LE OPERAZIONI BRITANNICHE "SUBSTANCE" E "SYLE" PER IL RIFORNIMENTO DI MALTA

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LE OPERAZIONI BRITANNICHE “SUBSTANCE” E “STYLE” PER IL RIFORNIMENTO DI MALTA

(31 Luglio – 4 Agosto 1941)

Genesi dell’Operazione “Substance” (Sostanza)

All’inizio di Gennaio 1941 il 10° Corpo Aereo Tedesco (X Fliegerkorps), che al comando del generale Hans Ferdinand Geisler disponeva come grande unità aerea della Luftwaffe di circa 250 velivoli operativi, era stato trasferito, per ordine di Hitler, dalla Norvegia in Grecia. Lo scopo urgente di quella decisione del Führer era quello di battere la piazzaforte britannica dell’Isola di Malta e per assumere il controllo del Mediterraneo centrale, ove la Flotta britannica del Mediterraneo (Mediterranean Fleet), per la debolezza degli italiani, aveva modo di poter scorrazzare praticamente indisturbata, insidiando le rotte di rifornimento marittime destinate ai pericolanti fronti terrestri della Grecia e della Libia. In pratica, in meno di due mesi, gli italiani erano passati di sconfitta in sconfitta, in terra, in mare e in cielo, tanto che Benito Mussolini, come ha scritto l’allora Ministro degli Esteri e genero del Duce, conte Galeazzi Ciano, temeva di dover chiedere l’armistizio alla Grecia.1

La Regia Marina, dopo il disastro di Taranto dell’11 novembre 1940, causato dall’attacco notturno di undici aerosiluranti Swordfish della portaerei britannica Illustrious che mettendo a segno cinque siluri misero fuori combattimento le corazzate Littorio, Duilio e Cavour, quest’ultima per tutta la guerra, aveva ritirato le tre navi da battaglia superstiti, Vittorio Veneto, Doria e Cesare. Prima inviandole a Napoli e poi, dopo il danneggiamento in quel porto della Cesare nel corso di un bombardamento, alla Spezia per tenerle lontano dalla minaccia esercitata dall’aviazione britannica (Royal Air Force – RAF) di base a Malta. Nel contempo la Regia Aeronautica ben poco aveva potuto fare contro gli obiettivi navali del nemico con la massa dei suoi bombardieri in quota, che venivano sistematicamente falcidiati dai lenti (415 Km/h) ma bene armati caccia Fulmar in dotazione alle navi portaerei britanniche, dalle ali ripiegabili: la Illustrious e la Eagle ad Alessandria con la Mediterranean Fleet dell’ammiraglio Andrew Browne Cunningham; la Ark Royal, a Gibilterra con la Forza H del vice ammiraglio James Somerville.

Appena arrivato in Sicilia, il mattino del 10 gennaio 1941, nel corso della grande operazione Excess cui parteciparono entrambe le due squadre navali britanniche, il X Fliegerkorps dette prova della sua efficienza, danneggiando

1 Per un’attenta ed esaustiva ricostruzione degli avvenimenti vedi Francesco Mattesini, L’attività Aerea Italo-tedesca nel Mediterraneo. Il contributo del “X Fliegerkorps”, Gennaio –Maggio 1941, Aeronautica Militare Ufficio Storico, 2a Edizione, Roma, 2003, p. 131-172.

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gravemente a ponente di Malta la portaerei Illustrious, con quattro bombe da 250 e 500 chili, sganciate da una formazione di quarantadue velivoli Ju 87 dei Gruppi

I./St.G1 (capitano Paul-Werner Hozzel) e II./St.G.2 (capitano Walter Enneccerus), facenti parte del 3° Stormo “Stuka” (maggiore Walter Sigel). A questo attacco seguì nel pomeriggio quello di sei Ju. 87 italiani del 96° Gruppo Tuffatori (capitano Ercolano Ercolani), che contribuirono a mettere a segno sull’Illustrious con effetto devastante, altre due bombe, da 1.000 chili, una sul ponte di volo demolendo l’ascensore posteriore e l’altra sul fianco aprendo nello scafo della portaerei un ampio squarcio, e generando il conseguente allagamento di locali interni.

L’indomani trentacinque Ju. 87 del II./St.G.2, affondarono a sud-ovest della Sicilia l’incrociatore Southampton, e danneggiarono il gemello Gloucester, costringendo la Mediterranean Fleet a sgombrare il Mediterraneo centrale per limitare fino alla seconda metà di marzo, con la scorta di un convoglio (MW.6) di quattro grossi piroscafi a Malta, la sua attività nel bacino orientale. Ciò servì a raddrizzare in qualche modo la compromessa situazione strategica delle Forze dell’Asse non soltanto nel campo navale, perché nel frattempo quattro gruppi d’impiego del X Fliegerkorps furono dislocati in Libia per appoggiare le operazioni terrestri dell’Afrika Korps del generale Erwin Rommel, il cui trasferimento per via mare era iniziato con l’arrivo a Tripoli, il 14 febbraio, del primo convoglio di uomini e mezzi della 5a Divisione Leggera, partito da Napoli.

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10 gennaio 1941. La portaerei Illustrious sotto l’attacco degli Junker 87 dei Gruppi del 3° Stormo Stuka, I./St.G.1 e II./St.G.2.

L’attività della Luftwaffe contro gli obiettivi di Malta e gli attacchi ai convogli britannici da levante destinati a rifornire la guarnigione dell’Isola, si concluse nella seconda metà di maggio del 1941, quando il X Fliegerkorps, sempre su disposizioni di Hitler ma su pressioni del Capo della Luftwaffe, Maresciallo del Reich Hermann Göring, cominciò a trasferire i suoi reparti in Libia e in Grecia, per appoggiare le operazioni terrestri in Cirenaica e per battere gli obiettivi navali britannici nel Mediterraneo orientale, incluso il Canale di Suez. A iniziare da quel momento, il Comando italiano dell’Aeronautica della Sicilia, la cui attività, durante la permanenza germanica sull’Isola, era stata quasi limitata alla scorta dei convogli sulle rotte con la Libia, dovette riprendere l’incarico di tenere Malta sotto pressione, per “sterilizzarla” come già fu detto con completo fallimento nel 1940, e di rinforzare il contrasto alle operazioni navali del nemico nel Mediterraneo centrale.

Sull’allontanamento del X Fliegerkorp dalla Sicilia, l’ammiraglio Eberhard Weichold, ufficiale di collegamento dell’Alto Comando della Marina germanica presso Supermarina, scrisse nell’immediato dopoguerra in un suo saggio compilato a richiesta per l’Ammiragliato britannico.

Questo nuovo orientamento del Comando della Luftwaffe di sguarnire il Mediterraneo Centrale di ogni mezzo aereo tedesco, trascurava completamente il

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Gennaio 1941. Due velivolo Ju. 87 del I./St.G.1 in volo sopra la costa della Sicilia.
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2 Eberhard Weichold, The War at Sea in the Mediterranean 1940 – September 1943; Section Historic Admiraly, November 1945.

concetto basilare che la guerra generale in Mediterraneo ed in Africa si fondasse inizialmente sul predominio navale ed aereo nel Mediterraneo Centrale.

Questa fatale decisione doveva un giorno scontarsi amaramente.

Con la partenza della Luftwaffe dalla Sicilia, Malta accrebbe la capacità difensiva ed offensiva perché nonostante si fosse verificato un notevole incremento di unità aeree della Regia Aeronautica destinate a battere gli obiettivi dell’Isola, le caratteristiche dei velivoli italiani, e le loro obsolete tattiche d’impiego, anche organicamente (i Gruppi d’impiego da bombardamento tedeschi avevano 42 aerei, quelli italiani al massimo 18), non erano le più adatte per tenere la piazzaforte britannica sotto pressione. Inoltre, la produzione di aerei, specie di quelli da bombardamento, era appena sufficiente a un parziale reintegro delle perdite, riportate dai reparti dell’Aeronautica della Sicilia.

In queste condizioni, quella grande unità aerea, al comando del generale Renato Mazzucco, che non brillava certamente per intelligenza tattica, ed era stato in perenne conflitto con gli alleati tedeschi considerati invadenti per le loro richieste di collaborazione, poco poté fare per contrastare l’attività offensiva crescente di Malta contro i collegamenti marittimi con la Libia. I sacrifici delle modeste forze impiegate contro le basi dell’isola, non potevano neppure ridurre a valori sopportabili le forti perdite che le forze aeree e i sommergibili di Malta causavano al traffico mercantile dell’Asse, proprio quando dall’esito dei rifornimenti dipendeva il risultato di una grande battaglia terrestre davanti a Tobruk e al confine della Cirenaica con l’Egitto.

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Bombardieri Savoia 79 del 30° Stormo di base a Sciacca.

Il rafforzamento di Malta impose tuttavia nuovi e considerevoli oneri ai britannici, sia per portare sull’isola i mezzi necessari a combattere, sia per la necessità di rinforzare la piazzaforte, che aveva una guarnigione di circa 20.000 uomini, mentre la popolazione civile, anch’essa da sostenere con viveri e merci di prima necessità, raggiungeva le 250.000 persone, su un area di 316 Km2.

Dopo la perdita di Creta, alla fine di maggio del 1941, i Comandi britannici del Medio Oriente ritennero che il successivo obiettivo tedesco sarebbe stato costituito dalla conquista di Malta, e poiché l’isola fortezza rappresentava il baluardo da cui potevano essere interrotte le comunicazioni marittime dell’Asse, occorreva rinforzarla contro un attacco combinato dal cielo e dal mare. Per tale motivo il generale William Dobbie, Governatore di Malta e Comandante in Capo delle forze armate della guarnigione, informò Londra che gli occorrevano due battaglioni di fanteria, un reggimento di artiglieria pesante, uno di artiglieria leggera, 30 cannoni da campagna con relativo personale, nonché un certo numero di piloti e di tecnici della RAF.3

La risposta arrivo a Dobbie direttamente dal Primo Ministro britannico, Winston Churchill, che il 6 giugno 1941 riferì:4

Sono interamente d’accordo con voi sulle previsioni generali. Il Ministero della Guerra si occuperà particolarmente dei singoli argomenti da voi prospettati. Nel frattempo altri importanti avvenimenti si decideranno, consentendoci di assumere oppure costringendoci ad assumere nuovi punti di vista. Potete essere certo che consideriamo Malta una delle posizioni chiave dell’Impero britannico. Siamo sicuri che voi siete l’uomo capace di conservarla e faremo qualunque cosa nei limiti delle possibilità umane per fornirvi i mezzi necessari.

Per avviare a Malta i rinforzi occorreva però scegliere la rotta più favorevole, e quella occidentale, scrisse Churchill, “giudicata a suo tempo dall’Ammiragliato la più pericolosa, divenne l’unica possibile”.5

3 S.O. Playfair e altri, The Mediterranean and Middle East – The Germans come to the help of their Alley (1941), vol. II, H.M.S.O., Londra, 1956, p. 266.

4 Winston Churchill, La seconda guerra mondiale – La guerra investe l’America, cvol. IV, Mondadori, Milano, 1966, p. 1445.

5 Ibidem. * Nel corso dei primi mesi del 1941, dopo l’arrivo della Luftwaffe, gli unici rifornimenti erano arrivati a Malta, senza perdite, con due convogli dal Mediterraneo orientale sotto la protezione della Mediterranean Fleet di Alessandria. Ma dopo la perdita di Creta, con il salasso subito in perdite e danni alle navi della flotta ad opera dalla Luftwaffe (VIII Fliegerkorps), apparve chiaro che, con le forze aerea dell’Asse che controllavano il tratto di Mare tra Rodi, Creta e la Cirenaica, non era più possibile spingere le navi verso il Mediterraneo centrale, senza adeguata protezione aerea, anche perché, il 26 maggio, era stata messa fuori combattimento l’unica portaerei della Flotta, la Formidable ad opera degli Ju. 87 tedeschi del II./St.G.2 (capitano Walter Enneccerus) del Fliegerführer Afrika, e non ve ne erano al momento altre disponibili. L’Ammiragliato britannico, per le impellenti esigenze della Royal Navy in tutti i mari del mondo, fu in grado di assegnare alla flotta di Alessandria una portaerei soltanto nel giugno del 1943, alla vigilia dell’invasione della Sicilia.

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Infatti, il 2 giugno, subito dopo l’evacuazione di Creta, che la Mediterranean Fleet porto a compimento con successo ma con perdite navali elevate, l’ammiraglio Cunningham aveva comunicato all’Ammiragliato britannico di non potersi assumere l’onere di portare i rifornimenti necessari all’isola, partendo dai porti dell’Egitto, per i due seguenti motivi:

1) Per le condizioni della sua flotta che, duramente falcidiata dal Luftwaffe nelle acque di Creta6 poteva disporre soltanto delle corazzate Queen Elizabeth e Valiant, degli incrociatori leggeri Ajax, Phoebe e Coventry (contraereo), e di 17 cacciatorpediniere in mediocri condizioni di efficienza

2) perché, con l’occupazione da parte dell’Asse degli aeroporti di Creta e della Cirenaica, non potendo avere disponibile una nave portaerei dopo il danneggiamento della Formidable, sarebbe stato costretto a far navigare le proprie unità senza scorta

6 Erano andati perduti i quattro incrociatori Gloucester, Fiji, York e Calcutta e sei cacciatorpediniere, due dei quali (Juno e Imperial) affondati dai bombardieri dall’Aviazione Italiana dell’Egeo, ed erano stati messi fuori combattimento la portaerei Formidable, le corazzate Warspite e Barham, cinque incrociatori ed altre unità minori.

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A sinistra il generale William Dobbie Governatore e Comandante delle Forze Armate di Malta. A destra il Primo Ministro britannico Winston Churchill.

di velivoli da caccia, tra i meridiani 17°E e 23°E, e quindi per una distanza di circa 300 miglia.7

Quindi, non soltanto le perdite e i danni riportati dalla Mediterranean Fleet nelle acque di Creta “erano state molto gravi, invero quasi paralizzanti”, ma tutta la situazione strategica era cambiata radicalmente in favore delle potenze dell’Asse.8 Infatti, mentre ai bombardieri e agli aerosiluranti tedeschi e italiani era stato permesso di battere dalle basi dell’Egeo il porto di Alessandria e quelli del Canale di Suez, e di rendere pericolosa la rotta dei convogli britannici lungo le coste egiziane, i piroscafi dell’Asse, potendo impiegare il riconquistato porto di Bengasi perduto nella prima metà nel mese di febbraio, erano in grado di utilizzare rotte più brevi, rispetto a quelle dirette a Tripoli, per fare arrivare in Libia i rifornimenti, molto più vicino alla linea del fronte terrestre.

Ha scritto al riguardo il famoso storico navale britannico, capitano di vascello Stephen Roskill:9

7 Historical Section Admiralty, Naval Staff History Second World War – Mediterranean November 1940

December 1941, vol. II, declassificato (da ora in poi Admiraly – Mediterranean), Londra 1957, p. 132.

8 S.W. Roskill, The War at Sea – The defensive, vol. I, HMSO, Londra, 1954, p. 515.

9 Ibidem.

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Erano trascorsi ormai i tempi in cui l’ammiraglio Cunningham poteva rastrellare il Mediterraneo centrale per far passare i convogli diretti o, provenienti da Malta, o per proteggere l’occasionale traversata di qualche sporadico convoglio per Alessandria sperando sempre che la Flotta italiana prendesse posizione per incontrarlo e avendo poco da temere dall’Aviazione italiana. Le sue navi erano ormai confinate nell’angolo sud orientale di quel mare che esse avevano per tanto tempo dominato con successo. … Mentre i bombardieri nemici potevano operare da Creta e dalla Cirenaica, il rifornimento di Malta dall’Ovest era chiaramente impraticabile senza forti scorte di aerei da caccia.

In tali condizioni, e mentre lo stesso Cunningham era costretto a impegnare le sue residue forze leggere per appoggiare le operazioni dell’Esercito britannico contro i francesi del Governo di Vichy lungo le coste della Siria e per rifornire l’assediata piazzaforte di Tobruk, nel Mediterraneo occidentale furono organizzate operazioni per traghettare a Malta, con decollo dalle navi portaerei, un gran numero di velivoli da caccia Hurricane della RAF. Parte di essi erano destinati a rinforzare le difese dell’isola, per sostituire le perdite e formare nuovi reparti, mentre la maggior parte doveva raggiungere l’Egitto occidentale (zona di Sidi el Barrani), usando i tre aeroporti di Malta (Luqa, Ta Kalì, Hal Far) come scalo intermedio di rifornimento.

Ciò comportò l’impiego di ben tre navi portaerei, due delle quali la vecchia Furious e la nuovissima Victorious, distaccata temporaneamente dalla Home Fleet (flotta di casa), che furono anche impegnate a trasportare i velivoli imbarcati in porti del Regno Unito, e che a Gibilterra furono in parte trasferiti sull’Ark Royal, facente parte della Forza H del vice ammiraglio Somerville. Questa flotta partecipò alle missioni delle portaerei, scortandola con tutte le sue unità, comprendenti l’incrociatore da battaglia Renown, la nave di bandiera del vice ammiraglio Somerville, l’incrociatore leggero Sheffield, e i sei cacciatorpediniere della 8a Flottiglia, Faulknor, Foresight, Forester, Foxhound, Fearless e Fury. A essi, in caso di necessità, poteva aggiungersi alla Forza H qualche altro cacciatorpediniere a disposizione del Comando del Settore del Nord Atlantico, che a Gibilterra aveva la sua sede, e che venivano impiegati nella scorta ai convogli in Atlantico.

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Il cacciatorpediniere britannico Faulknor.

Le unità della Forza H riprese dell’incrociatore Sheffield. Il marinaio è appoggiato a un complesso trinato di tubi lanciasiluri.

La prima operazione, denominata Rocket, si svolse il 7 giugno con il decollo di quarantotto Hurricane dal ponte di volo dell’Ark Royal e della Furious. I velivoli, partiti da una zona a nord di Bougie, arrivarono a Malta al completo, ad eccezione di uno costretto a rientrare sulla portaerei per noie ai motori. I restanti trentuno Hurricane degli Squadron 46° e 229° proseguirono poi, dopo il rifornimento, per l’Egitto, mentre sedici Hurricane, tutti del 46° Squadron, furono all’ultimo momento trattenuti a Malta per rinforzare i reparti da caccia operanti sull’isola, e questo sebbene non potessero disporre del personale tecnico e dei loro servizi a terra.10

Altri quarantasette Hurricane degli Squadron 238° e 260° decollarono dall’Arl Royal e dalla Victorious il mattino del 14 giugno, e nel corso di tale operazione, chiamata Tracer, quarantatré caccia raggiunsero l’Egitto assieme a quattro bombardieri Hudson del 200° Squadron partiti da Gibilterra. I restanti quattro Hurricane, per un errore di navigazione, passarono a sud di Malta senza avvistare l’isola, e furono costretti ad ammarare per esaurimento della benzina. Gli ultimi cinquantasei Hurricane, decollati in due fasi dall’Ark Royal e dalla Furious nel corso

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10 Christopher Shores, Brian Cull e Nicola Malizia, The Hurricane years 1940-41, Grub Street, Londra, 1987, p. 229-230.

dell’operazione Railway, raggiunsero Malta il 27 e il 30 giugno, e trentacinque di essi proseguirono per l’Egitto. Anche questa operazione cosò sensibili perdite di velivoli, dal momento che otto Hurricane decollati dalle due portaerei non raggiunsero Malta perché, sbagliando la rotta, furono costretti ad effettuare ammaraggi di emergenza.11

Sopra, la portaerei Victorious in un’immagine del 1941. Sotto la portaerei Furious.

11 Ibidem, p. 235, 244-246.

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Giugno 1941. Caccia Hurricane della RAF parcheggiati sul ponte della portaerei Ark Royal. L’ammassamento degli Hurricane, con serbatoi supplementari sotto le ali i, a poppa del ponte dell’Ark Royal pronti a decollare dall’altezza di Algeri per raggiungere Malta distante 300 mg.

L’arrivo a Malta dei rinforzi aerei, e il fatto che l’isola potesse ormai contare su un potenziale difensivo di tre efficientissimi Squadron da caccia, il 261°, 185° e 249°, ciascuno su tre squadriglie (Flight) di dodici velivoli e quindi con un organico corrispondente a quello del Gruppo da caccia italiano – che però era costituito con modesti velivoli Mc. 200, G. 50 e Cr. 42 dalle caratteristiche, per velocità e armamento, nettamente inferiori a quelle degli Hurricane – permise all’Ammiragliato britannico di organizzare, con una certa tranquillità, il convoglio destinato a raggiungere l’isola da ponente, trasportando i rinforzi richiesti dal generale Dobbie. In precedenza, soltanto in tre occasioni, durante le operazioni Collar (novembre 1940), Excess (gennaio 1941), Tiger (Maggio 1941), le navi mercantili britanniche avevano attraversato in convoglio, da occidente, il Canale di Sicilia dirette a Malta, in Grecia e in Egitto, con carichi di armi e approvvigionamenti, con perdite minime, limitate all’affondamento, per mine, del piroscafo Empire Song durante l’operazione Tiger

Prevedendo che il nuovo convoglio avrebbe dovuto aprirsi la strada combattendo duramente, Londra pianificò una complessa operazione, chiamata

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8 maggio 1941, operazione Tiger. Le unità della Forza H di Gibilterra reagiscono all’attacco degli aerosiluranti S. 79 della 280a Squadriglia di base ad Elmas, in Sardegna con un nutrito fuoco contraereo. Da sinistra la portaerei Ark Royal e l’incrociatore da battaglia Renown.

Substance (Sostanza), alla quale dovevano partecipare nel Mediterraneo centro occidentale, direttamente o per compiti diversivi, le unità della Forza H con altre della Home Fleet provenienti dall’Atlantico.

Come era avvenuto in gennaio per il convoglio per Malta dell’operazione Excess, anche il convoglio GM. 1 (Malta – Gibilterra), costituito dai sei grossi piroscafi veloci Melbourne Star, Sydney Star, City of Pretoria, Port Chalmers, Durham e Deucalion (cui doveva aggiungersi a Gibilterra il trasporto truppe Leinster), partì dall’Estuario del Clyde, nella Scozia Sud occidentale il 13 luglio 1941, avendo in formazione altri due navi mercantili. Si trattava del piroscafo da passeggeri Avila Star (14.433 tsl), che non doveva entrare nel Mediterraneo, e il transatlantico Louis Pasteur (29.253 tsl), la nave del commodoro del convoglio. Esso imbarcava 4.200 soldati da sbarcare a Gibilterra, incluso personale medico, che successivamente all’operazione Substance, sempre con unità navali, dovevano raggiungere Malta, assieme a materiale di dettaglio navale e militare Complessivamente il carico dei piroscafi del convoglio GM. 1 comprendeva 40.000 tonnellate di carico generale, inclusi autocarri e mezzi da combattimento, viveri, carbone, cemento, 60.000 bombe e 300.000 proiettili di ogni tipo.

Si aggiungeva per la scorta oceanica, nei primi tre giorni di navigazione, l’incrociatore olandese Jacob van Heemskerck, che veniva all’epoca impiegato come unità contraerea, dal momento che erano molto temuti i bombardieri quadrimotori a largo raggio FW. 200 “Condor” del 1° Gruppo del 40° Stormo (I./KG.40), che la Luftwaffe impiegava efficacemente dall’aeroporto di Merignac (Bordeaux) contro le navi degli Alleati nel tratto di mare fra le isole britanniche e Gibilterra.

Per ingannare il nemico sulla sua destinazione, il convoglio ebbe la sigla oceanica WS.9C, ossia dei convogli “Winston’s Special” diretti nel Medio Oriente per la rotta del Capo di Buona Speranza, e fu scortato da un complesso di unità della Home Fleet denominato Forza X, al comando del contrammiraglio Eduard Neville Syfret. La Forza X comprendeva la corazzata Nelson (armata con nove cannoni di 406 mm), gli incrociatori della 18a Divisione Edinburgh (nave comando del contrammiraglio Syfret), Manchester e Arethusa, il posamine veloce Manxman e dieci cacciatorpediniere alle dipendenze della 4a Flottiglia, Cossack (capitano di vascello Edward Lyon Berthon), Maori, Sikh, Nestor, Fearless, Foxhound, Firedrake, Farndale, Avon Vale e Eridge, i due ultimi piccoli cacciatorpediniere di scorta del tipo “Hunt”.

Come vedremo, superato nella notte del il 20-21 luglio (giorno D1) lo Stretto di Gibilterra, il convoglio GM.1, che ora aveva il suo commodoro, capitano David Rattray MacFarlane, sul piroscafo Melbourne Star, fu raggiunto all’alba del giorno 22 (giorno D2) dalla Forza H, comprendente l’incrociatore da battaglia Renown (vice ammiraglio Somerville), la portaerei Ark Royal, l’incrociatore Hermione, e i sei cacciatorpediniere della 8a Flottiglia Faulknor (capitano di vascello Antony Fane de Salis), Foresight, Forester, Fury, Lightning e Duncan. Era stato pianificato che nel primo tratto della navigazione, fino a sud della Sardegna, la Forza H e la Forza X dovevano navigare separatamente, cercando di risparmiare il combustibile, per poi

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congiungersi in unica formazione, al momento in cui si riteneva che sarebbero iniziati gli attacchi degli aerei italiani, nella giornata del 23 luglio (giorno D3).

Era la prima volta dall’inizio della guerra che la Forza H proteggeva un convoglio nel Mediterraneo occidentale con un complesso navale che comprendeva due navi da battaglia e un gran numero di unità di scorta. In precedenza aveva impegnato soltanto l’incrociatore da battaglia Renown, e un numero minore d’incrociatori e siluranti.

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Il vice ammiraglio James Somerville, Comandante della Forza H di Gibilterra, nella sua cabina con il suo gatto siamese Figaro.

Il contrammiraglio Edward Neville Syfret, Comandante della Forza X e della 18a Divisione Incrociatori della Home Fleet. L’immagine é del gennaio 1944 quando, con i gradi vice ammiraglio, ricopriva all’Ammiragliato la carica di Sottocapo di Stato Maggiore della Royal Navy.

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Il posamine veloce Manxman una delle unità della Forza X.

La formazione navale britannica venne cosi a comprendere sei grossi piroscafi, una corazzata, un incrociatore da battaglia, quattro incrociatori, un posamine veloce e sedici cacciatorpediniere. Dovendo eventualmente affrontare in uno scontro balistico le due grandi e moderne corazzate italiane Littorio e Vittorio Veneto (41.000 tonnellate e nove cannoni da 381), che si trovavano a Taranto, l’Ammiragliato britannico riteneva che l’impiego della Nelson e della Renown fosse un buon deterrente, sufficiente per proteggere il convoglio. Ma se da parte italiana fossero anche uscite le corazzate minori Duilio, Doria e Cesare, cui potevano aggiungersi almeno dieci incrociatori, quattro dei quali pesanti, le due unità da battaglia britanniche, e il convoglio, si sarebbero trovate in una brutta situazione, che evidentemente era stata tenuta in considerazione. Tuttavia, l’Ammiragliato britannico ritenne che ciò non sarebbe avvenuto e che la flotta italiana, almeno in parte, sarebbe rimasta nei suoi porti

Taranto aprile 1941. La corazzata Littorio, che era stata mimetizzata dopo le riparazioni per i danni riportati a Taranto. Era la nave di bandiera dell’ammiraglio Angelo Iachino Comandante della Squadra Navale.

Quindi i britannici contavano sul fatto che, nelle giornate del 23 e 24 luglio, transitando i piroscafi partiti da Malta nel Canale di Sicilia, essi non avrebbero incontrato lungo la loro rotta navi da guerra italiane, perché sapevano che in ogni operazione di questo tipo, e per tutta la sua durata, tutto il traffico navale dell’Asse, costituito da navi mercantili isolate o riunite in convogli scortato da incrociatori e

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cacciatorpediniere, sarebbe stato sospeso da Supermarina. Se vi fosse stato nel Canale di Sicilia un convoglio italiano scortato diretto in Libia, o su rotta inversa, il convoglio GM. 1, incontrandolo, poteva essere messo in difficoltà, poiché in quel periodo i convogli che percorrevano quella rotta, passante lungo le coste orientali della Tunisia, erano scortati da almeno una divisione d’incrociatoridi base a Palermo, e ciò avrebbe portato a un indesiderabile combattimento, dagli esiti imprevedibili.

