LA GUARDIA DI FINANZA NELLA 2° G.M. (1940-'45) NARRAZIONE

PIERPAOLO MECCARIELLO

LA GUARDIA DI FINANZA NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

(1940-1945)

VOL. I - TESTO

MUSEO STORICO DELLA GUARDIA DI FINANZA ROMA 1992

PREFAZIONE Il Museo Storico della Guardia di Finanza è lieto di presentare, curandone la pubblicazione, la ponderosa opera del Generale di Divisione dott. Pierpaolo Meccariello, relativa alla preparazione militare del Corpo nell'intervallofra le due guetre mondiali ed alla sua partecipazione agli eventi bellici del pen·odo 1940-1945.

L 'autore, con unpaziente ed accurato lavoro durato akuni annz~ si è documentato consultando gli atti conservati nell'archivio de/Museo, comprendentz~jra l'altro, la corrispondenza del Comando Generale del Corpo con le Autontà di governo e con gli Stati maggiori delle Forze Armate ed i diari storici dei reparti, di regola costituiti da battaglioni. Si tratta quindi di un 'opera certamentepiù organica e completa di altre apparse in merito, tanto da poter/a considerare come un esauriente completamento dei volumi del generale Sante Laria, che, come 'è noto, è stato ilprimo e più importante storico delle vicende militari dei finanzieri da/1774 a/1920, impresa di Fiume compresa.

Certo moltz. italiani si meravigliano oggi a!lorchè apprendono che anche i finanzieri hannofatto, come si suo! dire, la guetra, dato che l'attenzione dell'opinione pubblica è attualmente semprepiù richiamata dalla Guardia di Finanza quale organo di polizia giudiziaria e tributaria. Eppure la partecipazione del Corpo agli eventi bellici è una costante della sua storia plurisecolare.

Infatti la Guardia dì Finanza ha sempre ambito a svolgere, oltre alla propria naturalefunzione, quella di contribuire alla difesa della Patria, preparandovisi adeguatamentefin dal tempo di pace, in obbedienza, del resto, al dettato di tutte Le Leggi di ordinamento.

Tale partecipazione ha assunto un carattere notevole soprattutto in occasione delle due guerre mondiali di questo secolo, laddove nel periodo risorgimentale e nei primi decenni del Regno d'Italia possono essere ricordati più che altro numerosi episodi di partecipazione, anche-individuale, ai moti rivoluzionari o l'intervento deifinanzieri, soprattutto dei reparti di confine, in azioni circoscritte. Solo nella guetra di Libia dell911-1912. si ha per la prima volta l'invio di una compagnia mobilitata a fianco dei reparti dell'Esercito.

Nelle due guerre mondiali il Corpo è intervenuto invece mobilitando per ognuna di esse, oltre al naviglio, diciotto battaglioni, nei limiti ovviamente delLe sue possibilità organiche e della necessità di continuare ad assolvere ai propri doveri relativi al servizio d'istituto.

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l! concorso alle operazioni belliche della seconda guerra mondiale, delle quali tratta il lavoro che viene presentato, ha indubbiamente avuto caratteristiche diverse rispetto a quello della guerra 1915- 1918, soprattutto dalpunto di vista qualitativo. !rifatti, se è vero che ifinanzieri dei diciotto battaglioni mobilitati nel1915 hanno o/frontato prove durissime, con duemila morti e sacrifici indicibilz~ è anche vero che talvolta la loro azione ha necessariamente risentito di una ajfrettata preparazione e della difficoltà di disporre di quadri ben sperimentati, dato che da pochi anni il Corpo aveva iniziato un adeguato programma di addestramento militare, con un generale dell'Esercito quale comandante generale solo dal l 906 e con la possibilità di richiamare in servizio nel Corpo i propri congedati, prevista soltanto da una legge del l 912.

Nella seconda guerra mondiale, e, in anteprima, nella guerra d'Etiopia del 1935- 1936, la pm·tecipazione alle operazioni militari si è invece distinta per una migliore preparazione spirituale e tecnico-militare deifinanzieri in genere e dei quadri in ispecie. È significativo e su.ffìciente ricordare l'intervento di reparti della Guardia di Finanza alle manovre militari dell'Esercito e le prime ammissioni di u.ffìciali alla Scuola di guerra dell'Esercito.

Sul piano dei riconoscimentiformali per azioni di guerra, va rammentato il c01yerimento a militari del Corpo delle prime medaglie d'oro al valor militare, ment·re, per quanto riguarda le ricompense alla bandiera per il comportamento dei reparti, sono state conferite ben undici decorazioni al valor militare, laddove solo due nastri azzurri ricordano i battaglioni impegnati nel primo conflitto mondiale.

Il generale Meccariello, nella sua pregevole opera, tratta anclze del travagliato periodo l 943 - l 945 e del contributo deifinanzieri alla Resistenza, senza peraltro tralasciare alcuni accenni alla Guardia di Finanza che ha continuato ad operare qualeforza di polizia nel territorio della Repubblica di Salò. E di ciò gli va dato atto, trattandosi di un doveroso completamento della storia del Corpo.

Un 'attività milita·re della Guardia di Finanza, dunque, quella conclusasi con la seconda guerra mondiale, che merita di essere adeguatamente ticordata, come si è proposto difare, confelice risultato, l'autore con ilsuo impegnativo lavoro, che si inserisce degnamente nella leLLeratura relativa alla storia plurisecolare della Guardia di Finanza per quanto concerne il suo concorso alla difèsa militare della Patria.

IL PRESIDENTE DEL MUSEO STORICO Generale CA. dott. Ferdinando Dosi

IV

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INTRODUZIONE

Questo libro costituisce un primo tentativo di ricostruzione, a mezzo secolo di distanza dagli avveniment4 delle vicende della Guardia di finanza durante il secondo conflitto mondiale, al quale il Corpo partecipò in una duplice forma: come organismo di polizia, presente sia nella Madrepatria che nelle colonie, in Egeo ed in Albania, con incombenze specifiche nel quadro dell'economia di guerra, ma spesso chiamato ad assolvere anche compiti di tutela dell'ordine pubblico; come forza militare, impegnata nelle attività di copertura e di difesa costiera ma anche presente sui vari fronti e nei territori d'occupazione, con propri reparti mobilitati, e sul mare, con le unità poste a disposizione della R. Marina.

Per il primo aspetto, la ricostruzione soffre della carenza di studi organici riguardanti la condotta economica della guerra da parte italiana -la produzione bellica, la distribuzione delle risorse, il sistema dei prezzi - della quale la Guardia di finanza fu un importante strumento, sia in Italia- dove speciali unità furono costituite alle dipendenze dei ministeri delle corporazioni e della produzione bellica - che in Libia ed in Africa Orientale.

Per la partecipazione alle operazioni militari propriamente dette, mi sono avvalso delle fondamentali opere edite dall'ufficio storico dello Stato Maggiòre Esercito, quelle del gen. Montanari sulla campagna di Grecia e sulle operazioni in Africa Settentrionale, e del gen. Rovighi sulle operazioni in A.O. Ho avuto il privilegio di essere allievo di entrambi alla Scuola di Guerra, ed ho quindi un duplice motivo di riconoscenza nei loro confronti.

Utile è stata anche la consultazione delle monografie dello stesso USSME sulle operazioni nelle Alpi Occidentali, in Jugoslavia, in Sicilia e Calabria e nel settembre-ottobre 1943, nonchè

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dell'opera di O. Talfo ("Dalmazia- cronaca per una storia", limitatamente ai primi due volumi sinora pubblicati) e del volume dedicato, nel dopoguerra, al naviglio della R.G.F. dall'amm. Fioravanzo per conto dell'ufficio storico dello Stato Maggiore Marina.

Un terzo aspetto delle vicende della Guardia di finanza nel corso del conflitto riguarda la particolarissima situazione nella quale venne a trovarsi l'organizzazione deJ Corpo nel centro-nord dopo l'armistizio. Non fu disciolta, come avvenne per i Carabinieri, riuscì a compromettersi il meno possibile con le autorità d'occupazione e con quelle della RSL e partecipò attivamente alla Resistenza fino ad assumere un ruolo importante nella fase insurrezionale.

Ho tentato di spiegare la singolarità di tale vicenda con l'accentuazione data alla componente tecnica della fisionomia del Corpo, e con la sostanziale disomogeneità - e, nonostante le apparenze, la scarsa efficienza - dell'amministrazione tedesca e di quella repubblicana. Ma naturalmente il tema merita di essere approfondito, mediante ricerche che si estendano alle fonti germaniche e della RSI. Per il presente lavoro, mi sono avvalso essenzialmente dell'opera del gen. Oliva (''La Guardia di finanza nella Resistenza e per la liberazione") e dei volumi pubblicati, nell'immediato dopoguerra, da due protagonisti, i generali Crimi e Malgcri, nonchè -per la ricostruzione di taluni aspetti delle strutture e delle politiche amministrative tedesche, in particolare per quanto riguarda l'istituzione della "polizia economica"- dell'opera di E. Collotti: "L'amministrazione tedesca dell'Italia occupata - 1943/ 45", edito per conto dell'Istituto Nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia.

Il materiale documentale- abbondante anche se disorganico ed ancora in attesa di sistemazione- è costituito prevalentemente dal carteggio, depositato presso il Museo Storico della Guardia di fmanza, dell'ufficio del generale dell'esercito addetto al Comando VI

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Generale del Corpo, incaricato di tenere i rapporti con il Comando Supremo e con gli Stati Maggiori, e di curare la costituzione, l'addestramento e l'ordinamento delle unità. Esigua è invece la documentazione proveniente dai comandi e dai reparti mobilitati, in gran parte dispersa dopo l'armistizio, e di valore assai vario quella originata da altre fonti (relazioni di reduci dalla prigionia, proposte di ricompense al valor militare, atti della commissione di epurazione, che esaminò il comportamento di tutti gli ufficiali presenti nel centro-nord dopo l'armistizio, ecc.). Anche la consultazione di tale materiale, faticosa e sempre soggetta al rischio di omissioni, deve essere integrata da ulteriori ricerche, che possano avvalersi di una più razionale organizzazione archivistica, nel quadro di un auspicabile potenziamento dell'ufficio storico del Comando generale.

Mi auguro che la pubblicazione del presente volume - per la quale rivolgo vivo ringraziamento al presidente del Museo Storico della Guardia di finanza, gen. C.A. Ferdinando Dosi - costituisca incentivo ad ulteriori iniziative in questa direzione.

Sono anche riconoscente al gen. C.A. Luciano Palandri, per avermi consentito di consultare le agende del Padre, comandante della R. G.F. in Africa Orientale ed in Albania~ e poi capo dell'ufficio militare del comando generale di Brescia, ed al generale Tito Finizio, direttore dell'ufficio storico del Comando Generale della Guardia di finanza, che mi ha aiutato nella ricerca del materiale iconografico e nella revisione del lavoro.

Roma, febbraio 1992

Gen.D. Pierpaolo Meccariello

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Capitolo I LA REGIA GUARDIA DI FINANZA TRA LE DUE GUERRE l. La R.C.F. nel novembre 1918. - 2. L'organizzazione del servizio d'istituto nei territori annessi.- 3. La riforma ordinativa dcll919.- 4. La "controriforma" del 1923 e la nascita della "polizia tributaria investigativa".- 5. "Milizia confinaria" c "Guardia alla frontiera".- 6. La pianificazione del concorso alle operazioni belliche.- 7. L'organizzazione della R.C.F. in Libia, in Egeo cd in Africa Orientale.- 8.

La R. guardia di finanza d'Albania.

l. La R. guardia di fmanza nel novembre 1918.

' armistizio tra l'Italia e l'Austria-Ungheria fu firmato alle sei pomeL ridiane del 3 novembre l 9 18 ed entrò in vigore alle 15 del giorno successivo.

A quell'ora, tra le truppe che marciavano verso il Trentino e nella pianura friulana per raggiungere la linea d'armistizio, erano tre battaglioni della R. guardia di finanza- il VII, l'VITI ed il XX- che al momento della rottura del fronte si trovavano in linea sul Basso Piave.

In un primo tempo si erano mossi con le grandi unità dell'Esercito alle quali erano aggregati -la brigata granatieri per i primi due, una divisione di fanteria per il XX- ma nel pomeriggio del4 novembre il comando supremo ne aveva disposto il concentramento a S. Biagio di Collalta, affinchè concorressero all'organizzazione dei servizi di polizia militare a tergo delle colonne avanzanti, dove si andava delineando una situazione caotica per la presenza di migliaia di sbandati già appartenenti alle formazioni austro-ungariche in via di dissoluzione.

ll mattino delS novembre il VII e l'VIII battaglione furono avviati sulla strada della val Lagarina e 1'8 erano ad Ala, da dove il VII fu fatto proseguire per Rovereto e Trento, raggiunta il l O, mentre l'VIII rimase ad Ala fino alla fine del mese, per organizzare un campo di concentramento per i prigionieri di guerra. Lo stesso compito assolse fino al24 novembre il XX battaglione a S. Biagio di Collalta; successivamente il reparto fu trasferito a Trieste e distaccò una compagnia a Capodistria ed un'altra a Pola. l

Le tre unità ora citate, più altre cinque dislocate in Albania, una al confine svizzero ed alcune compagnie autonome, erano quanto rimaneva dei diciotto battaglioni mobilitati dalla R.G.F. all'inizio del conflitto.

La pianificazione in vigore al 24 maggio 1915 prevedeva infatti la costituzione di quattro battaglioni "di frontiera" con organico ed armamento analoghi a quelli delle corrispondenti unità alpine, destinati a partecipare alle operazioni dell'esercito di campagna, mentre altri quattordici, strutturati come unità di fanteria della milizia territoriale, avrebbero dovuto concorrere alla difesa costiera.

Fin dai primi giorni di guerra, tuttavia, anche i battaglioni "costieri" furono schierati sui fronti trentino, carnico e giulio.

Impiegati come normali unità di fanteria, i battaglioni e le compagnie autonome della R.G.F. rimasero ininterrottamente in linea daJla primavera dell915 all'estate del ' 17, epoca in cui in gran parte furono trasferiti al confine italo-svizzero, come elementi del complesso di forze denominato "Occupazione avanzata frontiera nord", destinato a parare un'eventuale minaccia che si fosse profilata a tergo della zona di combattimento, mediante la violazione della neutralità elvetica.

Al fronte rimasero soltanto quattro battaglioni ed alcune compagnie autonome, prevalentemente adibite a compiti di polizia militare.

Ma già in giugno tre battaglioni - XI, XII, XVI- seguiti da altri due in. dicembre (XIV e XVIII) furono destinati al corpo di spedizione in Albania, mentre ai primi di dicembre, subito dopo Caporetto, il Vll ed il XX furono rapidamente trasferiti sul Basso Piave per formare, con l'VITI reduce dalla Bainsizza e con reparti di marinai ed elementi territoriali, il velo di forze che valse ad arrestare l'avanzata austriaca su Venezia.

Il ritiro di una parte delle unità si era reso necessario per il grave stato di logoramento determinato dalla prolungata permanenza al fronte, ma accentuato dagli effetti di alcuni provvedimenti del comando supremo, che avevano praticamente precluso la possibilità di ripianare le perdite e di avvicendare gli elementi in linea, gran parte dei quali erano molto più anziani degli appartenenti alle unità di prima linea dell'esercito ed erano quasi tutti mobilitati fin dall'inizio delle ostilità.

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Nell'estate del ' 16, infatti, subito dopo la conclusione dell'offensiva austriaca in Trentino, era stato disposto il passaggio in fanteria dei ri2

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servisti incorporati nei battaglioni della R.G.F., il cui numero veniva contemporaneamente ridotto a nove. La disposizione, per l'energica reazione del comando generale d el Corpo, fu revocata quasi subito ma nell'aprile del ' 17 fu ordinata la sospensione degli arruolamenti sia nella R.G.F. che nell'Arma dei CC.RR., ponendo quindi entrambe le organizzazioni nell'impossibilità di attingere forze fresche per alimentare lo sforzo.

La crisi organica che ne derivò fu quindi gravissima, e si accentuò con il protrarsi del conflitto.

n 7 settembre 1918, ad esempio, il sottocapo di SM dell'Esercito, Badoglio, ritenne di intervenire presso il comando generale perchè si facesse qualcosa per l'VIII battaglione, in linea a Cavazuccherina, il quale su un organico di circa seicento uomini presentava una deficienza di l 5 sottufficiali e 259 guardie (1). Si constatò allora che la disponibilità complessiva di complementi presso i tre battaglioni della legione allieviMaddaloni, Roma e Verona, ormai ridotti a funzioni di deposito per i reparti operanti - era di 23 sottufficiali, 48 appuntati e 111 guardie.

Quanto agli ufficiali, la loro formazione aveva avuto, durante la guerra, ritmi più prossimi alla normalità di quelli che si erano registrati nell'esercito, e si era rinunciato sia al reclutamento di ufficiali di complemento che al trasferimento nei ruoli d el Corpo di ufficiali di altre forze armate (2).

Ma tali criteri, mantenuti fermi anche nel dopoguerra, se assicurarono una certa omogeneità dei quadri, ne determinarono anche un sensibile invecchiamento, sia per la preponderanza della componente pro(l) Doc. n. l.

(2) All' inizio del conflitto gli uflìciali della R. guardia di finanza, in tutto 462, venivano formaù presso la scuola di Caserta, fondata nel 1896 ed aperta dal 1908 anche ai giovani diplomati dai licei. Cii allievi, una ventina per ciascun corso, conseguivano la nomina a sottotenente dopo un ciclo di tre anni scolastici. In seguito alla mobilitazione, la durata dci corsi fu ridotta; gli allievi del 16" furono promossi nel maggio del 1915 e quelli del 17" in settembre, allorchè ebbe inizio il 19" corso con numero di frequentatori, guarantacinque, assai sup eriore al normale. La durata dei corsi fu ulteriormente contratta ncl1916; gli allievi del 18" furono licenziati in aprile mentre quelli d el 19 lasciarono la scuo la in settembre, dopo una permanenza di appena undici mesi, la più breve nella storia del Corpo. La deficienza di subalterni rnanifestatasi nella prima fase della guerra si fece in seguito meno acuta, sia per la riduzione del numero dei battaglioni mobilitati, sia per la massiccia immissione nel ruolo d1 sottufficiali promossi sottotenemi con nomina diretta, nonchè di sottufficiali in conged o nominati sottotenenti di milizia territoriale. I corsi iniziati tra il luglio 191 6 e l'ottobre J 918 eb bero quindi tutti una consistenza di trenta allievi ed una durata tra i venti ed i ventidu e mesi. In to tale, tra il1 • agosto 19 14 ed il 4 novemb re 1918la scuola allievi ufficiali di Caserta produsse 169 sottotcncnti. (St udio compilato dal comando d ella R. accademia c scuola d'applicazione della R. guar·d ia di finanza nel settembre 1939 - Doc. n. 2).

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veni ente dai sottufficiali, sia perchè nel corso del conflitto non si verificarono per la R. guardia di fmanza, quei massicci incrementi di organico che avevano se nsibilmente accelerato le carriere degli ufficiali dell'esercito (3).

I comandanti di compagnia e di battaglione mobilitati nel 1915 tu tti reclutati con il sistema anteriore alla riforma dell 908- erano generalmente sulla cinquantina, mentre molti subalterni avevan o un'età tra i trenta ed i quaranta anni. Quasi tutti questi ufficiali rivestivano ancora lo stesso grado dopo tre anni e più di guerra, e non potevano non avvertire come un'ingiusta sottovalutazione dei loro meriti il confronto con i colleghi delle altre forze armate.

Al termine delle ostilità, se per gli ufficiali il disagio era di carattere più che altro morale, per i sottufficiali e la truppa le difficoltà erano dinatura soprattutto quantitati va.

Mentre esercito e Paese si accingevano ad affrontare i costi sociali ed i complessi problemi politici e tecnico-militari posti dalla necessità di ricondurre all e dimensioni del tempo di pace uno str umento bellico che in vario modo coinvolgeva circa quattro milioni di uomini, la smobilitazione presentava per la R. guardia di fmanza difficoltà di segno del tutto opposto.

Gli organici di anteguerra, ai quali nel corso del conflitto erano stati apportati soltanto modesti ritocchi (peraltro di carattere provvisorio) erano sicuramente inadeguati ri spetto alle esigenze dell'organizzazione del servizio d'istituto nei territori di cui si prevedeva l'annessione, nonchè a quelle che si stimava sarebbero state le necessità della vigilanza fiscale all'interno del regno, in seguito all'introduzione di nuove imposte di produzione o di monopolio, inevitabile per far fronte al fabbisogno finanziario della ricostruzione.

Ma anche rispetto ad organici tanto insufficienti, fortissima era la deficienza degli effettivi.

Il divario tra organici e forza effettivamente in servizio era pari a 4807 unità al 30 giu gno 1918 e raggiunse le 6068 a fine ottobre.

Iniziata la smobilitazione, la deficienza salì a 7487 unità al28 feb(3) Soltanto con D. Lgt. l 0.6.19 17, n.96 1, era stato concesso un modesto au mento di organico ( 4 colonnelli, 8 maggiori, l O capitani).

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braio 1919 ed a 8446 al successivo 30 giugno, circa un terzo della forza organica, di poco inferiore ai venticinqu emila uomini.

La situazione era ritenuta allarmante, anche perchè si dava per scontato che, dopo il lungo periodo di guerra, la disaffezione dei giovani per la vita militare avrebbe determinato una contrazione del gettito del reclutamento. Si auspicava, perciò, la creazione di incentivi di carattere economico, tali da indurre almeno una parte dei congedandi a chiedere la rafferma.

Gli arruolamenti nella R.G.F. furono riaperti nell'aprile 1919, gli istituti d'istruzione ripresero a funzionare a pieno ritmo, e come spesso accade, le previsioni pessimistiche risultarono .infondate.

Alcuni provvedimenti adottati a metà anno a favore degli appartenenti alle forze di polizia, ma soprattutto le difficili prospettive occupazionali del dopoguerra in.Auenzarono positivamente sia il reclutamento che le domande di rafferma.

E la crisi finì con l'essere superata più presto del previsto.

2. L'organizzazione de) servizio d'istituto nei territori annessi.

L'organizzazione del servizio d'istituto nelle nuove province del regno fu il secondo grosso problema che la guardia di fmanza dovette affrontare nell'immediato dopoguerra.

Sul territorio compreso tra il vecchio confine e la linea d'armistizio, più o meno coincidente con l'andamento della futura frontiera secondo gli accordi intervenuti con gli alleati al momento della stipula del Patto di Londra nella primavera dell915, i poteri civili e militari erano esercitati dal comando supremo mediante tre governatori militari, nominati con ordinanza dellS novembre 1918: gen. Pecori Giraldi per il Trentine, l'Alto Adige e l'Ampezzano; gen. Petitti di Roreto per la Venezia Giulia; amm. Millo per la Dalmazia e le Isole dalmate e curzolane.

A richiesta delle autorità locali, motivata da esigenze di tutela dell'ordine pubblico, il23 novembre l'occupazione fu estesa al Tirolo settentrionale, compresa la capitale Innsbri.ick; anche tale territorio, al di là della linea d'armistizio, fu sottoposto all'autorità del gen. Pecori Giraldi.

I reparti mobilitati della R. guardia di finanza dislocati in zona

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d'armistizio dipendevano a tutti gH effetti dai governatori. e furono impiegaci per la sorveg}janza della linea di demarcazione, l'anesto di disertori e di prigionieri di guerra evasi, il controllo su ll'applicazione delle ordinanze in materia valutaria, annonaria e sugli scambi commerciali, la prevenzione e la repressione dei reati contro l'amministrazione militare, il recupero del materiale bellico.

119 dicembre il comando della 1• Armata dispose che la 23• compagnia dell'VITI battaglione fosse distaccata ad lnnsbriick, dove tre giorni dopo giunsero anche il comando di battaglione e la 58. compagnia. L'unità rimase a d isposizione della commissione italiana per il rimpatrio dei prigionieri e dei profughi fino a metà febbraio, epoca in cui il comando rientrò ad Ala, e la 23• cp. raggiunse il Brennero per istituirvi il servizio doganale, mentre ad Tnnsbriick rimase, ancora per un mese, la 58• cp.

Il comando della l ' Armata, con foglio 17768 Op. dell'8 marzo 1919 ( 4) diretto ad un "Comando Territoriale della R. guardia di finanza del Tremino e dell'Alto Adige", retto dal t.col. Olivo, imparù disposizioni per la riorganizzazione del servizio di sorveglianza politico-militare e doganale sulla linea di armistizio, tenuto conto delle mutate condizioni conseguenti allo scioglimento, avvenuto o imminente, di una parte delle unità d ell'esercito.

La responsabilità della sorveglianza lungo l'intero fronte dell'Armata doveva essere assunta dal Comando del X C.A., che avrebbe quindi esteso la propri a competenza anche ai passi del Brennero e di Resia, finora compresi nel settore del Ill C.A. A disposizione del X C.A. venivano posti il Vll e l'VIII btg. della

R.C.F., alle dipendenze rispettivamente della 5• e della 55• divisione, i quali avrebbero assunto la seguente dislocazione:

VII btg.: C.do btg e 53· cp.: BOLZANO 18. cp.: MERANO 20• cp.: GLORENZA 52· cp.: TRENTO (alle dirette dipendenze del C.do Tenit. R.G.F.) VIII btg.: C.do btg. e 22" cp.: BRESSANONE 23• cp.: VIPITENO 58. cp.: BRU~ lCO. (4) Doc. n. 3.

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In sintesi, al VII btg. restava affidata la sorveglianza del Passo di Resia, degli accessi alla Val Venosta e del confine svizzero nella zona di T ubre, mentre I'Vlll era responsabile per i Passi del Brennero e di Dobbiaco e per gli accessi alle valli dell'Isarco e della Rienza. ll comando di armata indicava una serie di località che avrebbero dovu to essere presidiate da distaccamenti della R. guardia di finanza, men tre incaricava il comando territoriale del Corpo di impartire le d isposizioni per l'esecuzione del servizio.

I reparti avrebbero dovuto mantenere le formazioni di guerra, in attesa che, per successive disposizioni del comando supremo, fosse possibile adottare una sistemazione di carattere territoriale.

I movimenti furono eseguiti il 18 marzo 1919, ad eccezione di quello riguardante la 23• compagnia, che rimase al Brennero fino al 20 settembre.

Dal4 febbraio, intanto, erano ripresi gli c;cambi commerciali attraverso il confine prov\ isorio itala-austriaco, sotto la sorveglianza doganale dei reparti della R. guardia di finanza presenti ai valichi. Rimase invece chiusa ancora per parecchio tempo al traffico civile la linea di demarcazione tra la zona di armistizio ed il territorio d i quello che era d ivenuto il Regno dci Serbi, Croati e Sloveni.

Nel d icembre 19 18 il comando generale aveva incaricato il col. Peri ni, comandante della Legione di Verona, ed il col. Laria, che riprendeva servizio dopo un lungo periodo di aspettativa per ferite di guerra, di condurre uno stud io per la organizzazione del servizio d'istituto nelle province di cui si prevedeva l'annessione, rispettivamente nella Venezia Tridentina e nella Venezia Giulia.

Il comando supremo, con ordinanza del 3 1 marzo 1919, istituì in via provvisoria, con decorrenza dal successivo 8 aprile, le legioni di Trento e di Trieste ed il circolo autonomo di Zara.

Con messaggio n. 76653 d el 27 giugno, lo stesso comando supremo- Ufficio Ordinamento e Mobilitazione- d ispose il passaggio ·'a completa ed unica dipendenza" dei sudd etti comandi di tutti i reparti della guar dia di finanza dislocati nei territori soggetti alla giurisdizione dei governatori militari.

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Questi d'altra parte, per effetto del R.D. 19.7. 1919 n. 1251, cedettero ai primi di agosto i poteri ai R. commi sari generali civili, che li tennero fmo alla annessione delle nuove province, in seguito all'entrata in vigore dei trattati di St. Cermain (per la Venezia Tridentina, 26.9.1920) e di Rapallo (per la Venezia Gi ulia e Zara, 18.1 2. 1920).

Se la normalizzazione fu raggiunta relativamente presto in Tremino-Alto Adige, dove la firma del trattato di pace consentì la definizione del nuovo confine italo-austri aco, una situazione complessa e del tutto imprevista si d elineò in corrispondenza del tratto orientale della linea di armistizio.

Il 26 ouobre 19 18, mentre le strutture d ell'l mpero austro-ungari co stavano crollando, la Dieta di Zagabria proclamò l'indipendenza dei croati già sudditi degli Asburgo. Il 24 novembre fu deliberata l'unione alla Serbia, ed il1" dicembre vid e la luce il Regno dei Serbi, Croati e Sloven i. La nuova entità fu immmediatamente riconosciuta dalle Potenze dell'Intesa, e fu in grado di contare sin dall'inizio su una consistente, anche se disorganizzata, forza militare, poichè in essa si riconobbero, oltre ai resti dell'esercito serbo, la maggior parte delle unità già austro-ungariche schierate sul fronte italiano, prevalentemente composte da slavi, c la quasi totalità degli equipaggi della flotta. ll fatto nuovo rimise in discussione le aspirazioni italiane sulla Dalmazia, che avevano trovato soddisfazione negli accordi di Londra d ell'aprile 1915, ed il d elinearsi di un orientamento filo-slavo tra gli Alleati impedì alla conferenza della pace di Versailles di giun gere ad una defmizione del problema, rinviata a trattative dirette tra l'Italia ed il nuovo regno.

In novembre, tra le truppe italiane che si attestavano sulla linea di armistizio e le formazioni armate slave si era spesso rischiato lo scontro.

N e i mesi successivi seguì uno stato di tensione, anche per l'incerto andamento della linea- non ancorata, come nel tratto italo-austriaco, ad elementi oro-idrografici chiaramente individuabili - che forni va continu e occasioni di contestazione. La situazione era ancora peggiore in Dalmazia, per la netta chiusura da parte slava alle rivendicazioni italiane, l'atteggiam ento prevalentemente ostile della popolazione, e l'estrema difficoltà di mantenere il controllo di una zona d'occupazione costituita da una striscia di terraferma lunga e sottile e da una miriade di isole. Fu ben presto necessario rinforzare il piccolo co rpo di spedizione sbarcato agli ord ini dell'a mm. Millo, trasferendo d'urgenza truppe dall'Albania e dal la Madrepatria, tra le quali un contingente di finan zieri.

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Oltre al XX battaglione. giunto a Trieste dal Piave a fine novembre, nei primi mesi del1919 furono stanziati nella Venezia Giulia. alle dipendenze del XIV C.A.• il I btg. proveniente dalla frontiera svizzera, e l'XI, XIV, XVI e XVIII, rimpatriati dall'Albania, dove rimasero, fino al termine dell'occupazione italiana nell'estate del 1920, il distaccamento di Valona- adibito a compiti d'istituto- e la "compagnia autonoma dell'Albania meridionale".

In quei mesi Trieste. già principale emporio commerciale dell'Impero ora in gravissima crisi, non poteva non divenire il centro di attività illecite di vario genere, per reprimere le quali fu necessario costituire un "drappello investigativo speciale", comandato dal capitano Raffaele Melucco, embrione di quelli che, di lì a pochi anni, sarebbero divenuti i "nuclei di polizia tributaria investigativa".

Fu anche frequente l'impiego dei reparti in servizio di ordine pubblico, a causa delle gravi tensioni politiche e sociali che si manifestarono nel capoluogo giuliano.

A settembre le unità mobilitate, ormai dipendenti a tutti gli effetti dal comando della legione di Trieste, assunsero l'ordinamento territoriale.

Nel capoluogo. il comando e la 62• cp. del XX btg., la 15" e la 48" cp. del XVI e la 40" cp. dell'XI costituirono il circolo interno; la 61" cp. dislocata a Capodistria diede vita al circolo esterno. e la 59• cp. a quello di P ola; il comando del XVI btg. originò il circolo di Gorizia.

A complicare una situazione già abbastanza complessa sopravvenne l'iniziativa dannunziana a Fiume.

La città, destinata a continuare a svolgere la sua tradizionale funzione di sbocco marittimo dell'economia ungherese, non era stata assegnata all'Italia dagli accordi di Londra. Nei giorni della dissoluzione dell'Impero. tuttavia, in presenza della situazione nuova determinata dalla nascita dello stato jugoslavo. la maggioranza della popolazione chiese l'annessione di Fiume all'Italia. In attesa d elle decisioni della conferenza di Versailles,la città fu occupata da un contingente interalleato sotto comando italiano, del quale facevano parte la g• e la 30"compagnie autonome della R. guardia di finanza. ll distaccamento, al comando del cap. Filippo Sepe, fu autorizzato

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dal comando del XXVIII C.A. - su proposta del col. Laria, comandante della legione di Trieste- a rimanere a Fiume anche dopo ]a partenza del contingente, avvenuta il 13 settembre in seguito alringresso in città dei legionari di D'Annunzio.

