
14 minute read
“Avanzi di umanità”: la nascita dell’associazione nazionale tra invalidi e mutilati di guerra di Siena
MARTINA DEI
Durante la Prima Guerra Mondiale furono utilizzati strumenti bellici innovativi che, oltre ad aumentare il numero dei morti, crearono una quantità fuori dal comune di mutilati fisici e psichici, che furono spesso, una volta tornati alle proprie case, in parte esaltati per il loro evidente sacrificio di sé, ma anche isolati per la loro deformità.
Advertisement
Molti tornarono infatti traumatizzati dalla vita in trincea, dalla convivenza con i cadaveri e in generale dagli orrori visti in una guerra, che per la prima volta impiegò armi moderne di distruzione e annientamento del nemico. Proprio a causa di queste armi (gas, bombe a mano, mitragliatrici, lanciafiamme, bombe chimiche al fosgene o all’yprite) furono moltissimi i soldati che persero gli arti, la vista, l’udito o che rimasero sfigurati a cause delle schegge di granata.
Gli antibiotici non erano stati ancora scoperti e le sale operatorie, specie quelle allestite sui campi di battaglia, non erano in grado di garantire la sterilità, per cui molti soldati subirono l’amputazione di parti del corpo a causa della cancrena, anche a mesi di distanza dal ferimento.
Alla fine della guerra in tutta Italia si potevano trovare “giovani, miserandi avanzi di umanità. La loro vita non era troncata, ma ridotta e divenuta oggetto di commiserazione. A chi mancava un braccio, a chi un piede, a chi una gamba o tutte e due le gambe, chi invece di braccia aveva solo i moncherini. Chi si trascinava con le grucce, e chi era trascinato dalle braccia, perché cieco. Tutti facevano pietà”
1 .
Chi sopravvisse, ritornato alla propria casa, fu pertanto inquadrato in categorie sociali nuove: invalido, grande invalido, mutilato, ferito, disabile, spesso senza riuscire a tornare a lavorare o ad una vita normale.
1
B. BRACCO, La patria ferita. I corpi dei soldati italiani e la Grande guerra, Firenze, Giunti, 2012, p. 10.
104
Martina Dei
Con l’avvento del fascismo gli ex combattenti si trasformarono poi in reduci (sottolineando il tema del ritorno) e ampio spazio venne dato ai mutilati, che con la loro presenza nelle manifestazioni di partito, ricordavano agli italiani l’importanza del sacrificio per la grandezza della patria. I corpi dei mutilati furono ostentati ed estaltati come esempi viventi di devozione alla patria, ma anche del mito della ‘Vittoria mutilata’ che il fascismo portava avanti.
Molti dei soldati già durante la loro permanenza al fronte erano convinti dell’importanza del proprio ruolo nel garantire la grandezza dell’Italia, tanto da partire volontari in gran numero o tornare a casa ben dopo la fine del conflitto, nel corso del 1919, per presidiare i nuovi territori concessi all’Italia. Esempi di questo si hanno anche tra i senesi. Amedeo Brizzi, decoratore senese, ad esempio, non solo partì nel 1915 per il fronte e tornò nel gennaio inoltrato del 1919, ma chiamò anche la sua unica figlia, nata nel 1921, Itala Vittoria.
Ci furono anche episodi estremi di abnegazione. Diversi mutilati chiesero, e alle volte ottenero, di poter tornare al fronte a combattere. A Siena fece scalpore e fu abilmente sottolineato dai giornali locali (in linea con quanto accadeva per casi analoghi in tutta Italia), il caso del sottotenente Giorgio Sparnacci, studente del liceo, che nell’agosto del 1916 sul Carso “ebbe una gamba frantumata da una granata, sicché occorsero lunghi mesi di degenza in ospedale e tre amputazioni dolorose prima di poter applicare l’arto che gli permette ora di camminare spedito”2. Nel novembre 1917 egli già aveva fatto richiesta per “tornare nel cimento per la difesa dell’Italia”
3 .
