...•.

···\.

"•.......... :'

....··

...: .

..\ ~--~. !.....,/

,.,

.··· ..

('·''

.~

•'

r . . zona. arretrata ' .studiata il 24 agosto I 9 I 4. Ul Radunata dcll'escrcito .italiano


72

LA PR IMA GUERRA MONDlALI::

al capo di Stato Maggiore quelli di natura operativa. Ora, la forte personalità di Cadorna prendeva il sopravvento sulla figura del ministro, sì da discutere - o meglio, da «esporre>> - direttamente con Salandra e San Giuliano i problemi del difficile momento. Per di più, Salandra poco curava di mettere Grandi al corrente del proprio pensiero e, di fronte al palese disaccordo tec1ùco, «leggeva, taceva cd imparava, quando c'era da imparare, convinto che alla mobilitazione ampia e completa si dovesse comunque arrivare» 1 • Peraltro, la tesi che «in un momento in cui tutta Europa la parola era allearmi, Salandra si trovava privo di un competente consigliere militare, situazione che era al medesimo tempo effetto e concausa della radicale differenza di vedute tra governo e stato maggiore» 2, non sembra molto convincente. Il presidente elci Consigl io non aveva bisog no di un consigliere militare che, senza .tlcuna responsabilità, facesse pendere la bilancia nella disparità di opuùoni fra ministro e capo di Stato Maggiori, entrambi con responsabilità ben definite. Aveva invece bisogno di idee molto chiare su quello che intendeva fare in politica estera e di capacità di decisione in tutti i settori connessi, a cominciare da quello finanziario. L'attrito fra Grandi e Cadoma derivava, a ben vedere, proprio dall'ondeggiamento governativo. E qui occorre toccare, sia pur brevemente la situazione nella quale si trovava l'esercito italiano a fine luglio 1914.

* * * Salandra ha indicato come motivo principale della sua esitazione, prima, e della sua decisione di astenersi dall'entrare in campo nell 'autunno 1914, poi, l'impreparazione dell'esercito, citando il giudizio di Cadorna, il quale, propenso all'immediata mobilitazione generale i primi di agosto, a fine settembre riconobbe che l'esercito non era in grado di affrontare una guerra )_ Il 27 luglio, assunta la carica di capo di Stato Maggiore, Cadorna aveva constatato che, per completare in artiglierie e servizi i tre corpi d 'armata della 3" armata destinata ad operare sull'alto Reno, «si sarebbero dovuti depauperare in modo impressionante gli a ltri corpi d 'armata che rimanevano in Italia. In sostanza, l'esercito era come un immenso deposito nel quale si dovevano attingere i mezzi per mobilitare i tre corpi d'armata. In complesso, il nostro organismo militare era affatto impreparato a sostenere anche una guerra difensiva; tanto più lo era per una guerra offensiva, che noi dovevamo necessariamente intraprendere se volevamo raggiungere le nostre aspirazioni nazionali e cooperare cogli alleati ai fini generali della guerra»•. Si tratta di affermazioni molto radicali, ma non sem-

I A. SAI .ANDRA, La 11ewrali1à italiana cit., p. 267. ' G. R OCIIAT, L'esercito ira/umo netrestate 1914 cit., p. 334. ' A. SAI. ANPRA , La 11e111ralità illlliana cit. , p . 294. ·• L. CAOORNA, La guerra alla fmnfe italiana cii., I, pp. 24-25.


LE DECISIONI POLITJCHE

73

brano doversi prendere alla lettera. Difatti, quello stesso giorno Cadorna manifestò agli ufficiali del Comando del Corpo di Stato Maggiore, riuniti a rapp01to, la fiducia di riuscire a porre riparo alle pur gravi manchevolezze ', ovviamente mediante una mobilitazione generale. La situazione dell'esercito, di fronte appunto alla prospettiva di una mobilitazione generale, risulta da una memoria presentata da Cadorna e compilata praticamente sulla base di quella illustrata in marzo da Pollio a Salandra. I punti dolenti riguardavano il personale, i materiali, il livello addesrrativo delle truppe, la sistemazione difensiva delle frontiere e la rete ferrovim-ia. Limitiamoci ai principali elementi. Il personale. Le carenze numeriche investivano quadri e tnippa. Gli ufficiali, if-1 servizio attivo ed in congedo, ammontavano a 26.000 rispetto ad un fabbisogno organico di circa 40.000. I sottufficiali erano scarsissimi. La forza bilanciata, benché lentamente accresciuta dal 1910, aveva subìto gli effetti negativi della costituzione di unità inviate in Libia nonché del livello troppo inferiore ali' organico di pace; talché per raggiungere gli 870.000 uonùni necessari per I' esercito di campagna occorreva chiamare ben tredici classi. Si aggiunga che la Milizia Mobile, che doveva fornire 10 divisioni per l'esercito di campagna, era completamente da improvvisare all'atto della mobilitazione, pochissimi essendo i nuclei costituiti sin dal tempo di pace. I materiali. Le note peggiori toccavano le dotazioni di mobilitazione, nelle quali si riscontravano insufficienze di ogni genere; le artiglierie, deficienti quantitativamente e qualitativamente; l'armamento della fanteria, in special modo carente nella disponibilità delle mitragliatrici peJ ritardo di consegna da patte della casa fornitrice Wiekers; i materiali del genio scarsi o superati; i servizi anch'essi insufficienti. Il livello addestrativo. Risentiva pesantemente di due incidenze negative: la penosa situazione della forza presente nei reparti e la mancanza di campi di istruzione. Le ripercussioni di tali incidenze erano gravi soprattutto per l'addestramento dei quadri. La stessa campagna di Libia aveva nuociuto, impedendo una regolare istruzione delle reclute. La sistemazione difensiva delle frontiere. Da considerare insufficiente quella con la Francia ed incompleta quella con l'Austria. Insoddisfacente anche quella costiera. La rete ferroviaria. Continuava a presentare deficienze e lacune, nonostante le ripetute ed insistenti richieste di provvedere in merito. La rete del Veneto non era assolutamente in grado di soddisfare le esigenze della mobilitazione (mo-

' Ibidem. In tale sede, Cadoma affermò che l'organizzazione (tipica dei tedeschi) era di gran lunga preferibile alla improvvisai.ione (tipica degli italiani) e fin qui aveva ragioni da vendere; ma soggiunse che anche con l'improvvisazione, «data la intelligenza della nostra gente, si potevano pur fare cose degne ed onorevoli», e questo poteva tacerlo, visti i nostri precedenti storici.


74

LA PRilvlA GUERRA MONDLALE

tivo per cui la radunata del grosso dell'esercito era stata fermata al Piave, da dove le truppe avrebbero proseguito per via ordinaria verso il Tagliamento) '. C'è da chiedersi per quale motivo Cadorna, nonostante questo quadro scoraggiante, si mostrasse disponibile ad entrare in azione. In un accurato studio, il generale Bencivenga, che lavorò a stretto contatto con Cadorna, analizzò tutte le carenze sottolineando come, pur apparendo decisamente pesanti in senso assoluto, assai meno gravose risultassero ad un confronto con gli altri eserciti ed in particolare con quello austriaco, il nostro nemico diretto; e richiamando l'attenzione sul fatto che non si trattava di prendere in esame un confronto armato fra Italia ed Austria-Ungheria, bensl un conflitto di coalizioni, nel quale il nostro avversario era già alle prese con altri due eserciti, quello russo e quello serbo 2• In tale ambito si colloca la sua contestazione a due giudizi negativi espressi da Salandra: che l'esercito italiano fosse un «imperfettissimo organismo militare» e che al suo «immediato adoperamento» fossero di «stridente difficoltà» i sensibili vuoti riscontrati nelle dotazioni di mobilitazione, cioè in quei materiali e mezzi di ogni tipo accantonati in tempo di pace e destinati a mobilitare l' intero esercito, comprese le unità non esistenti nell'ordinamento di pace. Sul primo punto è facile argomentare che in un esercito a larga intelaiatura, quali erano quasi tutti gli eserciti europei dopo il 1870, nessuno poteva trovarsi pronto nel caso di una guerra pressoché improvvisa, essendo la disponibilità operativa strettamente legata alla mobilitazione e radunata. Indubbiamente la critica situazione della forza in cui versava il nostro esercito era aggravata dall'eccessivo frazionamento dei reggimenti provocato per lo più da esagerate misure di ordine pubblico o da «influenze elettorali» 3, non poteva essere sottovalutata. Con tutto ciò, che l'organismo fosse sano è dimostrato dal suo ingrandimento e completamento senza scosse durante il periodo della neutralità e da come affrontò la guerra del 1915. Sulla questione delle dotazioni, Bencivenga, esaminata voce per voce la situazione riportata in dettaglio dalla Relazione ufficiale, concluse: «Non occorre esser profondi in materia per giudicare che nessuna di codeste deficienze era tale da intaccare profondamente l'efficienza dell 'esercito» 4. Le carenze più «fastidiose», a causa delle loro ripercussioni in campo disciplinare, riguardavano i materiali di vestiario ed equipaggiamento, che però erano quelli più facilmente colmabili. Infatti, la mobilitazione generale riguardava 1.260.000 uorruni, di cui:

'CCSM, Relazio11e ufficiale c it., 1. pp. 67-69. Cfr. L. CAD()RNA, u1 guerra allafro111e italiana cil., I, pp. 13-27. ' R. B ENCIVENGA, Saggio critico sulla nos1ra guerra cit., I, cap. V. ' L. CAOORNA, La guerra sulla fronte iralia11a cit., I, p. 26. ' R. B ENCIVENGA, Saggio critico sulla 11ostra guerra, cit. l, p. 150.


LE DECISIONI POLITICI le

75

872.392 per l'esercito di campagna, 344.320 per presidio fortezze, difesa costiera, ccc., 43.925 per la Libia. Ebbene, già al l settembre l'entità delle forse mobiJitabili in base alle dotazioni di vestiario ed equipaggiamento era radical.mente mutata: O

1• agosto

l settembre

Esercito permanente . . ..•.. .. ... .. . . • ....... . MiJizia mobile . .. ..... .... . .. . ... .. , . .. .. . .. .. . Milizia lferri1oriale

480.000 108.000

660.000 229.000

144.000

295.000

TOTALE

732.000

1.184.000 1

O

In conclusione, secondo Bencivenga, la pronta entrata in campagna dell'esercito era più che plausibile, specialmente in relazione ad un confronto con l'esercito austro-ungarico. Francamente, le considerazioni svolte da Bencivenga non persuadono del tutto. O meglio, sono condivisibili solo in parte e limitatamente al giudizio di merito sulla validità strutturale dell'esercito, sulla possibilità di rapido impiego di una grossa paite di esso grazie alla mobilitazione generale e suJla più agevole adottabilità di provvedimenti che ne sarebbe derivata. Le perplessità più rilevanti sorgono nell'esaminare il pensiero del massimo responsabi le, Cadoma, cosl come prese corpo nella «Memoria» e manata il 21 agosto e nelle successive «Direttive» del 1° settembre. Prima però occorre accennare al disegno strategico abbozzato da Cadoma, non appena la situazione internazionale indicò nel l'Austria la Potenza nemica più probabile. In quel momento l'Austria, già impegnata pesantemente sui fronti serbo e russo, non era obiettivamente nelle condizioni di intraprendere una guerra offensiva su un terzo fronte, quello italiano. Scartata quindi l'ipotesi di un'aggressione austriaca, e cli un conseguente atteggiamento difensivo per fronteggiarla, non restava che prevedere, come logica alternativa, l'avvio di un'operazione offensiva. Fra l'altro, questa non avrebbe dovuto incontrai·e resistenze insormontabili, dato che, alla frontiera italiana, l' Austria schierava truppe di 2• linea che, seppure destinate ad essere rinforzate con battaglioni di marcia, non avrebbero co-

' Più 200.000 serie per la 2' categoria della classe 1894 e la J' e 2' categoria della classe J895. Però mancavano le serie di corredo invernali, in quanto tacitamente ammesso che ad esse si sarebbe provveduto all'atto della mobili1azione generale.


76

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

stiruito un serio ostacolo '. In base a tale valutazione, Cadorna imbastì un «Concetto offensivo di operazioni contro l' Austria» (il documento, autografo, po1ta la data «agosto 1914»), che individuava: l'obiettivo finale nel fronte Vienna-Budapest, coincidente con quello dell' esercito russo; uno sforzo principale lungo la direttrice Gorizia-Lubiana-Zagabria ed oltre, per cadere alle spalle del fronte austriaco contro l'esercito serbo; uno sforzo secondario lungo la direttrice Tarvisio-Villach-Klagenfurt; una difensiva in corrispondenza del saliente austriaco ciel Trentino, ma con offensive a scopo limitato contro il campo trincerato di Trento e la sella di Dobbiaco. Di conseguenza, il grosso dell'esercito italiano (2° e 3° armata) doveva raggiungere il fronte Maribor-Varazdin sulla Drava, mentre il «corpo della Carnia», debitamente rinforzato, doveva conquistare le conche di Yillach e di Klagenfurt. La 1• e La 4• armata, tenendosi come si è det.to sulla difensiva in generale, dovevano attaccare, l'una le opere di Lavaronc e quelle di Trento, e l'altra il tratto Dobbiaco-Fortezza (Toblach-Franzenfeste) 2• Si ignora in quale misura cd in che modo Cacloma abbia comunicato ai comandanti di ann::ita questo suo disegno. Si può presumere ne abbia accennato od anche discusso informalmente. Il 21 agosto però, con un documento intitolato «Memoria dassuntiva circa un'azione offensiva verso la Monarchia a.u. durante l'attuale conflagrazione europea», Cadoma mise nero su bianco ed orientò i comandanti di armata sulla fase iniziale della guerra. In particolare, lo sforzo p1incipale venne delineato limitatamente alla «conquista del Goriziano e del Triestino»: il primo obiettivo era rappresentato dalla linea dell' lsoozo, vale a dire dalle alture del Kolovrat e del Collio; il secondo, dal controllo delle conche di Krainburg (2° armata) e di Lubiana (3" armala), sulla Sava. Al Comando della Carnia era affidata l'occupazione di Tarvisio per facilitare l'azione della 2° armata. La conquista di Trieste poteva esser fine a se stessa o base per un'avanzata su Lubiana; quella di Fiume poteva costiniire base per puntare su Zagabria 3.

' Si n daJI' annuncio della neutralità italiana, r Austria reputò molto probabile un attacco italiano. Cosicché I' I I agosto il Comando Supremo austro-ungarico affidò al generale Rohr il comando del fronte sud-ovest con queste direttive: «Da molti indizi si deduce che l'Italia si prepara a realizzare le sue aspirazioni sulle nostre province meridionali, tanto più che lutto il nostro esercito campale è impegnato su altre fronti. Se però effettivamente si dovrà subire un attacco da parte dell'Italia, non lo si potrà sapere che in appresso, e cioè quando sarà maggiormente chiarita la situazione, sia dal lato politico che dal lato militare. Quindi non si può precisare per ora, quando e come potranno aver luogo le prime azioni di guerra; t11TTavia deve essere in noi il fenno proposiro di opporsi a questa azione nel modo più risoluto» (CCSM, Relazione uj]iciale cit., Il, p. 15). ' E. fA LDELLA, La grande guerra cit. , I, pp. 36-38. ' CCSM, Relazione ufficiale cit. , II bis, doc. I, pp. 1-8. Cadoma tenne a far uotal'e che «questa memoria fu scritta il 21 Hgosto, quando mancava qua ls iasi espcrienw del la guerra europea, quando cioè la guerra non si era ancora immobili zzata nelle trincee del fronte oc:ciden1aJe» (L . CA1>0RNA, La guerra sulla frome italiana cit., l, p. 95). Sulla pianificazione operativa italiana contro I' Austria-Ungheria cfr. M AURJZIO RuFFO, L'Italia nella Triplice Alleanza, USSME, Roma 1998.


LE DECISIONI POLITICHE

77

( )

Salisburgo

·.1. Dald ton

li «Concetto orfcnsivo di operazioni contro l'Aus1ria» di Cadorna. agoslo 1914.


78

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

'_Id~ ~ ""f\ """":::·

( Brat{ lava

o

Leoben

Brunico

La «Memoria riassuntiva circa un'azione offensiva verso la Monarchia a.u. durante l'anuale conflagrazione europea» di Cadorna in data 21 agosto 19 14.


LE DECISIONI POLITICH E

79

È a quest' ultimo proposito che nella memoria figurava l' unico addentellato con il «Concetto offensivo» citato in precedenza, ed evidentemente illustrato almeno verbalmente: «( ... ) L'obiellivo di Agram [= Zagabria] potrebbe essere considerato sia sono il punto di vista dell'offensiva nostra nel cuore della Monarchia, sia in relazione ad operazioni pitt generali rispetto a que lle dell 'eserci to serbo. Nel 1° caso potrebbe rappresentare, insie me con Marburg, una posizione di raccolta dell'esercito, al piede orientale del sistema alpino, dalla quale poter muovere nelle varie direzioni nell'interno della Monarchia a.u. Nel 2° caso la marcia su Agr.un potrebbe rappresentare un concorso dirello alla marcia dei Serbi allraverso la Bosnia» ' .

Fin qui, in sostanza, il disegno operativo. Ma nella esposizione fatta al termine della guerra, Cadoma aggiunse un commento esplicativo di rilevante interesse. Egli scrisse che la traversata delle Alpi Giulie «qualora la si fosse potuta effettuare sarebbe stata (... ) un'operazione grandiosa e molto difficile», anche perché «ad ogni passo era ivi possibile organizzare linee di difesa della medesima efficacia di quelle che hanno a noi così lungamente resistito». Poi concluse che «se la fronte non si fosse stabilizzata, l'obbiettivo fina le sarebbe stato quello cli venire a schierare lutto l'esercito (salvo la parte destinata ad operare sulla fronte Tridentina) sulla Drava, fra la conca di Villach e Varazdin, da dove le operazioni sarebbero state in grado di proseguire verso l' Ungheria, collegandos i ai Serbi, o verso l' Austria» 2 • Se ne desume che a fine agosto 1914 Cadoma riteneva che l'esercito mobilitalo fosse in grado di raggiungere la Drava. È vero che non si nascondeva le difficoltà e non negava il possibile arresto dell' offensiva, ma questo commento - che per giunta è fatto a posteriori - finisce proprio con il convalidare la sua sostanziale fiducia in un' offensiva a fondo, lanciata appena ultimate mobilitazione e radunata. Ove avesse, difatti, considerati insuperabili gli ostacoli derivanti dall'ambiente naturale e dalla resistenza avversaria, non si sarebbe neppur sognato di parlare di Maribor e Varazdin. Peraltro, a quanto sembra, il proposito di un'offensiva a fondo non venne portalo a conoscenza del governo. Il 19 agosto aveva avuto luogo la citata riunione a palazzo Braschi, in cui Io stesso Cadoma aveva convenuto sull'opportunità onnai di attendere che gli Austriaci fossero così fortemente impegnati dai russi da non poter spostare truppe verso il nostro fronte; ed il governo aveva indicato come obiettivi il Trentino e Trieste, per averli già in mano al momento della pace. Non risulta che in quella sede Cadoma abbia accennato al disegno di guerra, eppure due giorni dopo, il 21, inviò la «Memoria riassuntiva» ai comandanti di armata. Poco più tardi, i.I 26 agosto, Cadorna presentò a San Giuliano il promemoria sulle «Condizioni da richiedersi ai governi cd agli Stati Maggiori

' CCS M, Re/az.ione ufficiale cit., U bis, doc. 1, p. 2. > L. C\OORNA, La guerra allafrome ita/ia11a cit., I, p. 96.


80

LA PIUMA GUERRA MONDIALE

dell'Intesa», ma anche in questa occasione pare abbia taciuto su quello che aveva in mente. Molto probabilmente la mancata comunicazione fu dovuta alla conoscenza dell'esplicita volontà politica di non impegnarsi che a vittoria nettamente delineata, e della sfiducia che Salandra e San Giuliano manifestavano sulle possibilità operative dell'esercito. Il I O settembre - i russi erano stati battuti a Tannenberg, ma premevano verso Leopoli-Cadorna diramò le «Direttive per i comandanti di armata durante il periodo della mobilitazione e radunata, nell'ipotesi offensiva oltre Ison:w» 1• Ebbe cura di specificare che esse si riferivano al «periodo di mobilitazione e radunata e non oltre, dipendendo le ulteriori disposizioni dalle circostanze; cosa questa da tener bene presente, se non si vuole fuorviare il giudizio» 2 • Furono esplicite nel prescrivere un contegno cauto: «All'i nizio delle ostilità la linea di condotta delle rispeu ive autorità deve ispirarsi al concetto di garantire l'inviolabilità del nostro confine. Intendo perciò che le tmppe in occupazione avanzata si astengano da azioni o ffensive non collimanti col predetto scopo. e da imprese rischiose, le quali minaccino di trarre a rincalzo le uuppc non ancora consolidate cd orientale, e possano comunque turbare l'andamento della mobilitazione e radunata. Con ciò non intendo prescrivere una difesa passiva. Ché anzi in questa fase, specie nei primi momenti, potrà essere opportuno prevenire il nemico su talune posizioni o scacciamelo se dcbolmenre occupate, posizioni le quali diano maggior solidità alla difesa da pa.n e delle truppe di coperiurn, o acquistino speciale importanza per il segu ito delle operazioni» '.

Si potrebhe arguire, da questa prndenza, una specie di ripensamento operativo da parte di Cadoma, ma non è così, perché le dirnttive impl icitamente facevano seguito alla memoria del 21 agosto, come si desume dal loro titolo, ed esplicitamente si riferivano al solo periodo critico de lla radunata. Il piano d'operazioni sarebbe stato comunicato dal Comando Supremo «al momento opportuno» ·•. Che il disegno strategico espresso nella citata memoria fosse sempre valido è stato confermato più tardi dallo stesso Cadoma: «I concetti contenuti nella memoria che ho rifc1ita furono tradotti in particolareggiate direltive ai comandanti delle annate(...)» 5 • Ciò detto, riconsideriamo adesso alcune delle deficienze riscontrate da Cadoma quando assunse la carica di capo di Stato Maggiore: quadri ufficiali e sottufficiali: nessun provvedimento straordinario avrebbe potuto coprire interamente le carenze numeriche. Sul piano qualitativo, le affrettate nomine c promozioni sarebbero state accettabili per una difensiva, ma sicuramente non per un'offensiva, specie se ricca di incognite;

'CCS M, Relazione ufficiale cii., rr bis, doc. 2 e 3, pp. 9-19. ' L. CADORNA, La guerra alla fronte i1aliana cii., I , p. 97. ' CCSM, Relazio11e uf]iciale cit., 11 bis, doc. 2, p. 13. ' Ibidem, p. 15. > L. CADORNA, La guerra allaji-onte italiana cit. , I , pp. 96-97.


LE DEC ISIONI POLITICHE

81

mitragliatrici: erano l' arma di reparto per eccellenza della fanteria e la loro insufficienza quantitativa ne comprometteva l'azione; artiglierie: anche se lo scarto numerico rispetto all 'esercito austriaco non risultava eccessivo, la nostra inferiorità sarebbe apparsa pesante in operazioni offensive, richiedendo l'attacco una decisa superiorità; mezzi di trasporto a motore ed animale: carenze non superabili in ogni senso. Limitandoci a questi pochi cenni, non può non colpire il contrasto fra una situazione militare presentata in colori più che allarmanti ed un disegno di guerra di simile portata. Anche ammesso che l' esercito potesse arrivare alla Drava, in quali condizioni vi sarebbe giunto? Ma con ogni probabilità gli ostacoli naturali e l'opposizione nemica avrebbero costretto la di visata offensiva ad arenarsi quanto' prima. In tale evenienza, il danno operativo, psicologico e di prestigio provocato da una frettolosa offensiva sarebbe stato notevolissimo. Valeva la pena di correre questo rischio «partendo» con uno strumento necessariamente, checché si dica , incompleto? 1• Una disquisizione circa gli effetti del nostro intervento nell'autunno del 1914 o nella primavera del 1915 o più tardi, conoscendo gli sviluppi della guerra sui vari fronti, ha scarso valore probatorio. Conta quanto potevano immaginare i responsabili politici e mii itari nell'estate del 1914. In quel periodo Cadorna, a torto od a ragione, sosteneva di poter entrare in campagna con una buona speranza di successo. Salandra nutriva mille incertezze, tutt'altro che irragionevoli. La decisione spettava al governo. Al quale governo, comunque, è da addebitare la grave responsabilità della inerzia, più che della lentezza, nel disporre le misure per 1imediare alle accertate carenze dell'esercito.

* * * Il compo11amento di San Giuliano era obiettivamente obliquo. Da un lato teneva contatti segretissimi con l'Intesa per le concessioni cui nùrava, ma come si è detto non intendeva sbilanciarsi se non a situazione compromessa per gli Imperi Centrali. Da ll' altro curava ottimi rapporti con la Germania, evitava attriti con l' Austria-Ungheria (di cui temeva la vendetta a guerra finita), e addirittura dava istruzioni agli ambasciatoii a Berlino e a Vienna di «sondare il terreno( ... ) per concretare gli eventuali compensi all'Italia in caso di ingrandimento del!' Austria» 1 . Rassicurava Biilow: «(... ) sans le moindre doute il n 'y aura pas de guerre entre l'Italie et l'Autriche» e gli dichiarava dì nutrire la fondata speranza che i rapporti fra le tre Potenze della T riplice Alleanza uscissero dalla crisi «peut-etre

' Più tardi Cadoma ammetterà che «molte delle originarie deficienze [de.JJ'esercito] erano di tal natura che non era possibile di portar loro in pochi mesi rimedio radicale» (L. CADORNA, l" guerra alla fron te italiana cit., I. p. 71). ' San Giuliano ad Avarna e Bollati in data 31.8.1914, O.O.I.. s• serie, 1, doc. 522.


82

LA PRJMA GUER RA MONDIALE

modtfiés, mais probablenumt raffermis» ' . E confem1ava «nostro fermo proposito mantenere neutralità salvo naturalmente eventi imprevisti» per contribuire alla pace «ad eque condizioni» 2• Il 17 settembre scriverà ad Imperiali: «(...) l'Italia è tuttora legata ali' Austria-Ungheria da un trattalo il quale stabilisce che nei casi in cui non entra in vigore il carns Joederis si debba mantenere la neutrnlità benevola (... ). (...) è chiaro che se dobbiamo ad un certo momento partecipare alla guerra [contro l'Austria] è necessario che da noi si possa fornire un casus belli legittimo e grave. Tale casus belli potrebbe legillimamentc presentarsi qualora dallo svolgimento della guerra risultasse gravemente compromesso l' equilibrio politico cd etnico del!' Adriatico per effetto di una seria sconfitta austriaca in quel mare o su quelle coste. La minaccia di un soverchiamente degli interessi slavi a danno delle popolazioni italiane potrebbe far entrare in gioco appunto l'interesse vitale dell ' Italia all'equi librio politico cd etnico del!' Adriatico(...)» J.

In questo profondo stato di indecisione politica, Cadoma non poteva proprio sperare di ricevere direttive precise, comunque non dava requie nel chiedere l'attuazione di tutti i provvedimenti occorrenti per affrontare una guerra, che già a fine agosto si profilava ben più lunga di quanto non fosse in genere previsto, e che quindi richiedeva l'equipaggiamento invernale per tutto l'esercito. Il 3 settembre rinnovò a l ministero della Guerra l'elenco delle necessità cui bisognava provvedere con urgenza per ottenere una buona mobilitazione. n quadro che tracciava era pesante, anche perché implicava un giudizio negativo sull'opera del ministero stesso. Grandi inoltrò subito la lettera a Salandra, «per la gravità che assumono le osservazioni che andrò facendo qui di seguito», e sostenne che nel campo delle dotazioni «non esistono le deficienze di armamento o di carreggio» cui si riferiva Cadorna. C'erano, è vero, notevoli carenze di vestiario, ma «grazie alla sollecitudine mostrata dal Governo nel concedere i mezzi fmanziari necessari( ...) il Ministero provvede con ogni alacrità a colmare tali deficienze, né occorrevano invero le sollecitazioni del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito per spingerlo a farlo». Erano, insomma, state prese tutte le predisposizioni affinché con «opportuni ripieghi» si potesse dar corso all'eventuale mobilitazione senza problemi particolari. «Né io mi sento, come pure vorrebbe il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, di consigl iare sacrifici maggiori sul bilancio dello Stato, s ia perché non ne veggo la praticità, data la potem:ialità Iin1i1ata dell'industria nazionale a sopperire ai bisogni, che ho già posto in evidenza; sia perché se anche la possibilità di una produzione più intensa vi fosse, non stimerei convenisse profittarne nella considerazione anzitutto che, ciò determinando un rialzo fittizio dei prezzi e mano d'opera in talune industrie, l'economia generale della produ zione e dei salari nel Paese ne sarebbe conturbata; in secondo luogo perché non vorrei che spese soverchie e non rune giustificate da una immediata necessità ri uscissero a questo di far pesare sulle finanze nostre fin d'ora i danni della guerra, senza la corrispondente speranza di quei consensi (molto aleatori invero) che la guerra talora trae con sé».

' San Giuliano a Btilow in data 31.8. 1914, ibidem, I, doc. 524. ' San Giuliano a Tittoni, Imperiali e Carlotti in data 1.9.1914, ibidem, I. doc. 535. ' Sa11 Giuliano a Imperiali in data 17.9.1914, ibidem, I. doc. 726.


LE DECIS10Nf POLlTLCHE

83

Per quanto concerneva la milizia mobile e la milizia territoriale, Grandi era del parere che esse costituissero «un onere grave senza un utile corrispondente», ed anzi «potrebbero anche in determinate evenienze rappresentare un pericolo». A paite, dunque, il fatto che, tutto sommato, avrebbe preferito mobilitare i soli 12 corpi d'armata dell'eserciLo permanente, si dichiarava decisamente contrario all'idea di Cadorna di cominciare subito a dar vita almeno all'ossatura dei reggimenti di mil izia mobile chiamando la classe 1884, provvedimento che avrebbe pesato sul bi lancio ed indotto l'opinione pubblica italiana ed estera a ritenere decisa l'entrata in guerra dell'Italia. Ma la «gravità» delle osservazioni su cui Grandi aveva richiamato l'attenzione di Salandra in apertura di lettera si basava essenzialmente su due punti. Il primo r\guardava il contrasLo ministro-capo di Stato Maggiore: «La insistenza che egli Lii capo di S.M.J mostra in questo fog lio, come già nei precedemi che pure comunicai all'!Z.V.. per provocare misure manifestamente bellicose e in certo modo quasi forzar la mano per determinare una tendenza che iJ Govemo con .la sua franca e dignitosa dichiarazione di neutralità ha escluso, è cosa troppo grave perché, per ben chiarire i compiti e le responsabilità di chiunque può oggi avere qualche influenza sulla pubblica cosa. io non dovessi anzitutto segnalarla ali' E. V. Tale azione del capo di Stato Maggiore dcli' esercito esorbita, a mio avviso. assolutamente dalle attribuzioni che a lui sono devolute: giustificabile fino a un certo punto anche nel suo esercitare se la guerra dovesse ritenersi alla porta: intollerabile nel caso contrario da qualsiasi Ministero, che abbia alta la nozione dei suoi diriui e dei suoi doveri».

Il secondo punto concerneva la linea di politica estera che il governo intendeva seguire, e questo dimostra quanti scompensi possa l' incerta condotta politica, di fronte all'eventualità di una guerra, provocare nella preparazione del paese: «Se il Governo ha intenzione di prendere posizione o presto o poi a fianco di qualunque dei contendenti nell'attuale conflitto eurnpeo, diverse delle misure proposte dal capo di stato maggiore dell'esercito potrebbero essere accettale e taluna dovrebbe anche essere sollecita. Ma se tale non è l'intenzione del Governo, se esso, come finora mi si è fatto intendere, si propone cli tenersi lealmente e fermamente neutrale, deciso a ricorrere alle anni soltanto nel caso estremo in cui taluno dei belligeranti minacciasse gli interessi vitali del Paese, allora la mobilitazione appasirebbe come una eventualità cosl poco probabile, ad ogni modo tanto remota, che i provvedimenti d'ordine esclusivamente militare proposti dal capo di stato maggiore dell'esercito perderebbero qualsiasi carattere di opportunità, dovrebbero scartarsi in blocco, come dallllOSi all"insieme degli interessi piì1 generali del Paese. Su tutto ciò in sostanza mi occorre cli conoscere l' autorevole parere di V.E. quale capo del governo, inquantoché il Ministero della Guerra non potrebbe, senza scapitare del suo prestigio, continuare più oltre in questa polemica che ogni giorno si rinnova col capo di stato maggiore dell 'esercito, il quale ad ogni momento lo assilla con la manifestazione di sempre nuove esigenze; ma deve di fronte al medesimo prendere un atteggiamento ben netto, che tagli corto ad ulteriori dissidi, determinando esattamente la posizione di ciascuno» '.

' Grandi a Salandra in data 4.9.1914, f.19, AUSSME, Fondo M.G. Capo di S.M. R.E. , race.10, fase. I.


84

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Salandra rispose piuttosto genericamente e chiese <lati precisi in base ai qua-

li ragionare e decidere, così Grandi replicò a Cadoma che per le proposte formulate a suo tempo da Pollio (e da Cadoma puntig liosamente richiamate al la memoria), «se la situazione fosse tale da far presumere l'entrata nostra in campagna (il che per ora è da escludere), prima della fine di ottobre il ministero emanerebbe l'ordine perché le disposizioni già studiate abbiano effetto esecutivo)), e, per l'estensione dei provvedimenti all'intero esercito, domandò preventivi di spesa dettagliati, riservandosi di «portare a suo tempo la questione in Consiglio dei ministri per la necessaria deliberazione» '. li lO settembre Cadorna indicò in 46 milioni complessivi l'onere finanziario per le varie necessità, sottolineando l'urgenza dell'intera assegnazione «se il governo ritiene possibile l'eventualità di una campagna invernale», ed avvertendo che in caso contrario «rimarrebbe chiaramente inteso che nessuna operazione militare di qualsiasi genere potrebbe essere intrapresa da oggi sino a primavera inoltrata» 2• Grandi ribatté di aver «cercato cli provvedere alle manchevolezze nei Limiti impos1i dalle esigenze jin(lnziarie e dalla ristrettezza del tempo di cui poteva disporre». Ma ora la situazione internazionale e quella interna «non permettono di escludere per un tempo non lontano la ipotesi del1a mobilitazione generale e dell'entrata in campagna». I dati già fomiti dal Comando del Corpo di Stato Maggiore sulla forza approssimativa che poteva essere mobilitata dovevano necessariamente venir integrati in un apprezzamento circa «l'affidamento che V.E. c rede si possa fare sul nostro esercito per assolvere quei compiti che, secondo ogni probabilità, dovrebbero essergli affidati nel caso della nostra entrata in campagna (...). li giudizio dell'E.V., cui nell'accennata ipotesi incomberebbe una altissima responsabilità, è indubbiamente un importantissi mo elemento per le gravi decisioni che il Governo dovrà pre ndere; ond'è che io prego fornirmelo esplicito e preciso»'·

Anuncttiamo senza esitazioni il senso di disagio provocato dal riportato scambio di corrispondenza. Il governo non sa impartire direttive chiare in base alle quali lavorare; il ministro della Guerra prima minimizza la situazione ed allega ristrettezze finanziarie, poi, a seguito delle ininterrotte pressioni del capo di Stato Maggiore, comincia ad avere dubbi e si rivolge per lumi al presidente del Consiglio; il capo di Stato Maggiore, alle prese con una condizione militare di partenza che giudica grave, cerca in lutti i modi di non farsi sorprendere dalla guerra come è stato sorpreso dalla neutralità. Tutti, in fondo, possono mostrare buone ragioni, ognuno può presentare giustificazioni valide per il proprio operato; ma il risultato è sconcertante. Lo è perché mancava una mente lucida ed una mano ferma al. governo.

' Grandi a Cadorna in data 6.9.1914, Archivio Cadoma. b.13. ' Cadoma a Grandi in data 10.9.1914, ibidem. 'Grandi .1 Ca<lorna in data 20.9.19 14, AUSS!vIB, Fondo M.G., Capo di S.M.R.E., racc. 10. fase. I. Cfr. L. CAOORNA, La g uerra alla frome i1aliana cit .. !, p. 46.


LE DECISIONI POLITICHE

85

La richiesta finale d.i Grandi appare veramente strana, quasi ìl ministro della Guerra fosse incapace di trarre conclusioni attendibili dagli elementi in suo possesso, circa l'efficienza dell'organismo di cui era il massimo esponente. Addirittura chiede al capo di Stato Maggiore vere e proprie garanzie, facendogli capire che sarà il p1imo responsabile della decisione governativa. Ma tale richiesta partiva eia Salandra ed evidentemente risentiva delle notizie sull'andamento della gue1Ta. In Francia, dopo la battaglia della Marna, I.a lotta stava stabilizzandosi; in Prussia orientale i rnssi erano stati batl11ti anche ai Laglù Masuri, ma in Galizia avevano costretto gli austriaci ad una rotta disordinata; in Serbia l' offensiva austriaca era duramente contrastata dai serbi. Comunque, Cadoma rispose che, se si fosse trattato di uno scontro fra Italia ed Austria-Ungheria, le deficienze in atto non avrebbero concesso molte speranze, ma, tenuto conto dell'inserimento in una gue1Ta cli coalizione e del già visibile impegno gravante sulle forze tedesche ed austtiache in altri teatri d'operazioni, «si sarebbe potuto entrare in azione con fiducia e con buona speranza cli favorevoli risultati», anche se più limitati rispetto a quelli ottenibili «entrando in azione due mesi piima» 1• Lo stesso giorno Cadoma ebbe un colloquio confidenziale cli un paio d'ore con Salandra, a casa sua. Il presidente del Consiglio voleva «conoscere quale sia l'efficienza delJ 'esercito, se si può entrare in campagna con speranza di successo». Le solite domande, sintomatiche dei mille dubb.i che tormentavano lui e San Giuliano. Cadorna, naturalmente, ripeté quanto aveva appena scritto al ministro della Guerra. Però il 24 settembre ebbe una brutta sorpresa. Il generale Tettoni, direttore generale dei servizi logistici ed amministrativi del mitùstero, lo informò che per il momento erano in corso «soltanto i provvedimenti concernenti l'equipaggiamento ordinario per una campagna durante la buona stagione», e che, per mettersi in condizione di operare nella fascia alpina anche d'inverno, sarebbe occorso un tempo considerevole, che peraltro si trovava nell' impossibilità cli precisare perché «finora non ha avuto conoscenza delle proposte particolareggiate» inoltrate dallo Stato Maggiore il IO settembre! 2 • Cadoma scrisse allora a Grandi di esser dovuto giungere alla conclusione che l'esercito non era in grado cli scendere in campagna. «Né ciò potrà avvc1ùre - specilicò - fino a quando le dotazioni non saranno costituite in modo che rispondano, per quantità e specie, alle reali esigenze della mobilitazione e delle operazioni di guerra(... ). È grave dover fare ora una constatazione di questo genere, ma solo ora, dopo le comunicazioni verbali del gen. Tettoni, ho potuto farmi un'idea delle tristi condizioni in cui si trovano i nostri magazzini vestiario ed equipaggiamento, alle qualj si è cercato di porr.e riparo con zelo ed alacrità, ma non abbastanza in tempo rispetto alle necessità del momento.

'Cadorna a Grandi in data 22.9.1914, ibidem, pp. 46-47. La contraddizione fra i giudizi espressi a fine luglio e l'ipotesi di entrare addirittura in guerra i primi di agosto è tal.mente enorme da indurre a ritenere cl1e Cadorna abbia vol uto in realtà riferirsi all'ordine di mobilitare. ' Archivio Cadorna, b. 13.


86

LA PR IMA GUERRA MOND IALE

E mi duole altresl di dover constatare che relativamente ai provvedimenti per operazioni invemalj , sui quali, da un mese circa, ho richiamato in modo tutto spec ifico l'attenzione di codesto Ministero, non si sia finora entrati per nulla nel campo pratico di attuazione e non si sia, così, approfittato di tutto il tempo disponibile per tali preparativi, mentre, neUe circostanze auuali, il tempo è veramente prezioso» •.

Il giorno seguente, 26 settembre, Salandra convocò Grandi, Cadorna ed i comandanti des ignati d'armata (Zuccari, Roberto Brusati, Frugoni e Nava) . La discussione riguardò, ovviamente, la possibilità di un intervento e, in particolare, la possibilità di una campagna invernale. Il fatto che Salandra abbia taciuto dcUe trattative in corso con la Gran Bretagna 2 e la Romania 3 rende dubbio che egli abbia veramente posto un preciso quesito per ottenere una risposta tecnica determinante. Egli dunque ascoltò. Era anche fortemente irritato con Grandi, perché dopo settimane di schermaglia burocratica - derivante daUa sua richiesta di conoscere i responsabili delle inesattezze circa le dotazioni di mobilitazione che i dati fornili dal ministero della Guerra L'avevano indotto ad illustra re a l parlamento, in sede di lettura del programma di governo - Grandi aveva concluso sostenendo che, in sostanza, il ministero della Guerra mai aveva «dissimulato lo stato delle dotazioni», e che un «cambiamento di forma, del quale nessuna preventiva conoscenza ebbe il ministero della Guerra», aveva condotto il Govemo a dichiarare «cosa nella sostanza alquanto diversa» •. TI «fremito d' indignazione» di Salandra porterà alle dimissioni di Grandi i primi di ottobre. IJ 29 San Giuliano trasse le conclusioni dalle nolizie pervenute daJle capitali dell'Intesa: «a mc - scrisse a Salandra - pare che, se le nostre condizioni militari lo permettono, giovi affrettare la firma dell'accordo di Londra e concent:rare tutti gli sforzi per assicurare la migliore soluzione diplomatica e militare possibile per conseguire il grande scopo nazionale» S, cioè dare ali' Italia i suoi confini naturali. Però a tale intervento pose, come premessa irrinunciabile, un' offensiva navale anglo-francese neU' Adriatico, con uno sbarco a Trieste seguito da un plebiscito. Un' azione del genere avrebbe non soltanto raggiunto uno degli obietti vi ambiti dall'Italia, ma sollecitato gli entusiasmi popolari ed arrecato problemi politico-militari ali' Austria <·. Questa pregiudiziale, invero, non sembrò ' Cadoma a Grandi in data 25.9. 19 14, f. 1257/R.S., AUSSME, Fondo M. G. • Capo di S.M.J<.E., mcc. 10, rase. l. Cfr. L. C ADOR NA, la guerra alla fronte italicma ci t., I, pp. 47-48. ' ll 15 settembre San Giuliano aveva inviato a Grey una nuova memoria, più precisa, sulle condizioni it aliaJJe (O.O. I., 5" serie, I, doc. 703). ' n23 settembre i govemj italiano e mmeno si erano segretamente impegnati a non uscire dalla neutralità senza un preavviso di olio giorni (San Giuliano a Fasc iotti, ministro a Bucarest, in data 21.9. 1914, ibidem, I, doc. 763). • A. SAL/\NDRA, La neutrulità italiana cit. , pp. 272-273. ' San Giuliano a Salandra in data 29.9.1914, O.O.I., s• serie, 1, doc. 842. • n 16 settembre S:in Giuliano aveva telegrafato ad Imperi ali accennando, fra l'altro, proprio ad un'azione navale alleata in Adriatico e spiegando: «L'interesse maggiore dell' Italia, e maggiormente minacciato, è nell ' Adriatico. Nostro avversario è l'Austria-Ungheria, non la Germania. Viceversa lo scopo principale della Triplice intesa è lo schiacciamento della Germania, mentre la questione adriatica è per essa secondaria. Ne consegue che a noi occorrono espliciti tassativi impegn i ed efficacissimo aiuto contro l' Aus tria-Ungheria» (O.O.I., Y serie, I, doc. 703).


LE DEClSJONl POLITICHE

87

molto convincente né a Salandra né a Sonnino, che in quel periodo era spesso consultato, e d'altronde aveva scarsissime probabilità di esser presa in considerazione dagli alleati. In conclusione, Salandra si risolse per il rinvio dell'intervento alla primavera del 1915 1 ed il 30 settembre presentò al re una memoria dettagliata in merito alla situazione internazionale e sulle condizioni dell' esercito in quel periodo. Il panorama europeo era raffigurato in questi termini: «( ... ) ll problema presente, esclusa per l'assoluta renitenza del Paese ogni possibilità di collaborazione con gli Imperi Centrali, si riassume per noi nell'alternativa di mantenerela neutralità, oppure di prendere parte alla guerra insieme alle Potenze della Triplice Intesa ed ai minori Stati alleati, quando ci sia seriamente garantita, come risultato della comune vittoria, la realizzazione, nella massima tnisura possibile, delle aspi.razioni nazionali verso il Trentino e verso l'Istria. Ogni altra soddisfazione accessoria (A lbania, Dodecaneso, Adal ia, ecc.) 1100 sarebbe riputata dal Paese adeguato compenso dello sforzo e dei darmi di una guerra. Noi per ora abbiamo libertà di scelta rra le due linee di condotta. Ma tale libertà ci potrà essere menomata sia da evenmalità che non si possono specificamente prevedere, ma che debbono ritenersi sempre possibili nello attuale sconvolgimento generale, sia:

a) dal precipitare della disfatta austriaca in guisa che app,ùa sicuro, se non lo smembramento, una notevole diminuzione della Mon:uchia austro-ungarica a vantaggio degli Stati slavi; b) da una intensa azione di guerra della flotta della Triplice Intesa in Adriatico, particolarmente nell'Istria; c) dall'avanzaJsi dei Serbi e dei Montenegrini nella Dalmazia; d) da altre gravi complicazioni balcaniche, eventualment.e promosse dall'entrata in guerra della Turchia; e) daH'entrata in guerra della Rumenia, nel caso che il movimento dello spi.rito pubblico, sopraffacendo, come accenna, la resistenza del Re, imponga a lui o al suo successore l'occupazione dei territori austriaci abitati da Rumeni. Verificandosi una di queste ipotesi, sarebbe difficile a qualunque governo in Italia, non tanto reprimere l'agitazione interna per la guerra, che finora è superficiale, quanto assumere la responsabilità, di fronte al Paese ed alla Storia, di aver lasciato passare oell ' inerzia una occasione che potrebbe non più riprodursi e di avere rinunziato al complemento ed all'i ngrandimento della Patria».

Quanto all'esercito, il suo livello di efficienza suscitava «gravi dubbi o, per lo meno, ragioni di riflessione e di indugio)). Pesavano sulla decisione da prendere «le constatate impreparazioni materiali», quali la deficienza delle dotazioni di mobilitazione, l'assoluta mancanza di equipaggiamento invernale, la mancanza di un parco d'assedio. Le assegnazioni di fondi straordinari era state appena deliberate, ma per vederne i risultati occorreva tempo.

' AJlo scoppio della guerra Salandra mol to si appoggiò a Sonnino. Pur non facendo parte del governo. questi rimase sicuramente il più importante consigliere del presidente del Consiglio. SonnÌ.11<> aveva un carattere più fo1te, difendeva le proprie convinzioni con calore ed ostinata fermezza. Sa]andra era più debole, subiva le oscillazioni degli avvenimenti; sapeva districarsi nella politica intema, ma si trovava a disagio di fronte ai problemi di politica estera. Per le incertezze di questo periodo cruciale, cfr. BRUNELLO VK;EZZI, I problemi della neutralità e della guerra nel carteggio Sa/a11dra-S0m1i11o (1914-1 917), DanteAligb.ieri, Milano 1962.


88

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Perciò «(...) i capi dell'esercito sono unanimi nel ritenere che a noi conven-ebbe entrare in campagna in primavera; ma non siamo noi padroni del tempo e degli eventi. Di ceno si è costrelti a concludere che non conviene a noi precisare gli avvenimenti; perché più tempo passa e meno deficiente diventa la nostra preparazione».

Una speciale pennellata era riservata al paese, «non moralmente né economicamente disposto a tollerare un prolungato stato di guerra, del quale non gli risulti l' assoluta necessità» . E «Di un altro punto di vista occorre pure tener conto: che i partili estremi sarebbero ben contenti se l'inerzia, o un insuccesso mili tare facessero uscire 1·I talla menomata dalla presente crisi mondiale. Essi se ne servirebbero come valido argomento contro l'esercito e contro la Monarchi a: e in tale ipotesi i socialisti, i quali oggi propugn:u10 la neutralità assoluta, non esiterebbero a far causa comune coi repubblic:uii ».

Dulcis infimdo, Salandra sentiva la necessità di rafforzare il suo gabinetto. Consapevole della fortissima responsabilità del governo in quelle circostanze, desiderava chiamare a collaborare personaggi quanto più rappresentativi possibile. Lo fece capire senza mezzi termini, richiamandosi «all'interesse del Paese» ed assicurando la scrupolosa ricerca della «fonna più corretta e quella che meglio copra la in-esponsabilità della Corona». Bastava «un ordine, o un cenno, del Sovrano». Ma intanto premeva ricorrere ad un rimpasto governativo per eliminare San Giuliano, alla cui posizione politica «già scossa» si erano aggiunte le precarie condizioni di salute, motivo per cui la sua sostituzione rivestiva carattere di urgenza; e Grandi, il quale non aveva «corrisposto alle aspettati ve del Paese» e non era riuscito a «padroneggiare il suo :Ministero» e ad imprimere ai suoi dipendenti l'energia fattiva richiesta dalle contingenze 1• Il 5 novembre fu annunciato il secondo ministero Salandra, con Sonnino agli Esteri, il generale Zupelli alla Guerra, Carcano al. Tesoro e Daneo alle Finanze.

2.

L A DICH IARAZIONE Dl GUERRA

Salandra si apprestò a guidare il suo secondo ministero avendo in mente tre linee di condotta, una per la politica interna, le altre due per la politica estera. Il primo punto fenno era di non lasciarsi invischiare in lunghe e complesse discussioni parlamentari, nelle quali sarebbe stato «molto difficile - come aveva scritto nella relazione del 30 settembre per il re - impedire che esse tocchino

' A. SALANDRA, La ne111rali1à italiana cit., pp. 330-339.


LE DECISIONI POLITICHE

89

in qualche modo gli spinosi argomenti della politica internazionale e della preparazione militare» . Sin dall' inizio, difatti, riuscì a godere della massima libertà d'azione, dato che le Camere, salvo limitate parentesi di apertura (dodici giorni nel dicembre 1914, poco più di un mese dal febbraio al marzo 1915, ed un paio di giorni a maggio del 1915) sospesero l'attività per l'intero periodo. Così Salandra e Sonnino ebbero carta bianca. TI loro legame fu strettissimo ed in pratica di spiccato isolamento. L' unico ad essere tenuto a giorno delle loro intenzioni fu Vittorio Emanuele III 1• In politica estera i due indirizzi riguardavano, l'uno il mantenimento della posizione di neutralità, seguitando però a tastare il terreno presso gli Imperi Centrai i e presso l' Intesa, per individuare il partito migliore, cioè quello che alla fine avrebbe garantito i compensi maggiori l; l'altro, la preparazione dell'esercito in funzione dell'intervento ormai presumibile per la primavera del 1915. E nel campo della politica internazionale si verificò subito un altro esempio di come uomini politici, pur di rilievo, trovino difficoltà ad apprezzare convenientemente le possibilità militari. U 24 novembre, in una riunione ristretta alla quale parteciparono anche i due capi di Stato Maggiore dell 'esercito e della marina, Sonnino avanzò subito l'ipotesi di un intervento italiano in dicembre od in gennaio -'. Naturalmente Cadorna scartò l' idea senza mezzi termini, anzi due giorni dopo si rivolse al nuovo ministro della Guerra, Zupelli, ribadendo i motivi che impedivano di scendere in guerra prima della primavera del 1915. Il 3 dicembre Salandra confermò alla Camera che, di fronte al grave conflitto, l' ltalia aveva scelto la «neutralità poderosamente armata e pronta ad ogni eventualità», a causa delle sue «giuste aspjrazioni da affennare e sostenere»•. ln perfetta sintonia, il 9 dicembre Sonnino fece il suo primo passo nei confronti degli Imperi Centrali. Fu molto esplicito. A Vienna chiese di riprendere in esame l'esecuzione dell'art. VII del trattato e cli «procedere senza alcun ritardo ad uno scambio di idee e quindi ad un concreto negoziato» in proposito, .in quanto in Jta-

1

A. SALANDRA, L'i111ervemo ( / 915). Ricordi e pensieri, Mon<ladori, Milano 1933, p. 79. ' 11 18 ottobre. in occasione dei funerali di San Giuliano, Salandra lasciò pubblicare alcune sue dichiarazioni circa i criteri della politica italiana. Per inciso, affennò che per proseguire nella «direuiva suprema della nostra poli1ica imemazionalc ( ... ) occorre animo scevro da og1ù pre.conccuo. da ogni pregiudizio, da ogni sen1imento, che non sia quello dell a esclusiva e illimitata devozione alla patria nostra, del sacro egoismo per l' Italia» (A . SALANDRA, la neutralità cit., pp. 378-379). Il concet10 del sacro egoismo suscitò all'estero sfavorevole, impressione, ma veramente era il caso di replicare: «scagli la prima pietra ... ». ' Somùno pensava che tardando ad entrare in campo avremmo trovato la situazione nei Balcani compromessa. «U nostro in1c rvcnto pronto deciderebbe la Rumcnia a muoversi, e potrebbe r.ir ritirare auslriaci dalla schiaccian1c press ione sulla Serbia. In questo intenlo, le osti lità sarebbero potute iniziare "verso 15 dicembre•·., (SIDNEY SONN INO. Diario 1914-1916 (a cura di P. Pastorell i). Il. Laterza. Bari I 972, p. 35). Si lcnga presen1e che il 29 ollobre la l\1rcbia era entrala in guerra a fianco degli Imperi Cenrrali. • A. S ALANOR/\, L'intervemo Cii. , p. 19.


90

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

lia Parlamento ed opinione pubblica non nascondevano una certa i11quietudine per il raggiungimento delle «aspirazioni nazionah» 1• A Berlino rese nota la comunicazione fatta al governo austriaco e spiegò che non si doveva fraintendere il significato del favore incontrato dalla neutralità in settori della vita pubblica italiana. Detto favore non stava affatto a dimostrare «rinunzia agli interessi italiani nei Balcani e nell'Adriatico ed alle aspirazioni nazionali, ma bensì la persuasione che tali interessi e tali aspirazioni saranno validamente tutelati pur mantenendo la neutralità. E quando si ve1ificasse il conu·ario, la reazione neJJa pubblica opinione sarebbe assai grave( ...)» 2• A Vienna come a Berlino la mossa giunse del tutto inattesa, anzi sgradevolmente inattesa. S i passò dalla indifferenza all'attenzione. Berchtold dapprima obiettò che non potendosi parlare di occupazione temporanea, prevista dal!' art. VII, ma semplicemente di occupazione momentanea connessa con l'andamento delle operazioni militari, non pensava fosse iJ caso di addivenire ad uno scambio di vedute 3• Jagow chiese a Bollati, sia pure in tono «amichevole e quasi scherzoso», se non si trattasse di una minaccia di guerra per farci pagare la neutralità, tuttavia promise di rappresentare a Vienna l'opportunità di intavolare un discorso chiarificatore con Roma •. Difatti un paio di giorni più tardi Berchtold sembrò propenso a toccare l'argomento, pur reputando, non a torto, difficile rinvenire una base di discussione per i compensi, vista l' osci li azione della lotta in Serbia, che per inciso stava mettendosi piuttosto male per gli austriaci 5• Sulla questione del Trentino e di Trieste permaneva il silenzio. Anche Jagow si era convinto del reciso diniego austriaco. Ma il 17 dicembre arrivò a Roma, come ambasciatore straordinario, il principe von Btilow, con un compito ben definito: mantenere l'Italia neutrale. Vide subito Sonnino e poi, il 19, Salandra. Era perfettamente al corrente delle difficoltà diplomatiche sulla questione. Ammise la possibilità di parlare del Tirolo, ma con estremo tatto, per non urtare Francesco Giuseppe, particolarmente suscettibile al riguardo. Forse se l'ungherese Tisza fosse andato al governo la cosa sarebbe diventata più semplice. In sostanza, approvò l'iniziativa italiana, ma «raccomandando di procedere innanzi con molta cautela e senza precipitazione. Egli ha avuto l'aria di dire che è un fn11to c he deve maturare lentamente.

'Sonnino ad Av;u·na in data 9.12.1914, O.O.I.. 5• serie, il, doc. 360. 'Sonnino a Bollati in data 9.12.1914. ibidem. • Avama a Sonnino in data 12.12.1914, ibidem, U, doc. 371. 'Bollali a Sonnino in data l 1.12.1914, ibidem, il, doc. 367. 'Avarna a Sonnino in data 14. 12.1914, ibidem, li, doc. 39 1. Con la controffensiva serba si concluse disastrosamente la fase operativa condotta dal Feldzeugmeister Potiorek. Nelle sue due offensive, su 460 mila uomini circa le perdite fra morti, feriti, prigionieri e dispersi si avvicinavano al 50%. senza contare 47 mila anunalati. I serbi però erano stremati: 140 mila perdite, oltre a migliaia di malati, in aumento per il sopraggiungere di epidenùe.


LE DECISIONI POLITICHE

91

Egli stesso però ha soggiunto - annotò Salandra - , di sua i1ùziativa, che, se non era impossibile arrivare al Trentino, sarebbe stato assolutamente impossibile persuadere l'Austria a disfarsi di Trieste. Trieste è come il polmone del!' Austria. Per Trieste darebbe l' ultimo uomo e l'ultimo fiorino. A proposito di Trieste ha parlato però sempre di interesse austriaco, non di interesse germa1ùco; accennando anzi che alla Germania bastano Amburgo, i porti del Baltico ed i commerci dell' Atlantico».

Salandra provò a suggerire Fiume come sunogato di Trieste per l'Austria, ma Btilow scrutò senza esitazione l'idea: Fiume non era all'altezza di pareggiare la perdita di T1ieste, sotto qualsiasi aspetto. «lnsonuna - 1icordò Salandra - il punto più concreto del colloquio si risolve in questo: del Trentino si può parlare e forse ci atTiverete, per Trieste .impossibile» ' . • dal canto suo, dopo aver ripreso contatto con molti ambienti italiaBtilow, ni nei quali era molto ben introdotto, scrisse a Mattia Erzberger, principale esponente cattolico tedesco, di aver trovato a Roma una situazione anche peggiore di quanto non supponesse e di nutrire la convinzione che se l'Austria non si fosse esattamente resa conto di come stavano le cose, e di conseguenza non avesse dato corso ad una politica «ardita ed avveduta», nessuno sforzo avrebbe potuto «evitare il peggio» 2 • Per quanto Biilow non fosse molto amato a Vienna, la sua personalità clava consistenza ai suoi ragionamenti e Berchtold si rassegnò ad ammettere che almeno il Trentino conveniva cederlo. Il 9 gennaio 1915 ne parlò con Francesco Giuseppe; il 14 fu costretto a dimettersi. Fu sostituito dal barone Buriàn, cli origine ungherese e creatura di Tisza. Contrariamente a quanto pensava Btilow, né Buriàn né Tisza erano disposti a rinunciru·e a territ01i appartenenti all'Austria e questo per un motivo niente affatto trascurabile: qualunque cedimento avrebbe incoraggiato tutti - rumeni, czechi, polacchi, croati, ecc. a porre rivendicazioni, provocando .inevitabilmente la spartizione dell'Ungheria e la fine della Duplice Monarchia. All'inizio del 1915 il quadro interno dell'impero, sotto il profilo militare, era pressoché allarmante. Il logorio subìto sui fronti serbo e russo era testimoniato dal fatto che l'esercito austro-ungarico, entrato in guerra con 1.500.000 soldati ed avendone ricevuti 800.000 delle leve 1914 e 1915, a fine 1914 si trovava con 680.000 uomini in Galizia e 260.000 in Serbia. Quasi il 50% degli ufficiali era stato perduto. Gravissime le difficoltà in tema di vestiario e di equipaggiamento; del pari sensibilissime le carenze nell' annamento sia della fanteria, sia dell'artiglieria. L'unico fronte sicuro era quello balcanico. I serbi, raggiunto l'obiettivo di ricacciare il nemico invasore, si erano attestati alla linea fluviale Drina-Sava-Danubio. Erano esausti e convinti di aver fatta la loro parte. La guerra

' A. SALANORA, Ù'I 11eu1ralità italiana cit., pp. 468 -469. ' Ibidem, p. 472.


92

LA PRIMA GUERRA MOl\DIALE

ormai riguardava le Grandi Potenze. Questo, il pensiero largamente diffuso. Perciò austriaci e serbi si erano entrambi posti su un' attenta ma tranquilla difensiva, lontani da qualsiasi interesse a riprendere la lotta. La situazione dunque consentiva ali' Austria di correre ai ripari per fronteggiare il pericolo russo. Alcune divisioni tratte dai Balcani e unità tedesche avevano già rinforzato il fronte oiientale e Conrad progettò una grande offensiva nei Carpazi per sbloccare Przcmysl e ricacciare i russi oltre il San ed il Dniester. È sul buon esito di questa offensiva che Buriàn contava. Bastava tenere a bada l'Italia per qualche tempo, poi, battuti i russi, essa non avrebbe più insistito. Ma le cose andarono diversamente. Il primo tentativo austriaco, iniziato il 23 gennaio, si arenò l' 8 febbraio con la perdita dcli' importante passo di Lupkow e di quasi 100.000 uomini. Mentre Buriàn allegava difficoltà nel trovare un' intesa con i due presidenti del Consiglio della Duplice Monarchia, e per converso rappresentava che, dopo tutto, l'occupazione italiana del Dodecaneso e di Valona ' comportaval'obb1igo di compensi da parte dell'Italia, Sonnino volle dare un altro avviso inequivocabile. ll 12 febbraio inoltrò una nota piuttosto secca alla Ballhausplatz. Dopo più di due mesi dall'invito a discutere l'art. VII, l'Italia non era ancora riuscita ad ottenere una risposta neanche sul primo e piLl importante punto: se l' Austria fosse disposta ad affrontare il tema della cessione di territori ereditari della Casa d'Asburgo. «Di fronte a questo contegno persistentemente dilatorio a nostro riguardo - scrisse Sonnino non è possibile om1ai nutrire più alcuna illusione sull ' esi to pratico delle trattative. Onde il Regio Governo si trova costretto, a salvaguardia della propria dignità, a ritirare ogni sua proposta o iniziativa di discussione ed a trincerarsi nel semplice disposto dell'articolo VTI, dichiarando che considera come apertamente contraria all ' articolo stesso qualunque azione militare che volesse muovere da oggi in poi l'Austria-Ungheria nei Balcani, sia contro la Serbia, sia contro il Montenegro o altri, senza che sia avvenuto il preliminare accordo richiesto dall'articolo VU. Non ho bisogno di rilevare che, se di questa dichiarazione e del disposto dall'articolo Vll il Governo austro-ungarico mostrasse col fotto <li non voler tenere il dovuto conto, ciò potrebbe portare a gravi conseguenze, delle quali il Regio Governo declina fin d'ora ogni responsabilità. Al quale proposito giova ricordare le intimazioni fatte in varie occa~ioni dal Governo austro-ungarico all'Italia durante la guerra di Libia( ...)» ' .

' II 3 l agosto 1914 il principe di Wied aveva rinunciato al trono, vista la caotica situazione albanese. A fine settembre il governo italiano fece ufficiosamente sapere che, pur rinviando alla fine della guerra ogni detenninazione sulla sorte dell ' Albania. non avrebbe permesso che Valona cadesse in mani diverse dalle italiane, cd a tale scopo deliberò di fare occupare la città da un piccolo contingente di truppe. Cadoma si oppose co11 la massima energia. indicando il pericolo di ingolfarsi in una spedizione che, date le circostanze, avrebbe presto richiesto forze sempre maggiori per mantenere alto il buon nome dell'Italia, a pregiudizio della mobiliutzione generale. Ma per Salandra era questione di prestigio «così all'interno come all'eMero» e , con il consenso delle Potenze, il 30 ottobre una compagnia da sbarco occupò l'isolotto di Sa.~eno, all ' imboccatura della rada di Valona, ed il 29 dicembre il 10° reggimento bersaglieri con una batteria da montagna sbarcò a Valona. Cadorna pretese che dal ministero fossero dati ordini rigidissimi di non uscire dagli stretti limiti territoriali stabiliti per evitare facili incidenti con la Grecia e con gli stessi Albanesi. ' Sonnino ad Avarna in data 12.2.1915, O.O.I. , s• serie, n. doc. 799.


LE DECISIONI POLITICHE

93

Buriàn, sorpreso, cercò ancora di tergiversare, ma Sonnino ribatté che la comunicazione fatta aveva il valore di veto a qualsiasi operazione militare nei Balcarri, se non preceduta da un preciso accordo sui compensi in virtù dell' art. VII, e che ogni diverso modo di procedere austriaco ci avrebbe indotti a «ritenerci pienamente giustificati a riprendere la nostra libertà d'azione per la salvaguardia dei nostri interessi» '. Era tale orma.i l'impazienza di Sonnino che il 28 febbraio, recatosi nell'ufficio di Zupelli, insisté per una quanto più pross.ima mobilitazione; ma Cadorna e Zupelli gli dimostrarono che non poteva essere ordinata prima di metà aprile. Il parlare di Sonnino era molto, molto chiaro. Btilow, messo al corrente, chiese in via confidenziale, se proprio non esistesse qualche possibilità di considerare ll1 questione dei compensi altrove, per evitare «la grande sciagura di umi guerra fra i nostri paesi» 2• Sonnino non inclinava verso le mezze misure e tolse ogni ulteriore eventuale incertezza sul pensiero italiano: «All'infuori di concessioni atte ad appagm·e, almeno in qualche modo, il sentimento nazionale, non v'è base di discussione. Che tutto ciò non dipendeva dalla volontà o dal capriccio dell'uno o dell'altro Ministero; l'ondata dell'opinione pubblica(...) avrebbe spazzo via qualunque altra forza e uberrumpelt qualsiasi ostacol.o, né, a fermarla, sarebbero valse sottili argomentazioni o foschi presagi o magnificazione di pericoli» 3• Quattro giorni più tardi egli autorizzò l'ambasciatore a Londra a comunicare a Grey le condizioni minime concordate con Salandra, per l' intervento dell'Italia a fianco dell'Intesa ·1• L'Italia chiedeva il Trentino ed il Tirolo del sud fino al Brennero; il crinale delle Alpi Giulie e l'Istria, gran parte della Dalmazia, nonché Valona. Inoltre, un trattamento paritetico con le altre Potenze nel Medio Oriente ed in Africa. Tuttavia il 4 marzo Sonnino volle fissare la situazione con l'Austria, riepilogando i punti essenziali delle nostre dichim·azioni. In particolare, sui compensi sctisse: «3. Che nessuna proposta o discussione di compensi può condurre ad un accordo, se non prospetta la cessione di territo1i già posseduti dall'Austria-Ungheria; 4: Che, valendoci del disposto dell'art. VII, esigiamo compensi per il fati.o si.esso dell ' inizio di

'Sonnino ad Avarna in data 17.2.1915, ibidem, II, doc. 818. ' A. SALANDRA, L'i111ervento cit., p. 104. Biilow fidava in due cose. Che l' Ausu-ia cedesse il Trentino «fino al confine linguistico, territorio relativamente piccolo e povero» e che l'ltalia se ne accontentasse. Questo, dietro la suggestione di una frase di Giolitti: «Potrebbe essere e non apparirebbe improbabile che, nelle attuali condizioni dell'Europa, parecchio possa ottenersi senza una guerra( ...)». Frase che att.ir<> il consenso dei neutralisti di vario tipo (A. SALANDRA, ibidem, p. 39, 96, 98). ' Ibidem, pp. 104-105. ·• Sonnino a Imperiali in data 3.3.1915, D.D.I., s• serie, III, doc. 4. U promemoria con le condizioni era stato inviato ad Imperiali il 16 febbraio, con il divieto fame cenno ad alcuno finché non fosse autorizzato con uno specifico telegramma.


94

LA PRIMA GUER RA MONDIALE

un'azione militare dell'Ausnia-Ungheria nei Balcani, indipendentemente dai risultati che tale azione abbia a raggiungere; non escludendo però che si possano stipu lare altri compensi sotto fonna condizionale e proponionali a.i vantaggi che effellivamente l'Austri a-Ungheria riesca a conseguire; 5. Che quella quota fissa di compensi che serve di corrispellivo per l'inizio stesso dell'azione militare indipende111emcnte dai risultati, dovrà, anziché tenersi segreta, essere portala ad effeuo col trapasso effettivo dei territori ceduti e l'occupazione loro immediata per parte dell'Italia; 6. Che non ammettiamo alcuna discussione di compensi da parte nostra per l'occupazione del Dodecaneso e di Valona, e ciò per le ragioni già esposte al barone Burian ( .. .)» '.

A Vienna si stava, adesso, riflettendo seriamente perché la situazione sul fronte orientale presentava seri motivi di preoccupazione 2• Il 27 febbraio era cominciata la seconda offensiva attraverso i Carpazi per liberare Przemysl ma, anche per l'asprezza delle condizioni climatiche, i risultati lasciavano ampiamente a desiderare. L'8 marzo si riunì il consiglio della Corona e prese in esame una proposta di Bethmann-Hollweg. Il pericolo costituito dall'entrata in guerra dell' Italia era giudicato così grave dal cancelliere da indurlo addirittura a convincere Guglie lmo II a concedere - molto a malincuore - ali' Austria una «rettifica di confine» nell'Alta Slesia, in cambio della cessione del Trentino ali ' Italia. Un suggerimento di Erzberger da Roma orientò a modificare l'offe,ta: la zona carbonifera di Sosnowiec, in Pol.onia, ad est della fronti era slesiana (27 febbraio). A questo punto la Ballhausplatz si arrese. U 9 marzo Buriàn convocò Avama: il governo austro-ungarico accettava di discutere la cessione di territori ereditari della Monarchia 3• Da quel momento Salanclra e Sonnino si trovarono impegnati su due tavoli. Ali 'Intesa nulla ancora avevano comunicato, però erano già state prep,u·ate richieste dettagliate e non lievi, in cambio della partecipazione alla guerra; al1' Austria dovevano porre richieste precise, molto inferiori a lle precedenti, in cambio della conservazione della neutralità. Il secondo tavolo richiedeva un' immediata risposta. Questa fu doppiamente pesante o, per meglio dire, fu «impossibile»: i compensi riguardavano territori aviti degli Asburgo e la cessione doveva aver luogo immediatamente, guerra durante. La discussione si accese su tale punto. Da parte austriaca venne fatto

' Sonnino ad Avama in data 4.3. 191 5, ibidem, ili, doc. 18. ' In quel periodo Co11rad era estremamente teso. sì da accogliere la visita del gen. Stiirgkh, addel.lo militare austri aco a Berlino, in modo quasi isterico: «Alle parole con cui mi accolse Conrad ricordò pfo tardi Stiirgkh - non ero ceno preparato: «Dunque cosa stanno facendo i nostri intimi nemici, i Tedeschi, e cosa fa l'Imperatore tedesco, quel commediante?». lo non osavo credere aUe mie orecchie e mi fu necessario un po' di tempo per riavcnni dalla sorpresa. Conrad nel frattempo aveva avanzato una lunga filza di accuse contro gli ufficiali tedeschi del Comando Supremo( .. .). Da lutti questi sfoghi emanava un sentiment o di odio, di vern inimicizia, contro tutto ciò che è tedesco. Le sue accuse mi deuero anzi l' impressione che Conrad, nervoso e sovreccitato com'era, soffrisse alquanLo di mania di persecuzione» (JOSEPH voN STORGKH, Nel Gran Quartier Generale tedesco, Lisi, Lipsia 1921, p. 116). ' Avarua a Sonnino in data 9.3.19 15, D.D.I., 5' serie, ID, doc. 60.


LE DECISIONI POLITICHE

95

presente che non soltanto il prestigio della Monarchia ne avrebbe soffeno, ma erano facilmente inunaginabifj i problemi e le agitazionj che ne sarebbero cle1ivati. Francesco Giuseppe offrì la sua personale assicurazione ciel rispetto dell'accordo a guerra fitùta; Bethmann-Hollweg dichiarò formalmente la garanzia tedesca della fedele e leale esecuzione del patto. Salandra pensava che ju caso di vittoria degli Imperi Centrali noi non avremmo potuto costrjngerli al rispetto delle promesse, e in caso cli vittoria delle Potenze dell'Intesa, queste non avrebbero avuto alcun motivo né voglia cli accontentarci '. Giusto. Però si potrebbe obiettare: e se, a guerra vinta, gli Imperi Centrali ci avessero ripreso quello che l'Austria era stata «costretta» a cederci? A metà marzo a Berlino si guardava alla guerra con una ce1ta inquietudine. Ai Laghi Masuri il generale Hindenburg aveva riportato una nuova brillante vittoria, ma al prezzo di un folte logorio delle sue preziose riserve, tanto da 1itenere difficile un successo decisivo. Il 18 marzo, su sollecitazione russa, una formazione navale anglo-francese entrò nei Dardanelli. Ne uscì avendo perduto parecchie navi, incappate nelle mine, tuttavia era prevedibile un secondo tentativo con sbarco di truppe e questo dava pensiero a causa delle ripercussioni che prevedibilmente si sarebbero verificate nella penisola balcanica. Sul fronte occidentale il succedersi di continui attacchi e contrattacchi costavano cari, pur se le perdite francesi apparivano tremende (dlU'ante !'.intero inverno ammontarono a 5 mjla ufficiali e 250 mila soldati), al punto che il Kronprinz imperiale ebbe a scrivere: «Ci domandavamo come la Nazione francese potesse mai fronteggitu-e simili ecatombi». Quanto all'alleato, il generale Falkenhayn, che il 3 novembre J.914, dopo la Mtmrn, aveva sostituito Moltke nella carica cli capo di Stato Maggiore, era gravemente deluso per la mediocre efficienza mostrata dall'esercito ausu'iaco sconfitto in Serbia e pericolante in Galizia, e per la chiara necessità di un diretto concorso tedesco. Inevitabile, dunque, la pressione sull'alleato per spingerlo a far concessioni ali' Italia. Conrad il 1Omarzo aveva scritto al barone von Chlumecky: «(...) Se si vuole evitare l'intervento italiano e quello rumeno, bisogna offrire subi to al l' llalia il TrentiDo·(e dubito che basti) e alla Romania la Bucovina e qualche distretto della Transilvania. Anche il conte Tisza, che mi ha scritto ieri, è di questo parere ed egli giustamente osserva che, se vinciamo la guerra, avremo la forz.a di imporre le revisione delle nostre promesse e di punire i fedifraghi ( ...)» ' ·

'A. SALi>.NDRA, L'interven/o cit., p . 115. 'Ibidem, p. l 14. Conrad concludeva la sua lettera affcnnando che se le offerte del!' Austria non fossero apparse sufficienti si doveva intimare all'Italia, «con un ultimatum di 48 ore, la scelta fra la guerra e la pace. Una buona lezione all ' Italia, che in poche settimane ci portasse al Po, toglierebbe per sempre anche alla Romania le tendenze bellicose» (ibidem) . Conrad non poteva parlare seriamente, conoscendo la simazione operativa sui fronti balcan ico e gal iziano nonché le condizioni dell'esercito asburgico. Quanto all'arrière pensée, anche Falkenhayn era del parere che «nessun sacrificio sarebbe troppo grande se assicurava la vittoria finale, tanto più che tutte le concessioni che si sarebbero fatte sarebbero state nulle e cocncnon avvenute in seguito all a vittoria» (A. VON CRAMON, Quauro anni al G.Q.G. austro-ungarico, Travi, Palenno 1924, p. 34).


96

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

È vero che Salandra e Sonnino non conoscevano siffatte riflessioni di personaggi di primissimo piano della Duplice Monarchia, tuttavia sarebbe stato ingenuo escludere qualche arrière pensée del genere. Allora, a che scopo le trattative con la Ballhausplatz? Molto semplice: per guadagnare tempo. Cadorna e Zupelli, interpellati in merito erano stati espliciti: l'esercito non sarebbe stato pronto prima della fine di aprile. Pronto per la mobilitazione generale, ben s'intenda. Anzi Cadorna aveva manifestato qualche timore di un'improvvisa irruzione austriaca intesa a sconvolgere il graduale apprestamento in corso. Una lettera scritta da Salandra a Sonnino il 16 marzo è profondamente significativa dello stato d'animo del presidente del Consiglio. Era consapevole, senza il minimo dubbio, della realtà politica italiana, ma si lasciava trascinare dalle ragioni dell'interventismo ed era disposto alla guerra, anche trascurando la Corona ed il Parlamento, purché l'esercito fosse pronto e l'Intesa avesse concluso l'alleanza: «(...) Da tutto !"insieme dei fatti e più dallo stato d'animo ch'essi producono io ho l'impressione che noi corriamo rapidamente verso la completa rouura con gli Imperi centtali; e ciò: !. senza implicito assenso del Re; 2. senza essere sicuri che il Paese, e per esso la Camera, lo vogliano: 3. senza che l'esercito sia pronto se non a fine aprile - come dicono i militari - il cbe vuol dire forse un mese dopo, non certo prima; 4. senza aver avuto alcun affidamento, o cenno di affidamento, da parte dell'Intesa. Dei numeri I. e 2. potremmo fare a meno - perché il Re non si pronuncerà mai in modo netto e la Camera tanto meno - se avessimo l'esercito pronto e i palli conclusi, o quasi, con la Triplice lntcsa. Ma allo stato attuale della cose noi due soli non possiamo assolutamente giocare la terribile carta. La conclusione è che bisogna conlinuare a tra!lare con gli Imperi, fingendo di credere possibile una soluzione favorevole, aocbe se si dovesse spostare la questione, come Btilow ti ha proposto, sul terreno della misura delle concessioni territoriali e riservando per ora la domanda della immediata consegna. Le tue ragioni contto tale procedura sono senza dubbio gravi e fondate. Ma non distruggono le mie preoccupazioni gravissime. A me pare che per ora dobbiamo a qualunque costo rallentare, non precipitare il corso degli eventi fino a quando non saremo al sicuro, almeno nei punti che ho segnato coi numeri 3 e 4» '.

Sonnino mise dunque da prute la richiesta dell'esecuzione immediata dell'eventuale accordo con gli In1peri Centrali e spostò il discorso sui territori desiderati. Per allungare la conversazione, cominciò con il chiedere quali fossero le offerte che il governo austriaco poteva avanzare. Buriàn si limitò ad offrire il Trentino 2• Le controproposte italiano non furono, in fondo, eccessive: confine settentrionale a Bolzano, miglioramento del confine orientale, comprese Gorizia e Gradisca, Trieste città libera, l'arcipelago delle Curzolari all'Italia, sovranità

' ALBERTO MONTICoNr., Salandra e Sonnino verso la decisione dell'i11terve1110, in «Rivista di Studi politici internazionali», XXJV, n. l, gennaio-marzo 1957, p. 69. ' Avama a Sonnino in data 27.3.1915, O.O.I., 5• serie, ili, doc. 208.


LE DECIS.IONl POLITICHE

97

italiana su Valona e Dodecaneso. Però questa volta chiese l' occupazione immediata dei territori ceduti 1• Salandra e Sonnjno si chiesero con un brivido: e se l'Austria accettasse? 2• Ma non poteva accettare. A Berlino ed a Vienna l'impressione suscitata dalle richieste italiane fu addirittura pensosa, tanto che non venne nemmeno mascherata. Da Berlino il nostro addetto militare, colonnello Bongiovanni, informò Cadorna che Falkenhayn, il quale aveva sempre sollecitato Conrad a premere sul governo austriaco per trovare un accordo con l'Italia, avrebbe agito ancora nello stesso senso per indurlo ad accettare le condizioni italiane, sempre che queste dessero affidamento di una benevola neutralità per l'intera durata della guerra .

«Ha spiegato - continuava Bongiovanni - che governo tedesco non per s impatia, ma per dovere di alleanza e necessità politica di impedire la dissoluzione della Monarchia austro-ungarica, baluardo contro lo slavismo, sarà costretto, in caso di guerra dell'Italia contro l'Austria-Ungheria, di prendere nettamente posizione per quest'ultima. Circa possibilità di farlo, ha ragionato così: guerra attllale finirà per esaurimento combattenti . La Germania ha ormai rinunciato al progeuo di una grande offensiva in Francia che costerebbe centomila uomini e forse non risoIverebbe la situazione. Meglio resistere ai tenaci attacchi franco-inglesi che non riusciranno mai a cacciarsi nelle nostre linee di difesa(... ). La Germania( ... ) può lasciare agli avversari di seguire il loro corso, mao.tenendo l'attuale sua posizione preminente, conservando i ntatte le sue riserve che oggi consistono in 10 corpi d'annata per ogni evenienza futura, ossia per eventualità Italia e Romania . Non crede intervento Italia decisivo per mettere fine alla campagna . Data la forza difensiva, il metodo moderno della guerra, il terreno delle zone <li confine italo-austriaco, egli ritiene che J' esercito italiano sarà lungamente trattenuto nella zona montuosa e che, in ogni caso, prima di giungere a Budapest o Vicmia si troverà di fronte forze tedesche( ... )» ' ·

Dal canto suo, J'ambasc.iatore BoU.ati ricevette una sgradevolissima sensazione di insufficienza diplomatica e politica. Si sfogò con Avarna in questi termini: «( ..)Non so quale impressione tu avesti alla lettura di quel telegramma: io, ti confesso, nerimasi semplicemente sbalordito. Per quanto, dopo quanto avevamo già visto, nulla doveva più stupinni, pure non mi sarei aspettato un accumulamento di pretese, una più esigente, più umiliante, più offensiva dell 'al tra. È un complesso di condizioni quali , dopo una lunga guerra, i l vincitore potrebbe imporre al nemico completamente disfatto: e noi le esigiamo come prezzo di una neutralità alla quale siamo obbligati dai trattati! ( ...) Ma quello che a me sembra ancor più strano e più grave è l'idea dirett.dce che le ha ispirate, e che non può essere che questa: ( ...) Delenda Austria è il solo, l'esclusivo interesse italiano. lo non so immaginare una concezione pili ristretta e pili deleteria( ... )»'.

' Sonnino ad Avarna in data 8.4.1915, m, doc. 293. A. SALANDRA, L'inten1en.10 cit., p. 120. ' Bollati a Sonnino in data 13.4.19 15, trasmettendo un telegramma di Bongiovanni per Cadorna, D.D.l., 5• serie, ID, doc. 317. ·• Bollati ad Avarna in data 14-15.4.1915, ibidem, m, doc. 349. 2


98

LA PR[MA GUERRA MOND IALE

Tuttavia Sonnino era lontaniss.imo dal desiderare la distrnzione del!' Austria-Ungheria. Buriàn rispose il 16 aprile con una sola ammissione: il confine del Trentino a Salorno. Zero per il resto, «per ragioni politiche, etnografiche, strategiche ed economiche che era superfluo sviluppare» 1• Nessuna concessione immediata. Avarna si mostrò meravigliato della persistente illusione di Buriàn che l'Italia avrebbe compreso «il grande sacrificio fatto dal Governo I. e R. , se addiviene alle note concessioni di territorio nel Tirolo meridionale e della impossibilità in cui si troverebbe di fare ulteriori concessio1ù» . Ed anche dell 'incredulità di Buriàn che l'Italia potesse veramente muover guerra ali' Austria-Ungheria, alla quale tutto, invece, la induceva a rimanere unita! 2 •

* * * Il 26 aprile le non semplici trattative con l'Intesa si conclusero con la firma del Patto di Londra. Gli alleati avevano insistito affinché J' Italia scendesse in campo il più presto possibile, proponendo la data del 15 aprile 3, per favorire la lotta russa nei Carpazi e per provocare l' intervento della Romania e della Grecia, ma Salandra e Somùno non aderirono, tenendo presente la dichiarazione di Cadorna - fatta il 14 aprile su richiesta di Sonnino, il quale però si era ben guardato dal lasciare intendere il motivo della domanda - che «considerato lo stato della nostra preparazione militare e specialmente la gravissima c1isi che stava attraversando l'artiglieria, l'esercito difficilmente avrebbe potuto entrare in guerra prima della metà cli maggio» 4 • Inoltre occorreva ad essi un minimo di tempo per denunziare l'alleanza della Triplice e «condurre il Paese al passo definitivo», non ritenuto affatto imminente dall'opinione pubblica 5 . Perciò Sonnino propose cli aprire le ostilità entro un mese dalla firma del Patto. È netta la disarmonia fra l'opera del ministro degli Esteri e la formale raccomandazione rivolta da Cadoma al governo il 15 febbraio: essere «di somma importanza che il momento della nostra entrata in azione fosse scelto opportunamente». Evidentemente la necessità di continui e chiarissimi contatti, sia dovendo trattare con altre Potenze, sia in relazione agli sviluppi delle operazioni sui differenti fronti, sfuggiva a Son-

' Avama a Sonnino in data 16.4.1915, ibidem, III, doc. 357. Avarna a Sonnino in data 25.4.1915, ibidem, ID, doc. 458. ' li 16 febbraio Sonnino aveva comunicato al l'ambasciatore Imperiali che «Fra un paio di mesi (si calcola verso la metà di aprile) potremo considerarci sufficientemente pronti rrùlitarmente» (Ibidem, II, doc. 816). 'L. CADORNA, La guerra al/a fronte italiana cit., I, p. 105. Non è possibile non rilevare la stranezza <lei rapporti fra governo e capo di Staio Maggiore, nonché la superficiale visione delle cose militari da parte del gove rno. Avendo Cadorna souolineato la grc,vissima crisi dell'artiglieria, il presidente del Consiglio ed il mùùstro degli Esteri, che stavano trattando l'entrata in guerra dell'Italia a breve scadenza, non si chiesero né domandarono al capo di Stato Magiore come questa gravissima crisi potesse esser sanata in un mese! 'A. S/\LJ\NORA, L'intervento cii.. pp. 174-175. 2


LE DECISIONI POLITICH E

99

nino, che tra l'altro non sembrava aver compreso che comunque l'esercito non sarebbe potuto scendere in campo senza le preventiva mobilitazione e radunata. I primi articoli del Patto riguardarono gli aspetti militari, vale a dire l'immediata stipulazione di una convenzione militare tra Gran Bretagna, Francia, Russia ed Italia e di una navale fra Gran Bretagna, Francia ed Italia. La prima doveva fissare «il minimo delle forze militari che la Russia dovrà impiegare contro l'Austria-Ungheria onde impedire a questa Potenza di concentrare tutti i suoi sforzi contro l'Italia, nel caso in cui la Russia decidesse di portare il suo principale sforzo contrn la Gennania» (art. 1), mentre l'Italia si impegnava «ad impiegare la totalità delle sue risorse nel perseguire la guerra in comune con la Francia, la Gran Bretagna e la Russia contro tutti i loro nemici» (art. 2). La seconda convenl ione 1iguardava il concorso delle flotte francese e britannica «attivo e permanente all'Italia sino alla distruzione della flotta austro-ungherese o fino alla conclusione della pace» (att. 3). All'Italia vennero promesse la frontiera del Brennero, Gorizia e Gradisca, l'Istria fino al Quamaro, la Dalmazia centrale, Valona ed il Dodecaneso, nonché Adalia in Asia Minore. Fiume era destinata alla Croazia. Senza soffermarci sugli aspetti politici delle promesse, meritano attenzione tre punti che investono il campo milìtare: il patto era segreto; l'Italia doveva entrare in guerra contro «tutti i nemici» dell' Intesa; la Gran Bretagna agevolava l'intervento nostro con il prestito di «almeno 50 milioni di sterline», pari a circa un miliardo. Cominciamo dal primo punto. Salandra e Sonnino interpretarono la segretezza in modo talmente letterale da non far p,u-ola dell' impegno di aprire le ostilità entro un mese dalla firma neanche con i ministri della Guerra e della Mru·ina e con i capi di Stato Maggiore delle due forze aimate! Il risultato fu che a fine aprile il colon nel lo Montamu·j, capo della segreteria di Cadorna, arrivato a Parigi per la stipulazione della convenzione militare, con immensa sorpresa seppe che l'Italia doveva scendere in campo al più tardi il 26 maggio! Cadoma, subito informato, mandò il sottocapo di Stato Maggiore, generale Po1TO, dal capo di gabinetto di Salandra per approfondire la notizia e ... ricevere la conferma. Dopo di che fece a Sonnino una comunicazione che, pur ignorando con esattezza il riferimento, lascia interdetti: «In relazione ai discorsi di stamane, credo opportuno di infom1arla che i corpi d'armata alla frontiera del Friuli potranno considerarsi mobilitati e pronti a muoversi il 12 maggio» 1• L'rut. l del Patto stabiliva subito una clausola a carico della Russia ed a favore dell'Italia, come del resto aveva chiesto Cadorna, per la lotta contro l' Austria-Ungheria. Il precisare il minimo delle truppe che, comunque, I.a Russia doveva impegnare sul fronte galiziano rivestiva un valore pratico piuttosto relativo, però stava a marcare la comune guerra italo-russa contro la Duplice Monru·-

' Cadoma a Sonnino in data 30.4. 19 l5, D.D.I., 5" serie, m, doc. 515.


100

LA PRIMA GUERRA MONDIALE::

chia. Peraltro la Francia non intendeva che la partecipazione italiana andasse a solo profitto russo. Così si finì con uno «sdoppiamento» della convenzione militare. Una prima venne finnata a Parigj il 9 maggio tra Francia, Gran Bretagna ed Italia, con la presenza senza diritto di voto dell'addetto militare russo; una seconda si concluse il 21 maggio presso il Comando Supremo russo tra Russia, Italia, Serbia e Montenegro, con l'adesione britannica e francese. La convenzione navale sollevò parecchie discussioni, anche perché da un lato era chiaro che agli alleati bastava che gli austriaci non uscissero dal canale d'Otranto, e dall'altro i francesi, che avevano il comando navale alleato nel Mediterraneo, non intendevano passare agli ordini di un ammiraglio italiano. Ad ogni modo l'accordo, firmato il I.O maggio, previde la costituzione di una prima flotta alleata (italo-britannica) agli ordini del comandante in capo dell'armata navale italiana per l'azione in Adriatico, e di una seconda flotta alleata agli ordini francesi, pronta ad intervenire nell'Adriatico ove se ne fosse manifestata la necessità 1 • Torneremo sulJe convenzioni militari in sede di esame del disegno strategico di Cadoma. 11 4 maggio venne ordinata la mobilitazione occulta. Lo stesso giorno fu denunciata l'alleanza con l'Austria-Ungheria ed affermata la libertà d'azione italiana. Anche questo fu taciuto dal governo italiano; avrebbe potuto renderlo noto quello austriaco, ma tacque anch' esso, evidentemente nutrendo ancora speranza di un aggiustamento delle cose in extremis. A titolo di complemento dello stranissimo modo di pensare e di procedere ciel ministero Salandra-Sonnino in vista di una guerra chiaramente di grande portata, si può not~u·e che Joffre fu messo al corrente da Poincaré sin dal 17 aprile e che i capi di Stato Maggiore britannici e russi vennero immediatamente informati delle clausole del Patto di Londra. Più che discutere di scollamento fra potere politico e ve1tice militare, bisognerebbe dunque parlare di assoluta ed incredibile misconoscenza delle esigenze della macchina bellica da parte politica, ma anche ricordare una pagina di Salandra: «La politica estera, salvo che le risoluzioni concrete e definitive, non era. per antica tradizione, argomento di discussione nel Consiglio dei Ministri. Essa si svolgeva in intima cooperazione fra il Ministro degli Esteri e il Presidente del Consiglio( ...). Di tutto era informato il Sovrano, mediante la comunicazione dei documenti e le frequenti visite del Ministro degli Esteri (...). Non è, beninteso, che gli altri ministri non sapessero e non capissero dove si andava( ... ). Ma dell'andamento delle trattative non erano messi al corrente se non nei momenti risolutivi. Fuori del Consiglio, Sonnino, per indole sua, serbava con tutli un mutismo, che io cercavo temperare, nelle conversazioni amichevoli, con qualche vaga indiscrezione» '·

1 M. GARRI.El-E e G. FRlZ, La po/irica navale italiana cii., pp. 260-265. ' A. SALANORA, L 'inrerve1110 cit., p. 79. Si sorvola sul fatto che un presidente del consiglio cerchi di «temperare» il mutismo del min istro degli Esteri con «qualche vaga indiscrezione», per di più in «conversazioni amichevoli». Quanto allo scrupolo semimaniaca.le di Sorulino per il segreto, Salandra ebbe ad osservare tranquillamente: «Ognuno comprende come non fosse possibile mantenere, se non relativamente, il silenzio assoluto intomo ad un documento [cioè il Patto di Londraj comunicato a quattro governi» (ibidem, p. 181).


LE DECISIONI POLITICH E

lOL

Questo può spiegare una certa mentalità, ma il fatto stesso che, a guerra finita, Salandra abbia ammesso, di sfuggita naturalmente e rigettando su altri (Sonnino) la responsabilità, che Cadoma era stato «troppo tardi avvisato», è sufficiente ad indicare come anch'egli si sia reso conto dell'imperdonabile errore. Secondo punto: «tutti i nemici dell'Intesa». Fra questi c'era la Germania, ma la parola d'ordine fu guerra ali' Austria per liberare le terre irredente, e Sonnino telegrafò a Bollati che «nei riguardi della Germania non è nostra intenzione prendere iniziativa alcuna» 1• Che la mancata dichiarazione di guerra alla Germania abbia poi suscitato la disapprovazione dell'Intesa e specialmente della Francia non deve perciò meravigliare, anche se per la verità, diffidenza a parte, almeno,all'inizio i nuovi alleati non sembrarono attribuire gran rilievo alla questione, evidentemente considerando l'Italia uno scacchiere senza immediate ripercussioni operative sugli avvenimenti del fronte occidentale. Se in Francia gli éserciti britannico e francese agivano in piena autononùa, limitando gli accordi alla convenienza di sintonizzare di volta in volta le rispettive offensive, la guerra dell'Italia - agli occhi di Joffre - aveva il compito precipuo di immobilizzare forze austriache e possibilmente richiamarne altre, a vantaggio della Russia e della Serbia 2• D'altronde, anche gli Imperi Centrali, pur rilevando subito la cosa, evitarono di provocare il conflitto fra Italia e Gernrnnia 3• Infatti, avendo questa inviato in rinforzo ali' Austria il corpo alpino bavarese per la difesa del Tirolo, il 5 giugno i due Comandi Supremi stabilirono che i reparti tedeschi non fossero unpiegati «in un settore troppo esposto, e ciò per evitare che reparti italiani vengano a contatto con repa1ti germanici» ". Inoltre prescrissero che «in un eventuale contatto col nemico, gli Italiani abbiano decisamente la veste di assalitori, per cui si potrà dire, e con ragione, che essi avranno iniziato, di conseguenza, le ostilità con la Germania. Si deve ricordare questa condizione in modo assoluto, poiché se le ostilità fossero iniziate da pmte germanica, in base ai trattati vigenti fra

' Sonnino a Bollati in data 4.5. 1915, D.D.I., 5a serie, III, doc. 562. RAYMOND PorNCARÉ, Au service de la France, Paris 1930, VI, pp. 163-164. In particolare Joffre non mostrò alcun disappunto per l'intenzione italiana di dichiarare guerra solo ali' Austria-Ungheria. «L'essenziale è che essa entri nella lotta - disse al colonnello Herbi!lon - e che sia con noi. Un giorno o l'altro essa sarà forzatamente trascinata contro la Germania. Pel momento è pre feribi le che essa non abbia da fare .che che con l'Austria ( ...). Dichiarare la guerra alla Gennania sarebbe forse invitare questa ad una brusca irruzione, di cui gli Italiani non potrebbern da soli sopportare l'urto. Bisognerebbe allora che noi andassimo a sostenerla, ciò che 11011 potrenuno fare, poiché non ne abbiamo abbastanza di tutte le nostre foi:ze,> (in M. CARACCTOLO, L'Italia e i suoi alleati cii., p. 55). 3Cfr. ERfCH VON FALKENHAYN, Il Comando Supremo tedesco dal 1914 al 1916 nelle sue decisio· ni più impormflli, Roma 1923, p. 68. Peraltrn il 23 maggio il consigliere d'ambasciata a Roma Her· ben von Hindenburg disse al segretario generale De Martino: «Se le truppe italiane attaccano, può darsi che trovino truppe tedesche frammiste a quelle austriache» (S. SONN INO, Diario cit, II, p. 156). ' CCSM, Relazione Ufficiale cit., if bis, ali. 34. 2


102

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

le nazioni dell'Intesa, la Romania dovrebbe dichiarare la guerra alla Monarchia austro-ungarica» 1• E, con l'occasione, si rende opportuna una parola sulla Romania. L'Italia, non soltanto il 23 settembre 1914 aveva firmato con essa un accordo per regolare l'abbandono della neutralità più o meno contemporaneamente, ma il 6 febbraio 1915 aveva sottoscritto un nuovo trattato segreto a garanzia del reciproco aiuto militare nell'eventualità di un'aggressione austriaca 2• E, ancora, in aprile il presidente del Consiglio rumeno, Bratianu, informato dal governo rnsso delle trattative in corso a Londra, si era affrettato a chiedere a Sonnino di non vincolare l'Italia «in modo definitivo per l'entrata in campagna, prima di essersi assicurato che anche la Romania ha potuto intendersi con l'Intesa» 3 • Ebbene, la Romania fu posta davanti al fatto compiuto •. È pur vero che poi Sonnino si impegnò a fondo perché le richieste della Romania venissero accolte dall'Intesa. Co- · minciò subito col trasmettere allo zar un messaggio personale di Vittorio Emanuele lll, caldeggiante le più ampie concessioni alla Romania per favorirne l'ingresso a fianco delle Potenze dell'Intesa, e spronò l'ambasciatore Carlotti a rappresentare a Sazonow «la enorme importanza che ha dal punto cli vista morale e politico oltreché militare, specialmente per noi, la contemporanea entrata in campagna deJle forze rumene contro l' Aust1fa-Unghe1ia» 5 • Le .insistenze si susseguiranno per mesi, ma ormai l'Italia si era impegnata, la Romania tentennava e chiedeva troppo, l'Intesa diventava poco conciliante e così all 'i.ntervento italiano mancò un concorso preziosissimo. Terzo punto: il prestito britannico. Era irrisorio in quei frangenti. Salandra cercò di sottrarsi ali' accusa cli superficialità sulle clausole economiche con spiegazioni speciose e inesatte: «(...) non se ne deve desumere che lo reputassimo sufficiente per una guerra che ritenevamo brevissima. Chiedemmo immediatamente poco al solo alleato a cui ci parve possibile di chiedere», perché non intendeva entrare in campo «come mercenari pagati con denaro inglese». Apre-

' Ibidem, Il bis, alleg. 35, p. 63. ' Fasciotti a Sonnino in data 6.2.1915 e 23.2.1915, D.D.I., s• serie, JJ, doc. 778 e 855. ' Fasciotti a Sonnino in data 21.4.1915, ibidem, III, doc. 416. Cfr. LUIGI ALDROVJ\NDI MARESCOTII, Nuovi ricordi, Mondado1i, Milano-Verona 1938, pp. 200-201. "Il 22 aprile, nel comunicare al ru.i1ùstro Fasciotti l' imminenza della finna del Patto di Londra, Sonnino scrisse: <<Stringendo l'accordo, la nostra entrata in azione avverrebbe verso il 20 maggio; e confidiamo che la Romania possa avere tutto combinato diplomaticamente e militannente per la stessa epoca» (D .D.I., 5" serie, III, doc. 423). Bratianu ma,ùfestò la sua pwfonda amarezza per il non cale in c ui erano stati tenu1i gli accordi e commentò che adesso la posizione rumena, specialmente di fronte alla Russia , era molto indebolita (Fasciotti a Sonnino in data 24.4. 1915, ibidem, III, doc. 444). ' Sonnino a Carlotti in data 29.4. 1915, ibidem, lii, doc. 506. Secondo Seton-Watson è possibile che Sonnino abbia agito con intenzione per vincere la guerra col minore aiuto possibile e non volendo arrivare alla dissoluzione dell'Austria-Ungheria (L'Italia dal liberalismo a/fascismo cit., 11, p. 578).


LE DECISIONI POLITICHE

103

scindere dal fatto che pochi mesi dopo l'entrata in guerra dovrà chiedere disperatamente a Londra un prestito di cento milioni cli sterline ed altrettanti di dollari senza sentirsi mercenario, il miliardo in questione non fu affatto domandato «immediatamente». Era invece stato chiesto nel lontano settembre 1914 da San Giuliano. Il quale, tenendo conto «dell.a probabile lunga durata della guerra(...), poiché appunto sulla lunga durata della guerra fa assegnamento la Triplice Intesa per fiaccare la Gennania», disse ad Imperiali di aggiungere un'altra clausola a quelle già comunicate a Grey ': «sarebbe cioè necessario che l'Inghilterra ci procurasse al momento opportuno un prestito a buone condizioni per la somma di un miliardo circa» 2• È ovvio che la cifra era stata fatta a occhio, senza a lcuna previsiC1ne sulle necessità finanziarie. E per quanto Salandra abbia sostenuta immeritata l'accusa di pensare ad «una guerra facile e breve}> (in verità nessuno parlò mai di guerra «facile»), dovette ammettere di non aver previsto né la durata né l'intensità logorante del conflitto \ Ora, in precedenza egli aveva riscontrato lo strenuo bisogno cli tutti i belligeranti cli riorgani.zzm·si approfittando della stasi invernale, per «risarcire I' enorme consumo di forze, personali e materiali» verificatosi in sei o sette mesi di guerra, consumo che aveva «di gran lunga e dappertutto, superato le più ampie previsioni»'- Sapeva, essendo al corrente dell'intenso lavoro che Zupelli e Cadoma stavano compiendo, dei bisogni che sorgevano continuamente e delle nuove difficoltà, «massime tenuto conto della scarsità delle nostre risorse interne» 5 • Sapeva che Cadorna sin dal febbraio si mostrava convinto di dover sostenere una «possibile e, secondo me, probabile, lunga gue1Ta>} e che sollecitava una vera e propria mobilitazione industriale a scopo militare, così come fatto dalle altre Potenze già in guc1Ta 6• Sapeva che sin dal mese di marzo Cadorna aveva chiesto di ammassare adeguate scorte per fronteggiare il grave problema dei rifornimenti

'San Giul iano a Imperiali in data I 1.8. I9 l4, D.D.I., 5" serie, I, doc. 201. 'San Giuliano a Imperiali in data 16.9.19 14, ibidem, I. doc. 703. ' A. SALANDRA, L'inte1ve11to, cii., p. 185. Nell'agosto 1915, Nitti incontrò Salandra in via Nazionale, a Roma, e, parlando della guerra, gli domandò se avesse provveduto completamente alle necessità invernali per l'esercito. Salandra «si fermò di botto. Eravamo sotto un fanale. Ricordo ancora la sua impressione di sorpresa e la sua aria diffidente. Lui disse: "Il tuo pessimismo è davvero inesauribile. Credi che la guerra possa durare oltre l'inverno?"». E, quando Nitti replicò di esser rimasto colpito dalla notizia che il governo inglese aveva impegnato la produzione delle grandi acciaierie americane 11011 solo per i l 1915, ma anche per gli anni successivi, Salandra rimase «un po' sorpreso. Ma poi si limitò a dirmi con aria scettica: "Si vede che gli inglesi hanno molto denaro da perdere. Comperano per impedire che altri comperi. Ma la guerra non può essere lunga"» (FRANCESCO S1wERro NtTII, Rivelazioni. Dramatis personae, Napoli 1948, pp. 382-387). ' A. SALANDRA, L'intervemo cit., p. 24. 'Ibidem, p. 62. • E. FALDELLA, Ul grande guerra eit., I, p. 30. Cfr. L. C.A.DORKA, La guerra allafro111e italia"a cit., l, pp. 63-64.


104

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

conflitto durante. Eppure si limitò a scrivere: «Nulla prevedemmo circa j rifornimenti di materie prime e di materiale bellico a noi indispensabiJe. Fu male( ...)», ed a commentare subito, minimizzando, che «comunque non più di vaghi ed incerti impegni avremmo potuto ottenere in quel momento, in cui la crisi delle armi e delle munizioni paraJizzava in parte la Russia e turbava la stessa Inghilterra» 1• Per questo aveva rinunciato a chiedere quello che sapeva indispensabile? Bisogna convenire che né Salandra né Sonnino si erano fatta un'idea, neppure approssimativa, della guerra nella quale avevano deciso di entrare. Una guerra che per la prima volta richiedeva tutte le forze disponibili di uno Stato 2 • Quanto alle clausole di natura politica del Patto di Londra, pur senza scendere nei particolari, come già detto, non si possono ignorare alcune conseguenze circa la concessioni nell'Adriatico. La Russia, dall'iniziale relativa simpatia verso di noi era passata ad una sempre più aperta avversione per le aspirazioni italiane che danneggiavano il mondo slavo ed i propri interessi. Difatti il 10 aprile 1915 Sazonow era riuscito a strappare a Francia ed a Gran Bretagna la promessa di ricevere al termine della guerra Costantinopoli, la sponda occidentale del Bosforo, i Dardanelli e la Tracia sino alla Linea Enos-Midia. Con questo la Russia sarebbe finalmente diventata una Potenza mediterranea e per questo si oppose strenuamente ali' espansione italiana in Adriatico, e cioè sulle coste e sull.e isole dalmate a danno della Serbia. Accettò le richieste di Sonnino soltanto dopo lunga resistenza e quando alle pressioni anglo-francesi si aggiunsero quelle ciel Comando Supremo russo 3• La Stavka intervenne pesantemente proprio all'inizio di aprile. Vedendo il logorio delle armate e soprattutto la situazione logistica dell'esercito pressoché ai Limiti del collasso, non esitò a dichiarare che in

1

A. SALANORA, L 'illlervento cit., p. 188. 'È altresl caratteristico l'aver evidentemente considerato la gueaa in oorso fra le Grandi Po-

tenze più o meno alla stregua di quella del 1870, senza cioè rendersi conto di quanto essa coinvolgesse il potenziale econorrtico-industriale-finan;e,iario del paese. Ne ll'autunno del I912 lo scoppio repentino della guerra balcanica aveva indotto la Germania a prendere in esame il problema econorrtico della Germania, qualora fosse stata improvvisamente trascinata nel contliuo. Il 3 dicembre venne allora costituita una «Commissione permanente per la mobilitazione economica presso il ministero degli Interni», comprendente i mppreseman1i dei ministeri civili e militari interessati, che rimase in funzione sino allo scoppio della guerra mondiale, quando fu adeguata alla nuova situazione. Spirito organizzativo tedesco a parte, è innegabile che i provvedimenti presi in fretta e furia dai vari governi nel 1914 non avevano nemmeno sfiorato l'attenzione del governo e del parlamento dell' llalìa. 3 In apri le si verificò un vero e proprio tambureggiamento da parte della Gran Bretagna e della Francia. Asq ui th disse ali' ambasciatore russo Benckendorff che «in questo momento un ' alleanza con l'Italia (alleanza offensiva) è indispensabile» e che non poteva ammettere «un'opposizione per questioni che non sono per la Serbia d'interesse vitale». Il 19 Poincaré telegralò addirittura allo zar che «il genera le Joffre desidera, come S.A. Granduca Nicola, che l'entrala in azione avvenga al più presto possibile, ma la sola maniera di effettuarla è di firmare immediatamente l'accordo». Il 20 Benckendorff comunicò che Ki1chener, il ministro della Guerra, riteneva «indispensabile una intesa immediata con l' Italia», non nascondendo che «ogni ritardo potrebbe essere funesto». Alla fine Sazonov aderl, «digrignando i denti e rimanendo imbronciato» per dirla con Sàlandra (cit. in M. CARAC:CIOLO, L' lwlia e i suoi alleati cii., pp. 35-40).


LÈ DECISIONI POLITICH E

105

simili circostanze di «estrema necessità}} l'entrata in guerra dell'Italia non soltanto era indispensabile ma addirittura urgente. Comunque sul piano politico il risultato complessivo non fu molto conveniente per l'Italia. La Russia rimase con il risentimento di essere stata costretta a subire un compromesso e non mancò di metterlo in evidenza ogniqualvolta possibile 1; la Serbia nutrì un rancore che si prolungherà nel dopoguerra; gli slavi della Duplice Monarchia raddoppiarono la loro ostilità verso l'Italia. Infine, sul piano diplomatico interno, inevitabilmente la denunzia del trattato della Triplice fatta il 4 maggio alla sola Austria-Ungheria ed il successivo silenzio del ministero degli Esteri causarono un'estrema incertezza cli comportamento negli ambasciatori italiani a Vienna ed a Berlino. Avama, sopratmtto, si sentiva•a disagio perché Buriàn non aveva perduto la speranza di vedere accolte le sue insistenti offerte ed in tal modo evitare la guerra, contando anche sulla presenza a Roma di Giolitti, notoriamente neutralista. In una lettera personale a Bollati, Avama esplose: «(. ..) Nella mia lunga carriera non ho mai visto condurre la nostra politica estera in modo così bestiale e così poco leale così come è stata condotta dacché Sonnino è alla Consulta (...). Quanto all'idea di denunziare il Tratlato ali' Austria-Ungheria senza denunziarlo alla Germania, essa è una di quelle "finesse" puerili e sciocche che possono venire solo in menti così ristrette come quelle dei nostri attuali governanti (...)» 2 •

* *

*

La firma del Patto cli Londra, voluta da Salandra e Sonnino con l'approvazione del re, ma a Camere chiuse, poneva due problemi di politica interna: informare il Paese della decisione ed ottenere la approvazione parlamentare con la concessione dei poteri eccezionali in caso di guerra. Il tutto entro ristretti Limiti di tempo. Il 12 maggio, dopo quaranta giorni cli chiusura, le Camere dovevano riprendere i lavori. La divisione fra interventisti e neutralisti era netta, però esisteva in quest'ultima corrente un gmppo in grado di spostare in modo determinante il peso sulla bilancia. Gli interventisti comprendevano, da un lato i repubblicani, i radicali, i garibaldini, i futuristi, gli irredentisti e poi i socialisti; dall'altro i sindacalisti rivoluzionari e gli anarchici. Ad essi si unirono i liberali di destra. Naturalmente le

' SuUe relazioni diplomatiche fra Italia e Russia e, in particolare su ll'azione dell'ambasciatore Carlotti e sul compoltameoto di Sazonow, nonché sugli interessi nei confronti dell' Italia, a volte divergenti, del ministero degli Esteri e del Comando Supremo della Russia, vds. GIORGIO PETRACCHl, Da San Pietroburgo a Mosca. La diplomazia italiana in Russia (1861-1941 ), Bonacci, Roma 1993, pp. 111-147. ' Avarna a Bollati in data 13.5.1915, D.D.I., 5' serie, lll, doc. 682.