Per rutto il periodo di vita d ella "Reggenza del Carnaro" i finanzieri continuarono quindi ad assolvere i loro normali compiti d'istituto, consistenti essenzialmente nella sorveglianza portuale e sul punto franco- dove tra l'altro erano depositati ingenti quantitativi di materiali della base logistica francese- unico elemento delle forze armate regolari presente a Fiume dopo che anche i carabinieri lasciarono la città, il6 maggio 1920.

La "questione fiumana"' fu così superata dalla R. guardia di finanza senza traumi di carattere di ciplinare, benchè da parte degli ufficiali delle due compagn ie non fossero mancate manifestazioni di adesione alla causa dannunziana, tanto da indurre l'autorità militare a censurare sistematicamente le corrispondenze dirette dalla città al giornale "Il Finanziere".

Con la ratifica del trattato di Rapallo, anche il confine tra l'Italia ed il regno serbo-croato-sloveno fu deflllito c nel 1924 fu chiusa, con l'annessione, pure la vertenza per Fiume.

La normalizzazione formale dei rapporti tra i due Paesi non condusse però all'instaurazionc di un clima di erenità lungo la frontiera, che correva in gran parte attraverso zone impervie, abitate da una popolazione alloglotta tendenzialmente ostile, percorse da bande armate dedite, tra l'altro, al contrabbando di cava1li. l frequenti conflitti a fuoco assumevano talvolta le dimensioni di vere e proprie azioni di guerriglia, con attentati, attacchi a casermette isolate, imboscate, come quella tesa la sera dell'8 novembre 1930 a sei guardie d ella brigata di Caldi Canale, pres o l dria, una d elle quali rimase uccisa; l'episodio, per il suo carattere chiaramente politico, diede luogo ad un processo davanti al Tribunale speciale per la difesa dello Stato.

Malgrado il silenzio ufficiale mantenuto su tale situazione, praticamente ignorata dall'opinione pubblica, non mancarono preoccupazioni per la eventualità che gli incidenti degenerassero, o che potessero assumere carattere di premessa ad azioni militari da parte jugoslava.

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TI 5 maggio 1927 il capo del governo comunicava al ministro delle finanze (5) di aver preso in esame l'eventualità che "nel territorio di frontiera della Venezia Giulia la situazione possa richiedere, con tutta urgenza, e prima che il Regio Governo abbia potuto intervenire, l'attuazione di disposizioni locali, per fronteggiare possibili incursioni di partigiani, preludio a successive operazioni militari".

In tale ipotesi il comando di tutte le forze armate presenti nella Venezia Giulia avrebbe dovuto essere assunto dal comandante del corpo d'armata di Trieste, ch e veniva invitato ad impartire immediatamente le conseguenti direttive. Si sollecitava anche la rapida realizzazione d ei collegamenti telefonici tra i nuclei della guardia di fman za dislocati lungo il confine.

Sempre nel 1927, una commissione mista, presieduta dal colonnello di S.M. Garibaldi, definì il tracciato di una rete metallica che, secondo l'esperienza già fatta al confine itala-svizzero, avrebbe dovuto garantire l'impenetrabili tà della frontiera nella zona di Fiume, in corrispond enza d ei tratti di linea affidati alle brigate di Val Scurigne, Miramare e Ferlania. Nella relazione del comando di circolo, si metteva in evidenza come l'opera fosse praticamente inutile dal punto di vista della vigilanza fiscale, e se ne richiedesse l'esecuzione soprattutto per esigenze di natura politico-militare.

Due anni dopo, sempre su direttive impartite direttamente da Mussolini (6), le legioni di Udine e di Trieste furono incaricate di studiare la sistemazione a difesa delle casermette dj confine, in gran parte ancora consistenti in baraccamenti in legno realizzati dal com missario civile per la Venezia Giulia tra il 1920 cd .il '22. l lavo ri, ispirati al co ncetto di conferire agli apprestamenti una capacità difensiva nei confronti dj attacchi di sorpresa cond otti esclusivamente con impiego di armi portatili, dovevano consistere nella realizzazione di una siepe metallica perimetrale rinforzata con reticolato da trin cea, nel rivestimento esterno in mattoni delle pareti in legno, nella blind adura di porte e finestre, nella costruzione di torrette da utilizzare per l'impiego delle mitragliatrici S.Etienne, ecc. el l'estate del 1932 il comandante generale gen. Cicconetti ispe(5) Doc. n. 4.

(6) Doc. n. 5.

ll

zionò i lavori in cor o tra Tarvisio e Fiume e nelle isole di Cherso e Lussino, e ne riferì personalmente a] ministro della guerra Gazzera. Tornò ancora sull'argomento ill8 agosto 1933 con il comandante del corpo d'armata di Trieste, Pirzio Biroli.

Ancora nel 1931 risultano inviate d'urgenza nella Venezia Giulia 200 guardie tratte da tutte le legioni di confine, per rinforzare i reparti a richiesta del ministero della guerra. All'inizio del 1935, facendo riferimento alla "particolare situazione che si è determinata nella zona del confine nord-est", i comandi di legione furono invitati a maggiore vigilanza poichè "i luttuosi fatti che in tempi recenti hanno causato numerose vittime, stanno a dimostrare che i militari del Corpo non sempre sanno contrapporre a1la sorpresa astuta un'azione pronta e risoluta che valga a sventarla"(7).

La sorveglianza al confine orientale, in sostanza, costituì un serio problema operativo ed organizzativo per la guardia di finanza lungo tutto il ventennio tra le due guerre.

3. La riforma ordinativa del 1919.

Al momento dell'entrata in guerra, rordinamento della R. guardia di finanza era regolato dal testo unico approvato con R.D. 26 novembre 1914, n. 1440, che raccoglieva una serie di disposizioni emanate a partire dall906, anno in cui erano state apportate innovazioni sostanziali alla struttura del Corpo.

Una commissione ministeriale, presieduta dal sen. Bonasi e composta dagli on. Vendramini e Monti Guarnieri, dai generali Goiran e Masi e da tre funzionari dell'amministrazione finanziaria, risolvendo una serie di questioni che si trascinavano praticamente dall'epoca dell'unificazione nazionale, aveva proposto l'adozione per la R. guardia di finanza di un modello organizzativo sostanzialmente coincidente con que11o che nel tempo si era venuto delineando per l'Arma dei carabinieri reali.

Punti qualificanti della riforma, attuata con legge n. 367 dell906, furono quindi la connotazione militare, l'integrazione tra le forze armate e la previsione dell'impiego in guerra; una struttura gerarchica, comprendente un comando generale e dodici legioni territoriali, oltre ad una scuola allievi ufficiali ed una legione allievi; l'attribuzione agli ap(7) Doc. n. 6.

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partenenti al Corpo, congiuntamente allo "'status" militare, di compiti di polizia giudiziaria ed amministrativa.

Rispetto all'ordinamento dell'Arma sussistevano tuttavia alcune differenze, che in qualche modo sottolineavano la fisionomia più spiccatamente tecnica della R. guardia di finanza, quali la dipendenza esclusiva dal ministro delle finanze (in luogo della duplice dipendenza dci CC.RR. dalla Guerra e dagli Interni), e la previsione della possibilità di affidare il comando generale ad un ufficiale del Corpo, in alternativa ad uno dell'Esercito.

Tra ill906 cd il J 9 14, come si è d etto, furono emanati una serie di provvedimenti di assestamento, cui seguirono, nel corso del conflitto, modifiche di modesta entità.

Nel dopoguerra oltre allo scontato riconoscimento della necessità di adeguare gli organici alle maggiori esigenze della vigilanza fiscale c confinaria, si fece strada la convinzione che occorresse una revisione dei criteri informatori dell'organizzazione della guardia di finan za.

Le idee più diffu se riguardavano, innanzitutto, la necessità di un rafforzamento della struttura di comando, nel senso di una migliore articolazione interna del comando generale, allora costituito esclusivamente da un ufficio di segreteria retto da un colonnello, e dell'inserimento di un elemento di raccordo tra il comando generale stesso e le legioni territoriali.

Con l'acquisizione del nuovo confine, poi, occoiTeva pensare alla costituzione di una specialità alpina, comprendente personale allenato a vivere ed operare in alta montagna ed addestrato alle tecniche dello sci e della roccia. Ma il criterio d ella specializzazione andava esteso a tutta l'attività del Corpo, tanto da farne ritenere conveni ente l'articolazione in tre settori distinti: il confinario, il costiero e quello della vigilanza fiscale all'interno del territorio. Per la vigilanza confinaria, in particolare, sarebbero stati necessa ri da otto a dieci battaglion i, su quattro compagnie, tre de11e quali schierate lungo la linea, e la quarta alla sede del comando, come elemento di ri serva e per assicurare l'avvicendamento del personale delle prime tre; due-tr e battaglioni avrebbero potuto costituire un raggruppamento corrispondente ad uno dei settori dell'arco alpino. Le unità confinarie, inquadrate, addestrate ed equ ipaggiate in modo particolare, e dotate anche di una speciale divisa, avrebbero dovuto costituire il nerbo delle formazioni da mobilitare in caso di guerra, e sarebbero co-

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munque risultate spiccatamente idonee ad assolvere compiti di copertura (8).

Si affermava anche la necessità di sostituire, il più possibile, l'impiego di personale con l'utilizzazione di mezzi tecnici. E ciò soprattutto per l'attività di vigilanza costiera, per la quale si stimava indispensabile l'acqui sizione di navi in grado di svolgere una sorveglianza d'altura, da integrare mediante l'impiego di idrovolanti, così da permettere una sostanziale riduzione degli elemenli statici disseminati lungo il litorale.

Aerei e navi avrebbero potuto essere ottenuti facilmente dai "surplus" d ella regia marina o dal parco delle prede di guerra (9).

Salvo che per i mezzi aerei, quest'ultimo suggerimento ebbe attuazione. Nei primi mesi del 1919 il maggiore Traspadano Damanti, già destinato al comando della "stazione bauelli incrociatori" di Porlezza, fu trasferito a Trieste, per prendere in consegna un gruppo di unità che erano appartenute all'amm inistrazione doganale austro-ungarica, tra le quali tre piroscafi adatti aJia navigazione d'altu ra. Fu così costituita la "Flottiglia Costiera", che ebbe per vice-comandante il cap. Letterio Cu rrò e si avvalse.. per un certo periodo, anche di personale tecnico civile già dipendente della precedente amministrazione. L'anno successivo fu trasferito da Peschiera d el Garda a Veruda, presso Pola, i] distaccamento della legione allievi che provvedeva all 'addestramento delle guardie di mare, e furono create le premesse per la costituzione della cuola nautica, avvenuta il 18 giugno 1926.

In quest'ultimo anno fu anche costituito presso il comando generale !'"Ufficio di Vigilanza Marittima", retto da un capitano di vascello o contrammiraglio, e fu regolamentata l'organizzazione e la gestione del naviglio (R.D. 13 febbraio 1927, n. 282).

Per l'addestramento alpinistico, nell'inverno 1919/ 20, per iniziativa della legione di Trento, furono svolti corsi sci uti lizzando infrastrutture militari austriache esistenti a Predazzo, in Val d i Fiemme, dalle quali trasse origine, l'anno dopo, la scuola alpi na.

Più complesso, evidentemente, era il problema dell'adeguamento (8) ~n Finanziere·, n. 20 del 18.5. 1919.

(9) ~n Finanziere·', 11. 28 del 19. 7.1919.

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delle strutture di comando, che postulava l'adozione di misure di carattere legislativo.

Me~tre il comando supremo ed il ministero della guerra andavano elaborando il progetto di ridimensionamento dell'esercito per il tempo di pace, passato alla storia come "ordinam ento Albricci", il governo Nitti, succeduto nel giugno 1919 al ministero Orlando travolto dalle vicende di Versailles, si preoccupò di provvedere con urgenza al riordinamento delle forze di polizia, le cui esigenze acquistavano un carattere di priorità nel clima teso del dopoguerra.

Nel giro di pochi mesi fu così varato il nuovo ordinamento dell'Arma dei Carabinieri, che a parte un logico incremen to delle dimensioni non comportò sostanziali mod ifiche rispetto all'assetto pre-bellico, e si ristrutturò, q uesta volta con innovazioni sostanziali, l'altro organismo di polizia d ipendente dal ministro degli interni. Sciolto il corpo delle guardie di città, fu istituita in sua vece la "Regia guardia di pubblica sicurezza'', nota correntemente come "'guardia regia", il cui ordinamento riproduceva senza varianti di rilievo quello assegnato alla R. guardia di finanza con la riforma del 1906 (qualificazione militare, comando generale reno da un tenente generale dell'esercito, dodici legioni territoriali più un certo n umero di battaglioni mobili e di squadroni a cavallo, ecc.).

Per la R. guardia di fina nza le decisioni tardavano, malgrado le frequ enti sollecitazioni in partenza dalle pagine del "Finanziere'',il eu i direttore, l'On. Monti Guarnieri, presento al riguardo anche un'in terrogazione parlamentare.

In rea1tà, nel1 919 esisteva al vertice del Corpo una situazione anomala, poichè dalla morte del ten.gen. Achille Borghi, avvenuta il J Oagosto 1918, il comando interinale era tenuto dal comandante in 2·, magg.gen. Salvatore La Ferla.

Uomo di forte personalità, La Ferla era stato stato segretario della commissione Bo nasi, e successivamente, prima come capo della segreteria del comando generale e poi come co mandante in 2', aveva svolto una funzione determinante nel procedimento di attuazione della riforma, della quale era praticamente considerato l'artefice. Dal 10 settembre 1917 era il primo ed ancora unico ufficiale della R.C.F. a rivestire il grado di generale ( 10). (l O) Il grado p;li era stato conferito con D. Lgt. 2.9.1917 n.l385.

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Era stato energico ed accorto nel condurre il Corpo attraverso le peripezie deUa guerra e dell'immediato dopoguerra, ne aveva tutelato il prestigio con molta fermezza, e molto probabilmente non aveva trascurato di mantenere collegamenti efficaci con il mondo politico.

Non sembra azzardato supporre che la situazione di fatto abbia avuto il suo peso nell'adozione della singolare soluzione ordinativa escogitata con il R.D.L. 4 settembre 1919, n.1600 (11). ll provvedimento istituiva un "Ispettorato generale della R. guardia di finanza", reuo da un tenente generale in S.A.P., scelto dal consiglio dei ministri tra i generali comandanti di corpo d'armata o di rango equivalente.

L'ispettore generale era preposto alla direzione dei servizi d'indole militare, emanava- in base aJle direttive impartite dai ministri e dai capi di S.M. dell'esercito e della marina- le disposizioni concernenti i servizi di polizia militare e di difesa costiera, attuava i provvedimenti concernenti la preparazione bellica e militare, l'armamento e le dotazioni di materiali, promuoveva accordi tra i ministri della guerra e delle finanze per il reclutamento e l'ordinamento d ella guardia di finanza, e riceveva dirette istruzioni dal ministro delle finanze per "l'istruzione specifica" del personal e.

Alle dipendenze dell'ispettore era collocato il comandante generail quale però "per i servizi di ordinario istituto e per l'amministrazione le, in genere del personale" riceveva ordini direttamente dal ministro e prendeva accordi con i capi delle ammin istrazioni finanziarie interessate.

n provvedim ento nulla diceva circa il grado e la provenienza del comandante generale, ma due mesi dopo il R.D. 9 novembre 1919, n.2073 precisava che si sarebbe trattato di un tenente generale della guardia di finanza. Lo stesso decreto istitutiva quattro comandi di gruppo di legioni, retti da maggiori generali o brigadieri generali, ed elevava da dodici a quattordici il numero delle legioni territoriali. La sede dei comandi di gruppo di legioni fu fissata a Genova, Bologna, Napoli e Palermo; venne soppressa la legione di Verona, fu istituita qu ella di Palermo, e fu confermata l'istituzione di quelle di Trento e di Trieste, disposta in aprile dal comando supremo. ( II ) Doc.n.7.

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Rispetto a] 1913, il numero degli uflìciali passava da 411 a 694 (di cui sei generali), i sottufficiali da 3556 a 5380 (d i cui 288 marescial1i addetti al servizio d oganale sedentario), gli appuntati e le guardi e da 14.270 a 20.620. [n totale, la gua rdia di fmanza comprendeva 26.694 uomini, che salivano a 29. 143 con iJ personale fuori organico (a di sposizio ne del ministero della guerra in Albania ed in Egeo, a disposizione del ministero d ell'agricoltura per la repressione delle sofisticazioni vinicole, addetti alla vigilanza daziaria presso i comuni di Firenze, Rom a, Napoli e Palermo) e ad oltre trentamila con i militari dei Distaccamenti di Tripoli e di Bengasi, dipendenti dal Min istero delle Colonie.

In buona parte si trattava della regolarizzazione fo rmale di aumenti già disposti in via provvisoria durante la guerra, ma per ripianare le vacanze formatesi nel grado iniziale della categoria ufficiali fu egualmente necessari o raddoppiare il numero degli allievi ammessi a Caserta e ricorrere, ancora una volta, alla nomina diretta dei marescialli, non volendos i accedere al passaggio di ufficiali d all'esercito.

Comandan te generale fu nominato, ovviamente, La Ferla; Aristademo Silvestri, capo della segreteria del comando generale, fu promosso maggiore generale e comandante in 2', cd a sostituirlo fu chiamato il colonnello Perini, comandante della legione di Verona.

Secondo Carneva le Arella, Carlo Perrucchetti, Salvatore Galiano e Pietro De Murtas furono i nuovi maggiori generali comand anti di gruppo di legioni, le cui funzioni furono d efinite con le "istruzioni proV\risorie" approvate con R.D. 28 dicembre 19 19.

Con la riforma del 1919, in sostanza, al vertice della guardia di finanza veniva a situarsi una sorta di "diarchia", costituita d a due autoritàispettore generale e comandante generale - ciascuna con una propria sfera di competenza - la preparazione militare, il servizio d'istituto- e responsabili verso differenti soggetti ( il vertice militare, il ministro delle finanze).

In queste cond izion i, non si sa fino a che punto l'affermata dipendenza gerarchica del comandante d all'ispettore trovasse effettivo riscontro nella realtà.

All'ispettorato generale fu comunque preposto uno dei personaggi eminenti dell'ambiente militare dell'epoca, il gen. Giu seppe France17

sco Ferrari, futuro capo di stato maggiore dell'esercito (12). Sotto la sua direzione il nuovo organo- costituito da un maggiore generale dell'esercito e da due ufficiali di stato maggiore, oltre al magg. Gamondi della guardia di finanza - si impegnò con efficacia nella sistemazione del dispositivo d i vigilanza lungo il nuovo confine e nel perfezionamento dell'organizzazione addestrativa (fu realizzata in questo periodo la Scuola Alpina di Predazzo); tentò anche di impostare, come vedremo, il problema dell'impiego della R. guardia di finanza in caso di guerra.

Una particolare cura fu posta nel riaddestramento del personale arruolato durante la guerra e nei mesi immediatamente successivi, il quale aveva seguito corsi di formazione di durata eccessivamente ridotta (appena tre mesi per gli allievi sottufficiali e gli allievi guardie). Furono così svolti corsi mensili di perfezionamento presso la scuola allievi ufficiali, presso i battaglioni allievi e presso le legioni, dove vennero istituiti i "plotoni legionali di addestramento", al duplice scopo di migliorare la preparazione tecnico-professionale del personale di truppa e di fornire ai comandi un elemento di riserva.

Nella scuola allievi ufficiali, cui venne assegnato in via permanente un ufficiale dell'esercito quale sovraintendente all'addestramento militare e ginnico-sportivo, la durata del ciclo di formazione fu riportata a tre anni, l'aliquota dei provenienti dai diplomati dei licei fu aumentata da un terzo alla metà, fu introdotto l'addestramento sciistico e furono istituiti i corsi di istruzione estiva, a carattere marinaresco per il l o anno ed alpinistico per il2". La durata dei corsi allievi sottufficiali ed allievi guardie fu fissata in nove e sei mesi.

Per far fronte alle esigenze eccezionali poste dall'aumento dell'organico, oltre ai tradizionali tre battaglioni allievi guardie di Maddaloni, Roma e Verona, ne furono istituiti altri due, dislocati (anche per motivi di ordine pubblico) a Bolzano ed a Pola, nonchè distaccamenti a live1lo compagnia a Predazzo, Peschiera, Mantova e Messina.

Nel 1924, esaurita l'esigenza, l'organizzazione della legione allievi fu ridimensionata, tornando ai tre battaglioni originari, più la scuola al pina di Predazzo e, dal 1926, quella nautica di Pota.

La scuola alpina funzionò inizialmente come ente di addestramento specialistico, cui venivano assegnati gli allievi provenienti da altri ( 12) Il 21 luglio 1916 il gen. Ferrari aveva diretto l'azione per la conquista del Passo Rolle.

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battaglioni, dopo 4 mesi di corso. In un secondo tempo ebbe anche fisionomia di istitu to di reclutamento per il personale di truppa destinato al servizio alpestre. Dal1921 la scuola svolse corsi di addestramento sciistico per gli allievi ufficiali e per il personale di tutte le categorie già in servizio, per un complesso di 400 sciatori istruiti annualmente.

In relazione ai progetti di impiego bellico di cui diremo tra poco, l'Ispettorato avviò infine un'attività addestrativa specifica, fmali zzata alla formazione dei quadri per le unità da mobilitare. Tre capitani (Domenico Silvestri, Carmine Montuori ed Enrico Palandri) furono inviati a frequentare il corso di stato maggiore presso la scuola di guerra di Torino, mentre altri 34, tra il 1920 ed il 1923, parteciparono a corsi per comandanti di battaglione o di compagnia o per istruttore presso la scuola centrale di fanteria.

Furono anche svolti corsi per ufficiali d'armam ento e per sottufficiali armaioli e zappatori.

L'armamento dei reparti di frontiera, dei quali era previsto l'impiego in compiti di copertura, fu sensibilmente potenziato mediame la distribuzione d i mitragliatrici "S. Etienne".

In questo clima, nel dicembre 1920 il gen. Ferrari presentò al ministro della guerra un pro-memoria ( 13), tendente ad ottenere l'iscrizione della R. guardia di finanza nella legge di ordinamen to dell'esercito, ferma restando la sua dipendenza dal ministro delle finanze per il servizio d'istituto.

Dopo aver rievocato le passate benemerenze del Corpo, il documento giustificava la richiesta con motivazioni di carattere morale (completa equiparazione ai militari delle altre Armi) e pratico, identificabili qu este ultime nelle possibilità di un più immediato controllo da parte d ello stato maggiore sulla preparazione bellica della R. guardia di finanza. ll ministero di via XX Settembre, che nel giro di pochi mesi aveva prodotto ben due modelli di ordinamento, l' "Albricci" (21 novembre 1919) ed il "Bonomi" (20 aprile 1920), era allora impegnato nell'esame delle proposte formulate da una commissione parlamentare costituitasi in luglio, proposte sostanzialmente ispirate al principio della "nazione ( 13) Doc. n. 8.

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armata", e fatte proprie dal ministro Gasparotto in un suo progetto di ordinamento dell'esercito, peraltro mai giunto alle camere per la caduta del gabinetto.

Non si sa quale accoglienza abbia avuto l'iniziativa del gen. Ferrari in un ambiente che possiamo immaginare piuttosto scosso da un così rapido sussegu irsi di riforme, anche se, tenuto conto della personalità dell'autore, riesce difficile supporre che non vi sia stato un accordo preventivo con lo stato maggiore.

Certo è che non se ne fece nulla, probabilmente per l'opposizione del ministero delle finanze, nel cui ambito andavano maturando iniziative orientate in altra direzione.

La questione del passaggio della R. guardia di fin anza alle dipendenze del ministero della guerra fu ripresa nel giugno 1933, trovò consenziente il vertice militare, e costituì oggetto di un promemoria presentato un anno dopo - non risulta a quale autorità - dal comandante generale Cicconetti al momento di lasciare il servizio.

Ma anche questa iniziativa non ebbe seguito.

4. La "controriforma" del 1923 e la nascita d ella "polizia tributaria investigativa".

Nei primi anni vent4 le vicende ordinative d ella R. guardia di finanza vennero ad inserirsi anche nel tema più ampio della riforma tributaria.

Prima della guerra, il sistema italiano era imperniato su tre gruppi di u·ibuti statali: le imposte dirette (sui redditi dei terreni, dei fabbricati e di ricchezza mobile), le imposte sui trasferimenti della ricchezza ( bollo, registro, successioni), le imposte sui consum i (dazi interni di consu'110, dazi doganali, imposte di fa bbricazione, monopoli fiscali).

Vincolate le imposte dirette a complessi procedimenti di accertamento ed alla riscossione mediante ruoli, strutturalmente inidonee le imposte su i trasferimenti a consentire significative espansioni di gettito, le possibilità di manovra d el sistema andavano individuate essenzialmente nel settore d elle imposte sui consum i, che era anche quello in cui quasi esclusivamente si esplicava l'attività d ella R. guardia di finanza.

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I dazi interni erano solo formalmente, ed ancora per poco, un tribu to statale, essendo l'intero gettito devoluto ai comuni; in alcune grandi città (Firenze, Roma, Napoli e Palermo) il Corpo continuava però ad assicurare anche questo servizio di vigilanza, generalmente sgradito eritenuto dequalificante ( 14 ).

I dazi doganali, pur fornendo un gettito considerevole, erano già allora intesi prevalentemente come uno strumento della politica degli scambi commerciali con l'estero.

Le imposte di fa bbricazione - introdotte in Italia nel 1869 con la famigerata "tassa sul macinato" - erano all'origine del processo di espansione delle competenze della R. guardia di finanza al di fuori dell'ambito strettamente doganale, processo che aveva ricevuto sanzione nel 1881 con il cambio di denominazione del Corpo, nato nel1862 appunto come "guardia doganale".

Nel1914 esistevano imposte di fabbricazione sugli spiriti e sugli zuccheri, mentre si svolgevano in regime di monopolio fiscale la produzione ed il commercio del tabacco e del sale ed il gioco del lotto.

Erano questi i settori di attività istituzionale interna della R.G.F., peraltro secondari rispetto a quello della vigilanza doganale e politicomilitare al confme terrestre e marittimo.

n problema che, con questo strumento tributario, lo stato italiano dovette risolvere durante la guerra - come osservò Einaudi (15) - "può essere posto così: in qual modo passare da un equilibrio finanziario, il quale si aggirava, con uno scarto massimo di 200 milioni tra entrate e spese, intorno a cifre dell'ordine di grandezza di 2,6 miliardi di lire ad un equilibrio il quale rapidamente si spostò: nel 1914-15 sui 5,4 miliardi, nel 1915-16 sui 10,6, nel 1916-17 sui 17,6, nel19 17-18 sui 25,3, nel 1918-19 sui 32,4, per oscillare poi, negli anni di liquidazione (19 19-20 a 1921-22) dai 23,1 ai 36,2 miliardi di lire; e fermarsi poi nel1922-23 sui 21,8, e nel 1923-24 sui 21,0 e nel 1924-25 sui 20 miliardi?"

Per le imposte dirette, come si è detto, non esisteva spazio per interventi capaci di assicurare sensibili, e soprattutto tempestivi aumenti (14) I dazi comunali interni furono aboliti con R. D.L. 20.3.1930, n. 14l;inquel momento piccoli contingenti di guardie di finanza prestavano ancora ~crvizio a favore def governaroraro di Roma e del comune di apoli. ( 15) L. Einaudi "La Guerra cd il sistema tributario italiano~, Bari 1927- pag. 33.

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di gettito: si ricorse ad inasprimenti di aliquote e all'applicazione di addizionali, talvolta correlate a destinazioni di spesa adaue a rendere meno sgradito il prelievo (ad esempio, l'addizionale introdotta con regio decreto 7 giugno 1920, n. 738, destinata al finanziamento delle pensioni ai mutilati di guerra). Era in pratica un'addizionale anche la imposta complementare sui redditi superiori alle 10.000 lire, istituita con decreto luogotenenziale 17 novembre 1918 n. 1835, poi soppressa dal1" gennaio 1925 con l'entrata in vigore della riforma De Stefani.

L'incremento di gettito delle imposte sui consumi e dei monopoli fiscali era assicurato dal loro carattere di imposte "ad valorem", pronte ad adeguarsi automaticamente agli aumenti dei prezzi provocati dall'inflazione. Nel corso del conflitto furono comunque introdotti nuovi monopoli per i fiammiferi (D.Lgt. 31.8.1916 n. l 090) e sulle carte da giuoco (D.Lgt. 9.11.1916 n. 1525). Immediatamente dopo la fine del conflitto (D.Lgt. 18.11.1918 n. 1871) fu applicato il regime di monopolio commerciale- limitato cioè all'approvvigionamento ed aJla vendita- ad una serie di merci: caffè e suoi surrogati; thè; zucchero; petrolio, benzina, paraffina ed altri oli minerali, esclusi i lubrificanti; residui della loro distillazione; carbon fossile; alcool denaturato; materie esplodenti; lampadine elettriche. Fu anche introdotto il monopolio industriale - comprendente cioè anche la fase della produzione - del mercurio e del chinino.

Malgrado la notevole sottolineatura propagandistica dalla quale il provvedimento fu accompagnato- pareva si volessero assicurare allo Stato i profitti dell'attività di intermediazione commerciale, sottraendoli agli speculatori privati senza aggravio per il contribuente- la maggior parte dei nuovi monopoli non riuscì neppure ad entrare in funzione, per difficoltà nell'organizzazione dei servizi. Nel giro di pochi mesi, essi furono soppressi o trasformati in imposte di fabbricazione o in sovraimposte di confine (16).

Esisteva un settore di imposizione poco curato dal legislatore prebellico- quello delle imposte cosiddette "sumuarie'', rappresentato nel nostro sistema da tre tributi minori, sulle vetture, sui domestici e u taluni tessuti di lusso- che per la sua dichiarata attitudine a colpire determinati consumi voluttuari, riprovevoli nel clima austero del tempo di guerra, meglio degli altri si prestava ad una utilizzazione propagandistica ed all'adozione di espedienti diretti ad attenuare il costo psicologico del prelievo. In questo settore nacque, sicuramente al di là delle intenzioni dei legislatori, il più importante tributo indiretto della moderna società ( 16) L. Einaudi, op.cit. pag. 62.

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industriale, l'imposta sulla cifra d'affari. L'espansione dell'imposizione sui consumi di lusso iniziò ancor prima dell'entrata in guerra, con l'istituzione (R.D. 12.11.1914 n. 1233) del diritto erariale sui cinematografi, le cui aliquote furono ritoccate nel '17 e nel '18, e che fu esteso il4 maggio 1920 a tutti i pubblici spettacoli. n 15 aprile 1917 fu introdotta l'imposta sulle gemme, i gioielli e gli oggetti preziosi che, per l'elevatezza delle aliquota e la difficoltà dei controlli, diede origine ad un florido commercio clandestino.

Sempre durante il conflitto, erano state istituite l'imposta di bollo sulle profumerie e specialità medicinali ( 1916) e quella sulle spese fatte negli alberghi, ristoranti cd osterie (191 7).

Subito dopo la guerra si ebbe l'imposta di bollo sulle bottiglie contenenti bevande alcoliche o acque minerali, e quella sul vino.

Un tentativo di intervento organico fu posto in essere, dal governo ~itti- ministro delJe finanze l'on. Tedesco - con il R.D.L. 24 novembre

1919, in pratica uno stralcio della riforma in gestazione.

Oltre ad un'imposta sui tessuti di lusso e sui guanti- che dato il sistema di riscossione era sostanzialmente un'imposta di fabbricazionevenne istituita un'imposta sul lusso e sugli scambi caratterizzata da un vastissimo campo d'applicazione, essendone esclusi soltanto i generi alimentari di prima necessità e quelli già colpiti da imposte speciali ( preziosi, tessuti di lusso, generi di monopolio o soggetti ad imposta di fabbricazione).

In un primo tempo, il tributo fu riscosso con un sistema forfettario, in base ad un canone ragguagliato al reddito di ricchezza mobile, categoria B, accertato a carico del soggetto passivo. Anche per l'elevatezza delle aliquote, il sistema parve eccessivamente punitivo, e suscettibile di provocare effetti distorsivi a danno dell'imposta di ricchezza mobile. Dal 26 febbraio 1920 si passò alla riscossione mediante marche da bollo da applicarsi su un registro a matrice e figlia di cui doveva essere dotato il venditore, e l'imposizione venne attuata con due distinti tributi: un'imposta di lusso, su determinati prodotti; un'imposta di scambio, su '"materie prime, prodotti e qualsiasi merce venga scambiata tra comrnerciant4 industriali ed esercenti per causa del loro servizio".