Al di là della retorica e della propaganda, però, i mutilati e gli invalidi di guerra, così come le loro famiglie si trovarono, già nel corso della guerra, a dover combattere per ottenere indennizzi e pensioni che garantissero la loro sopravvivenza.
Nel 1916 lo Stato aveva tentato un primo intervento legislativo per normare l’erogazione delle pensioni di guerra ai mutilati e alle loro famiglie ed aveva istituito, l’anno successivo, il Ministero per l’assistenza miltare e le pensioni di guerra.
La patria, però, veloce e efficiente quando chiamava i soldati alla guerra, diventava improvvisamente lenta e carica di burocrazia quando doveva rico-
2
3 “La vedetta senese”, anno XXI, n. 266, 16-17 novembre 1917. Ivi.
“Avanzi di umanità”: la nascita dell’Associazione Nazionale 105
noscere le malattie per cause di guerra. Per coloro che avevano evidenti e grandi mutilazioni il processo era un po’ più rapido, ma lo stesso l’allungarsi dei tempi per ottenere le pensioni suscitò numerosi malumori, anche a Siena.
A tutela degli interessi dei mutilati e invalidi di guerra, nacque a Milano, il 29 aprile 1917, l’Associazione Nazionale tra Mutilati e Invalidi di guerra (A.N.M.I.G.), venendo poi riconosciuta giuridicamente nel giugno dello stesso anno. Essa aveva, tra le altre finalità, quella di attendere “allo studio dei particolari problemi che riguardano i mutilati ed invalidi di guerra, in relazione alle loro peculiari esigenze, promuovendo e svolgendo, anche attraverso iniziative parlamentari, ogni possibile azione di difesa degli interessi morali e materiali degli stessi”4 .
L’A.N.M.I.G., organizzata fin dalle origini in sezioni e sottosezioni, si propose di alleviare i problemi fisici, burocratici e sociali che i mutilati potevano incontrare e coprì in poco tempo tutto il territorio nazionale. A Siena venne fondata molto presto una sezione, ufficialmente il 17 ottobre 1917, ma esistono attestazioni di una presenza di un’associazione in favore di mutilati e invalidi anche prima di allora. Nei giornali cittadini, si registrano infatti donazioni sempre più frequenti, già dal luglio dello stesso anno, nei confronti di un “Comitato provinciale pro mutilati in guerra”. I benefattori erano esponenti di classi sociali molto diverse tra loro. Il pittore Federico Icilio Joni, ad esempio, donò in un primo momento 500 lire “netto ricavo di un lavoro fatto per un signore di Siena”
5
e successivamente fece anche altre donazioni6, l’industriale cav. Giovanni Romei, che produceva locomobili a vapore principalmente per l’agricoltura, un po’ meno munifico, versò l’importo delle multe inflitte agli operai nel suo stabilimento, cioè 104,29 lire7. Alla data del 3 aprile 1917 la sezione aveva raccolto la ragguardevole cifra di 10085,92 lire, alla quale si andarono a sommare nuove donazioni, tanto che al 15 aprile la somma era già arrivata a 16590,37 lire8. Il cav. Romei aveva donato 136 lire (forse le solite multe comminate agli operai), la Società di Esecutori di Pie Disposizioni 500 lire, il ragionier Giuseppe Luigi Bernini, che aveva liquidato la sua ditta di orticoltura e pomicoltura, 561 lire. A queste cospicue
4
5
6
7
8 Statuto dell’A.N.M.I.G, capo I, art. 1. “La vedetta senese”, anno XXI, n. 152, 6-7 luglio 1917. “La vedetta senese”, anno XXIV, n. 200, 30 luglio 1920. “La vedetta senese”, anno XXI, n. 270, 20-21 novembre 1917. “La vedetta senese”, anno XXI, n. 86, 14-15 aprile 1917.
106
Martina Dei
cifre si sommava anche la minima, ma molto significativa donazione di 11 lire del tenente Umberto Scardigli o la generosissima donazione del Monte dei Paschi di Siena di ben 5000 lire
9 .