106

LA PRIMA GU ERRA MONDIALE

motivazioni dei vari gruppi erano molto diverse. I sindacalisti rivoluzionari con De Ambris e Corridoni, fi no al giorno prima accaiùti antimilitaristi, ora volevano la guerra pensando di riuscire con essa ad accelerare il processo dj disgregazione della borghesia. I futuristi con Marinetti consideravano la guerra come «la sola igiene del mondo». I nazionalisti seguivano il principio della politica di potenza e se prima erano inclini a slare al fianco della forte Gem1ania per riprendere Nizza e la Corsica e per ripagarsi a spese della Francia e della Gran Bretagna con nuove colonie, ora chiedevano Trento e Trieste, la Dalmazia, ecc.. Per i liberali di destra, come Salandra, e per gli irredentisti la guerra consentiva di completare l'unità d' Italia e di rafforzare i legami con le Potenze occidentali. I repubblica1ù ed i socialisti rifomùsti ambivano alla completa unità come primo passo verso riforme illunùnale. Per i mazziniani la guerra non soltanto permetteva il raggiungimento dell'unità, ma doveva condurre alla fine del dominio temporale del papato, allo sfasciamento della Duplice Monarchia e dell'impero ottomano ed al trionfo del principio delle nazionalità. Né si doveva trascurare l' orgoglioso desiderio di molti dì esprimere una buona prova bellica dell'Italia unita. Nel campo opposto esistevano due grossi blocchi: quello della neutralità assoluta e quello della neutralità condizionata. Avversari decisi dell'entrata in campo erano il partito socialista ufficiale ed i cattolici. I sindacati socialisti lanciarono lo slogan «né aderire né sabotare», il partito socialista quello «faccia laborghesia italiana la sua guerra»; ma dovettero constatare con sorpresa ed inlbarazzo di essere rimasti soli a considerare il conflitto come una questione fra i governi capitalisti, imperialisti e borghesi. Difatti i socialisti austriaci e tedeschi si erano schierati subito a fianco dei rispettivi governi ncll' interesse superiore del Paese; e quelli francesi ed inglesi avevano trovato la giustificazione nella doverosa difesa contro l'aggressione. Proprio l'adesione dei socialisti delle due parti in guerra alle rispettive cause nazionali smuoverà Mussolilù dalla neutralità. I cattolici subivano auch'essi la spinta di svariate ragioni: si andava dalla simpatia per l' Austria in quanto uJtima Grande Potenza cattolica, alla ostilità verso la Francia perché anticlericale e massone, ai pacifisti ed antimilitaristi, ai moderati opportunisti, ai contrari alla gueITa perché voluta dalle sinistre 1• Fra gli esponenti neutralisti spiccava Giolitti, bene al corrente delle condiziotù italiane, poco persuaso dell'efficienza dell' esercito e della solidità milita-

' P. P rERr, L'ltalia nella prima g uerra mondiale , Einaudi. Torino 1968, pp. 48-54; IVA'fOE BoPorta Pia a Vir,orio Veneto, Einaudi, Torino 1944, pp. 272-276. Un cenno particolare deve essere fatto all'azione del Vaticano durante la neutralità italiana. I] 3 settembre 1914 era salito al soglio papale Benedetto XV, che come primo gesto invitò le Potenze in guerra a cessare le ostilità, dopo di c he, si adoperò attivamente per la neutralità italiana. Nel gemiaio 191 5 egli affermò all'ambasciatore austriaco che esisteva «un·a~soluta identità di interessi frJ il Vaticano e l'Austria,,. Nel febbraio il cardurnl Gasparri, segretario di Stato, confidò all'ambasciatore tedesco: «Stiamo facendo tulio ciò che ci è possibile, prima nel nostro interesse e poi per quello dcli' Austria-Ungheria» (C. S r:TON-WATSON , L'Italia dal liberalismo alfasci.wno c it., Il, p. 581). NOMI, La politica iralia11a da


LÈ DECISIONI POLITICHE

107

re della nazione, per niente propenso ad impaniare il Paese «in una guerra difficile, sanguinosa, costosissima e non voluta dalla immensa maggioranza» 1 • Non aveva torto, l'uomo, in questa sua ultima affermazione. In realtà la massa della popolazione era contraria alla guerra, anche se con una contrmietà apatica ed indifferente. E rassegnata. Il che, dopo tutto, non era cosa nuova. lllollre egli conosceva la debolezza del vigente regime parlamentare, derivante dalla mancanza di una legge elettorale idonea a conferire una vera maggioranza al pres idente del consiglio. Giolitti capeggiava un gruppo di deputati maggioritario, aveva un immenso seguito nella burocrazia statale, era noto per la abilità di mediare c comporre opposte tendenze. Ben a ragione il governo lo temeva, riconoscendo in lui il leader politico di maggior prestigio ed esperienza, l'uomo in cui molti confidavano affinché l' Italia fosse tenuta fuori dalla guerra. Ma molti alt1i pensavano che «se alla guerra si dovesse addivenire, Giolitti era l'unico uomo di Stato atto a condurla» 2• E ben a ragione il governo temeva Montecitorio, che, anche a Camere chiuse, rimaneva il luogo dei convegni e del ritrovo dei giolittiani, che ape1tamente ora invocavano l'immediato ritorno a Roma da Cavour (ove si era rifugiato) del loro capo, in vista della battaglia parlamentare. Intanto più accesa che mai si faceva la partita fra gli ambasciatori delle opposte coalizioni per guadagnare l' Italia alla rispettiva causa: Barrèrc per l' Intesa e Bi.llow per gli Imperi Centrali. Quest' ultimo puntava tutto su Giolitti ed aspettava fiducioso che riprendesse il potere, come di solito avveniva dopo le studiate pause. Barrère, invece, sviluppava il suo zelo negli ambienti socialisti, in cui aveva percepito i sintomi di una crisi latente cd aveva individuato anche l'uomo in grado di farla precipitare: Mussolini. Salandra esitava. M acchio e Biilow non si stancavano di tornare alla carica con nuove proposte, mentre dal fronte orientale an·ivava notizia di uno sfondamento tedesco nel settore di Gorlice-Tarnow, pur senza ancora elementi sicuri circa la sua portata. Alla fine, nell' imminenza della riapertura della Camera, prevista per il 12 maggio ed attesa in un'atmosfera sovreccitata, dovette decidere una proroga «per una ragione che non fu detta né allora né poi, ma era decisiva». Secondo la sua candida versione, «in un 'adunanza coi capi dell'esercito e della marina, il generale Cadorna, troppo tardi avvisato dei termini stabiliti con l' accordo di Londra, dichiarò che non prima del 20 l'esercito sarebbe stato pronto a sconfinare» 3 • Troppo tardi avvisato! Così Salandra il 7 maggio informò il con-

' G. G101.1T r1 , Memorie della mia vita cit. , p. 326. Giustamente Scton-Watson ha osservato che con la lettera del «parecchio» Giolitti «aveva assunto, pur senza volerlo, la direzione di tutte le forze neutraliste, talché per gli interventisti la campagna per l'entrata in guerra si trasformò in una crociata antigiolittiana» (C. S ETON-WATSON, ibidem , II, p. 583). 'A. SALANDRA, L'interve,110 cit .. p. 234. ' lbiden~ p. 242.


108

LA PRIMA GUERRA MOND IAL,E

siglio dei mitùstri della sua risoluzione di rimandare al 20 la riape1tura della Camera e sottopose alla firma del re il decreto di proroga 1• Il 9 maggio Giolitti arrivò a Roma. «Che egli volesse o no, col suo arrivo si aperse i l periodo di più intensa crisi interna, durata una settimana, dal 9 al 16 2• Quella mattina Salandra si recò al Quirinale e Vittorio Emanuele m decise di convocare Giolitti, dopo un sondaggio effettuato dal ministro del Tesoro, Carcano, che nel 1893 era stato suo sottosegretario. Carcano effettuò la visita e riferì subito a Salandra: Giolitti «era scattato al sentire della denunzia della Triplice e dei telegranuni scambiati dal sovrano ai capi di Stato dell'Intesa. 'Dunque è impegnato il Re', aveva esclamato. S'intende come ciò gli cuocesse, non bastando più disdire il Governo». Poi Giolitti aveva elencalo i suoi motivi di preoccupazione: scarsa fiducia nell'esercito, dopo la prova in Libia e dopo il giudizio formulato da alcu1ù generali sulle carenze organizzative; moltissimi dubbi sulla capacità di resistenza dell'Italia ad una guerra prolungata almeno ancora per il successivo inverno; probabile irruzione degli austro-tedeschi sino a Verona; conseguente rivoluzione nel Paese. Aveva anche dichiarato di considerare responsabile dell'eventuale guerra non soltanto i ministri, ma pure il re ' . Carcano, a dire di Giolitti, si commosse davanti a siffatte drammatiche previsioni e «gli vennero le lacrime agli occhi», però osservò che ormai la detenninazione governativa di uscire dalla neutralità sembrava definitiva 4. Di tutto ciò Salandra ragguagliò Vittorio Emanuele III e, pur affermando la propria disponibilità a «sgomberare il terreno» se riconosciuto utile dal re, fece presente che per l'Italia e le sue istituzioni rinnegare la filma del Patto di Londra sarebbe stato squalificante di fronte alle Potenze. Tornato quindi a palazzo Braschi, rinnovò per scritto che «se il Re ritenesse conveniente nell'interesse del Paese il ritiro del Ministero, sia prima che la Camera si adunasse, sia dopo un voto della Camera stessa, io ero pronto ad intendermi con Giolitti per cercare il miglior modo di determinare tale avvenimento» s. Giolitti fu ricevuto dal re il mattino del 10 maggio. Espose i motivi che lo inducevano a non vedere opportuna una guerra, per di più non voluta dalla grande maggioranza del Paese, e rilevò che, tutto sommato, le ultime offerte austriache si avvicinavano molto ai desideri italiani. Nel pomeriggio si recò da Salan-

' Quel giorno Sonnino parlò con Ugo Brusati dei tentativi degli Imperi Centrali di indurre I' Italia a rimanere nella neutralità. Poiché Brusati, incidentalmente, accennò alla convenzione navale anglo-franco-italiana, «mostrando di saperne le condizioni e le difficoltà delle trattative», Sonnino, stupilo e scandalizzato, annotò: «Dunq ue sa dei nostri accordi con l' Intesa! ?» (S. SONNINO, Diario, cit., Il, p. 143). ' A. SALASDRA, L'i11terve1110 cit., p. 247. 1 Ibidem, pp. 250-251. 1 • G. G1oun1, Memorie della mia vita cit., p. 332. 'A. SALAKDRA, L'i11terve1110 cit., p. 252.


LE DECISION I POLITICHE

109

dra e lo convinse della possibilità di liberarsi degli impegni contratti con l' Intesa mediante un voto contrario della Camera. Secondo Giolitti, né da Carcano, né dal sovrano, né da Salandra venne informato del Patto di Londra '. Secondo Salandra, invece, l' affern1azione era «solo verbalmente esatta, nel senso che non gliene fu data copia o lettura, non che non si fosse parlato del suo contenuto» 2 • Ed a riprova di ciò, a parte il già citato «scatto>> riferito da Carcano, egli riporta il giudizio espresso dallo stesso Giolitti a Vittorio Emanuele l i, per cui il governo poteva «disimpegnarsi dall 'Intesa mediante un voto di approvazione e di fiducia che quattro quinti della Camera, lui garante, gli avrebbero dato» e, quanto alla eventuale responsabilità del sovrano, la negò sostenendo trattarsi «d'impegni meramente politici, delle cancellerie» 3• Giudizio che, s empre secondo Salandra, Giolitti avrebbe ri petuto a lui stesso: «sostenne la tesi, già esposta a l Re, che il Ministero potesse disimpegnarsi dall'Intesa con l'aiuto della Camera, che avrebbe manifestato la sua intenzione di volere la pace mediante una mozione firmata da numerosi deputati costituzionali (Giolitti se ne escludeva), da presentarsi in quei giorni alla Presidenza della Camera, con intonazione di fiducia nel Ministero» 4. Tuttavia mentre Giolitti voleva che il governo rimanesse al suo posto prendendo atto della volontà parlamentare, Salandra escludeva in modo tassativo simile ipotesi dopo una manifestazione di sfiducia così plateale. E poi, mai avrebbe accettato di governare in quei frangenti sollo la tutela dell' uomo di Dronero! ~. Anche Sonnino il 14 maggio disse a Barrère che Giolitti era stato messo «pienamente al corrente degli impegni presi dal R. Governo» 6 • Si può comun-

' G. G1oun·1, Memorie della mia vita cit., pp. 232-233. Però ha ha scrillo: •<Anche per lui !Salandra] si comprende che l'obbligo del segreto valse ad impedirgli di danni intera notizia di come stes.rero le cose» (ibidem, p. 333, corsivo nostro). Quanto asserito da Gioliui è pcrallro smentito dall'on. Giovannelli, suo intimo runico, il quale il 23 maggio 1915 gli scrisse: «lo quello che non capisco ancora è il fono che tu, dopo la visita che ti fece Carcano e dopo quella che tu, richiesto, facesti al Re, noti abbia preso un partito deciso o per la Triplice Alleanza o per l'Intesa. Carcano dissemi che ti narrò come stesscw le cose e che non ti tacque gli irrevocabili impegni presi dal governo di cui fa. ceva parte. Da chi avvicina il Re si dice che il Re non ti chiamò per consiglio, ma per esporti i fatti e gli impegni presi colla sua annuenza e consenso e quindi colla sua partecipazione(.. .)» (G. GtO· LITTt, Q11aranr'a1111i di politica italiana cii., ffi) . ' /\. SALANDRA, L'i11terve11to cit., p. 255. , Ibidem, pp. 252-253. n ministro Martini annotò l' l l maggio: «Nel colloquio di ieri il Giol itti lodò il Gabinetto dell' aver oncnuto dall'Austria concessioni ragguardevoli, consigliò di continuare nella preparazione militare, di decretare, magari, la mobilitazione. alo scopo di ouenere dal! ' Austria possibili concessioni maggiori. Alle osservazioni che noi già sia.no impegnati con la Triplice Intesa, fece non si sa bene quale distinzione fra accordo e trattato; in sostanza volle significare la sua disa pprovazione, proponendo che si rompesse qualsiasi impegno che avessimo con essa Intesa ( . .. )» (FtiRl)INANDO MARTINI. Diario 1914-1918, Mondadori, Verona 1966, pp. 412-413). • Ibidem, p. 254. ' P. PIERI, L'lralia nella prima guerra mondiale cii., p. 72. • S. SONNINO, Diario cit., p. 150.


110

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

que ritenere ce1to che Salandra abbia parlato «sempre ed esclusivamente di guerra all'Austria per la Liberazione delle terre italiane irredente»' e non dell'obbligo di entrare in guerra anche contro la Germania. Le Potenze dell'Intesa cominciavano a preoccuparsi e gli ambasciatori espressero viva inquietudine a Sonnino, il quale confidò a Salandra: «(...) la mia impressione è che tanto Barrère, quanto Rodd, come Giers [nuovo ambasciatore russo) credono che noi vogliamo giocarli o almeno che noi ci lasciamo giocare alla Camera». E soggiunse di temere che l'Intesa nutrisse dubbi crescenti sulla forza ciel governo, al punto di meditare «qualche atto inconsulto per compromettere la situazione irreparabilmente prima del 20, o prima che gli avversari possano mutarla». Non sbagliava, perché all'improvviso la stampa francese dette pubblicità al Patto di Londra. In tal modo Conrad seppe che al più tardi il 26 maggio noi avremmo iniziato le ostilità e Cadoma vide sfumare anche le residue speranze di un minimo di sorpresa. Il 13 Salandra rassegnò le dimissioni del Gabinetto, riscontrando la mancanza «ciel concorde consenso dei partiti costituzionali che sarebbe richiesto dalla situazione» 2. Il fatto provocò un'enorme agitazione. Per tre giorni si verificarono manifestazioni cli piazza che se non generarono un vero e proprio «clima da guerra civile», come è stato detto, certamente innescarono una tensione altissima e dettero luogo a molti episodi di intimidamento e di violenza 3 • All'estero cd in particolare nelle capitali dell'Intesa si temette una resipiscenza italiana. In questo momento di acuta elisi governativa, Sonnino comunicò a Cadorna che, essendo il gabinetto dimissionario, lo Stato Maggiore non poteva ordinare la firma della convenzione militare con la Russia, né fissare per la mobilitazione generale «alcuna data precedente al 26 corrente»! '. Il re, per contro, mandò Brusati dal ministro Zupell i con l'ordine categorico di proseguire senza la nùnima esitazione i preparativi di competenza del ministero della Guerra. Poi convocò Giolitti e gli offrì il governo. Avrebbe potuto non ratificare il Patto di Londra, accettm·e le ultime proposte austriache e rimanere nella neutralità: questa era l'alternativa che lui stesso aveva prospettato nel primo colloquio con il sovrano. Ma Giolitti si tirò indietro. Non si sentì in animo di compiere un così vistoso rifiuto dell' accorcio con le Potenze dell'Intesa, rifiuto che certo avrebbe danneggiato credibilità e prestigio dell'Italia, e d'altro canto non gli sembrò con-

' G. G1oun1, Memorie della mia vita cit., p. 333. 'A. SALANDRA, L'in1er ve1110 cit., p. 269. ' D'Annunzio uddirittura denunciò «l'attacco proditorio» di Giolitti! Non per niente quando Marcora, in predicato per la fonnazione del nuovo governo, chiese a Salandra se poteva convocare senza rischi Giolitti a Montecitorio, <<dovetti rispondere - ricordò il presidente del Consiglio - che lille guarentigia potevo assumere soltanto se Giolilli conscmisse a fars i scorlare da carabinieri a cavallo» (ibidem, p. 284). 'Sonnino a Cadoma in data 14.5.1915, D.D.I., s• serie, Ili, doc. 684.


LE DECJSIONI POLITICHE

111

veniente che, comunque andassero le cose, assumesse il governo un uomo considerato decisamente contrario alla guerra. Perciò suggerì i nomi di Marcora, presidente della Camera, e di Carcano, i quali , ritenuti pronti in caso di necessità ad abbandonare la posizione neutrale, proprio per questo si trovavano in condizioni di poter ottenere dal governo austriaco ulteriori più favorevoli concessioni 1. Sia Marcora sia Carcano declinarono l'invito. Lo stesso fece Paolo Boselli, il decano della Camera, che, viste le circostanze, firù per proporre la riconferma del ministero. Così, nel primo pomeriggio del J6 maggio il re richiamò Salandra, accogliendolo con un: «Bisogna che Ella si rimangi le dimissioni» 2• Due giorni più tardi Macchio presentò un nuovo schema di trattalo con le ultime offerte della Ballhausplatz in cambio della neutralità: cessione delle zone del Tirdlo di lingua italiana e di Gradisca, Trieste città libera, Valona e Dodecaneso riconosciuti all'Italia. La Germania garantiva l'accordo. Nulla di paiticolarmente innovativo, fuorché il titolo di «Città libera imperiale» per Trieste, come notò S01mino. Il quale a Macchio rispose che avrebbe riferito al Consiglio dei ministri alla prima occasione, ma che tutto ormai dipendeva dal Parlamento che sarebbe stato messo al corrente della situazione )_ Il disegno cli legge preparato da Salandra dava facoltà al governo, in caso di guerra e durante le ostilità, di emanare disposizioni di legge per quanto riguardava la difesa dello Stato, la tutela dell'ordine pubblico e le urgenti necessità clel l'economia nazionale. Il ministero aveva altrcsì facoltà di ordinare le spese indispensabili e di provvedere con mezzi straordinari ai bisogni del Tesoro, nonché di dar corso ai bilanci per le amministrazioni dello Stato nell'esercizio 1915-16. Erano i pieni pote1i. Su 482 deputati, presenza raramente raggiunta, si registrarono 407 voti favorevoli, 74 contrari ed uno astenuto. I giolittiani avevano votato jn massa a favore, causaodo un totale ribaltamento della maggioranza: la precipitosa partenza di Giolitti per Cavour (17 maggio), prima ancora della riapertura della Camera, aveva assunto il significato di rinuncia a contrastare un corso degli avvenimenti già evidente, ma principalmente aveva privato la maggioranza giolittiana del suo capo ed essa non reagì. Nelle sue memorie Giolitti scrisse di esser tornato n casa «avendo considerato finita la mia missione», però non spiegò a che cosa si riferisse. La votazione al Senato registrò l'unanimità dei consensi da paite dei 281 presenti. li 21 le Camere si chiusero sine die. Il 22 venne decretata la mobilitazione generale. n 23 Avama consegnò la dichiarazione di guerra a Vienna. Il 24 ebbero inizio le ostilità. Lo stesso giorno Francesco Giuseppe indirizzò un proclama ai suoi popoli. Cominciava con queste pai·ole: «li Re d'Italia ci ha dichiarato la guerra; un tradimento quale la storia non conosce fu compiuto dal Re d'Italia contro i suoi due A lleati (... )».

' G. G1oun-1. Mem.orie della mia vita cit., p. 334. ' A. SALANDRA, L'inrervenlo cit.., p. 285. 's. SONNINO. Diario cii., pp. 152-153.


LA PRIMA GUERRA MONDIALE

112

Così la crisi del maggio 1915, tutt'altro che lieve, si concluse lasciando il segno nell'ambito politico ed in quello costituzionale. Giolitti aveva governato il Paese per più di un decennio «utilizzando il sistema stesso con i mezzi che erano a questo connaturati: la ricerca delle maggioranze in Parlamento, la ricerca dei suffragi alle elezioni». Aveva affrontato le pressioni contrastm1ti delle forze politiche estreme, cattolici e socialisti da un lato e nazionalisti dall'altro, cercando di smussarne le asperità ed accontentando le istanze opposte con i tipici espedienti trasformistici, come ha ben sottolineato Carlo Ghìsalberti. Ma il turbamento europeo del 1914 superava dì gran lunga la possibilità di affrontarlo con un semplice gioco delle maggioranze condotto con il suo «stile burocratico e dimitizzante». Peraltro, anche Salandra non era adatto alla bisogna e, per giunta, non possedeva nemmeno le qualità del suo predecessore. Il governo Salandra, concentrando nell'esecutivo ogni iniziativa d i politica estera, dette all'istituto parlamentare un colpo gravissimo. Per contro il Parlamento, dominato dalla maggioranza giolittiana, non soltanto non aveva saputo «rispondere al compito primordiale della mediazione fra governo e paese, lasciandosi sommergere dal secondo e concedendo nolente al primo l'onere intero della più grave scelta della nostra storia unitaria», ma senza opporre resistenza aveva accettato di essere formalmente esautorato. Il governo aveva rispettato la prerogativa regia, rassegnando le dimissioni per lasciare libe11à di scelta al re nella decisione fra neutralità o intervento. Respingendole, dopo il gravissimo rifiuto di Giolitti, il re ribadiva la scelta dell'intervento, che il Parlamento accettava subito, conferendo poteri sin troppo estesi al governo 1• Per completezza di informazione e per confronto, è utile ricordare che in nessun altro paese, salvo nel Regno Unito, ciò che doveva condurre alla guerra venne discusso i n sede parlamentare. I dibattiti sulle spese straordinarie militari furono posteriori alla dichiarazione di guerra e, date le circostanze, ovviamente il consenso rivesù carattere di unanimità. E questo, sia nei paesi «aggrediti» come il Belgio e la Francia, sia in quelli «aggressori» come la Germania, che per prima, proclamandosi «minacciata», aveva dichiarato guerra alla Russia. La Russia faceva caso a sé, p erché in essa si sommavano la condizione d i «aggredito» ed il potere autocratico dello zar, che rendeva appena fonnaJe l' approvazione della Duma. In Austria-Ungheria, poi, il Parlamento era chiuso; quindi il governo imperiale trovò subito comodo avvalersi della facoltà di governare per mezzo di decreti, facoltà prevista in simile contingenza. In Gran Bretagna le cose andarono diversamente in quanto i Co muni erano aperti. Il Premier Asquith e Grey dovettero perciò muoversi con grande attenzione, assai più forti essendo le preoc-

' CARLO GHISALBERTI,

320-323. crr. G.

M ARANINI ,

Storia cosrituzionale d'Italia i 848-1948, Laterza, Roma-Bari 1991 , pp. Storia del potere politico i11 Italia cit. , pp. 235-239.


LE DECISIONI POLITICHE

113

cupazioni suscitate dall' esplosiva situazione irlandese. Ad ogni modo, Asquith dette al ministro della Guerra, Kitchener, il consenso di richiamare le riserve speciali (3 1 agosLo) ed al Primo Lord dell'Ammiragliato, Churchill , di mobilitare la fl olta (J O settembre). Ma il 3 settembre re Alberto del Belgio respinse l'ultimatum tedesco e chiese aiuto alla Gran Bretagna e Grey ottenne facilmente l'approvazione dei Comuni.

3. L A PREPARAZIONE MILITARE N~ll'esame dell'approntamento dello strumento bellico durante il periodo della neutralità, si farà distinzione fra aspetto ordinativo (cioè messa a punto dell'esercito in personale, armamento e mezzi) ed aspetti operativi (cioè mobilitazione e radunata, disegno di guerra).

* * * LA l\IESSA A PUNTO DELL'ES ERCITO

'.

Le prime assegnazioni straordinarie furono erogate su.lla base di una generica esigenza, ma sul fin.ire dell'estate 1914 le cose cambiarono. Il nuovo ministro Zupelli prese come programma per la sua opera una «Memoria circa i provvedimenti per l'esercito» studiata dal Comando del Corpo di Stato Maggiore, di cui egli era stato comandante in 2° sino alla nomina a ministro. La memoria si proponeva di mettere a fuoco: la disponibilità di un esercito di 1.400.000 uonùni, di cui 942 miJa di truppe di campagna, formate dalle classi più giovani e con una congrua riserva di complementi; il completamento <li tutte le dotazioni di mobilitazione; l'immediata costituzione delle unità di milizia mobile e di quelle presicliarie previste; la costituzione dei reggimenti di artiglieria da campagna previsti e non ancora esistenti e di ulteriori 26 batterie (l 2 someggiate e 14 pesanti campali), nonché l' aumento da 4 a 6 pezz.i per tutte le batterie da campagna; la costituzione di un parco d'assed.io. Il programma fu in buona parte condotto a termine entro il 24 maggio 1915 grazie a ll'assegnazione di oltre un miliardo, di cui 210 milioni in aumento alle spese ordinarie previste per l'esercizio 1914-15 e 882 in aumento a quelle straordinarie. 11 23 maggio 1915 il governo assegnò 633 milioni per il completamento delle dotazioni dell'esercito mobilitato e per le necessità del primo mese d i guen-a, cd il 5 giugno altri 300 milioni. In totale, le assegnazioni dall'agosto 19 14 al giugno 1915, a parte quelle previste, ammontarono ad oltre due miliardi (specchi 1 e 2).

' In proposito vds. CCSM, Relazione 1,j)ìciale cit., I, p. l75. Le cifre sono arrotondate.


Specchio l Prospetto degli stati di previsione della spesa annuale per l'Amministrazione della guerra nei bilanci dal 1909-1(1 al 1915-16

STATO DI PREVISI ONE DELLE SPES E PER lL MINISTERO DELLA GUERRA

Esercizio finanziario

Totale degli stanzi:unenti

Partite di giro e movimenti di capitale

Ripai1izione della «ci fra complessiva»

Variazioni rispetto all'esercizio precedente

Cifra

complessiva Parte

ordinaria

Parte straordinari a

Parte ordinaria

Parte

straordinaria

1° luglio 1909-30 giugno 1910 308.726. 157 ,96

7.237, 157,96

301.459.000.00 280.255.500,00

21.233.500,00 + 11.776.700,00 + 9.933.000,00

Td. I 91 O· Id. I9 11.

364.230.201,12

7.283.801,12

356.946.400,00 306.728.900,00

50.2 17 .500,00 + 26.473.400,00 + 28.984.000,00

Td. 1911 - ld.. 19 12

405.040.957,20

8.974.757,20

396.066.200,00 336.351.200,00

59.7 15.000,00 + 29.622.300,00 + 9.622.500,00

Id. 191 2- ld. 19 13

431 .522.572,55

9.960.776,30

422,56 1.796,25 343.8 11 .796,25

78.750.000,00 + 7.460.596,25 + 18.910.000,00

Id. 191 3 - Id. 19 14

424.330.058,25

9.691.542,38

414.638.5 15,87 355.560.887,50

59.077.628,37 + li .749.09 1,25 - 19.672.37 1,63

Id. 1914 - Id. 19 15

468.908.347,45

9.215.946,44

459.692.401,01 373.1 81.887,50

86.5 l0.513,5 1 + 17.621.000,00 + 27.432.885, 14

Id. 1915 - Id. 19 16

437.246.579,78

9.502,896,09

446.749.475,87 335.205,292,50 102.041.287,28 - 37.976.595,00 + 15.530.773,51


LE DECISIONI POLITICHE

115

Specchio 2 Somme concesse ali' Amministrazione della guerra per la preparazione dell'esercito all'en trata io campagna PROVVEDIMENTO LEGISLATIVO autorizzante l'assegnai.ione

Somma complessiva assegnata

Ripanizione di della somma fr.1: spese ordinarie

spese slraordinarie

-

R.D. 845 del 16 agosto 1914 (a) .............

6.500.000

6.500.000

R.D. 855 del 2 1 agosto 1914 (b) .............

I O\.O 12.000

2 1.212.000

79.800.000 38.000.000

R.D. 996 del 6 sellcmbre

(e) .............

41 .000.000

3.000.000

R.D. 1093 dell ' 11 ottobre

(d) .............

101.773.780

56.800.000

R.D. I 094 dcli' I l 011obre

(e) .............

46.000.000

R.D. 1096 dcli ' 11 uttobre

(j) ..............

4.500.000

4.500.000

R.D. 1205 del 1° novembre

........

2.730.000

2.730.000

-

R.D. 1206 del 1° novembre

········., ::à

788.000

788.000

-

I

'6

-

44.973.780 46.000.000

R.D. 1246 del l O novembre

........ I!

70.000

70.000

-

R.D . 1248 dell '8 novembre

·········a .2 .S? o

8.250.000

250.000

1.5 32.000

32.000

-

R.D. 1249 <lei 15 novembre

~ ~

........ ~ !

R.D. l252 del 15 novembre

........ ., &,:O "'"' ········ <i:

R.D. 1255 del 15 novembre

........

R.D. 1262del 15 novembre

TOTALE dal 16 agosto al 3 Jdiccmbrc 1914 ............

84.000 46.000.000

84.000

-

46.000.000

400.000.000

58.300.000

341.700.000

750.739.780

149.766.000

600.973.780

60.000.000

ll0.000.000

(p)

R.D. 9 1 del 7 febbraio 19 15

(/r) .............

170.000.000

R.D. 11 del 7 gennaio

(i) ..............

11.500.000

-

ll.500.000

R.D. 605 del 9 maggio

(l) ..............

60.000.000

473.000

59.527.000

R.D. 6 19 del 13 maggio

(m) ............

100.000.000

R. D. 684 del 23 maggio

(11) ...•....••...

648.000.000

D.L. 844 del 5 giugno

(o) .............

300.000.000

TOTALE dal I O gennaio al 5 gi ugno I 9 I 5 .. ............

1.289.500.000

75473.000

l.2 14.027.000

.............,....

2.{>40.239.780

225.239.000

1.8 15.000.780

TOTALE GENERALE

15.000.000

-

100.000.000 633.000.000

300.000.000

(p)

(a) G.M 19 14, pag. ll.99. -

(b) G. M. 19 14. pag. l200. - (e) G.M. J9 14, pag. 129 1. - (d) G. M., pag. 1408.- (e) G. M, 1914. pag. 1410. - (/) G. M . 1914, pag. 1412. - (g) Dati forniti dal la «Ragioneria». - (h) G. M. 1915, pag. 279. - (i) G. M. 1915, pag. 458, - (/) G. M. 191 5, pag. 766.- (111) G. M. 1915, pag. 845. - (n) G. M. 1915, pag. 1029. - (o) G. M. 1915, pag. 1127. - (p) Non tenuto conto di L. 3.7.500.000 assegnate con R. D. 1095 del!' 11 ouobre 1914 (G. M. 1914 , pag. 14 1 l) «per .le spese di 1namenimento ordinario a lullo il 3 1 dice mbre 19 14 di 30.000 uomini in più della fona bilanciata distaccati in Tripolilania e Cirenaica».


116

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Secondo le leggi di reclutamento e di ordinamento vigenti, in caso di guerra il R. Esercito era articolato in tre grandi fonnazioni - l'esercito permanente, la milizia mobile e la milizia territoriale - costituite dalle 19 classi aventi obbligo cli servizio militare. Le otto classi più giovani formavano l'esercito permanente con la rispettiva l' categoria, quella che aveva ricevuto l' istruzione militare; le successive quattro classi con la rispettiva 1" categoria formavano la milizia mobile; le sette rimanenti c lassi al completo (cioè con la 1•, 2• e 3• categoria) più la 3• categoria (esente per motivi di famiglia) di tutte le dodici classi precedenti formavano la milizia territoriale. La 2• categoria deJle otto classi più giovani veniva utilizzata come complemento per l' esercito permanente; quella del le successive quattro come complemento per la milizia mobile. L'esercito p ermanente e la milizia mobile costituivano L'esercito di campagna. La milizia territoriale aveva compiti di difesa del territorio, di mantenimento dell 'ordine interno, di difesa costiera, di protezione delle ferrovie, ecc.; tuttavia reparti di miUzia territoriale potevano essere utilizzati nei servizi di campagna dell 'esercito mobilitato o per impieghi speciali. Per assicurare all'esercito un forte nucleo di personale istruito, nel passaggio dal piede di pace a quello di guerra, era stata calcolata necessaria una forza bilanciata di 1• categoria di almeno 250 mila uomini , che in tempo di pace avrebbe consentito una forza media presente di 93 uomini per compagnia e 90 per batteria. La legge di consol idamento del bilancio del 14 luglio 1907 aveva ridotto la forza bilanciata ad appena 205 mila uomini. Spingardi riuscì a portarla a 225 mila e poi a 250 mila. L'esercizio 1914-15 previde 275 mila uomini, tuttavia questo livello, pur sempre inferiore all'organico di pace, risentiva per giunta della sottrazione di 40-50 mila uomini per le esigenze libiche. Di conseguenza, l'esiguità della forza bilanciata rendeva inevitabile il ricorso a ben dodici classi per la mobilitazione dell'esercito (specchio 3). La forza massima mobilitabile (personale alle armi ed in congedo) era pari a 2.058.000 uomini, dei quali 982 mila (798 mila dell'esercito p ermanente e 184 mila di milizia mobile) disponibili per Comandi, reparti e servizi dell'esercito di campagna. Poiché le esigenze di quest'ultimo risultavano di 916 mila uomini (872 mila per le truppe in Italia e 44 mila per la Libia), la differenza di 65 mila uomini, pari al 7%, costituiva l'unica irrisoria riserva per l'alimentazione del personale per almeno tre mesi, vale a dire fino a quando non fossero utilizzabili i contingenti non istruiti (per lo più di 3° categoria) delle classi soggette ad obblighi di leva. Nel dicembre 1914 venne definita l'entità dell'esercito mobilitato, con un aumento di 180 mila uomini ' :

'CCSM, Relazione ufficiale cii., I, p. 175. Le cifre sono arrotondate.


Specchio 3 Prospetto sinottico della forza organica e di quella bilanciata dal 1° luglio 1909 al 30 giugno 1915

STATO DI PREVISIONE DELLE SPESE PER fL MTNISTERO DELLA GUERRA

Sottufficiali, caporali e soldati

Ufficiali Esercizio finanziario

Cavalli di ufficiali

Quadmpedi di tmppa

in organico

in bilancio

i n organico

in bilancio

in organico

in bilancio

in organico

in bilancio

1° luglio 1909 • 30 giugno 1910

13.883

13. 142

275.024

225.00

12.48

19.156

4 1.758

40.575

1° luglio 1910 · 30 giugno 191 I

13.90 [

13.617

278.466

225.000

13.000

9683

47.095

43.379

1° luglio 1911 - 30 giugno 1912

14.858

13.786

277.149

240.000

14.054

9.966

51.271

43.242

1° luglio 1912 - 30 giugno 1913

14.879

13 .893

274.850

250.000

4.062

10.005

5l.153

43.624

1° luglio 1913 - 30 giugno 1914

15.105

14.121

290.318

250.000

14 .464

10.303

53.254

45.424

1° luglio 1914 • 30 giugno 1915

14.834

14.027

291.963

275.000

14.428

l0.309

53.258

47.060


LA PR IMA GUERRA MONDIAl, G

11 8

dcrcnninazionc Esercito mobi lirato

aumento 191 3

1n1ppc ...... • . . . . •• ... .•. ... • .... .•. . ...... servizi

. . ... .

.

'

734.000

19l4 791.000

138.000 151.000 .... .. .... ... ·· • · ... . .. . t--- --+-- -

esercito di campagna ... .. • . .. .. • ... ..........

872.000

942.000

57.000 13.000

344.000 difesa piazze, ccc .. ..... . ....... . .. . ......... 1-- --+--453.000 -

70.000 109.000

TOTALE ... , . . . .. • .... . ..... . .. .. . . . .

170.000

1.217.000

1.396.000

In relazione a questo furono presi adeguati provvedimenti, quali l'anticipo di nove mesi della chiamata alle armi della classe 1895 e la sanzione legale della fcnna di un anno per la 2• categoria. La classe 1894, presentatasi nell'autunno 1914, aveva dato 150 mila uomini di 1° categoria e 37 mila di 2• categoria. Quindi l'aggiunta nel gennaio 1915 della classe 1895, con 149 mila uomini di 1• categoria e 40 nùla di 2°, fornì una forza totale disponibile per l'esercito di campagna di 1.338.000 uomini 1, che, rispetto alla esigenza di 942 mila, consentiva una riserva di quasi 400 mila uomini, pari al 43% dell'esercito di campagna. Questa riserva (classi 1887 e 1886 dell'esercito pennanente e classi 1885, 1884, 1883 e 1882 della milizia mobile) verrà chiamata alle armi fra il luglio e l'ottobre del 1915 (specchio 4a-b). Nel maggio 191 5 l'esercito di campagna era costituito da otto classi (1895-1888 comprese), vale a dire con uomini 20 ai 28 anni. Le due classi più giovani (1895 e 1894) si trovavano da pochi mesi alle armi, quella del 1893 risultava la migliore, le altre serbavano in genere un sufficiente ricordo delle cognizioni militari apprese durante la ferma di tre anni ed anche esperienza di guem1 in Libia, per quanto particolare. Le carenze addestrati ve riguardavano, per gli ufficiali la scarsa abitudine all' impiego tattico delle minori unità stante il penoso livello della forza presente, e per la truppa l' insoddisfacente addestramento al tiro. Quanto al fabbisogno di ufficiali (specchi 5 e 6), in un primo momento si provvide al richiamo dei capitani in ausiliaria ed all'acceleramento dei corsi allievi ufficiali di complemento. Poi si decise l' acceleramento anche dei corsi della Scuola Militare di Modena e dell'Accademia militare di Torino, si ridusse il numero degli ufficiali in Libia, si sospese l'applicazione dei linùti di età sino al grado di colonnello incluso, si concesse il passaggio al servizio permanente ai sottotenenti di complemento decorati di medaglia d'argento ovvero già in servizio da un anno in Libia o in Egeo, si ammisero al grado di sottotenente in servizio permanente i tenenti di complemento che avessero rinunciato al grado non-

' Pari a 982 mila uomini di forza mobilitabile per l'esercito di campagna, 149 mila di t• cat. della classe 1895, 130 mila di 1• cal. della c lasse 1894, 40 nùla di 2• cat. della classe 1895, 37 mila di 2• cat. della classe 1894.


LE DECISIONI POLITICH E

119

Specchio 4 Ordine di chiamata alle armi delle varie classi dal luglio 1914 al 23 maggio 1915 DATA nlla 11u:ale erreuivameme

DURATA del richi.omo

DECRETO CLASSE RlCHJAMATA

ebbe luogo la presentariun.:

coo il quale la classe

venne chiamala

della classe

Epoche varie dal IO luglio 1914 al 15 settembre 1914

giorni 30

»

»

»

»

»

)>

»

giorni 30

»

»

»

))

»

»

»

»

))

»

5 luglio 191 4

sino al 3 1 maggio 1915

IOnovembre 1914

»

))

l' c.itegoria I 886-1887 granatieri R.D. 474 del 31 1• categoria I 884-1886-1887 maggio 1914 in G.M. fanteria e bersaglieri 1914. circ. 2.JO » categoria 1887 alpini dei reggimenti 4° - 5° - 6° - 7° - 8° 1• categoria 1886- 1887 alpini » dei reggimenti I O - 2° • 3° 1° categoria 1881-1882-1883- l 884 di alcuni battaglioni dei reggimenti alpini IO e 2° 1• categoria 1883 soltufliciali R.O. 474 del 31maggio dei reggimenti alpini 1°-2°-3° 1914. inG.M. 1914. l' categoria 1877- 1878-1879- 1880 circ. 130 alpini del 3° reggimento 1• categoria 1886 artigl ieri a » da campagna ,, l' categoria I 884-1 886 a11iglieria da montagna, pcsame campale, cosla e fortezza 1· categoria I 886 - I 887 artiglieria » da montagna prove nienti da cavalleria 1• categoria 1884- 1886 zappatori » del genio

,,

)>

2• categoria 1893-1894 provenienti da leva di mare 2· ca1egoria 1893-1894 provenienti da leva di mare

R.D. 63 del 31 gennaio 1915 in G.M. 1915,circ. &5

,.

15 luglio 191 4

sino al 25 novembre 1914

1• ca1cgoria 1891 tranne cavalleria R.D. I I luglio 1914 e artiglieria a cavallo inC.M. 1914, e.ire. 319

2 agosto 1914

sino al 15 novembre 19 14

R.D. l a~oslo 1914 inC,M. 1914.

»

))

1· categoria 189 I cavalleria e artiglieria a cavallo 1. categoria l 889-1890 di 1utte le anni e corpi

. .

mesi6

2· categoria 1893 2• cmegoria 1892 leva di mare

R.D.472e 1119dcl 28 maggio e 20 011. 1914 inG.M. 1914, circ. 270, 329 ~ 499

21 agosto 19 14

))

Tuili i militari di 2' categoria delle leve di terra e di mare sulle classi anteriori al 1893 non aventi mai ricevuto istruzione

circ. 357


120

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

(segue Specchio 4) DATA alla quale effettivamente

DECRETO

DURATA del richiamo

CLASSE RICHIAMATA

ebbe luogo la prescma1.ione

con il quale la eia~ \'enne chiamata

della clas,;c

-

I • categoria 1894

5 novembre 1914

-

1• categoria 1894 in congedo provvisorio perché fratelli di richiamali delle classi 1889- 1890-l 89 l

10 novembre 1914

-

2• categoria 1894

7 settembre 1914

2• categoria 1893 leva di mare 15 dicembre 1914

-

4 gennaio 1915

12 gennaio 1915

15 febbraio 1915

giorni 20

-

giorni 90

R.D. 1119 del 20 onobre 1914 inG.M. 1914. circ. 499

CC. RR. delle classi 1886-1887-1888 R.D.3dicemblc 1914 in G. M.1914.circ. 1° gennaio 1915

,.

1° gennaio 1915

G.M. 1914, circ. 363 e 507 G.M.1 914. circ. 363 e 507

R.D. 18dicembn: 1914 categoria 1892 già alle amù dal I O gennaio I 915 considerata in G.M. 1914. circ. &12 richiamata

l' categoria 1887-1888 artiglieria da montagna

R.D. 1349 del IO ouobre 1914 in G.M. 1914. circ. 631

1• categoria 1895 2· categoria 1895

RD. 1402 del lì dirembre 1914 in G.M., 1914.circ.665

I' categoria 1888 artiglieria

RR.DD. 47 e 305 del 28 gennaio e 21 marLo 1915 in G.M. 1915. circ. 66 e 197

da campana e pesante campale 1• categoria 1881 alpini

20 febbraio 19 15

-

3' categoria 1891-1892-1893-1894 alpini

R.D. 4ì del 28 gennaio 1915 in G.M. 1915. circ. 66 c67

1° marzo 19 15

-

1• categoria 1887- 1888 guardie di finanza

R.1). 11 febbraio 1915 inG.M.1915.cu~.93

15 marzo 19 15

giorni 60

l' categoria I885-1886-1887- 1888 sottufficiali di tulle le amù e corpi (tranne quelli dei CC.RR.)

R.D. 4 marto 1915 inG.M. 1915, circ. 145

7 aprile 1915

giorni 45

1. categoria 1883 alpini

23 maggio 1915

-

Tutti i militari in congedo illimitato del R.Esercito, sottufficiali compresi

R.f>. 21mar1.0 1915 in G. M. 1915. circ. 195 R.D. 22 maggio 1915 inG.M. 1915. circ. 370


Specchio 5 Raffronto fra gli organici di pace degli ufficiali in S. A. P. In vigore nel dicembre 1913 ed il fabbisogno dei detti ufficiali per la mobilitazione dell 'e· scrcito di prima linea (E. P. + M. M.) in base alle disposizioni allora in vigore per cos tituzione d ei comandi a i grande unità, inquadram ento delle uniUt di E. P. e M. M. e messa in assetto di guerra delle fortezze con organizzazione dei rclath'i servizi Colonnelli o ten. colonn . comandanti di reggimento o assimilati

Ufficiali superiori

Capitani

Subalterni

Totali

....., ..,e: a. o ·~ -~ <)

-

I::;.:

o o ·.&>

·=

g~

r

cn

o m n iii

6

~

Stato maggiore ........... Fanteria ................... . Cavalleria ....... ,,......... Artiglieria .................. . Genio ......................... . Aviatori .................... . Automobilisti ............ Treno d 'artiglieria ..... . Treno del genio ......... . Medici ...................... . Commissari ................ Sussistenza ................ . Amministrazione ...... . Veterinari .................. .

26 167 30 68 34 2

TOTALI .................... .

359

23 122 32 57 31 1

I

14 18

-3

80 563 41 265 87

-1 + l

21 9

-3 -45 + 2 - Il

26

+ 12

142

12

-6

64

307

- 52

721

80 215 81 3 3 I

- 15 + 158 + 39 - 50 -6 -1 8 -6 +I

5

149 56 12 33

-8 -15 + 28

23

20

-3

1.327

1.439

+ 11 2

27 + I + l

65

+

+7

97 2.672 2.302 221 249 993 623 2 17 239 92 20 73 9 42 34 31 10 3 14 615 259 142 141 104 98 149 91 85 177

5.744

- 80 - 370 + 28 - 370 - 22 -72 -64

-8 -21 - 301 -117 - 37 + 51 -6

9 938 4.384 - 5.554 645 - 258 903 2.736 1.326 - 1.410 614 272 -342 134 46 -88 130 22 - 108 68 178 - 110 52 20 -32 2.518 280 -2.238 407 469 463

126

173 107

4.355 -1.389 18.542 7.469

- 281 -296 -356

283 185 - 98 13.340 7.529 - 5.8 11 1. 195 1.006 - 189 4.062 2.221 - l.841 974 601 - 373 249 70 - 179 212 35 - 177 220 103 - 117 83 30 - 53 3.289 769 - 2.520 34 1 210 -13 1 575 242 -333 572 357 - 216 577 213 - 364

- 11.073 25.972 13.570 -12.402

6

q ?i :e

m


122

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Specchio 6 Aumenti di organici degli ufficiali in S.A.P. richiesti dal Capo dJ Stato Maggiore dell'esercito nel marzo 1914

;.:,

""t

e "'e.o

§ ,::

~

Stato maggiore generale

1

~

i)

.,o

bQ

·;::

e fu e.o

"

=i o

~e

·e

ou

-~

., ~

" :2

-

-

-

-

~

-

ao

·a s ·5.. "" ()

§

o

o

.OJ)

<;)

bij

'§ ~

Ul ..:i

~

~

"o

U)

-

i=:

I

Stato maggiore

-

-

2

9

25

36

-

-

-

-

Fanteria

I 19

442

906

1467

Cavalleria

-

-

2

2

6

88

98

(treno compreso)

-

-

2

52

l85

195

434

Genio

-

-

-

4

12

79

86

Aviatori

-

-

2

12

49

60

123

Automobilisti

-

I

3

9

22

35

Medici

-

-

10

34

59

183

286

Commissari

-

-

2

8

27

-

37

Sussistenza

-

-

-

6

10

64

80

Amministrazione

-

-

-

-

-

2

2

-

-

2

6

26

34

Artiglieria

Veterinari

ché 200 marescialli, sì richiamarono in servizio tutti gli ufficiali in ausili,u-ia e nella riserva. In un secondo tempo furono adottate ulte1iori misure, fra cui quella di collocare fuori quadro gli ufficiali aventi speciale destinazione di guerra. U 24 maggio 1915 l'esercito italiano disponeva di 17.000 ufficiali in servizio permanente, 1.500 in ausiliaria, 22.000 di complemento, 8.000 della milizia territoriale e 7.500 della riserva, per complessivi 56.000 ufficiali circa, pari ad un aumento di 9.400 rispetto all'agosto 1914. Inevitabilmente, e sentimento del dovere a parte, la qualità non poté non risentire di queste eterogenee immissiorù. I provvedimenti presi per sopperire alla mancanza di 7.500 ufficiali in servizio attivo non potevano riuscire a colma.re con efficacia la carenza. Cadoma indicò esattamente ilpunctum dolens nella deficienza di capitani in s.a.: essa «ha avuto sensibili conseguenze, perché ha costretto a promuovere a capitano dei tenenti giovanissimi, ha prontamente esaurito le sorgenti di buoni ed autorevoli co-


LE DECISIONI POLITICHE

123

mandanti di compagnia. D'altra parte è venuto anche a rapidamente mancare il subalterno in servizio attivo di una certa anzianità che potesse efficacemente coadiuvare il capitano e sostituirlo all'occorrenza)). L'inconveniente risultò di spiccato peso negativo soprattutto nella fante1ia e si verificherà anche nella seconda guerra mondiale. All' entrata in guerra la forza ufficiali a ruolo era la seguente: S.A.P. generali d'esercito tenenti generali maggior ~encrali c.olonnelli tenenti colonnelli maggiori capitani tenenti sottotenenti.

1

64 142 394 758

aus.

cpl.

M.T.

ris.

-

-

39

-

-

-

44

236

-

262 301 437

-

1.358

203 394

6.782

494

642

3203

74

4.300

-

6

552

53

1.331

1.530 1.48]

3.254

6.906 14.381

5 119

236

1.181

La produzione di anni e munizioni costituiva un problema di importanza fondamentale. Nel 1914 esistevano in Italia le due fabbriche d' anni di Brescia e di Terni per l'armamento individuale, gli stabilimenti pirotecnici di Bologna e di Capua per il cartucciame, gli arsenali e le officine di a1tiglieria di Torino, Genova e Napoli per bocche da fuoco, affusti e carreggio nonché per le riparazioni, il Polverificio del Liri, lo Spolettificio di Torre Annunziata ed il Laboratorio di precisione di Roma. Tutti questi stabilimenti erano alle dipendenze e sotto la sorveglianza della Direzione Generale di Artiglieria e Genio, assunta il 4 maggio 1911 dal generale Alfredo Dall'Olio. La ricerca, entro i limiti imposti dalle circostanze, di incentivare ed aiutare una industria militare italiana, per svincolarsi in qualche modo dalle case costrnttrici estere, fu una delle più attente cure di Dall'Olio. Ma fino all'entrata in guerra dell'Italia, nonostante il suo impegno ed i continui promemoria di Cadoma al governo non fu possibile pensare ad una vera e propria mobilitazione industriale. Pur con gli inconvenienti di dipendere in buona pmte dall' estero e della limitatezza dei fondi, nel 1914 l'ltalia non si trovava in condizioni di svantaggio rispetto all'Austria-Ungheria, la cui crisi qualitativa nel campo delle a1tiglierie era appena all'inizio della soluzione. Il 1innovamento del nostro materiale era già in corso, anche se attraverso labo1iosi passaggi (specchi 7, 8 e 9). Nel 1911 era stato adottato il pezzo da campagna da 75 Déport, assegnato al Consorzio delle 27 ditte italiane guidate dalla Vickers-Temi, la quale ricevette i disegni di costruzione soltanto nel novembre


Specchio 7 L'artiglieria dall'agosto 1914 al maggio 1915

Quantitativo di batterie pronte (mobiLitabili) i11 Italia Artiglieria

Pesante campale

al 1° agosto 1914

al 3 I dicembre I914

al 3 I marzo 1915

alla fine maggio I9 I5

14 di obici da 149 A

28 di obici da 149 A

28 di obici da 149 A

29 di obici da 149 A

'" 66 "'" 75/9 Il 90 su pezzi 75/906 242: []' 90 su 6 pezzi

~63. [138 su 4 pezzi 75/911 .> • 225 su 4 pezzi 75/906

[ Leggera campale

242

. ·

A cavallo

50 so 6 peni 751906 12 su 6 pezzi 75/91 I 44 su 6 pezzi 75 A 36 su 6 pezzi 87 B

9 su 4 pezzi 75/912

9 su 4 pezzi 75/912

395. ill3 su 4 pezzi 75/911 (b). · 262 su 4 pezzi 75/906

9 su 4 pezzi 75/912

9 su 4 pezzi 75/9 12 (e)

Someggiata

12 su 6 pezzi 70 A

15 su 6 pezzi 70 A

16 su 6 pezzi 70 A

18 su 6 pezzi 70 A

Da montagna

38 su 4 pezzi 65 A

42 J./2 su 4 pezzi 65 A

50 su 4 pezzi 65 A

53 su 4 pezzi 65 A (d)

[

Parco d'assedio

33. ·

9 di c•mooi 149 A 12 di mortai 210 A 5 di obici 210 G 7 di cannoni 149 G

~2 didi c•moru 149 A (,) mortai 21 OA(/) 40 (come contro, più 7 di obici da 280 in corso di costituzione).

46 (come contro, più 6 di obici da 305 in corso di costituzione).

46:

2 di obici 210 G 7 di cmmoni 149 G 7 di obici 280 A (g) 6 di obici 305 (g)

NOTE - (a) delle quali l di riserva, per istrnzione delle trnppe alle sedi dei reggimenti. - (b) delle quali: ai depositi centrali per scopi speciali o per riserva:

IO da 75/906; 5 da 75/911. Ai reggimenti (depositi) per istruzione o per riserva: 12 da 75/906; 3 da 75/911. - (e) delle quali 1 di riserva. - (d) delle quali 3 in distribuzione ai reggimenti per istruzione o riserva. - (e) 1 a Passo Agnerolle. - (f) 1 a Porta Manazzo. - (g) in corso di costituzione.


LE DECISIONI POLITICI-I E

125

Specchio 8 Formazione effettiva gradualmente assunta dal Parco d'artiglieria d'assedio dal 24 maggio al 1° luglio 1915

Batteri.e di:

Frazio1ù di parco

2'bis

3•

2

I

2

-

-

I

2•

Cannoni l 49 A

I

Obici 210

I

Mortai i 10

A disposizione delle am1ate 4' 2

2

2

3

3

Cannoni 149 G

-

-

-

-

-

Obici 305

-

l

2'

3•

-

4

-

12

-

-

-

2

-

-

12

l'

-

Totali

I

-

3

4

7

2

-

l

-

-

5

Obici 280

I

I

2

3

-

-

-

-

7

Totali

4

7

5

10

6

2

7

4

Frazio1ù di parco

1• .........

Cannoni 149 G

Obici 305

lO' (sinoal 29 maggio a Passo Agnerolle).

Obici 280A 7•

c.l,' bis ...

Zona Canùa

r~ 4

2' Armata

r;:,~:mo

3' Armata

~fcnsivo

l'Armata

g•.9•

1'-2'

7•

5"-6'

• ......·.···· l - 2·__3_· -

Obici 280G

Obici 2 IO

Mortai 210

9' 12' (in 1° tempo a Porta Manazzo).

4' Annata

2" ........ .

45

Batterie di: Cannoni 149A

-

1

I

+--

4•

10'-11"

7•.g•

-+- 3-· ~ 1·_-2_·-+-_ 3·- l---,·- + - -1-·-_ 3·_.4_· --1

4•.5•

4"

2'-Y-6'

5'

12" (in 2° tempo alla l ' fraz. di parco)

2"-6'- ll '- l 2' 1•-2•.3• 4•. 5•.

6'-7'

10' (sino al 29 maggio)


Specchio 9 Munizionamento d'artiglieria Munizionamento totale per pezzo esistente in ltalial Artiglierie al 1° agosto 1914

al 31 marzo 19 15

alla fine maggio 19 15

500

600

800 (a)

800

(a)

cannoni da 75 A ...........................................

1.200

1.400

1.500 (h)

1.500

(h)

cannonJ da 70 A .............. ,.......... ,.................

2.400

2.400

2.400 (e)

(U) (*) 2.400

(e)

cannoni da 65 A ...........................................

1.200

1.500

1.800 (d)

1.800

(d)

~bici pcsm<i camp,li da 149 ...................... Campal i

al 31 d icembre 1914

e

obici da 305/l 7 ..... ·········•····· ......................

(f)

-

-

-

140

200

300

400

1.000

l.000

600

600

l.000 (I) 600

(2)

600

obic i da 210 ............. ......... .......... .. ......... ..

600

600

(l) 600

(2)

600

cannoni da 149 A ..... ....••.. ·· ··· ·•···· . .......... .. cannoni da 149 G .... ·····••··· ····· •···· ··· ·· •···· ··

1.350

1.500

1.500

1.500

800

800

800

800

Delle piazze folti cannoni da 149 A. ............................. (frontiera N.E.) cannoru da 75 A .......................,........

700-900 400

-

800 800

obici da 280 A e Del parco d' assedio

mortai da 2LO

e

.. ...... .... ..

·····•·················

balierie 4 batterie

~

1.000

(3) (3)

800 1.110

NOTE - (l) PiÌI di 350 colpi per ciascuno dei mortai eia 260. - (2) Più di 400 colpi per ciascuno degli obici da 305. - (3) Più di 300 colpi per c iascuno degli obici da 280 e 800 colpi per c iascuno dei cannoni da 149 G. - (a) dei q uali 300 di riserva. - (b) dei quali 700 di riserva. - (e) dei quali J .200 di riserva. - (d) dei quali 900 di riserva. (I) Previsto, a partire dal giugno 1915, un rifornimento mensi le di 100 colpi per pezzo. - (II) Previsto, a partire dal gi ugno 1915, un rifornimento di 200 colpi per pezzo da 75, 70, 65. • (*) l/2 di granate.


LE DECISIONI POLITICHE

127

1912. Nel marzo 1913 le case costmttrici dichiararono di non poter effettuare la consegna delle 80 batterie ordinate entro i tempi stabiliti per un complesso di inconvenienti: indispcmjbilità di personale specializzato nella lavorazione degli affusti, insufficienza di attrezzature, mancanza di molte materie prime indispensabili, forzate interrnzioni del lavoro a causa degli scioperi, impegni particolari preminenti necessità della guerra in Libia. In pratica, la distribuzione ai reggimenti cominciò a fine luglio 1914 e venne ultimata nel maggio del 1915. Le batterie a cavallo furono equipaggiate nel 1912 con un pezzo da 75/1912 Krupp in attesa del nuovo cannone da 70 Déport, che però sfumò, non essendo stato ancora costruito il prototipo promesso per il 15 giugno 1914 dalla casa Chiìtillon-Commentry. I Per l'artiglieria da montagna era stato adottato il pezzo da 65 A a defonnazione, pur se dotato di un limitato settore verticale di tiro. Per quella pesante campale, la scelta era caduta nel 1911 sull'obice da 149 A Krupp, ma non si era giunti a conclusione sul cannone pesante da 120 e nemmeno per uno da 105 a grandi settori, causa d.ifficoltà tecniche avanzate dalle case costruttrici. Nel campo dell' armamento della fanteria, l' assegnazione di mitragliatrici leggere Vickers era stata decisa nell'aprile 1911, senonché l'ordinazione alla ditta fu possibile soltanto l'anno successivo in base alla disponibilità di fondi. Le anni dovevano essere consegnate nella seconda metà del 1913, però nel luglio 1914 la casa aveva dato appena 300 mitragliatrici sulle 920 ordinate. Nell'inverno le anni salirono a 609 ed a questo punto si registrò un nuovo intoppo: il governo britannico fece sospendere la lavorazione delle nostre mitragliatrici, considerate la neutralità italiana e le esigenze belliche della Gran Bretagna. Allora Cadoma propose di riprendere in esame la mitragliatrice Fiat-Revelli, la quale, sperimentata per la terza volta nel novembre, venne finalmente adottata e la Fiat si impeguò a fornirne 500, con una consegna mensile di 50 anni a partire dal 10 maggio 1915. Il che significa che si entrò in campagna con una deficienza del 50% di mitragliatrici. Per limitare gli inconvenienti del differente armamento in distribuzione (Fiat e Maxim), le Fiat 14 furono destinate ai reggimenti di fanteria ed ai battaglioni bersaglieri della milizia mobile; le Maxim ai battaglioni alpini, ai bersagUeri ciclisti ed ai reggimenti di cavalleria (specchio 10). Nel maggio del 1915 la Vickers propose di far costruire le rimanenti 300 anni negli Stati Uniti, ed anzi si dichiarò disposta ad accettare ordinazioni sino a 3 .000 mitragliatrici, ma il governo italiano respinse l'offerta tardiva ed il programma di distiibuzione aU'esercito verrà ultimato nel dicembre 1915. Per le armi portatili, sino al 1913 avevano provveduto le due sole fabbriche d'armi esistenti in Italia, a Terni ed a Brescia. Nel 1914 fu passato alle direzioni cli artiglieria il compito delle riparazioni e vennero aumentati il personale e le attrezzature delle due fabbriche, talché già nel maggio 1914 la disponibilità di armi era praticamente assicurata per l'esercito dj campagna. Mancava però una scorta per i rifornimenti ordinari e straordinari.


128

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Specclùo 10 Assegnazione delle sezioni mitragliatrici ai corpi e reparti dell'esercito operante al 24 maggio 1915 SEZION I MITRAGLIAT RICI IN DISTRIBUZIONE ALL'ESERCITO ALJ,'ENTRATA IN GUERRA (ANNO

1915)

(escluse le truppe in Tripolitania - Cirenaica - Egitto)

Anni, corpi e specialità

Organico previsto nei documenti di mobilitazione (in sezioni)

In distribuzione

al 24 maggio

Deficienze

1915

Per battaglione

1òtale

Granatieri .......................

I

6

6

Fanteria (E.P.) ... ............

1

282

188

94

Fanteria (M.M.) .............

1

153

12

141

Alpini (E.P.) ...................

2

52

43

9

Alpini (M.T.)..................

l

26

5

21

Reggimenti bersaglieri (a

I

33

21

12

Bersglieri ciclisti ....... ....

1

12

12

Battaglioni bersaglieri (M.M.). ........

1

11 (b)

11

Reggimento CC.RR. ......

3 ( d)

3

3

Cavalleria ( e) .................

1 (d)

16

16

R.G. di finanza ...............

I

18

6

l2

Totali ..............................

······

612

306

303

(a) Reggimenti: 2°, 3°, 4°, 5°, 6°, 7°, 8°, 9°, 10°, 10° bis, 11°, 12°. (b) Battaglioni: 40°, 41 °, 42°, 45°, 47°, 48°, 49°, 50°, 51°, 54°, 56°. (e) I soli 16 reggimenti divisionali. (d) Per reggimento.


LE DECISIONI POLITICHE

129

Nell'agosto 1915 la situazione (specchi 11 e 12) non era ancora del tutto soddisfacente, però rappresentava il massimo ottenibile da Terni e da Brescia: la riserva di amù 91 constava di ci.rea 200 mila fucili anziché di 300 mila, come desiderato. Anche in tema di munizionamento esistevano preoccupazioni. Fin dall'autunno 1914 si registrava sui vari fronti un consumo di munizioni mai riscontrato neppure nella guerra russo-giapponese, che già aveva impressionato. Furono perciò prese opportune misure che dal luglio 1915 avrebbero garantito una produzione giornaliera di 2.100.000 di cartucce. Il settore di assoluta crisi era quello dell'aeronautica, in parte perché molto trascurato ed in parte perché paradossalmente, nel paese che per primo aveva impiegato f•aereo in guerra, il suo apporto bellico non era stato valutato appieno. Il 20 aprile 1915 su 15 squadriglie di aeroplani esistenti, appena 6, dotate dei superati monoposto Blériot-Gnome erano utilizzabili in operazioni. Le 5 squadriglie di aeroplani Farman mod. 14 non potevano ancora essere impiegate per inconvenienti al motore. Sui nuovi tipi di aerei, adottati nella primavera del 1915, si faceva assegnamento solo per la fine dell'estate (specchio 13). Furono leprime notizie provenienti dai campi di battaglia del 1914 ad imporre provvedimenti radicali, su tutti quello della costituzione del Corpo aeronautico nel gennaio 1915, affemiata come indispensabile sino dal 1911 ! Naturalmente, questo irrobustimento complessivo dell'esercito comportò un comprensibile enorme sforzo in ogni settore. Ben a ragione Cadorna ha scritto che «all'ampliamento dell'esercito durante la neutralità non vi era neppur eia pensare, poiché già si opponevano difficoltà gravissime - principalmente quelle dei quadri e deHe artiglierie - per portarlo alla sua costituzione organica, compresa la milizia mobile». Ma il problema esisteva ed era stato preso in considerazione nel dicembre 1914 e studiato', tanto che il 21 maggio 1915 Cadorna si rivolse a Zupelli invitandolo ad orientarsi a mettere in campo nuove forze nella primavera del 1916 e che, se per il personale la cosa non presentava eccessive difficoltà - stando ad uno studio effettuato dallo Stato Maggiore, che venne inoltrato al ministero il 1° luglio - per i materiali i provvedimenti erano i più complessi sotto ogni aspetto.

' L. CADORNA, l a guerra alla fronte italiana cit., I, pp. 75-79. Pieri ha criticato la rinuncia all'ampliamento dell'esercito «quale pure si stava attuando in tutti gli eserciti bell igeranti», nonché le misure prese per la semplice messa in efficienza dell 'esercito, «senza cioè i crudi insegnamenti delle sanguinossime battaglie prima, della dura guerra di posizione poi» (P. P1l:'RI, l 'lwlia nella prima guerra nwndiale cit., p. 65). Il rimarco, però, non sembra condivisibile. Anzitutto non si trattava di questione di principio, bensì, puramente e semplicemente, di difello di quadri e di materiali. In secondo luogo, per la creazione di nuove grandi unità e delle riserve - problema di competenza non del capo di Stato Maggiore, bensì del nùnistro della Guerra-, Cadoma, bene informato dagli addetti militari a Berlino ed a Parigi, sin dal 21 dicembre 1914 si era rivolto al nùnistro Zupelli per i provvedimenti de.J caso.


Specchio 11

C,J

o

Dimostrazione delle anni portatili dall'agosto 1914 al gennaio 1915 Quantitativo esistente a] 1• agosto 1914

Fucili 1891

[

"'V'·""""'.' '.

"'~" i RG ..""'"~ ... Presso le du·ez10111 d art,ghena ............ Totale generale

[

Moschelli 1891

. Moschetti 1891 perT.S.

P<OilO i ""'' ... .. .. .. . ...... ..... . Presso le direzioni d'artiglieria ............

Toiale generale

[

r,~,oieo,pi,

'°"''"~" R.G. """"' ..

22 ottobre 1914

l O gennaio 19'15

712.000 (a)

760.000 (a)

790.000 (a)

828.000 (a)

146.632

110.000 (b)

858 632

870.000 (e)

80000 870.000 (e)

900.000 (d)

88.500 (a) 3.306

90.000 (a)

90.000 (a)

94.000 (a)

91.806

94.900 (n)

5.000 95.000 (e)

1.000 95.000 (f)

55.700 (a)

60.000 (a)

70.000 (a)

74.000 (a)

800 70.800 (g)

76.200 (h)

Presso le direzioni d ' artiglieria ............

3.626

Totale generale

59.326

[~:;:;:::,~' ~'''"··::;::;:;;;,,~;

15 settembre 1914

4.900

1.400 61.400 (o)

72.000

2.200

350.000

350.000

350.000

350.000

966.000 (i)

966.000 (i)

966.000

966.000

l.316.000 ( i)

1.3) 6.000 (i)

1316.000 ( i)

1.316 000 ( i)

Pistole modello 74 e 89 .... .... ..........................................

95.000

95.000

95.000 ({)

98.700 (m)

Pistole antomatiche modello 191 O....................................

30.000

30.000

30.000

30.000

Fucili modello 70/87

A11no1azioni - (a) Non compresi quelli nelle colonie e nell'Egeo. - (b) Compresi 43.000 circa da riparare. - (e) Più di 33.000 da allestire, già commessi alla fabbrica d'armi di Terni. - ( d) Più di 46.35 1 come sopra. (e) Più di 4.813 in allestimento presso la fabbrica d 'armi di Brescia. - (f) Più dì 15.313 come sopra. - (g) Più di 14.741 come sopra. - (h) Più di 51.000 come sopra. - ( i) Compresi 500.000 nei magazzini dello Stato, già venduti con contrailo 2 maggio I 914

alla ditta Zunino e Rosseetti, ma non ancora rì Lirati dalla ditta acquirente, la quale aveva tempo due ann i ad effeltuame il prelevamento. - (l) Più di 4.700 iu allestimento, presso la fabbrica d'armi di Brescia. - (m) Più di 3.927 come sopra. - ( n) Più dì 4.200 in allestimento presso la fabbrica d'armi di brcscia. - (o) P iù di 16.100 in allestimento presso la fabbrica d'anni di Brescia.


Specchio 12 Consistenza delle armi portatili dall'agos to 1914 al maggio 1915

Quantitativo esistente in Italia alla data

Armi poltatili, mitragliatrici e relativo munizionamento

dell 'agosto 19 14

Anni mod. 70/87

Munizionamento (b)

del 31 dicembre 1914

del 31 marzo 1914

della fine maggio 1915 1\llti quelli occorrenti (760.000 fucili, 170.000 moschetti) piÌI una riserva di 200.000 l'ucili

......

852.632

900.000

900.000

....., ........

91.806

95.000

95.000

noschett1 perT.S ......... .... ...............

59.326

76.200

80.000

............................... ..........................

1.316.000

1.316.000

1.316.000

700 colpi per fucile 600 colpi per moschetto

800 colpi per fucile 700 colpi per moschetto

900 colpi per fuci le 700 colpi per moschetto

900 colpi per fu ci le 700 colpi per moschetto

85.939.241

-

125.627.117

125.627.117

300 incomplete con 62.000 colpi per arma

-

618 con 100.000 colpi per arn1a

618 con 100.000 colpi per arma

···•····· ....... Armi mod. 1891 (a)

.

['""·· · · ····.. · ······· noschetti .. ..

r··~·

........

,

1891 ............ .......................

>er armi 70/87 ................................

Mitragliatrici ....................................................................

1.316.000

NOTE - (a) Produzione mensile prevista per fine giugno 1915 di 18.000 fucili 91 e 3.000 moschetti. - (b) Produzione giornaliera 2.100.000 canucce (per l'ottobre 1915 2.400.000 cartucce).


Specchio 13 Caratteristiche degli aeroplani adottati nella primaYera del 1915 (11011 ancora in uso al 24 maggio 1915)

Tipo dell'aeroplano

Potenza motrice

Velocità orizzontale km orari

Velocità ascensionale (a)

Equipaggio Ore persone di volo

Raggio Visibilità d 'azione

~~

NUOVI AEROPLANI D'OSSERVAZIONE Macchi-Parasol Caproni 100 HP Aviatik

Gnome (rotativo) 80 HP Gnome (rotativo) 100 HP fisso ad acqua 125 HP

.,

.S ·2 ·- co

;: ~

;> ·-

!00 100 !00

a 1.000 m in 12' -a 2.000 m in 27' a 1.000 m in 14' a 2.000 m in meno di 30'

2 2 2

3 4 4-5

125 150 150

ottima ottima ouima

'-, .

o 'O a.

NUOVJ AEROPLANI POTENTI con 175 kg d 'armi o bombe, 3 ore di volo con raggio d'azione di 125 km Voisin

fisso ad acqua 135 HP

100

a 2.000 m in meno di 30'

2

con 85 kg d' armi o bombe, 6 ore d.i volo con raggio d'azione di 250 km senz'armi o bombe, 6 ore di volo con raggio d'azione di 350 km con 550 kg d'armi o bombe, 3 ore di volo con raggio d' azione di 125 km

Caproni 300 HP

3 motori fissi ad acqua da 100 HP

100

a 2 .000 m in meno di 45'

3

con 500 kg d'armi o bombe, 6 ore di volo con raggio d'azione di 250 km senz'armi o bombe, 10 ore di volo con raggio d'azione di 400 km

(a) Intesa a pieno carico.


LE DECISIONI POLITICHE

133

Giova dire che per la maggioranza delle decisioni riflettenti materiali e mezzi il governo non incontrò ostacoli: «si prendevano senza rumore - spiegò Salandra - e senza domandare autorizzazioni di spesa al parlamento. Si sarebbe poi chiesta una sanatoria generale». A Camere aperte venivano presentate le proposte di legge governative concernenti il personale. Se dall'opposizione si alzava qualche richiesta di spiegazioni o un riferimento agli avvenimenti in corso in Europa, Salandra obiettava che «le condizioni della politica internazionale in questo momento 1ichiedono il massimo riserbo» 1• Giustamente Aldo Valori ha osservato che «il grande e serio rimprovero che può farsi ai nostri dirigenti è di non aver imposto al paese, fino dalla prima fase delle ostilità [europee]» la mobilitazione dell'industria bellica. Tuttavia, pur elogiando l'intensa opera di Cadorna, incluse anche il capo di Stato Maggiore nella critica: «meglio sarebbe stato che il capo di Stato Maggiore avesse concepito assai prima il vasto piano d'organizzazione integrale dell'esercito con tutto il suo materiale» 2 • È difficile concordare con questa osservazione, ove si tenga presente che solo il governo aveva titolo e poteri in materia, che detto governo non intendeva compromettere il bilancio e che probabilmente non sarebbe riuscito ad imporre sul piano legislativo una mobilitazione industriale, prima di aver ordinato la mobilitazione generale.L'ultimo rimprovero da muovere a Cadoma è proprio quello di non aver sollecitato con insistenza il presidente del consiglio ed il ministro della Guerra sull'argomento. Non per niente Cadorna nelle sue memorie si lamentò di non essere stato ascoltato dal governo.

* * * L A MOBILITAZIONE E LA RADUNATA

Il Bencivenga, ufficiale in posizione ed in condizioni di parlare per conoscenza diretta dei fatti, ha negato che, contrariamente a quanto da molti creduto, durante il periodo della neutralità l'esercito italiano sia stato mobilitato in modo occulto, sì da trovarsi pronto e radunato il 24 maggio per l'offensiva iniziale. «Niente di tutto questo» ha scritto. Si procedette invece ad una lenta mobilitazione non occulta e non completa. E, all'apertura delle ostilità, la radunata non aveva portato a ridosso della frontiera grandi unità sul piede di guerra, bensì «una folla di armati» non in grado di sferrare la vigorosa offensiva desiderata e non in

L'inlervento cit., pp. 64-65. La guerra italo-austriaca 19I 5-1918, Zanichelli, Bologna 1920, pp. 72 e 76. Possiamo aggiungere che anche il gen. Capello mosse addebito a Cadoma di non aver saputo «imporre» tempestivamente al governo la mobilitazione industriale. Ma un osservatore avversario, l'ambasciatore austriaco von Macchio, in una lettera del 29 novembre I9 l 4 a Berchtold ebbe a scrivere: <<In questo paese in cui domina il Parlamento non è possibile che il Capo di Stato Maggiore faccia prevalere la propria politica contro il Gabinetto( . . .)» (in AMBROGIO BOLLATI , La nostra guerra dal punto di vis{(, della /eueratura militare austriaca e germanica, R.M.I., marzo 1932, p. 4l4). 1

A. S ALANDRA,

' ALDO VALORI,


134

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

grado di resistere ad un violento attacco nemico. Per questo motivo sfuggì il successo .iniziale '. Scartate le soluzioni di compromesso presentate dal ministro Grandi, il I" settembre 1914 Cadoma diramò le «Direttive» di cui si è eletto in precedenza. Esse riprendevano i progetti del 1913 modificandoli in relazione alla nuova situazione politico-militare; situazione sintetizzabile in una constatazione: l'esercito austriaco era già mobilitato, quindi in misura cli imporre la sua iniziativa. Perciò si provvide ad una «osservazione avanzata», ossia una tenue copertura incaricata di proteggere mobilitazione e radunata da un'improvvisa irruzione austriaca. In tale orientamento, si completò anzitutto l'organizzazione difensiva della frontiera orientale, spostando fra l'altro entro il dicembre 1914 circa 150 bocche da fuoco di vario calibro ed altrettante mitragliatrici pesanti dai forti di Genova, dal fronte a terra cli La Spezia e dai forti di Roma. Con l'occasione vennero radiati i forti di riva destra dell'Adige e di sinistra del Mincio. Poi si decise la scissione fra mobilitazione e radunata. La «mobilitazione rossa» - così eletta dal colore della copertina della pubblicazione, per distinguerla dalla precedente «mobilitazione camoscio» - entrò in vigore il 1" marzo 1915. Trovò subito un ostacolo nei provvedimenti già in corso da mesi per realizzare una tranquillizzante «osservazione avanzata». Questa infatti il 15 aprile contava circa 142mila uomini, distribuiti a semicerchio dallo Stelvio alla laguna di Marano, che all'atto pratico con il loro afflusso al confine avevano compiuto una parziale radunata in anticipo su quella generale, prevista ancora al Piave, complicando seriamente rutti i piani fenovitU'i. Insomma, «in luogo cli una mobilitazione precedente alla radunata per un certo numero di unità si ebbe l'inverso e per le rimanenti la contemporaneità delle operazioni di mobilitazione e di radunata» 2• Il 1° aprile I915 Cadorna diramò le varianti alle direttive del J" settembre 1914 per la «Radunata Nord-Est)). La 'Premessa' chiariva che la radunata rossa doveva compiersi in fasi successive, in ciascuna delle quali avrebbe avuto luogo il trasporto di un certo numero di grandi unità con un'aliquota dei rispettivi servizi, in modo da poter utilizzare queste truppe in rincalzo alle unità in osservazione avanzata senza turbare la radunata delle rimanenti forze. Quindi, nel!' intendimento di Cadoma, i comandanti di armata avevano il mezzo di comportarsi durante il periodo di mobilitazione e radunata con un carattere «inteso a sorprendere l'avversario più che a parare le sue minacce», in sostanza più deciso che nel precedente caso della radunata camoscio. Il concetto si riferiva essenzialmente ai Comandi della 4a armata e della Zona Carnia, i quali sarebbero stati così in grado di raggiungere taluni obiettivi, necessari o utili ai fini delle «operazioni da compiersi non appena il Comando Supremo giudichi aver radunato forze sufficienti», e cioè:

1 R. B ENCIVENGA, Saggio critico sulla nostra guerm cit., I, p. 201. ' CCSM, Relazione ufficiale cit., I, p. 163.


LE DECISIONI POLlTlCHE

135

la 4• annata doveva eliminare gli sbarramenti di Sesto, Landro e Valparola per impaclrotùrsi del nodo cli Dobbiaco, tagliare la linea ferroviaria di Lienz e scendere lungo la Drava per facilitare lo sbocco delle truppe della Carnia su Villach; la Zona Carnia doveva impadronirsi del fo1te cli Malborghetto e delle opere del Predii e cli Raibl per aprire la strada in Carinzia. Peraltro un nuovo elemento di valutazione, rappresentato dall'entità delle forze messe in campo clall' Aust1ia-Ungheria e dalle possibilità di trasferimento da un fronte all'altro consentite dalla rete ferroviaria imperiale, induceva Cadoma a prendere in considerazione l'ipotesi cli dover accett.u-e «sul principio, almeno ifl qualche tratto della fronte», un contegno difensivo. Di conseguenza, dispose non soltanto che l'osservazione avanzata assumesse «fin d' ora, gradatamente» il carattere difensivo, ma che altre truppe si disponessero a 1idosso per arginare eventuali irruzioni nemiche. Poiché «non si può prevedere dove potremo esser costretti a difenderci», le misure precauzionali riguardarono l'intera frontiera '. A questo punto, verso la fine di settembre, secondo Bencivenga sorse una divergenza di opinioni fra Caclorna ed i suoi principali collaboratori. Questi suggerirono la mobilitazione preventiva ed immediata, anche se cauta, di sei corpi d'armata incaricati sia della difesa delle posizioni di confine, sia dell'occupazione oltre frontiera della posizioni favorevoli per l'offensiva prevista a mobilitazione generale compiuta. Cadoma mantenne la sua netta contrarietà alla mobilitazione parziale - che adesso avrebbe incontrato minori inconvenienti tecnici - e commise un errore 2• La mobilitazione parziale cli grandi unità da inviare subito al confine avrebbe consentito di risolvere organicamente un problema al quale in Italia non era stata attribuita la dovuta impo1tanza. Mentre altre Grandi Potenze, in particolare Francia e Germania, si erano preoccupate di conferire alla copertura una fisionomia più spiccatamente operativa, quando al nonnale compito di sicurezza vollero aggiungere un compito offensivo, in Italia - e specialmente sulla aperta frontiera giulia - detta copertura in tempo di pace era ridotta a ben poco ed in caso di mobilitazione generale non riceveva un adeguato rinforzo. Appunto, era una «osservazione generale», almeno in parte giustificata dal fatto che la sicurezza per mobilitazione e radunata era organizzata più indietro, sul Tagliamento, e che il pensiero di operazioni offensive oltre confine non era nemmeno affiorato. Tirando le somme: a dispetto di t11tto l'impegno, non si ottenne lo strumento quale lo si desiderava. La mobilitazione rossa, concepita con il criterio di por-

'CCSM. R elazione 1.([ficiale cit., II bis, alleg. 6 . Cfr. L. C A DORNA, la guerra s11llafmnte ÌUI · liana cit., 1, p. 97. ' R. B ENCIVl:!NGA , Saggio critico della nostra guerra cit., I, pp. 208-2 10.


136

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Specchio 14 Formazione di guerra del R. Esercito prevista al 1° settembre 1914 (a) Annate

Corpi d'annata

Divisioni

Truppe d'annata

III

Y-6'35"

-

I

l"-2"-9'

-

l'armata .......................

2' annata .......................

3' armata .......................

4' armata .......................

Alla dipendenza del Comando Supremo .......

A disposizione del Comando Supremo

II

3'-4"32'

IV

1·-s·-33•

X

19"-20"

VI

ll'- 12"

Vll

13'-14'

XI

21'-22'

V

10"-34'

-

VIII

15'-[6'

-

lX

17"- 18"

-

XII

23'-24'

-

xm

25'-30'-31"

-

XIV

26'-27"-28"-29'

-

I' divisione di c.avalleria 2 gruppi alpin.i (Ae B) 1 divisione provvisoria di bersagl. 6 batterie someggiate 7 batterie di obici pesanti campali

2', 3" e 4' divisione di cavalleria 6 batterie someggiate 7 batterie di obici pesanti campali

Zona Carnia

-

14 batterie pesanti campali di nuova formazione

(a) Direttive per i comandanti di annata durante il periodo della mobilitazione e radunata nella ipotesi offensiva oltre Isonzo - 1° settembre 1914.


LE DECISIONI POLITICHE

137

;,'

IY.

~--··,,.-__

__

___ ..,_,_ _,._ ·---•·1 ·-· .. ,_,,_..,,_ ........... \.-..... __., . ... . -·-···-·_____ ,.,_ .._... ,, ....~,..... ,._.-) ... ·--·--- ---···- _,__ __

· - - ........,....... ,. .... ,._., _ _, ,ko.l ••, _

:-:: :;:;::

,,c.-...

Radun:n:i dell'esercito italiano quale prevista nel settembre 1914.

l


138

L A PRIMA GUERRA MONDIALE

Specchio 15 Formazione di guerra del R. Esercito pre'l-ista aU'aprile del 1915 Armate

Corpi d'annata

Divisioni

Truppe d'annata

Ili

5•.6•35•

V

9•.15•.34•

2 gruppi di 2 batterie pesanti campali 1 compagnia telegrafisti

n

3•.4•32•

l" annata

2• armata

rv X

3• armata

I• di visione di ca vali eri a 3 gruppi (l di 3, 2 di 2 btr.) pes. 7".g•.33• - Bers. campali Gruppi alpini 8 batterie someggiate 4 compagnie ,:appatori A· B 3 compagnie pontieri I9°-20' 3 1/2 compagnie minatori

VI

ll'-12'

Vll

13•. 14•

Xl

2 1•.22·

1

1·-2·-10·

LX

11·-1 s·

4' annata

Alla dipendenza del Comando Supremo .......

A disposizione del Comando Supremo

2'e 3• divisione di cavalleria 3 gruppi ( I di 3. 2 di 2 btr.) pes. campali 3 compagnie pontieri I 1/2 compagnia minatori

2 gruppi di 2 bauerie pesanti campali 2 batterie someggiale 4 compagnie minatori l compagnia pontieri

Zona Ca.mia

VIII

16·-29•

Xll

23•.24•

xm

25"-30"-3 1"

XIV

26·-21•.2s·

4• divisione di cavalleria 6 batterie pesanti campali Brigata Trapani ( 144°. 149°)


LE DECISIONI POLITICHE

139

<

/

{~ '·

\..W;· ft,,.~\ .)· ······· (·_. ...·····,.../.:'j \.··

N.

l Fonnazione di guerra dell'esercito e dislocazione delle grandi unità a.I 6 aprile 1915.


LA PRIMA GUERRA MONDIALE

140

tm·e progressivamente l'esercito dal piede di pace a quello di guerra, sì che, «ad ogni istante di questo lento processo di mobilitazione occulta, si avesse un'aliquota dell'esercito pronta ad operare»', non raggiunse lo scopo perché disperse le operazioni su tutte le grandi unità senza portarle a termine che in pochi casi, tanto che il 24 maggio, con 400 mila uomini raccolti nel Veneto, erano pronti sul luogo di radunata soltanto il III ed il IV corpo. Entro il 31 lo furono altri dieci co11>i d'armata e per gli ultimi tre bisognò attendere 1'8-12 giugno 2 • Le annate non si trovarono dunque in condizioni di agire offensivamente, sia pure entro i limiti indicati. Tuttavia, non solo per quanto detto. Pesò in misura ragguardevole un grosso difetto concettuale - tipico, è bene precisarlo di tutti gli eserciti, il tedesco compreso - riguardante la logistica. Per quanto sul piano dottrinale si assegnasse la massima importanza all'organizzazione ed al funzionamento dei servizi di campagna, all'atto pratico essi erano molto trascurati, al punto che la loro mobilitazione verùva effettuata dopo quella delle unità combattenti, con gli intuibili inconvenienti del caso 3• Come è naturale, si rese necessario procedere alla mobilitazione anche del Comando Supremo, o meglio alla sua istituzione. La denominazione non deve però trai.Te in inganno. Non si trattava cli un vero Comando Supremo interforze, bensì clell 'Alto Comando dell' esercito. Secondo Bencivenga non emersero gravi inconvenienti, non essendosi verificati specifici problemi di cooperazione fra esercito e marina, tra l'altro impegnata in piani alleati, e quando si presentarono - ad esempio, a proposito della difesa di Venezia, durante la Strafexpedition austriaca - non fu difficile l'intesa fra Caclorna e Thaon di Revel 4, ma questo non sembra un valido motivo per accettare la separazione delle due forze armate. I due capi di Stato Maggiore avrebbero potuto anche trovarsi in disaccordo o comunque sarebbero potuti nascere casi di interessi divergenti. L'unica giustificazione è che ... questo accadeva dovunque in quel tempo. In Germania il Comando Supremo (0.H.L.= Oberste Heeresleitung) era retto dall'imperatore, che disponeva di un gabinetto militare. Tuttavia gli organi di

'Ibidem, I, p. 223. L' affcnnazione del ministro della Guerra dell 'epoca, che «il 22 maggio l 915 i 14 Corpi d' Armata (35 Divisioni di fanteria e truppe suppletive) e le 4 Divisioni di cavalle1ia avevano raggiunto la loro destinazione di radunata; si erano inoltre costituiti in zona di operazioni tutti i servizi di Armata, si era trasportato il Parco d'Assedio ecc. ecc.» (A. SALANDRA, L'intervento cit., Appendice I. p. 361), non risponde alla realtà dei fatti. Il 4 maggio cominciarono i grandi trasporti di mobilitazione e radunata. Termin.arono il 15 giugno: una ventina di giorni in più di quanto programmato nei progetti del I913. 'Bencivenga è esplicito nell' indicare la vera e propria resistenza, più che ostruzionismo, che le sollecitazioni per la mobilitazione dei servizi in parallelo a quella delle grandi unità incontrarono «negli uffici incaricati» (Saggio critico della nosrra guerra cit., 1, p . 225). 'Ibidem, I, p. 235. 2


141

LE DECISIONI POLITJCHE

Specchio 16 Data alla quale le grandj unità del R. Esercito risultarono pronte sul sito di radunata Data

Corrispondente Divisioni pronte sul sito di radunata giorno di Divis.di Divisioni di fanteria mobiliLJizione cavalleria

,.

-

12·

-

-

4•

5•

6'

-

3•

7•

10·

-

-

8"

-

9•

Bers.

-

23 maggio

lo

-

l"

2• (b)

24 maggio

2•

-

18 aprile

-

19 aprile

-

20 aprile

13 apri le 17 aprile

21 aprile

-

Corpi di annata pronti sul sito di radunata

-

-

-

-

-

VI

-

-

-

-

35•

-

III

-

-

-

-

-

l 1' (a)

-

-

-

-

25 maggio

3•

-

13•

23"

33•

34•

IV

-

26 maggio

4•

24•

32'

-

II

-

5•

14"

15" (e)

18"

V

I

VII

28 maggio

-

11· (b)

-

-

-

7•

-

-

29 maggio

-

-

-

xn

27 maggio

-

lX

-

-

-

-

-

-

-

-

-

-

-

-

-

-

-

xm

-

XIV

30 maggio

s•

-

1.6"

21•

3 1 maggio

9•

-

22"

-

29"

-

1° giugno

10°

2 giugno

11°

-

30"

5 giugno

14°

3•

-

6 giugno

15°

-

20'

7 giugno

16°

-

25"

-

8 giugno

17°

-

31•

-

9 giugno

1s•

4•

19"

-

-

12 giugno

19°

-

26'

27"

28'

VILI Xl

X

-

-

-

-

N.B.. Le divisioni vennero data «pronte» nel giorno nel quale esse risultarono formate su 4 reggimenti fanteria, I reggimento rutiglieria, I compagnia zappatori, 1 sezione sanità per !'anteria (cavalleria), 1 sezione sussistenze, parte della rispelliva colonna munizioni divisionale. I corpi d'armata vennero dati «pronti» nel primo giorno successivo a quello in cui, essendo «pronte» le rispettive divisioni, risultarono anche al completo - o quasi - delle rispettive tn.1ppe suppletive. (a) meno I bai.taglione di fanteria e 3 batterie. (b) meno 1 battaglione di fanteria. (e) meno 2 hanerie del reggimento d'artiglieria divisionale. (d) meno 3 batterie del reggimento d'artiglieria divisionale.


Specchio 17 Specchio di affluenza in zona di guerra nel 1915 delle batterie del Parco d'artiglieria d'assedio

-

)'.

211. 3'. 4'· 5'.

6'. 7'.

Mortai 210

8'. 9'I~.

Zona Camia (3' fraz.) _, Zona Carnia (4' fraz.) - > Zona Carnia (3' fraz.) - > Zona Carnia (3' rraz.) _, Zona Carnia (4' rraz.) Zona Carnia (4' fraz.) 4' Armata (2' bis fraz.) -> 4' Armata (2' bis fraz.) > 4' Armata (I' rraz.) •

[''

2' 3'. 4'5•. 6'.

-

l ì-

Obici 280 4' -

s~ -

.

6''-- T -

Obici210

[

4' Annata (2' fraz.) .., giunge in wna di guerra il 1• giugno 1915 4' Armal,1 (2' fraz.) .., giunge in zona <li guerra il 2giugno 1915 Zona Carnia (3' fraz.) ... giunge in zona di guerrJ il 1° giugno 1915 Zona Carnia (4' rraz.) _, giunge in zooadi guerra il 1° giugno 1915 l' /\m1a1a (V C. d'A.) giunge in zooa di guC!Til nel giugno 1915 3' Annaia (VII C. ct· A.) -• giunge inwna di guerrail IO luglio 1915

I' · Zona Carnia (3' fraz.) 2' -

il 24 maggio 1915 a Porta Ylanazzo

2' Armata per il 1• sbalzo offensivo Zona Carnia (3' l'raz.) Zona Carnia (3' fraz.) Zona Carnia (3' fraz.) ) Zona Carnia (4' rraz.) - il 28 maggio 1915 sono ancora a Streui Zona Carnia (4' fraz.) -, per il 1° sbalzo offensivo 2' A1111a1a 8'- 4' Annata (2" fraz.) 9'. 4' Annata (2' fraz.) -> il 24 maggio 1915 a Passo Agncrollc IO'· l'Armala II'· 2' Armata - > per il I• sbalio offensivo ~2' - 2' Armata

2'3' 4' 5' 6'Cannoni 149 A 7" -

Obici 305

giunge inzona di guerra il 31maggio 1915 giunge in zonadi guerra il 3 giugno 1915 giungeaBellunoil31 giugno 1915

(al completo di materiali, incomplete di personale però)

12' - l'Annata

- 1• -

1915 a Spilimbcrgo 1915 a Spilimbergo 191 5 a Spilimbcrgo 1915 a Spilimbergo

4' Am,,. (2' fra,.)) _, \ al"''"" "''""'allad'•""''' completo 4' Armala

I I' - 4' Armata (2' fraz.) '--

il 24 maggio il 24 maggio il 29 maggio il 24 maggio

il 24 maggio 1915 in ferrovia dircua a Stazione per la Carnia Zona Carnia (3' rraz.) ' il 24 maggio 1915 in ferrovia diretta a Stazione per la Carnia Zona Carnia (3' fraz.) ... iI 24 maggio 1915 in ferrnvia diretta a Stazione per la Carnia 4' Armata (2' fraz.) • giunge in zona di glll!rrJ il 6 giugno 1915 4' Annata (2' fraz.) • giunge in zona di gutrra il 3 giugno 1915 4' Armata (2' fraz.) • giunge in zona di guerra il 3 giugno 1915 > giunge inzona di guerra il 5 giugJJo 1915 4' Annaia ( I' fraz.)

I' - Zona Carnia 2". .\' Annata ( l• fraz.)

-I" - Zona Carnia (3' fraz.)

>

-+ il 24 maggio 1915 a Spilimbergo .... giunge in zona di guerra il 30 maggio 19I5

.

il 24 maggio 1915 a Spilimbcrgo 2' - Zona Camia (4' fraz.) ' il 24 maggio 1915 a Spilimbergo 3' - Zona Camia (3' fra1 .) > il 29 maggio 1915 a Spilimbcrgo Cannoni 149 G 4'- Zona Carnia (3' fraL.) • il 24 maggio 1915 a Spilimbcrgo )3. Zona Carnia (4' fra1..) 6' . Zona Cm11ia (4" fraz.) 7' - 2' Armata • per il IO sbalzo offensivo '-'-


LE DECJSION1 POLITICHE

143

comando per la trasmissione degli ordini operativi erano il capo di Stato Maggiore prussiano dell'Esercito ed il capo tedesco dell' Amnùragliato, «nell'intesa tacita che l'opinione del capo di Stato Maggiore, in argomenti concernenti contemporamente la condotta di guerra terrestre e la marittima, dovesse prevalere». Da notare che l'imperatore aveva dato aJ capo di Stato Maggiore la facoltà di emanare ordini in suo nome 1• In Austria-Ungheria le funzioni dì comandante supremo erano affidate all'arciduca Federico, ma la condotta delle operazioni venne lasciata al capo di Stato Maggiore dell' esercito ed al comandante in capo della flotta. Per inciso, se Cadorna era geloso della propria responsabilità, Conrad lo era ancor di più, al punto di tenere l'imperatore scarsamente informato delle vicende belliche e dì trovarsi spesso in attrito col governo ed in special modo con il minì~tro degli Esteri. E veniamo alla questione del comandante supremo in Italia. Il R.D. del 23 maggio 1915 stabilì che: «Da oggi i Nostri ordini riflettenti le operazioni dell'esercito e dell'armata [navale] e dei loro reparti saranno comunicati, d'ordine Nostro, all 'esercito ed all'annata rispettivamente dai Capi di Stato Maggiore dell'Esercito e della Marina, i quali li tradurran no in atto nelle parti riflettenti le operazion i terrestri e marittime, dando conoscenza ai rispettivi ministr i della Guerra e della Marina. Di n1tti i provvedimenti del Governo che posso110 avere influenza sull' andamento delle operazioni sarà data notizia dal ministro competente ai Capi di Stato Maggiore deU 'Esercito e della Ma-

rina».

Il comando di entrambe le forze armate era dunque assunto nominalmente dal re. I capi di Stato Maggiore avevano la direzione effettiva e la responsabilità delle operazioni, ma non erano comandanti suprenù, cui potesse spettare «interamente ed esclusivamente la responsabilità della condotta della guerra», secondo l'art. 39 del. regolamento sul «Servizio in guerra», ed. 1912. D'altronde, anche nel caso della nomina di un comandante supremo cui il re avesse affidato il comando, la responsabilità politica sarebbe rimasta al governo ed ai ministri della Guerra e della Marina. Lucio Ceva ha giustamente riscontrato: « - che la regolamentazione e la prassi della carica di capo di Stato Maggiore in relazione sia ai mi nistri militari, sia al governo (e quindi necessariamente anche al Parlamento), conclama lanatura politica dell' attività di alto comaudo e dell'organo che l'esercita in pace e in guerra; - che, più particolarmente, la soluzione data soprallutto nel 1849 e nel 1915 porta a ravvicinare moltissim(l le funzio1ù dell ' Alto Comando a quelle governative; - che le difiicoltà e le interferenze generate dalla necessaria convivenza del ve1tice militare e dello stato parlamentare furono superate solo in parte con la stnimen tazionc giuridica, mentre fu lasciata all'intelligenza dei singoli di smussare le si tuazioni piì1 acute con risultati nel complesso positivi durante l' ultima prova nazionale (191)-18) di quel tipo di Stato la cui data di nascita può fissarsi al 4 marzo I 948».

'E.

FALKENHAYN,

Il Comando Supremo iedesco dal 1914 al 1916 cit., p. 3.


144

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Difatti, «la responsabilità politica dei fatti militari si ripercosse assai più prontamente sul governo che sul vertice militare. Il faJli mento del primo anno di operazioni, concluso dalia pericolosa flessione in Trentino, spazzerà via il governo che aveva voluto l'intervento. Mentre il fallimento delle operazioni del 1917 concluso dalla sconfitta di Caporetto, farà cadere il governo Boselli provocando altresì la rimozione del capo di Stato Maggiore» '. In realtà, il decreto non impediva che il sovrano assumesse personalmente la direzione della guerra, almeno in determinate circostanze, ma Vittorio Emanuele m, tenuto sempre al corrente delle vicende belliche e degli intendimenti di Cadorna, si astenne scrupolosamente dall' inteiferirc.

*

* *

IL DlSEG:-10 DI GUERRA La radunata di un esercito viene pianificata in relazione ad una determinata ipotesi di guerra, per generica che possa essere in prima istanza. Il caso di un conflitto con l'Austria era sempre stato preso in considerazione sotto un'unica angolazione: la difensiva. Una difensiva in corrispondenza di due ben distinti e separati settori operativi: la soglia di Gorizia ed il rientrante trentino, più probabile l'offesa dalla prima, più pericolosa dal secondo. La situazione mutò di colpo con la neutralità. Se e quando la si fosse abbandonata, si sarebbe entrati in una coalizione, cosa che avrebbe imposto un riesame di molti aspetti del problema strategico in funzione appunto del comportamento degli alleati. Perciò Cadorna, che con la «Memoria» del 21 agosto 1914 aveva indicato l' obiettivo finale sulla Sava, nel promemoria circa le «Condiz ioni da richiedere all'Intesa» presentato a San Giuliano il 26 agosto, fu chiarissimo nell'esporre la linea di condotta che si riservava di adottare secondo gli eventi. La Russia doveva «far conoscere quante forze potrà impegnare effettivamente contro l' Austria» nel momento della nostra entrata in guerra; «attaccare a fondo» e, conquistata la Galizia, proseguire in profondità su Vienna. In caso favorevole, l' AustJia, presa alla gola, sarebbe stata costretta a tenere contro di noi poche forze ed allora avremmo attaccato oltre l'Isonzo in direzione dell' obiettivo fi nale. Se invece, malgrado lo sforzo russo, l'Austria fosse riuscita a rivolgere contro 1'ltalia truppe consistenti, noi avremmo assunto «un atteggiamento difensivo-controffensi-

' Lucio CEVA, Aspe/li politici e giuridici dell'Alto Comando in Italia (1848-1941 ), in «U Politico,,, 1984/1, pp. 99-105. Ceva però ha considerato il capo di Stato Maggiore «completamente assimilato» al comandante supremo di cui all'an. 39 del Servivo in guerra, con l'obbligo altresì di dare ordini «nel nome del re». ln realtà nel maggio 1915 sorse una discussione se lasciare a Cadoma il titolo di capo di Stato Maggiore dell' esercito oppure dargli quello di comandante in capo dell'esercito. Prevalse la prima soluzione, peraltro Cadoma raramcme usò la formula «d'ordine di S.M. il Re», oppure «presi gli ordini da S.M. il Re», dando evidentemente scontata la cosa.


LE DECISION I POLITICHE

Scacchiere Italo-Austro-Ungarico.

145


146

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

vo», sì da contribuire alla lotta contro gli Imperi Centrali immobilizzando un' aliquota cospicua delle forze davanti a noi. Le «Direttive» del l O settembre partivano da due constatazioni circa la situazione austriaca: la mancanza di difese organizzate nel basso Friuli ed il grosso impiego cli forze di campagna per tenere testa nel medesimo tempo a russi ed a serbi. E privilegiavano essenzialmente il quadro di sicurezza necessario per garantire il regolare svolgimento della mobilitazione e della radunata. Unica eccezione era l'occupazione, preventiva o di forza, di qualche posizione conveniente in modo specifico per la copertura oppure per il prosieguo delle operazioni offensive, al cui riguardo sarebbero state impartite disposizioni «al momento opportuno». Comunque il disegno strategico di Cadorna rimaneva immutato. Il 21 dicembre, in un appunto per il capo ufficio mobilitazione per il calcolo del presumibile fabbisogno di complementi, egli tracciò i lineamenti dell'offensiva che si riprometteva di sferrare: una grande battaglia a due o tre tappe o ltre confine entro 15 giorni dall'inizio dell'operazione, ed una seconda grande battaglia a sei-sette tappe entro 45 giorni per la 2° e 3" armata e la Zona Carnia; nonché una penetrazione nel Trentino per la 1• e 4a annata 1 • Le « Varianti» del I O aprile 1915 alle predette Direttive furono detemùnate da un differente apprezzamento delle possibilità avversarie: un certo miglioramento dell'organizzazione difensiva austriaca sul fronte giulio e la presumibile disponibilità di truppe mobili anche per un'irruzione in Italia. Questo comportava, da un lato la necessità di garantire col minimo delle forze e dej mezzi le spalle al grosso che sempre avrebbe dovuto operare nel Friuli; dall'altro, come già detto, la convenienza di superare l'Isonzo ed acquisire posizioni particolarmente favorevoli per la difesa statica, evitando in tal guisa di correre il rischio di dover risolvere la lotta con reazioni di movimento nella pianura friulana oppure di rimanere inchiodati sulla destra dell' Isonzo, nonché di impadronirsi di valide basi di partenza per l'offensiva. Bencivenga si è soffennato sulle «Varianti», mostrando e commentando intenzioni e probabilità di successo da parte nostra, compresa la preferenza, a suo avviso, dj operare nel Trentino piuttosto che dal Cadore 2• Tuttavia il documento in questione sembra assai più un potente freno, se non altro psicologico, a quanto sino allora delineato in prospettiva. In esso, sempre in riferimento «all'impiego iniziale» delle truppe, la confe1ma dei concetti offensivi, di cui alle Direttive del l O settembre, è seguita da un'immediata messa a punto: «Tconcetti sovraesposti considerano l'eventual ità di operazioni offensive. Ora, se questa era l' ipotesi piì1 probabile - anzi direi la sola-quando il Comando Supremo emanava la direttiva 1° settembre, oggi, per le aumentate forze in gioco degli Imperi Centrali, non è [più] tale(...)» >.

' Archivio Cadoma, b.13. ' R. B ENCIVÈNC,A, Saggio critico della nostra guerra cit., I, pp. 307-316. ) CCSM, Relazione ufficiale cit., II bis, doc. 6, p. 28.


LE DECISIONI POLITICI-l E

147

Accellata la più o meno probabile inevitabilità di assumere «sul principio, almeno su qualche lratto della fronte contegno difensivo», e sostenuto che «non si può prevedere dove potremo essere costretti a difenderci», Cadorna rendeva noto di aver impartito l'ordine che «i rafforzamenti siano eseguiti lungo tutta la frontiera e che alla difesa prendesse organicità». Ha ben commentato lo stesso Cadorna, che «in questo documento dominano soprattutto due preoccupazioni diametralmente opposte». La prima di non essere sorpresi in fase di radunata e quindi di dover pensare a difenderci; la seconda, di occupare durante la stessa radunata alcune posizioni-chiave in modo da essere in grado, a radunata compiuta, di attaccare 1• In questa visione operativa, si giunse alle convenzioni militari con le Potenze oçcidcntali e con la Russia. A Parigi i rappresentanti italiani per l'esercito, col. Montanari e ten. col. Breganze, addetto militare, avevano ricevuto istmzioni semplici e chiare: «( ...) Montanari e Breganze - scrisse quest' ultimo nel 1930 - dovevano infatti linùtarsi ad esporre cd illustrare il piano di guerra quale Cadoma lo aveva concepito; a rendere nota senza reticenza alcuna e con la massima lealtà le condizioni di efficienza del nostro esercito, onde richiedere queiraiuto in taluni mezzi, specie di aviazione. che ci erano indispensabili: a concertarsi sull'esecuzione di un 'offensiva comune aU'auo dell'apertura delle nostre ostilità, che oltre a facilitare l'inizio delle nostre operazioni, avrebbe ouenuto il vantaggio di alleggerire il compito dell'esercito russo, allora vantaggiosamente impegnato ed avanzante dai Carpazi verso le Alpi; di trascinare con noi i Serbi abbandonati a se stessi e da tempo inani vi ( ...) cd infme di accordarc i per i servizi di collegamento fra i nostri Stati Maggiori , ponendo le basi delle future Missioni Militari su ciascuna delle frontiere degli Alleati. All' esposizione di tali riclùesle i delegati italiani dovevano particolam1ente accompagnare l'insistenza di Cadoma per l'unità d'azione»'·

La prima seduta, nel pomeriggio del l O maggio, fu jn certo senso prelimjnare. Il generale Pellé, capo di Stato Maggiore dj Joffre, chiese di conoscere le intenzioni di Cadoma e «domanda a bmciapelo quando l'esercito italiano potrà intervenire, essendo ques to uno dei punti che più premono all'esercito francese per averne norma in decision i che sono in corso di attuazione. Montanari non si scompone e franco risponde che potremo iniziare le operazioni a fine maggio. Tali sarebbero i calcoli di S.E. Cadoma in relazione a quanto ancora resta da fare( ...)» ' ·

L. CAOORNA, La g11erra alla fronte italiana cit., I, p. 103. Museo del Risorgimento di Milano, Archivi o guerra, Fondo Breganze, crut. 60, b. l, cit. d,1 G. RoCH.~T. Li, convenzio11e mi/i1are di Parigi cil., pp. 133-134. ' Diario Breganze «Preliminari della nostra guerra», cart. 60, b. I, in G. Rochat, ibidem, p. 137. li col. Montanari telegrafò subito a Roma: «( ... ) Ministro Guerra IMillerandJ e suoi Generali mostrato vivo desideri.o nostra entrata campagna immediatamente. Non sanno Iquanto tempo per] nostra preparazione è necessario né diffico ltà compito, perciò ho fornito elementi giudizio per togliere Idubbi) e colmare impazienza vederci effettivamente agire. Ministro Guerra desidera conoscere data più prossima entrata in campagna, ricordando impegno fissa data massima 26 maggio. Non mi lascio tirare promessa alcuna se non collima con interessi S.E. Cadorna, tuttavia prego di telegrafanni in proposito» (D.D.I., 5" serie, IIJ. doe. 531, oota). 1

0


148

LA PRIMA GUERRA MOND.IALE

Allora Millerand, ministro della Guerra, lo pregò di telegrafare a Cadorna chiedendogli di affrettare quanto più possibile l'apertura delle ostilità. Il giorno successivo il colonnello Montanari cominciò la sua esposizione con uno sguardo panoramico: il fronte franco-inglese stava contenendo l'attacco a gas tedesco nel settore di Ypres; l'offensiva russa sul fronte orientale si affievoliva per difficoltà dei rifornimenti. Perciò un'azione contemporanea alleata non poteva aver luogo prima della fine del mese, naturalmente ammettendo di non esser preceduti dal nenùco. «Cm - continuò Montanari - è appunto su questa contemporaneità di offensiva sulle vaifo fronti che S.E. Cadorna basa la riuscita della g uerra(. .. ). ( ...) è appunto la questione della direzione [dello sforzo] quella che maggiom1ente ha preoccupato il gen. Cadorna nello stabilire il suo piano di guerra. Ritiene che qualora le operazioni rnsse contro gli austriaci continuino fortunate cd anche riescano ad immobilizzare buona parte del! ' esercito aust1iaco, la nostra entrata in guerra può pem1etterci risultati buoni e distrai·rc anche forze tedesche dal fronte occidentale, facilitando le operazioni franco-inglesi» '.

Seguì, poi, la minuziosa ìI!ustrazione della concezione strategica: sforzo oltre l'Isonzo - fermo restando che, raggiunto il fiume, la situazione avrebbe potuto consigliare talune varianti - e prosecuzione verso la Sava e, dopo la presa di collegamento con l'esercito serbo, verso Vienna. Il piano italiano era «chiaro e risoluto: tendere alla capitolazione austriaca e non lasciarsi distrai-re da obiettivi secondari. Stretta correlazione con l'avanzata russa e ripresa dell'azione serba, che langue da tempo. Accordo strettissimo con operazioni sul frame occidentale, che impegnino ovunque le forze avversarie. Se tutto ciò dovesse malauguratamente mancare, non è difficile prevedere che cadremo noi pure nella stabilizzazione della guerrn» '·

Nell' intervallo della conferenza arrivò la risposta di Cadoma al quesito di Millerand: «V.S. può assicurare pel 26 maggio al più tardi primo sbalzo truppe copertura ( ... ) a condizione però che esercito russo pronunci vigorosa offensiva verso [giorno] 20 et azione analoga [effettui] esercito anglo-francese per evitare c-oncentramento truppe austro- tedesche nostra frontiera» ' ·

Millerand nutriva ancora un dubbio: veramente Trento e Trieste erano per l'Italia obiettivi secondari? non c'era pericolo che, una volta raggiuntili, l'Italia rinunciasse a proseguire su Vienna? Montanari capì e lo tranquillizzò: ogni successo locale non avrebbe avuto seguito di fronte alle esigenze delle operazioni oltre l'Isonzo. Quindi passò a descrivere le condizioni dell'esercito italiano.

' In G. RoCHAT, ibidem, pp. 138-139. 'Ibidem, p. 139. 'S01mino a Ruspoli, incaiicato d'affari a Paiigi, in data 2.5.1915 con tele di Cadorna per Montanari, D.D.I., 5" serie, UI, doc. 542.