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11 gettito della nuova imposta crebbe in modo rapidissimo passando da 65,6 miliardi nell'esercizio 1920-21 a 204,3 miliardi nel1921-22.

Un'ulteriore razionalizzazione si ebbe con il R.D. l 8 marzo 1923 n.550, ch e abolì l'imposta d i lusso e quella sui tessuti, generalizza nd o l'imposizione sugli scambi commerciali, applicata con il sistema del bollo su11e fatture di vendita.

Alle inno" azioni introdotte nel settore dell'imposta sugli scambi si aggiunsero quelle realizzate nel campo delle imposte dirette.

Un primo progetto, dovu to all'on. Meda, ministro delle finanze nel gabinetto Bo selli ( 1916), fu seguito nel dopoguerra dai progetti Tedesco e Soleri e qu indi, nel1923, dalla riforma attuata da Alberto De Stefani, ministro nel primo governo Mussolini.

Il punto qualificante del nuovo ordinamento era costituito daiJ'introduzione di un'imposta complementare progressiva sul reddito delle persone fisiche, del tutto autonoma- per principi informatori e modalità di accertamento - rispetto alle preesistenti imposte fondiarie e di ricchezza mobile (che vennero conservate), e che quindi non aveva nulla a che fare con il tributo dallo stesso nome introdotto nel 1918.

La nuova '·complementare'' e l'imposta sugli scambi costituirono i principali elementi di novità del sistema tributario italiano all'usci ta dal dopoguerra; due imposte concettualmente nuove, in lin ea con gli o rientamenti della scienza finanziaria europea c con le esperienze che si andavano facendo in Francia ed in Germania.

La struttura dell'una e dell'altra, sopra ttutto per quanto riguardava le modalità di accertamento, ri chiedevano però la dispon ibilità di un apparato di controllo che l'amministrazione finanziaria italiana non possedeva.

D'altra parte, l'esigenza di un simile apparato conseguiva anche alla situ azione esistente in altri settori del sistema tributario (ad esempio nel variegato campo delle imposte di fabbricazione); ed orientamenti verso un controllo più incisivo dello Stato sul1'economia, sulla scia delle esperienze belliche, erano affiorati anche prima dell'avvento del regime fascista.

Nell'alternativa tra la creazione "ex novo" di uno strumento di in24

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vestigazione economico-fiscale, e l'utilizzazione delle capacità potenziali offerte dall'esistente, fu scelta la seconda soluzione (17).

Nacque così la "polizia tributaria investigativa", come contingente della R. guardia di finanza specializzato nell'esecuzione di indagini tecniche in tutti i settori di attività istituzionale.

Nell'organizzazione della nuova specialità ebbe probabilmente una certa influenza il modello dei "drappelli speciali" che durante la guerra avevano operato nelle città sede di comando di legione, essenzialmente con compiti di polizia economica e militare. La polizia tributaria, articolata in "nuclei" costituiti prevalentemente da ufficiali e sottufficiali - il cui numero complessivo non avrebbe dovuto superare un decimo de1l'organico del Corpo -svolse inizialmente un'attività investigativa a carattere esclusivamente informativo, mentre gli interventi repressivi erano lasciati ai reparti territoriali. Dal l 926 ebbe un proprio ente di studio e di addestramento specialistico - la scuola di applicazione per la P.T.I. di Roma- cd una propria regolamentazione (l' "Istruzione provvisoria per il servizio di P.T.I."); la nozione giuridica di "polizia tributaria" fu poi precisata dalla legge 7 gennaio l 929 n. 4, che riordinò organicamente la materia de11a repressione delle violazioni finanziarie. La nascita della polizia tributaria viene generalmente ascritta a merito di AlbertO De Stefani, che certamente seguì con interesse gli esordi del nuovo organismo e ne curò l'assetto giuridico e funzionale. Il provvedimento istitutivo dell'organo direttivo centrale della specialità -l'ufficio tecnico per la polizia tributaria- (R.D. 18 gennaio l 923 n. 95) segue però di poco più di due mesi la formazione del primo governo fascista, ed appare piuttosto improbabile che un'innovazione di tale portata non tragga origine da studi precedenti.

Con lo stesso provvedimento, fu soppresso l'ispettorato generale della R. guardia di finanza, ed il comando generale fu affidato ad ungenerale di corpo d'armata in servizio permanente del R. esercito. Veniva così superato il problema del dualismo al vertice del Corpo, esistente dalla fine del l 9 l 9. In mancanza di documentazione specifica, non è agevole ricostruire le ragioni che condussero al ripristino della situazione precedente, che consegu·iva alla soluzione adottata nel 1906, e che era poi quella applicata anche ai carabinieri ed alla guardia di pubblica (17) Secondo una fonte non verilìcabile, Cesare De Vecchi, quadrumviro e sottosegretario alle Finanze, avrebbe presentato a Mussolini un progetto per l'istituzione di una "milizia tributaria", come specialità della M. V.S.N. Il documento sarebbe stato restituito con l'annotazione "Non voglio salti nel buio".

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sicurezza. Anche in questo caso, pare arbitrario connettere la decisione al cambiamento di regime, avvenuto da appena due mesi e mezzo. Molto probabilmente, nel momento in cui, con l'istituzione della polizia tributaria.,la R. guardia di finanza veniva ad assumere un ruolo di rilievo all'interno del sistema fiscale, ]'amministrazione finanziaria volle superare situazioni di "condominio", forse non gradite neppure al ministero della guerra. E indubbiamente, quella del "doppio comando" era una una soluzione anomala, che non può non aver dato luogo ad attriti ed a conflitti di competenza nell' attività quotidiana.

Nel giugno 1923 (18) la R. guardia di finanza assunse l'assetto ordinativo che, con modifiche non sostanziali, avrebbe mantenuto fino al 1940. Furono apportate lievi riduzioni agli organici del '19, i gruppi di legioni passarono da quattro a tre, e le legioni da quattordici a dodici.

Compiti, dipendenze ed organizzazione di comando furono confermati, mentre il personale riceveva una completa equiparazione, retributiva e normativa, agli appartenenti all'Arma dei carabinieri.

Gli anni successivi videro la crescita della specialità investigativa, che dall928 cominciò ad operare anche interventi repressivi diretti con i propri nuclei, gradualmente estesi a tutti i capoluoghi di provincia, e che raggiunsero, nei principali centri, una consistenza organica relativamente notevole, tanto da esser posti al comando di ufficiali superiori.

Dalla metà degli anni trenta, acquistò rilievo crescente l'impiego della guardia di finanza per ]'esecuzione di compiti di polizia economica. Fu costituito a questo scopo un nucleo speciale a disposizione del ministero degli scambi e delle valute e, successivamente un altro presso il ministero delle corporazioni.

5. "Milizia confmaria" e "guardia alla frontiera".

Si registrarono invece almeno due tentativi di ridurre la presenza del Corpo al confine, in conseguenza della costituzione di nuovi organismi di vigilanza, la "milizia confinaria" e la "guardia alla frontiera".

Come è noto, la "milizia volontaria per la sicurezza nazionale" istituita il l o febbraio 1923 essenzialmente per assorbire nell'apparato statale i componenti delle squadre d'azione fasciste - in breve tempo perse quasi completamente la funzione di polizia politica per la quale era (l 8) R. D.L. 14 giugno 1923, n. 1281.

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stata fondata, perchè il regime trovò preferibile avvalersi delle tradizionali strutture di pubblica sicurezza facenti capo al ministero degli interni, delle quali acquisì rapidamente il controllo.

La MVSN tese quindi a crearsi una nuova identità, qualificandosi come forza ausiliaria dell'esercito, e dando vita, tra il '23 ed il '28, ad una serie di "milizie speciali" (ferroviaria, portuale, postelegrafonica, forestale, della strada), corrispondenti ad esigenze di interesse pubblico di natura essenzialmente tecnica.

A partire dal 1925, presso le legioni della MVSN aventi circoscrizione di confme furono istituiti "reparti speciali di frontiera", poi trasformati in "coorti" (battaglioni), ai quali nell927 fu formalmente attribuita la funzione di polizia di frontiera (19).

La "confinaria" non ebbe mai lo "status" di milizia speciale, e fu considerata piuttosto una specialità della milizia ordinaria. Soltanto nel 1940 le quattro coorti furono elevate a legioni, per un complesso di dieci battaglioni, con un ispettorato generale a Torino.

La specialità ebbe comunque un compito d'istituto caratterizzato da un chiaro contenuto politico, nel momento in cui il fuoriuscitismo antifascista cominciava a creare un serio problema di controllo della frontiera.

Ciò può far supporre che, malgrado le manifestazioni di adesione anche entusiastiche che certamente non mancarono, le forze di polizia presenti al confine- carabinieri e guardia di finanza- non fossero in realtà ritenute pienamente affidabili sotto il particolare profilo.

In pratica però, le funzioni di polizia di frontiera continuarono ad essere svolte dai funzionari di pubblica sicurezza nei valichi principali, e dai militari dell'Arma o della R. guardia di finanza in quelli secondari, mentre i militi confinari si limitarono a duplicare l'attività di pattugliamento del confine.

Incognite maggiori presentò la costituzione, ne11934, della "guardia alla frontiera", corpo dell'esercito destinato al presidio delle opere della fortificazione permanente ed all'organizzazione del servizio di copertura alla frontiera terrestre, anche mediante l'impiego delle unità delle forze di polizia già in posto dal tempo di pace. (l 9) R.D. 8 maggio 1927, n. 762.

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Nel corso degli studi che precedettero l'istituzione della "G.a.F.", il comando del corpo di stato maggiore - ufficio ordinamento e mobilitazione- propose che il pattugliamento del confine fosse affidato ai militari del nuovo organismo, mentre la guardia di finanza, come le altre forze di polizia, avrebbe dovuto limitare la propria presenza ai valichi aperti aJ traffico.

Il comando generale del Corpo fece precedere la risposta da un ampio studio sull'organizzazione della vigilanza alla frontiera presso i principali Paesi esteri, condotta con la collaborazione del SIM, e finalizzato, o n iamente, alla dimostrazione dell'inopportunità di affidare ad organismi diversi l'esercizio della vigilanza doganale all'interno ed all'csterno dei valichi.

La relazione con Ja quale il ministro delle finanze, facendo proprie le argomentazioni del comando generale, respinse il 15 dicembre 1933 Ja proposta dello S.M.R.E. fornisce tra l'altro una ''fotografia" delJ'organizzazione del Corpo al confine terrestre, organizzazione che presumibilmente non subì modificazioni di rilievo fino allo scoppio della 2' guerra mondiale (20).

Gli avvenimenti dell'estate 1934 - schieramento di alcune grandi unità al confine italo-austriaco in seguito al tentativo di "putsch" nazista a Vienna- determinarono un'accelerazione del progetto di costituzione della "G.a.F.", che cominciò a funzionare nel dicembre dello stesso anno, pur ricevendo sanzione formale soltanto con il R. D.L. 28 ap1ile 193 7, n.

883 (21).

Già nel giugno del 1935 (22), si rese necessaria una puntualizzazione piuttosto energica da parte del ministro delle finanze nei confronti del gabinetto del ministro della guerra, in relazione alla pretesa che i<> relazioni tra i comandi di tenenza e quelli di compagnia della R. guardia di finanza avessero luogo per il tramite dei comandi di settore della "G .a. F.", articolazioni terri tori ali del nuovo Corpo rette da maggiori o te(20) Doc. n. 9. Nell'arco alpino, da Ventimiglia a Fiume, erano aperti al traffico c controllati 4R l valichi, con un impef;nO di 4140 uomini ripartiti in 216 brigate; tenuto conto che 1205 milita· ri erano assorbiti daUa vtgilanza ai valichi e agli uffici doganali, dalle '>COrte e dai ser. izi interni, c che circa 400 erano mediamente ~li as~emi per moti\ i vari, alla o,or,eglianza del confine erano effcnivameme adibiti 2535 uormni, i quali, ripaniti in tre turnt giornalieri. potevano assicurare una deno,ità media di un uomo ognr due chilometri di linea.

(21) F. Stefani: ~La ~torta della domina e degli ordinamt•mi e dell'esercito italiano-. L,SS \tE - Roma. 1985. pag. 281.

(22) Doc. n. l O.

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nenti colonnelli. Non fu difficile al ministro Thaon di Revel dimostrare la incongruità della soluzione, che tra l'altro contraddiceva i più elementari principi della disciplina militare, inserendo un elemento appartenente ad altra forza armata nella catena di comando della guardia di finanza. La proposta, che riguardava le tre forze di polizia dislocate al contìne, venne accantonata, e ci si limitò ad autorizzare contatti diretti, a livello paritetico, tra comandi di settore ..G.a.F." e comandi di circolo d ella guardia di finanza, limitatamente alle questioni attinenti al servizio di copertura, così come suggerito dal ministro delle finanze.

In sintesi, nè motivazioni politiche, nè considerazioni di carattere militare valsero a modificare in misura significativa l'impegno della guardia di finanza al confine terrestre, che negli anni venti e trenta continuò ad essere il più rilevante per il Corpo, almeno sotto il profilo quantitativo.

6. La pianificazione del concorso alle operazioni belliche.

Il problema della definizione delle modalità e delle dimensioni nelle quali avrebbe dovuto concretarsi il concorso della R. guardia di .finanza alle operazioni belliche, sancito dalle leggi di ordinamento susseguitesi nel tempo fin dal 1881, assunse notevole rilevanza negli anni immediatamente successivi alla conclusione del primo conflitto mondiale. Soprattutto nella fase iniziale delle operazioni erano emerse carenze di inquadramento e di addestramento, ma erano i provvedimenti adottati nell'estate del1916 (passaggio in fanteria dei richiamati, poi revocato grazie al fermo atteggiamento del gen. La Ferla) e nel marzo 1917 (sospensione degli arruolamenti)- che avevano provocato la gravissima crisi organica nella quale il Corpo versava al momento de1J'armistizio- a determinare un certo risentimento nei confronti del comando supremo, alimentato anche dalla sensazione che si tendesse a sottovalutare il contributo della R. guardia di .finanza allo sforzo bellico.

Molto opportunamente, perciò, l'ispettorato generale, appena costitui to, ritenne di dover sollecitare un chiarimento che servisse ad orientare l'attività di addestramento e di preparazione militare.

In una riunione tenuta presso lo stato maggiore dell'esercito il23 settembre 1920, presieduta dal gen. Badoglio, capo di S.M., ed alla quale parteciparono il gen. Ferrari, ispettore generale della R. guardia di fmanza, i capi reparto operazioni ed ordinamento ed i capi ufficio operazioni, 29

addestramento e mobilitazione dello SMRE, furono definite le seguenti direttive: in caso di mobilitazione improvvisa, sarebbe spettato alla guardia di finanza di attendere al servizio di copertura alla frontiera, e di assolvere compiti di guida per i reparti dell'esercito sopravvenienti; altro compito di "speciale importanza" affidato aJla guardia di finanza sarebbe stato quello della vigilanza e della protezione costiera, che "data la nostra situazione politica attuale e quella che è prevedibile per il futuro, dovrà forse esplicarsi su entrambe le coste, adriatica e tirreni ca".

Naturalmente, avrebbero dovuto continuare ad essere assicurati i servizi d'istituto.

Con il personale disponibile, una volta garantiti i servizi di copertura, guida e difesa costiera e quelli di istituto, si intendeva "provvedere aiJa formazione di reparti tatlici che, formati gradualmente in un campo di istruzione, dovranno nel campo stesso attendere all'istruzione tattica necessaria per ordinarli in una grande unità''.

L'obiettivo era la costituzione di nove battaglioni, più un reggimento complementi, destinati a formare la fanteria di una divisione ternaria alla quale artiglieria, genio e servizi, nonchè i quadri a livello superiore al comando di battaglione, sarebbero stati forniti dall'esercito.

In un secondo tempo, si sarebbe visto se anche l'artiglieria avrebbe potuto essere fornita dalla guardia di finanza, e se la grande unità da costituire avrebbe potuto essere di livello superiore alla divisione. In ogni modo, lo SMRE avrebbe provveduto all'accantonamento del materiale ed alle predisposizioni per la mobilitazione delle batterie e degli altri elementi divisionari (23).

Sulla base delle direttive impartite dal gen. Badoglio, l'ispettorato generale della guardia di finanza avviò gli studi organizzativi poi proseguiti dopo la riforma dell923 dall' ufficio militare del comando generale che ne ereditò le funzioni (24).

Il 9 giugno 1922 furono forniti allo SMRE i dati di forza, dai quali (23) Doc. n. Il. (24) Doc. n. 12

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risultava la possibilità di mobilitare circa ventimila uomini, appartenenti alle quattro classi più giovani, quasi tutti in servizio attivo al momento dell'emergenza, da destinare metà alla costituzione della divisione e metà per assicurare i necessari complementi.

Ai servizi di difesa costiera ed a quelh di istituto si sarebbe fatto fronte con i richiamati delle classi più anziane, mentre i compiti di copertura e di guida delle unità dell'esercito sarebbero stati assolti dalle forze in posto al momemo dell'emergenza.

In complesso l'ispettorato generale prevedeva la mobilitazione di venti battaglioni dei quali dodici per la formazione della grande unità (nove organici più tre complementari) ed otto per la difesa costiera.

Dopo più di un anno, il 5 ottobre 1923lo SMRE aggiornò le sue direttive. In caso di mobilitazione, la R. guardi a di finanza avrebbe a\ uto due compiti distinti, da assolvere in due fasi successive delle operazioni di mobilitazione c di guerra: in una prima fase, operazioni di vigilanza e di cope1tura della frontiera, affidate ai reparti del Corpo dislocati fin dal tempo di pace sulla frontiera stessa o nella fascia irn mediata mente rctrostante; in una seconda fase, costituzione di reparti organici da impiegare nelle operazioni di guerra, raccolti in un 'unità autonoma o inquadrati nelle grandi unità dell'esercito.

Almeno fino al livello di comandante di battaglione, i quadri avrebbero dovuto essere forniti dalla guardia di finanza, che avrebbe anche predisposto i complementi- in misura di una compagnia per ciascu u battaglione- mentre i materiali sarebbero stati raccolti e forniti dai magazzini dell'esercito.

La costituzione di una grande unità diveniva quindi eventuale, ma ciò non modificava di mollo i termini del problema per il comando generale, il cui compito consisteva, in ogni caso, nel predispone la mohi1itazione di dodici battaglioni (di cui tre complementari), nel curare che sottufficiali e truppa ricevess<..~ro e mantenessero un addestramento tatlico tale da ridurre al minimo la necessità di istruzione specifica all'atto della mobilitazione, e nel selezionare ed addestrare, tra gli ufficiali del Corpo, nove comandanti di battaglione, una quarantina di comandanti di compagnia e circa duecento subalterni.

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Ottenute tali precisazioni, il comando generale preparò nel gennaio 1924 le istruzioni per la mobilitazione, che, approvate dallo stato maggiore. furono diramate ai reparti in giugno.

Era prevista la costituzione di 13 battaglioni, comprendenti 41 compagnie "armi leggere" e l7 compagnie "armi pesanti", mediante 13 centri di mobilitazione (le dodici legioni territoriali più il circolo di Cagliari).

La forza totale del Corpo disponibile al l " gennaio 1925 era la seguente: in servizio attivo ........ : 28.561 in congedo ............. : 37.652 t o t a l e ..... : 66.213 Applicate a tale contingente le riduzioni prescritte dalle norme dello stato maggiore centrale, risultava una di5ponibilità effetti' a di 52.000 uomini, da ripartire in due aliquote, di cui una, formata dai militari delle classi più anziane- circa 25.000 uomini-, avrebbe dovuto essere impiegata per il servizio all'interno del territorio e lungo le frontiere terrestri e marittime non minacciate, mentre gli altri 27.000, appartenenti alle classi più giovani, avrebbero dovuto concorrere, in una prima fase, ai servizi di copertura sulla frontiera minacciata ed alla vigilanza costiera, per essere successivamente utilizzati per la costituzione dei reparti mobilitati (circa 12.500 uomini) e dei relativi complementi (gli altri 14.500).

Alle legioni di Trento e di Trieste che, per la recente annessione dei territori compresi nella loro circoscrizione, non disponevano praticamente di forza in congedo, sarebbero stati assegnati, rispettivamente, gli allievi istruiti dei battaglioni di Predazzo, di Verona e di Pola. Gli allievi dei battaglioni di Roma e di Maddaloni, e quelli non istruiti degli altri tre, sarebbero stati tenuti a disposizione come complementi.

n progetto teneva presente la necessità di riunire i battaglioni mobilitati d ella guardia di finanza, prima de11'impiego, in campi di istruzione allo scopo di affiatarli e di perferzionarne l'addestramento.

La partecipazione di reparti organici del Corpo a grandi operazioni di guerra avrebbe quindi potuto aver luogo non prima di un certo tempo dall'inizio delle ostilità.

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In armonia con le predisposizioni per la mobilitazione, fu proseguita la intensa attività di addestramento e di organizzazione avviata dall'ispettorato generale (25).

Nell'ottobre 1925 la scuola allievi ufficiali fu trasferita a Roma, lasciando interamente disponibile la sede di Caserta per la scuola sottufficiali, ed occupando in parte la nuova caserma "Vittorio Emanuele III" dove ebbero sede anche il comando ed un battaglione della legione allievi e la scuola di applicazione per la polizia tributaria investigativa. Furono svolti altri corsi presso la scuola centrale di fanteria di Civitavecchia (per comandanti di minori unità), presso l'istituto geografico militare (per ufficiali topografi) e presso la scuola centrale di educazione fisica (per ufficiali e sottufficiali istruttori), nonchè corsi per ufficiali osservatori d'aeroplano, i cui frequentatori, conseguito il brevetto aeronautico militare, svolsero servizio di volo presso i reparti da ricognizione della Regia aeronautica.

Consistente fu anche la partecipazione di ufficiali alle esercitazioni con le truppe da montagna (nel 1924, 4 maggiori, 8 capitani, 14 tenenti) alle manovre con i quadri (3 colonnelli, lO maggiori, 27 capitani e 27 tenenti) ed alle esercitazioni invernali con le truppe alpine (nel1923: 2 ufficiali e tre compagnie; nel 1925: 6 ufficiali ed altrettanti plotoni forniti dalle legioni di confine). Dal18 al 28 settembre 1925 un battaglione di manovra della legione a1lievi, per un totale di 20 ufficiali e di 700 tra sottufficia) i e truppa, partecipò alle esercitazioni di campagna con la d ivisione militare di Roma.

Su questo fervore di attività cadde come una doccia fredda la lettera l 074 RR del12 novembre 1925, con la quale lo stato maggiore del R. esercito - ufficio ordinamento e mobilitazione - nel trasmettere copia della nuova "Istruzione provvisoria per la mobilitazione" precisava che: in caso di r ichiamo per mobilitazione, tutto il personale di truppa in congedo della guardia di finanza avrebbe dovuto seguire le sorti dei militari in congedo di fanteria, eccezion fatta per "pochi uomini", che eventualmente fossero ritenuti indispensabili per il servizio di istituto e per quello di vigilanza costiera e di frontiera; era conseguentemente da escludersi la costituzione di reparti organici mobilitati d ella guardia di finanza.

(25) Doc. n. 13.

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TI cambiamento di indirizzo da parte dello SMRE suscitò vivissima impressione nella Regia guardia di fmanza. TI comandante generale, Ghersi, scrisse il22 gennaio 1926 al capo di SM facendo rilevare il pregiudizio morale arrecato al Corpo e proponendo di mettere il medesimo alle dipendenze del ministero della guerra, purchè gli fossero lasciati i propri richiamati.

L'orientamento fu però confermato, e non ebbe esito migliore, in maggio, un tentativo di ottenere almeno un rinvio delle decisioni.

L'insistenza del comando generale fu però tale da rendere necessario addirittura un intervento di Mussolini.

Con una lettera del30 settembre 1926, diretta al ministro delle finanze (26), il capo del governo precisava che "le disposizioni recentemente impartite dallo stato maggiore dell'esercito, nei riguardi della mobilitazione e dell'impiego della R. guardia di finanza, sono ispirate al criterio di semplificare le operazioni di mobilitazione e di ottenere un rendimento efficace ed economico, nel significato più comprensivo della parola, dal personale mobilitato. Rimangono, in ogni modo, alla R. guardia di finanza, compiti di altissima importanza militare, quali ad esempio il concorso alle operazioni di copertura iniziale del1a frontiera e delle coste, nonchè l'onore di inquadrare la propria forza in congedo nei reparti di fanteria, l'arma che tuttora costituisce l'ossatura fondamentale dell'esercito, in guerra".

I compiti in question~, d'altra parte, erano da considerarsi particolarmente rispondenti ··alle attitudini del personale della R. guardia, del quale viene ad utilizzarsi la conoscenza particolare dei luoghi c l'addestramento abituale ad agire in piccoli gruppi, solidamente inquadrati, e che danno sicura garanzia di redditizia vigilanza su vasti settori, là dove reparti dell'esercito, necessariamente ingrossati da numerosi richiamati venuti da lontane località, non potrebbero rendere ugualmente valido servizio".

E, per finire: "Chiarita in tali termini la situazione, derivante da superiori esigenze di ordine morale, nel sodd isfacimento delle quali la R. guardia di finanza trova il giusto ed appropriato impiego, a preferenza degli ste si reparti dell'Esercito, si deve ritenere che le preoccupazioni manifestate a V.E. non siano adeguatamente giustificate, e che le obietti(26) Doc. n. 14.

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ve disposizioni di questo Ministero, allorchè saranno completamente note agli enti interessati, saranno riconosciute pienamente rispondenti anche alle tradizioni militari della R. guardia".

L'intervento mussoliniano troncò, OV\'Ìamente, le discussioni sull'argomento.

Ma nel Corpo la vicenda fu avvertita come ulteriore segno di disconoscimento delle benemerenze passate, e diede luogo ad appelli da parte di associazioni di finanzieri in congedo al comandante generale, al ministro ed al capo del governo.

Il gen. Guerrini, direttore del periodico "Le Forze Armate"', si rivolse al comandante generale, Ghersi, per averne lumi circa l'atteggiamento da tenere nei confronti di chi lo ~ollecitava ad a\ viare una campagna di stampa sull'argomento.

E Ghersi, pur non disconoscendo il fondamento del senso di delusione che si faceva strada all'interno della guardia di fmanza, rispose molto pacatamente di confidare nel futuro e di es~ere, intanto, più interessato ad organizzare ed a valorizzare le attività istituzionali del Corpo.

Ancora nell929 vi fu un passo, sempre da parte dei finanzieri in congedo, pre5~0 Achille Starace, allora 'ice-segretario del partito nazionale fascista, il quale girò la sollecitazione al gen. C azzera, ministro della guerra, che si limitò a prcnderne atlo.

Un cambiamento di indirizzo sembrò profilarsi nell927, allorchè assunse la carica di capo di SM delre~ercito il gen. Ferrari, già i~pettore generale della guardia di finanza.

TI colonnello di SM Pakologo, capo ufficio militare, per incarico del gen. Roggero, generale dell'eserci to a disposizione del comando generale, prese contatto con il gen. Vacca-1\laggiolini e con il col. Negri, capo ufficio mobilitazione del comando del Corpo di stato maggiore, e fu informato dell'intendimento del nuovo capo di SMRE di ripristinare gradualmente la situazione precedente, per quanto riguardava il richiamo del personale in congedo della guardia di fmanza, allo scopo di mettere il Corpo in grado di partecipare alle operazioni belliche, come previsto dalle norme di ord in amento (27).

(27) Doc. n. 15.

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Intanto, il gen. Ferrari avrebbe voluto che le brigate di confine, formate prevalentemente da personale delle classi più giovani, fos~ero ordinate in plotoni militarmente addestrati, con i quali, in caso di guerra ed a servizio di copertura ultimato, avrebbero potuto essere costituite compagnie mobilitate, da assegnare in rinforzo alle unità alpine dell'esercito.

Su queste basi, nuove proposte furono formulate ill8luglio 1927 dal comando generale allo SMRE, che le approvò il :3 ottobre (28).

In sintesi: le brigate di confine avrebbero conservato il loro ordinamento di pace (senza cioè essere inquadrate in plotoni), ma, secondo un criterio già attuato alla frontiera jugoslava, sarebbe stato previsto all'emergenza il loro rinforzo con personale dei reparti restrostanti, al comando di ufficiali; esaurite le esigenze di copertura, il personale recuperato dal confine sarebbe stato concentrato in località prestabilitc dO\- e, con il concorso di elementi provenienti dall'interno, sarebbero state costituite 18 compagnie mobilitate (9 per la frontirra orientale cd altrellantc per qurlla occidentale) e 6 compagnie complementi; tali reparti sarebbero stati impiegati "'in ausilio a11e truppe alpine o in loro sostituzione in tratti secondari della fronte"; le compagnie avrebbero avuto organici c dotazioni delle corrispondenti unità alpine, salvo lievi riduzioni di personale in organi non esseziali e rilevanti riduzioni nella comistenza delle c;almerie, che però avrebbero potuto essere integrate in caso di necessità a cura dell'organizzazione dell'esercito; per rimpiazzare, nei servizi d'istituto e di difesa costiera, i militari destinati alla costituzione dei reparti mobilitati, sarebbe stato autorizzato il richiamo nella guardia di finanza dei congedati appartenenti alle tre classi più anziane.

Lo SM RE non si diceva contrario, in linea di principio, alla costituzione di unità a livello battaglione~ ma le ristrf'ttezze di bilancio non consentivano di prendere in considerazione l'ipotesi prima del 1931, (28) Doc. n. l6.

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per indi sp onibili tà delle dotazioni di materiali. Nulla ostava, però, alla immediata pianificazione d ella mobilitazione di nove battaglioni, purchè l'amministrazione finanziaria se ne assumesse gli oneri.

Definiti gli accordi di massima, il comando generale elaborò un nuovo progetto di mobilitazione, che, sottoposto in novembre all'approvazione del mini stro delle finanze Volpi di Mi surata, il 3 dicembre fu trasmesso allo stato maggiore.

Ma anche il progetto ridotto del 1927 non ebbe seguito.

Nel febbraio '29 il gen. Roggero tornò alla carica con il ministro alla guerra. Ill 3 marzo però C azzera rispose al pro-memoria trasmessogli, affermando di non aver rinvenuto in esso elementi n uovi, "che possano influire e far modificare il criterio d'impiego della R. guardia di finanza già sancito da S.E. il Capo del Governo". Criterio secondo il quale il Corpo avrebbe potuto essere utilizzato in guerra " unicamente a piccoli gruppi, escludendo perciò ogni possibilità e convenienza di riunire i militari dipe nd enti in reparti organici di nuova formazione" (29).

Indipendentemen te dalle previsioni circa l'impiego b ellico, era grave il problema d ci richiamati, che a parte un'indubbia rilevanza morale, presentava implicazioni pratiche tali d a compromettere l'efficienza del Corpo in caso di conflitto, anche con riferimento ai soli com piti d'istituto ed a qu elli d i difesa costiera.

L'anno prima si e ra riu sciti a far approvare un provvedime nto che consentiva ai sottufficiali ed agli appu ntati di conservare, se richiamati in fanteria, il grado che aveva no rivestito nel Corpo; ma tale disposizione non era stata ritenuta estensibile alle guardie, le quali quindi, pur esse ndo equiparati a caporali secondo il regolamento di disciplina militare, avrebbero prestato servizio come semplici soldati.

Sempre nell928, ad una richiesta dello SMRE diretta a conoscere il numero dei congedati da richiamare nel Corpo per far fronte ai servizi d'istituto in caso di guerra (i "pochi uomini" co ncessi dallo stesso stato maggiore nell925), il co mando generale ri spondeva seccame nte di non essere in grad o di formulare previsioni in assenza di attendibili ipotesi di conflitto. Ed il 22 giu gno 1927, mentre si andavano revisionando i progetti di difesa co~tiera, fu ordinato ai comandi di legione di risponde(29) Doc. n. 17.

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re ad eventuali richieste dei comandi di corpo d'armata "che poichè le disposizioni di mobilitazione in vigore, stabiliscono che i militari in congedo del Corpo saranno, all'atto della mobilitazione incorporati nel R. esercito nessuna variazione è, per ora almeno, prevista tra le forze di pace c quella di guerra delle brigate costiere, come nessuna costituzione di nuove brigate è prevista all'atto della mobilitazione". Il concorso alla di fesa costiera, previsto dall' "Istruzione per la difesa delle coste" del 1915 sar ebbe stato "li mitato a quello delle brigate e del naviglio costiero con gli organici di pace attuali".

