STORIA E POLITICA

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Storia e Politica. Annali della Fondazione Ugo La Malfa - xxxi, 2016

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Roberto Bianchi

Soviet, guardie rosse e rivoluzione nell’Italia del primo dopoguerra

Fin dall’immediato dopoguerra, mentre il nuovo governo presieduto da Francesco Saverio Nitti annunciava l’abolizione della censura che aveva imperato durante il conflitto – e che sarebbe riemersa a più riprese nella fase successiva contribuendo ad alimentare la diffusione di notizie false e dicerie fantastiche – anche periodici e quotidiani davano voce agli interrogativi riguardanti le conseguenze della rivoluzione bolscevica e il diffondersi delle paure e del fascino suscitati dalla Russia sovietica anche in Italia, con un’attenzione particolare per quello che avveniva tra le classi lavoratrici e gli ex combattenti1. In effetti, in una fase segnata dall’esplosione d’una miriade di conflitti sociali, di movimenti urbani e rurali che intrecciavano rivendicazioni di tipo annonario con richieste d’accesso a beni considerati “comuni” e al controllo delle terre produttive, sullo sfondo di un’emergente domanda di rinnovamento e rigenerazione generale che coinvolgeva tutta la società, i tumulti nei mercati e le occupazioni di terre sembravano dare corpo allo spettro di una rivoluzione sociale che troviamo negli scritti di contemporanei appartenenti ad ambienti diversi e qualificati, e anche per questo significativi2. Lo segnalò – ad esempio – uno studioso di rilievo come Raffaele Ciasca: una delle ripercussioni che la rivoluzione russa ha avuto nei paesi occidentali d’Europa, in Italia soprattutto, è quella di aver riaccesa e resa più viva la disputa circa la destinazione economico-sociale del latifondo e delle cosiddette terre incolte. A mano a mano che dall’ex impero moscovita giungevano notizie più o meno particolareggiate e veritiere intorno alla grande rivoluzione che strappava all’aristocrazia terriera il potere politico, divideva la proprietà a furia di popolo, manometteva castelli, ville, palazzi, la stampa e i partiti conservatori si limitavano, fra noi, quasi esclusivamente a dipingere con le tinte più fosche gli eccessi e i danni immediati del movimento rivoluzionario; viceversa la stampa socialista, notando come pure in mezzo agli inevitabili eccessi, comuni del resto alle

1 Cfr. Antonio Fiori, Il filtro deformante. La censura sulla stampa durante la prima guerra mondiale, Istituto Storico Italiano per l’Età Moderna e Contemporanea, Roma 2001, p. 453; Mauro Forno, Informazione e potere. Storia del giornalismo italiano, Laterza, Roma-Bari 2012, pp. 72 sg.; Valerio Castronovo-Luciana Giacheri Fossati-Nicola Tranfaglia, La stampa italiana nell’età liberale, Laterza, Roma-Bari 1979, pp. 300-315, 357-398. 2 Cfr. Roberto Bianchi, Voies de la protestation en Italie: Les transformations de la révolte entre XIXe et XXe siècle, “European Review of History”, n. 20/6 2013, pp. 1047-1071.


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