LE DECISIONI POUTICHE

149

Millerand allora lanciò un ultimo amo. Condivisa in pieno la necessità di una stretta collaborazione operativa fra gli eserciti dell'Intesa, «non si nasconde però le difficoltà di onencrla in relazione alla situazione delle varie fronti, che complicano assai tutta la guerra. Da ciò la necessità, forse, di uniformarsi all'andamento delle cose sulla fronte ove si trova il più temibile nemico(... ). Ce110 però non si vuole con questo menomare in modo alcuno la libertà d'azione dei vari generalissimi» '.

Dopo aver fatto così capire che il fronte francese era il più importante e che perciò i vari generalissimi avrebbero fatto bene a seguire l' indi1izzo strategico francese, passò alla stipulazione della convenzione. La firma italiana venne, però, temporaneamente sospesa da Sonnino, il quale voleva procedere di pari passo con la c.onvenzione russa. Nel frattempo i rappresentanti itaJ iani vennero ricevuti da Joffre e dal generale French. Joffre, dopo aver alluso, ma in modo molto vago, alla grande offensiva alleata in gestazione, osservò «che il piano (di Cadorna] è onimo; che la direzione prescelta è la più conveniente data la distanza che ci separa; che avremo molte e grosse difficoltà per la natura del terreno, che del resto avremmo in qualsiasi altra direzione ci fossimo mossi; che ha piena fiducia che S.E. Cadoma saprà condurre a compimento nel tempo; che i russi ci assecondino» '·

Il 9 maggio Montanari e Breganze firmarono la convenzione. Anche se il risultato poteva apparire generico, visto che tutto sommato l'argomento principale era stato costituito dalla presentazione agli Alleati dell'esercito italiano e del disegno di guerra di Cadoma, tuttavia si trattò di un primo passo importante, prodromo della I Conferenza Interalleata, che il 7 luglio si riunfrà a Chantilly. Più diretta importanza, ovviamente, riscuoteva la convenzione italo-russa. Non per niente Cadoma aveva sempre vista la lotta contro l'Austria nell' ambito di uno sforzo congiunto ed armonizzato fra Italia, Russia, Serbia e Montenegro. Delegato italiano era l' addetto militare a Pietrogrado, ten. colonnello Ropolo. Il primo·contatto in proposito fu più che soddisfacente. Il generale Januskevié, capo di Stato Maggiore, assicurò che «obiettivo esercito russo è quello di agire contro nemico che si trova sulla linea dei Carpazi per raggiungere pianura ungherese e battere definitivamente, col concorso nostro e serbo, esercito austriaco». Quindi, a parte le truppe incaricate di fronteggiare l' avversario in Prussia 01ientale, in Polonia ed in Galizia, il grosso delle forze russe sarebbe stato impiegato per quello scopo. L'esercito serbo era pronto con 200 mila uomini di prima linea ed altrettanti di seconda e terza linea 3•

' In G. Roc11,xr, La convenzione militare di Parigi cit., pp. 139-1 40. ' Ibidem, p. 143. 3 Carlotti a Sonnino in data 4.5. 19 15, con tele di Ropolo per Cadoma. D.D.L, s• serie, lll, doc. 568. La «disponibilità» serba era stata comuuicata dal principe ereditario Alessandro, il quale, però, venuto a conoscenza delle richieste italiane, scrisse al granduca Nicola di Russia che gli sarebbe stato ora inlpossibile chiedere ai suoi soldati di combattere con l'antica dedizione! (M. TOSCANO , Il pm10 di Londra, Bologna 1934, p. 131).


150

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

lnsomma si giunse senza difficoltà al protocollo prelinùnare: «l - I due Stati Maggiori russo e italiano s'impegnano ad agire contemporaneamente contro il nemico comune austro-tedesco sino alla vittoria finale, scegliendo come primo obiettivo generale delle loro operaiioni le for1:e del nemico che si trovano fra le Alpi cd i Carpazi. II - A questa operazione debbono contribuire: direttamente, l' esercito serbo. prendendo l'oftènsiva nella direzione della Bosnia settentrionale, cosl da cooperare in relazione con ala destra eserc ito italiano verso Lubiana; indirettamente, eserciti francese e inglese, prendendo un'encrgi<;a offensiva contro il nemico che hanno di fronte e impedendogli di manovrare liberamente( ... ). III - Lo Stato Maggiore italiano si impegna ad entrare in azione non più tardi del 26 maggio, ma, considerando le difficoltà alle quali potrà urtarsi nel suo primo sbalzo (...) pone la condizione che gli alleati inizino, alcuni giorni prima del 26 maggio, un'azione offensiva contro il nemico per impedirgli di concentrare fone troppo rilevanti sulla potente linea di difesa esistente sulla frontiera au striaca. Se però le trnppc austro-tedesche prendessero loro l'ilùziativa deJJ'opcrazione, prima della data stabilita, gli alleati opereranno subito un'energica offensiva per paralizzare il più possibile i movimenti del nemico durante il periodo di mobilitazione dell'esercito italiano. Gli Stati Maggiori degli eserciti francese, inglese, serbo e montenegrino accettano la condizio1ù e assicurano di impiegare le forze neccss11rie per raggiungere lo scopo(... ). IV - (... ) li primo obietti vo parziale da raggiungere dai suddetti eserciti sarà stabilito di comune accordo fra gli Stati Maggiori( ... ). Così gli obicuivi successivi saranno stabiliti secondo le circostanze, dai Comandanti superiori e sempre in relazione allo scopo da raggiungere (...)» ' .

La Serbia era rappresentata dall'addetto militare, colonnello Lontkievié. Questi il giorno 8 trasmise al Comando Supremo serbo un dispaccio del granduca Nicola, che clùedeva il concorde parere del principe ereditario Alessandro, comandante in capo dell 'esercito serbo, p1ima di firmare la convenzione, spiegando essere stata riconosciuta «come indispensabilmente necessaria la cooperazione dell'esercito serbo con quello italiano e russo». Di conseguenza, mentre a partire dal 26 maggio il grosso dell'esercito italiano si sarebbe diretto verso nord-est, l'esercito serbo doveva attaccare nella Bosnia settentrionale e cercare il collegamento con l'ala destra italiana. Per meglio armonizzare le operazioni, diventava «indispensabile che un rappresentante dell' eserc.ito serbo si trovi presso il Comando italiano» 2• n Comando Supremo serbo replicò subito che il dispaccio non era clùaro. Poi il voivoda Putnik telegrafò (10 maggio) al granduca Nicola diclùarandosi «d ' accordo circa la cooperazione del nostro esercito con quello russo ed italiano», ma con un seguito che merita di essere riportato per intero: «( ... ) nella fiducia che verranno nella convenzione difesi gli interessi che la Serbia rappresenta, addiveJTemo, ne l più breve tempo poss ibile, alle indispensabili trattative cui Voi alludete, sul co-

'Carlotli a Sonnino in data 9.5.1915, con tele di Ropolo per Cadorna, D.D.l., 5' serie. W, doc. 639.

' La gra11de guerra della Serbia per la liberazio11e e /'1111ifica,ione della Serbia, Croazia e Slovenia (d'om in poi «Relazione ufficiale serba»), p. 125. Tutte le citaiioni da questa relazione 80110 tratte da M. CA1v,cc10Lo, L'lw lia ed i suoi alleari cit., parte seconda).


U i DcCJSION I POLITICHE

l5J

mc si potrebbe raggi ungere l' accordo con gli Italiaoi e come evirare gli attriti tra gli esercii i ed i possibili conflilli della popolai ione con l'esercito italiano. Provvedulù a ciò, faremo quanto più epossibile per conispondere ai desideri di V./\. Imperiale» '.

Un commento in proposito è del tutlo superfluo. Dal canto suo l'addetto militare a Pictrogrado precisò che l'esercito serbo doveva esercitare il suo sforzo principale alla sua frontiera nord-ovest «in modo da avvicinarsi ali' ala destra dell'esercito italiano che agirà dalla sua frontiera settentrionale in direzione di Lubiana». Nel contempo spiegò che, secondo la convenzione militare, Russia, Italia, Serbia e Montenegro si obbligavano ad agire di concerto contro l' Austria-Ungheria, e che il collegamento fra i Comandi Supremi doveva essere realizzato tnediante scambio cli rappresentanti 1 . Il 13 maggio il Comando serbo comunicò la propria adesione alla convenzione 3 • I primi di maggio Cadorna aveva buoni motivi per 1ite11ersi soddisfatto. Tutti avevano accettato di favorire l'entrata in guerra dell'Italia. Le armate franco-britanniche stavano per lanciare una violenta offensiva a breve scadenza; i nissi, dal canto loro, si erano impegnati senza esitazione a riprendere l'avanzata verso il giorno 20; i serbi ed i montenegrini aderivano al. principio della contemporaneità degli sforzi. Sul fronte italiano le difese austro-ungariche non 1isultavano molto consistenti, almeno nel settore dcli' Isonzo. Da parte nosu·a non sembravano esistere molti problemi per l'immediata occupazione, in un modo o nell'altro, di determinate posizioni-chiave e, salvo imprevisti, a radunata compiuta sarebbe stato possibile dare il via alla grande offensiva verso la Sava. Questi i punti fermi che Cadorna considerava raggiunti. Purtroppo non uno si paleserà tale.

' Relazione ufficiale serba cii.. p. 125. ' Ibidem , p. 126. ~ Ibidem, p. 127.



Capitolo XI LA CAMPAGNA DEL 1915 1. LA SITUAZIONE MILITARE NEL MAGGIO 1915

il 16 maggio 1915 Cadoma diramò l'ordine d' operaziotù n. 1 1• Ma la situazione generale era molto diversa da quella dei primi del mese. La grande offensiva studiata e proposta dal generale Foeh in marzo per sfondare il fronte tedesco a nord di Arras, e nella quale Joffre nutriva addirittura la fiducia di concludere la guerra al più tardi entro l'estate, posto che la Germania era già «sttr la pente de la défaite» 2, stava ansimando nonostante una preparazione accuratissima. L' operazione, affidata aJJa 10• armata (gen. d'Orbai), comprendeva uno sforzo p1incipale in un settore di una diecina di chilometri condotto da tre corpi d'armata e due sforzi secondari, l'uno con due corpi d' armata sulla destra e l'altro con un corpo sulla sinistra. Per lo sfruttamento del successo si tenevano pronti un altro corpo d'armata e due corpi di cavalleria. Più a nord doveva attaccru·e la l" armata britannica. La seconda battaglia dell'Artois, per le cui esigenze si era proceduto ad un ammassamento di munizioni e materiali «calcolati a seguito dell'esperienza fatta in Champagne, per una battaglia di dieci giorni di durata» 1, ebbe inizio il mattino del 9 maggio, dopo la novità di una preparazione d'artiglieria senza precedenti. Purtroppo <<dal 9 maggio a sera - scrisse più t.:1Jdi Joffre - senùi che ci sfuggiva un brillante successo»•. TI 16 la lotta si esaurì. Perdite francesi: 2.200 ufficiali e 100.000 truppa. Quanto al fronte orientale, le posizioni russe erano state sfondate pressoché di colpo il 2 maggio dall'offensiva lanciata dal generale von Mackensen con la sua 10" aimata tedesca e la 4" annata austriaca dell'arciduca Giuseppe Ferdinando, nel settore di Gorlice-Tarnow, provocando rapidamente il crollo del fronte dei Carpazi. Il 13 maggio la linea rnssa era a stento 1icostituita a tergo dei fiumi San e Dniester. La battaglia era costata ai russi un arretramento di un centinaio di chilometri con perdite di più di 140.000 p1igionieri e quasi altrettanti fra morti, feriti e dispersi. Sul fronte balcanico il silenzio. Un silenzio voluto. li 6 gennaio il ministro della Guerra serbo aveva espresso al capo di Stato Maggiore il proprio personale pensiero senza alcuna reticenza: «(...) dato l'attuale nostro successo, occorre

'CCSM, Relazione ufficiale cit., Il bis, doc. 38. ' RAYMOND POINCARÉ, Au service de la France, cit., VI, pp. l 24-1 25. ' CésAR JOSEPH-J ACQUES J Ol'l'RE, Memorie, M o ndadori, Milano 1933. n, p. 66.

' Ibidem, p. 69.


154

LA PRIM A GUERRA MONDIAI ,13

che ci atteniamo al principio della massima economia delle forze, in modo che nel corso della guerra europea possiamo non solo resistere, ma anche essere in condizione di parare a tutte le eventualità nei Balcani, fino alla conclusione della pace, cosa che non avverrà tra breve» 1• Ed a questo principio la Serbia si stava attenendo. Largamente rifornita nei primi mesi del 1915 da Francia, Gran Bretagna e persino dalla Russia, a fine mano disponeva d i undici divisioni cli fanteria, una cli cavalleria e truppe suppletive per un totale cli 205.000 uomini in buona efficienza. Però «lo Stato Maggiore (serbo] non sembrava volesse uscire dalla situazione di attesa in cui era restato tutto l'inverno» si legge nella Relazione ufficiale francese 2• E il 15 mano l'addetto militare francese a Nis, ove si era trasferito il governo serbo, informava: «(...) Dopo la presa di Belgrado{... ) resercito serbo, fennatosi davanti al velo del Danubio-Sava-Drina, ha perduto ogni contatto col nemico e non ha fatto nulla per conservarlo né per riprenderlo né per trattenere davanti a sé le forze nemiche che aveva battuto (...). Le informazioni dello Stato Maggiore russo segnalano presenti sui Carpazi almeno quattro divisioni di quelle che in dicembre avevano combaltuto contro la Serbia(... ). Né il Governo né lo Stato Maggiore dissimulano il loro desiderio di restare nell'attitudine di aspettativa che mantengono già da tre mesi. La malattia del voivoda Putnik, il quale d' altronde non ha mai avuto carattere da resistere alle pressioni politiche, fa sl che il Presidente del consiglio, Pasié, eserciti sempre piì1 un'azione personale su tutte le decisioni che interessano l'esercito e le operazioni milita.ii( ... )»'.

L'atteggiamento serbo non mancò di suscitare disapprovazione prima ed irritazione poi presso le Potenze dell'Intesa. All'inizio del l 915, Poincaré, riprendendo un suggerimento de l generale Franchet cl'Espérey, in un colloquio con il presidente del Consiglio Viviani ed il ministro Briand, tutti preoccupati per la stabilizzazione del fronte e per l'inefficacia delle offensive, avanzò l'idea di attaccare l'Austria-Ungheria in altro scacchiere, e precisamente dalla Serbia, con un robusto contingente alleato. Lloyd George, messo al corrente, approvò subito, però un primo ostacolo venne dallo Stato Maggiore francese, che reputava il progetto attuabile soltanto con il concorso dell'Italia e della Grecia, e poiché queste erano ancora neutrali, l'ipotesi non si poneva. Per la verità, c'era anche la netta opposizione personale di .Joffre, che rifiutava categoricamente di «togliere dalla fronte una particella delle nostre forze , perché è qui che si avrà la decisione», tanto più che contava avesse luogo - come sappiamo - «prima del mese di maggio; dopo di che si potrà parlare di togliere qualche unità che potrà essere utile su un altro teatro d 'operazioni» ".Mala vera sorpresa venne dalla Serbia, che in

'Relazione ufficiale serba, p. 4 l , cit. in M . CARACCIOLO, L'Iralia e i suoi alleati cit., p. 64. ' Les Armées da11s la grande guerre, Vlll, p. 135, cit. ibide111, p. 67. ' Ibidem, p. 68. 'Colloquio del 21 marzo con Poincaré, che prospettava l'impiego eventuale di truppe francesi sul fronte italiano, qualora l ' Italia si fosse schierata al fianco dell'lntesa (HERIIII..LON, Du Général en Che.f au Gouveml'mem, Tallandier, Paris 1922, I. p. l44).


LA CAMPAGNA DEL 1915

155

un'impresa del genere avrebbe avuto una parte di tutto rilievo. Invece di accogliere con piacere il disegno, il Comando Supremo serbo giudicò inopportuno l'invio di forze alleate perché «esse avrebbero impegnato la ferrovia di Salonicco, la quale invece doveva essere lasciata al vettovagliamento dei Serbi» 1• È evidente la pretestuosità della spiegazione. Nessuno stupore dunque per la risposta del principe Alessandro al granduca Nicola di Russia, che il 20 aprile gli telegrafò per sollecitare un vigoroso intervento dell'esercito serbo, in concomitanza con le imminenti offensiva franco-britannica sul fronte occidentale e russa verso i Carpazi, e per richiamare I' attenzione «sulle finalità di una energica attuazione di tale energica avanzata>). Alessandro replicò il 23 aprile elencando una serie di inconvenienti e di carenze che sempre si erano opposte, a suo dire, alla pur desiderata ripresa operativa contro gli austriaci, e dicendo di ritenere che «con l' aiuto di Dio e del vostro appoggio, tutte queste difficoltà possano essere superate in una ventina di giorni al mass.imo» 2. Questi retroscena non potevano risultare sconosciuti a Cadorna né al governo italiano. Comunque, dopo l'ambiguo consenso alla firma della convenzione militare con Italia e Russia telegrafato il 10 maggio dal voivoda Putnik, si verificò un colpo di scena. Truppe serbe avanzarono in territorio albanese in direzione di Durazzo, mentre i montenegrini approfittavano delle circostanze per puntare su Scutari t Nelle capitali dell'Intesa le proteste si levarono alte. Il mi1ùstro di Russia a Nis ricevette istmzioni di rinnovare a Pasié «la raccomandazione di concentrare tutti gli sforzi militari contro l'Austria e di non lasciarsi distrarre da altri obiettivi« 3• Il 13 maggio Kitchener spedì un durissimo telegramma all'addetto militare britannico: «Desidero che facciate presente con la massima energia allo S.M. dell' Alto Comando che sotto .il punto di vista politico e militare una qualunque simile operazione è del nitto errata e contraria. La situazione militare esige che la Serbia raccolga le sue forze contro l'Austria per impiegare in Bosnia-Erzegovina e fino ali' Adriatico, cooperando con Russia ed Italia»'.

Pasié rispose il 19 maggio spiegando mellifluamente trattarsi di semplici misure cautelative contro il pericolo di incursioni banditesche, tuttavia «se lord Kitchener desidera, la Serbia desisterà dall'impresa», sempre che più tardi, in caso di azioni di comitagi, l'Intesa fosse disponibile ad un aiuto. Ma la peneu·azione serba in territorio albanese continuerà tranquillamente. Infine, nella penisola di Gallipoli il corpo di spedizione franco-britannico si trovava in acuta difficoltà di fronte all'armata turca comandata dal generale tedesco Liman von Sanders.

'Re lazione ufticiale serba, p. !03, cit. in M. CARACCIOW. L'Italia e i suoi alleati cit., p. 315. 'Ibidem, pp. 315-316. ·' Carlotti a Sonnino in data 11.5.1915, D.D.I., 5• serie, lii, doc. 659. ' Relazione ufficiale serba, p. 127, cit. in M. CARACC!OLO, L'Italia e i .rn.oi alleaii cii., p. 78.


156

LAPRlMA GUERRA MONDIALE

Or dunque, il concorso alleato - le offensive contemporanee da iniziare «qualche giorno prima del 26 maggio» - considerato da Cadoma conditio sine qua non per entrare in campo senza il pericolo di un'improvvisa pressione austro-ungarica, era sfumato.

* * * Per giunta anche per quanto ci riguardava direttamente le cose non andavano come sperato. Il 4 maggio, dopo la denunzia del trattato della Triplice, era iniziata la cosiddetta «mobilitazione occulta», che in realtà altro non fu se non l'accelerazione delle misure già in corso per creare nel Veneto un ambiente di sicurezza a favore della mobilitazione generale. Già sappiamo che l'affluenza dei reparti non stava effettuandosi così come voluto. Ma era sorto un nuovo problema che, pur 1ivestendo obiettivamente minor rilievo rispetto all'imminente guerra, suscitava molte preoccupazioni. Proprio in quel periodo si inaspriva il contrasto fra capo cli Stato Maggiore e mjnistro delle Colonie. Il punto dolente era costituito dalla situazione maturata, o meglio deterioratasi in modo più che preoccupante, in Libia ed in particolare in Tripolitania 1• Gli errori politici e militari commessi dopo la pace di Losanna e l'ampliamento del nostro dominio sino al Fezzan avevano provocato inizialmente sporadici scontri locali e poi, dall'aprile 1914, una dilagante 1ivolta con tre focolai: la Sirtica, il Fezzan e la Ghibla. Nel dicembre cli quell' anno divampò J'insunezione generale. A metà febbraio 1915 l'occupazione della Tripolitania si riduceva ad un semicerchio da Misurata a Nalut, con un raggio di circa 200 chilometri da Tripoli. Tutto sommato, trattandosi della «zona vitale della colonia» sarebbe stato accettabile limitarsi a conservarne il possesso in attesa dì tempi migliori, però anche per questo obiettivo minimo occorrevano truppe (dai sei ai dodici battaglioni) che, nel momento delicatissimo dell ' imminente ingresso dell'Italia nel conflitto europeo, diventava pericoloso sottrarre all'esercito metropolitano. Per l'appunto a tale riguardo esisteva da mesi un dissenso fra il mitùstro delle Colonie, Ferdinando Martini, dal quale dipendeva a tutti gli effetti la Libia, e Cadorna. Questi, sin dall'insediamento nella carica, non aveva esitato a prendere posizione affe1mando l'impossibilità di inviare nuove forze in Tripolitania; la necessità che il governatore si regolasse di conseguenza, ed evitasse operazioni

' Il commissario del Gebel, esperto di vita africana, ebbe piì1 tardi a ricordare che: «( ...) ne l complesso si aveva la sensaz ione che il castello della nostra occupazione, tirato su in fretta e con metodi diversi, non avesse solidità alcuna. Avevamo disfatto molte cose buone, ne ave vamo fatte parecchie non buone; la nostra condotta troppo violenta o troppo blanda, spesso capricciosa, larga con alcune tribù, dura con altre, non aveva assicurato la fede delle popolazioni, che non avevano ancora capito che cosa volessimo,, (G. PANTANO, 23 a1111i di vita africana. cii., pp. 257-258).


LA CAMPAGNA DEL 1915

157

che avrebbero richiesto rinforzi; l'opportunità, ove impossibile far fronte alla rivolta con i mezzi in loco, di ritirare verso la costa tutti i presidi non difendibili. li dinjego del governo di ridurre l'occupazjone e la ferma volontà di conservare Jefren, Garian, Tarhuna, Homs, Zuara, Misurata e la Sirtica, crearono una situazione difficile. Di fronte alle obiezioni ciel generale Druetti, governatore della Tripolitania, Martini ne volle la sostituzione con il generale Tassoni ed insistette per i rinforzi. Era un circolo vizioso. Martini, per ragiorù di prestigio, reputava dannoso ceder troppo terreno e rifiutava di far ripiegare i presidi interni; il governatore rappresentava che per ottemperare alla direttiva aveva bisogno di rinforzi; Zupelli passava la richiesta a Cadoma; Cadoma opponeva resistenza ad inviare rep,uti chJ non sarebbero, comunque, bastati a stroncare la rivolta; il governatore prospettava a Martini l'inevitabilità di ripiegare sulla costa; Martini rifiutava e il giro riprendeva. In seguito alle insistenze del governo, Cadorna dovette infine consentire l'invio di altri tre battaglioni bersaglieri e u·e squadroni di cavalleria, mal' 8 febbraio scrisse a Zupelli ribadendo che a suo avviso: l'occupazione della Tripolitania andava assolutamente risu·etta a quel tanto che le forze disponibili consentivano di tenere; il governo non doveva imporre limiti tassativi di occupazione perché si correva il rischio di dover cedere per forza e in malo modo ciò che si sarebbe potuto sgomberare spontar1eamente e senza danno; la situazione in Tripolitania, tenuto conto degli avvenimenti eLu-opei, imponeva che le ragioni militari avessero la prevalenza su quelle politiche. Ciò posto, Cadoma chiese che il governo esprimesse i propri intendimenti, avvertendo: «Ad ogni modo, debbo fin d'ora dichiarare che - dopo la concessione di trnppc ora fatta, la quale deve essere ritenuta C()me estrema - io non potrei adattarmi per nessuna considerazione, né politica né mi litare, a concedere altre forze alle colonie libiche, essendo convinto che ciò sarebbe deleterio per ben più gravi interessi del Paese» '.

Mattini non intese recedere dal suo proposito di conservare quanto più territorio possibile ed il 14 febbraio ordinò: «non un passo indietro». La decisione cli difendere acl ogni costo le località ancora occupate portò fatalmente a due rovesci. L'uno, sull'altipiano, a Uadi Marsit 1'8 aprile; l'altro, neila Sirtica, a Gars Bu Adi il 28 aprile. Immediatamente l'intero Gebel fu in fiamme. fl 5 maggio Caclorna chiamò in causa Salandra: «In relazione al colloquio avuto coll'E. V., mi onoro di rimenere qui accluso un promemoria sulla nostra situazione in Tripolitania dallo scoppio del conflitto europeo ad oggi; da essa risulta come, purtroppo, fin dal l' in izio, io avessi nettamente prevista quello che poteva avvenire in quella colonia e mi fossi preoccupati di tracciare gli opportuni criteri per evitarlo( ... ).

'L. TUCCARI, / governi militari della Libia cit., li, doc. 72.


158

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Intanto, lo stato delle cose che si è andato determinando in Tripolitania è il seguente: che malgrado tutti i sacrifici falli, l'aver voluto perseverare in criteri non conciliabili con le esigenze militari del momento io Europa, ci ha portato ad un grave disastro che ne impone di nuovi ed assai gravosi ( ... )» 1•

Il giorno seguente Cadorna si rivolse in termini ultimativi a Zupelli. Dopo aver riepilogato accuratamente le sette lettere inviate al ministero della Guerra fra il 7 agosto 1914 e l' 8 febbraio 1915, sottolineò il particolare periodo che l '1talia stava affrontando per riconfermare ed accentuare il suo pensiero sulla Tripolitania. In sostanza, bisognava restringere l'occupazione, raccogliere le forze, evitare le imprese di cm·attere aleatorio, non fare questione cli prestigio ma di tornaconto, tenendo presenti le necessità dell'Italia ben più che quelle tripolitane. E proseguì: «(...) se occorrerà, si facciano pure anche maggiori rinunzie, fino al caso estremo dì ritirata

alla costa. Saranno risoluzioni dolorose, ma di esse ci ripagheremo quando, risoltasi con nostrn vantaggio l' auuale crisi europea, potremo rivolgere nuovamente rune le nostre energie alle colonie. Ad ogni modo debbo significare esplicitamen te all'E.V., pregandola di darne comunicazione a S.E. il ministro delle Colonie, che d'or innanzi non darò più, io nessun caso, il mio consenso al!' invio di ulteriori rinfor.ci in Tripolitania, e che, se domande di tal genere venissero presen tate quan do il nostro esercito fosse entrato in campagna, il Comando Supremo sarebbe costretto ad ordinare i.I ripiegamento alla costa di tutti i presidi interni di quella colonia, facendo rientrare sul teatro di guerra europeo, dove sono necessarie, le truppe eventualmente superflue per mantenere la costa» 2 •

Ma .il generale Tassoni, dopo il combattimento di Gasr Bu Adi, si trovava con l'acqua alla gola e chiese alai 5 battaglioni e 2 batterie. Cadorna 1'8 maggio scrisse una nuova radicale lettera a Zupelli: «(...) Ritengo anch'io necessarie tali riclùeste, data la situazione che è stata creata dal Ministero delle Colonie col voler tenere un numero di presidi assai maggiore di quanto era possibile( .. .). Allo stato rovinoso delle cose, e qualora si voglia tenere almeno i punti principali della colonia, anziché inviare delle truppe a spi zzico, occorrerebbe mandar colìi d'un sol colpo una forza ingente di almeno 15 o 20 battaglioni, con le relative armi ausiliarie, servizi accessori, ccc. e lascio giudicare a chjuoque quale scompaginamento prodtuTcbbe nell'esercito nazionale nel gravissimo momento che stiamo attraversando. D'altronde, attualmente il teatro della Libia è affatto secondario ( ... ), tu tto adunque dipende dall'andamento delle cose sul teatro europeo ( ... ). Ed è ispirandomi a questo concetto che, non solo non posso acconsentire all' invio di altre trnppe ( ... ) ma domru1do formalmente che - per ora nella sola Tripolitatùa - l'occupazione venga ridotta alla costa, mantenendo tutt'al più, se possibile, il Gari.an con un modesto presidio, largamente fornito di vi veri. e di munizioni ( ...)» ' ·

' Ibidem, doc. 76. Da notare che, per ponare ali' organico di gue1rn i 18 battagl ioni inviati in Tripolitania, a prescindere dalle nùnori. unità delle varie amù, era stato giocoforza attingere anche a reggimenti, ai quali quei battaglioni non appartenevano. ' L. Cadorna, Altre pagine sulla grande guerra cit., pp. 74-75. ' Ibidem, pp. 76-77.


LA CAMPAGNA DEL 1915

159

PtUtroppo il persistente 1ifiuto del governo di abbandomu·e località indifendibili fece procedere la critica situazione della Tripolitaiùa verso l'inevitabile naturale epilogo. Soltanto il 4 luglio Martini telegraferà a Tassoni: «Per concorde detenninazione Presidente del Consiglio, Ministro della Guerra e nùo conforme a facoltà già consentita eventualmente dal Consiglio dei MilÙstri, autorizzo V.E. ritirare tutti presidi altopiano verso costa, niuno eccettuato confom1e proposta n. 7 suo telegranuna odierno ( .. .)» 1• A metà luglio i presidi dell '.interno saranno rifluiti più o meno in disordine sulla costa. Il 5 agosto l'occupazione risulterà ridotta a Tripoli ed Homs. Per l'incapacità di assumere tempestivamente misure coraggiose, ma impopolari, si erano perduti personale, materiale e prestigio politico e militare.

* * * Mentre questo accadeva sulla «quarta sponda», Cadorna era scontento per la forte attenuazione che le circostanze avevano arrecato a quel fattore sorpresa, che egli intendeva sfruttare appieno per il primo sbalzo offensivo durante la radunata. L'Austria era chiai·amente in allam1e. Ma c'era di più. Trovandosi l' Austiia priva, se non altro per un certo periodo, di preoccupazioni su altri fronti, bisognava attendersi non soltanto il sicuro rafforzamento delle posizioni del «confine militare» austriaco 2, comprese quelle dell'Isonzo, dove si appuntava il disegno offensivo italiano, ma anche l'affluenza di forze mobili avversarie. Il tutto, ben sapendo che dall 'ordine di mobilitazione generale alla piena disponibilità dell'intero esercito sarebbe passato circa un mese! Un mese di guerra dichiarata. Ora, è vero che Cadoma prevedeva di «colmare» questo periodo occupando salde posizioni sull'Isonzo con il primo sbalzo, tuttavia quel passo iniziale, che in origine era dato per sicuro, diventava di incerto successo. Torniamo adesso, per un momento, alla dichiarazione fatta il 14 aprile da Cadoma al governo, che l'esercito «difficilmente avrebbe potuto entrare in guerra prima della metà di maggio» 3 • A quella data Cadoma era perfettamente al corrente del persistere di alcune grosse lacune nei nostri apprestamenti bellici, lacune che sicuramente richiedevano molti mesi per la loro eliminazione: carenza di artiglierie di medio e grosso calibro, seria scarsità di mitragliatrici, quadri ufficiali messi insieme alla meglio, quadri sottufficiali insufficienti, livello addestrativo delle truppe incompleto, indisponibilità di complementi. Si trattava di deficienze che in nessun modo

' F. M ARTINl, Diario cit., pp. 478-479. La definizione di «confine. militare» riguardava l' insieme di posiz ioni difensi ve approntate dall'Austria nei confronti dell'Italia. ' L. CJ\OORNA, La guerra allaji'o11/e italiana cit., I, p. 105. 2


160

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

potevano essergli imputate, però le conosceva. Eppure scrisse nelle sue memorie che le trattative con le guaii l'Ausilia-Ungheria cercò di impedire all'Italia di scendere in campo con l'Intesa risultarono di gran giovamento «perché ci permise(ro] di entrare in guerra a preparazione ultimata» 1• Certo, sappiamo del signjficato attribuito da Cadorna all'espressione «preparazione ultimata»: che sul piano organizzativo tutti i provvedimenti utili erano stati studiati ed attuati e che si poteva passare alla mobilitazione generale 1 . Ma anche così i conti non tornano. Le carenze di cui si è parlato non consentivano affatto di definire «ultimata» la preparazione, bensì semplicemente cli affermare che tutto quello che era possibile fare era stato fatto. Si aggiunga che la «mobilitazione rossa» non aveva sortito gli effetti desiderati; infatti i corpi d'armata alla frontiera friu lana non erano assolutamente mobilitati e pronti a muovere il 22 maggio. E non basta. Lo studio della frontiera orientale aveva messo in evidenza talune «difficoltà tattiche», come le chiamò Cadorna, di grosso peso provocate dall'estrema asprezza dell'ambiente naturale: penosi i lavori di rafforzamento, malagevole la difesa elastica, lunga e complessa la preparazione dell'attacco, fortissimo il logorio delle fanterie nell'offensiva, indispensabile la disponibilità di artiglierie di grosso cafjbro per la rottura del fronte e di riserve per l'alimentazione dello sforzo 3 • ln definitiva, se sommiamo tutti gli elementi elencati non possiamo non rimanere perplessi. Questo, infatti, il quadro che Cadorna aveva sott'occhio il 16 maggio, quando diramò l'ordine cl' operazioni n. 1: svanito il concorso russo e inaffidabile quello serbo; svanita la sorpresa; sicuro il rafforzamento delle posizioni austriache; lacune nella preparazione italiana; difficoltà tattiche; un mese di crisi e quindi un immediato problema di difesa. Si aggiunga il chiodo fisso della mobilitazione generale da indire dopo la dichiarazione di guerra. Fenna convinzione di Cado ma era sempre stata quella di considerare come atti pressoché contemporanei la dichiarazione di guerra, l'ordine di mobilitazione generale ed il passaggio del confine. Motivo di tale convinzione: l'ordine di mobilitazione generale precedente la dichiarazione di guerra avrebbe allannato l'Austria, che - già immessa a pieno ritmo ne lla guen:a - avrebbe potuto inompere in Italia dal saliente del Trentino e costringerci «ad effettuare la nostra radunata sul!' Adige, e forse sul Po, compromettendo così fin dal primo giorno .i risultati deJia guerra» ''. D'altra parte, occorreva occupare subito oltre confine posizioni favorevoli per proteggere mobilitazione e radunata ciel grosso dell'esercito, e per fungere da basi di partenza per l'offensiva a radunata ultimata. Questa misura, eia realizzare a ridosso

' Ibidem. ' E. FAU)ELI.A, La grande guerra c ii., I, p. 70. ' L. CADORNA, La grande guerra alla fronte i1aliarw cit., I, pp. 111- 117. ' Ibidem, I, p. 53.


LA CAMPAGNA DEI~ 1915

16 1

della dichiarazione di guerra e per un braccio di «qualche diecina di chilometri», era affidata alle truppe ammassate nel Veneto per effetto della mobilitazione rossa. «Se per passare il confine - scrisse Cadorna - si fosse attesa la fine della mobilitazione, il nemico ci avrebbe preceduti o invadendo il territorio o quanto meno occupando gli sbocchi delle valli» 1• Da tempo erano noti i grossi lavori di fortificazione permanente effettuati dall'Austria a difesa del Trentino e precisamente in corrispondenza del confine militare, ivi assai più arretrato del confine politico; si sapeva che le tnippe austro-ungariche sull'intera frontiera erano costituite da unità di seconda Hnea e quindi non certo in condizioni di passare all' offensiva; che se l'Austria avesse voluto inompere nel Veneto (la soglia di Gorizia era il tratto preferibile) avrebbe dovuto trasportare alla frontiera numerose divisioni prese altrove, il che, pur disponendo di una rete ferroviaria favorevole, appariva problematico. Ad ogni modo, se la possibilità di un'offensiva austriaca era ritenuta plausibile perfino a guerra non dichiarata, la si doveva reputare quasi ce1ta a guerra dichiarata. Cadoma accettò questa situazione come inevitabile e comunque, a suo giudizio, non tale da provocare pesanti inconvenienti. Posto che la mobilitazione equivaleva, secondo il modo di pensare dell' epoca, a prodromo di dichiarazione di guerra, egli insistette col governo affinché la prima misura fosse più o meno contemporanea alla seconda e subito seguita dal superamento del confine. Di conseguenza soppottò che le forze raccolte nel Veneto, oltre alle truppe di copertura, venissero impiegate immediatamente «pur essendo ancor prive dei normali servizi, i quali non potevano esser forniti che dalla regolare mobilitazione» 2, affermazione, quest'ultima, tutta da dimostrare. Il cospicuo ammassamento cli reparti nel Veneto consentì, secondo Cadorna, la formazione «a tergo delle nostre prime linee di una vasta zona fortificata, la quale non soltanto garantiva contro ogni attacco, ma era anche larga base per riprendere a suo tempo, e con maggiori mezzi, l'azione offensiva» 3• Il discorso non sembra molto convincente. Anzitutto la «vasta zona fortificata» non venne mai considerata rassicurante dallo stesso Cadoma, che sempre temette un improvviso attacco austriaco; in secondo luogo, di fronte alle due sole offensive nemiche (Altipiani 1916 e Caporetto 1917) si dimostrò insufficiente a «garantire contro ogni attacco». Cadoma si rendeva conto di trovarsi in una situazione assolutamente difforme da quella che aveva in un certo senso «preteso» per entrare in guerra. A parte gravi ince1tezze su quanto concerneva l'avversario, derivanti eia una cattiva organizzazione strutturale del nostro servizio informazioni e da una carente ope-

' Ibidem, I, p. 54. Del resto, nel l 914 anche Joffre aveva deciso di attaccare in Alsazia senza attendere la fine della radunata, prevista per il 17 agosto. ' Ibidem, l, p. 53 ' Ibidem., I, p. 167.


LA PR IMA GUERRA MONDIALE

162

radi selezione delle notizie, tutto lo induceva alla prudenza: «(...) ero ben deciso non solo a non iniziare operazioni a fondo prima che la nostra mobilitazione fosse compiuta, ossia prima della metà di giugno, ma anche a non abbandonare Le forti posizioni della zona montuosa prima che la situazione militare su tutte le fronti della guerra europea.fosse tale da escludere il pericolo che scendendo nella valle della Sa.va fossimo attaccati da forze superiori sottratte agli altri teatri di guerra» '. E la preoccupazione di un rapido afflusso di unità austriache da altri fronti era così forte da suscitare il timore che il previsto sbalzo iniziale «u1ti contro la tenace resistenza e rimanga paralizzato», cioè si verificasse l'irrigidimento del fronte come si era verificato in Francia, nonché il pericolo che il saliente austiiaco del Trentino «e per se stesso [cioè per iniziativa austriaca] e in rapporto al teatro di guerra europeo [cioè per interesse tedesco), potesse assumere una grande importanza [cioè 01iginasse un'offensiva pericolosa]» 2 • In uno stato d'animo di sicura insoddisfazione, Cadorna commise un errore psicologico. Affrontò il problema operativo che gli si poneva davanti come di sua stretta pertinenza. Ne escluse il governo, ii tenendo che, la parola essendo ormai alle arrni, solo i militari avessero il diritto e la responsabilità della decisione. Non rifletté che sarebbe stato doveroso e prudente porre Salandra e Sonnino esattamente ed inequivocabilmente al corrente delle prospettive generate da una decisione politica, presa lasciando di proposito il capo di Stato Maggiore all' oscuro delle trattative, e da eventi esterni condizionanti. È ovvio che non sarebbe stato possibile né dignitoso sottrarsi agli impegni del Patto di Londra, tuttavia i due p1incipali fattori indicati in termini espliciti come indispensabili per l'intervento italiano erano venuti a mancare. La gravità della sconfitta russa rendeva del tutto improbabile una ripresa prima di qualche mese; il concorso serbo, dubbio già prima, risultava adesso impensabile e comunque mai si sarebbe pronunciato se non dopo lo sbocco italiano oltre la displuviale giulia. L'Italia dunque era sola di fronte all'Austria-Ungheria. In siffatte circostanze l'intervento appariva intempestivo e per giunta niente affatto rispondente agli interessi italiani. Stando così le cose il problema assumeva aspetto principalmente politico, anche perché nel paese si era diffusa l'illusione di una penetrazione in Slovenia piuttosto facile. Bisognava che Salandra e Sonnino si rendessero ben conto che l'iniziale offensiva italiana correva il rischio di incontrare ostacoli consistenti e perciò di procedere con imprevista lentezza; che addirittura esisteva il fondato dubbio di esser costretti a passare subito alla difensiva; che, contrariamente agli accordi con l'Intesa, I.' ingresso in guerra dell' Italia aveva luogo in un quadro strategico troppo incetto. Per la verità, il governo sarebbe potuto arrivare da solo a ce1te considerazioni, ma si era appena riformato dopo un momento tempestoso

' Ibidem, 1, p. 168. z Ibidem, I, p. 99.


LA CAMPAGNA DEL 1915

163

e la politica interna rivestiva maggiore importanza agli occhi dei ministri. Proprio in ragione di tali contingenze il capo cli Stato Maggiore avrebbe fatto bene a clùedere l'approvazione del presidente del consiglio circa i risultati piuttosto limitati che egli, Cadorna, si riprometteva di raggiungere e soprattutto a proporre che la questione venisse discussa con urgenza con gli alleati. La Francia avrebbe per certo insistito allegando la necessità di recar sollievo alla Russia, ma in realtà per attirare sulla fronte italiana forze austriache, evitando che potessero spostarsi sul fronte occidentale. La Russia avrebbe insistito per il proprio evidente interesse, ma al momento della firma della convenzione militare con l'Italia non poteva non essersi resa conto dell'impossibilità di mantenere la promessa dell'offensiva, vista la portata della grave disfatta di Gorlice-TarnÒw. La Serbia per pudore avrebbe taciuto. Ad ogni modo, ove si fosse riconfermata la necessità che tutte le Potenze dell'Intesa si impegnassero in offensive contemporanee affiché l'Italia potesse entrare in guerra fornendo subito un contributo al comune interesse, occorreva che la nuova situazione di fatto venisse presa in esame sul piano militare. E se si pensava di aver ormai varcato il Rubicone con la disdetta della Triplice Alleanza, ebbene, il governo doveva assumersi la responsabilità delle decisioni prese. Cadorna non ritenne di chiamare in causa Salandra per mettere bene in chiaro le cose. Dovrà farlo, un po' tardi, il 17 giugno, quando Salandra manifesterà la sua delusione.

* * * Se da parte italiana l'idea di un'offensiva contro l'Austria era una novità nel senso più assoluto del termine, da parte austriaca la questione si presentava in altri tennitù. Già alla stipulazione del p1imo trattato della Triplice lo Stato Maggiore austriaco aveva preso in considerazione una guerra contro l'Italia, il che basta a dare il segno della sincerità di quell'alleanza. Sino al 1884 l'Italia fu vista come antagonista unica e quindi teatro principale di guerra. Delle due possibili. direttrici d'invasione, Tirolo e Friuli, la prima fu ignorata. Di conseguenza, l'altipiano del Carso doveva servire da zona di radunata e la prima ondata dell' offensiva doveva irrompere di sorpresa dall'Isonzo, con tanta rapidità da raggiungere senza combattere, o quasi, il Tagliamento. Subito dopo, il grosso austro-ungarico, sboccando dalla Carinzia e dall'Isonzo, avrebbe vincolato ed isolato dal Tirolo la massa principale dell'esercito italiano, supposta dietro il Brenta. Dal 1884 al 1897 venne tenuta presente l'ipotesi di una guerra su due fronti: italiano e russo. Vista la necessità di portarsi con il grosso contro i russi, il teatro italiano assunse aspetto secondario e per esso fu accettato il concetto della semplice difensiva. A partire dal 1897, migliorati i rappolti politici austro-russi, l'Italia tornò ad esser vista come teatro principale ed il disegno di guerra offensivo riprese il so-


164

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

pravvento. Nel 1904 per la prima volta venne studiata anche un'offensiva dal Trentino. Nel 1906 Conrad progettò un attacco preventivo con undici o dodici corpi d'annata, sorprendendo l'Italia in crisi di radunata. Nel 1909, grazie al.l'avvenuta costruzione della ferrovia dei Tauri, che migliorava notevolmente la radunata austriaca verso il teatro italiano, Conrad concepì un disegno ancor più ambizioso: offensiva contemporanea dall'Isonzo, dalla Carnia-Cadore e dal Tirolo! 1• Nel 1913 la pianificazione rimase inizialmente inalterata e, pur tenendo presente la possibilità di una guerra con la Russia, Conrad continuò a pensare di ottenere la decisione in Italia. Però, dopo la pace di Bucarest, la situazione internazionale ed in primo luogo quella balcanica indussero a rivedere radicalmente la concezione strategica. La prospettiva di una guerra su tre fronti (rnsso, serbo ed italiano) fu valutata come pericolo m01tale, al punto di risultare pressoché trascurata. Le ipotesi in base alle quali vennero compilati studi e piani si limitarono a quelle cli una guerra contro Russia e Serbia oppure contro Italia e Serbia. Nel primo caso, le am1ate di campagna clell' Austria-Ungheria risultavano completamente assorbite. Peraltro ali' annuncio della neutralità dell'ItaJja, Conrad, che riteneva «completamente rispondente alla mentalità italiana l' attaccare aJJe spalle l'antico alleato, astutamente illuso ed onnai seriamente impegnato contro la Russia e contro gli Stati balcanici», fece ordinare al generale Rohr cli «studiare con cura la difesa del confine sud-ovest dell' impero, e dì prepararla e di organizzarla in conseguenza» 2• A disposizione di Rohr erano posti tutti gli elementi cli 2" linea non utilizzati dall'esercito di campagna, nonché battaglioni di Landstunn e gli Standschi.i.tzen tirolesi. Fra il febbraio ed il maggio del 1915 con queste truppe si costituirono cinque divisioni (dalla 90° alla 94°). Il 7 maggio, dopo lo sfondamento del fronte russo nel tratto Gorlice-Tarnow, si riunirono a Teschen, sede dell'I. e R. Comando Supremo austro-ungarico (Kaiserliches und Konigliches Armee-Oberkommanndo), Buriàn, i due presidenti del Consiglio Stiirgkh e Tisza, e Conracl, nonché i tedeschi Bethmann-Hollweg e Falkenhayn, e vennero studiati i provvedimenti più urgenti per fronteggiare il nuovo pericolo. Le ultime notizie da Roma sembravano lasciare ancora qualche debole speranza di trattenere l'Italia nella neutralità. Comunque Falkenhayn, che sino allora si era sempre mostrato evasivo davanti alle richieste austriache di un concorso tedesco, sostenendo che solo col verificarsi del «caso concreto» sarebbe stato possibile prendere decisioni a ragion veduta, adesso si dichiarò disponibile, in linea cli massima, all' invio di unità tedesche alla frontiera italiana in caso di necessità.

' Schmidt, Lo s viluppo e le variami del piano austro-ungarico contro l 'Italia dal 1882fino alla guerra mondiale, cit. in A. Bollati, La nostra guerra dal punto di vista della letteratura austria ca e gemwnica, in <<Rivista Militare Italiana», novembre 1931 , pp. 1830-1 839. ' CCSM, Relazione 1y]ìciale cit. , Il bis, doc. 8.


LA CAMPAGNA DEL 19l5

165

Il 9 maggio l'addetto militare austriaco a Roma informò che l'Italia stava mobilitando per mezzo di ca1toline-precetto; che entro il 20 maggio l' esercito metropolitano avrebbe raggiunto la forza di un milione e mezzo di uomini, di cui 900 mila formanti l'esercito di campagna; che nel nord si trovavano circa 300 mila uomini, sufficienti per guardare iJ confine sino al tem1ine della mobilitazione; che una grossa offensiva italiana non sembrava possibile se non un paio di settimane più tardi, probabilmente i p1imi di giugno; che, infine, dalle varie misure si poteva dedurre che l'esercito italiano sarebbe stato sulla difensiva contro il Trentino per attaccare sull'Isonzo 1• Allora (1 1 maggio) Francesco Giuseppe auto1izzò la messa in stato di difesa di tutte le fortificazioni di confine e lo spostamento della 57" divisione dalla Sinni.a ,tU'Isonzo. Il 13 Conracl illustrò in un promemoria il suo disegno di guerra contro l'Italia: difensiva in Tirolo, possibilmente con l'aiuto di truppe bavaresi; resistenza elastica sull'Isonzo ed in val Canale (Malborghetto e Predii) in modo da cader sugli italiani, sboccanti dalle Alpi Giulie in Carinzia e Carniola, con dieci divisioni tedesche ed altrettante austriache, preventivamente concentrate nelle conche di Villach-Klagenfurt e cli Marburg-Lubiana. Il tutto, beninteso, una volta raggiunta la linea Dniester-San in Russia ed esser quindi passati alla difensiva su quel fronte . Anche Falkenhayn ricevette il promemoria di Conrad, inviatogli a Pless il giorno 14. Lo studiò, senza restare molto convinto, in quanto avrebbe di gran lunga preferito dare la precedenza ad un'offensiva contro la Serbia, vista la critica situazione nella quale versavano i turchi. La discussione si protrasse per alcuni giorni, finché il 18 maggio, in una nuova conferenza a Teschen, si addivenne alla conclusione: cinque divisioni austriache dovevano essere subito trasportate ad ovest di Zagabria; oltre al VII corpo austriaco, già in viaggio per Klagenfurt, dovevano recarsi a Marburg due divisioni tedesche ed Lma austriaca dalla Galizia. Ancora: tre divisioni tedesche, tolte dalla Galizia, si sarebbero portate sulla frontiera serba in rinforzo alle due divisioni austriache rimastevi. Ancora: l'Alpenkorps veniva posto a disposizione per la difesa del Tirolo. In quest'ordine di idee, il 20 maggio Conrad inviò nuove direttive all'arciduca Eugenio, comandante delle forze nei Balcani e poi ciel fronte sud-ovest: «( ... )Il.In caso di conllilto con l'Italia, Vostra Altezza, tenendo riunite le forze, avrà il compito di assestare un colpo decisivo al nemico che avanzerà. Hl. A questo scopo Vostra Altezza riunirà al più presto nella iona ad occidente di Agram [Zagabria] le trnppe a disposizione e precisamente il XV, il :XVI C.d'A. e la 58" Div. di fanteri a. Nello stesso tempo, e forse anche prima, il Comando Supremo farà giungere, e possibilmente verso il 5 giugno, la 3' Div. di fanteria nella zona di Marburg. Tutte queste trnppe formeranno la nuov,1 5• lumata, che sarà agli ordini del gen. Boroevié (...)» ' .

'R. BENCJVENGA, Saggio critico sulla nostra guerra, Il, la campagna de.I 1915, Roma 1933, pp. 45 -46. ' CCSM, Relazione ufficiale cit. , II bis, doc. 28.


LA PRIMA GUERRA MONDIALE

166

~ \! \"""''"'" 1 Vtenn)r-..-

Bra t i

o Leoben

Aro nico

,1. Ba la t on

Fiume

Il disegno di guerra di Conrad contro l'Italia. 13 maggio 1915.


LACAMPAGNA DEL 1915

167

Falkenbayn volle tuttavia vedere più chiaro nelle intenzioni di Conrad e proprio il 20 maggio chiese delucidazioni, facendo notare che, a suo parere, «non prima di sette settimane aU' incirca da oggi è presumibile l'inizio delle lotte decisive», cioè ad oriente dell'allineamento Graz-Marburg-Zagabria. Conrad rispose di prevedere l'offensiva italiana lungo due direttrici: «per Lubiana-Marburg contro il tratto di Danubio da Budapest a Raab, e per Villach-Leoben su Vienna». Perciò voleva fennare l'ala sinistra italiana con le truppe di copertura sull'alto Isonzo e con la massa da concentrare in Carinzia, e battere l'ala destra con la costituenda nuova s• armata. Il calcolo dei tempi indicava il raggiungimento della zona Marburg-Zagabria (= duecento chilometri dalla frontiera) da parte italiana entro tre o, al massimo, quattro settimane; al più tardi dunque per il 20 giqgno. Falkenhayn non condivideva quel calcolo: secondo lui gli italiani non potevano arrivare alla linea Marburg-Zagabria se non molto più tardi; di conseguenza diventava impossibile lasciare truppe così consistenti in uno stato di attesa indefinita, a tutto danno delle operazioni in Galizia. In definitiva, una nuova conferenza tenuta a Teschen nel pomeriggio del 2 1 maggio, portò alla decisione di «condurre per il momento la guena contro l' Italia attenendosi alla pura difensiva. Qualunque cosa facessero gli italiani, l'operazione contro i russi doveva essere continuata con la massima energia finché la forza offensiva russa non fosse paralizzata per un pezzo. Data l'esperienza delle difficoltà incontrate nei Carpazi e nei Vosgi per ritogliere agli avversari regioni montuose delle quali essi si erano in precedenza impossessati, non si i11tendeva lasciare spontaneamente che gli italiani occupassero alcun tratto di territorio austro-ungarico; ma soltanto si doveva invece portare la difesa sull'Isonzo» 1• Perciò Conrad dovette telegrafare all'arciduca Eugenio: «La situazione generale non pennette, per il momento, che un'azione difensiva, sfruttando quelle posizioni lungo la linea di confine, preventivamente preparate)) 2 • Per linea di confine doveva intendersi in citato «confine militare». Il quale era già, a metà maggio, egregiamente sistemato. Il fronte sud-ovest si aiticolava in tre zone: Tirolo, dallo Stelvio al passo di S. Osvaldo; Carinzia: dal passo di S. Osvaldo al monte Nero; Camiola-Litorale, dal monte Nero a Parenzo, in Istria. Le zone erano divise in settori. Il Tirolo comprendeva i settori dello Stelvio, del Tonale, del Trentino, di Fiemme-Pordoi e del Cadore; La Carinzia, i settori di Plocken [passo di M. Croce] e di Tarvisio. La Camiola-Litorale, i settori di Tolrnino, di Gorizia e di Trieste.

' E. f.-'\LKENH,WN, Il Comando Supremo tedesco cit., pp. 66-67; CCSM, La guerra mo11diale 1914-1918 dell'Archivio di Stato genn.a11ico, VIII, Roma 1933; AMBROGIOBOU.ATI, Riassumo della Re/azio11e ufficiale austriaca 1914-1918, USSMRE, Roma 1946, pp. 106-110. ' Lu1G1 SEGATO, L'Italia nella guerra mondiale, Vallardi, Milano 1935, I, p. 136. Aggiungiamo che la linea difensiva prescelta, non soltanto consentiva una buona difesa, ma comprendeva ottime basi di partenza per controffensive, quali l'altopiano di Lavarone-Folgaria e le teste di ponte di Tolinino e di Gorizia.


168

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Sin dal gennaio 1915 le opere ciel Tirolo erano praticamente complete con caverne, trincee, reticolati e punti cli appoggio 1• Lo stesso dicasi per la Carinzia. In conispondenza dell'Isonzo, il tratto più delicato, alla data ciel 17 maggio la situazione dei lavori di fortificazione era così segnalata dal responsabile austriaco: «- scitore Tolmino: il 90% delle posizioni atte alla difesa; 1'80% delle difese accessorie sistemate; - settore Canale : il 70% delle posizioni atte alla difesa; esegu ito il 40% dei lavori delle difese accessorie; - settore Gori zia: 80% delle linee e 40% delle difese accessorie al completo; - settore Monfalcone: pronto il 60% delle posizioni ed il 30% delle difese accessorie» 1.

Alla stessa data la cope1tura austriaca contava 127 battaglioni e 57 batterie mobili, pari a 114 mila uomini e 230 pezzi. Il 26 maggio un alu·o rapporto riferirà: «La linea dell' Isonzo è pressoché completamente chiusa; essa è ovunque munita di due ordini di reticolati e nei punti più sensibili il reticolato è su quattro ordini. Per il giorno 30 tutte le difese accessorie della lunga linea difesiva saranno a posto» 3. Il 19 maggio il Comando Supremo austro-ungarico diramò gli ordini esecutivi per l'afflusso delle grandi unità dalla fronte rnssa e da quella balcanica: il XV corpo d'armata (1° e 50' divisione) nel settore di Tolrnino; il XVI corpo (18•, 43• e 53• divisione) nel settore di Gorizia; il Vli corpo (17" divisione, 20• divisione Honvecl e 59• brigata da montagna) in Carinzia. E il Comando Supremo tedesco dispose il trasferimento clell'Alpenkorps nella zona di Bolzano. Ma il 23 maggio Conracl rivolse a Falkenhayn una lunga e significativa lettera: «Ho il dovere di far presente apertamente anche all'alleato interessato nelle sorti della Monarchia, che sarebbe ugualmente fatale per ambo gli Imperi il sopravvalutare volontariamente la capacità e durata di resistenza di quelle forze che tentiamo ora di contrapporre al nuovo nemico su lla frontiera ( ...). La loro resisteni-a può calcolarsi a due, tre settimane; ma poi, secondo ogni umana previsione, giungerà il momento in cui verram10 costrette ad arrestarsi cd il nemico guadagnerà tanto terreno da poter valoriz,.are in modo avvolgente la propria preponderanza. Anche se ciò avvenisse solo dopo quattro settimane, all 'incirca sulla linea della Drava da Marburg a Klagenfurt, da tale linea a Vienna corrono c irca 250 chilometri, superabili in altre quattro settimane : dopo di che la Monarchia sareb-

' Un rapporto del gen . Rohr dice: «Attorno alla fortezza di Trento ed agli sbarramenti del Tonale, di Folgaria-Lavarone e di Panaveggio (alla val Travignolo-Avisio) fin dal gennaio erano costruiti trincee e punti di appoggio; ove era in corso ]a cosLru,:ione delle trincee, esisteva già un reticolato profondo dai 6 agli 8 metri , che a lavoro compi uto avrebbe raggiunto i dieci. Nella zona de] Tirolo erano pronte 150 caverne ed altrettante in costruzione( . . .). Con pari alacrità erano stati condotti i lavori in Carnia, ove alla fine di gennaio esistevano già trincee, caverne e robuste difese accessorie, e dove ttltli i passi erano difesi da punti di appoggio ben protetti» (in L. S EGATO, L'Italia nella guerra mondiale cii., 1, p . 138). ' CCSM, Relazione ufficiale cit., II bis, doc. 14. 1 R. B ENCIVENGA, Saggio critico sulla nostra guerra cit. , Il, p. 63.


169

LACAMPAGNADEL 19 15

.. +• •••

,//ll~~l"t'C'G4h'"'1.6M o o o o t117e.Jt! ...1.~ft • • • • a,i{-.,e .w/r,dlt'A~.

Difese permanenti italiane ed austriache sulla linea del vecchio confine.


170

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

be impotente, a meno che nel frattempo potessero giungere da altri teatri di guerra forse così ingenti da poter ricacciare l'esercito italiano(...). Dobbiamo seriamente porre davanti ai nostri occhi tale pericolo e fronteggiarlo con tutte le forze comuni(... )»'.

2. lL PRIMO SBALZO OFFENSIVO Il dispositivo italiano abbracciava due scacchieri: Trentino-Tirolo ed Isonzo. Nel primo cli essi agivano 1• e 4• armata. La 1• armata (gen. Brusati), schierata dallo Stelvio alla Croda Grande, era l'unica grande unità quasi al completo di truppe e di mezzi; la 4• armata (gen. Nava), dalla Croda Grande al monte Peralba, si trovava con i reparti fortemente scaglionati in profondità. Lo scacchiere dell ' Isonzo era affidato alla 2• ed alla 3• armata. La 2' armata (gen. Frugoni), da monte Maggiore a Prepotto, aveva due corpi d' am,ata (Il e IV) in buone condizioni organiche per quanto privi di servizi, ed uno (XIl) largamente incompleto. La 3• armata (gen. Zuccari) disponeva al momento di un solo corpo d'armata (VI), su due divisioni, nonché di due divisioni di cavalleria; tutto il resto era ancora in viaggio di trasferimento e per giunta con parecchie deficienze. Un anello di congiunzione univa i due scacchieri: la Zona Carnia (gen. Lequio), dal monte Peralba al monte Maggiore, ma la sua azione era complementare a quella delle forze dell'Isonzo. Allo scoppio delle ostilità le truppe assegnatele si trovavano in posto. Mancava solo il più ed il meglio: l'aliquota del parco d'assedio. A fine maggio, lo schieramento austro-ungarico alla frontiera italiana (fronte sud-ovest) era sotto iI comando dell' are. Eugenio. Comprendeva il gruppo d' armata 2 del gen. Rohr nel Tirolo e nella Carinzia e la sa am1ata del gen. Boroevié nella Carniola e sull'Isonzo. Notiamo subito una differenza di fondo nell' apprezzamento strategico del confine. Considerate le caratteristiche dell' ambiente naturale e le possibilità operative suggerite o consentite dall'andamento del fronte, il Comando Supremo austriaco aveva nettamente articolato le forze assegnando a Rohr lo scacchiere trentino-carinziano ed a Boroevié quello isontino, ed a questo principio si atterrà anche in seguito, allorché le forze sul fronte sud-ovest aumenteranno considerevolmente. Cadorna, invece, di carattere molto accentratore, volle tenere le armate in mano propria. Eppure, forse più dell'avversario, avrebbe dovuto procedere ad un'opportuna demoltiplicazione del comando, visto il compito nettamente difensivo assegnato a l • e 4• armata e quello offensivo ad ampio respiro previsto, a tempo debito, per 2• e 3• armata. Se tutto fosse andato secondo le sue previsioni, per ottimistiche che fossero, come avrebbe potuto gestire la profonda pe-

'A. BOLLATI, La nostra guerra dal punto dì vista della letteratura militare austriaca e gennanica cit., in R.M.I., p. 1837. ' Il gruppo d'armata, da non con.fondere con il gruppo di arma.te (costituito da più armate), era una grande unità complessa, di solito di costituzione temporanea, di livello intermedio fra l'annata ed il corpo d'annata.


LA CAMPAGNA DEL 19 15

171

Ordine di battaglia dell'Esercito italiano al 24 maggio 1915

l' AR!v!ATA T.G. Brusati Roberto

m Corpo d·Annata

Div. 5" - 1: G. Druelli Luigi Div. 6" - T. G. Rofli Oscar Div. 35• - T. G. De Chaura11dde Sai11t Eu-

T.G. Cwnermra Vittorio

stache Felice

: i iii~:ii:x~i?.~~:: . . :...: ::.lfI :g:·q~b~~.<i.~i;~;;~:···::::·::::::::::::.::::·::::· 0

Div. 9• - T. G. Ferri Ferruccio Div. 15" - T. G. Le11cha11ti11 L11igi Div. 34• - T. G. Oro Pasquale

V Corpo d 'Armata

T. G. Aliprindi Flore11zio

2'ARMATA T. G. Fntgoni Pietro

II Corpo d' Armata

T. G. Reisoli Ezio IV Corpo d'Armata T. G. Nicolis

Div. 3' - T. G. Pre/li Giova1111i Di v. 15' - T. G. Del Mastro Cesare Div. 3~> T. .G. f:iac.entj1_1_i Alberto ... Div. 7' - T. G. D'Avanzo Nicola Div. 8' - T. G. Lang G11glie/mo Div. 33' - 1: G. Ricci Carlo Div. Bcrs. - T. G. Raspi Alessandro Gruppo alpino A - Colon. Tedeschi Riccardo

I

di Robilant Mario

............... .. ....<:ìr~P.r.<.1.~d.P.i.n1J ~.-.C.ol<?!':.Allia.11a E_rnes1o_ .. ... Xll Corpo <l'Armata

T. G. Segato Luigi 3"ARMAf'A S.A .R. Emanuele Filiberto di Savoia Duca di Aosta (a)

VI Corpo d' Annata

T G. R11elle Carlo

J

Div. 23' - 7: G. Airaldi Giovanni Div. 24' - M. G. Fara Gustavo Div. 11' - T. G. Mambreui E1tore Div. 12' - M. G. Zavalf<1ri Oreste Div. l' Cav. - T. G. Pirozzi Nicola

I

'xrf/}~g~;.<~ ? ,/; ;;~zo. . . . J..~).::.:!: :~.°.G_~~:~;~;:;oci ::.~i!'.'<!...... .. Corpo d 'Armata

T. G. Cigliana Gimxio

4' ARMATA T. G. Nava Luigi

r Corpo d' Armata T. G. Ragni Ouavio

rx Corpo d'Annata T. G. Marini Pietro

Di v. 2 1' - T. G. Mazzo/i Carlo Div. 21' - T. G. Signorile Vitwrio Di v. 22" Cav. - T. G. Verc:ellana Giovanni

I

Div. 1• - T. G. Peritri di RoretoA/fonso Di v. 2• - T. G. Nasalli Rocca Saverio Div.....10" Giovanni .....- T......G. Scriva111e . ...................... .

I

Div. 17' - T. G. Saveri Diomede Div. 18'' - T. G. Ca,pi Vi1torio

..1~.~~,r~tli?~.~!pi.~!..................... . Zona Carnia T. G. lequio Clemellfe /\ disposizione del Comando Supremo

3 battaglioni R. Guardia Finanza

8 bauerie

..?~:~~.~~01/;;;~'.~'J... .....,.P.:~:.~i:.:.J.~:.~;~i:rt:.(/~na/0

J Div. 19' - T. G. Ciancio Giuseppe ..... .P.i.v:.2.~: ( G.:.~(){_l_rd_i/~.<;.l!,'l!!:!'~f!.<!..E.t!.0!.!~!1 XJTI Corpo d 'Armata Div. 25' - M. G. Capello Luigi T. G. Z.Or>pi Gaetano Div. 30" - T. G. Scoui Arcangelo Div. 31" - T. G. Castalde/lo Annibale XIV Corpo d'Armala Div. 26' - T. G. Salazar Michele T.G. Marrone Paolo D iv. 27• - T. G. Pecori Gira/di Guglielmo ......................... }).i v: 2.r.~..'!: ..O.:J?!!~i~!,o _(!_ius~(J_p_e ......... . 3• Cav. - 7: G. Guicciardi tli Cervarolo Carlo 1 4• Cav. - 'I: G. Malingri di Bag110/0Alessa11dri;

X Corpo <l' Annata

..!. <J.:.9.r.'!!.'.'li_I>o,!.1.e,![c~.

I I

(a) li d uca d'Aosta assunse il 26 maggio il comando della 3' armata, che dal 24 al 26 maggio venne tenuto interinalmente dal Gen. Garioni.


172

LA PRJMA GUERRA MONDIALE

netrazione nell'impero austro-ungarico continuando a controllare il saliente trentino? Tanto valeva, allora, provvedere sin dall'inizio, evitando di esser costretto a costituire «sul tamburo» i due Comandi di gruppo d'armate. Ed avrebbe attenuato, se non altro, la preoccupazione di non perdere di vista il pericolo di un' irruzione dal Trentino. Alcune note sugli ordinamenti dei due eserciti. Erano sostanzialmente uguali, come del resto accadeva per quelli delle altre Potenze europee. L'armata costituiva per tutti la grande pedina strategica, articolata in due o più corpi d'annata e con, alle dirette dipendenze, non solamente truppe suppletive delle varie anni, bensì anche divisioni o brigate di fanteria o di cavalleria. La sua forza oscillava dunque entro limiti discrezionali molto ampi. Le annate italiane disponevano di poche truppe suppletive, però il Comando Supremo aveva conservato alla mano ben quattro corpi d'armata (complessivamente dieci divisioni di fanteria e due di cavalleria), con cui era in grado di assegnare cospicui rinforzi a ragion veduta. li corpo d'armata, sino allora grande unità fondamentale della manovra, conservava autonomia operativa per quanto in misura diversa nei vari eserciti. Era costituito sin dal tempo di pace, pm con talune unità-quadro e con forza ridotta. La sua formazione organica tipo comprendeva due divisioni di fanteria ed un certo numero di unità suppletive. A d ifferenza della Francia e della Gran Bretagna, l'Italia nel quadro di battaglia presentava cinque corpi su due divisioni, otto su tre ed uno su quattro. L'Austria aveva distinto l'ordinamento degli undici corpi sul fronte russo (su tre divisioni) da quello sul fronte serbo (su due divisioni). L'abbandono delle formazione tipo a favore dell'organico adattato al compito, fu ben presto seguito dagli altri eserciti. Quanto alla divisione, la sua impostazione era simile per Italia cd Austria. Le poche differenze derivavano da taluni motivi di carattere pratico oppure da minore disponibilità di risorse umane o finanziarie. Si può, in definitiva, condividere il giudizio del generale Stefani: «Un ordinamento tattico [quello italianoj che non rivela segni di arretratez:t:a e di pigrizia professionale e mentale e ritardi di evoluzione rispetto agli altri eserciti dell'Europa continentale» 1• Circa le forze contrapposte, un confronto sulla situazione iniziale è poco probante per il fatto che da ambo le parti l' afflusso di nuove truppe fu continuo. Ci limiteremo ad indicare, sulla base dei calcoli del generale Faldella 2, che il 24 maggio sconfinarono 195 battaglioni italiani, di fronte ai quali si trovavano 127 battagliorù austriaci, di cui 11 7 di Landsturm., Standschutzen e di marcia. Rapporto poco significativo, visti il terreno impervio e l'organizzazione difensiva nemica, e comunque destinato entro la fine del mese a variare a nostro danno.

ln particolare, la situazione italiana era la seguente 1 :

' FILIPPO STEF.'\NI, La storia della do11rina e degli ordinamenti del 'esercito italiano cit., I, p. 594. ' E. FALDELLA, La grande guerra cii., I, pp. 81-87e109- 117. l Jbidem, I, p. 114 .


173

LA CAMPAGNA DEL 1915

RIEPILOGO DELLE FORZE ITALIANE l" linea

2• linea

riserva di C()Il)O d' annata

riserva di annata

in corso di radunata

batta- batterie batta- batterie batta- baucric batta- batterie bana- batterie glioni glioni gJio11i glioni glioni dallo Stelvio al Canin

-

12 15

6 8

-

-

29

27

14

-

--

15

17

13

8 74

4 32

24

21 9 12 42

42 35

-13

-

-

24

15

20

20

-

-

-

26 48

83

77

13

17

24

15

20

74

27 32 59

riserva del Com.wu/o Supremo

-

-

.

-

-

-

-

-

134

108

TOTALE GENERALE

195

151

45

24

59

53

42

34

308

167

Totale

65 33 15 113

fronte dç/l'lsonzo

2" armata 3• annata

63 To,a/e

5 19

17

49

1• annata 4' armata Zona Carnia

17

13

D rafforzamento avversario seguì la seguente progressione

-

-

-

1 :

Battaglioni

24 maggio

27 maggio

3l maggio

10 giugno

1" linea in riserva in viaggio

127 20

152 59

211 IO

31

147 15 49

TOTALI

178

211

221

IO

221

Per quanto detto in precedenza, appariva chiara la necessità di ritoccare il disegno d' operazio1ù. Le direttive del l O aprile avevano già stabilito la rinuncia ad un'azione di forza sugli Altipiani (la annata); la decisione di agire dall'alta valle del Piave verso la valle Pusteria per raggiungere il nodo di Dobbiaco (4• armata); la confenna del forzamento, appena possibile, delle fo1tificazioni a sbarramento della linea d'operazioni di Pontebba per ap1ire uno sbocco in Carinzia (Zona Carnia); la conferma, con qualche precisazione di località, dei criteri d' impiego della 2" e della 3" armata. L'elemento di maggiore rilievo consisteva in un atto suggerito dalla prudenza: che il fianco si1ùstro dell'intero dispositivo sull'Isonzo fosse ben protetto. Tale sicurezza poteva esser g~u-antita solo dal possesso della conca di Tarvisio, perciò la Zona Carnia doveva rendersene padrona già in fase di radunata.

' Ibidem, l, p. 82.


174

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Fra gli inconvenienti elencati eia Caclorna nelle sue memorie, uno, molto jmportante, risulta omesso. Mobilitazione e radunata erano state sconvolte soprattutto dai provvedimenti disposti in maggio, cosicché ben presto fu chiaro che la disposizione delle forze alla frontiera giulia non sarebbe stata quella voluta con le direttive ciel 1° aprile. La 2• annata, cui era affidata l'occupazione dell'altopiano della Bainsizza (oltre Isonzo, fra Tolmino e Gorizia) si trovava a ridosso del confine con più forze del calcolato. La 3• armata, cui spettava la conquista del Carso (a sud di Gorizia), con minori trnppe. Aggiungiamo che l'avanzata dalla Carnia e dal Cadore si sarebbe subito urtata con le fortificazioni austriache in corrispondenza di tutte le rotabili e già si sapeva che la maggior parte delle artiglierie d'assedio sarebbero arrivate in posto con molto ritardo. L'imprevista situazione suscitava imbarazzo, però non era naturalmente il caso cli rimanere fermi per una diecina di giorni intenti a riordinare il dispositivo. Quindi Cadoma decise di partire con quanto aveva sottomano. L'ordine d'operazioni n. 1 fu indirizzato dal Comando Supremo soltanto alle truppe schierate sull'Isonzo: Zona Carnia, 2• armata e 3• armata 1• Scopo del «primo sbalzo offensivo per raggiungere la linea dell'Isonzo» era quello di «portare la sinistra della linea di schieramento della 2• ammta all'altezza di Tolmino e la destra della 3• annata sul basso Isonzo, quale disposizione preventiva per que!J' avanzata a scaglioni dalla sinistra, colla quale dovrà essere regolato, al momento opportuno, il successivo passaggio sulla riva orientale dell' Isonzo». Il tutto con la caratteristica di «un'energica ed improvvisa irruzione». Obiettivi stabiliti per le armate: 2• armata: a nord di Tolmino, inizialmente la conca di Caporetto, successivamente la dorsale M. Nero-Mrzli (sinistra Isonzo). A sud-ovest di To!Jnino, la dorsale M. Jeza-M. Korada-Vrhovlje (destra Isonzo). 3" armata: la linea M. Quarin-Cormons-f. Torre-f. Isonzo. Sul pensiero di Cadoma non potevano sussistere incertezze. n primo sbalzo offensivo poggiava sull'ala sinistra e basava jl successivo forzamento dell'Isonzo, a scaglioni, sulla rapida affermazione di detta ala sinistra sull'altopiano della Bainsizza. Alla Zona Carnia spettava il controllo di Tarvisio. Tuttavia l'ordine di operazioni n. l venne trasmesso con una singolare avvertenza: l'esecuzione dello sbalzo in avanti doveva aver luogo soltanto dietro un esplicito ordine telegrafico e, nel caso cli improvvisa apertura delle ostilità da parte austriaca e di mancato arrivo del predetto ordine telegrafico, doveva intendersi esecutivo quanto stabilito dalle direttive del 1° settembre 1914. Era proprio necessaria una così contorta disposizione? Per di più, quasi ad attenuare psi-

' CCSM, Relazione ufficiale cit., II bis, doc. 38.


LA CAMPAGNA DEL 1915

175

cologicamente il concetto della «energica ed improvvisa irruzione», il Comando Supremo avvertiva che «la situazione del nemico, alla vigilia della rottura delle ostilità potrebbe essere tale da sconsigliare questo primo sbalzo offensivo fino a quando la radunata non fosse avvjata al suo termine»! Il desiderio cli Cadoma di spiegare minutamente il proprio pensiero, di rappresentare l'intero ventaglio delle evenienze per maggiore conoscenza dei comandanti cli armata, non si può dire abbia giovato. Il timore di incontrare un nemico già forte era dominante ed incideva sull'audacia e sull'energia che invece occorreva imprimere al passo iniziale. Del resto, lo stesso Cadorna era consapevole cli ciò. Non per niente nelle direttive del 1° aprile aveva apertamente ammesso che nel documento «dominano soprattutto due preoccupazioni diametralmente opposte». Pùrtroppo anche gli ordini specifici non vennero espressi in maniera tanto netta da evitare possibilità di equivoci od incertezze '. Il gen. Lequio- orientato ad agire contro le opere di Malborghetto e del Predii, secondo le direttive del 1° aprile - volle attenersi alla prescrizione di concorrere all'azione della 2• armata «battendo col fuoco la strada del Predii e pronunciando una minaccia offensiva contro le truppe che da Tarvis muovessero su Caporetto». Studiò la questione e due giorni dopo rappresentò di incontrare difficol tà ad esercitare la voluta minaccia a causa delle evidenti caratteristiche del!' ambiente naturale ed anche dell'incompleta preparazione. Al che il Comando Supremo rispose che per il concorso alla 2• armata potevano bastare «dimostrazioni energiche limitate a breve avanzata sulla Linea di confine dalla Sella di Somdogna aJ monte Canin» 2• Lequio si adeguò e la spinta in avanti fu irrisoria. Per inciso, non venne nemmeno occupato monte Rombon, allora non presidiato dal nenùco e di eccezionale importanza per operazioni verso il Predii e nella conca di Plezzo. Monte Rombon sarà attaccato nel successivo agosto, dopo la 2• battaglia dell'Isonzo, senza successo e con perdite. Nel settore della 2" annata, il gen. Frugoni ordinò bensì ai suoi corpi d'armata di imprimere alla ,ispettiva azione slancio ed energia e cli proseguirla «con grande impeto, sì da travolgere ogni resistenza», però, ripetendo alla lettera l' ordine del Comando Supremo, indusse ìl gen. di Robilant, comandante del TV corpo, ala sinistra dell'annata, a scandire in tempi successivi l'operazione. Primo tempo: conca cli Caporetto; secondo tempo: la dorsale M. Nero-Mrzli, a nord di ToJrnino 3 • il non aver indicato esplicitamente l'assoluta necessità di occupare l'allora pressoché indifesa dorsale monte Nero-Mrzli, determinante per avvol-

' Anche la preoccupazione di indiscrezioni fu probabilmente spinta all'eccesso. Nella lettera di trasmissione in questione si legge: «Il fatto di avere inviato !in d'ora runa settimana prima!] l'ordine d ' operazioni ai Comandi di lll1Data non vuole però dire che gli ordini panicolari alle truppe debbono esser diramati subito, essendo necessario il più asso/1110 segrero sulle operazioni da compiere» . ' CCSM, Relazione r!}ficiale cit., Il, p. 55. ' Ibidem, TI bis, doc. 40.


176

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

gere da nord la testa di ponte di Tolrnino, fece sì che il gen. di Robilant si limitasse ad assegnare il solo monte Nero al gruppo alpini B. Mancarono la percezione del momento e la visione tattica ed innegabilmente davvero male furono impiegati i due gruppi alpini e la divisione bersaglieri di cui disponeva il IV corpo. Con il risultato che la predetta dorsale, raggiungibile in un paio di giorni al massimo e senza difficoltà apprezzabile, rimase sempre in mano a! nemico. L' attimo fuggente era passato. Sulla destra del lY corpo si trovava il li corpo del gen. Rei.soli. Aveva ricevuto il compito di portarsi sulle colline del Co Ilio. Così fece e sostò. Ancora: I' ordine del Comando Supremo aveva per oggetto il raggiungimento dell' Isonzo. Per quanto fosse precisata l' intenzione di «assicurarsi sbocchi offensivi» ad oriente del corso d 'acqua, nessuna divisione ricevette materiale da ponte, né si pensò di inviarne subito a Caporetto. La 33 armata ricevette una scossa prima ancora dell'ape1tura delle ostilità. Il 16 maggio Cadorna chiese ai comandanti della 2• e 3" armata assicurazione che per il 20 sarebbero stati pronti a muovere Frugoni assicurò. Zuccari rispose con un telegramma in cui, «dopo una filza infinita di difficoltà - ricordò Cadoma mi diceva che per il 20 maggio non sarebbe stato pronto» '. Deinde l'immediato esonero e l'incarico al duca d'Aosta. Essendosi però questi leggermente infortunato in un incidente automobilistico, il comando interinale, sino al 26 maggio, fu assunto dal gen. Garioni, il che certo non giovò. Alla data del 24 maggio la 3" an nata disponeva solo del VI corpo. Fece pochi chilometri cd occupò Cormons e Versa. La 1° divisione di cavalleria, procedente al passo della fanteria, non riuscì ad impadronirsi in tempo dei ponti d i Pieris sull'Isonzo. Motivo per cui il suo comandante fu immediatamente silurato. Poi, sulla destra del VI corpo, entrarono in linea l'XI e, più a sud, il VII corpo d'armata. Dopo i primi tre giorni, per noi complessivamente deludenti, da ambo le parti intervennero i Comandi Supremi.

* * * Dal lato austriaco si ebbe prima l' arrivo di Boroevié. Assunto il comando della 53 armata il 27 maggio, comunicò immediatamente il suo modo di vedere: «a. Le posizioni fortificate, occupate presen temente, devono essere mantenute in nostro saldo possesso sioo alrultimo uomo. b. La trasformazione delle posizioni, così da renderle atte ad un'azione controffensiva, è sacrosanto obbligo di ogni comandante, il qua le ne ha quindi la piena e diretta responsa bilità ( ...).

c. (...).

'A. G,,;rn , Un italiano a Versailles cil., p. 290.


LA CAMPAGNA DEL 1915

177

d. Se al nemico riuscisse talora di sfondare un dato trano della linea, è S.1crosanto dovere dei reparti laterali di mantenersi saldamente s uUe loro posizioni. Sarà compito dei reparti in riserva q uello di accorrere sul punto minacciato. e. Non potrà essere che in seguito ad un mio ordine esplicito, che tratti di fronte polrarmo essere spostati pi ù indietro. f. Consig lio grande atti vità a tutti nell'azione difensiva ( . .. )» '.

Il giorno successivo il Comando Supremo austro-ungarico inviò le direttive per il fronte sud-ovest: «Idea generale del Comando Supremo è di difendere fino agli estremi il Tirolo con le forw che vi si trovano, opporsi al nemico che attacca in Carinzia, in Camiola e nel Litorale, con la minima perdita di tepitorio possibile; ed in seguito tentare di infliggergli un forte colpo, cosa che però per il momento non può essere fissata e che dipende dall'epoca, dalla locali tà e dall'entità delle forle che si potranno avere a tale scopo disponibili: la decisione presso Przcmysl va maturando, ma per il momento non si può prevedere quando potranno essere inviati rinfol'1.i alla fronte sud-ovest ( ... ). Il condurre a termine questi compili immediati viene affidato al Comando dcUa fronte sud -ovest. I l Comando Supremo dovrà però essere tenuto al corrente dei piani che ver.;inno elaborati, poiché solo dallo svolgersi degli avvenimenti su tutte le fronti, al momento opportuno, d'accordo col Comando Supremo alleato, si potranno pre ndere le decisioni necessarie»'·

S u queste basi, lo stesso 28 maggio Boroevié definì il compilo della 5" armata: «trattenere, possibilmente molto in avanti, quelle unità italiane che riuscissero a sfondare la nostra prima linea; essa deve quindi ritardarne il più possibile l'avanzata, infliggendo numerose perdite; ha il compito altresì di impedire eventuali azioni di sbarco». Poi ripartì le forze:

I settore (Tolmino) al geo. Fox con il XV corpo d' armata su due divisioni; II settore (Bainsizza) al gen. Wurm con il XVI corpo d ' armata su tre divisioni; III settore (Goiizia-T,icste) al gcn. Goiginger con due divisioni ; TV settore (zona costiera di Fiume) al gen. Marié con unità costiere 1. Cadorna intervenne il 27 maggio, sollecitando la 2° armata a conquistare Ja dorsale M . Nero-Mrzli, e la 3• armata, che adesso disponeva anche del VH corpo, a stabilire teste di ponte sul basso Isonzo. A tempo debito l'attacco risolutivo contro Gorizia sarebbe stato portato dalle ali interne delle due annate. Riconosciuta tardivamente l'importanza della dorsale M . Ncro-Mrzli, Frugo1ti aveva già impa1tito gli ordini per l'attacco, ma lo sforzo, effettuato nei giorni 28 e 29 maggio, venne respinto con serie perdite. Il 30 Cadoma volle forzare la situazione, che stava facendosi troppo incerta, e dispose:

' CCSM, Relazione ufficia le c ii., li bi~. doc. 25.

' Ibidem, li, p. 27. ' Ibidem , lI bis , doc. 53 .


178

LA PRIMA GUERRA MONDIA LE

«Allo scopo di faci litare nel periodo risolutivo le operazioni dell'ala sinistra della 2" armata, intese a raggiungere la conca di Tolmino e l'altipiano della Bainsizza, all'alba del I° giugno le truppe dislocate in corrispondenza del medio e basso Isonzo eseguiranno un attacco dimostrativo. Nello stesso tempo queste trnppe prenderanno tuue le predisposizioni per passare l'Isonzo allo scopo: a) d·impadronirsi di Gorizia e costituire una testa di ponte ad est del fiume; b) di metter piede sull'altipiano di Sagrado( ...)».

Però intese tenere le redini dell'operazione: «Il passaggio del medio e del basso Isonzo verrà subordinato ai progressi dell'ala sinistra della 2• armata su Tolmino e Bainsizza e da Plava verso Gargaro, cd eseguito soltanto dietro ordine del C.S. e non prima del giorno 2 giugno» 1• Il IV corpo attaccò nuovamente, puntando sul Mrzli: nulla da fare. Un ultimo tentativo, compiuto d'iniziativa il 4 giugno, mostrò l'inutilità dello sforzo, per giunta sanguinoso. Cadoma dovette rinunciare ali' idea. Nel frattempo anche nel Trentino aveva preso il via lo «sbalzo iniziale». Il gen. Roberto Brusati, fratello del Primo aiutante di campo del re, aveva visto a suo tempo disapprovare dal capo di Stato Maggiore il proprio disegno d'impiego della 1• armata, giudicato troppo ambizioso in quanto si proponeva di attuare una manovra offensiva ad ampio respiro, mediante un attacco diretto contro le difese austriache degli Altipiani e due attacchi avvolgenti, risalendo la val Sugana e la val Lagarina, con obiettivi i monti Altissimo, Pasubio e Maggio, sicure fonti di combattimenti durissimi per la forza intrinseca delle posizioni e non in sinto1ùa col compito difensivo dell ' armata. Il 25 aprile Cadorna aveva sottolineato: «È mio intendimento che la 1• armata assicuri a qualunque costo il fianco ed il tergo delle armate, alle quali spetta ali' inizio delle operazioni di agire offensivamente, ed eviti di logorarsi essa stessa in offensive parziali sanguinose e steri li di risultati» 2 • Evidentemente voleva evitare che un impegno eccessivo delle due armate del fronte settentrionale lo obbligasse poi ad intervenire con rinforzi a detrimento dell'azione principale (punto di vista in lui fermissimo, già manifestato a proposito della guerriglia in Libia e che manterrà anche per la spedizione in Albania). Intendeva, peraltro, che occupassero buone posizioni oltre confine non o poco presidiate, appunto approfittando della sorpresa. Non riuscì ad esprimere con l'indispensabile chiarezza il suo pensiero. Di conseguenza, le direttive diramate da Brusati il 30 aprile, da questi ritenute nel pieno spirito della concezione operativa del Comando Supremo \ ebbero un tono francamente sconsolante. Non escludevano l'occupazione di posizioni favorevoli sulle quali stabilire una salda difesa,

' Ibidem. ' Ibidem, p. 149. ' Brusati precisò nella premessa che le sue direttive erano «redatte sulla traccia di quelle del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito» (Ibidem, IT bis, doc. 46).


LA CAMPAGNA DEL 1915

179

«Però, per quanto possa ritenersi vantaggiosa l'occupazione di una di tali posizioni, siccome

il logora.re le forze dell'annata, correndo anche il rischio di scacchi paniali, non tornerebbe che a danno della difesa, che è compito precipuo dell'annata, così le dette partiali offensive sa.ranno da intraprendere soltanto quando si presentino per esse speciali condizioni favorevoli e si possa disporre di forza adeguata».

Qu.indi la conquista di M. Altissimo era sconsigliata «salvo accertate circostanze specialmente favorevoli»; l'occupazione di Cima Carega e del Pasubio «da escludersi» se occupate dal nemico; sugli Altipiani la decisione di muovere dipendeva dall '«effettivo risultato dell'azione dei mezzi ossidionali e dalle circostanze del momento» e comunque esisteva riserva di ordini a tempo opportuno; le azioni nella regione Brenta-Cismon erano «subordinate alle condizioni speciali del momento>> 1• Prosa a patte, il risultato fu che le direttive del Comando Supremo vennero eseguite occupando quasi tutte le posizioni non presidiate dagli austriaci con una cautela cd una lentezza assolutamente contrarie alle circostanze e rinunciando a sfruttare occasioni di tutto favore. La 4• <umata doveva, secondo le direttive del l O aptilc, «aprirsi al più presto uno sbocco nelle valli della Rienza e dell'alta Drava. Più esattamente, doveva "iniziare l'espugnazione degli sbarramenti di Scxten [Sesto], Landro e Valparola non appena siano raccolti i mezzi all'uopo necessari e sufficienti, dando all'azione spiccato carattere di vigore" per poi raggiungere i passi del gruppo montano del Sella ed il nodo di Dobbiaco, primi obiettivi delle operazioni dell'armata. Il gen. Nava, orientato dunque ad attendere il parco d' assedio, con le proprie direttive diramate il 7 aprile vietò qualunque iniziativa, riservandosi ogni decisione sull' opportunità di "prevenire il nemico su alcuni punti di terreno di capitai.e impo1tanza per le successive operazioni» 1 • Inspiegabilmente Cadoma lasciò quel documento senza riscontro, per quanto il 20 aprile, nelle «Varianti» inviate al solo comandante della Zona Carnia, si sia espresso in modo differente: «La 4• annata non solo deve assicurare l'integrità del territorio da M. Croda Grande a M. Paralba, come già nelle direttive del JO scnembre, ma deve iniziare durante la radunala slessa una vigorosa azione contro gli sbarramenti di Scxten, Landro e Val parola, cercando d'i111padronirsi del nodo di Dobbiaco coll'ala destra dell'armata. Qualora poi la 4' annata, costrena a tenersi sulla difensiva, dovesse ripiegare di fronte a forze superiori, essa lascerebbe nel ridotto cadori no forze e mezzi sufficienti per a5sicura.rc una lunga resistenza, anche nell ' ipotesi che tale ridotto dovesse essere abbaodonalO a se stesso» ' .

A quanto pare, per le assillanti ragioni di segretezza, questo documento non venne portato a conoscenza del gcn. Nava, al quale il 22 maggio Cadom a tele-

1 lbide111, doe. 46. ' lbide111, LI bis, doc. 44. Cfr. L. CAPEL.1..0, Nore di guerra, Treves, Milano 1920, p. 136. ' Ibidem, LI bis, doc. 7 (corsivo nostro).


180

I.A PRIMA GUERRA MONDIALE

grafò di agire «in conformità direttive aprile 1915» 1, ma raccomandando di imprimere alle operazioni iniziali «spiccato carattere vigore, cercando impadronirsi al più presto posizioni nemiche oltre confine necessarie ulteriore sviluppo operazioni» 2• Francamente non sembra che alla vistosa preoccupazione di incitare l'azione dei Comandi dipendenti corrisponda una pari cura di chiarezza di espressione. E si badi che si trattava di pianificazione operativa, cioè di una documentazione compilata in tempo di pace, con ampia possibilità di controllo e di riscontro. Faldella scrive: «Il generale Nava diramò allora, alle 13,30 del 23 maggio, un ordine stupefacente» 3• Cominciò con il mettere in guardia i dipendenti comandanti del I e del IX corpo non soltanto sul non doversi escludere la possibilità di un forte contrattacco avversario, ma addirittura potersi verificare l'eventualità di esser preceduti dal nemico e con forze superiori. Perciò, anche se la radunala in corso consentiva di agire «con particolare vigore, meglio rivolto a sorprendere l' avversario, che non a pararne le offese, è d' uopo essere avveduti e cauti». Ne derivava la necessità di porre la massima attenzione alla presa di possesso di talune posizioni di confine, «le quali, se da un lato gioverebbero eventualmente a conferire consistenza ad una primordiale difesa e ad agevolare lo svolgimento di ulteriori operazioni offensive, non potrebbero, da un altro, essere occupate e mantenute senza correre corrispondenti rischi». Queste posizioni erano monte Piana, all'imbocco della valle di Landro; la conca di Cortina d' Ampezzo, «la cui occupazione, di inestimabile valore per noi, può presentare gravi difficoltà e trarre a mal esito nelle operazioni»; monte Poré ed il passo di San Pellegrino sulle Dolomiti occidentali per lo sbocco su Moena, in val Ficnune. In definitiva, i comandanti di corpo d'armata «vorranno pronlamcnte meditare suJle considerazioni che ho di sopra esposte, fanni conoscere l'apprezzato loro parere in merito e sottoponui, a ragion vedula, gli ani di prima offesa che, a loro giudizio, si possono meglio compiere (... ) a vantaggio delle ulteriori nostre operazioni e senza incorrere in più gravi rischi di quelli a cui sottostanno ordinariamente tulle le azioni di guerra» '.

L'ordine venne ricevuto otto ore prima dell'inizio delle ostilità! Dopo simile spronata ad audaci e vigorose imprese, i risultati non poterono essere se non infelici. Il gen. Ragni, comandante del I corpo, convenne sulla impossibilità, per il momento, di prendere monte Piana e la conca di Co1tina. Il gen. Marini, comandante del IX corpo fu più ardito e propose di avvicinare le truppe alla frontiera e di «tentare» di impadronirsi di monte Poré e dei passi di Fedaja, San Pel-

' Tele 215 G cilalo in ibidem, 11, pp. 55-56. Nel la nota corrispondente si precisa trallarsi deUe «Varianti» in data I O aprile. 1 Ibidem, Il. pp. 55-56 ' E. FALDF.L.t..A, La grande guerra cit., I, p. 91. ' CCSM, Re/azione ufficiale cit., n bis, doc. 45.


LA CAMPAGNA DEL 191 5

18 1

legrino e YaUes. Nava approvò la rinuncia a monte Piana ed a Cortina, e consentì l' occupa:lione dei soli passi di San Pellegrino e di Yalles, a nord ed a sud della Mannolada. In sostanza, escluse l'opportunità di puntate oltre confine '. Tutti gli obiettivi citati sarebbero stati conquistati facilmente. Constatata la generale esitazione, il 27 maggio Cadorna ordinò esplicitamente alle armate di «occupare subito quelle posizioni oltre confine, la cui conquista, quando il nemico avesse tempo di portarvi adeguate forze, costerebbe a noi grossi sacrifici» 2• Riteneva, infatti, che gli austriaci non fossero in grado o almeno non si ripromettessero di sviluppare un serio contrasto alla nostra avanzata. Così il 28 maggio Ragni occupò Cortina d'Ampezzo e Marini, di iniziativa (cosa che contrariò Nava), si impadronì senza difficoltà di monte Paré e del passo d'i Fedaja. I primi di giugno gli sforzi sull' intero fronte isontino portarono ad alcuni tangibili risultati sul basso corso del fiume. Il V e l' XI corpo si attestarono all'Isonzo ali' altezza di Gradisca ed il VII corpo 1iusd a costituire la testa di ponte di Pieris, in corrispondenza della confluenza del Torre nell' Isonzo. Ma si era dovuto toccare con mano la robustezza delle posizioni austriache di M. Nero-Mrzli e del campo trincerato di Gorizia. * * * Il 7 giugno Salandra scrisse a Cadoma, rivelando più di una perplessità. Specialmente in considerazione del rovescio russo, assai più grave di quanto sulle prime non si fosse pensato (il 3 giugno era caduta Przemysl), le speranze italiane di un concorso alleato di diretta utilità si riducevano a poco o niente. La Romania avanzava molte pretese, rivolte in particolare alla Russia. Se da un lato sperava di ottenere qualcosa di più che non la semplice acquisizione di territori di nazionalità rumena, dall'altro voleva far pesare il proprio intervento, non rendendosi conto che anche per essa sarebbe stato della massima importanza entrare in guerra insieme con l'Italia. D' altronde, la disfatta tussa non poteva certo incoraggiarla 3. Quanto alla Serbia, Pasié aveva detto chiaro e tondo al ministro italiano a Nis, di non avere alcuna «intenzione di cambi,u-c attitudine finora seguita e che pertanto truppe serbe si limiteranno respingere aggressione albanese che nuovamente si presenta alla frontiera(...)», aggiungendo, in tono bonario, che «i contingenti destinati alla gue1Ta con l' Austria non sono stati intaccati)) •. In siffatte circostanze, Salandra chiese dunque a Cadorna se non fosse da temersi una controffensiva da parte austriaca. Cadorna rispose il 9 giugno tran-

• Ibidem, li, p. 63. : Ibidem . n, p. 124. ' Sonnino a Fascio1ti, Imperia li e Carlotti in data 26.5. 19 15, D.D.I., 5" serie, IV, doc. 13. ' Squilli a Sonnino in data 1.6. 1915, ibidem, IV, doc. 72.


182

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

quillizzandolo: la nostra avanzata nel Trentino aveva «naturalmente migliorato» le nostre possibilità difensive nei confronti di un'eventuale im1zione nemica verso la pianura padana e lo stesso poteva dirsi circa la fronte dell'Isonzo. «Quando poi - aggiunse - saremo riusciti a varcare l'Isonzo in tutto il suo percorso, saremo in possesso di una ancor più forte linea difensiva che potrà essere assicurata colla costruiione di due grandi teste di pan ie a Tolm.ino cd a Gorizia e fortificando le alture del Carso ad ovest dell a depressione di Comen. n problema difficile, per ora, è quello di forzare la linea dell'Isonzo, come più volte ebbi occasione di dirle a Roma. Le forze austriache schierate lungo l'Isonzo sono notevolmente inferiori alle nostre, ma la linea, fortissima per natura, è stata molto rafforzata dall' arte e guarnita di un cumulo di batterie nascoste e perciò difficilissime ad essere identificate; altreitanto difficile riesce il colpirle anche con un grande consumo di munizioni. Converrà aduuque procedere metodicamente e con pazienza, nella speranza che questa non venga meno nel nostro impaziente paese(... )»'.

Salandra non rimase molto convinto e Cadorna, che evidentemente si sentiva a disagio, il giorno 11 chiese a Sonnino l'intervento del governo presso gli alleati, affinché sollecitassero un'azione militare serba quanto meno rivolta a trattenere le truppe austriache su quel fronte 2• Ed il 13 scrisse ancora a Salandra con una lettera ufficiosa «per poterle aprire con maggior libertà l'animo mio». Questa volta, però, enumerò tutte le deficienze di dotazioni e scorte con le quali, malgrado le sue insistenze con il ministro della Guerra, si erano dovute iniziare le ostilità; sottolineò cli aver formulato tempestivamente richieste rimaste inascoltate; mise in risalto l'assoluta necessità di provvedere «con grande larghezza di vedute e con alto senso di responsabilità» alla mobilitazione industriale del paese. Nessuna giustificazione l'Italia avrebbe potuto addurre qualora le operazioni del suo esercito «venissero colte da paralisi per l' insufficienza delle anni, delle munizioni e degli altri materiali guerreschi». Ma urgeva provvedere e soprattutto provvedere ad un fabbisogno calcolato «sulla previsione ragionevole che la guena potesse durare tutto l'anno 1916, poiché basarsi su una minor durata, se anche possibile, potrebbe esporre la Patria al più crudele dei disinganni». Occorreva dar vita ad un organismo a livello rninisteriaJe in grado di «disciplinare, di mobilizzare tutte le industrie per trarre il maggior rendimento a vantaggio del1' esercito operante» 3. Salandra rispose telegraficamente, concordando in pieno e chiedendo «confidenzialmente» i suggerimenti tecnici ritenuti del caso ". TJ 9 luglio verrà isti-

'A. SALANDRA, L'intervento cit., pp. 332-333. ' Cadorna a Sonnino in data 11 .6.1915, D.D.l., 5' serie, IV, doc. 147. n Veith ebbe a scrivere in un aiticolo: «I trasporti fe rroviari diretti dalla fronte balcanica (cioè l'intera 5° am1at.a) alla frontiera sud-occidentale poterono passare tr:uiquillamente indisturbati in pieno giorno nel raggio de lle artiglierie serbe» (CARLO GELOSO, Il primo anno di guerra , Corbaccio, Milano 1934, p. 217). ' AUSSME, Fondo S.M.R.E. - RR, racc. 7 . Cfr. L. CADORNA, La guerra allafrome italiana cit., I, pp. 64-66. In questa circostanza Cadorna toccò il doloroso t.asto delle artiglierie di medio calibro, un buon numero delle quali era scoppiato per difettosa fabbricazione dell'esplosivo, inconveniente già emerso anche in Francia. 'Salandra a Cadorna in data 15.6.1915, AUSSME, ibidem, racc. 7.


LA CAMPAG NA DEL 1915

183

tuito il Comitato supremo per i rifornimenti delle armi e munizioni ' e creato il sottosegretariato di Stato per le armi e munizio1ù con alla testa il generale Dall'Olio.

* * * Anche da parte austriaca si esaminava la simazione. L'8 giugno il Comando Supremo comunicò che, essendo le forze del fronte sud-ovest insufficienti per programmare un'offensiva, confermava la direttiva di mantenersi sulla difensiva. L'arciduca Eugenio «avrà già disimpegnato un grave compito se riuscirà a tener testa alla preponderanza avversaria» osservò. Ed orientò a 1imandare l'offensiva quando fossero stati disponibili adeguati rinforzi 2.

a

Dopo l'insuccesso nel settore di Tolmino, Cadoma rivolse l'attenzione al campo trincerato di Gotizia. Più che altro fu un tentativo e dopo un paio di inutili attacchi contro le alture di riva destra (Sabotino, Peuma e Podgora) ordinò di sospendere l'operazione. L' 11 giugno diramò l'ordine d'operazioni n. 7 alla 2• e 3" armata. Si tratta di un documento di una certa importanza perché, a prescindere dalle disposizioni per la conquista del Sabotino e del Podgora (2" annata) e dell'altipiano di Sagrado (3" armata), per la prima volta fece un richiamo alle norme d'impiego più recenti: «Occorre vincere queste rcsisten1.e oon adeguato concentramento di forze e ,Li mezzi, specialmefite tecnici; e soprattuno con quel metodo che l'esperienza della guerra combattuia sugli altri teaLri d·operazioni degli alleati suggerisce, cvitaodo quegli attacchi subitanei che, se dimostrano il valore delle nostre truppe, non pem1e110110 di raggiungere risultati adeguati alle perdite. Si dovranno perciò tenere ben presenti le norme date colla circolare "Attacco frontale cd ammaestramento tallico", nonché quamo è detto nelle ''Norme complementari alle istruzioni sui la,•ori del campo di battaglia" e nel fascicolo "Procedimenti per l'attacco frontale nella guerra di trincea in uso nell'esercito francese··. Naturalmente il procedimento dovrà essere adattato alle speciali condizioni di terreno e di nemico» '.

Seguirono due circolari addestrati ve.L'una, ciel 15 giugno, sulla «econonùa di forze per la difesa delle posizioni conquistate» ·1; l'altra, del 16, cli.ramata sino al livello divisionale, sull' «attacco a posizioni rafforzate» 5 • Quest'ultima si richiamava all'esperienza francese e conteneva disposizioni di carattere tecnico riflettenti l'approccio alle trincee nemiche: l' adozione del sistema delle pzu·alle-

' Ne facevano parte il presidente ciel Consiglio, i ministri degli Esteri, ciel Tesoro, del la Guerra e della Marina, nonché, con voto consultivo, il so1toscgretario di Stato per le armi e muniz.ioni. ' A. Bou .,m, Riass111110 della relazione ufficiale a11s1riaca 1914-1918, cit., p. 118. > CCSM, Relazione 11fficiale cit., Il bis, doc. 64. ·' Ibidem, il bis, doc. 73. ' Ibidem, Il bis, doc. 74.


184

LA PRJMA GUERRA MONDIALE

le, il graduale spostamento in avanti del riparo sino a distanza d'assalto. Per le posizioni conquistate prescriveva l' immediato consolidamento sì da consentire anche quell'economia delle forze necessaria al riposo e dalla ripresa dell'avanzata. Quest' ultima indicazione si rivelerà talvolta un'arma a doppio taglio, perché involontariamente porterà allo spezzettamento della progressione in profondità, rendendo possibile, nelle pause dovute al consolidamento, l'immediato tiro di repressione ed il contrattacco del nemico ancora reattivo. TI primo sbalzo offensivo si esaurì definitivamente il 16 giugno. Attorno al saliente trentino la 1•armatasi era femiata «senza motivo o per lo meno con motivo non plausibile» 1• In Cadore la 4• ,mnata si trovava a contatto con gli sbarramenti austriaci. ln Carnia la situazione era di equilibrio. Sull'Isonzo, proprio negli ultimi giorni si ottennero due successi parziali: la conquista del monte Nero ad opera degli alpini del IV corpo e la costituzione della piccola testa di ponte di Plava ad opera del II corpo. l due fatti d'arme, brillanti ma di importanza locale, riaprirono l'animo di Cadorna alla speranza e lo spinsero a riprendere l' offensiva . Prima però scrisse nuovamente a Salandra (17 giugno). Cominciò con il mettere in evidenza le circostanze politico-militari che avevano consentito ali' Austria di rivolgersi in forza contro di noi, cosa che «aveva rallentato la nostra azione offensiva così felicemente iniziata, e avrebbe potmo costringerci a passare alla difensiva abbandonando una parte del territorio conquistato, il che avrebbe prodotto una penosa impressione in Italia». Le convenzioni militari non erano state rispettate per l'uno o per l'altro motivo. Data l'importanza evidente della cooperazione degli eserciti, pregava un energico intervento da parte del presidente del Consiglio affinché: «si dovesse riunire al più presto la Commissione dei rapp(esentanti militari delle varie Poten-

ze interessate, la quale. esaminale le condizioni strategiche dei diversi eserciti operanti, addivenisse alla detenninazione esplicita della data in cui gli eserciti medesimi avrebbero dovuto prendere co111empora11eame11te l'offensiva, nei rispettivi scacchieri, impegnandosi formalmente a farlo(... ) senza di che si sa rebbe dato tempo al nemico di compiere la manovra centra le, dalla quale avrebbero po· tuto derivare - non all'Jtalia soltanto - danni forse irreparabili» '.

Come si è accennato in precedenza, le circostanze che avevano giocato a favore dell'Austria erano note a Cadoma prima ancora d i diramare l'ordine d'operazioni n. 1. Comunque i conunenti provenienti dalle diverse capitali erano in genere fortemente influenzati dalle dimensioni del tracollo rnsso. Da Parigi, terminata la seconda battaglia dell' Artois con scarso profitto alleato, Tittoni riferiva che molti avevano perso ogni fid ucia nei russi e consideravano l'intervento

' R. 8EXCIVENGA, Saggio critico sulla nostra guerra cit., n, p. l 72. ' L. CADOR:-IA, La guerra al/afrome iralia,w cit., r. pp. 106-110.


LA CAMPAGNA DEL 19 15

li ,~rritorio occupalo nel primo sbalzo offensivo.

185


186

LA PRIMA GUERRA MOND[ALE

italiano provvidenziale «per ristabilire l'equilibrio nel momento in cui la disfatta russa stava per dare la preminenza ai tedeschi». Tuttavia si riconosceva trattarsi semplicemente di equilibrio e «siccome, dicono, è impossibile andare avanti oltre l'autunno e per ragioni finanziarie e perché non credono che gli eserciti possano fare una campagna invernale nelle trincee, prevedono quindi che verso la fine dell'anno corrente l'esaurimento generale condurrà alla peggiore delle soluzioni, a ciò che essi chiamano una paix boiteuse che lascerebbe una situazione internazionale instabile con minaccia di nuova guerra a breve scadenza( ... )» 1• Sonnino, accogliendo la richiesta di Cadorna, il 19 giugno scrisse ai nostri ambasciatori presso le Potenze dell'Intesa. Non usò perifrasi: «Il capo di stato maggiore dell'esercito fa conoscere che l'Austria ha trasportato contro di noi quasi tutte le forze con cui fronteggiava l'esercito serbo, il quale, contrariamente agli impegni presi, è rimasto completamente passivo. Consta altresì che l'Austria ha distollo forze dallo scacchiere galiziano per contrapporcele. Nonostante l'azione offensiva della Francia, alcune unità di truppe tedesche furono probabilmente trasportate nel Tirolo trentino. La Serbia giustifica la sua inerzia con l'ingrossamento della Sava e del Danubio: ma questa non è ragione convincente perché la sua avanzata doveva portarsi preferibilmente nella direzione di Nord-Ovest (su Lubiana), nel qual caso l'ingrossamento dei deui fium.i avrebbe anzi servito a coprire il fianco destro. Si sta così verificando la mancanza d.i armonica cooperazione delle forze alleate( ... ), a tutto vantaggio della manovra centrale del nemico. Il generale Cadoma ritiene necessario ed urgente che gli alleati addivengano alla determinazione esplicita della data in cui i loro eserciti dovranno prendere contemporaneamente l'offensiva nei rispettivi scacchieri impegnandosi formalmente a farlo. Questa data, ritiene il generale Cadorna, dovrebbe essere la più vicina possibile, e dovrebbe ad ogni modo cadere entro il periodo della mietitura, cbe in Ungheria s'intensifica specialmente fra la fine di giugno ed il principio di luglio( ... ). Uoa tale azione non può assolutamente essere differita e deve riuscire contemporanea, senza di che si darà tempo al nenùco di compiere l'accennata manovra centrale( ...)» ' ·

Il giorno seguente Sonnino tornò sull' m·gomento, questa volta inserendo una nota di preoccupazione: «(...)inseguito alle validissime forze trasportate sul nostro fronte, la nostra offensiva [cioè i.I primo sbalzo offensivo] ha dovuto subire, se non proprio un ruTesto, certo un rallentamento notevole, trovandosi di fronte a resistenze che vanno divenendo sempre più ostinate. li generale Cadorna non esclude la possibilità di dover passare alla difensiva, per arrestare una non improbabile i1rnzione del nemico su talu1ù u·atti dell'ampia fronte di sclùeramento (...)».

Perciò bisognava sollecitare una «rapida avanzata dell'esercito serbo ed una contemporanea vigorosa offensiva di tutti gli altri eserciti alleati)> 3• La fosca previsione attribuita a Cadorna non sembra trovare riscontro in alcun documento. Forse Sonnino si riferiva ad una eventualità molto teorica, o forse il ministro vol-

' Tittoni a Sonnino in data 18.6.1915, D.D.I., s• serie, IV, doc. 203. ' Sonnino ad Imperiali, Titton.i e Carlotti in data 19.6.1915, ibidem, IV, doc. 216. 3 Sonnino ad Imperiali, Tiuoni e Carlotti in data 20.6.19 15, ibidem, TV, doc. 223.


LA CAMPAGNA DEL 1915

187

le accentuare le tinte della situazione per sottolineare l'urgenza di esercitar pressioni sul governo serbo. Pasié non fece piega. Del resto aveva già superato tranquillamente la minaccia russa di tagliare i rifornimenti all'esercito serbo, se la Serbia non avesse giustificato il suo comportamento «contrario agli interessi comuni degli Alleati», facendo rispondere che «tutto il nostro esercito operante è dedicato alla fronte settentrionale e si prepara alle operazioni» 1• Adesso, altrettanto tranquillamente, assicurò al nostro ministro a Nis «nel modo più perentorio e formale che la Serbia non verrà meno alla sua parola e che marcia avanti del suo esercito è questione di giorni» 2• Parole.