LJ problema fu parzialmente risolto, nel 1931, coll l'assegnaz ione alla R. guardia di finanza prima di tre, poi di altre sei classi di richiamati, per un totale di circa diecimila uomini.

Si giunse anche ad una revisione dei compiti, dalla quale risultarono confermati sia l'esclus ione della formazione di reparti organici mobilitati, sia il concorso alla copertura ed alla difesa costiera da parte di reparti in posto opportunamente rinforzati da quelli di seconda linea.. mentre furono aggiunti: l'accompagnam ento all'interno dei militari allogeni, destinati alla costituzione di "battaglioni sp eciali"~ il concorso alla protezione delle comunicazioni ferroviarie cd alle opere d'arte strad ali; il servizio di guida a reparti dell'esercito operante "effettuato da militari del Corpo scelti fin dal tempo di pace tra quelli che hanno prestato servizio al confine della Venezia Giulia"'; altri servizi vari, per il concorso al mantenimento c all'ordin e pubblico aH'interno, la difesa antigas ed altri eventuali.

Furono anche avviati con tatti con lo Mato maggiore della R. marina per aggiornare la pianificazione per l'impiego d el naviglio, prevedendo tra l'altro l'installazione, sulle unità dislocate in Adriatico, di apparecchiature per il dragaggio e per il rimorchio e l'appoggio di galleggian ti impiegati nel trasporto di truppe da sbarco.

Il tema d ella costituzione di reparti organici mobilitati co ntinuava però per comprensibili motivi di prestigio- data la logica dell'epoca, alla quale sfuggiva l'importanza del concorso che la guardia di finanza 38

avrebbe potuto fornire in un conflitto moderno, nel quale la funzione di polizia economica avrebbe assunto un rilievo essenziale - ad essere al centro dei rapporti tra il comando generale e lo stato maggiore.

L'Il febbraio 1933, ad esempio, si lamentava che le predisposizioni per la copertura ri guardassero esclusivame nte le brigate della guardia di fin anza, lasciando indeterminato l'impiego dei comandi retti da ufficiale. E da tale rilievo si u·aeva spunto per tornare sulla questione dei reparti organici - a li\ ello battaglione, o almeno compagnia- da costituire appena esauriti i compiti di copert ura, e da impiegare quali unità mitraglieri da aggregare a reparti dell'esercito oppure "quali compagnie da adibire a servizi di polizia, specie alla frontiera jugoslava, contro bande o individui penetrati nel nostro te rritorio per compiervi atti di sabotaggio o di terrorismo". \1a il 9 giugno il ministro C azzera ribadi\a che. per assicu rare l'unità di comando ·'è stato stabilito che i reparti della R. guardia di finan za, dei carabinieri reali c delle camicie nere interessati n<>lla difesa costiera e nella copertu ra. passino alle dipendenze del comandante d el R. esercito avente giurisdizione sul loro settore". E quanto alla costituzione di unità mobilitate, nulla da fare: il criterio '·già segnalato da S.E. il Capo del Governo e Ministro della Guerra a S.E. illYlinistro delle F'inanze (le ttrra 14336 drl30 settemb1·e 1926) è quello che, anche oggi, meglio salvaguarda le superiori esigenze di carattere militare'' (30).

La soluzione venne, a metà d egl i anni '30, con il conflitto italoctiopico e con il manifestarsi della necessità di creare, all'inte ruo del Paese, un clima di mobilitazione generale. mentre si andava delineand o la prospettiva di un coinvolgimento italiano in un probabile con Oitto europeo.

Nell'estate dell935 fu costituito, in Val Travignolo presso Predazzo, un reggimento di man ovra su due battaglioni. uno composto da militari appartenenti ai reparti territoriali, l'altro da elementi della legione all ievi e d ella scuola sottuffì ciali. Dopo due mesi di riaddestramento. dal reggimento furono tratti gli effettivi di un battagl ione special e, che dopo un' ulteriore fase di prepara zione a Caserta, si imbarcò per l'Eritrea ill9 ottobre.

In un prim o tempo il reparto, al comando del ten.col. Enrico Palandri, fu impiegato per la protezione della linea di comunicazioni che col(30) Doc. n 18.

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legava le truppe operanti all'organizzazione logistica realizzata nella vecchia colonia, e dovette anche distaccare un'aliquota di personale (un ufficiale e 4 7 tra sottufficiali e guardie) per il rinforzo della vigilanza nel porto di Massaua. Dal 20 dicembre passò poi a costituire, con un battaglione granatieri ed uno di alpini, il "gruppo battaglioni nazionali", che operò per il resto deJJa campagna come riserva del III corpo d'armata.

Una compagnia di formazione prese parte alla "marcia su Addis Abeba" e concorse al mantenimento de1l'ordine pubblico nella prima critica fase dell'occupazione della capitale etiopica.

Benchè non fos5e stato coinvolto in episodi di particolare rilievo, il battaglione aveva dimostrato di possedere un buon livello di preparazione c le espressioni di compiacimento ricevute da varie autorità militari consentirono al comandante generale, Calcagno, di riaprire il discor&o sulla costituzione di reparti organici mobilitati. li 20 maggio 1936 fu diretto al souosegretario alla gueiTa Baistrocchi un pro-memoria, con il quale si propone"a la costituzione di 13 battaglioni e di altrettante compagnie complementi, nonchè l'integrale assegnazione alla guardia di finanza del personale richiamabile dal congedo.

La risposta fu piuttosto interlocutoria. Con la lettera n. 67654 dell' 11 settembre (3 1), il ministero della guerra ri conosceva che "in linea di massima le proposte si armonizzano colla tendenza di questo ministero a valorizzare ai fini bellici tutte le forze vive del Regime"'. Tuttavia, per "considerazion i di ind ole varia, tra cui preminente .il fattore finanziario" non era possibile accogliere integralmente le proposte stesse.

Si sarebbe invece potuto provvedere alla costituzione di 6 battaglioni, da impiegare quali truppe supplettive dei corpi d'armata di frontiera, ma a patto che l'amministrazione finanziaria fosse disposta ad assumersi gli oneri concernenti le d otazioni di materiali.

Ma già ill8 settembre 1936lo SMRE chiedeva al comando generale di determinare il fabbisogno di personale in congedo occorrente per la costitu zione dei sci battaglioni e dei relativi comp lementi, nonchè per la sostituzione del personale in servizio attivo destinato alle stesse unità.

La risposta fu fornita in novembre (228 sottufficiali e 7.062 militari di truppa), cd il4 dicembre (32) lo stato maggiore comunicò la propria ap(31) Do( n 19.

(32) Dot. n. :.!0.

40

provazione e stabilì che i nuovi battaglioni avrebbero avuto la seguente numerazione e centri di mobilitazione:

I

btg.: legione di Torino;

II btg.: legione di Genova;

m btg.: legione di Milano; IV btg.: legione di Trento;

v btg.: legione di Trieste; Vl btg.: legione di Udine.

Le unità avrebbero dovuto essere approntate entro le ore 24 dell'ottavo giorno di mobilitazione.

Il5 marzo l 93 7 lo SMRE comunicava ai comandi di corpo d'armata che "è allo studio la costituzione, alla mobilitazione, di alcuni battaglioni R. guardia finanza", precisando però che "le necessarie disposizioni esecutive saranno impartite ad avvenuto approntamento de11e dotazioni. Frattanto nulla deve intendersi variato alle disposizioni vigenti circa l'utilizzazione del personale in congedo dell'Arma".

La formazione delle scorte di mobilitazione diveniva a qu esto punto l'ostacolo principale alla realizzazione degli intendimenti del comando generale. Gli organi del ministero della guerra, per la cessione dei materiali occorrenti, prese ntarono un preventivo di 9.256.000 lire.

Ma nel formulare al ministero le proposte di variazione al bilancio, il comando generale fece presente che la som ma avrebbe potuto essere ridotta giacchè al vestiario avrebbe provveduto la massa del Corpo, mentre una parte degli altri materiali avrebbe potuto essere requisita al momento della mobilitazione. Per ciascuno dei due esercizi J 937l 38 e l 938/39 poteva quindi essere preventivata una spesa di 3.500.000 di lire.

D ministro Thaon di Revel- che insieme al suo co11ega degli scambi e delle valute stava seguendo una lin ea politica di contrasto all'espansione della spesa militare- non ritenne di accogliere la proposta di iscrivere la spesa nel bilancio del ministero delle finanze, affermando, non a torto,

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che la stessa era riconducibile ad un'esigenza di carattere esclusivamente militare.

In un colloquio avvenuto ai primi di marzo dell937 il coma ndante generale Calcagno, cercò di convincere il nuovo sottosegretario alla guerra, Pariani, ad aggirare l'ostacolo assumendo la spesa a carico dell'amministrazione militare.

La questione però, come vedremo, restò insoluta fino a dopo l'inizio del confl itto.

Alla fine dell938, comunque, in un ''appunto per il duce" redatto al momento di lasciare il servizio, il gen. Calcagno poteva indicare, quali aspirazioni militari insoddisfatte della guardia d i finanza, tre argomenti di non eccessiva rilevanza: il cambio di denominazione in "Arma dei Finanzieri"; l'abolizione del limite di sei battaglioni posto alla costituzione di reparti mobilitati; la conservazione dell'ordine di precedenza tra le forze armate "già da VOI, DUCE, assegnato al R. Corpo con la formula 'con l'esercito' sul pro-memoria presentatoVi da S.E. il Ministro delle Finanze nel settembre 1937-XV''.

Quella che potrebbe t-ssere defmita la "lunga marcia'' della guardia di finanza Yerso la mobilitazione, iniziata nel settembre 1920, poteva dirsi ormai conclusa alla vigilia della seconda guerra mondiale.

7. L'organizzazione della R.C.F. in Libia, in Egeo ed in Africa Orientale.

La R. guard ia di finanza era presente anche nelle colonie africane e nel posseclimcmo delle Isole italiane dell'Egeo.

In Libi a esistevano due distaccamenti autonomi a livello compagnia, dipende nti ai fini disciplinari dal co mand o d ella legione di Messina e, per l'impiego e l'amministrazione, dai govern atori della Tripolitania e della Cirenaica.

Tale ordinamento rimase invariato anche dopo l'integrazione delle vecchie colonie nel territorio nazional e, attuata con la costituzione

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delle province di Tripoli, Misurata, Bengasi e Derna (R.D.L. 9 gennaio 1939, n. 70).

L'attività della R. guardia di finanza nella "quarta sponda" erarimasta, fino al 1923, circoscritta al settore doganale, e richiedeva pertanto una presenza limitata ai due porti principali, sedi di distaccamento, ed a pocru altri approdi di qualche importanza. Alle due colonie era statO poi conferito un ordinamento tributario più articolato, comprendente, sia pure con diversa accentuazione, gli stessi settori d'imposta di quello nazionale. Anche le competenze della R. guardia di finanza erano state quindi estese alla quasi totalità del sistema fiscale, come in Italia. n nuovo ordinamento era stato fissato con decreti governatoriali del febbraio 1926, i quali conferirono anche al Corpo la possibilità di integrare il proprio contingente con elementi indigeni. In realtà, gli ascari -oltre ai libici venne anche arruolato qualche elemento eritreo e somalo rimasto nella colonia dopo le operazioni di repressione della guerriglia- furono in numero sempre piuttosto ridotto, e per il loro basso livello culturale si dimostrarono in grado di a!:>solvere compiti di carattere quasi esclusivamente ausiliario.

Erano però molto adatti, per costituzione fisica e per naturale attitudine, all'impiego nei servizi di perlustrazione a cavallo di lunga durata -anche fmo a sette giorni - con i quali si cercava di mantenere un certo controllo sul traffico carovaniero nel sud sahariano e lungo i confini tunisino ed egiziano. Nel 1934 era stata istituita la brigata di Carian - al centro di un vasto comprensorio agricolo dove erano anche estese le coltivazioni di tabacco -la quale, fino alla vigilia della guerra, rimase l'unico reparto non litoraneo oltre ai due posti fissi di Pisida, al confme tunisino, e di Amseat, su quello egiziano, distanti fra loro 1822 chilometri. Erano anche normalmente affidate a sottufficiali della guardia di finanza la reggenza degli uffici doganali (esclusi i due maggiori), dei magazzini dci generi di monopolio e degli organi periferici delle Capitanerie di Porto.

L'espansione dell'economia libica verificatasi durante il governo Balbo rese necessario anche il potcnziamento delle strutture d el Corpo. :\fell938 perciò, dopo una lunga i5pezione del comandante della legione di Messina, col. Rundo, il comando generale propose di istituire brigate nelle oasi di Nalut, centro dei traffici con il sud tunisino, di Cialo, punto di passaggio delle carovane dirette verso l'Africa Equatoriale, e di 43

Giarabub, nodo delle comunicazioni con le oasi del deserto egiziano.

Tale estensione della vigilanza presentava un interesse particolare sotto il profilo doganale, poichè le merci destinate alle oasi saharianc erano esentate dal pagamento dei diritti di confine, ed occorreva impedirne il dirottamento verso i centri della costa. 'ella stessa occasione, fu anche richiesta: l'istituzione di un comando unico per la R. guardia di finanza della Libia, a livello colonnello~ la costituzione di altri reparti costieri e di una tenen.ta a Barce. principale centro del comprensori o del Gcbel circnaico, dove era in corso l'esperimento di colon izzazione di massa dci "'ventimila"; l'aumento dell'organico del contingente nazionale c coloniale; la parziale motorizzazione dci reparti.

Il mini:.-.tero dell'Africa italiana accolse la maggior parte delle proposte, ma non acconsentì all'istituzione di un comando unico, che avvenne soltanto durante la guerra.

Sempre nel quadro del potenziamento delle strutture della guardia eli finanza, il governo della Tripolitania acquistò ncll937, a Lussi mpiccolo, un motO\,cliero da quaranta tonnellate, armato a cutter, il quale, con un equipaggio di sette militari al comando del brigadiere Nunzio Cappuccio, fu utilizzato per la vigilanza doganale nelle acque tra Tripoli e Ras Agedir, al confine tu n isino, prima esercitata da una moto bilancella condotta da un civi le di origin e greca.

L ·unità, che per le sue caratteristiche di natante da diporto veniva spesso usata per brevi crociere dal governatore Balbo, ebbe il nome di "Zanzur", località teatro di un fatto d'armi in cui avevano avuto modo di distinguersi le guardie di finanza durante la guerra ita lo-turca: nel conflitto mondiale non trovò impiego e rimase inutilizzata nel porto di Tripoli, dove fu gravemente danneggiata in seguito ad un'incursione aerea nella notte :,ul 16 ottobre 1941.

Alla' igilia dell'entrata in guerra, dunque, la R. guardia di finanza in Libia comprendeva i due distaccamenti occidentale (tenenze di Tripoli, Misurata c Zuara, competente quest'ultima per la vigilanza al confi44

ne tunisino da Ras Agedir- Pisida- all'oasi di ~alut) ed orie ntale, con circoscrizione ne lla Cirenaica e così articolato: - Tenenza di Bengasi: brigate di Be ngas i stanziate e volan te brigata di Giuliana " " T olemaid e " Zuetina Tenenza di Derna: brigata di Derna '' " Apollonia " " T o bruk " Po rto Bardia , " Am scat , " Giarabub La forza del dic;taccamento orie ntale e •·a di tre ufficiali ( un capitano e due tenenti), 31 sottufficiali, 61 appuntati c guardie, oltre a 35 militari libici.

ln totale, al r · giu gno 1940, la R. guardia di finanza contava in Li bia 340 unità: 7 uf!ìciali, 83 sottufficiali, 167 militari di truppa nazionali ed 83libici ai quali ultimi, con circolare del gove rnatore generale Balbo del 21 aprile 1939, era stata concessa l'ass imilazione ai gradi militari ita liani e l'uso delle stc llcttc.

Nelle isole itali ane d ell'Egeo era stata dislocata, negli anni immediatamente successivi all'occupazione, una ""compagnia autonoma R. guardia di finan za"" inquadrata nel "R. corpo di spedizione italiano nel Mediterraneo Orientale'', poi trasformata in distaccamento nel quadro del riassetto organizzativo del possedim e nto. Pure in Egeo i compiti d'istituto erano stati inizialmente circoscritti al settore doganale, anche pcrchè le isole godevano di un regime tributario alquanto blando, ca ratterizzato da numerose esenzioni e privil egi.

Nell'esercizio finan ziario 1937/ 38 fu attuato il riordinamento del sistema fi scale, imperniato sulla soppressio ne dei residui pri vilegi c di taluni vecchi tributi. quali il "mirì'' sul vino c la decima sui prod o ui del suolo, e sull·estensione alle isole del monopolio dei sali e dei tabacchi (prima limitato a Rodi cd a Coo), della tassa di scambio e delle imposte 45

di ricchezza mobile, sui terreni e sui fabbricati, nonchè di quasi tutti gli altri tributi previsti dall'ordinamento nazionale.

In conseguenza, fu proposto un potenziamento del contingente della guardia di fmanza, comprendente, tra l'altro, l'istituzione di un nucleo di polizia tributaria investigativa a Rodi (33). Ma prima dello scoppio della guerra si riuscì a costituire soltanto la brigata dell'isola d i Castelrosso, nel maggio 1938.

Alla vigilia del conflitto, dunque, la guardia di finanza in Egeo comprendeva una compagnia, una tenenza (Rodi), quattro sezioni (rette da marescia11i a Malona, Coo, Lero e Scarpanto) e ben 32 tra brigate e distaccamenti, per la maggior parte dislocati nelle isole minori del possedimento; in tutto, un capitano, un tenente e 154 tra sottufficiali c guardie.

Il reparto dipendeva, formalmente, dal comando della legione di Bari, ma su questo tema si era innescata, alla fine de{!:li anni trenta, una controversia che può valer la pena di ricordare per tener presente il clima nel quale allora si svolgevano i rapporti all'interno della pubblica amministrazione.

112 dicembre 1936 il governatore del possedimento, generale Cesare Maria De vecchi di Val Cismon, quadrumviro della rivoluzione fascista, divenne anche comandante delle FF.AA. Pochi giorni dopo, il sottosegretario alla guerra, gen. Pariani, dispose (circ.n. 93230 del 26. 12.1936) il passaggio alle dipendenze del governatore d i tutti i comandi ed enti del R. esercito dislocati nelle isole.

Già il6 gennaio De Vecchi reclamava analoga disposizione per la compagnia della R. guardia di finanza. Il ministro delle fmanze Thaon di Revel rispose in marzo (34), elencando le numerose ragioni organizzative ed operative che sconsigliavano di modificare i rapporti di dipendenza esistenti. Immediata la replica del governatore, con un lungo telegramma cifrato del 22 marzo 1937, lapidario nella forma (''escludo di consentire nè ora, nè poi, che i reparti della R. guardia di finanza siano ispezionati da chi non vi ha ingerenza"') ed alquanto mi (33) Doc. n. 21.

(34) Doc. n. 22.

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naccioso nella sostanza (''con i pieni poteri che ha il sottoscritto ....... nessuno potrebbe vietare al governatore di creare in luogo una sua guardia di finanza") (35).

Thaon di Revel mantenne il proprio punto di vista e - secondo una prassi che abbiamo già avuto modo di osservare- si appellò al vertice del regime con un "appunto per il duce" (3 6), n el quale, oltre a replicare alle argomentazioni di De Vecchi, non man cò di porre in rili evo "le non indifferenti spese·' cui si sarebbe andati incontro '·per la costituzione ab ovo di apposita milizia tributaria", come ipotizzato dal quadrumviro.

Ma "S.E. il Capo del Governo ritiene opportuno che la Finanza aderisca al desiderio di S.E. De Vecchi come per la Guerra, la Marina e l'Aeronautica"' fu costretto ad annotare il ministro, il quale dovette quindi disporre che, dal l " luglio 1937, il distaccamento assumesse la denominazione di "compagnia della R. guardia di finanza delle isole italiane dell'Egeo", e passasse alle dipendenze del governatore per la disciplina, l'impiego e l'addestramento. L'adesione al "desiderio" del gen. De Vecchi non dovette però essere del tutto soddisfacente ne1la pratica quotidiana, se ancora il4 gennaio 1940 il quadrumviro era costretto a scrivere al comando generale per sollecitare l'emanazione di disposizioni particolari intese a "vietare di carteggiare" direttamente con la compagni a ("E va bene!" annotò il comandante generale Pignetti) (37).

Piuttosto travagliata fu anche la realizzazione delle strutture della R. guardia di fmanza in Mrica Orientale.

Fino alla vigilia del con.flitto italo-etiopico, la presenza della R. guardia di finanza era qui ridotta a pochi sottufficiali distaccati con compiti di carattere doganale in Eritrea, dove peraltro esisteva, fin dal 1932, un "Corpo delle guardie indigene di dogana", con mansioni ausiliarie.

Nel quadro del potenziamento dell'amministrazione coloniale nell'imminenza del conflitto, il Ministro Lessona chiese nell'aprile 1935 la costituzione di tre distaccamenti (Asmara, Massaua e Mogadiscio) destinati ad operare autonomamente alle dipendenze dei rispettivi governatori, secondo il modello già adottato in Libia.

(35) Doc. n 23 (36) Doc. n. 24.

(37) Doc. n. 25.

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Soltanto il perso nale assegnato in Somalia ( 17 sottufficiali ed 83 appuntati e guardie, al comando del tenente Lorenzo Mazzini) riuscì però a raggiungere la destinazione tra l'estate c l'autunno. I componenti dci due distaccamenti eritrei giunsero in colonia d opo lo sbarco del battaglione speciale ..E", destinato a partecipare alle operazioni militari, dal quale attinsero un rinforzo di effettivi.

Alla data di cessazione delJ e ostilità comunque es isteva nelle due vecchie colon ie un abbozzo di organizzazione per il servizio d'istituto, affidato ai tre distaccamenti suddetti, comprendenti in totale un capitano, tre tenenti, 51 sottufficiali, 195 appuntati e guardie, passati alle dipendenze del ministero delle colonie con D.M. 30 apri le 1936.

Il battaglione speciale "E", inqu adrato con le truppe operanti, giunse come si è visto ad Addis Abeba il7luglio, preceduto da una compagnia di formazione entrata nella capitale etiopica il 5 maggio con la "colonna Badoglio".

Con uno dei suoi primi atti (38), ill Sluglio il governatore generale Grazian i decretò: il passaggio del battaglione alle dipendenze dirette del governo generale, per l'organizzazione del servizio d'istituto;

la costituzione de] "comando R.C.F. de11'A.O.L" con funzioni di comando disciplinare cd amministrativo nei confronti di tutto il personale del Corpo presente in Africa Orientale, di studio dell'organizzazione d ella difesa tributaria del vicercame e di coordinamento dell'azione dei comandi territoriali, posti alle dipendenze dei singoli govern i; l'istituzione di un co mando d ella R. guardi a di finanza per ciascuno dei governi previsti daJI'ordinamento territoriale dell'Impero.

I compiti dei reparti o perativ i venivano così d efiniti: vigilanza preventiva e repressiva in materia tributari a e finanziaria; gestione, fino a nuovo ordine, dell'accertamento e d ella riscoss ione dei diritti doganali e dell e imposte di produzione; (38) Doc. n. 26.

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vigilanza in matena di scambi e valute; poli zia economica, con compiti di diretto controllo sugli approvvigionamenti di prima necessità alla popolazione civile. li l8luglio Grazia ni convocò al '·G hebì'' imperiale il ten.col. Palandri e gli ordinò di partire per Harar, per organizzare i l:>en izi lungo la frontiera con la Costa francese dei Somali e con il Somaliland britannico (39).

L'ufficiale partì il 21, accompagnato dal cap. Pugli'ìi c dal tenente Carrieri, segu ito tre giorni dopo da un nucleo di oltre duecento uomini, con altri quattro ufficiali (tenenti Patrassi, Altamura, Acanfora e Calabrese).

Dopo una rapi da ricognizione, alla fine del mese erano già costituite e funzionanti nel territorio del governo dell'Harar le compagnie d i Dire Daua (tenenze di Douanlè, Dire Daua cd llarar) e di Giggiga (tenenze di Giggiga e di Aubarre). ello stesso tempo, il cap. Polcaro escrci ta\a le funzioni di direttore superiore delle dogane, mentre i tenenti Mentini e Dc:- Angelis reggevano, rispettivamente, le dogane di Addi s Abeba e di Dire Daua.

Con un notevole sforzo organizzativo, superando enorm i difficoltà ambientali nel clima di insicurezza determinato dall'insorgente guerriglia, la rete dei servizi territoriali e di frontiera d ella R. guardia di finanza fu estesa gradualmente a tutto l'Impero. Le regioni occidentali Amhara e Galla-Sidamo- furo no raggiun te soltanto nel corso dell937, e fu così possibile attivare un dispositivo d i controllo, sia pure limitato ai punti di passaggio principali, alle fro ntiere con il Kenya c con il Sudan.

Lo studio d ell'ordinamento dcfin.iti\O della guardia di finanza in A.O.I. era stato intrapreso dal colonnello Domenico Silvestri, sbar cato a Gibuti con tale specifico in carico il 18 lu glio.

Ebbe inizio, da all ora, un lungo braccio di ferro tra il comando superiore R.G.F. di Addis Abeba, il comando generale di Roma, il governo vicereale ed il ministero delle colonie, poi dell'Africa italiana (40).

(39) Doc. n. 27.

(40) Do<'. n. 28 - 29 - 30.

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La gerarchia del Corpo prevedeva l'istituzione di un comando unico per tutto l'Impero, a livello generale di brigata, avente alle dipendenze comandi a liveUo circolo (battaglione) per ciascun governo, oltre ad un reparto di istruzione per il personale indigeno. Per il Galla-Sidamo che per la supposta abbondanza di risorse naturali pareva dover diventare l'area di più promettente sviluppo economico- si richiedeva l'istituzione di una legione. La dirigenza coloniale tendeva invece a ridurre per ragioni di bilancio -l'organico del contingente, e preferiva la costituzione di una serie di distaccamenti autonomi, alle dipendenze dei singoli governi, negando l'utHità del comando centrale.

La soluzione fu infine trovata nel 1938: l'organico fu leggermente ridotto, ma si riuscì a salvare il principio dell'organo centrale di controllo e di coordinamento, pur accettandone la riduzione a livello di colonnello, e la perdita della qualifica di "Comando Superiore", del resto imposta a tutti i comandi militari subordinati al comando interforze cui era preposto Io stesso vicerè.

Silvestri, che era rimasto ad Addis Abeba anche dopo la promozione a generale di brigata, tornò in Italia e fu sostituito dal colonnello Bagordo, il quale tenne il comando fino alla vigilia del conflitto europeo.

8. La R. guardia di finanza in Albania.

All'alba del 7 aprile 1939 un corpo di spedizione al comando del gen. Cuzzoni prese terra a Durazzo, Valona, S. Giovanni di Medua e Santi Quaranta, dando inizio all'occupazione dell'Albania.

Si apriva cosl una nuova fase nella complessa e tormentata vicenda dei rapporti tra il nostro Paese e la piccola nazione balcanica, vicenda che aveva in qualche misura interessato anche la R. guardia di finanza.

I trattati di amicizia e di alleanza dell926 e del1927, che segnarono il temporaneo ingresso dell'Albania nella sfera di influenza italiana dopo l'ascesa al potere di Ahmed Zogolli ( dal1928 re Zog), prevedevano infatti la costituzione a Tirana di una robusta missione militare, al comando dell'addetto presso la nostra legazione, col. Pariani.

La missione, che raggiunse una consistenza di quasi trecento tra ufficiali e sottufficiali, ebbe il compito di riorganizzare le forze armate albanesi, trasformando le bande irregolari, che avevano operato nel Paese dopo la conquista dell'indipendenza, in uno strumento militare mo50

dellato secondo gli schemi degli eserciti europei. Essa comprendeva anche un nucleo di ufficiali della R. guardia di finanza, agli ordini del tcn. col. Domenico Silvestri, i quali si occuparono della "Reale Guardia di confme", un corpo dell'esercito destinato alla vigilanza di frontiera con compiti insieme doganali, militari e di polizia.

Sempre a partire dal 1926 ebbe anche inizio la formazione d egli ufficiali albanesi presso la scuola di Roma.

La missione cessò la propria attività a partire dall933, in seguito al graduale peggioramento d elle relazioni italo-albanesi, culminato poi nell'azione di forza della primavera 1939 (41).

Nell'imminenza dell'operazione, un nucleo di ufficiali che avevano già prestato servizio in Albania (ten.col. Palandri, capitani Lucci, Palumbo e Russo) fu posto a disposizione del S.l.M. con compiti informativi e di guida delle colonne che, superata la poco più che simbolica resistenza locale, procedettero all'occupazione del Paese. Ebbe modo di distinguersi il cap. Russo il quale, incaricato di raggiungere Peshkopije con una compagnia rinforzata di granatieri, assolse il compito sostenendo un conflitto a fuoco con elementi dell'esercito regolare avversario.

Nel giro di pochi giorni cessò qualsiasi resistenza organizzata, ed il 13 aprile fu proclamata l'unione delle corone di Italia e di Albania nella persona di Vittorio Emanuele III di Savoia.

Il ten.col. Palandri, che aveva raggiunto Tirana con la colonna proveniente da Durazzo, fu preposto ad un "comando R. guardia di finanza d'Albania" istituito il 30 aprile per inquadrare il personale che affluiva dall'Italia. Già alla metà del mese, infatti, si trovavano sull'altra sponda dell'Adriatico diciotto ufficiali e ventisei sottufficiali, impegnati a realizzare la prima intelaiatura dell'organizzazione operativa nel nuovo territorio, al quale con una convenzione del 20 aprile era stata estesa la legislazione doganale e valutaria italiana, mentre rimasero distinti i sistemi tributari interni.

In maggio sbarcarono a Durazzo altri 900 uomini che, concentrati in un attendamento nei pressi di Tirana. furono gradualmente smistati alle località di destinazione, dove affiancarono i militi confinari albanesi.

(41) Presso la R. legazione d'Italia a Tirana continuò tuttavia a prestare servizio il ten.col.

Luigi Fantapiè, con funzioni di "organizzatore della R. guardia di confine~

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L'operazione rese necessario il superamento di non trascurabili difficoltà logistiche, a causa delle pessime condizioni del sistema viario, tanto che a fine giugno si dovette ricorrere all'aerotrasporto per trasferire da Tirana a Kukes il personale destinato alla frontiera nord-orientale (42).

In luglio fu disposta la "fusione" delle organizzazioni militari dei due stati (43).

L'ordinamento della R. guardia di confine, definito nel 1929, era stato ritoccato pochi giorni prima dello sbarco italiano (L. 17 marzo 1939). La ''Guardia'', qualificata "arma combattente" e collocata al primo posto neU'ordine delle precedenze del piccolo esercito albanese, aveva una duplice dipendenza, dal ministero della difesa e da quello delle finanze, e comprendeva un comando generale, un ufficio distaccato presso il comando della difesa nazionale ed uno presso il ministero delle finanze, un centro di istruzione c sei battaglioni articolati in compagn ie, plotoni c sezioni dislocati nei capoluoghi di prefettura. Compiti ed attribuzioni corrispondevano sostanzialmente a qualli della R. guardia di finanza italiana, ad imitazione della quale l'organismo confinario albanese era stato evidentemente modellato.

L'organico complessivo era di 1.817 uomini, di cui 96 ufficiali e 132 sottufficiali~ il personale di truppa era tutto in ferma volontaria, ma dove-

va aver già prestato servizio di leva in fanteria prima dell'arruolamento, cd era destinato a rientrare nei ruoli di tale arma dopo il congedo.

U 10 maggio 1939 un decreto del luogotenente del re, Jacomoni, provvide alla sistemazione della R. guardia di fon fine alla luce degli avvenimenti sopravvenuti.

L'arma era posta alle dipendenze del comando superiore delle FF.AA. d'Albania, avrebbe avuto per comandante un colonnello della R. guardia di finanza italiana, coadiuvato da un vice-comandante italiano e da uno albanese ed abilitato a mantenere contatti diretti con la presiden za del consiglio dei ministri di Ti rana per Je questioni concernenti il servizio d'istituto. Era anche previsto l'affiancamento aJie guardie di confine albanesi di personale della R.G.F. italiana e la conseguente istituzione di (42) Alla fiue dcll939 (probabilmente in novembre) il generale dell'esercito addetto al <'Omando gcneralr. Massone. esrguì una io,przionc in Albania, constatando che la .,istcmazionc dri reparti era ancora precaria (Doc. n. 31). ( 43) Legge 13 luglio 1939 n. li 15.

