Storia e Politica. Annali della Fondazione Ugo La Malfa - xxxi, 2016
109
Andrea Mariuzzo
L’emergere dell’antibolscevismo nell’opinione pubblica italiana
Introduzione Messa in discussione diretta della classe dirigente e dei sistemi di governo d’un paese belligerante nella Grande Guerra, il ciclo rivoluzionario russo del 1917 non poteva non essere guardato attraverso le lenti interpretative che erano state imposte dalla natura del conflitto, anche secondo meccanismi che andavano al di là dell’ovvia preoccupazione immediata delle ripercussioni che il crollo del fronte retto dalla Russia poteva avere sulle operazioni militari. Nei paesi dell’Intesa, la sovrapposizione tra l’immagine del nemico di guerra e quella di coloro che di fatto ne sostenevano l’affermazione sul campo di battaglia destabilizzando l’alleato impegnato sul fronte orientale fu profonda, e comportò il trasferimento di immagini, vocaboli, descrizioni e allusioni alla minaccia incombente, all’assoluta alterità e fin quasi alla disumanità maturati per descrivere i soldati nemici al nuovo scenario. Allo stesso modo, la prosa usata per la condanna senza eccezioni dell’orrore della guerra, della sua violenza e delle sue devastazioni da parte dei gruppi culturali e religiosi che tenevano a marcare la propria estraneità trovò rinnovato vigore nella necessità di confrontarsi con la tragedia rivoluzionaria russa. Fu quindi soprattutto attraverso giudizi e spunti mutuati dal tema più importante del discorso pubblico di quegli anni che prese corpo, nei termini di contrapposizione inconciliabile destinata a diventare una costante del confronto dialettico con l’universo comunista, la critica al nuovo regime rivoluzionario e collettivista che ne risultò. Così ebbe luogo il rinnovamento dell’arsenale polemico rispetto alle prese di posizione antisocialiste che avevano caratterizzato i decenni precedenti, quando il termine del confronto era una proposta programmatica essenzialmente teorica, piuttosto che un regime nella piena capacità operativa, alla guida di un paese sconfinato e ricco di risorse. Si muove secondo linee interpretative simili il maggiore contributo allo studio delle origini del discorso anticomunista nell’area anglosassone, British and American Anticommunism before the Cold War di Markku Ruotsila1. Per l’autore, il consolidamento dell’Unione Sovietica come modello di paese socialista e il contesto di minaccia ai fondamenti stessi della vita associata in cui ciò avvenne sancirono il passaggio da un’idea di socialismo «understood most broadly as representing almost all collective action and almost all
Markku Ruotsila, British and American Anticommunism before the Cold War, Frank Cass, London-Portland (OR) 2001. 1