* * * A questo punto si impone qualche considerazione sul primo sbalzo offensivo. Cominciamo da Salandra: «SaJei pure reticente - scrisse nelle sue memorie - se non dicessi che le operazioni militari immediatamente consecutive alla nostra entrata in guerra, dal 24 maggio alla prima metà di giugno. qualificate come "primo sbalzo offensivo", non soddisfecero tutte le nostre aspettative e suscitarono qualche sgradevole constatazione e qualche apprensione per l'avvenire. Nonostante Ja nostra grande superiorità numerica, che poi si venne attenuando, noi occupanuno le ,1,one di frontiera che il nemico, assumendo attitudine rigorosamente difensiva, reputò doverci abbandonare; ma ci arrestammo, salvo qualche contrastato acquisto, innanzi alle difese da lungo tempo preparate e nelle ultime settimane validamente rafforzate (...)» ·'.

In realtà, Salandra nutriva ben più di «qualche apprensione». Non aveva assolutamente inunaginato che gli eventi bellici potessero porlo, già all' inizio delle ostilità, davanti ad una situazione difficile come quella rappresentata da Cadorna. Lui e Sonnino avevano voluto ed impostato la «guerra nostra» senza intuirne i pericoli e l'isolamento, e adesso si sentiva in difetto. Anche perché nel Consiglio dei ministri del 26 giugno era stata discussa l'oppo1tunità di dichiarare guerra alla Turchia. Il giorno dopo, scrisse una lunga lettera a Sonnino: «( ...)ti scrivo dopo una notte insonne perché to1mentata dal dubbio se sia, o no, nell' interesse del paese la deliberazione di dichiarare subito guerra alla Turchia. I dubbi che non ti avevo celati, mi sono cresciuti dall'at!enta lettura dei telegrammi che mi hai maudato nella giornata di ieri e di una lettera di Cadorna, ricevuta iersera dopo il Consiglio(... ). Dai telegrammi, specialmente da quelli di Sofia, traggo la convinzione che la principale ragione da te addotta per la dichiarazione di guerra alla Turchia - la pressione sulla Bulgaria - non abbia alcuna probabilità di successo( ...).

'Addetlo militare serbo in Russia ali' Alto Comando serbo in data 8.6.1915 e risposta delr Alto Comando in data 9.6.1915, dalla Relazione ufficiale serbaeit. in M. CARACCIOLO, L'Italia e i suoi alleati cit. , pp. 80-81. 2 Squitti a Sonnino in data 22.6.1915, D.D.L, 5' serie, lV, doc. 244. ' A. SAL ANDRA , L'inien1ento cit., pp. 328-329.


188

LA PRlMA GUERRA MONDIALE

La lettera di Cadorna dimostra gravi apprensioni se non scoraggiamento di fronte alla situazione creata dalla ritirata dei Russi, situazione che non è in poter nostro di murare, come Cadorna vorrebbe. La Libia precipita e la dichiarazione di guerra alla Turchia toglierà quel poco di ritegno che harmo ancora Turchi e Tedeschi. La Germania potrebbe essere in dotta a venirci addosso piìt presto di quello che altrimenti non farebbe. E in quanto agli alleati, francamente non vedo che diritto abbiano di dolersi di noi, che siamo i soli che abbiamo mantenu to lealmente i patti , mentre essi, tanto neHa convenzione finanziaria quanto nella militare ci ham10 dato il meno possibile, si potrebbe dire nulla . .Me1iu-e tutti dovremmo adesso essere all'offensiva, all'offensiva non sia.mo che noi. Gli altri parlano freddamente di agosto o di settembre. E allora con che diritto possono chiedere che noi, noi soli, c i impegniamo subito, a fondo e da ogni parte? lo non ho la coscienza che facciamo bene; e non vorrei aggiungere un altro rimorso a quello che - te lo confesso - mi tonnenta l'anima di aver troppo precipitato gli impegni il 26 aprile. ( ...) Gli. alleati del resto non erano, non sono e non saranno per un pezzo in grado di fare a meno di noi. Noi non pretendiamo altro se non di scegliere il nostro momento - per la Turchia come per la Germania ( ... ). In conclusione ti prego di soprru;sedere e di non dare esecuzione per alcuni giorni alla deliberazione presa ieri sera. Lasciami andare ad Udi ne, pad are con Cadorna ed avere un'impressione diretta dello stato delle cose lassù( ... ).» 1 •

Mentre Salandra voleva ridurre al minimo gli impegni dell'Italia, pur preoccupandosi della diflidenza degli alleati, Sonnino, che vedeva chiarissima la differenza cli interessi fra l'Italia e le a.ltre Potenze dell'Intesa, trovava necessario impegnarsi senza esitazione, laddove utile, per ottenere l'indispensabile concorso degli alleati. Replicò, dunque, lo stesso 27 giugno, assicurando che non avrebbe precipitato le cose. Comunque, osservò, «Cadorna chiede l' impossibi le. Non è con le sollecitazioni diplomatiche che si potrà oggi indurre la Serbia ad attaccare, o la Russia a riprendere l'offensiva}> 2• Come si vede, Sonnino non nascondeva un netto scetticismo sull'esito del suo doveroso ed energico intervento a Londra, Parigi e San Pietroburgo. La «energica ed improvvisa irruzione» oltre frontiera ideata da Cadorna non aveva procurato, obiettivamente, che risultati piuttosto deludenti. L'effetto sor· presa poteva valere, sul piano pratico, soltanto per pochi giorni: tre o quattro dal· l' inizio delle ostilità. Eppure l'avanzata fu lenta, estremamente cauta, quasi timorosa, nonostante ben presto si succedessero gli incitamenti di Cadorna a spingersi avanti. Poiché questo accadde sull'intero fronte, bisogna concludere che qualcosa abbia difettato neg li ordilù impartiti dal Comando Supremo. Ali' origine degli inconvenienti sta, senza dubbio, la sconoscenza del dispositivo austriaco ~- Se si esaminano le note direttive ciel 1° aprile, nonché quel-

' B. YlGEZZl, / problemi della net11ralità e della guerra ciL, app. 12, pp. 65 -66. 'Ibidem, p. 45. ' «I dati fomiti dall ' Ufficio Informazioni sulle forze nemiche al momento dell'entrata i n guerra non erano completi -affermò il generale Odoardo Marchetti (I/ servizio in.formazioni dell'esercì-


LA CAMPAGNA DEL I 915

189

le del 20 aprile per la Zona Carnia 1, si vedrà come non si faccia parola dell'avversario. Si badi che, pur se evidentemente impossibile calcolare l'aft1usso delle truppe austriache dagli altri fronti, nemmeno poteva risultare proibitivo, nell'apiile 1915, ottenere una buona approssimazione delle unità nemiche già in posto e, in particolare, del presidio di que.Ue posizioni per noi molto importanti, da raggiungere cli slancio nel giro di pochissimi giorni. Molto probabilmente era anche questione di inesperienza nella specifica attività delle informazioni, comunque tale deficienza accentuò le incertezze cli chi doveva eseguire direttive ricche di ipotesi diverse, di ripetute raccomandazioni di evitare imprese «troppo rischiose>>. È verissimo che Cadoma, rivolgendosi a comandanti di armala, poteva presumere di esser ben compreso, però l'insieme • aveva evidentemente provocato una titubanza generale che si prodelle direttive pagò ai livelli inferiori. In sostanza, l'indispensabile disciplina delle intelligenze adeguata alle circostanze doveva essere coltivata dal capo di Stato Maggiore. Purtroppo questo non si verificò. Tnoltre Cadoma si trattenne a Roma sino alla sera del 23 maggio per ragioni inerenti la sua alta cruica, non avvertendo la necessità di una guida forte sul posto prima ancora del «via». Più tardi scriverà che i risultati sarebbero stati migliori se, questione sorpresa a parte, «ci fosse stata maggiore iniziativa e slancio in alcuni comandanti» 1 . Ma quei comandanti li conosceva tutti e bene, perciò si imponeva un controllo assai più stretto, o meglio una scelta più accmata. Non era certo tipo da rispetti umani, visto che non esitò un istante a silurare il gen. Zuccari, il quale, dopo tutto, non era l'ultimo arrivato, posto che da tempo era designato a comandare l'annata italiana di previsto invio sull'alto Reno! Quanto alla sensibilità operativa per saper osare, oppure per arrestarsi, oppure per attaccare, bisognava «svegliarla» prima del 24 maggio nei comandanti cli corpo d'armata e di divisione, quelli più in grado di prontamente agire d'iniziativa per sfruttare il momento favorevole. L'azione psicologica delle direttive del I O settembre 1914 e delle varianti del l O apriJe 19 J5 si era affennata anche troppo negli spiriti. In quel quadro di scarsità di informazioni sull'avversario, si può davvero pensare che fosse semplice cosa per i comandanti di divisione, «piirna di agire pel raggiungimento di un obiettivo(...), accertarsi cb'esso sia commisurato alle forze disponibili, non solo, ma che una volta raggiunto, non sia facile al nemico di costringerci ad abbandonarlo»? Oppure evitare «scacchi par-

to italiaf!O nella gra11de guerra, Tip. Reg., Roma 1937, p. 62) - ma non è giusto asserire che esso abbia esagerato tali for,.e o sia staio la causa di una esagerata valutazione da parte del Comando». Tuttavia, prima aveva ammesso: «(... ) fummo informati poco e male; non fummo mai in grado di avere un'esalla situazione aggiornata delle forze dei beJJigeranti, dei mov imenti delle uuppc, delle riserve, dell ' impiego dei nuovi mezzi e nuove forme di C(lmbattimento per l'offesa e la difesa» (ibidem, p. 46). ' CCSM, Relazione ufficiale cit., TI bis, doc . 7. ' L . CADORNA, La guerra allafro11te iu,liana cit., l, p. 133.


190

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

ziali od imprese troppo rischiose, le quali minaccino di trarre a rincalzo truppe non ancora orientate»? Si trattava di sfruttare al massimo la residua sorpresa, quindi in pochissimi giorni bisognava giungere sugli obiettivi di cui si riteneva necessario e possibile l'occupazione. Per ottenere simile risultato la cautela diventava controproducente. Serviva una certa spregiudicatezza, anche a costo di qualche «scacco parziale». Forse sarebbe stata conveniente, non appena denunciata l'alleanza della Triplice, una nuova direttiva, annullante le precedenti e compilata sulla base di una situazione più aggiornata, sia in merito alle difese austriache, sia ali' andamento della mobilitazione rossa, sia alla situazione bellica complessiva. Faldella ha commentato: «Per quante spiegazioni si possano addmTe, non si riuscirà mai a giustificm·e comandanti che fecero, di operazioni che avrebbero potuto essere brillanti e redditizie, un successo molto relativo» 1• Giusto, peraltro, essendo la carenza d'iniziativa difetto appm·so molto diffuso, evidentemente non venne percepito - come sarebbe dovuto essere - nei lunghi mesi di neutralità e «curato)> in modo appropriato. D'altronde, se per Cadoma costituì sorpresa desolante la constatazione del travisamento del suo pensiero, è anche probabile che solo dopo diversi giorni si sia veramente reso conto di quel che era costata l'assenza di una penetrazione spregiudicata, accettante jJ rischio di qualche scontro acceso 2 • E passiamo alla reale, concreta possibilità di raggiungere determinati obiettivi. Il passaggio dell'Isonzo era strettamente legato al possesso della conca di Tarvisio, che assicurava la protezione del fianco sinistro di tutto lo schieramento isontino. Perciò la Zona Carnia doveva aprirsi la strnda di Pontebba. Ma essa non disponeva delle artiglierie d'assedio, perciò non era in condizioni di agire contro Malborghetto e le opere di Predii e di Raibl. Il comandante della 2• armata avrebbe comunque potuto ottenere di più sulla sinistra dell'Isonzo, ma non gli venne ordinato di tentare di costituire subito una testa di ponte in corrispondenza di M. Nero-Mrzli. Quindi la «avanzata a scaglioni dalla sin.istra» per il superamento dell'Isonzo sfumò. Ed il concetto di forzare l'Isonzo dalla sinistra portò «all'inazione su tutto il resto della fronte>) 3 • Sulla 4" armata si deve, però, spendere qualche parola. Secondo Cadoma, con un maggiore impulso iniziale essa avrebbe potuto occupare rapidamente posizioni come il Col di Lana, il Sasso di Stria, il passo di Son Pauses, monte Piana 4, e tale opinione è convalidata dal generale Krafft von Dellmensingen, comandante dell'Alpenkorps, il quale alla domanda se sarebbe stato possibile, al-

E. FALDELLA, La grande guerra cii., J, p. 107. ' ,<Le cose vanno bene», Cadoma scrisse a casa il 30 maggio, cd espresse «piena fiducia che tutto andrà bene» (L. CADORNA, Lettere famigliari cit., p. l 05). ; R. BENCJVENGA, Saggio critico sulla nostra guerra cit., II, p. 74. ' L. CADORNA, l a guerra sulla fronte italiana cit., I, pp. 131-132. 1


LA CAMPAGNA DEL 1915

191

l'apertura deUe ostilità, impadronirsi di primo slancio del Sasso di Stria e del Col di Lana, rispose affennativamente. E scrisse: «Io sono perciò completamente d'avviso che il comando italiano, al principio della guerra in Tirolo, anche se quivi non cercava nessuna decisione, ha perduto una brillante occasione d 'ottenere grandi successi iniziali. Il sistema fortificatorio vi era bensì, ma le fortificazioni vi erano debolissime e presidiate in modo del tutto insufficiente. Si sarebbero perciò potuti effettuare anche contro queste posizioni. forti per natura, degli arditi colpi di mano impuniti. Tutta la difesa era ancora interamente non organizzata. Cadoma avrebbe però dovuto dare in modo tutto diverso le sue istmzioni in proposito, e preparare la subitanea penetrazione(...)».

Poi mise il dito sulla vera piaga: «si sarebbe dovuto, in Italia, esser bene al corrente della reale situazione del Tirolo» 1• Ad ogni modo, la 4' armata, ammesso e non concesso che fosse riuscita a sboccare di slancio in valle Pusteria, non sarebbe stata in grado di mantenervisi. I nostri avversari furono concordi nel rimarcare come la lentezza della nostra progressione abbia giocato, insperatamente, a loro favore. Conrad, in un incontro con l'allora capitano Raffaele Cadoma nell'immediato dopoguerra, confessò di aver dapprima preso in seria considerazione lo sgombero del Carso davanti ad una forte pressione italiana 2 , ma di aver cambiato idea non appena resosi conto della timidità della nostra avanzata. Ricavata la sensazione di aver a che fare con un attaccante poco aggressivo, decise aUora di disputare il terreno palmo a palmo 3 • TI diario storico della 5" armata segnala lo scarso impulso italiano: soltanto le linee avanzate si avvicinavano gradatamente e con la preoccupazione di rinforzarsi subito sul terreno conquistato; gli attacchi. erano settoriali e privi di coordinamento nel tempo e nello spazio, ed il grande coraggio con cui venivano condotti non era sufficiente a consentire 1isultati utili; il tiro delle artiglierie era «inesperto, non sistematico, senza una buona osservazione, che batte per ore zone non occupate e ne trascura invece altre occupate». Il gen. Pitreich, capo di Stato Maggiore di Boroevié, scrisse che, contro ogni aspettativa, gli italiani impiegm·ono un tempo esagerat~unente lungo per avvicinarsi sia al confine militare, sia alle posizioni in cui presumevano di incontrare serie resistenze. Solamente il 4 giugno la 3• armata italiana riuscì a completare il proprio schieramento contro l'altipiano del Carso, ad appena venti chilometri dalla frontiera. L' attacco dell' 8 giugno alla testa di ponte di Gorizia causò alla difesa la perdita

' Leltera di K.rafft von Dellrnensingen a Piero Pieri in data 21.5.1928, in appendice a P. Pieri, la nostra guerra fra le Tofane, Lint, 1ì"ieste 1985; ripresa in P. PtERI, La prinw guerra mondiale 1914-1918, USSME, Roma 1986, pp. 143-146. ' Ricordiamo che Conrad, sopravvalutando le forze italiane, aveva, con Falkenhayn, stimato possibile una resistenza sulla front.e giul.ia non superiore alle due-tre settimane. ' In realtà, il primo a prendere la decisione di difesa ad ollranza fu il Boroevié, non appena giunto sul posto e vista la solidità delle posizio1ù della Bainsizza e del Carso. Al riguardo è da aggiungere che negli ambienti mi litari austriaci Boroevié era considerato di spirito offensivo molto linùtato.


LA PRIMA GUERRA MONDIALE

192

di soli 8 morti e 28 feriti. Tutte le aziotù italiane, dal Trentino al Carso, presentarono 1' identica caratteristica: un'avanzata metodica, infinitamente prudente. A prescindere eia ciò, fu subito rilevato con quale tenacia e con quale coraggio la fanteria italiana muovesse all'assalto '.

3.

L'OFFENSIVA D'ESTArE

(1° E 2" 13AITAGLlA DELL' ISONZO)

Le operazioni vere e proprie intraprese dall'esercito italiano nel 1915 rientrano nel quadro di due offensive. L'una, estiva, sferrata al termine della radunata; l'altra autunnale. Esse comprendono, quelle che, con espressione impropria, sono state chiamate dall'avversario le prime quattro battaglie dell'Isonzo. L'ordine d ' operazioni n. 9 diramato dal Comando Supremo il 21 giugno limitò iJ nuovo impegno al campo trincerato di Gorizia. Questi i lineamenti cieli' attacco, ossia della 1• battaglia dell'Isonzo 2 : azione ptincipale contro il campo trincerato di Gorizia (2° armata con II e Vl corpo d'annata) con obiettivo monte Kuk sulla sinistra dell'Isonzo e le alture cli Oslavia-Podgora sulla destra; azione concoLTente, ma essenzialmente dimostrativa, contro l'altipiano carsico (3° mmata) con obiettivo il margine dell'altipiano fra Monfalcone e Sagrado sulla sinistra dell'Isonzo. L'operazione su monte Kuk rivestiva preminente valore; doveva pattire dalla testa di ponte di Plava con una mossa avvolgente da nord e perciò precedere, per facilitarla, la conquista di Oslavia e ciel Podgora. Inizio, il 23 giugno. La postilla di Cadorna era sintomatica: «L'att.acco della 2• annata dovrà essere spinto innan:c.i al massimo vigore e coll'intendimento di Iiuscire ad ogni costo. Il Comando Supremo misurerà la capacità dei capi nella condotta delle trnp-

pc, dall'energia che manifesteranno nel trarla innanzi, e dal modo col quale sapn1nno coordinare le loro mosse con quelle delle unità vicine e l'azione dell'artiglieria con quella della fanteria.».

«Quello che è tipico, in questa ripresa offensiva - ha osservato Bencivenga

- è l'assoluta assenza di un disegno di manovra [strategica] 3 • Una caratteristica

'A. BOLLATI, La nostra guerra dal punto di vista della letteramra rnilitare a11s1riaca e gennanica cit., R.M.I., novembre 193 1, pp. 1843-1850 2 CCSM, Relazione ufficiale cit., n bis, doc. 75. ' R. BENCIVENGA, Saggio cri1ico sulla nostra guerra cit., 11, p. 84. Anche il generale Capello

osservò che nella nostra guerra «venne man mano a mancare la visione strategica d' insieme, e se questa in parte conLinuò ad esistere, essa divem1e sempre più limitata (.. .)». E, di conseguenza, le nostre operazioni si ridussero ad avere scopi tattici limitati, eseguiti «per necessità di far qualcosa, per tener vivo lo spirito combattivo, e forse, almeno in apparenza, per motivi politici. E i risultati palesi ed immediati collimarono con la ristrettezza della visione». li più volte, sostenne Capello, il concetto strategico fu assente (LUIGI CAPELLO, Note di guerra, I, cit., pp. 140-141).


LA CAMPAGNA DEL 1915

193

negativa che rendeva le tre azioni indipendenti e quindi slegate fra loro. Soltanto l'operazione contro Gorizia contemplava un coordinamento degli sforzi: l' avvolgimento da nord e l'attacco frontale da ovest; ma si trattava di un coordinamento relativo. Dovendo l'azione da Plava su monte Kuk anticipare quella frontale, ne conseguiva che il fallimento dell'una rendeva più inutile che vano il tentativo clell' altra». L'attacco contro monte Kuk, sfeJTato eia due divisioni del Il corpo (gen. Reisoli), si arenò quasi subito. Le fanterie, ammassate in spazio ristretto, riuscirono a superare l'intenso fuoco cli sbarramento soltanto in qualche tratto, senza comunque pervenire ad incidere che superficialmente le difese statiche nemiche. Dopo tre giorni di sforzi penosi fu giocoforza interrompere l'azione. Venne ripresa il ~6-27 giugno, ancora senza riuscire nell'intento. Viste le circostanze, il gen. Frugoni arrestò l'attacco. La testa cli ponte di Gorizia merita di essere descritta, almeno per sommi capi. Non costituiva affatto un insieme di opere fortificate. Era semplicemente un'organizzazione difensiva utilizzante, è vero, opere permanenti o semipennanenti, ma composta per lo più da lavori d.i fortificazione campale. I rilievi sui quali si imperniava apparivano tutt'altro che impervi. Eppure il complesso risultante presentava condizioni cli difesa cli una saldezza degna del massimo rispetto. Fra i salienti di PIava e di Sagrado, l'Isonzo si inflette profondamente con Gorizia sulla sinistra. Subito davanti alla città, sulla riva destra, si snoda un cordone collinare cli modesta altitudine, fra i 170 ed i 240 metri: Oslavia, Peuma, Podgora. A nord-est eletto cordone si appoggia al Sabotino (610 m), che si impone nell'ansa del fiume; a sud scende neHa pianura. Ma sulla sponda sinistra, ovunque dominante riS'petto alla destra, un robusto semicerchio di altre colline circonda Gorizia: rn. Santo, che si collega al Vodice ed a m. Kuk di Plava, m. San Gabriele, m. San Daniele, m. San Marco. L' intera zona ad occidente del cordone Oslavia-Peuma-Podgora era comodamente osservata e battuta dall'artiglieria austriaca. L'azione contro le alture di riva destra dell'Isonzo f11 affidata al VI corpo (gen. Ruelle). Nacque evidentemente male, giacché il favore che sarebbe dovuto provenirle dall'avanzata del II corpo su m. Kuk mancò. Alle 17 del 24 giugno le fanterie attaccarono, quando appariva già chiaro che a nord il II corpo non sarebbe mai arrivato a rn. Kuk. Lo sforzo principale del VI corpo si svolgeva al centro, contro Oslavia-Podgora. La sera del 25 il gen. Ruelle rinunciò a proseguire. Il suo ordine d' operazioni n. 12 cominciava con un malinconico: «I risultati raggiunti in due giornate di combattimento hanno dimostrato che incompleto fu l'effetto conseguito dalle nostre aniglierie sui rrinceramenti del nemico e sulle difese avversarie, che sono ancora valide cd attivamente battute( ... )» ' ·

' CCSM, Relazione ufficiale cit.. U bis, doc. 82.


194

LA PRilvlA GUERR A MONDIALE


LA CA MPAGNA DEL 191 )-

195


196

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Pensava ad una ripresa offensiva su tutto il settore, ma poi ritenne preferibile concentrare lo sforzo sul punto di maggior dominio: l'appoggio d'ala fornito dal Sabotino, in precedenza appena impegnato. Il 29 ricominciò l'attacco. Il giorno successivo poteva considerarsi fallito. 11 5 luglio riprese e I' 8 luglio Ruelle decise di abbandonare quel susseguirsi coraggioso ma vano di tentativi. Volle cambiare metodo: l'attacco di slancio non avendo consentito di consegui.re i risultati sperati, occorreva tornare a quello sistematico. A prescindere dalla ben organizzata resistenza austriaca, riconobbe che il mancato successo doveva essere ascritto anche «alla insufficiente preparazione nostra alla guerra di trincea, che richiede una tecnica speciale, abbondanza di mezzi e famigliarità con i mezzi stessi». E, richiamandosi a precedenti disposizioni diramate per l'attacco sistematico, invitò a «far entrare nell'animo di tutti che oggi il nemico non si travolge con il solo impeto garibaldino, ma con la tenace ed ininterrotta somma di sforzi successivi, nei quali il sacrificio dei primi valorosi deve essere raccolto dagli ultimi che muovono all'attacco»'. Il dramma avveniva davanti ai reticolati, per i quali anche i tubi esplosivi non si palesavano soddisfacenti mezzi di distmzione, e peggio ancora accadeva fra la prima e la seconda fascia di reticolati. L'attenzione del Comando Supremo si era intanto spostata sul Carso ove i combattimenti si svolsero in tre fasi (23-28 giugno, 30 giugno-2 luglio e 5-7 lugl io). Qui un successo, pur se limitato, arrise alle nostre armi. Passato l'Isonzo a monte di Sagrado, la 3• m-rnata conquistò e mantenne il primo gradino ciel Carso, da Sagrado a Redipuglia. Molto piì:1 a nord, sulla sinistra della 2• annata, il IV corpo (gen. di Robilant) doveva condurre un'operazione autonoma in prosecuzione degli sforzi già avviati dai gruppi alpi1ù contro Tolmino 2• La preparazione d'artiglieria cominciò il 1° luglio; il 3 le frmterie lasciarono le basi di pmtenza ed attaccarono. Ventiquattr'ore più tardi l'azione si estinse. La «prima battaglia dell'Isonzo» costò a noi 15 nùla perdite sui 250 mila uonùni impiegati; all'avversario oltre 10 mila sui 115 mila impegnati. Essa, secondo il Yeith, «aperse la serie di quelle dodici battaglie che, per il loro carattere, le loro analogie o differenze singole, ed un tal quale dispositivo in gruppi, costituiscono un tutto unico(.. .). Come in [certe] opere artistiche, anche nelle battaglie dell'Isonzo il principio è moderato in confronto al seguito; esso palesa però, nella sua essenza, tutte le caratteristiche dell'intera serie: la preponderanza degli Italiani in numero e materiale bellico, il loro impeto in massima pieno di slancio, ma piuttosto impetuoso anziché collerico; dall'altra parte, la tenacia evolontà di lotta delle truppe austro-ungariche, pienamente spiegabile con la natura dei. sentimenti che le animavano contro il nemico ereditario» 3•

' Ibidem, Il his, doc. 87. ' CCSM, Relazione ufficiale ciL. II bis, doc. 64. J In A. BOLLATI , La nostra guerra nella lellera/ura militare austriaca e germanica cit., p. 418.


LA CAMPAGNA DEL 19 I 5

197

La nostra Relazione ufficiale vuole essere più specifica: «La serie di azioni( ...) svoltesi fra M. Nero, Plava, Podgora e Carso dal 23 giugno al 7 luglio, e costituita nel loro complesso dalla prima battaglia dell'Isonzo, rappresentano il primo, meditato urto in pieno contro la difesa preparata austriaca, messa al.loscope1to dalle operazioni del primo sbalzo offensivo, che ne aveva eliminato le avanstrutture» 1• Piuttosto si dovrebbe semplicemente parlare della ripresa, affrettata per giunta, del primo sbalzo. E bisogna convenire con Bencivenga, per il quale «le operazioni che vanno dal 24 maggio al 7 luglio costituiscono un tutto unico, che si può riassmnere: spiegamento, presa cli contatto, ricognizione delle difese avversarie. Ora non c'è dubbio che, per raggiungere questo scopo, un mese e mezzo sia stato eccessivo. Pmtroppo questa era la fatale conseguenza dell'aver voluto i\ 24 maggio brusquer la situazione, cioè a dire iniziare senz'altro un disegno operativo senza attendere la chiarificazione da paite delle truppe di cope1tura su tutta la fronte>> 2• La Relazione ufficiale austriaca di vide la battaglia in due fasi. La prima, dal 23 al 29 giugno, è vista come «preparazione di artiglieria e combattimenti di ricognizione» ; la seconda, dal 30 giugno al 7 luglio, come «le giornate decisive della battaglia». Circa la prima fase, i vari commenti austriaci si soffennano in modo speciale sull'attività dell'artiglieria italiana. Per la prima volta le truppe austro-ungariche si trovavano sottoposte ad un fuoco di simile violenza. Peraltro, il bombardamento, più che concentrarsi sistematicamente sui setto1i cli attacco della fanteria, assumeva la forma di una grandine irregolare di granate contro la prima linea ed il suo immediato rovescio per una profondità di circa un paio di chilometri. L' effetto, comunque, sulle trincee ed anche sui reticolati risultava considerevole. E, non avendo gli austriaci (come noi, del resto) ancora adottato l'elmetto, le ferite da schegge di pietra si aggiungevano a quelle dovute al fuoco 3. Quanto all' efficacia degli assalti italiani, nonostante la loro violenza, gli sforzi esercitati a Plava, ad Oslavia e sul Podgora apparvero mosse parziali, slegate. Il Comando della 5• armata austriaca restò in attesa, un'attesa sempre più vibrante, di un imminente attacco a massa. Il 30 giugno cominciarono gli assalti alle posizioni: deboli contro il Sabotino ed il Podgora, durissimi a Redipuglia. Il 5 luglio «sul medio Isonzo si scatena l'inferno» dice la Relazione austriaca. Tuttavia il diario storico della 5• armata armota: «Astraendo dall'apprezzamento del valore dei combattenti, non vi fu mai un grande attacco con impulso unitario su estesa fronte; se pur ve n'era l'intenzione, l'attacco si dissolveva. Ottimo il con-

' CCSM, Relazione ufficiale cit., II, p. 223. ' R. Benci venga, Saggio critico sulla nostra guerra cit., 11, p. 90. ' I p1i.u1i elmetti, adottati dall'esercito francese (casque A.drian.). comparvero su l fronte occidentale solo nel seuembrc 1915. li nostro ministero della Guerra , interessato dal Comando Supremo, chiese infonnazioni nel luglio (AUSSME, Fondo Addetti militari, race. 23, h.a). Gli Imperi Centrali impiegarono l'elmetto a paitire dal 1916. In Russia l'uso dell 'elmello rimarrà occasionale e discontinuo.


198

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

tegno degli ufficiali, che, nel dar l'esempio ai propri uomini, si esponevano molto e subivano gravi perdite». Ed il Pitreich sciisse: «Ancor più che nell'azione d' a1tiglieria, si palesò negli attacchi di fanteria la mancanza di esperienza bellica da parte avversaria. L' azione, iniziata su larga fronte, si dissolveva quasi subito, e perdeva ogni carattere di coordinamento di fronte alla cosciente reazione del difensore. Talune aliquote della fronte di attacco, inizialmente compatte, assaltavano con meravigliosa bravura, mentre altre rimanevano indietro; ne consegui vano combattimenti localizzati, producenti gravissime perdite agli attaccanti, giacché il difensore, coll'efficace appoggio della propria mtiglieria, poteva rivolgere tutte le proprie energie contro i gruppi avanzati e distruggerli. La lotta vicina, quando vi si giungeva, costituiva un vantaggio per il difensore, già notevolmente stanco; ne risultava almeno una breve interruzione nel fuoco infernale d'artiglieria, sì da potersi muovere; e bastava il ritorno offensivo di un piccolo reparto sul fianco, per costringere gli Italiani a ripiegare, con perdite micidiali prodotte dal fuoco di inseguimento(... )» '. Un'ultima osservazione. Con la 1• battaglia dell'Isonzo si verificò lo spostamento dell'obiettivo principale e conseguentemente della gravitazione dello sforzo. Mentre dapprima l'altipiano della Bainsizza era considerato detenninante, la constatazione che, con i mezzi di cui al momento disponeva l'attaccante, diventava estremamente arduo superare una difesa mediamente organizzata indusse a puntare sull' altipiano carsico. Fra l'altro, non soltanto ivi passava la direttrice più redditizia, ma il basso Isonzo era stato varcato dalle nostre truppe. Anche al riguardo, però, il diario storico della 5" armata muove due appunti. La decisione di dar battaglia sul Carso era tardiva e, una volta presa, vi furono impiegate soltanto poco più cli nove divisioni. Allora, se il difensore era ritenuto debole, l'aver tardato a sferrare il colpo costituiva errore; se invece era reputato forte, il non aver atteso di disporre di maggior numero di tmppe costituiva errore 2 •

* * * La proposta di Cadorna di dar vita ad un orga1ùsmo interalleato in grado di coordinare, almeno in certa misura, le operazioni sui vari teatri d' operazioni, incontrò l' imm ediata adesione di Francia e Gran Bretagna. Il presidente Poincaré suggerì subito la istituzione di un «ufficio centrale mjljtare», residente naturalmente a Parigi e nel quale ogni comandante in capo fosse rappresentato eia un generale di sua piena fiducia. Disse che i serbi avevano promesso cli attaccare entro una diecina di giorni, mentre sui russi non si poteva ancora contare trovandosi in serie difficoltà. Osservò anche «la poca efficacia clell' azione degli ingle-

1 In A. BOLLATI, La nostra guerra nella letteratura militare austriaca e germanica cit., pp. 423-424. ' Ibidem, p. 424.


LA CAMPAGNA DEL 19 15

199

si, benché questi abbiano onnai ammucchiato quasi 600 mila uomini in un fronte ristretto», di appena settanta chilometri. 1 francesi, invece, erano impegnati nella grande battaglia di Arras, dove avevano «quotidianamente rip01tato dei successi» e dove speravano di ottenere maggiori importanti risultati 1• Anche Kitchener approvò, pur con alquanto scetticismo. Sin dal novembre 1914 aveva prospettato l'opportunità di armonizzare in qualche modo le varie operazioni. Tutti si erano dichiarati d'accordo, però al momento di scendere sul piano pratico non era stato possibile trovare una soluzione. Non nascondeva, comunque, di ritener difficile, almeno in queUe circostanze, coordinare un'offensiva generale «a data fissa» . La Russia, infatti per molti mesi, a suo giudizio, non sarebbe stata in misura di preparare un'offensiva. Quanto, poi, alla Serbia, «è evidente la•sua riluttanza ad entrare in azione. La piena dei fiumi non è che un pretesto essendo ora cessata. Motivo vero è la paura dei Serbi di esser lasciati soli alle prese con i tedeschi appena mettono il naso fuori di casa». A vincerne la reticenza poteva forse essere utile l'intervento rumeno, sul quale peraltro faceva molte riserve. Poi Kitchener si lasciò andare ad alcune considerazioni di carattere operativo. L'esperienza aveva dimostrato che le linee nemiche si potevano t1ettere con un grande sforzo, ma il romperle era impresa oltremodo ardua, attuabile urticamente coghendo l'avversario impreparato, cosa che non era mai accaduta. Prevedeva fra tre o quattro settimane un'offensiva tedesca, tuttavia simile prospettiva non suscitava in lui eccessiva preoccupazione, convinto com'era che nemmeno i tedeschi avrebbero avuto la forza di rompere iJ fronte. Quindi sarebbero andati incontro a perdite enormi, favorendo così la possibilità di una controffensiva franco-britannica. Per quanto riguardava in particolare l'Italia, K.itchener oppose «un muro di bronzo» alla richiesta del nostro ambasciatore di cedere mitragliatrici. La spiegazione era semplice: French si trovava «a corto di 3.000 mitragliatrici» e la casa Vickers non risultava in grado di soddisfare la domanda italiana senza incidere sui rifornimenti dell'esercito britannico 2• Quanto alla Russia, Sazonow condivise la proposta di Cadoma, tanto più che il generale Alekseev, comandante in capo del fronte occidentale, aveva anch'egli avanzato un'idea del genere, ma dichiarò con franchezza che l'esercito russo si trovava «nell'impossibilità di [assumere] impegni per una irtiziativa offensiva)) 3• La Serbia non si peritò di comurticare che «prima di mettere le truppe serbe in marcia contro l'Austria ed oltrepassare la frontiera per conco1Tere ad un attacco concentrico e contemporaneo al comune nenùco, noi dobbiamo vedere avanzare con successo oltre gli italiani anche gli eserciti russi e franco -inglesi».

' Tittoni a Sonnino in data 22.6.1915, D.D.l., 5' serie, lV, doc. 238. ' Imperiali a Sonnino in data 23.6.1915, ibidem, IV, doc. 246. ' Carlotti a Sonnino in data 23.6. 1915, ibidem, lV, doc. 247.


200

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

In caso contrario le ttuppe serbe si sarebbero trovate nei guai, da un lato perché isolate oltre frontiera contro l'Austria e dall'altro perché i nemici balcanjcj avrebbero avuto buon gioco nel travolgere le poche forze rimaste ne! territorio nazionale. Impossibile essere più espliciti. A ribadire il concetto, Squitti avve1tì che a Nìs girava apertamente la voce che lo Stato Maggiore serbo non avesse la benché minima intenzione di preparare la promessa prossima offensiva '. Tutti concordando sull'opp01tunità di creare un organismo militare interalleato, il 7 luglio ebbe injzio a Chantilly la prima conferenza dei rappresentanti militari. Per l'ItaJia paitecipò il generale Porro, sottocapo di Stato Maggiore del1' esercito. La posizione francese era intuibile. Con assoluta naturalezza ]offre aveva suggerito a Millerand di accentrare la condotta strategica della guena al Gran Quartier Generale francese. Ogni Potenza avrebbe qui accreditato un generale in grado di fornire al Comando Supremo francese tutti i ragguagli operativi del rispettivo teatro d'operazioni, «eppoi, di trasmettere i piani e le direttive stabiliti dal Comando francese» 2• La conferenza, presieduta da Millerand, fu ape11a appunto da Joffre, sulle cui argomentazioni di principio nessuno ebbe a sollevare eccezioni: la decisione della guerra non poteva essere ottenuta e non doveva essere ricercata che sui grandi teatri d'operazioni; l'optimum consisteva in una potente offensiva sfe1nta da tutti gli eserciti nello stesso tempo; l'esercito momentaneamente sopportante il maggior sforzo avversario aveva il diritto di contare sull'alleggerimento provocato da un' energica offensiva da parte degli alleati. Il riferimento alla Russia, che il 22 giugno aveva visto gli austriaci entrare in Leopoli, era evidente. In conclusione, bisognava che gli eserciti franco-britannico ed italo-serbo si ponessero in misura di agire con la massima energia. Perciò, le forze francesi dovevano continuare le loro azioni locali e riprendere al più presto, con il concorso di quelle britamtiche e belghe, l'offensiva; l'esercito italiano doveva «sviluppare a l più presto possibile l'azione offensiva già intrapresa in direzione di Lubiana-Villaco» ed a quello serbo spettava di coordinare la propria avanzata con detta operazione 3 • A sgomberare il terreno, il nostro terreno, dalla questione serba, possiamo aggiungere che secondo il colonnello Stefanovié, rappresentante serbo, l'azione del suo esercito avrebbe trovato maggioii possibilità di successo muovendo, insieme con l'esercito montenegrino, a sud deUa Sava, anziché fra la Sava e la Drava. Joffre tagliò corto, replicando che «l'essenziale è che l'esercito serbo prenda l'offensiva dopo intesa con lo Stato Maggiore italiano». Il colonnello Stefanovié fece allora notare che fra gli eserciti italiano e serbo correvano circa 400 chilo-

' Squitti a Sonnino in data 25.6.1915, ibidem, IV, doc . 269. ' C.J.J. Joffre, Memorie cit., li, p. 114. ' Ibidem, II, pp. 115-116.


LA CAMPAGNA DEL 1915

20 1

metri, il che non era poco, e che anche i russi si trovavano lontani. Ricevette due obiezioni: dal rappresentante russo, che la lotta in Galizia disimpegnava largamente i serbi; da Porro, che l'offensiva serba poteva anche svolgersi a sud della Sava, visto che l'obiettivo rimaneva Lubiana 1• Questo, il 7 luglfo. Ebbene, il 24 luglio l'addetto militare francese a Nis, colonnello Foumier, comunicò a Parigi che il sottocapo di Stato Maggiore serbo aveva dichiarato di «non conoscere gli impresi presi a Chantilly dal colonnello Stefanovié», perché questi con-ispondeva con il ministero della Guerra e non con l'Alto Comando! Del resto, il generale Laguicbe, addetto militare francese a Pietroburgo, il 29 luglio riferl che secondo Sazonow «non c'è più nulla da fare con la Serbia» e che il ministro di Serbia in Russia sosteneva «dover l'esercito serbo, ben riposato e mùnito di tutto il necessario, limitarsi alla difesa della frontiera, per non esporsi a distruzione dannosa(?) per gli Alleati, essendo dovere delle Grandi Potenze venir au devant des petits» 2• L'atteggiamento serbo, in verità, derivava assai più da motivi politici che militari. Gravavano su di esso le clausole segrete del Patto di Londra, delle quali il governo serbo conosceva quel tanto che bastava per renderlo ostile all'Ita lia e diffidente nei confronti delle altre Potenze. Francia e Gran Bretagna non a caso cominciarono ad insistere affinché l'Italia comunicasse direttamente alla Serbia tali clausole, cercando di arrivare ad un compromesso tra le rispettive ambizioni. Sonnino, invece, non intendeva ragioni, anzitutto proprio perché di fatto la Serbia conosceva benissimo le promesse che potevano riguardarla; in secondo luogo per non regalarle la scusa per condizionare qualunque azione contro l'Austria ali ' impegno di ricevere la Croazia e magari Fiume; infine, per non sollevare in Italia agitazioni da parte dei sostenitori della Dalmazia italiana 3• Serbia, dunque, a parte, la linea di condotta da seguire diventava l'approntamento di un grande sforzo strategico contemporaneo su tutti i teatri d'operazioni. Tuttavia, in un colloquio privato era affiorato un dissidio fra il ministro Millerand ed il generale Porro. Millerand, premuto dall'opinione pubblica e specialmente da quella parlamentare, avrebbe voluto l'offensiva in tempi brevi, senza preoccuparsi della Russia, in quel periodo chiaramente fuori causa. Porro, invece, sosteneva che un'offensiva immediata, senza iI concorso russo e serbo, sarebbe andata incontro a grossi sacrifici con scarse probabilità di essere compensata da un successo decisivo. Perciò era incline a «molestare il nemico con parziali offensive» fino alla ripresa russa. Visto che Millerand temeva una troppo lunga e snervante attesa, Porro si riservò di tornare sull'argomento con Joffrc e Freuch nei giorni successivi•. Gli ulteriori colloqui condussero ad una soluzio-

'M. C..\RACCIOI.O, L'Italia e i suoi alleati cit.. pp. 93-95. 'Ibidem, p. 98. ' Sonnino a Imperiali, Tittoni e Carloui in data 28.6.1915, D.D.l., 5• serie, IV, doc. 293. ' Tilloni a Sonnino in data I0.7. l915, ibidem, IV. tloc. 388.


202

LA PRIMA GUbRRA MONDIALE

ne intermedia. Alla prossima grande offensiva l'Italia avrebbe partecipato, con la riserva però, che, se si fosse trovata di fronte ad una resistenza non superabile, avrebbe potuto interrompere l'azione e passare alla difensiva'.

* * * Esistevano anche motivi di natura psicologica che imponevano a Cadoma di non lasciare in sospeso l'azione cominciata con la 1° battaglia dell'Isonzo. La delusione cresceva ovunque in modo evidente, così come era .innegabile l' atteggiamento di distacco che il governo veniva assumendo. Donde la decisione di riprendere l'offensiva contro il Carso, e più esattamente contro monte San Michele, dominante Gradisca e la conca di Doberdò. Per questo rinnovato sforzo, Cadoma si comportò non diversamente dagli alt1i comandanti in terra di Francia: fronte molto ampio, parecchi attacchi settoriali per impegnare il nemico a vantaggio del tratto individuato per lo sfondamento. Purtroppo, se i tentativi franco-britannici risultavano sostanzialmente sterili, ancor più lo fu la 2• battaglia dell'Isonzo, a sfavore della quale pesò il mancato rispetto del principio della massa. Non soltanto la 2° e la 3• armata ricevettero il compito di muovere sull'intero fronte ciel medio e basso Isonzo, ma la 4• m·mata ebbe l'ordine di rinnovare la pressione contro gli sbarramenti e la Zona Carnia cli agire contro le opere di Malborghetto e del Predil. In altri tennini, si tornò all'iniziale disegno di manovra, invece di concentrare truppe e mezzi a favore della 3• annata. Le direttive a questa impartite erano aderenti al pensiero tattico in vigore ovunque: contemporaneità ed armonia degli sforzi; svolgimento dell'attacco «con tenacia e persistenza, senza interruzioni», fino al raggiungimento dell'obiettivo; saggia econo1nia delle forze e scaglionamento in profondità; preliminare preparazione d'artiglieria intesa a «sconvolgere le difese nemiche»; avanzata della fanteria in stretto accordo con il fuoco dell'artiglieria 2• L'inconveniente fu che l'attacco deUa 3• armata venne svolto dalle medesime sette divisioni dimostratesi insufficienti nella 1• battaglia e con le poche batterie di grosso calibro diluite da Plezzo al mare. La lotta sul Carso cominciò all'alba del 18 luglio. Si articolò in due fasi (18-23 luglio e 24 luglio-3 agosto). La prima tenninò quando le fanterie, ani vate esauste ed assottigliate sul San Michele, vennero contrattaccate dalle riserve aust1iache senza poter ricevere né l'appoggio dell' mtiglieria né il soccorso di truppe fresche. Il ripiegamento, perciò, sulle posizioni di partenza assunse aspetti tonnentosi. E purtroppo, come dovunque, l'attacco riprese nelle stesse condizioni di prima, cosicché la seconda fase si svolse più o meno come la precedente e con risultati s.unili. La 2• battaglia dell'Isonzo si chiuse con 42 tnila perdite complessive italiane contro 47 mila austriache.

' Tittoni a Sonnino in data 13.7.1915, ibidem, IV, doc. 418. 'CCSM, Relazione ufficiale cit., II bis, doc. 123.


LA CAMPAG NA DEL 191 5

203

Le parole della nostra Relazione non hanno bisogno di aggiunte: «La seconda battaglia dell'Isonzo segnò per noi nell'estate 1915 il culmine dello sforzo. Quasi tutte le riserve furono impiegate. E oltre alle deficienze contingenti prodottesi - perdite in uomini e consumi di munizioni e materiali vari- altre deficienze organiche fondamentali s.i rivelarono: insufficienza - .in numero e potenza - di artiglieria, di mezzi ausiliari di distruzione e di mezzi di osservazione aerea, principalmente. Si rese necessaria una sosta, perché potessero essere colmate le pri me e, se possibile, almeno parzialmente, le seconde» 1• Se si guarda come la battaglia sia stata vissuta da parte austriaca, sinceramente è da rimpiangere che il Comando Supremo abbia tardato a porre a disposizione della 3° armata il suo XIV corpo (su due divisioni), e non soltanto quello, tenuto in riserva strategica. Mancò nel Comando Supremo un accettabile apprezzamento della superiorità necessaria almeno in uomini. Basti considerare che, alle sette divisioni della 3° armata, Boroevié contrappose tre divisioni più 12 battaglioni di marcia, più una divisione ed una brigata in riserva. L'ammissione austriaca di una lotta accanita è franca: «NelJe due giornate [del 18 e del 19 luglio], si è ceduto pochissimo terreno in complesso, ma le perdite sono terrorizzanti». Il 20 la cresta del Podgora viene perduta e ripresa, ma «montagne di cadaveri giacciono davanti le trincee ed in esse». Il 25 ed il 26 il combattimento sul San Michele è durissimo cd il Comando del fronte sud-ovest trasferisce da Bolzano il I O reggimento Kaiserjaeger, l'ultimissima riserva della difesa del Tirolo. Il consumo munizioni della 5' armata austro-ungarica dal I 8 luglio al 2 agosto ammontò ad oltre otto milioni di cartucce per fucile e per mitragliatrice, poco più di 143 mila colpi di artiglieria da campagna e 14 mila di medio e grosso calibro. Secondo il diario de lla 5" rumata l'offensiva italiana sul Carso presentò, in genere, gli stessi difetti riscontrati in precedenza: mancanza di coordinamento fra la preparazione d'artiglieria e l'assalto della fanteria; azione delle unità di fanteria non ben coordinata, con insufficiente scaglionamento in profondità; tecnica d'assalto a posizioni ben sistemate a difesa ancora non assimilata. Insomma, «operazioni ideate in grande stile finivano per ridursi in azioni di dettaglio, e l' energia generale offensiva si esauliva molto prima di ottenere risultati apprezzabili, senza valolizzare la preponderanza d i forze» 2• Difetti di esecuzione che non potevano essere corretti in breve tempo e che erano destinati a scomparire solo con l'esperienza acquisita dai minori reparti. Non si creda, del resto, che le tru ppe austriache non palesassero deficienze di organizzazione e di condotta ciel combattimento, a dispello dei lunghi mesi di guerra già sopportati. Si riscontrarono tendenza dell'artiglieria e delle armi di accompagnamento a non cambiare posi-

' Ibidem. Il. p. 287. ' In A. BOLLATI, Lo nostra guerra nella letteratura militc,re a11s1riaca e germanica cit., pp. 427-432.


204

LA PIUMA GUERRA MONDIALE

li terreno delle prime bauaglie sul Carso.


LACAMPAGNADEL 1915

205

zioue benché individuata; richieste di fuoco da parte della fanteria imprecise ed insufficienti; dislocazione delle riserve di brigata discutibile; carenza di ordini circa i limiti di settore, con ripercussioni negative in combattimento e conseguenti discussioni fra comandanti circa le rispettive responsabilità; rete dei collegamenti difettosa '. Il 28 luglio, mentre era ancora in corso la 2• battaglia dell'Isonzo, Cadoma convocò i generali Lequio, Frugoru e di Robilant. Ammise senza reticenza che la lotta della 3• annata stava esaurendosi per mancanza di muni:t.ioni e che prima del 20 agosto non sarebbe possibile ricominciarla, però voleva studiare l' opportunità di un' operazione che consentisse il controllo delle conche di To lmino e di Pleezo. Questa operazione sarebbe dovuta iniziare già il 12 agosto per approfittare del rimanente periodo di buona stagione utile per muovere in alta mcmtagua. Naturalmente, da tale data la 3• armata avrebbe esercitato una pressione continua per impeci.ire lo spostamento di riserve austriache. E del pari doveva fare la 4• annata nel suo settore dolomitico 2. ln sostanza, Cadorna aveva in animo di riprendere, poco prima della metà di agosto, l'azione sull'alto Isonzo, estendendola una settimana più tardi al medio e basso fsonzo. L'orientamento, invero, appare piuttosto discutibile giacché nessuno dei risultati delle precedenti offensive risultava invogliare o richledere una prosecuzione dello sforzo, e perché l'idea si trovava in netto contrasto con le decisioni prese a Chantilly. Gli alleati non si sarebbero mossi prima del setlembre probabilmente inoltrato, perciò sia la nostra offensiva sia la loro sarebbero state prive della tanto richiesta contemporaneità. Secondo Bcncivenga, su Cadorna continuavano ad agire le stesse cause che l' avevano indotto alla l° ed alla 2• battaglia dell' Isonzo, con l'aggravante di un risveglio nel paese delle correnti pacifiste e neutraliste. Non per nulla Sonnino, restituendo a Salandra un paio di dispacci del Comando Supremo inviatigli in visione, aveva osservato in tono confortante: «Non mi pare che ci sia ragione di ~coraggiarsi. li cimento è grosso, ma per ora il contegno dell'esercito è superiore a quanto si poteva aspett,1re (...}. Credo che dovremo cominciare fin d'ora a fonnare quel secondo esercito di riserva, cui accennò l'altro giorno in consiglio dei ministri lo Zupelli. E bisogna essere da ora in là inesorabili nel non permettere alle nostre fabbriche la fabbricazione e l'esporlazione di materiali di guerra nemmeno per gli alleati (...)» ' ·

1 fattori psicologici non erano i soli; accanto ad essi esistevano purtroppo spunti operativi determinati dalla sopravvalutazione dei successi tattici e dal!' ottimismo ostentato dai comandanti di armata.

'Ibidem. ' CCSM, Relazione ufficiale cit., li bis, <loc. 143. ' Sonnino a Salan<lra in data 25.7.19 15, D.D.!., Y serie, IV, doc . 473.


206

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

I primi di agosto le cose cambiarono. Da un lato impensierivano le catastrofiche notizie che provenivano dalla Russia. Il 5 agosto ì tedeschi entravano in Varsavia e la ritirata russa dalla Polo1ùa e dalla Galizia continuava senza sosta. Cresceva il timore che beo presto divisioni tedesche ed austriache potessero esser tolte dal fronte orientale per far massa in Francia cd in Italia. D'altro canto era innegabile l'insoddisfacente andamento della lotta sul Carso rispetto alle previsioni. Qui la nostra avanzata incontrava resistenze non superabili facilmente. Cadorna ne riferì a Salandra. Le carenze più sentite erano tre: l'indisponibilità di artiglierie di medio calibro, assolutamente necessarie per consentire la progressione della fanteria; ì vuoti che le gravi perdite avevano aperto nei quadri ufficiali ed il troppo lento affluire dei complementi; la mancanza di aerei per l'osservazione del tiro e l'individuazione delle batterie nemiche. In tali circostanze, «l'insistere nell'energica offensiva intrapresa condurrebbe ad un inutile logorio di forze e di mezzi senza la probabilità. di raggiungere uno scopo proporzionato» , perciò - comunicò Cadoma - «ho deciso di sospendere l'avanzata in corso sul Carso, fino a quando non mi siano inviate munizio1ù e complementi in quantità sufficiente per riprendere l'azione» ' . 11 20 agosto Cadoma fece il punto della situazione con una memoria verosimilmente destinata a Salandra. Come è naturale tornò sulla questione della scarsa disponibilità di artiglierie di medio e grosso calibro e dell'insufficiente rifornimento di munizioni. Considerata la possibilità che già a fine settembre «grandi masse austriache» potessero venir spostate dalla Galizia all'Isonzo, occorreva approfittare del mese di settembre per migliorare le nostre difese sul fronte giulio, e soprattutto «accumulare la maggior quantità di munizioni, perché solo dal novembre queste potranno venir giomalmente rifornite nella quantità necessaria» 2• Su quest'ultimo punto occorre una precisazione. Dopo la guerra Salandra scrisse di aver ricavato la «generica impressione» che i capi militari non avessero tratto sufficiente frutto di insegnamenti dalla guerra in atto sul fronte di Francia da circa un anno. Torneremo sull'argomento, diffusissimo, ma qui rileviamo che, a dimostrazione dell'asserto, Salandra si espresse in questi termini: «La domanda di armi e munizioni divenne bensì stringente e affannosa fin dalle prime settimane; ma tale non era stata prima della nostra entrata in guerra» 3• La «Relazione» per l ' inchiest.a su Caporetto accennò al dubbio che, per quanto il Comando Supremo avesse, ancor durante la neutralitlt, una buona visione dell' insufficienza qualitativa e quantitativa delle artiglierie e della troppo limi-

' Cadoma a Salandra in data 3.8. 1915, f. 330,AUSSME, Fondo S.M.R.E.· RR, racc. 17, fase. 1. di Cadoma in data 20.8.1915, in L. CMXlRNA, Lt, guerra allafro111e iraliarui cii., [, pp. 144- 145. ' A. SALANDRA, L 'intervento cii., p. 330. 2 Memoria


LA CAMPAGNA DEL 1915

207

tata produzione di mui1izioni, pur tuttavia detta visione sia apparsa veramente adeguata soltanto dopo le prime operazioni. E sostenne il dubbio <<Con la meraviglia dimostrata da un alto personaggio del Governo [ovviamente Salandra] nell'agosto 1915, a un rapporto del generale Cadorna, relativo alla scarsità di munizioni di medio calibro e di apprestamenti ausiliari. dalla quale si dichiarava costretto ad arrestarsi: tale necessità, quegli aggiunse, non era mai stata rilevata in simile misura nel periodo della preparazione, e se lo fosse stata avrebbe provocato o un pi ti largo rifornimento o addirittura una diversa soluzione da parte del Governo» '·

Le affermazioni di Salandra non possono non destare stupore. Nel settembre 1914, Pietro Bertolini, già ministro delle Colonie con il governo Giolitti, aveva riferito al suo successore, Martini, di esser venuto a conoscenza che il direttore generale dell' artiglieria, allarmato per i consumi che si stavano verificando sul fronte occidentale, si preoccupava per la scarsa disponibilità d.i munizioni in Italia. Martini, colpito dalla informazione, si era recato da Salandra, ma questi aveva troncato subito il cliscorso asserendo trattarsi di voci allarmistiche e quindi da ignorare assolutamente 1 . Per quanto, poi, riguarda i rapporti con l'autorità militare, in primo luogo è il 13 giugno che Salandra ricevette personalmente la lettera con la quale il capo di Stato Maggiore ricordava le sue precedenti inascoltate insistenze sull'argomento e gli chiedeva l'istituzione di un organo ministeriale ad hoc. In secondo luogo, abbiamo visto come sin dall' 8 dicembre 1914, ed ancora nella immediata vigilia della guena, il 21 maggio 1915, Cadorna abbia premuto sul ministro della guerra per un grosso aumento della produzione cli anni e munizioni, visti i non immaginati consumi riscontrati in Francia 3, ed insistito sulla necessità del ricorso in larga misura all'opera degli stabilimenti privati ''. Dobbiamo dedurre

' «Relazione della Commissione d'inclùesta sul ripiegamento dall'Isonzo al Piave>,, TI, Roma 1919, p. 31. 'P. 8ERTOLINI, Diario (agosto 1914-maggio 1915) in «Nuova Antologia». CCXXII, fase. 1221 del 1° febbraio 1923, pp. 21 4-225. ' I rapporti, frequentissimi. inviati dal col. Brcganzc, dalla Francia, battevano quasi sempre sul tasto delle munizioni. Dopo il secondo viaggio sul fronte occidentale riservato agli ufficiali esteri (5-ll febbraio 19l5), riferì il commento di un generale francese: «stabilito un munizionamento base, la guerra attuale ha dimostrato che occorre u·iplicru'lo. E ciò come punto di partenza, ché in seguito occorre una ben studiata alimenta2ione ed a getto continuo». Un altro ufficiale, nel rimarcare «l'enorme consumo di muni ziorù, aveva runmesso di non essere " molto avanti'" nella produzione dei proietti d'rutiglieria» (AUSSME, Fondo M.G., Capo S.M.R.E., racc. 23, b. 3). TI 2 aprile Brcganze scrisse che la produzione delle munizioni, come già detto in precedenza, «nella presente guerra ha assunta la più alta importanza poiché ogni previsione del tempo di pace sui quantitativi occorrenti ha sorpassato ogni liuùte ritenuto il pili esauriente(... ). Il gen. Joffre si è imposto: oggi la produzione sorpassa i 100.000 proietti al giorno» (AUSSME, ibidem , racc. 22, b. 3). E questi sono solo due esempi. • TI IO mar.1.0 1915 il col. Breganze aveva trasmesso una serie di utilissime infonnazioni raccolte in Francia dal! ' ingegnere Della Riccia, richiamato come maggiore del ge,ùo, su li' in1piego del!' industria privata per la fabbricazione di munizioni. li documento toccava i seguenti argomenti: ripartizione della fabbricazione; mansioni dei ca-


208

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

che il ministro della Guerra abbia sempre deliberatamente taciuto a Salandra una questione così importante? E, comunque, è mai possibile che il presidente del Consiglio si sia tanto estraniato dalle cose militari da non rendersi conto che la guerra in atto, quella guerra nella quale voleva far entrare il paese, era diventata una guerra di materiali e come tale esigeva l'attento e solerte impegno responsabile dell'intero governo? Tornando al fronte dell 'lsonzo, la situazione complessiva indusse Cadorna a modificare il suo disegno. Dunque, continuazione dell'offensiva su Plezzo e Tolrnino, ma atteggiamento prudente sul Carso mediante una prosecuzione metodica «col minimo possibile di munizìoni» ed approntamento ai piedi del Carso di una linea difensiva in contropendenza '. La conquista della conca di Plezzo serviva ad eliminare la minaccia austriaca per la linea Tarvisio-Predii e facilitava l'occupazione della conca di Tolmino. Il possesso degli sbocchi delle due conche avrebbe consentito, come sappiamo, la piena sicurezza dello schieramento isontino.

In Francia, Joffrc, approfittando della disponibilità di quindici nuove divisioni, aveva costituito tre gruppi d'armate e stava pensando di impegnare i tedeschi in Artois con il gruppo d'armate nord (gen. Foch) e di rompere il fronte nernico in Champagne con il gruppo d'armate centro (gen. dc Castelnau). Esisteva però una divergenza di vedute fra il 1ninistro Millerand ed il presidente Poincaré. Il primo fremeva per l' impaz ienza di recare un aiuto indiretto all'esercito russo, che da tre mesi si stava battendo in condizioni disastrose. «Ovunque - scrisse l'ambasciatore Paléologue - la stessa domanda è su tutte le labbra: "Ma che fanno dunque i Francesi?"» 2• Poincaré, invece, ricevendo i membri della missione militare francese venuta in Italia - ed evidentemente raccogliendo le impressioni sulla guerra al nostro fronte e sulla politica interna italiana - disse che avrebbe chiesto a Joffre il progetto relativo alla prossima offensiva. Il governo l'avrebbe esaminato e, qualora l'avesse reputato privo delle mass.ime garanzie di successo, ne avrebbe rimandato l'esecuzione. «Il Presidente -ricordò Joffre - si dichiarava poco pa1tigiano di una azione offensiva importante sul nostro fronte. La sua argomentazione era la seguente: occorre che nella prossima primavera non ci troviamo in uno stato d' inferiorità circa gli effettivi di fronte agli alleati.

pi-gruppo; oggello delle ordinazioni in corso di esecuzione in Francia; importanza delle ordinazioni; documenti tecnici; materie prime; mano d'opera; sa lari; macchine utensili; fabbri cazione; sorve-

glianza e collaudi; prezzi e pagamenti; noti zie varie ed opinioni (AUSSM E, ibidem. mcc. 22. b. 3). ' Memoria di Cadorna in data 20.8.1915 cit.. L'ordine del Comando 3• armata diceva: «Ogni giorno deve segnare per ogni Corpo d'armata un passo avanti verso le posizioni nemiche cd ogni conquista, una volta fatta, deve essere mantenuta» (L. SEGA:ro, L'Italia nella guerra mondiale cii., I. p. 348). ' C.J.J. JoFFRE, Memorie c it., li, p. 75.


LA CAMPAGNA DEL 1915

209

Dobbiamo poter appoggiare su una forza reale le nostre rivendicazioni al momento di regolare i conti» '. Supe1fluo il commento. Ad ogni modo, il 19 agosto Joffre stabilì di lanciare l'offensiva l' 8 settembre. Poi, risultando questa data prematura rispetto alla preparazione francese, la spostò al 15 ed infine al 25 settembre. In ltalja, l'offensiva sulJ'alto Isonzo ebbe inizio il 14 agosto e, dopo molte interruzioni, si concluse il 19 settembre. Nonostante lo slancio ed il valore dimostrato dai combattenti, i risultati furono, una volta di più, estremamente limitati. A Tolmino la situazione rimase immutata. A Plezzo si ottenne, è vero, una certa neutralizzazione della conca, ma questo fu tutto. Per converso, il logorìo delle divisioni apparve preoccupante e le posizioni raggiunte, alle quali si aggrappa~ano i nostri repai1i, presentavano svantaggi difensivi molto seri. Non saprcnuno dire se veramente questi clementi negativi «pesarono al passivo per tutta la campagna; e furono causa non ultima dell' insuccesso di Caporetto» 2, ma sicuramente ci impedirono di prendere in settembre l' offensiva in contemporanea con gli alleati. Nello stesso periodo si chiudeva l'attività operativa della la e della 4° armata. La I" armata, arrestatasi il 16 giugno, aveva iniziato lavori di rafforzamento sulle posizioni occupate senza molta fatica e, a pa11e un'azione locale compiuta il 24 luglio cd un tentativo del 16-18 agosto sull'altipiano di Folgaria, era sostanzialmente rimasta sulla difensiva. Tuttavia operazion i spicciole, dettate forse dal rifiuto a darsi per vinti davanti alle difficoltà, si trascinarono in agosto ed in settembre, toccando con mano che «non solo le fortificazioni permanenti impedivano l'avanzata su Trento, ma che dw·ante il periodo di preparazione alla guerra era sorta una serie di opere campali che aveva completamente trasformato la regione» >. Per quanto concerne la 4° armata, Cadoma, rutto preso dalle battaglie dell' Isonzo, aveva lasciato ampia iniziativa al generale Nava. È probabile che non si attendesse sviluppi di rilievo nella zona dolomitica e forse anche per questo, verso la fine di seuembre, toglierà alla 4• annata buona parte delle artiglierie di medio calibro a favore della 2• e della 3• armata. Ad ogni modo, all'irtizio del mese il Comando Supremo aveva chiesto al Comando 4" annata quali azioni avesse in progetto per il corrente mese di settembre, pe1iodo ancora utilizzabile prima che le condizioni climatiche diventassero proibitive. Nava rispose il 13 settembre. Spiegò che «non potendo conseguire, prima delJ' affacciarsi della fredda stagione, gli obiettivi (...) assegnati fi n dall'inizio della guerra, né quel li più mo-

' Ibidem , U, p. 76. ' R. 8E."ICIVEKGI\ , Saggio critico sulla nostra s11erra cit., U, p. 135. ' Der Krieg gegen lralien , p. 57, in CCSM, Relazione t([/iciale, n, p. 362.


LA PRIMA GUERRA MONDIALIZ

210

desti ai quali aveva dichiarato di tendere verso la fine di luglio, avrebbe svolto nella seconda metà di settembre un programma più ridotto ancora nei limiti, ma non per questo ovunque di facile attuazione» 1• Senonché il programma ridotto consisteva .. . neJl'i.ntenzione di agire sull'intera fronte del IX e del I corpo d'armata per tentare di prendere buona parte dei capisaldi dell'organizzazione difensiva austriaca! Nessuna meraviglia se, per il compito superiore alle possibilità e per la sottrazione delle artiglierie di medio calibro, le operazioni si ridussero a tentativi privi di risultati apprezzabili. Il 25 settembre, il generale Nava venne esonerato dall'incarico e sostituito dal generale di Robilant. Il 4 e 5 settembre Joffre, arrivato in visita in Italia, evidentemente per completare de visu le notizie fornitegli dalla missione francese, visitò il basso Isonzo. È probabile che la scelta di quel tratto derivasse dal fatto che a poco più di venti chilometri si trovava Trieste, un obiettivo di capitale rilevanza, comportando la squarcio del fianco meridionale austriaco. Forse sarebbe stato preferibile mostrare a Joffre le linee del medio lsonzo, ben più probanti circa le difficoltà che si opponevano all'avanzala italiana attraverso la barriera giulia. Tutto sommato, si trattò di una visita di circostanza, come lo fu il comnùato, anche se Joffre approfittò della circostanza per invitare Cadorna a riprendere l'offensiva verso il 25 settembre, in concomitanza con quella alleata in Francia. Cadorna riferl a Salandra di essersi tenuto sulle generali, giacché, pur con tutta la migliore buona volontà, non riteneva fosse possibile. Ricordò che la 2• battaglia dell'Isonzo, «già così bene avviata ai primi di agosto e prossima al raggiungimento dello scopo» (!), era stata interrotta per tre ragioni ben note al governo: le penuria di muniziotù, la deficienza di velivoli e la lentezza con la quale il mi1ùstero della Guerra provvedeva al rifornimento del personale. E nùse in rilievo che la sospensione dell'offensiva aveva provocato due danni: il differimento della conquista degli obiettivi militari e nazionali ed il regalo di un tempo prezioso al nenùco per l'ulteriore suo rafforzamento. In sostanza, occorreva che la prossima offensiva fosse ben preparata per non arenarsi ancora una volta. I nuovi mezzi (lanciabombe, gas asfissianti, razzi, proiettori, scudi, ecc.) non sarebbero stati disponibili che i prinù di ottobre. Lo stesso dicasi per lo spostamento delle artiglierie e l'ammassamento delle munizioni. Quindi. soltanto dopo tale epoca l'operazione poteva prendere il via 2•

* * * Cadorna avvertiva le molteplici istanze e le comprendeva: il rispetto degli accordi presi con gli alleati, la necessità di non attaccare se non veramente pronti, l'impossibilità di rimanere inerti per mesi, la converùenza di sfruttare l' au-

1

CCSM, Relazione ufficiale c it., Il, p. 362. ' L. CAOORSA. La guerra allafrome italiana cit., I, pp. 146- 148.


LA CAMPAGNA DEL I 9 I5

2 1I

tunno sotto l' aspetto operativo. Ma esistevano attriti anche in campo governativo. Proprio in quel periodo scoppiarono polemiche con Z upelli, con lo stesso Salandra e con Sonnino. Con Zupelli l' urto ebbe luogo a causa della chiamata alle armi della classe 1896, che Cadorna voleva attuata prima del 15 novembre, in modo da averla pronta ad entrare in campagna all' inizio della primavera del 191 6, ed il ministro intendeva invece rimandare alla prima decade di dicembre per motivi di economia. Dopo un breve scambio di opinioni, Cadoma non si trattene dall 'esprimere il suo rammarico «nel constatare come il Ministro della Guerra, che degli interessi militari era il naturale rappreseniante in seno al Governo, non sostenesse ed ollenesse ciò che era di vitale e capitale importanza per \a nostrn azione militare, ma costringesse me a trallare e perorare quasi direttamente, di fronte al Consiglio dei Ministri, la causa di questi suprenù interessi, mentre di altri problemi e di altro genere di lotte avrei dovuto esclusivamente occupanni» '.

Naturalmente Zupelli rassegnò immediatamente le dimissioni . La cosa poi si accomodò, Zupelli ritirò le dimissioni e la classe 1896 fu chiamata il 22 novembre. Rimase, tuttavia, inascoltato il programma dei richiami di classi presentato dal Comando Supremo, con gravissimi riflessi sul livello di fo rza dei reparti. Basti por mente al fatto che il richiamo delle prime tre classi di milizia mobile (1897, 1896, 1895 e parte de l 1894) ebbe luogo fra il 31 luglio ed il 31 agosto, e cli a ltre tre (1imanenza del 1894 , 1893 e 1892) dal 10 al 24 ottobre. Ne derivò l' invio al fronte, e petfino direttamente in prima linea, di richiamali con addestramento limitato o nullo. L o scontro con SaJandra e con il ministro del Tesoro riguardò la questione dell'ampliamento dell'esercito, sul tappeto da mesi. Il progetto dettagliato, concernente personale e materiali, per la costituzione di nuove unità 2 era stato trasmesso al ministero della Guerra il l luglio 1915. r primi d i settembre, Cadorna chiese ragguagli su quanto si stava facendo. Rispose Salandra. Il progetto comportava un onere che «superava in misura notevole le forze del bilancio del tesoro e del Paese, anche quando lo si volesse costringere, come il Governo era disposto a fare, al massimo possibile rendimento». Perciò si imponeva «una riduzione, in misura notevole, dei preventivi e quindi delle proposte di incremento di uomini e di materiali bellici» ). O

' Ibidem, I, p. 149. ' Si trattava di 48 reggimenti di fanteria, 2 reggimenti bersaglieri più venti banaglioni di cui 6 c iclisti, 26 battaglioni alpini; 14 sezioni mitragliatrici per cavalleria; 42 reparti mitragliatrici; 13 gnippi artiglie ria da campagna, due gruppi pesanti campali, 4 da montagna e 9 someggiati , I Ogruppi da fortezza (lutti i groppi su tre baucrie), 6 batterie da 260, 8 bancrie mortai da 210 e il maggior numero possibile di ballerie pesanti: 35 bauaglioni genio zappatori, 10 sezioni radiotelegrafisti, un bauagliooe pontieri e due di minatori; sensibile incremento dei serviz.i in organi e mezzi (CCSM, Rela,ione ujJiciale c it., lil, tomo 1, pp. 4-7). ' L. CAOORNA. u, g11erra alla fronte italiana Cil., l, p. 79.


LA PR IMA GUERRA MONDIALE

212

Cadoma replicò l' 11 settembre che le sue proposte, fatte ali' inizio della guerra, alla luce delle prime battaglie, dovevano essere considerate addirillura un programma «minimo», non decurtabi le, pena il rischio di compromettere le sorti dell'esercito e del paese. Che tutti gli altri Stati stavano compiendo sacrifici cli ogni genere per superare le terribili difficoltà provocate dal conflitto. Che il respingere le richieste avrebbe provocato una crisi «ben altrimenti grave nella prossima primavera, periodo nel quale le nuove formazioni organiche si renderanno indispensabili e appena sufficienti, a mio credere, per fronteggiare gli eventi». Che se la Russia non fosse riuscita a riorganizzarsi durante l' inverno, esisteva il pericolo di trovarci addosso l'intero esercito austriaco in primavera. Per concludere, convinto com'era della tassativa necessità dell'integrale accoglimento ciel programma, perché minimo e perché essenziale, Cadoma dichiarò che «non avrei potuto acconciarmi a diversa soluzione» 1• In altre parole, avrebbe lasciato I' incarico. Le difficoltà finanziarie erano reali e niente affatto trascurabili . Salandrn non sapeva a cosa appigliarsi, preoccupato com'era che esse diventassero tali da costringere l' Italia a ritirarsi dal conflitto 2• Il 18 settembre portò la drammatica questione in Consiglio dei ministri: a conti fatti, le esigenze esposte da Cadorna comport avano una spesa di sei miliardi sino a maggio l 916 e di nove sino al settembre dello stesso anno. D 'altronde, una riduzione delle spese poteva incidere sul successo militare e non avrebbe spostato il problema del reperimento dei fondi. Si pensò, senza molta convinzione, ad un programma di economia, ma l'atmosfera era pesante. Zupelli, in un colloquio con Martini, espresse un certo risentimento nei confronti del «contegno veramente un po' troppo dispotico del capo cli stato maggiore, delle sue incessanti richieste, del suo non intender ragione circa le possibilità fi nanziarie». Poi, però, evidentemente senza rendersi conto della contraddizione, concluse: «Io non veggo che una via d'uscita, o per dir meglio ne veggo due: o la disfatta o il fa llimento; o dichiarare che non possiamo da maggio in poi seguitare la guerra o bruciare il gran libro e non pagare gli interessi del debito pubblico» 3• In sostanza, dovette implicitamente ammettere che, per urtanti che fossero i modi di Cadorna, le richieste erano fondate. Sonnino prese in mano la questione, affrontandola con estrema decisione. Prima telegrafò ad Imperiali che il Tesoro aveva impellente bisogno d i un sicuro concorso all'estero di tre miliardi di franchi, perciò chiedeva un prestito di cento milioni di dollari sugli Stati Uniti ed uno di cento milioni di sterline sulla Gran Bretagna ·1• Quindi, visto che le cose minacciavano di anelare per le lunghe, avvertì che

' L. CA DORNA, La g uerra alla freme iwlia11a c it., I, pp. 80- 81. F. M A RTIN I, Diario cit., p. 534.

i

' Ibidem, p. 538. ' Sonnino ad Imperiali in data 22.9.1915, O.O.I., 5• serie, IV, doc. 781 e 788. Cfr. S. SONNINO, Diario cit., n, pp. 220- 221.


LACAMPAG. ADEL 1915

213

«(...) se dal governo inglese non avessimo una categorica assicurazione affennativa [sul prestito], noi ci troveremmo paraliz:1.nti e, rimanendo fedel i come siamo stati e siamo, ai nostri impegni, polremmo malllenerli soltanto nella misura delle noslre forze e senza poter porlMe un valido concorso alla grande offensiva comune» 1 •

Tuttavia, durante le trattative con Londra, Sonnino non ebbe esitazione nel proporre, nel Consiglio dei ministri tenuto il 27 ottobre, la sostituzione di Cadoma, nel caso in cui non avesse ridotto il programma. L'idea sorrise a tutti i ministri, pur rendendosi conto della sua scarsissima praticabilità, visto che una simile misura avrebbe provocato una sensazione disastrosa nell'esercito e nel paese 1 • Il prestito andrà in porto anche se con molta fatica 3 • Il fatto è - come esattamenti; ha messo in rilievo P. Melograni - che «i ministri non osavano affrontare i problemi della guerra fino in fondo, poco o nulla conoscevano delle cose militari e si trovavano a disagio nel loro dialogo con Cado.ma. Restavano impacciati e perplessi davanti alle paurose incognite dell'avvenire»•. li terzo terreno di scontro fu rappresentato dalla linea politico-militare sostenuta da Sonnino in Balcania, dove gli elementi di turbativa aumentavano a vista d ' occhio. La Serbia era invelenita con l' Italia, perché ne conosceva l' opposizione all'annessione della Croazia e della Dalmazia, e temeva il rancore della Bulgaria alla quale rifiutava di cedere parte dei territori ottenuti con il trattato di Bucarest del 1913. La Bulgaria, trascurata dalla Russia, non faceva mistero del suo desiderio di rivincita e non a caso si stava legando alla Germania; per contro .l'Intesa si illudeva ancora di poterla trarre dalla propria parte. La Romania continuava nelle sue pretese, trovando la Russia su una posizione di netto rifiuto e l'Intesa su un piano di sempre maggiore insofferenza. inoltre la Russia, battuta ed in visibile gravissima crisi militare, non invitava certo a contare sul suo apporto; mentre la Turchia, vittoriosa con l'aiuto tedesco nei Dardanelli, non invogliava Romania e Bulgaria a correre l'avventura di una guemt a fianco del1' Intesa. Quanto a lla Grecia, il suo atteggiamento era, a dir poco, subdolo. Era tenuta ad intervenire in aiuto della Serbia, se attaccata dalla Bulgaria, però re Costantino aveva ricevuto da Guglielmo II l'assicurazione del 1ispetto territoriale della Grecia in cambio della neutralità, ed il governo Gunaris si era impegnato formalmente a non entrare in guerra contro la Bulgaria anche se si fosse gettata sulla Serbia. Come se ciò non bastasse, il 3 agosto una infelice nota britannica intimò alla Grecia di cedere la Macedonia orientale alla Bulgaria! Cosicché an-

' Sonnino ad Imperiali in data 8. I0.19 15, D.D.r., 5" serie, lV, doc. 88 1. L'ultima frase colpì Grey. che la volle cono~cere nella versione originale e se la ricopiò (ibidem, doc. 890). ' F. M ARTINI, Diario cit., p. 558. ' L'accordo finanziario con la Gran Bretagna venne firmato il 19 novembre 19 I5, D.D.l. , 5 serie, V, doc. 124. ' PIERO MELOGRAKt, Storia politica della grande guerra 1915- 1918, La1crza, Bari 1969, pp. 75-76.


LA PR IMI\ GUERRA MONDIALE

214

che il nuovo governo Venizelos, pur favorevole all' Intesa, dovette allinearsi all'indignazione generale ellenica ed attenersi alla neutralità. Almeno per il momento. L' Intesa aveva sulle braccia la spedizione di Gallipoli, palesemente in difficoltà e fonte di recriminazioni e di polenùche, ed avrebbe voluto che l'Italia, come da Patto di Londra, si decidesse ad entrare in guerra con la Turchia. Sonnino si manifestava più che incline ad un passo del genere, ma Salandra esitava ad accettare i suoi ragionamenti, convinto che i vantaggi politici che potevano derivarne «non si avranno che dalla dichiarazione di guerra alla Germania». Ed era estremamente dubbioso se in quel momento conve1ùsse schierarsi apertamente contro la Germania. Oltre tutto, «occorre pure trovm·e il modo perché al paese non sembri una temerarietà ingiustificata» 1• D 'altro canto anche la Francia riconosceva di non poter chiedere all'Italia di aprire le ostilità con la Turchia finché la situazione miljtare non fosse migliorata, vale a dire finché ai Dardanelli non :si conùnciasse a profilare il successo e la Russia non si dichim·asse pronta a riprendere L'offensiva. Invece la Gran Bretagna premeva per la questione turca, desiderando la partecipazione italiana alla spedizione di Gallipoli. Salandra respingeva nettamente l'una e l'altra richiesta, in pa1ticolare la seconda. Considerava i Dardanelli come un obiettivo secondario, benché di una certa importanza, ma «non so ancora come risolveremo il problema finanziario della guerra lunga(...). Per le sole munizioni ed am1i pare occorrano due nùliardi» scrisse a Sonnino 2• Tuttavia, quando Giorgio V d'Inghilterra chiese di conoscere la data della dichiarazione di guerra, «non per l'effettiva cooperazione nùlitare, non bene stabilitaci, ma per l'effetto morale» 3, la resistenza di Salandra - c'era di mezzo il prestito - su questo punto cessò cd il 20 agosto l'Italia entrò in guerra con la Turchia. Il 2 1 settembre la Bulgaria mobilitò•. Pur avendo il suo governo dichiarato che la mobilitazio ne rappresentava solo il passaggio dalla neutralità disrumata alla neutralità armata, era ovvio che stava per scendere in campo ed altrettanto ovvio che il suo avversario era la Serbia. Venizelos chiese allora a Francia e Gran Bretagna un concorso di 150 nùla uonùni, che la Serbia, avendo di fronte l'Austria, non sarebbe stata in condizione di offrire alla Grecia, come previsto, nella lotta comune contro La Bulgaria. La richiesta venne formu lata in modo più che convincente: la presenza di un cotpo di spedizione alJeato nei BaJca1ù avreb-

'Salandra a S0m1ino in data 11.9. 19 15, D.D.I., 5• serie, TV, doc. 405. a Sonnino in data 9.8. 1915, ibidem. [V, doc. 564. ' Imperiali a Sonnino in data 12.8. 1915, ibidem. IV, doc. 577. • li 6 settembre era stata firmata a Pless una convenzione militare fra Germania, Austria-Ungheria e Bulgaria, alla quale ebbe facoltà di aderire la Turchia. Gli imperi Centrali si impegnarono ad a&rire contro la Serbia entro 30 giorni, la Bulgaria entro 35. 1 Salandra


LA CAMPAGNA DEL 19 15

215

be reso possibile l'intervento greco, forse convinto la Romania e porsi a fianco dell'Intesa e probabilmente consigliato la Bulgaria a rimanere neutrale. Diversamente, la Romania non si sarebbe mossa, la Serbia sarebbe crollata e la Grecia si sarebbe trovata sola. In Francia, intanto, già in luglio era stata presa la decisione di costituire una Armée d'orient al comando del generale Sarrail, destinata ad operare sulla costa orientale dei Dardanelli, e l' ll settembre una conferenza anglo-francese a Calais aveva stabilito l'invio di quattro divisioni francesi ed altrettante britanniche. La proposta di Venizelos fu quindi subito accolta e Salonicco prescelta quale base per le forze del nuovo fronte balcanico. Il progetto dei Dardanelli venne naturalmente abbandonato ' . La 'partecipazione all'impresa fu prospettata anche all'Italia. Sonnino rispose piuttosto genericamente 2, poi chiese a Cadoma un parere, significando che sarebbe stato disposto all'invio di un contingente di 20-25 mila uomini, «da promettere più che da fornire subito». Zupelli si dichiarò contrarissirno, tenendo presenti tutte le difficoltà da affrontare e superare per conto nostro e temendo il peso di una simile spedizione oltremare nonché il pericolo di entrare in una spirale di successive inevitabili richieste di potenziamento J _ La risposta di Cadorna probabilmente stupì il governo, che ben rammentava la recisa opposizione alla spedizione in Albania. Questa volta, invece, Cadoma non solamente si espresse in termini favorevoli, ma comunicò che, a suo avviso, il contingente poteva salire a 30 mila uomini, vale a dire ad una grossa divisione su tre brigate di fanteria (una delle quali da trarre dalla Libia) ed un numero adegualo di supporti e servizi. Mentre le truppe inviate in Albania sarebbero state sottratte alla lotta contro l'Austria-Ungheria, quelle in Macedo11ia - spiegò - contribuivano direttamente alla lotta aprendo un fronte sicuramente attivo ·'. A prescindere dall'entità della partecipazione italiana, non sembra che il problema balcanico sia stato affrontato con la dovuta attenzione né dal governo né dal Comando Supremo. L'entrata in campo della Bulgaria avrebbe certo portato ad un immediato attacco da est alla Serbia, il cui esercito, impossibilitato a resistere e con og1ù probabilità ben presto tagliato fuori dalla Macedonia, si sarebbe riversato in Albania. A questo punto o i serbi si sarebbero asserragliati nel paese, oppure, sulla loro scia, le armate austriache avrebbero puntato su Durazzo e su Valona sottraendoci quella base in Adriatico. Nessuna delle due prospettive poteva sorriderci. Quanto alla spedizione di Salonicco, esisteva anche un motivo politico di contrasto fra Soruùno e Cadoma. Il ministro, già favorevole alla dichiarazione di

'La spedizione di Gallipoli costò ai franco-britannici 180 mila perdite complessive su una for-

za totale di 540 mila uomini.

' s. SONN INO, Diario ci t., li, p. 227. ' Zupelli a Cadoma in data 25.9. 19 15, 5• serie, IV, doc . 966. • Cadoma a Zupelli in data 26.9. 1915, ibidem. !V. doc. 967.


216

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

guerra alla Turchia, non altrettanto lo era nei confronti della Germania; il capo di Stato Maggiore desiderava vivamente eliminare la diffidenza esistente nei nostri confronti, palese soprattutto nei francesi. Il 9 ottobre il colonnello de Gondrecourt, capo della missione militare francese presso il Comando Supremo, clùese a Cadoma, da parte di Joffre se l'Italia sarebbe intervenuta nella penisola balcanica. Cadoma naturalmente si disimpegnò, replicando essere la questione di competenza del governo 1• Nel contempo, Barrère rivolgeva la stessa domanda a Sonnino, asserendo di aver motivo di ritenere, secondo quanto riferitogli dal Gondrecourt, che Cadorna ne ammettesse la possibilità. Sonnino rappresentò di non sentirsi autorizzato a dare una risposta definitiva, però, avendo esaminato l'argomento in sede di Consiglio dei ministri del 25 settembre, pensava che «non fos simo in condizioni da poter aggiungere ai compiti già assunti anche un'altra spedizione militare lontana». Pur apprezzandone l'importanza morale e politica, la nostra situazione finanziaria, quella del munizionamento ed anche quella militare in generale, impedivano di decidere diversamente. «Del resto nel Carso e sulla frontiera austriaca eravamo decisi a spingere la lotta sino all'estremo punto possibile; ma appunto perciò non potevamo sparpagliare le nostre risorse» 2 • La stessa cosa ripeté il giorno seguente a Giers 3• L'aspetto finanziario era il più angosciante: per le necessità belliche sino al giugno 1916 occorrevano otto miliardi. «Se ne sono chiesti tre all'estero - annotò Sonnino I' 11 ottobre - per gli inevitabili pagamenti all'estero; e tre si può sperare, al più, di trovare con prestiti di varia forn1a all'estero. Per uno si deve calcolare sopra proroghe e rinvii cli pagamenti, se però saranno possibili .ìn tanta misura. Manca sempre, date le più rosee previsioni, un miliardo». E questo a prescindere dalla richiesta spedizione! •. il giorno 13, Barrère, su richiesta del nuovo governo Viviani, tornò alla carica e Sonnino comu1ùcò che, dopo essersi consultato con il presidente del Consiglio, doveva confennare «non poterci noi oggi impegnare ad un concorso di truppe date le nostre condizioni generali e la necessità di una seria nostra azione sulla frontiera austriaca» s_ Poi però, forse riOettendo al famoso prestito 4, domandò a Cadorna che cosa ne pensasse. Cadorna fu esplicito nel rilevare con una punta polemica che, Le ragioni addotte dal ministro per spiegare la nostra asten-

'Cadorna a Salandra iJ1 data 9. IO. I915. ibidem, IV, doc. 968. Salandra rispose che si riservava di trattare la questione con il re e con lui stesso il giorno l l al Comando Supremo (Salanclra a Ca-

doma in data 10.10.1915, ibidem. IV. doc. 969). ' S. So:-::-:1No. Diario cit., n, pp. 239-240. ' Ibidem, pp. 240-241. ' Ibidem, p. 242. 'Sonnino agli ambasciatori presso l'Intesa in data 13.10.1915, ibidem , TV, doc. 903. C[r. S. S01mino, Diario cit., li, pp. 246-247. • Sonnino aveva appena saputo che «in principio il Governo di S.M. [britannica] ha prolllamente aderito ed è pienamente pronto a fare ulteriori anticipi al Governo italiano suo alleato» (Imperiali e Sonni no in data I 2.1 O. I 915, ibidem, l V, doc. 897.


LA CAMPAGNA DEL 1915

2 17

sione avendo carallere essenzialmente carattere militare, la loro ispirazione sarebbe stata inevitabilmente, ma erroneamente, dagli alleati attribuita al Comando Supremo. Come già spiegato in precedenza, le circostanze attuali consentivano invece di concorrere alla spedizione in Macedorua con un corpo di 30 mila uomini senza che ne soffrisse la nostra prevista offensiva, in quanto detto corpo avrebbe contribuito a richiamare verso la Macedonia jmportanti truppe austriache 1• La matassa si stava aggrovigliando sotto tutti gli aspetti. D 6 ottobre aveva preso il via l'offensiva austro-tedesca e l' JI quella bulgara contro la Serbia, sotto il comando del maresciallo von Mackensen, con conseguenze fac ilmente prevedibili.•Informato da Cadorna che per i primj di novembre era programmata al Gran Quartier Generale francese una conferenza dei comandanti degli eserciti alleati, Sonnino non nascose a Salandra i suoi timori: «1è mo che ciò implichi il rinvio a dopo la conferenza di ogni vera offensiva nostra, il che sarebbe un vero guaio dal punto di vista della situazione balcaiùca, e dei nostri rapporti con gli alleati in relazione a tale situazione ed alla spedizione di Salo,ùcco. Data la nervosità del Cadoma non voglio complicare le cose col clùedergli qualche data rclativameme all'offensiva, tante volte annunziata e sempre rinviata (a noi l'aveva assicurnta per la pri ma quindicina di agosto). Ma se tu direllamente ù indirettamente per mezzo <lei Re, o in altro modo, potessi spronarlo a decidersi, faresti un ·opera buona. Se non facciamo nulla alla nostra frontiera, non è possibile sostenere dcccntemeoLe la noslra tesi presso gli alleali, che gioviamo alla causa balcanica anche senza inviare spedizioni !omane. Anche l'opinione pubblica da noi non sapremmo giustificare in tal modo la nostra astensione» ' ·

A questo timore si aggiunse un elemento inatteso. Barrère rappresentò la necessità, per gli alleati, di aprire un'altra via di rifornimento per l'esercito serbo attraverso l'Albania, facendo capire la loro intenzione di agire «anche se noi non ci muovessimo». Considerata la disponibilità di Caùorna all'invio di un corpo cli spedizione oltremare, Sonnino chiese allora a Salanùra «se non convenga riprendere jn esame la questione di una spedizione in Albania, non per attaccare la Bosnia (ipotesi esclusa dallo Stato Maggiore in passato), ma per liberare i serbi che occupano Elbassan e Tirana, tenere aperta la via e soprattutto esserci anche noi, se ci vanno gli altri (...)» ,_ Due giorni dopo, un nuovo colloquio con Barrère, il quale parlava come se fosse già decisa la spedizione attraverso l' Albania, spinse Sonnino a cercare una sollecita decisione. E se gli avvenimenti avessero condotto alla guerra con la Germania, tanto meglio, così sarebbero scomparsi i sospetti di poca solidarietà con gli aDeati! •. Perciò spiegò a Cadoma che il nostro concorso in Balcania, solle-

Cadorna a Sonnino in data 16.10.1915, ibidem, IV. doc. 9 16. ' Sonnino a Salandra in data 14.10.1915, ibidem, IV, doc. 911. ' Sonnino a Salandra in data 16.19.1915, ibidem, IV. doc. 922. ' Sonnino a Salandra i n data 18.10.1915, ibidem, IV, doc. 93 1. 1


2 18

LA PRUv1A GUERRA MONDIALE

citato dalle altre Potenze per aiutare la Serbia, poteva assumere la forma di una spedizione att.raverso l'Albania. Fra l'altro, l'opinione pubblica italiana non avrebbe certo tollerato che un' impresa del genere, già adombrata dai francesi, avesse luogo senza la partecipazione italiana 1• Cadoma replicò in modo da non lasciare il menomo dubbio sulla propria posizione negativa nei confronti cli un'iniziativa mal definita, in un ambiente naturale difficilissimo ed in mezzo ad una popolazione infida ed abile nella guerriglia: «Mentre rimango favorevole alla spedizione a Salo1ùcco o altro punto dell'Egeo, esprimo un parere recisamente contrario ad ona spedizione attraverso l'Albania, già notificato verbalmente al presidente del consiglio Salandra, che meco concordava (...). Se gli alleati persistessero ad ingolfarsi in simile ginepraio converrebbe lasciare che corressero l'avvcnnira a loro rischio e pericolo. Quanto a Valona deve bastare la protezione del golfo( ... )» '·

Sonnino non si arrese. Riconobbe difficoltà e pericoli, ma rappresentò che si era di fronte al proposito greco di occupare mezza Albania arrivando allo Skumbi ed alla fenna intenzione francese di aprire una seconda linea di comunicazione con i serbi verso Monastir. Questi due nuovi fattori avevano convinto anche Salandra ed' altronde «un'occupazione anche temporanea in Albania avrebbe potuto darci un pegno» per il futuro 3 • Cadoma mantenne il diniego: riesaminata attentamente la questione e prescindendo dalla convenienza politica, della quale era giudice il governo, doveva confermare il suo pm·ere negativo. Se peraltro si intendesse assicurare il retroterra di Valona contro i greci oppure occupare Tirana o Elbassan, l'Italia avrebbe potuto partecipare insieme con la Francia e «con un corpo limitato di fanteria» e jJ ministro della Marina avrebbe dovuto dichiarare la sicurezza del convoglio e dei rifornimenti ".

4.

L 'OFFENSIVA D'AUTUNNO

(3a E 4•

BATIAGLIA DELL'ISONZO)

Per quanto precede, le due offensive alleate in occidente ebbero luogo sfalsate nel tempo e l'intervento in Macedonia a favore della Serbia risulterà assolutamente tardivo. 1n Francia, Joffre era sollecitato ad un'operazione foriera cli successo decisivo non soltanto dagli accordi presi con gli alleati, ma altresì dalle sempre più accese critiche dell' opposizione parlamentare, accesasi di colpo dopo l'esonero ciel generale Sarrail - in stretti rapporti con il partito radical-socialista - dal co-

'Sonnino a Cadorna in data 19.10.1915, ibidem, IV, doc. 934. ' Cadorna a Somùno in data 20.10.1915, ibidem, IV, doc. 941. ' Sonnino a Cadorna in data 2 1.10.1915, ibidem, IV, doc. 950. ' Cadoma a Sonnino in data 22.10.1915, ibidem, IV, doc. 958. Il 30 seuembre l'amm. Corsi aveva sostituito quale miniSLTO della Marina l'amm. Viale, dimessosi per malania.


LA CAMPAGNA DEL 19 15

2 19

mando della 3" armata disposto da Joffre a fine luglio 1915, dopo un'isoddisfacente condotta dei combattimenti nelle Argonne 1• Secondo il gnippo dei cinque partiti di sinistra, Joffre nuJla aveva sinora concluso di buono. Eccezion fatta per la Marna, di cui peraltro il merito non spettava a lui, l'opera sua era stata caratterizzata da una serie di insuccessi: vano tentativo di avvolgere la destra tedesca durante la corsa al mare; fallite operazioni nelle Argonne, in Champagne, nei Vosgi, nell' Artois. Aveva messo in evidenza «uno spirito di eccessiva prudenza confinante con la debolezza, che costa vittime al paese, quante forse non ne costerebbe un'energica azione spinta a fondo che corra l'alea di giuocare il tutto per tutto. Un buon terrazziere, ma la negazione dello stratega e del tattico)>. Per rimediare a tale situazione - riferiva il col. Breganze - l'opposizione chiedeva la sostituzione di Millerand e di Joffre con personalità del suo colore politico. Al posto di Joffre sarebbero stati ben visti lo stesso Sarrail, o il generale Dubail o, meglio ancora, il difensore di Parigi, generale GaUieni 2• Con l'occasione, l'addetto militare ebbe ad esprimere «la quasi convinzione che le cose sul fronte resteranno, a peggio andare, allo stato attuale sino a quando uno degli avversaii dovrà cedere per esaurimento in uno qualsiasi dei campi essenziali alla perpetuazione della guerra)). A meno che, beninteso, una condotta più energica delle operazioni ed una larga disponibilità cli mezzi non consentissero il successo strategico. E in Francia sembrava assai diffusa I' accettazione del concetto della guerra d'usura, in virtù della fiducia che il tempo giocasse a favore degli alleati. Joffre, su suggerimento di Foch, si apprestò al colpo di forza decisivo ed il 14 settembre diramò una nota ai comandanti di gruppo d'armate. Con essa volle indicare scopo e caratteristiche dell'imminente operazione. Si trattava, egli spiegò, di cacciare i tedeschi fuori dalla Francia, liberare le ragioni francesi occupate da dodici mesi e strappare al nemico il prezioso pegno che esse costituivano, incoraggiare gli Stati neutrali a scendere in campo con la Quadruplice Intesa e costringere l'avversario a rallentare l'urto contro l'esercito russo per fronteggiare il formidabile attacco in occidente. L'offensiva era stata preparata con grande accuratezza, forze ingenti e mezzi potenti. Sarebbe stata «generale», comprendendo essa molti attacchi simultanei eseguiti su fronte assai ampio. Le truppe dovevano «pousser sans trève, de jour comme de mi.it, au delà dcs positions de deuxième e de troisième tigne, jusqu'au terrain libre. Toute la cavalerie partecipera à ces attaques pour enlever les batteries cnnemies et exploiter !es succès à grande distance en avant de l' infanterie» ' .

1 Cfr. C.J.J. JOFFRE, Memorie cit., II, pp. 9 1- 110. Per calmare l'opposizione parlamentare, il governo, senza nenuneno chiedere i motivi del!' esonern, designò Sarrail al comando della futura Armée d 'Orient. 2 Breganze al ministero della Guerra in data 30.7. I915, AUSS1'v1E, Fondo Addetti militari, racc. 22, b. 4. Bregam:e aggiunse di aver riscontrato negli ufficiali francesi, specialmente nei giovani, «una malcelata disapprovazione alla condotla delle operazioni che essi vorrebbero pitl energica». ' E. FALKENHAYN, Il Comando Supremo germanico cii., pp. 123- 124.


220

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Per moltiplicare la fiducia ed il morale dei repmti, Joffre volle che fossero convinti dell'inevitabile vittoria ed il 21 settembre ordinò: «Prima dell'allacco deve essere fatta conoscere a tutti i reggimenti l'enorme forza del.l'urto che attueranno le armate francesi ed inglesi, al.I' inciJca nel modo seguente. Per le operazioni sono destinate 35 di visioni agli ordini del generale de Castelnau e l 3 agli ordini del generale Foch, 13 divisioni inglesi e 15 divisioni di cavalleria (di cui 5 inglesi). Partecipano così alla battaglia generale tre quarti delle forze combattenti francesi. Esse saranno appoggiate da 20(){) pezzi pesanti e 3000 da campagna, con un munizionarnent.o molto superiore a quello avuto dal principio della guerra in poi. Tutte le condizioni preventive per un successo sicuro esistono: anzitutto quando si rammenti che ai nostri ultimi attacchi nella zona di Arras presero parte soltanto 15 divisioni e 300 pezzi» '.

Il giorno successivo ebbe termine la preparazione d'artiglieria su un fronte di circa novanta chilometri (cinquanta in Champagne e qum·anta in Artois). Le fanterie lasciarono le basi di paitenza il mattino del 25 sotto la pioggia. Nonostante la violenza dell'urto, il 29 il gruppo d'armate di centro dovette .interrompere l'azione in Champagne: superata a caro prezzo la prima posizione tedesca, le fanterie si trovarono prive dell'appoggio dell'artiglieria 2, in mezzo ad una sistemazione difensiva non esattamente apprezzata nella sua complessità, davanti a posizioni predisposte in contropendenza. Il 6 ottobre l'avanzata riprese, ma senza molto successo. In Artois la 10' armata francese e la l" britannica ebbero ancor meno fortuna: dopo un promettente inizio, furono costrette a fermarsi il 29 settembre per riordinare le unità ed effettum·e cambi in linea. La ripresa fu possibile il 12 ottobre per i francesi ed il 13 per i britannici, però le difficoltà di vario genere furono tali e tante che il 14 ottobre Joffre ordinò di arrestare l'operazione e di organizzarsi a difesa sulle linee raggiunte. Perdite: 190 nùla francesi e 50 mila britannici fuori combattimento contro 140 mila tedeschi. Risultati: irrisori. Il col. Breganze comunicò alcune sue considerazioni sulla battaglia nella Champagne, naturalmente formulate sulla base delle notizie che al momento possedeva. Un'offensiva condotta eia 36 divisioni ed arrestatasi dopo una dozzina di giorni induceva a pensare che o aveva proceduto con qualche difetto congenito e perciò non era riuscita nell'intento, oppure che le condizioni della guerra di posizione favorivano talmente la difesa che neanche un'offensiva delle dimensioni cli quella alleata riusciva a sfondare. Il magg. Albe1ti, altro ufficiale della missione italiana, descrisse ,d'affacciarsi nelle conversazioni [al G. Q. G. del gruppo d'annate centroJ del dubbio sulla bontà e sulla opportunità dei procedimenti se-

'Ibidem, p. 124. foffre più tardi indicherà 54 divisioni di fanteria francesi e 13 britatmiche, appoggiate da 1300 pezzi pesanti francesi e 300 britannici (Memorie cit. , 11, p. 82). ' L'allungamento progressivo del tiro d 'artiglieria davanti all'avanzata della ranteria cominciò ad essere adottato nella primavera de l 1916.


LA CAMPAGNA DEL 19 15

22 1

guiti e sulla corrispondenza dei mezzi alle esigenze del combattimento( ... ). Finora si era riposto il massimo affidamento nella accurata e minuziosa preparazione e nello slancio delle truppe per aprire la breccia, per così dire, in una spinta sola. Tale metodo non era riuscito né in maggio né adesso. Si era sfiorato il successo così da vicino tanto l'una che l'altra volta da far sembnu·e che soltanto delle cause occasionali malaugurate avessero fatto abo1tire l'operazione. Laripetizione del fatto indusse però a riflettere se sia tenuto il debito conto di tutti gli elementi del problema ( ...). Treparti, dopo aver rovesciato la prima posizione nemica, devono ancora fornire una successione di sforzi per giungere fino alla seconda posizione, durante i quali i capi cadono, le file sono decimate, le unità si frammischiano sicché si affacciano alla seconda posizione pochi ardimentosi (..,)» 1.

I

L'offensiva italiana, ampiamente attesa da Boroevié, si proponeva di ottenere la conquista del campo trinceralo di Gorizia con una manovra avvolgente contro le difese a nord-est ed a sud-est della città. Così, l'ala destra della 2• armata doveva procedere da Plava verso m. Kuk e poi scendere su m. Santo e m. San Gabriele sino ad occupare il margine settentrionale della Bainsizza; la 3" armata aveva il compito di avanzare sul Carso e passare l'Isonzo a nord di m. San Michele, non appena conquistatolo. Inoltre, al momento opportuno, cioè a manovra ben avviata, la 2• annata avrebbe attaccato il Podgora. All'offensiva era riservato un concorso indiretto in un quadro più ampio: dal centro e dalla sinistra della 2• armata con azione verso le conche di Plezzo e cli Tolmino; dalla Zona Carnia e dalla 4• e J• armata con attività locali intese a bloccare le forze austriache dislocate nei rispettivi settori. Indubbiamente l'impostazione della 3• battaglia dell'Isonzo sembra ripetere il difetto della dispersione degli sforzi e delle artiglierie 2• Basti considerare quale tipo di concorso indiretto veniva chiesto a 1" e 4" armata, Zona Carnia e IV corpo della 2" armata: «energici atti di offensive parziali», il che richiedeva una certa quantità di artiglieria pesante, soprattutto per la 4" armata e per la Zona Carnia; prosecuzione «con rinnovato energico impulso» degli sforzi miranti al «possesso delle conche di Plezzo e di Tolm.ino», il che significava un pieno impegno del IV corpo. Quindi tutte le nostre forze, dallo Stelvio al mare, si trovavano coinvolte, più o meno seriamente, nella battaglia 3 • Anche la concezione operativa presentava il fianco a qualche rilievo. li primo tempo comprendeva due battaglie distinte: il II corpo della 2" armata per la conquista della Bainsizza e la 3• armata per quella del Carso. Ma il II corpo di-

' AUSSJ1,,1E, Fondo i\cillelli 111ili1ari, racc. 23, b. 3, «Offensiva in Artois e Champagne (dal 25 settembre). Diario». 2 CCSM, Relazione uOìciale cit., 11 bis, doc. 175. ' R. B ENCI VENGA, Saggio critico sulla nostra guerra cil., li, pp. 226-229.


222

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

sponeva di tre divisioni e di 45 pezzi di medio e grosso calibro per la lunga progressione sino alla Bainsizza; la 3a armata aveva otto divisioni e 170 pezzi medi e pesanti per un settore d'attacco di dodici chilometri. Per giunta, buona parte delle batterie di medio e grosso calibro agivano quasi al limite della gittata con tutti gli inconvenienti ciel caso 1• I dubbi sulla sufficiente consistenza di queste forze - riserve d'ordine supe1iore a parte - appaiono giustificati. Inoltre non si vede quali concrete speranze di successo potessero venir atttibuite alle azioni. verso le conche cli Plezzo e di To!Jnino, destinate a ripetere, nelle stesse condizioni, i vani tentativi dell' agosto e del settembre. Per contro, il gen. Faldella ha sostenuto che il concentramento di truppe e mezzi nella maggiore misura possibile era stato realizzato. Difatti, sulla metà della fronte isontina cui era affidato il compito «dimostrativo» agiva il IV corpo della 2" armata con quattro divisioni e 35 pezzi medi e pesanti, mentre sulla rimanente parte con il compito «offensivo)) operavano il grosso della 2" armata con II, VI e VIII corpo (sette divisioni complessive) e 100 pezzi medi e pesanti, e la 3" armata con VII, X e XIV corpo (otto divisioni) e 170 pezzi. Inoltre, in corrispondenza del settore offensivo, era pronta la riserva del Comando Supremo con !'Xl ed il XJII corpo (quattro divisioni). A queste forze si aggiunsero a fine ottobre la 9" e la 10" divisione, ciascuna con dodici battaglioni, e otto batterie dalla 1" e 4" armata 2• Torneremo sull'argomento. A conti fatti, il rapporto fra le opposte forze sulla linea dell'Isonzo ( da Plezzo al mare) era di circa 2 a 1. Rapporto significativo sino ad un certo punto: gio cava a favore la superiorità conseguibile nei tratti di previsto sfondamento, a sfavore il terreno, veramente impervio per l' attaccante. La battaglia iniziò il 18 ottobre e si svolse in due fasi. Al tennine di una preparazione cli artiglieria durata tre giorni, il mattino del 21 mossero all'attacco le due ali del dispositivo: il II corpo da Plava e l'intera 3• armata sul Carso. Cadorna era stato categorico: «l' avanzata delle fanterie dovrà essere condotta con impeto irresistibile, incessantemente alimentata e sostenuta mercé un giudizioso schieramento in profondità. Dove un reparto si arresti, un altro fresco deve sopravvenire per trascinarlo innanzi risol utamente. In tutti deve essere una sola e ardente volontà: raggiungere al più presto ed oltrepass,u-e le linee cli difesa del nern.ico, premere questo ed incalzarlo senza tregua, fino alla vittoria completa» 3 • Nonostante l'accanimento della lotta, il 26 ottobre l'avanzata dovette sostare. L'azione contro m. Kuk era fallita come in passato, quella sul Carso non stava offrendo guadagni territoriali apprezzabili. In sostanza, «gli attacchi climo-

' CCSM, Relazione ufficiale cit. , II, pp. 417-418.

'E. fA WJ;LLA, La grande guerra cit., I, pp. 143 e 363-364. ' CCSM. Relazione ufficiale cit., Il bis, doc. 175.


LA CAMPAGNA DEL 19 15

223

strativi Don avevano dimostrato nulla; e gli attacchi risolutivi, condotti con scarsi mezzi, erano rimasti presto paralizzati» 1• E riprendiamo il discorso dei rapporti di forza. Nella 3• battaglia dell'Isonzo si ripeté l'inconveniente dell'insufficiente alimentazione dell'attacco, ossia del tardivo intervento delle 1iserve di armata e ciel Comando Supremo. Sul San Michele le tmppe misero piede dopo un paio di giorni di durissimo combattimento, ma nell' intrico dei reticolati sconvolti o intatti e per effetto dei contrattacchi dovettero ripiegare. L'armata non aveva riserve da immettere subito nella lotta ed il Comando Supremo, incapace per la troppo semplice sua struttura di percepire l'andamento della battaglia, concesse le riserve troppo tm·di 2• I

Il 26 ottobre, al te1111ine di una 1iunione del Consiglio dei ministri, e ce1to impensierito per le scarne notizie che pervenivano dal fronte, Salandra chiese informazioni. Cadoma rispose immediatamente. Chiarì che si proponeva di conquistare il campo trincerato di Gorizia «mediante una vigorosa offensiva sulla fronte del medio e basso Isonzo, da Plava al mare, coadiuvata da una serie di azioni dimostrative Lungo il rimanente tratto della fronte fra Plava e lo Stelvio, da mutarsi in atti di parziali offensive verificandosi condizioni favorevoli». Aveva tardato sino all' estremo limite consentito dalla stagione l'inizio dell' offensiva per ammassare quanto più possibile cli munizioni, riuscendo a raggiungere il mmone di proiettili. La sosta, appena ordinata, era intesa a rivedere il dispositivo, colmare le perdite e riorganizzare il tiro delle artiglierie. «La nostra superiorità veramente significante sta nelle fanterie», ma stentava a prevalere perché i fattori vincenti consistevano essenzialmente nella «superiorità decisa di artiglieria, larghissimo munizionamento». Accennò ai primi risultati, che «considerati in modo assoluto ( ...) appaiono poco rilevanti>>, ma confidava nella ripresa, intendendo procedere mediante un attacco più lento e sistematico. «Difficile far previsioni circa durata e risultati sperabili - scrisse -: penso che l'offensiva potrà ancora protrarsi per tre o quattro settimane circa, se non nù si faranno mancare munizioni e non interverranno cattive condizioni climatiche». Si riprometteva, come obiettivo immediato, la conquista delle posizioni circostanti Gorizia e quelle dell'altipiano carsico sino all'allineamento Oppacchiasella-Duino. Non precisò, probabilmente di proposito, che cosa intendesse per <<posizioni circostanti Gorizia». Se si riferiva alle alture ad oriente della città (da monte Santo al margine settentrionale della Bainsizza) si trattava dell'obiettivo assegnato alla 2• armata. Se invece alludeva alle posizioni Sabotino-Podgora, significa che aveva rinunciato a sperare nel!' azione delle ali e che si «accontentava» della destra dell'Isonzo. E questa era l'interpretazione esatta. Tnfat-

' R. B ENCJV5NGA , Saggio critico sulla nostra guerra cit., II, p. 234. ' Ibidem.