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comandi paritetici dei due organismi nelJe stesse località. Alla totale .. fusione" - in realtà, all'incorporazione della guardia di confine nella R. guardia di finanza - si provvide con un decreto luogotenenziale del 6 gennaio 1940, in virtù del quale compiti ed attribuzioni del preesistentc organismo albanese venivano trasferiti alla R.G.F. sommandosi a quclli previsti da11a legislazion e vigente in Italia (in particolare, veniva estesa la nozione di "polizia tributaria"), pur conservandosi la separazione tra i sistemi fiscali dei due Paesi.

n

comandante della "R. guardia di finanza d'Albania" era posto alle dipendenze del comando superiore truppe agli effetti disciplinari c per l'organizzazione e l'impiego militare, e del comando generale di Roma per l'ordinamento, l'avanzamento e le questioni tecnico-amministrative. Per il servizio d'istituto erano previsti rapporti diretti con la presidenza del consiglio e con i ministri delle finanze, della giustizia, degli interni e dell'economia nazionale del governo albanese.

L'incarico fu affidato al ten.colonnello Palandri, il quale era già stato comandante sia della R.G.F. italiana che della R. guardia di confine durante il precedente sistema "binario".

La ''"fusione" andò piuttosto a rilento, pur essendo agevolata dalla provenienza quasi integrale dei quadri albanesi dalla scuola ufficiali di Roma, e fu poi ulteriormente ritardata, a conflitto iniziato, dalla prova complessivamente non positiva fornita dalle unità albanesi inserite nelle forze armate italiane. L'inquadramento d egli ufficiali nel ruolo della R.G.F., ad esempio, fu attuato soltanto nel corso del 1942.

Nella primavera d ell940 l'organico per i servizi in Albania fu fissato in 1958 unità (9 1 ufficiali~ 296 sottufficia li, 1561 appuntati e guardie), di poco superiore dunque a quello della soppressa R. guardia di confme.

Era tuttavia prevista la revisione generale delle dotazioni delle forze di polizia, che avrebbe dovuto essere attuata entro il3l dicembre delle stesso anno.

Ma lo scoppio del conflitto fece passare la qu estione in second o piano.

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Capitolo il

LA PREPARAZIONE AL CONFLITTO l. La definizione dci compiù: copertura e difesa costiera.- 2. L'ordinamento della

R. guardia d1 finanza nel l 939.-3. Predispos1Z10ni per la mobilitazione.- 4. Pianificazione del concor~o alla difesa dcll'AJbanja 5. La mobilitazione del naviglio. - 6. Le misure adottate nel ~ettembre 1939

l. La definizione dei compiti: copertura e difesa costiera.

]]'inizio del1939 i compiti che la R. guardia di finanza sarebbe stata chiamata ad assolvere in caso di guerra potevano considerarsi ormai definiti, anche se parecchi erano gli aspetti- non tutti di dettaglio- rimasti in sospeso.

A

Primo fra tali compiti, per priorità logica e per consistenza, era il concorso alla copertura delle frontiere terrestri, alla quale partecipavano anche gli elementi dci carabinieri e della milizia confinaria dislocati in prossimità del confin e per i rispettivi compiti d'istituto. Come si è visto, dall934l'esercito italiano disponeva di un'organizzazione "ad hoc" per la copertura, il Corpo della guardia alla frontiera, articolato in settori e sottosettori - corrispondenti ai livelli di battaglione e compagnia - dipendenti da 11 comandi "G.a.F." di corpo d'armata, e comprendenti unità minori di fanteria e di artiglieria destinate al presidio delle opere della fortificazione permanente ed all'attivazione della prima resistenza nelle adiacenze del confine. I comandi di settore e di sottosettore esercitavano una funzione di controllo sul grado di addestramento militare e di prontezza operativa degli elementi delle forze di polizia ubicati nelle ri spettive zone di competenza, elementi destinati a passare integralmente alle dipendenze dei co mandi "G.a.F." al momento dell'emergenza.

Poichè le stazioni dei CCRR ed i distaccamenti della milizia confinaria erano dislocati ai valichi e nei centri abitati di fondo valle, la sorveglianza militare del confine, soprattutto nelle zone impervie, era prevalentemente affidata alla guardia di finanza, che vi provvedeva con pat-

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tuglie e con "nuclei di copertura", elementi fissi con compiti di osservazione ed allarme e, in parte, anche di difesa di posizioni dominanti, punti di passaggio obbligato, ecc.

Questi ultimi elementi erano dotali delle mitragliatrici d a posizione "S. Etienne", residuati dalla l" guerra mondiale cedute al Corpo nel 1924. Lungo la frontiera erano distribuite 803 armi, d i cui l 05 al confine francese, 232 a quell o svizzero, 198 a quello tedesco, 268 a quello jugoslavo.

Da Ventimiglia a Fiume, la R. guardia di finanza schierava 207 b rigate di frontiera di 1· linea (32 al con fine francese, 75 al confine svizzero, 37 al confme tedesco, 63 al confine jugoslavo) ed un certo numero di di staccamenti permanenti, oppure aperti soltanto nel periodo estivo.

Strettamente connessi all'assolvimento dci compiti di copertura erano quello di guida delle unità dell'esercito di cam pagna destinate a prendere posizione sulla frontiera, e l'attività di raccolta di notizie da oltre confine, diretta dagli organi informativi dei corpi d'armata.

Per ciascun reparto con compiti di copertura era previsto un organico di guerra, da assumere all'emergenza traendo gli effettivi dai reparti interni immediatamente retrostanti, che sarebbero stati reintegrati una volta ultimate le operazioni di mobilitazione.

N el 1935 erano state estese a tutte le infrastrutture di confine (caserme, corpi di guardia, rifugi alpini) le dispos izioni emanate nell 927 per l'adozione di misure protettive alla frontiera jugoslava.

Per la difesa costiera, i principi informatori rimasero sostanzialmente invariati dalla emanazione d ella prima "Istruzione per la difesa delle coste" d el19 13. Alla vigilia del conflitto erano in vigore le "Istruzioni" d el193 1, che prevedevano la realizzazione di un sistema di vigilanza diretto a prevenire colpi di mano o infiltrazioni di sabotatori o informatori. La R. guardia çli finanza concorreva alla vigilanza marittima con le unità del naviglio, ed a quella costiera con le brigate ed i di staccamenti litoranei, destinati ad originare pattuglie e postazioni fisse. Nel1 936la commissione di difesa esaminò un progetto riguardante la costituzione di una "milizia costiera" ( 44), specialità d ella M VSN (44) con RDL 21 gennaio 1935. n. 181 , fu istituita la ~Mihzia da costa", dall938 denominata • Milizia artigliera marirùma- ( Ml L\1ART). dcsùnata ad armare le batterie costiere dipendenti dai comandi della R. marina.

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che avrebbe dovuto assumere le responsabilità della difesa delle coste, in analogia a quanto si era già fatto per la difesa contraerea.

Ma il progetto non ebbe seguito, essenzia lmente per ragioni di b ilancio, e la responsabilità in questione continuò ad essere ripartita tra i comandi territoriali dell'esercito e qu elli delle piazze militari marittime, dai quali vennero a dipendere, per il particolare impiego, anche gli elementi dei CCRR e della R. guardia di finanza dislocati lungo le coste, nei porti e nelle basi navali.

A differenza di quanto si era verificato nell915, non fu prevista la costituzione di unità organiche della R. guardia di finanza destinate alla difesa di settori costieri, che restò affidata a1le sole unità dell'esercito.

Elementi del Corpo furono invece integrati nel sistema di protezione delle ferrovie e delle opere d'arte strada!i, affidato in via principale all'arma dei carabinieri.

Mentre le esigenze della copertura alla frontiera terrestre si concretavano in attività operative intense ma destinate ad esaurirsi in un'arco di tempo relativamente breve, quelle inerenti alla difesa costiera si sarebbero prolungate, prevedibilmente, per tutta la durata del conflitto. I rinforzi previsti dalla pianificazione per i reparti litoranei furono quindi prevalentemente costituiti da elementi anziani o richiamati dal congedo; nel corso del conflitto furono anche assegnati alle brigate litoran ee ri chiamati dell'esercito.

Sia per la copertura che per la difesa costiera, la catena di comando specifica dell'esercito (e della marina., per i reparti integrati nella difesa delle piazze militari marittime) escludeva totalmente gli ufficiali della R. guardia di finanza., che continuavano però a svolgere nei confronti dei reparti stessi le loro normali attribuzioni riguardanti il servizio d'istituto, oltre ad esserne responsa bili, verso i comandi militari, per l'andamento disciplinare, il contegno, l'assetto formale, ecc. Al contrario di quanto si era fatto nella prima guerra mondiale, gli ufficiali furono inseriti nel sistema della difesa costiera soltanto temporaneamente, in situazioni di emergenza, per essere sostituiti appena possibile da coll eghi dell'esercito, nella quasi totalità richiamati o di complemento. c conseguirono attriti, senso di frustrazione, incomprensioni, che la qualità del personale addetto ai reparti litoranei spesso contribuiva ad alimentare. In realtà, la questione non trovò soluzione soddisfacente lungo tutto il conflitto, come dimostra un intervento personale che nell'agosto 1942 il gen. Cerrato, comandante la zona di Venezia., ritenne di fare presso il comandante generale.

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Un'esigenza particolare si presentò per l'organizzazione della difesa in Sardegna.

Fino alla primavera del '40 l'isola era sede di due comandi di circolo (Cagliari e Sassari) dipendenti dalla legione di Roma.

Già dal 27 gennaio 1938, però, il comando difesa della Sardegna aveva rilevato l'insufficienza della struttura ordinativa di pace in relazione ai compiti che i reparti della R. guardia di finanza avrebbero dovuto assolvere in caso di mobilitazione e, in marzo, aveva precisato la dislocazione e la dipendenza tattica dei comandi e dei reparti di cui si chiedeva la costituzione. In base alla determinazione di esigenze così operata, il comando generale approvò, in settembre, le predisposizioni che avrebbero dovuto essere attuate al momento della mobilitazione: istituzione di un terzo comando di circolo a Nuoro, di ·4 comandi di compagnia (Iglesias, Oristano, Muravera, Alghero) di 7 tenenze e di 4 brigate; trasferimento di una serie di comandi in sedi di guerra prestabilite; perequazione della forza e revisione delle circoscrizioni e delle linee di dipendenza dei reparti esistenti.

Ulteriori contatti tra comando generale e stato maggiore esercito fecero emergere la necessità di porre i reparti della guardia di finanza sotto un'unico comando, anche in previsione delle condizioni di isolamento in cui le provincie sarde si sarebbero venute a trovare in caso di conflitto.

Ci si rese anche conto che trasformazioni organiche impegnative come quelle previste erano piuttosto difficili da attuare al momento della apertura delle ostilità, e che convenjva quindi cercare di adottarle fin dal tempo di pace.

La lS. legione "Sarda" (45) fu così istituita con D.M. 26016 del22 aprile 1940, e cominciò a funzionare, con il nuovo ordinamento, il l • giugno successivo, appena dieci giorni prima della dichlarazione di guerra.

(45) Con R.D. 2 settembre 1938 ad ogni Iee;ione era stato assegnato, oltre al numero d'ordine, un nominativo: t • Genova "Superba"; 2"' Tormo "Savoia"; 3' Milano "del Carroccio"; 4' Trento "Lagarina"; 5' Udine "Friuli"; 6' Trieste "Giulia"; 7' Venezia "dei Due Pia vi"; 8' Firenze "dell'Arno"; 9' Roma "del Campidoglio"; IO' Napoli "del Vesuvio"; Il' Bari "Salentina";l2' Messina "dell'Etna"; 13' Palermo "dei Mille".

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2. L'ordinamento della R. guardia di fmanza nel 1939.

Lo strumento con il quale la guardia di finanza si accingeva ad assolvere .questi compiti - e naturalmente quelli concernenti il servizio d'istituto, destinati a sopravvivere in caso di guerra- era sostanzialmente quello delineato dalle riforme ordinative del 1906 e del 1923.

Al vertice il comando generale, retto dal generale di corpo d'armata Ugo Pignetti, in carica dal l o settembre 1938, coadiuvato dal comandante in seconda Antonio Papaleo, unico generale di divisione della guardia di finanza, sostituito il 20 gennaio 1940 dal gen. Paolo Camondi.

n comando era articolato in cinque uffici: "segreteria", competente per gli affari generali ed il personale; "servizio e polizia tributaria investigativa", per le attività concernenti il servizio d'istituto; "amministrativo"; "del generale addetto", cui era preposto un generale di brigata del regio esercito; "naviglio", retto da un ufficiale di SM della regia marina (per tutta la durata del conflitto fu il contrammiraglio Malusardi).

Tutte le predisposizioni riguardanti la preparazione bellica della R. guardia difmanza, ]'armamento, ]'addestramento (anche tecnico-professionale) e le dotazioni di mezzi tecnici facevano capo all'ufficio del generale dell'esercito addetto (Francesco Braga fino al 6 settembre 1939, poi Riccardo Massone) il quale era anche praticamente il vertice dell'organizzazione addestrativa.

Questa era imperniata su tre comandi di corpo: la R. accademia e scuola d'applicazione, per il reclutamento, la formazione ed il perfezionamento degli ufficiali; la scuola sottufficiali e la legione allievi, che assolvevano analoghe funzioni per i quadri intermedi ed il personale di truppa.

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Nel corso degli anni '30 si era avuto un cambiamento di indirizzo nel reclutamento e nell'iter formativo degli ufficiali. Tra ill933 cd il '36 si pensò infatti di adottare il sistema in uso per l'arma dei carabinieri, ed i quadri furono reclutati per due terzi dagli ufficiali dell'esercito e della marina, e per il rimanente dai sottufficiali del Corpo che avessero frequentato un corso biennale presso l'accademia di fanteria e cavalleria di Modena. L'istituto di Roma continuò a funzionare quale scuola di applicazione per gli ufficiali di nuova nomina e di specializzazione per il personale destinato alla polizia tributaria. Ma a partire dall'anno 1936/ 37 si tornò al sistema precedente, consistente in un corso di formazione triennale frequ entato per due terzi dai diplomati dei licei e per un terzo da provenienti dai sottufficiali, integralmente svolto presso la scuola allievi ufficiali, che dal 1938 assunse la denominazione di "'R. accademia e scuola d'applicazione delJa R. guardia di finanza".

I sottufficiali continuarono a provenire esclusivamente dai militari di truppa del Corpo, mediante un corso di nove mesi presso l'apposita scuola, trasferita nel 1938 da Caserta al Lido di Ostia. l militari di truppa erano reclutati per arruolamento volontario con ferma triennale, ed erano addestrati, con corsi di durata variabile tra i sei ed i nove mesi, presso i d ue battaglioni della legione allievi di Roma o presso la scuola alpina di Predazzo e quella nautica di Pola, pure dipendenti dalla legione e destinate, rispettivamente, all'addestramento del personale impiegato nel servizio alpestre e di qu ello dal contingente di mare.

In complesso, e malgrado la modifica di breve durata apportata al sistema di reclutamento degli ufficiali, la R. guardia di finanza si presentava alla vigilia del conflitto come un organismo caratterizzato da notevole omogeneità: gli ufficiali tutti in servizio permanente effettivo, i sottuffìciali e le guardie tutti volontari a lunga ferma, ciascuna categoria reclUlata ed addestrata presso istituti di tradizione ormai consolidata e seco ndo moduli coll audati nel tempo.

Nelle scuole era molto curato l'addestramento tecnico-tattico, secondo la regolamentazione vigente per le minori unità della fanteria, addestramento che faceva nettamente premio su quello professionale e che si cercava di mantenere anche presso i reparti territoriali con l'esecuzione di tiri, la pratica d'armi e la partecipazione saltuaria ad esercitazioni organizzate dai comandi dell'esercito. Grande importa nza si annetteva 60

pure alla preparazione ed all'allenamento alla vita in montagna, cui era destinata la quasi totalità degli elementi più giovani.

L'organizzazione territoriale, alla quale era affidata l'esecuzione del servizio d'istituto, comprendeva, dopo le modifiche apportate nella primavera del 1940, quattro comandi di zona, retti da generali di brigata, e quindici di legione così dislocati: zona

Genova

legioni di Genova, Torino, Milano;

II zona

Venezia

legioni di Trento, Udine, Trieste, Venezia;

m zona

Firenze

legioni di Firenze, Roma, Ancona, Cagliari;

IV zona

apoli

legioni di Napoli, Bari, Messina, Palermo.

I

Tale ordinamento rimase invariato fino al termine del confli tto, tranne le modifiche riguardanti l'organizzazione dei territori occupati od annessi e l'istituzione, dal 1o ottobre 1942, di un quinto comando di zona a Trieste.

Ciascuna legione comprendeva un comando ed un numero vario di "circoli", a loro volta articolati in compagnie, tenenze, brigate e distaccamenti. In ogni capoluogo di provincia esisteva un nucleo di polizia tributaria investigativa, dipendente dal comando più elevato alla sede; a Roma operava anche il nucleo distaccato presso il ministero degli scambi e delle valute, per l'esecuzione di indagini in materia di violazioni alla disciplina valutaria e degli scambi con l'estero, recentemente introdotta.

Compiti di polizia economica aveva anche un "reparto aziende molitorie e pastifici" istituito il 2 gennaio 1939 alle dipendenze del ministero delle corporazioni, con una forza d i un capitano ed otto sottuffi ciali.

11 bilancio dello stato per l'esercizio 1939/ 40 prevedeva per la R. guardia d i finanza una spesa complessiva d i 230 milioni 514 mila lire, di cui 194,3 milioni assorbiti dagli oneri per il personale.

Sei milioni e 600 mila li re erano destinati al casermaggio (le spese per il vestiario erano a carico dei militari mediante il meccanismo della "Massa del Corpo"); due milioni al servizio automobilistico e 3,3 alla vigilanza costiera.

61 A

L'organico del Corpo, rimasto praticamente invariato dalla fine della guerra mondiale, fu aumentato di 2.000 unità nella primavera del 1940 per far fronte all'espansione dei compiti di polizia economica e dei servizi di polizia tributaria, connessi questi ultimi all'imminente entrata in vigore dell'imposta generale sull'entrata.

In totale la R. guardia di fmanza, alla vigilia dell'entrata in guerra, contava 31.420 unità, di cui 900 ufficiali (un generale di divisione, quattro di brigata, 20 colonnelli, 44 tenenti colonnelli, 60 maggiori, 287 capitani, 484 tenenti e sottotenenti), 6.611 sottufficiali, e 23.909 appuntati e guardie.

3. Predisposizioni per la mobilitazione.

Tra la primavera e l'estate del 1939 la tensione in Europa si andò progressivamente aggravando, fino a culminare il l o settembre nell'invasione tedesca della Polonia, immediatamente seguita dall'intervento franco-inglese.

La posizione italiana, sintetizzata nella formula della "non belligeranza", era condizionata, da un lato, dalla scelta di campo a favore della Germania, sanzionata in aprile con la firma del "Patto d'acciaio", e dall'altro dalla consapevolezza dello stato di impreparazione dello strumento militare, che secondo le valutazioni più ottimistiche non sarebbe stato in grado di intraprendere operazioni prima della fine del 1942. L'indirizzo strategico era quindi strettamente difensivo, ed a esso si uniformava la pianificazione il cui documento fondamentale, il piano di radunata "P.R.l2", era impostato sull'ipotesi di uno scontro tra Italia e Germania da una parte e Francia e Gran Bretagna dal1'altra, con Jugoslavia, Grecia e Turchia ostili dopo un atteggiamento iniziale incerto.

Gli stati maggiori, ovviamente, furono invitati ad intensificare le predisposizioni per la mobilitazione e la radunata e quelle per l'attuazione della copertura e per la difesa costiera.

Per la R. guardia di finanza - tenuto presente il quadro strategico prima delineato - il problema presentava due aspetti ben distinti: il passaggio dall'assetto di pace a quello di guerra dei reparti destinati a concorrere alla copertura alle frontiere francese ed jugoslava ed in Albania, nonchè alla difesa delle coste, considerate le dimensioni che, 62

nella ipotesi di conflitto assunta a base della pianificazione, avrebbe assunto la minaccia dal mare; la costituzione di reparti di nuova formazione, destinati a partecipare alle operazioni dell'esercito in campagna.

La mobilitazione dei reparti dislocati in Africa e nell'Egeo avrebbe avuto luogo secondo disposizioni impartite dai rispettivi comandi superiori delle forze armate, facendo assegnamento soltanto sul personale presente per l'ordinario servizio d'istituto e su quello richiamabile sul posto, essendo esclusi incremen ti di forza dalla Madrepatria.

Per il naviglio, come vedremo, valeva la pianificazione concertata a suo tempo con lo stato maggiore delJa R. marina.

n 13 settembre l'ufficio d el generale addetto chiese agli altri uffici e servizi d el comando generale di fornire gli elementi di rispettiva competenza per una valutazione complessiva del problema, in vista della probabilità di dover emanare a breve scadenza disposizioni per la mobilitazione generale del Corpo. n capo ufficio servizio e P.T.I., col. Conti, rispose il l O ottobre ( 46) rilevando che la vigilanza esercitata ai confini di terra e di mare nel quadro della copertura e della difesa costiera soddisfaceva, contemporaneamente, anche eventuali esigenze di ordine fiscale, mentre piena ed autonoma rilevanza avrebbero conservato i servizi di polizia tributaria e quelli di vigilanza permanente presso le fabbriche ed i depositi di prodotti soggetti ad imposta di fabbricazione, presso le saline, le coltivazioni di tabacco, gli impianti di produzione ed i depositi di generi di monopolio.

Era invece lecito attendersi una contrazione dei servizi di vigilanza e riscontro presso le dogane per la prevedibile flessione degli scambi commerciali con l'estero nel corso del conflitto.

Piuttosto inspiegabilmente, lo studio dell'ufficio serYlZIO non contemplava l'impiego di personale in compiti attinenti all'economia di guerra, che pure era destinato ad assumere una consistenza non trascurabile.

(46) Doc. n. 32.

63

Malgrad o tale omissione, i progetti di mobilitazione compilati dai comandi di legione prevedevano un così largo impiego di elementi del servizio attivo nell'assolvimento dei compiti di carattere militare, da rendere praticamente impossibile assicurare un minimo di fun zionalità ai servizi di istituto. La legione di Napoli, ad esempio, aveva completamente sguarnito le brigate interne, !asciandole con il solo comandante, a favore delle un ità d estinate aJla difesa costiera; situazione analoga si verificava per le legioni di fontiera, ma qui la crisi determinata dalla mancanza di personale avrebbe avuto breve durata, poichè la forza impegnata in compiti di copertura sarebbe stata restituita al servizio ordinario non appena cessata l'emergenza.

Era comunque pericoloso prevedere la destinazione agli impieghi di mobilitazione esclusivamen te di personale in servizio al momento dell'emergenza, facendo assegnamento, per i servizi d'istituto, sui richiamati, necessariamente meno affidabili sotto il profilo disciplinare e professionale.

Per ridurre l'entità d ella crisi, l'ufficio proponeva di subord inare la costituzione di battaglioni mobilitati all'avvenuto recupero del personale impiegato in compiti di copertu ra, e di far fronte in parte alle esigenze di difesa costiera con elementi richiamati. L'aliquota di questi ultimi d estinati ai reparti interni avrebbe dovuto preliminarmente essere sottoposta ad un periodo di addestramento disciplinare, militare e professionale presso i centri di mobilitazione.

Sulla base degli elementi forniti dai vari uffici. le disposizioni concernenti la mobilitazione del Corpo furono riepilogate in un pro-memoria, diramato ai comandi di legione e di ZOlla con circolare n. 8 19/ R del 21 novembre 1939 (47).

La mobilitazione delle legioni territoriali era basata su una previsione di impiego beJlico riferita a quattro differenti situazioni: esigenza "allarme coste"; esigenza "difesa coste"; esigenza "687''; esigenza "copertura".

L'esigenza "allarme coste" contemplava l'esercizio della sola vigi(47) Doc. n. 33.

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lanza costiera, nel periodo immediatamente precedente l'apertura delle ostilità, mentre la "687" riguardava l'ipotesi di un improvvisa aggressione esterna, tale da richiedere l'adozione di misure difensive da parte dei comandi di corpo d'armata di frontiera o costieri, senza attendere disposizioni dal governo centrale.

I relativi compiti avrebbero dovuto essere assolti dai reparti costieri e di confine, in linea di massima con la forza prevista dagli organici di pace; i comandanti di circolo, di concerto con gli uffici finan ziari competenti, avrebbero però potuto sopprimere servizi d'istituto non indispensabili ed operare trasferimenti temporanei di personale.

Per la "difesa coste" e per la "copertura", da attuare su ordine dell'autorità centrale, era invece sempre previsto il rinforzo dei reparti esistenti in tempo di pace, e l'eventuale costituzione di nuovi elementi.

Per far fronte alle esigenze di mobilitazione erano destinate alla guardia di finanza sei classi di richiamo anziane dei gruppi Be C (1893, 1894, 1895, 1897, 1898, 1899) e cinque classi più giovani, del gruppo A (dal 1905 al 1909).

Poichè i dispositivi di difesa costiera e di copertura erano destinati ad essere attivati in parte fin dalla fase di sicurezza, e dovevano comunque essere completati immediatamente dopo l'ordine di mobilitazione generale, i rinforzi per i reparti impegnati avrebbero dovuto necessariamente esser tratti da quelli retrostanti sguarnendo, se necessario, i servizi d'istituto. Con il progredire delle operazioni di mobilitazione i richiamati avrebbero dovuto sostituire parzialmente, nei compiti di copertura presso le frontiere non impegnate ed in quelli di difesa costiera, i militari del servizio attivo, che avrebbero quindi potuto tornare ai compiti d'istituto.

Non era invece prevista ]a sostituzione del personale destinato alla copertura delle frontiere impegnate, che peraltro avrebbe potuto essere recuperato una volta ultimato lo schieramento delle unità dell'esercito di caro pagna.

Per i servizi costiero e di copertura erano designati 32 centri di mobilitazione: 11 legioni, 18 circoli, 2 compagnie, l tenenza.

Per l'altro aspetto della mobilitazione della guardia di finanza- la costituzione "ex novo" di unità destinate a partecipare alle operazioni dell'esercito di campagna - si ricorderà come il lungo contenzioso tra 65

comando generale e S.M.R.E. si fosse concluso, nell937, con la decisione di prevedere l'approntamento di sei battaglioni, formati esclusivamente da personale in servizio permanente ed alimentati, conflitto durante, da altrettante compagnie complementi.

Ciascun battaglione avrebbe dovuto essere articolato su: comando; compagnia comando: plotone comando; plotone collegamenti; plotone esploratori; 3 compagnie fucilieri: plotone comando; . 3 plotoni fucilieri; compagnia armi d'accompagnamento: plotone comando; 2 plotoni mitraglieri; 2 plotoni mortai da 45 mm.

L'organico del battaglione comprendeva 31 ufficiali, 45 sottufficiali, 816 militari di truppa; le dotazioni consistevano in 69 quadrupedi, 2 motociclette, 4 biciclette, 11 autocarri leggeri per fanteria; le armi: 36 fucili mitragliatori, 8 mitragliatrici, 18 mortai da 45 mm.

Per ciascun battaglione, come si è detto, era prevista la costituzione di una compagnia complementi, su un plotone comando, un plotone fucilieri ed un plotone armi d'accompagnamento: in tutto, 5 ufficiali, IO sottufficiali, 139 appuntati e guardie.

In totale, la costituzione di nuove unità mobilitate avrebbe assorbito 216 uffìciali, 330 sottufficiali, 5 724 militari di truppa.

I centri di mobilitazione designati a provvedere all'approntamento dci battaglioni erano così fissati: I

btg.: Genova; II btg.: Milano; III btg.: Trieste; 66

IV btg.: Venezia; V btg.: Roma; V1 btg.: Messina.

La memoria dell'ufficio del generale addetto prendeva anche in considerazione la fisionomia ed il funzionamento dell'organizzazione addestrativa nel corso della mobilitazione.

La legione allievi avrebbe dovuto provvedere al reclutamento ed allo addestramento del personale di truppa destinato a tenere a numero le compagnie complementi dei battaglioni mobilitati, ed a svolgere la sua normale funzione nei riguardi del servizio d'istituto "con le limitazioni dovute alle circostanze". La legione avrebbe assunto una formazione ridotta, con una forza massima di circa 600 uomini, articolati in due aliquote, a Roma (una cp. comando, una cp. fucilieri, una cp. armi d'accompagnamento) ed a Predazzo (una cp. fucilieri).

L'accademia e la scuola sottufficiaJi avrebbero dovuto continuare la loro normale attività, pur accentuando l'aspetto militare dell'addestramento.

Criteri di massima: destinare ai battaglioni mobilitati ufficiali subalterni e sottufficiali provenienti dai corsi di formazione, più giovani e militarmente meglio preparati; assicurare un gettito di quadri corrispondente alle esigenze del periodo bellico, ma tale da non lasciare, alla fine delle ostilità, n è esuberanze da assorbire (che avrebbero provocato ristagni di carriera) nè deficienze suscettibili di determinare crisi all'atto del ritorno all'assetto di pace; conferire la necessaria importanza all'addestramento militare, ma senza comprimere eccessivamente la preparazione professionale degli ufficiali e dei sottufficiali, destinati a tornare tutt~ un giorno, al servizio di istituto.

I corsi avrebbero dovuto avere, finchè possibile, durata normale, ma sarebbe stata prevista l'effettuazione di corsi accelerati, un anno di accademia ed uno di applicazione per gli ufficial~ sei mesi per i sottufficiali; anche la consistenza dei corsi avrebbe dovuto subire incrementi

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modesti rispetto ai volumi normali: rispettivamente il l 0% per l'accademia, il 20% per la scuola di Ostia.

In realtà, durante il conflitto, i corsi ebbero la durata normale del tempo di pace, mentre ne fu sensibilmente aumentata la consistenza; si fece anche rico rso al passaggio nella guardia di finanza di ufficiali di complemento del R esercito.

Contemporaneamente alla diramazione della memoria, il comando generale si rivolse al ministero della guerra per chiedere l'emanazione di ordini esecutivi per l'afflusso dei richiamati, e perchè fossero posti a di sposizione i materiali occorrenti per l'approntamento dei battaglioni. "Con ciò la parte principale del lavoro preparatorio è stata compiuta" osservava il gen. Massone "ed il grado della nostra preparazione dipende dalla sollecitudine con la quale il ministero della guerra aderirà alle nostre richieste".

Rimaneva irrisolta, anzi nemmeno affrontata, una questione accessoria ma assai rilevante, che nel corso del primo conflitto aveva provocato !;eri attriti tra comando generale della R. guardia di finanza c comando su premo, c lasciato tracce di ri sentimenti non del tutto sopiti a distanza di oltre vent'anni.

Si trattava del problema del ripianamento delle perd ite, nella eventualità che, come nel 1917, fosse stata ordinata la chiusura degli arruo lamenti. Come si è visto, era stato allora necessario ridurre drasticamente il numero dei battaglioni al fronte ed il Corpo si era comunque trovato, nell' immediato dopoguerra, in crisi organica gravissima con effettivi ridotti ad appena 12.000 unità, meno del SO% della forza prevista.

Non era affatto escluso che un provvedimento analogo fosse adottato anche nell'emergenza che si andava delineando, e ciò avrebbe vanificato le predisposizion i studiate dal comando generale.

La conclusione del generale addetto era piuttosto problematica: "Non credo sia il caso di interessare per ora il ministero della guerra a qu est'argom ento, e non prospetto alcuna soluzione perchè non ne trovo di soddisfacenti. lo penso che, se guerra vi sarà, bisognerà iniziarla con questo punto interrogativo".

4. Pianificazione del concorso alla difesa deU'Albania.

Tra i presidi della R. guardia di finanza dislocati oltremare l'unico 68

ad avere una consistenza militarmente significativa era quello presente in Albania, forte di circa duemila uomini, al quale venne assegnato un ruolo di una certa importanza nel quadro della difesa costiera e della copertura.

Dopo il settembre 1939, la dichiarazione da parte italiana dell'intenzione di astenersi da iniziative di carattere militare determinò un certo allentamento della tensione nelle relazioni italo-greche, piuttosto accentuata nei mesi immediatamente successivi allo sbarco del nostro corpo di occupazione.

In conseguenza, la posizione strategica dell'Albania fu valutata essenzialmente in relazione all'ipotesi di un conflitto italo-jugoslavo, alla quale il nostro vertice politico e militare annetteva carattere di priorità.