Ci furono poi gruppi di persone che si organizzarono per raccogliere fondi, come l’Associazione “Trento e Trieste”, antenata dell’attuale Società “Trieste” della Nobile Contrada dell’Oca, che se pur sciolta, versò pro mutilati la somma di lire 566,2010. Anche il direttore e gli impiegati della Banca Popolare, in onore dei colleghi caduti Gino Corbini e Tommaso Grossi, raccolsero e donarono 18,5 lire
11 .
Per provvedere al finanziamento della sezione furono organizzate inoltre diverse lotterie
12 ed eventi che oggi definiremmo benefici.
Una menzione particolare merita la Scuola telegrafica che, sotto la direzione dei telegrafisti Cartocci e Avanzati, offrì un corso gratuito per telegrafista in favore di due mutilati senesi. Se le donazione erano gradite, questo tipo di interventi erano ancora più importanti perché favorivano, attraverso il lavoro, il reintegro del reduce nel tessuto sociale e il suo recupero anche al livello psicologico. Molti infatti dei giovani tornati dalla guerra ebbero difficoltà, anche a distanza di anni dalla fine del conflitto, a reinserirsi nella vita di tutti i giorni, come accadde, ad esempio, a Emilio Ravagni, che aveva perso un occhio al fronte nel 1916 per mettere in salvo un compagno. “Dopo penose sofferenze, ritornò a casa, sempre buono, rassegnato alla sua sorte, ma ohimé! non più il solito Emilio, forte, robusto come quando era partito e la morte l’ha colto appena trentaquattrenne”
13 .
Il Comitato non aveva una sede propria tanto che, il 30 settembre del 1917, giorno in cui si intendeva costituire ufficialmente la sezione senese dell’A.N.M.I.G., si riunì nei locali dei Reduci d’Africa in via del Giglio, “gentilmente concessi”. In questo giorno non si dovette arrivare ad una conclusione, tanto che una nuova assemblea fu indetta per l’11 e poi per il 18 novembre
14
successivi, quando, “dopo vivissima e animata discussione”15, si procedette finalmente alle nomine delle cariche. Promotore dell’iniziativa, con
9 “La vedetta senese”, anno XXIV, n. 76, 2-3 aprile 1917.
10
11
12
13 “La vedetta senese”, anno XXIV, n. 200, 30 agosto 1920. “La vedetta senese”, anno XXI, n. 58, 13-14 luglio 1917. “La vedetta senese”, anno XXIV, n. 201, 31 agosto 1920. “L’Intervenuto”, anno VII, n. 6, 7 marzo 1925.
14
15 “La vedetta senese”, anno XXI, n. 271, 21-22 novembre 1917. Ivi.
“Avanzi di umanità”: la nascita dell’Associazione Nazionale 107
i suoi consigli “illuminati”, fu il capitano Leonida Piazzi, che pose come necessaria la questione di riunire mutilati e invalidi in una sola forza per la garanzia dei loro diritti e aspirazioni. Nel corso dell’assemblea furono discussi e votati il “programma e i postulati stabiliti dalla Sede Centrale”
16
e furono invitati i mutilati e gli invalidi della città ad aderire all’associazione che “con scopo altamente patriottico e civile cerca di riunire in un fascio di salde e virili energie tutti i mutilati di guerra, al fine precipuo di tutelare legalmente i diritti sacri acquisiti da ognuno col proprio sangue, di sollecitare i pronti pagamenti delle indennità giornaliere di convalescenza dai depositi per il tempo che intercorre fra la dimissione dagli ospedali e la liquidazione della pensione agli aventi diritto, di procurare l’assistenza medica legale ed ortopedica ai militari dimessi dai luoghi di cura ed infine coll’incitare alla rieducazione professionale dei mutilati”
17 .
Il primo presidente fu il sottotenente Gino Bianchini, mutilato, e le altre cariche furono equamente divise tra soci mutilati e invalidi. La sede era ancora una questione da definire e venne momentanemente stabilita in via Montebello al numero 5.