Il rischio era comunque grande, ma come ha scritto la Sezione Storica dell’Ammiragliato britannico in una relazione inviata nel dopoguerra all’Ufficio Storico della Marina Militare, nonostante il nemico potesse contare nei suoi porti meridionali su almeno cinque navi da battaglia e dieci incrociatori, “non era possibile fare differentemente perché per dare al convoglio una maggiore protezione sarebbe stato necessario transitare per due volte consecutive [con la Forza H) nel Canale di Sicilia e chiamare la Flotta del Mediterraneo Fortunatamente, secondo le più recenti informazioni, non vi erano aerei tedeschi in questa parte del Mediterraneo. Gli italiani avevano apparentemente circa 50 aerosiluranti e 150 bombardieri (dei quali 30 erano bombardieri in picchiata) e la metà dei quali di ogni tipo, era, grossomodo, suddivisa fra la Sardegna e la Sicilia“.12

Per il rifornimento in mare delle unità della Forza X che dovevano scortare il convoglio a Malta, eccetto la corazzata Nelson destinata a rimanere con la Forza H a ponente del Canale di Sicilia, salparono da Gibilterra per una posizione d’attesa a sud-ovest della Sardegna, la petroliera di squadra Brown Ranger, scortata dal solo cacciatorpediniere Beverley. Inoltre, sempre per premunirsi da un’eventuale uscita della flotta italiana nei giorni critici dell’operazione Substance, fu ordinato a otto sommergibili (Olympus, 0 21, P 32, Upholder, Urge, Utmost, Upright e Unique) di stazionare in punti di agguato nel Basso Tirreno, presso i principali porti di Napoli, Messina, Palermo e Cagliari, e alle due entrate dello Stretto di Messina, per attaccare navi salpate da Taranto.

Infine, approfittando del fatto che l’attenzione degli Alti Comandi italiani sarebbe stata concentrata sul complesso navale che scortava verso levante il convoglio GM. 1, fu pianificato un altro convoglio, denominato MG. 1 (Malta –Gibilterra). Esso fu costituito dai sei piroscafi scarichi Breconshire, Talabot, Thermopylae, Amerika, Settler, SvenØr e dalla petroliera Høegh Hood, che dovevano salpare dalla Valletta il 23 luglio (giorno D3), e mantenendosi, se possibile, fuori della portata dei velivoli da caccia italiani, raggiungere Gibilterra, scortati per eccesso di fiducia soltanto dal cacciatorpediniere Encounter.13

12 AUSMM, Scambio notizie con Ammiragliato britannico”

13 Queste navi mercantili, tranne il Breconshire, che si trovava alla Valletta dal 21 aprile 1941 dopo avervi trasportato un rifornimento di benzina, olio e nafta, si trovavano a Malta dal 9 maggio dello stesso anno, quando erano arrivati alla Valletta con gli ultimi due convogli che prima della perdita di Creta partirono da Alessandria: uno veloce (MW 7A) con Thermophylae, Amerika, Settler, Talabot; e l’altro più lento (MW 7B) con Svenør, Høegh Hood. Entrambi i convogli furono scortati dall’intera Mediterranean Fleet, che nel contempo approfittò dell’Operazione Tiger, nel corso della quale un convoglio portò in Egitto 328 carri armati e 43 caccia Hurricane, per fronteggiare l’offensiva del generale Rommel in Cirenaica. Sulle cinque navi del convoglio Tiger,

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Evidentemente i britannici contavano sul fatto che non avrebbero incontrato lungo la loro rotta navi da guerra italiane, perché sapevano che in ogni operazione di questo tipo, e per tutta la sua durata, tutto il traffico navale dell’Asse, costituito da navi mercantili isolate, o in convoglio scortato da incrociatori e cacciatorpediniere, sarebbe stato sospeso. Se al contrario vi fosse stato nel Canale di Sicilia un convoglio italiano diretto in Libia o su rotta inversa, il convoglio MG. 1, se avvistato, poteva essere attaccato dalle unità del gruppo di scorta.

L’incrociatore da battaglia Renown, nave comando della Forza H e di tutte le forze navali impegnate nell’operazione Substance, ripreso in navigazione con mare grosso.

inizialmente scortato dalla Forza H di Gibilterra, e poi da unità di rinforzo per la Mediterranean Flet, inclusa la corazzata Queen Elizabeth, cedute dalla Home Fleet, che attraversarono l’intero Mediterraneo e che si erano congiunte alla flotta di Alessandria nelle acque a sud di Malta, soltanto il piroscafo Empire Song affondò sugli sbarramenti minati italiani posati nelle acque prossime a Capo Bon. Ma con esso si persero 57 carri armati e 10 caccia Hurricane.

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L’incrociatore Edinburgh nave comando della Forza X nell’agosto 1941.

L’Unique uno degli otto sommergibili britannici che furono inviati in punti di agguato a nord della Sicilia e alle due estremità dello Stretto di Messina.

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Grande importanza per la riuscita dell’operazione Substance era riposta nella protezione aerea che inizialmente avrebbe offerto la base di Gibilterra, svolgendo nel Mediterraneo occidentale, fino al limite dell’autonomia, pattugliamenti antisom con i grandi idrovolanti Sunderland del 200° Gruppo Costiero (Coastal Command) della RAF. Dopo di che era compito della portaerei Ark Royal di contrastare con i sui caccia Fulmar gli attacchi della Regia Aeronautica fino all’entrata occidentale del Canale di Sicilia la sera del 23 luglio; quindi a partire dall’indomani e fino all’arrivo del convoglio a Malta nel pomeriggio, sarebbero intervenuti nella scortarlo, decollando dalle basi aeree dell’isola, i caccia a lungo raggio Beaufighter, portati al numero di sedici con l’arrivo del 272° Squadron dall’Inghilterra. Successivamente, avvicinandosi a Malta, dove le forze aeree potevano contare su un centinaio di velivoli, sarebbero arrivati sul convoglio i caccia monomotori Hurricane della RAF (126°, 185° e 249° Squadron), e velivoli antisom Swordfish dell’830° Squadron della Marina (Fleet Air Arm - FAA), mentre i ricognitori Maryland del 69° Squadron dovevano tenere sotto controlla la situazione nei principali porti italiani (Taranto, Palermo, Trapani, Messina), per conoscere quali fossero le unità navali della Regia Marina che potevano contrastare l’operazione. Nel caso fosse stato necessario sarebbero quindi intervenuti i bombardieri leggeri Blenheim del 110° Squadron, i bombardieri medi Wellington del 148° Squadron, e gli aerosiluranti Swordfish dell’830° Squadron, anche con attacchi aerei diversivi sul porto di Napoli e sugli aeroporti della Sicilia.

Per assolvere questi compiti vi erano sull’Ark Royal ventuno caccia Fulmar degli Squadron 807° e 808°, e una trentina di aerosiluranti Swordfish degli Squadron 810°, 816°e 825° da impiegare per compito antisommergibile e aerosilurante. Sette degli aerosiluranti Swordfish dell’Ark Royal erano destinati a raggiungere Hal Far, per rinforzare le forze aeree della Marina dislocate in quell’aeroporto di Malta.

Ma perché l’operazione avesse pieno successo, e per impedire che le forze navali ed aeree italiane potessero far massa nel Mediterraneo occidentale e centrale rendendo incerti gli Alti Comandi nemici sugli scopi dell’operazione Substance, fu pianificata un’operazione diversiva, denominata M.E. 3, affidando alla Mediterranean Fleet il compito di far salpare da Haifa e da Alessandria un nucleo navale comprendente le corazzate Queen Elizabeth e Valiant, sei incrociatori e undici cacciatorpediniere.

Lo scopo della missione era quindi quello di farsi vedere, mantenendo l’attenzione della ricognizione aerea italiana e tedesca sulla Mediterranean Fleet, che invece di avanzare verso occidente, tenendosi nella giornata del 23 luglio entro l’autonomia dei caccia di scorta della RAF in Egitto occidentale, nella notte del 24 luglio doveva invertire la rotta per rientrare alle basi.14 Per lo stesso scopo i

14 Per compilare la pianificazione delle operazioni britanniche sono state consultate le seguenti opere affidabili: J.F. Somerville, Mediterranean Convoy Operations – Operation Substance, in Supplement to The London Gazette n. 38377 del 10 agosto 1948 (da ora in poi citato J.F. Somerville, Operation Substance); AUSMM, Scambio notizie con Ammiragliato britannico, cartella n. 1; Section Historic Admiralty, Mediterranean, vol. II; The Somerville Papers (a cura di

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sommergibili Perseus e Regent furono incaricati di trasmettere segnali radio fittizi di posizione, per tenere in allarme il nemico, nell’intendimento di far credere che la Mediterranean Fleet stesse effettivamente avanzando verso il Mediterraneo centrale.

Michael Simpson); The Royal Navy and the Mediterranean Convoy (a cura di Malcon LlewellynJones), Capitolo II, Operation Substance; S.W. Roskill, The War at Sea, vol. II; S.O. Playfair e altri, The Mediterranean and Middle East. Per le operazioni aeree l’opera più rappresentativa é quella di Christopher Shores, Bryan Cull e Nicola Malizia, Malta: The Hurricane Years 1940-41.

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Un idrovolante Sunderland del Coastal Command di scorta antisom a un convoglio.

L’inizio dell’operazione “Substance”.

Come abbiamo accennato, il convoglio WS.9C e parte delle unità di scorta della Forza X salparono il 13 luglio da Clyde, nel Mare d’Irlanda a sud-ovest della Scozia, dopo che le navi mercantili avevano imbarcato il carico nei porti di Newport, Swansea e Liverpool per poi riunirsi a Oversay. Poiché l’incrociatore Edinburgh si trovavano già a Gibilterra dal pomeriggio dell’11 luglio proveniente da Scapa Flow, il convoglio era scortato dalla corazzata Nelson, dagli incrociatori Arethusa, Manchester e Jacob van Heemskerck (olandese), e dai cinque cacciatorpediniere della 4a Squadriglia Cossack, Lightning, Maori, Nestor e Sikh, tutti della classe “Tribal”.

Per assicurare al convoglio una maggiore scorta antisommergibile e antiaerea nei primi giorni di navigazione oceanica, parteciparono alla scorta altre sei unità. Il cacciatorpediniere Winkelsea e lo sloop Stork che restarono con il convoglio nella giornata del 12 luglio, per poi rientrare a Londonderry, mentre i cacciatorpediniere Gurkha II, Garland, Vanocc e Wanderer lo scortarono tra il 12 e il 15, quando arrivò il posamine veloce Manxman.

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La corazzata Valiant che assieme alla gemella Queen Elizabeth partecipava all’operazione diversiva M.E. 3.

Superato il Canale del Nord, doppiando l’estremità settentrionale dell’Irlanda, il convoglio effettuò un ampio giro al largo delle coste britanniche e della Penisola Iberica per tenersi lontani dagli aerei tedeschi dislocati in Francia. Il 15 luglio lasciò il convoglio per rientrare l’incrociatore olandese Jacob van Heemskerck, che fino a quel momento aveva svolto il suo compito di nave contraerea.

Il giorno 17 il trasporto truppe Louis Pasteur si staccò dal convoglio, e il 19 arrivò a Gibilterra scortato dall’incrociatore Manchester, e dai cacciatorpediniere Lightning e Nestor, a cui si erano aggiunti per rinforzare la scorta i cacciatorpediniere della classe “Hunt” Avon Vale, Eridge e Farndale, provenienti da Gibilterra. Nel frattempo, sempre il 17 luglio, anche il piroscafo Leinster aveva lasciato il convoglio WS.9C e arrivò a Gibilterra il giorno 20 scortato dall’incrociatore Arethusa e dai cacciatorpediniere Cossack, Maori e Sikh. Infine, il 16 luglio avevano lasciato il convoglio altre due navi: il piroscafo Avila Star per dirigere verso la sua destinazione con navigazione oceanica isolata, e il posamine veloce Manxman, che anch’esso isolato raggiunse Gibilterra alle ore 05.30 del giorno19, con un’ora e mezzo di ritardo a causa di una fitta nebbia.

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Il piccolo incrociatore olandese Jacob van Heemskerck ripreso a Freetown

Sopra, le due più grosse navi mercantili del convoglio WS.9C, i transatlantici trasporto truppe Avila Star, britannico (a sinistra), e Louis Pasteur, francese, ripresi dall’incrociatore Manchester in navigazione in Atlantico. Sotto il Louis Pasteur sta superando il Manchester.

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A mezzogiorno di domenica 20 luglio, mentre il convoglio GM.1, con i piroscafi i piroscafi Melbourne Star, Sydney Star, City of Pretoria, Port Chalmers, Durham e Deucalion, si avvicinava a Gibilterra, i cacciatorpediniere della scorta arrivati da Gibilterra si avvicinarono alle navi mercantili per consegnare loro, trasferendola con un razzo fissato ad un cavo, una lettera dell’ammiraglio Jasmes Somerville, da far leggere dai comandanti ai loro equipaggi, in cui si svelava la loro segreta destinazione:15

Per oltre dodici mesi Malta ha resistito a tutti gli attacchi del nemico. La galanteria dimostrata dal presidio e della gente di Malta ha suscitato l'ammirazione di tutto il mondo. Per consentire la loro difesa deve essere continuata, è essenziale che le vostre navi, con i loro carichi di valore, debbano arrivare in modo sicuro nel Grand Harbour.

La Royal Navy vi accompagnerà e vi assisterà in questa grande missione; da parte vostra potete assistere la Royal Navy, dando rigorosa attenzione ai seguenti punti:

Non fare fumo. Non mostrare tutte le luci di notte. Mantenere buona posizione. Non disperdersi. Se la nave è danneggiata, fatela andare alla massima velocità possibile.

Conseguentemente, ogni ufficiale e ogni uomo si renda conto che spetta a lui di fare il suo dovere al meglio delle sue capacità, sono certo che riusciremo.

Ricordate che la parola d'ordine è il convoglio deve passare ad ogni costo.

Nella notte del 20 – 21 Luglio il convoglio diretto a Malta, che era stato raggiunto da unità salpate da Gibilterra, aveva ora per scorta la corazzata Nelson, l’incrociatore Edinburgh (salpato da Gibilterra il 20 luglio), il posamine veloce Manxman, e i cacciatorpediniere Avon Vale, Eridge, Farndale, Fury e Forester. Attraversando lo stretto di Gibilterra con rotta levante a luci oscurate, il convoglio assunse la sua denominazione di GM.1, e per nascondere agli italiani il suo ingresso nel Mediterraneo proseguì verso levante senza entrare in porto.

Ma a questo punto nella baia di Gibilterra, causa una fitta nebbia combinata con forti piovaschi e raffiche di vento da levante si verificò, a Punta Carnero, l’incaglio del trasporto truppe Leinster, privo di radar come tutte le altre navi mercantili del convoglio, che per danni allo scafo fu costretto a rinunciare a partire, entrando in bacino. Poiché la nave trasportava circa 1.000 uomini, soldati e armieri della RAF da portare urgentemente a Malta, ciò significò che restò a Gibilterra un quinto degli uomini giunti in quella base con il trasporto truppe Louis Pasteur. Gli altri 4.000 uomini furono imbarcati nella notte sugli incrociatori della Forza X Manchester e Arethusa e sui grossi cacciatorpediniere Cossack, Maori e Sihk, entrati nel porto. Giunsero a Gibilterra anche i tre cacciatorpediniere Foresight, Fury e Forester, che andarono a rifornirsi di nafta e di acqua, per poi salpare nelle prime ore del 21 luglio con la Forza H per ricongiungersi al convoglio.

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Malta War Diary, in Internet.

Soldati dell’Esercito britannico, con destinazione Malta, vengono trasbordati sull’incrociatore Manchester a Gibilterra.

Il vice ammiraglio Somerville, sull’incrociatore da battaglia Renown (capitano di vascello Rhoderick Robert McGrigor), alle 04.26 salpò per ultimo da Gibilterra con le unità della Forza H, che includevano la portaerei Ark Royal, l’incrociatore Hermione, e gli otto cacciatorpediniere della 8a Flottiglia Faulknor, Fearles, Firedrake, Foresight, Forester, Foxhound, Fury e Duncan. Quindi procedendo alla velocità di 20 nodi a mezzogiorno la Forza H sorpassò, alla distanza di 2 miglia, il convoglio e la Forza X spingendosi a proravia, in modo che si ebbero due formazioni separate che dirigevano per levante. Esse navigarono alquanto distanti, e nel corso del medesimo giorno 21 i dieci cacciatorpediniere della Forza X del contrammiraglio Syfret si rifornirono alla petroliera Brown Ranger (captain Donald B. C. Ralph), a turni di due unità alla volta. Il rifornimento durò dieci ore, quindi la petroliera, con le cisterne vuote, fu rimandata a Gibilterra ancora scortata dal cacciatorpediniere Beverley.

Nel frattempo, alle 10.00, gli orologi di tutte le navi erano stati portati di un’ora in avanti corrispondentemente al tempo orario della zona.

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Il piroscafo trasporto truppe Leinster. La petroliera Brown Ranger assegnata al rifornimento delle unità della Forza X che, partite da Clyde ed entrati nel Mediterraneo, non erano andate a Gibilterra per rifornirsi.

Durante le ore di luce la scorta antisommergibile prodiera fu assunta dagli idrovolanti a lungo raggio Sunderland di Gibilterra, che in tal modo assicurarono alle unità navali dei due gruppi quel servizio senza l’intervento degli Swordfish che avrebbero indicato al nemico, per le trasmissioni di volo, la presenza della portaerei Ark Royal (capitano di vascello Loben Edward Harold Maund) Quest’ultima mantenne una sezione di caccia Fulmar allineata sul ponte di volo, pronti a decollare in caso di allarme per la presenza di aerei ostili o sconosciuti, nessuno dei quali fu avvistato o registrato dai radar. Tuttavia la Forza H, che si trovava a una distanza avanzata di circa 30 miglia dal convoglio, incontrò due navi mercantili neutrali, la prima alle 12.55 a sud-ovest di Almeria con rotta ponente, la seconda alle 19.00 a sud di Capo Palos proveniente da Orano. La notte passò tranquilla e a iniziare dalle 07.13 del 22 luglio iniziarono a decollare dall’Ark Royal pattuglie di caccia Fulmar e velivoli Swordfish per la scorta antisom, che si mantennero in volo durante il giorno.

Il convoglio britannico G.M. 1 (ex WS.9C) ripreso in navigazione nel Mediterraneo dall’incrociatore Hermione, che apparteneva alla Forza H.

Alle ore 08.50 un idrovolante non identificato fu avvistato a bassa quota a circa 10 miglia di prora alla Forza H, ma i caccia in volo non poterono intercettarlo mentre si allontanava sparendo verso levante a causa delle scarse condizioni di

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visibilità e la presenza di nuvole basse. Come vedremo si trattava di un Cant.Z. 506 della 287a Squadriglia della Ricognizione Marittima italiana, che avvistò la Forza H ma non il convoglio che si trovava distante circa 100 miglia verso sud-ovest. Poi, nelle prime ore del pomeriggio, i radar delle navi registrarono la presenza di uno o due aerei a circa 25 miglia a nord del Renown. L’Ark Royal fece decollare una pattuglia di sei Fulmar che però non riuscirono ad intercettarli.

Soldati destinati a Malta sul ponte del Manchester, mentre sulla plancia dell’incrociatore gli ufficiali di servizio esercitano la vigilanza.

Le contromisure italiane

Nonostante tutte le precauzioni prese dai britannici per mascherare le partenze della Forza H da Gibilterra, la notizia arrivò tempestivamente a Roma tramite vari canali. Tuttavia, essendo sfuggito il transito del convoglio con la sua scorta nelle acque dello Stretto, per molto tempo restò il dubbio su quale potesse essere lo scopo dell’operazione nemica, che però era attesa. Infatti, fin dal 18 luglio era stato intercettato dal Servizio Informazioni Estere di Maristat un inconsueto traffico radiotelegrafico tra Gibilterra, Malta e Alessandria, che aveva fatto supporre la realizzazione di una prossima azione combinata tra la Forza H e la Mediterranean Fleet. Ciò fu avvalorato dalla partenza da Gibilterra di un convoglio di 18 piroscafi,

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facendo temere al Comando Supremo che intenzione dei britannici fosse quella di attaccare obiettivi costieri del territorio metropolitano, mentre invece il convoglio, l’HG.68, (19 navi mercantili scortate) era diretto a Liverpool, in Inghilterra.

Alle ore 12.45 del 21 luglio, in seguito a nuove notizie giunte dall’Addetto Navale italiano a Madrid, e che si riferivano a informazioni pervenute al mattino di quel giorno nella capitale spagnola dagli agenti stanziati ad Algesiras (vicino alla rada di Gibilterra), il Capo di Stato Maggiore della Regia Marina, ammiraglio Arturo Riccardi, comunicò al Comando Supremo che nella notte erano uscite da quel porto il Renown, l’Ark Royal e tre incrociatori. In una successiva notizia giunta alle 22.27, risultavano presenti anche otto cacciatorpediniere e, da notizia arrivata dagli uffici di collegamento germanici a Roma, un trasporto truppe. Le notizie non specificavano però se la Forza H era diretta in Mediterraneo o in Atlantico.

In seguito a ciò, nel pomeriggio il Comando in Capo della Squadra Sommergibili (Maricosom) ordinò all’Alagi e al Diaspro di lasciare il porto di Cagliari, per portarsi in zone di agguato lungo le coste dell’Algeria, a Nord di Capo Bougaroni e presso Philippeville. Nello stesso tempo il Comando operativo della Regia Aeronautica (Superaereo) ordinava al Comando dell’Aeronautica della Sardegna di predisporre, a iniziare dall’alba dell’indomani, un vasto programma di esplorazione verso ponente, e al Comando dell’Aeronautica della Sicilia di effettuare ricognizioni “a vista” su Malta. Furono anche messi in allarme i Comandi della 1a Squadra Aerea (Piemonte) e della 3a Squadra Aerea (Italia Centrale), per vigilare nel Mar Ligure e nel Tirreno, e venne disposto che gli aerosiluranti della Sardegna potessero intervenire, con la scorta di velivoli da caccia, all’altezza del 7° meridiano est, nella supposizione che la forza navale nemica potesse trovarsi in tale zona di mare alle ultime ore del 22 luglio.

Durante la notte non giunse a Roma alcuna informazione sui movimenti della Forza H, che si trovava ancora distante dagli aeroporti della Sardegna, i cui velivoli da ricognizione cominciarono la ricerca delle navi nemiche all’alba del 22. Vi furono impiegati due Cant. Z. 1007 bis della 212a Squadriglia del 51° Gruppo Bombardamento Terrestre, che svolsero le ricognizioni strategiche Beta Centro e Beta Sud in direzione delle Isole Baleari, mentre tre idrovolanti Cant. Z. 506 della Ricognizione Marittima di Cagliari Elmas effettuarono le ricognizioni strategiche R7, R8 e R9, che si estendevano lungo strisce di parallelo a sud-ovest della Sardegna, fino alle coste dell’Algeria.

Il primo avvistamento della Forza H si verificò alle 08.50 a 150 miglia a nord di Algeri, da parte di un idrovolante Cant. Z. 506 della 287a Squadriglia (sottotenente pilota Bernardo Balzano) che, nel corso della R7, segnalò una portaerei, tre incrociatori e quattro cacciatorpediniere, con rotta ponente e velocità 18 nodi. Mezz’ora più tardi, alle 09.20, fu la volta di un altro Cant. Z. 506 della 146a Squadriglia (sottotenente pilota Marcello Mattarucco) a confermare quell’avvistamento, che includeva anche una nave da battaglia, a 56 miglia per 165° da Capo Salinas, a sud delle Isole Baleari.

Il fatto che la Forza H fosse in mare, convalidava a Roma la supposizione di un’azione della flotta nemica nel Mediterraneo. In conseguenza il Comando

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Supremo, con ordine firmato dal generale Ugo Cavallero, Capo di Stato Maggiore Generale, mise in allarme le difese costiere e contraeree dislocate in Sicilia in Sardegna, che potevano essere probabili obiettivi del nemico, perché risultavano le più esposte ad un attacco aeronavale. Quindi fu fatta la previsione, con il messaggio 40144/Op delle ore 14.15 del 22 luglio trasmessa a Superesercito, al Comando Africa Settentrionale Italiana (Libia), e per conoscenza a Supermarina e Superaereo, che la Forza H poteva “trovarsi alle ore 02.00 del 23 corrente sul meridiano di Capo S. Antioco”.

Sopra, idrovolanti Cant. Z. 506 della 287a Squadriglia Ricognizione Marittima. Sotto, dettaglio pittorico di un idrovolante Cant. Z. 506 della 146a Squadriglia Ricognizione Marittima. Furono due aerei dei due reparti ad avvistare e segnare per primi le navi britanniche dirette verso oriente.

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In questa immagine del novembre 1941 il generale Ugo Cavallero, Capo di Stato Maggiore Generale delle Forze Armate Italiane, in visita a Napoli alla corazzata Littorio. Alla sua sinistra è l’ammiraglio di squadra Angelo Iachino, Comandante in Capo della Squadra Navale, di cui la Littorio era la sua nave Comando.

Per mantenere il contatto con le navi nemiche avvistate dai Cant. Z. 506 della Ricognizione Marittima, nelle prime ore del pomeriggio il Comando dell’Aeronautica della Sardegna fece decollare per ricognizione cinque bombardieri, due Cant. Z. 1007 bis del 51° Gruppo e tre S. 79 del 32° Stormo, che essendo più veloci degli idrovolanti potevano più facilmente sottrarsi all’intercettazione dei velivoli da caccia dell’Ark Royal. Quindi il generale Ottorino Vespignani, Comandante di quella grande unità aerea, restò in trepida attesa sull’arrivo di notizie che potessero confermare lo spostamento delle forze navali britanniche verso oriente.

Nello stesso tempo Supermarina, messe in allarme le proprie difese terrestri in Sardegna e in Sicilia, ordinava a Marina Palermo di mettere in stato di approntamento in tre ore gli incrociatori dell’8a e 4a Divisione Navale, Garibaldi – Montecuccoli e Di Giussano – Cadorna, i cacciatorpediniere Granatiere, Bersagliere e Usodimare e le torpediniere Centauro e Castore. Quindi dispose la partenza da Trapani e da Augusta dei sommergibili Bandiera, Manara, Dessié e Settimo per raggiungere una zona di schieramento da costituire per l’indomani tra le isole di Pantelleria e Malta. Occorre però dire che Supermarina, sempre indecisa e estremamente prudente nel prendere

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una decisione offensiva con le sue grandi unità navali, non prese alcuna misura per intervenire tempestivamente con la Squadra Navale, a come vedremo lasciò il compito di contrastare il complesso navale nemico (del quale ancora, come detto, non si conosceva la presenza di piroscafi) ai sommergibili e le azioni di superficie esclusivamente ai Mas e alle torpediniere mandati in zone di agguato notturne nel Canale di Sicilia.

L’incrociatore Giuseppe Garibaldi, nave ammiraglia della 8a Divisione Navale in immagine dell’anteguerra. Tre giorni dopo la conclusione dell’operazione Substance, il 28 luglio, mentre a sud di Marettimo scortava un convoglio per la La Libia fu colpito da un siluro lanciato dal sommergibile britannico Upholder, ma riuscì a raggiungere il porto di Palermo.

E infatti alle 15.05 un S. 79 della 228a Squadriglia del 32° Stormo Bombardamento Terrestre segnalò a nord di Bougie un gruppo navale, la Forza H, comprendente una portaerei, una corazzata, quattro incrociatori e cinque cacciatorpediniere. L’Ark Royal, che per le buone condizioni del mare calmo e l’ottima visibilità poté svolgere per tutta la giornata le operazioni di volo mantenendosi all’interno della scorta, fece decollare sei caccia Fulmar, che però, per la scarsa velocità (massima 415 Km/h) non riuscirono a intercettare l’S. 79.

Sulla segnalazione del ricognitore, che indicava la presenza del convoglio troppo lontana dalle coste algerine, il Sottocapo di Stato Maggiore della Regia Marina, ammiraglio Inigo Campioni, comunicò a Superaereo la sua ipotesi che quella formazione navale nemica avvistata servisse “a mascherare un importante convoglio navigante all’incirca nella stessa direzione una cinquantina di miglia più a sud”, c

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chiese di andare aerei a verificare. Ma il Sottocapo di Stato Maggiore della Regia Aeronautica, generale Giuseppe Santoro, sentito il parere del generale Vespignani, la escluse, riferendo che vi erano ricognitori anche lungo la costa algerina che volavano con ottima visibilità.16

La nave portaerei Ark Royal. Durante l’operazione Substance i suoi caccia Fulmar, lenti ma bene armati (8 mitragliere alari da 7,7 o 4 Browning da 12,7 mm) esercitarono in continuazione la vigilanza, pronti ad intervenire ad ogni segnale di allarme sulla presenza di aerei nemici.

