LA VITA QUOTIDIANA NELL'UNIONE SOVIETA ALL'EPOCA DI KRUSCEV

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UN ION E SOV IETICA •

OLTRE LA PROPAGANDA

LA VITA QUOTIDIANA NELL’ UNIONE SOVIETICA ALL’ EPOCA DI KRUSČEV Come si viveva veramente in Russia nel periodo 'aureo' del comunismo reale. Dopo la Guerra Civile, le stragi, le 'purghe' staliniane e le privazioni, sembrò aprirsi un nuovo orizzonte di moderato benessere. A quale prezzo? di VARDUI KALPACKIAN

«Nell’ Unione Sovietica la gente comune compie i miracoli quotidianamente» Uno degli slogan dell’ epoca del governo di N.S. Krusčev

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a storia della Russia del periodo dal 1917 fino alla fine degli anni 1980 circa è la storia del primo (e per un certo lasso di tempo anche l’unico) stato a regime socialista del mondo. E l’epoca del governo di Nikita Sergeevič Krusčev (grosso modo dalla morte di Stalin nel febbraio del 1953 al 14 ottobre del 1964) può essere definita come quella del socialismo autentico, pienamente raggiunto e realizzato, e, come il regime stesso proclamava, anche la base della fase storica successiva, il Comunismo, la cui “ costruzione” doveva essere terminata per il 1980. Nei libri scolastici per la disciplina “ Storia dell’URSS” della scuola elementare d’obbligo degli anni 1960 l’ultimo capitolo, quello dedicato al periodo corrente, si intitolava “ Il popolo sovietico costruisce il Comunismo” . In tutti i periodi precedenti della storia dell’URSS il socialismo non poteva, si capisce, realizzarsi in pieno perché doveva lottare per la pro-

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pria sopravvivenza: durante la guerra civile 1917-1919 contro la “ borghesia” russa e mondiale, poi nella lotta continua contro i nemici interni, detti “ nemici del popolo” , fino alla fine degli anni 1930, e poi contro gli invasori nazisti. Dopo la morte di Stalin è stato ammesso, con molta cautela, che il periodo staliniano non è stato socialismo vero, perché il leader ha permesso la formazione del fenomeno del “ culto della propria personalità” . Nonostante queste ammissioni, tutti gli orrori della Rivoluzione d’Ottobre, della guerra civile, della “ Collettivizzazione” e della “ Industrializzazione” , l’esilio di popoli interi in Siberia, il sistema di lavoro forzato, sia dentro i campi di concentramento che fuori, continuavano a essere “ giustificati” come mezzi indispensabili per poter costruire il socialismo: “ prima in un singolo paese, e poi in tutto il mondo” . Andiamo a vedere come era la vita di quei cittadini dell’ URSS a cui il destino riservò la migliore e la più vivibile fetta del socialismo rea-

le, per la cui costruzione sono state sacrificate le vite di due generazioni precedenti di sovietici. Nel periodo in questione il territorio dell’URSS era di 22.402.200 chilometri quadrati (pari a un sesto del terreno abitato del globo terrestre), popolato da 255.700.000 abitanti di 139 nazionalità diverse e per il 99,9% chiuso agli stranieri.

La ca sa Alla fine della Seconda guerra mondiale (in URSS chiamata ufficialmente la “ Grande guerra patriottica” ) inizia la ricostruzione frenetica dei siti industriali (con l’uso massiccio della manodopera dei lager: questa volta i detenuti sovietici erano affiancati dai prigionieri di guerra, tedeschi e italiani, e da quelli dei paesi dell’occupazione sovietica - Austria, Cecoslovacchia, Polonia ecc.). La situazione delle abitazioni restava nel 1953 ancora quella del 1945, anche nella capitale. Alla fine della guerra Mosca è invasa da una fiumana di gente che contava di restarci a vivere: i precedenti 30 anni della vita sovietica hanno insegnato che nella capitale si poteva qualche volta comprare qualcosa da mangiare e di che vestirsi. Dal 1945 inizia una grande migrazione: dalle zone oltre gli Urali sono stati riportati nella regione europea dell’URSS gli stabilimenti evacuati e sono arrivate tante, tan-


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