TI gen. Geloso, che dal5 dicembre aveva sostituito Guzzoni al comando superiore di Tirana, orientò quindi la pianificazione secondo un indirizzo nettamente difensivo, nel quale si dava la precedenza alla sistemazione della frontiera settentrionale c nord-orientale del Paese ed all'allestimento di una base operativa per una possibile azione offensiva contro la Jugoslavia, concorrente con uno sforzo principale proveniente dal confìnc giulio.

Per l'attuazione del dispositivo di copertura venivano quindi formulate due distinte ipotesi: ...r concernente lo stato di guerra con la sola Jugoslavia, mentre la Grecia sarebbe rimasta almeno inizialmente neutrale; e "J + G", nella quale si prevedeva il caso di confljtto contemporaneam ente contro i due Paesi.

Le predisposizioni per la difesa costiera erano invece identiche in entrambe le ipotesi.

Furono questi gli elementi in base ai quali il comando superiore R. guardia di finanza di Tira na elaborò il progetto d'impiego dei reparti del Corpo in Albania, poi fatto proprio dal comando superiore truppe e trasmesso per conoscenza al comando generale il 31 maggio 1940.

Lungo i 480 Km della frontiera jugoslava i reparti della R. guard ia di finan za avrebbero d ovuto costituire il primo velo di copertura del territorio albanese, con il compito specifico di assicurare, fìno all'apertura delle ostilità, la vigilanza de] confine, e successivamente di ritardare

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l'avanzata jugoslava, in stretta cooperazione con gli elementi dei RRCC. e delle truppe avanzate.

Le disposizioni particolari contenute negli stralci del progetto compilati per ciascun reparto prevedevano la resistenza ad oltranza su talune posizioni di confine, sia per l'eventuale ripiegamento sotto la pressione avversaria su appostamenti successivi prestabiliti, fino al raggiungimen to della posizione di resistenza.

n dispositivo sarebbe stato articolato in tre "settori di vigilanza frontiera", affidati ai comandanti dei ci rcoli di Scutari, Kukes e Librazhd, e comprendenti un numero vario di sottosettori (compagnie) e di sezioni di vigilanza frontiera (tenenze), destinati ad inquadrare ben 98 elementi minori con un impiego complessivo di 108 sottufficiali e 698 militari di truppa.

n personale albanese in congedo residente nelle zone di frontiera sarebbe stato avviato ai centri di mobilitazione arretrati, dove avrebbe costituito compagnie mobili inquadrate dal personale italiano e tenute a disposizione del comando superiore truppe.

La vigilanza della frontiera greca, per uno sviluppo compJessivo di 260 Km, sarebbe stata completamente affidata ai reparti confinari dei carabinieri e della R guardia di finanza, i quali avrebbero dovuto provvedere anche alla prima difesa delle posizioni di confine, in attesa dell'intervento delle unità dell'esercito schierate a tergo.

I due organismi militari di polizia avrebbero dovuto agire in stretto coordinamento, intendendosi affidata: alla R. guardia di fmanza la vigilanza e la prima difesa del confine e della fascia adiacente; ai carabinieri la vigilanza ed il controllo del sistema stradale retrostante e l'azione di forza contro bande c nuclei avversari infìltratisi attraverso il confine nonchè contro '"eventuali gruppi di facinorosi interni".

Il progetto. denominato "Gramos", prevedeva un dispositivo comprendente due settori di vigilanza frontiera, corrispondenti ai circoli di Korce e di Argirocastro, con le funzioni di comando di battaglione autonomo mobilitato, con la stessa articolazione in sottosettori e sezioni pre-

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vista per la frontiera jugoslava, ed una consistenza di 78 elementi minori, di cui 14 da costituire all'emergenza.

Al confine greco era anche prevista ]a costituzione di 16 nuclei mobili ciascuno della forza di 40 uomini, ripartiti in una squadra fucilieri ed una mitraglieri. Alle dipendenze dei comandi di sottosettore sarebbero stati impiegati come massa di manovra per il rinforzo di reparti avanzati eventualmente investiti, oppure quale riserva da cui trarre gli elementi per l'avvicendamento d el personale di slocato lungo il confine.

La mobilità sarebbe stata assicurata mediante l'assegnazione a ciascun settore di quattro autocarri leggeri (da precettare).

Complessivamente, avrebbero dovuto essere dislocati alla frontiera greca, in prima linea o nei nuclei mobili, 210 sottufficiali e 1899 uomini di truppa, contro un organico di pace, rispettivamente, di 59 e 395.

Il progetto di difesa costiera prevedeva la costituzione di quattro comandi di settore (Porto Edda (48), Durazzo, Valona, S.Giovanni di Medua) e l O di sotto!:.ettore, ciascuno dotato di un nucleo mobile comprendente quattro sottufficiali e 46 militari di truppa.

Tn totale, il dispositivo di difesa costie ra avrebbe assorbito 75 sottufficiali e 809 appuntati e guardie, contro un organico di pace di 49 c 268, oltre a 30 militari del genio necessari per la costituzione di pattuglie telefonisti-guat·dafili.

Come si vede, la pianificazione per l'Albania prevedeva un'integrazione degli elementi della R. guardia di finanza nei dispositivi di copertura e di difesa costiera più marcata di quanto non avvenisse in Italia, perchè estesa anche a1la catena di comando. In sostanza, era l'intera struttura della guardia di finanza d'Albania che, all'emergenza, si sarebbe trasformata assumendo, con le necessarie modifiche ordinative già previste dal tempo di pace, fis ionomia adeguata ai nuovi compiti.

Per la difesa costiera, in particolare, tali compiti avrebbero avuto carattere interforze, essendo stabilito che, fino all'arrivo d all'Italia delle truppe mobili ad essa destinate, il comando della difesa stessa. comprendente anche elementi dell'esercito, della marina e dei carabinieri. fosse ( 48) Era il nome assegnato, durante l'occupazione italiana, alla cittadina marittima di Sauu Quaranta, oggi Saranda.

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assunto dal comandante superiore della R.G.F., mentre i comandi di settore sarebbero stati affidati ai comandanti di compagnia e di circolo.

Un punto oscuro era costituito dalla disponibilità del personale.

Il progetto per l'esigenza"]" prevedeva l'impiego della seguente

forza: sottufficiali 75

truppa

- per la difesa costiera . . . . . . . . . . . . . . . . . per il confine jugoslavo .............. : per il confine greco ................. :

210

809 698 1.899

t o t a l e ..................... :

393

3.406

l 08

Rispetto agl i organici di pace, la differenza era di 177 sottufficiali e di 2.045 militari di truppa.

La consistenza della R. guard ia di finanza d'Albania al 20 marzo 1940, secondo uno specchio trasmesso dal comando superiore truppe, era di 93 ufficiali (35 italiani e 58 albanesi) e 1.829 sottufficiali e guardie (di cui 932 italiani). Soltanto in piccola parte, quindi, il passaggio all'organico di guerra avrebbe potuto essere attuato traendo forze dai reparti interni non impegnati nell'assolvimento di compiti di copertura o di difesa costiera, così come non grande assegnamento si poteva fare, per varie ragioni, sul richiamo dei riservisti della vecchia Real guardia di confine.

Occorreva quindi un consistente rinforzo dalla Madrepatria, il che non era previsto dalle direttive generali in materia di mobilitazione del Corpo. Il comando superiore truppe chiese pertanto al ministro della guerra di destinare in Albania le guardie in congedo delle classi dal1 901 al 1904 che secondo le disposizioni generali, come si è visto, avrebbero dovute essere inviate in fanteria.

5. La mobilitazione del navig lio.

Le unità del naviglio della R. guard ia di finanza, secondo la classificazione contenuta nel regolamento di servizio del 1930, si distinguevano, ai fini d ell'impiego, in: unità di crociera, destinate ad operare nella zona di vigilanza doganale marittima, il cui limite esterno era fissato in dodici miglia dal litorale; 72

unità costiere, idonee all'impiego nelle acque foranee; unità portuali, lacuali e lagunari, per la vigilanza delle acque interne.

n "quadro del Naviglio" - edizione 1939 - comprendeva 31 unità della prima classe, tra cui due navi a vapore di provenienza austro-ungarica, la "Gen. Turba" e la "Magg. Macchi", varate a Trieste rispettivamente nel191 O e nel 1899, con dislocamento di 303 e d i 214 tonnellate, scafo in ferro, armate con un cannone da 76 mm antiaereo ed antinave, mitragliere "Colf' da 6,5 ed apparecchio di dragaggio; la "Macchi" aveva anche 32 bombe da getto per impiego antisommergibile. Nave "Turba" era utilizzata dalla Scuola autica di Pola per scopi addestrativi, mentre la ''Macchi" operava nelle acque della Sardegna.

Seguivano tre vedette a carbone ("Angel ini", ''Arcioni", "Postiglioni") da 194 tonnellate, varate a Napoli nel 1927-28, pure armate di cannone da 76 mm, mitragli era, apparecchio di dragaggio e bombe da getlo.

Vi era poi un gruppo di 14 motovedettc a nafta, costruite negli anni trenta (le ultime due, '"Satta"' e "Spanedda'',erano entrate in servizio nel 1938), con un dislocamento di circa 60 tonnellate, in grado di sviluppare velocità massime intorno ai 13 nodi e dotate di armamento analogo a quello delle unità a vapore.

Sempre negli anni trenta erano stati ceduti in temporanea geslione dalla R. marina 12 "rimorchiatori dragamine" da 155 tonnellate, alimentati a carbone, entrati in servizio nel corso della prima guerra mondiale c armati come le "vedette", salvo che per le bombe antisom.

Tutte le unità di crociera erano dotate di stazione radiotelegrafica.

Le 41 unità costiere (29 motobarche, 6 piro barche, 3 rimorchiatori) e le 87 imbarcazioni minori presentavano un panorama assai vario per caratteristiche cd età.

Le unità dipendevano per l'impiego dai comandi di stazion e naviglio, equiparati a comandi di compagnia e dipendenti direttamente dai comandi di legione. Ciascuna stazione era articolata in squadriglie e disponeva degli organi essenziali di supporto logistico (officina e magazzino).

In base al progetto elaborato d'intesa con la stato maggiore della

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R marina, all'atto della mobilitazione i dragamine in temporanea gestione avrebbero dovuto essere immediatamente restituiti alla disponibilità dei comandi navali, pur continuando ad essere armati con equipaggi della R guardia di finanza ( 49).

A disposizione dei comandi di dipartimento o dei comandi militari marittimi sarebbero poi state poste la quasi totalità delle unità appartenenti al Corpo, che avrebbero dovuto trasferirsi nelle località di dislocazione fissate per ciascuna di esse dal progetto di mobilitazione.

Le imbarcazioni non passate alle dipendenze d ei comandi navali sarebbero state impiegate per il servizio d'istituto, nei limiti consentiti dalla situazione bellica; avrebbero però potuto essere richiesti dai comandi di difesa territoriale del R. esercito per concorrere ai servizi di difesa costiera.

Per le 31 unità di crociera, destinate al dragaggio ed alla caccia ai sommergibili, erano previste le seguenti dislocazioni di guerra: nell'Alto Tirreno .. : le motovedette '"Castiglia", '"D'Amato", '"Marongiu", ··saba''; nell'Alto Adriatico. : nave ••Turba", dragamine "RD4" e "RD42", motovedette •'Lombardi" e "Manca''; nel Basso Tirreno . : motovedctte "Satta" e "Spanedda"'; nello J onio e Basso Adriatico ........ : dragamine "RD2 1" e •'RD25'', motovedette ··caron" e "Marras"; in Sardegna ... ... : nave "Macchi" e dragamine ''RD 12" e '·RD28"; in Sicilia ........ : dragamine "RD 18", ''RD36", "RD37","RD43", pirovedetta "Arcioni", motovedetta ··Cotugno"; in Libia ......... : motovedetta "Cicconctti"; in Egeo ......... : pirovedetta "Postiglioni''; in Albania ....... : pirovedctta "Angelini'' e motovcdette "Marcomeni" e "Nioi".

La navigazione di trasferimento più lunga, per raggiungere la destinazione di guerra, sarebbe toccata alla M.V. "Cicconetti", che doveva trasferirsi a Tripoli da Ancona.

(49) Doc. n. 34.

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Le unità costiere e minori, destinate alla guardia alle ostruzioni foranee ed al pilotaggio portuale, sarebbero state così ripartite: 21 n eH' Alto Tirreno; 22 nel Basso Tirreno, in Sicilia ed in Sardegna; 6 nello Jonio e basso Adriatico (di cui tre in Albania); 28 nell'Alto Adriatico.

Le previsioni d'impiego erano state di recente definite dallo stato maggiore della R. marina. I dragamine, le vedette e le motovedette sarebbero state prevalentemente aclibite al dragaggio costiero ravvicinato, entro 20- 40 miglia dalla costa. Per le unità minori era stato invece inizialmente previsto il passaggio alle dipendenze dei comandi di difesa territorial e, e lo SMRE ne aveva previsto l'impiego in compiti di difesa costiera. Ma nell'estate del '39 Maristat era tornato sulle proprie decisioni, ed aveva destinato le imbarcazioni alla sorveglianza delle ostruzioni foranee ed al pilotaggw portuale.

Tutti gli equipaggi erano costituiti, come si è detto, da militari della guardia di finanza di mare, integrati da qualche specialista della R. marina.

6. Le misure adottate nel settembre 1939.

Nella seconda metà dell'agosto 1939, dopo il convegno italo-tedesco di Salisburgo, l'esercito italiano adottò una serie di misure intese secondo le direttive impartite dal capo del governo al maresciallo Badoglio, capo di SM generale - a "garantire l'inviolabilità delle frontiere", nell'ipotesi che lo sviluppo degli avvenimenti in Europa imponesse l'abbandono della "non bcJJigeranza".

Si trattò, in pratica, di una mobilitazione parziale ed occulta- si badò perfino a sostituire i termini "mobili tazione" e "radunata" con quello meno allarmante di "approntamento" - consistente nell'attuazione di una serie di misure previste dal piano ""P.R. 12" in corrispondenza della frontiera francese.

Per ordine dei comandi di settore di copertura dei corpi d'armata di frontiera, dalle ore 17 del26 agosto i reparti confinari delle legioni di

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Torino e di Genova attuarono le disposizioni previste per il periodo di "sicurezza", facendo raggiungere ai nuclei di copertura le posizioni di confine indicate nei "'progetti d'impiego" allegati al "'P.R. 12". Furono sospese le licenze ed i permessi c vennero fatti rientrare ai reparti i militari assenti.

A metà settembre, le grandi unità dipendenti dal comando del gruppo armate Ovest- costituito a Bra il29 agosto ed affidato al principe ereditario- avevano raggiunto le zone di radunata a tergo della fascia di frontiera. nella quale presero posizion e gli clementi della G.a.F. ed un certo numero di battaglioni alpini "Valle".

n primo schermo di sicurezza del dispositivo di copertura era peraltro costituito, come previsto, dai nuclei della guardia di finanza, dei carabinieri e della milizia confinaria, e tale situazione rimase invariata anche dopo la fine di ottobre, quando, determinatasi in Europa una situazione distasi operativa dopo l'eliminazione dal conflitto della Polonia. si pensò di sottrarre le truppe ai rigori della stagione invernale facendole arretrare verso la pianura piemontese.

L'inverno 1939/ 40 [u quindi molto impegnativo per le brigate di frontiera delle due legioni, tenute ad assicurare il presidio continuo di posizioni ubicate prevalentemente in zone impervie, all'addiaccio o utilizzando ricoveri precari.

Nella seconda metà di agosto ebbe inizio anche la mobilitazione dell e unità del naviglio. 11 18 l'ordine raggiun se le motovcdette "Castiglia", "Sa ba", '"Batta", '·Spanedda", '"D'Amato". "'Marongiu", "Manca"; il 19 le navi "Turba" c "Macchi", i dragamine R.D.18 - R.D.21 - R.D.25 R.D.36, la motovedetta "'Lombardi" e la pirovedetta "Arcioni''; il20 agosto furono mobilitati i dragamine R.D.l2, R.D.28, R.D.37, R.D.43 e la motovedctta "Marras"; altre unità da crociera e minori, seguirono negli ultimi giorni del mese.

Alia fine dell939, la maggior parte delle unità aveva raggiunto la destinazione di guerra, alle dipendenze dei comand i del1a R. marina.

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Capitolo 1rr LE OPERAZIONI DELL'EST ATE 1940 l . La dic hia razione di p;uerr·a. - 2. Le operazioni sul fronte occidentak. - :l. Scontri di fromiera in Libia. 4 La R. guardia di finan?a in A.O.I.- 5. Combattimenti ai confini delrlmpero. 6. Ll• azioni di l\1oyal<'. 1\.unnuk. Gallabat <' Ca,.,ala.- 7.

La conqui.,ta del Somaliland.- 8. Le azioni nd b.t"opiano sudane'e l' rwl CallaSidamo. 9. U concor'o alla difc~a del t<'rrrtOrio nwtropolitano. l O. l 'crYizi a ttucla dell'economia di guerra.- l l. La panecrpazione all'attività della cornrnissiouc italiana di anni;tizw in Francia.- 12. Co>tituzione e scioglimento dei battaglion i mobilitati.

l. La dichiarazione di guerra. a ripresa d ell'iniziativa da parte germanica nella primavera 1940 L condu sse rapidamenle al superamento della posizione d i "non belligeranza" ass unta dal governo italiano all 'inizio del conflitto in Europa.

Ancora il 10 marzo, in occasione della visita a Roma di Ribbentropp, e poi una settimana dopo, incontrand o al Brenn ero il collega tedesco, Mussolini evitò di a su mere impegni precisi. Ma il l Oaprile scattò il "blitz" contro la Danimarca e la No rvegia, ed esattamente dopo un mese ebbe inizio sul fronte occidentale l'offen siva che, n el giro di poch e settim an e, doveva po rtare al crollo d ello schieramento franco- inglese. Com'è noto, la radicale modifica d ei rapporti d i forze che contrassegna va la nuova situ azio ne ebbe un peso d eterminante nelle valutazioni che ispirarono l'intervento, malgrado il serio e ben noto stato di impreparazione d el nostro strumento mi litare. E così, a partire dalla metà di maggio, si susseguirono, in rapid a cadenza, i preliminari d ella dichiarazione di guerra.

n 18 lo stato maggiore dell'esercito o rdinò alle arm ate dislocate in corrispond enza d el confine fra ncese di riassu mere, entro la fi ne del mese, lo schieramento adottato fin o al precedente settembre ed abband onato, come si è visto, all'inizio dell' in verno.

In un a riunione d ci capi di S.M., tenuta il29 maggio, Mu ssolini di-

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chi arò di ritenere possibile, per l'apertura delle ostilità, ogni data a partire dalS giugno. Il giorno successivo alla riunione lo SMRE diramò al comando del gruppo di armate Ovest l'ordine di attuare le misure del piano "PR 12" entro le ore 24 del 4 giugno, termine spostato al 10 da un successivo ordine impartito il 3.

Come previsto, i reparti di frontiera delle legioni di Genova e di Torino ricevettero le disposizioni conseguenti direttamente dai comandi di settore dai quali dipendevano ai fmi deUa copertura, ed il comando della 1· Zona (Genova) ne informò il comando generale con foglio n. 86 S. del 31 maggio.

D 4 giugno, il comando del corpo di stato maggiore- ufficio protezione antiaerea e difesa coste- diramò il foglio n. DC/ 110 S, con il quale si disponeva l'inizio del periodo di "allarme·' per la difesa delle coste e per la sicurezza delle comunicazioni ed impianti, a partire dalle 24 del6.

I comandi di difesa territoriale avrebbero quindi dovuto provvedere affinchè nel più breve tempo possibile fosc;cro attuati i servizi di "vigilanza" e di "polizia" affidati dai progetti d'impiego ai CC.RR., alla R. guardia di finanza ed alle milizie speciali. Per la stessa ora avrebbero dovuto essere mobilitati gli elementi del Corpo destinati a concorrere al1a difesa delle piazze. zone e settori marittimi.

La dichiarazione di guerra, com'è noto, non costituì oggetto di comunicazione preventiva agli alti comandi, neppure a quelli che avrebbero do\ uto operare sul fronte francese. Alle 14,10 dellO giugno fu consegnato all'ufficio cifra del comando generale, per la diramazione ai comandi di legione, il telegramma n. 429/R, a firma gen. Pignetti: "Eseguite ordini mobilitazione dati comandi difesa territoriale et piazze mariuime"(SO) . .\la la quasi totalità degli ltalian4 militari o civili che fossero, apprese la notizia dell'apertura delle ostilità nel pomeriggio dello stesso l O giugno, ascoltando alla radio il d iscorso di Mussolini.

La trasmissione non era ancora finita, quando da Bardonecchia il sottotenentc Luigi Romano chiamò al lelefono il brigadiere Giovanni Ruscica, comandante del distaccamento presso la dogana internazionale di l\1odane, in territorio francese, e gli disse: •·è arrivato il pacco da Catania"; era la frase convenzionale concordata per impartire l'ordine di rientro immediato in Italia.

(50) Doc. n 35.

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Ruscica prese il "fondo vitto", il registro di servizio, l'ordine permanente, il registro delle persone sospette, e con i suoi uomini si avviò alla stazione, dove il treno per Bardonecchia era già pronto, ed attendeva soltanto il segnale di via libera.

Nei giorni precedenti, proprio in previsione dell'imminente inizio delle ostilità, era stata disposta la riduzione della forza dei distaccamenti dislocati oltre il confine. A Modane erano rimasti quindi soltanto sei guardie oltre al brigadiere, ed altre due costituivano il distaccamento di Fontan, in Val Roja.

Il mattino del dieci giugno i capistazione di Bardonecchia e di Modane si erano accordati telefonicamente per far partire simultaneamente due treni, in modo da consentire il rimpatrio del personale addetto ai servizi doganali, ferroviari e postali. Ma già durante la trasmissione del discorso di Mussolini le comunicazioni vennero interrotte, ed il personale italiano a Modane fu preso in consegna da una diecina di guardie mobili al comando dì un ufficiale. I militari della guardia di finanza furono separati dagli impiegati civili e rinchiu si in un locale della stazione ferroviaria fino alla sera del13, allorchè furono fatti salire su un vagone piombato per raggiungere tre giorni dopo, a Ginevra, i diplomatici italiani provenienti da Parigi, con i quali rientrarono in Italia a Domodossola.

Sorte analoga ebbero le guardie Benigno Castangia e Paolino Vidiii, che costituivano il distaccamento di Fontan. Alle 18,30 dellO giugno erano regolarmente in servizio, sotto la pensilina della stazione ferroviaria ed ebbero notizia della dichiarazione di guerra dai colleghi francesi, che li invitarono a rientrare nella casermetta del distaccamento.

Furono raggiunti poco dopo da un gruppo di gendarmi, i quali misero a soqquadro i locali e malmenarono i due militari, traducendoli poi al forte di Sospel e, il giorno dopo, al carcere di Nizza.

Anche le due guardie di Fontan furono aggregate, ill3 giugno, al personale consolare italiano in servizio nella Francia meridionale, con il quale rimpatriarono.

2. Le operazioni sul fronte occidentale.

Il dispositivo di copertura alla frontiera francese era articolato in dieci comandi di settore, dipendenti dai corpi d'armata in prima schiera: - XV C.A. : I settore (Bassa Roja) e V settore (Media Roja); 79

JII II I

C.A. C.A. C.A. rv C.A. C.A. alp.

II settore (Alta Roja - Gessi); III settore (Stura); VIll settore (Bardonecchia) e IX settore (Moncenisio); VII settore (Monginevro ); X settore (Bahea).

D IV settore (Maira-Po) ed il VI settore (Germanasca-Pellice)dipendevano, rispettivamente, dal l ' raggruppamento e dal3" reggimento alpini.

Al tergo del dispositivo, lo schieramento delle grandi unità dell'esercito di campagna, articolato in due armate: la l ' (C.A. XV, llJ c ll) dal mare al Monte Granero, e la 4• (C.A. I, IV e alpino) fino al punto triconfinario del Mont Dolent, nel gruppo del Bianco, entrambe dipendenti dal comando del gruppo di armate Ovest.

Si trattava di un complesso di forze considerevole, anche se travagliato da una grave crisi organizzativa, determinata dalla riduzione di forza (circa il40% rispetto agli organici di guerra) verificatasi tra l'ottobre ed il marzo precedenti, a causa dell'invio in licenza illimitata dei richiamati d elle classi dal 1909 al 1916, solo in parte compensato dal richiamo delle classi 1919 e 1920, disposto alla fine di marzo. Soltanto da pochi giorni, inoltre, le unità avevano raggiunto le zone previste dal piano di radunata, in esecuzione dell'ordine impartito dallo SMRE il 18 magg•o.

La copertura, come si è visto, era affidata essenzialmente ai presi d i della guardia alla frontiera (comprendenti anche unità di artiglieria e genio), rinforzati da alcuni battaglioni alpini "Valle" e da un battaglione CC.NN. per ciascun settore, composto da elementi reclutati nelle regioni di confine. TI primo velo di forze, dislocato materialmente su lla linea di frontiera o nelle immed iate adiacenze, era costituito come si è detto dai nuclei confinari delle forze di polizia.

La legione di Genova, la cu i circoscrizione era compresa ncl1 • settore di copertura, costituì 19 nuclei confinari per un totale di 25 sottufficiali e 178 guardie. L'onere maggiore gravò sulla legione di Torino, che diede vita a 38 nuclei, per una forza complessiva di 2 ufficiali, 35 sottufficiali e 214 appuntati e guardie; altri 18 nuclei erano predisposti lungo il tratto piemontese del confme .italo-svizzero (51).

(5 1) Relazione del Comando I zona R.C.F. in data 4.2.194 l.

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L'atteggiamento delle forze italiane nei confronti dell'avversario era condizionato non soltanto dall'orientamento generale alla difensiva strategica, ma, per quel che riguarda il confine fran cese, da un ordine impartito dallo SMRE il 7 giugno, con il quale si vietava tassativamente dj intraprendere azioni oltre frontiera ed addirittura di aprire il fuoco di iniziativa o di sorvolare il territorio nemico.

Le prime ore di guerra furono quindi impiegate per portare le unità operative sulle posizioni di confine, che furono tutte occupate entro il giorno 11 giugno.

L'operazione fu condotta a termine praticamente senza contrasto, poichè i francesi, dopo aver eseguito nella notte sull'Il giugno il brillamento delle demolizioni e delle interruzioni predisposte al tergo della frontiera, rinunciarono all'occupazione preventiva dci passi, limitandosi ad osservare i nostri movimenti con pauuglie di "chasseurs alpins".

I rapporti compilati dai comandanti dei nuclei di copertura - che avevano raggiunto le loro postazioni tra il 24 maggio cd il l Ogiugno, secondo gli ord ini impartiti dai comandi di settore - concordano nell'accennare a scambi di saluti tra militari delle due parti; furono avvistate pattuglie in ricognizione, bene attente a non oltrepassare la linea di confine.

La tregua fu rotta alle 1,30 del 12 giugno, quando una formazione aerea bombardò Torino, colpendo gli impianti della Fiat Mirafiori e la zona popolare di Porta Palazzo, e causando quindici morti e trenta feriti tra la popolazione civile. Caddero bombe anche nelJa piazza d'armi davanti alla caserma "Duca d'Aosta", sede del comando legione, che riportò lievi danni.

Si seppe poi che l'incursione era stata esegu ita da aerei britannici, e che le autorità francesi ne avevano impedito la ripetizione , la notte successiva, arrivando a disporre automezzi di traverso su lla pista di involo.

Ma sul mom ento l'azione venne interpretata come un cambio di atteggiamento, in senso aggressivo, d a parte francese.

Anche lungo la linea di contatto alpina, d'altra parte, non tardarono a verificarsi i primi scontri.

Sul Colle della Maddalena la copertura era assicu rata da quattro nuclei della brigata di Argentera, ciascuno su un sottufficiale e cinque 81

guardie, al comando del brigadiere Francesco Facta, dislocati sulle pendici nord di Punta Gorge, alla cima del Para, alla Capanna del Pastore e sul sentiero per il Monte della Signora. La difesa, cui partecipava anche un nucleo di CC.RR. era diretta dal sottotenente della G.a.F. Giuseppe Nasetta, che il giorno 12 aveva ricevuto in rinforzo cinque militi del btg.

CC.NN. di Mantova.

Verso le otto del mattino del13 giugno fu avvistato un grosso pattuglione di "chasseurs alpins" che risalivano le pendici di Punta Gorge.

In obbedienza agli ordini ricevuti, le guardie avvertirono l'ufficiale e si disposero ad intimare l'alt al reparto avversario se questo avesse proseguito nelJa sua marcia. n s.ten. Nasetta aveva appena raggiunto la postazione quando dai costoni rocciosi di Punta Gorge partirono raffiche di mitragliatrice, a1le quali fu immediatamente risposto. Quasi subito furono feriti le guardie Giuseppe Giuliano e Beniamino Spagnuolo, quest'ultimo mentre, inviato dal ten. Nasetta a chiedere rinforzi, scendeva alla casa cantoniera, dove si era attestato un reparto del 17" ftr."Acqui".

L'ufficiale ordinò ai nuclei di portarsi al coperto dietro il costone di Cima la Para e si dispose a coprirne il movimento con il fucile mitragliatore in dotazione alla guardia Bagozzi, ma venne ucciso da una raffica che lo colpì al fianco sinistro. D comando della difesa fu allora assunto dal brig. Facta, il quale fece arretrare di circa 150 metri le postazioni dei nuclei di Cima la Para e di Punta Gorge, nonchè quelle dei CC.RR. e della milizia, continuando a rispondere al fuoco. Alle l O giunse al passo il s.ten. della G.a.F. Bima, il quale prese il comando delJ'azione, destinata peraltro a concludersi dopo un'altra mezz'ora con il ripiegamento del reparto francese.

n corpo del sottotenente Nasetta fu raggiunto, sotto il fuoco, dalla guardia Saverio Pizi, che lo trasportò per oltre duecento metri lungo un costone roccioso fino ad un punto defùato dal tiro, dove però il giovane ufficiale giunse cadavere.

Quello del Colle della Maddalena fu il primo scontro di una certa consistenza del conflitto, ed il suo protagonista- Giuseppe Nasetta, un universitario cuneese - ebbe la ventura di esserne al tempo stesso il primo caduto e la prima medaglia d'oro.

Sempre nel primo mattino dell3 gi ugno una pattuglia francese al comando di un ufficiale, protetta dalla nebbia, riuscì a portarsi a brevissima distanza dal nucleo di copertura del Collet Vert, attivato dalla bri-

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"' gata di Claviere, e costituito al momento dal sottobrigadiere Giuseppe Castelli e dalla guardia Petrocco, essendo gli altri due componenti scesi al rifugio per provvedere ai rifornimenti. Intimatagli la resa, il sottufficiale si gettò a terra ed aprì il fuoco con il mitragliatore, costringendo la pattuglia a ripiegare.

Più o meno nelle stesse ore altre azioni di pattuglie vennero segnalate in varie località di confine, mentre durante la notte precedente erano state effettuate incursioni aeree su alcuni centri della Riviera ligure.

L'inequivocabile atteggiamento avversario indusse superesercitola nuova denominazione assunta dallo SMRE - a modificare il proprio, autorizzando l'esecuzione di ricognizioni aeree e di colpi di mano oltre frontiera.

In questo quadro, il comando della divisione "Cosseria" dispose l'eliminazione dell'osservatorio francese situato al "Castello del Lupo", presso il Colle di Biancavia, nella zona del Grammondo. L'esecuzione fu affidata al capitano Sestilio Matteocci, comandante della compagnia arditi dell'89ofanteria, il quale alle 3,30 del 14 giugno raggiunse, con una ventina tra fanti e militi confmari, il passo di Biancavia, dove erano dislocati i nuclei di copertura della R. guardia di finanza numero 5 e 5 bis, in tutto due sottufficiali e venti guardie della brigata stanziale l " di Ventimiglia.

Con essi il capitano Matteocci- destinato a cadere pochi giorni dopo alla presa di Mentone - si inoltrò in territorio francese, riuscendo a giungere inosservato fino a pochi metri dall'obiettivo, che fu conquistato di sorpresa, dopo un lancio di bombe a mano. Mentre si stavano organizzando a difesa nei pressi dell'osservatorio, guardie, fanti e militi furono investiti dal tiro di repressione proveniente dalle vicine opere fortificate francesi. La guardia Pierino Fais fu ucciso da una scheggia; era giunto solo il giorno prima dalla brigata "Riscontri" di Genova, per sostituire un appuntato infortunatosi, e fu il primo caduto in combattimento della R. guardia di finanza nella seconda guerra mondiale (52).

Altri scontri si verificarono ancora nella zona della Maddalena ed ai colli della Galista e de la Seigne, nel gruppo del Bianco, dove le pattuglie francesi conseguirono qualche successo locale.