L’ipotesi dell’ammiraglio Campioni era invece esatta, poiché il convoglio britannico si trovava proprio spostato a sud della Forza H. Tuttavia, in seguito ad altri due avvistamenti, delle 15.30 e delle 16.00, trasmessi da un S. 79 della 50a Squadriglia del 38° Gruppo del 32° Stormo B.T., Supermarina fu indotta a dare ragione alle inesatte interpretazioni del generale Vespignani, e di conseguenza effettuò un apprezzamento della situazione alquanto impreciso in cui si dava alla flotta britannica la presenza di due gruppi navali, come effettivamente era, ma con due portaerei. Ciò faceva supporre, come è riportato nella relazione di Superaereo, “il

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AUSA, Relazione di Superaereo, GAM 7, cartella n. 133.

passaggio inosservato dall’Atlantico al Mediterraneo di una seconda forza navale comprendente sicuramente una nave portaerei”.17

Considerando che lo scopo dei britannici potesse essere quello di attaccare con i velivoli delle navi portaerei obiettivi del territorio metropolitano, e prendendo in esame una minaccia rivolta verso il Golfo Ligure, sempre tenuta presente dopo il bombardamento navale di Genova del 9 febbraio 194118 ogni qualvolta la Forza H si spostava da Gibilterra verso levante, i Comandi italiani si allarmarono e vennero impartite disposizioni per contrastare adeguatamente qualunque attacco della flotta nemica.

I primi reparti aerei a muovere furono quelli dell’Aeronautica della Sardegna, il cui Comando, in base all’ultimo avvistamento effettuato alle ore 16.00 dall’S. 79 del 38° Gruppo Bombardieri, e tenendo conto degli ordini d’attacco impartiti da Superaereo con il messaggio 1B/13458,19 tra le 17.30 e le 17.50, ordinò il decollo da Decimomannu e da Elmas di quindici bombardieri S. 79 del 32° Stormo (Gruppi 38° e 89°) e di otto aerosiluranti S. 79 delle squadriglie 280a e 283a scortate, entro i limiti della loro autonomia, da sette caccia G.50 del 24° Gruppo.20 Ma poiché nessuna formazione riuscì ad avvistare il nemico pur essendosi spinti fino al 6° meridiano ovest, si ebbe il sospetto che le posizioni di avvistamento dei ricognitori fossero state di natura alquanto imprecisa, oppure che si fosse verificata una variazione di velocità e di rotta da parte delle forze navali britanniche.

Alle 18.00 del 22 luglio Supermarina informò per telescrivente il Comandante in Capo della Squadra Navale, ammiraglio Angelo Iachino, che si trovava a Taranto a

17 Ibidem. L’S.79 aveva trasmesso alle ore 15.30 in lat. 38°10’N, long. 04°10’E, una portaerei, quattro incrociatori, un cacciatorpediniere, rotta 105°, velocità 20 miglia; alle ore 16.00 in lat. 38°10’N, long. 05°50’E, una portaerei, una nave da battaglia, sette incrociatori, con rotta 90°, velocità 25 miglia. Come si vede dalle posizioni segnalate erano state individuate le due formazioni navali britanniche, ma non fu segnalato dal velivolo alcun piroscafo, e individuato un solo cacciatorpediniere, mentre era esagerato il numero degli incrociatori.

18 Francesco Mattesini, Il bombardamento di Genova, Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, giugno 1990, p. 29-115. Vedi anche, Francesco Mattesini, L’attività Aerea Italo-tedesca nel Mediterraneo. Il contributo del “X Fliegerkorps”, Gennaio – Maggio 1941, Aeronautica Militare Ufficio Storico, 2a Edizione, Roma, 2003, p. 131-172.

19 Nel messaggio, firmato dal generale Pricolo, si comunicavano al Comando Supremo i dettagli presi per il servizio di ricognizione, per la scoperta di navi mercantili e per il mantenimento del contatto con forze navali, mediante l’impiego di velivoli terrestri tipo Cant. Z. 1007 bis, in grado di sottrarsi agli attacchi dei meno veloci caccia britannici [Fulmar] Si specificava poi che per l’intervento aereo erano disponibili tre squadriglie di aerosiluranti (due in Sardegna e una in Sicilia) da far intervenire con la scorta di caccia fino al limite dell’autonomia, nonché tre stormi da bombardamento (due in Sardegna e uno in Sicilia) e un gruppo di bombardieri a tuffo (in Sicilia).

20 Secondo Il Diario Storico dell’Aeronautica della Sardegna, alla data del 20 luglio 1941 erano disponibili, efficienti sugli aeroporti dell’isola (Elmas, Decimomannu, Villacidro, Monserrato e Alghero), venti bombardieri S. 79 del 32° Stormo, sette bombardieri Cant. Z. 1007 bis del 51° Gruppo, sei aerosiluranti S. 79 della 280a Squadriglia, cinque aerosiluranti S. 79 della 283a Squadriglia, cinquantanove caccia del 24° Gruppo, dei quali trentacinque Cr. 42, sette Mc. 200 e diciassette G.50. Vi erano poi, sempre efficienti, ventidue idrovolanti della Ricognizione Marittima della Sardegna, dei quali dieci Cant.Z.501 e dodici Cant. Z. 506 ad Elmas.

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bordo della corazzata Littorio, di aver disposto per l’approntamento delle due divisioni navali dislocate a Palermo, e un’ora dopo ordinò di approntare le corazzate Littorio, Vittorio Veneto e Duilio, e gli otto cacciatorpediniere Maestrale, Geniere, Oriani, Gioberti, Pigafetta, Da Mosto, Da Verazzano e Pessagno. Lo stesso ordine fu impartito alla 3a Divisione Navale dell’ammiraglio Luigi Sansonetti, che si trovava a Messina con gli incrociatori pesanti Trieste, Bolzano e Gorizia, e i cacciatorpediniere della 12a Squadriglia Corazziere, Lanciere, Ascari e Carabiniere. Poiché lo stesso ordine fu impartito anche alla 4a e all’8a Divisione Navale, che si trovava in approntamento a Palermo con gli incrociatori leggeri Di Giussano, Cadorna, Garibaldi e Montecuccoli, i cacciatorpediniere Granatiere, Bersagliere e Usodimare e le torpediniere Centauro e Castore, l’ammiraglio Iachino poteva contare per un eventuale intervento contro la Forza H su un complesso navale costituito da tre corazzate, tre incrociatori pesanti, quattro incrociatori leggeri e quindici cacciatorpediniere, al quale il vice ammiraglio Somerville poteva opporre in un combattimento balistico soltanto due unità da battaglia, nonché quattro incrociatori, un posamine veloce e sedici cacciatorpediniere, in parte (incrociatori e cacciatorpediniere) vincolati alla protezione del convoglio e della portaerei Ark Royal.

Tornando agli spostamenti verso oriente delle forze navali britanniche, nelle restanti ore della giornata, con l’oscurità incombente si verifico, poco prima della mezzanotte, un solo attacco. Esso fu portato dal sommergibile italiano Diaspro (tenente di vascello Antonio Dotta), che venuto a trovarsi sulla rotta del convoglio britannico, a 72 miglia a nord-nordovest di Capo Bougaroni, lanciò a coppiola tutti i quattro siluri di prora e i due di poppa, da distanze di 1000 e 1300 metri, ed erroneamente segnalò di aver colpito con i due siluri di poppa una nave portaerei, per poi portarsi in profondità per sottrarsi alla reazione dei cacciatorpediniere di scorta. In realtà una coppiola fu diretta contro il cacciatorpediniere australiano Nestor (capitano di fregata Alvord Sydney Rosenthal) che fu fortunato, poiché i due siluri passarono vicino allo scafo.

Secondo la relazione del vice ammiraglio Somerville, il Nestor, che sull’ala dritta della scorta della Forza H procedeva alla velocità di 15 nodi su rotta 085°, alle 23.15 segnalò la presenza di un siluro proveniente dalla dritta, e per schivarlo effettuò una rapida accostata a sinistra. Dopo un breve intervallo di tempo, dal Renown, che sulla segnalazione del Nestor stava manovrando per schivare siluri, furono udite tre forti esplosioni a regolari intervalli seguite, a qualche secondo, da una quarta esplosione calcolata avvenuta a poche centinaia di metri dalla prora dell’incrociatore da battaglia. Fu ritenuto che si trattasse dell’esplosione dei siluri alla fine della loro corsa. Successivamente, il Nestor segnalò che un sommergibile in superficie aveva lanciato una salva di quattro siluri, e che il cacciatorpediniere australiano lo aveva contrattaccato.

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Il cacciatorpediniere australiano Nestor che attaccato dal sommergibile italiano Diaspro fu mancato da due siluri passati sotto lo scafo, perché regolati per attaccare una nave portaerei. Il sommergibile italiano Diaspro.

La segnalazione del Diastro giunse a Roma nelle prime ore del mattino del 23 luglio, e collegandola con altra informazione trasmessa nella notte dalla Commissione Italiana di Armistizio con la Francia (CIAF) a Torino, in cui si riferiva che un aereo francese aveva avvistato alle 11.35 del 22 un complesso navale di 18 navi, tra cui due grandi unità e una portaerei, a 55 miglia a nord di Algeri e con spostamento verso levante, nella capitale italiana fu raggiunta la certezza della presenza in mare di un convoglio, spostato di una ventina di miglia a sud di un gruppo di sostegno.

A questo punto, secondo quanto era stato stabilito da Supermarina e da Superaereo con il documento “Possibilità di azione a massa aeronavale contro la flotta inglese nel Mediterraneo, (Di.Na. 7), compilato in comune dall’ammiraglio Giuseppe Fioravanzo e dal generale dell’Aeronautica Umberto Cappa, consegnato il 30 maggio al generale Cavallero e da questi portato all’approvazione di Mussolini, il grosso della flotta italiana, partendo da Napoli, avrebbe potuto percorrere le 226 miglia che la separavano dal cosiddetto punto B (a ponente dell’Isola Marettimo) in circa dodici ore, navigando ad una velocità economica di circa 20 nodi.21

L’ammiraglio Giuseppe Fioravanzo a bordo della corazzata Vittorio Veneto, da cui nel 1942 esercitò il comando della 9a Divisione Navale (Vittorio Veneto, Littorio, Roma).

21 Francesco Mattesini – Mario Cermelli, Le direttive tecnico-operative di Superaereo, USA, vol. I, tomo 2°, Roma, 1992, Documenti n. 275 e 275, p. 696-722; Francesco Mattesini, Corrispondenza e Direttive tecnico-operative di Supermarina, USMM, Roma, 2001, vol. II 1° tomo, Documenti n.212 e 213, p. 520-538.

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Ciò significava che, partendo da quella posizione situata a ponente della Sicilia e a nord di Biserta, le corazzate e gli incrociatori italiani partendo da Messina e da Palermo avrebbero potuto arrivare a contatto balistico con la flotta inglese nelle prime ore del pomeriggio del 23 luglio, in condizioni di superiorità potenziale estremamente vantaggiose ed in prossimità degli aeroporti che ne avrebbero assicurato la caccia di scorta.

Il motivo per cui la flotta fu trattenuta in porto può ricercarsi nella tattica prudenziale adottata da Supermarina dopo il disastro di Capo Matapan del 28 marzo 194122 , ma la decisione presa può anche e forse soprattutto essere dipesa dall’incertezza che vi era in quel momento a Roma sulla reale consistenza delle forze navali britanniche entrate nel Mediterraneo dall’Atlantico, molto probabilmente con una seconda portaerei e dagli apprezzamenti della situazione fatti da Superaereo, che risultarono troppo imprecisi fino all’ingresso del convoglio a Malta.

L’attacco dell’Aeronautica della Sardegna

Mentre da parte italiana venivano messi a punto i dettagli per le ricognizioni, alle 08.00 del 23 luglio, la Forza H e il convoglio GM.1, che fino a quel momento avevano navigato separati, si riunirono a 70 miglia ad ovest dell’isola Galite. Il vice ammiraglio Somerville dispose allora che si costituisse, intorno alle navi mercantili (che procedevano, zigzagando, con rotta 90° alla velocità di 13 nodi e mezzo con mare calmo, cielo chiaro, e leggere brezza di vento da nord-ovest) un formidabile nucleo di protezione, secondo il previsto dispositivo di marcia n. 16, con uno schermo di scorta avanzata di 14 cacciatorpediniere, disposti a semicerchio di prora ai piroscafi, che erano suddivisi su due colonne.

La colonna di sinistra, che era formata dal Durham, Port Chalmers e Deucalion, era guidata dalla corazzata Nelson; quella di destra, formata dal Melbourne Star, Sydney Star e City of Pretoria, aveva di poppa l’incrociatore Manchester ed era protetta sul fianco destro dal gemello Edinburgh e dal posamine veloce Manxman. L’incrociatore da battaglia Renown (la nave ammiraglia della Forza H), la portaerei Ark Royal e l’incrociatore Hermione, che erano seguiti da tre cacciatorpediniere, costituirono sulla sinistra del convoglio una formazione che, pur essendo atta a provvedere alla protezione antiaerea del convoglio era anche in grado di dare scorta all’Ark Royal durante le manovre per il decollo dei velivoli.

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22 Francesco Mattesini, L’Operazione Gaudo e lo scontro notturno di Capo Matapan, USMM, Roma, 1998.

Due belle immagini della corazzata Nelson, di 33.900 tonnellate, nella sue configurazione mimetizzate. La disposizione dei nove cannoni da 406 mm, in torri trinate, è a prora. A centro nave e a poppa vi sono i cannoni di medio calibro da 152 mm e quelli contraerei da 120 mm.

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23 luglio 1941. Il dispositivo di marcia n. 16 del convoglio e della scorta dell’operazione Substance al momento dell’attacco degli aerosiluranti della Sardegna.

Fu in questa formazione di marcia che ebbero inizio gli attacchi della Regia Aeronautica, che sarebbero continuati per tre giorni, dopo un’attenta preparazione avvenuta durante la notte, basandosi sugli ordini impartiti da Superaereo, che dispose per una vasta ricognizione aerea, con partenza dei velivoli dalla Sardegna. Era stato stabilito che a partire dall’alba del 23 luglio, secondo quanto stabilito dalla Disposizione Navale n. 2 (Di.Na.2) sarebbero iniziate, con i velivoli terrestri dell’Armata Aerea (Armera), le ricognizioni Beta Nord, Beta Centro e Beta Sud, che si estendevano verso ponente in direzione delle Isole Baleari, mentre all’esplorazione

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verso ovest, in direzione dell’Algeria, avrebbero provveduto gli idrovolanti della Ricognizione Marittima, attuando le ricognizioni R. 8, R. 9 e R. 10.23 Alla 1a Squadra Aerea, nell’eventualità che il nemico avesse diretto verso il Golfo Ligure per ripetere il bombardamento di Genova del 9 febbraio 1941, (motivo per il qual Supermarina mese in stato di allarme le unità della Squadra Navale a Napoli e Messina), fu ordinato da Superaereo, su richiesta della stessa Supermarina, di ripartire le ricognizioni preventive, partendo dagli aeroporti del Piemonte, per sudovest nel tratto di mare tra la costa della Provenza e della Corsica.

Il primo avvistamento della giornata del 23 luglio si ebbe alle 06.55 per opera di un Cant. Z. 506 della 287a Squadriglia della Ricognizione Marittima (tenente pilota Giacinto Schicchi e tenente di vascello osservatore Remo Osti), che segnalò per la prima volta i piroscafi e il gruppo di sostegno. Alle 06.48 l’Ark Royal aveva fatto decollare la prima pattuglia di caccia, e quando alle 06.54 il Renown segnalò l’idrovolante italiano in vista di prua, i Fulmar furono inviasti fino a 10 miglia avanti al convoglio ma, per la poca altezza del sole e la leggera nebulosità del mattino non riuscirono ad avvistare il ricognitore che poté allontanarsi. Alle 07.29 fu segnalato un altro ricognitore a 10 miglia verso nord, ma ancora una volta per la scarsa visibilità e per il fatto che il velivolo volava troppo basso per essere percepito dai radar, i caccia non riuscirono ad intercettarlo.

Nelle ore successive giunsero a Roma dai ricognitori italiani altre informazioni, tanto che Superaereo arrivò alla seguente conclusione, precisa nella destinazione ma alquanto esagerata nella ripartizione delle forze navali britanniche:24

La formazione navale nemica comprende due navi portaerei, una nave da battaglia incrociatori e cc.tt. La formazione scorta un convoglio di 19 piroscafi. Potranno trovarsi al tramonto di oggi 23 luglio all’altezza di Capo Bon et alba domattina 24 luglio nelle acque di Malta.

Il decollo delle prime formazioni offensive dagli aeroporti della Sardegna, in cui si trovavano disponibili 123 velivoli, dei quali 40 bombardieri in quota, 12 aerosiluranti e 71 caccia, ebbe inizio alle 08.30, nel seguente ordine: 10 bombardieri

S.79 del 32° Stormo (tenente colonnello Antonio Fadda) da Decimomannu; 6 aerosiluranti S. 79 della 283a Squadriglia (capitano Giorgio Grossi) da Elmas; 6 aerosiluranti S. 79 della 280a Squadriglia (capitano Amedeo Maioli) da Elmas; 12 caccia G. 50 del 24° Gruppo (capitano Vincenzo Dequal) da Monserrato; 5 bombardieri Cant. Z. 1007 bis del 51° Gruppo (maggiore Angelo Manfredini) da Alghero.

Era la prima volta che l’Aeronautica della Sardegna interveniva con una simile varietà di velivoli, sperimentando quello che nelle operazioni successive per rifornire Malta avrebbe visto la partecipazione alle azioni contro i convogli britannici di un

23 Francesco Mattesini, Corrispondenza e Direttive Tecnico-Operative di Supermarina, Di.Na.2 edizione 30 gennaio 1941, USMM, Documento n. 43, p.158-172.

24 AUSA, Diario Storico dell’Aeronautica della Sardegna 1941, vol. n. 408.

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numero sempre maggiore di aerei offensivi, sufficientemente protetti da caccia di scorta.

Un velivolo S. 79 della 228a Squadriglia dell’89° Gruppo del 32° Stormo Bombardamento Terrestre sorvola il grande l’aeroporto di Decimomannu.

Secondo quanto disposto dal generale Vespignani, con ordini operativi diramati ai singoli reparti dell’Aeronautica della Sardegna, l’azione dei velivoli da bombardamento e degli aerosiluranti doveva svolgersi simultaneamente, con obiettivo principale costituito dai piroscafi. Effettivamente l’attacco aereo contro la formazione navale britannica ebbe inizio alle 09.45 a 105 miglia a sud-sudovest di Cagliari e, come scrisse nella sua relazione il vice ammiraglio Somerville, fu “ben sincronizzato”.25

Quando la prima formazione di velivoli italiani fu scoperta alle ore 09.10 dai radar delle navi britanniche a una distanza di circa 60 miglia e su un rilevamento 055° dal Renown, la portaerei Ark Royal aveva in volo undici caccia Fulmar. Essi intercettarono i bombardieri del 32° Stormo a circa 20 miglia a nord-est del convoglio e, approfittando del fatto che i G. 50 della scorta stavano rientrando per raggiunti limiti di autonomia, abbatterono in fiamme un S. 79 del 38° Gruppo con pilota e capo equipaggio il tenente Luigi Astolfi, ma perdendo a sua volta, per la accurata reazione

25 Mediterranean Convoy Operations – Operation Substance, Supplement to The London Gazette, n. 38377, del 10 agosto 1948. (da ora in poi James Somerville Operation Substance); M. Simpson, M. Litt, F.R. Hist, The Somerville Papers, Londra, Scolar Press, 1995, p. 286-294.

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dei mitraglieri dei velivoli italiani, ben tre Fulmar, i cui equipaggi furono però tutti tratti in salvo dai cacciatorpediniere britannici.

Dal ponte commando scoperto dell’incrociatore Edinburgh le vedette sono impegnate nella sorveglianza con i binocoli. Al centro, vicino alla bussola, vi è il comandante capitano di vascello Hugh Webb Faulkner, e davanti a lui l’ufficiale di navigazione.

Non ebbe però successo l’attacco, da 3.000 metri di quota, degli S. 79, che erano guidati dal tenente colonnello Antonio Fadda, poiché, dopo essere entrati nel raggio d’azione del nutrito fuoco di sbarramento delle navi, le bombe da 250 chili (quattro per velivolo) caddero tutte distanti e senza danno tra le navi mercantili del convoglio che avevano effettuato all’ordine una provvidenziale accostata.

Gli aerosiluranti S. 79 della 283a Squadriglia (capitano Giorgio Grossi) ebbero invece maggior fortuna. Approfittando del fatto che parte dei Fulmar dell’807° e dell’808° Squadron dell’Ark Royal si erano portati ad alta quota per contrastare i bombardieri del 32° Stormo, che passavano sulla formazione navale seguendo la direttrice nord, mentre altri caccia britannici venivano diretti contro i due aerosiluranti S. 79 della 280a Squadriglia (capitano Amedeo Moioli), costringendoli al disimpegno, i sei aerosiluranti della 283a Squadriglia diressero bassi sul mare contro le navi dai settori poppieri e dalla direzione del sole.

Non appena i cacciatorpediniere dello schermo aprirono il fuoco a grande distanza, dal momento che le condizioni atmosferiche e di visibilità erano qual giorno perfette, gli S. 79 si divisero in due pattuglie di tre velivoli ciascuna per attaccare i piroscafi del convoglio dai due lati. Una delle pattuglie, guidata dal capitano Grossi

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che aveva per gregari i tenenti Camillo Baroglio e Alberto Dolfus, contrastata dai caccia dell’Ark Royal, che erano stati richiamati a bassa quota, non poté arrivare a distanza di lancio e si disimpegnò. L’altra pattuglia invece, costituita dai velivoli dei tenenti Roberto Cipriani, Bruno Pandolfi e Francesco Aurelio Di Bella, attaccò regolarmente da sud-est, contrastata da un intenso fuoco di sbarramento delle navi.26

Un complesso contraereo pom-pom di mitragliere Vicher a otto canne da 40 mm su una corazzata tipo “Nelson” , pronto ad aprire il fuoco mentre si sviluppa un attacco aereo.

Sull’azione dei tre aerosiluranti della 283a Squadriglia l’allora tenente Di Bella scrisse nel dopoguerra di essersi avvicinato all’obiettivo prescelto, seguendo gli S. 79 di Cipriani e di Pandolfi ad una distanza rispettivamente di 1.000 e 600 metri. Cipriani fu il primo a lanciare il siluro contro una nave mercantile che, colpita, “saltò letteralmente in aria”. Subito dopo sgancio Pandolfi, che diresse il suo siluro contro un incrociatore tipo “Liverpool”, colpendolo.

Fu quindi la volta di Di Bella, il quale, avendo raggiunto la distanza idonea per lanciare contro la nave portaerei, si trovò con l’angolo di mira improvvisamente

26 Per un racconto esaustivo dell’operazione Substance vedi Francesco Mattesini, “L’Operazione Substance”, Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, giugno 1992, p. 113-198.

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sbarrato da un incrociatore e da un grosso cacciatorpediniere, fra i quali vi era una grossa nave da carico, in buona posizione per essere attaccata. Allora, modificando il Beta dai 90° iniziali a 80°, e diminuendo la distanza dai 1500 metri ai 900, sganciò il siluro contro il piroscafo. Nella fase di disimpegno l’equipaggio dell’S. 79 di Di Bella affermò di aver visto il bersaglio colpito, inclinarsi su un fianco e cominciare ad affondare.27

Questa versione trova conferma in quanto fu scritto all’epoca nel Diario Storico della 283a Squadriglia Aerosiluranti, che accreditò ai tenenti Cipriani e Di Bella l’affondamento di due piroscafi, il primo dei quali saltato in aria per l’esplosione di un carico di munizioni, e al tenente Pandolfi il siluramento di un incrociatore da 10.000 tonnellate, tipo “Southampton”.28 Gli S. 79 di Cipriani e di Di Bella riuscirono ad allontanarsi con pochissimi danni, mentre invece il velivolo di Pandolfi, che era stato gravemente colpito dal fuoco delle navi britanniche, fu

27 Francesco Aurelio Di Bella, Un aviatore racconta le sue battaglie, A. Renna, Palermo, 1950, p. 311-314.

28 AUSA, fondo Diari Storici, vol. n. 605.

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Pom-pom in azione.

costretto ad ammarare a nord di Bona, ove l’equipaggio fu raccolto dal cacciatorpediniere di scorta britannico Avon Vale.

23 luglio 1941, il cacciatorpediniere Fearless dietro il quale si trova la corazzata Nelson preceduta da due piroscafi del convoglio.

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Il cacciatorpediniere britannico Fearless.
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Il cacciatorpediniere Fearless in fiamme dopo essere stato colpito da un siluro. Un’altra immagine del Fearless in fiamme
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Il Fearless immobilizzato e in fiamme. Nelle sue vicinanze il cacciatorpediniere Forester che, dopo averne recuperato l’equipaggio, lo avrebbe finito con un siluro. Il cacciatorpediniere Forester, che impartì al Fearless il colpo di grazia.

Un S. 79 della 283a Squadriglia Aerosiluranti, pronto al decollo a Elmas (Cagliari), con il siluro fissato sotto l’ala destra. Fu uno dei velivoli della squadriglia a colpire e causare l’affondamento del cacciatorpediniere Fearless.

Nell’immediato dopoguerra, quando furono conosciuti i reali risultati conseguiti nell’attacco, nel corso del quale erano state colpite due unità da guerra, fu ritenuto di dover assegnare al tenente Pandolfi il danneggiamento dell’incrociatore Manchester, e al tenente Cipriani l’affondamento del cacciatorpediniere Fearless.

In realtà i risultati conseguiti, basati sull’ordine di attacco dei tre velivoli della pattuglia (Cipriani, Pandolfi, Di Bella) e sulla relazione del comandante della Forza H, ci portano a ben diverse conclusioni. Scrisse, infatti, il vice ammiraglio James Somerville sul siluramento del Fearless e del Manchester, errando però sul numero dei siluri lanciati che furono tre e non cinque:29

Sei aerosiluranti attaccarono di prora concentrandosi contro il convoglio mentre otto bombardieri in alta quota attraversarono la rotta da Sud a Nord gettando le loro bombe in mezzo al convoglio.

Gli aerosiluranti avvicinatisi a bassa quota dai settori prodieri furono impegnati dallo sbarramento contraereo dei cacciatorpediniere della scorta. Questo tiro apparve efficiente e il nemico, non appena giunto a portata, si divise in due gruppi di tre aerei dei quali uno accostò a sinistra e l’altro a dritta. Un aereo del

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29 James Somerville, Operation Substance.

gruppo di dritta seguito da un altro aereo del gruppo di sinistra attaccò il FEARLESS che si trovava di prora a dritta della scorta. Gli altri due aerei del gruppo di sinistra condussero a fondo l’attacco sulla prora sinistra del convoglio che manovrò per evitare l’azione. Non si ha notizia che sia stato lanciato qualche siluro dai rimanenti due aerei del gruppo di dritta, però due scie di siluri provenienti dalla sinistra ed uno dalla dritta furono avvistate dal MANCHESTER prima che un siluro finale, proveniente dalla sinistra, lo colpisse.

I due aerei che attaccarono il FEARLESS lanciarono i loro siluri da un altezza di 70 piedi e da una distanza rispettivamente di 1500 e 800 yards. La nave manovrò in modo da portarsi su rotta parallela a quella del siluro, però, quando questo era al suo traverso a sinistra, a circa 30 piedi, affiorò del tutto, accostò a sinistra e colpì il cacciatorpediniere al traverso presso un pezzo da 75. …

Nel frattempo il Manchester, che si trovava sulla dritta del convoglio, avvistò due siluri che si avvicinavano e accostò a sinistra per disporsi parallelo alle loro scie. Furono così visti due siluri passare sottobordo a sinistra mentre un altro passò di poppa provenendo da dritta.

Nello stesso tempo, allo scopo di evitare la collisione con il PORT CHALMERS, fu iniziata un’accostata a sinistra: però in quel momento un altro aereo lanciò un siluro da una posizione intermedia fra il primo e il secondo trasporto della colonna di sinistra: fu rovesciato subito dopo il timone in un tentativo di evitare questo siluro che colpì però il MANCHESTER di poppa a sinistra.

Quindi, come é anche confermato nelle relazioni dell’Ammiraglio britannico, risulta che i primi due S. 79 della 283a Squadriglia attaccarono entrambi il Fearless (capitano di fregata Anthony Follett Pugley), il quale dopo aver evitato il primo siluro fu raggiunto dal secondo. Il Manchester (capitano di vascello Harold Drew), che imbarcando circa 750 soldati da portare a Malta si trovava sulla dritta del convoglio, fu invece colpito a poppa a sinistra dal siluro sganciato dal terzo aereo della pattuglia. Questi aveva cambiato all’ultimo momento direttrice d’attacco, puntando su una delle due navi mercantili che si trovavano vicini all’incrociatore, il quale stava a sua volta manovrando per evitare di entrare in collisione con il piroscafo Port Chalmers (capitano W.G. Higgs), che nel suo carico di generi vari includeva 2.000 tonnellate di benzina avio, ed anche munizioni.