Una stranezza è la piccola targa in bronzo commemorativa della fondazione della sezione, realizzata dalla Ditta Nelli di Firenze e oggi conservata presso la sede A.N.M.I.G. di Siena, che reca da un lato il Bollettino della Vittoria e dall’altro una decorazione di stampo eroico con un’ara per sacrifici al centro e l’incisione “Associazione Naz. Mutilati/ Sezione di Siena/ fondata il 17 ottobre 1917/ A gloria dei caduti della gente senese/ perché fosse grande l’Italia” nella quale si cita una data di un mese anteriore a quella riportata dai giornali.
Pochi giorni dopo il comitato direttivo si riunì, sempre in via del Giglio, per stabilire un ‘programma di azione’ volto alla tutela degli associati e definì anche l’orario di apertura al pubblico della sezione: dalle 19 alle 20.30 nei giorni feriali e dalle 14.30 alle 16.30 nei giorni festivi. Un orario così particolare fa pensare che la sede in via Montebello fosse l’abitazione di uno di coloro che riscoprivano le cariche dell’associazione.
Nel 1920 la sezione non aveva ancora una propria sede (le adunanze si tenevano nei locali della Croce Rossa in via San Martino) e non riusciva ancora a far valere i diritti dei propri associati, tanto che vi furono diverse agi-
16
17 Ivi. Ivi.
108
Martina Dei
tazioni da parte loro nel maggio di questo anno
18
. Una svolta, in questo senso, arrivò dalla legge del 21 agosto 1921 sul collocamento obbligatorio dei mutilati e invalidi di guerra presso le imprese pubbliche e private, che, almeno sulla carta, garantiva un ritorno ad una vita ‘normale’ a queste categorie di persone.
C’era comunque bisogno a Siena di una sede, nella quale poter riunire i mutilati e dare loro assistenza giuridica e materiale. Questa questione rimase aperta fino al 2 dicembre 1924, quando il Comune di Siena concesse all’A.N.M.I.G., in uso gratuito, una palazzina nei pressi del passeggio della Lizza.
La palazzina, pur se sufficientemente ampia per ospitare le varie attività assistenziali, non era però nuova e necessitava di nomerosi interventi. I lavori per la “Casa del Mutilato” furono piuttosto travagliati e subirono anche un’interruzione, dovuta a dissidi interni di natura politica, che portarono alle dimissioni temporanee del presidente Guido Barbi.
Se infatti inizialmente l’A.N.M.I.G. aveva richiesto vaste riforme democratiche, la fine dell’analfabetismo, ecc., dal 1920 vide prendere il sopravvento alle correnti nazionaliste, tanto da aderire, nel 1922 al fascismo. È in questo momento che divenne sempre più nota alla ribalta nazionale la figura di Carlo Delcroix, presidente nazionale dell’associazione, gran mutilato, privo delle mani e della vista, parlamentare fascista e sempre presente a parate e manifestazioni patriottiche al fianco di Mussolini. Le componenti socialiste e democratiche dell’A.N.M.I.G. furono pertanto epurate.
A Siena la polemica sull’adesione al fascismo dell’associazione divenne motivo di scontro nel corso della riunione annuale del 1926, quando Guido Barbi tenne a precisare come l’adesione della sezione senese al partito fascista fosse sempre stata leale e disinteressata, trovando il dissenso solo di una parte degli associati. Nella medesima assemblea si parlò anche a lungo dei lavori alla Casa del Mutilato, deliberati l’anno precedente e allora in corso, visto che l’incontro si tenne “nei locali provvisoriamente apprestati”
19 .
I lavori erano certamente conclusi alla data del gennaio 1927, dal momento che venne dato l’incarico al fotografo Ermenegildo Nello Massarelli di fotografare tutti gli ambienti e anche l’esterno dello stabile. Il risultato fu un volume celebrativo, una cui copia è conservata nell’Archivio fotografico
18
19 “La vedetta senese”, anno XXIV, n. 121, 27-28 maggio 1920. “Il Popolo Senese”, anno II, n. 18, 4 marzo 1926.
“Avanzi di umanità”: la nascita dell’Associazione Nazionale 109
Sala delle adunanze della Casa del Mutilato, 1927. Foto di Ermenegildo Nello Massarelli, in Archivio Fotografico Malandrini, per gentile concessione della Fondazione Monte dei Paschi di Siena.