(52) Nella notte sull2 giugno era caduto la guardia Luigino Dapiaggi, durante un'incursione aerea sul porto di Assab, in Eritrea.

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In complesso la giornata del14 giugno, il cui episodio di maggior rilievo fu l'azione navale condotta da una squadra francese contro Genova ed altri porti liguri- confermò il mantenimento da parte dell'avversario di un atteggiamento aggressivo, per nulla incrinato dall'andamento della lotta che in quelle stesse ore si svolgeva al tergo dello schieramento contrapposto a quello italiano, dove le colonne corazzate tedesche andavano ormai approssimandosi alle retro vie dell' "Armeè d es Alpes".

Malgrado tale constatazione, fu proprio confidando nell'imminenza del crollo militare francese che illS giugno Mussolini ordinò al capo di SM generale, Badoglio, di passare senz'altro all'offensiva sull'intero fronte alpino. In presenza del pronunciato attivismo avversario, d'altra parte, anche l'atteggiamento dei comandi italiani si era andato modificando.

Dalle "piccole azioni offensive", autorizzate da superesercito due giorni prima, a partire dal 15 si passò all'attuazione delle azioni preliminari previste dal P.R. 12, concepite quali premesse per operazioni di ampia portata.

In questo quadro ebbero modo di distinguersi i militari della tenenza di S. Dalmazzo di Tenda, al comando del sottotenente Carlo Augenti.

A11' inizio delle ostilità il reparto- che in pace assicurava il servizio di vigilanza doganale al valico di Fontan, sulla rotabile della Val Rojaaveva assunto il dispositivo previsto dal progetto d'impiego, costituendo due nuclei, per complessivi 14 uomini, all'imbocco della galleria Balme della ferrovia Cuneo-Ventimiglia, ed un terzo- 6 uomini- alla quota 733 del costone Paganine. Le tre piccole unità erano agli ordini del s.ten. Augenti. con posto comando all' imbocco della galleria ferroviaria Altri due nuclei, per complessivi 12 militar~ erano dislocati sul costone Paganine, alle dipendenze tattiche del 37o rgt.ftr. "Ravenna''.

Nella notte sul16 giu gno un piccolo reparto di fa nti occupò la Cima Campbell, assicurandosi il controllo della dorsale sinistra della Med ia Roja. Il comandante del37", col. Cetroni, pensò allora di progredire lungo la rotabile di fondovalle, verso Fontan, ed allo scopo di saggiare la consistenza della resistenza nemica, intraprese, nel pomeriggio del 16, una ricognizione in tale direzione, accompagnato dal s.ten. Augenti. Costretto a rientrare nelle nostre linee perchè fatto segno ad intenso fuoco proveniente da postazioni ubicate in prossimità del viadotto di Scarassoui, il col. Cetroni dispose il recupero dei nuclei d i finanzieri dislocati 84

sul costone Paganine, nel frattempo occupato dai suoi fanti, e li schierò a sbarramento della rotabile.

Alle 6 del mattino successivo lo sbarramento fu rinforzato con un plotone del3r fanteria, il cui comandante decise di compiere una ricognizione per individuare la posizione dalla quale, nel pomeriggio del giorno prima, era stato aperto il fuoco contro il col. Cetroni. Si offrirono di accompagnarlo il sottobrigadiere Enrico Bozzola, le guardie D'Atri e Vespa ed un fante. Percorso un tratto della rotabile la pattuglia, giunta a circa un chilometro e mezzo da Fontan, fu presa sotto tiro da una postazione di mitragliatrice, che la costrinse a prendere riparo dietro gli ostacoli di uno sbarramento anticarro, dove rimase bloccata per l'intera giornata. Calata la notte, la pattuglia riuscì a rientrare nelle nostre linee, ma alle 21,30 e per circa due ore, lo sbarramento sulla rotabile fu fatto segno ad un intenso bombardamento di artiglieria e mortai da 81, che costrinse il personale a portarsi in una posizione più defilata.

Accortisi che un'arma automatica era stata abbandonata sulla postazione battuta, le guardie D'Atri e Vespa, appena rientrate dall'azione di pattuglia, tornarono indietro sotto il fuoco, riuscendo a recuperarla.

n mattino del21 giugno, dopo giorni di incertezze e di scelte contraddittorie, determinate in gran parte dalle persistenti perplessità circa l'atteggiamento avversario (il governo di Bordeaux aveva chiesto fin dal 17 l'armistizio ai tedeschi, ma non aveva assunto analoga iniziativa nei nostri confronti), scattò l'offensiva contro l' " Armeè d es Alpes".

Tra le varie opzioni previste e pianificate in tempo di pace, superesercito scelse alla fine l'esecuzione contemporanea di tre sforzi principali, dal Piccolo S.Bernardo - Col de la Seigne, dal Col della Maddalena, lungo la "Corniche". ln pratica, si trattò qua si di un'azione a massa dal Bianco a] mare, diretta a conseguire il massimo guadagno territoriale prima della cessazione delle ostilità.

Nell'imminenza dell'azione, i nuclei di copertura furono in gran parte scavalcati dalle unità del l o scaglione, e non furon o quindi direttamente impegnati.

Nel pomeriggio del 21 giugno per ordine del comandante del caposaldo Verney i nuclei di Les Laces e di Lancebranette, nella zona del Piccolo S. Bernardo, ed i militari che occupavano la casermetta del passo furon o fatti ripiegare sulle fortificazioni arretrate. n nucleo di Col Bous-

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son, che nella notte sul 15 aveva respinto una pattuglia nemica, fu investito da un intenso fuoco di artiglieria e costretto a rifugiarsi, su ordine, nel fortino sovrastante il Lago N ero.

Gli uomini della tenenza di S. DaJmazzo Tenda, sempre al comando del s.ten. Augenti, ebbero invece la possibilità di unirsi all'avanguardia del37ofanteria per partecipare, nel pomeriggio del24 giugno, all'occupazione di Fontan, dove verso le venti li raggiunse la notizia deU'avvenuta firma dell'armistizio.

L'operazione in corso a sud, lungo la direttrice deUa Riviera, affidata al XV C.A., prevedeva anche l'effettuazione di piccole azioni concorrenti mediante sbarchi dal mare ad ovest di Mentone, per eseguire le quali furono concentrati nei porticcioli di S. Remo e di Bordighera numerosi natanti civili requisiti, e circa un migliaio di uomini, tra i quali un plotone di guardie di finanza, costituito in Ventimiglia per iniziativa del comandante del circolo di Savona magg. Alfonso Tacchini. L'ufficiale superiore il 20 giugno si era recato ad ispezionare i nuclei di copertura della brigata di Piena, e si era reso conto dell'imminente inizio dell'offensiva. Allo scopo di farvi comunque partecipare un reparto organico del Corpo, il mattino del21 prese contatto con il capo di SM del XV C.A. attenendone l'autorizzazione a costituire un plotone di formazione, destinato appunto a far parte della minuscola forza anfibia in via di allestimento. Nello stesso giorno furono raccolte a Ventimiglia 18 guardie e due sottufficiali, parte provenienti da Savona e parte, in autocarro, da Genova, agli ordini del comandante della tenenza di Savona, s.ten. Francesco Urso. La piccola unità fu posta a disposizione del XV C.A. alle 19 del 21, e rimase in attesa d'impiego fino al25, data in cui fu sciolta essendo sfumata l'azione per il sopravvenire dell'armistizio.

L'iniziativa del magg. Tacchini non fu gradita dal comando generale, che si sentì scavalcato. Sulla proposta di infliggere all'ufficiale un richiamo, formulata dal comandante della l " zona, il gen.Pignetti annotò lapidariamente: "Sì- il sentimento è bello, ma la via gerarchica va rispettata". L'armistizio entrò in vigore all'l,35 del25 giugno, ed in previsione dell'esigenza di assicurare i servizi di polizia in territorio francese il comando XV C.A. dispose che, nello stesso giorno, fossero concentrati in Ventimiglia tutti i militari del Corpo già impegnati nel servizio di copertura, ormai superfluo.

Poi si apprese che le condizioni di armistizio limitavano l'occupazione del territorio francese alla sola zona già materialmente presidiata

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dalle nostre truppe prima della cessazione del fuoco, ridotta praticamente all'abitato di Mentone. Le guardie fecero quindi ritorno alle brigate di appartenenza, c dal 26 fu riattiYato il servizio d'istituto in corrispondenza del vecchio confme. Nella stessa data furono restituiti alla guardia di finanza i militari impiegati in compiti di copertura anche negli allri settori della frontiera francese.

Per l'organizzazione dei servizi neUa piccola zona d'occupazione il magg. Tacchini - questa volta per ordine d el comandante della legione di Genova, col. Costa - si presentò il 3 luglio al gen. Gambara, comandante del XV C.A., il il quale lo soUecitò a far presto, perchè anche il Corpo concorresse alla repressione dei reati contro la proprietà perpetrati da militari e da civili in Mentone. La sera stessa cominciò così a funzionare un distaccamento provvisorio (un sottufficiale e sei guardie) sistemato in una villetta abbandonata nei pressi del Ponte dell'Unione, all'estremità occidentale dc] territorio occupato.

Il 7 luglio fu formalmente istituita la brigata stanziale di Mentone, ed il5 agosto seguì la costituzione del comando di tenenza e di una seconda brigata (brigata ferrovia).

Oltre a] normale servizio d'istituto, ai reparti dislocati a Mentone furono affidati i seguenti compiti, alle dipendenze tattiche dell" settore di copertura: servizio di copertura lungo la linea provvisoria di armistizio ed ai valichi; difesa costiera; difesa degli impianti della stazione ferroviaria; in linea sussidiaria: servizio di polizia politica c militare e di ordine pubblico.

Tale fu l'assetto che i reparti della guardia di finanza dislocati in territorio francese mantennero fino al novembre 1942, quando, in seguito allo sbarco anglo-americano in Africa seuentrionale, le forze italatedesche estesero l'occupazione anche alla cosiddetta "zona libera", sino ad allora controllata esclusivamente dal governo di Vichy.

3. Scontri di frontiera in Libia.

Dopo la cessazione delle ostilità sulla frontiera alpina, le operazioni proseguirono nei due teatri operativi africani, gli unici nei quali, nel-

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l'estate 1940, le forze dell'Asse si trovassero a contatto con quelle dell'Impero britannico.

L'entità della partecipazione della R. guardia di finanza a tali operazioni fu sensibilmente diversa, per la differente consistenza dei contingenti del Corpo presenti nei due teatri in tempo di pace.

In Libia, come si è visto, i due distaccamenti autonomi di Tripoli e di Bengasi, avevano una forza complessiva, al1 o giugno 1940, di 340 uomini ed una dotazione di 31 quadrupedi e di 4 automezzi.

Le brigate litoranee e di frontiera erano inserite nei dispositivi di copertura e di difesa costiera che, con le ovvie differenze determinate dalle diverse condizioni ambientali, erano organizzati secondo criteri concettualmente analoghi a quelli adottati in Madrepatria.

Lungo il confine libico-tunisino non si svolsero, nella fase inziale della guerra, vere e proprie operazioni militari. Si determinò, tuttavia, una situazione simile a quella riscontrata lungo la frontiera alpina, caratterizzata dal nostro atteggiamento strettamente difensivo e da notevole aggressività da parte francese. ll risultato fu una serie di scaramucce che, nel sud sahariano, si protrassero fino ai primi di luglio, parecchi giorni dopo l'entrata in vigore dell'armistizio. Rientra in tale quadro l'episodio di Ras Agedir, cippo di confine presso il valico di Pisida, dove il19 giugno una pattuglia di vigilanza, costituita da guardie di finanza e da bersaglieri, fu attaccata da un plotone marocchino.

Cadde la guardia Francesco Accordi, dopo essersi difeso a colpi di bombe a mano, per assicurare la trasmissione telefonica dell'allarme ai posti retrostanti.

In Cirenaica, la vigilanza alla frontiera egiziana era affidata, in tempo di pace, alla tenenza di Derna, del distaccamento della Libia orientale, la quale assicurava anche, con propri sottufficiali, il funzionamento dei principali organi dell'amministazione finanziaria civile: l'ufficio delle tasse sugli affari di Apollonia, gli uffici vendita dei monopoli di Stato di Derna, Apollonia, Tobruk e Bardia, le dogane di Porto Bardia e di Giarabub. Quattro delle sei brigate in cui si articolava la tenenza- Porto Bardia, Tobruk, Derna ed Apollonia (Marsa Susa) - erano litoranee e concorsero alla difesa costiera, che peraltro non venne impegnata in modo significativo. Le due brigate interne- Amseat e Giarabub- erano ubicate in corrispondenza dei due principali centri delle comunicazioni carovaniere attraverso il deserto occidentale egiziano; le due località- entram-

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be sedi di comando dei due settori in cui si articolava il dispositivo di copertura italiano- furono quindi teatro di molte delle numerose e spesso intense azioni locali verificatesi nella zona di frontiera fino all3 settembre, data di inizio del)'offensiva italiana che doveva conclud ersi a Sidi el Barrani.

Le guardie in servizio al varco doganale di Amseat ebbero modo di intervenire ancor prima dcl1a dichiarazione di guerra, contro un au tomezzo recante a bordo un ufficiale della R.A.F., il quale aveva sconfinato nei pressi del cippo 15 alle 16,30 del 31 maggio. Alle intimazioni di "alt" la vettura inglese tentò di riguadagnare il territorio egiziano, ma fu fermata a colpi di moschetto dalla guardia ~estore Rondina, ed i due occupanti consegnati aJ presidio della vicina ridotta Capuzzo.

Allo scoppio delle ostilità i componenti della brigata di Amseat- il sottobrigadiere Francesco Orlando e la guard ia Rondina- con un sottufficiale dei CC.RR., un carab ini ere ed alcuni soldati libici costituirono un nucleo di copertura, con compito di osservazione ed allarme in funzione di sicurezza per la Ridotta Capuzzo, situata circa tre chilometri a sud deJ varco e della caserma della R.G.F..

Fin d ai primissimi giorni di guerra gli inglesi assunsero un'atteggiamento spiccatamente offensivo, effettuando una serie di puntate con grosse pattuglie motocorazzate contro i posti di confine italiani dal mare a Giarabub. TI l 3 giugno furono attaccati e sopraffatti i presidi di Sidi Ornar e della ridotta Maddalena, e ciò indusse il comando della divisione "Marmarica" ad ordinare il ripiegamento del nucleo con finario di Amseat sulla ridotta Capuzzo. Ma il giorno successivo anche tale opera fu investita e l'intero presidio catturato.

ll 15 giugno un gruppo tattico partito da Bardia rioccupò la ridotta, trovata sgombra. La caserm a d ella brigata fu invece distrutta dalla nostra artiglieria, per evita rne l'utilizzazione da parte degli elementi mobili nemici.

Non fu invece investita, nel corso dell'estate, l'oasi di Giarabub, sede di una brigata composta dal brigadiere Osvaldo Cicci nato e dalle guardie Giuseppe Gianino e Giuseppe Mureddu. Il presidio rimase tuttavia praticamente isolato, poichè gli inglesi controllavano le piste che collegavano l'oasi ai centri della costa. In questi ultimi le condizioni di vita erano veramente difficili per la scarsità dei rifornimenti , per l'insicurezza d elle comunicazioni, e soprattutto per i continui bombardamenti aerei e navali.

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Le caserme di Bardia e di Tobruk. come del resto quella di Bengasi, erano situate a brevissima distanza dai porti, e non tardarono quindi ad essere danneggiate. Il personale dei due reparti, tuttavia, al comando del maresciallo Umberto Vignoli (Tobruk) e del brigadiere Filippo Saja (Port~ Bardia), rifiutò di essere avvicendato e perfino di abbandonare le propne caserme.

NeU'estate-autunno 1940 operò lungo le coste della Cirenaica anche il dragamine "RD 4", giunto a Bengasi il 13 settembre e trasferito pochi giorni dopo a Tobruk, dove rimase fino alla caduta della piazzaforte nel gennaio '41, dopo la quale raggiunse Tripoli.

4. La R. guardia di finanza in A.O.I.

Molto più consistente fu la partecipazione dei reparti della guardia di fmanza alle operazioni in Africa Orientale, sia per la maggiore entità del contingente che vi era dislocato, sia perchè le condizioni di isolamento in cui l'Impero venne a trovarsi fin dall'inizio delle ostilità resero necessaria l'utilizzazione integrale in azioni belliche di tutte le forze militari disponibili, comprese quelle istituzionalmente desùnate, in prevalenza, a compiti di polizia.

Secondo uno "specchio della forza presente in Africa orientale alla data del l o giugno 1940", il "Comando R. guardia di finanza dell'A. O.!." contava 4 1 ufficiali, l 7 4 sottufficiali, 799 appuntati e guardie nazionali, 831 ascari (53). Come in Italia, tale personale, oltre ad assolvere i normali compiti istituzionali ed a concorrere al mantenimento dell'ordine pubblico, era inserito, se dislocato alla frontiera, nei dispositivi di copertura e di difesa costiera.

In realtà anche in tempo di pace la vigilanza esercitata dai reparti della guardia di finanza ai confini con il Sudan ed il Kenya aveva avuto un significato molto più militare che doganale.

Gli scambi commerciali che contavano per l'economia dell'A.O.I. avvenivano infatti quasi totalmente attraverso i porti di Massaua e di Gibuti, mentre per via di terra si svolgeva un traffico fluviale e carovaniero d'interesse soltanto locale. I confini terrestri però - soprattutto quello sudanese - erano il tramite necessario tra la guerriglia che, malgrado la (53) A. ROVIGHI: "Le operazioni in Africa orientale"- Vol. H documento n. 74, pag. 57 -USSME- Roma 1988.

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repressione attuata con le operazioni di "grande polizia coloniale", era ancora attiva nelle regioni appartenenti all'Impero etiopico, e le sue basi di alimentazione ubicate nei territori delle colonie inglesi. Le autorità militari britanniche in Sud an, ch e all'inizio del conflitto potevano contare S ~J forze di consistenza molto modesta, anche se bene addestrate ed equipaggiate, non tardarono a rendersi conto delle possibilità loro offerte dallo sviluppo di un forte movimento partigiano alle spalle d ello schieramento italiano, e si impegnarono con notevole efficacia per assicurarne l'alimentazione logistica, l'addestramento e l'organizzazione politica e militare, stabilendo le premesse di tale azione addirittura prima dell'inizio delle ostilità.

In tal modo l'avversa rio riu scì a creare un ulteriore fattore di complicazione d el problema difensivo dell'A. O.!., già pregiudicato in partenza dalla situazione di totale accerchiamento, che non lasciava dubbi circa l'esito finale di una loua che si fosse protraua oltre il limite di esaurimento delle modeste risorse esistenti.

La guerriglia infatti determinò un clima generale di insicurezza, aggravò la difficoltà delle comunicazioni e costrinse le autorità militari e soprattutto le forze di polizia a farsi carico di un problema aggiuntivo di notevole rilevanza, costituito da11a necessità di provvedere alla protezione ed alle necessità di vita di una popolazione civile italiana che assommava a parecchie decine di migliaia di persone.

L'esigenza di realizzare un efficiente sistema di controllo alle frontiere terrestri era emersa in tutta la sua gravità già al termine del conflitto italo-etiopico, proprio per l'urgenza di reprimere il contrabbando d'armi destinato ad alimentare la guerriglia e di reciderne i collegamenti con i "santuari" di oltre confine.

n problema riguardava i territori dei governi d ell'Amhara e del Calla e Sidamo, poichè per le vecchie colonie d ell'Eritrea e della Somalia, completamente pacificate, era certamente sufficiente l'organizzazione in atto prima d el 1935.

Presidi dei CC.RR. c della R. guardia di finanza (questi ultimi destinati ad assolvere anche le funzioni normalmente affidate all'amministrazione doganale) potevano essere costituiti soltanto in un numero limitato di località, tradizionalmente utilizzate dalle popolazioni indigene quali centri di scambi o di comunicazioni frontaliere. Il solo materiale raggiungimento di tali località richiese quasi sempre il superamento di 91

notevoli difficoltà, talora l'organizzazione di vere e proprie spedizioni, qualche volta il ricorso all'aerotrasporto, come accadde per l'istituzione della tenenza di Gambela, nel Galla e Sidamo.

Il "Comando R. guardia di finanza del Governo Amhara", con sede a Go n dar, era articolato su tre compagnie (due a Go n dar ed una a Dessi è, poi passata alle dipendenze de] Governo dello Scioa) ed un nucleo P.T.l.. La vigilanza al confine sudanese era affidata alle tenenze di Metemmà e di Gubba, dipendenti dalla compagnia di Gondar.

Nel Galla e Sidamo lo stesso compito era assolto dalla compagnia di Asosa e da quella di Dembidollo, dalla quale dipendevano la tenenza di Gambela ed i distaccamenti di Baro Kalla, Burei, Gore, Mogi, Sonco, Jokau e Chidami.

Si trattava in realtà di piccoli posti, costituiti normalmente da due o tre militari nazionali e da alcuni ascari, i quali vivevano per mesi in una situazione di pressocchè totale segregazione dal mondo civile, in condizioni climatiche difficili, costantemente esposti al rischio di aggressione da parte dei guerriglieri.

Un sistema di vigilanza a maglie tanto larghe e costituito da elementi di forza esigua e totalmente privi di mobilità non era evidentemente in grado di interdire efficacemente il transito attraverso il confine delle formazioni guerrigliere, ed era stata quindi realizzata una struttura militare "ad hoc", le "bande di confine" alle quali era affidato il pattugliamento d elle zone impervie a cavallo della frontiera e l'azione repressiva contro le formazioni. Tali unità, di forza variabile ed ordinate in comandi di gru ppo, ciascuno comprendente 3/4 bande, una banda comando, sezioni mitragliatrici e salmerie, erano qualcosa di intermedio tra i reparti regolari d el R. corpo truppe coloniali e le bande inegolari impiegate per la controguerriglia all'interno del paese. Comandate da ufficiali italiani coadiuvati da un ridottissimo numero di sottufficiali e specializzati nazionali, le bande avevano organizzazione, addestramento ed equ ipaggiamento adatti per muovere e combattere nell'ambiente naturale proprio delle regioni dove erano dislocate, contro un avversario equivalente per capacità operativa e metodi di lotta. Svolsero un'azione di vigilanza efficace e si distinsero per combattività nella prima fase del conflitto, ma naturalmente non erano in grado di sostenere il confronto con ]e unità di tipo europeo che i britannici misero poi in campo.

I criteri ai quali si ispiravano i piani di copertura elaborati dal co-

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mando superiore delle forze armate dell'A.O.l. tra l'ottobre 1939 ed il marzo 1940 prevedevano la realizzazione di un dispositivo da rinforzare utilizzando anche "i carabinieri, la guardia di finanza, la polizia dell'A.O.I., le bande di commissariato e residenziali" (54). Tenuto conto della forza dei singoli presidi di polizia e dell'impossibilità di rinforzarli adeguatamente dopo l'inizio delle ostilità, è da presumere che il loro concorso alla copertura non potesse andare oltre la difesa delle località di dislocazione, con il personale e le armi disponibili dal tempo di pace. Era stata però prevista anche la formazione di reparti mobili di maggior consistenza, destinati a concorrere alle operazioni delle unità dell'esercito, alla difesa dei principali centri abitati ed al mantenimento dell'ordine pubblico.

Secondo gli ordini impartiti dal Comando Superiore FF.AA. verso la fine di maggio, il comando R. guardia di finanza dell'A.O.I. dovette quindi procedere alla costituzione dei seguenti reparti: nello Scioa, una compagnia mobilitata di 190 elementi (comandante, cap. Fausto Severini, comandanti di plotone ten. AJberto Xotta e ten.

Giorgio D'Amore); dopo un periodo di addestramento, ebbe la responsabilità di un settore della cinta difensiva di Addis Abeba, ma partecipò ad azioni belliche soltanto nella fase finale del conflitto; in Eritrea, una compagnia mobilitata mista comprendente tre ufficiali (ten.Pasquale Calabrese, sottotenenti Cesare Ascherio e Ferdinando Dosi), l O sottufficiali, 145 appuntati e guardie nazionali, 54 ascari; il reparto, istituito i124 maggio 1940 a Tessenei, ebbe varie dislocazioni nel bassopiano occidentale, concorrendo direttamente alla difesa del confine sudanese ed all'occupazione di Cassala; nel territorio della vecchia colonia furono inoltre costituiti un plotone autonomo a Carora, all'estremo nord ( 4 sottufficiali, 35 militari di truppa nazionali, 15 ascari; comandante il maresciallo Forzatti e, dal 12 giugno, il sottotenente Riccardo Messina) ed un secondo plotone autonomo, in agosto, alle dipendenze del settore difesa costiera di Massaua; questi reparti, con il rimanente personale della guardia di finanza dell'Eritrea, concorsero, durante l'epilogo della resistenza dell'Impero, alla costituzione del gruppo mobilitato misto che partecipò alla difesa di Massaua; nell'Amhara, due plotoni a Gondar, per concorrere alla difesa della città, ed un terzo a Dessiè, successivamente incorporato nella compagnia mobilitata de1lo Scioa; (54) A. ROVIGID- Op.cit. -VoLI Pag. 73.

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nel territorio del Governo dell'Barar, in giugno, un plotone a Douanle, destinato a partecipare a1l'occupazione di Gibuti, ed uno a Giggiga, per concorrere alla conquista del Somaliland; entrambi i reparti presero poi parte a quest'ultima operazione.

In Somalia, con il personale dei nuclei di confine soppressi dopo la prima fase del conflitto fu costituito in settembre un plotone a Burrao, nell'Oltre Giuba, alle dipendenze del comandante della tenenza di Chisimaio, ten. Di Martino. Il reparto crebbe di consistenza fino a raggiungere i 90 uomini e ne fu prevista la trasformazione in compagnia, poi non attuata per il precipitare degli eventi.

Non furono invece costituiti reparti mobili nel territorjo del Galla e Sidamo, dove tuttavia operò un piccolo "Reparto R. guardia di finanza" comandato dal ten. Bruno Ravotto, inquadrato nel I gruppo bande di confine.

Il Comando R. guardia di finanza dell'A.O.I. -retto da brevissimo tempo dal col. Giuseppe Sismondo (il predecessore, col. Bagordo, partì da Massaua il 25 maggio) coadiuvato dal ten.col. Giovanni Adone, comandante deJla R.G.F. dello Scioa, anch'egli arrivato in colonia soltanto ai primi di giugno- dovette anche rinforzare i. nuclei di polizia tributaria investigativa, sui quali venne a gravare quasi totalmente il compito di assicurare l'osservanza dei numerosi provvedimenti vicereali o dei singoli governatori in tema di economia di guerra.

Le condizioni di isolamento dell'Impero resero infatti necessaria una rigorosa regolamentazione della distribuzione e dell'impiego delle risorse occorrenti per l'alimentazione delle truppe e della popolazione civile, per il funzionamento del modesto apparato industriale e di altri settori di interesse vitale, primo fra tutti quello dei trasporti.

Fin d ai primi giorni del conflitto, fu quindi necessario dare esecuzione agli ordini di requisizione emanati dalle autorità militari, determinare le giacenze di una serie di prodotti agricoli ed industriali, sorvegliarne la distribuzione, assicurare il controllo dei prezzi, e combattere i fenomeni di imboscamento, accaparramento, mercato nero, che naturalmente non tardarono a manifestarsi.

La R. guardia di finanza dovette anche far fronte a situazioni di emergenza specifiche, quali lo sgombero del porto di Assab, dove si erano accumulate decine di migliaia di tonnellate di merci che era necessa-

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A 1t A BIA SAUDITA

Gondor

AMHARA

SOMALIA BR ITANNICA

ORCANIZZAZIOXE DELLA R.C.F. IN A.O. L AL IO GIUGNO 1940.

rio trasferire rapidamente all'interno, per sottrarle all'offesa aerea nemica. Fu impiegato a questo scopo anche il plotone mobile di Dessiè, ed il compito fu assolto entro il 21 giugno.

Il notevole sforzo -simultaneamente nella direzione dei compiti militari ed in quella del servizio d'istituto- fu sostenuto anche grazie al richiamo del personale in congedo presente nel territorio dell'Impero, disposto il20 maggio. Furono incorporati complessivamente 739 militari (un ufficiale, 28 sottufficiali, 20 appuntati, 690 guardie), mentre un altro centinaio furono riformati o esonerati. I richiamati furono inseriti sia nei reparti territoriali che in quelli mobili o di frontiera, e gran parte di loro si trovò quindi a partecipare direttamente ad azioni belliche (55).

Tutti comunque, fin dal primo giorno di guerra, furono soggetti al logorio provocato dall'azione aerea avversaria, particolarmente intensa sugli obiettivi, quali i porti ed i depositi di carburanti, dove i militari del Corpo assolvevano i loro compiti d'istituto.

Nelle regioni di recente conquista si aggiunse, e rapidamente divenne più grave, ]'insidia della guerriglia.

5. Combattimenti ai confini dell'Impero.

Dalla metà di maggio il ten. Ravotto, comandante della compagnia di Moiale, nel Galla e Sidamo, era impegnato nella sistemazione difensiva della località, posto di confine verso il Kenya, sotto la direzione del ten.coJ. Giuseppe Cicinelli, comandante del I gruppo bande di confine e responsabile della difesa. Erano state organizzate una zona di sicurezza, tra l'uadi che segnava l'andamento della linea di confine e la caserma della stazione carabinieri, una prima posizione di resistenza tra la caserma ed i fabbricati della residenza, ed una seconda a tergo dell'abitato, attorno al fortino presidiato dai "dubat" della banda (56).

Elemento principale della zona di sicurezza erano tre centri di fuoco, ubicati uno sulla strada camionabile e due ai lati, a circa cento metri dalla linea di confine, ed affidati al personale della guardia di finanza, una ventina tra nazionali ed ascari, con due fucili mitragliatori. Rimanevano oltre il margine anteriore della zona di sicu rezza i fabbricati si tuati (55) f. 525/ S in data 19.6.1940 del Comando RGr dei i'AOI.- Doc. n. 36.

(56) f. 109 R.O. in data 22.6.1940 del Comando Compagnia R.G.F'. di Moiale.

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sul confine: la casermetta della guardia di fmanza, il piccolo edificio della dogana ed il posto fisso di frontiera dei CC.RR., presidiato da un appuntato e da tre zaptiè.

La sera dellO giugno questi edifici furono sgombrati, e guardie cd ascari, occupate le postazioni dei centri di fuoco, si disposero a trascorrere la prima notte di guerra. Verso le due e dicci lo zaptiè di guardia al posto fisso dei carabinieri sparò due colpi di fucile, avendo avvertito la presenza di persone che tentavano di avvicinarglisi strisciando nell'erba.

Come previsto, i militari del posto fisso ripiegarono sul centro di fuoco ed il ten.Ravotto uscì con una pattuglia per perlustrare il terreno intorno al valico. Alle 4,45 caddero sulla casermetta della guardia di finanza e sulla dogana due colpi d'artiglieria, senza far vittime.

Poco dopo, mentre albeggiava, i centri di fuoco furono fatti oggetto di un intenso tiro di fucileria ed armi automatiche dall'uadi di confine, mentre gruppi di armati entravano nella casermella. La reazione dei ccmri di fuoco fu però sufficiente a tenerli a bada ed a farli ripiegare.

Verso le Il del mattino il presidio di :\1oiale "ubì un attacco aereo. e per tutto il resto della giornata i centri di fuoco avanzati della guardia di finanza, che avevano ricevuto in rinforzo due nuclei di ··dubat", continuarono ad essere tenuti sotto tiro dal fortino di Moiale - Kenya. Alle 21,30 il fuoco si fece pitl intenso, e poco dopo un colpo d i mortaio centrò la postazione situata su lla rotabile, tenuta da cinque militari coloniali al comando della guardia Lino Giampietri, uccidendo il muntaz Alì Auale, l'ascari Ornar Mohamcd e l'allievo ascari Abdì Abdullah. Gli attaccanti giunsero fino a trenta metri dalle postazioni, ma furono respinti con un lancio di bombe a mano. La postazione centrale, come si è visto, era rimasta presidiata soltanto dalla guardia Giampietri e da due ascari, mentre i due centri di fuoco laterali avevano i fucil i mitra~liatori fuori uso ed il comandante di quello di destra, guardia Ale!>sandro Masi, era ferito seriamente ad un occhio. li ren.col. Cicinclli ordinò a llora al ten.Ravotto di far ripi egare i suoi uomini ed i dubat ricevuti in rinforzo all'interno della posizione di resistenza.