Sulla base di ciò dovremmo arrivare alle seguenti conclusioni: il primo siluro, lanciato da Cipriani contro un piroscafo dall’esterno dello schermo dei cacciatorpediniere, andò perduto dopo essere passato vicino al Fearless; il secondo siluro, lanciato da Pandolfi, colpì con effetti disastrosi il Fearless, e non il Manchester; quest’ultimo fu certamente colpito da Di Bella che, sganciando contro uno dei piroscafi, centrò invece l’incrociatore il quale, manovrando sulla sinistra per evitare di scontrarsi con il Port Chalmers, si trovò ad attraversare la direttrice di

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marcia del siluro.30 E però corretto dire che Di Bella, più che per la sua abilità, fu fortunato perché colpì con il suo siluro una nave che non aveva direttamente attaccato

.

Comunque stessero i fatti, non vi sono dubbi che l’attacco degli S. 79 della 283a Squadriglia Aerosiluranti venne condotto dai piloti con una determinazione che fu elogiata dallo stesso ex nemico. Infatti, ha scritto lo storico britannico capitano di vascello Donald Macintyre:31

Si trattò di un attacco sviluppato molto abilmente dagli aerosiluranti italiani, un attacco che regge favorevolmente il confronto con le analoghe operazioni diurne compiute dagli Swordfish dell’aviazione navale.

30 F. Mattesini, “L’operazione “Substance”, Bollettino d’Archivio della Marina Militare, giugno 1992, p. 113-198.

31 D. Macintyre, La battaglia del Mediterraneo, Firenze, Sansoni, 1964, p. 124.

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L’incrociatore Manchester che fu colpito dal siluro dell’S. 79 della 283a Squadriglia con primo pilota il tenente Francesco Aurelio Di Bella.

In questa immagine del giugno 1943 famosi piloti di aerosiluranti. Al centro è il maggiore Melley. Gli ufficiali alla sua sinistra sono il capitano Graziani e il capitano di Bella, quelli alla sua destra il capitano Marino Marini e il capitano Cimicchi.

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Il piroscafo britannico Port Chalmers, contro il quale il capitano Francesco Aurelio Di Bella lanciò il siluro del suo S. 79 che invece andò a colpire l’incrociatore Manchester.

Una mitragliera da 20 mm Oerlikon in azione sull’incrociatore Manchester poco prima che la nave fosse colpita da un siluro e costretta per i danni ad invertire la rotta per Gibilterra.

Operazione Substance, i serventi di un “pom-pom” a quattro canne dell’incrociatore Manchestere sono pronti a far fuoco.

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Le azioni del mattino dei velivoli dell’Aeronautica della Sardegna contro il complesso navale britannico si conclusero alle 10.11, quando attaccarono i cinque bombardieri Cant. Z. 1007 bis del 51° Gruppo, decollati da Alghero. Essendo privi di velivoli di scorta, essi si avvicinarono all’obiettivo da alta quota per sganciare le bombe da un’altezza di circa 6.000 metri. Gli equipaggi ritennero di aver messo due colpi a segno su una nave portaerei, mentre in realtà non conseguirono alcun successo, anche se una salva di bombe sollevò colonne d’acqua presso i cacciatorpediniere Sikh e Foxhound, che si trovavano sulla prora a sinistra dello schermo. Il Foxhound riportò alcuni danni, ma senza conseguenze.

Vediamo ora quali furono i danni riportati dal Fearless e dal Manchester.

Sul Fearless, l’esplosione del siluro, particolarmente violenta, causò la morte di 25 uomini, incluso un ufficiale. Entrambe le macchine del cacciatorpediniere furono messe fuori servizio, il timone restò alla banda a sinistra, tutto il circuito elettrico andò in avaria a causa della distruzione della centrale elettrica, e un grosso incendio di nafta si sviluppò a poppa. Incapace di governare, e con l’incendio che si stava espandendo, il Fearless, per ordine del vice ammiraglio Somerville, fu finito dal cacciatorpediniere Forester (capitano di corvetta Edward Bernard Tancock) che lo colpì con un silurò, alle 10.55, dopo averne recuperato l’equipaggio. Il cacciatorpediniere affondò in lat. 37°40’N, long. 08°20’E, a circa 50 miglia a nordnordest di Bona. Agli uomini dell’equipaggio del FEARLES rimasti uccisi, in parte subito e altri in seguito alle gravi lesioni riportate, si aggiunsero 20 feriti.

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Un ufficiale del Manchester che si trovava in un locale danneggiato dall’esplosione del siluro del tenente Di Bella sale sul ponte dell’incrociatore ustionato e coperto di nafta.

A poppa del Manchester e presso la torre dei cannoni da 152 mm si presta soccorso ai feriti.

Sui danni al Manchester ha scritto Somerville nella sua Relazione:32

L’immediato effetto del siluro fu quello di causare uno sbandamento di 12° a sinistra facendo diminuire fortemente la velocità e di mettere in avaria il timone.

Si passò, sul MANCHESTER, alla stazione di governo di poppa conseguendo così un ragionevole controllo della nave: successivamente però anche la macchina del timone si guastò e si dovette passare al timone a mano.

L’esplosione si era manifestata verso l’alto attraverso i ponti e li aveva cosparsi con tutti i locali vicini di grande quantità di nafta. Acqua e nafta avevano allagato le macchine di poppa, il deposito poppiero del 102, l’ufficio del W/T, il deposito X e vari altri compartimenti compresi fra la 179ae la 202a ordinata. Molti uomini erano stati intontiti dai vapori di nafta ma la maggior parte di questi si rimisero presto dopo un pronto intervento e poterono riprendere i loro compiti. Solo l’asse esterno dell’elica di dritta rimase impiegabile.

Inizialmente fu possibile riassumere una velocità di 8 nodi che gradatamente aumentò fino a 12: alle 13.15 anche il timone, dopo aver effettuato delle riparazioni di emergenza, tornò a funzionare.

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32 James Somerville, Operation Substance.
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L’aspetto di due feriti del Manchester seminudi, ustionati e coperti di nafta. Sul Manchester un soldato accende una sigaretta ad un ferito.

Il primo segnale del MANCHESTER m’informò che poteva procedere a 8 nodi e pertanto io gli ordinai di rientrare a Gibilterra scortato dall’AVON VALE.

Le sue perdite ammontavano a 3 ufficiali di Marina, a 5 dell’Esercito, a 20 marinai e a 7 uomini di altre armi uccisi e a 1 ufficiale dell’Esercito, 31 marinai e a 4 uomini di altre armi feriti.

Il MANCHESTER aveva a bordo approssimativamente 750 uomini ma dato che il mare era calmo io decisi di limitare la sua scorta ad un solo cacciatorpediniere nella speranza che un solo incrociatore ed un solo cacciatorpediniere potessero meglio sfuggire alla ricerca aerea nemica che evitasse l’attacco in vista dei migliori bersagli offerti dal convoglio e dalla sua scorta.

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Sempre sul Manchester viene prestato soccorso a un altro ferito.
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Marinai e soldati feriti del Manchester, vengono soccorsi. I più gravi sono stesi sul ponte

Il cacciatorpediniere di scorta Avon Vale, incaricato di scortare il Manchester a Gibilterra, si affianca al danneggiato incrociatore per imbarcare parte dei circa 700 soldati che l’incrociatore trasportava per portarli a Malta.

Il convoglio e la scorta proseguirono la rotta verso levante, e nel pomeriggio gli aerei da caccia della portaerei Ark Royal fecero fallire un nuovo attacco di aerosiluranti della Sardegna, che erano stati segnalati dai radar delle navi ad una distanza di 40 miglia verso nord. In seguito a ciò, intorno alle 16.45, tre Fulmar dell’808° Squadron, guidati dal tenente di vascello A.T.S. Kindersley, intercettarono a 22 miglia dal convoglio quattro S. 79 della 283a Squadriglia, che erano decollati da Elmas al comando del capitano Giorgio Grossi, con la scorta di dodici G.50 del 24° Gruppo Caccia, partiti da Monserrato. I G.50 però, essendo stati inviati in Sardegna da pochi giorni e avendo piloti non sufficientemente addestrati al volo sul mare, arrivati in prossimità del convoglio, nel momento in cui gli aerosiluranti virarono per iniziare lo spiegamento di attacco, persero il contatto con gli S. 79, che furono pertanto costretti ad avvicinarsi al loro obiettivo senza disporre di nessuna protezione. In tali condizioni i tre Fulmar dell’808° Squadron ebbero buon gioco sugli aerosiluranti, e li costrinsero a ritirarsi dopo aver abbattuto l’S. 79 del tenente Alberto Dolfus, il cui equipaggio fu recuperato dal cacciatorpediniere britannico Foresight (capitano di fregata Jocelyn Stuart Cambridge Salter), ed aver gravemente danneggiato il velivolo del tenente Roberto Cipriani. Quest’ultimo fu costretto ad

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ammarare a sud di Capo Carbonara, ove i cinque membri dell’equipaggio dell’S.79 furono salvati da un idrovolante S. 66 della 613a Squadriglia Soccorso, decollato dall’idroscalo di Elmas.

Ufficiali e soldati sul ponte del Manchester smistamento i loro equipaggiamenti, recuperati dai loro alloggi sottostanti invasi dalla nafta. L'esplosione aveva fatto pochi danni nei locali dove si trovavano gli uomini dell’equipaggio e i soldati, ma molti degli ufficiali, le cui cabine erano a poppa dove aveva colpito il siluro, persero la maggior parte dei loro effetti personali.

Un altro attacco degli aerosiluranti dell’Aeronautica della Sardegna si verificò nel tardo pomeriggio, alle 18.05, quando tre S. 79 della 280a Squadriglia, decollati da Elmas al comando del capitano Amedeo Mojoli, che aveva per gregari i tenenti Ugo Rivoli e Alessandro Setti, tentarono di dare il colpo di grazia al Manchester

L’incrociatore alle ore 13.00 era stato avvistato con il cacciatorpediniere di scorta Avon Vale, in lat. 37°25’N, long. 07°45’E, dal motoveliero Lilibeo, una nave di sorveglianza nota nei quadri della Regia Marina come Corrispondente Alfa, e successivamente, alle 14.00, da un idrovolante Cant. Z. 506 della 287a Squadriglia della Ricognizione Marittima. Entrambi segnalarono che l’incrociatore procedeva a bassa velocità con rotta a ponente. Con il solito ottimismo, gli equipaggi degli S. 79 ritennero di aver colpito sicuramente l’incrociatore con un siluro esploso a dure terzi dalla prora, e probabilmente con altro siluro a prua.

In realtà, com’è scritto nella relazione del vice ammiraglio Somerville, il Manchester facendo fuoco con le due torri trinate prodiere da 152 mm, appoggiate dalla batteria di dritta da 100 mm, e spalleggiato da un pesante tiro contraereo dell’Avon Vale con i suoi sei cannoni a tiro rapido da 102 mm, riuscì ad evitare facilmente l’insidia dei velivoli italiani: Gli S. 79 che, avevano aggirato a bassa quota

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le due navi britanniche per portarsi all’attacco controsole, accolti da un forte “volume di fuoco”, furono costretti a lanciare i siluri da molto lontano. Scrisse infatti Somerville:33

Il nemico sembrò così impressionato dal volume di fuoco appostogli che non portò a fondo l’attacco. Un siluro fu lanciato contro l’AVON VALE e gli altri due a così grande distanza dal MANCHESTER che non ebbe difficoltà ad effettuare la manovra adatta per evitarli. Un siluro fu visto affiorare al termine della sua corsa e detonare subito.

Sempre sul Manchester, dopo un attacco aereo una pausa per l’equipaggio. Ai piedi degli uomini i bossoli del consumo dei proietti da 40 mm sparati contro gli aerei italiani.

Verso le 17.00 del 23 luglio, giunte all’entrata del Banco Skerki – la zona di bassi fondali sabbiosi esistente a nord di Biserta – le navi britanniche si apprestarono a iniziare il passaggio per il canale di Sicilia, con la corazzata Nelson che si riunì alla

33 J.F. Somerville, “Mediterranean Convoy Operations – Operation Substance”, in Supplement The London Gazette, n. 38777 del 10 agosto 1948.

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***

Forza X, mentre l’incrociatore Hermione, formidabile unità contraerea della classe “Dido” che era assegnato alla protezione della portaerei Ark Royal, andò nella Forza X per prendere il posto del danneggiato Manchester. Alle 17.13 la Forza H del vice ammiraglio Somerville invertì la rotta, manovrando per ponente con l’incrociatore da battaglia Renown, la corazzata Nelson, la portaerei Ark Royal e i cinque cacciatorpediniere dell’8a Flottiglia Faulknor, Forester, Fury, Lightning e Duncan Proseguirono per Malta, agli ordini del contrammiraglio Syfret, i sei piroscafi del convoglio GM.1 Melbourne Star, Sydney Star, City of Pretoria, Port Chalmers, Durham e Deucalion, e le unità della Forza X, con gli incrociatori Edinburgh, Arethusa, Hermione, il posamine veloce Manxman e gli otto cacciatorpediniere della 4a Squadriglia Cossack, Maori, Sikh, Nestor, Foxhound, Firedrake, Farndale ed Eridge.

Nell’attraversare il canale di Sicilia, e dovendo navigare in acque ristrette, le navi del convoglio e della Forza X del contrammiraglio Syfret procedettero su due colonne, secondo quanto fissato nel dispositivo di navigazione n. 17, pianificato per effettuare il transito notturno nelle acque ristrette ed insidiate di mine del Canale di Sicilia. Mancavano ancora cinque ore alla notte, e una sezione di Fulmar dell’Ark Royal continuò a fornire l’appoggio aereo al convoglio e alla sua scorta, fino a quando non giunsero da Malta i caccia a lungo raggio Beaufigter del 272° Squadron della RAF, reparto che, al comando del tenente colonnello pilota Robert Gordon Yaxley, impiegò in quel compito undici velivoli, ripartiti in due formazioni scalate nel tempo. Tuttavia i primi cinque Beaufigter, che arrivarono sulla Forza X contemporaneamente, e nella stessa direzione dei velivoli italiani provenienti dalla Sicilia, non avendo fatto i prescritti segnali non furono riconosciuti per amici, e per qualche tempo furono presi di mira dal fuoco delle navi, che li costrinse ad allontanarsi “mentre il nemico, a 3000 piedi sopra di loro, continuava ad avvicinarsi”.34

Fu infatti in questa situazione che si svolse l’attacco dei velivoli dall’Aeronautica della Sicilia, già programmato dal Comandante della grande unità aerea, generale Renato Mazzucco, fin dal mattino ed attuato dopo che un ricognitore fotografico Cant. Z. 1007 bis della 176a Squadriglia (tenente pilota Limiti) aveva segnalato alle 13.00 la posizione delle navi britanniche lat. 37°50’N, long.09°10’E., corrispondente a 40 miglia a nord-est dell’Isola La Galite. Il velivolo riferì di aver avvistato ben diciotto piroscafi e altrettante unità da guerra, tre delle quali di grosso tonnellaggio (evidentemente Renown, Nelson e Ark Royal), che procedevano con rotta est (080°) alla velocità stimata di 15 nodi. L’esame delle fotografie, alquanto impreciso nel riconoscimento e consistenza delle navi, riporto poi che vi erano nella formazione navale nemica una nave da battaglia tipo “Nelson”, una portaerei classe “Illustrious”, un incrociatore tipo “Liverpool” presumibilmente colpito da una bomba al centro, due incrociatori classe “Perth”, due incrociatori tipo “Galatea”, sette cacciatorpediniere e ben dodici piroscafi.

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34 J.F. Somerville, Operation Substance, op. cit.

Il dispositivo di marcia n. 17 del convoglio e della Forza X nell’attraversamento del Canale di Sicilia.

Era stato deciso di fare intervenire, in un’unica azione coordinata, quattro aerosiluranti S. 79 della 279a Squadriglia scortati da nove caccia Cr. 42 del 23° Gruppo, diciotto bombardieri in picchiata Ju. 87 del 101° Gruppo scortati da dodici caccia Mc. 200 del 16° Gruppo del 54° Stormo, e sedici bombardieri in quota S. 79 del 10° e 30° Stormo scortati da quindici caccia Mc. 200 del 7° Gruppo del 54° Stormo. I ventisette caccia Mc.200 del 7° e 16° Gruppo del 54° Stormo, che venivano impiegati nelle operazioni contro Malta, erano stati trasferiti in mattinata da Comiso a Trapani.

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In quelle ore del pomeriggio, velivoli da caccia dell’Aeronautica della Sicilia svolsero attività di volo a protezione delle basi aeree. Alle 17.30 due bombardieri Blenheim del 110° Squadron (maggiore K.C. Forsythe) decollati da Malta effettuarono un attacco contro l’aeroporto di Chinisia, attraversandolo da nord a sud a bassissima quota mitragliando e sganciando spezzoni, alcuni dei quali non esplosero. Uno dei velivoli (Z7409) con pilota il sergente N.A.C. Cathles, mentre si stava allontanando, mitragliando senza esito alcuni contadini al lavoro, fu intercettato ed abbattuto da un Cr.42 del 23° Gruppo, pilotato dal tenente Villa, prontamente decollato da Trapani assieme a due Mc.200. L’attacco all’aeroporto, contrastato dall’artiglieria contraerea entrata in azione, non causò alcun danno, e sebbene alcuni spezzoni fossero caduti, esplodendo, vicino agli aerei parcheggiati l’unico risultato ottenuto fu l’incendio dell’erba. Invece i tre uomini dell’equipaggio del Blenheim decedettero.

Ritornando all’azione aerea programmata per attaccare le navi britanniche, a causa di una densa foschia la riunione, dopo il decollo, delle varie formazioni fissata sul cielo dell’isola di Marettimo, non si realizzò. Gli Ju 87 del 101° Gruppo, che non avevano trovato all’appuntamento i caccia di scorta del 16° Gruppo (capitano Luigi Lisardi), pur avendo proseguito nella loro rotta, passando a 30 km a nord dell’isola Zembra invertirono la rotta quando erano già in vista dell’obiettivo, perché secondo il parere del loro comandante, capitano Raoul Zucconi, e dei suoi piloti “la quantità di carburante rimasto era appena sufficiente per il rientro”.

Anche il ricongiungimento dei bombardieri S. 79, che volavano in un’unica formazione, con i cinque velivoli del 32° Gruppo seguiti dai nove velivoli del 30° Gruppo, non si concretò essendo venuto a mancare l’appuntamento con i caccia di scorta Mc. 200 del 7° Gruppo, fissato per le ore 19.15. Soltanto il comandante della pattuglia dei S. 79 del 32° Gruppo, tenente colonnello Antonio Marcucci, dopo cinque minuti di attesa alla quota di 4.500 metri, prese l’iniziativa di proseguire nella rotta d’attacco, che si concreto poco dopo quello degli aerosiluranti S. 79 della 279a Squadriglia, che intorno alle 19.00 arrivò sul complesso navale convoglio – Forza X presso Capo Bon, all’estremità nord-occidentale della Tunisia.35

Gli aerosiluranti della 278a Squadriglia, ridotti a quattro per il forzato rientro di un S. 79 a causa di un guasto al congegno di sgancio del siluro, erano guidati dal capitano Dante Magagnoli che da appena tre giorni aveva sostituito nel comando della 278a Squadriglia il capitano Massimiliano Erasi, ed aveva quali gregari il tenente Guido Robone, e i tenenti Mario Spezzaferri e Carlo Copello. Gli S. 79 furono localizzati dai radar delle navi in avvicinamento al convoglio alla distanza di 45 miglia, ma i caccia Beaufighter del 272° Squadron, pur presenti nel cielo del navi non riuscirono ad intercettarli. 35 AUSA, “Relazioni Operative Belliche Sicilia (Mod. AC.2), Relazioni di Squadra, 12-24 luglio 1941.

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L’angar dell’incrociatore Edinburgh durante la scorta del convoglio dell’operazione Substance. Davanti al fumaiolo l’idrovolante da ricognizione Walrus.

Gli S. 79, secondo la relazione di Somerville, avanzarono a coppie in linea di fila mantenendo il cacciatorpediniere Sikh (al traverso a dritta del convoglio) tra loro e i loro bersagli, in modo da proteggersi dal fuoco delle altre navi della scorta fino al momento dell’attacco al convoglio. Gli equipaggi degli aerosiluranti, tutti rimasti colpiti da schegge, sostennero di aver affrontato una fortissima reazione contraerea con armi di ogni genere, e di aver affondato con due siluri un grosso piroscafo di 15.000 tonnellate, visto sbandare sul fianco e sparire appruandosi, e colpito un incrociatore, dal quale si levo una densa colonna di fumo. In realtà peccarono di ottimismo, in quanto non ottennero alcun risultato positivo, poiché secondo le relazioni britanniche sganciarono i siluri da troppo lontano. Tuttavia gli S. 79 con il loro attacco causarono ugualmente un certo allarme, disorientando il convoglio, e per poco non colpirono l’incrociatore Hermione, che si trovava in coda alla colonna di dritta, mentre altri due siluri passarono vicini all’Edinburgh.

Durante l’attacco ogni colonna del convoglio aveva accostato in fuori di 90°, e le unità della scorta avevano iniziato lo sbarramento di fuoco con tutti i pezzi che potevano sparare in modo vivace. Il tiro degli incrociatori disturbò alquanto quello dei cacciatorpediniere che si trovavano sul fianco destro delle colonne del convoglio (Sikh e Nestor)’, ma nello stesso tempo fu forse la causa che indusse i piloti degli aerosiluranti a sganciare anticipatamente i loro siluri. Comunque l’attacco disperse il

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convoglio e necessariamente occorse del tempo prima che navi britanniche potessero ricostituirsi in formazione.

Alle 19.45, poco dopo che le navi si erano riordinate ed avevano ripreso la loro rotta fu avvistata di prora, alla quota di circa 4.300 metri, una formazione di circa sette bombardieri che dirigeva per attaccare il convoglio sul fianco sinistro. Il convoglio accostò ad un tempo di 40° a sinistra mentre le unità della scorta iniziarono il tiro, un po’ incerto, dato che gli S. 79 che sopraggiungevano rassomigliavano molto ai Beaufighter che da poco tempo si trovavano di scorta alle navi, ed altri erano ancora attesi.

23 luglio 1941. L’incrociatore Edinburgh contrasta gli attacchi degli aerosiluranti italiani sparando a bordata con i cannoni principali da 152 mm.

Lo sgancio di quindici bombe da 250 chili, effettuato alle 19.35 da una quota effettiva di 4.000 metri dai cinque bombardieri S. 79 del 32° Gruppo del tenente colonnello Marcucci, che aveva quale puntatore della formazione il sottotenente pilota Giovanni Briatore, ebbe esito positivo, poiché il tiro, come scrisse Somerville, risultò “estremamente preciso”, centrando e “smantellando” il cacciatorpediniere Firedrake (capitano di corvetta S.H. Norris), che era uno dei due cacciatorpediniere assegnati al dragaggio in testa al convoglio.

Il Firedrake ebbe le caldaie inutilizzate da una bomba caduta molto vicino allo scafo, che causò un allagamento, e rimase immobilizzato per mancanza di vapore. Altre bombe caddero intorno all’incrociatore Edinburgh, che era l’unità di

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testa della colonna di sinistra, dando agli equipaggi italiani l’impressione di aver colpito gravemente quella nave.

Per ordine del contrammiraglio Syfret il Firedrake, che al momento non era in grado di riaccendere le caldaie, fu preso a rimorchio dal cacciatorpediniere di scorta Eridge (capitano di corvetta W.F.N. Gregory.Smith), che faticosamente diresse verso Gibilterra, con un viaggio che fu alquanto tormentato.

Il cacciatorpediniere britannico Firedrake che fu colpito da una bomba e seriamente danneggiato nell’attacco degli S. 79 del 32° Gruppo del 10° Stormo B.T.

Infatti, a iniziare dalle ore 20.38, l’Eridge ebbe a sua volta difficoltà di manovra nell’accostare per assumere una rotta passante nelle acque ristrette tra la costa della Tunisia e l’Isola La Galite, a causa di avarie al timone del Firedrake. Il danno fu però riparato verso la mezzanotte, e ciò permise al piccolo Eridge di aumentare gradualmente la velocità di traino della nave danneggiata fino a 10 nodi. In questo sforzo il Firedrake non poté dare nessun aiuto all’Eridge, poiché risultò inutile ogni tentativo di mettere in moto le macchine, dando vapore ad almeno una caldaia. E poiché questa perdeva abbondantemente vapore, il Firedrake segnalò di non poter essere in condizione di accendere prima di un considerevole tempo.

Anche nell’occasione dell’ultimo attacco, due Beaufighter del 272° Squadron, che si trovavano a 8.000 metri di quota e che erano stati diretti sul nemico dalle istruzioni impartite dall’incrociatore Edinburgh, fallirono il loro tentativo poiché si avvicinarono al convoglio dalla stessa direzione degli aerei italiani, e non

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essendosi fatti riconoscere, furono presi sotto il fuoco d’artiglieria della forza navale e costretti a ritirarsi. Tuttavia non restarono indenni da perdite, poiché un Beaufighter, che era pilotato dal sergente W.M. Beakin ed aveva per navigatore il sergente C.F. Jenkins, fu abbattuto da due caccia Cr. 42 del 23° Gruppo, pilotati dal tenente Giorgio Solari e dal sottotenente Carlo Brigante Colonna. Da parte italiana non rientrò alla base un Mc. 200 della 167a Squadriglia, con il suo pilota tenente Sandro Folli, che fu visto precipitare in mare presso Marettimo, probabilmente per avaria al motore.

L’allontanamento dal convoglio del Firedrake e dell’Eridge, oltre a ridurre il numero dei cacciatorpediniere di scorta a sei unità, sulle dieci inizialmente assegnate alla Forza X per tale compito, portò ad altre complicazioni. Le avarie riportate dal Firedrake, sostenne il vice ammiraglio Somerville, “furono indubbiamente spiacevoli” in quanto esse privarono la colonna sinistra del convoglio della protezione assicurata da un cacciatorpediniere facente funzione, con i divergenti in mare, di unità paramine.

Il cacciatorpediniere di scorta Eridge, a cui fu dato l’incarico di rimorchiare il danneggiato cacciatorpediniere di squadra Firedrake.

Era stato previsto che in caso di emergenza tale compito fosse assegnato al Fearless e al Nestor che, in effetti, avevano ricevuto l’ordine di tenersi pronti. Ma il Fearless era stato affondato e il Nestor, che avrebbe dovuto sostituire il Firedrake, non fu impiegato perché il contrammiraglio Syfret ritenne “non accettabile” il ritardo

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che la silurante avrebbe subito dovendo mettere in mare i divergenti. Il Nestor inoltre sarebbe uscito dalla formazione di scorta al convoglio, che già mancante del Fearless, del Firedrake, dell’Avon Vale e dell’Eridge, fu considerata “già troppo esigua”.36

Alle 20.00 la Forza X e il convoglio, che stavano seguendo una rotta di sicurezza nei riguardi delle mine, accostarono verso nord secondo quanto era stato fissato nella pianificazione della “Substance”, e poco più di un’ora dopo furono segnalati aerei nemici al traverso a dritta, suddivisi in due gruppi, che fu ritenuto stessero cercando le navi britanniche, per poi fare mezz’ora dopo “un abortito tentativo di attacco”. Ciò non è convalidato nelle relazioni italiane, e pertanto doveva trattarsi soltanto di ricognitori notturni che ricercavano il convoglio, per mantenerlo sotto costante osservazione nelle acque di transito del Canale di Sicilia. Ha scritto il vice ammiraglio Somerville che “l’accostata per 075° fatta alle 20.00 passò inosservata e il previsto attacco al crepuscolo, che era stato molto temuto non si materializzo mai”. Aggiunse:37

Alle 2250 la Forza X accostò per 105° e, un quarto d’ora più tardi, per 133°. Da quest’ora fino a mezzanotte furono osservati degli aerei che a mezzo di illuminanti effettuavano una ricerca a Sud del convoglio. Questi illuminanti sembravano rimorchiati [sic] ma nessuna ipotesi può essere formulata sull’efficienza di questo metodo di ricerca.