Malandrini presso la Fondazione Monte dei Paschi di Siena. Gli originali degli scatti, su lastra di vetro, sono invece oggi presso la Biblioteca Comunale degli Intronati, grazie al fortuito ritrovamento e poi al volontario lascito del fotografo Appiani nel 1978.
Le immagini documentano in maniera esaustiva i locali e mostrano ambulatori per le cura materiali dei mutilati e invalidi, ambienti con scopi ricreativi, come la biblioteca, e di rappresentanza, come la sala delle adunanze.
Sono stati documentati inoltre gli uffici, in parte ancora riconoscibili al primo e secondo piano, con gli schedari relativi agli associati e alle loro protesi. L’attività di creazione e distribuzione delle protesi rientrava in realtà nei compiti dell’Opera Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra, ma essa aveva sede all’interno della medesima palazzina e possedeva anche un’officina nella quale venivano adattate e forse anche realizzate le protesi per i mutilati.
110
Martina Dei
Collocata probabilmente in una capanna posta nelle vicinanze della “Casa del Mutilato”, parte della proprietà ceduta dal Comune di Siena all’A.N.M.I.G., oggi l’officina non esiste più, ma nell’immagine rimane la memoria di una delle vocazioni principali dell’A.N.M.I.G.: il reinserimento dei mutilati e invalidi nel tessuto sociale e lavorativo.
Nella fotografia di Massarelli si vede l’interno del locale con tre uomini e una donna al lavoro su arti artificiali, colti in varie fasi della lavorazione. In special modo risulta interessante l’uomo sullo sfondo che sta lavorando al tornio alla produzione o forse all’adattamento di una protesi.
Curiosamente l’album celebrativo precede di tre anni l’inaugurazione ufficiale della “Casa del Mutilato”, che avvenne solo il 28 aprile del 1930. Dal gennaio 1927 la sede fu sicuramente funzionante, ma si preferì attendere la presenza dell’uomo politicamente più rilevante dell’associazione, Carlo Delcroix, per procedere all’inaugurazione. Egli presenziò quindi alla benedizione dei locali da parte del parroco della vicina chiesa di Sant’Andrea e tenne poi un discorso in piazza del Duomo, alla presenza di tutte le autorità cittadine e di numerosissimi cittadini. Al termine della celebrazione ufficiale fu poi ospitato dal podestà Bargagli Petrucci in Comune20. Il podestà non solo offrì al Delcroix un lauto rinfresco, ma anche una medaglia d’oro
21 .
D’altra parte non era la prima volta che questo personaggio era presente a Siena, egli infatti, aveva tenuto, nell’aprile 1918, una memorabile conferenza durante la quale aveva incantato specialmente il pubblico femminile che, per voce di Margherita Bartalini sul periodico “Il Risveglio”, esaltò il “giovane uomo, con una voce possente, ma dolce, un sorriso mite e virile”
22 . Dopo la fine della guerra, poi, Delcroix si era iscritto all’Università proprio a Siena, alla facoltà di giurisprudenza, mantenendo quindi un forte legame con la città. Da qui probabilmente l’attesa di tre anni dell’A.N.M.I.G. senese per avere all’inaugurazione della propria sede un così importante e carismatico personaggio.
20
21
“Il Popolo senese”, anno VI, n. aprile 1930. Archivio del Comune di Siena, Postunitario, cat. VI, Deliberazioni del Podestà 1930, n. 477, Ricevimento in onore dell’On. Carlo Delcroix. 26 aprile 1930. 22 G. RUSTICI, Mutualismo e impegno politico: l’associazionismo femminile nell’Ottocento e all’inizio del Novecento, in A. SAVELLI, L. VIGNI (a cura di), Una città al femminile. Protagonismo e impegno di donne senesi dal medioevo a oggi, Siena, Nuova Immagine, 2012, p. 198.
Finito di stampare in Firenze presso la tipografia editrice Polistampa nel mese di ottobre 2016