224

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

ti l'ordine d'operazione n. 16, diramato proprio il 26 ottobre, era esplicito al iiguardo '. La chiusura della lettera a Salandra ben poco aveva di ottimistico: «Quanto a raggiungerli [i risultati sperati], pur avendone fede, non devo nascondere al Governo che la impresa è durissima per le condizioni sovra esposte di terreno e sua preparazione, per lo squilibrio fortissimo di mitragliatrici che nemico ha abbondanti mentre noi ne abbiamo tuttora poclùssime, soprattutt.o per la grande quantità di ar.liglierie nemiche largamente munizionate e così ben nascoste da riuscir difficilissimo indi viduarle e ridurle al silenzio, non abbondando noi di munizioni e scarseggiando di veli voli» ' .

Nelle sue memorie Cadoma ammjse con evidente amarezza l'insoddisfacente andamento della battaglia 1 • Lo giustificò col dire che «pur essendo, dall'agosto, sensibilmente aumentati i nostri mezzi, noi ci trovavamo, rispetto agli austriaci, nelle stesse condizioni di prima)). Il che era vero. E spiegò la necessità dell'offensiva, additando nella continua pressione italiana sugli austriaci il risultato più importante per la causa alleata e per le operazioni in Serbia. Anche questo era vero, almeno entro certi limiti. Il 28 ottobre la 2• e la 3• annata ripresero l'offensiva. Visti gli scarsi progressi ottenuti in precedenza, la gravitazione dello sforzo si spostò in direzione cli Gorizia, nel tratto Sabotino-Oslavia-Podgora 4. La 2° annata, pur proseguendo l'azione da Plava, doveva adesso attaccare anche le posiziotù fra il Sabotino ed il Poclgora. La 3" armata rimaneva col compito cli continuare a guadagnare spazio sul Carso. L'attacco al Sabotino fu immediatamente respinto dall'intenso fuoco dell'artiglieria austriaca, schierata in postazioni ben scelte e non individuate, non appena le fanterie della 4° divisione si misero in movimento. L'azione condotta dal VI corpo contro Oslavia-Poclgora si tradusse soltanto in lenti e penosi tentativi cli penetrazione nelle prime litlee avversarie, ma inevitabilmente i successi parziali non poterono essere conservati e la sera ciel 29 ottobre si rese necessaria una sosta. Sul Carso ed a Plezzo-Tolmino i combattimenti non ebbero sorte migliore, a dispetto della coraggiosa tenacia della fanteria . Il 1° novembre la 2" e la 3• armata tornarono contro il nemico. Secondo i prigionieri, la difesa era scossa perché difettava di forze e cominciava a scarseggiare di munizioni, e questo spinse il Comando Supremo ad ordinare cli «insistere con ostinazione nella nostra offensiva contro gli stessi obiettivi e non la-

' CCSM, Relazione ufficiale cit., Il bis, doc. 177. ' Cadorna a Salandra in data 27. IO. I915, AUSSME, Fondo S.M.R.E.-RR, racc. 7 , fase. 1. ' L. C./\DORNA, La guerra al/a fronte italiana cit., I, pp. 154- 156. ' CCSM, Relazione ufficiale cit., II bis, doc. 177.


LA CAMPAGNA DEL 1915

225

sciar tregua né giorno né notte su tutti i punti» 1• Adesso l'obiettivo era costituito dal Sabotino e Podgora dal lato di Gorizia e dal San Michele-Sei Busi sul Carso 2• La sera del 4 novembre il Comando Supremo gettò la spugna. La 3• battaglia dell'Isonzo era finita. Le perdite complessive italiane ammontavano a 67 mila uomini, quelle aust1iache a 42 mila. È in questo periodo che prendono sostanza critiche vivaci alla condotta della guerra ed all'azione di comando cli Cadorna. Sino allora le poco consolanti notizie prove11ienti dal fronte erano state accolte come fatto transitorio, che non meritava peso eccessivo. Con l'autunno le perplessità si fecero più forti ed affiorò l'ince1tezza sul prosieguo delle operazioni. Il governo era impensierito. L' 11 no' vembre Martini annotò sul suo diario: «(... } che vale il valore dei soldati, qu11ndo manca il senno o la sapienza in coloro che li conducono e li comandano? La fiducia in Cadorna è scossa: non è uno stratega, è un tattico: non è uomo di quella genialità che gli fu allribuita. Si p iegherà alle necessità dell a nostra situazione finanziaria, consentirà a far succedere alla dispersione delle forze un programma di raccogliemento'! Che se non consentisse, non bisogna dissimularsi la gravità della cosa. Dove trovargli un successore'/» ' ·

A prescindere dal giudizio su Cadoma, il ragionamento è manchevole: se si fosse «piegato» alla situazione finanziaria sarebbe diventato uno stratega? la sua accettazione di un taglio alle richieste avrebbe risolto la situazione operativa? Cadoma faceva benissimo a chiedere quello che in tutta coscienza reputava indispensabile, ma il fatto è che da parte di taluni comandanti di grado elevato, silurati eia Cadorna, provenivano commenti pesanti. Giolitti ricevette una lunga lettera, amareggiata e dura, di un comandante di corpo d ' armata (il Ruelle?), in data 13 novembre, secondo il quale, «i generali, in presenza d'una guerra nuova a cui non erano prepm·ati, sono sfiduciati, non hanno più sicurezza di sé, sia per la spada di Damocle che pende ogni giorno sul loro capo, sia perché si va travolgendoli a dozzine nel baratro, sia perché si richiede loro ciò che non è possibile dare. Loro si ordina di vincere, e loro si danno truppe sgretolate dalle fati che, dal gelo e dalla morte»'. A parte l'evidente risentimento personale, c'erano nella lettera note di sincerità e spunti attendibili cli un reale disagio. Caclorna non ignorava questo stato d'animo - anche perché riceveva non poche lettere anonime - ma, da un lato, lo considerava connesso con una guerra che «ha sconvolto tutti gl i antichi criteri e quando si va all'offensiva si va incontro a difficoltà insormontabili, come è ac-

'Ibidem,

n bis, doc.

182.

' La linea di difesa austriaca sul Carso correva dal San Michele a monte Sci Busi, pass,u1do ad ovest di San Manino. ~ F. MARTIN!, Diario cit., p. 579. " G. GtOLIITI, Quarant'anni di politica italiana cii., lll, p. 186-188.


226

LA PRIMA GUERRA Jv(OND1ALE

caduto anche recentemente a Joffre, in Sciampagna, il quale aveva dei mezzi notevolmente superiori ai miei» 1; e dall' altro, ne traeva motivo per fare appello alla sua forza d' animo: «Ti assicuro - scriveva alla moglie il 23 ottobre - che in queste battaglie prol ungate si richiede in chi comanda una imperturbabilità per non lasciarsi impressionare dalle vicende e dalle perdite. E bisogna sempre saper valutare i guai del nemico( ...) che sono spc.sso più grav i dei nostri. E da tale considerazione si trae l'energia a persistere fino alla fine (...)» ' .

* * * Fra la 3• e la 4• battaglia dell'Isonzo, si pose in termini ultimativi l'urgenza della decisione da prendere su una questione che da parecchie settimane suscitava discussioni in campo alleato, ma che l'offensiva austro-tedesco-bulgara in Serbia aveva collocato su un piano di assoluta p1iorità. Non che fosse stata trascurata dal nostro governo. A scorrere il diario di Scmnino nel mese di ottobre, è facile vedere quanto a Francia, Gran Bretagna e Russia premesse la partecipazione dell' Italia all'impresa di Salonicco, in sostegno della Serbia. Il 2 novembre B,u-rère fece una comunicazione importante al ministro degli Esteri.1129 e 30 ottobre Joffre e Kitchener si erano incontrati a Londra, giungendo ad un accordo circa la spedizione in Macedonia, ormai in corso di sbarco 3• Si desiderava, adesso, conoscere le intenzioni dell'Italfa. Sonnino si strinse nelle spalle e ripeté quanto aveva detto la settimana precedente. Che, cioè, l'esercito italiano stava già operando per alleggerire la pressione sulla Serbia, grazie all'offensiva senza tregua sferrata sull' Isonzo; che nessun impegno era possibile assumere finché l'offensiva in questione non fosse terminata; che, infine, l'evidente malevolenza di serbi e greci nei nostri confronti non agevolava ce1tamente la cosa '. Ma il fatto nuovo si verificò il 4 novembre. Si presentò ad Udine, al Comando Supremo, il generale Gouraud, già a capo della spedizione di Gallipoli. Consegnò a Cadoma, per conto di Joffre, un «Rapporto relativo ad un piano d' azione comune degli Alleati in Oriente», compilato d'intesa con Kitchener. Per contrastare l'ovvio intento degli Imperi Centrali di stabilire un sicuro collegamento territoriale con la Turchia attraverso la Bulgaria e di isolare la Russia, possibilmente attirando a sé Romania e Grecia, l' unico modo era costituito dal creare una fortissima minaccia sui fianchi della manovra nemica. A nord, un esercito russo, pronto a muovere dalla Bessarabia \ avrebbe fra l'altro spinto la Ro-

'L. CADORNA, Lettere famigliari cit., p. 128. ' Ibidem, p. l27. ' Imperiali a Sonnino in data 1.11.1915, D.D.J., 5" serie, V, doc. 39. ' S. SONNINO, Diario cit., li, pp. 263-264. 'L'ambasciatore russo aveva comunicato in via confidenziale che la Stavka, in vista dell'attuale inattività alleata, stava organizzando un'offensiva da sferrare con dieci corpi d'armata in di re-


LA CAMPAGNA DEL I 9 I 5

227

mania ad uscire dalla titubanza ed a porsi a fianco dell'Intesa. A sud, un altrettanto grosso esercito alleato in Macedonia avrebbe probabilmente trascinato la Grecia nella coalizione. Al momento l'Armée d'Orient comprendeva tre divisioni francesi ed altrettante britanniche, per complessivi 80 1nila uomini. La Gran Bretagna poteva aumentare il proprio contingente. L' Italia, vista l'imnùnenza della stagione invernale che avrebbe sospeso le operazioni sulla fascia alpina, era in condizioni di concorrere con 100 mila uonùni? '. Cadorna mandò iI rapporto a Salandra il 5 novembre, accompagnandolo con una serie di considerazioni. La programmata esecuzione della nostra offensiva non doveva illudere sui risultati ottenibili, a causa delle estreme difficoltà di sfondare le difese statiche austriache con i mezzi disponibili e del peggioramento delle condizioni climatiche. C'era da temere, insomma, che sul nostro fronte si ripetesse lo scarso successo della grande offensiva franco-britannica in Artois e Champagne. Ne conseguiva: piena riconferma del parere favorevole al concorso italiano in un'operazione da Salonicco, che pareva prestarsi ad una guerra di movimento. Poiché, tuttavia, difettavamo cli molte cose, la nostra prutecipazione non poteva superare il livello cli un corpo d'armata di circa 60 mila uomini; ed altresì occorreva che francesi ed inglesi fornissero tutte le artiglierie di medio e grosso calibro, nonché lanciabombe, munizioni e materiali vru·i 1 . Salandra rispose il 9, tornando sulla complessità dei fattori di svariatissima natura che influivano sull'argomento. Al riguardo, Sonnino annotò che mentre Joffre, attraverso Gouraud, ora insisteva per un nostro grosso sforzo in Macedonia e dichiru·ava inutile una nostra presenza inAlbania, Tittoni riferiva che Briand, presidente del Consiglio e ministro degli Esteri dalla fine di ottobre, sollecitava il nostro urgente intervento in Albania. E ancora, mentre gli ambasciatori Barrère e Rodd caldeggiavano l'invio dei rifornimenti ai serbi da San Giovanni di Medua, Pasié chiedeva fossero mandati per l'itinerario Durazzo-Elbassan-Struga. E ancora, il nostro ministro a Durazzo, Aliotti, avvertiva che l' Albanja si trovava in uno stato cli pericolosa anarchia, foriera di incertissimi sviluppi 3• Salandra, dunque, espose a Cadorna la convenienza di un esame congiunto, da prute del governo e del Comando Supremo, dell'intera vicenda, anche e principalmente considerando le remore derivanti dalla grave situazione finanziruia, i cui riflessi inevitabilmente incidevano sulla spedizione di Salonicco e sul piano di ingrandimento dell'esercito ·•.

zione BudapeSL Aveva già pronti cinque corpi (280 mila uomini). occorreva però che gli alleati concentrassero in Macedonia (400 mila uomini) per congiungersi con i russi (Sonnino a Cadoma in data 27.11.1915, D.D.l., 5• seri.e, V, doc. 156). ' L. Cadorna, Altre pagine sulla grande guerra., cit., pp. 118-123. ' Ibidem, p. 125. 'S. Sonnino, Diario cit., II, p. 265. '' L. Cadoma, Altre pagine sulla grande guerra cit., pp. 125-126.


228

LA PRlMA GUERRA MONDIALE

ll 13-14 novembre Cadorna si incontrò a Roma con Salandra, So1mino, Zupelli e Carcano. Prevalsero le ragioni di Sonnino, da questi illustrate il giorno 10 in sede di Consiglio di ministri. A Salonicco non si poteva mandm·e che un contingente Urn.itato ed il peggio era che la nostra partecipazione non escludeva affatto la presumibile necessità di una spedizione in Albania, viste le circostanze. La Serbia non nascondeva l' intenzione di occupare il centro del paese arrivando a Durazzo; la Grecia ambiva prendere Valona e Berat. Dal canto loro, inglesi e francesi volevano tenere aperto un corridoio albanese per i rifornimenti all'esercito serbo, 01mai praticamente tagliato da Salonicco, e per agevolare la nostra partecipazione erano disposti a confe1ire all'impresa un carattere internazionale, aggregando al contingente italiano un reggimento francese ed uno inglese '. Cadoma si inchinò al parere politico, però si oppose al desiderio di Sonnino di occupare il triangolo Valona-Durazzo-Elbassan con 21 battaglioni In conclusione, venne stabilito che il corpo cli occupazione in Albania fosse costituito da una divisione su tre brigate, di cui una di milizia territoriale, e che il suo compito si limitasse a garantire il possesso dei due porti di Valona e di Durazzo, escludendo qualsiasi occupazione stabile nell'interno dell'Albania. In questo senso Cadorna formulò le direttive per il. generale Bertotti, designato al comando della spedizione 2 •

* * * Cadoma si era recato a Roma a 4" battaglia dell' Isonzo iniziata. Il 9 novembre il Comando Supremo aveva diramato l'ordine d'operazioni n. 21 per la ripresa dell'offensiva 3 • Il fronte d'attacco andava dal Sabotino al mare, con uno sforzo principale volto alla «conquista» di Oslavia-Podgora e S. Michele-S. Martino-Sei Busi, e due sforzi dimostrativi (ma nel contempo «decisi e tenaci») contro iI Sabotino ed il settore di Monfalcone. Due osservazioni, entrambe critiche. La prima riguarda la prescrizione che aII' ora H l'avanzata della fanteria dovesse iniziare contemporaneamente «lungo tutta la fronte delle due armate)>; in altri termini, la battaglia ii prendeva da Plezzo al mare e con le stesse trnppe di prima e quindi più usurate. Era un provvedimento indispensabile? La seconda osservazione concerne l'ultimo punto dell'ordine: «Il consumo medio giornaliero delle munizioni cl' artiglieria potrà superare di metà il limite consentito». Tale facoltà era stata concessa anche per la seconda fase della 3' battaglia dell'Isonzo, «affinché l'azione possa svolgersi col carattere di energica risolutezza che è nelle .intenzio1ù di questo Comando» ". Ma l'essere costretti a porre linùti, quali che

' S . SONN I KO, Diario cii., II, p. 267. ' L. CADOR.'iA,Altre pagi11e s11llagra11de guerra cii., pp. 127- 128. Cfr. M . .MONT.>\NARI , Le trup pe italia11e ir,A/bania ( 1914-1920 e 1939), USSME, Roma 1978, pp. 36-43. ' CCSM, Relazione ufficiale cit., n bis, doc. 178. ' lbidem, II bis, doc. 183.


LA CAMPAGNA DEL l9 15

229

siano, al consumo di munizioni - e non per evitare una riscontrata indisciplina del fuoco - equivale a paitire con una palla al piede. Il gen. Benciveuga ha appuntato la sua attenzione sulle riserve. Da un'analisi dettagliata emerge come queste fossero formate, in linea di massima, da unità Iitirate dalla prima schiera durante la 3" battaglia a causa del loro logorìo. Il Comando Supremo, addiiittura, aveva in riserva brigate «fra le più logore di tutta la fronte isontina!». In quelle condizioni il Comando Supremo non sarebbe certo stato in grado di immettere nella lotta truppe fresche per sfruttare l'eventuale successo delle di visioni in prima schiera 1 • Anche la 4• battaglia dell'Isonzo si svolse in due fasi. La prima dal 10 al 14 novembre; la seconda dal 18 novembre al 2 dicembre. La fase iniziale venne interrotta ctaU' intervento del generale Capello, comandante del VI corpo d' armata, inc,u-icato della conquista delle posizioni Oslavia-Podgora. Capello il mattino del 15 telefonò al generale Frugoni, comandante della 2• aiwata, rappresentando con franchezza di non ritenere eseguibile un attacco a fondo se non dopo due o tre giorni di bel tempo. Nella lunga relazione esplicativa trasmessa al Comando dell'annata, Capello giustificò la Iichiesta di rinvio con le condizioni delle sue divisioni, descritte in questi termini: «(...) per rifornire le truppe, la parte più difficile dei trasporti è quella che avviene per le mulatf.erc e per i camminamenti, in piccola parte a soma, la più parte a dorso d' uomo e, poiché le mulattiere ed i canuninamenti sono franati, o iiwasi dalle acque, il rifornimento delle truppe è completarr.ente aleatorio, speeie quando l'attività del nemico non permette di camminare allo scoperto e quando su queste stesse strade e cammi.nam.emi avviene lo sgombro dei feriti(. .. ). Per mia personale constatazione a Pri Fabrisu, alle 6 del giorno 13, si trovavano ancora le code di due battaglio1ù che avevano cominciato a sfilare la sera precedente dallo sbocco del paese per recarsi ad Oslavia, ed ho visto sfilare non degli uomini ma dei pezzi di fango ambulanti, che l'aticosamente si trascinavano verso il nemico. Ad essi non mancava la volont;i di camminare, in loro ani i ho veduto la convinzione della necessità di accorrere sulle posizioni dai loro compagrù conquistate, ma mancava la forza fisica ed erano in più di duecento completamente esauriti (... ). Riassu mendo, significa che io non ho gli elementi di giudizio che può avere !'E.V. cd il C.S., e per conseguenza, non posso decisamente pronunciarmi sulla opportunità o meno di riprendere

' R. BENCIVENGA, Saggio critico s11/la 110.l'lra guerra cit., Il, pp. 279-282. Con l'eccezione del 40° reggimento fanteria, le cui perdite complessive si aggiravano sui 600 uomini, gli altri quindici reggimenti delle olio brigate in riserva del Comando Supremo avevano subìto perdite dai 1000 ai 2000 uonù1ù ciascuno, su un livello di forza presente già molto al di sot.to di quello organico. Il generale Capello descrisse l'arrivo in linea di un reggimento in riserva, inviato in rinforzo al VI corpo, in questi termin i: «( ... ) Ho visto il 135° [reggimento] che doveva giungere ieri sera a Vipulzano e che non è ancora completamente arrivato. Ne ho avuto un' impressione penosa. La trnppa è incominciata a giungere questa mattina e alle 16 sta ancora arrivando alla spicciolata. È una coda interminabile di gruppi di tre o quattro uomini che si lrascinano penosamente, male in ar·nese, in disordine nella persona, col viso sparuto e sofferente. Ogni vincolo organico è rotto, non esagero! Dalle prime informazioni ho dovuto convincernù cbe la mar·cia fu condoHa senza alcuna regola e si è svolta in mezzo a molte difficoltà; pare sia mancato anche il vettovagliamento .. .)» (L. CAPELLO, Per la verità, Treves, Milano 1920, p. 192).


230

LA PRIMA GUERRA MONDlALE

l'azione offensiva; però cogli clementi a me noti, esprimo il parere che sia opportuno soprassedervi( ... )» 1•

Frugoni condivise gli apprezzamenti di Capello, il quale aveva allegato anche un rapporto del direttore di sanità del VI corpo sullo stato di salute dei soldati - principalmente «stremati di forze per i prolungati disagi, per freddo dovuto ai panni bagnati dalle piogge di dieci giorni mai cambiati» 2 - e trasmise la documentazione al Comando Supremo, specificando che non migliori erano le condizioni del II corpo e dichiarando che «se non manca la possibilità assoluta di procedere ad un attacco risolutivo nella giornata di domani, 17 corr., quando esigenze d'ordine superiore lo esigessero ad ogni costo, tale attacco si svolgerebbe indubbiamente in condizioni del Lutto sfavorevoli e tali da non offrire alcuna garanzia di successo(...)» ' ·

Secondo la Relazione ufficiale, queste informazioni sullo stato delle truppe non furono sufficienti ad indurre il Comando Supremo ad interrompere la battaglia per qualche giorno, in quanto peso maggiore venne attribuito alla persistente e diffusa sensazione che il nemico stesse per crollare. Il commento di Bencivenga è, al riguardo, assai duro: «Escludiamo anzitutto nel modo più assoluto che, al C.S., vi fosse la fondata sensazione che l'avversario stesse per cedere. I referti dei prigionieri, del resto poco dissimili da quelli già raccolti nelle precedenti battaglie, non illudevano più alcuno. Del resto, noi che scriviamo queste note, inviati dal generale Cadoma sulla fronte del Carso all'inizio della ripresa della 3• battaglia, avevamo fin d 'allora 1iportato i pareri assai espliciti dei Comandanti del VII corpo, all 'ala destra, e del X, al centro, sull' impossibilità, allo stato delle cose e dei mezzi disponibili, di poter superare le resistenze nemiche. Si immagini se ciò era possibile in questa ripresa, dato l'esaurimento cui erano giunte le nostre truppe!» ·•.

Più tardi Cadorna ammise la discutibilità della decisione di aver proseguito l'offensiva fino ai primi di dicembre. Volle spiegarla, appunto, con le numerose dichiarazioni dei prigionieri sull'estremo logorio dei reparti austro-ungarici. «Si poteva - scrisse - pertanto credere che, insistendo negli attacchi, il nemico sarebbe presto arrivato ad un tal punto cli logoramento da esser costretto a cedere». Quanto fossero vane le speranze di un cedimento austriaco potrebbe essere dimostrato dal primo rapporto che l'arciduca Eugenio, comandante della fronte sud-ovest, inviò al Comando Supremo, a Teschen, sulle condizioni di efficienza della 5" armata. Dopo aver premesso che le perdite subite dal VII corpo

' CCSM, Relazione ufficiale cit., 11 bis, doc. 202. Si noti che Capello non aveva fama, almeno in quel periodo, di essere molto restìo all'impiego prolungato delle proprie trnppc. ' Ibidem, ll bis, doe. 203. ' Ibidem, Il bis, doc. 201. 'R. B ENCJVENGA, Saggio critico sulla nostra guerra cit., 11, pp. 268-269.


LA CAMPAGNA DEL 19 L5

23 1

ammontavano al 40% degli effettivi «perché è contro questo corpo che si rinnovarono i furibondi attacchi degli Italiani», scrisse: «In ogni modo però, le perdite complessive subite dalla 5° annata du rante questa terza battaglia sono alquanto al di sotto di quelle subìte nella seconda battaglia dell'Isonzo, e ciò malgrado la maggiore intensità dell'azione e del fuoco dell'artiglieria nemica, che raggiunse una violenza insuperata. Infine l'arciduca pose l' accento sull'eccellente spirito delle truppe e sul loro "meraviglioso" comportamento» '. È doveroso dire che l'ottimistica sensazione cui accennava Cadoma non deve esser reputata semplice scusa. Anche in terra di Francia stava verificandosi da tempo. Tuttavia alcune righe di Cadoma stanno ad indicare .il principale, se non il reale, motivo del rifiuto a sostare: «Si aggiunga la viva e giusta aspirazione del Paese di raggiungere il primo grande obiettivo nazionale rappresentato dalla vicinissima città di Gorizia. Infatti, quando una ventina di giorni dopo la sospensione dell 'offensiva, mi recai a Roma e vidi il Presidente del Consiglio, al quale il 7 dicembre avevo esposto le ragioni della suddetta sospensione, questi ebbe a manifestarmi la disillusione che tale determinazione gli aveva cagionato» '·

La ripresa ha storia unicamente per il valore mostrato da ufficiali e soldati. Il 17 novembre il Comando Supremo ordinò, dunque, di attaccare dal Sabotino al mare, a partire dall'indomani, con una disposizione .invero stranissima: «Le truppe della 2° e della 3° annata opereranno contro gli obiettivi che i rispettivi comandanti designeranno»! 3• Anche in precedenza si era ,~marcata l'assenza di un vero e proprio disegno di manovra strategico, però adesso il Comando Supremo si limitava inspiegabilmente a lasciar piena iniziativa ai comandanti delle annate, riou11ciando a tenere le redini della battaglia e quasi «nello stato d 'animo di chi, fallite tulle le previsioni del gioco, si affida al destino. E del resto, come avrebbe potuto il Comando Supremo, senza riserve, dirigere una battaglia?» 4. Il Comando della 2• armata dispose la ripetizione dell'azione contro gli stessi obiettivi della precedente fase: Oslavia-Podgora. La 3a annata volle concentrare lo sforzo sul tratto San Michele-San Martino del Carso. Le azioni laterali avevano scopo concorrente ed impegnativo. I combattimenti ad Oslavia e sul San Michele furono tremendi; i risultati pressoché irrisori. L'offensiva autunnale aveva finito per spezzettarsi in una serie di puntate isolate, di piccoli episodi, dal!' alto corso dell'Isonzo al Carso, attorno a questo o quell'obiettivo, ma senza un vero e proprio coordinamento, senza una concezione unitaria. Cosicché questi sforzi riuscirono ad intaccare in alcuni tratti le po-

'CCSM, Relazione ufficiale cit., il bis, doc. 180. 'L. CADORNA, la guerra a/fa fronte italiana cit., I, p. 158. ' CCSM, Relazione ufficiale cit., Il bis, doc. 207. • R. BENCIVEtsGA, Saggio cririco s11lh:1 nostra guerra cit. , Il, p. 271 .


232

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

sizionj austriache, ma non a romperle né a preoccupare seriamente l'avversario. Le perdite subite nel corso de!la 3" e 4• battaglia dell'Isonzo raggiunsero i 116 mila uomini per gli italiani ed i 70 mila per gli austriaci. In definitiva, l'offensiva autunnale si risolse in pura perdita. Non soltanto la difesa sempre più si avvantaggiava del tempo a disposizione, ma innegabilmente «il fattore che più nocque alla nostra azione fu la eccessi va ripetizione degli attacchi sulle stesse direttrici: non solo, ma sulle stesse linee del ten-eno. La qual cosa rese scaltrita la difesa, non lasciando più alcuno spiraglio alla sorpresa da parte delle nostre truppe» '. E se crescevano i nostri mezzi, il nemico aveva modo di irrobustire i suoi apprestamenti, prendeva attenta conoscenza ciel probabile svolgimento dei successivi tentativi e si trovava in misura di respingerli senza grossi problemi. Cosicché, se dapprima riuscivamo a metter piede sull.'una o sull' altra posizione pur non essendo poi in grado di conservarne il possesso, in secondo tempo non fu più neppur possibile avvicinarsi alle stesse posizioni. Un importante avvertimento venne dai nostri Comandi recepito subito: l'insufficienza dell'organizzazione del fuoco d 'artiglieria, specialmente in confronto alla manovra del fuoco realizzata dall'artiglieria austriaca. E questo difetto già nell'anno successivo non ebbe più verificarsi. La nostra fanteria era veramente stremata per la pressoché ininterrotta prosecuzione dell'offensiva; per l'inunane difficoltà di aprirsi un varco nei reticolati; per riuscire a trovare un'uscita dall'intrico dei trinceramenti avversari; per il dover subire, indifesa, il fuoco di interdizione, di sbarramento e di repressione dell'artiglieria austriaca; per l'impossibilità di un elementare, decente riposo. Si pensi che, data la profondità delle fasce di reticolato, nelle quali la nostra artiglieria aveva operato qualche squarcio, ma più che altro un vero e proprio sconvolgimento, la fanteria era costretta a sostare in un mondo sconvolto, in mezzo a feriti e cadaveri, anche per un' intera giornata e ad aprirsi penosamente il passo con pinze tagliafili e tubi esplosivi, sotto il fuoco delle mitragliatrici e delle batterie austriache. L'immissione dei complementi non giovava, risultando questi estremamente scadenti sotto il profilo dell' addestramento e del tutto impreparati psicologicamente ad una simile prova. Senza parlare della crescente deficienza numerica degli ufficiali, dovuta in parte alle perdite ed in parte alla necessità di inquadrare nuove unità in allestimento. Due commenti meritano citazione. L'uno di un nemico, l'altro del comandante del V corpo. L'arciduca Giuseppe, comandante dell'VID corpo austriaco sul Carso, scrisse nelle sue memorie: «Ve ngano qui Conrad e Borocvié: vengano qui a dare il comando di tenere inu11ancabilmente l'altopiano senza tuttavia stancare troppo le truppe. Qui dove io ( ... ) riesco a stento a padroneggiare

' Ibidem, p. 276.


LACAMPAGNADEI. 19 15

233

senza fuggire, tappandomi gli occhi cd il naso. lo sono completamente fuori di mc perché quello che oggi ho visto è talmente impressionante che veramente deve essere felice colui che non impauiscc in ialc situazione. Almeno il mondo sapesse ciò ch 'è la guerra e sopra tutto ciò ch'è Doberdò (... ). (... ) loue più terribili di quelle combatt ute a Doberdò, e pari a queste, io che ho pure fallo la guerra su tutte le fronti, non ne ho mai vedute».

Il 24 ottobre, sei giorni dopo l'inizio della 3• battaglia, a1rnotò: «La situazione diviene di ora in ora più critica: gl i ital iani fanm> seguire gli assalii agli assalti e noi soltanto a prez.z.o di perdite enormi riusciamo a contenerli (...). E gli italiani? Giù il cappello! Lotte selvagge e disperate hanno luogo fra noi e loro e soltanto la morte parla. Gli italiani vengono all'assalto in masse compatte e subiscono perdite indescrivibili. Si fanno macellare in massa, ma pure continuano sinché pochi uomini non rimangono in piedi. E questa lotta prosegue senza posa seminando morte e stenninio (... )».

Ed il 29 novembre: «Con tutto l'animo debbo esprimere la mia meraviglia per gli italiani; una simile pazienza tenace negli attacchi, con simili perdite, è qualche cosa che mai avevo veduto» '.

Dal canto suo, il generale Capello, per l'appunto riferendosi all'offensiva autunnale, ebbe a ricordare: «Chiunque abbia veduto il nostro fante in quel lungo periodo di lotta accanita non può a meno di serbarne un ricordo gratissimo di riconoscenza e di ammirazione( ... ). Il maltempo aveva reso il terreno impraticabile. Le trincee ed i camminamenti erano divenuti torrenti di melma putrida per lezzo dei cadaveri, ove si affondava fino aUa cintura. Le condizioni di vita erano terribili( ...)» ' ·

5. CONSIDERAZIONI SULLA CAMPAG~A DEL 1915 Rimandando ali.e considerazioni conclusive alcu1ù temi già sfiorati, quali il problema del la rottura di un fronte stabilizzato e l'azione di comando di Cadorna, ci limiteremo in questa sede a toccare i soli aspetti concernenti i primi mesi di guerra. Le due offensive, estiva ed autunnale, del 191 5 provocarono una sostanziale delusione per i risultati inadeguati rispetto ai sacrifici soppo1tati (282 mila perdite complessive, fra morti, feriti e prigionieri o dispersi, oltre a 306 mila malati) e per l'arenarsi dello sforzo. Da ciò la prima accusa al Comando Supremo, cioè a Cadoma : «A questa guerra di trincea egli credette di sottrarsi e non previde che guerra di movimento, alla quale dovette suo malgrado rinunciare dopo i primi tentativi di avanzare presto contenuti dal nemico» 3 • Per la verità, biso-

' 1n L. SEGATO, l'Italia nella guerra mondiale, cii., I, pp. 432- 433. ' L. C APELLO, Note di guerra, cii., I, p. 186. ' Lu1G1 ALBERT1N1, Venti anni di viw politica, rrr, Zanichelli, Bologna 1950, p. 181 .


234

LA PRIMA GUERRA.MONDIALE

gnerebbe invece riconoscere che dai lineamenti di una guerra di movimento, quale risulta dalla memoria riassuntiva del 21 agosto 1914 ', Cadoma passò prima al punto fermo dell'inviolabilità del confine, da garantire all'inizio delle ostilità, e della riserva di ordini per l'offensiva oltre Isonzo a radunata ultimata (direttiO ve del l settembre, nelle quali ogni accenno ad azione offensiva è accompagnato dall'aggettivo «eventuale»); poi alla conferma di tali direttive e degli studi per l'eventuale offensiva ordinati a patte (disposizioni del 15 ottobre 1914); quindi ad una serie di precisazioni, sempre rife1ite al periodo della radunata, basata non più tanto sull'ipotesi offensiva quanto sul concetto di assumere «sul principio, almeno su qualche tratto della fronte, contegno difensivo», assicurandosi nel contempo «sbocchi offensivi» verso la valle Pusteria ed oltre Isonzo («Varianti» in data 20 aprile 1915); infine arrivò alla detenninazione di un primo sbalzo offensivo per raggiungere l'Isonzo, migliorare l'assetto difensivo e procurarsi posizioni favorevoli per lo sbocco ad oriente (ordine d'operazioni n. l del 16 maggio 1915). In definitiva, a parte le preoccupazioni di improvvise mosse aggressive austriache, sempre più marcata divenne la cautela di Cadoma, il che non è certo in sintonia con la pretesa impostazione di una guerra di movimento. Sicuramente, questa doveva pur essere intrapresa, altrimenti non si vede come la guerra potesse esser vinta, tuttavia la probabilità del ricorso alla sistematicità per rompere le linee avversarie, ovunque appoggiate ad un terreno molto favorevole alla difesa, ed il pericolo di andare incontro alla s01te toccata agli opposti eserciti in Francia, apparvero ben presto in piena evidenza. Diciamo, allora, che Cadoma «sperò» di sottrarsi alla guerra di trincea, ma questo non può costituire appunto. Seconda accusa: «È evidente(...) che il nostro Supremo Comando non aveva desiderato, né preparata né, purtroppo, prevista la guerra di posizione, così che, prima di rassegnarvisi, si ostinò in urti frontali vigorosissimi(...)» 2 • Che non l'avesse «desiderata» è ovvio e più che naturale: nessuno dei capi degli opposti eserciti l'aveva desiderata, a quanto risulta. Sul fatto di non averla «preparata» non si vede in che cosa esattamente dovesse consistere la preparazione, a meno che non si voglia intendere la deliberata ed immedjata assunzione della difensiva, in attesa di tempi migliori, il che non coincideva proprio con i nostri impegni e con le aspettative degli alJeati. Quanto a non averla «prevista» non si può concordare: Cadoma l'aveva addirittura temuta, ad esse riferendosi senza mez-

'Il vero, completo, disegno offensivo di Cadorna, indicato nello studio personale dell'agosto I 914, non vestì mai espressione ufficiale, ed il 4 novembre 1914 egli affidò ai comandanti designati d ' armata gli studi inerenti a detto studio. In quell'occasione, Cadorna precisò: «desidero sia bene inteso che essi [gli studi] non costituiscono affauo un programma di operazioni. Sono semplicemente studi, dai quali anzi nù riservo di trarre elementi per decidere a momento opportuno circa il genere di operazioni e Je. modalità di esecuzione. Naturalmente ciò dipenderà essenzialmente dalla situazione politico-militare» (E. FAWELLA, La grande guerra cit., I, p. 52). ' ALDO VALORI, La guerra italo-austriaca 1915-1918, cit., p. 99.


LA CAMPAGNA DEL 19 15

235

zi tennini nella sua pubblicazione dell' «Attacco frontale»' e nelle «Vaiianti» ciel 1° aprile 1915 2 • Era però costretto ad affrontarla con i mezzi di cui disponeva. E, d'altra parte, avrebbe dovuto subito «rassegnarsi» ad essa, cioè mettersi sulla difensiva? Peraltrn, sembra doversi riconoscere una certa insufficienza o trascuratezza nell' illustrare, con efficacia, a tutti i livelli come affrontare quello speciale tipo di guerra che si combatteva in occidente e che non era affatto da escludere di dover incontrare anche sul nostro teatro d' operazioni, che per giunta offriva alla difesa appigli tattici eccellenti. Non per niente, il generale Segato, già comandante del XII corpo d'amrnta, accennando appunto alla guerra di trincea, attestò: <(Della sua fisiononùa, dei suoi caratteri e delle sue esigenze restammo tutti un po' sorpresi, dal generalissimo ai comandanti di truppe» 3 • Invero, nel maggiO'e nel giugno e poi ancora nel luglio si susseguirono circolari, derivanti dalle informazioni provenienti dalla Francia, intese a mettere a fuoco il problema dell'attacco alle trincee nemiche, ma evidentemente non fecero presa perché il primo impatto fu sconcertante. Ad esempio, la circolare «Procedimenti per l'attacco frontale nella guerra di trincea, in uso nell'esercito francese», diramata nel maggio 1915 e volta a delineare l'attacco di una divisione nella guerra di posizione, presentava subito un'affem1azione che, in tutta franchezza, non può non destare stupore: «Sul teatr(l occidentale d' Europa la guerra di trincea ha trovato, per motivi che ognuno conosce, applicazione più vasta cdi più ltmg-<1 durata da parte di entrambi i partiti di fr(lnte. Le lince avversarie si sono venute avvicinando a breve e talora a brevissima distanza, e da lunghi mesi assistiamo allo svolgersi di accaniti combattimenti fra trincea e trincea( ... ) e ne sono derivati pruticolari pro· cedimenti d'auacco. Abbenché il carnttere delle 11ostre e ventuali operazioni e la natura e configmazione del terreno ov 'esse si svolgeranno facciano ritenere improbabile che le nostre truppe debbano ricorrere ai suddetti procedimenti - salv(l che, eccezionalmente, sopra estensioni piuttosto limitate della fronte - tullavia conviene che gli ufficiali conoscru10 taluni dati d'esperienza( ...)»'.

È pur vero che direttive ed ordini rivestono un valore tassativo ben superiore a quanto asserito in una circolare addestrativa, tuttavia un simile modo di esprimersi induce inevitabilmente all'accusa di non aver «prevista» la gue1n di trincea. Ed un'ultima osservazione sull'argomento. Nel marzo 19151' addetto mi-

1 «L'esperienza della guerra in C(l{SO - aveva scritto Cadorna- dimostra che la conquista di posizioni nemiche anche fortemente rafforzate non offre difficoltà insomiontabili» grazie ai vantaggi che le anni moderne procuran(l all'offensiva. Il che, ad (lnor del vero, poteva andar bene S(ll(l a titolo di incoraggiamento (CCSM, Relazione ufficiale cit., VI, doc. 3, p. 83, nota I). ' Parlando dei lavori difensivi compiuti dagli austriaci, Cadoma indicò quelli effettuati «specialmente in corrispondenza della frontiera aperta del Friuli: donde la possibi)jtà che una nostra offensiva in questa direzione urti contro una tenace resistenza e rimanga paralizzata, a somiglianza di quanto si verifica attualmente in Fiandra ed in Polonia» (Ibidem, II bis, doc. 6, p. 27). 1 L. Segato, L'Italia nella guerra morulia/e cit., 1, p. 469. ' CCSM, Relazione ufficiale cii., VI, doc. 5, p. 101 (corsivo nostro).


236

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

litm·e a Berlino, ten. col. Bongiovanni, aveva inviato una lunga relazione su quanto visto sul fronte orientale (comprese le posizioni tenute dagli austriaci) e su quello occidentale. 11 documento illustrava con molti dettagli utili l'organizzazione difensiva nella guerra di posizione messa in atto dai tedeschi ed imitata dagli austriaci, e forniva preziose indicazioni sui procedimenti di attacco alle posizioni così prediposte. Per quanto fossero poste in evidenza I.e numerose «novità tecniche» e tattiche impiegate dai tedeschi, non risulta che la relazione abbia formato oggetto di divulgazione, con adeguato commento, ru Comandi di grande unità. Terza accusa: l'aver diluito le forze con uno schieramento a cordone e di aver agito in senso offensivo ovunque, rinunciando alla concentrazione degli sforzi. A prescindere da quello che stava accadendo da un anno sul fronte occidentale, per quanto concerne lo schieramento a cordone ci sembra che Faldella abbia dimostrato in modo convincente la scarsa consistenza del rimprovero. Sui 360 chilometri dallo Stelvio a monte Canin erano dislocati 224 battaglioni di vario tipo con 165 batterie complessive, mentre sui 90 chilomet1i dal Caiùu al mare si trovavano 332 battaglioni e 310 batteiie. Inoltre le operazioni affidate alla Zona Carnia ed alla 4° annata avevano carattere locale e lo scopo sostanziale di migliorare le condizioni della difesa in Carnia ed in Cadore 1• Peraltro è innegabile che ogni volta l'intero fronte, poco o tanto, si metteva in movimento. E per ogni azione si incitava ad un comportamento deciso e vigoroso, il che provocava un impegno a fondo. In merito al disegno strategico italiano, sulla sua messa in atto pesò senza alcun dubbio la cattiva riuscita della mobilitazione e della radunata. Se Cadorna avesse accettato l'idea di una mobilitazione parziale, il 24 maggio avrebbe avuto a disposizione alcuni corpi d'annata veramente pronti a raggiungere in pochi giorni taluni impo11anti obiettivi. Ad esempio, il possesso della conca di Tarvisio, riconosciuto di assoluta importanza come appoggio d' ala e perno cli manovra per la nostra offensiva oltre Isonzo. Quarta accusa: quella di «non aver capito la situazione», ossia di essere entrato nel conflitto senza aver fatto tesoro delle esperienze raccolte dagli alleati in un anno di guerra. Il riferimento concerne soprattutto la scarsa disponibilità di artiglie1ia d'assedio, l'insufficiente produzione cli munizioni, l'inedeguato gettito dei complementi, la tattica da impiegare. Nessun dubbio circa la realtà delle carenze, ripetutamente lamentate dallo stesso Cadorna, ma, per quanto si è detto in precedenza, non pare che, obiettivamente, se ne possa far carico al capo di Stato Maggiore. Considerato il ritardo della mobilitazione industriale, si cercò di parare in qualche modo alla scarsità di bocche da fuoco di medio e grosso calibro con provvedimenti di emergenza,

' E FAI.DELLA, La grande guerra cit., I, pp. 59-62.


237

LA CAMPAGNA DEL 19 15

disarmando i forti di Mestre, le teste di ponte del Tagliamento ed altre opere anche dello scacchiere tridentino, sì da raccogLiere alcune dieci ne di cannoni da 149 A, di obici da 280 e da 305. Ma si trattava di semplici ripieghi, del tutto insufficienti, anche perché a fine 1915 più della metà di queste bocche da fuoco erano scoppiate per difetti di fabbricazione delle munizioni. A fine settembre ebbe inizio la distribuzione alla 2• ed alla 3" armata di una piccola aliquota di lanciabombe di nuovo tipo, T hévenot e Dumezil, di produzione francese, che avevano dato buona prova. Un altro buon passo avanti si era fatto con l'acquisto in Francia di un discreto numero di velivoli per le ricognizioni e l'osservazione del tiro. Il problema del munizionamento rimaneva apertissimo. Nel luglio 1915 era stato concordato fra Comando Supremo e ministero della Guerra un rifornimento di 45.mila proietti li giornalieri, da portare a 56 mila nella primavera del 1916. Purtroppo si trattò, per lungo tempo, di un pio desiderio, tanto che il 15 aprile 1916 Cadoma si lamenterà con iJ ministero di un Iivello sceso «allo sconfortante numero di 23.000 colpi» 1• Sicuramente, non tutta l'energia auspicabile era stata impiegata per raggiungere taluni risultati, e studi ed esperienze presero più tempo del necessario, pur ammettendo non semplice l'adeguamento della nostra organizzazione industriale. Non dimentichiamo, d'altronde, che dopo un anno di guerra paesi come la Francia e la Gran Bretagna stentavano a trovare il passo nella produzione di munizioni e di attiglierie adeguate. Anche la crisi del personale era stata prevista da Cadorna. Diventò sempre più grave, al punto che a fine settembre 1915 la disponibilità delle truppe di complemento di pronto impiego ammontava ad appena 35 mila uomini, sino a risultare quasi para] izzante durante l'offensiva autunnale. L'afflusso di retto dei complementi dai centri di mobilitazione alle grandi unità in linea non risultando molto efficace, si decise di costituire depositi speciali di rifornimento di uomini in zona di guerra, in modo da assicurare un volano di personale per le armate e quindi migliorai·e la situazione. Per quanto, invece, concerne il programma di potenziamento dell'esercito per la primavera del 1916, abbiamo visto lo scontro fra capo di Stato Maggiore e governo, derivante da gravissime difficoltà di bilancio. Dopo un primo studio sulle possibile economie interne, C adorna si vide costretto a rinu nciare a tutte le compagnie mitragUeri, a quasi tutte le batterie da campagna ed a gran patte dei reparti del genio. Poiché anche così era palese la materiale impossibilità di provvedere alla bisogna in tempi utili, Cadorna dovette assoggettarsi, nel novembre, ad un'ulteriore riduzione delle richieste. TI taglio più doloroso riguardava l'artiglieria da compagna e le mitragliatrici. In sostanza, il programma rimase fissato in: 24 reggimenti di fanteria di linea e 2 di bersaglieri, 26 battaglioni alpini, 18 gruppi di ,u:tiglieria pesante campale, 13 eia montagna e someggiata, 20 gruppi

I

R.

BENCIVENGA.

Saggio cririco sulla l10Slr{I guerra

CÌI.,

l l, p. 2 16.


238

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

di artiglieria da fortezza, 17 battaglioni zappatori, 2 battaglioni minatori, unità dei vari servizi. È opportuno, a questo punto, anche uno sguardo alla regolamentazione tattica con la quale siamo entrati in guerra. Anzitutto occorre ricordare che il principio dell'offensiva regnava in tutti gli eserciti. La concezione francese era ancora ispirata nettamente alle idee del col. de Grandmaison. Il «Règlement pour la conduite des grandes unités» del 28 ottobre 1913 diceva: «(...) L' offensive seulc peut conduirc à des résultats positifs ( ...). Le mcilleur moyen pour un chef d'assurer sa liberté d'action est d'imposcr sa volonté à l'ennemi par une offensive vigoureuse ménée suivant une idée directrice bien arretée ( ... ). La bataille, w1e fois engagée doit etre poussée à fond, j usqu'à l'extréme limi te des forces ( ... ). Pour l'éxecutant, l'attaque doit, dans tou t les cas, etrc ménéc avcc un extremc vigueur et la ferme volonté d 'aborder l'enncmi pour le détruirc ( ...)».

Peraltro il principio assumeva un aspetto differente in campo strategico rispetto a quello in campo tattico. Nel primo caso, non sollanto si riconosceva essere l'offensiva unico strumento 1isolutivo della battaglia, ma si ammetteva che, specie all' inizio delle ostilità, potesse convenire lasciare una certa iniziativa al nemico - avendo individuato il suo disegno strategico - sì da provocarne il logoramento per poi passare alla controffensiva al momento oppo1tuno. In particolari circostanze, inoltre, un'offensiva con forze limitate poteva servire a fissare truppe e riserve nemiche su un determinato fronte allo scopo di favorire lo sviluppo di una manovra di rottura in altro fronte o settore. Insomma, si dava volentieri veste offensiva anche alla difensiva strategica. Sul piano tattico il discorso cambiava un poco.L'attacco godeva di ogni preferenza, ma, dovendo riconoscere l' eventualità di esser costretti a difendersi, era codificata una linea di condotta fondata sull'arresto del nemico seguito da un violento contrattacco per ribaltare la situazione. L' incoo veniente concettuale, comune a tutte le dou:rine, risiedeva nell' assoluta convinzione che la persistenza dello sforzo conducesse inevitabilmente al successo. Quindi l' alimentazione del!' attacco era vitale; quindi il reiterare un altacco non riuscito era normale. «Senonché - ha osservato il gen. Bencivenga -, e questo è il punto, non bisogna confondere spirito offensivo con testardaggine offensiva» '. E tale testardaggine offensiva purtroppo era patrimonio acquisito di tutti gli Stati Maggiori.

' R. BENCIVEN<;A, Saggio critico sulla nostra ;;uerra cit., II, p. 261. Nel febbraio 191 5 il gcn. Fayolle confida al suo diario: «(. ..) /l n'est do11te1.1.x que l'attaque 11 'entrai11e des pertes.fo nnidab/es

inutilmente. Alors, po11rquoi s'obstiner? D11 caractère! Du caractère! Plus onfait des sai;;nées s111pides dans des tro11pes admirables q11 'il fa11drait soig11e11semen1 ménager po11r /es jo11rnées décìsives, plus 011 a du caractère. le crois q11 '1111 épilectique q11i irait partolll criaru 'Atteq11ez/ Attaquez!' serait sacré grand homme!» (in R AYMOND ET JÈAN-Pl fèRRE CARTIER, La première guerre mondiale. I, Presses de la Cité, Paris 1982, p . 256). Il gen. Fayolle allo scoppio della guerra era gcnernle di brigata nell a riserva. li 13 agosto 19 I 4 prese il comando di una divisione di riserva; il 2 1 giugno 19 I 5 succedeuc a Pétain al comando del XXXITT corpo ed il 26 fabbraio del 1916 sostitul il gcn. Dubois al comando della 6• annata. Joffre scrisse di lui: «Vedeva assai bene ed assai giusto. Era calmo e metodico» (C.J.J. JoFFR.E. Memorie cit., ll, p. 222).


LA CAMPAGNA DEL 191 5

239

La regolamentazione tattica, rinnovata da Pollio nel 1913 e nel 1914, prevedeva, per l'azione offensiva, l'iniziale tiro di distruzione o di neutralizzazione dell' rutiglieria contro le batterie nenùche, sì da consentire il movimento della fanteria. Questa cominciava l'avvicinamento, dunque, sotto la protezione del fuoco dell' artiglieria, ma senza attenderne l'esito, e si spingeva sino ai 900-1000 metii dalle posizio1ù avversarie, cioè a distanza di tiro efficace di fucileria. A questo punto aveva inizio l'attacco e solo adesso, non appena cominciata la reazione di fuoco della fanteria nemica, essa diventava il bersaglio principale dell'artiglieria dell'attaccante. Era scomparso il combattimento «monoarma» della regolamentazione precedente, vale a dire il duello prelinùnare delle artiglierie e poi il combattimento delle fanterie, subordinato all'esito del predetto duello. Loscaglionru'nento in profondità della fanteria si annullava gradatamente nell'imminenza dell'assalto, venendo assorbito dalla prima linea, in modo da portare sul difensore la maggiore quantità di soldati. La fronte normale di una divisione di 1• schiera si aggirava sui 3 chilometri; quella del corpo d'armata, su due divisimù e truppe suppletive, sui 6 chilometri. Nel 1914, allo scoppio della guerra, Cadoma diramò subito le «Norme riassuntive per l'azione tattica» 1, con le quali, in sostanza, si riprometteva di far assorbire dai quadri lo spirito delle disposizioni regolamentari vigenti per il combattimento offensivo. Ben diversa importanza ebbe la pubblicazione «Attacco frontale e ammaestramento tattico» del 25 febbraio 1915 1, alla cui base stavano alcune idee espresse dallo stesso Cadorna alcuni anni prima, durante il suo comando della divisione militare di Napoli, ma ovviamente tenendo debito conto delle informazioni fornite dagli addetti nùlitari a Parigi ed a Berlino sulla guerra in atto: «I principi che qui si vogliono essenzialmente mettere in evidenza e le relative applicazioni si riferiscono all'azione frontale, come quella che in pratica più viene impiegata - e ne danno prova tangibile le guerre che si stanno combattendo - perché ad essa sostanzialmente si riducono anche le altre, e nella esecuzione della quale s' incontrano difficoltà minori di quelle che a tutta prima appariscono, quando - bene inteso - sia condotta con sano criterio» '·

Le «Norme generali per l'impiego delle grandi unità in guerra» del 1913 concepivano l'azione offensiva tipo in un attacco frontale impegnativo ed in uno sul fianco o sui fianchi del nemico, decisivo. Cadorna riconobbe le maggiori probabilità d.i risultati offerte da questa combinazione, quando possibile, però non escluse «che l'azione frontale possa diventare principale o la sola imposta dalle circostanze». Dopo la «corsa al mare» in occidente ben si vedeva come la stabilizzazione della fronte su enorme estensione ben difficilmente offrisse fianchi

' CCSM, Rela~ione 1((/iciale cit., VI, doc. 1. ' Ibidem, VI, doc. 3. ' Ibidem, VI, doc. 3, p. 72.


240

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

scoperti ; di conseguenza, per trovarne uno da attaccare occorreva prima operare la rottura della linea avversaria e solo successivamente volgersi contro i lati della breccia, ossia contro «i fianchi» appena realizzati. In ogni caso l'azione si sarebbe quasi sicuramente risolta in un nuovo attacco frontale, dovendo affrontare le riserve subito spostate da un abile nemico. Circa la fomrnzione con la quale effettuare l'assalto, si intese conservare lo scaglionamento, portando addosso al difensore «linee successi ve non dense cl 'uomini, le quali devono succedersi l'una all'altra, quasi come onde rincalzantisi, ciascuna esercitando l'impulso di una spinta vigorosa sulla precedente» 1, anziché proiettare rincalzi e riserve in avanti formando una massa umana votata alla distruzione. Un importante rilievo è da attribuirsi alla mancanza di affiatamento fra artiglieria e fanteria. L'inconveniente era molto diffuso anche all'estero, comunque, per restare nel nostro ambito, ebbe un notevole peso negativo sulle operazioni iniziali e non fu facile far comprendere all' aitiglieria che la sicura conoscenza dell'impiego tecnico non era sufficiente in campo tattico, quando occorreva appoggiare la progressione della fanteria nelle posizioni nemiche e, del pari, solo le sanguinose esperienze di guerra convinsero i Comandi di grande unità a curare sempre di più l'armonia fra attacco e fuoco. Le difficoltà maggiori, anche sul piano psicologico, riguardarono l'artiglieria da fo1tezza, poco abituata ad agire «in campagna» ed impacciata nel tiro di controbatteria dall'ardua individuazione degli obiettivi. Premessa la necessità dell' «assoluta superiorità del fuoco nella zona prescelta per l'irruzione», occorreva prevedere nell'attacco frontale contro posizioni fortemente organizzate a difesa una maggiore lentezza di penetrazione in ragione del livello raggiunto dall' assetto difensivo nemico, perciò «bisognerà procedere in modo sistematico e senza impazienza. Un attacco potrà avere la durata anche di molti giorni» 2 • Si avvettiva, tuttavia, che le difficoltà più spiccate 1ìsiedevano prevedibilmente nel mettersi in misura di conservare il terreno conquistato. E difatti lo si riscontrerà in molte occasioni durante le p1ime battaglie dell'Isonzo. In conclusione, Cadorna sottolineò le condizioni di favore che le am1i moderne potevano assicurare all'offensiva, anche se l'esperienza bellica io Francia sembrava indicare il contrario, tenendo però l'affermazione sul piano del principio dottrinale: «Dove la guerra si è come immobilizzala sopra enormi fronti di centinaia di chilometri e le forze che si fronteggiano si sono interrate enlrn robustissimi trinceramenti formidabilmente muniti, ivi sembra che una tenace difensiva possa prevalere sull 'offensiva. ln realtà questa singolarissima for-

1

[bidem, VI, doc. 3, p. 81, nota 1. ' CCSM, Relazione tif./iciale cit., VI, doc. 3, p. 83.


LA CAMPt\GNA DEL 19 15

241

ma assunta dalla guerra. per mancanza della prevalenza di fonc da una delle due parti, non risolve nulla, il reciproco logoramento tende anch'esso ad equil ibrars i; è aneggiamcnto c he mira a procra8tinare la soluzione. Ma( ... ) allorché uno dei due pa1titi si sentirà veramente più forte dell'altro, sferrerà l' offensiva, che sola è capace di conseguire risultati decisivi: sarà pur sempre la manovra che deciderà le sorti dell a guerra» '.

Avendo più d' uno attribuito alla circolare sull' «Attacco frontale» una ritenuta assenza di manovra nelle battaglie dell' Isonzo, si può dunque replicare che Cadoma non ha affatto negato l'importanza della manovra e che «non è comprensibile che tale critica LI' assenz.a di manovra] venga sostenuta ancor oggi, dopo la pubblicazione degli ordini d' operazione dei nostri Comandi» 2 . Il generai.e Faldella si è soffermato in un'analisi accurata del tanto discusso opu§colo sull'attacco frontale, dimostrando sia l'errore di voler portare sul piano strategico quello che era stato scritto per l'ambito tattico, sia l'interpretazione deformante che ne è stata data. interpretazione che, con ogni probabilità, deriva dal suggestivo abbinamento mentale del titolo della circolare con la reiterazione sanguinosa degli sforzi, seguendo le stesse direzioni di attacco, con le stesse truppe già respinte. «Allorché uno dei partiti si sentirà veramente più forte dell' altro - aveva scritto Cadorna - allora sferrerà l'offensiva». Due osservazioni, valide per tutti gli eserciti. La prima: la preminenza poteva essere conferita solo dal rapporto d i forze nettamente a favore e dalla superiore potenza di rottura (artiglieria) rispetto a quella della difesa. Ora, nel 1915 la difesa risultava spiccatamente avvantaggiata perché nella corsa alla quantità ed alla qualità dei materia.li, l' attaccante, sia pur cercando la sorpresa, non riusciva ad avere la megJjo nella misura indispensabile, e si ostinava credendo di godere della superiorità necessaria in quel detenninato settore, in quel determinato momento. La seconda: pur consapevole delle perdite che le proprie truppe avrebbero subito, l'attaccante si antoconvinceva che ìl logo1io inflitto al difensore sarebbe stato tale da portarlo al cedimento da un giorno all'altro. Ben più di una volta Joffre nel 19 14 e nel 1915 si ritenne arrivato all' ultimo quarto d'ora prima del trionfo. 11 generale Capello è stato drastico. Per evitare la stabilizzazione del fronte e per risolvere prima o poi la situazione a nostro vantaggio esisteva un solo mo-

' Ibidem . Anche il generale De Chaurand, che nel 1916 comandò una divisi<me sugli Altipiani, ha criticato la pubb)jcazionc asserendo che essa, invece di risu )lare complementare rispetto alla norma vigente, «la sovvertiva, creando uno schema unico di attacco frontale», il che- il fatto di sovvertirla - sembra piuuosto opinabile. Inoltre ha avanzato il rimarco di non tenere conto «della potenza dell'artiglieria avversaria» né della carenza della nostra, nonché del tentativo di supplire «alla mancanza di potente ai1iglieria dirompente e di bombarde» per aprirsi la strnda fra i reticolati, con pinic tagliafilj e tubi esplosivi; ma non ha spiegalo in qual modo si sarebbe dovuto ovviare alle predelle deficienze finché oon fossero state disponibili artiglierie pesanti e bombarde (F. DE CHAU RANU dc Saint Eustachc, Come l'esercito italiano emrò in guerra cit., pp. 338-339). ' R , B ENClVEl\'GA, Saggio critico s ulla nostra guerra cit., n, pp. 225-226.


242

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

do: «Rompere decisamente e profondamente La fascia difensiva nemica in un settore ben scelto, pericoloso e delicato, in modo da farne cadere per manovra lo schieramento nemico su vasta estensione di fronte». Per conseguire questorisultato c'erano due possibilità: o sfruttare la sorpresa, attaccando all'improvviso ed a fondo in un settore convenientemente individuato, oppure concentrare mezzi e forze in corrispondenza di un deterntinato tratto di fronte e poi attaccare ed alimentare l'attacco ininterrottamente sino alla conquista dell'obiettivo. E concluse: «Non si ebbero i mezzi e lo slancio per attuare la prima soluzione, né la chiara visione e la perseveranza per adottare la seconda» 1• Faldella, giustamente, ha obiettato che siffatta ineccepibile teoria non uscì «dalla nebulosità della concezione astratta» e che Capello non disse in quale settore dell'intero fronte italiano egli avrebbe sfruttato la sorpresa o impiegato La potenza per rompere «decisamente e profondamente» l'organizzazione difensiva austriaca 2• A metà del l 915, prima della grande offensiva del settembre, i giudizi dei generali francesi si aprivano a ventaglio. Fayolle scriveva nel suo diario: «Foch ne pense qu'à attaquer: les mines, les gaz, etc. le lui objecte que lapremière chose àfaire est dessus sur l 'artillerie allemande. Il répond qu 'on ne peut pas. Alors, que parle-t-il d'attaquer sans cesse? Au fond, il fait abstraction de l'artillerie ennemie. C'es.t toujours la meme méthode: "Attaquez! Attaquez!" Mais pourquoi et comment? Cela lui échappe». Foch, ·però, in quello stesso periodo clicltiarava anche: «On n'enlevera jamais d'un seul coup que la première tigne. l'expérience est faite». Pétain non credeva alla concreta possibilità di una vera rottura del fronte, perciò si pronunciava a favore di attacchi ad obiettivi lintitati: «des coups de houtoir successf{s». Franchet d'Espérey commentava: «Nous ga!.pillons nos forces dans des vffensives partielles. Il serait préférable de constituer une importante armée de résérve et de chercher ailleurs un autre théatre d'operations». Castelnau disse a Poincaré: «Actuellem.ent, nous n'avons aucun pian. Nous nous conduisons comme un hanneton dans une cage de verre: nous donnons de la tete à droite età gauche, au hasard» 3• Joffre, ottimista come nel novembre 1914-quando al generale Penelon, che suggeriva l'adozione di un elmetto, rispose: «Mon ami, nous n'aurons pas le temps de lesfabbriquer. .Te torcherai les Boches avant deux mois» " - era convinto di cacciare i tedeschi fuori d,ùla Francia. E la sua ricetta era l'offensiva. È interessante, ed istruttivo, il commento di Falkenhayn proprio in merito alla grande offensiva franco-britannica dell'autunno 1915. «I nostri avversari s'Crisse - non avevano tenuto sufficientemente conto del fatto che i linùti entro i

'L. CAPELLO, Note di guerra cit., I, p. 139. La grande gu.erracit., I, pp. 142-143. 1 R. e J.P. CARTIER, La première guerre mondiale, I, cit., pp. 308-309. ' Ibidem, p. 256. z E. FALDELLA,


LA CAMPAGNA DEL 1915

243

quali le forze possono con vantaggio essere concenlrate, data l'efficacia attuale delle armi, sono ristretti; e l'oltrepassarli converte il vantaggio sperato in uno svantaggio. L'antica massima che non si è mai abbastanza forti sul punto decisivo nulla ba perduto del suo valore; ma è altresì vero che la superiorità numerica non garantisce di per sé sola una decisione favorevole». Ed ancora: «durante l 'intero corso della guerra, in realtà, sono riusciti soltanto quegli sfondamenti nei quali siffatte circostanze Lavversario forte e solido] non si verificarono» 1• Dopo l'offensiva autunnale, il Comando Supremo francese si era posto il problema di eliminare i numerosi inconvenienti emersi, e cioè di evitare il prematuro ed infruttuoso logoramento delle unità e di assicurare una più stretta collaborazione dell'aitiglieria con la fantelia. Ne erano derivate due circolari, diramate nel gennaio e nel febbraio 1916, riguardanti rispettivamente il combattimento offensivo delle piccole e delle grandi unità. Riconosciuto di non poter contare esclusivamente sul proprio fuoco per far tacere l'artiglieria nemica; che, per sottrarsi agli effetti micidiali di questa, la fanteria non aveva alternativa al superare il più rapidamente possibile le prime trincee spingendosi quanto più avanti possibile; che, la resistenza incontrata non essendo uniforme, la penetrazione acquistava una forma irregolare e provocava disordine nei ranghi; che, infine, l'usura riportata dalle truppe entro la posizione avversaria assumeva rapidamente un livello insopportabile; si era giunti alla conclusione che un'operazione offensiva non poteva esser condotta a termine senza sostituire le unità in prima linea. Dovendo conciliare il problema della sostituzione di dette unità con quello di mantenere per l'intera durata dell'attacco la necessaria continuità di condotta, venne accolto l'orientamento a definire - ai fini dello sfondamento di una posizione avversaria - in modo specifico i ruoli della divisione e del corpo d'armata. La prima (un.ilé de com.bai) doveva sviluppare un'azione necessariamente Limitata dal suo esaurimento; il corpo d'annata (unité d'attaque), costituito temporaneamente dal numero di divisioni calcolato occorrente per il raggiungimento dcli' obiettivo, doveva preparare, iniziare e condurre a termine l'operazione offensiva fino al la prevista conclusione. l Comandi di di visione in prima schiera dovevano avere alle immediate dipendenze tutte le attiglierie dette di distruzione. Intanto erano state recisamente proscritte le azioni offensive locali, invariabilmente traducentisi in perdite considerevoli e risultati irrisori 2• Ma non era semplice trovare il modo di alimentare la penetrazione in profondità. Naturalmente, anche in Italia la ricerca delle migliori modalità d'azione era continua. Se le circolari di carattere operativo diramate dal Comando Supremo dall'aprile all 'ottobre 1915 ebbero lo scopo di divulgare le diverse esperienze

' E. F ALKENHAYK, // Comt1ndo Supremo germanico cit., pp. 126-127. ' AUSSME, FondoAddeui militari, racc. 24, b. 1.


244

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

tratte dalla guerra in atto sul fronte occidentale privilegiando l'azione offensiva, dall'ottobre in poi fu un susseguirsi di nonne e notizie sulla guerra di trincea, in cui le prescriziorù dj carattere tecnico erano alternate a criteri d' impiego per l'attacco 1• Infine, prescindendo dalla sostituzione dei reparti azione durante che rientra nel piano operativo, bisogna dare rilievo al problema, non da poco, di come provvedere al logorìo delle truppe, già apparso sul Carso in proporzioni allarmanti. Sin dalla prima tregua subentrata all'offensiva d'estate si impose la necessità di dare il cambio ai reparti, almeno a quelli usurati dai continui combattimenti o dalla più lunga permanenza in trincea. Si trattava di stabilire il «limite ordinativo» per il cambio. In altre parola, se sostituire in blocco una intera grande unità, divisione o corpo d' annata, oppure se attuare il provvedimento a favore delle singole brigate o dei singoli reggimenti. Il criterio adottato fu quello di lasciare in linea il più a lungo possibile i Comandi delle granru unità in modo da assicurare nei vari settori del fronte una conoscenza sempre più approfondita delle nùlle esigenze poste dal terreno e dall'avversario, nonché dei procedimenti più appropriati in quelle contingenze. Peraltro il criterio, di per sé razionale, condusse più o meno fatalmente a due grossi inconvenienti. Il primo consistette nella rotazione sempre più frequente delle brigate, dei reggimenti e perfino dei battaglioni, rompendo così la coesione organica divisionale ed alterando di continuo le dipendenze gerarchiche nell'ambito dei corpi d' annata. Il secondo riguardò l'eccessiva permanenza in posto dj molti Comandi ili corpo d'armata e di talune divisioni, senza tener conto che anch'essi subivano il logorìo della prolungata tensione nervosa. Capello ha citato due casi riscontrati prop1io nel corso dell'estate. Il Comando della 25" divisione fu chiamato in linea i primi di agosto senza alcuno dei suoi reggimenti, tutti già da tempo singolarmente impegnati e spossati in settori diversi. Il secondo è illustrato in una lettera che il comandante del 152° reggimento della brigata Sassari indirizzò al proprio comandante di divisione il 3] luglio: «Mi hanno sfasciato il reggimento in modo inconcepibile. Fino dal 23 corrente, i l 3° baltaglionc fi.t messo a disposizione dell'Xl corpo d'amrnta, il 2° battaglione è a disposizione del 20° fanteria (settore di destra), il 1° a disposizione del 40° fanteria (seuore di sinistra). Io fui messo a disposizione del comandante dell a brigata Brescia senza avere il comando di nessuno dei miei reparti. Soltanto c inque giorni dopo, cioè la sera del 28, fui destinato ad assumere il comando della prima linea nel sottosettorc di destra, nel momento in cui era stata dec isa l'avanzata, e soltanto allora ho avuto, fra le truppe ai miei ordini, il solo primo battagl ione de l mi o reggimento, con tre compag1ùe de l 151° fanteria e con due sezioni rnit.raglieri di cavalleria( ...)»'·

Una situazione deJ genere, provocata indubbiamente dall'andamento dei combattimenti e non dal capriccio dei comandanti, non può tuttavia non suscita-

' CCStv(, Relazione ufficiale cii., VI. ' L. CAPELLO, Note di guerra cit., 1, pp. 145-146.


LA CAMPAGNA DEL 1915

245

re perplessità su taluni aspettl dell' organizzazione e della condotta delle operazioni. Come si poteva att:Jibuire efficienza e capacità combattlva a reparti che, appena mobilitati, di livello addestrativo modesto, sommariamenteiJ-1quadrati da ufficiali di diversa preparazione, subivano un simile travaglio al momento dell' impiego? Molto megbo, dunque, sarebbe stato seguire il sistema adottato dagli austriaci dl sostituire divisioni intere, beninteso con qualche accorgimento idoneo ad evitare la totale ignoranza della situazione nel settore interessato.

* * * Un cenno a parte è da riservare alla questione albanese, la cui complessità stava 1»:ovocando nuovi attriti, con ripercussioni sull' indirizzo da conferire alla guerra. Il 2 dicembre era sbarcato a Valona il primo scaglione del «Corpo speciale italiano d 'Albania», su u·e brigate, con il compito, stabilito da Sonnino, di presidiare Valona, Durazzo e l' hinterlan.d indispensabile alla loro difesa, escludendo l'occupazione stabile di altre località; di provvedere, nei limiti del possibile, al rifornimento delle truppe serbe; di procedere allo sgombero dei prigionieri austriaci , di cui i serbi volessero disfarsi. Il giorno precedente un decreto luogotenenziale aveva posto il generale Bertotti, comandante del corpo di spedizione, alle dipendenze esclusive e totali del mlnistro della Guerra, Zupelli. Il provvedimento doveva essere origrne di dolorose conseguenze. Appena sbarcato a Valona, Bertotli prese la decisione di mandare la brigata Savona (meno il 16° fanteria, non ancora disponibile), al comando del generale Guen"ini, a Durazzo via terra. Convintosi dell'opportunità di rinunc iare al trasporto via mare data l' insicurezza di navigazione nel basso Adriatico, conoscendo di persona l'ambiente in cui si trovava, ritenne che il movimento per via ordrnaria presentasse, è vero, un notevole disagio, ma sotto l'aspetto della sicurezza non offrisse motivi di particolare dubbio. Senonché, agli occhi di Cadoma la decisione apparve sotto una luce completamente differente. Già aveva raccomandato aJ Consiglio dei ml11istri di evitare assolutamente qualunque penetrazione verso l'interno, foriera di impegni di truppe a sostegno di unità spinte fuori dalle due basi ed inopinatamente attaccate da bande irregolari, con conseguente indebolimento dei due presidi. Orbene, avvenendo in teITitorio aperto e prima ancora che la base di Durazzo fosse organizzata, la marcia da Valona era, a suo avviso, ragg uagliabile ad una penetrazione verso l' i ntemo e perciò costituiva imperdonabile imprudenza. Naturalmente Cadorna lamentò l' accaduto con Zupelli 1-iconosccndo la dipendenza del corpo speciale dal mlnistero della Guerra, ma dichiarando dl non potersi disinteressare delle operazioni in Albania per le possibili ripercussioni sullo scacchiere italiano e ricordando che era stato accettato il principio di escludere oc ogni avventu ra verso l' interno. Perciò era costretto ad inserirsi nella vicenda ed a disapprovare in pieno l'operato di Be1totli: «(...) se le comunicazioni fra l'Italia e Durazl.O - scrisse a Z upclli - dovessero, come ora avviene per le insidie mariu imc, passare forzatamente per Valona, e da Valona ,uTivare a Durazzo per


246

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

la via di terra, la necessità - cbe a me pare evidente - di proteggere il percorso da eventuali minacce che possano provenire dall 'interno del territorio albanese, richiederà un impiego di truppe che può anche diventare notevolmente superiore alla forza fissata per il corpo speciale, oppu re condurrà ad un rilevante e pericoloso indebolimento dei presidi di Durazzo e di Valona e, almeno nelle conseguenze equivarrà ad un'oper.izionc nell'interno» '·

Salandra, immediatamente infom1ato da Sonnino della discussione, si allarmò: «I telegrammi balcanici che nù bai mandato - rispose al ministro - sono sempre peggiori. lo temo che si vada a finire in un disastro anche delle nostre truppe, specialmente di quelle mandate (non so con quali guarenùgie) a Durazzo. La questione andrebbe discussa con le autorità militari, perché non accada che ciascuno agisca di ~uo capo senza coordinazione con gli altri, per poi palleggiarsi le responsabilità» '.

E subito dopo, a commento della lettera di Cadorna a Zupellj, inviatagli per opportuna conoscenza dal capo di Stato Maggiore, osservò: «Ministero della Guerra e Stato Maggiore conùnuano evidentemente a disputarsi e ad inacidirsi per questioni di competenza; ed è desolante. Lo spirito piccino dei nostri generali è stato ed è una delle mie maggiori afflizioni»'·

Ma l'intromissione di Cadoma risultava tutt'altro che ingiustificata, tanto che, ponderala la situazione, il governo, non soltanto rinunciò ali' occupazione di Berat, suggerita da Sonnino per precedervi la Grecia, ma altresì a quella di Durazzo. Senonché ormai la brigata Savona era giunta in vista della città e, naturalmente, non si parlò più di tornare indietro. Cadorna non silasciavasfuggireoccasionc per riepilogare puntigliosamente, e polemicamente, i fatti: «(...) Io non ho inteso - scrisse a Salandra, a conclusione di uno sguardo panoramico sulla vicenda - con questa mia lettera rar constatare che le mie previsioni si sono purtroppo avverate( ... ), ma ho desideralo riassumere gli avvenimenti per concludere che se non esiste unità di condolla e chiara visione dei fini da raggiungere e dei mezz.i adeguati a tali fini, si corre inevitabilmente incontro a gravi pericoli: e se l'una cosa el'altra mancheranno a chi si è assunta la direzione esclusiva delle operazioni, giungeremo facilmente alle stesse rovinose conseguenze lamentate per l'Eritrea nel 1896 e per la Tripolitania pochi mesi or sono. lo sarei ben lieto di sbagliarmi, ma temo che(... ) abbia finora fatto difetto un chiaro c-0ncetto direttivo militare. Di quanto dico è prova il fatto che si reputò che coi 18 battaglioni sbarcati a Va lona si potesse avventurare la colonna Guerrini su Durazzo per la pericolosa via di terra, mentre - a pochi giorni di distanza - non si reputarono s ufficienù le forze stesse per assicurare la sola occupazione di Valona»'.

' Cadoma a Zupelli in data 6.12.1915, D.0 .1., s• serie, V, doc. l85. ' Salandra a Sonnino in data 8.12.1915, ibidem, V, doc. 183. ' Salandra a Sonnino in data 8.1 2.1915, ibidem , doc. I 85. ' Cadorna a Salandra in data 19. 12.1915, ibidem, V, doc. 207.


LA CAMPAGNA DEL 1915

247

La colonna Guerrinj raggiunse Durazzo il 19 dicembre. Nella sua marcia oltre il Semeni, aveva risalito l'interminabile colonna dei prigionieri austriaci condotti dai serbi verso Valona. Premesso che i reparti cli scorta non stavano molto meglio, i prigionieri offrivano uno spettacolo pauroso: seminudi, in preda al tifo ed al colera, clisserrunavano lungo il cammino morti e moribondi. L'Italia aveva già preso opportuni provvedimenti per raccogliere l'esercito serbo, con i profughi ed i prigionieri, a nord di Valona per il successivo trasferimento a Corfù. L'evacuazione di questa massa umana sarà effettuata tra il 20 gennaio ed il 23 febbraio 1916, eccezion fatta per la cavalleria (13.500 uonùni e 16.500 cavalli circa), il cui sgombero avrà luogo successivamente, con maggiore lentezza. L'operazione, conclusasi il 5 aprile, registrerà il trasporto di 255 nùla militari e profughi s~rbi, 6 rrula montenegrini, 24 rrula p1igionieri austriaci e 10 mila cavalli mediante 248 viaggi, di cui J51 con navi battenti bandiera italiana. «La cifra pressoché insignificante di perrnte subite - rilevò la relazione austriaca - è il rruglior attestato di lode per il Comando della flotta italiana». Invece l'intero intervento di soccorso rimarrà agli occhi e nella memoria dei serbi con un grata riconoscenza alla Francia ed astioso biasimo all'Italia! Decisamente, nei contatti internazionali non avevamo la mano felice.



Capitolo XII LA CAMPAGNA DEL 1916 l. Gu OPPOSTI DISEGNI STRATEGICI Sul finire del 1915 la situazione militare della Quadruplice Intesa non offriva alcun particolare motivo di soddisfazione, tanto che tutti i Comandi Supremi vedevano con piacere l'approssimarsi dell'inverno, in cui l'inevitabile stasi operatih avrebbe consentito una riorganizzazione degli eserciti. Sul fronte occidentale e su quello italiano le operazioni erano state logoranti, sì da dover riconoscere la difficoltà cli adeguarsi alla guerra dei materiali. L'esercito russo trovava difficoltà a trane profitto dalle immense sue risorse in uomitù, a causa cli una pesantissima deficienza cli mezzi e materiali di ogni genere, a cominciare dai fuci li. Le condizion_i dell'esercito serbo richiedevano inequivocabilmente l'immediato aiuto alleato, non tanto e non solo per il suo rifornimento, quanto addirittura per la sua salvezza. li corpo di spedizione di Salonicco, troppo poco consistente per muovere incontro ai serbi, doveva limitarsi a rimanere spettatore. In Egitto, forze britanniche si disponevano a difendere il canale da un'aggressione turca. A prescindere dall'andamento complessivo del conflitto, sul cui esito Francia e Gran Bretagna nutrivano una sostanziale fiducia grazie, appunto, al carattere di usura da esso assunto, si faceva sentire acutamente il bisogno di un coordinamento degli sforzi che consentisse di sottrarsi all'iniziativa degli Imperi Centrali ed evitasse la scarsa efficacia di operazio1ù i11dipendenti nel tempo e nello spazio. La prima conferenza cli Chantilly, a conti fotti, si era tradotta in semplici buone intenzioni. Sul piano pratico ognj alleato aveva agito secondo i propri interessi. Di conseguenza, i primi di novembre 1915 Joffre prospettò l'utilità di una seconda conferenza, da convocare per l'inizio del mese seguente. Dietro questa proposta, di visione «interalleata», esistevano motivi molto francesi. Le due offensive autunnali dell' Artois e della Champagne erano costate ai franco-britannici 300 nùla uomini comples~ivamente, contro 140 mila tedeschi. Lo scacco era incomprensibile e scoraggiante; mai gli alleati avevano montato un' operazione con tanti presupposti di vittoria. Se prima, a chi gli rimproverava gli inconsistenti risultati delle sue offensive grandi o piccole, Joffre replicava di buon umore: «l e les grignote» (io li rosicchio), adesso, nonostante il tono quasi trionfale dei comunicati, doveva ammettere la necessità di rivedere organizzazione e tecnica. Le considerazioni, dunque, che si proponeva di presentare all 'esame dei rappresentanti militari alleati, tendevano a detelTllinare lo sforzo da assegnare a ciascuno. Secondo il suo modo di vedere, la Francia aveva sostenuto l' impegno bellico più considerevole di qualsiasi altra Potenza: aveva costituito 97 divisioni at-


250

LA PRIMA GUERRA MONDL\LE

tive e l'equivalente di 33 divisioni territoriali; si era prodigata sin dall'inizio delle ostilità; stava raggiungendo il limite delle sue risorse di reclutamento. Quindi le occorreva un congruo periodo di riposo per riordinare le unità, ricostituire le sco11e e porsi in condizioni cli riprendere la lotta con rinnovata energia. La Gran Bretagna aveva compiuto uno sforzo notevolissimo, mettendo in piedi 70 divisioni, e si trovava in ritardo in fatto di produzione di materiale bellico; ma le perdite subite, in fondo, erano relativamente limitate ed il suo potenziale militare ed economico altissimo. Quindi le si poteva chiedere «uno sforzo intensificato». La Russia aveva in campo 128 divisioni, tuttavia non era in grado di portarle agli effettivi di guerra né cli dotarle di convenienti armamento e dotazioni per una serie cli infinite carenze. Quindi non poteva sostenere «un compito attivo e potente» prima di un periodo di riassestamento da detenninare. L'Italia, entrata in guerra un anno dopo l'Intesa, aveva «poco sofferto». Lo schieramento di sole 36 divisioni le consentiva cli attingere ad abbondanti disponibilità residue, anche se risentiva palesemente dell'insufficienza di artiglierie pesanti. Quindi le si poteva domandare uno sforzo «proporzionato ai suo.i mezzi» ed alle difficoltà del1' ambiente naturale del teatro d'operazioni alpino, specie d' inverno. La Serbia risultava fuori gioco: per molti mesi il suo esercito, interamente eia ricostituire, sarebbe stato a carico dell' Intesa. Questo il panorama. D'altra parte non poteva sussistere dubbio alcuno sul fatto che unicamente un' offensiva generale, sferrata sui tre fronti (franco-britannico, russo ed italiano) era in condizione di condurre alla sconfitta decisiva degli eserciti nemici; beninteso da attuare in stretti rapporti di tempo e con l'assoluta volontà cli successo, per impedire una temibile manovra per linee interne da parte degli Imperi Centrali. Poiché un'offensiva di tale portata non sembrava realizzabile prima di alcuni mesi, conveniva che le Potenze «meno provate od ancora ricche di impo11anti riserve in uomini, vale a dire l'Inghilterra, l'Italia e la Russia» persistessero nel «mantenere ininterrotta la lotta di logorio». Sui fronti secondari gli impegni si riducevano da un lato ad approfittare delle eventuali circostanze favorevoli, e dall'altro ad un' oculata economia delle forze. In ultimo, era chiara ed indifferibile la necessità di organizzare e condurre la guen:a economica in modo da mettere alle strette gli Imperi Centrali 1• Intanto il deludente esito della grande offensiva aveva provocato, anche in Francia, una levata di scudi da parte dell'opposizione parlamentare ed una sensibile inquietudine nell'opinione pubblica. Nell' occhio del mirino erano soprattutto Millerand e Joffre. Sul primo pesava l'accusa di aver lasciato troppa libertà d'azione a Joffre; a questi si rimproverava di corrispondere direttamente con i comandanti in capo alleati e di decidere sull'impiego e sulla rimozione dei generali, attribuzioni, entrambe, del 1ninistro della Guerra. Inoltre, anzi principalmente, gli si addebitava l'insoddisfacente condotta della guerra.

' C.J.J. JOFFRE, Memorie cit., li, pp. 149-154.


LA CAMPAGNA DEL 19 16

25 L

La caduta del governo Viviani a fine ottobre ed il conferimento dell'incarico a Briand consentirono a Joffre di chiarire la questione delle responsabilità una questione sentita in rutti i paesi-, visto che una corrente politica avrebbe voluto assegnare la direzione delle operazioni al futuro ministro della Guerra, che in pectore era il generale Gallieni. Il pensiero di Joffre, collimante con quello di Cadorna, era molto semplice ed anche corretto: al governo, che solo disponeva di tutte le risorse nazionali e che deteneva le leve dello Stato, spettava la guida generale della guerra; al comandante in capo competeva l'impiego delle risorse messe a sua disposizione in rapp01to al compito commessogli. Poincaré e Briand concordarono e Joffre completò il pensiero. Egli, al momento «Comandante in capo delle annate del Nord-Est», doveva assumere il comando in capo di tutte le ru,nate ftancesi ovunque operanti, eccezion fatta per le truppe dipendenti dal ministro delle Colonie, dal comandante in capo del Nord Africa e dal Residente generale in Marocco; il ministro della Guerra restava incaricato di provvedere al fabbisogno dell'esercito (reclutamento, istruzione, infrastrutture, approvvigionamenti) ed all'invio di truppe e mezzi nei vm-i teatri d'operazione sulla base delle indicazioni date dal comandante in capo. Gallieni approvò ed il 2 dicembre Poincaré firmò il decreto 1• Prima ancora della prevista conferenza di Chantilly, però, il generaleAlekseev, capo di Stato Maggiore russo, mandò a Joffre ed a Kitchener un progetto operativo volto a mettere fuori combattimento 1' Austria-Ungheria. Caclorna ne fu informato eia Sonnino, il quale a sua volta ne aveva ricevuto notizia dall'ambasciatore de Giers in via streuamente confidenziale, ma con il consenso a parteciparlo, appunto, al capo di Stato Maggiore dell'esercito. In sintesi, constatata l'estrema difficoltà di scardinare l'insieme della linea nemica, troppo saldamente difesa, Alekseev proponeva di colpire il tratto più debole dello schieramento. Perciò, ben trinceratisi nelle attuali posizioni contro i tedeschi, i russi avrebbero attaccato con dieci corpi d'armata in direzione di Budapest, prutendo dalla Galizia e dalla Bucovina, ove disponevano già di cinque corpi, pari a 280 mila uomini. Naturalmente i franco -britannici dovevano, per patte loro, inviare altri dieci corpi d'armata nella penisola balcanica per tentare, con un movimento in direzione nord, di congiuugersi con i russi. «Anche l'Italia potrebbe così aver facilitata la sua offensiva per la minor pressione sul suo fronte». A giudizio di Alekseev, i franco-britannici erano in grado di mandare 400 mila uomini a S,ùonicco. Izvolskij, da Parigi, aveva telegrafato che Briand <<pur senza d,u-e risposta definitiva» si era mostrato favorevole, tanto più che alcuni mesi prima aveva avuto la stessa idea, peraltro non raccolta dal governo Yiviatù i . Qualche giorno dopo, Giers comunicò che Briancl sembrava convinto della necessità cli portare a 300 mila uomini il corpo di spedizione in Macedonia J .

' Ibidem, li, pp. 134-144. Sonnino a Cadoma in data 27.11.1915, D.D.l. , 5" serie, V, doc. 156. ' Sonnino agli ambasciatori presso i governi dell 'Intesa in data 3.12.1915, ibidem, V, doc. 169.

2


252

LA PR IMA GUERRA MONDIALE

Chi scartò senza esitazione la proposta russa fu Joffre, il quale però nelle sue memorie ricordò la vicenda in termini assai diversi. L'offensiva nei Balcani, e precisamente dalla Serbia e dall'Albania doveva essere intrapresa da francesi, inglesi e italiani; ed il piano fu giudicato irrealizzabile «specialmente a causa dell' impossibilità di trasportare, rifornire e far muovere nei Balcani venti corpi d'annata franco-anglo-italiani, e cioè 800 mila uomini». E Joffre aggiunse che gli Alti Comandi britannico ed italiano erano pervenuti alle medesime conclusioni 1, il che non si poteva certo dire per l'Italia, che, tra l'altro, avrebbe tratto un diretto e consistente vantaggio da un grosso sforzo alleato nella penisola balcanica. Un secco rifi uto, comunque, venne anche dalla Gran Bretagna. ll 4 dicembre si riunirono a Calais rappresentanti politici e militari britannici e francesi per decidere il da farsi in Macedonia. L'Italia non era stata invitata. La Russia nemmeno. Briand aprì la seduta e lesse il primo articolo dell'ordine del giorno: invio di rinforzi all'Armée d'Orient. Il Premier Asquith comunicò con distaccata freddezza: «Mi dispiace dirlo al signor Presidente, ma il governo di Sua Maestà ha deciso cli condividere l' opinione dello Stato Maggiore britannico. Lord Kitchener, giustamente allarmato dal pericolo che incombe sull'Egitto, è d'avviso, non soltanto di non mandare più un uomo a Salonicco, ma di ritirarne le nostre truppe». Briaud commentò, più tardi, che gli sembrò di aver ricevuto un diretto in piena mascella. Cercò appassionatamente di far tornare gli inglesi sulla loro decisione ed alla fine vi riuscì: lo sgombero delle truppe britanniche avrebbe riguardato solo i Dardanelli, cosa, del resto già scontata. Kitchener mormorò: «Se perdiamo la guerra, lo dovremo a questo avvocato dai capelli lunghi» 1 . Il 6 dicembre ebbe inizio la seconda conferenza di Chantilly. È strano che Cadoma non abbia speso parole in proposito. Vi partecipò il generale Porro e si svolse secondo la traccia preparata da Joffre. TJ primo giorno venne compiuto un raffronto tra le forze militari dei due blocchi:

Intesa

Imperi Centrali

francesi .............................. ... 2.260.000 britannici ........................... ... 1.000.000 russi ................................... ... .1500.000 italiani .................................... 1.000.000 serbi ....................................... I00.000 montenegruu ................... ..... 40.000 TOTALE .......... 5.980.000

tedeschi ...................... ........... 3.610.000 austriaci ................................. 1.500.000 bulgari ................................... 400.000 turchi .... ................................ 600.000 belgi ...... ................................ 80.000 TOTALE .......... 6. 1I0.000

' C.J.J. JoFFRE, Memorie cit., li, p. 154. R. e J.P. CARTIER, La première guerre mondiale cit., I, pp. 338-339.

2


LA CAMPAGNA DEL 1916

253

Esisteva un sostanziale equilibrio sia globale sia nella contrapposizione delle truppe sui diversi fronti. Molta importanza venne attJi buita al fatto che la Germania, il nemico più temibile, risultava disporre di riserve per 1.500.000 uomini, dei quali circa 800.000 non idonei alle fatiche di guerra. Questo lasciava prevedere che potesse sopportare la guerra ancora per otto mesi, di cui appena quattro col ritmo del 1915. Sul piano di guerra la conclusione era intuibile: offensiva generale quando tutti fossero stati pronti. Fino a quel momento ognuno doveva mettersi in condizioni di fronteggiare con i propri mezzi eventuali offensive avversarie; in tale evenienza, peraltro, gli altri avrebbero agito sul rispettivo fronte nei limiti delle loro possibilità. I Quanto alla Balcania, fu riconosciuta l'opportunità di rimanere a Salonicco per segnare la presenza dell'Intesa in Macedonia, per rendere più convincente l'azione diplomatica su Grecia e Romania e per impedire ai tedeschi di impiantare basi per sommergibili su coste o isole dell'Egeo. Per l'Albania prese la parola l'Italia. Ebbe cura anzitutto di illustrare lo sviluppo delle operazioni sul fronte italo-austriaco, dopo di che si dichiarò disponibile a spedire una divisione per conservare il possesso di Valona e di Durazzo; ad aiutare e rifornire l'esercito serbo in ritirata; ad evacuare i prigionieri austriaci. La Serbia, dal canto suo, assicurò che entro un mese contava cli disporre di 250 mila uomini, beninteso armati, equipaggiati ed alimentati dagli alleati. Il 7 dicembre fu attentamente esaminata la situazione materiale dei vari eserciti. La Russia aveva in linea 1.360.000 uomini, di cui 160.000 privi di fucile, ma per la primavera sperava di arrivare a 2.270.000 combattenti con 4.500 pezzi di artiglieria; urgevano però rifornimenti per colmare le deficienze di fucili, pezzi cli grosso calibro e altro materiale. La Gran Bretagna dichiarò in buone condizioni le sue 34 divisioni sul fronte francese. Il Belgio, con 6 divisioni di fanteria e 2 cli cavalleria, aveva toccato il massimo delle sue risorse. Anche la Francia affermò di aver dato quanto poteva dare. Il generale Porro comunicò che l'Italia aveva alle ,mni 1.150.000 uomini e che per la primavera del 1916 calcolava di raggiungere 1.800.000 combattenti, con un sensibile aumento delle sue grandi unità. Ai fini della simultaneità delle operazioni, tenne tuttavia a precisare l'incidenza di tre fattori: l'organizzazione, che per l'Italia avrebbe consigliato la data del 1° aprile; le condizioni climatiche, che inducevano a spostare la data al 15 aprile; le condizioni politiche, che sfuggivano a previsioni sicure. Quindi, l'Italia era orientata ad azioni di logoramento sino ad aprile, fermo restando l'impegno ad aiutare un alleato che nel frattempo fosse stato violentemente assalito. Nella riunione conclusiva dell'8 dicembre ve1me infine stabilito che le offensive sui fronti occidentale ed orientale occoneva risultassero quanto più ravvicinate possibile, e comunque l'intervallo fra esse non doveva oltrepassare il mese, cioè il tempo occorrente all'Austria per spostare truppe dalla Galizia al-


LA PRIMA GUERRA MONDIA LE

254

Bilancio della forza alla fine del 1915 Uomini

li 24 maggio erano alle armi ......................................................................................... 1.365.000 Chiamati alle anni dal 1° giugno al 31 dicembre.................................................... ..... TOTALE forza chiamata alle am:ù ........

882.148

...... 2.247. 148

Perdite assolute (I) (morti, feriti, prigionieri e ammalati) .............................................

588.000

m01ti in combattimento .......................... 66.090 mo11i in luogo di cura............................. 8.000 25.100 prigionieri............... ....................... invalidi .................. ......... 103.000

~

Totale

202.190

..........75.420 ........ 124.830

~

Totale

200.250

Non ancora ricuperati.....................................................................................................

185.560

Complementi inviati alla fronte a tutto il 1915 ..............................................................

439.000

Perdite effettive - •

Ricuperi a tutto il 1915 -

dalla zona d.i guerra. dalla zona territoriale

Alle am:ù alla fine del 1915 -

>

ufficiali .................... ,..... .... 89.946 truppa ...................... ,... .... 2.044.958

Disponibili in congedo Forza istruita - >

Forza da istruire

-·>

fanteria ...................................................... .. cavalleria......................................,.......... ,.. . artiglieria........................................................ ...........,........ genio ...............................,...................................................... ,.

4.500 10.500 32.000 7.000

TOTALE .......................

54.000

3" categoria ....................................... .................................... 895.000 riformati da rivisitare (18 classi) (2) ................... ,....

450.000

Media mensile perdite assol ute nei primi 7 mesi ..........................................................

84.000

Media mensile perdite effettive nei primi selle mesi, calcolato cioè il ricupero in detti primi 7 mesi, circa ....................................................

55.000

(1) Le perdite assolute sono quelle in cui non si tiene conto del ricupero che rappresenta sem-

pre un dato non sicuro, sia per l'entità che per lo spazio di tempo entro il quale avviene. (2) I riionnati. erano in media 250.000 per classe. Le previsioni davano una possibilità <li ricupero del 1()%, aumentato in segu ito per l'abbassamento dei limiti di statura.


LA CAMPAGNA DEL 19 16

255

l'Italia. Inoltre, la proposta francese di esser pronti per il l O marzo fu accolta solo in relazione all'eventualità che pmiicolari circostanze consigliassero la coalizione ad attaccare anche a preparazione non ultimata; il concorso attivo, messo in atto da ogni esercito a favore di quello attaccato dal nemico, doveva raggiungere «tutti i limiti del possibile»; Gran Bretagna, Russia e Italia durante l'inverno avrebbero dato corso ad azioni di logoramento. In sostanza, per la difensiva ognuno doveva fm·e affidamento sulle proprie forze, visto che le offensive di alleggerimento più o meno improvvisate non costituivano certo una minaccia preoccupante per il nemico; per l'oftensiva, quella dei russi e degli italiani doveva precedere di un paio di settimane l'azione franco-britannica. Era soddisfacente per noi questo risultato? Non proprio. In" ero, rimanendo gli alleati a Salonicco, qualche precauzione gli Imperi Centrali dovevano prenderla, ma il problema strategico dell'Italia si ripresentava nei medesimi tennini del maggio 1915, anzi con qualche sintomo di peggioramento. Posta fuori causa la Serbia, in chiarissima crisi la Russia, sulla difensiva l' Armée d ' Orient, I' Ausu·ia era in pratica libera adesso cli volgere la sua piena attenzione all'Italia. El' Italia si u·ovava isolata: Francia e Gran Bretagna guardavano con sospettoso malumore la sua reticenza a dichiarare guerra alla Germania, la Russia non nascondeva una ben scarsa simpatia per le pretese balcaniche, la Serbia chiedeva aiuto ma era ostile. Inoltre, dal punto di vista strategico, per l'Italia rivestiva molta importanza guanto stabilito nella convenzione militare di Baranovici, circa l'annonia delle operazioni'italiane e rnsse contro l'Austria, ma, sfumato il piano di Alekscev, il nostro sforzo offensivo, solitario e per giunta non sorretto dall'aiuto franco-britannico in armi e munizio1ù, era già condannato in partenza a limitarsi ad obiettivi a breve raggio. Il 25 novembre Cadoma aveva diramato direttive per le operazioni da svolgere nel corso dell'inverno 19 l 5-16. Premessa l'intenzione cli riprendere in p1irnavera il programma tracciato sin dall'inizio della guerra, - vale a dire «intensificare (... ) la pressione sull' avversario schierato sul medio e basso Isonzo con lo scopo di aprire una larga breccia u·averso le sue Iinee di difesa per acquistare libertà di movimento e cli manovra verso i noti obiettivi» - , i comandanti di armata dovevano rimettere in piena efficienza le truppe e migliorare l'assetto difensivo. Al riguardo, anzi, le prescrizioni furono palesemente eccessive: le posizioni sull'intero fronte dovevano essere rinforzate al punto da costituire «dallo Stelvio al mare, una muraglia tanto solida e profonda, da dare al Comando Supremo l'assoluta certezza che essa non riuscirà ad essere sfondata in nessun tratto, per guanto rilevanti possano supporsi le forze con le guaii l'avversario si proponesse di agire offensivamente» '.

' CCSM, Relazione l!tficiale cit.,

m, tomo

I bis, doc. 58.


256

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Il convegno di Chantilly aveva .indicato l'urlico atteggiamento possibile: di fensiva strategica ed offensiva tattica laddove utile per migliorare le possibilità di difesa. Cadoma modificò dunque solo in parte le direttive impartite alla 2• ed alla 3° annata, nel senso di orientare con maggior incisività le menti agli sviluppi offensivi della primavera. Secondo le sue direttive del 16 dicembre: «( ...) non appena la sistemazione della linea avanzata abbia rnggiunto un sufficiente grado di resistenza, sia ripresa, al più presto su tutta la fronte delle armate 2' e 33, quella vigile attività, che, oltre a stimolare la vigoria delle nostre trnppe, valga a conseguire progressi lenti e metodici, ma contii1Ui, e ad incatenare le forze avversarie. Soprattutto dovranno avere sviluppo le specialj operazioni assegnate a ciascu na armata dalle direttive per le operazioni militari nell'inverno 1915-1916, e cioè per la 2' armata la conquista delle posizioni di riva destra dell'Ison.zo, per la 3• annata l'occupazione delle alture del Carso ad ovest del Vallone. È necessario che tali operazioni abbiano inizio non oltre .la metà del prossimo gemiaio, per poter giungere a compimento prima dell a primavera; cosicché, conquistati gli ora detti obiettivi, questi possano servire di capisaldi per la ripresa generale delle operazioni ( ...)» '.

Rimane inspiegabile la su-anissima espressione di «vigile attività» per indicare il compito di raggiungere la riva destra dell'Isonzo ed il Vallone di Doberdò! E mentre nelle precedenti direttive si chiedeva «l'assoluta certezza» dell'intangibilità delle rispettive posizioni, adesso ci si accontenta di «un sufficiente grado di resistenza»! Una prescrizione aveva carattere tassativo: le azioni in questione dovevano esser condotte «coi sistemi e coi mezzi della guerra d'assedio», perciò occorreva venissero pianificate con estrema cura 2• Sul piano del rafforzamento dell'esercito, il lavoro fu veramente immane. A parte la costituzione di nuove unità (fra cui 19 brigate di fanteria, 45 batterie cli medio calibro e 22 compagnie da fortezza), i provvedimenti di maggior rilievo riguardarono la disponibilità di complementi per l'esercito mobilitato, il recupero dei militrui nel Paese e la formazione dei quadri ufficiali. Calcolando un fabbisogno medio mensile per la fanteria dj 50-60 mila uomini, ne fu prevista la copertura con una disponibilità di complementi, in previsione di azioni di fotte intensità, pari almeno a due aliquote mensili di perdite. La disponibilità organica non mancava, ma troppo scarsa era la proporzione di personale istruito, ridotto

' Ibidem, 111, tomo I bis, doc. 65. ' L'attacco metodico contemplava tre tempi. TJ primo consisteva nell'avvicinamento alla fascia dei reticolati, per i gruppi incaricati di aprire i varchi con i tubi esplosivi e per le trnppe d'assalto, mediaille camminamenti a zig-zag, copeiti, sino ad una parallela distante n<m più di una trentina di metri dal reticolato. U secondo tempo era costituito dall'apertura notturna dei varchi, ognuno di un centinaio di metri almeno di larghe'tza. li terzo tempo comprendeva l'assal to alle trincee avanzate, sotto la protezione del fuoco dei gruppi già passati (ibidem, Relazione del Comaiido genio della 3• armata in data 7 .1.19 I 6, doc. 79).


257

LA CAMPAGNA DEL 19 16

Elenco delle brigate di fanteria costituite durante la guerra fino a tutto l'anno 1916

Data di Data di Darn di entrata costituzione partenza per la dei reggimenti zona c!i guerra in linea (a)

NOME

Numero dei reggimenti

Udine

95° 96°

1-3-1916

22-3-1916 23-3-1916

20-5- 1916

Genova

97° 98° [43° 150°

1-7- [916 13-6-1916

12-7-1916 9-7-1916

20-5-1916 U 98° f;uueria si c.ostiluì in Libia

7-6- 1916 8-6-1916

26-6-1916 27-6-1916

7-8-1916

Sesia

201° 202°

10-12- 1915 10-3- 1916 8-3-1916

16-5-1916

Tanaro

203° 204°

genn. L916 15-3- 1916 10-12-1915 3-3-1916

le rispeuive date di p:utcnia 15-5- 19 16 Souo pcrla2ona<li guerra, i due re.ggimen,

Taranto

.

Vedi To,no I' . Cap. I, noia n. 11

t.i si imbarcarono i>'.!r 1' Albania.

Lambro

205° 206°

1- l2-l915 1-1-1916

4-4-1916

12-5- 1916

Taro

207° 2os·

29-4-1916

Bisagno

209° 210°

genn. 1916 31-3-1916 15- 12-1915 4-12-[915 21-3-1916 12-12- 191 5

Pescara

2 11° 212°

nov. 1915 12- 12- 1915

30-5-1916

Arno

213° 2 14°

l2- l2-1915 17-3- 1916 30-12-l9l5 19-3-1916

Tevere

2ts 0 216°

15-12-1915 16-2- [916 23-3- 1916

19-5-1916

Volturno

217° 21s 0 219° 220°

1-7- 1916 13-6- 1916

12-7-1916 9-7- 1916

20-5-1916

10-12-1915 8- 12-19 15

19-3-1916

19-5-1916

Jonio

22 1° 222°

15-12-1915 30-3- 1916 3-4-1916

22-4-1916

Etna

223° 224°

2-12- 19 15 8-12-1915

4-4- 1916 6-4-1916

25-5- 1916

Arezzo

22s· 226°

25-5-1916 26-5-1916

Rovigo

227° 22s 0

24-5- 1916 15-5-1916

28-5-1916

24-6-1916

Campobasso

229° 230°

15-5-1916

27-5-1916

10-8- 1916

Avellino

231° 232°

27-5- 1916

-

6-8- 1916

16-5-1916

NOTE

19-5- 1916

-

Souo le rispeuirc d:11e di panen1,a perlazonadi guerra, i duercggimc.n1i si imbarcarono per J' Albania. Fra il 1~ ed il 7 giugno 1916 la bl'igata rini1>a11'iò, pon:indosi in linea il 16

de.Ho .stesso mese.

Sele

(a) Allorché nelle colonne 3', 4°, e 5'

-

20-6-1916

~

I.a brigatasicostilllì in zonadi guerra. O\'e arfluimno s1.: pa1~na11le.nte i bam1glioni dei due reggimenti.

Latwigaw.si costituì in zona<li guérra, ove alTiuirono separatamente i ba11aglioni dei due regg.imenli.

vi è una sola data, quesLa è comune ad ambedue i reggimenti.


258

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

nel gennaio 1916 a soli 8 nùla uomini per tutte le arnù e corpi. Ciò era dovuto ad un insieme di cause asso1mnatesi, quali perdite superiori al preventivato, gettito delle classi richiamate inferiore al previsto, fotte aliquota di elementi non istruiti per effetto delle leggi in vigore, ecc.. In sostanza, i richiami di vario tipo programmati sino al mese di luglio 1916 fornirono circa 830 mila uomini, di cui 700 mila da istruire 1• *

* *

Intanto era maturato il problema di Durazzo. Su di esso occoITe soffermarsi perché originò una gravissima crisi nei rapporti fra il governo ed il Comando Supremo. Il 3 gellllaio 1916, in una riunione a palazzo Braschi, a Roma, Salandra espresse il parere che, nel caso in cui la situazione generale in Balcania volgesse al peggio, Durazzo dovesse esser sgomberata senza esitazione per concentrare ogni nostra forza a Valona. Cadorna, come è facile comprendere, si associò. Sonnino, invece, sostenne non dovere affrettarsi a ritirare il presidio di Durazzo, ma «solo quando si prevedesse di non potervisi sostenere» 2• Prevalse la tesi del ministro degli Esteri. Il 31 dicembre, sotto il temporaneo e fragile scudo montenegrino, tra San Giovanni di Medua e Durazzo si era raccolta una massa di 140 mila serbi con 35 mila cavalli e 10 mila capi di bestiame, oltre a più di 100 mila prigionieri e profughi civili. Ma il 4 gennaio le truppe della 3• armata austro-ungarica invadevano il Montenegro senza inconu·are, naturalmente, seria resistenza: il giorno 10 si impadronivano del monte Lovcen e di Berane, le due posi~ioni più importanti della regione, ad occidente e ad 01iente; il 13 entravano in Cetinje. La inevitabile richiesta di armistizio avanzata il 14 da re Nicola, respinta dal Comando Supremo austriaco che esigeva la resa incondizionata 3, aumentò la tensione, giacché sulla stampa estera, in particolare su quella francese, apparvero accuse, gratuite, all'Italia di aver abbandonato il piccolo regno alla sua sorte •. In base alla deliberazione del 3 gennaio, il 15 Zupelli telegrafò al generale Be1totti di lasciare la Savona a Durazzo, finché «di fronte a previste serie minacce non venga compromesso tempestivo et sicuro ripiegamento da compiere, almeno per via di mare, all'infuori pressione nemica et come atto volontario» 5•

' CCSM, Relazione ufficiale cit., 111, tomo 2, pp. 320-321. CADORNA, Altre pagine sutla grande guerra cit., p. 142. ' Secondo Conrad, la Serbia doveva essere divisa fra Bulgaria ed Austria-Ungheria, la quale avrebbe dovuto annettersi anche il Montenegro e l'Albania settentrionale con Durazzo, mentre la Grecia avrebbe avuto l'Albania meridionale con Valona. Per converso, il ministro degli Este1i austriaco preferiva conservare il Montenegro come Stato cuscinetto, mentre a Berlino si caldeggiava addirittura il suo ingrandimento a spese della Serbia. • Re Nicola, trasferitosi a Brindisi il 20 gennaio, su una torpediniera italiana, si rifiutò di riconoscere la resa. ' M. MONTANARI, Le truppe italiane in Albania cit. , p. 54.

' L.


LACANIPAGNADEL 1916

259

Tuttavia non si potevano ignorare i prevedibili sviluppi della situazione ed il 20 il Consiglio dei ministri si riunì nuovamente per decidere sul contegno da tenere una volta che austriaci e bulgari si fossero inoltrati in Albania. Un mancato contrasto avrebbe provocato accuse di paura o di connivenza da parte alleata. Allora bisognava prepararsi a difendere Valona e Durazzo. Ma con gli attuali 5 mila uomini Durazzo era intenibile, perciò occorrevano rinforzi. Salandra rappresentò che Cadorna, nell'assicurare la sua presenza alla riunione indetta per il 22 a palazzo Braschi, aveva rinnovato il suggerimento di sgomberare senza indugio Durazzo, prima ancora del manifestarsi di una pressione nemica. Intervenne Zupelli. Si dichiarò tranquillo per la difesa di Valona ed ammise di non esserlo del pari per 9.uella di Durazzo; ma, avendo preso accordi con lo Stato Maggiore del' per il suo sgombero al momento opportuno, non prevedeva difficoltà. la Marina L'ammiraglio Corsi, dal canto suo, si linùtò a precism·e che l'evacuazione via mare sarebbe stata più facile a Valona, comunque non era impossibile. Sonnino, sempre radicato nelle sue idee, reagì «con vivacità e quasi con impeto, sostenendo la prop1ia tesi; cioè rafforzarci in Durazzo» 1• La conclusione fu rimandata a dopo il colloquio con Cadorna. Ancora una volta Salandra espresse a Sonnino le titubanze e le preoccupazioni che lo tormentavano: «Sarebbe supcrtluo svolgere le ragioni per le quali occorre fare ogni sforzo affinché dalla conferenza di oggi e dalle conseguenti deliberazioni del Consiglio dei ministri non derivi una crisi Cadorna. Forse ci si ar1i verà poi; e !'orse non sa(à male. Ma adesso no: il paese non è preparato abbastanza e soprattutto non vi siamo preparati noi, governo, perché non abbiamo pensato al successore. E, a questo proposito, soggiungo che bisogna resistere alle suggestioni di Zupelli, il quale ha concepito (forse giustificatamente) un vero e proprio malanimo verso Cadoma e, incitato dal suo ufficio, vorrebbe forse profittare dell'occasione per sbarazzarsene( ... ). Il decreto che faceva dipendere l' Albania dal ministero della Guerra fo un errore, nel quale cademmo involontariamente: il decreto era stato preparato dal m.i1ùslro della Guerra. Questo decreto bisogna correggerlo: così sarà forse mutata la psiche di Cadoroa. Ma alla correzione bisogna indurre Zupclli ( ...)» ' .

Salandra aveva ottinù motivi per esp1imersi così. Il 6 ge1maio Zupelli gli aveva presentato un memoriale contro Cadoma. Premesso che in sei mesi di conflitto non avevamo conseguito alcun risultato di spicco e che i ripetuti infruttuosi attacchi stavano provocando sfiducia nell'esercito e nell'opinione pubblica, il punto debole della condotta della guerra da parte di Cadorna stava nell'aver trascurato le possibilità di sfondamento che offriva il Carso. Un successo in questo settore avrebbe tagliato le comunicazioni di Trieste con l ' Isu'ia, che cadendo nelle nostre mani avrebbe mutato la nostra situazione in Adriatico e rialzato grandemente lo spirito pubblico. Su 700 pezzi di medio calibro e 77 di grosso cali-

'F. MARTINJ, Diario cit., pp. 616-617. ' Salandra a Sonnino in data 22. l.l 9 I 6, D.D.I., 5' serie, V, doc . 630.