Il periodo fra le 2250 e le 0013 del 24 Luglio ossia quando il convoglio entrò nelle rotte dei convogli italiani, fu probabilmente il più pericoloso sia per le mine, sia per l’assenza del cacciatorpediniere munito di T.S.D.S. [spazzamine regolabile a due velocità] in testa alla colonna di sinistra e sia per il fatto che due trasporti militari erano sprovvisti di paramine: fu quindi con considerevole sollievo che il Comandante della 18a Divisione incrociatori accostò per 160° alle 0013 del 24 per imboccare la rotta dei convogli italiani.

Alle 0046 il FOXHOUND che era a poche centinaia di metri avanti alla colonna di dritta, segnalò di avere una mina nel suo apparato e accostò verso sinistra per liberarsene. Ad eccezione di un distinto urto sentito verso le 0217 sia dalla coperta che dal locale macchine del NESTOR e della segnalazione di un oggetto simile ad una mina nella sua scia, fu questa la sola nozione della presenza di mine che si ebbe durante il passaggio.

L’attacco dei Mas 532 e 533 nel Canale di Sicilia

Ritenendo che il convoglio britannico sarebbe transitato nella notte sul 24 luglio a nord di Capo Bon per poi passare a nord di Pantelleria, Marina Messina, con messaggio n. 40729 delle ore 12.15, aveva ordinato di far salpare da Augusta i Mas

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36 J.F. Somerville, Operation Substance, cit. 37 Ibidem.

546 e 548 e da Trapani i Mas 546 e 548, per trasferirli a Pantelleria. Quindi, dopo il rifornimento di benzina, dovevano essere inviati a 2 miglia dalla costa della Tunisia, per restarvi in agguato a partire dalle ore 22.00 di quella notte fino all’alba dell’indomani. Successivamente, con il messaggio n. 40733 delle ore 14.40, Marina Messina dispose affinché le torpediniere di Trapani Calliope, Castore e Centauro raggiungessero alle ore 23.00 una posizione d’agguato nel Canale di Sicilia, presso Marettimo, per effettuarvi ricerca notturna fino all’alba, con direttrice da levante a ponente, mantenendo la distanza fra le rispettive unità di 4 miglia. Inoltre fu disposto che il cacciatorpediniere Usodimare si tenesse pronto a salpare da Trapani, per eventuale appoggio alle torpediniere.

Supermarina si riservò di cambiare eventualmente le ore d’inizio della ricerca notturna da parte delle unità insidiose e sottili in base alle informazioni pervenute sui movimenti del convoglio britannico. E in effetti, alle ore 17.40, considerando “la velocità di marcia del nemico”, fu comunicato per telearmonica (telefono segreto) a Marina Messina di spostare per le ore 23.30 il rastrello delle torpediniere a nord di Pantelleria e di sistemare gli agguati delle due sezioni di Mas a nord e a sud di quell’isola, invece che presso la costa tunisina.38

La sezione Mas 549 e 562, che era comandata dal capitano di Fregata Ernesto Forza, avrebbe dovuto portarsi a pendolare per parallelo a nord di Pantelleria. Ma, partita da Augusta alle 12.30 del 23 luglio, non raggiunse la zona assegnata per le ore 23.00, poiché il Mas 562, in seguito ad avaria, fu costretto a poggiare a Porto Empedocle, mentre il Mas 549, attaccato e mitragliato in due riprese da alcuni aerei britannici, ritenuti del tipo Blenheim che in realtà erano Beaufighter del 272° Squadron, dovette entrare a Pantelleria con due feriti a bordo e danni piuttosto gravi allo scafo. I piloti dei Beaufigter ritennero invece ottimisticamente di averlo affondato.

Questo contrattempo costrinse l’ammiraglio Comandante di Pantelleria a cambiare quanto era stato programmato ripiegando per l’impiego insidioso a nord dell’isola sui malconci Mas 532 e 533, il primo dei quali, che aveva un solo motore ausiliario efficienze, i motori principali non perfettamente a punto nel numero dei giri e la stazione radio in avaria, avendo il comandante titolare indisposto, fu assegnato al capitano di fregata Forza. La decisione di impiegare i due malconci Mas derivò dal fatto che l’ammiraglio non volle far “mancare l’importantissimo agguato, assolutamente essenziale per vigilare il passo a nord di Pantelleria”; anche perché trovandosi la zona di agguato a sole 4 miglia a nord del Faro di Capo Spadillo ed essendo il mare calmo, ciò avrebbe permesso ai due piccoli scafi in caso di incidenti di portarsi prontamente “sotto la protezione delle Batterie” dell’isola. Una decisione che l’ammiraglio giudicò bene ispirata perché proprio ai “due Mas zoppicanti doveva arridere la fortuna delle armi” . 39

38 AUSMM, Scontri navali ed operazioni di guerra, cartella n. 33.

39 AUSMM, Comando Zona Militare Marittima di Pantelleria, “Azione guerresca dei MAS 532 e 533, contro Forze Navali nemiche nella notte dal 23 al 24 luglio 1941-XIX al largo di Pantelleria”, Scontri navali ed operazioni di guerra, cartella n. 33.

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Proseguendo la navigazione con rotta sud-est la Forza X entrò nella zona di agguato dei Mas 532 e 533 all’estremità settentrionale di Pantelleria, raggiunta nonostante le loro difficoltà di navigazione in tempo utile. Alle 02.40 del 24 luglio, dopo aver avvistato in direzione della costa della Tunisia la luce molto intensa e persistente dei bengala sganciati da alta quota dai due ricognitori notturni dell’Aeronautica della Sicilia (un S. 79 e un Br. 20 mandati a illuminare la zona compresa tra ponente di Pantelleria e Capo Bon allo scopo di sorvegliare il movimento del convoglio nemico) il Mas 532 del capitano di fregata Forza, che si trovava a circa 6 miglia di distanza dal Faro di Spadillo, avvistò sulla sinistra alcune sagome di navi da guerra, e diresse all’attacco contro la più grossa, stimata dal comandante Forza per quella di una corazzata.

Alle 02.45 il Mas 532 fu però localizzato con il radar dal cacciatorpediniere Cossack (capitano di vascello Edward Lyon Berthon), che si trovava a 500 metri dalla colonna sinistra del convoglio. Avendo anche individuato alcuni lampi seguiti dal rumore di motori messi in moto, il Cossack aprì il fuoco sul bersaglio con i cannoni da 120 mm e con le mitragliere del complesso quadrinato pom pom da 40 mm, imitato dalle navi che guidavano le colonne di sinistra e di dritta del convoglio, l’incrociatore Edinburgh e il posamine veloce Manxman, che aggiunsero al tiro del loro armamento pesante e medio quello delle mitragliare Oerlikon da 20 mm. Il comandante del Manxman, capitano di vascello Robert Kirk Dickson, affermò che il Mas, illuminato dai proiettili sparati dall’Edinburgh e dal Cossack, costituiva “un perfetto bersaglio contro il quale era possibile sparare a piacimento come se fosse un uccello fantastico”.40

Tuttavia il comandante Forza, apprezzata la direttrice del moto delle navi avversarie, era arrivato a distanza di lancio senza essere stato ancora avvistato, e lasciate scadere le prime due unità della formazione di piccole dimensioni, alle 02.49, dalla distanza di 600 metri, lanciò due siluri sulla prima delle unità più grosse, per poi manovrare a tutta forza per disimpegnarsi, rivelandosi con il rumore dei motori alle navi nemiche, una delle quali accese un proiettore.

Quindi scrisse nella sua relazione il comandante del Mas 532, ebbe inizio “un intenso fuoco tutto ben centrato sulla parte alta della scia, prima con mitragliatrici e poi con le artiglierie”, reazione “che rallenta solo quando riesco a sottrarmi ai proiettori”. E aggiunse: “Non ho osservato direttamente lo scoppio dei siluri perché impegnato nella manovra di disimpegno; ho solo potuto vedere una nave da guerra (cacciatorpediniere od incrociatore) che si profilava contro uno sfondo illuminato per pochi secondi da intenso bagliore rossiccio e diffuso”.41

40 J.F. Somerville, Operation Substance, cit.

41 AUSMM, Comando 2a Flottiglia MAS, Rapporto di Missione, Scontri navali ed operazioni di guerra, cartella n. 33.

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Il cacciatorpediniere britannico Cossack, della classe “Tribal”, nel 1938.

Profilo e pianta del cacciatorpediniere Cossack.

Il comandante Forza non fu in grado di apprezzare con esattezza l’esito del lancio, anche perché nella fase del disimpegno fu inquadrato dal tiro violentissimo di cannoni e mitragliere da parte dell’incrociatore Arethusa (capitano di vascello Alex Colin Chapman), che era la nave di coda della colonna di sinistra del convoglio, e dal cacciatorpediniere Farndale (capitano di corvetta Stephen Hope

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Carlill), ultima nave di poppa sul fianco sinistro della scorta del convoglio. Tuttavia lo scoppio di uno dei due siluri lanciati dal Mas 532 fu nettamente udito da Pantelleria.

In effetti, fu colpito da un siluro all’altezza della stiva n. 3 il piroscafo Sydney Star (capitano Thomas Sydney Horne), che era al centro della colonna sinistra, e che, come descriveremo più avanti, fu anche raggiunto da un proiettile sparato dalle unità di scorta durante la mischia notturna con il Mas italiano. Il Sydney Star, bella e moderna nave di 11.095 tsl della Blue Star Line Ltd, entrata in servizio il 1° gennaio 1936, si arrestò e scadde di formazione, e in suo soccorso arrivò il cacciatorpediniere australiano Nestor. 42

Il piroscafo britannico Sydney Star che nella notte del 23luglio 1941 fu colpito e danneggiato da un siluro lanciato da un’unità sottile italiana, il Mas 532.

Il siluramento del Sydney Star era stato rilevato anche dal tenente di vascello Stefano Pascolini, comandante del Mas 533, che alle 02.40 aveva visto verso ponente due vampate seguite da due detonazioni. Subito dopo manovrò per attaccare un grosso piroscafo apparso nell’oscurità, ma non poté portare a fondo la sua intenzione perché fu avvistato sulla sinistra della Forza X dal cacciatorpediniere Cossack, che immediatamente aprì il fuoco con i pezzi da 120 mm e con le mitragliere, imitato dal Foxhound e dall’incrociatore Edinburgh, che spararono sul Mas da una distanza compresa tra i 1.500 e i 2.000 yard. Costretto a cambiare bersaglio, il comandante Pascolini lanciò da breve distanza contro il Cossack, e ritenne di averlo colpito con uno dei siluri, mentre il secondo fu visto scoppiare sul piroscafo che era rimasto

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Ian Cameron, Red duster white ensign, Muller, Londra, 1959, p. 56.

scoperto nell’accostata del cacciatorpediniere, che in quel momento si trovava ad alcune centinaia di metri dalla colonna sinistra del convoglio.

Il Mas 532 che alle 02.50 del 24 luglio colpì con un siluro il piroscafo britannico Sydney Star.

L’incrociatore Arethusa che assieme al cacciatorpediniere di scorta Farndale reagì all’attacco del Mas 532, sottoponendolo al fuoco d’artiglieria mentre si stava disimpegnando dopo il lancio dei siluri.

L’attacco del Mas 533 non ebbe alcun esito positivo, anche se un siluro, come è scritto nella relazione del vice ammiraglio Somerville, passò sotto la chiglia del Cossack. Nello stesso tempo fu ritenuto che una bordata da dodici colpi da 152

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dell’Edinburgh (capitano di vascello Hugh Webb Faulkner), sparata dopo che l’incrociatore aveva illuminato il Mas con il suo proiettore, avesse centrato il piccolo scafo italiano – già inquadrato da un insieme di traccianti che lo avevano arrestato

facendolo letteralmente sparire. Nel frattempo il Foxhound aveva tentato di speronare il 533, nel rapporto di Somerville ritenuto un secondo Mas, che stava attraversando la rotta del cacciatorpediniere da dritta a sinistra, non riuscendovi perché gli passò troppo sotto la prora, alla distanza di sole 100 yard (91,40 metri). Pertanto non fu possibile aprire subito il fuoco, e quando poco dopo ciò avvenne furono uditi dal Foxhound “dei rumori simili allo scheggiarsi del legno”. In realtà vi fu in questo episodio parecchia fantasia, e anche una certa cattiveria perché Somerville scrisse: “Apparentemente la prudenza da parte dei Comandanti dei M.A.S. permise loro di sopprimere il loro valore”.43

43 J.F. Somerville, Operation Substance”, cit. * Il capitano di vascello Alex Colin Chapman, comandante dell’Arethusa, riferì nella sua relazione di aver osservato dall’incrociatore che, al momento in cui i cacciatorpediniere accesero i proiettori per individuare il Mas che stava venendo all’attacco, egli evitò di accendere il suo proiettore poiché le navi del convoglio risultavano nello sfondo molto bene illuminate, dando così molto vantaggio ad altri Mas che si fossero trovati nella zona.

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Il Mas 553 (tra il Mas 554 e il Mas 552). Attaccò il cacciatorpediniere Cossack senza successo.

Infatti, vista la determinazione con la quale i comandanti Forza e Pascolini erano andati all’attacco per lanciare i siluri da breve distanza contro i loro bersagli, per poi disimpegnarsi con pochissimi danni riportati dal solo Mas 533, l’immotivata versione dai Somerville, espressa sui rapporti dei comandanti delle unità della Forza H da lui visionati, fu alquanto esagerata. Basandosi, in particolare, su quanto aveva scritto il contrammiraglio Syfret, il quale aveva sostenuto nella sua relazione che i Mas “avrebbero potuto conseguire maggiori successi se si fossero mantenuti

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L’incrociatore Edinburgh che prese sotto tiro il Mas 533 senza colpirlo. Il cacciatorpediniere Faulknor che, oltre a tenere sotto tiro il Mas 533 tentò di speronarlo.

tranquilli, lanciando al momento buono i loro siluri”, Somerville affermò che i successi degli italiani erano stati modesti pur avendo impiegato ben dodici unità (sic!), sei delle quali avrebbero attaccato il convoglio, e di esse “una fu affondata, una si crede affondata e altre due danneggiate”.44 Pertanto, le sue errate conclusioni furono le seguenti:45

Questo incontro con i Mas avrebbe potuto avere risultato differente se i loro attacchi avessero avuto maggiore decisione. Sembra che essi non attendessero forze di superficie e la sorpresa annullò il loro vantaggio tattico. Era difficile vedere i Mas e la loro presenza non fu rilevata finché essi non si misero in moto con le macchine ed i loro danni potevano essere minori se avessero mantenuto il silenzio durante l’azione dopo il lancio dei siluri. Lo svantaggio di non avere dei colpi illuminanti a vampa ridotta fu di nuovo chiaramente sensibile.

Come si vede da queste osservazioni del Comandante della Forza H, i britannici non riuscirono a stabilire la consistenza dei Mas italiani presenti in zona, il cui numero fu ritenuto esageratamente superiore a quello reale.

Inoltre Somerville faceva presente che nell’occasione anche i britannici ebbero a lamentarle stesse lacune riscontrabili nelle unità della Regia Marina; ossia, “lo svantaggio di non avere dei colpi illuminanti a vampa ridotta”, esigenza che era particolarmente sentita nelle azioni notturne in cui doveva intervenire il tiro dei cannoni di grosso calibro, nell’occasione dell’attacco dei Mas evidentemente quelli da 152 mm degli incrociatori.

E pensare a quanto inchiostro è stato versato per dimostrare che le ripetute sconfitte italiane negli scontri notturni derivavano da quella lacuna, mentre, invece, come più volte abbiamo sottolineato nei nostri lavori, esse dipendevano soprattutto da carenze di addestramento. Le navi britanniche sparavano in ogni occasione durante le uscite in mare, di giorno e di notte, quelle italiane, con la motivazione che dovevano risparmiare la nafta, soltanto nei rari turni addestrativi, che erano programmati da Supermarina.

Su una cosa però dobbiamo dare ragione al contrammiraglio Syfret, ossia al fatto che i Mas non avevano “mantenuto il silenzio durante l’azione dopo il lancio dei siluri”. Ma ciò non dipendeva dalla volontà dei loro comandanti ma dal fatto che le norme d’impiego assegnate al naviglio sottile erano discutibili, se non completamente errate, perché, come scrisse nella sua relazione il capitano di fregata Forza, nel mettere in moto per disimpegnarsi dopo il lancio dei siluri, passato inosservato al nemico, egli non aveva fatto altro che obbedire “alle norme di squadriglia” . 46

44 Ian Cameron, Red duster white ensign, cit., p. 56

45 J.F. Somerville, Operation Substance, cit.

46 AUSMM, Comando 2a Flottiglia MAS, Rapporto di Missione, Scontri navali ed operazioni di guerra, cartella n. 33.

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Anche le valutazioni dei Comandi italiani peccarono di un certo ottimismo, poiché, dando piena fiducia a quanto avevano apprezzato i comandanti Forza e Pascolini, fu ritenuto che avessero affondato un piroscafo e un cacciatorpediniere, mentre in realtà si verificò soltanto il danneggiamento del Sydney Star. La determinazione mostrata nell’occasione fu comunque meritatamente elogiata dalla stampa e dalla radio, e ai due ufficiali, nel corso della giornata della Marina del 10 giugno 1942, fu concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare, appuntata sul petto dei suoi ufficiali da Sua Maestà il Re Vittorio Emanuele III.

Roma 10 giugno 1942, Festa della Marina, S.M. il Re Vittorio Emanuele III decora con la Medaglia d’Oro al Valor Militare il capitano di fregata Ernesto Forza. Alla destra del Sovrano Benito Mussolini e il Capo di Stato Maggiore della Regia Marina.

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Nella medesima cerimonia il Re decora con Medaglia d’Oro al Valor Militare il tenente di vascello Stefano Pascolini.

Dopo l’attacco notturno dei Mas il convoglio MG. 1 aveva continuato il suo viaggio per Malta, lasciando indietro il danneggiato piroscafo Sydney Star al quale si era avvicinato cacciatorpediniere australiano Nestor ((capitano di fregata Alvord Sydney Rosenthal) che, avendo sentito l’esplosione di un siluro, si era accorto che quella nave stava scadendo di velocità, e seguiva una rotta opposta a quella del convoglio. Da una distanza più vicina dal Nestor fu visto che le imbarcazioni del Sydney Star sul fianco destro erano state ammainate. Tuttavia la nave appariva indenne senza sbandamento e in assetto normale. Prima di poter ottenere una risposta alle ripetute richieste di informazioni sullo stato del piroscafo, passo del tempo, ma poi il comandante del Nestor apprese che il Sydney Star era stato silurato presso la stiva n. 3, e che essendo inondata da più di 9 metri d’acqua sembrava che la nave stesse affondando. Sul cacciatorpediniere fu allora deciso di imbarcare i 470 soldati, del 32° Reggimento artiglieria leggera, che erano a bordo del piroscafo, e naturalmente l’equipaggio, e a questo scopo si accosto al Sydney Star e, mediante delle plancette passate al piroscafo dalla prora del Nestor, e delle scale biscagline impiegate di poppa, il trasbordo richiese 50 minuti e fu completato alle 04.05. Durante tutto il tempo le due navi rimasero ferme in un punto distante 4 miglia da Pantelleria. Furono anche avvistati tre Mas italiani, che però non attaccarono.

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***

Al termine del trasbordo si trovavano a bordo del Nestor 740 uomini, dei quali 231 dell’equipaggio, 56 passeggeri dell’Esercito e 487 del Sydney Star. Con le due navi affiancate, il comandante del cacciatorpediniere, Rosenthal, convinse quello del piroscafo, capitano Horne, che vi era l’assoluta necessità di mantenere a galla il Sydney Star e, mettendo in moto le macchine per tenere sotto controllo gli allagamenti, di riprendere la rotta per Malta. Ciò fu fatto con il ritorno a bordo del piroscafo del comandante Horne con una squadra di volontari. Alle 04.10 il Nestor si staccò dal fianco del Sydney Star che poté seguirlo alla velocità di 12 nodi. Fu poi rilevato che anche le stive n. 1 e n. 2 avevano cominciato ad imbarcare acqua. Danno che era stato causato da un proiettile d’artiglieria di una delle navi di scorta del convoglio durante la mischia notturna con i Mas. Nondimeno, impiegando le pompe, il Sydney Star non arrestò la sua navigazione.

L’Operazione diversiva ME. 3 nel Mediterraneo Orientale

Nei due giorni critici dell’operazione Substance, il 23 e il 24 luglio 1941, la Mediterranean Fleet effettuò il previsto strattagemma diversivo nel Mediterraneo orientale, che era stato pianificato, come ha scritto il capitano di vascello Roskill, “per scoraggiare la flotta italiana che aveva abbondanti, anzi schiaccianti, forze nelle basi di Taranto, Messina e Palermo, dall’attaccare il convoglio” diretto a Malta.47

Il Comandante in Capo della Mediterranean Fleet, ammiraglio Andrew Browne Cunningham assegnò il compito di svolgere l’operazione diversiva ME. 3 al Comandante del 1° Squadron da Battaglia, vice ammiraglio Henry Daniel PridhamWippell, il quale nella tarda serata del 22 luglio, alle ore 21.00, salpò da Alessandria con le due corazzate Queen Elizabeth e Valiant, i quattro incrociatori leggeri Naiad, Phoebe, Neptune e Hobart, i due posamine veloci Abdiel e Latona, e i sette cacciatorpediniere Jackal, Nizam, Kipling, Kimberley, Griffin, Hasty e Havock Queste navi vennero poi raggiunte alle 06.00 del 23 dagli altri due incrociatori Ajax e Leander e dai quattro cacciatorpediniere Jervis, Jaguar, Kingston e Kandahar, salpati da Haifa alle ore 14.00 del giorno precedente.48 Per una diversione si trattava di un gruppo navale imponente.

Il compito affidato alle unità della Mediterranean Fleet era quello di spingersi durante la giornata del 23 verso occidente fino a raggiungere un punto situato a nord della Cirenaica, mantenendosi però entro il raggio di autonomia dei velivoli da caccia terrestri Beaufighter del 252° Squadron dislocati sugli aeroporti dell’Egitto occidentale, nella zona di Sidi el Barrani. L’intenzione era quella di fare avvistare in pieno giorno le navi dagli aerei dell’Asse dislocati a Rodi, Creta e Cirenaica, per poi accostare per levante al tramonto, allo scopo di far perdere il contatto alla

47 S.W. Roskill, The War at Sea – The Difensive, vol. II, cit., p. 522.

48 G.G. Connell, Mediterranean Maelstrom – HMS JERVIS and the 14th Flotilla, William Kimber, Londra, 1987, p. 125.

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ricognizione italo - tedesca nel corso della notte. Tuttavia, per dare al nemico l’impressione che la flotta britannica avrebbe continuato a navigare verso occidente, i due sommergibili della 1a Flottiglia di Alessandria, Regent e Perseus, ebbero il compito di effettuare il mattino del 24 una serie di segnali radio telegrafici fittizi di posizione, lungo la rotta che avrebbe dovuto seguire la flotta britannica.49

Lo strattagemma per attirare l’attenzione dei ricognitori dell’Asse riuscì perfettamente, nella forma che era stata predisposta dall’Ammiragliato britannico e realizzata dall’ammiraglio Cunningham. Infatti, alle 15.34 del 23 luglio, quando a occidente il convoglio dell’operazione Substance stava avvicinandosi al Canale di Sicilia, due velivoli tedeschi Ju. 88 del 10° Corpo Aereo (X Fliegerkorps), decollati da Creta alle 12.00 per una ricognizione armata a nord delle coste egiziane, avvistarono 80 miglia a nord-est di Sidi el Barrani una formazione navale di venti unità, comprendente due corazzate, una portaerei [inesistente], vari incrociatori pesanti e leggeri e cacciatorpediniere, che procedevano con rotta nord-nordovest (330°), scortata da aerei da caccia. Alle 16.45 la stessa formazione fu localizzata 95 miglia a nord-est di Sidi el Barrani, diretta verso settentrione, rotta che fu variata per ovest (270°) alle 16.55.

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L’ammiraglio Andrew Browne Cunningham (a destra) sulla Queen Elizabeth, accompagna nella visita alla sua nave comando, assieme al capitano di vascello Claud Barrington Barry comandante della corazzata, l’emiro Mansur fratello del Re dell’Arabia Saudita, Sa’ud.
Section Historic Admiraly, Mediterranean, vol. II, cit., p. 145-146.

Per tenere sotto controllo quelle navi, alle 16.04 erano nel frattempo decollati altri due Ju. 88, che alle 17.40 arrivarono sull’obiettivo, confermando la presenza di due corazzate, nonché segnalando una probabile portaerei, cinque incrociatori, undici cacciatorpediniere e quattro torpediniere, che procedevano con rotta ponente a velocità media. Data l’ora tarda, il Comando del X Fliegerkorps evitò di mandare all’attacco i propri reparti offensivi, con i bombardieri Ju. 88 del I. e II./LG.1 (il 3° Gruppo era in Cirenaica) e gli He. 111 del II./KG.26; anche perché, essendo stata segnalata da tutti i ricognitori una presunta portaerei, la cui effettiva presenza sembrava convalidata dalla presenza sul cielo delle navi britanniche di numerosi velivoli da caccia, sconsigliò di intraprendere azioni di bombardamento che non fossero state adeguatamente pianificate con una scorta sufficiente.50

In effetti furono impiegati quel giorno dalla RAF, con partenza dagli aeroporti egiziani, dieci caccia Tomahawks del 250° Squadron e 4 Maryland del 24° Squadron Australiano. Da parte della FAA furono impiegati nove velivoli Martlet (il nome britannico dell’F4F Wildcat in servizio nella Marina statunitense) dell’815° Squadron della FAA, due dei quali non fecero ritorno, perché nel tentare d’intercettare sospetti aerei nemici, finirono il carburante e i piloti furono costretti ad ammarare. Il pilota di uno di essi, sottotenente di vascello D.A. Wise fu salvato con il suo navigatore, mentre dell’altro velivolo, il pilota, tenente di vascello P.R.E. Woods e il suo

50 AUSA, Relazioni operative circa l’attività del C.A.T. pervenute da vari enti – Periodo 8 giugno 1941

10 ottobre 1941.

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La corazzata Queen Elizabeth, della classe “Warspite”, veterana della prima guerra mondiale, rimodernata all’inizio della seconda guerra mondiale. Aveva otto cannoni da 381 mm.

navigatore A.H. Casnn, decedettero a ovest di Cipro, a 44 miglia da Capo Kalamaki.51

A sinistra, il comandante del 1° Stormo Sperimentale, (LG.1) colonnello Friedrich Karl Knust, scambia il saluto con il tenente Joachim Helbig comandante della 4a Squadriglia del II./LG.1.4./LG.1. L’immagine, ripresa a Eleusis (Atene), è del 30 agosto 1941. Alle spalle dei due ufficiali il velivolo Ju. 88 di Helbig, che per i suoi successi di asso del bombardamento fu insignito della croce di cavaliere con fronde di quercia e spade.

51 Christopher Shores, Giovanni Massimello, Russell Guest, A History of the Mediterranean Air War 1940-45, Volume One: North Africa June 1940 – Junary 1942. Grub Street – London, 2012, p. 240.

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Il caccia Martlet della RAF.

E’ anche probabile che gli avvistamenti della Mediterranean Fleet non avessero allarmato eccessivamente i Comandi tedeschi, dal momento che alle ore 20.00 di quello stesso giorno 23 luglio l’Ufficio di Collegamento della Marina Germanica in Italia, che si trovava a Roma presso gli ambienti di Supermarina, comunico per telefono alla stessa Supermarina che era previsto per l’indomani il trasferimento in Sicilia, di carattere temporaneo, “di due gruppi da bombardamento e un gruppo da caccia per essere impiegati contro il noto convoglio o contro Malta qualora il convoglio vi fosse giunto”.52 Naturalmente il noto convoglio era quello dell’operazione Substance. La notizia del trasferimento dei tre gruppi di aerei tedeschi fu trasmessa per telescrivente in armonica da Superaereo al Comando dell’Aeronautica della Sicilia, con il messaggio 29264 delle ore 23.30, ordinando che fossero date all’alleato tutte le necessarie comunicazioni e gli elementi informati sui movimenti delle navi britanniche.

Tuttavia il previsto trasferimento in Sicilia dei reparti del X Fliegerkorps, che avrebbero potuto portare ad un incremento considerevole dell’attività aerea contro il convoglio GM.1, nel momento in cui esso stava per raggiungere Malta, non si concretò perche, nella notte sul 24, le stazioni d’ascolto germaniche cominciarono a percepire i segnali radio trasmessi dai due sommergibili britannici Regent e Perseus, determinando uno stato d’incertezza sulle intenzioni dell’avversario. Fu un vero successo, come poi fu messo in risalto nelle relazioni britanniche, per i pianificatori dell’operazione Substance.

Per ricercare la Mediterranean Fleet, che sembrava stesse transitando a nord della Cirenaica, a iniziare dalle 04.05 del 24 decollarono dagli aeroporti della Grecia e della Cirenaica undici velivoli da ricognizione, sette dei quali del tipo Ju. 88, che vennero impiegati nella zona di mare a nord-ovest di Derna fino al meridiano 16°30’E, senza avvistare nulla.53 Lo stesso esito dettero le ricognizioni italiane, svolte dai velivoli Cant. Z. 1007 bis e S. 79 dell’Aeronautica dell’Egeo e della 5a Squadra Aerea della Libia.

52 AUSMM, Comunicazione telefonica n. 9501, fondo Scontri navali ed operazioni di guerra, cartella n. 33. * Erano in quel momento disponibili sugli aeroporti della Grecia e di Creta i formidabili bombardieri Ju. 88 A del 1° e 2° Gruppo del 1° Stormo Sperimentale (I. e II./LG.1), rispettivamente al comando del capitano Kuno Hoffmann e del maggiore Gerhard Kollewe, che operavano in quel periodo contro porti e basi aeree esistenti nella zona del Delta del Nilo e del Canale di Suez. Il 3° Gruppo del 1° Stormo Sperimentale (III./LG.1), al comando del capitano Hermann Hogeback, era invece impegnato in Cirenaica in appoggio all’Afrika Korps del feldmaresciallo Erwin Rommel, assieme ai velivoli He. 111 del 2° Gruppo del 26° Stormo Bombardamento (II./KG.26), ai due gruppi di Ju 87 del 3° Stormo Stuka (I./St.G.1 e II./St.G.2), al 3° Gruppo del 26° Stormo Distruttori (III./ZG.26) e a due gruppi del 27° Stormo Caccia (I. e II./JG.27). Quanto alla Squadriglia da ricognizione strategica 1./(F) 121, essa si trovava dislocata, con i suoi Ju. 88 D, parte a Creta e parte in Cirenaica.

53 Per l’attività del X Fliegerkorps vedi Alberto Santoni e Francesco Mattesini, La partecipazione tedesca alla guerra aeronavale nel Mediterraneo (1940-1945), Edizioni dell’Ateneo & Bizzarri, Roma, 1980.

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Ciononostante, radiogoniometrando i messaggi fittizi trasmessi dai due sommergibili, i comandi dell’Asse si convinsero che il nemico avesse in atto una complessa operazione nel Mediterraneo centro-orientale.54 Ciò è dimostrato dal contenuto dell’Avviso n. 4811 di Supermarina, diretto allo Stato Maggiore di Collegamento della Marina Germanica, in cui veniva riferito: “Risulterebbe che ore nove Comando forze Mediterraneo con circa venti unità a miglia 150 per N.NW Apolloni dirige Malta (alt) Riccardi” . 55 Nello stesso tempo, alle ore 10.20, a conferma di quanto sopra, Supermarina, telefonando a Superaereo, comunicava che era stata rilevata a 120 miglia a nord di Cirene un’unità britannica, ritenendo che si trattasse di una delle navi che erano state avvistate il giorno precedente, alle ore 15.32, a 50 miglia a nord-est di Sidi el Barrani.

Il sommergibile britannico Regent. Insieme al Perseus, entrambi della 1a Flottiglia Sommergibili di Alessandria, con trasmissioni radio mise in allarme i tedeschi, impedendo loro di inviare forze aeree in Sicilia per attaccare il convoglio dell’operazione Substance.

In realtà in quel momento le unità del vice ammiraglio Pridham-Wippell si trovavano molto distanti dalla posizione a nord del Cirenaica segnalata dal Capo di Stato Maggiore della Regia Marina, e dirigevano in tutt’altra direzione, dal momento

54 Il primo avvertimento si ebbe in Italia alle ore 07.47 del 24 luglio, quando la stazione radiogoniometrica di Porto Palo (Sicilia) rilevò, per 106°, un’unità nemica in contatto con Malta. Naturalmente la trasmissione veniva da un sommergibile. Superaereo ne fu informato da Supermarina alle 08.17, per ritrasmissione del messaggio n. 17620 diramato dal Servizio Informazioni di Maristat.

55 AUSMM, Avvisi di Supermarina.

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che la sera di quello stesso giorno 24 rientrarono nella loro base di Alessandria. Ragion per cui nessun risultato poteva avere l’esplorazione offensiva di due aerosiluranti italiani S. 79 della 278a Squadriglia che, trasferiti da Pantelleria con scalo a Derna, furono inviati a levante della Cirenaica, per poi raggiungere nuovamente Pantelleria, dopo essersi riforniti a Bengasi.

In conclusione, La diversione britannica nel bacino orientale del Mediterraneo, che nella fase più delicata dell’operazione Substance trattenne lontano dalla Sicilia le unità aeree del X Fliegerkorpos, era pienamente riuscita. Di ciò si compiacque l’ammiraglio Cunningham, il quale scisse nelle sue memorie che il “sotterfugio” di far credere al nemico che la Mediterranean Fleet “andasse incontro al convoglio per scortarlo pari pari dall’altro lato del Mediterraneo aveva funzionato perfettamente”.56

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L’incrociatore britannico Ajax una delle navi della Mediterranean Fleet impegnate nella missione diversiva. 56 A.B. Cunningham, L’odissea di un marinaio, Mondadori, Milano, 1952, p. 280.

L’ultima parte della navigazione del convoglio GM.1

Mentre il danneggiato piroscafo Brisbane Star e il cacciatorpediniere Nestor riprendevano la rotta per Malta, le altre navi del convoglio e della Forza X avevano proseguito il viaggio verso l’isola quasi indisturbato, avvalendosi della protezione offertagli da nove caccia a lungo raggio Beaufighter del 272° Squadron della RAF, e poi, quando la distanza dall’isola scese sotto le 80 miglia anche dai caccia Hurricane. Nel contempo partirono a turno da Hal Far anche quattro Swordfish dell’830° Squadron della FAA impegnati in scorta antisommergibile nei pressi del convoglio. Uno di questi velivoli ebbe un guasto al motore e fu costretto ad ammarare andando perduto, ma i due uomini dell’equipaggio, pilota e navigatore, furono salvati. Per guadagnare tempo, onde permettere alle unità della Forza X di scaricare a Malta il personale e il materiale, ancor prima dell’arrivo delle navi mercantili, era stato previsto che, se la situazione riguardo alle forze navali di superficie italiane fosse considerata soddisfacente, alle ore 07.00 del 24 luglio il contrammiraglio Syfret doveva sopravanzare il convoglio ad alta velocità con gli incrociatori e i cacciatorpediniere del tipo “Hunt”. Ciò fu infatti realizzato quando fu accertato che le navi di superficie nemiche, segnalate nei porti il precedente giorno 23, vi si trovavano ancora, poiché nessun rapporto della loro presenza in mare fu ricevuto dal vice ammiraglio di Malta, Wilbraham Ford, dalla sua efficientissima ricognizione aerea. Appariva pertanto che vi fosse poca probabilità che le forze navali di superficie italiane potessero prendere contatto quel giorno 24 con il convoglio GM.1, mentre una certa preoccupazione era data dall’arretrato piroscafo Sydney Star e riguardo all’attività degli aerei di Malta per scortare il convoglio.57 Alle 07.30 la situazione appariva soddisfacente, e fu considerato dal contrammiraglio Syfret che ogni ulteriore ritardo avrebbe ostacolato il previsto programma di condurre il convoglio nel Grand Harbour di Malta e far partire la Forza X, dopo aver scaricato le truppe e gli approvvigionamenti, per raggiungere la Forza H, che stava in attesa del suo ritorno mantenendosi all’altezza di Algeri. Pertanto Syfret lasciò il convoglio con gli incrociatori Edinburgh e Arethusa e con il posamine veloce Manxman, e diresse per Malta alla velocità di 25 nodi. Alle 08.30 fu poi rassicurato, sul possibile attacco delle unità di superficie italiane, da una segnalazione del vice ammiraglio Ford, che riferiva che la ricognizione aerea di Malta aveva comunicato che non vi erano unità navali.58

Il timore del contrammiraglio Syfret che il gruppo del Sydney Star potesse venire attaccato da navi di superficie italiani era assolutamente inesistente, perché Supermarina, in base agli ultimi apprezzamenti della situazione pervenuti continuò a

57 Il contrammiraglio Syfret era reso dubbioso dal fatto che il giorno precedente i Beaufighter di Malta avevano fallito il loro compito di protezione del convoglio, non avendo affiatamento con le unità navali e la loro tattica. E nella sua relazione commentò: “In un certo momento mi sembrò che tutti i nostri sforzi per portare il convoglio a Malta potessero essere frustrati se tutti gli incrociatori e cacciatorpediniere non fossero restati col convoglio fino alla fine”.

58 J.F. Somerville, Operation Substance, cit.

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mantenere le navi nei porti. Di non altrettanta passività si comportò invece l’Aeronautica della Sicilia.

Il Comandante di Marina a Malta, vice ammiraglio Wilbraham Ford, con il suo segretario ufficiale pagatore, commodoro R. H. Johnson.

Poco dopo l’alba, un ricognitore S. 79 del 32° Gruppo del 10° Stormo Bombardieri, con pilota e capo equipaggio il capitano Alfredo Castiglioni, rintracciò le navi britanniche, segnalando prima, alle 06.25, il piroscafo Sydney Star e il cacciatorpediniere Nestor e cinque minuti dopo a breve distanza da quelle due navi una forza navale imprecisata, comprendente anche una portaerei, con rotta ovest (180°) a circa 50 miglia ad est di Pantelleria.

In base agli elementi forniti dal ricognitore alle 08.50 decollò da Gerbini un aerosilurante S. 79 della 278a Squadriglia che alle 09.37 attaccò l’attardato Sydney Star, ed il pilota, tenente Mario Spezzaferri, ritenne di averlo colpito, mentre in realtà, avendo lanciato il siluro da eccessiva distanza, non conseguì alcun risultato. In seguito all’attacco, il Nestor lanciò il segnale di soccorso, e ciò convinse il contrammiraglio Syfret a rinforzare la scorta al Sydney Star con l’incrociatore

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Hermione (capitano di vascello Geoffrey Nigel Oliver), staccandolo dal gruppo principale, per assicurare una maggiore protezione al menomato piroscafo, che seguiva una rotta spostata di una decina di miglia verso nord rispetto al convoglio. Ricordiamo che l’Hermione era stato aggregato alla Forza X, distaccandolo dalla Forza H, dopo il siluramento del Manchester, e quindi non aveva bordo truppe e materiali da portare a Malta.

Nel contempo con la partenza degli incrociatori il nucleo principale del convoglio GM.1, con i piroscafi Melbourne Star, City of Pretoria, Port Chalmers, Durham e Deucalion, restò sotto la protezione cacciatorpediniere della 4a Squadriglia Cossack, Sikh, Maori (classe “Tribal”), del Foxhound e del cacciatorpediniere di scorta Farndale.

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Trasporto del siluro per armare un S. 79 della 278a Squadriglia Aerosiluranti. Savoia Marchetti SM.79 “Sparviero” della 278a squadriglia di base a Pantelleria, 1941.

La misura di rinforzare con l’incrociatore la protezione del Sydney Star fu tempestiva, poiché nel frattempo, alle 08.30, era decollata da Trapani, al comando del capitano Raoul Zucconi, una formazione di quattordici bombardieri in picchiata Ju 87 del 101° Gruppo Tuffatori, che fu scortata sull’obiettivo da ventisette caccia Mc. 200 del 7° e 16° Gruppo del 54° Stormo, rispettivamente comandati dal maggiore Alberto Benaforti e dal capitano Luigi Lisardi. Ancora una volta, attaccando a circa 60 miglia a ponente dell’isola di Gozo, fu preso di mira il gruppo del Sydney Star, con gli Ju. 87 che alle 10.02 cominciarono la picchiata per sganciare contro il piroscafo le loro bombe da 500 chili “da distanza molto ravvicinata”, come scrisse l’ammiraglio Somerville. Gli equipaggi italiani, che incontrarono un intenso fuoco di sbarramento, poiché anche il Sydney Star era armato con armi automatiche Bofors da 40 mm, e ritennero di aver colpito il piroscafo con tre bombe affondandolo, e una nave da battaglia con altre due bombe, sulla quale fu vista sollevarsi una colonna di fumo nero

Il risultato fu invece ben diverso, poiché soltanto una bomba cadde a una ventina di metri di distanza dallo scafo del Sydney Star, ed altre ancora arrivarono nelle vicinanze dell’incrociatore Hermione che proteggeva il piroscafo con le sue artiglierie assieme a quelle del Nestor. Le tre navi erano scortate da alcuni Beaufighter del 272° Squadron della RAF, due dei quali, con piloti i tenenti G.L. Campbell e Davidson, superata la scorta dei caccia Mc. 200, che erano meno veloci, riuscirono a colpire tre Ju. 87, di cui uno gravemente. Quest’ultimo, con pilota il sergente maggiore Boneschi, poté ugualmente rientrare in Sicilia, effettuando un atterraggio di fortuna su un greto di un fiume nei pressi di Cattolica Eraclea (Agrigento).59

Nella sua relazione il vice ammiraglio Somerville considerò che “gli attacchi aerei erano stati ben sincronizzati e, nel caso dei bombardieri in picchiata, condotti con molta decisione”.

In un apprezzamento di Superaereo, portato a conoscenza di Supermarina alle 11.35, appariva che le navi britanniche, tra cui una corazzata e una portaerei, stessero dirigendo per Malta suddivise in tre gruppi, ciascuno dei quali manovrando da ponente di Pantelleria e Linosa seguiva rotta verso levante. In effetti, il primo gruppo comprendeva i tre incrociatori del contrammiraglio Syfret, ed era seguito dal nucleo principale del convoglio, che prevedeva il gruppo del Sydney Star.

Nonostante gli errori di valutazione, non essendovi nella Forza X navi da battaglia o portaerei, il Comando dell’Aeronautica della Sicilia decise di continuare gli attacchi contro il convoglio, che si stava avvicinando alla sua destinazione. Pertanto nella tarda mattinata decollarono da Gerbini due aerosiluranti S.79 della 278a Squadriglia, scortati da dodici caccia Mc. 200 del 7° Gruppo, del 54° Stormo, al comando del maggiore Alberto Beneforti. Tuttavia essi non riuscirono a trovare l’obiettivo, a causa delle sfavorevoli condizioni atmosferiche. In particolare per la

59 Christopher Shores, Bryan Cull e Nicola Malizia, Malta: The Hurricane Years 1940-41, Grub Street, Londra, 1987, p. 260; Giuseppe Pesce, 101° Gruppo Tuffatori, S.T.E.M., Mucchi, Modena, 1975, p. 86.

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foschia e nubi basse che aumentarono d’intensità durante il pomeriggio, facendo fallire, per lo stesso motivo, anche l’intervento di dieci bombardieri Br. 20 del 43° Stormo, scortati da ventidue caccia Mc. 200 del 10° Gruppo, e di tre tuffatori Ju. 87 della 238° Squadriglia del 101° Gruppo, a loro volta scortati da dodici caccia Mc. 200 del 16° Gruppo del 54° Stormo.

Bombardieri in picchiata Ju. 87 della 208a Squadriglia del 101° Gruppo di base a Trapani.

Furono questi gli ultimi tentativi di attacco della Regia Aeronautica, dopo di che, alle ore 11.30, gli incrociatori Edinburgh e Arethusa e il posamine veloce Manxman, protetti ad ombrello dai caccia Hurricane della RAF, cominciarono ad entrare nel Grand Harbour, accolti dalle ovazioni della popolazione civile e dai militari della guarnigione di Malta allineati lungo i bastioni, a cui si aggiungevano le dalle note trionfali di una banda militare. In questa situazione di entusiasmo, gli incrociatori furono seguiti alle 14.00 dall’Hermione, Nestor e Sydney Star, che avevano percorso una rotta a nord di Malta. Infine, alle 15.30, sopraggiunsero i piroscafi del convoglio Melbourne Star, City of Pretori, Port Chalmers, Durham e Deucalion che, con i loro cacciatorpediniere di scorta Cossack, Sikh, Maori, Foxhound e Farndale, per entrare nel Grand Harbour avevano seguito una rotta più meridionale.

Il danneggiato Sydney Star fu immesso in bacino per le riparazioni, che concluse il 18 agosto, mentre il suo comandante, capitano Horne, ricevette, a nome

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della Royal Navy, le congratulazioni per la sua “arte marinaresca”, nel portare in salvo la sua nave.60

La partenza da Malta della Forze X per il ricongiungimento con la Forza H e la traversata per Gibilterra del convoglio MG.1

Dopo aver scaricato le truppe ed essersi rifornite di nafta e di acqua, le unità della Forza X iniziarono a lasciare il porto della Valletta alle ore 18.00 del 24 luglio con gli incrociatori Edinburgh e Arethusa e il posamine veloce Manxman, che furono poi seguiti, alle 18.45, dai cacciatorpediniere Cossack, Sikh, Maori, Foxhound e Nestor. Il cacciatorpediniere di scorta Farndale, per una sopraggiunta avaria ai condensatori, dovette restare in porto. Le otto unità della Forza X, che nel lasciare il Grand Harbour, avevano ricevuto cordiali saluti dalla popolazione maltese, dai soldati della guarnigione e dagli equipaggi delle navi mercantili arrivate con il convoglio GM.1, dopo essere state protette durante le ultime luci del giorno dai caccia a lungo raggio Beaufighter del 272° Squadron, percorsero nella notte la stessa rotta seguita dalle sette navi mercantili scariche del convoglio MG. 1 diretto a Gibilterra, di cui parleremo successivamente. Rotta che passava 20 miglia a sud di Pantelleria fino al faro di Kelibia, aggirava Capo Bon, e sempre costeggiando le acque territoriali francesi della Tunisia, proseguiva a sud dell’Isola Zembra per poi dirigere su un punto situato a 10 miglia per 30° dallo Scoglio dei Cani, a nord di Biserta.

Passando a sud di Pantelleria, la Forza X evitò i sommergibili italiani Bandiera e Manara, che non riuscirono a raggiungere la posizione favorevole di lancio, ed eluse la vigilanza delle torpediniere Calliope, Castore e Centauro che, per ordine impartito da Supermarina a Marina Messina, erano salpate da Trapani per effettuare una ricerca a rastrello nelle acque a nord dell’Isola. Inoltre, partendo prima del tramonto dalla Valletta, le unità britanniche evitarono anche l’insidia dei Mas 543 e 544 che nel corso della notte avevano raggiunto una posizione di agguato situata a 5 miglia a levante di Punta Zel Zankor di Malta, con l’appoggio della torpediniera Cigno, che però, prudentemente, aveva ricevuto l’ordine di mantenersi presso le coste della Sicilia nella zona di Capo Passero.

Nel frattempo, dopo essersi separata la sera del 23 luglio dal convoglio GM.1 e dal suo gruppo di scorta, la Forza H del vice ammiraglio Somerville, che era sempre costituita dall’incrociatore da battaglia Renown, dalla corazzata Nelson, dalla portaerei Ark Royal e dai cacciatorpediniere Faulknor, Forester, Fury, Lightning e Duncan, si era spostata da una posizione a nord-ovest di Capo Carbon a sud-ovest della Sardegna, fino a raggiungere, alle 06.15 del 24, un punto (lat. 37°35’N, long. 05°15’E) situato a nord-ovest di Bougie. La preoccupazione maggiore di Somerville era riposta sul danneggiato incrociatore Manchester che procedeva arretrato alla velocità di 11 nodi con la scorta del cacciatorpediniere Avon Vale mentre ancora più

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60 Malta War Diary, in Internet.

indietro seguivano sulla stessa rotta il danneggiato cacciatorpediniere Firedrake trainato dall’Eridge, mentre invece sei dei sette piroscafi scarichi del convoglio MG. 1 si trovavano nelle acque prospicienti l’Isola La Galite.

Allo scopo di rintracciare eventuali forze navali italiane, che avrebbero potuto costituire una minaccia per il Manchester e l’Avon Vale, con il cacciatorpediniere di scorta assolutamente inadatto per affrontare un combattimento navale essendo privo di lanciasiluri e con artiglierie del calibro 102 mm, furono fatti decollare dall’Ark Royal due velivoli Swordfish. Essi si spinsero per nord-est per una profondità di 50 miglia dalla portaerei, avvistando soltanto il Manchester che dirigeva verso ponente leggermente sbandato e lasciandosi dietro una vistosa scia di nafta.

A bordo dell’incrociatore Manchester, in rotta per Gibilterra, l’equipaggio assiste a poppa alle esequie in mare dei caduti nel corso del siluramento, prima che i feretri siano gettati in mare.

Alle 08.16 del 24 luglio un ricognitore italiano fu avvistato a 10 miglia di distanza dalla Forza H. Si trattava di Cant. Z. 506 della 146a Squadriglia Ricognizione Marittima con pilota il sottotenente pilota Giorgio Ciridino e osservatore il capitano di corvetta Dante Summer, e che abbattuto dai caccia Fulmar della portaerei Ark Royal prima che potesse trasmettere l’avvistamento.

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Ritenendo che il Manchester e l’Avon Vale fossero stati avvistati da un altro ricognitore italiano, Somerville continuò ad appoggiare le due navi nella loro rotta verso ponente, soprattutto per dargli protezione aerea. Nello stesso tempo era stato informato dal Comandante del Settore del Nord Atlantico, ammiraglio Dudley North, che da Gibilterra erano salpati i cacciatorpediniere Vimy e Vidette per rinforzare la scorta del Manchester, il ché fece ritenere a Somerville che per l’incrociatore si trovasse ormai fuori dalla possibilità di attacchi aerei, e con tre cacciatorpediniere in formazione in grado di fornirgli una discreta protezione antisom.

Allora, alle 13.45 del 24 luglio, la Forza H accostò nuovamente verso levante per permettere all’Ark Royal di portarsi in una posizione favorevole al lancio durante la notte di sei Swordfish diretti a Malta, destinati a rinforzare il reparto di aerosiluranti dell’isola, l’830° Squadron della FAA; velivoli, che al comando del capitano di vascello William Garthwaite, fino a quel momento erano stati trattenuti precauzionalmente sulla portaerei perché potevano servire per un intervento offensivo contro la flotta italiana. Alle 01.00 del 25 gli Swordfish, che erano dotati di serbatoi supplementari, decollarono dall’Ark Royal in posizione lat. 37°41’N, long. 07°17’E, e atterrarono nell’aeroporto di Hal Far alle prime ore del mattino. Due di questi velivoli disponevano di apparati radar di scoperta navale ASV (Air to Surface Vessel), e si sarebbero dimostrati particolarmente utili nei mesi seguenti guidando, senza siluro a bordo ma con bengala, gli attacchi notturni degli Swordfish contro i convogli dell’Asse diretti in Libia.

I cacciatorpediniere britannici, oltre alle mitragliere da 20 mm in impianti quadrupli o singoli, avevano un complesso quadruplo di mitragliere da 40 mm, OF 2 Mark VIII pom-pom, che consentiva di sviluppare una notevole potenza di fuoco contraereo.

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L’intendimento del vice ammiraglio Somerville, nello spostarsi per levante, era anche quello di riunirsi alla Forza X, verso le ore 07.30 del 25 luglio, in vicinanza dell’Isola Galite. Un’ora dopo l’inversione di rotta furono inviati in volo dall’Ark Royal cinque ricognitori Swordfish, per ricercare eventuali forze navali nemiche per nordest (da 000° a 100°) fino ad una distanza di 90 miglia, ma i velivoli non avvistarono nulla che potesse portare ad una minaccia per il Manchester, che secondo quanto trasmesso dagli aerei lasciava da poppa una grossa scia di nafta e aveva un leggero sbandamento a sinistra.

Per il Manchester sembrò anche presentarsi una minaccia subacquea dal momento che verso le 15.00, quando la scorta dell’incrociatore, fino a quel momento limitata all’Avon Vale era stata rinforzata dai due cacciatorpediniere del Comando del Nord Atlantico partiti da Gibilterra, il Vimy e il Vidette, si verificò un allarme asdic sulla presenza di un sommergibile. In seguito a ciò i cacciatorpediniere effettuarono parecchi attacchi con bombe di profondità senza però ottenere la prova di aver conseguito qualche successo. In realtà la presunta minaccia fu un abbaglio delle unità di scorta, poiché nessun sommergibile italiano si trovava in quella zona di mare.

Sempre durante la giornata del 24 furono anche intercettati segnali di aiuto provenienti dai tre gruppi di piroscafi con convoglio MG.1, in rotta da Malta per Gibilterra, e ciò causò in Somerville una certa preoccupazione.

Vediamo ora come stava procedendo la navigazione del convoglio MG. 1. E descrivere gli attacchi a esso portati dall’Aeronautica della Sardegna.

Salpati dalla Valletta il mattino del 23, i mercantili del convoglio, scortati dal solo cacciatorpediniere Encounter (capitano di corvetta Eric Vernon St. John Morgan), e nel primo giorno di navigazione anche dalla corvetta Gloxinia che poi rientrò a Malta, si erano tenuti uniti fino a poche miglia a levante di Pantelleria, per poi proseguire, tenendosi nelle vicinanze della costa della Tunisia, ripartiti in tre gruppi, suddivisi secondo la velocità massima di quelle navi. Il primo gruppo costituito dal Breconshire e dal Talabot, procedeva a 17 nodi; il secondo con il Termopylae e l’Amerika, a 14 nodi, il terzo con il Settler e la petroliera Høegh Hood, a 12 nodi. Il settimo piroscafo, lo SvenØr (capitano Carster Müller), salpò con ritardo l’indomani, a causa di un incidente sopravvenuto mentre stava uscendo dal porto essendo andato a urtare un frangiflutto della diga foranea, e non poté accodarsi agli altri gruppi.61 Il cacciatorpediniere Encounter, vigilava sul secondo gruppo; gli altri due non possedevano invece alcuna scorta, e rappresentavano pertanto un facile bersaglio per i sommergibili e l’aviazione italiana.

Nel pomeriggio del 24 due pattuglie di bombardieri S. 79 dell’87° e del 30° Gruppo dell’Aeronautica della Sardegna, mandati in ricognizione offensiva armati con bombe da 50 chili, rispettivamente al comando dei tenenti Luigi Vicariotto e

61 I piroscafi Breconshire e Settler erano britannici, l’Amerika danese, il Talabot, Termopylae, SvenØr e la petroliera Høegh Hood, norvegesi,

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***

Antonio Montuori, avvistarono il piroscafo SvenØr e lo attaccarono a ponente di Malta, ma il tiro, da 300 e da 2000 metri di quota, risultò corto. Nel frattempo, per tenere sotto controllo la Forza H e le unità danneggiate in navigazione lungo le coste dell’Africa Settentrionale francese, a iniziare dalle prime luci del giorno 24, avevano preso il volo diversi ricognitori e di essi un S. 79 del 30° Gruppo del 10° Stormo Bombardieri della Sicilia, pilotato dal tenente Giuseppe Bianchini, segnalò alle 06.30 il danneggiato cacciatorpediniere Firedrake scortato dall’Eridge, a 20 miglia a nord di Capo Blanc. Successivamente, alle 09.40 un Cant. Z. 506 della 287a Squadriglia della Ricognizione Marittima di Elmas avvistò i due cacciatorpediniere, segnalandoli come trattarsi di incrociatori da 10.000 tonnellate, e successivamente, alle 10.10, individuò i piroscafi Termopylae e Amerika.

Il modesto cacciatorpediniere Encounter, l’unica nave britannica assegnata alla scorta dei sette piroscafi del convoglio MG. 1, partito il 23 luglio da Malta per Gibilterra.