260

LA PRIMA GUERRA MONDJ ALE

bro, soltanto 116 e 18, rispettivamente, erano a disposizione della 2" armata, e 119 e 12 della 3" armata '. Quali i disegni di Cadorna per l'inverno? Nessuna operazione cli grande respiro, ma soltanto azioni sullo stile della gue1Ta d'assedio. E intanto riordinamento dell'esercito in funzione dell' offensiva di p1imavera, senza tener conto del fatto che gli austriaci avrebbero avuto modo e tempo di approntare nuove linee di difesa a tergo delle attuali. Il memoriale continuava in questi termini: «Che se poi da questa azione puramente difensiva del nemico esso passasse ad una offensiva concentrando sul Carso quei mezzi d'uomini e di materiali cbe non trovano impiego, noi potrenuno essere rigettati dal Carso sull'Isonzo e forse costretti a passare sulla destra del fiume stesso, perché è da considerare che la nostra occupazione sul Carso manca di ogni appoggio valido retrostante; è. anzi, una vera e propria incrostazione nostra sui pendii occidentali. E che questo sia sentito anche dal nostro Comando, lo prova il fatto che oggi, dopo sei mesi di guerra, sente il bisogno di misure difensiouali al suo tergo e molto indietro ... al Tagliamento 1»

Ora, a prescindere dalla considerazione che il previsto incremento di uomini e di artiglierie non avrebbe avuto un peso determinante nel confronto, ritenendo scontato anche da parte austriaca, il rinforzo del rispettivo schieramento, «( ... ) grave coefficiente di insuccesso sarebbe la sfiducia nella riuscita da paite delle nostre trnppe, che vedrebbero ripetersi all'infinito l'attacco infruttuoso e cruento di monti e colline i cui nomi sono troppo profondamente e sinistramente noti. Che fare a.ll()ra? ( ...) Lasciaiido pure in assoluta sicurezza durante l'inverno la difesa della frontiera Trentino-Cadore-Camia, alto e medio Isonzo, si possono concentrare sul Carso forse non meno di 500 delle 700 bocche da fuoco di medio e grosso calibro, ciò che darebbe a noi una vera superiorità sull'artiglieria austriaca( ... ) su un fronte di poco più di dodici chilometri , e avere una azione ben paragonabile per intensità di fuoco di a1tiglieria a quelle della Marna e della Chainpagne. Occorrerebbe perciò subito predisporre per opportuni concentramenti di truppe e di materiali ed iniziare l'azione nel prossimo febbraio( .. .). Queste poche note sono dettate dal profondo convincimento che una inazione nostra per 3 o 4 mesi sia per condurre a danni incomparabilmente piÌI gravi degli ipotetici vantaggi che si potranno ricavare dai nuovi mezzi di cui si disporrà Ìll primavera» '·

Le argomentazioni cli Zupelli, quale che fosse la plausibilità del pensiero operativo, non tenevano conto cli due fattori, egualmente importanti. Anzitutto l'accordo di mutuo sostegno fra alleati in caso di offensiva nenùca, stabilito a Chantilly in dicembre; in secondo luogo, e principalmente, le condizioni dell'esercito a fine 1915, stranamente sottovalutate proprio da lui, che, come nùnistro della Guerra, avrebbe dovuto esserne ben al corrente. Tutti i protagonisti, ciascuno al rispettivo livello di responsabilità, sono concordi nel definirle preoccupanti. Il generale Capello è esplicito nel denunciare la crisi del suo VI corpo d'armata, che può essere considerata come indice dello stato generale: penuria di uf-

'In realtà all'inizio del 1916 la 3• aITT1ata disponeva di 184 pezzi di medio e grosso calibro, e la 2" annata di 162. 'F. MARTIN!, Diario cit., pp. 624-627.


LA CAMPAGNA DEL 1916

261

ficiali impressionante (nei reparti di fanteria mancavano addirittura 90 capitani comandanti di compagnia!); livello di forza presente nei reparti pressoché prossimo a quello di pace; esaurimento psicologico e fisico non solamente degli uomini in trincea; ma anche di quelli in riserva, impegnatissimi in lavori per il completamento delle seconde linee di difesa; una ce11a «diminuzione cli tono nello spi1ito offensivo» 1; inevitabili difetti di preparazione nelle migliaia di ufficiali frettolosamente nominati 2• Non c'era da illudersi che questo stato cli cose fosse superabile con semplicità. Né che l'ingrandimento dell'esercito ed il nuovo gettito cli materiali e mezzi potesse ritenersi acquisito in tempo «per iniziare l'azione nel prossimo febbraio». Inoltre si poneva in tono preoccupante la questione del morale delle truppe, ufficiali 'compresi.L'adattamento alla vita di trincea - un adattamento di tipo pm·ticolare, sconfinante nell'abulia e nella rassegnazione, nell'indifferenza e nell'insensibilità ' - venne bruscamente rotto dalle licenze concesse dopo la quarta battaglia dell' Isonzo, approfittando della stasi invernale. Il soldato tornava a casa per quindici giorni, ansioso di rientrare nella pace familiare e convinto di trovare meritatamente un' accoglienza festosa ed anche di tutta considerazione. Ma si accorgeva subito di essersi illuso. L' ambiente famigliare, se sereno faceva apparire maggiormente insopportabile la vita di trincea, se turbato da motivi economici o d'altro genere creava un senso di inquietudine impotente. L' ambiente cittadino o di paese metteva il soldato di fronte ad una realtà non immaginata: l'assoluta ignoranza dei sacrifici e delle nùserie che si sopportavano sul Carso o sulle Alpi; il trascorrere della vita quotidiana nel lusso e nel divertimento ( «lusso» e «divertimento» della nonnalità, ma ingranditi in quel primo Natale di guerra agli occhi del soldato dal confronto con l'abbrutimento della trincea) senza alcun pensiero per chi combatteva; la disinvolta presenza di tanti coetanei esonerati dal servizio militare, e quindi a casa e ben pagati, mentre al fronte si soffriva e si moriva; le anùcizie e le compag1ùe fenuninili riservate agli <<imboscati». Malaparte ben descrisse quello che si agitò nell'animo del soldato in licenza: «Nell'inverno dal ' I 5 al ' 16, quando il popolo delle trincee cominciò a ritluire - per quindici giorni - nell' interno del paese, i primi segni di questo malvagio rancore verso chi non conosceva il

' «Negli ultinù combattimenti dell'autunno - scrisse Capello - si era già osservato come, in qualche attacco, le prime ondate non fossero composte che di qualche uffic iale e di piccoli nuclei di coraggiosi. Le ondate successive avanzavano talvolt:1 con poca decis.ione e non se mpre giungevano a tempo». Questo, naturalmente, quando i limi ti di resistenza psico- fisica erano superati (L. CAPELLO, Per la verità. cit., ali. 5, pp. 194-208). ' Ibidem, pp. 208-217. Come era accaduto negli eserciti britannico e francese , nei primi mesi di guerra era scomparso quasi il 50% degli ufficiali inferiori in servizio attivo. Dai primi due corsi straordinari svolti, in tre mesi, alla Scuola di Modena, erano usciti circa 7 m.ila S()tlotenenti, per la maggior parte laureati o studenti universitari. Ma in tre mesi non si può né insegnare né imparare a comandare reparti in guerra. 3 Sull'argomento cfr. P. M ELOGRANI, Storia politica della grande guerra cit., cap. II.


262

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

fango, i pidocchi e il sang11e delle prime linee, apparvero in tutta la loro impressionante gravità. Durante la prima licenza invernale (chi saprà, un giorno, descrivere tutta l' immensa tragedia della prima licenza invernale?) i fanti impararono a odiare il cosl detto paese» '·

Al ritorno dalla licenza il morale risultava più basso, almeno in un primo momento. Ed è perfettamente comprensibile. La reazione di Cadorna fu tipica del suo carattere intransigente: «( ...)Ho dovuto dolorosamente constatare che vi sono molti pusillanimi ed incoscienti i quali, recandosi in licenza, anziché diffondere la fiducia nel successo della nostra impresa, come vorrebbe il loro onore di soldati e il loro più sacro dovere verso la Patria, compiono nel paese una vergognosa opera di abbattimento e di scontento che attesta del loro basso livello morale. I più accani ti sono ce1tamente quelli che si sono peggio comportati di fronte al nemico. Spargono inconsulte voci di insonnontabili difficoltà, di perdite enonni subìte; insinuano la sfiducia nei capi; esagerano le sofferenze della vita di trincea, raccontano che il colera ed il tifo infieriscono fra le truppe, ecc. Tali notizia false od esagerate, anche se non propalate in pubblico, ma divulgate fra i parenti e gli amic i dilagano rapidamente e deprimono( . ..) quello spirito pubblico che una saggia preparazione c.ivile ha saputo mantenere finora così alto e fiducioso nella vittoria delle nostre anni» 2 •

Era una reazione già verificatasi a fine estate 1915 a causa dei naturali sfoghi di feriti e malati inviati a casa in licenza di convalescenza. Da una ragionevole preoccupazione scaturiva un'accusa con minaccia di provvedimenti di estremo rigore, priva di un elementare senso di psicologia. Quando lui stesso scriveva a casa riconoscendo che «questa guerra ha sconvolto tutti gli antichi criteri e quando si va all'offensiva si va incontro a difficoltà insormontabili\ che "è una guerra infame" •; che la presente guerra non può finire che per esaurimento di uomini e mezzi, e l'Austria è molto più vicina di noi ad arrivarci. È spaventoso ma è così» 5; che «Dio sa quando questa [guerra) potrà finire. Chi avrebbe immaginato una catastrofe di questo genere e così lunga» 6 ; quando si esprimeva in simili temùni sul tipo di guerra che le truppe stavano sopportando, come si poteva pretendere che ufficiali e soldati in licenza, in quella prima licenza, non parlassero dei loro patimenti? E, in fondo, anche le esagerazioni non sarebbero state comprensibili dato l'impatto con l'assoluta ignoranza o indifferenza del paese sulle cose del fronte? Nella conferenza del 22 gennaio vennero a confronto le opposte tesi. Sonnino dichiarò senza ambagi essere indispensabile non soltanto il possesso di Durazzo, ma altresì il sicuro controllo del territorio circostante, al fine di acquista-

' CURZIO MAL APARTE, La rivolta dei santi maledetti in L'Er.,ropa. vivente e altri saggi politici, Firenze 1961, pp. 65-66. 'Circolare 402 del 12.1.1916 in Commissione inchiesta cit., II, pp. 497. ' L. CADORNA, Lettere famigliari cit., data 6 novembre 1915, p. 128. ' Ibidem, data 4 dicembre 1915, p. 131. ' Ibidem, data 17 dice mbre )915, p. 135. • Ibidem, data 17 gennaio 1916, p . 135.


LA CAMPAGNA DEL 19 16

263

re pegni territoriali preziosi al momento della pace. Cadorna ribatté che l'impresa aveva già assorbito l'equivalente di un corpo d'armata; che Durazzo, ultimata la ritirata serba, perdeva ogni valore, mentre volerla difendere sarebbe stato arduo e costosissimo; che il possesso di Valona richiedeva il concentramento di tutte le nostre forze; che i pegni tenito1iali sono privi di valore se non accompagnati dalla vittoria; che l'azione politica doveva essere subordinata alle ragioni militari, le quali, sole, consentono di realizzare gli scopi politici. «A tutte queste mie osservazioni - scrisse più tardi Cadorna - nessuno dei ministri: della Guerra, della Marina e del Tesoro, oppose contrarie ragioni». Ma la discussione con Sonnino «finì per assumere un tono tempestoso, ed io dovetti dichiarare che ciò che avevo detto l'avevo profondamente meditato, che nulla avevo da mutare, e che se la mia persona fosse d'ostacolo ali' attuazione degli intendimenti del governo non c'era che da sostituinni; e, quanto a me, non ci tenevo affatto a conservare la pesante carica che mi era stata affidata» 1• Il 23 gennaio gli austriaci occuparono Scutari. La 3• a1111ata austro-ungarica aveva adesso davanti a sé, aperte, le vie che adducevano alla costa settentrionale albanese, ove tuttora sostavano, in attesa di sgombero, unità serbe. La sera successiva l'ultimo convoglio italiano lasciò Medua mentre il grosso dell'esercito serbo cominciava ad arrivare al Semeni, il corso d'acqua dove iniziava un vago controllo italiano, almeno a cavallo della strada per Valona. Il Consiglio dei milùstri del 26 doveva prendere una determinazione. Salandra riferì il colloquio con Cadorna, dicendosi pronto ad abbandonare Durazzo, ma non certo Valona. Alla fine - visto l'atteggiamento preso dal capo di Stato Maggiore -Sonnino si rassegnò a questa soluzione. Lo fece di malanimo «perché insomma gli alleati, dato il pochissimo che facciamo, non hanno tutti i torti quando dicono che i nostri aiuti sono scarsi e tenui». A questo punto Mart:i1ù dette fuoco alle polveri: «Noi non possiamo né dobbiamo andare a Salonicco; non abbiamo potuto soccorrere il Montenegro, non possiamo restare a Durazzo, forse neanche a Valona ... E allora, che cosa facciamo? Perché non si comprende bene che cosa stiamo facendo e sperando altrove ... È ora di pensarci. Il Capo di Stato Maggiore esponga i suoi criteri, dica ciò che vuol fare ... Noi non possiamo discutere progranuni militari, forse ... ma abbiamo diritto di chiederne uno: e possiamo e dobbiamo noi avere programmi politici che le forze militari debbono sostenere, aiutare, ecc. ccc. li nostro obiettivo di questa prima parte della guerra è fallito. Noi volevamo Gorizia e non l'abbiamo presa... Ora ci si dice che dobbiamo star fermi per tre mesi a cagione della neve ecc. ecc.; a primavera ricominceremo a fare quello che abbiamo fatto sino qui; ed io desidero nù si dica il perché otterremmo al fiorir delle rose ciò che non abbiamo ottenuto al passo dei tordi».

Zupelli prese la palla al balzo, affennando di non credere cli dover restare tre mesi senza far nulla. C'era una zona nella quale era possibile operare d 'in-

1

L.

CADORNA,

Altre pagine sulla grande guerra cit., pp. 145-149.


264

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

verno: il Carso, dove si poteva sfondare concentrando in un settore limitato tutte le forze ed i mezzi disseminati su 650 chilometri di fronte. Obiettivo: Trieste. Era chiara la sfiducia in Cadorna. Sonnino osservò che «ad ogni modo le so1ti della guerra non possono essere detem1inate da un uomo solo, che per giunta non ha sin qui conseguito successi», e propose di convocare un consiglio di generali. La soluzione sembrava esser fornita dal Consiglio di difesa, esistente per legge, però Salandra doveva cercare di mascherare in qualche misw-a l'innegabile diminutio capitis di Cadoma, al cui posto nessuno aveva idea di chi chiamare 1 • In conclusione, fu disposto che il Comando Supremo inviasse un'altra divisione a Valona «il cui possesso si deve con ogni sforzo mantenere». Cadorna - il quale in precedenza aveva chiesto, inutilmente, che della riunione ciel 22 venisse steso un verbale - replicò il 28 gennaio con una lettera a Salandra. In essa riepilogò e rafforzò il suo pensiero sull'intero problema albanese. Si inchinò alla decisione governativa, ma prese aspra posizione nei confronti di Zupelli: «( ...) io m()Jt() mi d()lgo che nell' ultima riunione dei ministri tenutasi il 22 ge1maio, egli sia rimas1(1 muto sull'importante argomento e non mi abbia affatto appoggiato o contraddetto se tale era la sua convinzione(...). Ciò dico perché l'invio di questa divisi()ne in Albania è provvedimento grave nel momento attuale, date le condizioni dell'esercito operante, oggi assai rid()tto di forze per la deplorevole trascuranza che il Ministero della guerra ha posto - malgrado delle mie insistenti sollecitazioni - nell 'organiz.zazione dei complementi; il che già ebbi a segnalare a V.E. nel mio foglio 10804 del 17 corr. (...). Mi auguro almeno che la critica situazione in cui questa notevole sottrazione di forze, e soprattutto di mezzi, viene a porre l'esercito in campagna, sproni il ministro della guena ad una pit1 solerte previdenza, cosicché ai bisogni dell'esercito operante, da me sempre in tempo segnalati (...) si provveda senza ritardi e senza le ingiustificate resistenze che spesso incontrano le mie proposte, di alcune delle quali attendo l'esito da tempo» 2 •

La lettera non ebbe risposta, però Zupelli non nascose che se i suoi rapporti con Cadorna fossero continuati quali erano al momento, egli si sarebbe dimesso. E - confidò a Martini - si sarebbe dimesso anche in caso di mancata correzione della condotta della guerra 3• Salanclra allora volle illustrare al re la difficile situazione creatasi: «Tutti i miei colleghi del Ministero, cd io con toro, sono gravemente preoccupati dello stato d'anim() dell'esercito e del paese, e più delle direttive e delle prospettive della guerra in un prossimo avvenire. Tutti gli ufficiai.i che son() venuti dal fronte, in licenza o per altra ragione, hanno diffuso l' impressione che ricominciare, c()me pare si prefigga il Comando Supremo, prcss'a poco negli stessi luoghi e nelle stesse fom1e, l'attacco della linea dell' Isonzo sia come dare della testa al muro( ...).

' F. MARTIKI, Diario cit., pp. 620-621. ' L. CADORNA, Altre pagine sulla grande guerra cit., pp. 151-152. ·' F. MMfflNI, Diario cit., p. 624.


L/\ CAMPAGNA DEI, I9 I 6

265

Si può rimanere indifferenti di fronte a questo che è, indubbiamente lo stato d·animo dell'esercito e che, dall 'esercito, si va ogni giorno trasfondendo nel paese? Si aggiungano finalmente le pressioni dirette e indirette degli Alleati per una nostra più attiva panecipazione alla guerra comune. (... ) Cbe cosa di.remo agli Alleati di essere disposti a fare. dato il programma di quasi completa inazione sino alla fine di aprile che pare sia quello del Comando SuprelJlo? Sono dubbi condivisi da tutti i mitùstri e che io non posso non presentare a Vostra Maestà. Implicando essi tuna la condotta politico-militare della guerra, cui sono legate le sorti del paese. noi pensiamo che la loro risoluzione non possa essere lasciata alla intelligenza ed alla volontà di un uomo solo, per quanto degno di stima e cli ogni riguardo. Noi pensiamo che una consultazione debba avvenire a cui partecipino altri capi militari nella misura e nella forma che si potrà stabil ire dopo l'assenso di Vostra Maestà. Così soltanto la responsabilità nostra e quella dello stesso capo di stato maggiore, che diventa troppo enorme per un uomo solo, potrà essere confortata ed alleviata; e si potrà sccgliere,,~pcriamo di comune accorcio, un;l direlli ve poli tica e nùlitare e proseguirla con minore esitazione e con maggiore coscienza» '·

Salandra spiegò anche che, risultando impraticabile l'idea di convocare il Consiglio di difesa, organismo previsto solo in tempo di pace, il Gabinetto aveva appunto pensato ad una riunione di ministri e generali qualificati. Non si conosce la risposta del re, il quale, comunque, il 2 febbraio mandò il generale Brusati da Cadorna, per saggiarne la reazione. Cadorna, com'era da attendersi, rifiutò recisamente di accettare una simile proposta, che implicava sfiducia nel suo operato e che metteva in discussione la sua autorità 1. Allora il Consiglio dei ministri, riunitosi il 6 febbraio, incaricò Zupelli di recarsi al Comando Supremo per iUustrare il suo pensiero operativo. Cadorna lo accolse cortesemente e promise si studiare il progetto. Il quale progetto, però, con un ripensamento perse rapidamente valore agli occhi degli stessi ministri 3 •

* *

*

In campo nemico i punti di vista erano contrastanti. «La campagna del 19 15 si era svolta in modo diverso da quanto c i attendevamo al principio di quell'anno» scrisse Falkenhayn •. Pur avendo ottenuto brillanti successi, in occidente gli Imperi Centrali avevano creato una situazione di stallo, ma senza riuscire a togliere ai franco-britaruùci la fiducia di ribaltare la situazione prima che la Francia fosse dissanguata. Ad oriente non sussisteva più alcun pericolo, anche se la potenza militare russa non era stata annientata. In Balcania, l'entrata in guerra della Bulgaria e il rovescio dell 'esercito serbo avevano consentito il sicuro collegamento con Ja Turchia e non si profilavano minacce né agli Stretti né da Sa-

'Salandra a Vittorio Emanuele lii in data 30.1.1916, cit. in P. la grande guerra cit., pp. 175-177. ' L. C/\OOR,'IA, Leuere famigliari cii.. data 2.2.1916, p. 138.

MELOGRANI,

' P. M ioLOGRANI, S1oria politica della grande g11erra cit., pp. 177- 178. • E. PAL.K.ENIIAYN, li Comando S11premo redesco cit., p. 140.

S1oria politica del-


266

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

lonicco. Sul fronte italiano, «le speranze riposte sulla forza della difensiva nel terreno montuoso della frontiera austro-italiana si erano avverate pienamente» '. Il Comando Supremo tedesco vedeva con rammarico che «gli scarsi risultati ottenuti dall'esercito alleato, a causa più delle condiziotù interne della Duplice Monarchia che non del nemico», avevano nuociuto alla condotta generale della guerra, comunque adesso, eliminato il pericolo serbo e reso trascurabile quello rumeno, per l'Austria-Ungheria non esistevano più assilli e diversivi. Nella mente di Falkenhayn la conclusione era ovvia: preparare ed affrontare la battaglia decisiva sul fronte occidentale con u-uppe tedesche, lasciando ali' Austria il compito di tenere i fronti difesivi, cioè buona parte di quello orientale e, naturalmente, l'italiano: «la tattica adottata a riguardo dell'Italia si era dimostrata ottima e non v'era alcun motivo a dubitare che tale rimanesse anche in avvenire» 2• Ma Conrad voleva approfittare delle circostanze per eliminare l'Italia dalla gue1Ta. I due capi di Stato Maggiore si incontrarono il 10 dicembre a Plesse discussero a lungo i rispettivi progetti per la primavera del 1916. Conrad spiegò il suo disegno: attaccm·e dal Trentino per raggiungere e superare la linea Schio-Felu-e, in ma.tùera da tagliar fuori le armate italiane dal Cadore al Carso, o, quanto meno, obbligarle ad una disastrosa 1itirata verso l' Adige. Resa, così, «del tutto inoffensiva» l'Italia, avrebbe messo a disposizione della Gem1ania per l'offensiva in occidente le truppe resesi libere, vale a dire circa 400 mila uomini. Peraltro, per il predetto attacco dal Trentino aveva bisogno di nove divisioni tedesche per disimpegnarne altrettante austriache in Galizia. Falkenhayn ben comprendeva il piano di Conrad, il cui successo avrebbe assicurato all'Austria «vantaggi ai quali erano estranei gli interessi del grande alleato settent:Jionale: gli eventuali guadagtù non dovrebbero essere divisi con nessuno». Ma, guardando la situazione con altri occhi, l'operazione non appariva accettabile. La sottrazione di nove divisioni tedesche di prima linea dal fronte occidentale avrebbe lasciato ai franco-britantùci tempo e tranquillità per riprendersi e costretto i tedeschi ali' assoluta staticità. E poi, un'offensiva in Italia condotta da soli austriaci non avrebbe dato che risultati minimi. «Non si poteva affidare agli alleati soli, dopo quanto era avvenuto in Galizia ed in Serbia, l'esecuzione di un'operazione così grandiosa. Molto meglio, se mai, impiegare le nove divisioni tedesche sul fronte italiano, ma a condizione di ripo1tare un successo tale da risolvere la guerra con l'Italia e questo non era possibile. Che gli italiani avessero le trincee sul Carso o dal lago di Garda alla foci del Po, nulla mutava ai fini generali del conflitto, perché sicuramente nessuna grave sconfitta nello scacchiere nord-est avrebbe costretto il governo di Roma ad uscire dalla guer-

'Ibidem, p . 71 . 'Ibidem, p. 141.


LA CAMPAGNA DEL 1916

267

ra: le altre Potenze alleate, da cui l'Italia dipendeva interamente sia sotto il profilo finanziario sia sotto quello dei rifornimenti, si sarebbero opposte. Ed il proseguire l'offensiva nella valle padana, unico modo per minacciare la Francia, appariva palesemente fuori della portata degli Imperi Centrali» '. Il discorso che Falkenhayn fece a Conrad, e che ripeté per scritto l' 11 dicembre, fu naturalmente più forbito, anche perché fra i due non correva buon sangue. ln base alla «mia lunga esperienza personale», egli riteneva che l'offensiva dal Trentino avrebbe richiesto almeno 25 divisioni e comportato la rinuncia alla sorpresa, dovendo effettuare il concentramento di tante forze per mezzo di una unica ferrovia. Era, in sostanza, dubbio che il Comando Supremo austriaco riuscisse a radunare una simile massa d'attacco dotata dell'artiglieria corrispondente, rtnche tenendo conto delle truppe recuperate dalla Galizia. Ed in ogni caso non c'era da illudersi di ottenere la decisione di tutta la guerra. Ciò posto, Falkenhayn prospettò, come soluzione più conveniente per entrambi, che I' Austria cedesse temporaneamente al Comando Supremo tedesco tutte le forze recuperabili, dopo aver reso assolutamente sicuri i fronti d'Italia e della Galizia. Dette forze sarebbero state impiegate «molto utilmente» per disimpegnare dal fronte statico divisioni tedesche da utilizzare in operazioni offensive 2• Conrad replicò con una lettera del 18 dicembre. Si dichiarò persuaso del successo dell'operazione dal Trentino e, pur riconoscendo preferibile una vittoria risolutiva riportata in occidente, espresse la convinzione che «l'offensiva contro la Francia non potrà avere probabilità di successo finché l' ltaJia non sarà battuta», giacché unicamente dopo la sua disfatta sarebbe stato possibile mettere insieme le grosse forze indispensabili per conseguire il trionfo in Francia. Inoltre, era molto probabile che, a seguito di una sconfilla. gravissima riportata nello scacchiere nord-est, la situazione interna italiana avrebbe costretto il governo alla pace. E proseguì: «lo non posso condividere il punto di vis1a di V.E. quando Ella dichiara che l' IJ!lesa vedrebbe senza alcun rimpianto l'Italia ritirarsi dal confliuo, perché l' Intesa sa che noi potremmo impiegare circa 400.000 uomini in più contro di essa. Io considero dunque l'offensiva d' Italia come il preambolo necessario dcUa lolla decisiva, il risultato della quale deve essere otte11u10 pure nel 1916 giacché, per diversi moli vi, questa fine rapida è una necessi1à per la Monarchia danubiana. IJ1vece, se noi rinunziamo a dare un colpo all ' Italia, dopo che la guerra nei Balcani sarà 1ermina1a, l'Armata ilaliana sarà molto molesta per noi durante la primavera e l'estate 1916; essa ha molto appreso nei suoi vani attacchi passati; essa colmerà le sue perdite; perfezionerà la sua istru zione: completerà il suo equipaggiamento; preparerà ed aumenlerà la sua artiglieria e le sue muni-

'Ibidem, pp. 141-142. 'E. FALKENHAYN, Il Comando Supremo tedesco cit., pp. 143-145. Cfr. CRAMON , Qumtro anni al G.Q.G. aus1ro-1111garico cit., pp. 63-65. Nella lettera di Falkenhayn, riportata da Cramon, è scritto che anche se l'Italia fosse stata costrena alla re.~a, «J'l.nghilterra e la Russia vedrebbero ciò con piacere perché si libererebbero di un'alleata di poco rendimento e di molte esigenze».


268

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

zioni; infine essa conserverà ed utilizzerà tutta la sua libe11à d'azione che, data la sua considerevole superiorità numerica e la possibilità di cui essa godrà di scegliere liberamente la sua zona di attacco, potrà pcrmellede di riportare finalmente un successo che parnlizzerà la Monarchia danubiana. Noi non possiamo ancora contare, dato il rapporto delle forze, che gli Italiani dopo quattro battaglie dell' Isonzo, ce ne lasceranno vincere ancora tante altre! Ma anche nella migliore ipotesi, gli llaliani ci obbligherebbero a lasciar logorare in permanenza sul nostro fronte sud-ovest almeno tante forze quanto ne teniamo impegnale attualmente, ed Essi manterrebbero così tutta l'Armata austro-ungarica in uno stato di paralisi completa e continua. ln queste condizioni, le disponibilità tedesche non potrebbero ottenere da sole una decisione definitiva in uno dei fronti di combattimento principali dell 'est o dell 'ovest, perché, fino a quando l'Italia non sarà messa fuori causa, nessuna Unità austriaca sarà disponibile sia per partecipare alla decisione, sia per dare il cambio in altri fronti alle Unità tedesche( ...)».

In definitiva, Conrad calcolava a 16 le divisioni occorrenti: 8 come primo scaglione per superare .la fascia montana ed altrettante come secondo scaglione per continuare l'offensiva allo sbocco in pianura. Al riguardo, «Siccome ho ricevuto recentemente da V.E. l'assicurazione preziosa che dalla parte tedesca non esiste alcuno scrupolo a partecipare ad un' azione militare contro l'Italia, s i potrebbe così impiegare nel primo scaglione una parte delle truppe tedesche che diverrebbero disponibili appena finita la guerra nei Balcani; intendo parlare del Corpo alpino, della 11• divisione bavarese ed eventualmente del IV corpo di riserva tedesco».

Se po.i fosse stato possibile sostituire quattro divisioni austriache in Galizia con unità tedesche, l'operazione avrebbe presentato piena probabilità di successo 1• Falkenhayn replicò a metà dicembre, spiegando di aver bisogno di recuperare paite delle divisioni inviate .in Galizia e rilevando che l'Austria-Ungheria avrebbe fatto molto meglio a spedire ad oriente l'armata Koevess, invece di cacciaifa nelle montagne del Montenegro. Conrnd, già urtato per aver dovuto accettare l'assegnazione della direzione delle operazioni contro la Serbia al maresciallo von Mackensen, ribatté piuttosto seccamente che, essendo ormai in pratica cessata l'esigenza che aveva consigliato la costituzione del gruppo Mackensen, l'armata Koevess era tornata alle sue dipendenze per un'operazione che non intendeva interrompere. Falkenhayn si affrettò ad osservare di non poter consentire il ritiro dell'armata Koevess senza che anche la Bulgaria fosse d'accordo. Al che Conrad, ancor più irritato, rispose di aver già dato gli ordini e non li avrebbe ritirati. Naturalmente, nei rapporti fra i due capi di Stato Maggiore scese il gelo. Fermo nelle sue idee, poco prima di Natale Falkenhayn presentò a Guglielmo If le proposte per la campagna del 1916. II vero nemico era la Gran Bretagna, il cui dorni.nio marittimo cominciava a far sentire i suoi effetti; perciò occorreva intensificare contro di essa l'impiego dell'anna più potente: in altri ter-

'CRAMON ,

Quattro anni al G.Q.G. austm-ungarico cit.., pp. 65-70.


LA CAMPAGNA DEL 1916

269

mini, bisognava passare alla guerra sottomarina ad oltranza. Quanto a quelle che al momento erano «le sue vere forze in terraferma» - cioè gli eserciti francese, msso ed italiano - l' Austria-Ungheria raccomandava insistentemente di finirla con l'Italia, ma «La proposta non può essere accettata, perché la sua aituazione produrrebbe sollievo e vantaggi alla sola Austria-Ungheria e non vantaggi immediati alla guerra in generJle. Anche un distacco dell'Italia dall'Intesa - il che d 'altronde è improbabile - non farebbe molta impressione sull·lnghiltcrrn. Il rendimento militaJc degli Italiani è cosl piccolo e l'Italia si trova cosl fortemente sotto la ~f'erza inglese che sarebbe veramente strano l'ingannarsi in questo apprezzamento».

La Russia, fra non molto, sarebbe stata probabilmente costretta a cedere a causa d~lla gravissima situazione interna. La Francia aveva quasi raggiunto «l' estremo limite tollerabile sei suoi sforzi» e per darle la spinta finale verso il collasso non era neanche necessario mettere in piedi una costosa operazione di sfondamento; sembrava possibile raggiungere lo scopo con forze relativamente limitate: «Dietro alla fronte tenuta dai Fmncesi vi sono a buona portata obiettivi, pcl mantenimento dei quali la condona di guerra francese è costretta a mellcre in giuoco fino all'ultimo uomo. E se lo fa, siccome non ~ possibile un ripiegamento, le forze della Francia si dissangueranno, sia che noi raggiungiamo onor obiettivo. Se non lo fa. e l'obiettivo cade in nostra mano, l'cffeuo morale in Francia sarà enorme».

Gli obiettivi in questione erano Belfort e Yerdun, ma quest'ultimo meritava la preferenza perché rappresentava il più poderoso punto di appoggio per un tentativo francese di rendere «intenibile l'intero fronte tedesco in Francia e nel Belgio» '. Guglielmo IT approvò il piano però la questione dell ' impiego dell'arma sottomarina rimase in sospeso, avendo il cancelliere dell'l.mpero chiesto un rinvio di alcune settimane, fino ad aprile, per non compromettere i tentativi di lasciare gli Stati Uniti fuori dalla gue1Ta. intanto i sommergibili ricevettero l'autorizzazione ad agire senza preavviso contro navi commerciah nemiche armate 2. In conclusione, Falkenhayn accettò la strategia del logoramento; Conrad cercò l'azione di forza. Gli alleati dell'Intesa limitarono nel tempo la strategia del logoramento per sfruttarla a favore della prep~Lrazione dell' azione di forza. Così la campagna del 1916 vedrà l'equazione strategica: Verdun sta ad Asiago come la Somme sta a Gorizia.

• E. FAI.KENHAYN. Il Comando Supremo Tedesco cii., pp. 152-159. ' tn aprile, dopo la violenta nota di protesta del presidente Wilson - un virtuale ultimanim per il siluramento del piroscafo 11011 armato S11ssex, incidente più che prevedibile, Bethrnann-Hollwcg comunicò all'ambasciatore americano la rinuncia alla guerra sottomarina, senza curarsi di mettere preventivamente al corrente della cosa Falkenhaya.. Questi, una volta informato, si rassegnò al fatto compiuto. anche perché considerava condizione necessaria, per il pieno successo della guerra sottomarina ad oltranza, far coincidere il suo inizio con un'offensiva sul fronte occidentale che «per il momento non si poteva prevedere quando sarebbe stata nuovamente possibile» (ibidem, p. 120).


270

LA PR IMA GUERRA MONDIALE

2. DA V ERDUN AD ASIAGO Mentre in Italia si svolgeva un poderoso lavoro di riordinamento e di ampliamento dell'esercito 1, in Francia il generale Joffre incontrava qualche difficoltà per i suoi progetti. Dopo la inconcludente offensiva autunnale, e, in particolare, le aspre critiche ricevute per l'infelice operazione di Loos, il maresciallo French aveva rassegnato le dimissioni dalla carica di comandante in capo delle truppe britanniche sul fronte occidentale. A1 suo successore, il generale Haig, Joffre chiese di impostare un'operazione britannica fra la Somme ed Arras per l'eventualità, probabile, che il piano francese di un'offensiva fra la Somme e Lassigny consigliasse di estendere il fronte di attacco verso nord. Senonché, soltanto a metà febbraio fu possibile trovare un accordo, giacché a Londra il War Of fice, per nulla propenso a lasciarsi trascinare dalla Francia in sanguinose avventure i cui gravi sacrifici di uomini sicuramente sarebbero stati mal sopportati dal!' opinione pubblica, caldeggiava una propria offensiva in direzione di Ostenda, con il concorso della flotta e delle forze belghe e francesi. C~n la missione militare russa i rapporti non brillavano per cordialità. Il generale Zilinskij si era mostrato riluttante ad anunettere la reale situazione del proprio esercito e, per converso, appena poco dopo la conferenza di Chantilly, chiese a Joffre di sferrare aJ più presto l'offensiva contro i tedeschi per alleviare il fronte orientale. La risposta fu, naturalmente, negativa, però considerando «lo spaventoso disordine che regnava nelle comunicazioni russe» e le difficoltà di ogni genere incontrate dai convogli di materiale bellico spediti verso i porti della Russia settentrionale, il governo francese ritenne di aver scovato una soluzione accettabile per entrambe le pru1i: la Russia poteva fornire mensilmente al fronte occidentale un contingente organico di 40 mila uomini, che la Francia e la Gran Bretagna avrebbero equipaggiato, annato e rifornito. Dopo qualche esitazione, la Russia decise di fru·e l' esperimento ed inviò in marzo una prima brigata. Doveva essere seguita da altre cinque durante l'anno, ma, ridotta a queste dimensioni, la questione non presentava più alcun interesse per la Francia. «A dire il vero - scrisse Joffre - la stanchezza e l'indifferenza cominciavano ad impadronirsi di molti ambienti russi, e da questa prut e non dovevamo avere più che delusioni» 2• In febbraio Briand venne in Italia. Era accompagnato dal gen. Pellé, il quale nel pomeriggio del 12 si recò da Cadorna ed illustrò il punto d.i vista francese in merito alla Balcania. Si temeva che gli Imperi Centrali, approfittando delle

' Al riguardo c fr. CCSM , Relazione ufficiale cii .. W, tomo I , cap. l. Merita nota il nuovo sistema di rifornimento del personale adottato nell'aprile del 1916, mediante la costituzione in ogni deposito di repani di complemento, per il semplice ripianamento dclJe perdite, e di unità di marcia (battaglioni e compagnie) per la ricostituzione della compagine organica dei reparti al fronte. 1 C.J.J. JOFFRE, Memorie cit., II, p. 164.


LA CAMPAGNA DEL 19 16

27 1

scarse forze dell'Intesa su quel teatro d'operazioni, decidessero di risolvere l'interrogativo della Romania con un'azione aggressiva (poco probabile) oppure con l'intimidazione, ossia col provocare la caduta del gabinetto Bratianu e la sua sostituzione con un ministero germanofilo, che avrebbe potuto concedere il passo alle truppe austro-tedesche. La Russia aveva g ià raccolto in Bessarabia la 7° annata, ma le era necessario un concorso alleato. Esclusa l'offensiva proposta a suo tempo da Alekseev, Pellé riteneva possibile ed utile un' operazione su Monastir, da effettuare in aprile, non appena riordinato l'esercito serbo e rinforzato il corpo di spedizione alleato in Macedonia. Ne derivava la domanda: l' Italia era disposta a mandare truppe a Salonicco e contribuire a raggiungere l' obiettivo di Monastir muovendo da Santi Quaranta, in Albania? Cadorna volle ricordare le condizioni dell'esercito italiano, sul superamento delle cui carenze in tempi brevi non dovevano esistere illusioni. Poi sottolineò la delicatezza della nostra frontiera: «(...) mentre noi, per ovvie ragioni, nell'interesse nostro e e degli alleali, premevamo sull'l· sonzo, avevamo alle spalle w1 esteso trailo del nostro schieramento, ove stavamo bensì sulla difensiva , ma che costituiva il ~cuore più de licato e sensibile di nitta la fronte, nel quale eravamo costretti ad immobiliz.zarc molte forze( ... )» '.

Se i primi di settembre del 1915 era stato favorevole a partecipare all'impresa macedone con tre divisioni, giacché in quel periodo si poteva ancora sperare di spiegare nella valle del Yardar un'azione utile per i serbi, adesso le tre divisioni erano state ormai inviate in Albania e serbi e montenegrini erano scomparsi dalla scena. Aveva accettato la riduzione de l programma di potenziamento stabilita dal ministero Salandra a causa delle deficienze dei quadri e dei complementi, e, se anche fosse intervenuto un contributo finanziario alleato, questo non avrebbe dato i frutti che fra tre o quattro mesi. 11 semplice invio delle tre divisioni in Albania costituiva di per sé già uno sforzo gravoso e compiuto a malincuore. A conti fatti, «data la situazione degli alleati a Salonicco, data la nostr;i disponibilità di forze, data la natura del terreno, un'azione dcli' Intesa nei Balcani non poteva allora in altro modo esplic.trsi che nel trarre con la nostra minaccia in inganno il nemico; e fra qualche mese, quando forze e mezzi saranno disponibili, meglio varrà operare sulle fronti principali» ' ·

Riportando il discorso al fron te italiano, Cadorna attirò l'attenzione del suo interlocutore sul fatto che, se l'esercito italiano fosse stato in grado di operare offensivamente ed energicamente in più direzioni - anziché sul medio Isonzo, come fa tto sino allora - l'Austria sarebbe stata costretta ad impiegare molte al-

' L. CAl)ORNA, Altre pagine sulla grande guerra cit., p. I56. ' Ibidem, p. 157.


272

LA PR IMA GUERRA MONDIALE

tre forze per provvedere alla difesa del suo fronte sud-ovest. Perciò: «Gli alleati ci diano artigUerie di medio calibro e relative munizioni. Noi richiameremo sul nostro fronte altre divisioni austriache e forse tedesche, e daremo ad essi il miglior concorso possibile, offrendo modo specialmente alla Russia di riprendere il suo movimento verso i Carpazi» 1• Non appena a conoscenza elci colloquio, Joffre fommlò al ministro GaJiieni parere positivo circa l'accoglienza della richiesta. «In effetti, nel mio pensiero, era necessario togliere all'Italia - spiegò ogni pretesto che potesse autorizzarla a non dare alla sua offensiva tutta la potenza intravveduta alla conferenza di Chantilly» 2 • Evidentemente a Chantilly non era stato attento all'esposizione di Porro. A prima vista il ragionamento di Cadorna, che deliberatamente e sorprendentemente rinunciava a l principio della concentrazione delle forze e dei mezzi su un tratto di fronte prescelto per la «rottura», appare discutibile. Eppure dopo appena due settimane risulterà in piena sintonia con i provvedimenti volti a fronteggiare l'emergenza sorta durante la battaglia di Vcrdun. È, infatti in questo frangente che Joffre chiederà all' Italia di «opporsi con attitudine aggressiva a qualsiasi prelevamento di forze nemiche sulla sua fronte, cli preparare fin d'ora una operazione offensiva su tutta la fronte, tale da essere scatenata non appena la stagione lo permetterà e di mostrare attività in oriente, sia in Albania che a Salonicco per trattenervi forze austriache ( ...). Questo sforzo non è meno indispensabile [di quello analogo richiesto alla Russia] per impedire il ritiro delle riserve austriache, che potrebbero sostituire forze tedesche sulla fronte russa ed anche per attirare su di essa [Italia) nuove forze austriache (...)» 3 • La regione fortificata di Verdun, progettata e creata come «piazzaforte» più importante per la difesa ad oltranza del suolo francese, e come un organismo autonomo sottratto all'autorità del comandante in capo, aveva, come tutte le piazzeforti, perso credibilità e, quindi, valore strategico nella concezione della guerra moderna che allora si andava affennando. Di conseguenza, sin dal 5 agosto 1915 era stata incorporata nel grnppo cli armate cleJI ' Est e soggetta ad un pressoché totale smantellamento, particolarmente nel campo delle artiglierie. Per quanto a metà dicembre 1915 Gallieni, a seguito di confidenze e commenti, avesse fatto rimarcare al comandante in capo la propria inquietudine sul1' incompletezza di alcune zone del fronte, Joffre non soltanto assicurò che il completamento delle difese nella regione fortificata era in corso di armonizzazione con l'intero assetto del fronte, ma si risentì dell'interessamento ciel governo, sulla base di informazioni provenienti da parlamentari mobilitati e/o da ufficiali al

' Ibidem, pp. 154-158. Cfr. Appunto sulla conferenza lenutll nel pomeriggio del 12.2.1 9 16 a Udine, AUSSME, Fondo S.M. R.E.-RR, racc. 17, fase. 2. ' C.J.J. ) OFFRE, Memorie c it., il, p. 165. ' CCSM, Relazione ufficiale ci i., lll, lomo 1, p. 260, nora 4 1.


LA CAMPAGNA DEL 1916

273

fronte. Perciò se il ministero non gli accordava piena fiducia, era pronto a cedere il comando. Naturalmente Gallieni gli assicurò la fiducia 1ichiesta '. Resta, tuttavia, assodato che Joffrc continuò a reputare più minacciato il fronte nord ed a sentirsi «tanto più portato a non considerare Verdun come l'obiettivo dell'attacco principale in quanto il risultalo strategico che i Tedeschi avrebbero potuto sperare mj sfuggiva totalmente» 2• Le prime notizie, vaghe del resto, sull' attenzione riservata dai tedeschi al settore di Verdun in relazione alla prossima offensiva, cominciarono a circolare nella prima metà di gennaio. Joffre, per quanto dubbioso, si accinse a prendere misure adeguate, inviò a Verdun sei divisionj e quattro gruppi di aitiglieria pesante e passò la regione alle dipendenze del gruppo d ' am1ate centro (gen. de Lan• febbraio cadde in mano francese copia dell' ordine indirizzato dal Krongle).1114 prinz imperiale ai quattro corpi d'annata radunati alle spalle della prima linea, in attesa di scattare ali ' attacco di sorpresa. Ma sussisteva ancora un notevole scetticismo, anche a causa delle pessime condizioni atmosferiche, che certo non favorivano l'offensiva 3• li tempo cambiò nella notte sul 21 febbraio. Alle ore 7 di quel mattino, con otto giorni di ritardo sul programma, iniziò la battaglia di Vcrdun, su un fronte di 25 chilometri, destinata a durare sino al successivo 23 giugno, o, secondo valutazioni connesse con il persistere dei duri combattimenti locali, sino al 15 dicembre. Il fuoco di preparazione dell'a1tiglieria tedesca durò sino alle 16,45, poi si fecero avanti le pattuglie di combattimento, poi seguirono formazioni d'assalto, poi, a distanza, i grossi, mentre la neve ricominciava a cadere. Di fronte al profilarsi di un drammatico irrimediabile squarcio della linea, la notte sul 24 Joffre mandò a cercare il generale Pétain. Gli affidò il compito di difendere Vcrdun e fece sapere che «tout chef qui, dans les circonstances actuelles, donnera un ordre de retraile sera traduit devant un conseil de guerre».

* * * Proprio in quei giorni in Italia tirava vento di tempesta. Il 9 febbraio si era concluso l'imbarco dei serbi a Durazzo; il 13 il blocco della città ad opera della 63° divisione aust1iaca si completò. Su suggerimento del duca degli Abruzzi, comandante in capo del!' armala navale, il generale Ferrero, subentrato al gen. Guerrini, chiese a Taranto di mandargli le navi per il trasporto del presidio.

'C..I.J. J OFFRE, Memorie cit., pp. 183-187. ' Ibidem. p. 190. li col. d'Jlerbillon riportò nel suo di ario, in data 8.1.19 16, questa diclùarazione di Joffre: «.le ne dema11de q11'1me e/rose, c'esr q11e /es Allemands m 'attaq11e111 et, s'i/s m 'a11aq11e111, soi1. à Verdim» (D11 général en chef cw Gouvem emem cit.). Fu accontentato. ' ll principale motivo di incredulità fu costituito dalla non individuazione, da parte dei Comandi francesi, delle parallele di partenza tedesche. Nessuno immaginava una battaglia di materiali come quella che avevano in mente i tedeschi.


274

LA PRIMA GUERRA MONDIALI:

Il generale Bertotti, da Valona, intervenne bruscamente, accusandolo in sostanza di allarmismo, e Ferrero, come ovvio, non si mosse da Durazzo. In breve tempo le cose precipitarono. Il 23 gli austriaci attaccarono ed a Ferrero non rimase che l' urgente sgombero via mare. L'imbarco del grosso (seimila uomini), ritardato dalle condizioni del mare e dall'affluenza lenta dei piroscafi, ebbe luogo il 26 febbraio, ma il tardivo e p recipitoso abbandono di Durazzo generò inevitabilmente l'impressione di rum sconfitta italiana e come tale, infatti, fu sbandierata dalla stampa austriaca. Nel governo commenti ed accuse si intrecciavano. Sonnino prese subito le distanze affermando ch_e «È stato Bertotti che di sua iniziativa ha trattenuto Ferrero, dicendogli che a lui la situazione non risultava così grave(...)» 1• Martini annotò nel. suo diario, sotto la data del 26 febbraio, il doloroso stupore per l'abbandono forzato di Durazzo e l'opportunità che le truppe d'Albania tornassero alle dipendenze di Cadorna, «col quale - aggiunse - pare che le relazioni siano ogni giorno men facili, perché anche Sonnino se ne lagna più aspramente. Quel che c"è da dire e ciò cui bisogna provvedere è che il geo. Cadoma non creda di essere. oltreché il Capo di Stato Maggiore, anche il capo del Governo cd il Governo stesso. Egli disse che Valona era un errore: ora ciò non lo riguarda: le questioni politiche non spetta a lui il risolverle ( ... ). Sonnino conclude così: ··se vuol far la politica il generale Cadoma, la faccia: ma mc ne andrò io"» '·

Cadoma, per suo conto, indirizzò a Salandra una violentissima lettera contro Zupelli, accusandolo di inettitudine e di ostinatezza a non riconoscere i pericoli della situazione, di insufficien:ta nelle predisposizioni a fa vore clell'esercito, di scadimento dal prestigio e dall 'autorità che la carica imponeva. Di conseguenza, pose più o meno esplicitamente l'aut-aut. o Cadoma o Zupelli ' . Salandra rispose con fermezza di esser rimasto penosamente impressionato dai recentissimi avvenimenti, al punto di provocare la revoca del decreto luogotenenziale del 1° dicembre e di riaffidare anche il comando delle truppe d' Albania alle mani del capo di Stato Maggiore: «In quanto alle conseguenze che V.E. ne trae in riguardo alla persona del Ministro della Guerra. senza entrare menomamentc nel merito delle considcrazio1ù accennate da V.E., debbo, in via pregiudiziale, osservarle che. secondo lo Statuto fondamentale del Regno. al Re solo spetta la nomina e la revoca dei suoi ministri e, secondo la consuetudine che è ormai norma del nostro governo costituzionale, spetta unicamente al Presidente del Consiglio la proposta e quindi la responsabilità di ta-

' Sonnino a Salandra in data 22.2.1916. O.O.I., s• serie, V, doc. 494. F. MARTINI, Diario cit., pp. 643-644. Però il 9 marzo Martini annoterà: «Le cose vanno male. Fu Sonnino che delle l'ordine di restare a Durazzo, sostituendo la volontà sua a quella dei tecnici. cagionando così la perdita lamentevole di uomini e di materiali, e finalmente dando occasione ali' Austria di esagerare i fatti e vantarsi di una solenne vittoria. Male tutto ciò; anche perché il deliberato del Consiglio dei Ministri altro voleva, anzi l' opposto(...)» (ibidem, p. 651). 3 Cadorna a Salandra in data 27.2.1916, in M. MONTANARI, Le truppe italiane in Albania cit., ali. 15, pp. 297-298. 2


LA CAMPAGNA DEL 19 16

275

li atti di govemo. Non posso dunque al riguardo di essi entrare in discussione per invito o suggerimento di qualsiasi altra autorità civile o militare per quanto elevato ne sia il grado( ... )» '.

Con altra lettera precisò che le direttive politiche della guerra restavano riservate al governo; che in fatto di problemi militari aventi attinenza con la politica internazionale il Comando Supremo doveva procedere d'intesa con il Governo; che il governo attribuiva al possesso di Valona un interesse nazionale di prim'ordine e quindi occorreva prepararne la difesa a qualunque costo 2• Cadorna replicò traendo necessariamente le conseguenze dal passo fallo: «(...) poiché dal contesto della lettera sopracitata mi persuado che V.E. non ha alcuna intenzione di prendere in considerazione quanto esposi, ho l'onore di rassegnare dimissioni da Capo di Stato Ma~giore delr escrcito pregando V.E. di ollenermcne da S.M. il Re l'accoglimento, non inlendendo io in alcun modo rimanere in una posizione che non potrei conservare ( ... ) senza danno della cosa pubblica alla quale unicamente io miro» '.

Di colpo la crisi si aggravò. Vittorio Emanuele IIl era stato subito messo al corrente della vicenda: «lo non posso anunettere - gli aveva scritto Salandra, mandando copia della lettera di Cadorna -che in un documento ufficiale il capo di stato maggiore intimi. con l'alternativa delle proprie dimiss ioni, al presidente del consiglio il licenziamento di un ministro»'.

Di fronte, dunque, al gesto dj Cadorna, Salandra si irrigidì e pose la questione nelle mani del re. Non intendeva allontanare dal governo Zupelli per un elementare senso cli dignità; d' alu·a parte si rendeva conto che le circostanze avevano raggiunto un Iivello delicatissimo, al punto da richiedere un chiarimento radicale: «Con perfcnn tranquillità di spirito - scrisse nuovamente al re- ritengo però che in questo momento sia nell'intcres~e del paese minor danno cambiare il Ministro che non il c:,po di stato maggiore. Perciò rassegno le mie dimissioui e resto in atte~a degli ordini di Vostra Maestà» ' ·

Vittorio Emanuele Ili allora intervenne con decisione. Chiamò Cadorna e gli parlò in modo convincente. Cadoma si adeguò e ritirò le dimissioni. Lo stesso fece Salandra, ma il 6 marzo fu Zupelli a decidere di 1itirarsi, ritenendo impossibile rimanere al ministero in una situazione di così spiccato ed imbarazzante attrito. Le dimissioni furono accettate il 27 ed il 5 aprile Salandra comunicherà la nomina del generale Morrone a nuovo ministro della Guerra 6•

' Salandra a Cadoma in data 29.2. 1916, ibidem, ali. 16, p. 299. ' Salandra a Cadorua in data 29.2. I91 6, ibidem, ali. 18, p. 300. ' Cadorna a Salandra in data l.3. 1916, ibidem, ali. 17, p. 299. 'Salandra a Vittorio Emanuele 111 iu data 29.2. 1916, c it. in P. M ELOGRANI. Storia politica della grande guerra ci t. , p. 182. ' Salandra a Vittorio Emanuele ID in data 1.3. 19 16, ibidem, p. 183. • Sulla vicenda cfr. L. CADORNA, A/ire pagine .mila grande guerra cit., pp. 15&-173 e Pagine polemiche, Garzanti, Milano 195 1, pp. 159-161.


276

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Per l'appunto in questo periodo giunse la richiesta francese di concorso. L'attacco tedesco, inizialmente sferrato a nord cli Verdun, sulla destra della Mosa, si era esteso alla sinistra del fiume provocando un profondo turbamento in Francia. Cadorna il 6 impartì gli ordini alla 2• e 3• annata per un'offensiva di alleggerimento, benché il lavoro cli riordino non fosse ancora giunto a termine. Non stabilì, però, obiettivi specifici e lasciò la scelta ad ogni Comando d'annata coll'unico vincolo che i risultati costituissero, sia pure indirettamente, un ulteriore passo avanti verso la conquista del campi trincerati di Gorizia e di Tolmino 1• La formula usata da Cadoma fu di «tentare una vigorosa offensiva, che potrà darci risultati notevoli», ma verbalmente egli spiegò ai comandanti delle due armate che in realtà intendeva fosse effettuata una dimostrazione offensiva. n ricorso all'espressione «vigorosa offensiva» era stato suggerito da due motivi: ottenere che le truppe si impegnassero veramente e la quasi assoluta certezza che l'ordine, sia pure nelle linee generali, arrivasse a conoscenza del nemico 2• Confessiamo un'estrema perplessità per questo «chi,u-imento» verbale, comunque così avvenne. L' operazione, chiamata poi - del tutto impropriamente - Y battaglia dell'Isonzo, non conseguì risultati apprezzabili e del resto «Non mi consta però - osservò Cadorna - che lo Stato Maggiore alleato abbia creduto sul serio che con tali attacchi noi potessimo produrre un efficace diversivo alle operazioni di Verdun!» 3 • Se tutto si fosse 1isolto in un esito di prevedibile scarso rilievo, poco male. Purtroppo il risvolto della medaglia fu negativo sotto pru·ecchi aspetti. Anzitutto, per la sensazione inevitabilmente scoraggiante per i repaiti, di tornare a ripetere senza speranza un'azione già fallita; poi , per un consumo di munjzioni cli artiglieria ben poco compatibile con le scru·se disponibilità; ed in terzo luogo perché si regalò all'avversario la quasi certezza di non aver da temere pericoli di fondo sul fronte dell 'lsonzo. E questo regalo giungerà quanto mai tempestivo alla lo• ed alla 5• armata austriache, verificandosi proprio quando esse riceveranno l'ordine di imbastire un'azione diversiva sull'Isonzo. La convocazione della terza conferenza di Chantilly (12-13 marzo) si riprometteva di definire le modalità di applicazione del piano di campagna deciso nel dicembre 1915. Essendo già in pieno sviluppo l'imponente attacco tedesco a Verdun, Joffre fu naturalmente spinto a sollecitare al più presto l'offensiva generale. Tuttavia due elementi, avvertì, consentivano di non precipitare la data a detrimento dell'organizzazione. In primo luogo la resistenza dell'esercito francese, che garantiva una ce1ta tenuta; in secondo luogo, l'orientamento russo a muovere all'offensiva a partire dal mese di maggio. Quindi, il 15 maggio avrebbe attaccato l'esercito russo ed il 1° giugno gli altri eserciti. In questo frattempo,

' CCSM, Re/azione ufficiale cit., lll, tomo 1 bìs, doc. 95. R. BENC!YENGA, Saggio cririco sulla nostra guerra cit., 111, p. 63. ' L. CADORNA, la guerra alla fronte italiana c it., I, p. 175. 2


LA CAMPAGN,\ DEL 1916

277

ognuno doveva impedire, con un atteggiamento aggressivo, un ritiro di truppe nemiche dal rispettivo fronte. Dopo di che si volle mettere bene a fuoco la prevedibile disponi bilità dei mezzi di ogni Potenza (effettivi alle armi, risorse in uomini, anni e munizioni) alle date del l O maggio e del l O luglio, allo scopo di arrivare a definire concretamente fabbisogno ed ai uti alleati. Il generale Porro presentò per l'Italia le seguenti richieste. Alla Francia: artiglierie cli medio calibro, pari almeno a 120 pezzi dal 105 aJ 155, oltre ai quattro da J 20 già promessi; nonché i mezzi aerei per una flotta aerea offensiva ed una difesa contraerea, e cioè 60 apparecchi Nieupo11 e 100 motori Le Rhone, già promessi; 400 mitragliatrici Lcwis, in parte già promesse; ammissione di 12 piloti alla•scuola Nieuport. Alla Gran Bretagna: 200 mitragliatrici mensili da marzo e 250 da giugno, già promesse; artiglierie pesanti con relative munizioni, promesse senza specificare il calibro. In merito, poi, alla posizione dell ' Italia nei Balcani, Porro dichiarò francamente l'impossibilità sia di invim·e altre truppe in Albania, sia di operare offensivamente da Valona 1 • Gli accordi mili tari della terza conferenza di Chantilly vennero ratificati il 27 marzo a Parigi nella conferenza degli alleati, con la partecipazione dei princ ipali esponenti politic i e militari. Per l'Italia intervennero Salandra, Sonnino, Dall' Olio, Cadom a e l'ambasciatore Tittoni. Tn questa occasione fu riaffermato solennemente l'impegno, già sottoscritto 2, di non concludere pace separata e rinnovato il principio della solidarietà fra gli alleati. L'un.i.taiietà di indirizzo militare poteva essere considerata om1ai assicurata dalle intese concluse dagli Stati Maggiori ; il conseguimento dell' unità di iniziative economiche fu devoluto alla conferenza economica di prossima convocazione a Parigi; l' unità cli azione diplomatica doveva continuare e garantire la comunanza di intenti ' .

* * * Il Baj-Macario ha dato ad alcune pagine sul prologo della Strafexpedition il titolo, molto appropriato, di «il caso della 1• annata». Si tranò, in effetti, di un caso meritevole di attenzione.

' AUSSME, Fondo Ufficio Ordinamemo e Mobili1azio11e, racc. 266. ' IJ 25 novembre 19 15 Sonnino aveva dato disposiziùni all 'ambasciatore llnperiali per l' urgente adesione italiana all a dichiarazione. vietante paci separate, firmata dagli alleati a Londra il 5 seHembre, intendendo il governo dame comm1icazione alla riapenura della Camera il I O dicembre (D.D. I., 5• serie, V, doc. 147) . ., Verb,1le de lla con ferenza, AUSS ME, Fondo U.fj ìcio Ordinamemo e Mobilitazione, racc. 266. Nella conferenza di Parigi Salandra e Soruùno. che parlavano rnale il francese, uou vùllcro imitare Lloyd Georgc e Grey che si avvalsero di un interprete. con il risultato di lasciare ua · impressione poco favorevole sia per la forma s ia per la sostanza. 13riand, pita tardi, sembra abbia commentato che «l'uno [S alandral non si riusciva a capirlo. mentre l'altro [Sonn ino} lo si capiva anche troppo» (L. CADORNA, Le1terej,1migliari c iL , p. 146 e 160).


278

LA PRTMA GUERRA MONDIALE

Il gen. Roberto Brnsati, con le sue direttive del 14 dicembre 1915, aveva disposto che, nei settori in cui l'avanzata del IlI e del V corpo d'armata (rispettivamente ad ovest e ad est del lago di Garda) si era verificata con maggiore profondità, «i lavori per la più solida sistemazione difensiva delle linee più favorevoli avanzate dovranno(...) essere spinti colla maggiore alacrità ed energia possibili, per modo che la difesa principale possa essere portata su di esse al più presto» 1 • Ciò premesso, il 20 febbraio 1916 Brusati volle presentare al Comando Supremo un'accurata esposizione dello stato degli apprestamenti difensivi. In questa sede spiegò che, poiché le posizioni conquistate erano «ritenute le più adatte alla più valida resistenza, è sembrato non dubbio che, anche a detrimento delle linee arretrate, esse dovessero essere nel miglior modo annate». Si trattava di studiare, il che si stava facendo, come realizzare una sufficiente ossatura delle artiglierie sulle linee arretrate, sì da portarle, a tempo debito, aUa consistenza difensiva necessaria «colle mtiglierie che si può presumere di poter 1ipiegare dalle tinee più avanzate», nell'eventualità di un forte attacco austriaco; attacco che il bollettino informazioni del Comando Supremo, in data 28 gennaio, prevedeva probabile su tutta la fronte, ed in specie dal Tirolo, ma non prima della primavera. Inoltre, attualmente le forze della 1• annata si trovavano «ripartite in ogni settore a seconda delle necessità di una prima difesa», ma senza che esistesse la possibilità di una manovra delle riserve 2• Cadoma replicò il 24 febbraio, compiacendosi per 1' attività con la quale si era provveduto «a dare la più salda consistenza alle linee difensive, in specie a quelle più avanzate»; precisando che la sottrazione di forze alla l" armata era stata compiuta in base al compito «esplicitamente conferito all' armata(... ) dicoprire le spalle dell ' esercito operante offensivamente sulla fronte dell'Isonzo>>, compito da assolvere con il minimo delle forze e dei mezzi; assicurando che, nell'evenienza di un grosso attacco nemico dal Tirolo, il Comando Supremo sarebbe intervenuto tempestivamente e comunque «la capacità di resistenza della prima linea di difesa dovrà essere di molto superiore al tempo necessario per lo spostamento dei rinforzi», cosa non difficile tenendo conto della saldezza intrinseca delle posizioni dell'annata. E conci.use: «È a questa [primaJ linea [di difesa] pertanto che deve conferirsi la massima saldezza possibile( ...) poiché le sorti della difesa dipenderanno appunto, nel p1imo tempo, dalla capacità di resistenza

' CCSM, Re/azione 11fficia/e cit., TU, tomo 1 bis, doc. 219. Si tenga presente che nel 1918 Cadorna ebbe a ricordare la funzione difensiva assegnata alla l'annata in questi termini: «Ogni qualvolta l' occasione si fosse presentata, le truppe della 1• armata dovevano impadronirsi di quelle posizioni che avrebbero migliorato e rafforzato le sue condizioni difensive. In tal modo, con una funzione sola, aveva compiti diversi; e ci voleva agilità d ' ingegno e pacatezza d' animo per guidar.la» (A. GATTI, Uomini e/olle di guerra, Mondadori, Verona 1929, p. 178). ' CCSM, Re/azione iiffìciale cii., UI, tomo l bis, doc. 224.


LA CAMPAGNA DEL 1916

279

che questa linea potrà fornire; senza di che a ben poco gioverebbe l'aver munito fin d 'ora di aniglierie le linee success ive. Ben inteso però che nel concetto della prima linea io non comprendo affatto i punti più avanzat i ( ...) bensì intendo designaJ'C i capisaldi retrosta11ti capaci de lla massima resistenza e già precedentemente organizzati, quali M. Altissimo, Zugna Torta. ecc.» '.

Brusati trasmise (5 marzo) la lettera del Comando Supremo ai Comandi del III e del V corpo e rinnovò gli ordini dati per concentrare ogni attività «nell'intensificare i lavo1i per l'organizzazione difensiva della prima linea(...), onde far sì che nel più breve tempo possibile la linea stessa sia messa in condizione di opporre quella massima resistenza, sulla quale io intendo fare sicuro affidamento in ogni ~wenienza», senza naturalmente interrompere i lavori sulle linee arretrate 1 . Il giorno seguente ricevette l'ordine di concorrere alla ripresa offensiva che la 2• e la 3• annata avrebbero iniziato I' 11 marzo sull'Isonzo, con «contemporanee energiche azioni parziali dirette immobilizzare forze nemiche» 3• A questo punto, quando già appare evidente la possibilità di equivoci fra Comando Supremo e Comando 1• armata a causa del riferimento mentale alle differenti posizion.i che ciascuno legava al concetto di prima linea o linea di difesa o difesa principale, accadde qualcosa di inspiegabile. Il 14 marzo, il generale Zoppi, comandante del V corpo, tenne rapporto a Verona e comunicò che, «prese le direttive del Comando dell'armata ed avuta da questa libertà d 'azione», aveva deciso di agire per la val Lagarina su Calliano (nord-est di Rovereto) e per la val Sugana su Caldonazzo (sud-ovest di Levico) «per far così cadere gli Altipiani»•. Ora, un'operazione del genere era stata ventilata da Brusati il 17 novembre 1915 e giustificata col fatto che il possesso della conca di Rovereto avrebbe posto l'armata in condizioni favorevoli per attaccare, in primavera, il campo trincerato di Trento ' . Cadorna però l' aveva respinta il 26 novembre, reputando che la l" armata non fosse materialmente in grado di condurla a termine con le forze di cui disponeva, ed osservando che, d'altronde, l'impresa non avrebbe rivestito «alcun valore decisivo né rispetto all'andamento generale della guerra e neppure in vista di rivendicazioni territoriali» 6, apprezzamento, questo, che certamente Salandra e Sonnino non avrebbero condiviso. Il 20 marzo, mentre il generale Zoppi seguiva il suo proposito, un disertore czeco fornì al Comando 1• annata indicazioni più che attendibili circa l' arrivo di numerose batterie pesanti nel Trentino. Brusati, senza pensare di arrestare

' Ibidem, m. como l bis, doc. 225. ' Ibidem, ILI, lomo l bis, doc. 226. 1 Ibidem, lll, lomo I bis, doc. 232. ' Ibidem, llI, lomo I bis, doc. 233 (corsivo nostro). • Ibidem, m. torno I bis, doc. 2 1. • Ibidem, m. tomo l bis, doc. 2 18.


280

LA PRIMA GUERRA l'vlONDIALE

i preparativi offensivi del III e soprattutto del V corpo, il 22 avvisò il Comando Supremo: «Da informazioni concordi e ulli.me molto particolareggiate, sembra probabi le avversario abbandoni suo contegno passivo e quasi certo intenzionato passa(e decisa offensiva a giomi dall 'altipiano Lavarone verso Costesin, con azione combinata anche per Val Sugana e preceduta da dimostrazione da Rovereto su Ala( ... )» '·

Il Comando Supremo sospese immediatamente il previsto trasferimento al fronte dell'Isonzo delle brigate Ivrea e Sicilia, ed annunciò l'assegnazione alla l • armata di quattro brigate, di cui tre di nuova costituzione. Tuttavia Cadoma, in quei giorni a Londra, fece precisare che, come più volte ripetuto, in caso cli offensiva austriaca la I" amutta doveva fare assegnamento sulle sole sue ttuppe. Ed insistette che «Per nessun motivo truppe dovranno lasciarsi trascinaJC resistenza su posizioni avanzate, ma eventuale ripiegamento dovrà farsi tempestivamente affinché trnppe ritratte conservino e fficienza per dife ndere tenacemente linea principale si cui dovrà concentrare il massimo sforzo»'.

Non appena rientrato ad Udine, Cadorna risolse di assegnare alla I" annata la 9• e la 10• divisione a titolo precauzionale. Ormai si confronteranno una serie di informazioni confermanti l'imminente offensiva austriaca da parte del Comando 1• amrnta ed un persistente scetticismo di fondo da parte del Comando Supremo. Il 2 aprile la 1" armata segnala la notizia, proveniente da ottima fonte, dell'addensarsi di ttuppe nemiche sull'altopiano di Lavarone 3; il Comando Supremo ne prende atto e chiede ulteriori accertamenti su «eventuale attacco direzione indicata». Il 3 aprile la 1• am1ata riconferma «rilevante concentramento truppe, aitiglieria, carreggio avversario fronte V corpo amrnta, specialmente direzione altipiano» •, ma quello stesso giorno l'ufficio situazione ed operazioni cli guerra del Comando Supremo conclude l' appunto per Cadorna circa le notizie pervenute in questi tennini: «In complesso si è tuttora d'avviso - avviso avvalorato dalla impressione che si prova leggendo le intercettazioni telefoniche del nemico - che il Comando austro-ungarico non possa eseguire operazioni offensive di grande stile e che tutta la sua attività alla nostra fronte è diretta a tenere le posizioni attuali e forse a correggere la linea più avanzata» ~. Poi il Comando

' Ibidem, m, tomo 2 bis, doc. 23. Ibidem, III , tomo 1 bis, doc. 245. (c()rsivi nostTi). li documen to ripo11<1 il telegramma ricevuto dal Comando Supremo. In realtà Cadoma aveva telegrafato che «per nessun motivo nostre !ruppe dovrebbero lasciarsi trascina(e» e che «eventuale ripiegamento dovrebbe farsi tempestivamente>> (ibidem, III, tomo l, p . 38). ·' Ibidem , JJI, tomo 2 bis, doc. 28. ' Ibidem., JIJ, tomo 2 bis, doc. 30. ' ibidem, lll, tomo 2 bis, doc. 32. 2


LA CAMPAGNA DEL 19 16

281

3

S upremo scrive alla 1 armata che «non si può escludere che il nemico si prepari ad assumere atteggiamento offensivo sulla fronte del V corpo d'armata», però erano già stati presi provvedimenti che «consigliano di considerare la situazione con serena obiettività e con sicura fiducia. Serenità e sicurezza giustificate ed avvalorate dalla salda sistemazione difensiva ormai raggiunta ed alla quale V.E., nella piena consapevolezza del mandato assegnato all'm1nata, ha dedicato opera assidua e, certamente provvida» 1• Allora (6 aprile) Brusati, in una lettera personale a Cadoma, volle attenuare le tinte della situazione, dichiarando che «non si può escludere che l'avversario intenda tentare una parziale offensiva del fronte», comunque le due divisioni assegnate tempestivamente dal Comando Supremo all'armata,

«permeuono di considerare con piena fiducia. nell'interesse generale delle operazioni, anche il caso a noi più sfavorevole, quello cioè in cui l'avversario. continuando a riunire forze e mezzi sugl i Altipiani, tentasse d i sfondare In nostra linea in questo tratto, sussidiato da azioni concorrenti per le va lli Lagarina e Sugana (...)» ' .

Cadorna annotò a margine: «L' invio iniziato delle due divisioni non è che una misura prudenziale, ma io sono convinto che un attacco a fondo non avrà luogo, e che le d isposizioni degli Austriaci son fatte per mascherare altri movimenti» 3• In questo strano clima, 1'8 aprile il generale Zoppi ordinò alta 15" divisione di procedere all'occupazione di nuove posizioni per completare al più presto la sistemazione difensiva in val Sugana 4, cd il giorno seguente Brusati, in un colloquio con lui, 110 11 si mostrò contrario all'azione. So ltanto il 14 Brusati diramò le «Direttive per il caso di un'energica offensiva avversaria», stabilendo, è vero, l'utilizzazione deUe lince avanzate soltanto temporanea, ma in sostanza confermando la difesa principale sulle posizioni già da tempo organizzate a difesa e sulle quali esisteva l' equivoco di interpretazione con il Comando Supremo 5• Inoltre, non bloccò la libertà d'azione rilasciata a suo tempo al V corpo. In definitiva, il primo sbalzo offensivo e le successive operazioni locali avevano portato la l • armata quasi a ridosso della linea di resistenza austd aca e cioè «nella situazione di un attaccante non riuscito, anziché in quella di un difensore ad oltranza» 6, ed in queste condizioni sarà affrontato l'urto avversario.

' Ibidem, Ili, tomo 2 bis, cloc, 3J. 1 lbitlem, !li, lomo 2 bis, doc. 32. ' Ibidem. doc. 32. nota 3. Deua nota fu ripetuta nella risposta a Brusati in data 8.4.1916 (ibidem, doc. 33). Il 7 aprile l'ufficio siluazione aveva affermato: «è penncsso rimanere tuttora sceuici

dinnanzi all'ipotesi delle inuninenti grandiose offensive annunciate con troppa ostentazione» (G. B AJ· M ACA RIO, La Strafexpedition , l'off ensiva w1s1riaca del Tre111i110, Corbaccio, Milano )934, p. 118).

' CCSM, Re/azione 11J]iciale cit.. rn, tomo I bis. doc. 239. • Ibidem, 111. tomo I bis, doc. 242. • ibidem, m, tomo I, p. 288.


282

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Il 15 aprile, mentre la radunata del gruppo d'esercito austriaco nel Trentino era ormai ultimata, l'ufficio situazione del Comando Supremo, pur riconoscendo il concentramento del ID e del XX corpo austriaci con quattro o cinque divisioni a sud di Trento, chiudeva il bollettino giornaliero con queste parole: «Circa gli scopi di questa raccolta di truppe, le informazioni sono discordi: sembra però che se altre grandi unità non verranno trasportate nella zona, non siano da prevedere per parte delle truppe sopra segnalate vaste operazioni offensive» 1• Proprio quel giorno Brusati ebbe un colloquio con Cadorna, gli consegnò copia delle direttive appena emanate e gli spiegò il motivo della decisione di difendere le posizioni avanzate in val Sugana 2• È probabile che abbia vantato la solidità dei lavori e rappresentato le difficoltà materiali di un sollecito ripiegamento; è possibile che, sottolineando il dubbio affacciato dallo stesso Comando Supremo sull'attendibilità di un'offensiva nemica di grande portata, abbia rilevato l'inopportunità di un arretramento laborioso ai fini difensivi, che poteva non risultare necessario 3. A quanto pare, Cadorna approvò. La sua preoccupazione era rivolta alla disponibilità cli munizioni •. Una preoccupazione molto sentita, per cui avverti l'Intendente generale che «notizia pervenuta da varie fonti fanno ritenere probabile offensiva nemica sulla fronte V corpo d'armata» e 1iclùamò l'attenzione sulla necessità di un ben organizzato rifornimento munizioni 5• Il 18 aprile l'ufficio situazione presentò a Cadorna un lungo promemoria sulla prevedibile offensiva austriaca. Secondo le voci pervenute,, questa si sarebbe sviluppata dalla val Lagarina alla val Sugana, ma, a quanto si conosceva del nemico, non era pensabile un'azione massiccia che investisse l'intero settore. Tutto, in sostanza, induceva a ritenere interessato solo un tratto limitato. Quindi, probabilmente si sarebbe verificata un'azione dimostrativa alle ali (più energica in val Sugana) ed un'azione decisiva sugli altipiani di Folgaria e di Lavarone, altipiani che già nel concetto offensivo austriaco precedente alla guerra erano il centro cli raccolta cli numerose forze destinate a cooperare con l'offensiva principale esercitata dall'Isonzo 6 • Della nubi che si addensavano sul Trentino il governo era sostanzialmente all'oscuro. Salandra si lasciava andm·e ad amare riflessioni: «Nell'animo mio confidò il 20 aprile a Martini - si combatte la più fiera e dolorosa delle battaglie. Temo la pace, temo la guerra: temo del pari, cioè, la guerra corta e la guerra lunga. Se la guerra duri, dove trovare il clen~m) per sostenerla? E se la pace si faccia presto, una pace che dal più al meno si può precedere fondata sull' utì possidetis,

' Ibidem, Ill, tomo 2 bis, doc. 26. ., G. BN- MACAR IO, La Strafexpedition cit., p. 127. 3 R. B ENCIVcNGA, Saggio critico sulla nostra guerra cit., ID, p. IO I. ·• G. BAI- MACARIO, La Strafexpedition cit., p. 127. ' CCSM, Relazione ufficiale cit., m, tomo 2 bis, doc. 34. • Ibidem, III, tomo 2 bis, doc. 21.


LA CAMPAGNA DEL 19 16

283

noi troppo poco abbiamo conquistato delle terre che ci proponemmo di conquistare e troppo poco abbiamo delle rive adriatiche contestate(... )» 1• Ma il 26 aprile un ufficiale czeco si presentò alle nostre linee e rivelò i preparativi e l'intento nemico di operare dagli altipiani di Folgaria, Lavarone ed Asiago per attuare quella che era stata denominata, non però in documenti ufficiali, Strafexpedition. Quel giorno Cadorna decise il rimpatrio di una divisione dall'Albania e telegrafò al colonnello Breganze, a Parigi, incaricandolo di comunicare a Joffre che informazioni sicure e concordi da vano per imminente un' offensiva austriaca dal Trentino con una massa calcolata al momento a non meno di dieci divisioni, alcune delle quali provenienti dai fronti russo e balcanko. In tali circostanze il Comando Supremo faceva affidamento sulla cooperazione al• come in marzo l'esercito italiano aveva attaccato sull'Isonzo per imleata - così pedire all' Austria di inviare rinforzi a Verdun - e, più precisamente, sull'invio da parte francese delle aitiglierie e munizioni promesse, e da parte russa sull' inizio dell' offensiva prevista a breve scadenza. Poi Cadorna aggiunse: «Qualora l'offensiva russa si manifestasse con intensità nello scacchiere meridionale, il Comando Supremo italiano intenderebbe svolgere, contemporaneamente ad un' azione sulla fronte del Trentino, un'offensiva dalla fronte dell'Isonzo» 2 • Il generale Bencivenga ha avuto parole cli alto apprezzamento per il pensiero strategico di Cadorna si sferrare un'offensiva sul basso Isonzo, durante la battaglia difensiva della 1• armata ' . ln verità, anzitutto la più che giustificata richiesta cli cooperazione francese e russa potrebbe lasciar trasparire una certa preoccupazione, o almeno insicurezza, di fronte all'orn1ai certo attacco austriaco. La seconda parte del telegramma, invece, vale a dise il proposito di attaccare sull'Isonzo e di resistere in Trentino, lascia perplessi. «Qualora l'offensiva russa si manifestasse con intensità nello scacchiere meridionale ...)>, ipotizzava il dispaccio, ma per aiutare l' Italia lo sforzo russo doveva essere sviluppato nello scacchiere meridionale e con intensità ! E ancora: pensare ad un' offensiva dalla fronte dell'Isonzo in quel momento significava reputare la sicura Sirafexpedition di scarsa incisività e quindi poco temibile. 1n ogni caso, l'affemiazione che simile disegno di manovra, «se attuato colla cooperazione russa, avrebbe indubbiamente portato a grandi risultati»•, sembra da accogliersi con molte riserve. Sappiamo che Cadoma, pur cautelandosi doverosamente, come dimostrato dai

1 F. MARTIN!, Diario cit., pp. 676-677. ' CCSM, Relazione ufficiale cit., III, tomo 1 bis, doc. 96. n col. Breganzc rispose iJ 27 aprile, comunicando che la Francia concedeva 90 pezzi da 105, con l 20 cassoni, da inviare a scaglioni quattro batterie (di 4 pezzi e 6 cassoni) fra il 24 aprile ed il 15 maggio. Inoltre mandava 60 pezzi da 120, in batterie su 4 pezzi, con 30 11ùla colpi (ibidem, Hl, tomo 2 bis, doc. 38). 3 R. B ENCJ VENGA, Saggio critico sulla nostra guerra cit., Ill, p. 102. ' Ibidem, III, p. I 04. Senza dubbio Cadorna pensava di attaccare non dall'Isonzo, bensì su//'lsonzo, cioè contro il Sabotino-S. Michele. Ma, una volta ricevute le artigl ierie dalla Francia, era veramente indispensabile la pressione russa ad oriente per conseguire tale successo?


Specchio rie1>ilogativo delle for-ze e dei mezzi a djsposizione del comando della l" Armata tra Garda e Cismon il 14 maggio 1916 Battaglioni

·;:;

·5

-~

In prima l inea: 37" Divisione .............

·e

a

-~

JS

o

=

eo "'~

J2

l

:::

·5.

;;

i-< ~

-

6 12 18

-

2 I 1

7

8

Settore Brenta-Cismon

18

4

6

Totale

66

5

l4

9• Divisione .. ..............

12

-

-

-

IO-' Divisione (e) ........•

12

-

-

Gruppo alpini E...........

-

-

e-

-

-

bi)

o .D "'::: ·u

;;

g

~

~

~

25

77

24

-

-

o I

7

-

o Comando e truppe suppl. Sbarramento Agno-Posina o o 35• Divisione ... ...... > 34° Divisione (b) .....

-~

::::

u.:

.D

4

.,

., .D

-

-

"'

..J

Pezzi d'artiglieria

·=·;:; e

g ;a

u

p.c.

6

88

1 2

(a) 81

-

-

g.c.

50

Totale

l

-

139

-

"'·;:;

b:i:::

37752 2964 18472 27024 40276 47452

64

ll 110 13 (e) 182

106

48

6 (d) 160

14 85

448

252

3 I

7 10 11

-

68 105

5

I

34

56

4

-

30

6

121

341

56

-

12

24

-

-

-

-

12

24

-

-

-

-

lO

20

-

-

59 31

140

731

31

""o,o.. 5

1258 142 605 916 1273

47 38 123

9

m.c.

-

15 19 28

3

Forza presente compresi i servizi

5679 173940

In riser\la:

(j))()

24

18

-

-

-

-

-

-

24

18

Totale

66

5

14

30

6

121

341

56

9

448

252

31

731

TOTALE GENERALE

90

5

24

30

6

155

409

56

9

490

252

31

773

462

16997

416

15395

353

12921

5679 173940

6910 219253 (a) Non sono compresi 4 pezzi a disposizione della 35" Div., 12 a disposizione della 34• Div. e 4 a disposizione del presidio di Vicenza. - (b) La 34• Div. disponeva anche di 48 pistole mitragliatrici. - (e) Sono compresi 18 pezzi di p .c. e 14 m.c. costituenti l'armamento della linea marginale sud dcl1'allipiano di Asiago. - (d) Non sono compresi i pochi pezzi costituenti l'armamento de lle opere dello Sparramento Brenta-Cismon. - (e) L artiglieria della JO" Div. (20 pezzi di p.c.) era a disposiz ione del Settore Brenta-Cismon. - (f) Il bgt. alp . Aosta era nella zona del TTJ Corpo. 0


LA CAMPAGNA DEL 19 1.6

285

consistenti rinforzi inviati cli propria iniziativa alla 1• annata, sino alla vigilia ritenne «poco probabile un attacco a fondo in grande stile con un grande scopo strategico)>, considerandolo irrazionale (perché Con.rad non poteva ignorare i preparativi russi del generale Brusilov) e mal collocato (perché la direttrice trentina, se di maggior rendimento rispetto a quella friulana, presentava una assai minore potenzialità). Ma, a p,ute questa valutazione, colpisce un ragionamento di Cadorna: «Molti domanderanno - scrisse nelle sue memorie - perché le c inque divisioni che si trovavano in riserva generale sul Tagliamento non furono trasportate alla fronte tridentina prima dell'attacco nemico. È d'uopo tener conto, da un lato che le truppe già trasportate sembrarono su rlieienti, anche a p4rere del Comando l" armata, a far fronte all' auacco nemico; dall 'altro lato non si poteva del tutto escludere che il nemico preparasse un forte attacco anche dall ' Isonzo, appena ci avesse fortemente impegnati sulla fronte tridentina, consentendogli il suo sistema ferroviario un rapido trasporto di trnppe verso l' Isonzo. Giu<lican<lo perc iò che colle truppe riuni te verso il Trentino si sarebbe potuto prolungare la difesa almeno di parecchi giorn i, prelerì i, prima di muovere le riserve, di vedere come la situazione si delineasse(... )» '·

Ora, se accoglieva la possibilità cli una seconda e contemporanea offensiva austriaca sull'Isonzo, e se avvertiva le preoccupazioni che conosciamo nel campo delle munizioni, come poteva nutrire l'intenzione di rispondere alla Strafexpedition con un immediata contromossa proprio sull'Isonzo? Diciamo, allora, che una risposta offensiva era concepibile soltanto dopo che l'attacco austriaco sugli Altipiani fosse stato nettamente bloccato o apparisse inequivocabilmente esaurito. E questo accadde. Del resto, a metà maggio la situazione non si presentava come immaginato da Caclorna: la l • annata, invece di essere organizzata a difesa su posizioni forti, si trovava sbilanciata in avanti in atteggiamento offensivo; la grande offensiva russa era stata rinviata a giugno all'insaputa del Comando Supremo italiano; Conrad aveva fatto la scelta valutata irrazionale. Cominciamo dalla 1• am1ata. Il Comando del V corpo, in armonia con la libertà d'azione ricevuta, aveva spinto avanti le sue truppe in val Sugana ed il 12 aprile occupava la posizione di S. Osvaldo. Questo provocò un contrattacco austiiaco, una accentuata difesa locale italiana, una rioccupazione austriaca. In sostanza, un nostro scacco. L'episodio irritò Cadorna. Intuì che «qualcosa» non andava per il verso giusto: «( ...) la ci[ra delle perdi te delle ù'uppe in Val Sugana - telegrafò a J3rusati il 20 aprile - uei giomi 16 e 17, non volendo supporre una rotta completa, denota che furono impiegate molte forze sulla linea avanzara. Siccome questo è contrario ai nùei espliciti e ripetuti ordini, prego di mandarmi immediate spiegazioni indicandomi precisa entità reparti che furono impegnati e c hi ne è re-

' L. C\UORNA, La guerra alla fronte italiana cit.. I, p. 201. nota 2.


286

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

sponsabile, perché detta linea non doveva essere occupata che da piccoli distaccamenti pronti a ritirarsi»'.

Il giorno dopo Brnsati si affrettò a trasmettere una relazione concernente la sistemazione difensiva dell'intero settore del V corpo, dalla val Lagarina alla val Sugana, dichiarando che la saldezza della difesa era tranquillizzante rispetto agli sforzi che potevano essere tentati dal nemico, e precisando che «in Val Lagarina esistevano cinque linee successive; pure cinque linee attraversavano la Val Leogra; quattro linee nel settore tra Posina-Astico e la cresta dell'altopiano; infine sette Linee sbarravano la Val Sugana e cinque linee chiudevano la Valle del Cismon». Inoltre, sull'altopiano di Asiago la terza linea ordinata dal Comando Supremo nel giugno 1915 era da ritenersi «in buona efficienza» 3• Il 28 aprile, nuova lettera rassicurante di Brusati: «(...) Il teJTeno sulla fronte della 1• amrnta consente una difesa tenace. La sistemazione difensiva della linea avanzai.i è sempre continuata ovunque(. .. ) e si sta migliorando con la massima alacrità(...). Anche sulle linee arretrate si è lavorato e si lavora. Naturalmente i mezzi ( ... ) hanno dovuto ( ... ) essere impiegati in precedenza sulle linee avanzate, e per ciò le linee retrostanti presentano anC(lra qualche lacuna, che però scomparirà presto, io seguito agli ordini dati ed ai mezzi che vi stanno affluendo ( ...)» 3.

Cadoma volle sincerarsi di persona sullo stato di fatto. Si portò in va:l Sugana, in val Lagarina e sull'altopiano dei Sette Comuni. Non ebbe tempo di recarsi anche sull'altopiano di Tonezza. La ricognizione gli mostrò, inaspettatamente, uno schieramento difettoso e per nulla rispondente ai criteri che egli pensava di aver indicato con chiarezza. La zona affidata al V corpo d' armata, e sulla quale stava per abbattersi il nemico, si suddivideva in quattro settori: val Lagarina-Terragnolo; altopiano di Tonezza; altopiano dei Sette Comuni; val Sugana. La linea raggiunta dalle nostre fanterie correva in più tratti pericolosamente vicina alle fortificazioni austriache del confine militare e quindi era soggetta al tiro dell' artiglieria avversaria. Peggio ancora, l'organizzazione difensiva aust:riaca sugli Altipia1ù si prestava benissimo quale base di partenza verso la pianura veneta. Senza scendere dei particolari, ci limiteremo a dire che la linea sulla quale la 1• annata aveva impostato la difesa era, per l'appunto, quella avanzata ".

'G. BAJ-MACARIO, la Strafexpedition cit., p. 134. Dal rapporto di Brnsati risulterà che il gen. Zoppi aveva dato un'interpretazione «troppo larga» delle direttive ricevute e che il gcn. Amari, comandante dell a 15' divisione, aveva commesso errori di impiego delle truppe. Il gen. Amari venne esonerato dall'incarico. ' L. C ADORNA, la guerra sul/afro111e italiana cit., TI, p. 187. Cadoma aggiunse che delle lince dife nsive, eccezion fatta per quelle avanzate, sul terreno esisteva poco o niente (ibidem, n. I). ' CCSM, Relazione 1ifficiale cit., III, tomo 2 bis, doc. 41 . ' crr. al dguardo le considerazioni di R. B ENC!VENGA, Saggio critico sulla 110.st.ra guerra cit., III, pp. 113-1 18.


LACAMPAGNADEL 1916

287

.!f.'RONlE- l)fFtN/IVA DE.GLI ALlJPIANI

_,,. .' fronte austriaca

-+-•

@lREtl\O

L;nea maJ/1ma resi~TtnZd ( 1ccond~ 1· A. ) L;neél m.:,//;ma re,;/Ttnta ( ,t,onda C. 5.)

2· l,nea ( ,econdo C.5.) l;nea d, iorTuna

,,, •,

5 l:=- - ~- - --~---~

Km

,O ·,,__,.J

· ·\"\.'t-,i

1

, ••u,,,..,

1


288

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Cadoma manifestò viva contrarietà. Già aveva rimarcato la «tendenza ad uno schieramento uniforme, quasi a cordone, tale da sopprimere o limitare di molto quella elasticità ciel movimento delle riserve, su cui deve basarsi ogni abile difesa» '. Ora l'ispezione agli apprestamenti difensivi in val Lagarina ed in val Sugana mostrò, in tutta evidenza, come il Comando l • annata avesse «perduto di vista il compito essenziale» affidatogli e le conseguenti misure da prendere. L'azione offensiva autorizzata nelle due valli «non doveva servire che a migliorare le condizioni difensive». Quanto alle artiglierie, «molte batterie di medio calibro (e la maggior pa1ie in postazione fissa) si trovano in linee più avanzate; e addirittura sulla prima linea sono collocate delle batterie di piccolo calibro, parimenti a postazione fissa». Di ciò risentito, Cadorna invitò, dunque, Brnsati a proseguire e portare a termine i lavori sulle retrostanti linee di maggior resistenza quanto più rapidamente possibile, a non logorare le forze sulle posizioni avanzate 2, ed infine a rivedere lo schieramento delle artiglie1ie, ponendolo in relazione «con il valore delle varie linee difensive e con la funzione affidata a ciascuna di esse» 3 • Per la verità, si sarebbe dovuto ponare indietro e diluire in profondità l 'intero dispositivo, giacché le linee immediatamente retrostanti a quelle avanzate non costituivano adeguato appiglio tattico, ma Cadoma preferì non correre il rischio di esser colto in crisi di spostamento da un attacco che poteva manifestarsi da un giorno all'altro '. Secondo il Bencivenga non questo fu il vero motivo del mancato ordine di .UTetrare il grosso delle uuppe e delle artiglierie sulla linea di massima resistenza, bensì l'intima fiducia concessa alla sicurezza mostrata dai comandanti delle unità in posto di essere in grado di resistere sulle posizio1ù occupate, nonché il persistente scetticismo che gli austriaci volessero veramente attaccare a fondo 5 • Brusati replicò alle osservazioni rivoltegli con una lunga lettera nella quale, più che fornire spiegazioni, sosteneva in sostanza di aver agito nell'ambito delle direttive ricevute, di aver precisato le sue intenzioni e di aver ottenuto esplicita approvazione per quanto si riprometteva di fare od aveva fatto . In merito al-

' CCSM, Relazione ufficiale cit., III, tomo 2 bis, doc. 40. 'Cadorna a Brusati in data 30.4.1916, ibidem, lii, tomo I bis doc. 246. Non è male aggiungere che proprio in quel periodo, in base all'esperienza della baltaglia d.i Verdun, ancora in corso, il Comando Supremo aveva diramato una circolare addestrativa prescriven te che nella linea djfensi va più avanzata venisse tenuta «soltanto la parte indispensabile per la sorveglianza attiva, per colpire - con fuoco di fucileria calmo e bene aggiustato - il ne11Jico ai reticolati» e che la perdita deJle trincee più ;1vanzatc «non aveva come conseguenza l' abbandono dell' intera posizione,,. Vero si è che, indicando come «temporanea» la cit.;ita perdita e ordinando l'immediato contrattac.co, «come reazione ad azione», la circolare induceva ad una lotta proiettata verso l'avanti (ibidem., VI, cin:. 4861 del 15.4.1916, doc. 21). ' Cadorna a Brnsati in data 4.5.J.916, ibidem. III, tomo I bis, doc. 45. ' L. C A DORNA, La guerra a/la.fronte italiana cii., II. p. 190. ' R. BENCJVF.NGA , Saggio critico sulla nostra guerra cit., Ill, p. !06.


LA CAMPAGNA DEL 19 16

289

le linee arretrate, non completate, ricordava i condizionamenti derivanti dalla stagione, dalla neve e dall'indisponibilità dei mezzi occorrenti. Non si può dire che la lettera avesse un tono pungente, tuttavia era innegabile l'intento di una polemica messa a punto che l' ispirava, in parte giustificata 1• Sull'intera vicenda aveva pesato un'incomprensione di fondo, dovuta ce1tamente al diverso atteggiamento mentale dei due generali, ma innegabilmente anche ad insufficiente chiarezza di direttive e disposizioni (a tutti i livelli: dal Comando Supremo, alla 1° armata, al V corpo, alla 15• e 37• divisione), nonché a colpevole carenza cli controllo. Se è vero che il compito assegnato al1'1mnata era inequivocabile, il contegno offensivo autorizzato alquanto genericamente non poteva non rischiru·e in• per eccesso; l'ambiguo orientamento all'obiettivo di Trento del coterpretazioni mandante dell'armata, il temperamento notoriamente combattivo del capo di Stato Maggiore dell'armata (gen. Graziani) e del comandante del V corpo (gen. Zoppi), erano elementi più che sufficienti per ftu superare, ai vari gradini, i linùti della discrezionalità accordata o per «completare» in modo soggettivo gli ordini ricevuti. Questo, il Cadorna lo riconobbe. Rimproverò Brusati di aver male schierato le sue forze e di averle «proiettate( ... ) più innanzi di quanto il compito strategico assegnatogli richiedesse o le caratteristiche del terreno consigliassero» 2 , ma convenne di essere stato eccessivamente assorbito prima dalle offensive sull'Isonzo, poi dagli avvenimenti d'Albania e dal potenziamento dell'esercito. Riconoscendo cli non aver seguito, come avrebbe voluto e dovuto, le operazioni della l • e della 4° rumata, ammise implicitamente una qualche responsabilità del Comando Supremo nelle disfunzioni emerse lungo la linea di comando. Il primo esonero fu quello ciel generale Graziani, sostituito il 23 mru-zo dal generaleA!bricci, del Comando Supremo. II 9 maggio fu la volta del comandante della 1• armata. Il provvedimento a carico di Brusati -delicato perché fratello ciel Primo aiutante di campo generale del re - sembra tuttavia essere stato deciso non tanto a seguito clell'arbitra1ia ed errata impostazione data alla difesa, quanto per la sensazione cli Cadorna che egli tendesse a sfuggire il carico delle responsabilità. Verso la fine di aprile, infatti, Cadoma, resosi conto dall'eccessiva ampiezza e frammentazione del settore del V corpo d'armata (dal lago di Garda alla val Sugana), aveva disposto che il settore della val Lagarina tornasse alle dirette dipendenze ciel Comando d'armata, come in origine, e che anche in val Sugana si costituis-

' Bmsati a Cadoma in data 2.5.1916, CCSM, Relazione uff iciale cit., IIl, torn(l l bis, doc. 424. Btli-Macario pe(i'.1 scrisse: «Il Capo non reagì contro il contegno della 1• am1ata: qualche volta criticava, più spesso lodava apenamente, qualche volta si lasciava convertire ai propositi aggressivi, qualche v(llta, perfino lo incitava» (G. BAJ- fVIACAR IO, La Strafexpedition c iL, p. 86) . ' L. CADORNA, Pagine polemiche cit., p. 127.


290

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

se un settore autonomo, a livello di corpo d'armata ', con il generale Etna. Brusati, in tale occasione, ebbe la «inconsideratezza» di proporre il ripristino della dipendenza del settore dal V corpo, «sotto il pretesto» che il generale Zoppi possedeva ormai una buona conoscenza della zona. Cadoma interpretò la proposta come un tentativo del comandante dell'am1ata di ridurre al minimo le proprie dirette responsabilità, e concluse: «quale fiducia, dopo questo complesso di fatti e di circostanze potevo io conservare in lui?» 1• Il 9 maggio Brusati fu esonerato dal comando. Gli subentrò il generale Pecori-Giraldi, che stava comandando il Vll corpo sul Carso. Il secondo punto su cui Cadoma fondav~ i suoi progetti era costituito dal-

1' offensiva russa, preannunciata dal generale Zilinskij per il 15 maggio. Invece, il 14 aprile, al tem1ine di un consiglio di guerra, lo zar aveva accolto la richiesta avanzata dai comandanti dei gruppi d'armate di rinviare la prevista offensiva per aver modo di completare i preparativi e di radunare le truppe. La data, 01ientativamente, si spostò al 15 giugno. Joffre, avve1iito il 6 maggio, non sollevò difficoltà e pregò «tosto» Cadoma di regolarsi di conseguenza, posto che anche l'offensiva franco-britannica sarebbe stata ritardata, dovendo attaccare in linea di massima un paio di settimane dopo i russi. A dire il vero, la comunicazione al Comando Supremo italiano venne effettuata - con comodo e non «tosto» - il 15 maggio, tramite il capo della missione militare francese : Joffre, che non mancava di preoccuparsi per la «deficienza di ampiezza data alle operazioni italiane», voleva sapere quando l'esercito itaJjano pensava di iniziare l'offensiva ' . Cadoma rispose il giorno seguente, assicurando che avrebbe attaccato dall'Isonzo in stretta relazione di tempi con l'offensiva russa, però volle essere molto esplicito. L'azione italiana richiedeva precise condizioni: « l. Che l'offensiva russa si esplichi nella direzione stabilita dalla convenzione militare stipulaia al Grande Qua11icr Generale russo il 21/8 maggio 1915 e cioè dalla regione fra i Carpazi e le Alpi orientali( ... ). A questo rigu;u-do si fa osservare che lo sforzo maggiore dell ' Eserc ito italiano è stato iniziato e cost.1ntemente continuato verso questo comune teatro d'operazioni esseni.ialmente perché tale direzione era stata pattuita col Comando Supremo russo nella convenzione sopra ricordata, mentre l'in-

' Solo il 7 giugno truppe e servizi del settore Brenta-Cismon, comprendente la val Sugana, assunsero la denominazione d.i XVill corpo d'armata. ' Cadorna a Orlando in data 7.6.1918, in L. CAi)ORNA, Pagine polemiche cit., p. 135. Cfr. Cadoma alla figlia in data 8.5.1916 in L. CAl)ORNA, Lettere.famigliari cit., p. 148 che però contrasta con la successiva lettera in data 11.6.1916 (ibidem, p. 154). Il Bencivenga confenuò che non per la sua responsabilità di schieramento Brnsati vetme esonerato: «Il generale Cadorna riconosceva che tale responsabilità ricadeva in pane su di lui, e pertanto si astenne dal prendere qualsias i provvedimento, fino a che il comandante dell'annata non diede chiari segn i, alla vigil ia dell'offensiva austriaca, di non aver quel dominio su se stesso, indispensabile nel difficile compito che gli sovrastava» (R . BENCJVl::NGA, Saggio critico sulla nostra guerra cit., 11, p. 196). ' C.J.J. JOFFRE, Memorie cit., li, p . 261.


LA CAMPA GNA DEL 19 16

291

1crcsse militare cd il conceuo di rivendicazione dei tenitori soggeni ali' Austria potevano far potevano far preferire un 'azione prevalemc in altra direzione. 2. Che l'offensiva nissa non abbia inizio innanzi il 15/2 giugno affinché il Comando Supremo italiano abbia il tcm1>0 di raccogliere tulli i mezzi necessari per lo s fono offensivo. 3. Che la data precisa dell'offensiva russa sia comun icata al Comando Supremo italiano almeno quindici giorni prima del suo inizio, affinché si abbia il tempo occorrente per Lrasportare ed installnre le grosse artiglierie sulla fronte dell' attacco. 4. Che l'offensiva austriaca dalla fronte de l TiJOlo-Trentino s ia in quella data tale da non impegnare fortemente l'esercito su questa fronte. Poiché qualora c iò fosse l'ltalia avrebbe già soddisfano al proprio compito, lraltenendo un numero considerevole di forze nemiche sulla propria fronte. il che si sta verificando io questi giorni, nei quali si è cons1ma10 un richiamo di parecchie divisioni austriache dalla fronte nissa e balcanica a que lla italiana (...)» ' .

• In conclusione, Joffre era pregato di voler ottenere dal Comando Supremo russo «un'assicurazione formale, impegnativa» sull'adempimento delle prime tre condizioni, e la risposta era attesa con la massima sollecitudine. L'offensiva austriaca era cominciata. Dall'altra parte della collina, la freddezza subentrata nelle relazioni fra i capi di Stato Maggiore degli Imperi Centrali si era attenuata a fine gennaio e Conrad aveva ripreso a caldeggiare i suoi propositi contro l' Italia. Falkcnhayn lasciò cadere la questione, senza rivelare che ormai i preparativi per l'attacco a Verdun stavano ultimandosi e che la battaglia sarebbe cominciata il 12 febbraio (data poi spostata al 21, come già detto, a causa del maltempo), e Conrad decise allora di agire da solo. 116 febbraio inviò all'arciduca Eugenio le prime direttive per cadere, dal Tirolo meridionale, alle spalle del grosso dell 'esercito italiano con il «gruppo di armate arciduca Eugenio», prevedibilmente costituito da 14 divisioni e 60 batterie pesanti, il tutto da concentrare in otto settimane. La direzione dell'offensiva doveva essere assunta, al momento opportuno, dal Comando fronte sud-ovest, mentre la s• e 10• armata, sull' Isonzo, sarebbero passate alle dirette dipendenze del Comando Supremo. Orientamenti d'impiego i: I' 11" annata(geu.DankJ)con llI, VIIl,XVleXX corpo d'annata (nove divisioni in tutto) doveva «avanzare fra l'Ad ige e la val Sugana col grosso delle forze ben riunito, per gli altipiani di Folgaria e Lavarone, su Thiene e Bassano»; un'altra armata (la 3•) era «da dislocare dietro l' 11 • e da impiegare, a seconda della situazione, possibilmente per lo sfruttamento del successo, al momento dello sbocco nella pianura»; il gruppo d'armata Rohr restava a difesa del Tirolo con il XIV corpo.

' CCSM, Relazione 11fficìa/e cit.. m, tomo 2 bis, doc. 72. La duplice data si riferisce ai calendari gregoriano e ortodosso. 1 CCSM, Relazione ufficiale c il., lll, tomo 2 bis, doc. 2.


292

LA PRIMA GUERRA MONDIA LE

L'arciduca Eugenio non nascose di giudicare poco rispondente un dispositivo d'attacco con un'armata in prima schiera ed una in seconda, per parecchi motivi: ristrettc:L.Za del fronte d'investimento (una ventina di chilometri), pericolo di contromanovra italiana allo sbocco in piano, sensibile complessità dello scavalcamenlo di armata. Insonuna, gli sembrava di gran lunga preferibile affiancare subito le due am1ate. Venne interpellato il generale Dankl e per l'intero mese di febbraio si confrontarono le varie proposte, finché il 3 marzo Conrad non tagliò corto: l'attacco doveva essere sferrato dalla 11 • armata, scaglionata in profondità «senza allargarsi né sulla destra né sulla sinistra», e quindi senza pensare ad una contemporanea avanzata in val Sugana, sino allo sfondamento sul tratto Arsiero-Asiago, e poi proseguire sull 'obiettivo Thiene-Bassano con i soli suoi mezzi, «cosicché la 3" [amrnta] non debba essere impiegata prematuramente, ma rimanga nelle mani del Comando del gruppo di esercito per fronteggiare gli imprevisti» 1• In questo quadro, il 7 marzo il Comando del fronte sud-ovest ordinò alla 5° ed alla 10• annata di sviluppare un'offensiva sull'Isonzo, a partire dal 15 mar..w, «per distogliere l'attenzione del nemico dal Tirolo». L'azione di ogni armata doveva avere braccio limitato, promettere un buon successo tattico e possibilmente rivestire anche «utilità per una prossima offensiva( ...) della 5° armata alla testa di ponte di Gorizia e della I o• armata presso Tolinino o Plezzo» 2• Il generale Rohr si orientò subito all'operazione sull'alto Isonzo, ma il generale Boroevic' esitò. A suo giudizio le condizioni della 5• armata e la situazione nella testa di ponte di Gorizia facevano «apparire così poco promettente attualmente un'azione che permetta un successo tattico e che possa 1iuscire preziosa per una futw·a offensiva, che con il maggior rammarico io devo sconsigliarla» scrisse al Comando del fronte sud-ovest 1 . La replica dell'arciduca Eugenio fu oltremodo tagliente: «( ... ) l'ordine d'operazioni n. 11.214 del Comando del fronte S.O. non fu esattamente inteso.

Non si tratta di sapere se una tale ai.ione siasi progettata, ma bensì se per questa azione, ordi11aComando Supremo, si siano subito fatti i preparativi nel senso del n. 11.214 di questo Comando e di riferire su quanto si è in proposito ordinato. Questo rapporto lo si attende al pili presto(... )» •.

1a dal

In Tirolo, dopo qualche altra incertezza, il 31 marzo il gen. Dankl stabili gli obiettivi per i suoi corpi d'armata: l'Yill, sulla destra, doveva raggiungere Coni Zugna, Col Santo e Passo delle Borcolc; il XX, arrivare ad Arsiero ed il III ad Asiago. Il XVTU corpo formava riserva. Comad non mancò di criticare l'indicazione di obiettivi iniziali troppo in profondità, ma il concetto di manovra rimase per il momento immutato.

' G. BAJ-MACARIO, La Strafexpeditio11 cit., pp. 32-33. ' CCSM, Relllzio11e ufficiale cit., m, tomo l bis, doc. 129. ' Ibidem, lll, tomo 1 bis. doc. 131. • Ibidem, lll, tomo I bis, doc. 132.


LA CAMPAGNA DEL 19 l 6

293

La costituzione e la radunata delle due armate e l' anunassamento dei materiali furono molto laboriosi, data anche la necessità di garantire la più assoluta segretezza. Le grandi unità e le artiglierie pesanti affluirono dall'Isonzo, dalla Carinzia, dalla Balcania, dalla Galizia, mentre sull' Isonzo i generali Roh.r e Boroevic' davano corso alle prescritte azioni dimostrative, le quali, svolte a ridosso della cosiddetta 5° battaglia dell'Isonzo, sembreranno farne parte. li completamento e la radunata della 11" armata erano previsti per il 20 marzo; quelli della 3° armata e l'ammassamento dei materiali per la fine del mese, senonché le nevicate ed il m~tltempo rallentarono i movimenti ed i trasporti in tale misura che l'inizio dell'offensiva, stabilito sia pure con riserva per il 10 aprile, fu ri~andato inizialmente ai primi di maggio e poi a maggio inoltrato. Ma il segreto non poteva essere ottenuto per tanto tempo ed il 21 aprile il Comando Supremo ed il Comando del gruppo d' esercito pensavano che «il nemico in senso generale attende l'offensiva senza però avere ancora un concetto completamente chiaro circa la direzione di essa» 1• A di.re iJ vero, non l' individuazione della direttrice di attacco, bensì l'entità dello sforzo non risultava apprezzata convenientemente ad Udine. Come è naturale, indiscrezioni sull' operazione giunsero anche al Gran Qumtier Generale tedesco. Falkenhayn si rendeva conto di quanto attraente fosse, agli occhi di Conrad, l' occasione di finirla con gli italiani, probabilmente anche per la speranza «di poter agire in ciò con soli mezzi propri, senza quei consigli tedeschi (...) considerati come una tutela» 2, ma continuava a giudicare l'impresa come destinata a provocare un inutile logo1ìo di truppe. I primi di maggio, attraverso von Cramon, sugged a Conrad di rinunciare all'offensiva, proprio perché ulteriormente compromessa dallo svanire del fattore sorpresa, e di cedere le artiglierie di maggior calibro, poco utili per .la guerra di trincea, a favore della battaglia di Verdun. Il tentativo anelò a vuoto. Conrad fece sapere all' alleato che non intendeva annullare l'offensiva, già organizzata in og1ù dettaglio, e che, non appena consentito dalle condizioni meteorologiche, avrebbe attaccato dalla val Lagarina alla val Sugana.

3. L'OFFENSIVA AUSTR IACA NEL TRENTINO Il dispositivo ciel gruppo cl' esercito arciduca Euge1ùo vedeva in prima sch iera l'VIII corpo nella zona di Rovereto, il XX sull' altopiano cli Folgaria, il III sull'altopiano di Lavarone, il XVII nell'alta val Sugana. Ma i primi tre corpi appartenevano ali' 11' armata, che teneva in seconda schiera il XXI corpo; l'ultimo

' G. i

E.

p. 57. Il Comando Supremo tedesco ci t. , p. 17.'i.