Al rientro alla base i piloti dei due S. 79 riferirono che le navi attaccate, ritenute un piroscafo e una petroliera, già avvistate alle 09.40 dal ricognitore della 278a Squadriglia in lat. 37°30’N, long. O9°50’E, avevano bandiera italiana e portavano anche segni distintivi italiani in coperta e a prora. Martina Cagliari informata, alle 14.15 richiese per telefono a Supermarina di avere conferma che non si trattasse di navi nazionali, poiché l’Aeronautica della Sardegna era pronta a intervenire con un gruppo da bombardamento. Supermarina rispose che quelle due

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navi non potevano essere italiane, non essendovi in quella zona piroscafi o petroliere, tantomeno che possedessero una velocità di 14 nodi, come era stato segnalato dagli aerei. L’unica nave nazionale in zona era la nave ospedale Sorrento salpata da Cagliari per prestare soccorso agli equipaggi degli aerei abbattuti nelle azioni del giorno 23 luglio. Ragion per cui Supermarina, alle 14.30, informò Superaereo di volere informare l’Aeronautica della Sardegna di attaccare le navi lungo le coste africane, “anche se portavano bandiera e distintivi italiani”.62 Sulla base delle segnalazioni ricevute da parte dei ricognitori che mantenevano il contatto con le navi mercantili nemiche, e sulla segnalazione di Superaereo, “I piroscafi avvistati con bandiera e distintivi italiani non dico non sono italiani. Potete attaccarli”,63 il Comando dell’Aeronautica della Sardegna prese i seguenti provvedimenti: fece decollare da Decimomannu tredici bombardieri S. 79 del 32° Stormo e da Elmas tre aerosiluranti S. 79 della 280a Squadriglia per attaccare il gruppo dei piroscafi, e inviò otto bombardieri Cant. Z. 1007 bis del 51° Gruppo, decollati da Alghero, a attaccare i due cacciatorpediniere. Infine, poiché i ricognitori avevano confermato la presenza di almeno quattro gruppi di navi dirette a ponente, alle 15.50 decollarono altri nove bombardieri S. 79 del 32° Stormo, diretti contro i piroscafi, seguiti da tre aerosiluranti S. 79 della 280a Squadriglia.

Gli S. 79 dell’89° Gruppo del 32° Stormo (colonnello Leonello Leone), ridotti a sette per il mancato decollo a Decimomannu di uno dei velivoli, raggiunsero il gruppo dei piroscafi intorno alle 12.30, ma lo sganciò in quota delle bombe, cadute tra l’Amerika e Thermopylae, risulto impreciso a causa della cattiva visibilità essendovi nubi basse. Le stesse navi britanniche furono poi avvistate dai tre aerosiluranti S. 79 della 280a Squadriglia, che attaccarono sotto forte reazione contraerea. Uno degli S. 79 fu colpito ad un motore, ma riuscì a rientrare alla base. Un altro S. 79 con pilota il tenente Mario Anselmi, attaccò con decisione uno dei due piroscafi e l’equipaggio ritenne di averlo colpito a prora, mentre in realtà mancò il bersaglio.

Soltanto una squadriglia di quattro bombardieri Cant Z. 1007 bis del 51° Gruppo riuscì alle 13.30 a individuare e attaccare il primo gruppo di piroscafi, ma il tiro, cadendo tra il Talabot e il Breconshire, fu reso impreciso dal difettoso funzionamento del dispositivo di sgancio delle bombe del capo formazione. Quanto ai cinque S. 79 del 38° Gruppo, a causa di incidenti avvenuti alla partenza dei velivoli a Decimomannu, poté prendere il volo soltanto l’S. 79 del comandante, maggiore Tommaso Folinea, che anch’esso attaccò decisamente il primo gruppo di piroscafi, sganciando le bombe che contro il Breconshire che, come riferì il vice ammiraglio

Somerville, “fu mancato di poco”.64

62 AUSMM, Scontri navali e operazioni di guerra”, cartella n. 33. 63 Ibiden.

64 J.F. Somerville, “Operation Substance”, cit.

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Lo sgancio delle bombe da un bombardiere Cant. Z. 1007 bis.

Per ultimi attaccarono, con partenza da Decimomannu, i nove bombardieri S.79 del 32° Stormo, seguiti dai tre aerosiluranti S. 79 della 280a Squadriglia. I bombardieri erano ripartiti in tre pattuglie, due delle quali attaccarono i due piroscafi del primo gruppo, Breconshire e Talabot; ma le bombe caddero tra le due navi, che erano scortate dal cacciatorpediniere Encounter. il quale, avendo abbandonato, alle 14.30, il secondo gruppo di piroscafi per raggiungere il primo gruppo che aveva trasmesso un segnale di aiuto, navigando alla velocità di 28 nodi. Attaccato dalla terza pattuglia di tre S. 79 l’Encounteur a sua volta non fu colpito.

Furono più fortunati i 3 aerosiluranti S. 79 della 280a Squadriglia, che verso le 17.30 del 24 luglio attaccarono a nord dell’Isola Galite il terzo gruppo di piroscafi. Il capitano Amedeo Moioli e il tenente Ugo Rivoli, che rispettivamente avevano come ufficiali osservatori i tenenti di vascello Ducci e Giulio Conti, diressero contro una petroliera stimata di 15.000 tonnellate e battente bandiera italiana, e sostennero di averla colpita con due siluri in lat. 37°20’N, long. 07°30’E e poi vista sbandare e sommergersi lentamente di prua.65 In realtà fu colpita da un siluro a prora, nella stiva n. 1, la petroliera norvegese Høegh Hood (capitano Gustav Saanum), di 9351 tsl, che però, pur avendo un grosso squarcio sul fianco,navigando a velocità ridotta raggiunse

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65
AUSA, Diario Storico della 280a Squadriglia Aerosiluranti 1941”, vol. n. 602.

Gibilterra per poi, dopo lavori sommari, trasferirsi per le riparazioni definitive a Galveston, nel Texas.

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Un velivolo S. 79 della 280a Squadriglia del 130° Gruppo Aerosiluranti in volo nel Mediterraneo diretto alla ricerca delle navi nemiche. La motgonave norvegese Høegh Hood, che il 24 luglio 1941 fu colpita dagli S. 79 del capitano Majoli e tenente Rivoli, della 280a Squadriglia A.S.

Considerando il numero delle navi mercantili del convoglio MG. 1 che avevano intrapreso la navigazione da Malta a Gibilterra, e che erano senza adeguata protezione essendo armate soltanto da qualche mitragliera, le azioni della Regia Aeronautica nella giornata del 24 luglio furono particolarmente deludenti, in particolare con il bombardamento ad alta quota risultato ancora una volta inconcludente contro unità manovriere, e che furono impiegati dal Comando dell’Aeronautica della Sardegna perché la ricognizione aerea continuò a segnalare, per la protezione dei gruppi di piroscafi, la presenza di incrociatori e cacciatorpediniere assolutamente inesistenti. Per lo stesso motivo, anche le azioni degli aerosiluranti peccarono alquanto d’indecisione, tanto che l’unico risultato conseguito fu limitato al danneggiamento della petroliera Høegh Hood.

Tornando ai movimenti della Forza H, alle 01.30 del 24 luglio il vice ammiraglio Somerville ordinò di accostare verso ponente per due ore e ritornò quindi verso levante per incontrare la Forza X. Il tempo che trascorse, fino alle ore 08.15, quando i due gruppi si riunirono a 26 miglia a nord-ovest dell’Isola La Galite, fu carico di tensione, come annotò lo stesso Somerville nella sua relazione.

Dapprima per un allarme generato da un lampo di luce verso nord-est individuato alle ore 05.12, che fu ritenuto fosse di un sommergibile intento a far segnali per guidare gli aerei, costrinse a far decollare dall’Ark Royal uno Swordish munito di bombe di profondità, mentre poi fu constatato che si trattava della nave ospedale italiana Sorrento, che fu ritenuto essere stata inviata alla ricerca degli equipaggi degli aerei abbattuti durante gli attacchi alle navi britanniche, come in effetto era. Poi, alle 05.56, per la necessità di realizzare con tre Swordfish una ricognizione verso levante per essere certi che fra la Forza H e la Forza X non vi fossero forze navali nemiche, che i velivoli non avvistarono, non essendo presenti navi italiane nella zona esplorata, in cui la visibilità era di 10 – 15 miglia. Alle 06.15 fu fatta decollare una prima pattuglia di caccia Fulmar, per intercettare i ricognitori italiani, che però non poterono raggiungere un avvistato idrovolante Cant. Z. 506 (come vedremo era della 146a Squadriglia della Ricognizione Marittima) per le cattive condizioni di visibilità specie verso il sole.

La presenza dell’idrovolante indicava che anche nella giornata del 25 luglio gli italiani stavano seguendo le mosse della Forza H. Alle 07.40, con sollievo per Somerville, furono avvistati dagli aerei dell’Ark Royal, a 22 miglia a sud est del Renown, gli incrociatori della Forza X, seguiti alla distanza di 6 miglia dai cacciatorpediniere. Infine, dopo il ricongiungimento avvenuto alle 08.15, l’intero complesso navale diresse verso ponente per rientrare a Gibilterra a buona velocità, che però non poteva superare i 23 nodi, essendo la massima velocità sostenibile della corazzata Nelson. A ciò si aggiungeva il ritardo causato alle navi dalle variazioni di rotta ogni qualvolta fu necessario permettere all’Ark Royal di lanciare o far atterrare gli aerei, anche a causa del disturbo causato alle operazioni di volo della portaerei di una leggera brezza che arrivava da est-sud-est.

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***

Uno Swordsh con compiti anrisommergibili in decollo dall’Ark Royal e un altro in fase di atterraggio sulla portaerei.

Da parte italiana, durante la notte Superaereo aveva impartito al Comando dell’Aeronautica della Sardegna gli ordini per le ricognizioni strategiche, che ebbero inizio alle prime luci del giorno con la partenza di tre idrovolanti Cant. Z. 506 della Ricognizione Marittima della Sardegna. I primi avvistamenti si verificarono tra le 07.00 e le 07.15 per opera di due velivoli della 287a e della 146a Squadriglia, con piloti i sottotenenti Gaetano del Vento ee Gaetano Toschi, e con ufficiali osservatori i sottotenenti di vascello Francesco Mucignato e Arnaldo Pannaria. Il primo velivolo individuo i tre incrociatori della Forza X, mentre il secondo, che riuscì a sottrarsi all’attacco di caccia Fulmar che, come detto, tentarono vanamente di intercettarlo, riuscì ad avvistare anch’esso la Forza X e poco dopo anche la Forza H, non ancora ricongiuntesi.

Per sottrarsi all’inseguimento dei Fulmar dell’Ark Royal i due Cant. Z. 506 entrarono in acque territoriali francesi, dove furono minacciosamente avvicinati da caccia francesi Dewoitine 520, scambiati per la sagoma per Hurricane. Il velivolo della 146a Squadriglia, fu costretto ad ammarare nel porto di Biserta, mentre quello della 287a Squadriglia, avendo visto l’altro idrovolante scendere in mare, nell’avvicinarsi per controllare, fu anch’esso costretto ad ammarare dai caccia francesi, contri i quali aveva aperto il fuoco con la mitragliatrice ritenendoli

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britannici. Entrambi i piloti dei Cant. Z. 506, dopo aver discusso con le autorità francesi, furono autorizzati ripartire dal comandante della Capitaneria di porto. Non fu altrettanto fortunato il terzo Cant. Z. 506, della 287a Squadriglia (tenente pilota Giacinto Schicchi – osservatore sottotenente di vascello Antonio Metallo), che fu attaccato da tre Fulmar dell’807° Squadron. Dopo essersi difeso strenuamente con le mitragliere, riuscendo ad abbattere il Fulmar pilotato dal sottotenente di vascello K.G. Grant, l’idrovolante fu poi a sua volta colpito e costretto ad ammarare dagli altri due caccia, con pilota il tenente di vascello N.G. Hallet e G.C. McE. Guthrie. Il tenente Schicchi e altri tre superstiti del Cant. Z. 506 furono raccolti dal cacciatorpediniere Foxhound (capitano di corvetta Geoffrey Hendley Peters) e portati a Gibilterra.

Ricevute dai Cant. Z. 506 le segnalazioni sulle unità della Forza H e della Forza X il Comando dell’Aeronautica della Sardegna decise di effettuare un ultimo attacco impiegando, per la indisponibilità di aerosiluranti, che avevano esaurito le scorte dei siluri, soltanto una formazione di dieci bombardieri S. 79 del 32° Stormo, che tuttavia si ridussero a otto, poiché proprio i velivoli dei comandanti dell’89° e del 38° Gruppo, non poterono decollare per noie ai motori. Inoltre gli otto velivoli dovettero andare sull’obiettivo senza scorta, costituita da dodici caccia G.50 del 24° Gruppo che furono costretti a rientrare alla base per raggiunto limite di autonomia.

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Caccia Fulmar dell’807° Squadron della portaerei Ark Royal in volo di vigilanza sopra le navi di un convoglio.

L’avvicinamento degli S. 79 fu scoperto alle 10.35 dai radar delle navi britanniche ad una distanza di 69 miglia sul rilevamento 080°, ed immediatamente dall’Ark Royal fu ordinato ai quattro caccia che erano in volo di intercettarli, mentre altri quattro Fulmar, tenuti pronti allineati sul ponte di volo, decollarono dalla portaerei. Pertanto, quando i bombardieri raggiunsero la Forza H trovarono ad accoglierli dieci caccia Fulmar, che attaccarono con grande decisione colpirono diversi S. 79, abbattendo in fiamme un velivolo dell’89° Gruppo con pilota il sottotenente Giovanni Birocchi. Ma i mitraglieri italiani si fecero onore ed ebbero la soddisfazione di abbattere due Fulmar dell’808° Squadron, con piloti il sottotenente di vascello R.C. Cockburn e il tenente di vascello A.T.J. Kindersley.66 Cokburn e il suo mitragliere, sottufficiale W.E. Cuttriss, furono recuperati dal cacciatorpediniere Nestor, mentre il Fulmar di Kindersley e del suo mitragliere, sottufficiale F.A. Barnes, fu visto dal cacciatorpediniere Sikh precipitare a grande velocità verticalmente in mare. Non vi furono superstiti. Tuttavia, ancora una volta le bombe sganciate dagli S. 79 non raggiunsero il bersaglio, cadendo tutte lontane dalle navi dislocate sul fianco sinistro della formazione britannica.

“Nessun altro attacco fu tentato dal nemico”,67 sostenne Sommerville nella sua relazione, ma ciò non fu dovuto a scarsa volontà offensiva della Regia Aeronautica, bensì al fatto che gli aerosiluranti della Sardegna poterono essere riarmati soltanto nel tardo pomeriggio di quel giorno 25, con sei siluri arrivati dalla penisola a bordo di due velivoli da trasporto S. 82. Ogni altra possibilità di azione fu sospesa per l’oscurità, e quando l’indomani i velivoli della ricognizione tornarono in volo non avvistarono nulla, dal momento che le navi britanniche stavano rientrando a Gibilterra, comprese quelle danneggiate.

Abbiamo visto come nel pomeriggio del 24 luglio il Manchester fosse stato raggiunto dai cacciatorpediniere a disposizione del Comando del Nord Atlantico Vimy e Vidette, a cui in un secondo tempo si aggiunse il Wishart, e per assistenza il rimorchiatore St. Day, anch’essi provenienti da Gibilterra. Ciò permise all’Avon Vale di staccarsi dall’incrociatore danneggiato per raggiungere il malconcio Firedrake che, sempre trainato dall’Eridge, alle 16.10 rassicurò Somerville facendogli conoscere di trovarsi a nord-ovest di Bougie e che stava dirigendo con rotta ovest alla velocità di 9 nodi, il che significava per il Comandante della Forza H di valutare che il Firedrake sarebbe giunto a Gibilterra intorno alle 17.00 del 27. Allora Somerville preferì mandare avanti il Forester per sbarcare a Gibilterra i superstiti dell’affondato Fearless, e poiché nessuna nave aveva richiesto il rifornimento, chiese al Comandante del Settore del Nord Atlantico, vice ammiraglio North, di far tornare a Gibilterra la cisterna Brown Ranger, sempre scortata dal cacciatorpediniere Beverley. Il Manchester e i suoi tre cacciatorpediniere di scorta arrivarono a Gibilterra alle 02.09 del 26 luglio, precedendo i tre gruppi di piroscafi del convoglio MG. 1, che entrarono in porto fra l’alba del 26 e le 01.00 del 27. Le Forze H e X riunite e il

66 Ricordiamo che per I combattimenti aerei i testi base, oltre ai diari delle Squadriglie, dei Gruppi e degli Stormi della Regia Aeronautica, importante è anche l’opera di Christopher Shores, Bryan Cull e Nicola Malizia, Malta: The Hurricane Years 1940-41.

67 J.F. Somerville, Operation Substance, cit.

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danneggiato Firedrake, giunsero a Gibilterra nel corso della giornata del 27, mentre per ultimo arrivo l’isolato piroscafo SvenØr, alle 05.00 del 28 luglio.

Il 13 settembre il Manchester e il Firedrake salparono insieme da Gibilterra per le riparazioni in cantieri statunitensi, via Inghilterra, e furono scortati in Atlantico dal solo cacciatorpediniere Heythrop fino al 25° meridiano ovest. Il Firedrake rimase fuori servizio fino al gennaio 1942, il Manchester fino al mese di al maggio, per poi essere affondato il successivo 13 agosto 1942 a sud di Capo Bon, dalla motosilurante italiana MS.22 del tenente di vascello Franco Mezzadra, durante la grande operazione Pedestal.68

Nella cartina, disegnata da Loretta Mattesini su originale della Historical Section Adiralty, è riportata anche la dislocazione dei sommergibili italiani e britannici: quadratini neri e bianchi.

Considerazioni dei protagonisti

Sull’esito positivo dell’operazione britannica, che riuscì a portare a destinazione ben tredici piroscafi dei convogli GM. 1 e MG. 1, con 59.000 tonnellate

68 Francesco Mattesini, La battaglia aeronavale di Mezzo Agosto, Edizioni dell’Ateneo, Roma, 1985. Francesco Mattesini, Operation Pedestal, La battaglia aeronavale di mezzo agosto, Collana SISM e Accademia Edu, in Internet.

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di rifornimenti sbarcati alla Valletta, senza riportare alcuna perdita, il capitano di vascello Stephen Roskill ha scritto:69

Il completo successo dell’operazione superò le più ottimistiche speranze. Un’impresa così rischiosa poteva implicare delle perdite, ma soltanto un cacciatorpediniere fu in realtà affondato, mentre quasi tutti i carichi destinati a Malta e tutti i rinforzi, eccetto quelli lasciati indietro con il LEINSTER, erano stati consegnati senza incidenti. Il piano era stato intelligentemente progettato e brillantemente eseguito. Ebbero efficacia tutte le misure ingannevoli e diversive e il nemico, sebbene fosse certamente a conoscenza che era in corso un grosso movimento, fu tenuto in stato di incertezza circa le nostre precise intenzioni fino a che fu troppo tardi per intervenire con decisione.

In effetti una delle più grosse lacune rilevate dai comandi italiani in questa operazione, fu rappresentata dalle difficoltà di poter interpretare, con una certa sicurezza, le intenzioni del nemico. L’Ufficio Informazioni Estere di Maristat ancora alle 08.00 del 25 luglio, mentre la Mediterranean Fleet era già rientrata ad Alessandria, diramando con messaggio n. 17665 il proprio apprezzamento della situazione, sosteneva che nella Forza H vi erano due navi portaerei – una delle quali, assieme ad una corazzata del tipo “Nelson”, si era probabilmente congiunta alla Mediterranean Fleet – e che la stessa Mediterranean Fleet aveva probabilmente assunto la scorta del convoglio proveniente da Gibilterra, prelevandolo nelle acque di Malta. Data la grande vigilanza che era esercitata in tutto il Mediterraneo dalla ricognizione dell’Asse, realizzata con ottime condizioni atmosferiche, e la presenza di sommergibili in zone focali, questa mediocre valutazione del Servizio Informazioni della Regia Marina, da taluni ancora oggi particolarmente elogiato, ha dell’incredibile.

Nel tirare le sue conclusioni, in cui non lesinava elogi al comportamento tenuto dalle navi da guerra e mercantili per l’alto grado di efficienza dimostrato nel corso degli attacchi aerei italiani, sebbene molte di esse non avessero mai fino ad allora operato in formazione e alcune fossero in armamento soltanto da poco tempo, Syfret in particolare si dimostrò entusiasta dall’eccezionale difesa offerta dai caccia Fulmar della portaerei Ark Royal, e non tralasciò apprezzamento anche ai sommergibili,70 l’Ammiragliato britannico, consultata la relazione del vice

69 S.W. Roskill, The War ad Sea 1939-1945, vol. I, Londra, HMSO, 1954, p. 523.

70 Il Comandante della Forza H elogiò l’attività dei sommergibili britannici, sostenendo che la riuscita dell’Operazione Substance, fosse stata anche per il merito del lavoro da essi compiuto che, denunciando la loro presenza davanti ai principali porti italiani, avrebbero costretto la flotta avversaria a non avventurarsi in mare. Dai sommergibili si ebbero alcuni attacchi contro navi italiane: nei giorni critici dell’operazione Substance, il 24 luglio L’Upholder (tenente di vascello M.D. Wanklyn) danneggiò con un siluro la petroliera Dandolo presso l’Isola Marettimo, ma la nave poté raggiungere Trapani. L’Upright (tenente di vascello J.S. Wraith), che si trovava a sud dello Stretto di Messina, colpì il bacino balleggiante CO 22, che si stava spostando da Taranto a Palermo e lo colpì con un siluro all’altezza di Capo dell’Armi, costringendolo a rientrare a Taranto. L’Olympus dopo due tentativi a vuoto, il 28 luglio riuscì ad affondare il piccolo piroscafo

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ammiraglio Somerville, nel giudicare l’efficienza offensiva degli aerei della Regia Aeronautica scrisse che il contrammiraglio Syfret, comandante della Forza X, aveva fatto le seguenti osservazioni, poco lusinghiere per gli aerosiluranti italiani che pure avevano colpito tre volte, ed era la prima volta che accadeva nel corso di un’operazione navale britannica: 71

Il bombardamento italiano ad alta quota è accurato, a meno che la formazione aerea non sia dispersa dai caccia.

Gli aerosiluranti italiani non affrontano un deciso sbarramento; essi usano i loro siluri regolati a lunga e media distanza.

Da parte italiana, nel pomeriggio del 25 luglio, poco dopo che si erano concluse le azioni aeree del 32° Stormo contro le navi britanniche rientranti a Gibilterra, il generale Pricolo si recò in volo in Sardegna e, visitando gli aeroporti sede di schieramento dei reparti, elogiò personalmente il comportamento tenuto nella battaglia dagli equipaggi di volo. Nello stesso tempo il Bollettino di guerra, basandosi anche su informazioni inesatte giunte dalla Spagna sui danni riportati dalle navi britanniche, esaltò e ampliò a dismisura i successi ottenuti dall’Arma aerea, i cui risultati, pur essendo indubbiamente i migliori conseguiti fino a quel momento dalla Regia Aeronautica in una singola operazione sul mare, erano però molto al disotto di quelli dichiarati. Secondo i rapporti dei Comandi dell’Aeronautica della Sardegna e della Sicilia, furono considerate affondate col siluro una nave portaerei e tre incrociatori, e affondati quattro piroscafi e una petroliera, mentre le bombe avrebbero causato l’affondamento di un piroscafo e il danneggiamento di una corazzata, un incrociatore pesante, un cacciatorpediniere e un piroscafo. Inoltre nei combattimenti aerei risultavano abbattuti tredici velivoli e altri tre probabili. Il tutto conseguito con la perdita di otto velivoli (due Cant. Z. 506, quattro S. 79 e due Mc. 200), su un totale di 416 aerei impiegati tra il 22 e il 25 luglio 1941.

Le perdite reali causate ai britannici furono rappresentate dall’affondamento del cacciatorpediniere Fearless, dal danneggiamento dell’incrociatore Manchester e della petroliera Hoog Hood ad opera degli aerosiluranti, dal danneggiamento del cacciatorpediniere Firedrake per attacco dei bombardieri, e dall’abbattimento, nella difesa del convoglio, di sei caccia Fulmar della portaerei Ark Royal e di un Beaufighter della RAF di Malta. A essi si aggiunsero le perdite

Monteponi (747 tsl), sulle coste orientali della Sardegna, ma ricercato e attaccato dagli aerei dell’isola fu gravemente danneggiato dalla concussione delle bombe cadute vicino allo scafo, sganciate da un idro Cant. Z. 501 della 182a Squadriglia Ricognizione Marittima, pilotato dal maresciallo Arsieri. Il sommergibile fu costretto a rientrare a Gibilterra, dove per le riparazioni resto sei settimane in bacino.

71AUSMM, Scambio notizie con Ammiragliato britannico, cartella n. 1. * Il vice ammiraglio Somerville ebbe anche parole di ringraziamento per i Comandanti della RAF di Gibilterra (200° Gruppo) e di Malta, i quali sostenne “dettero la più efficiente cooperazione aerea che contribuì in non minor misura al successo dell’operazione”.

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di un bombardiere Blenheim, durante l’attacco all’aeroporto di Chinisia, e di due velivoli Swordfish, uno dell’Ark Royal e uno della FAA di Malta, finiti in mare per guasti meccanici. Infine andarono perduti due caccia Martlet costretti ad ammarare nel Mediterraneo orientale per esaurimento del carburante. In totale si trattava di dodici aerei, il che significava che le perdite britanniche, sia nell’operazione principale che in quella diversiva, erano state superiori alle perdite riportate dalla Regia Aeronautica.

Tuttavia, considerando i modesti risultati conseguiti rispetto a quelli all’epoca dichiarati, il generale Santoro ha scritto che “i piloti della nostra aviazione dettero prova, in fatto di piroscafi, di un’immaginazione estremamente fervida, che però era uguagliata, se non superata soltanto da quella dei piloti dell’aviazione britannica” per “l’abbattimento di nostri velivoli”.72

Quanto alla Regia Marina, essa, secondo quanto sostenne l’ammiraglio Iachino, rimase alquanto demoralizzata dal nuovo mancato impiego della Flotta, e la delusione degli equipaggi non poteva essere mitigata dalle azioni dei Mas dei comandanti Forza e Pascolini, che avevano portato al siluramento del piroscafo Sydney Star, ricevendone elogi tra cui quello di Benito Mussolini.73 Per cui l’ammiraglio Iachino, dovendo risollevare il morale della Marina scosso anche per l’insuccesso dei mezzi d’assalto nel forzamento del porto della Valletta nella notte dal 25 al 26 luglio (Operazione Malta 2), il cui intendimento era quello di distruggere i piroscafi della Substance appena arrivati, prospettò al Capo di Stato Maggiore della Marina “la necessità di non far rimanere più inattive le nostre forze navali in occasione di altri eventuali passaggi di convogli britannici in Mediterraneo, ad evitare che gli animi si deprimessero eccessivamente perdendo la propria combattività”.

72 Sebbene i piloti britannici avessero dichiarato un numero di abbattimenti superiore a quello realmente ottenuto, l’affermazione del generale Santoro si basa su una nota apposta dall’Ammiragliato sul rapporto di Somerville, pubblicato da The London Gazette, in cui per un evidente errore, che si riferiva a un azione del 30 luglio contro l’aeroporto di Elmas, nel corso della successiva operazione Style, é scritto: “I Beaufighter dettero un importante contributo alla sicurezza del convoglio operando sulla Sardegna ove distrussero 52 bimotori nemici sul terreno danneggiandone altri 34”. In realtà causarono danni limitatissimi a 13 aerei italiani in parcheggio sul campo di volo e nel vicino idroscalo.

73 Angelo Iachino, Operazione mezzo giugno, Mondadori, Milano, 1955, p. 169-170.

74 Il mattino del 26 luglio – nel tentativo di colpire i piroscafi giunti a Malta con il convoglio dell’operazione Substance – si svolse contro il porto di La Valletta (operazione Malta 2), un attacco sfortunato, in cui si sacrificarono gli operatori di otto barchini esplosivi della X Flottiglia Mas. A questa cocente e dolorosa delusione seguì, il 20 settembre, l’entusiasmante successo di Gibilterra. Esso fu realizzato da tre siluri a lenta corsa (LSC), i famosi maiali, trasportati in prossimità dell’entrata del porto britannico dal sommergibile Scire, comandato dal capitano di corvetta Junio Valerio Borghese. La missione portò all’affondamento del piroscafo Fiona Shell, determinato dalla carica esplosiva dell’LSC 210 (tenente di vascello Amedeo Vesco), e al danneggiamento della cisterna militare Dembydale e della motonave Durham, realizzati dagli LSC 220 (tenente di vascello Lido Visintini) e LSC 140 (tenente di vascello Decio Catalano).

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74

L’operazione “Style” (Stile)

Sebbene, nel complesso, l’operazione Substance fosse completamente riuscita con l’arrivo a Malta del convoglio MG.1 al completo e con perdite sopportabili nelle unità di scorta, a Gibilterra vi erano ancora 1.800 soldati, e in particolare gli avieri delle squadre di manutenzione della RAF, inizialmente imbarcati sull’incagliato trasporto truppe Leinster. Dal momento che quegli uomini dovevano essere trasportati a Malta con una certa urgenza, l’Ammiragliato britannico, dovendo escludere la possibilità di condurre a destinazione tanta gente con i sommergibili dell’8a Flottiglia di Gibilterra, decise di impiegare nuovamente la Forza X, che nell’occasione fu costituita dagli incrociatori Hermione (capitano di vascello Geoffrey Nigel Oliver) e Arethusa, dal posamine veloce Manxman e dai cacciatorpediniere di squadra Sikh e Lightning Quest’ultimo, quest’ultimo moderna unità della classe “L”, armato con i sei cannoni da 120 mm ad alta elevazione e cadenza di tiro, non aveva partecipato alla Substance.