BAJ-!VIACARJO, La Strafexpedi1ion cit. , FALKENHAYN,


294

LA PRJMA GUERRA MONDIALE

alla 3• annata, che aveva a tergo il I corpo. Le due armate, perciò, risultavano in certo modo affiancate e lo diventeranno formalmente un p,ùo di giorni dopo l'inizio dell'offensiva, nell'inevitabile rimaneggiamento delle dipendenze operative suggerito dalla situazione. Non potendo contare molto sulla sorpresa, il generale Dankl, riesaminato il problema, concluse che occorreva aumentare la forza di rottura del fuoco di artiglieria. Questo fatto ritardò di qualche giorno l'entrata in azione del III corpo, poiché si volle utilizzare inizialmente la sua artiglieria a favore del XX corpo. Di conseguenza: in un primo tempo l' VIII corpo doveva muovere contro Zugna Torta, Col Santo e Colle della Borcola, ed il XX su monte Maggio-monte Torano-Spitz Tonezza; in un secondo tempo, e cioè non appena il XX corpo avesse raggiunto Spitz Tonezza, il III corpo avrebbe attaccato sull' altopiano dei Sette Comuni. La consistenza delle forze contrapposte risulta dai dati riepilogati nella pagina seguente 1• Anche se taluni reparti della 1• armata od in riserva non offrivano la saldezza desiderata - scadenti per quatità, livello di forza e quadri i 14 battaglioni territoriali; in difetto di amalgama le brigate di nuova fom1azione; logore alcune brigate provenienti dall'Isonzo - bisogna ammettere che rapporto di forze e terreno favorivano la difesa. Sempre che le une e l'altro fossero stati ben utilizzati. Purtroppo non lo erano: lo schieramento difensivo, come sappiamo, era sbilanciato in avanti e la dislocazione delle riserve troppo arretrata; le posizioni sistemate a difesa si trovavano sotto il tiro delle artiglierie nemiche e quelle più forti, arretrate, pressoché sguemite. Tutto ciò porterà, più o meno conseguentemente, all'errata alimentazione della lotta sulle posizioni avanzate ed all'impiego a spizzico delle unità in riserva. Il 15 maggio, alle 6, l'artiglieria della 11° armata austro-ungarica iniziò i tiri di inquadramento ed alle 9 passò al fuoco di distruzione. L'offensiva austriaca può considerarsi articolata in quattro fasi distinte. Nella prima fase (15-19 maggio) !'VIII ed il XX corpo dell'll" mmata attaccarono fra l'Adige e l' Astico, ed il XVIII della 3"armata si mosse a titolo dimostrativo in val Sugana. In particolare, l'Vlll corpo avanzò senza eccessive difficoltà e venne arrestato solo in corrispondenza di Coni Zugna e del Pasubio; il XX, appoggiato dall'artiglieria del III corpo, si portò sino al limite meridionale dell'altopiano di Folgaria (monte Maggio-Spitz Tonezza). Il fronte italiano fra i due corsi d'acqua era crollato, ma il generale Dank.l dovette ordinare una sosta per portare avanti le batterie pesanti.

' E. FALDl':LLA, La grande guerra cit., I, pp. 198-199 e CCSM, Re/azione ufficiale cit., III, tomo 2 bis, doc. 48.


295

LACAMPAGNADEL 1916

Le forze contrapposte alla data del 15 maggio 1916 Dalla Valle Lagari11a alla Valle dell'Astico

Italiani

Ausù·o-ungarici Vili corpo

32 battaglioni 9 reparti Standschlitzen 240canno1ù

25 battagl ioni di cui 7 di nùlizia territoriale 139 cannoni

XX corpo

33 battaglioni I reparto Standschiitzcn 250 cannoni

I 5 battaglioni (settore Agno-Posina) di cui 7 di milizia territoriale 140 cannooi 19 battaglioni di cui 3 di nùlizia territoriale 110 cannoni

Altipiano di Asiago

Italiani

Austro-ungarici

28 battaglio1ù di cui 8 di milizia territoriale 182 cannoni

38 battaglioni 303 canno1ù

Ill corpo

Valsugana

Italiani

Austro-ungarici 23 battaglioni 8 reparti Staodschiltzen 150 cannoni

XVII corpo

Riserve italiane

Riserve austro-ungariche

I e XXI corpo

34 battaglioni di cui 5 di milizia territoriale 144 cannoni

della 1• annata: 34 battaglioni del Comando Supremo: 102 battaglioni

63 battaglioni

Totale

Austro-ungarici

Italiani

i11 li11ea: 126 battaglioni 18 reparti Standschlitzen 1193 cannoni

in linea: 91 hattaglio1ù 30 battaglioni di nùlizia territoriale 73lcanno1ù

in riserva: 63 battaglioni ? cannoni

in riserva: della I• armata: 34 battaglioni 42cannoni del Comando 102 battaglioni Supremo: ? cannoni


296

LA PR.LMJ\ GUERRA MONDIALE

Nella seconda fase (20-28 maggio) si sviluppò l'azione sugli Altipiani, caratterizzata dalla difficile traversata dell'ambiente sconvolto: il XX corpo proseguì su Arsiero; il III corpo, passato alla 3• armata - che cedette il I corpo al gruppo d' am1ate come riserva ed il XXI alla 11° annata - , avanzò a sua volta e si impadronì di Cima Po1tule e della Bocchetta di Portule, poi dilagò in profondità verso Asiago; il XVIII corpo aumentò la pressione in val Sugana. Nalla terza fase (29 maggio-10 giugno) il Comando del gruppo d',u·mate arciduca Eugenio ebbe per un momento la sensazione che gli italiani stessero abbandonando le posizioni. Invece l' 11° annata si trovò quasi subito bloccata. In compenso la 3• armata 1iuscì a proseguire la penetrazione sulJ'altopiano di Asiago pm se stentatamente. E ben presto fu il Comando Supremo italiano che rilevò chiari segni di affievolimento dell'urto offensivo austriaco. La quarta fase (11-18 giL1gno) vide la decisione dell'arciduca Eugenio di tentare lo sfondamento a cavallo cieli' Astico. I due sforzi paralleli furono affidati al XX corpo contro le posizioni di monte Novegno, in direzione cli Schio, ed al I corpo contro monte Cengio, verso Thiene. Il tentativo fallì e lasciò spazio alla controffensiva italiana, decisa il 13 ed iniziata il 16 giugno. Senza entrare nell'esmne delle varie fasi dell'aspra battaglia difensiva - la prima sostenuta dall'esercito italiano e vinta, sia pure a caro prezzo e sotto la minaccia di rottura irrepm·abile del fronte ' - ci soffermeremo sui due momenti di crisi. È difficile descrivere la «vera» sorpresa posta in atto dall' avversm'io. A stretto rigore non potrebbe chiamarsi una vera sorpresa perché sin dal 1915 il problema di rompere le linee difensive ben organizzate aveva suggerito di cercare la soluzione nell'aumento del fuoco d'attiglieria. Peraltro, sino a Gorlice, e poi a Verdun ed ora nel Trentino, nessun contendente era riuscito a mettere insieme la massa di bocche da fuoco necessaria. Adesso, secondo le citate probanti esperienze sui fronti russo e francese, anche sugli Altipiani l'attaccante rinunciò alla preparazione di più giorni a favore di un tiro di distruzione intensissimo reso possibile dall'ingente numero di pezzi di medio e grosso calibro radunati. La difesa a questo non era preparata e non me1ita rimprovero. Eppoi, anche se lo avesse previsto non avrebbe potuto svincolarsi dalla palla al piede che graverà sull'esercito italiano ancora per un anno: la cat·enza qualitativa, ancor più che quantitativa, delle attiglie1ie. D'altro canto, ricordando la proiezione in avanti del dispositivo della 1• armata, è facile immaginare gli effetti pratici del bombardamento iniziato alle 9 del 15 maggio. La prima linea, letteralmente sconvolta, prese a vacillare ed i Co-

' Cfr. CCSM, Relazione itficiale cit., lll, tomo 2, cap. Il e fil; R. B ENc:1v 1,NGA. Saggio critico sulla nostra guerra cit., III, cap. V e VI; G. BAJ- MACARIO, u, Strafexpedition, capp. VI-XIV.


LA CAMPAGNA DEL 19 16

·<,.

:9••

.,"

/ ' <;)''1

/

I ~·· .,~..... 1

Scaladil:500.000

\_..,...,

_ t= : .... ········ ·······:········ ···:.---...............1"

..

Armata

e:) fo rze wsrr-iactie

.. _..

( .... -,,Forze i~/ùme

Progetto dell'offensiva aust.riaca.

297


298

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

F-3 o '

t---;~t=;

~:~E--l~~F-3=~ 6

7

&

9

---~=··•·•

1!~K~m:.:_.

deIl' 11• Armata a.u. Schema d e ll'attacco •


LA CAMPAGi\A DEL 1916

299

mandi tentarono di puntellarla o di riconquistare le posizioni perdute con le riserve, che assunsero il ruolo di rincalzi. A mezzanotte del 15 Cadoma telegrafò al generale Pecori-Giraldi: «Da comunicazioni di codesto Comando su odierni avvenimenti panni rilevare tendenza nostre truppe a lasciarsi impcgoare a fondo su posizioni avanzate. Come V.E. ben sa, in taluni settori, specie in V. Lagarina e V. Sugana, tali posizioni vennero occupate in contrasto con compito strategico strettamente difensivo di codesta Armata. Soprattutto esse posizioni furono erroneamente organizzate per tenace resistenza mentre non sono in grado di assicurarla sia per loro caratteri intrinseci a noi sfavorevoli sia perché soggette i11tensi co11centramenti artiglie1ia nemica che sottoporrebbero nostre truppe prematuro logoramento con grave pregiudizio loro resistenza su linea principale suUa quale sollanto dovrà eserci tarsi difesa ohranza. Invito pc11anto V.E. a vigilare ed assicurar~i che dipendentj Comandi non si lascino indurre neU'errore su accennato e che condotta difesa su fronte codesta Armata sia ovunque conforme diretti ve da me ripetutamente impartite(...)»'.

Il duro richiamo implicito nel telegramma era un punto d'obbligo ed una dolorosa necessità, ben sapendo Cadoma che l'incolpevole destinatario faceva quello che poteva, alla testa di truppe non conosciute, ad un live llo di comando mai prima esercitato, in una situazione tattica disastrosa lasciatagli in eredità dal predecessore, e con una scarsissima disponibilità di tempo per unifom1arsi alle direttive «ripetutamente impartite». Il 17 Cadorna arrivò a Thiene con un treno speciale. Aveva subito percepito l'entità dello sforzo austriaco e già provveduto ad assegnare alla I• armata, non soltanto la 44° divisione proveniente dall'Albania, ma anche la 27• dal Friuli e ventidue batterie di medio calibro disponibili a Vicenza e nel Friuli. Inoltre predispose lo spostamento verso il fronte trentino del X e del XIV corpo, riserva del Comando Supremo. Il quadro prospettatogli dal generale Zoppi destava preoccupazioni non lievi ed era destinato a peggiorare. Il 18 i reparti di milizia territoriale che presidiavano Col Santo abbandonarono le posizioni, seguendo il movimento di ritirata delle truppe battute sulle linee avanzate. Pecori-Giraldi prese le misure per arrestare la penetrazione nemica suJJe posizioni di Coni Zugna-Passo Buole-Pasubio-torrente Posina, ma l'avversario poteva dilagare verso Schio e l'armata non disponeva onnai più di riserve. E l'altopiano di Tonezza era perduto. Cadoma ordinò l' immediato afflusso del XIV corpo d'armata sull' altopiano dei Sette Comuni ed il 20 dispose che il X corpo si concentrasse, appena possibile, fra Verona e Caldiero. Con ciò, anche il Comando Supremo rimaneva privo di riserve. La sera del 20 maggio la situazione si profilava a tinte drammatiche : nel settore Lagarina-Terrag11olo la linea Coni Zugna-Pasubio-Posina si trovava in crisi di assestamento; dall'altopiano dei Sette Comuni giungevano notizie sconfor-

'CCSM, Relazione 11fficiale cil., IU, tomo 2 bis, doc. 49.


300

LA PR IMA GUERRA MONDIALE

tanti; in val Sugana si stava profilando una minaccia sempre più consistente. «Dappertutto insomma - ricorda Bencivenga - richjesta di rinforzi e previsioni oscure. Si comincia a respirare quell'atmosfera caratteristica che precede il disastro» '. A questo punto Cadorna non poté non prendere in considerazione l'eventualità di uno sfondamento o, quanto meno, il concreto pericolo di un evento del genere. Convocò i comandanti della 2• e 3" annata e comunicò la sua decisione di raccogliere al più presto a pottata degli sbocchi montani una massa di manovra, costituita da tutte unità che era possibile sottrarre al fronte dell'Isonzo, naturalmente senza alterare in modo visibile lo schieramento per nascondere l'alleggerimento. Con questa massa, di dieci-dodici divisioni inquadrate in cinque corpi d'armata, sarebbe stato in grado di affrontare le forze con le quali il nemico sarebbe presumibilmente potuto scendere dagli Altipiani (non più di sei-otto divisioni). In base ai calcoli, i primi quattro corpi sarebbero stati concentrati nella pianura vicentina il 5 giugno, inquadrati a loro volta in una nuova armata a capo della quale era posto il generale Frugoni con il suo Comando della 2• armata, con la denominazione di s•. La responsabilità dell'intero schieramento sull' Isonzo, da Plczzo al mare, passava al Comando 3• armata. Circa l'impiego della s• armata, Caclorna dichiarò di non aver mai avuto l'intenzione di «lasciar deliberatamente sboccare il nemico dalle vall i e dall'altopiano per batterlo in pianura coll'armata di riserva». Con questa aveva in animo di manovrare «solo nel caso in cui, malgrado ogni nostro sforzo, il nemico fosse riuscito a superare le ultime difese dell'altopiano ed a scendere in pianura» 2• Non pensava di impieg,ufa sugli Altipiani, dove giudicava sufficienti le fan terie della 1• armata, «per evitare di giocare tutta la partita su una sola carta sugli Altipiani» 3• In altri termini, la riserva strategica testè formata doveva essere impiegata unitariamente e soltanto per assicurare il ripiegamento dell'esercito dal Veneto. Poi Cadorna impartì al comandante del genio della 3• armata precise direttive per opportuni lavori a carattere speditivo. Si trattava di: - frena re lo sfondamento dal Trentino. Allo scopo venne indicata una posizione di contenimento Schio-Thiene-monte Grappa. L'arresto frontale doveva agevolare due forti contrattacchi sui fianchi della penetrazione austriaca, l'uno dalla zona del Pasubio e l'altro, più consistente, dal lato orientale dell'altopiano di Asiago; creare un perno di manovra fra i due fronti, del Trentino e della Carnia-Friuli. Sembrò rispondere bene alla bisogna un campo trincerato a Treviso, sussi-

' R. BENCIVENGA, Saggio critico sulla nostra guerra cit., ili, p. 137. ' L. CADORNA, u, guerra alla fronte iraliarw cit., !, p. 219, o. I. ' Ibidem, p. 221.


LA CAMPAGNA DEL 1916

301

diato da una linea difensiva appoggiata al Sile, in modo da consentire una battuta d'arresto al nenùco proveniente dal Friuli e nel contempo coprire Vene:t.ia e consentirne lo sgombero; approntare una linea di difesa arretrata che da monte Obaote, nei Lessini, seguiva la riva occidentale ciel Leogra, poi trovava appoggio sui monti Berici e sui Colli Euganei; prevedere, infine, come posizione più arretrata, l'Adige, con il campo trincerato di Verona a nord e la predisposta inondazione del Polesine sul suo basso corso. Il problema logistico più grave era quello di non poter sgomberare tempestivamehte a tergo i magazzini ed i depositi di Intendenza. Fu risolto disponendo l'immediata sospensione dei riforn imenti agli organi logistici dislocati nella pianura friulana e l'erogazione ad esaurimento delle scorte ivi ammassate; nonché l'arretramento dall'Isonzo oltre il Sile di tutti i materiali pesanti, artiglierie di grosso calibro ad installazione fissa comprese. Naturalmente, una volta prese queste misure, occorreva regolarsi in base alle circostanze. Nessuno era in condizioni di prevedere quello che sarebbe accaduto nel corso del concentramento della 5° annata, cioè durante i quindici giorni di trasferimento di 180 mila uomini e 35 mila quadrupedi dal Friuli alla pianura vicentina. E nemmeno si poteva sapere in quale stato le truppe sarebbero rifluite dall'altopiano dei Sette Comuni e se la linea del Posina avrebbe retto. Comunque, nell'ipotesi di esser costretti a sgomberare la pianura friulana, la 5• armata, evitando di farsi battere isolata, doveva ripiegare lentamente su Padova per guadagnare i 10-12 giorni indispensabili per la ritirata delle unità schierate tra la val Lagarina e l'Isonzo, nella zona fra Treviso e Montebelluna. Se non fosse riuscita neppure la manovra controffensiva sferrata, da ovest dalle forze della 1• armata, davanti alla linea m. Obante-Vicenza; da est dalle forze raccolte nella zona Treviso-Montebelluna; e da sud dalla s• annata, allora la 1•armatasi sarebbe portata a tergo del medio Adige e del Mincio e le altre truppe dietro il basso Adige cd il Po 1• Secondo il Bencivenga, in quei giorni a stretto contatto con Cadoma, il citato piano d'impiego delle forze disponibili, nell'eventualità di una battaglia in pianura, «non fu mai preso in esame durante la battaglia». Fermo restando il concello di utilizzare la s• armata unicamente come extrema ratio, a seconda degli sviluppi della situazione, per consentire il ripiegamento del grosso dell'esercito, bisogna dire che Cadorna, da un lato non giudicava la situazione sugli Altipiani cosl disperata come gli veniva desc1itta (anche perché poco convinto che un'armata austriaca si avventurasse in pianura senza l'ausilio di una linea fe1Toviaria

' Relazione del Comando Supremo in data 15.7. 1916 in CCSM, Relazione 11fliciale eit., lli, tomo 2, pp. 160-162.


LA PRIMA GUERRA MONDIALE

302

~:Armafa

o

IO

Le prcdisposi7ioni prese da Cadoma durante la S1rafexpedi1io11 (da R. Bencivcnga, Saggio critico cit .. lii).


LA CAMPAGNA DEL 19 16

303

per i rifornimenti), e dall' altro non si nascondeva le incognite cli una battaglia in pianura con truppe raccogliticce 1• A Roma regnava un' ince11ezza sempre più trepidante . Un episodio aveva aumentato la tensione. Cadoma aveva scritto a Salandra motivando l'esonero del generale Brusati con il deficiente schieramento della 1• armata. Salanclra commentò la questione con Sonnino: «Avrai visto il comunicato Stefani diramato questa volta per espresso desiderio del Comando. Esso preoccuperà il paese, il quale è bene, a parer mio, che si preoccupi. Ma da esso si desume la condanna del Comando. il quale, sapendo tutto quello che ora pubblica, aveva abbandonato a loro stesse le Sfarse forze poste a guardia degli Altipiani (... ). Pare almeno che adesso si resista( ...)» ' .

È il conunento di un presidente del Consiglio male in formato, privo di un qualsiasi controllo della situazione bellica, scontento ed impotente. Ma un nuovo telegramma cli Cadorna, cli per sé non eccessivamente allarmante, fece di colpo salire la febbre: «In considerazione gravi avvenimenti accaduti su fronte Trentino ho disposto per richiamo da Valona di una intera divisione. Valona rimane così presidiata da 27 battaglioni. Nonostante tale riduzione di forze giudico opportuno per assicurare continuità ai.ione comando lasciare sul posto ancora per qualche tempo comando XVI Corpo. Per lo stesso motivo importa disporre immediatamente per rimpatrio dalla Libia di una divisione completa cbe giudico per ora sufCicientc. Ministro guerra informato» 1.

Mru1ini annotò, in data 24 maggio, che:«(...) non si è perduta la fede, ma le preoccupazioni sono tali che quando stamani mi si è telefonato che d ' urgenza il Consiglio dei Ministri doveva riu niJsi alle 9,30 ho avuto un tuffo , come si dice, una stretta al cuore. Lo stesso è avvenuto, per loro stessa confessione ai miei colleghi». La riunione del governo fu tempestosa. Morrone, ministro della Guerra, confermò nella sostanza alcuni dati fomiti dai bollettini austriaci sulle nostre perdite: 24 mila prigionieri, 180 pezzi cli artiglieria, molte mitragliatrici. Barzilai osservò che: «Dalle stesse cagioni che il Capo di S.M. adduce risulta chiaro che vi fu imperizia o negligenza. La fiducia in lui è scossa. Non si può ora sostituirlo, ma si ha il diritto di domandargli che cosa si proponga cli fare, quale sia il suo progranuna che continua ad esserci sconosciuto». Martini non si capacitava: «Ma siamo ridotti così da avere, con due milioni di uomini sotto le armi, bisogno di due divisioni?». Sonnino fu il più reciso e tornò alla sua vecchia richiesta: «Cacloma sempre si oppose alla spedizione di Valona e forse si propone, in cuor suo,

' R. B ENCIVC:NGA, Saggio cririco sulla nostra guerra cit., W, pp. 142- 143. 'Salaudni a Sonnino ìn data 22.5.19 16, D.D.I., 5" serie, VI, doc. 844. ' Cadorna a Salandra in data 23.5.1916, CCSM, Relazione ufficiale cit., III, tomo 2 bis, doc. 66.


304

LA PRJJvlA GUERRA MONDIALE

di abbandonarla. Abbandonare Valona sarebbe un errore politico», ma soprattutto insistette sul fatto che «le sorti dell'Italia siano nelle mani di una sola persona che no n dà conto a nessuno de' suoi propositi, dei mezzi per effettuarli». Quindi occorreva convocare Cadorna, Porro, i comandanti delle armate ed alcuni ministri «sì che il Governo possa essere infonnato di ciò che si pensa e si disegna dal Comando Supremo». Anche Orlando non nascondeva il senso di sfiducia che lo invadeva: «ma che fare? La gravità della situazione è espressa dalla stessa sterilità delle nostre discussioni)) 1• Il risultato fu un lungo telegramma di Salanclra. A prescindere dalla questione albanese e dal richiamo di una divisione dalla Libia, «(...) Telegramma di V.E. ha inoltre prodotto ne l Consiglio seria impressione perché se ne desume che V.E. ritenga circostanze presenti tali che non bastino alla difesa del Paese le ingenti forze che sono a disposizione di codes10 Comando. La situazione improvvisamenle fattasi tallio grave obbliga il Governo a rendersene pieno conto nelle sue cause, nei suoi elementi essenziali , nelle sue prospettive . Prego perciò V.E. di intervenire ad una adunanza, nella quale dovrebbero pure intervenire i quattro comandanti ùi Armata e, se V.E. lo crederà, come io riterrei opportuno, anche S.E. il generale Porro. Vi interverranno con mc i due ministri militari e due ahri delegati del Consiglio dei minisrri. In ques1a adunanza situazione militare dovrebbe essere esaminata a fondo sono ogni aspetto onde Governo possa f.U'llC base delle sue ul!criori deliberazioni ed ass umere la responsabilità che gl i spetta di fronte al Parlamento cd al Paese(...)» '.

L'appuntamento era fissato a Padova. Cadorna replicò esattamente come già aveva fatto pochi mesi prima: rifiutava un consiglio di guerra; finché riscuoteva la fiducia del re e del governo rispondeva in prima persona delle decisioni operative; qualora questa fiducia fosse venuta a mancare chiedeva l'immediata sostituzione. Ciò chiarito, era prontissimo a fornire qualsiasi spiegazione al governo i . E poi chiese di poter conferire con il ministro della Guerra «per prospettargli alcune questioni organiche» connesse con la situazione•. Il Consiglio dei ministri si riunì nuovamente il 25 maggio per discutere su due argomenti, il più importante dei quali, come è evidente, toccava la risposta da dare a Cadoma. Sonnino sintetizzò: in quei frangenti non credeva possibile sostituire Cadorna; anche avendo idee chiare sul candidato alla carica di capo di Stato Maggiore, non era proprio il caso di esonerarlo mentre stava affrontando una situazione così difficile. Stando così le cose, bisognava evitare che Cadorna desse le dimissioni e che il governo perdesse la faccia ' · Salandra, dunque, rispose che il pensiero del governo era stato frain teso e che non volendo «turbare V.E.

' F. MARllNI. Diario cii., pp. 702-704. ' Salandra a Cadoma in data 24.5.1916, CCSM, Relazione 11fficialecil. , LU, tomo 2 bis, doc. 67. J Cadorna a Sal:111dra in data 25.5.1916, ibidem, tomo 2, pp. 153- 154. 'Cadorna a Salandra in data 25.5. 191 6, ibidem, tomo 2 bis, doc. 68. ' F. M ART1:-1, Dillrio cit., pp. 704-706.


LA CAMPAGNA DEL 1916

305

in un momento di somma gravità ed urgenza>}, il ministro della Guerra si sarebbe recato al Comando Supremo e poi avrebbe riferito al Consiglio dei ministri '. Il secondo argomento fu esaminato e concluso in modo tanto rapido quanto sgradevole. JI Consiglio deliberò «il collocamento a riposo di autor.ità del generale Roberto Brusati, comandante la 1• armata, la cui opera sul fronte del Trentino fu errata nel concetto e manchevole nell'esecuzione» 2• Essendo già stata presa una misura punitiva quale l'esonero dal comando, una settimana prima dell' offensiva austriaca ma tacendo la data del provvedimento, questa seconda punizione non poteva non essere collegata dall'opinione pubblica con la responsabilità della pericolosa situazione verificatasi verificatasi nel Trentino. In altri termini, si indicava pubblicamente Brusati come il colpevole. Brusati tacque. il Parlamento era in subbuglio contro Salandra, al quale, fra l'altro, rimproverava di aver dichiarato il 5 aprile del 19 14 alla Camera che in caso di guerra i suoi tre figli sarebbero partiti per la prima linea, mentre erano tutti <<imboscati>) J . Il 29 maggio c'erano due novità, non certo tali da rasserenare il Consiglio dei ministri. Cadorna aveva scritto a Sonnino per ringraziarlo di aver sollecitato il governo russo a prendere la prevista offensiva e per suggerirgli, a sostegno dell'azione diplomatica, un argomento militare risolutivo:

Ma

«(...) Qualora Austria ricevesse da fronte russo ulteriori rinforzi e aumentasse pressione su noi anche su Isonzo, può obbligarci abbaatlonarc liuea Isonzo. Con ciò sar~ annullata qualsialS i possibilità di una nostra offensiva in quella direzione cospirante con quella russa. Austria, ottenuto tale scopo, si arresterà e le riuscirà facile trasportare gtoSl>e forze contro la Russia»'.

Siffatta sconcertante ipotesi venne ripresa da Morrone, rientrato nella capitale dopo l' abboccamento avuto con Cadorna. Lesse il promemoria datogli dal capo di Stato Maggiore e lo illustrò con il resoconto dei colloqui. In sostanza, dopo aver spiegato i provvedimenti di carattere operativo assunti, riferì la fiducia dei comandanti di tener testa al nemico impedendogli di scendere dagli Altipiani. Esisteva peraltro il pericolo che nuove forze venissero inviate all'arciduca E uge11io e questo obbligava Cadorna a prendere in esame l'eventualità - «che per quanto lontana deve però essere considerata}} - del serio pericolo di una rot-

'Salandra a Cadoma in data 25.5. 1916, CCSM, Relazione u[(tciale cit., fil, tomo 2, p. 154. 'F. MARTIN!, Diario cit., p. 704. È doveroso. peraltro, precisare che i motivi dell'esonero di Brusati lasciarono campo a molti dubbi sulla rispondenza del provvedimento, al punto che una successiva inchiesta del I919 condusse ali 'annullamento del R.D. del 25 maggio 19 l 6 con il quale 13rusati era stato collocato a riposo. Aggiungiamo che, secondo il generale Segato. alcuni anni dopo la guerra, Cadoma in una conversazione privata. «dichiarava d'essere stato tratto in errore nel giudicare il generale Robct10 Brnsati e si scagliava con epiteti ingiuriosi verso coloro che l'avevano indotto in tale errore» (L . SEGATO, L'Italia nella guerra mondiale cit., ll, p. 158). ' F. M AR11NI , Diario cil., p. 707; P. MEI .OGRANI, Storia politica della grande g11erm cit., p. 112. 'Cadoma ,1 Sonnino in data 28.5.1916, D.D.L, S' serie. V, doc. 873.


306

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

tura del fronte del Trentino, evento che lo avrebbe costretto, «per evitare una catastrofe», a disporre il graduale ripiegamento delle truppe della Carnia e del Friuli. «Ordinerei allora - diceva Cadoma - lo schieramento dell'intero esercito dietro il Piave, coprendo con la destra la piazza di Venezia» 1• Una simile prospettiva gettò i ministri nello sconforto. Per Orlando la ritirata al Piave equivaleva alla capitolazione cd alla guerra perduta. Sonnino dichiarava la necessità immediata di rivolgersi al re, ponendogli il dilemma «o lui o noi». Cadoma era accusato di non aver mai avuto un piano ben definito e per giunta di essere, ora, disorientato e «sul punto di prendere provvedimenti inconsulti, di estremo danno alla patria» 2• Il 31 Salaudra si recò al fronte, autorizzato dal Consiglio dei mirùstri «a proporre, occorrendo, d'accordo col Ministro della Guerra, a Sua Maestà la sostituzione del capo di Stato Maggiore e i conseguenti mutamenti negli alti comandi del!' esercito» 3• Nel frattempo, in campo avverso, il 25 maggio l'arciduca Eugenio aveva diramato diretti ve complementari ai Comandi della 3• e dell • 11 • annata. Ricordò il compito assegnato al gruppo d'armate: «decidere la campagna con un urto condotto alle spalle della massa principale nemica», e concluse: «Raggiunta che sia(... ) la linea Thiene-Bassano non si sarà fatto che il primo passo. Noi vogliamo e dobbiamo poi avanzare nella pianura, impossessandoci a tal fine, senza perdere tempo, degli sbocchi della zoua montana in d.irezione cli Thiene e di Bassano ( ...)»·•.

La ripresa dell'azione fu nutrita. il 27 gli austriaci entrarono in Arsiero, il 28 in Asiago ed il 30 si accese violenta, disperata, la lotta a Passo Buole, a sud del Posina e sull'estremo Iimite meridionale dcli' altopiano dei Sette Comuni. Alle insistenze del generale Zoppi per ottenere una divisione che puntellasse la sua vacillante linea, Cadoma cedette, togliendo una brigata alla «inscindibile» S3 armata. Poi , a sera, pensò di nuovo ad ordirnu·e il ripiegamento dell'esercito dall'Isonzo ' · Ne parlò con Pecori-Giraldi e con i propri collaboratori e rimandò all'indommù la grave decisione. E l'indomani vide le cose con altri occhi. La 5' armata era quasi pronta 6•

' Cadoma a Morrone in data 28.5.1916, CCSM, Relazione 11/Jìciale cit., W. tomo 2 bis, doc. 69. Fatti i debiti calcol i, Cadoma si riprometteva di impaitire l'ordine di ritirata «al più u,rdi quando il nemico fosse riuscito ad impossessarsi del margine meridionale dell'altopiano di Asiago» (L . CADORNA, La g11erra allaf,v111e italiana cii., r, p. 230). 'F. Martini, Diario cit., pp. 708-710. ' Ibidem, p. 7 IO. • CCSM, Relazione ufficiale cit., tomo 2 bis, doc. 76. i G. BAJ-MACARIO, Ù1 Srrafexpeditio11 cii., p. 325; R. B t;NCIVENGA. Saggio critico sulla IIOStra guerra cit., rn, p. 147. • li 30 maggio Sollllino scrisse a Salantlra che l' ambasciatore russo gli aveva detto «riservatissimamente e parlando in co11fidenw, che aveva saputo che al nostro Comando Supremo il genera-

m,


Li\CAMPAGN/\DEL 1916

307

Il colloquio con Salandra giovò a distendere i rapporti con il governo. Cadoma si impegnò fo1malmente - nel caso avesse ritenuto probabile il dover ricorrere alla ritirata dell 'esercito al Piave - a comunicare «tale modo di vedere (...) in tempo utile per poterne deliberare senza la coercizione della imprescindibile ed immediata necessità, poiché(...) tale provvedimento, implicando conseguenze della più grave portata per la situazione interna ed internazionale del Paese, non potrebbe mai essere riguardato come cli esclusiva competenza dell 'autorità militare, ma dovrebbe essere subordinato alle risoluzioni del governo ( ... )» come aveva chiesto il presidente del Consiglio 1• Glj alleati si fecero vivi proprio in quel momento. rl 1° giugno il colonnello Romei, addetto militare presso la Stavka, telegrafò al Comando Supremo di essere appena stato informato dal generale Alekseev che lo zar aveva firmato l'ordine d'operazioni secondo il quale l'offensiva di tre grosse armate sul fronte sud-ovest s~u-ebbe iniziato il 4 giugno, e che auspicava «un'energica azione offensiva [da parte italiana) entro il IO giugno, in modo da assicurare simultaneità alle azioni italiana e russa». Alckseev desiderava, inoltre, che il Comando Supremo appoggiasse le istanze russe e serbe di attaccare dal fronte di Salonicco nella terza decade di giugno. Le prospettive di tale iniziativa - mal vista dai britannici - apparivano invitanti perché, a quanto risultava, sarebbero state affrontate solo truppe bulgare 1• Cadoma rispose il 3 giugno. Quel giorno il bollettino annunciò: «Nella giornata di ieri l'incessante azione offensiva nemica nel Trentino fu dalle nostre truppe nettamente arrestata lungo tulta la fronte di attacco». Era verissimo e questo sintomo di cambiamento fu avvertito da Cadoma. ;\d Alekseev fece rispondere che: «S ulla fronte del Trentino sarà intrapresa tra qualche giorno, ritengo verso il 10 giugno, energica offensiva intesa migliorare nostra situazione nella zona occupata dal nemico e incatenare quivi tutte sue forze che già si trovano sulla nostra fronte. Contemporaneamente sarebbero esplicate vigorose azioni dimostrative su tutta fronte e ciò senza escludere operazioni maggiore importanza( ...)»'·

Poi pregò i capi delle missioni francese e britannica presso il Comando Supremo di partecipare ai generali Joffre e Robertson il suo parere favorevole ad un attacco alleato da Salonicco nella terza decade di giugno, in concomitanza con l'offensiva rnssa; attacco che l'Italia avrebbe aiutato con un'azione dimostrativa da Valona verso nord, sia pure necessariamente a breve raggio. Per proprio con-

le Porro. dopo i falli ultimi del Trentino, ecc., aveva perduto la testa, e dava rntto per completamente finito, mostrandosi affranto e disperato [ 1] ; e cos) pure molli ufficiali intorno a lui. n solo Cadorna si mostrava calmo e sicuro( ...)» (D.D.l., 5' serie, V, doc. 883). ' Salandra a Cadoma in data 4.6. 1916, CCSM, Rela.zio11e ufficiale cit., ID, tomo 2 bis, doc. 70. ' CCSM, Relazione ufficiale cit., lll, tomo 2 bis, doc. 73. ' Ibidem, III, tomo 2, p. 158.


308

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

to, il Comando Supremo confermava la decisione di inu·aprendere l'offensiva sugli Altipiani prima dello scadere della quindicina in corso 1 • L' azione alleata in Macedonia non avrà luogo, ma quella della 1• armata sugli Altipiani venne effettuata come promesso. Calcolando sullo scontato logorio degli austriaci, Cadoma ordinò a Pecori-Giraldi di cominciare i preparativi. Prevedeva due fasi. La prima, di consolidamento, in particolare sull'altopiano di Asiago, cd a tale scopo metteva il nuovo XXIV corpo a disposizione dell'armata. La seconda, di controffensiva, per ricacciare l'avversario dagli Altipiani, ed a tal fine assegnava il XX corpo e poi a!tTe unità della 5° annata. Che la «spinta» austriaca incontrasse serie difficoltà non sfuggì nemmeno al Gran Quartier Generale tedesco. «Nei primi giorni di giugno - scrisse Falkenhayn -, e invero prima che s' iniziassero gli avvenimenti sulla metà meridionale della fronte orientale, fu evidente che non si poteva procedere nell'attacco, né era possibile mantenersi nella posizione a cuneo da esso raggiunta, né infine vi era possibilità di sfruttare l' indebolimento prodotto nella fronte italiana dcli 'lsonw dall'invio di truppe sulla fronte del Tirolo». E, in proposito, il capo di Stato Maggiore tedesco riportò un apprezzamento degno di rilievo: «A riguardo poi della propria fronte sull'Isonzo- continuò - era perfino sorto il dubbio nel Comando Supremo aust:ro-ung~u·ico di non poter riuscire a mantenervisi, qualora gli Italiani si fossero rivolti contro di essa, profittando dell'indebolimento austro-ungarico colà verificatosi a favore delle operazioni in Tirolo. Ma ancor prima che eia questa sgradevole situazione avessero potuto dedursi le uecessru-ie conseguenze, si verificò, come fulmine a ciel sereno, il disastro in Galizia iJ 4 giugno» 2• In realtà, l'offensiva B1usilov manifestò i suoi effetti qualche giorno dopo. IL 6 giugno Conracl comunicò ali' arciduca Eugenio che non tanto impo1tava sfondare di colpo nel Trentino, quanto preparare accuratamente forze e mezzi sì da realizzare un attacco con certezza di ottenere la rottura delle linee italiane. Sul piano tattico raccomandò lo stretto collegamento fra il XX ed il III corpo, ali interne delle due armate. E palesò anche molta fiducia sul buon esito dell'operazione e sui suoi riflessi ad oriente: «i prossimi avvenimenti sul teatro di guerra italiano avrebbero assunto, in relazione a quanto accadeva sul teatro russo, importanza eccezionale, per il prestigio dell'esercito austro-ungarico e per le prossima vicende politiche» 1• Nonostante ben conoscesse ormai quante forze Cacloma aveva raccolto nella pianura vicentina, Conrad sperava ancora. Si incontrò con Falkenhayn 1' 8 giugno e questi, scettico com'era sui risultati conseguibili in Italia, cercò di convincerlo a sospendere l'offensiva ma incontrò un netto rifiuto. Sino al 10 giugno (terza fase dcli' offensiva) gli austriaci continuarono apremere itùntcrrottamcnte, riuscendo anche ad intaccare le nostre posizioni a sud

' Ibidem, III, tomo 2 bis, doc. 74. E. FALKENHAYN, /I Coma11do Supremo tedesco cit.. p. 177. ' BOLI.ATI A. , Riassumo della relazio11e ufficiale 011striaca cit., p. 214.

1


LA CAMPAGNA DEL 1916

309

dell'altopiano di Asiago, ma da parte italiana la crisi era ormai superata. A questo punto Conrad, dopo aver deciso la partenza di unità dal Trentino verso la Galizia, avvertì che «difficilmente si sarebbe potuta evitare una limitazione degli obiettivi contro .l'Italia; dai risultati dell'attacco già iniziatosi sarebbe dipeso lo stabilire la linea da mantenere. Sarebbe però stato desiderabile, al centro del gruppo d'esercito, il possesso delle alture dominanti lo sbocco in piano sui due fianchi della val d' Astico» '. Così cominciò la quarta fase, in cui il nemico esperì l'estremo tentativo di aprirsi un varco nelle difese italiane, peraltro condannato in partenza. Mentre a Verdun la lotta riprendeva 1'8 giugno con tale violenza che il generale Pptain temette di non poter resistere più di orto giorni e chiese un sollievo nella programmata offensiva sulla Somme 2, nel Trentino gli ultimi sforzi austriaci contro il Novegno (12 giugno) e sull'altopiano di Asiago (15-16 giugno) si rivelarono peggio che inutili . Conrad non nascose la sua irritazione. Autorizzò la continuazione dell'attacco dell'ala destra della 3" annata, ma fermò quello dell' 11• annata, accusando il generale Dankl di aver lasciato che i suoi comandanti i11 sottordine, dopo i successi iniziali, si impegnassero d'iniziativa, senza un m.inimo di coordinamento degli sforzi. «Con quella azione di comando - scrisse all'arciduca Eugenio - non si poteva certo continuare: il Comando Supremo avrebbe preso presto provvedimenti di carattere personale» .1. Il 16, proprio ali' inizio della controffensiva italiana avviata dal XX corpo (gen. Montuori) da Enego, sul lato orientale dell'altopiano di Asiago, l'arciduca Eugenio riceveva l'ormai prevedibile ed atteso alt di Conrad: «(...) La situazione sulla l'ronte mssa e gl i accordi presi con la Direzione Suprema dell a guerra richiedono la sottrazione di altre due divisio1ù fanteria e di artiglieria pesante dalle amiate operanti nel Trentino. Per questa ragione e perché le ~pcranze concepite nell·auacco del 14 giugno sono andate fal lite e nessuna spernnza esiste più di vederle realizzate in un tempo determinato. il Comando Supremo , che ha atteso rino all'uHimo limite di tempo, s i vede costrclto ad ordinare la cessazione dell'offensiva. Il Comando del gruppo di esen;iti farà conoscere la linea scelta per la difesa ( ... )» ' .

' fbìdcm . pp. 214-2 15. ' Il generale Pétain non si era trovato in sintonia con Joffre, che lo giudicò in uno «stato di spirito che gli faceva dare agli avvenimenti di Verdun un ' importan1.a esagerata». Non potendolo limoger, lo promosse d'incarico affidandogli il comando del groppo d'armata del centro. lasciato libero dal generale dc Langle , mentre il generale Nivellc subentrava a Pétain al comando della 2• annata. Nel nuovo ruolo, assun to il 2 maggio, Pét.iio, <<sempre piì1 inquieto per l'andamento preso dalla battaglia», chiese reiteraiamcme, il 7 e I' 11 giugno, di far anticipare l'offensiva su lla Somme (C.J.J. JoF~RE. Memorie cit., n, pp. 197 e 205). ' SMRE, Riassumo della relazione ufficiale austriaca cit.. p. 21S. 11 generale Dankl fu sostiluito il 17 giugno dal generale Rohr. già comandante della 10• armata sull'Isonzo. ' In R. B ENCJVENGA, Saggio critico sulla nostra guerra cil .. ili, p. 16 1.


310

LA PRJMA GUERRA MONDI ALE

L'OF FE NSIVA AU STP, IAC

ezzano

1053

836

,.,,.,75

18-.0

Linea italiana prima dcll'offcn,iva

e e e e e

Linea del mausin10 arr< trame,


LA CAMPAGNA DEL 19 16

A NEL TRENTINO

nto delle truppe italiane

• •

Linea austriaca finale

= =::::,,---==-,..;.·' Km.

3J I


312

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Il 19 giugno la Strafexpedition era definitivamente esaurita. La battaglia difensiva sostenuta dalla 1" armata era vinta. Le perdite dal 15 maggio a tale data ammontavano a 76.132 italiani contro 30.000 austriaci. In particolare, la 1• armata ebbe 6.187 morti, 28.544 feriti e 41.401 dispersi; il gruppo d'armate nemico ebbe 5.000 morti, 23.000 feriti e 2.000 dispersi. Proprio in quei giorni l' ambasciatore Imperiali informò Sonnino dei timori inglesi che Verdun cedesse a causa delle considerevoli perdite francesi e rifen che «(.. .) Lloyd George mi esprimeva in tennin.i calorosi la sua profonda ammirazione per la splendida resistenza delle nostre truppe nel Trentino, osservando l'Italia poter oggi, dopo un anno di guerra, vantarsi di disporre di un esercito eccellente, comandato all a perl'ez.ione da un uomo superiore (. ..)>> '·

La controffensiva italiana non raggiunse gli obiettivi che si creò ripromessa di conseguire per vm·i motivi. Non appena bloccata l'avanzata austriaca, Cadoma prese a considerare la dimensione eia conferire ali ' operazione iniziata dal XX corpo d'am1ata. Per raggiungere con una ce1ta rapidità la linea Bocchetta di Portule-alture di riva sinistra dell' Assa, poteva mettere a disposizione della 1• armata quattro divisioni della 5• armata e, a fine mese, una quinta rimpatriata dalla Libia . Senonché, all'intenzione cli respingere il nemico il più lontano possibile, prima che riuscisse a consolidare le proprie difese, e di dare così soddisfazione all'opinione pubblica, faceva eia contraltare il rischio di «trascinare un'offensiva logorm1te e sterile di risultati, riproducendo una situazione simile a quella che per forza di altre circostanze, si è stabilita sul Carso». Qualora questo pericolo fosse apparso molto probabile, sm·ebbe stato preferibile rinunciare ad immettere Ie cinque divisioni in questione nella lotta ed invece impiegarle sull' Isonzo. Perciò il 21 giugno chiese a Pecori-Giraldi di esaminare il problema e di riferirgli se, con i predetti rinforzi, giudicava di <<poter risolvere la lotta sull'altopiano di Asiago con un'azione offensiva a fondo, raggiungendo l'obiettivo indicato)>. A sé stante, l'azione ciel V corpo d'm,nata contro Col Santo 2• Si è già accennato al fatto che le direttive o le comunicazioni di Cadoma, pur illustrando chiaramente il suo pensiero, hanno talvolta offerto spunto ad interpretazioni soggettive, non collimanti con l'intenzione del Comando Supremo. La lettera indirizzata a Pecori-Giralcli in questa circostanza sembra ripetere l'inconveniente. Essa comincia con la categorica affe1111azione che il ritiro delle forze austriache dallo scacchiere e la salda sistemazione raggiunta dalla 1• armata «rendono più che mai necessario di premere sul nemico(...). OccotTe per questo conferire subito il massimo vigore all'attuale offensiva già injziata sull'alt.i-

' Imperial i a Sonnino in data 18.6.1916, D.D.L, 5' serie, VI, doc. 3. ' CCSM, Relazione ufficiale cit., TTI. lomo 2 bis, doc. 89.


3 13

LACAi\1PAGNA DEL 19 16

..: '•

tempo ==t>Secondo ., O

I

Progeuo della controffensiva italiana.

2

4

E9 H

6

H

8

H

,/4° Km.'<


314

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

piano di Asiago (...)» [corsivi nostri]. Ora, se esisteva questa imperiosa ed urgente necessità, il problema operativo si riduceva allo studiare come affrontarla e sino a qual punto risolverla. L'alternativa della 1inuncia francamente non era una soluzione. Inoltre, incitare un comandante di armata a procedere con vigore e rapidità, ponendogli nel contempo la scelta fra un'operazione dichiaratagli «più che mai necessaria», e l'accettazione di una situazione tattica sicuramente delicata, perché assunta dopo un'affannosa ritirata imposta dalla vittoriosa avanzata austriaca, significava suggerire la risposta. Infatti Pecori-Gi.raldi espresse parere favorevole a continuare l'offensiva iniziata, perché «in quella nostra situazione presentava una importanza grande e che poteva anche diventare definitiva; e presentava d'altronde quelle probabilità di riuscita che per prendere simile decisione riteneva necessarie e bastevoli». Però occorreva qualche tempo per i preparativi e per lo schieramento delle artiglierie 1• Sembrerebbe assai più appropriato il quesito posto al Comando della l" armata, ove, invece di mettere l'accento su uno stato di assoluta necessità, il Comando Supremo avesse parlato di convenienza. Tanto più che il nemico, dopo un'abile e silenziosa rottura del contatto, nella notte sul 25 giugno dette corso al ripiegamento sulle posizioni naturalmente forti, già in apprestamento sino dal giorno 18, abbandonando Arsiero ed Asiago. A questo punto sorgeva un'altra remora: l'impossibilità di procedere ad un attacco senza una preliminare ed accurata ricognizione delle nuove posizioni austriache, il che si traduceva in ulteriore disponibilità di tempo concessa aU'avversario per rafforzarsi. «Eppertanto ammise Bencivenga - (...) dobbiamo dire che anche se il Comando Supremo avesse potuto dare migliaia cli pezzi, la lotta, riaccesa senza accurata preparazione, avrebbe 1ipreso quel carattere cli logoramento, constatato sul fronte carsico» 2 • Cominciò subito la nostra avanzata. Ristabilito il contatto, fu chiaro che insistere nello sforzo avrebbe condotto soltanto ad ulteriori ste1ili sacrifici. Senonché .Toffre 3 ed Alekseev 4 chiesero all'Italia di attaccare per fissare le forze austriache.

' L. CADORNA, La guerra al/a fronte italiana cit., I, p. 248. ' R. BENCIVENGA, Saggio critico sulla nostra guerra cit., ll[, p. 174. ' li 25 giugno Joffre reiterò la richiesta di altaccare «con tutte le sue risorse in uomini e muni:zio!Ù per vincohire il nemico e batterlo» (C.J.J. JOFFRE, Memorie cii., II, p. 279). 1 • Secondo un promemoria dell'ambasciatore Giers: «L'offensiva delle armale russe ha obb]jgato il nemico a prendere delle energiche misure di resistenza ( . . .) si concentrano grandi rone austriache. Si può ammettere che esse sono prese in parte dal fronte italiano. Le condizioni durante le due prossime settimane saranno tali che esse facilitano e domandano un 'azione energica del R. Esercito e ciò nell'interesse generale degli Alleati( ... ). QL1esta azione dovrebbe aver luogo senza ritardo» (Sonnino a Cadorna in data 21.6.1916, D.D.l., 5" serie, Vl, doc. 13). Cadorna rispose di aver già fatto sapere ad Alekseev di essere orientato a «spingere offensiva [sugli Altipiani] colla maggiore energia in modo da impegnare tutte le forze nemiche che ho di fronte e di impediJe trasporto su fronte russa( ...)» (Cadorna a Sonnino in data 22.6.1916, ibidem, 5' serie, VI, doc. 20).


LA CAMPAGNA DEL 1916

315

Il 27 giugno, dunque, Cadorna indicò a Peco1i-Giraldi il compito dell'armata: riconquistare Col Santo e, sugli Altipiani, ricacciare J'avversario sulle posizioni occupate prima del 15 maggio. Nell' eventualità, t11ttavia, che la resistenza incontrata imponesse una sosta per montare un attacco di grandi dimensioni, egli avrebbe interrotto la controffensiva per spostare ogni attenzione sulla prevista operazione contro la testa di ponte di Gorizia '. Fu il 9 luglio che Cadorna, vista la lentezza assunta dalle azioni sull'altopiano di Asiago e la forzata interruzione dello sforzo 1ivolto contro Col Santo, riconobbe non sussistere più speranza alcuna di sollecita soluzione e, per contro, affacciarsi il fondato timore di un inutile logoramento. Ordinò perciò alla 1• armata di passare alla difensiva 2• Se possiamo cons.idenu-e plausibile la decisione di contrat?accare dopo aver arrestato la penetrazione nemica, non p,u-e che altrettanto si possa dire circa l'insistenza manifestata dopo il 27 giugno contro una buona organizzazione difensiva impostata su posizioni forti, nel difficile ambiente montano. Da parte austriaca vennero rimproverati al generale Dankl il mancato «a fondo» dopo il crollo della linea italiana sull' altopiano di Tonezza il 20 maggio, il mancato sfruttamento del successo dopo la conquista del Cengio il 3 giugno e, in generale, lo scarso coordinamento degli sforzi effettuati dai suoi corpi d' armata. Anche l'arciduca ereditario Cmfo probabilmente perse tempo sull'altopiano dei Sette Comuni. Sono comunque innegabili le difficoltà di natura logistica incontrate clall' avversario a mano a mano che si inoltrava sugliAltipiani; per l' appunto quelle difficoltà che rendevano Cacloma scettico sulla convenienza e sulla reale possibilità di uno sbocco austriaco in piano. Per quanto ci riguarda, sta di fatto che per due volte la situazione fece temere il peggio. Tuttavia sono lecite tre notazioni d.i alto livello. Una riguarda le truppe, una il comandante della 1• armata e la terza il Comando Supremo. Le truppe risentirono dell' inattesa imponenza dell' attacco, da cui derivarono un forte disorientamento ed un inevitabile smarrimento, che resero difficile la prima resistenza. Si aggiunga che la fanteria si trovò a sopportare il pieno peso dell' offensiva, trovandosi «quasi sempre sola contro la fanteria e l'artiglieria nen.ùca>>·'. Questo, in parte data la modesta presenza dei nostri pezzi di maggior calibro, ma anche a causa dell'accentramento delle batterie pesanti nelle mani ciel comandante dell'artiglieria dell'armata, cosicché le richieste d'intervento seguivano un iter eccessivamente lungo e il fuoco di appoggio o cli distruzione veniva regolato t.1·oppo dall' alto per risultare rispondente alle esigenze dei reparti 1•

' L. CAOORNA, La guerra sulla.fronte italiana cit. , T, pp. 249-250. Cfr. CCSM, Relazione 11.fJìciale cii., ili, tomo 2 bis, doc. 97 (ordine d'operazioni Comando l'armata in data 27.6.1 916). 2 CCSM, Relazione ufficiale cit., !Il, tomo 2 bis, doc. 101. Sull'offensi va austriaca del nentino vds. P. PIER.I, La prima guerra mondiale cii., cap. Xl. ' G. BAJ-MACARIO, La Strafexpedition cit. , pp. 430-431.


316

LA PRT.MAGUERRAMONDIALE

Si spiegano così le perdite della difesa vincitrice ben superiori a quelle dell'attacco respinto (alcune brigate italiane persero il 60-70% degli effettivi). Ma se un certo turbamento aveva influito negativamente sulla resistenza delle unità avanzate, non dovunque ciò si era verificato. E, ad ogni modo, non soltanto le truppe di rinforzo mostrarono un mordente ed una combattività di assoluto spicco, ma gli stessi reparti ripiegati sulle posizioni arretrate, in condizioni non certo b1illanti, riacquistarono rapidamente morale e fiducia alla notizia del1'accorrere delle riserve. Per l'azione cli comando del generale Pecori-Giraldi sembra perfino superfluo ricordare le circostanze che lo posero all'improvviso dinnanzi ad un'offensiva, le cui sole possibilità di successo facevano rabbrividire. Durante la battaglia seppe affrontare le crescenti difficoltà con calma serenità e tenere le redini di un'armata che in giugno cominciò a crescere a dismisura, sino a vedere in linea ben sette corpi d'armata (di cui quattro inquadrati in un Comando Truppe Altopiano, voluto da Cadorna, senza però toglierne la responsabilità complessiva alla 1• armata). Infine, per il Comando Supremo si è detto di Cadorna, ma occorre dare atto allo Stato Maggiore ed all'Intendenza Generale della capacità professionale di aver studiato e realizzato, in brevissimo tempo e bene, lo spostamento dall'Isonzo delle truppe destinate a costituire la 5• annata, nonché l'adeguamento del!' organizzazione logistica del teatro d'operazio1ù. Ci sembra valido il commento conclusivo di Bencivenga. La lotta che si accese in Trentino nella primavera del 1916 divenne la prima grande battaglia difensiva da noi sostenuta; sostenuta, per giunta, quando il nostro esercito non era ancora uscito dalla crisi invernale, e con nuove unità presentanti carenze nel campo dell'addestramento e dell'amalgama. A prescindere dal citato difettoso schieramento iniziale, senza dubbio la violenza dell'mto austriaco colse di sorpresa molti comandanti ai vari livelli, provocando sbigottimento ed incettezza di comportamento, specialmente di fronte alla perdita subitanea di posizioni od alla constatazione di improvvise penetrazioni nei settori vicini: «Non fu raro il caso in cui questa insufficiente reazione dei Capi(...) li indusse ad ingiustificati anetramenti, proprio quando l'avversario disperava di procedere innanzi!» 2•

' L. CAPELLO, Note di guerra cit., 1, pp. 267-268.

' R. BENCIVENGA, Saggio critico sulla nosrra guerra ci t., TU, pp. 186-187. I primi di maggio del I917 i.I generale Pecori-Giraldi consegnò a Cadorna un'accurata rela-òone sugli avven imenti militari nel Trentino e sugli Altipiani dell'anno precedente. Cadorna ne prese spunto per diramare ai comandanti di armata e di corpo d'annata una circolare riservata, nella quale segnalò come dall'i nchiesta fosse emerso che «il grande successo iniziale dell'offensiva nemica è specialmente derivato dalla insufficienza dimostrata da parecchi degl i ufficiali che avevano comando in quella regione: insufficienze professionale, ma soprattutto deficienza di carattere». Ne conseguiva il dovere assoluto di «esercitare una selezione rigorosa per designare (o conservare al loro posto) i comandanti delle grandi unità>> (L. CADORNA, Pagine polemiche cit., p. 72).


LA CAMPAGNA DEL 1916

317

Ma a fronte di eno1i e deficienze del genere, del resto verificatisi ovunque, sta la salda prova complessiva superata. E non soltanto questa. Per uno strano rivolgimento negli animi, l'iniziale successo colto dagli austriaci, la consapevolezza di aver sventato un grave pe1icolo, l'esser riusciti a fermare decisamente, ma dopo qualche trepidazione, la piima grossa offensiva dell'avversario, tutto ciò provocò nei soldati una visibile reazione positiva, un miscuglio di fiducia e di aggressività che pervase anche le trnppe schierate sull'Isonzo, creando un ambiente psicologico particolarmente adatto sia a dissolvere «lo stato di pavida incertezza circa l'esito della lotta e la sensazione delle grandi difficoltà piuttosto diffusi dopo i tentativi falliti in precedenza» ', sia a favorire l'azione su Gorizia.

4.

DALLA SOMME A GORIZIA

L'offensiva austriaca nel Trentino ebbe vasta risonanza all'interno del Paese. All'improvviso si diffuse un senso di dubbiosa sfiducia, non soltanto nei riguardi del Comando Supremo, ma anche e soprattutto verso il governo. Per essere esatti, il clima antigovernativo si 1iscontrava pruticolannente spiccato nell'ambito politico, mentre l'opi1ùone pubblica, abituata a ritenersi estranea alle vicende parlamentari, ricevette un brutale contraccolpo psicologico da un pe1icolo, forse nemmeno percepito nella giusta misura, che faceva comunque cadere ogni residua illusione su una rapida fine della guerra. In sede parlamentare vennero allo scoperto il malumore ed il malcontento che covavano da tempo contro Salandra. Il 6 giugno, ancora in piena offensiva ausufaca, si riaprì la Camera; due giorni dopo il bilancio degli Esteri ricevette 120 palle nere su 190 votanti: «La votazione colpisce in pieno petto Salandra annotò Mattini-. Oramai, senza casi imprevedibili, la c,isi non si eviterà>> 1. E così fu. Salandra nulla fece per allontanarla da sé, «anzi ha fatto quanto occorreva per provocarla, fra stanco e sdegnato». Il discorso pronunciato il 10 giugno alla camera, e non preventivrunente portato a conoscenza dei colleghi di governo, fu del tutto infelice. Si soffennò sul Trentino, rilevando che l'andamento della linea di confine del 1866 aveva favorito l'offensiva aust:Jiaca, ma affermando che «talune sfavorevoli condizioni resero possibile i primi, innegabili successi del l'offensiva nemica. Giova tuttavia virilmente rilevare che difese meglio preparate l'avrebbero, se non alu·o, più a lungo e più lungi dai margini della zona montana» 3, e sog-

L. CAPELLO, Note di guerra cit., I, p. 280. ' F. MARTIN!. Diario cit.. p. 720. J Cadorna telegrafò 1' 11 giugno al ministro Morrone, pr<>Iestando in termini secchi (CCSM, Relazione ufficiale cit., m, tomo 2, p. 156, nota 1). 1


318

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

giungendo che, in seguito alle informazioni fornitegli dal capo di Stato Maggiore, aveva preso le misure del caso, con evidente sottinteso riferimento al collocamento a riposo d'autorità del generale Brusatit Parlò difendendosi da accuse non ancora fonnulate dal Parlamento e, quando le critiche si levarono - mancata dichiarazione di guerra alla Gennania, poca .intesa con gli alleati, .insufficienza di provvedimenti a favore della guerra, limitato interessamento per la condotta delle operazioni -, non replicò. Votarono contro la fiducia 197 nazionalisti, radicali, repubblicani, socialisti riformisti, molti giolittiani; a favore 158 cattolici, pochi giolittiani, alcuni liberali e alt1i per amicizia o ragioni particolari '. Sul piano personale furono rimproverati a Salandra la scarsa energia e l'isolamento. È fuor di dubbio che tali rimarchi fossero ben collocati, stupefacente però fu la scelta del nuovo presidente del Consiglio, Paolo Boselli, un uomo di 78 anni, sen.ile, di modesta levatura, di mediocre statura politica e di poco prestigio, che si volle alla testa di un ministero di unione nazionale. Una nomina, secondo Albertini, «giustificata solo dalla grande mediocrità delle figure che predominavano nella vita pubblica italiana» 2. I primi contatti fra Boselli e Cadoma lasciarono in quest'ultimo un'impressione negativa. Il presidente chiese subito una relazione «con qualche ampiezza» sull'offensiva austriaca nel Trentino, da leggere in Pmfamento. La relazione, inviata con sollocitudine, non fu letta, il spiacque molto a Cadoma. Il 10 luglio, poi, il generale Porro riferì che Boselli, nel corso di un colloquio avuto con lui a Roma, sembrava essersi allineato sulle posizioni di Salandra commentando che «dal Comando Supremo non erano state prese tutte le precauzioni per contrastare l'offensiva austriaca» 3• Al che Cadoma si ripromise di affronttu-Io, visto che attendeva una sua visita a breve scadenza, e di minacciare le dimissioni. Ed anche di chiedere un'inchiesta se il governo non l'avesse sostenuto. Incontrò Boselli a Feltre: «Mi schiacciò di elogi fino alla nausea - scrisse al figlio - fino a dinni che dopo I.a vittoria finale mi avrebbe condotto lui stesso in Campidoglio!»•.

' Più tardi, i11 un «Appunto sulla crisi ministeriale del giugno 1916», inviato a Vittorio Emanuele U1 iJ 15 l uglio 1916, Salandra volle spiegare le ragioni che lo avevano indotto a non cercare di ricomporre un nuovo o:ù.uistero. Indicò, cioè, il proprio logorio psico-fisico, le difficoltà dei rapporti con i deputati, i contrasti con Cadoma, il probabile insuccesso dell'eventuale tentativo (A. SALANDRA, Memorie politiche, Garzanti , Mil ano 1951 , pp. 9- 1I). 2 L. ALBERTINJ, Venti anni di vita politica cit., lV, p. 2 54. ' L. CAOORNA, Lettere famigliari c it., p. 158. ·• Ibidem, p. 160. In quella sede Cadorna propose a Boselli di premiare sia Pecori-Giraldi sia il generale Ricci Armani, comandante del settore val Lagarina, per la capacità dimostrata. Poiché i due, già a riposo, erano stati «richiamati io servizio» allo scoppio della gueffa, caldeggiò la promulgazione di un decreto che li ritransitasse nel servizio attivo. Boselli riconobbe giusto il provvedilnento , ma il silenzio scese sulla questione. Quando, il 20 dicembre, Cadorna chiese notizie, la risposta di Boselli fu deprimente: aveva rinunciato perché alcuni deputati avrebbero provocato una discussione alla Camera! Di fronte alla sdegnata protesta di Cadorna, Boselli fece deliberare il provvedimento dal Consig lio dei mi1ùstri (L. CADORNA, l'agine polemiche cit.. pp. 150-151).


LA CAMPAGNA DEL 1916

319

Il nuovo governo presentava due novità. Confermati i liberali che già avevano fatto parte del gabinetto Salaudra - vale a dire Sonnino agli Esteri, Orlando agli Interni e Carcano al Tesoro - , ed i due militari, il generale Morrone e l'ammiraglio Corsi, Boselli aveva chiamato esponenti di tutti i partiti, eccezion fatta per i soci~ùisti ufficiali. Tra i nuovi ministri spiccava la presenza di un repubblicano e di un cattolico. Boselli ottenne uno schiacciante voto di fiducia, ma il suo gabinetto, così folto, cettamente era il meno adatto a prendere con rapidità risoluzioni importanti ed urgenti. Poteva rispondere al desiderio dei partiti di partecipare alla gestione della guerra, ma non alle esigenze tipiche di un conflitto di quelle dimensioni. Il Cf mmento di Nitti fu pungente: «Era il ministero della debolezza che simu lava la forza( ... ). Ministero Nazionale, cioè di tut-

ti.i partiti, voleva dire incapacità ed inefficienza, paralisi dell' azione(...). Ma si credeva allora che la migliore cosa fosse di riunire tutti gli uomini con le idee più diverse e anche senza idee e ciò per rlon aver nessuna critica. Rimanevano fuori dal governo soltanto i socialisti, divisi fra di loro. Boselli era compiacente e benevolo con tuui e al termine non solo della sua carriera politica ma della sua stess,1 vita. Era facile prevedere che non avrebbe mai osato, con quella banda di ministri di tutti i colori che egli fonnò, avere una orientazione decisa in alcun senso» '.

La seconda novità fu rappresentata eia un ministro senza portafoglio, Leonida Bissolati, cui venne affidato l'incru·ico ufficioso ciel collegamento fra il governo ed il Comando Supremo, provvedimento che aggravò il contrasto esistente. Di temperamento più sognatore che pratico, più po1tato alla critica di soluzioni adottate che alla costruzione fattiva, Bissolati si trovò presto agli antipodi di Sonnino in tema cli politica estera e di Caclorna in tema di condotta della guerra. Con Cadorna, in special modo, lo scontro fu durissimo e Bissolati non resse alla prova. Il processo Douhet, nell'ottobre 19 l 6, segnò l'apice della tensione, poi l'intervento personale di Boselli calmò le acque e le circostanze consentirono un lento ravvicinamento dei due uomini, che nel la plirnavera ciel 1917 si mutò addirittura in amicizia 2•

' F.S. N11-r1, Rivelazioni cit., pp. 488-489. ' Cfr. IVANOE BONOMJ, La politica italiana da Porta Pia a Vittorio Veneto cit., pp. 291-295; P. ME1-0GRANI, Storia politica della grande guerra cit., pp. 196-207. Il colonnello Giulio Douhet, capo di Stato Maggiore del Comando Zona Carnia, aveva int.avolato una con-ispondenza con alcuni parlamentari non esitando a cri ticare apertamente la condotta della guen-a da parte del Comando Supremo. ll 20 luglio 1916 ave va scritto al mirustro Bisso lati proponendo addirittura la sostituzione del capo di Stato Maggiore dell' esercito. A fine agosto consegnò copia di un memoriale di dura critica, inviato a Sonnino ed a Bissolati, all'on. Mosca, il quale lo smarrì in treno . ll memoriale g iunse al Comando Supremo e Cadorna denunciò il colonnello alla Procura militare per violazione del segreto d ' ufficio, propalazione di notizie false e denigrazione del Comando Supremo. lJ processo, avvenuto oell'ottobre 1916, si concluse con la condanna ad un a1rno di reclusione m.ilitare. Nel novembre 1920 il Douhet ottenne dal Tribunale Supremo l'annullamento degli effetti della condanna.


320

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

* *

*

In giugno, mentre sugli Altipiani la spinta austriaca andava esaurendosi, a Verdun la lotta, in atto già da più di tre mesi, entrava nella sua fase più tremenda, anche perché, sia pure involontariamente, entrambe le patii ne avevano fatto una questione di orgoglio nazionale, di gran lunga superiore alla reale importanza del successo locale. «Se un giorno Verdun sarà presa, che disastro! Se sarà salva, come potremo dimenticarne il prezzo?» scrisse Poincaré. Pétain, come accennato, si era trovato in contrasto di concezioni con Joffre fin dall'inizio. Era convinto che i procedimenti tedeschi, di attaccare con poca fante1ia e molta artiglieria, riuscissero nell'intento di logorare lentamente ma sicuramente le forze francesi. Perciò non esitò a sostenere che il compito della Francia per il 1916 potesse e dovesse limitarsi alla difesa di Verdun. D'altra parte occorreva che gli inglesi, invece di rimanere con le armi al piede, dessero respiro alla 2° annata con una serie di attacchi «suscettibili di durare assai a lungo», piuttosto che con un'azione violenta e concentrata, destinata a perdere rapidamente efficacia. Joffre non conveniva né su uno sforzo unicamente britannico né, men che meno, sul concetto di Pétain di riconere ad una rotazione continua di divisioni fresche, da tenere su quel fronte per un periodo ridotto, al fine di evitare il totale annientamento delle unità francesi nella fornace di Verdun. Al 1° maggio ben quaranta divisioni si erano avvicendate a Verclun. «Se avessi ceduto alle sue richieste - osservò Joffre - l'esercito francese tutto intero sarebbe stato assorbito dalla battaglia, e noi avremmo dovuto rinunciare ad ogni speranza di partecipare all'offensiva decisa a Chantilly nel dicembre». Egli, invece, voleva assolutamente riprendere l' iniziativa. Quanto a Verdun, i tedeschi avevano deciso di imporre una lotta di logoramento? Ebbene, per vincere bastava «condurla con economia onde capovolgere la situazione, facendo in modo che da attaccati potessimo tornare attaccanti ( ...). È certo che in questa lotta ci sarenm10 logorati, ma anche il nemico si Logorerebbe e tutta la questione consisteva nel condurre le cose nostre con senno per poter resistere più del nemico» '. Questa la tattica che Joffre fermamente riteneva utile e che intendeva mantenere, e per l'appunto questo era il fondamentale motivo di attrito con Pétain. Joffre escludeva che il compito della Francia nel 1916 potesse ridursi alla difesa dj Verdun: l'offensiva britannica doveva essere coadiuvata da truppe francesi per ottenere «la vittoria definitiva collo sfondamento del fronte. Inoltre, il piano concordato con glj alleati prevedeva una concomitanza di offensive su tutti i fronti verso la fine di giugno. Anticipare quella britannica significava farle correre il rischio di risultare insufficiente allo scopo». L'avvento del generale Nivelle al timone della 2° annata aveva subito dato il via ad una serie cli costosi contrattacchi - che Pétain, nonostante le sollecita-

'C.J.J. J OFFRE, Menwrie cit., n, pp. 199-201


LA CAMPAGNA DEL 1916

321

zioni, anche brusche, aveva sempre rifiutato di effettuare - senonché, negando Joffre con ostinazione l'invio di truppe fresche per non compromettere la partecipazione francese alla prossima offensiva, ben presto i difensori di Verdun si trovarono in condizioni c1itiche. Pétain, «sempre più inquieto per l'andamento preso dalla battaglia» ', cominciò a reiterare le ricllieste di far anticipare l'intervento britannico perché «Verdun è minacciata e Verdun non deve cadere». Se in un primo momento aveva ventilato l'ipotesi di abbandonare la riva destra della Mosa e di combattere dietro Verdun, adesso sapeva letteralmente impensabile una mossa del genere, a causa delle sicure e gravissime sue 1ipercussioni di vario genere. In effetti le inquietudini di Pétain erano più che giustificate, ma per fortuna due avvènimenti si verificarono a favore di Verdun: il disastro austriaco in Galizia, che costrinse il Comando Supremo tedesco a togliere alcune divisioni dal fronte occidentale, e la chiara evidenza della non lontana offensiva britannica, che consigliava il nemico di risparnliare forze. Vero si è che un estremo tentativo fu compiuto il 23 giugno aprendo una profonda falla nel dispositivo francese, però il momento peggiore era passato. Ed ormai iniziava la battaglia della Somme. Sul piano nlilitare Joffre poteva considerarsi soddisfatto, visto che il rinnovato sforzo tedesco venne presto contenuto e poi respinto, ma su quello politico il discorso cambiava. Il Parlamento criticava apertamente la condotta delle operazioni a Verdun e per la prima volta costrinse il governo a tenere una seduta segreta sull'andamento delle cose militari. La disapprovazione nei confronti del Gran Quartier Generale fu serrata e, per sovraccarico, il governo non mostrò eccessivo calore nel difendere il generalissimo. Briand ammise tranquillamente che Joffre si era lasciato sorprendere in febbraio dall' attacco tedesco, e Roques affem1ò la necessità di prendere provvedimenti a carico di alcuni generali, Alla fine, peraltro, la discussione si concluse con un generico «omaggio collettivo» rivolto ai comandanti delle armate. Joffre non era il tipo da rinunciare alle proprie idee. Aveva lottato per rispamuare truppe a favore dell'offensiva della Somme, dove «si sarebbe svolta l'azione decisiva. Il 1916 poteva e doveva diventare l'anno della vittoria»! 2 • Ma-

' Ibidem, p. 205. Se con Joffre esprimeva dubbi ed apprensioni, davanti alle truppe Pétain ostentò sempre una tranquilla sicurezza. «On !es aura!» era la sua fiduciosa affermazione, che richiamava quella di Giovamrn d' Arco. ' C.1.1. JOFFR.E, Memorie ci L. , Il, p. 2 16. Vale la pena di riportare il giudizio di Joffre sulla difesa di Verdun: «Se la Storia mi riconosce il di.riti.o di giudicare i generali che operarono ai miei ordini, tengo ad affem1are che il vero salvatore di Verdun fu Nivellc, felicemente assecondato da Mangin. Il generale Pétain, arrivato a Verdun al momento della disorganizzazione che ereditava dal generale Herr, rimise l'ordine, aiutato da uno Stato Maggiore ben composto, e a mezzo di trnppe fresche che affluivano. Fu questo il suo merito, del quale non disconosco la grandezza. Ma nella condotta della battaglia, e particolarmente durante la crisi di giugno, la parte piì, importante fu sostenuta da Nivelle, che ebbe il merito raro di elevarsi al di sopra del proprio campo d.i battaglia, di comprendere quello che io mi attendevo da lui nell'insieme delle nùe combinazioni, e di mantenere intatt.i il suo sangue freddo e la sua volontà nel momento in cui il suo Capo [= Pétain] inviava al Ministro della Guen-a i suoi angosciati resoconti da me più volte citali» (ibidem, pp. 247-248).


322

LA PR IMA GUERRA MONDIALE

!auguratamente, la lotta incandescente di Verdun aveva bruciato parte delle disponibilità francesi, cosicché il generale Foch, comandante del gruppo d'armate del Nord, poté concorrere all'azione delle amrnte britanniche 4a (gen. Rawlison) e 5• (gen. Gough) con la sola 6" armata (gen. Fayolle). L'inizio della grande offensiva era stato fissato per il 1° luglio, con il proposito di sfondare le linee tedesche a cavallo della Somme, fra Bapaume e Péronne, per portarsi sulle comunicazioni germaniche nella zona di Carnbrai 1• li mattino del 24 giugno cominciò la preparazione di artiglieria. Fu violentissima e durò inintenottamente sino al 1° luglio, poi le fanterie britanniche e francesi attaccarono 2• A parte l'assenza della sorpresa, lo sfondamento non venne ottenuto perché, con la gittata delle artiglierie dell'epoca, l'opera di distruzione delle batterie alleate risultò minima sulla seconda linea tedesca, allestita a qualche chilometro a tergo della prima. La battaglia, fra alti e bassi e pause più o meno lunghe, si protrasse sino al novembre e costituì «l'epopea ed il cimitero dell'esercito di IGtchener)) 3• Per quanto, dunque, non abbia consentito agli alleati di raggiungere gli obiettivi previsti, riuscì tuttavia ad allentare la pressione su Verdun. Joffre non mancò cli esprimersi criticamente e superficialmente, sul comportamento del nostro Comando Supremo. La controffensiva sugli Altipiani, a suo dire, non portò ad un «risultato positivo» e per giunta, quando gli austriaci «spontaneamente si ritirarono dalla fronte trentina», dopo appena tre giorni ai arenò davanti alle nuove posizioni avversarie. La speranza dell'imminenza di un'offensiva italiana sull'Isonzo (il generale Alekseev insisteva, invece, per la prosecuzione degli sforzi nel Trentino) si trascinò per l'intero mese di luglio «senza che il Comando italiano potesse fornirmi notizie precise sia sulla data dell 'attacco sia sulle forze che contava di impiegarvi». E questo mentre «la battaglia russa, scatenata eia quasi due mesi su richiesta degli Italiani, cominciava a spengersi» 4. Accennando alla battaglia di Gorizia, il suo commento conclusivo

' Peraltro, nelle direttive emanate per i generali Foche Haig, Joffre aveva espresso l' intenzione «di condurre una lunga battaglia I.a cui conclusione doveva essere caratterizzata dal logoramento dei mezzi che il nemico avrebbe potuto opporci» (ibidem, p. 220), il che sembrerebbe indicare una fiducia piuttosto limitata nello sfondamento. 2 Il dispositivo tedesco comprendeva 7 divisioni in prima schiera e 4 in riserva. Quello alleato 17 di vis.ioni in prima schiera e 15 in seconda. La superiorità alleata nel campo delle munizioni era schiacciante. Gli inglesi spararono 1.600.000 colpi durante la preparazione ed il primo giorno di attacco; con tutto ciò, in quel giorno u1iziale persero 57 mila uomilù nell 'inevitabile «attacco frontale». Il? lug lio Tittoni telegrafò a Sonnino: «L'offensiva francese sulla Somme, che aveva potuto superare, con grande slancio tutte le linee di difesa tedesche, si è dovuto arrestare perché gli inglesi, dopo superata la prima Ju1ea tedesca, si sono arrestati innanzi all a seconda linea, dopo aver subito perdite molto pit1 rilevanti di quelle francesi( ... )» (D.D.I., 5• serie, VI, doc. 82) . ., B ASIL H. LrDDELL H ART, La prinw guerra mondiale, Rizzali, ?villano 1968, p. 297. Si trattava dei volontari che avevano risposto inuncdiatarnente all'appello di J(jtchener nel 19 14. 'Bencivenga ha osservato c.h e dalla seconda metà cli giugno a fine luglio sei divisioni austriac he lasciarono il fronte italiano. Due si fennarono in territorio ungherese a titolo precauzionale con-


LA CAMPAGNA DEL 1916

323

fu che «disgraziatamente però L'offensiva italiana si iniziava con oltre un mese di ritardo» e così tutti i suoi sforzi per «abbinare le azioni russa e italiana, le cui fronti erano tanto intimamente interdipendenti» non raggiunsero il risultato auspicato 1• Inutile ribattere che l'offensiva austriaca nel Trentino non era stata preventivata a Chantilly; che la Strafexpedition era fallita grazie alla resistenza della 1• armata e la ritirata «spontanea» del nemico era dovuta appunto al constatato insuccesso; che l'offensiva Brusilov si era avvantaggiata prop1io della sottrazione da quel fronte di truppe per l'operazione in Tirolo 2; che per attaccare nel settore di Gorizia occorreva prima ritrasportare la S3 armata sull'Isonzo (mentre per attaccar~ sulla Somme non era stato necessario spostare truppe da Verdun); che l'offensiva russa era stata rinviata di un mese all'ultimo momento. E, infine, non devesi omettere la minaccia esercitata nel luglio dalle azioni della 4• armata nel settore dolomitico, che ce1to non lasciò molto tranquillo il Comando della fronte sud-ovest austriaco. Comunque era innegabile - non lo si avvertiva soltanto adesso, e noi per primi ne avevamo subito le conseguenze nel 1915 - la precarietà delle direzione della guerra da parte dell'Intesa, così come altrettanto innegabile era la volontà di Joffre di dirigerla sulla base degli interessi egoistici francesi.

L'offensiva Brusilov perse rapidamente mordente dopo il grande successo iniziale, inatteso, a quanto pare, per la stessa Stavka. Si arrestò dovunque incontrò truppe tedesche od anche austro-ungariche solide, e la carenza di riserve non consentì di riprendere slancio. Dalla metà di giugno non fu più in grado di avanzare nella zona di Luck, benché sacrificasse senza riguardo i tardivi rinforzi a mano a mano che arrivavano al fronte. Dal canto suo, Falkenhayn si adoperò per sostenere l'alleato inserendo unità tedesche nello schieramento austriaco, ma soprattutto chiedendo che i Comandi tedeschi avessero pieno esercizio di comando operativo su tutte le unità austro-ungariche alle loro dipendenze. Conrad si era sempre opposto a quello che giudicava un serio colpo al prestigio della Duplice Monarchia e fino allora da pmte tedesca era stata rispettata tale suscettibilità. «Ma i dati di fatto risultati onnai dal procedimento dell'alleato nella sua operazione autonoma in Italia, rendevano necessario d ' ora innanzi passar sopra ai riguardi finora usati» J . I dati di fatto che il Comando Supremo tedesco venne a conoscere con irritato stupore, si compendiavano nella sottrazione di forze e di

tro un possibile intervento rumeno; tre arrivarono sul fronte russo tempestivamente ed una ad offensiva esaurita (Saggio critico sulla nostra guerra cit., m, p. 22 l). Per converso, nella seconda metà di giugno molte truppe tedesche furono spostate dal fronte occidentale a quello orientale (E. FALKENHAYN, Il Comando Supremo tedesco cit., p. 185). ' C.J.J. JOFFRB, Memorie cit., II, p. 281. ' Cfr. E. F.>\LHENHAYN, li Comando Supremo tedesco cit., p. 183. 3 Ibidem.


324

LA PR IMA GUERRA MONDIALE

numerose artiglierie dal fronte orientale a favore dell'offensiva nel Trentino sino a diminuire «oltre ogni misura» la capacità difensiva in Galizia. Oltre a provvedimenti specifici riguardanti l' organizzazione di comando, Falkenhayn ottenne che il Comando Supremo austriaco si impegnasse a non prendere iniziative importanti senza preventivo accordo con il Comando Supremo tedesco. Il disegno iniziale di Cadorna per l'offensiva sull'Isonzo contemplava uno sforzo violento contro il campo trincerato di Gorizia, articolato in due tempi. Prima, la conquista del Sabotino e cli Oslavia in modo da arrivare all'Isonzo; poi, eliminata la possibilità di manovra che la testa di ponte consentiva al nemico, l'attacco sul tratto San Michele-San Martino '. Come si vede, mentre secondo le direttive ciel 1914 le teste di ponte di Tolmino e di Gorizia assumevano carattere di obiettivo da conquistare per rendere agevole uno sviluppo offensivo delle operazioni oltre Isonzo, adesso all' occupazione di detto obiettivo veniva attribuito il significato di miglioramento delle possibilità difensive, in quanto si toglieva al nemico lo sbocco nella pianura. Fra le due teste di ponte, rivestiva senza dubbio maggiore importanza la soglia di Gorizia, che apriva la direttrice friulana. Studi e preparativi erano in corso avanzato, quando l'offensiva austriaca nel Trentino fece sospendere ogni cosa. A metà giugno, alleggeritasi la situazione della 1• armata, Cadoma confermò il concetto strategico di agire offensivamente sull'Isonzo. Tuttavia, tenendo presenti il logorio delle uuppe e dei mezzi ed i consumi di muniziotù provocati dagli avvenimenti in corso sugli Altipiani, ridusse l'ampiezza e la portata dell'operazione. In sostanza, si orientò a limitarla al primo tempo, cioè a «rettificare la nostra fronte sulla riva destra dell'Isonzo, prendendo saldo possesso della soglia di Gorizia». L'ilùzio dell'offensiva non poteva esser fissato, comunque non era prevedibile prima della metà di luglio. Quanto alle forze a disposizione del Comando 3• annata per l'alimentazione della battaglia, pensava di poter fornire un paio di corpi d'armata 2 • Il 25 giugno, giorno in cui fu accertato il ripiegamento austriaco sugli Altipiani, Cadorna cominciò a scendere nei particolari reputando possibile attuare l'operazione sull'Isonzo prima del previsto. Precisò, dunque, che «questo primo nostro sforzo deve tendere allo sfondamento delle difese nenùche nel tratto Sabotil10-Podgora» e chiese di conoscere il dispositivo di attacco 3• Non spiegò se e quando prevedeva un secondo tempo e che cosa avrebbe riguardato, ma si poteva immaginare si riferisse al San Michele, come prospettato in marzo.

'Cadoma al duca d' Aosta in data 14.3.1916, CCSM, Relazione ufficiale cit., III, torno 3 bis, doc. 1. ' Cadorna al duca d'Aosta in data 16.6.1916, ibidem, doc. 3. Peraltro, il 18 aprile Cadorna ordinò di <<estendere lo studio [per l'offensiva] alle modalità dell'attacco delle fanterie sulle due fronti Sabotino-Oslavia e San Michele-San Martino» (ibidem, doc. 2). ; Cadorna al duca d'Aosta in data 26.6.1916, ibidem, doc. 4. Si osserva: perché «deve tendere» e non «deve»? e perché parlare di «sfond,unento nel tratto Sabotino-Podgora» e non di «occupazione del Sabotino e del Podgora»?


LACAtvlPAGNA DEL 1916

32S

Il duca d'Aosta comunicò il suo proposito il giorno dopo, facendo riferimento ad una lettera di carattere generale del Comando Supremo: <<Conformemente ai criteri sanciti dal n. 2 della circolare di V.E. n. !0700 del 23 corr., l'azio· ne offensiva dcLr Armata sarà svolta su vasta rronte, da Plava al M.S. Michele, addensando però le fanterie e ammassando le artigl ierie contro quel !ratto della fu1ea nemica che occorre sfondare. L' al\acco principale tenderà alla conquista del Sabotino e delle alture di Oslavia, con obietti · vo l'Isonzo, coadiuvato da un attacco secondario contro la fronte Grafenberg-Podgora, mentre una vigorosa azione di collegamento premerà sulla cortina intermedia fra le alture di Oslavia e quelle del Grafenberg. Offensive secondarie nel settore del S. Michele ed in quello di Plava tenderanno a fissare su queste due ali l'azione ed i mezzi del nemico ( ... )»'.

Non si conosce quanto scritto nella circolare dei Comando Supremo, però nessun dubbio può sussistere sulla convinzione del duca d'Aosta di trovarsi in perfetta sintonia con il pensiero operativo del capo di Stato Maggiore. Stupisce quindi il commento di Bencivenga circa il proposito di svolgere sforzi dimostrativi alle ali, nei settori di Pia va e del San Michele: «Questo dispositivo ricalcava i vecchi schemi offensivi del 1915 che l'esperienza aveva condannato» 2 • TI comandante della 3" annata era stato chiarissimo: l'ampliamento della fronte investita a vario titolo dall' offensiva era «confom1e» ai criteri della circolare di.ramata dal Comando Supremo appena quattro giorni prima. E Cadorna nulla ebbe a ridire. Da notare, altresì, che il disegno operativo del Duca d'Aosta abbracciava l'intero fronte giulio, perché questo al momento si trovava affidato alla 3• armata, ma, una volta stabilizzata la situazione nel Trentino, era ovvio che sull' Isonzo venisse ripristinato lo schieramento iniziale. Difatti il 30 giugno il Comando Supremo ricostit11Ì la 2" armata (gen. Settimio Piacentini) sul medio Isonzo, stabilendone il limite di settore meridionale a nord del Sabotino. L'incarico di impegnare l'avversario a Plava passerà al IV corpo, appartenente alla 2" armata ' . li 9 luglio Cadorna constatò con dispetto che, contrariamente ai severi ordini impartiti circa la segretezza, si erano verificate indiscrezioni sul proposito offensivo verso Gorizia. Data la possibilità che qualche voce pervenisse al nemico e considerando perciò ridotto il fattore sorpresa, decise di consentire le azioni della 4° armata nel settore dolomitico, sì da distrarre il nemico, prima d.i portarsi sull'Isonzo. Rimaneva comunque indispensabile cercare di realizzare in qualche misura la sorpresa. A tale scopo, Cadorna si riprometteva di «eseguire a momento op· portuno una rapida manovra per linee interne, sfruttando al massimo ferrovie ed

' Duca d'Aosta a Cadorna in data 27 .6. 19 I 6, ibidem, doc. 9. ' R. B ENCJVENGA, Saggio critico sulla nostra guerra cit., III, p. 229. ' Cfr. CCSM, Relazione ufficiale cit., III, tomo 3 bis, doc. 22, Ordine d' operazioni del Comando 2• amiata.


326

LA PRIMA GUERRA MONDI.ALE

autocarri, per trasportare dall'una all'altra fronte la massa delle aitiglierie e delle bombarde. Queste, appena sbarcate, dovevano recarsi sulle postazioni già apparecchiate e compiere tutti i preparativi per entrare in azione, mentre avrebbe avuto luogo il movimento delle trnppe. L'offensiva doveva cominciare appena terminato il trasporto e non più tardi di otto giorni dopo il principio di questo» •. Sempre ai fini della sorpresa, venne posto in atto un piano d'inganno spargendo voci di preparativi di offensiva in val Sugana e nel settore occidentale delle Dolomiti. In questo quadro, Cadorna si recò a Feltre - ove ri.cevette la visita di Boselli, opportunamente divulgata - rimanendovi sino al 3 agosto. Si verificò adesso una strana conconùtanza di idee. Entrambi i contendenti pensarono di ricorrere ai gas asfissianti. Non erano mai stati impiegati sul fronte italiano, sia per i molti dubbi sui risultati ottenibili, specialmente in teneno montano, sia perché, essendo i due eserciti non bene attrezzati per un'efficace difesa, nessuno voleva rischiare la sicura rappresaglia che non sarebbe stato in grado di sopportare. Da ambo le parti si profilava un problema di ordine primario da risolvere sull'Isonzo. La 5a armata austro-ungarica aveva risentito sensibilmente della sottrazione di forze e di ,utiglierie a favore delle esigenze nel Tirolo e sul fronte 01ientale, e tale sottrazione non era stata compensata dall'arrivo di complementi privi di esperienza e di addestramento. Perciò il generale Boroevié, visto fallire il tentativo del gruppo d'esercito del Tirolo, riprese il progetto che accarezzava da tempo per eliminare l' insistente e pericolosa minaccia italiana sul San Michele, vero centro nevralgico del Carso. Clù, in particolare, sollevò la questione dei gas fu l'arciduca Giuseppe, il quale vedeva insostenibile la situazione delle proprie truppe sull'altopiano di Doberdò. Mentre per Boroevié gli effetti dei gas sperimentati altrove non parevano tanto probanti da accettare l'inevitabile contropartita, l'arciduca insisté, sottolineando che, almeno in campo tattico, i tedeschi erano riusciti a conseguire successi consistenti. In breve, Boroevié finì per consentire ed i preparativi condotti da un battaglione di specialisti addestrato a Krems ebbero corso, ammassando nelle trincee avanzate le bombole di gas fosgene. Un' accelerata ai tempi venne data da una certa attività italiana, essenzialmente di fuoco, sul basso Isonzo. Era intesa a distogliere l' attenzione austriaca dalle prediposizioni contro la testa di ponte d i Gorizia, però coinvolse anche t1incee con le bombole. La gravità del pericolo spinse allora l'arciduca Giuseppe a cogliere la prima occasione di condizioni meteorologiche favorevoli ed il 29 giugno, nel pomeriggio, ordinò di aprire le bombole. Per quanto .il gas avesse provocato rapidamente una breccia di alcune centinaia di metri nelle posizioni italiane del San Michele, scendendo il pendio ver-

' L.

C ADOR NA ,

La guerra allafrome italiana cit., I, p. 209.


LACAJvfPAGNADEL 1916

327

so l'Isonzo, non riuscì a diffondersi sino alle batterie schierate nella zona circostante. Di conseguenza gli austriaci, impacciati dalle maschere alle quali non erano abituati, sotto un tambureggiante fuoco di artiglieria e contrattaccati con veemenza, si ritirarono in pieno disordine. «Il tentativo di avanzata ci costò comp lessivamente tremilacinquecento uomini e tutto quello che ci fruttò fu una delusione terribile»'. Le perdite dell'XI corpo italiano ammontarono a poco meno di 7 mila uonùni. Ma anche a Cadorna erano venuti in mente i gas. Nelle citate direttive del 26 giugno aveva scritto: «(...) Desidero inoltre che si faccia impiego, nella più larga scala possibile, di gas asfissianti, ad cscmpto per rendere inabitabile il rovescio de-l Podgora e quelle altre zone noto1iamcnte sedi delle più potenti ed attive masse di artiglierie nemiche. E poiché siffatto impiego non è scevro di difficoltà di dettaglio, che 1ichicdono molteplici disposizioni preventive, prego prendere di.retti accordi con l'Ufficio tecnico intesi a tutto predisporre per adoperare il nuovo roeizo a massimo rendimento( ...)» ' .

Meglio sarebbe stato se la segreteria di Cadorna, che aveva redatto le direttive in questione, si fosse informata in anticipo presso l'Ufficio tecnico del Comando Supremo, proprio per sfrnttare al massimo «il nuovo mezzo)>. Si sarebbe risparmiata questa risposta del duca d ' Aosta: <<( •..) Gas asfissianti. Come sarà noto a codesto Comando, non si hallllo attualmente proieui disponibili con liquidi speciali, che sono stati tutti ritirati per ordine ministeriale, causa inconvenienti nel funzionamento (telegramma di codesto Comando, Ufficio Tecnico, n. 6776 del 23 corrente)»'·

Tornando al fattore sorpresa, il problema di fondo riguardava le artiglierie: dovevano arrivare dal Trentino trovando pronti postazioni, osservatori, piani di fuoco, dati per il tiro di precisione. Il tutto preparato in assenza dei comandanti delle batterie e dei pezzi. Non era impresa facile, ma venne portata a termine benissimo. Il trasferimento delle truppe (quattro divisioni) e delle ru.tiglìerie di medio e grosso calibro (80 batterie, di cui 22 di bombarde) fu attuato a partire dal 27 luglio. Anche questa volta la pianificazione e l'esecuzione dei trasporti furono eccellenti. In una settimana vennero spostati più di 300 mila uomini, 57 mila quadrupedi e 10 mila carri, a parte gli ingenti trasporti di complementi, operai, munizio1ù e mate1iali d'ogni genere ·1• Un avversario ha commentato: «Mentre la

'FRlrl WEBER, Dal Monte Nero a Caporetto,

Mursia, Milano "1 967, p. 199.

' CCSM , Relazione ufficiale cit., ll, tomo 3 bis, doc. 4 ciL

' Ibidem, doc. 9 cit.

• Furono trasferiti l'Vill corpo (43" e 48' divisione) cd il XXVI corpo (23° e 46• divisione). La 19• e la 47• divisione erano state inviate a fine giugno; la 24" il 18 luglio. Il 10 agosto seguirono la 1O" divisione e la J' divisione di cavalleria della 1• annata. Quindi, entro il 20 agosto, ru la volta del XIV corpo (con la 34" divisione) e del XXIV corpo (4• e 33• divisione) e delle brigate Catania e Sesia.


328

LA PIUMA GUERRA MONDIALE

calma sull'Isonzo diventava sempre m eno rassicurante, il nemico stava preparando un assalto di sorpresa unico in tutta la storia della guerra italiana» '. A fine luglio il Comando Supremo austro-ungarico pensava che la lotta nel Trentino avesse «azzoppato» gli italiani per parecchio tempo, tanto da giudicare impossibile una nostra iniziativa nella «regione costiera» prima della metà di agosto 2 • In effetti, pur avendo intuìto che il prossimo colpo sarebbe stato diretto su l medio Isonzo (così come noi avevamo compreso l'approssimarsi dell' offensiva nel Trentino), non riuscì a percepire né lo spostamento della massa mata verso il Friuli, tanto fu rapido ed ordinato; né l'imminenza dell · attacco, perché lo schieramento delle unità immediatamente prima dell'inizio della battaglia impedì le diserzioni che, di solito, davano l'allarme ai difensori \ né la violenza del bombardamento sul tratto Sabotino-Podgora (cosl come noi non avevamo previsto la violenza dell'offesa sugli Altipiani). La desiderata concomitanza delle offensive alleate e l'auspicata entrata in campo della Romania potevano far attribuire all'offensiva contro Gorizia prospettive strategiche di tutto rispetto. Però occorreva considerare i vari termini del problema. Anzitutto le forze contrapposte. D a parte italiana erano schierate la 2• ru:mata con il IV corpo (gen. Tassoni) in corrispondenza della conca di Plezzo e della testa di ponte di Tolmino, ed il II corpo (gen. Gadoni) a Plava; la 3° minata con il VI corpo (gen. Capello) in corrispondenza della testa di ponte di Gorizia, l'X.l corpo (gen. Cigliana) al San Michele ed il VII corpo (gen. Tettoni) nel settore di Monfalcone. Da parte austriaca stava la 5a armata con il XV corpo a Tolmino, il XVI corpo (gcn. Wunn) a Gorizia ed il VII corpo (arciduca Giuseppe) sul Carso. Grosso modo il rapporto il rapporto di forze era di 2 a l a nostro favore'. Ma gli austriaci si trovavano su posizioni saldamente organizzata. Una linea difensiva pressoché ininterrotta correva da Plava ali ' altopiano di Doberdò cd

,u--

F. WEBER, Dal Mome Nero a Caporelto cii., p. 204. Aldo Valori si è pronunciato sdegnosamente contro la manovra per linee interne vamata «liricamente» dal nostro Comando Supremo: «Dov 'è la manovra per linee intcmc come atto spirituale, volontario, come metodo caratteristico, specifico? Non riusciamo a vederlo» (A . VALORI , La guerra italo-a11s1riaca cit., pp. 212-214). C i sembra che all'enfasi risponda l'enfasi; a parte ciò. senza scomodare Napoleone, ma anche senza ridurre una manovra per linee interne ad una semplice questione di trasponi , possiamo dire che, alla lenta ed accurata preparazione dello spostamento della 5• armata dalla pianura veneta ali' lsonzo, corrispose una rapidissima esecuzione, tale da consentire la cercata sorpresa. ' Cfr. A. Bou.,m. Riassunto della relazione ,t}Jiciale austriaca cii., pp. 239-240. ' Soltanto il 5 agosto la cattura di alcuni prig ionieri fornì agli austriaci elementi di sospetto. Il generale Zeidler, comandante della 58' divisione, incaricata della difesa della testa di ponte, si ltO· vava in licenza. • ralkenhayn ebbe uno sprez:w ntc commento sull'eventuale invio di unità gernianiche sul] ' 1· som:o: «Gli avvenimenti sulla fronte italiana nulla hanno in comune con quelli della Somme. Il Comando Supremo tedesco non avrebbe fornito truppe gennanicbc a scopi difensivi in Italia, anche se non fosse avvenuta la battaglia della Somme, giacché l'esperienza finora avvenuta non dava asperare da tale provvedimento alcuna favorevole influenza sul rendimento dell'Austria-Ungheria» (E. FALKENHAYN, Il Comando Supremo tedesco cit., p. 194).


LA CAMPAGNA DEL 1916

329

al mare, assicurando con le sue trincee e caverne una validissima protezione contro il fuoco dell' artiglieria. A tergo di questa, una seconda linea, incompleta, partiva da monte Santo, si appoggiava al versante occidentale del San Gabriele ed alle colline sulla sponda orientale della Vertoibica, giungeva al monte San Marco e poi saJiva sul Carso, tenendosi ad oriente del vallone di Doberdò. Per limitarci a considerare il campo trincerato di Gorizia, sul quale si appuntava l'attenzione del Comando Supremo, la testa di ponte era «un capolavoro di tecnica militare. Il Sabotino era stato trasformato in un'immensa fo1iezza. Ogni compagnia, ogni plotone disponeva di caverne aperte con la dinamite nella roccia viva, dalle quali partivano cunicoli che conducevano alle due posizioni che tagliavano ad un terzo ed a mezza altezza il pendio del monte piuttosto scosceso e privo cli ripari naturali. La vetta era circondata da una corona di postazioni di mitragliatrici in cemento armato, provviste di scudi. Una galleria lunga trecento metri(...) consentiva di far arrivare le riserve nelle posizioni, senza che venissero decimate durante la marcia di avvicinamento. li Sabotino, quindi, sembrava pressoché al sicuro da ogni assalto nemico. Le batterie incavernate coprivano le alture di Oslavia, di Peuma, il Podgora e il basso Vippacco con un fuoco di fianco micidiale. Era fornito di scorte di viveri, di condutture dell'acqua, di un montacariclù elettrico coperto. In base a quanto era dato umanamente prevedere lo si poteva considerare inespugnabile( ...). Altrettanto ineccepibili, sotto l'aspetto tecnico, erano le fortificazioni intorno a Oslavia ed a Peuma e quelle del Podgora, con la differenza che qui il terreno(.. .) più facile da scavare, non oppose la resistenza sperata al tiro infernale delle batterie nemiche, che lo ararono, nel vero senso della parola» 1• A tergo, il campo trincerato poggiava su monte Santo-monte San Gabriele a nord e su monte San Marco-monte San Michele a sud. Monte Santo ed il San Michele erano i pilastri che avrebbero consentito la caduta delle difese orientali di Gorizia e lo sfruttamento del successo, ma il San Michele rivestiva un'importanza fondamentale per la difesa: perduto quel perno, cadeva l'intero altopiano di Doberdò e saltava la spalla meridionale del campo trincerato. Tenuto conto di questo quadro, bisognava accontentarsi di puntare su un obiettivo parziale, anche se significativo, per non ricadere negli sterili e costosi attacchi già sperimentati in precedenza. L'obiettivo venne dunque stabilito nella testa di ponte di Gorizia, vale a dire si intese eliminare la presenza austriaca sulla destra dell'Isonzo. Per quanto robustamente organizzata, essa presentava due condizioni favorevoli per un forte attacco cli sorpresa. La sua scarsa profondità consentiva il massimo sfruttamento del fuoco di artiglieria: i precedenti sul fronte occidentale e sugli Altipiani avevano indicato come almeno la prima linea fosse condannata in pa1ienza a cedere sotto il peso della battaglia di materiali. La presenza dell'Isonzo, alle spalle della testa cli ponte, rendeva inoltre di difficile esecuzione un contrattacco austriaco con trnppe fresche.

'F. WEBER, Dal Monte Nero a Caporetto c it., pp. 217-219.


LA PRIMAGUERRJ\ MONDIALE

330

CAM PO TRINCE'RATO DI

GORIZIA

:,,cA~A CHILOMfTRICA

--== =>==--..===--3"'m.

#!"·

r,s.ooo

-

II. C. d'A.

"'

~

//"inc~d il.:1/1dne

..A,-.,_ ?r/ncco .,~/IICA8


LA CA MPAGNA DEL 1916

331

Consapevole della portata della decisione assunta, il 25 luglio Cadoma fece rispondere alla nuova sollecitazione di Joffre in questi termini: «Offensiva che tra pochi giorni s'inizierà sulla fronte dcll'lsonio sarà condottn con la maggiore energia e con luUi i mezzi di cui disponiamo; ma occorre aver presente che la persistente scarsità relativa dei mezzi d'artiglieria non è in relazione con gli aumenti che abbiamo potuto conseguire nel numero delle unità di fan teria. Dalla offensiva progettala non possono quindi ripromettersi risultati grandiosi; ma si può dare assicurazione che ogni sforzo sarà compiuto per condurre con vigore l'offensiva e traueoere contro di noi il maggior numero possibile di fone austro-ungariche» '·

*

*

*

TI giorno prima Cadoma aveva concluso anche una questione che stava trascinandosi dal principio del mese: quella balcanica. Se i frances i si mostravano caldamente interessati al fronte di Salonicco, Sonnino continuava a guardare con occhio particolare l'Albania. Il 5 luglio aveva prospettato la convenienza di rinforzare il nostro corpo di spedizione, visto che a fine aprile era rimpatriata la 44° divisione ed il 23 maggio la 43°. Cadoma, ormai tranquillo nel Trentino, considerò con spirito positivo le notizie di concentramenti austriaci in Albania, chiaro segno premonitore di intenzioni aggressive, e non ebbe difficoltà a disporre, a titolo precauzionale, che una divisione si tenesse pronta a partire per Valona «al primo cenno». Oltre a ciò, facendo il calcolo della forza disponibile dopo l'incremento ricevuto dall 'esercito durante la primavera, ritenne di poter consentire l'invio di una brigata a Salonicco 2• Però pose una condizione: il «categorico unpegno alleato ad agire o ffensivamente in quello scacchiere a breve distanza di tempo dall'arrivo della brigata» 3 • Bilancio della forza alla fine del 1915 Uomini

Il I• gennaio 19 16 erano alle armi ................................................................................. 2.044.958 Chiamati alle anni dal 1• gennaio al 3 I luglio 19 l6 .. ..... ........ ... ............. ........ ...... ... .... 829. 170 TOIALE ....................... 2.874. 128 Perdite assolute (morti, feriti, prigionieri. ammalati) Perdite effettive

>

524.760

morti in combattimento ............................. 56.680 morti in luogo di cura................................ 5.000 prigionieri .................................................. 56.030 invalidi ...................................................... 85.588

- >

Totale 203.298

dalla zona di guerra.................. 136.000 dalla zona territoriale .............. 160.000

-+

Totale 1.296.000

Ricuperi a lutto luglio 1916

' R. BENCIVENGA, Saggio critico s11/la nostra guen-a cit., ID, p. 227. Cfr. C.J.J. JoFFRE, Memorie cit., Il, pp. 280-281.

'Cadoma a Sonnino in data 5.7.1916, O.O.I., s· serie, VI, doc. 73. ' Cadoma a Sonnino in data 11.7.1916, ibidem, Vl, doc. 103.


LA PRIMA GUERRA MONDIALE

332

Il fronte macedone era piuttosto sui generis. Entrambi gli avversari si erano sistemati a difesa molto bene. I tedesco-bulgari avevano rinunciato sino dal marz.o ad avventurarsi in un attacco che sarebbe 1isultato altamente oneroso. Dopo tutto, ad essi faceva più comodo che 200 o 300 mila nemici si trovassero bloccati in quella regione eccentrica, piuttosto che trovarseli di fronte in Francia. E, d'altro canto, non nutrivano timori per una mossa offensiva dell'Intesa, calcolando che per avere probabilità di riuscita doveva essere condotta con un notevole complesso di forze, il che avrebbe comportato gravi difficoltà logistiche 1• Per i francesi il discorso era differente. Joffre da tempo premeva sul generale Sarrail affinché uscisse dalle semplici azioni dimostrative, prive di concreta utilità, ed assumesse un atteggiamento energico nei confronti dei bulgari, che in maggio avevano occupato forti posizioni in Grecia. Ma il comandante dell 'Armée d'Orient - con il quale correvano rapporti poco meno che tempestosi chiedeva altre cinque o sei divisioni, che Joffre non intendeva concedere. Esistevano, inoltre, ancora due aspetti niente affatto trascurabili. La Gran Bretagna non faceva mistero di essere contraria all'impresa e di non avere alcuna intenzione di partecipare ad operazioni attive; e la Grecia persisteva nella sua cattiva volontà, al punto di aver praticamente consentito ai bulgari l'occupazione dell 'importantissimo forte di Rupel, tanto da convincere i governi dell'Intesa a rinunciare ad ogni speranza di apporto militare ellenico. In conclusione, il generale Sarrail avrebbe dovuto avvalersi delle truppe francesi e di quelle serbe, appena riordinate. Per fortuna, i prinù di luglio il desiderio di superare le tergiversazioni rumene portò il governo britannico a cambiare orientamento. In questo quadro, la Francia si rivolse all'Italia. L'ambasciatore Barrère chiese a Sonnino se, nel caso di un'offensiva alleata partente da Salonicco, fosse possibile contm·e su un' azione concorrente da Valona 2 • Come sappiamo, Cadoma concentrava ogni attenzione su Gorizia, cosicché, quando Barrère completò il pensiero francese chiedendo che l'Italia mandasse a Salonicco un' intera divisione, invece di una sola brigata, tenne ad essere molto esplicito. Inviare una divisione era impossibile, stante la nota carenza di artigl ieria, ma, a prescindere da questo vincolo, era bene non sussistessero equivoci sul fatto che «nostro concorso a Salonicco debba essere lim itato ad una sola brigata, e ciò a tito lo di semplice rappresentanza della nostra bandiera, non già nell'intento di prestare all' offensiva degli alleati(...) effettivamente fo1te cooperazione» 3•

1

Cfr. E. FALKEN HAYN, li Co111a11do Supremo tedesco cit., p. 188. ' Sonnino a Cadoma in data 14.7.1916, O.O.I., S" serie, Vl, doc. 120. La pressione degli alleati sulla Romania era assai pressante. Il generale Alekscev i1veva risposto seccamente al presidente del Consiglio, Bratianu, che tergiversava. di non poter prendere impegni sulla situazione militare quale sarebbe stata fra un mese o più tardi: «Momento attuale è il più propizio per l'entrata in azione della Romania. Ad ogni modo la Romania non deve illudersi di poter fare una passeggiata trionfale in Transilvan ia dopo che i russi avessero compiuto da soli lo sfor,.;o di abbaltere la potenza austriaca ( ...)» (Fasciotti a Sonnino in data 8.7. I916, ibidem, Vl, doc. 85). ) Cadoma a Sonnino in data 19.7.1916, ibidem, VI , doc. 138.


LA CA MPt, GNA DEL 1916

333

ll netto diniego cadde, peraltro, qualche giomo più tardi. 11 24 luglio i capi .missione francese e russo presso il Comando Supremo si presentarono a Cadorna e, a nome di Joffre e di Alekseev, ormai rassicurati dall' intesa raggiunta con il capo di Stato Maggiore britannico, tornarono alla carica per ottenere una divisione, spiegando che l'offensiva alleata contro i bulgari avrebbe fatto cadere le ultime esitazioni della Romania. Allora, riconsiderando la cosa, Cadorna aderì alla richiesta, pensando che questa sottrazione di forze dal nostro scacchiere sarebbe stata compensata dai risultati ottenuti dal comune sforzo nei Balcani 1• Tn realtà la Romania si era già impegnata una settimana prima, comunque all'improvviso (ma non tanto) sorse un ulteriore intoppo. Il governo britannico ed il generale Robertson si dichiararono contrari a dare alla prevista operazione da Salonicco' una portata superiore al previsto voluto semplice alleggerimento della pressione bulgara. Giorgio V era stato franco: «dopo insuccesso di GalJipoli e di Kut el Amara, Inghilterra non può rischiarne un terzo a Salonicco» 2• L'offensiva bulgara del 18 agosto contro le linee francesi e britanniche, modificherà ovviamente tale atteggiamento.

5.

L A BAl"l'AGLlA DI GORIZIA

(6°

BATrAGU1\ DELL' l SONZO)

Il Bencivenga ha osservato che, affidando l'eliminazione della testa di ponte di Gorizia alla 3• tmnata, Cadorna non tenne per sé alcuna riserva; e che, rientrando ad Udine il 4 agosto, «non poté esercitare il necessario controllo sul le disposizioni dell'armata per assicurarsi che esse fossero in armonia colle direttive del 30 giugno. Così il Comando Supremo si trovò di fronte ad un' azione che non era stata prevista, ed impreparato ad intervc1ùre nei suoi sviluppi» 3 • L'azione non prevista fu quella contro il San Michele; gli sviluppi sui quali non poté intervenire furono il cedimento, più apparente che reale, della difesa di Gorizia nel suo complesso. Queste affermazioni, ed i motivi addotti a loro sostegno, non appaiono convincenti. Per quanto attiene alla riserva, è vero che rimaner privi di un minimo di forze alla mano costringeva il Comando Supremo ad una parte da spettatore, senza la possibilità di influire sugli avvenimenti. Tuttavia non bisogna dimenticare che, proprio facendo il calcolo delle disponibilità in rapporto alle esigenze, Cadoma aveva limitalo l'obiettivo della battaglia alla conquista della testa di ponte ed assegnato alla 3• armata truppe più che sufficienti alla bisogna. Infatti, elencando

'Cadonia a Sonnino in data 24.7.1916, ibidem, VI, doc. 177. Alla data del 27 luglio l'Armée d'Orient contava 112 mila francesi , 115 mila inglesi, 118 mila serbi e 10 mila russi. Il primo convoglio della 35• divi sione (gen. Pctitti di Rorcto) salpò da Taranto 1'8 agosto. ' Imperiali a Sonnino in data 4.8. 19 I 6, ibidem, Vl, doc. 23 1. 3 R . BllNCJVENGA, Saggio critico sulla nostra guerra cit., ili, pp. 233-234.


334

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

le forze che avrebbe messo a disposizione dell' armata, il 12 luglio scrisse al duca d'Aosta: «l 'ali forze (6 divisioni], salvo eventi imprevedibili, saranno tutte destinate ad alimentare l'offensiva, e ad esse, come già dissi a V.A.R .• spero di aggiungere una o due divisioni che rni riservo di trarre daUa l" armata( ... ). Sulla base di questi dati, ritengo assicurato con largo margine l'accoglimento della richiesta di V.A.R. ( ...)» '.

Poiché il compito operativo doveva e poteva essere affrontato e condotto a risoluzione nell'ambito della 3° armata, non sembra fosse indispensabile una riserva del Comando Supremo, che, comunque, all'occorrenza sarebbe stata ottenuta con quell' una o due divisioni di trarre dalla 1• armata. Sulla possibilità di controllo degli ordini del Comando 3• armata, il discorso si fa più complesso. Anzitutto non è accettabile, per principio, che il comandante in capo rimanga senza possibilità di informazioni, di giudizio e di intervento quando si allontana dal proprio Posto Comando. Se e quando ciò avviene è per cattiva organizzazione di comando ed il primo responsabile è il comandante in persona. Anche se Cadorna si trovava a Fcltre, la sua segretc1ia, vero e proprio «cervello» del Comando Supremo - senza entrare in un esame critico della struttura di detto Comando, voluta dallo stesso Cacloma - , continuava a ricevere, esaminare, valutare e controllare le disposizioni dei Comandi delle armate. E ad Udine era rimasto il sottocapo di Stato Maggiore, generale Porro, il cui più importante incarico era per l'appunto quello di sostituire il capo «nelle stesse operazioni di guerra durante le lunghe e frequenti mie [=di Cadoma] assenze da Udine» 1 . Quindi, qualunque elemento fosse affiorato non in linea con il ben conosciuto pensiero del capo doveva essergU immediatamente riferito, ammesso e non concesso che - in presenza di evidente distorsione di direttive - il sottocapo non intervenisse subito, se non altro per chiedere spiegazioni. Ma tutto ciò rimane al livello di considerazioni d'ordine generale, di fronte ad un/atto inequivocabile: Cadoma era perfettamente a conoscenza delle idee del duca d ' Aosta e degli ipotetici sviluppi dell'offensiva. Vediamo Ja sequenza degli ordini. Secondo gli intendimenti comunicati al Comando Supremo il 27 giugno 3, il duca d'Aosta si proponeva di agevolare l' azione principale del VI corpo «fissando» gli austriaci nel settore ciel San Michele con un attacco secondario. Il 31 luglio, in sede di ordini esecutivi, inviati per conoscenza al Comando Supremo, egli dunque dispose che: tre

- il VI corpo (sci divisioni) attaccasse il nemico sul Iratto Sabotino-Oslavia, «per ributtarlo olil fiume Isonzo e prendere, in un primo tempo, saldo possesso della soglia di Gorizia»;

' CCSM, Relazione 11.fficiale cit., ili, tomo 3 bis, doc. 10. 'L. CA DORNA, Pagine polemiche cit., p. 2 17. ' CCSM, Relazione ufficiale cit., IlJ, tomo 3 bis, doc. 9 cit.


LA CAMPAGNA DEL 1916

335

- l'XI corpo (due divisioni) attaccasse «risolutamente» ne l sellore del San Michele con la propria sinistra «scegliendo la direzione che meglio valga a favorire l'operazione del VI corpo», allo scopo principale di impedire all'avversario di rivolgere il fuoco de lle sue artiglieriecomro il VI corpo: - il VJJ corpo (due divis ioa.i di fanlcria ed una di cavalleria) auaccasse «risolutamen1e» ne l seltore di Monfalcone per «attirare a sé la maggior possibile quantità di forze nemiche cd impedime lo sposiamcnto»; - il Xillcorpo (una divisione ed una b1igata rinforzata) sccondassc le azioni del Vli e dell'Xl corpo «nel modo che le circostanze indicheranno come più opportune» '.

Rimanevano in riserva d' armata l'Vffi corpo con una divisione ed il XVI corpo con tre divisioni. ln sostanza, il duca d'Aosta aveva i mezzi per gestire la battaglia. Pa6siamo adesso agli ordini impaititi dai comandanti del VI e dell'Xl corpo. 11 generale Capello era incaricato, con il suo VI corpo, dì assolvere unitariamente lo specifico compito assegnato aUa 3• annata, cioè l'occupazione delle testa di ponte. Egli indicò i criteri dell'occupazione della riva destra dell'lsonzo «in primo tempo» (così come gli era stato detto dal Comando 3° armata) e, per la riva sinistra, precisò: «Resta inteso che in ogni caso, salvo ulteriori ordini. il prendere piede sulla sinistra dell'Isonzo s'intende asserragliarsi al di là dei passaggi occupati in modo da costituire una piccola testa di ponte nella vicinanza dei punti stessi così da garantirne la testata. Poche forze e qualche mitragliatrice. Ripeto che in ogni caso l'estensione dell 'occupazione al di là del fiume sarà eventualmente ordinata da questo Comando(... )»'·

Il generale Cigliana, il cui Xl corpo d'mmata si trovava già sulla sinistra dall'Isonzo, dispose «l'attacco risolutivo ed energico» da parte della 22• divisione rinforzata, «con lo sforzo principale e poderoso nel tratto Costone Vìola alto-Cima 1-Cima 2 [settore settentrionale del San Michele]» per favorire l'azione del VI corpo ;_ Questi ordini hanno originato discussioni sotto due aspetti. Il primo prende spunto d,ùla costituzione delle piccole teste di ponte ordinata dal generale Capello. Era legata al concetto di «primo tempo». Sappiamo benissimo che Cadorna, nelle sue direttive del 14 mar-Lo, aveva parlato dì attaccare il San Michele e San Martino «in secondo tempo» 4, ribadendo implicitamente il concetto il I 6 giugno )• anche se negli studi particolareggiati ordinati il 18 aprile si era espresso chiaramente sulla - concatenazione delle due azioni contro il Sabotino-Oslavia ed il San Michele-San Martino 6 • Infine, il 26 giugno, nelle predisposizioni

' Ibidem, doc. 21. ' Ibidem, doc. 23. ' Ibidem, doc. 40. • Ibidem, doc. I cit. ' Ibidem, doc. 3 cit. • Ibidem. doc. 2 cit.


336

LA PRJMA GUERR A MONDIA LE

U Sabotino.


LA CAMPAGNA DEL 1916

337

per l'offensiva, tornava ad indicare l'attacco al Sabotino-Podgora (non più Oslavia) come «questo nostro primo tempo»

1 •

Assai meglio sarebbe stato eliminare qualunque accenno al «secondo tempo)> - probabilmente ancora in mente Dei-, tanto più che, nulla rimanendo in mano al Comando Supremo, qualunque cosa si intendesse fare avrebbe comportato un riassetto del dispositivo. Ad ogni modo si può riconoscere che entrnmbi gli ordini d'operazione del duca d'Aosta e del generale Capello rimasero sostanzialmente nell'ambito delle direttive superiori: l' uno, incaricando l' XI corpo di attaccm·e il San Michele per agevolare il compito del VI corpo 2; l'altro, limitandosi a proteggere i passaggi dell'Isonzo con «una serie di piccole teste di ponte}) 3• Tuttavia, è doveroso riconoscerlo, affiorarono una modifica concettuale ed urta tendenziosa misura tattica. TI duca d' Aosta, stranamente invero, camhiò la fronte di sfondamento del VI corpo restringendola al tratto Sabotino-alture di Oslavia e disponendo che sul rimanente del settore, e quindi anche in corrispondenza del Podgora, venisse impiegato «il minimo delle forze e dei mezzi» 4. Secondo Capello, che considerava grave errore il ridurre l'utto principale ad un tratto di appena un paio di chilometri, le sue insistenze ottennero «con qualche difficoltà» di estenderlo sino a comprendere il Podgora 5 , aderendo cioè alla lettera alle direttive del Comando Supremo del 26 giugno. La misura tendenziosa, invece, fu introdotta proprio da Capello. Stante la constatata e condivisa fiducia dei divisionari e delle trnppe, si era persuaso della possibilità, se non proprio della certezza, che l'offensiva così minuziosamente e diligentemente studiata e preparata, con l'inusitata ingente disponibilità di reparti bombardieri, potesse trovare un naturale seguito o ltre l'Isonzo. Di conseguenza, «malgrado la diffidenza che regnava ancora nelle maggiori autorità», riuscì a convincere il duca d' Aosta sulla opportunità - che formalmente superava gli intendimenti Cadoma - di metter piede sulla sponda sinistra del fiume, laddove si fosse pervenuti ad impadronirsi dei ponti. Era chiara l' arrière pensée di Capello. «In ta l modo - ammise più tardi - cominciava a prendere consistenza il concetto del passaggio del fiume e veniva dato un principio di esecuzione all'idea, che aveva presieduto alla preparazione morale e tecnica della truppa e che si riassumeva nella massima: all'Isonzo e oltre!!» 6 • Peraltro, a questo punto, il duca d'Aosta volle mettere .le cose in chiaro con il capo di Stato Maggiore dell'esercito e riprese l'argomento - ecco la dimostra-

' Ibidem, doc. 4 ' Ibidem, doc. 21 cit. li _I Oagosto Cadorna scriverà a casa: <<La 3" armata, agli ordini del duca d'Aosta, ha molto ben combinanara l'esecuzione dcUa manovrn ( ...)» (L. CADORNA, lettere fami g liari cit , p. 163). 'CCSM, Relazione ujficia/e cit. lll, tomo 3 bis. doc. 23 cit. ' L. CAPELLO, Note di guerra cit., pp. 294-295, nota 2. ' CCSM, Relazione l!fftciale c it., III. tomo 3 bis, doc. 2 1 cit. 6 L. CAPELLO, Note tli g uerra cit., I, p. 300.


LA PRJMA GU ERRA .MONDIALE •

338

.

,......

. ,,

,,

.. ::, ·. :,,i' :..;:

\-,}~ ~~

""

·,,,_, ;.'.'.tq/

:, (. .N;;< .~,/:

-.-,.;;. J) .· ,'!

SEGNI CONVlHZIOl<All

ll/Acc~ #ct/co.'.,t,

(..1/11,,,, -,,.,m

c., ,,~rnc ~,,,,,

--~~--- - - --- ------J

une,1 , r,Jh.;,n.,1 ;,r/,11

J.,

- i/c·//',1 /)~hf~.::J t.r

Le poslZloni ·.: monte San Michele-San . Martin o.


LA CAMPAGNA DEL 19 16

339

zione che Cadorna, pur trovandosi a Feltre, si teneva al corrente di quanto concerneva l'inuninente offensiva-già discusso in precedenza. Il 2 agosto gJj scrisse: «Giomi fa ho accennato a V.E. la questio11e del passaggio dell'lson;,o in corrispo11de11za di Gorizia, nell'eventualità che l'offensiva del Vl Corpo conduca al risultato voluto di ributtare il nemico oltre il fiume. Fino ad ora è previsto, neg li ordini del comandante del VT Co1po, che le colonne attaccanti , gi ungendo al fiume e riuscendo ad impadronirs i dei ponti, stabilisca no sulla sponda sinistra delle piccole teste di ponte difendibili con poche forze e sotto la protezione delle rimanenti, che hanno ordine di rafforzarsi potentemente e rapidameme sulla sponda destra. Panni che queste disposizioni siano da giudicars i rispondenti alla situazione, q11a/1111q11e sili lo sviluppo ulteriore delle operazio11i, e perciò le ho approvate. Che se V.E. ritenesse altrimen ti, cioè giudicasse meglio di coltivare la visio11e di più larghe operazio11i sulla sinistra del fiume, oppure di ri11u11ciare a qualsiasi occ11pazio11e. prego di fannelo conoscere subito, perché io possa dare in tempo, in confonnità alle Sue, le mie diretti,·e. Nel primo caso, cioè nella ipotes i di avere la visione di più larghe operazioni su lla sinistra del fiume, ro presente che occorrerebbe che io avessi souomano truppe mol to mobil i, mentre il VI Corpo non dispone che di un solo battaglione ciclisti cd incompleto e dal resto dell a fronte non posso toglicmc che un altro» .

11 quesito, che ad ogni modo tradiva un notevole ottimismo, appare in fondo g iustificato e mostra il desiderio del duca d 'Aosta di agire in piena disciplina delle intelligenze con il Comando Supremo. La pronta risposta di Cadorna - da Feltre, il martino del 3 agosto-è così laconica (troppo!) da far comprendere l'accantonamento di qualunque idea di andare oltre l'eliminazione pura e semplice della testa di ponte di Gorizia: «(...) Ordini del comandante del VI corpo d'annata che V.A.R. comunicami, sono perfettamente confomù alle mie vedute. Nu lla pertanto è da mutarsi ora alle dispos izioni date che approvo» '·

Il secondo motivo di discussione concerne l'attacco al monte S. Michele, che l' XI corpo doveva condurre con risolutezza. Il fatto è, come riconosciuto anche da Capello, che «l'esperienza aveva ormai dimostrato che le azioni dichiarate secondarie, come quelle semplicemente dimostrative, non davano alcun risultato: comandi e uuppc non vi avevano fede e non vi ponevano né slancio né interesse» 3 • Perciò - e questo accadeva ovunque - anche per gli attacchl non principali si insisteva su un particolare vigore di condotta. A parte tali considerazioni, è stata sottolineata una certa sproporzione fra le disponibilità del VI corpo (quattro divisioni in prima schiera e due in seconda su un fronte ili 8 chilometri) e quelle dell'XI (due divisioni in prima schiera ed una brigala in seconda su un fronte di 3 chllometri). Invero non sembrano eccessive queste ultime, ove

' CCSM, Relazione 11.tfìciale cit., m, tomo 3 bis, doc. 24 (corsivo nostro). > fbidem, doc. 25.

' L. CAPELl,O, Note di guerra c ii. , I, p. 295, nota I.


340

LA PRIMA GUERR.A MON DI ALE

-

Le pc>sm · ·oni del Podgora.


LA CAM PAGNA DEL 191 6

341

si rifletta all'importa11za dell'appoggio che il corpo d'armata doveva dare al VI. E neppure appare criticabile la distribuzione delle artiglierie di medio e grosso calibro: rispettivamente 244 e 54 al Vl corpo e 75 medie all 'XI '.Perle batterie di bombarde 2, invece, il rapporto scende al livello di 2 a 1 a favore del VI corpo (40 contro 20 all'XI), prohabilmente tenendo conto del concorso del la settantina di pezzi di medio calibro che il II corpo della 2" armata era incaricato di fornire al VI ' . Sta di fatto che il generale Capello non ebbe a lamentare carenza di fuoco di distruzione, causata da insufficiente assegnazione di bombarde. Non vi è dubbio che l'approntamento dell'offensiva ebbe ogni titolo per essere giudicato eccellente. Dal fauore sorpresa, di cui si è detto, alla preparazione psicologica e morale dei reparti, all ' accuratezza dei piani di fuoco delle artiglierie, 'alle istrnzioni tattiche derivanti dalle esperienze di guen-a sul fronte occidentale e sul nostro. A partire dall' aprile 1916 si susseguirono nonne che segnarono una netta evoluzione nei criteri d'impiego della fanteria e dell'artiglieria. Per la prima si modificarono le disposizioni regolamentari vigenti circa J'assalto, secondo le quali i comandanti delle minori unità, sino al baltaglione compreso, «per dare l'esempio» precedevano i propri uomini e subivano perdite gravissime, prescrivendo invece che stessero dove meglio potevano esercitare l'azione cli comando '; si dettarono norme specifiche, quali di attaccare su ampia fronte ma avendo cura cli evitare di porre in atto una pressione uniforme; di non arrestare lo slancio dopo il superamento della prima linea nemica; di proseguire in profondità alimentando lo sforzo con adeguato scaglionamento delle truppe; di non muovere all'assalto senza una conveniente preparazione con lavori di approccio e senza un continuo accompagnamento dell 'artiglieria S. Per l' artiglie1ia, sempre a proposito dell'attacco, si precisarono i comp.iti delle varie specialità; si ribadì l'assoluta necessità di una costante e continua cooperazione con la fanteria, impiegando, fra l' altro, uffic iali d'artiglieria «in servizio cli trincea»; si stabilì la dipendenza d' impiego delle batterie cli piccolo calibro, incaricate di uno specifico accompagnamento di unità di fanteria, dal comandante dell'unità in questione; si fissarono i criteri d'impiego delle bombarde 6 • Naniralmente, l' addestramento di ufficiali e soldati non poteva ancora essere completo, tuttavia molto era stato fatto e soprattutto si stava abituando la fanteria ad avanzare sotto l'arco delle traiettorie.

' CCSM, Re/azjo11e 11.fficiale CÌI., ili, tomo 3 bis, doc. 20. ' Le bombarde si distinguevano in leggere (batterie su 12 pezzi da 50 e da 56), medie (banerie su 8 pezzi da l50) e pesanti (batterie su 6 pezzi da 240 e da 320). Per ottenere efficaci e ffetti di dfatruzione si costituiva no gruppi di batterie di calibro differente. Più gmppi formavano un raggruppamento. ' CCSM. Re/azio11e ufficiale cÌI., W. tomo 3 bis. doc. 17. p. 45. ' Ibidem, VI, circ. 2552 del I .3. l916, doc. 17. ' lbide111 , VI, circ. 12336 del 10.7.1916, doc. 27; circ. l26 10 del 18.7. 1916, cloc. 28. ' Ibidem , VI, circ. giugno I 9 I 6, doc. 26: circ. l 3115 del 25.7. 1916, doc. 29.


342

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

* * * L'offensiva cominciò il 4 agosto con una prima mossa riservata al Vll corpo, ad oriente di Monfalcone. Attaccò con grande energia per bloccare sul Carso la riserva del VII corpo austro-ungarico. A dire il vero, però, il Comando della S3 armata austro-ungarica non rimase molto impressionato da questo inizio. Disponendo di tre brigate in riserva in grado di accorrere da Corneo e da Domberg, a rinforzare le difese del campo trincerato, e convinto che ancora una volta le posizioni della testa di ponte avrebbero sanguinosamente respinto gli attacchi, si limitò ad attendere gli sviluppi della situazione prima di adottare contromisure. Due giorni dopo, alle ore 16, al temùne di una violentissima preparazione d'artiglieria, prese il via l'azione principale dal Sabotino al San Michele, sull' intera fronte del VI e dell' XI corpo d'annata. Seguiamo la sintesi del Bencivenga sulla prima giornata di combattimento contro la testa di ponte di Goriz ia.L'attacco «riuscì travolgente sul Sabotino, sicché le nostre truppe poterono affacciarsi sul versante dell'Isonzo (S. Valentino e S. Marco) '; fu tenacemente contrastato sulla direttrice S . Floriano-Oslavia-Peuma e non pennise di affacciarsi all'Isonzo che solo sull'altura (q. 130) a nord del villaggio di Peuma; s'infranse contro l'altura di Peuma (q. 177); riuscì brillantemente contro il Grafenberg, tantoché i nostri poterono qui giungere ali' Isonzo ed oltrepassarlo con piccoli reparti; non riuscì a conquistare il caposaldo del Podgora, ma soltanto a guadagnare spazio sul fianco meridionale (posizione del Calvario); pem1jse di rigettare l'avversrufo in direzione dei ponti di Lucinico, ma senza riuscire ad impadronirsene» 2 • Sul San Michele il fuoco di artigl ieria fu così pesante da distruggere «in poche ore tutto il penoso lavoro di mesi, a punto tale - riferisce la relazione austriaca - che in taluni tratti a malapena rimangono tracce di sistemazione difensiva (... ). I difensori sono seppelliti in gran parte nelle caverne e dei ricoveri o feriti». Al cadere del giorno le quattro cime del San Michele erano in mru10 italiana. Il commento di Bencivenga è, tutto sommato, di delusione. Ammette il successo brillante e promettente, ma «lo sforzo risolutivo che il Comando Supremo si attendeva non si era realizzato: in luogo di un attacco travolgente che avrebbe messo di colpo il fiume tra noi e gli avversari, bisognava riprendere la lotta» e questo per l'errore commesso dal Comando della 3• armata di assegnare artiglierie e bombarde al VI corpo in numero inferiore al necessario. E la conquista del San Michele rendeva necessario estendere il combattimento sul Carso «per non compromettere i successi quivi realizzati». ln definitiva, «la battaglia, concepi-

' La cima del Sabolino venne conquistata dalla colonna condotta dal colonnello Badoglio, ani matore dei lavori di approccio, in appena quaranta minuti e con la perdita di sol i 80 uomini! ' R. BENCIVi;l'IGA, Saggio critico sulla nostra guerra cit., ITI, p. 244.


LA CAMPAGNA DEL 1916

343

ta dal Comando Supremo come una violenta irruzione sulla fronte Sabotino-Podgora, si va trasformando già in un primo tempo in una battaglia estesa dal Sabotino al 1.mu·e ed .in un secondo tempo finirà coli' estendersi da Pia va al mare!)} '. Francamente, non sembra giustificato l'amarognolo lasciato dalla giornata del 6 agosto in Bcncivenga. Intanto, dopo gli infelici e sanguinosi tentativi del 1915, il ritenersi in grado di eliminare gli austriaci in poche ore dalla così ben difesa testa di ponte (le fanterie del VI corpo mossero all'attacco alle ore 16) sarebbe stato giustificato in terreno di pianura, ma assai meno in quell'ambiente collinoso. In secondo luogo, l'XI corpo avrebbe assolto meglio il compito di favorire l'azione del VI non conquistando il San Michele? e se l'occupazione del San Michele appariva «compromettente» sul piano tattico, perché la questione • non era stata chiarita nei colloqui fra Cadorna ed il duca d'Aosta, trattando del «passaggio del) ' Isonzo in corrispondenza di Gorizia»? Su quello che doveva realmente intendersi per «secondo tempo» Cadorna è tornato più tardi, sostenendo che l'indicazione del possesso della soglia di Gorizia, quale obicltivo di primo tempo, «presupponeva un secondo tempo, nel quale l'obiettivo non poteva esser fornito che dalle alture che cingono da oriente la conca goriziana» 2 • Era logico, infattj - anche se, con ogni evidenza, questo secondo tempo doveva ancora essere pianificato - , ed esiste motivo di pensare che ne avesse parlato, sia pure genericamente, col duca d'Aosta. Ma il San Michele, già a portata di mano dcli' Xl corpo, di quale tempo doveva far parte? Il 7 agosto, mentre l'arciduca Giuseppe reagiva sul Carso, per riguadagnare qualche posizione perduta e per conservare quelle non ancora cadute, e il generale Boroevic' disponeva per l' invio dei pochi rinforzi alla mano, il VI corpo italiano continuava nella sua dura ma vincente lotta nella testa di ponte e l' XI si sistemava a difesa sul San Michele. Di colpo Cadorna si orientò al «secondo tempo». «J risultati ieri ottenuti dal VI corpo - scrisse al generale Piacentini, comandante della 2• armata - sulla fronte Sabotino-Podgora mi affidano che la conquista della testa di ponte di Gorizia sarà presto un ratto compiuto, meni.r e dali 'altro lato l'azione delI ' Xl corpo ci ha già dmo il possesso delle cime del S. Michele, che sono state in parte olt repassate. L'azione sul Carso proseguirà ininterrotta per raggiungere in un primo tempo la linea del Vallone: cd il VI corpo. ricacciato l'avversario oltre il fiume, e impadronitosi dei ponti, stabilirà sulla sponda si1ùstra dell'Isonzo delle piccole teste di ponte difendibili con poche forze. le quali costituiranno altrettanti sbocchi per l' ulteriore avanzata( ...)».

Questo significava la piena approvazione dcli' azione dell 'XI corpo, non soltanto sul San Michele ma addirittura sino al vallone di Doberdò senza bisogno di sosta.

' R. B ENCIVl!NCA. Saggio cri1ico sulla nostra guerra cit., m, p. 245. ' L . CADORNA, Pagine polemiche cit. , p . 292.


344

LA PRIMA GUERRA MONDIAL E

Il secondo tempo doveva iniziare «non appena riordinate le truppe e compiuti i necessari spostamenti delle artiglierie di medio e grosso calibro, ad opera della 2• armata, la quale avrebbe ampliato verso sud il proprio settore d'azione, comprendendo anche il VI corpo dopo la conquista delJa testa di ponte. Gli obiettivi della nuova fase operativa si concretavano naturalmente in M. Santo-M. San Gabriele e dalle allure ad oriente della Verto.ibica, con gravitazione dello sforzo sulla sinistra» 1• Nel tardo pomeriggio il duca d' Aosta ordinò al VI corpo di portare a termine «ad ogni costo» il compito affidatogli cd all'XI di mantenere il possesso del San Michele con contegno aggressivo« per prepararsi a proseguire risolutamente nell'offensiva al primo cenno» 2• Ma in serata il nemico giunse ad una decisione determinante e coraggiosa. Il comandante della 58" divisione austriaca, visto che il combattimento nella testa cli ponte volgeva al peggio, propose di passare sulla sinistra dell'Isonzo per non logorare inutilmente i reparti in una partita persa. Dopo qualche esitazione, Boroevié consentì il ripiegamento sulla seconda posizione, cioè sui rilievi ad est di Gorizia, e poi, preso atto della caduta del San Michele, ordinò all'arciduca Giuseppe ed al generale Schenk di sgomberare il C,u·so portandosi sulla linea già predi posta ad oriente del vallone cli Doberdò. Ali' 1,30 dell'8 il generale Wum1, comandante del XVI corpo austro-ungarico, impa1tì l'ordine di abbandono della testa di ponte. La resistenza doveva però continuare sulla destra dell' Isonzo con elementi di retroguardia, previa distruzione di tutti i ponti, salvo quello di Salcano, che si voleva conservare finché possibile per consentire il ripiegamento dei resti dei difensori del Sabotino. A causa di ritardi nella diramazione degli ordini, l'avacuazione non poté completarsi che a giorno fatto, il che comportò difficoltà sensi bi li e perdite. Basti dire che su I 8 mi la difensori, soltanto 5 mila ripassarono il fiume. Nella mattinata dell'8 gli eventi si succedettero ad un ritmo molto sostenuta. Accortosi della decisione avvers,u·ia, il generale Capello si affrettò ad ordinare a tutte le divisioni in prima schiera di attaccare sull'intera fronte «in modo energico, travolgencc, continuo, senza nessuna sosta, senza nessuna esitazione», in considerazione della «crisi gravissima» che stava diffondendosi nelle truppe austriache 3• Poi chiese al Comando della 3• annata di raccogliere un gruppo celere per procedere oltre Isonzo. L'ottenne, anzi il duca d'Aosta precisò che eletta fom1azione ', agli ordini del generale Barattieri, era «da spingere, possibilmente, sino

1

CCSM. Relazione ufficiale cit., ID. tomo 3 bis, doc. 54.

' Ibidem, doc. 53. ' Ibidem, doc. 55. 'La fonnazione celere era cos tituita da due squadroni di carabinieri, sedici squadroni di cavalleria, due banaglio1ù di bersaglieri ciclisti, due sezioni automitragliatrici, una batteria da montagna.


LA CAMPAG NA DEL 191 6

J45

alla linea (se può oltre) M. S. Michele-M. S. Daniele-Ajsovizza-S. Marco-Vertoiba-Mema» 1, con un contegno spiccatamente aggressivo. La notizia della disfatta avversaria fu accolta acriticamente dal Comando Supremo, che basò le sue successive valutazioni essenzialmente sulle notizie fornite dalle armate, senza cercare altrove i riscontri opportuni e necessari soprattutto per depurare le informazioni dagli eccessi di ottimismo e di enfasi , ed anche cli passionalità, che spesso infarcivano i rapporti, specie di Capello. Su tali elementi di giudizio, ne l pomeriggio Cadorna intervenne nella condotta della battaglia. Al comandante della 3• annata ordinò (ore 18) dunque: «Occorre energicamente inc:Ll:tru·e il nemico in rotta e privo di riserve. Disponga V.A.R. per l'insegui.chento mirando da un lato per la destra nostra al possesso dell' altura del M. S. Marco. ùall'ah.ro. da Salcano, per la conquista del M. Santo e del M. S. Gabriele. La nostra avanzata sia protena da masse mobili di artiglieria e 11011 si arresti che davanti ad insuperabili resistenze»'·

Al comandante della 2" annata comunicò (ore 19,30) le disposizioni impartite alla 3• armata ed ordinò d i operare «alla testa di ponte di Plava verso i monti Kuk. e Vodice, in collegamento ed in appoggio della sinistra del VI corpo verso M. SanlO>>, e di proseguire l'azione dimostrativa nel settore di Tobnino ' . Come adombrato, all 'euforia del momento non corrispondeva la situazione delle nostre forze e neppure di quelle austriache. È vero che la sera dell'8 il VI corpo aveva guadagnato la destra dell'Isonzo, però il nemico teneva la sinistra. E i ponti erano interrotti, ad eccezione di quelli di Salcano, ancora difeso, e di Lucinico, che occorreva riattare. Tuttavia, dalle notizie che affluivano al Comando del VI corpo (interrogatori di prigionieri e disertori, comunicazioni di reparti avanzati, ricognizioni aeree), che si aggiungevano al constatabile elevato numero di prigionieri ed agli evidenti segni di precipitosa ritirata, Capello era sempre più indotto a sopravvalutare i risultali ottenuti. Non comprese che la ritirata austriaca dipendeva, non soltanto dalla previsione negativa della sorte della lesta di ponte attaccata con grande detenninazione dal VI corpo, ma anche e soprattutto da un logico e lucido orientamento ciel Comando XVl corpo austro-ungarico sul migliore impiego delle proprie riserve. Insomma, il nemico ripiegava volontariamente per non sprecare energie e quanto più rapidamente poteva per organizzarsi presto sulla seconda posizione. Quanto alle truppe italiane, erano vittoriose ma stanche ed affiorava il peso di tre giorni di intensissimi combattimenti. Rinforzare ulteriormente il VI corpo, già sovradimensionato, non era possibile, perciò il Comando Supremo ricorse ad uno strano e discutibile artifizio, che aveva un precedente sugli Altipiani. Nella

' CCSM. Relazione ufficiale cit., IU, tomo 3 bis, doc. 61 . ' Ibidem. doc . 71. ' Ibidem, doc. 72.


346

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

notte sul 9 agosto, fra il VI e !'XI corpo venne inserito in linea l'VIII (gen. Ruggeri Laderchi), che alla propria 48" divisione aggiunse le divisioni 11° e 12• sottratte al VI corpo. Per meglio garantire unitarietà di comando nella conca cli Gorizia, e certamente anche per consentire a Capello il principale merito della conquista della città, entrambi i corpi d'annata furono posti agli ordini cli Capello. Conoscendo l'intenzione di Cadorna, per il secondo tempo, di lasciare al Comando della 3• armata il fronte del Carso, con i corpi VII, Xl e XIII, e di trasferire al Comando della 2• armata la responsabilità del fronte goriziano, viene da domandarsi perché la modifica nell'organizzazione di comando non sia stata fatta in questa circostanza. I corpi d'annata VI ed VIII potevano essere posti alle dipendenze del generale Piacentini, evitando un provvedimento inusuale e di dubbia efficacia. Ma Cado ma volle rimandare la nuova ripaitizione delle forze a Gorizia conquistata '. L'investimento della seconda posizione austriaca non era cosa da poco. Da tempo era ben prediposta con due o tre ordini di reticolati, altrettanti di trincee e capisaldi ben muniti. La sua occupazione da parte del grosso della 58" divisione e dei primi rinforzi era avvenuta con sufficiente calma e gli ultimi repa1ti - quelli incaricati di una resistenza temporanea sulla sinistra dell'Isonzo - erano arrivati nella notte sul 9 senza affanno. Per i l giorno successivo si attendevano la II e l'VIII brigata da montagna e per il 13 la prima aliquota della 43• divisione, proveniente dalla Galizia. Reputando l'avversario in ritirata e quindi rifluito sulla linea anetrata in disordine, Cadoma passò al famoso secondo tempo senza un preventivo riordinamento e con una complicata organizzazione di comando. Il VI corpo della 3° armata doveva occupare M. Santo-San Gabriele; l'VIII corpo, dipendente dal VI, conquistare il San Marco collegandosi sulla destra con I'XI corpo; il Il corpo della 2° armata doveva scendere da Plava lungo il Kuk ed il Voclice per appoggiare il Vl; gli accordi per le operazioni contro il Vodice ed il M. Santo competevano ai comandanti della 2• e della 3" armata! È veramente ben collocato il commento cli trovarci cli fronte ad un «atto ùnpulsivo» non giustificato dalla realtà e non corretto in sede operativa. J casi erano due, nota Bencivenga. O si riteneva molto probabile un semplice passo indietro del nemico e quindi prossima una ripresa della battaglia; oppure si credeva davvero il nemico costretto ad una profonda ritirata. Nella prùna ipotesi si rendeva indispensabile una sosta di riordino prima cli passare al previsto secondo tempo; nella seconda, era preferibile spingere avanti una vera e propria avanguardia cli truppe fresche, formata attingendo alla riserva d'armata. «Nessuna delle due soluzioni fu adottata dal comandante ciel VI corpo», che si affidò ali ' azione di un complesso mobile improvvisato 2• Vero, però il rùnprovero non de-

' CCSM, Relazione ufficiale cii., Ill, tomo 3 bis, doc. 104. ' Cfr. R. 81::NCIVEKGA, Saggio cri1ico sulla nostra guerra cit., 111, pp. 258-259.


LA CAMPAGNA DEL 19 I6

34ì

ve essere rivolto al generale Capello. La battaglia era diretta dal duca d'Aosta e stava passando nelle mani di Cadorna in persona. Che la sensazione della «rotta» austriaca fosse rapidamente diventata convinzione è certo. Ad ogni modo, si trattasse di semplice passo .indietro o di vera ritirata, si poteva ragionevolmente supporre che sulla seconda posizione - allestita sulle alture ad oriente di Gorizia, come si sapeva benissimo, anche se non nei particolari- l'avversario avrebbe cercato di opporre una nuova resistenza, a tempo determinato o ad oltranza che fosse. In questa previsione appare comprensibile anche il concetto di tallonarlo, sì da raggiungere di slancio la posizione, prima che venisse attivata. Molto meno plausibile l'attribuire probabilità di successo, allo «scelto nucleo di manovra», ordinato dal Comando Supremo alla 2" armata la sera dell'8 agosto e messo insieme di notte dal II corpo, per attaccare il mattino seguente il Kuk ed il Vod.ice. lnfatt.i l'operazione si arenò sin dal primo giorno, anche per scarsità di munizioni di artiglieria. Capello accusò il Comando Supremo di non aver concesso tempestivamente alla 3• armata elementi mobili da lanc.i,u·e «all'inseguimento». A prescindere dal fatto che dall'Isonzo alla linea San Gabriele-San Marco correvano appena quattro chilometri, se fosse stata pronta alla mano un'unità organica, invece dell'eterogenea brigata mista che sarà messa insieme nel tardo pomeriggio dell'8, le cose non sarebbero cambiate di molto. Difatti la rotn1ra dei ponti non avrebbe consentito il passaggio dell'Isonzo se non nelle prime ore del 9, ed il mattino di quel giorno gli austriaci erano già ben disposti sulla linea arretrata ed attendevano l'avanzata del VI corpo. li 9 agosto, fra le 10 e mezzogiorno, Capello aveva davanti alla mente il quadro di un avversario travolto. Ecco i tempi: - ore 10,40. Al Com,mdo 43• divisione: «Notizie giunte da più fonti confermano che il nemico è in fuga diretto a Ovcja-Draga. Ho ordinato alla 45• divisione di lanciarsi subito su M. Santo e S.

Gabriele cd all' Yill corpo di occupare S . Marco. Codesta divisione punti risolutamente nella regione di Prestan in modo da dominare la conca di Ajsovizza. Spinga ricognizioni verso S. Daniele e Loke» '. - ore 10,55. Al Comando VUI corpo d 'annata: «( ... ) Ricognizioni eseguite aeroplani danno che nemico si ritira ollre Ajsovizza e Ovcja-Draga. Grande quaatità di materiale e carreggio parcati Ajsovizza e alla stazione di Ovcja-Draga. È necessario che la cavalleria si getti risolutamente all'inseguimento del nemico in disezione di Ajsovizza e Ovcja-Draga ( ...)» 1 • - ore 11 ,50. A tutti i Comandi di grande unità dipendenti: «Nemico ha fatto esplodere grandi depositi muni,:ioni alla stazione di Ovcja-Draga. Ciò significa che è in rotta completa. Avanti dunque con decisione» ' ·

Alle 11 circa un fonogramma spedito alle 10 dal generale Bm·attieri, ritrasmesso alle 12,30 dal Comando 12" divisione, fornì il primo elemento di dubbio:

' CCSM, Relazione ufficiale cit., ID, tomo 3 bis, doc. 79. Ibidem, doc. 80. ' Ibidem, doc. 8'1. 2


348

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

«Successive 1icognizioni sono state anestate da nutrito fuoco partente da elementi di trincee nemiche( ...)» 1• Ma Capello non ne rimase influenzato, perché nella notte sul I O, alle 3,30, ordinò: «Le ultime deboli resistenze che il nemico ancora oppone sulla cintura collinosa ad oriente di Gorizia debbono assolutamente essere superate senza indugio(... ). Ovunque si riesca a sfondare le difese nemiche si dilaghi subito( ... )». Alle prime luci dell' alba doveva iniziare la preparazione d'artiglieria ed alle 1Ol'assalto delle fanterie contro gli obiettivi indicati 2 • Poco dopo l'alba del 10 Cadoma salì sul Podgora. Era persuaso di assistere ad una sollecita conclusione della battaglia 3 e rimase assai perplesso non scorgendo segni di serio combattimento nella conca di Gorizia. Aveva ricevuto le notizie che segnalavano presidiate le alture orientali ed era avvertibile il fuoco dell' a1tiglieria austriaca. Alle 9 mandò un messaggio a Capello: «Mentre esprimo il mio compiacimento per la vittoriosa espugnazione della testa di ponte dj Gorizia, sono malcontento della lentezza con cui procedono le operaziorù per la conquista delle aln1re che cingono la città, mentre la sirnazione esige risolutezza. Occorre con energia atti vità in~tancabili rovesciare le deboli resistenze di retroguardia del nemico, incalzarlo non dargli tregua finché gli obiettivi assegnati a codeslO corpo d'annata non siano raggiunti. Metta le ali al piede a tutti»'.

Capello si risentì, ma all'origine del difettoso completamento del successo erano da porsi proprio le sue ripetute affermazioni sulla presunta «rotta» austriaca. Uguale messaggio (senza il compiacimento per 1' eliminazione della testa di ponte) fu inviato al generale Ruggeri Laderchi. È con stupore che si vede un Comando Supremo intervenire nella battaglia, scavalcando il comandante dell'armata, per sollecitare due comandanti di corpo d'annata, il secondo dei quali era alle dipendenze operative del primo! Nella tarda mattinata, Cacloma ebbe un colloquio con il duca cl' Aosta. In quella sede gli impartì direttive che attestavano la sua convinzione di trovarsi di fronte alla possibilità di raggiungere un brillante successo conclusivo in tempi ristretti. Non soltanto esigeva la «rapida conquista» cli M. Santo, del San Gabriele e del San Marco, ma la 3° armata doveva incalzare l'avversario anche sul Carso, superando, se possibile, il Vallone 5 • Ma quella sera, mentre il generale Garioni, comandante del II corpo d'm·mata, gettava la spugna, sospendendo il vano tentativo contro il Kuk 6, la situa-

' Ibidem, doc. 82. ' Ibidem, doc. 83. ' Ibidem, doc. 104. 'Ibidem, doc. 105. ' Ibidem, doc. 106. • ibidem, doc. I07. TI VU corpo austriaco si ritirò ad est del Vallone nella notte sul l O agosto, liberandosi «dall'inferno di Doberdò». Ma un amaro commento austriaco fu significativo: «Due simbolo sacri della guerra sull' Isonzo erano caduti nelle mani del nemico: Gorizia ed il San Michele» (F. WEBER, Dal Monte Nero a Caporeuo cit. , p. 233).


LA CAMPAGNA DEL 1916

349

zione della 3" annata nel settore di Gorizia dava da pensru·e. AJ,-estati il VI corpo al le pendici del M. Santo e del San Gabriele e l'Vlilcorpo davanti al San Marco, con scarse speranze di un miglioramento, lo stesso Capello tradì una certa preoccupazione nell'incitare le truppe a riprendere la lotta: «È necessario assolutamente superare la crisi e vincere tutti gli ostacoli» 1• E il giorno 11 la battaglia riprese. La parola d'ordine era che le resistenze incontrate miravano a coprire il ripiegamento aust1iaco 2 • Il campo trincerato di Gorizia era dato per praticamente conquistato. Nel corso della mattinata Cadorna emanò nuove direttive: «!. La situazione delineatasi in seguito all'espugnaz.ione del campo lri ncerato di Gorizia esige che si incalzi il nemico avanzando energicamente su tutta ht fronte da Tol.mioo al ma(e. Suita rimanente fronte dell'Isonzo, da Tolmino a monte, le tnippe conserveranno le posizioni attuali, impegnando il nem.ico con semplici azioni dimostrative. L'attacco a Tolrnino eostituirà operazione a parte, da compiersi guando le circostanze lo consentiranno( ...)».

Ne derivò la modifica dell'organizzazione di comando: a nord del Vippacco la 2• armata, a sud la 3• annata. Obiettivi: per la 2• iu-mata il fronte f. Idria-t. Tribussa-m. Madrasovici (cioè la conquista dell' altopiano della Bainsizza e della Selva di Tarnova!); per la 3• annata il fronte Domberg-Porte di feno-m. Hermada (cioè ben oltre il Vallone cli Doberdò) 3 . La nuova articolazione delle forze entrò in vigore a mezzogiorno del 12. La 2° armata 1isultò composta da cinque corpi d'armata per complessive 12 divisioni di fanteria e 2 di cavalleria, e due gruppi alpini. La 3" annata rimase con tre corpi con 9 clivisioni in totale. Nel contempo la 1• annata ricevette ordine di inviare a Cormons un corpo d 'am1ata su due divisioni. A dire il vero, Cadorna cominciava a dubitare che il nemico avesse deciso una resistenza ad oltranza sulla cerchia collinare orientale e che, quindi, se ciò accertato, si dovesse procedere ad un attacco sistematico ", ma il generale Piacentini lo rassicurò: le 1icognizioni di quello stesso giorno «dimosu·ano u·attarsi soltanto di forti resistenze di retroguardie appoggiate a solide difese passive» 5 • P urtroppo l'offensiva ripresa dalle due armate si infranse ancora una volta davanti alle U"incee austriache. La giornata del 14 fu c1itica. Alla sera le due parti esamfoarono la situazione giungendo a conclusioni diametralmente opposte. Al Comando di Boroevié si ebbe la netta sensazione che per la fronte in val Vippacco «non vi fosse più nulla da temere»; sul Carso le penetrazioni italiane risultavano in gran pm-te ann ullate; il Comando Supremo aveva annunciato l'arrivo di due divisioni in rinforzo, una dal Tirolo ed una dal fronte russo. Insomma,

' lbideni, <loc. 90. ' Jbide,n, doc. I Ol. ' Ibidem, doc. 111. ' Ibidem, doc. 122. ' Ibidem, doc. 123.


350

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

«si ebbe la convinzione definitiva che il grave pericolo di sfondamento della fronte fosse scongiurato» '. Dal canto suo, Cadorna aveva convocato i due comandanti di ammta. Il genentle Piacentini reiterò il convincimento di riuscire, persistendo nello sforzo iniziato, a rompere la resistenza che gli si opponeva, «resistenza valida, ma di retroguardie», e Cadorna confermò allora le direttive già emanate, vincolando però la 3• armata a coadiuvare la 2•, avanzando oltre il Vallone «nella misura consentita dai mezzi propri e senza nulla togliere alla 2•» 2• Il duca d ' Aosta, però, considerava il momento particolarmente favorevole, e quindi occasione da non perdere, per raggiungere in breve tempo l'obiettivo assegnatogli, a patto di avanzare al più presto «qualunque sia l'andamento delle operazioni in corso presso la 2• annata» 3• Questo significava un robusto rinforzo di trnppe (almeno un paio di corpi d'armata) e di artiglierie, come è ovvio sottraendole alla 2• ~umata, sull' esito del cui attacco evidentemente nutriva p iù di una riserva. Ma Cadorna non accolse la richiesta, spiegando che, prima di qualunque altra iniziativa, intendeva risolvere la situazione di Gorizia con la conquista del nodo 111. Santo-San Gabriele 4 • 1115, il 16 ed il 17 agosto ancora si combatté duramente, ancora senza conseguire risultati apprezzabili. Finalmente, alle 18 del 17, Cadorna deliberò di sospendere l'offensiva: «I combattimenti svoltisi in questi ultimi giorni hanno chiarito che le lince su cui l'avversario ci contrasta l'ulterio(e avanzata oltre l'Isonzo non sono semplici posizioni di retroguardia, ma vere e proprie linee fortificate, per aver ragione delle quali occoffe, come la lunga esperienza ha ormai insegna/o, una prepara:i:ione metodica e completa. Pertanto ordino: I . Sia sospeso l'attacco generale sulle fronli della 2• e della 3• armata. Autorizzo soltanto le offensive parziali indispensabili per la sistemazione delle fronti raggiunte. 2. Si dia mano al rapido riordinamento e completamento delle truppe( ...); 3. Si ponga subito opera alla preparazione necessaria per una ripresa offensiva(...)» ' ·

La battaglia di Gorizia era terminata. Il totale delle nostre perdite ammontò a 51.300 fra morti, feriti e dispersi. Gli austriaci persero 37.500 uomjni.

* * * La battaglia era stata impostata su due tempi ben scanditi. Il primo 1iguardava un obiettivo preciso, limitato, chiaramente definito topograficamente, di siCltra rilevanza tattica, di grande effetto morale per noi e per il nemico. Perciò

' A. BOLLAn, Riassumo della relazione 11fficiale austriaca c il., pp. 250-251. ' CCSM, Relazione 11fliciale cit., m, tomo 3 his, doc . .l 25. ' Ibidem, doc. 126. ' Ibidem, doc. 127. ' Ibidem, doc. 131.


LA CAMPAGNA DEL 19 16

35 1

formò oggetto di un'accuratissima preparazione, che abbracciò ogni risvolto del1' operazione. Il risultato fu encomiabile: in tre giorni venne raggiunto. La sera dell' 8 La formidabile testa d.i ponte di Gorizia era in mano italiana. È vero che il Comando del XIV corpo austro-ungarico rinunciò deliberatamente, ma ciò fu appunto diretta conseguenza del nostro massiccio attacco. Il secondo tempo era stato oggetto di sommari ed orientativi cenni da patte di Cadorna, ma senza pa1ticolari approfondimenti ed insistenze. Nel disegno originario si accontentava del primo tempo e per il passo successivo - da studiai·e in relazione alla situazione che si sarebbe creata, una volta ributtati gli austriaci oltre l'Isonzo - prevedeva un riordinamento generale ed una nuova articolazione delle, truppe. Egli stesso, probabilmente, non si era fatto ancora un'idea esatta di quel secondo tempo. Abbiamo visto, infatti, come lo riferisse all'investimento del fronte San Michele-San Mattino, una volta reso agevole dall'avvenuta eliminazione della testa di ponte. Più tardi, a battaglia conùnciata, intese per secondo tempo la conquista della cerchia collinare ad oriente di Gorizia, cioè la conquista del campo trincerato. Due furono gli elementi che fecero precipitare la situazione. Entrambi inattesi: la conquista del San Michele ed il ripiegamento austriaco sulla sinistra dell'Isonzo, scambiato per rotta. All'improvviso sembrò presentarsi la possibilità di ampliare il successo portandolo sul piano strategico. La realtà, o meglio una parte della realtà, non era quale la si immaginava, ma l'aver tardato ad accorgersene non merita un ironico biasimo. Si consideri, unitamente al ricordo delle prime sanguinose battaglie dell'Isonzo, che l'imprendibile Sabotino era caduto in mano nostra in qmu-anta minuti (anche se poi la lotta era continuata); che l'insanguinato San Michele, la porta del Carso, era stato conquistato sin dal primo giorno; che, dopo un combattimento accanito, la bana Oslavia-Podgora era stata precipitosamente abbandonata dal nenùco! Nelle prime ore pomeridiane dell'8 agosto ii generale CapeUo usò ufficialmente - e, col senno di poi, si deve dire sconsideratamente - la parola «rotta» e questa si propagò «con la velocità del baleno» 1• Poi accadde quello che onnai stava diventando nom1ale in una battaglia di materiali. Boroevié si sottrasse alla lotta ed ai-retrò, potendolo fm·e, su una posizione arretrata già allestita, che, pur non presentando la consistenza della linea avanzata, era più che robusta ed ampiamente sufficiente ad obbligai-ci a montare un nuovo attacco. Sia Cadoma sia Capello parlarono di «attimo fuggente» perduto, convinti che un maggiore slancio avrebbe consentito di superare tale secondo ostacolo. A giudizio di Cadoma, «con tutta probabilità anche la sommità di queste alture [ad oriente di Gorizia) sarebbe caduta nelle nostre mani se esse fossero sta-

' R. BENCIVENGA, Saggio critico sulla nos1ra guerra cit., lll, p. 253.


352

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

te attaccate lo stesso giorno 9 con quel vigore che il Comando Supremo aveva raccomandato» 1, affem1azione peraltro del tutto soggettiva. Ancor meno persuasivo fu Capello, il quale sostenne che «il giorno 8 senza dubbio il nemico era in rotta, ma ebbe ventiquattro ore di tempo per riprendersi» e non fu agganciato per scarsa previdenza del Comando Supremo 2• Se fino al giorno 10 si può ammettere, in fondo il tentativo di cogliere gli austriaci in fase di sistemazione sulla posizione arretrata, dal!' 11 la prosecuzione della battaglia diventò errore, perché scivolò, non del tutto insensibilmente, in una lotta di logoramento. Quel giorno Cadoma affrontò la nuova situazione modificando l'at1icolazione delle forze ed assegnando alle annate obiettivi in profondità. Si lasciò trascinare dall'ottimismo dei comandanti delle armate, ciascuno dei quali si regolava sul proprio settore. Adesso però il problema superava l'ambito delle singole annate. AJ Comando Supremo spettava la responsabilità dell' esame della situazione complessiva, della valutazione dei termini ciel problema strategico e delle conseguenti decisioni. Inoltre, la revisione della composizione delle annate richiedeva un minimo cli tempo, specialmente tenendo nel debito peso la stanchezza delle truppe e la necessità di completare lo spostamento in avanti delle artiglierie cli maggior calibro. Invece, stranamente, si dette per certa la rotta nemica e di conseguenza non soltanto la ripresa delle operazioni venne ordinata subito, ma alle armate furono assegnati come obiettivi la Bainsizza e la Selva di Tarnova, difficilmente comprensibili in quelle circostanze. Detto questo, è doveroso riconoscere alla battaglia un'impo11anza elevatissima, sia ai fini della miglior difesa sul medio e basso Isonzo, sia sul piano ciel morale clell' esercito e del Paese. Alle offensive che gli Impeii Centrali vollero lanciare nel primo semestre del 1916, in reciproca indipendenza di pensiero e di interessi, non era arrisa la buona sorte. Verdun si era trasformata in arma a doppio taglio ed Asiago si era conclusa infelicemente. Le risposte alleate della Sonune e di Go1izia avevano sortito effetti diversi. La battaglia della Sonune puntava ad uno scopo ambizioso: rompere il fronte tedesco. In seconda istanza, alleggerire la pressione su Verdun ed impedire lo spostamento di unità tedesche verso la Russia. Non vi era riuscita che in parte e l'opinione di Falkenhayn fu nùnimizzante: «La battaglia della Somme - scrisse - al pari degli avvenimenti nella regione della Mosa [= Verdun], è stata proclamata dall'abile propaganda dell'Intesa(... ) come un evento pai.ticolarmente sfavorevole per la Germania, ma essa non risentì delle pur gravi perdite subìte, mentre i sacrifici compiuti dall'Intesa la paralizzarono per diversi mesi» 3 •

1 L. CADORNA, La guerra al/a fronte italiana cil., T, p. 288. Però successivamente attenuò il eone.etto, riferendosi "alla conquista delle alture del M. S. Marco, se risultava che queste non fossero debitamente occupale" (Pagine polemiche cit., p. 294). ' L. CAPEU, 0, Note di guerra cit., l, p. 313). ' E. E\LKENHAYN, /I Comando Supremo tedesco cit., p. 194.


LA CAMPAGNA DEL 19 16

353

La battaglia di Gorizia, invece, si era proposta un semplice scopo tattico e l' aveva conseguito. Fu, è vero, un successo non completo perché non arrivò ai rilievi orientali della città, ma ottenne assai più di quanto il Comando Supremo si fosse ripromesso '. Perciò, pur se contenuta, si può parlare di bella vittoria. «È innegabile - ammise un avversario - che questa battaglia fu la più grave sconfitta che avessimo mai subito dagli italiani» 2• Si è accennato all'importanza della vittoria. Difatti le sue ripercussioni pesarono: il Comando Supremo austro-ungarico, messo in grave crisi, fu costretto a far affluire alcune divisioni dalla Galizia con gli effetti che conosciamo. La Gem1ania dovette sostituirle con proprie divisioni, cosa che Falkenhayn non perdonò. «Questo provvedimento - scrisse - ebbe sfavorevole influenza sul fronte orienta[~, non solo per il Comando Supremo austro-ungarico, ma anche per la condotta della guerra in generale. Le fatali conseguenze dell'impresa compiuta per suo conto dati' Austria-Ungheria in Tirolo continuavano tuttora a manifestarsi e l'ultima, cioè l'entrata in guerra della Romania a fianco dell'Intesa, stava per verificarsi. Quegli avvenimenti sull'Isonzo furono decisivi a tal rigu~u-do» 3 • In margine alla battaglia trova spazio un episodio caratteristico del temperamento cli Cadorna. Dopo un fatto d' arme così significativo, erano più che comprensibili il desiderio e la speranza di ricevere la promozione a generale d'esercito - grado rivestito dal solo generale Caneva, al quale era stato concesso dopo la campagna di Libia - , provvedimento che avrebbe rafforzato la sua posizione non soltanto di fronte ai pari grado comandanti di armata, ma anche nei riguardi dei «generalissimi» o «comandanti in capo>> alleati. Era, t11ttavia, ciel pa1i naturale che l'atmosfera d.i sfiducia, in cui era visto dai membri del governo, poco si conciliasse con la promozione. Aggiungasi l'inevitabile sc,u:sissima simpatia personale che il suo modo di fare, imperioso e rude, suscitava. Quindi, Sonnino e Bissolati in testa, i ministri si opposero e Boselli concluse: «Vuol dire che lo faremo generalissimo quando entrerà a Trieste». Ora, mentre le felicitazioni del governo si erano tenute su un tono piuttosto formale, Bissolati non esitò a portare alle stelle il duca cl' Aosta, al quale attribuiva «gran parte del merito della vittoria di Gorizia» - commento inopportunamente ripetuto da Boselli in un'intervista-, ed il generale Capello, come principale attore tattico. La reazione di Cadoma, che vide in tutto ciò un segno cli osti-

1 Da taluni la 6' battaglia dell ' Isonzo è siata criticata nella impostazione, oltre che nella condotta. Uno dei più severi censori è Aldo Valori, i cui giudizi in tema di operazioni hanno una singolare perentorietà. In questa circostanza, i molti suoi rilievi partono, però, dalla premessa che Cadorna intendesse impadronirsi del campo trincerato (A. Valori, La guerra italo-austriaca cit., p. 210}, e questo è sbagliato: la battaglia fu montata per la sola conquista della testa di ponte. Per i particolari cfr. E. fALDELl.,A, La grande guerra cit. , I, pp. 238-241}. 2 F. W EBER, Dal Monte Nero a Caporetlo cit. , p. 234. ' E. E\LKl::N HAYN, Il Co11umdo redesco cit., pp. 205-206.


354

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

le sfiducia nella sua opera ed un sintomo di ambizioso mTivismo, fu immediata ed aspra. Scrisse a Boselli che non voleva più Bissolati in zona di guerra e il 12 settembre, due giorni prima della 7" battaglia dell'Isonzo, trasferì Capello sugli Altipiani al comando del XXII corpo d'armata, agli ordini del generale Mambretti, che l'anno precedente era stato suo divisionario e con il quale i rapporti non erano dei migliori! '. *

* *

L'ingresso rumeno nel confitto fu stabilito dal governo di Bucarest sull'onda dell'offensiva di Brusilov, di quella della Somme e di quella dell'Isonzo. Per quanto fossero palesemente costrette ad una pausa, per usare un eufemismo, alla Romania venne promesso, con la Convenzione firmata a Bucarest il 17 agosto, che contemporaneamente ali' inizio delle ostilità (non oltre il 28 agosto), non soltanto le tre offensive alleate avrebbero ripreso lena, ma una quarta, da Salonicco, si sarebbe aggiunta ad esse. In primo luogo i governi alleati commisero un grossolano errore di valutazione. A prescindere dai diversi suggerimenti strategici rivolti allo Stato Maggiore rumeno - gli inglesi proponevano u n'offensiva contro la Bulgaria sferrata dai rumeni a nord e dall'Armée d 'Orienta sud; i russi insistevano per un'operazione verso occidente, sì da congiungersi con le am1ate russe inBucovina -, nessuno si era reso conto del livello di efficienza dell'esercito rumeno. Questo, per quanto portato a 600 mila uomini, presentava una fanteria più o meno annata come nel 1914, un'a1tiglieria insufficiente sotto ogni profilo e l'assoluta necessità di 300 tonnellate giornaliere cli 1ifornimento da parte dell'Intesa. In secondo luogo, la promessa di un simultaneo attacco su rutti i fronti per agevolare l'entrata in campo, benché mantenuta ebbe lo stesso valore pratico di quella fatta all'Italia l'anno precedente. Tra l'altro era prevedibile che gli Imperi Centrali fossero già sul chi vive. Difatti erano così persuasi dell'intervento rumeno da aver persino accarezzato l'idea di un' azione preventiva. Vi avevano rinunciato per la difficile situazione nella quale si trovava l'Austria-Ungheria, ma erano preparati ad affrontm·e il nuovo nemico.

'A proposito del genenile Capello, Cadorna ebbe a scrivere: «( ...) egli era un uomo di carattere turbolento e di sfrenata ambizione. Quando dopo la battaglia di Gorizia io seppi che al sno Quartier Generale si erano dati convegno deputai.i di v:uie graduazioni, anche socialisti, e che esso era di ventato un covo di maldicenza verso il Comando Supremo, non credetti, in grazia degi ottimi precedenti mil itari del generale, di prendere a di lui riguardo gravi provvedimenti militari e mi limitai a trasferirlo dalle ri ve dell'Isonzo ali' Altipiano di Asiago, al comando prima del XXI, e poi del V corpo d'armata( . ..)» (L. CADORNA, Pagine polemiche c ii., p. 333, nota 1) . Il generale Capello non commentò mai il provvedimento.


LACAMPAGNA DEL 19 16

355

Il 27 agosto, mentre la Romania dichiarava guerra all'Austria-Ungheria, I' Italia la dichiarò alla Germania. Non poteva più sottnu·si a questo passo. A n'letà luglio, l'ambasciatore Imperiali aveva informato che, dopo la visita a Londra del ministro del Tesoro, Carcano, e del generale Dall'Olio per il prestito britannico, Giorgio V, «presenti le due mani con accento familiare amichevolissimamente mi fece sorridendo: 'e così, quando dichiarate guerra ai tedeschi?» '. Una volta sbarcata la 35• divisione a Salonicco, contro gli austro-tedesco-bulgari, la nostra posizione, obiettivamente equivoca, doveva chiarirsi. Il gesto italiano fu considerato a Berlino una pura formalità, «che non venne degnata d 'una risposta» 2, ma la decisione rumena colse in certo senso cli sorpresa g~ Imperi Centrali, in quanto il Comando Supremo tedesco aveva calcolato l'intervento nella seconda metà di settembre, vale a dire al tennine del raccolto. Ne derivò una brusca conseguenza. Non in campo operativo, giacché le contromisure erano già state studiate e predisposte, bensì nella condotta della guerra. Il giorno 28, il capo del gabinetto militare si presentò al Falkenhayn per comunicargli che il Kaiser aveva convocato il nuu-esciallo von Hindenburg per «averne consiglio» circa la nuova situazione bellica. Naturalmente Falkenhayn obiettò che un invito del genere rivolto ad un comandante in sottordine, per una questione di sua propria competenza, rivestiva il significato della perdita della fiducia da prute dell'imperatore. Quindi, mantenendo tale posizione nonostante un colloquio con Guglielmo II, rassegnò le dimissioni che vennero accettate. Il 30 agosto il maresciallo Hindenburg assunse la carica di capo di Stato Maggiore dell'esercito, con a fianco il generale Ludendorff, come Primo quartiermastro generale. Falkcnhayn riepilogò, nelle sue memo1ie, la situazione degli Imperi Centrali alla fine di agosto 1916: per molti aspetti grave, pochi confo1tante, ma non disperata 3• E indicò le basi sulle quali era fondata la condotta della guerra: persuadere l'Intesa che non era «in grado di pagare il prezzo per sottometterci»; adottare una rigida economia dei mezzi di guerra; rinunciare decisamente a qualsiasi operazione «le cui esigenze esorbitassero dalle nostre potenzialità di resistenza». Purtroppo, tali basi «ricevettero un grave colpo dall'impresa in Italia», anche se, ciò nonostante, gli lmperi Centrali erano riusciti a sostenere le tremende prove delJa Somme e della Galizia ' . Quanto al generale Ludendorff, ricordò che nel primo contatto avuto con Comad, dopo il cambiamento del l'Alto Comando tedesco, ricevette il semplice commento che l'esercito austriaco, che per tanto tempo aveva protetto i confini

'Impe1iali a Sonnin(l in data 16.7.1916, D .D.l. , 5" serie, VI, doc. 135.

'Cfr. E. Falkcnhayn, Il Comando Supremo tedesco cit., p. 206. ' Ibidem, p. 211. ·• Ibidem, p. 213.


LA PRIMA GUERRA MONDIALE

356

dell'Impero, avrebbe continuato a farlo. «Questo, però, non fu troppo consolante per noi» commentò '. Ma nel campo degli Imperi Centrali era giunto in porto un provvedimento di grande importanza ai fini della condotta della guerra: l'istituzione della tedesca Oberste Heeresleitung (DOHL), la Direzione Suprema della guerra.116 settembre, a Pless, Hinclenburg e Comad firmarono le «norme per il Comando Supremo comune delle Potenze Centrali e dei loro alleati», retto dal Kaiser. La DOHL fissava le Unee d'azione strategica, gli obiettivi fondamentali, l'ordinamento e le dipendenze nel caso di operazioni interalleate. Le decisioni del Kaiser avevano valore impegnativo per tutti, però una clausola segreta garantiva ali' Austria-Ungheria che decisioni concernenti l'integrità dell'impero asburgico non sarebbero state prese senza il consenso dell'imperatore d 'Austria.

6. LE TRE SPALLATE SUL CARSO (7°, 8° E 9a BATTAGLIA DELL'fSONZO) Dopo la conquista di Gorizia, il Comando Supremo prese in esame la situazione con un diffuso ottimismo, so1retto come era inevitabile da.Ila soddisfazione che la vittoria aveva suscitato nel paese; ma anche con la consapevolezza dei pro e dei contra delle circostanze: da un lato, il difficile momento in cui versava il nemico ed il sicuro logorio inflitto alle sue uuppe, e dall'altro una situazione operativa solo in parte soddisfacente perché non bene assestata né sotto il profilo offensivo né sotto quello difensivo. Il disegno originario di Cadorna era stato di intenompere la controffensiva sugli Altipiani ed utilizzare il tempo occorrente alla l' am1ata, per riordinarsi e prepararsi alla ripresa, con l' occupazione della testa di ponte di Gorizia. Poi il pendolo si sarebbe riportato sugli Altipiani. Ma la situazione generale era mutata. Il pericolo corso nel Trentino, la complessità della manovra per linee interne, le perdite subite e l'impegno assunto di aiutare la Romania nella difficile apertma delle ostilità, rendevano indispensabile l'adozione cli misure atte ad irrobustire l'esercito. Perciò il 18 agosto Caclorna si rivolse a Boselli illustrando le condizioni delle forze a sua disposizione. Ricordò che sin dal luglio 1915 aveva chiesto un incremento organico pari a 12 divisioni, stin1ato allora strettamente comnùsurato alle esigenze imposte da un buon svolgimento delle operazioni; ma che, per motivi finanziari, il governo lo aveva ridotto alla metà, concedendo poi, nella primavera ciel 1916, alu·e due divisioni. «Ora, le ()perazion i svoltesi di recente nel Trentino, e più ancora quelle che oggi si svolgeranno oltre Isonz(), hanno reso sempre più manifesto il bisogn() di disp()rre di un maggior numer() di grandi unità organiche, per poter dare pieno sviluppo al piano d' operazi()ni, e cioè: C()ncenti-are una

1

E. LUDENDOR Fl\ T miei ricordi di guerra, Treves, Milano 1920, I, p. 156.


LA CAMPAGNA DEL I 916

357

massa sufliciente nella di rezione d'attacco, pur senza menomare la nostra capaci tà al111e110 difensiva sui tratti rimanenti della fronte ( ... ). Ciò ho premesso, per rappresentare all'E.V. questa importante circostanza: che, per far La massa nella direzione di attacco, è oggi necessario impoverire la fronte del Trentino (dalle altre si è già tolto tutto il possibile) fino all'estremo limite della sua capacità di fensiva: il che se data l'odierna situazione generale non rappresenta un pericolo, potrebbe però divenirlo qualora l'equilibrio dei contrapposti sistemi di forze in Europa dovesse imprevedibilmente spostarsi a beneficio dei nostr.i avversari, e rappresenta ad ogni modo una spada di Damocle continuamente sospesa sul nostro capo».

Poi aggiunse le maggiori esigenze dovute ali' auspicata nostra avanzata verso oriente; nonché l'eventualità, poco probabile ma possibile, di un tentativo di irruzione austro-tedesca attraverso la Svizzera. In definitiva, occo1Teva che il progranumt presentato nel 1915 ricevesse soddisfazione integrale. Si trattava di .mettere in piedi altre 4 divisioni, cosa da poco, confrontando lo sforzo fatto dalla francia, che aveva in cm11po 117 divisioni, contro la cinquantina an11ate daU'Italia. «È mio dovere di ricordare all' E.V. - concluse Cadoma - che tal.e mia richiesta rappresenta un minimo, al di sotto del quale non è consentito di scendere, senza togliere efficacia al provvedimento che, ripeto, è indispensabile per far fronte alle prossime esigenze delle nostre operazioni» '.

Dopo il trambusto provocato dalla Strafexpedition, il governo approvò il programma ed il ministero della Guerra dispose la costituzione di otto nuove brigate, da inquadrare in quattro divisioni, che vennero fonnate fra l'ottobre 1916 ed il germaio 1917. Le nuove necessità si traducevano in un'operazione che obbligasse I' Austria-Ungheria a non distogliere l'attenzione dall'Italia. Il fronte interessato non poteva che essere l' Isonzo, dove si trovava la massa del nostro esercito, quindi l'operazione avrebbe rappresentato il naturale sviluppo dei successi raccolti con la 6° battaglia. La situazione si mostrava in questi termini. Nella conca di Gorizia, le truppe italiane avevano raggiunto le pendici ciel cordone collinare ad oriente della città, in soggezione di fuoco rispetto alle posizioni austriache. I tentativi, compiuti sullo slancio, cli svellere le due spalle del San Gabriele e del San Marco erano falliti. Del pari vano era stato il tentativo, compiuto più a nord, di agire per manovra a più ampio raggio, partendo dalla testa di ponte di Plava e scendendo per monte Kuk-monte Santo sul San Gabriele. Accantonata l' ipotes.i di reiterare la manovra da Plava, perché, fra l'altro, avrebbe comportato un lungo e complesso spostamento di artiglierie, rimaoeva la scelta tra lo sfondamento centrale nel tratto San Gabriele-San Marco e la pro-

'CCSM, Relazione 4/iciale cit., IV, tomo l bis, doc. l.


358

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

secuzione dell'avanzata sul Carso. Il primo, se fosse riuscito, s.i sarebbe tradotto in una breccia che, prontamente sfruttata con truppe fresche, avrebbe provocato una profonda revisione del sistema difensivo austriaco per proteggere Lubiana. Giocavano a sfavore le difficoltà opposte da una folta vegetazione, che aggiungeva un altro vantaggio alla difesa, e la pericolosità dei prevedibili contrattacchi provenienti dalla Baisizza a nord e dal Carso a sud. L'alternativa di continuare nello sforzo sul Carso non soltanto beneficiava di una solida base cli partenza, ma consentiva di far saltare la spalla rneridiomùe della linea austriaca e di aprire la strada verso l'obiettivo di Trieste. Nell'ordinare la sospensione della battaglia per aver tempo e modo di procedere ad una preparazione sistematica contro le ben munite trincee nemiche, Cadoma aveva considerato una generica ripresa dell' offensiva generale, atticolata in due fasi: prima la conquista delle alture orientali, con precedenza al San Marco, per garantire il possesso di Go1izia; poi la prosecuzione dell'avanzata sul Carso. Ma il 25 agosto, dopo aver ben soppesato i risultati delle ricognizioni di dettaglio compiute dalle due armate, e riconosciuto che con la progressione della 3° armata prendeva seria consistenza una minaccia al fianco ed al tergo del San Marco, cambiò idea. Ebbe un lungo colloquio con il duca d'Aosta e decise di invertire le fasi: p1ima il Carso e poi le colline orientali di Gorizia, nell'intento di portare all' avversario, «nella direzione utile ove ciò si possa più prontamente, un nuovo colpo, per impedire che esso si sistemi saldamente sull' attuale linea»'. La successione dei tempi permetteva di concentrat·e, a favore dell'annata impegnata offensivamente un poderoso schieramento di artiglierie di medio e di grosso calibro 2 • Anche la marina avrebbe concorso con sue batte1ie all'azione sul Carso 3 • Nel contempo, la 1• armata doveva ampliare l'occupazione del Pasubio, la 4• sviluppare le operazioni nelle Alpi di Fassa e la 2• attaccat·e il monte Rombon. Secondo il piano del duca d'Aosta, la 3° armata avrebbe gravitato con lo sforzo sulla sua sinistra per raggiungere Dosso Faiti e successivamente il monte Trstelj, rendendo in tal modo insostenibile la difesa ad oriente di Gorizia e consentendo la comoda manovra contro l'Hermada, il baluardo difensivo dell'altopiano di Cornen. E sullo sfondo c'era Trieste! •. Il generale Capello formulò alcune riserve sulla scelta operativa, astraendo, beninteso, dal forte motivo di pressione politica rivestito da Trieste. Egli fissò l'attenzione sulla testa di ponte austriaca di Tobnino. Costituiva un pericolo assai grosso, sia in quanto pressoché imprendibile direttamente, sia perché i suoi

'CCSM, Relazione ufficiale cit., m, tomo 3 bis, doc. 143. 'Ibidem, doc. 145. ' Ibidem, doc. 150. ' <<Ho( . ..) anch' io alquanta fiducia- scrisse Cadorna al figlio il 31 agosto -di piaulare lo stendardo tricolore sulla torre di S. Giusto prima dell'inverno!» (L. CADORNA, Lettere famigliari cii., p. 168).


LA CAMPAGNA DEL J 9 I6

359

sbocchi venivano naturalmente incanalati verso il Tagliamento. Per eliminarla occorreva muovere dalla Bainsizza. Quindi, se il pilastro meridionale del Carso offriva detenninate possibilità, quello settentrionale della Bainsizza ne offriva di migliori e, per cli più, su cli esso il nemico non ci aspettava 1• L'offensiva si svolse in tre atti, uno a metà settembre, uno verso la metà di ottobre e l'ultimo i primi di novembre. Furono chiamati «le tre spallate del Carso» e per gli austriaci rappresentarono la 7", 1'8° e la 9" battaglia clell'lsonzo. La 7" battaglia (14-17 settembre) si effettuò in concomitanza con la seconda fase della battaglia della Somme (3-15 settembre), con la 1innovata offensiva russa (31 agosto-20 settembre) e con l'inizio dell'offensiva dell'Armée d'Orient (10 settembre-19 novembre). Il ~uo sviluppo si profilò subito deludente, così come accadde per quelli alleati. La sera del 17 Cadorna, visto il carattere di puro e semplice logoramento assunto dai combattimenti, ne dispose la sospensione, ripromettendosi di riprendere la lotta dopo una nuova e migliore preparazione 2• Poi, a caldo, manifestò il suo pensiero al duca d'Aosta: «(...) Dirò subito( ... ) che i risultati ottenuti, modesti in senso assoluto, appaiono ancor più modesti se si co1Jsiderino in rapporto all ' ingente cumulo preliminare di mezzi tecnici. alla loro diijgente e laboriosa preparar.ione, a tutto un poderoso complesso di prediposizioni; soprattutto poi per rapporto al fatto che l'operazione fu iniziata di sorpresa, e che le forze nemiche non erano ce1to cospicue. Ha indubbiamente avuto, in tutto ciò, assai dannosa influenza l'avere iniziato le operazioni in condizioni atmosferiche assai poco favorevoli . Ciò ha reso assai aleatorio l'effetto del tiro delle bombarde, venendo così a rendere meno pronto, meno sicuro e meno perl'ello il verificarsi di una della condizioni essenziali, l'ape1t11ra delle brecce nei reticolati. Ha inoltre ridotto in misura sicllJ'amente grande l'efficacia del tiro di demolizione per palte delle batterie d 'ogni calibro, rendendo ora difficile, ora impossibile l'osservazione dei risultati. Ha, infine, opposto una insormontabile difficoltà ali' impiego di proielli a gas asfissianti( ...}. Nei riguardi deU' aniglieria, ho notato una e.erta tendenza all'azione delle nostre batterie sulle difese della seconda linea avversaria, quando molto ancora restava da fare per demolire appieno la prima ( ...)» ' .

In effetti, le condizioni meteorologiche erano state pessime, ma, a parte questo fattore negativo, probabilmente sono centrate le osservazioni di Capello, in aggiunta a quelle di Cadorna. La preparazione, per accurata che volesse risultare, «non fu completa, per difetto di metodo e fors'anche per mancanza di tempo» e la principale nota dolente derivò da un eccessivo accentramento dell'artiglieria che provocò lo scollamento con la fanteria: «si sparò molto, ma non sempre né dovunque si sparò bene» a causa di ordini non precisi ·'.

' Cfr. L. CAPELLO, Note di guerra c it. , Il, pp. 15-16. CCSM, Rela.zione ufficiale ci i. , m, tomo 3 bis, doc. 173. ' Ibidem, doc. I76. 1 • L. CAPELLO, Note di gu.erra cit., il, pp. 18-19. Il Weber è molto meno perentorio (Dal Monte Nero a Caporeuo cit., p. 245). 2


LA PRIMA GUERRA MONDIALE

360

Le tre-spallate sul Carso CORMONS

~

Sco:.la ~·f/Jo.ooo f

Linea raggiunta con la 7" balta<>Jia e con 1'8" battaglia con la 9• battaglia

.....__ .'

.,._.,,,,..,..

'

'


LA CAMPAGNA DEL 1916

361

L'8° battaglia (10-12 ottobre) fu preceduta da un'importante circolare del Comando Supremo, riepilogante le recenti esperienze di combattimento e diffusa sino al livello divisionale. In sostanza riprendeva, ampliandole, le considerazioni già espresse al duca d'Aosta, ma si soffem1ava su due aspetti particolari. Anzitutto l'importanza che l' azione offensiva fosse proporzionata ai risultati: «In massima ogni attacco - preparato con molta cura e perizia, e largamente alimentato con tutti i mezzi occorrenti - porta in tempo relativamente assai breve, talvolta anche di primo impeto, ad un risultato soddisfacente od addiriHura grande, dopo di che l'equilibrio delle forze opposte si stabilisce rapidamente, ed i successivi conati per ampliare il successo riescono sterili o quasi, sviluppandosi perciò in condizioni di svantaggioso rapporto fra il dispendio dei mezzi ed i risultati (quando pur non danno luogo ad arretramenti). Nel primo giorno, insomma, si ha generalmente il massimo risul\iltO con le minime perdite; dopo di che, il rapporto tende a capovolgersi rapidamente. Occorre dunque saper cogliere senza ritardi quel punto critico, ed a tal punto saper fermare senza esitazione le operazioni offensive, per consolidare immediatamente i vantaggi consegu iti e quindi ric.ominciare la metodica e completa preparazione di un nuovo sbalz.o».

li secondo aspetto concerneva l'impiego dell'artiglie1ia: «l'azione contro l'artiglieria avversaria non si esplichi, se non in via di eccezione, con tentativi di smonto sistematico, i quali si risolvono sempre in pura perdita di tempo e di munizioni; piuttosto, invece, con tiri di neutralizzazione a shrapnel e sopratlullo con tiri a proietti asfissianti. Quest'ultimo sistema, nei pochi casi in cui fu applicai.o, ha dato buoni risultati (. .. ). In ogni modo poi, per il tiro contro le batterie avversarie, il momento singolarmente opportuno è quello in cui la fanteria nostra è maggiormente esposta all'azione delle baltcrie stesse; non, di massima, quello in cui tirano sui nostri pezzi. La vecchia idea della necessità assoluta dei duelli di artiglieria (... ) non è del tutto sradicata; occon-e sradicarla. Molto opportunità è anche, per l'azione di tiro contro le batt.erie avversarie, il brevissimo periodo che precede l'istante in cui le rantcrie nostre balzano fuori dalle trincee (...)>• 1 •

I due rilievi non potevano certo dirsi novità. Tuttavia, l'uno dimostra il preciso intento di Cadoma di evitare cli lasciarsi invischiare nella tremenda usura della battaglia di logoramento; l'altro toccava un argomento sul quale nessuno dei contendenti era ancora pervenuto a conclusioni ben definite. A sentire la voce proveniente dall'altra parte della collina, la 7• battaglia dell' Isonzo generò nella 5° armata austro-ungarica serie e motivate preoccupazioni, nel senso di far temere sul Carso, prima o poi, un disastro. Talché, messo al corrente di tali apprensioni, Comad fece inviare il colonnello von Broscb per studiare l'approntamento di una nuova linea di fortificazioni fra il Vippacco ed il mare, sì da lasciare Trieste ancora al riparo dai ti1i dell'artiglieria italiana 2• La seconda spallata, resa urgente dal desiderio di concorrere in qualche misura all' alleggerimento della grave situazione rumena in Transilvania, partì ri.promettentosi un ambizioso successo. Nel settore cli Gorizia si cercò lo sfonda-

'CCSM, Relazione ufficiale cil., TII, tomo 3 bis, doc. 180. ' Cfr. F. WEBER, Dal Monte Nero a Caporetto cit., p. 246.


362

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

mento ad opera del XID corpo, aJa destra della 2• armata, e la successiva sua convergenza verso sinistra per investire da sud il San Marco. Sul Carso, ove rimaneva lo sforzo principale, l' Xl cd il Xlll corpo deUa 3• armata dovevano procedere all'occupazione del Dosso Faiti. Tirando le somme, si ottenne qualche vantaggio a sud-ovest del San Marco ed aUe falde del Pecinka, sul Carso, poi le perduranti negative condizioni atmosferiche costrinsero a sospendere l'azione. Anche questa volta Cadorna voUe puntualizzru·e i suoi rilievi con una circolare specifica. Tre erano i punti essenziali: comportamento da assumere all'atto della sospensione dell'offensiva; penetrazione dei reparti nel dispositivo avversario; preparazione d ' rutiglieria. Una volta interrotto l'attacco, era inevitabile attendersi la reazione di movimento austriaca. Ebbene, per a1Testare il contrattacco economizzando I' impegno della nostra fanteria, «di giorno in giorno più preziosa, soprattutto per le crescenti difficoltà di reclutarne i quadri», occorreva mettersi in condizione di intliggere il massimo delle perdite al nemico con un fuoco di artiglieria tempestivo e violento. Possiamo osservare trattarsi di un altro aspetto della difficile cooperazione fanteria-artiglieria. La penetrazione delle unità avanzate, una volta superate le prime trincee, non aveva ancora acquisito la scioltezza indispensabile. In altri tennini, si riscontrava un'eccessiva cw-a di mantenersi all'altezza dei reparti laterali, il cbe provocava indecisioni, rallentamenti o, peggio, indietreggiamenti. Bisognava assolutamente correggere questa tendenza: «Dei salienti che la linea nostra viene ad insinuare in quella avversaria, si profitti anzi per manovrare minacciando reparti nemici sui fianchi». Si potrebbe 1inve1ùre in queste righe un invito alla tattica di infùtrazione, ma, pur essendo obiettivamente valutata la convenienza di abbandonare l'istintivo senso di sicurezza ricercato dell' allineamento, non siamo ancora sul piano di un orientamento dottrinale. Per la tattica di infiltrazione si rendeva necessario uno specifico addestramento, rigum·dante in primo luogo i comandanti di compagnia e di plotone, cioè gli ufficiali inferiori. In mancru1za di ciò, soltanto pochi ufficiali, particolarmente dotati, s i trovavano in grado di esplicare l'auspicata «disinvoltura» entro le linee nemiche. TI terzo argomento era sottolineato, senza però poter giungere a prescrizio ni. La preparazione d'artiglieria doveva avere «la maggiore possibile brevità» e, nel contempo, fare «opera completa di distruzione». È di tutta evidenza la difficoltà di armonizzare tali requisiti, entrambi importantissimi. In proposito, Cadorna privilegiò un' altra esigenza: «Lntendo, in ogni modo, che l'eventuale decisione di fare una parte dei tiri di distruzione a11che in precedenza, non abbia comunque ad avere inOuenza sulla data prestabilita per !"azione risolutiva. /11 sosumz.a, a partire dal momemo in cui 111110 è promo, il giom o dell'a11acco risolutivo deve essere la prima.giomota di bel tempo. irrevocabilmente, sia o non sia stata fatta in precedenza una parte de i tiri di distruzione» '.

'CCSM, Relazione 11.fficiale cit., m, tomo 3 bis, doc . 209.


LA CAMPAGNA DEL 19 16

363

Sembra una conclusione discutibile, anche per l'incertezza sul significato da attribuire alla frase «a partire dal momento in cui tutto è pronto». Il tutto non doveva comprendere anche la certezza che i varchi nei reticolati potessero consentire il passaggio della fanteria? Una seconda, contemporanea, circolare, riguardò le «Deviazioni d'intenti nell'impiego delle bombarde», cioè gli errori eia eliminare, viste le perdite (in personale e materiali) alle quali stavano andando incontro i preziosissimi reparti bombardieri. Si continuava a iiscontrare: entrata in azione p1ima del tempo stabilito per il tiro di distruzione, col risultato di svelare le postazioni; impiego per tiri di interdizione, incidendo sulla disponibilità di munizioni; spostamento in avanti anche quando non necessario, con conseguenti sensibili danni. E, principalmerfte, la tendenza di «attribuire alle batterie di bombarde .i compiti delle batterie di accompagnamento» ' . L'impiego dell'artiglieria costituiva un argomento di generica insoddisfazione, provocata da un insieme di cause di varia rilevanza, alla cui base però stava la carenza di batterie e di munizioni. Lo stabilire una successione di tempi per lo svolgimento di un' operazione non derivava da valutazione operativa, bensì dalla necessità di spostare di volta in volta un cospicuo numero di artiglierie, da una grande unità all'altra. «La instabilità era diventata, nei riguardi clell' artiglieria, una vera frenesia di cui si dovevano in seguito risentire le conseguenze», scrisse il generale Capello. AdiJe il vero, la prima conseguenza era già sotto gli occhi di tutti: batterie non in piena efficienza, ufficiali di rutiglieria non orientati sul terreno e non affiatati con la fanteria. «Inoltre - conLinuò Capello - gli artiglieri, costrelli ad agire in condizioni continuamente mutabili, secondo direllivc sempre diverse e spesso contraddittorie, non sapevano il più delle volte come regolarsi, e l'incertezza ne paralizzava l'azione. Si pensi che le direttive nei vari Comandi si differenziavano entro i seguenti termini fra loro antitetici: rigidissimo accentramento e largo decc1mamcnto; divieto assoluto di sparare ed intervento automatico lasciato, in caso di necessità, all ' iniziativa dei comandanti in sott' ordine. Si aggiungano le restrizioni per il consumo delle munizioni e le gravi sanzioni per chi non vi si attenesse strettamente(... )».,_

Il ricorso all'accentramento al livello di corpo d' armata delle artiglie1ie di medio e grosso calibro era volto a coordinare l'azione e controllarne gli sviluppi ,, tuttavia inevitabilmente finiva per trovarsi in contrasto con l'esigenza dell'immediato intervento, che chiedeva un ragionevole decentramento. Non era semplice, in quelle circostanze, stabilire il giusto limite fra accentramento e decentramento.

• Ibidem , doc. 210. L. CAPELLO, Noie di guerra cit., Il, pp. 27-28. ' Cfr. le norme per l'impiego delle artiglierie di medio e grosso calibro diramate il 4 settembre 1916 dal Comando 3• armala (CCSM, Relazione ufficiale cit., III, tomo 3 bis, doc. 151). 2


364

LA PRIMA GUERRA MONDIA LE

Il generale Capello ha citato un passo della regolamentazione francese del1' epoca, la q uale poneva in mano ai comandanti di di visione tutta l' artiglieria in grado di intervenire efficacemente contro la fanteria nemica, vale a dire l'artiglieria da trincea (cioè le bombarde), l'artiglieria da campagna e la pesante campale. Al comandante di corpo d'annata restava l'aitiglieria pesante in grado destinata prevalentemente alla controbatteria ed in grado di intervenire sull'intero settore del corpo d'armata, ferma restando la facoltà di temporaneo decentramento, se e quando ritenuto utile. Il comandante d'armata conservava le artiglierie pesanti a lunga gittata, capaci di agire in più settori '. Nessun dubbio sulla bontà di questo indirizzo d'impiego, però non si deve ignorare il fatto che l'esercito francese non era assillato dal problema quantitativo e qualitativo dell'artig lieria e delle munizioni, problema che angosciava il nostro dall 'inizio della gue1Ta! La 9° battaglia (l-4 novembre) sarebbe dovuta cominciare il 24 ottobre con immutato compito per la 3• annata e con scopo dimostrativo per la 2". Le condizioni del tempo non accennando a migliorare, fu giocoforza rimandare sino al 31 ottobre. Questa volta l'XI corpo realizzò un vero e proprio sfondamento sul Carso, raggiungendo il Dosso Faiti e respingendo ogni contrattacco austriaco. Poi, nuova sosta imposta dalle intemperie. Così, al termine dell ' autunno, si concludeva la terza spallata. Sotto il profilo strategico la situazione complessiva si manteneva invariata, però sul Carso, per quanto non raggiunto il Trstelj , il possesso del Paiti ci consentiva un buon controllo sul Trstelj stesso e sull'He1mada; e nel settore di Gorizia si era registrato qualche ulteriore miglioramento a sud del San Marco. Un giudizio globale sulle tre spallate? Sicuramente non si può sottovalutare il peso dcli' impegno assunto con gli alleati di aiutare la Romania, prima nel momento delicatissimo dell'apertura delle ostilità e poi durante la crisi derivante dalla convergente offensiva austro-bulgaro-tedesca. Sui risultati ottenuti bisogna distinguere. Uno sfondamento strategico usciva dalle nostre possibilità, né Cadorna se lo era ripromesso. ln relazione al ricordato scopo politico-militare, appare lecito attribuire il giusto risalto al forte logorio inflitto alla 5" armata austro-ungarica e riconosciuto da Boroevié subito dopo I ' 8" battaglia: «Le tre ultime battag lie [6", 7" e 8'] - scrisse al Comando Supremo il 15 ottobre - hanno dimosu-ato che il nemico è di ventato un allro; esso ha molto imparato, si è giovato di tutte le esperienze delle moderne tecnica di guerra, ed ha cercato di dare ai suoi attacchi carattere analogo a quello degli attacchi francesi sulla Somme. E di ciò occorre tenere conto. li periodo dal principio di agosto ad oggi ha cos tato all'armata 100.000 uomi ni per la più parte morti e feri ti( ... ).

' Cfr. L. CAPELLO, Note di guerra cit., il, pp. 26-27.


LACAMPAGNJ\DEL 1916

365

Una nuova battaglia, che è da prevedersi non lomana, 11011 si polrebbe sos1e11ere che con es1re-

mt1 difficol1à (...). L" annata, nel presente suo stato, non è in grado di rispondere incondizionato mante alla necessità di resistere sull'attua.le linea per il tempo occorrente a conferire nll'ullima posizione ad ovest di Trieste, e cioè la linea Trstelj-Hem1ada, il grado necessario di capacità difensiva e cioè per qu:iuro mesi circa» ' .

L'avversario ha sostenuto che con una maggior determinazione saremmo riusciti ad aver ragione della difesa. Giudizio comprensibile, vista la percentuale delle sue perdite; ma è anche da ritenere validissimo l'apprezzamento del nostro Comando Supremo circa la convenienza di sospendere la battaglia: i rischi di ulteriori perdite potevano essere accettati unicamente nella prospettiva di raggiungete Trieste o almeno di conquistare il Trstelj e l' Hermada, qualche altro passo avanti. Alcune cifre complessive, riferite alla tre spallate nel loro insieme. Gli italiani ebbero I0.000 morti, 49.200 feriti e 18.100 dispersi per un totale di 78.300 circa. Gli austriaci ebbero 8.800 morti, 42.100 feriti e 23.400 dispersi, per untotale di 74.300 uomini. Perdite, in sostanza, equivalenti, con un'usura percentuale più sensibile per il nemico. Da parte nostra, il logorìo delle unità fu limitato, grazie ad una certa rotazione delle brigate, per cui soltanto 5 di esse (su 42 impegnate) parteciparono alle tre battaglie. * * * Neppure le operazioni ordinate alla l" ed alla 4" annata, cd al IV corpo ebbero buon esito. Sul Pasubio, i due tentativi (settembre e ottobre) di respingere il nemico da posizioni dominanti incontrarono un tale contrasto da dover desistere dopo la perdita di circa 6 nùla uomini. Nelle Alpi di Fassa, qualche successo locale, peraltro non sfruttabile per mancanza di messi, fu conseguito al prezzo esorbitante della perdita di altri 10 mila uomini. E l'attacco sferrato al Rombon dal IV corpo, durante la 7a battaglia dell ' Isonzo, nulla ottenne. Giustamente è stata posta in evidenza Ja convinzione allora imperante, ed in teoria valida, che le offensive «principali» potessero trarre vantaggio dallo sviluppo di offensive minori in altri settori del fronte. In qualche caso l'asserto ebbe riscontro e Io scopo fu raggiunto, impedendo lo spostamento di riserve 2• Ma il fallimento di queste offensive minori, specie se ripetute, provocava due conseguenze nocive: scoraggiamento nelle truppe e sfiducia nei Comandi per chi attaccava, ed un senso di sicurezza in chi si difendeva. E, di solito, eravamo noi ad attaccare.

Cit. in R. U ENCIVEN<;A, Saggio cririco sulla nostra guerra cii. pp. 304-305. ' Cfr. E. FALOF.U .A, ù:, grande guerra cit., I. pp. 248-250.

1


366

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Inoltre, a prescindere dalla necessità delle «spallate» sul Carso e dalla possibilità o meno di approfittare di un momento particolarmente difficile in campo austriaco, le osservazioni formulate da Cadorna e da Capello sono significative del permanere, nel nostro esercito, di talune carenze addestrative, le cui ripercussioni dovevano inevitabilmente essere pagate sul campo di battaglia. Un elementare senso di obiettività non può, tuttavia, trascurare l'esistenza di fattori di non facile rimozione: la scarsa preparazione tecnica delle migliaia e migliaia di ufficiali inferiori e di sottufficiali bruscamente chiamati a comandare uomini in combattimento; il tipo di guerra, le cui caratteristiche inducevano ed abituavano alla difensiva assai più che all'offensiva; la difficoltà di reperire tempo e modo di addestrare al combattimento interi reparti; l'usura psico-fisica della trincea e degli attacchi contro posizioni saldamente organizzate a difesa. Questa usura cominciò ad affiorare nel 1916 con significativi episodi di indisciplina collettiva, diserzioni e casi di autolesionismo. Certo, la propaganda pacifista e disfattista proveniente dal Paese, nelle sue diverse forme, principiava a farsi sentire dai soldati, ma bisogna riconoscere che muovere all'assalto e dopo un paio di giorni esser costretti a rinunciare, e quindi constatare l'inutilità delle perdite subite, non poteva non acquistare un peso deprimente. Diventava inevitabile una tremenda riflessione: o il nemico è troppo forte o le nostre operazioni sono mal concepite! Tutto questo lasciava il segno nello spirito, tanto più che ormai si faceva strada la convinzione che la pace fosse ancora lontana.

* * * Il panorama balcanico, complicato com'era dall'entrata in campo della Romania, si faceva sempre più ingarbugliato anche a causa dell'atteggiamento della Grecia, la quale, in bilico fra neutralità e guerra, non nascondeva le sue mire sull' Epi ro settentrionale. A frne agosto la situazione interna ellenica cominciò a precipitare. Già da qualche tempo Venizelos era tentato di forzare la mano al governo, ma la prospetti va cli una probabile lotta civile lo tratteneva. l suoi seguaci, invece, indignati per l'occupazione bulgara della riva sinistra dello Struma, ruppero gli indugi ed il 30 agosto assunsero il controllo di Salonicco- sotto il benevolo sguardo del generale Sarrail - come Lega della Difesa nazionale. Le vicende erano seguite da Cadoma e da Sonnino con un diverso grado di attenzione e di sensibilità. Per Cadorna faceva premio, come logico, l'aspetto militare con le sue incidenze sugli interessi della nostra fronte. Per Sonnino la questione era assai più complessa, specialmente per il fatto che vedeva con preoccupazione e malcontento Gran Bretagna, Francia e Russia discutere delle future sorti dell' Asia Minore senza il benché minimo riguardo per l'Italia. Nella seconda metà di settembre il ministro mise gli ambasciatori presso i governi delle tre Grandi Potenze al corrente dello stato delle cose. Il generale Joffre stava insistendo per l'invio di un 'altra divisione italiana a Salonicco, ma il


LA CAMPAGNA DEL 19 16

367

Comando Supremo non era affatto disposto ad un tale sacrificio, tanto più che in Albania dovevamo tenere a bada gli austriaci. «Né - sottolineò - il R. Governo, di fronte al persistente contegno, altrettanto poco rig11ardoso che equo, verso di noi degli alleati riguardo Asia Minore, potrebbe in alcun modo giustificare davanti al paese ulteriori sacrifici che robbliga.~sero a trascurare nostre impellenti necessità di difesa e di lolla sui fronti nazionali. Aggiungasi che la condotta del Comando Supremo a Salonicco. che sembra volta molto più a mescolarsi nelle raccende interne della Grecia che non alla guerra al nem ico e al soccorso dei romeni, è poco atta a far mutare consiglio(...)» '·

Però gli avvenimenti greci avevano fatto maturare una situazione in Albania, già da qualche tempo delineatasi favorevole, e il 21 settembre Sonnino avverti CMorna che il governo vedeva positivamente un'espansione italiana nell' Epiro settentrionale e per la sua attuazione si rimetteva al giudizio del Comando Supremo. Cadorna, sempre fermo nel proposito di evitare dispersioni di forze e soprattutto di non lasciarsi trascinare in avventure non ben ponderate e quindi foriere di impegni sempre maggiori, volle vederci chiaro e chiese a Sonnino di fargli «conoscere con precisione quali debbono essere, secondo gli intendimenti del governo, gli scopi, il carattere ed i limiti delle occupazioni in parola». Pur ammettendo che il momento non poteva essere più invi.tante, occorreva preoccuparsi «delle conseguenze immediate e lontane che l'occupazione può avere nei riguardi dell'assorbimento delle forze dj cui disponiamo, perché evidentemente le forze presenti a Valona sono insufficienti ai progetti e quindi occorrerà trarne dall'Italia». Perciò propose che la brigata concessa a malincuore per rinforzare la 35" divisione a Salonicco, e poi non autorizzata a partire dal governo, venisse mandata a Valona «per le nuove occupazioni che siano ritenute necessarie a fini politici.». Naturalmente, non soltanto la brigata in questione costituiva lo sforzo massimo, ma le progettate operazioni dovevano rivestire carattere temporaneo, nel senso di escludere «l'impeg110 di assi.curarne e mantenerne il possesso in circostanze diverse da quelle attuali». Infine tenne a precisare che, se la situazione albanese si fosse aggravata per la minaccia austriaca o buJgara o per insurrezioni locali, bisognava abbandonare qualsiasi occupazione «restringendo la difesa alla piazza di Valona sulle lince apprestate» 2 •

'Sonnino a Imperiali, Tittoni e Carlolli in data 19.9.1916, D.D.I., 5' serie, Vl, doc. 453. fortissima era la reticenza di Gran Bretagna, Francia e Russia a far conoscere alritalia iJ contenuto degli accordi concernenti Costantinopoli, gli Streni. l 'Asia Minore ed il Medio Oriente, perfezionati dalle tre Potenze nella primavera de l 1916. Sa.r:1 la Gran Bretagna la prima a riconoscere l'opportunità di rendere noto al i" Italia il testo integrale degli accordi in questione; ma sarà la Russia a firmare uno scambio di note segrete con l' Italia (2 dicembre 1916). Questa riconosceva i diritti russi su Costantinopoli e gli Stretti; la Russia consenti.va genericamente le aspirazioni italiane in Asia Minore (M ,,KIO TOSCANO. Gli accordi di San Giova1111i di Moria11a, Giuffrè, Milano 1936, pp. 190- 191 . ' Cadoma a Sonnino in data 21.9.1916, in M. M01'TA:-IARI, Le tmppe i,a/iane i11 Albania cii. , ali. 28.


36&

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Sonnino rispose subito, specificando di non trovarsi in condizioni, in quel momento, di «(...) detenninarc con precisione quali possono essere gli intendimenti definitivi nostri al riguardo dell'Epiro settentrionale, cioè di quella frazione dell'Epiro che fom1ava pa11c dell'Albania nel 191 3, onde allo stato allualc delle cose il carattere da dare a<l un'occupazione non può essere oggi che provvisorio, salvo poi a regolarsi secondo le circostanze,,.

Anche gli scopi indicati erano generici (impedire il contrabbando, agevolare il mantenimento dcli' ordine da parte delle autorità locali, contrastare le mene di Essad pascià), tranne uno, quello basilare: acquistare pegni per le trattative di pace '. l termini della questione non potevano dirsi molto validi, comunque Cadoma interpellò il generale Bandini, comandante delle truppe d'occupazione cl' Albania, il quale assicurò di essere in grado di occupare Argirocastro e Santi Quaranta (utili sotto il profilo logistico), facendo assegnamento sulle sole forze di cui disponeva, a parte un limitato rinforzo di un reggimento cli nulizia territoriale e di mezzi di trasporto i . Sonnino, messo al corrente della risposta, espresse parere favorevole ed i primi di ottobre l'occupazione delle predette località era compiuta. Ma il 4 ottobre l'ambasciatore a Bucarest telegrafò a Sonnino che «ora è inutile farsi illusioni: Romania non è in grado di tener testa sulle due fronti [Transilvania e basso Danubio] e, senza pronto invio di potenti rinforzi, è esposta all'invasione e forse anche al disastro» 3• Per Salonicco, dunque, continuavano gli alti e bassi. L'8 ottobre il governo autorizzò la partenza per la Macedonia della brigata già pronta.1114 Sonnino comunicò a Cadoma di aver saputo dall'ambasciatore Rodd che la Gran Bretagna si preparava a spedire altre truppe, nonché attiglicrie pesanti alla Romania; che la Russia e la Francìa facevano altrettanto e che il governo britannico «ardentemente spera che l'Italia vorrà dare il maggiore aiuto, mandando se possibile altre due divisioni» •. Cadorna non si smosse: dichiarò impossibile, come del resto già detto anche a Joffre, pensare ad ulteriori rinforzi, oltre la brigata già in viaggio 5 • Tuttavia, un paio di settimane più tardi fece il punto della situazione, in una lunga lettera al presidente Bose!Ji cd a Sonnino. Aveva ricevuto l'invito di Joffre per una nuova conferenza dei capi nùlitari alleati, da tenere il 15 novembre a Chantilly. Il programma, già tracciato, comprendeva lo studio delle possibilità austro-tedesche sui divelsi fronti durante I' inverno; la condotta eia adottare durante l'inverno sui vari fronti; la ripartizione del-

' ' ' ' '

Sonnino a Cadoma in data 24.9.1916, O.O.I., 5• serie, VI , doc. 477. Cadorna a Sormino in data 25.9.1916, ibidem, VI, doc. 492. Fasciotti a Sonnino in data 4 . 10.1916, ibidem, Vf, doc. 526. Sonnino a Cadoma in data 14. 10.1916. ibidem , VT, doc. 566. Cadoma a Sonnino in dal.a 15.10.1916, ibidem, VI. doc. 568.


LA CAMPAGNA DEL 1916

369

le forze e dei mezzi fra gli alleati per la campagna invernale e per quella del 1917;

il piano d'azione alleato per iI 1917 1• Naturalmente, spiegò Cadoma, fra gli argomenti più urgenti spiccava la desiderata offensiva contro Bulgaria e Turchia da parte dei russo-rumeni e dell'Armée d'Orient. Era probabile un abboccamento preliminare a quattr'occhi, proprio a tal tiguardo. Ricordò di aver già respinto la richiesta di aumentare il nostro contingente io Macedonia, considerata la possibilità di una violenta offensiva austro-tedesca sul nostra fronte, dal Tren tino e dall'Isonzo contemporaneamente. Pertanto il suo punto di vista era immutato: perdunmdo la situazione attuale, la sicurezza nazionale aveva la preminenza assoluta. Pyraltro, «il gioco dell'esercito di Salonicco potrebbe aumentare e diventare di grande efficacia quando il teatro d·operazioni balcanico assumesse importanza di teatro d·operazioni principale, quando cioè gli alleati (e fra tutti specialmente I.i Russia) fossero in grndo e si ass umessero l'impegno formale di sferrare contemporaneamente dal Danubio, dalla Dobrugia e dalla Macedonia una potente azione offensiva, fornita di mezzi adeguati e da portare a fondo, per mettere definilivamente fuori causa la Bulgaria e la Turchia».

Questo, allora, darebbe la «relativa certezza» che l'entità della minaccia impedirebbe agli Imperi Centrali di attaccarci. In tal caso converrebbe consentire all' invio di altre nostre truppe a Salonicco, anche per l'interesse politico di sostenere le nostre aspirazioni in Asia Minore. Entrando in siffatto ordine di idee, «poiché lo spostamento della guerra in Balcania è sempre stato da mc valutato come un avvenimento che potrebbe avere influenza decisiva su ll'andamento della guerra, occorre che il Comando Supremo italiano si presenti alla riunione preparnto a pesare sulle decisioni che saranno adottate, e munito quindi, in precedenza, della facoltà di fom1ulare con precisione le proprie conclusioni e ad indicare la misura del proprio concorso, basandosi esclusivamente su conceui e criteri militari».

In definitiva, Cadoma chiese se, subordinatamente alle condizioni cli non correre rischi sul nostro fronte. poteva a Cbantilly assumere l'impegno di portare a tre divisioni il livello del nostro corpo di spedizione in Macedonia 2• Boselli e Sonnino risposero mettendo a fuoco due punti. Premesso che «non siamo in grado di rispondere in modo preciso e definitivo» (!), si diclt iararono non contrari, in linea di massima e soltanto nelle circostanze favorevoli indicate da Cadorna, all'invio di ulteriori tmppe a Saloni.eco. Lasciav,1110 al Comando Supremo la cura di stabilirne l'entità, beninteso tenendo presente lo sforzo che le altre Potenze erano disposte a compiere, anche se «un comando unico affidato

' CCSM, Relauo11e 1,ffidale. N, tomo I bis, doc. 113. Cadoma a Boselli e Sonnino in data 30.10. 1916, D.D.I.. s• serie. VI, doc. 636. Sull'argomento err. il promemoria del Comando Supremo in data 31.10.1916, in CCSM, Relazione 11jjìciale cii., lV, tomo 1 bis, doc. Il 7. 1


370

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

all'attuale comandante supremo francese, generale Sarrail, ingenera dubbi» 1• Il secondo punto concerneva il caso di un concorso alleato in Italia: «L'ipotesi cli un eventuale aiuto cli eserciti alleati in Italia non si presenta come desiderabile e meglio vale evitarne la necessità. Soprattutto emerge la considerazione della nostra guerra offensiva e difensiva rispetto specialmente alle eventualità probabili del domani, qualunque siano le sorti della guerra balcanica». A prescindere dalla contorta formulazione di questa frase, era inequivocabile l'intento di rifiutare qualsiasi intromissione alleata nella nostra guerra. Di fronte a questo «pericolo» si preferiva che le cose in Balcania venissero lasciate agli alleati. In base a questo discutibilissimo orientamento politico, Boselli e Sonnino prescrissero, a buon conto, di non stringere <<accordi definitivi» con Joffre, né a Chantilly e nemmeno nell'accennato convegno prejjminare; e di riserv~m;i di riferire al governo per «decidere insieme» 2• Il precipitare della situazione rumena rese impellente l' adozione di provvedimenti adeguati. La Romania aveva invaso la Transilvarùa ma stava per esservi attaccata dagli austro-tedeschi, mentre un'annata tedesco-bulgara era già entrata in Dobrugia. Il 7 novembre ebbe luogo a Saint Miche! de Maurienne l'abboccamento preliminare chiesto da Joffre, per una disanùne accurata delle opcrazio1ù in Balcani. Cadorna ne informò Boselli: «Conferilo stamani con generale Joffre. Esame situazione ba messo in rilievo interesse generale, che si concilia con nosLro pai1icolare interesse, di scatenare al più presto violenta offensiva nei Balcani per schiacciare Bulgari operando dal Danubio e cooperando con annata Salonicco. Per esecuzione piano però occorre che annata Salonicco sia rinforzata col portare nostro contingente a tre divisioni. Ho dovuto riconoscere giustezza considerazioni militari ed ho risposto che, subordinatamente approvazione mio governo, avrei aderito invio fona purché Comando rus~o avesse assicurato di voler fare poderoso sforzo contro Bulgaria operando dal Danubio e Dobrugia. Inviato seduta stante telegramma a Comando russo. Urge ora che Governo ponga Comando Supremo in grado di prendere accordi definitivi non appena gi unga noia decisione Alcxejeff e, ad ogni mtido, non più tardi conferenza Chantilly giorno quindici»'·

' rt gen. Sarrail era stato posto a capo dcli' An11é al/iée d'Oriem con un accordo alleato in data 29 luglio 1916, con la formula: «In nome di S.M. iJ Re Pietro di Serbia e degli Alleati». ' Boselli e Sonnino in data 2.11.1916. O.O.I., S' serie, VI, doc. 651. 1 Cadorna a Boselli in data 7.11.191 6, ibidem, VI, doc. 676. Il gen. Bencivenga, presente ai colloqui, ha narrato che in quell a sede, Cadoma aveva dapprima sollevato qualche obiezione. dimostrando, calcoli alla mano, che per far entrare in linea altre fone in Macedonia sarebbe passato almeno un mese e quindi l'offensiva che si desiderava con tanta urgenza sarebbe state tardiva e, anche per questo, non avrebbe distolto gli Imperi Centrali dal conclndere a loro favore la campagna di Romania. Invece, l' Italia poteva molto più utilmente rinnovare l'azione sul Carso. I timori per Trieste avrebbero di sicuro allarmato il Comando Supremo austro-ungarico, che già aveva tolto due divisioni dal fronte orientale _per inviarle a Boroevié. Cosl Cadoma si era impegnato per una quarta «spallata», che l'inverno peraltro non consentl di attuare (cfr. R. B ENCIVENOA, Saggio critico sulla nostra guerra cit., Ill, p. 307).


LA CAMPAGNA DEL l9 16

37 1

Senonché, non appena arrivato a Torino dal convegno di Saint Miche!, Cadoma ricevette un telegramma del generale Romei Longhena, capo della missione italiana presso il Gran Qumtier Generale russo. Da questo dispaccio rilevò che «il piano russo ed i mezzi predisposti non sono tali da assicurm·e la prima e più importante delle condizioni». Perciò comunicò immediatamente a Joffre che, non potendo sperare risultati risolutivi dall'attuazione del piano russo, veniva a mancare il principale incentivo ad aumentare la forza del contingente italiano. Più precisamente, J'offensiva msso-rumena sfemtta dalla Dobrugia non gli sembrava in grado di conseguire grandi risultati perché l'armata del Danubio (gen. Sakharov) disponeva di divisioni ad organici ridotti e di scarsa artiglieria. Quindi era lungi dal rivestire il carattere di offensiva in grande stile, capace di agire con armonica efficacia con analoga operazione svolta dall'annata alleata d'oriente per eliminare la Bulgaria. Non solo, ma nemmeno era tale da provocare «le déplacement de l'axe principal des opérations vers l'ouest defaçon à exclure l'offensiva des Puissances Centrales contre leji·ont italien ou tant au moins à en diminuer fortement La probabilìté». Stando così le cose, non era giustificato l'onere di raggiungere il massimo di 23 divisioni previsto per l'offensiva dalla Macedonia. D'altronde, considerando che lo scopo strategico raggiungibile in Balcania in tali condizionj non poteva che limitarsi ad impegnare e trattenere forze avversarie, molto più utile e vantaggioso per i teatri d'operazione principali appariva lo sforzo che l'Italia aveva divisato di compiere sul proprio fronte. Per non toccare, poi, il tasto dell'eventualità di un attacco degli Imperi Centrali contro di noi. TI Comando Supremo italiano non ignorava che in simile evenienza non sarebbe mancato il fotte e diretto concorso alleato, tuttavia, finché esisteva la minaccia, era suo assoluto dovere evitare una dispersione di forze, che chiunque avrebbe condannato con severità il giorno in cui il Comando Supremo si fosse trovato, per sua incapacità, a ricorrere agli alJeati per sostenere un attacco nemico 1• Per BoseUi, al quale riferì tutto, Cadoma aggiunse una considerazione che aveva sapore di avvertimento: «(...) io debbo notare che decisioni di carattere strategico quale sarebbe appunto quella relativa alle operazioni degli alleati non possono essere influenzate da criteri politici per quanto di altissima importanza, come quelli riflettenti le concessioni territoriali in Asia Minore. Nel giudicare pertanto sulla necessità militare di concorrere all'offens iva nei Balcani non può interveni re, con valore di decisione, il criterio dell'utile futuro che a noi può derivare nei riguardi politici: solo norma e gui da deve rimanere il vantaggio militare che ogni altro supera. Agendo diversamente noi faremmo certamcmc il danno nostro. perché rifiutcreDllDo il nostro doveroso concorso all'attuazione di provvedimenti riconosciuti strategicamente necessari nel comw1e interesse degli alleati» '·

' Cadoma a Joffre in data 9. 11.1916. CCSM. Relazione 11f]icillle cit., N, tomo l bis, doc. 11 6, annesso l , pp. 284-285. ' Cadoma a Boselli in data IO.ll. 1916, D.0.1., 5" serie, VI, doc. 69 1.


372

LA PR[]\'1A GUERRA MOND IALE

TI curioso è che, pochi giorni più tardi, il nuovo ambasciatore a Parigi, Salvago Raggi, nel partecipare a Sonnino lo sviluppo della prima seduta della conferenza politica degli alleati (contemporanea a quella militare di Chantilly), comunicò che Briand aveva esordito affermando: «(...) La questione che si impone oggi fra tulle è quella dell'atteggiamento dei Governi nei loro rapporti cogli Stati Maggiori. Sembra incontestabile che i Goverru debbano prendere essi risoh1 tamente la decisione delle operazioni, lasciandone l'esercizio ai m.ilitari, avendo questi signori bisogno di essere diretti quando trauasi di opernzion.i così grandi e di carattere così generale. Situazione che deve essere guardata dal lato dell'interesse generale, sacrificando, per il trionfo dell 'azione comune, la soddisfazione di amor proprio m.ilitare della singola nazione»'·

' Salvago Raggi a Sonnino in data 15.11.1916, ibidem, VI, doc. 703.




Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.