La nuova operazione, denominata Style, ebbe inizio il 30 luglio, con la partenza da Gibilterra di quelle cinque navi, che complessivamente trasportavano

1.750 uomini e 130 tonnellate di rifornimenti. Per coprire, con una diversione, il movimento della Forza X nella navigazione di andata e in quella di ritorno da Malta, la Forza H del vice ammiraglio James Sonerville riprese il mare da Gibilterra, costituita dalla corazzata Nelson (nave ammiraglia), dall’incrociatore da battaglia Renown, dalla portaerei Ark Royal e dai cacciatorpediniere Cossack, Maori, Nestor, Faulknor, Fury, Foresight, Forester, Foxhound, Encounter e Eridge. Per il rifornimento in mare delle unità che ne avessero bisogno uscì la Forza S, con la solita petroliera di squadra Browne Ranger scortata dal solitario cacciatorpediniere Avon Vale, che poi al ritorno fu sostituito dall’Eridge. 75

La Forza H diresse inizialmente a nord delle coste delle Isole Baleari per poi creare una diversione verso la Sardegna, consistente nel bombardamento di Alghero e del vicino aeroporto di Fertilia, ove era dislocato il 51° Gruppo da Bombardamento con velivoli Cant. Z. 1007 bis. Ciò avvenne da parte dei cacciatorpediniere di squadra

75 Sebbene restando in porto la Marina italiana non combattesse come era desiderato dai comandanti e dagli equipaggi, pure la sua tattica di Fleet in being (flotta in potenza), anche se consisteva semplicemente per farsi vedere in mare dal nemico, tante volte criticata in Italia, era ugualmente efficace, perche costringeva l’avversario a salpare con forze imponente in ogni operazione navale che dovesse pianificare e sviluppare, andando incontro a rischi e perdite, oltre al logorio delle navi. Però nel caso dei rifornimenti di Malta, anche quando l’isola si trovò in condizioni disperate e la Regia Marina aveva forse ben superiori a quelle del nemico, questa tattica rinunciataria era deleteria e, per molti versi, incomprensibile. Si è parlato spesso di tradimento all’interno di Supermarina, mentre, invece, si trattava soltanto di eccessiva prudenza, da parte di personaggi non all’altezza del compito affidatogli, che rasentava la paura, e che intendevano risparmiare le navi, facendo fare agli altri (vedi i tedeschi) quello che spettava a loro. E’ nota la diatriba, a volte violenta nell’immediato dopoguerra, con l’Aeronautica, che raggiunse il suo culmine nel corso del fallito contrasto all’operazione britannica “Halbertd” del settembre 1941.

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della 4a Flottiglia Cossack e Maori e con il decollo dalla portaerei Ark Royal di nove velivoli Swordfish armati con bombe.76

1 luglio 19 1, all’inizio dell’operazione Tiger . La Ark Royal in navigazione con la Forza H ripresa da un a iatorpediniere tipo Tri al assegnato alla s orta della portaerei.

La partenza delle forze navali britanniche da Gibilterra, individuata dagli informatori dell’Asse alle 07.00 del 30 luglio, giunse a Supermarina nel pomeriggio, alle 17.30, quando già da alcuni giorni si era venuto a creare uno stato di allerta, causato dall’intercettazione di un notevole traffico radiotelegrafico di carattere operativo. Esso fu accompagnato dalla presenza di ricognitori nemici nel Basso Tirreno e nel Golfo di Taranto e da frequenti attacchi aerei sugli aeroporti della Sicilia e della Sardegna, portati dall’aviazione di Malta.

Come abbiamo accennato nella nota n. 72, l’azione più spettacolare della RAF si verificò alle 12.30 del 30 luglio quando sei caccia a lungo raggio Beaufighter del 272° Squadron, al comando del maggiore A.W. Fletcher, piombarono di sorpresa sull’aeroporto di Elmas e mitragliando a bassa quota nel campo di volo e nel vicino idroscalo gli aerei italiani parcheggiati colpirono gravemente un idrovolante Cant. Z. 506 e un aerosilurante S. 79, e causarono danni più leggeri a un altro S. 79, a sette Cant. Z. 506, a due Cant. Z. 501 e a un Ca. 311. Ma, esageratamente, gli equipaggi dei Beaufighter, rientrati trionfalmente a Malta, sostennero di aver distrutto ben cinquantadue bimotori e danneggiati altri trentaquattro. Praticamente era come se avessero annientato più della metà dei velivoli dell’Aeronautica della Sardegna, che

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76 Section Historic Admiralty, Mediterranean, vol. II, cit., p. 152-153.

era poi lo scopo programmato per menomare il maggior numero possibile che potevano attaccare le navi del contrammiraglio Syfret.

Una sezione di Beaufigther del 272° Squadron, di base in Egitto ma che all’occorrenza operava anche da Malta.

In seguito al previsto spostamento della Forza H verso levante e ritenendo possibile fosse in corso un’operazione in concomitanza con la Mediterranean Fleet, dal momento che un’unità di quella squadra navale fu rilevata per radiogoniometro alle 17.45 a circa 60 miglia per 350° da Marsa Matruch, Supermarina dispose la sospensione del traffico navale nel Mediterraneo centrale; mise in stato di allarme le difese fisse e mobili lungo le coste del Tirreno, della Liguria, della Sicilia e della Sardegna; concentrò a Trapani e a Pantelleria tredici Mas, che si trovavano efficienti nella zona del Canale di Sicilia, per effettuare in quelle acque rastrelli notturni; appronto le sei torpediniere disponibili a Trapani, Pallade, Castore, Circe, Calliope, Cigno e Centauro; inviò in agguato dieci sommergibili: Alagi, Diastro e Serpente a sud ovest della Sardegna, Bandiera, Manara, Tembien e Settimo tra Pantelleria e Malta, e Colonna, H-1 e H-4 nel Golfo di Genova. Infine, a scopo precauzionale dispose di realizzare ampie esplorazioni aeree nel Mediterraneo occidentale a partire dall’alba del 31 luglio con velivoli della Ricognizione Marittima in collaborazione con quelli di Armera, ossia l’Armata Aerea della Regia Aeronautica. 77

Alle 02.00 del 31 luglio la Forza H fu localizzata con intercettazioni radiogoniometriche nei pressi della costa spagnola, e ne fu valutata la velocità di spostamento in circa 10 nodi. Successivamente nuove informazioni annunciarono

Scontri navali e operazioni di guerra, cartella n.

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77
AUSMM,
34.

l’uscita da Gibilterra di alcuni piroscafi e di tre incrociatori, senza però specificarne la destinazione verso l’Atlantico e il Mediterraneo.78

La situazione cominciò a farsi preoccupante a iniziare dal mattino, dopo che il Servizio Informazioni della Regia Aeronautica (S.I.A.), con il messaggio n. 277 delle ore 08.45, portò a conoscenza di superaereo la partenza da Gibilterara con rotta verso il Mediterraneo della portaerei Ark Royal, le navi da battaglia Renown e Nelson e due incrociatori giunti nella notte dall’Atlantico, che scortavano “due piroscafi carichi di truppe e otto mercantili carichi di materiali, munizioni e viveri, probabilmente destinati in Egitto”. Il messaggio si concludeva con: “Fonte attendibile comunica che at Gibilterra si parla di rappresaglie contro l’Italia”.79

Sebbene le ricognizioni svolte dai velivoli della Sardegna avessero dato nel corso della mattinata esito negativo, essendo le navi britanniche ancora troppo distanti, alle 15.45 Supermarina avvertì il Comando della 3a Divisione Navale (ammiraglio Bruno Brivonesi), costituita dagli incrociatori pesanti Trieste, Gorizia e

78 In realta si trattava dei piroscafi britannici Fiduciante e Clan Macnaughton diretti a Freetown, e Ardeola e British Honor in rotta per Las Palmas e Trinidad. Essi furono scartati per un certo tratto dell’Atlantico, dopo il passaggio dello Stretto di Gibilterra, dai modesti cacciatorpediniere Vidette e Vimy e dai trawler (pescherecci armati) Arran e Copinsay. Quindi si trattava soltanto naviglio leggero e di nessun incrociatore.

79 AUSA, INF 3, cartella n. 40.

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La corazzata Giulio Cesare in una bella immagine dell’anteguerra.

Bolzano e dai quattro cacciatorpediniere della 13a Squadriglia Alpino, Bersagliere, Fuciliere e Granatiere, di tenersi pronto a muove da Messina in due ore. Lo stesso ordine fu impartito al Comando in Capo della Squadra Navale, al quale fu richiesto di tenere pronte a salpare da Taranto le corazzate della 5a Divisione Navale (ammiraglio

Carlo Bergamini) Andrea Doria e Giulio Cesare e tutti i cacciatorpediniere disponibili, per il caso si rendesse necessario il loro trasferimento nel Tirreno.

Che un intervento navale potesse rendersi necessario apparve quasi certo alle 14.30, quando le tre navi da battaglia dell’ammiraglio Angelo Iachino, Littorio, Vittorio Veneto (9a Divisione Navale) e la Duilio, dislocate a Taranto, ricevettero l’ordine di tenersi pronte a partire dalle ore 15.00. Fu poi ordinato che gli agguati del Mas e delle torpediniere nelle acque di Pantelleria e di Capo Bon avessero inizio nella notte tra il 1° e il 2 agosto, mentre gli incrociatori della 4a e dell’8a Divisione Navale, dislocati a Palermo, furono lasciati in approntamento normale, perché evidentemente si dubitava che l’operazione nemica riguardasse il passaggio di un convoglio per il Canale di Sicilia.80 E qui stava l’errore d’interpretazione di Supermarina, poiché la Forza X seguiva proprio quell’itinerario.

Alle ore 16.45 del 31 luglio un aereo civile tedesco della Lufthansa avvistò a 50 miglia a levante delle Isole Baleari un complesso navale di tredici unità, comprendente una portaerei, con rotta est. Nelle prime ore dell’indomani, tra le 02.15 e le 04.45, i cacciatorpediniere Cossack (capitano di vascello Edward Lyon Berthon) e Maori (capitano di fregata Rafe Edward Courage), distaccati dalla Forza H, effettuarono per circa 35 minuti e senza alcun contrasto da parte delle difese italiane il previsto bombardamento con i loro cannoni da 120 mm nella zona Porto Conte –Alghero, con obiettivo la caserma della Regia Guardia di Finanza, seguito da un’incursione notturna effettuata nel vicino aeroporto di Fertilia da parte dei nove bombardieri Swordfish decollati dall’Ark Royal, prendendo di mira la palazzina degli ufficiali e quella dei sottufficiali e l’aviorimessa.

In entrambi i casi i danni furono di natura insignificante, compresi a due aerei a Fertilia, mentre considerando che i colpi sparati in mare erano di piccolo calibro, da parte italiana, sebbene alle 05.00 le navi nemiche fossero state viste allontanarsi e dirigere per sud, fu inizialmente sostenuto che l’azione a fuoco potesse essere stata effettuata da un probabile sommergibile, così da rendere l’azione nemica più tollerabile, specialmente a Mussolini.

Nel corso dell’azione i cacciatorpediniere e gli Swordfish non riportarono danni, ma nella giornata dell’indomani, 1° agosto, un velivolo dell’810° Squadron nell’atterrare sulla portaerei precipitò sul ponte di volo, causando la morte del pilota, tenente di vascello C.M Jewell, il ferimento dell’osservatore, del mitragliere, e di due uomini della portaerei.

113
80
AUSMM, Scontri navali ed operazioni di guerra, cartella n. 34.

Dall’alto, i cacciatorpediniere Cossack e Maori, entrambi della classe “Tribal”, che nella notte del 1° agosto bombardarono indisturbati Porto Conte, vicino ad Alghero.

Spostatasi a nord est delle Baleari con rotta sud-ovest, la Forza H fu ricercata durante la giornata del 1° agosto da undici ricognitori dell’Aeronautica della Sardegna (otto bombardieri Cant. Z. 1007 del 51° Gruppo e tre bombardieri S. 79 del 32° Stormo), ma fu avvistata una prima volta alle 09.00 a 35 miglia a nord di Minorca da un velivolo francese con rotta 160° nella seguente composizione: una nave portaerei, due navi da battaglia, dieci cacciatorpediniere, ossia nella sua esatta

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composizione. Doveva trattarsi di un ricognitore, con personale qualificato, che i francesi di Vichy impiegavano, tramite accordi con gli italiani, per svolgere un servizio comune di ricognizione. Altri avvistamenti, da parte di velivoli da bombardamento Cant. Z. 1007 bis del 50° Gruppo, impiegati come ricognitori, che si verificarono alle 09.40 e alle 16.00, riferirono che le navi britanniche si mantenevano nella stessa posizione indicata dall’aereo francese, e comprendevano anche incrociatori; notizia quest’ultima errata, perche gli incrociatori si trovavano soltanto con la Forza X, che non era stata scoperta.

In seguito agli accertati movimenti della flotta britannica ad occidente della Sardegna, alle 22.00 del 1° agosto Supermarina, con il messaggio 48910, trasmise per telescrivente all’ammiraglio Iachino un apprezzamento della situazione in cui si affermava che unità imprecisate avevano bombardato Porto Conte; che in seguito a due avvistamenti, vi era la presenza di una portaerei, una corazzata, un numero imprecisato di incrociatori e di cacciatorpediniere a nord-est di Minorca con rotta nord-est; che le ricognizioni non avevano dato altre notizie; e che si erano avuti quattro rilevamenti radiogoniometrici con una unità imprecisata a 70 miglia per 30° da Capo S. Antonio, sulla costa della Spagna, a sud di Valencia.

Mentre l’attenzione dei ricognitori della Sardegna era polarizzata sulla Forza H, per cercare di interpretarne le intenzioni, che erano anche di natura diversiva, le cinque navi della Forza X transitarono ad alta velocità nel Mediterraneo occidentale, incredibilmente senza essere state scoperte, a dimostrazione che la ricerca del nemico quel giorno fu male impiegata dagli italiani. Seguendo una rotta molto vicina alle acque territoriali francesi del Nord Africa, lungo il litorale dell’Algeria e della Tunisia, le unità della Forza X iniziarono l’attraversamento del Canale di Sicilia, che si svolse in poche ore assolutamente indisturbato. Infatti Supermarina aveva ordinato di lasciare in porto i Mas dislocati ad Augusta nel caso non si fossero verificati avvistamenti di unità nemiche dirette verso il Mediterraneo centrale, mentre quelli di Pantelleria, ostacolati dal mare grosso, non individuarono nulla.

L’unico fatto di rilievo si verificò alle prime luci del giorno 2 quando l’incrociatore Hermione, che navigava alla velocità di 28 nodi, speronò un corpo immerso in lat. 36°31’N, long. 12°40’E, riportando alcuni danni alla prora. Si trattava, purtroppo, del sommergibile italiano Tembien (tenente di vascello Guido Gozzi), che affondò con l’intero equipaggio di 42 uomini.

In seguito ad intercettazione radiogoniometrica, che alle ore 07.35 dava presente un’unità britannica a 50 miglia a ponente di Malta con rotta verso l’isola, l’ammiraglio Riccardi chiese a Superaereo di voler effettuare una ricognizione a vista sul porto della Valletta. Nello stesso tempo, la 3a Divisione Navale a Messina, che al pari delle corazzate di Napoli aveva ricevuto l’ordine di riassumere lo stato di approntamento normale, fu nuovamente messa in stato di allarme, che mantenne fino alle ore 18.00.81

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81 Ibidem.

Da destra, l’ammiraglio Somerville con il capitano di vascello Oliver comandante dell’incrociatore Hermione che accidentalmente speronò e affondo il sommergibile italiano Tembien.

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L’incrociatore britannico Hermione che speronò e affondo il sommergibile italiano Tembien.

La Forza X, sempre costituita dagli incrociatori Hermione e Arethusa, il posamine veloce Manxman e i cacciatorpediniere Sikh e Lightning, entrò nel Grand Harbour di Malta alle 09.00 del 2 agosto, per poi ormeggiarsi alla Valletta, e ripartì nel pomeriggio intorno alle 16.30, dopo aver scaricato in poche ore truppe e approvvigionamenti, riprendendo quindi a grande velocità la rotta per rientrare a Gibilterra. Alla formazione si era aggregato anche il cacciatorpediniere di scorta Farndale, arrivato con il convoglio di luglio, che però, per nuove sopraggiunte avarie, fu costretto a rientrare nel Grand Harbour per essere riparato.

Il Cacciatorpediniere Farndale , ripreso nel pomeriggio il 2 agosto 1941 prima di rientrare alla Valletta per sopraggiunta avaria.

Alle 18.00 di quel giorno dieci caccia Mc. 200 del 10° Gruppo (tenente colonnello Carlo Romagnoli), che erano stati inviati dal Comando dell’Aeronautica della Sicilia sul porto della Valletta per effettuare la ricognizione a vista richiesta dal Capo di Stato Maggiore della Marina,82 spostandosi sulla rotta del rientro a levante di Malta avvistarono, a circa 10 km a nord-ovest di Gozo, le cinque unità britanniche,

82 Dalle 17.44 alle 18.16, sulla segnalazione d’allarme dei i radar di Malta, che segnalarono l’avvicinamento di 15 aerei nemici a 40 miglia a nord, decollarono 21 caccia Hurricane , che però non riuscirono ad entrare in contatto con i Mc. 200 che passarono a una distanza di 22 miglia dall’isola.

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perfettamente riconosciute per tre incrociatori e due cacciatorpediniere, dato che il Manxman era allora considerato un incrociatore posamine. In seguito a ciò decollarono da Pantelleria, al comando del capitano Dante Magagnoli, tre aerosiluranti S. 79 della 278a Squadriglia per attaccare la Forza X, mentre un ricognitore notturno fu inviato in volo per localizzarla nel Canale di Sicilia.

Uno dei tre aerosiluranti, con pilota il tenete Lelio Silva, riuscì ad avvistare la squadra britannica, che erroneamente ritenne costituita da otto navi, e alle 23.30 attaccò un presunto incrociatore da 10.000 tonnellate, senza però poterne controllare l’esito per la forte reazione contraerea iniziata dall’unità nemica subito dopo lo sgancio del siluro.83 Si trattava, in effetti, dell’incrociatore, l’Hermione, di 5.450 tonnellate, che accortosi all’ultimo momento dell’aereo S. 79 che stava attaccando riuscì però ad evitare il siluro con la manovra.

Aerosilurante S. 79 della 278a Squadriglia con il suo siluro.

La notizia che le navi britanniche dirigevano verso Gibilterra aveva nel frattempo fatto scattare l’allarme anche negli ambienti di Marina Messina, il cui Comando aveva già disposto di inviare in agguato notturno quattro torpediniere e quattro Mas nella zona di Capo Bon – Pantelleria – Trapani, ed altri due Mas nella zona di Malta, ove già operavano quattro sommergibili, tre dei quali a ponente dell’isola. Conseguentemente, alle 00.25 del 3 agosto, Marina Messina ordinò a cinque cacciatorpediniere della classe “Navigatori” della 15a Squadriglia dislocati a Trapani (Pigafetta, Usodimare, Pessagno, Da Mosto e Da Verazzano), di accendere subito le caldaie per prepararsi a muovere; e in effetti, alle 03.45, quella squadriglia ricevette l’ordine di salpare per trovarsi alle ore 08.00 nella zona situata 30 miglia a ponente di Marettimo. Nello stesso tempo fu ordinato al Comando Marittimo di Pantelleria di tenere le torpediniere Pallade e Castore in agguato sotto costa, nei pressi dell’isola, e alle locali batterie costiere di tenersi pronte ad intervenire.

Supermarina a sua volta chiese a Marina Messina di voler mandare due Mas di Pantelleria in agguato presso Kelibia, a su di Capo Bon. Ciò non fu consentito dalle condizioni del mare, che risultarono proibitive per quei piccoli scafi, causa il forte

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83
AUSA, Diario Storico del Comando Aeronautica Sicilia 1941, v. n. 407.

vento da sud-est, e per la nebbia e la foschia, esistente non solo presso la costa della Tunisia ma anche a sud di Pantelleria. In tali condizioni al Comando Marittimo dell’isola non restò che inviare i sette Mas 556, 554, 543, 531, 548, 562 e 528 a costituire una linea di agguato lungo il meridiano di San Leonardo, da 3 miglia dal Faro per un’estensione di 10 miglia verso levante.84

Stupenda immagine dell’Emanuele Pessagno una dei cinque cacciatorpediniere della 14a Flottiglia mandate in posizione precauzionale di attesa a 30 miglia a ovest di Marettimo. Quando poi la Forza X superò il Canale di Sicilia diretta d ovest, quelle unità si trovarono troppo distanti per poter intervenire, anche perché avrebbero dovuto farlo in pieno giorno contro una forza navale assolutamente più potente.

Pertanto ne consegui che, avendo i cacciatorpediniere della 15a Squadriglia e le torpediniere assunto posizioni alquanto precauzionali, per non correre il rischio di trovarsi a contatto con le unità nemiche durante la notte, e avendo i Mas mantenuto uno schieramento a levante di Pantelleria, non si verificò per le unità italiane nessuna occasione per trovarsi sulla rotta delle navi britanniche. Queste, infatti, transitando a ponente di Pantelleria, e quindi dal lato opposto agli sbarramenti italiani, si allontanarono indisturbate dal Canale di Sicilia, dopo aver costeggiato la costa della Tunisia, doppiato Capo Bon, per poi dirigere verso lo Scoglio dei Cani, a nord di Biserta.

Nonostante fosse evidente che la Forza X dirigeva verso ponente, durante tutta la mattinata del 3 agosto i ricognitori italiani non riuscirono ad avvistarla. Fu soltanto

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84 AUSMM,
34.
Scontri navali ed operazioni di guerra, cartella n.

alle 13.35 che si ebbe da parte di un velivolo da bombardamento S.79 del 38° Gruppo del 32° Stormo una segnalazione di allarme, riferita però alla presenza di otto piroscafi localizzati a 20 miglia a nord-ovest di Capo Blanc. Ciò determinò l’immediato decollo di dieci tuffatori Ju. 87 del 101° Gruppo, scortati da nove caccia Mc. 200 del 7° Gruppo del 54° Stormo, seguiti da un aerosilurante S. 79 della 278a Squadriglia, mentre dalla Sardegna decollarono sette aerosiluranti S. 79, tre della 280a Squadriglia e quattro della 283a, scortati da venticinque caccia G. 50 del 24° Gruppo. L’azione non ebbe però alcun esito, poiché l’avvistamento del velivolo del 38° Gruppo risultò errato, non trattandosi di piroscafi ma soltanto di pescherecci tunisini.

Uno degli S. 79 della 280a Squadriglia fu costretto ad ammarare, per avaria ai motori, a sud di Capo Carbonara, ma l’equipaggio fu recuperato al completo da un idrovolante soccorso decollato da Elmas.85

Le Forze H e X arrivarono a Gibilterra il 4 agosto, ma fu necessario mandare alla banchina il Renown per riparare un rigonfiamento alle placcature dello scafo.

Infine, il 3 agosto primo Ministro britannico Winston Churchill, mostrando tutta la sua soddisfazione per la riuscita delle operazioni Substance e Style, inviò un messaggio di congratulazione e incoraggiamento al generale William Dobbie, Governatore di Malta:

Ora che i convogli vi hanno raggiunto in sicurezza con tutti i rifornimenti e i rinforzi, colgo occasione per congratularmi con lei per la maniera ferma e salda in cui voi e il vostro presidio di soldati e cittadini hanno mantenuto Malta inviolata contro tutti gli attacchi per più di un anno ed esprimo la mia fiducia nel fatto che, con l'aiuto di Dio, la nostra causa continuerà a prosperare e che al contributo di Malta alla vittoria finale si aggiungerà un capitolo nobile per la famosa storia dell'Isola.

Conclusioni

Gli esiti dell’operazione Style, che risultarono pienamente soddisfacenti e senza nessuna perdita per i britannici, costituirono un nuovo motivo di delusione per gli italiani. Il nemico, infatti, non solo riuscì a far transitare nei due sensi, tra Gibilterra e Malta e viceversa, un proprio gruppo navale praticamente in avvistato, ma la reazione dei reparti della Regia Marina e della Regia Aeronautica risultò del

85 Danni maggiori furono causati ai reparti di volo italiani da un aliquota di Beaufighter del 143° Squadron, temporaneamente distaccati a Malta dall’Egitto in sostituzione di quelli del 272° Squadron . Il 2 agosto due di quei veloci e bene armati bimotori attaccarono l’aeroporto di Bonizzo (Tarquinia), colpendo leggermente due S. 79. L’indomani altri due Beaufighter, pilotati dai capitani Davidson e Lemar, si portarono alle ore 17 sull’aeroporto di Reggio Calabria, e mitragliarono una trentina di caccia G. 50 del 12° Gruppo, colpendone ben 25, uno dei quali s’incendiò e andò distrutto ed altri 10 riportarono gravi danni. L’attacco dei velivoli britannici si svolse a volo radente, senza che fosse stato dato l’allarme.

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tutto deludente. La stessa Forza X poté inviare unità sottili e aeree ad attaccare obiettivi della Sardegna, impunemente e senza alcun contrasto da parte italiana. Inoltre, con la conclusione delle operazioni Substance e Style, la guarnigione di Malta fu portata a una consistenza di oltre 25.000 uomini, con scorte sufficienti per otto mesi e, per alcuni generi, fino a quindici mesi. Nello stesso tempo l’armamento per la difesa contraerea, sotto forma di armi e di personale, ricevette un aumento considerevole, potendo contare su 112 cannoni pesanti e 118 leggeri, mentre l’armamento campale fu portato a 104 pezzi d’artiglieria. Le possibilità difensive dell’Isola ricevettero anche un notevole incremento aereo, poiché la RAF continuava a disporre all’inizio di agosto 1941 di tre Squadron da caccia (126°, 185° e 249°), con una consistenza 75 Hurricane in piena efficienza.86

Un cannone da 40 mm Bofors del reggimento contraereo Maltese, il Royal Malta Artillery in posizione su un bastione del Grand Harbour.

Tutto ciò costituì un notevole rafforzamento delle possibilità difensive di Malta e nello stesso tempo anche di quelle offensive, perché permise all’isola di far pesare, sulle rotte libiche percorse dai convogli italiani, la sua posizione strategica, in un momento in cui, dall’arrivo dei rifornimenti, dipendeva la possibilità per le Forze dell’Asse di avere il sopravvento sull’8a Armata britannica, allora arroccata sulle posizioni del perimetro difensivo di Tobruk, e al confine tra la Cirenaica e l’Egitto.

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86 S.O.
Playfair e altri, The Mediterranean and Middle East, vol. II, cit., p. 269-270.

Potendo fare operare con maggiore intensità i velivoli offensivi della RAF e della FAA ed i sommergibili della 10a Flottiglia dislocati alla Valletta,87 e approfittando del fatto che, per contenere le perdite dei propri aerei e non possedendo caccia competitivi per affrontare quelli della RAF, l’Aeronautica della Sicilia si limitava ormai a svolgere contro Malta bombardamenti notturni, l’isola poté incrementare i suoi attacchi sulle rotte dei convogli italiani e contro i porti e gli aeroporti di Tripoli, della Sicilia e dell’Italia meridionale: Napoli in particolare. Questa situazione si ripercosse pesantemente sul morale degli italiani, non solo per i danni materiali causati dal nemico ma soprattutto per quelli di natura psicologica, poiché Roma si trovò costretta a richiedere nuovamente l’aiuto della Germania. Ne conseguì che Berlino dovette tornare a occuparsi del Mediterraneo centrale, in aggiunta a quello orientale e del fronte libico che già impegnava forze aeree e terrestri considerevoli, per ristabilire la compromessa situazione strategica. E ciò avvenne trasferendo a Taormina, dal fronte Russo, il Comando della 2a Flotta Aerea (2a Luftflotte) e inviando sugli aeroporti della Sicilia le agguerrite unità aeree del II Fliegerkorps. Ma questa è un’altra storia.

87 Il 28 luglio il sommergibile Upholder (tenente di vascello David Wanklyn) aveva colpito con un siluro l’incrociatore italiano Garibaldi presso l’Isola di Marettimo, durante la scorta a un convoglio, danneggiandolo abbastanza seriamente. Attraverso la falla il Garibaldi imbarcò 700 tonnellate d’acqua, ma riuscì a raggiungere Palermo per poi essere trasferito a Napoli per le riparazioni che richiesero quattro mesi.

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Francesco Mattesini
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