TI centro di sinistra eseguì il movimento sotto la protezione dell'allievo ascari Osman Omar, che si unì poi al nucleo di C iam pietri in ripiega mento lungo la camionabile. Masi invece rifiutò di ritirarsi, e chiese che gli 'enisse sostituito il mitragliatore reso inS('f\ ibile da un colpo di fucile; acconsentì a ripiegare soltanto dopo che il ten. Ravotto ebbe mandato una pattuglia a rilevarlo.

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La decisa reazione della difesa indusse comunque gli attaccanti a desistere e verso mezzanotte il combattimento ebbe termine.

L'episodio - con ogni probabilità il primo conflitto a fuoco della seconda guerra mondiale per quanto riguarda l'Italia - segnò l'inizio di una serie di azioni britanniche contro i nostri posti di frontiera.

Alle 1,30 dell4 giugno una trentina di ascari al servizio inglese attaccarono la brigata di Dibile.K al confine con il Somaliland, posta a 57 Km. dal presidio italiano più vicino, ma furono respinti dai difensori, tre guardie e dodici ascari di finanza, uno dei quali rimase ucciso. Nella stessa notte, le due guard ie che costituivano, con dodici ascari, il distaccamento di JoKau, nella zona paludosa alla foce del fiume Baro, al confine tra il Sudan ed il Galla-Sidamo, riuscirono con un colpo di mano a disarmare i 14 ascari niam-niam che presidiavano il posto di frontiera avversario, dall'altra parte del fiume. Dopo aver traghettato i suoi uomini in più riprese, utilizzando l'unica piroga disponibile, il comandante del distaccamento, guardia Aldo Mazzola, accerchiò il nucleo nemico e, mentre il collega Angelo Brandolini teneva a bada gli ascari, intimò ]a resa all'ufficiale inglese presente presso il posto di frontiera. Questi era il capitano Maurice, già resi.dente a Cambela quale responsabile della concessione britannica, in viaggio di ritorno in Sudan dopo la dichiarazione di guerra, munito di salvacondotto rilasciato dalle autorità italiane. Preso atto di tale circostanza, il Mazzola, disarmati gli ascari, lasciò libero l'ufficiale nemico, il quale si allontanò con i suoi.

L'episodio fu ampiamente sfruttato dalla propaganda di guerra, ma la sua conclusione non soddisfece il gen. Van De Heuvel, comandante della 23' divisione coloniale, al quale il comandante della R. guardia di finanza a Gimma, magg. De Iudicibus, dovette fornire ampie spiegazioni per evitare guai alle due guardie, il cui comportamento era stato assolutamente corretto. Il loro coraggio ed intraprendenza furono però riconosciuti dal vicerè, che concesse ad entrambe la promozione per merito di guerra ad appuntato (57).

Nella giornata dell4 giugno un reparto della "Gazzelle Force" anglo-sudanese appoggiato da guerriglieri etiopici attaccò il presidio di Metemmà, in territorio Amhara a circa 200 Km. da Conciar, località chiave del sistema di comunicazioni tra il bassopiano su danese c la regione del Goggiam, principale area di sviluppo della guerri glia. Fu appunto nei (57) f. 687/ S in data 31.7.1940 del Comaudo IlG.F. deii"A.O.L

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pressi di .Metemmà che, ai primi di agosto, passò la frontiera la "Missione l Ol"' del generale Sand ford il quale, raggiunto il lago Tana con un piccolo nucleo di ufficiali inglesi, assunse la direzione della ri' olta antitaliana.

La difesa di Metcm mà era affidata ad un'aliquota del l o gruppo bande di confine ed a modesti nuclei di carabinieri c di guardie di finanza, quest'ultime agli ordini del maresciallo Coinu, comandante d ella tenenza. Erano stati realizzati apprestamenti difensivi campali, situati però in soggezione di quota rispcuo al fortino di Gallabat, a ci rca cinquecento metri in territorio sudanese, oltre il confme segnato dall'alveo del torrente Abunichera, normalmente asciutto.

L'attacco iniziò di sorpresa alJe 18,45, poco dopo la partenza dell'autOcolonna che rientrava vuota a Gondar dopo aver rifornito il presidio. Dopo circa un'ora di loua, durante la quale rimase ferito l'ascaro di Finanza Negussiè Gheremeddin, l'azione ebbe termine, ma i guerriglieri rimasero insediati sulla "collina di Re Giovanni", meno eli un chilometro a tergo dell'abitato, ch e risultò così preso tra due fuoch i(58).

Sempre il 14 giugno, in Somalia, bande di '·IIalos'', irregolari di frontiera al soldo d egli inglesi, distrussero le casermette dei distaccamenti di Aucalaf e di Mcragh Duglè, evacuate dai nostri militari allo scop pio delle ostilità, secondo gli ordini impartiti dai comandi di settore.

Nel pomeriggio aerei britannici bombardarono Bardera, uccidend o due ascari e ferendo gravemente il comandante della brigata, sottobri gadiere Antonino An gius, il quale si era esposto durante tutto l'attacco facendo fuoco con la propria mitragliatri ce.

Lungo il confine della vecchia Colon ia Eritrea, la compagnia mobilitata mista del ten. Calabrese aveva assunto, all'atto della dichiarazione di guerra, il seguente schieramento: plotone comand o, l plo tone fucilieri e plotone mitraglieri a Tessen ei; il pl otone fucilieri ad Omera; nuclei di copertura (ciascuno mediamente costituito da un sottufficiale, una decina di guardie e quattro ascari) a Sabd erat, l!accai, Abu Carnei, Guisa Est, Gullu i.

(58) Diario delle opera7ioni del Comando Tenenza R.C.F. di 'llt>trmmà.

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11 reparto era dotato di tre mitragliatrici "Schwarzlose" e di dieci fucili mitragliatori "Breda 30"; aveva anche a disposizione 12 cammelli ed un camioncino.

DalJa costa del Mar Rosso al limite del territorio di Amhara, il confme con il Sudan Anglo-Egiziano era suddiviso in settori di competenza della V, VIII e XII brigata coloniale. Particolare importanza assumeva la direttrice che da Asmara, per Agordat e Tessenei, attraverso il valico confinario di Sabderat raggiunge il nodo strad ale di Cassala, principale centro di comunicazioni d el bassopiano sudanese, dal quale si dipartono le piste per Atbara e per Kartum.

Era questa la strada per una possibile invasione dell'Eritrea ed al tempo stesso il naturale asse di penetrazione di eventuali azioni offensive italiane.

La compagnia d ella guardia di finanza era schierata proprio a cavallo di tale direttrice, con un nucleo ava nzato al valico di Sabderat, il grosso pitl indietro, a Tessenei, ed alcuni nuclei di sicurezza alle ali.

L'8 giugno, il comando della XII brigata coloniale aveva affidato al reparto anche il compito deJJa difesa contraerea dell'abitato di Tessenei, al quale era stato necessario destinare du e delle tre mitragliatrici in dotazione. Per avere un'idea d ella consistenza dello sch ieramento, basterà tener presente ch e il posto di Uacca i era a 60 Km. da Sabderat, e quello di GulJui ad altrettanti da Abu Gamel.

Privi totalmente di mezzi motorizzati, dipendenti dalle linee telefoniche, in un terreno percorribile senza limitazioni da mezzi ruotati, i nuclei di copertura erano quindi alla mercè di un avversario poco numeroso ma molto mobile ed intraprendente, anche perchè scarso aiuto avrebbero potuto attendersi dalle unità coloniali che andavano raggiungendo la zona di confine, anch'esse dotate di ridottissim a mobilità.

Se ne ebbe la prova il mattino del1 7 giu gno, allorchè presso Sciucria quattro autoblinde britanniche circondarono un a pattuglia comandata d all a guardia rich iamata Alfredo Roggero, con un muntaz e cinque ascari della P.A.l.; il comandante fu preso prigioniero, gli ascari disarmati e lasciati liberi.

Poco dopo, altre tre autoblinde si presentarono all'ingr esso dell'accampamento del nucleo confinario di Abu Gamel, imbattendosi n el

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comandante, maresciallo Luigi Piccinni Leopardi, di ritorno dal comando del xxxv battaglione coloniale, poco distante. n sottufficiale fu catturato, ma riu scì a gettarsi dall'autoblinda che lo trasportava cd a rientrare nelle nostre linee.

La sorpresa subita indusse il comando della XII brigata a far ripiegar e su Te scnei i nuclei di Abu Carnei e di Guisa Est, mentre i presidi di Sabderat e di Uaccai furono rinforzati con reparti coloniali. Con il personale recupc rato ed altro tratto dalla compagnia furono costituiti un plotone fucilieri aggregato ad una compagnia della P.A.I. dislocata a Guisa Ovest, ed un nucleo cammeJlato (8 nazionali e 8 ascari) ch e d al 21 giugno iniziò un'intensa attività di ricognizione.

Nello !:>Cacchiere Est, ai confini del Somaliland, dopo lo scontro di Dibilek la sera del 19 giugno fu attaccato il posto armato di dubat di Uodde Fercnci. H mattino successivo una pattuglia comandata dall'appuntato Giuseppe Tronci e com posta dalle guardie Giovanni Ci Ua e Antonino Di Bell a e da alcuni dubat, mentre percorreva in autocarro la strada che segnava il confine con il possedimento britannico. incontrò i dubat del posto attaccato, che ripiegavano dopo aver esaurito lE> munizioni.

L'app. Tronci raccolse e riordinò gli uomini, li caricò sull'autocarro c con essi tornò a Uodde Ferenci, sloggiandone gli ascari al servizio degli inglesi e ri occupando la posizione.

La sera del giorno dopo, 21 giugno, fu la volta della "icina brigata di Garbailek, contro la cui caserma fu aperto il fuoco da un gruppo di armati appostati in territorio del Somaliland. Le guardie di fìnanza e gli agenti della P.A.l. reagirono con prontezza, costringendogli avversari ad a11ontanarsi. Cessato il fuoco, il brigadiere Giuseppe Allasia, accompagnato da due guardie, due graduati coloniali e due ascari della P.A.I. entrò in territori o nemico, perlustrò accuratamente il terreno circostante e, sulla via del ritorno, asportò la bandiera inglese che sventola\ a sul posto di confine abbandonato.

Il mese di giugno sì chiuse con un nuovo attacco al presidio di Metemmà, che dopo l'episodio dcll4 era stato rinforzato con il XXVII battaglione colon iale.

Alle 6,15 del30 il settore sud-orientale della difesa fu investito da un intenso fuoco di fucileria e mitragliatrici proveniente dalla ··collina di Re Giovanili.', occupata dai guerriglieri neJl'azione precedente. Contro di essi si sviluppò il contrattacco degli ascari, i quali riuscirono di slancio 100

a riprendere la posizione, eliminando quella che era divenuta una seria minaccia per la sicurezza del presidio.

Due giorni dopo. verso le dieci del mattino, comparvero nel cielo di Metemmà cinque aerei "Vickers Wellesley", che incominciarono un'azione di bombardamento c mitragliam ento, cui si aggiunse poco dopo il fuo co d el fortino di Callabat. La guard ia Tatti, comandan te d ella caponicra n.4, dovette interv<'nire due vol te per impedire agli ascari di abbandonare la posizione. ~1a quando si accorsero di esser sotto tiro anche dal forte, i coloniali, gregari di una b anda di confine, uscirono d alla caponicra per rifugiarsi nella boscaglia. AIl o ra anche Tatti uscì allo scoperto, appoggiò la mitragliatrice ad un ramo e cominciò a far fuo co contro gli aerei; i gregari si fecero coraggio c ripresero i loro posti.

Il sotto brigadiere Corrado Percz. mentre percorreva la linea della caponiera, fu sorpreso da un a ripresa del tiro avversario, rimanendo bloccato in un tratto scope rto. L'ascaro di finanza Asfahà Birachi portò il proprio mitragliatore all'e::.terno della ridotta dove .,j trova\a e coprì il movùnento del sottufficial<', consentendogli di raggiungere il riparo, ma un colpo gli fracassò il calcio d ell'arma, cd una scheggia gli enucleò l'occhio d estro.

Perez affidò allora il çomando alla guardia Salvatore Nania, si caricò l'ascaro sull e spalle e lo portò al posto di medicazione, percorrendo oltre 400 metri allo scoperto.

6. Le azioni di Moyale, Kurmu-'4 Gallabat e Cassala.

Lo stillicidio di attacchi contro le posizioni di confine indusse il comando italiano a dar co rso ad alcune azioni loca li che, senza implicare l'abbandono dell'atteggiame nto dife nsivo a livello strategico imposto dalle circostanze, consentissero di migliorare la si tu azione dei singoli pre idi, fermi ancora sulle posizioni del tempo di pace.

La prima in ordine di tempo di tali azioni ebbe per teatro proprio Metemmà, dove e ra indispe nsabile restare per mantenere un certo controllo sulle vie di alimentazione della guerriglia nel Goggiam.

Alle tre del mattino del'+luglio il XXVII btg. coloniale ed elemen ti delle band e di confine si auestarooo nell'alveo dell'Abunichera, cd alle sette presero d'assalto il forte di Gallabat, occupandolo con un'azione durata in tutto diciotto minuti.

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L'eliminazione dell'opera, che costituiva una continua minaccia per il presidio di Metcmmà, determinò nel settore condizioni di relativa calma, interrotta solo da frequenti incursioni aeree, fino alla fine di ottobre.

I militari della tenenza, al comando del maresciallo Coinu, avevavo partecipato all'azione occupando le postazioni loro assegnate. ll 7 luglio il LV battaglione coloniale, con elementi del IV gruppo bande di confine attaccò la ridotta sudanese di Kurmuk; l'azione non riuscì immediatamente, ma il 12 gli inglesi furono costretti ad abbandonare la località consentendo alle truppe italiane di proseguire in profondità, occupando due giorni dopo Ghezan. Nel fatto d'arme di Kurmuk si distinsero le guardie di finanza della tenenza di Asosa, comandate dal m.c. Guido Virgilio, ed in particolare il brigadiere Marco De Napoli, comandante della brigata di Dull, il quale, buon conoscitore del terreno, fece da guida al LV btg. coloniale e portò poi all'attacco una cinquantina di gregari delle bande di confine di cui aveva avuto il comando.

La guarnigione di Moiale occupò il l O luglio la località con lo stesso nome situata oltre il confine, aprendosi la strada per penetrare nel Kenya. Più consistente, per l'entità delle forze impiegate e per la rilevanza tattica e propagandistica dell'obiettivo, fu l'azione che condusse alla conquista di Cassala.

Come si è detto, la località era il terminale della principale linea di comunicazione che attraversava l'Eritrea nel senso dei paralleli (Asmara - Cheren- Agordat- Barentù- Tessenei- Sabderat), e distava circa trenta chilometri dal valico di confine di Sabderat, dal quale era separata dalla stretta di Mocràm, per altro facilmente aggirabile a causa dell'elevata percorribilità del terreno circostante. TI possesso di Cassala era la premessa necessaria sia per un'azione britannica contro il nostro territorio sia per un'iniziativa italiana verso Kartum, città dalla quale era però separata da ben 400 Km di deserto.

Ma soprattutto la località era la base indispensabile per le puntate di disturbo che, per tutto il mese di giugno, erano state effettuate dalle pattuglie motorizzate inglesi contro le nostre posizioni di confine.

La sua conqu ista avrebbe poi avuto una certa efficacia sul piano propagandistico. li nome di Cassala era noto in Italia per la precedente occupazione da parte delle nostre truppe nel corso della spedizione contro il Mahdi del 1894- allora gli inglesi erano alleati - e la sua conquista 102

finiva con l'essere presentata quasi come la liberazione di una città "irredenta".

La difesa era costituita da un'aliquota della "Sudan Defense Force", circa trecento uomini in gran parte coloniali, interamente motorizzati, il che consentì loro di sganciarsi rapidamente, dopo una resistenza poco più che simbolica.

L'operazione, affidata al comando truppe Eritrea, prevedeva l'investimento dell'obiettivo con tre colonne: quella centrale, comprendente la XII brigata coloniale (XXXV, XXXVI e Cll battaglioni coloniali e due gruppi sommeggiati da 65/ 17) avrebbe dovuto sviluppare lo sforzo principale fiancheggiata a sinistra da una colonna motorizzata (magg.

Galelli) procedente lungo la riva del fiume Case, ed a destra dal gruppo squadroni cavalleria coloniale del ten.col. Fannucci, che avrebbe dovuto forzare la stretta di Mocràm, come già aveva fatto nel 1894 - ]asciandovi la vita - il capitano Carchidio.

La compagnia mobilitata mista della R. guardia di finanza era dislocata, da1la fine di giugno, nella zona di Guisa Ovest, oltre il corso del Case, meno il plotone dislocato ad O mera ( ten. Ascherio) ed il nucleo confinario di Sabderat. Era articolata su due plotoni, uno composto di nazionali (ten. Dosi), l'altro di coloniali (aiutante di battaglia Giovanni Steri) per un complesso di 71 uomini, di cui 46 nazionali, con tre fucili mitragliatori (59).

Alle l 3 del 3 luglio il reparto ricevette il preavviso per l'azione, e nel pomeriggio, con una marcia di dicci chilometri, si portò sulle pendici sud del monte Guisa Est, dove si andava concentrando la colonna centrale, della quale la compagnia era destinata a far parte. Raggiunta la posizione verso le 20, le guardie ebbero l'ordine di tornare indietro. Il comando truppe aveva infatti disposto che si schierassero, con elementi dellaP.A.I. ed una batteria sommeggiata da 65/ 17, tra il Case e le pendici del monte Abu Gamel per assicurare, nel corso dell'azione, la protezione del comprensorio agricolo d el villaggio Gasperini, su lla sinistra del dispositivo di attacco.

Il ten. Calabrese protestò contro tale decisione, che in pratica escludeva le guardie di finanza dall'azione imminente, ed ottenne di unir(59) Relazione de l comando compagnia mobilitata mista R.C.F. di Tcsscnci in data 121ug lio

1940- Doc. n. 37.

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si alla colonna centrale con l'aiutante di battaglia Steri ed un nucleo di venti guardie. Il resto della compagnia, nella notte, fu condotto sulle posizioni a!>!>egnate dal ten. Dosi.

AJle 3 del mattino del 4 l uglio, la colonna passò il confine, con il nucleo della R. guardia di finanza disposto immediatamente dopo l'avanguard ia, a diretta protezione del comando d ella Xli brigata.

La marcia proseguì per tutta la giornata in condizioni difficili per il fone caldo, me rHre la colonna di cavalleria del tcn.col. Fannucci, procede ndo sulla d estra, giungeva nella stretta di Mocràm che veniva forzata caricando elementi ritarda tori nemici, ed e ntrava in Cassala alle 1 l. AJla ca rica parteciparono anche il brigadiere Puggioni c le guardie Ganadu, Mai e Pc rrotta, componenti il nucleo di copertura eli Sabdcrat, i quali al pass~~gio della colonna Fannucci dal valico avevano ottenuto di aggregarvtsr.

La colonna centrale raggiume la città alle 17. ed il tcn.Calabrese si insediò nel villino già appartenuto al capo della polizia inglese, dove costituì il comando R. guardia di finanza di Cassala, che rimase affidato al -.ottote ncn te Dosi Il giorno dopo, 5 luglio, vi si celebrò la festa del Corpo.

Gli elemen ti dislocati al villaggio Gasperini rientrarono a Tessenei 1'8 e la compagni a fu n uovamente riunita nella sua base originaria, tranne il plotone di Omera cd un nucleo staccato a Cassala, che però fu fatto rientrare in sede il 21.

All a fine di luglio i reparti di Tessenci furono spostati a protc;.ione del nodo stradale di Ghirghi re t, alle dipend enze del CU btg. coloniale, mentre il nucleo cammcll ato al comand o dello sciumbasci Mohamed Ibrahim si stabilì ai pozzi di Fetec, da dove iniziò a svolgere un'attività inform ati\ a e di ricognizione che dove' a rivelarsi preziosa.

7. La conquista del Somaliland.

La conquista d ella So malia britannica fu l'episodio più rile\ante della fase de1le operaz ioni in Africa Ori entale caratterizzata dall 'iniziativa italiana. Mal grad o tal uni indubbi vantaggi ~ trategici dell'operazione, consistenti e:.senzialmentc n ell'eliminazione di una potenziale minaccia all e spall e dello schi eramento all e frontiere occidentali con il Su104

dan ed il Kenya, la decisione di passare all'offensiva fu molto controversa, ed a determinarne l'assunzione furono soprattutto motivi di prestigio, nella previsione di un'imminente conclusione del conflitto in Europa. Fu subita più che acceuata dal vicerè Amedeo d'Aosta, il quale aveva ottimi motivi per non essere entusiasta di ogni iniziativa che aggravasse l'usura di uno strumento bellico come quello di cui disponeva l'Impero, il cui obiettivo, nell'economia generale delJa condotta di guerra, non poteva essere che quello di '·durare" il più a lungo possibile, in attesa che la soluzione fosse raggiunta negli altri teatri operativi.

L'operazione, cond otta con notevole superiorità di forze ma resa difficile dal terreno, dal d ima e da carenze informative ed organizzative manifestatesi in fase condotta, comprendc\'a uno sforzo principale lungo la direttrice centrale Giggiga- Harghcisa- Berbera finalizzato al rapido raggiungimento del principale porto della colonia, allo scopo di impedire il reimbarco delle forze inglesi. Due colonne laterali avrebbero dovuto concorrere all'azione principale: a sinistra, raggiungendo il porto di Zeila, presso il confine con la colonia francese di Gibuti; a Zeila la colonna avrebbe do"uto essere scavalcata da un'unità motorizzata di formazione, al comando del console generale della MVSN Passeroni, la quale avrebbe dovuto concorrere alla presa di Berbera procedendo lun go la costa del Mar Rosso~

a destra, dando sicurezza alla colonna centrale proteggendone il fianco con una formazione di ''dubat"' pro"eniente dalla Somalia.

L'unità motorizzata del console gerwrale Passeroni comprendeva anche un reparto speciale d'assalto, denominato "Gloria o Morte", costituito da circa trecento volontari di tutte le armi e corpi, al comando del console Arconovaldo Bonaccorsi. Era questi una figura caratteristica dello squadrismo ferrarese, protagonista di discusse imprese nelle Baleari durante la guerra civile spagnola, poi emarginato in Africa orientale come altri personaggi scomodi del regime.

La R. guardia di finanza del governo dell'Barar concorse alle operazioni con i due plotoni costituiti all'atto d ella mobilitazione a Douanlè ed a Gip;giga, inseriti rispettivamente nella colonna di sinistra cd in quella centrale.

Anche il reparto d'assalto di Bonaccorsi, costituito ad Addis Abe105

ba, ebbe una rappresentanza del Corpo (ten. Giorgio D'Amore con un sottufficiale e 13 guardie), tratta dalla compagnia mobilitata dello Scioa (60).

Prima dell'inizio dell'offensiva si ebbero però altri scontri alla frontiera con il Somaliland, in cui furono coinvolti i distaccamenti confinari del Corpo.

A mezzogiorno del 2 agosto circa 150 armati, inquadrati da cinque militari inglesi, attaccarono i due ridottini di Uodde Makail, tenuti da 27 "dubat"' al comando del tenente di fanteria Antonio Greco, dalla guardia Bruno Manti e da tre ascari di finanza.

Rimasto gravemente ferito l'ufficiale. il Manti assunse il comando, riuscendo a respingere gli attaccanti.

Due giorni dopo, all'alba, altri irregolari agli ordini di un tenente ingle~e sorpresero i gregari della banda Ghedebursi di sentinella al

posto di confine di Boramo, in territorio del Somaliland, occupato pochi giorni prima, e dove era stato appena istituito un distaccamemo della tcnenza d i Aubarrc, al comando del sottobrigadicre Pietro Devoti. l'le seguì una lotta nell'abitato e la reazione delle guard ie, gli unici nazionali presenti oltre al comandante degli irregolari, tenente di artiglieria Corte di Monlanaro, consentÌ di respingere gli attaccanti e di catturare l' ufficiale inglese. Rimasero feriti la guardia Fortunato Malorgio ed il bulucbasci di finanza Aden Salck~ furono entrambe proposti per una ricompen&a al valor militare, insieme al sottufficiale ed altre sei guardie.

Intan to il plotone di Douanlè (un sottufficiale, 24 nazionali e 17 ascari, con tre "Schwarzlose" ed un mitragliatore ''Breda 30", agli ordini del sottotencnte Letterio Longo), assegnato alla XVJI brigata coloniale destinata all'azione su Zcila, si trasferì il l " agosto a Gumez, dove prese posizione sull'uadi Abbassuein, insieme alla 2• compagnia del btg. mitraglieri della divisione "granatieri di Savoia", con il compito di concorrere al la protezione della linea di comunicazione della colonna, che la sera del 2 iniziò la marcia su Zeila (61).

Jl 5 agosto il plotone ricevette l'ordine d i portarsi avanti; raggiunta (60) Relazione del ten. Giorgio D'Amore.

(61) Relazione del s.ten. Lcuerio Longo.

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la colonna, la sopravanzò ed all'alba dcl6 giunse a Zeila, dove poche ore prima era entrata una compagnia di ascari.

Installatosi nei locali della dogana inglese, il sottotencnte Longo provvide subito a far pian tonare i magazzini abbandonati dal nemico, in parte saccheggiati dai predoni Issa. Poi secondo gli ordini ricevuti dal comando della colonna, assicurò la regolarità della distribuzione dei viveri c dei generi di conforto di preda bellica ai vari reparti, e si adoperò per la ripresa delle attività commerciali necessarie per la sopravvivenza della popolazione. In seguito ebbe le funzioni di ufficiale addetto agli affari civili, cd affiancò il capitano del comm issariato militare incaricato delle requisizioni; dall'Il al 14 agosto fu addirittura comandante del presidio, essendosi i comandi dell'esercito trasferiti altrove.

1112 agosto "Arriva in città e vi si stabil isce nonostante il divieto stabilito dall'Ecc. il generale Bertoldi la colon na Bonaccorsi. Faccio presente i] divieto. A sera mi avvio al quartier genera le, distante sette chilometri dalla città c faccio regolare rapporto all'Ecc. il generale Bertoldi".

Lo zelo del sottotenente Longo non dovette essere premiato, poichè Bonaccorsi ed i suoi ''arditi" lasciarono Zeila soltanto la se ra del 14 agosto.

Il reparto speciale ''Gloria o Morte", infatti, partito da Addis Abeba in treno la sera dell'8 agosto, aveva iniziato il giorno dopo la sua marcia in autocarro da Dire Daua, e giunto a Zeila nella tarda mattinata del12 vi sostò due giorni prima di affrontare i 190 chilometri di pista che lo separavano da Berbera.

In questa occasione, il ten. D'Amore, con una pattuglia di otto volontari, fu incaricato di eseguire una ricognizione su un'isoletta posta a circa sci chilometri allargo di Zeila, che si riteneva potesse essere utilizzata da agenti a] servizio degli inglesi.

Alle 21 dell4 agosto iniziò la marcia su Berbera, presto trasformatasi in un piccolo disastro per le pessime cond izioni della pista, causa di frequenti insabbiamcnti dei pesanti trattori "Magyrus" in dotazione al reparto e per il clima torrido che prO\'OCÒ du e morti per colpi di calore e numerosi casi di insolazione.

La sera del 15 gli '·ard iti" furono costretti a tornare indietro, ed il mattino del 16 erano di nuovo a Zeila.

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n 22 il reparto "Gloria o Morte" fece ritorno ad Addis Abeba dove una settimana dopo fu sciolto, e le guardie del ten. D'Amore rientrarono al reparto di origine. n plotone di Zeila ebbe anche compiti di concorso alla difesa contraerea della città, quotidianamente attaccata dagli aerei della R.A.F. provenienti da Aden. NelJa notte sul 16 una bomba cadde a pochi metri della postazione della mitragliatrice azionata dalle guardie Salerno e Gaj; il primo, gravemente ferito al1'addome, riuscì. a trascinarsi fino alla casermetta del comando per chiedere aiuto per il collega, ma spirò appena giunto.

La colonna centrale, costituita dalla divisione speciale dell'Barar al comando d el gen. De Simone, raggiunta rapidamente Hargheisa, dovette affrontare difficoltà sensibilmente maggiori per proseguire verso Berbera. Il nem ico, organizzato a difesa nella regione rocciosa del Tug Argan, oppose una resistenza decisa, meuendo in campo, olu·e ai reparti coloniali ed agli irregolari Hilalos, anche unità di ben diverso valore operativo, quali un battaglione di '"Black Watch" scozzesi ed uno di fucilieri d el Punjab. Fu necessario imbastire un·azione sistematica per avere ragione della difesa e costringere il gen. C od\>\- in Austen a chiedere al comando in capo del Medio ori ente, il mattino del 15 agosto, l'autorizzazione a sgombrare la guarn igione su Aden.

li plotone della guardia di finanza dcli'Harar (sottotenente Ildebrando Pucci) si unì alla colonna a Giggiga il 2 agosto ed ebbe il compitO della difesa vicina del coma ndo di divisione.

Passò il confine all'alba d el3 e giu nse ad Hargheisa il6, dove assolse anche compiti di polizia militare. Seguì quindi l'avanzata della colonna ed alle 0,50 del 20 agosto entrò in Berbera, primo reparto nazionale (62).

Ohre ad assolvere i consueti compiti d i polizia militare c di ricerca e di requi sizione delle merci per conto del Commissariato militare, il plotone fu in caricato di costituire due distacca menti per la difesa costiera aBulhar ed a Heis. Un secondo contingent(:' di 45 nazionali, al comando del tenente Giuseppe Del Vecchio, raggiunse Berbera il 30 agosto, a richiesta deJ comando truppe.

Ai primi di settembre il comando scacchiere Est ordin ò al coman(62) Relazione del s.tcn. Ildebrando Pucci.

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do truppe di Berbera di provvedere all'occupazione con distaccamenti della guardia di finanza delle località di Elaya e di Las Khoreh, autorizzando contemporaneamente la soppressione dei posti dislocati lungo il vecchio confine. n gen. Nasi ritenne tuttavia necessario precisare: •·Generale Bertello avverta però guardia di finanza che suo compito è prevalentemente militare perchè contrabbando che introduca generi alimentari et sale et carburanti et gomme dovrà non solo non essere ostacolato con controlli, ma anzi favorito".

Fu anche disposto l'invio a Berbera di un'aliquota di militari della guardia di finanza di mare, i quali partirono da Assab al comando del brigadiere motorista navale Ciro Murgo. Nel porto somalo le guardie riuscirono a riattare un rimorchiatore ribattezzato "Stell a d'Italia", che, superate felicemente le prove di macchina, il 12 ottobre, alla presenza del gen. Graziosi, comandante del presidio di Berb era, entrò in servizio ed eseguì missioni di vigilanza doganale e di difesa costiera.

In dicembre fu armato un sam buco, con un equipaggio di tre guardie e sei marinai dancali, al comando del brigadiere nocchiere Germano Tanfini. L'unità priva di contrassegni di nazionalità, era destinata ad operare lungo le coste del territorio per compiti di natura particolare, secondo istruzioni impartite verbalmente dal comando truppe. l reparti dislocati nel territorio d'occupazione del Somaliland- che aveva intanto assunto la denominazione di "Somalia Settentrionale" furono riordinati in novembre.

Fu costituita a Berbera una compagnia su due plotoni (a Berbera e ad Eri gavo) ed una squadra del ramo mare. Distaccamenti costieri furono istituiti a Bulhar, Heis, Las Khoreh, Elaya.

Il plotone di Zeila, con i distaccamenti di Odowa Dirir e di Degarita, continuò in vece a dipendere dalla compagnia di Dire Daua, del comando R.G.F. de1l'Harar. ll comando della compagnia di Berbera ebbe però la responsabili-

tà della vigilanza costiera lungo l'intero litorale dal confine di Gibuti a Capo Guardafui, anche nei confronti del plotone di Zeila e della brigata di Ben der Cassi m, appartenente quest'ultima alla guardia di finanza della Somalia italiana.

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Dal 23 dicembre il comandante della compagnia ebbe anche l'incarico di capo del centro informativo di Berbera, con particolare orientamento alla raccolta di notizie dal protettorato inglese di Aden.

8. Le azioni nel bassopiano sudanese e nel GaJJa-Sidamo.

Alla conquista del Somaliland seguì un periodo di stasi operativa destinato a durare fino all'inizio dell941, allorchè si delineò l'offensiva britannica che doveva condurre, nel giro di pochi mesi, alla scomparsa dell'Impero.

In Eritrea, la compagnia mobilitata di slocata a Ghirghiret eseguì in agosw numerose ricognizioni con pattuglie cammellate nel bassopiano sudanese; particolarmente impegnativa quella esegu ita dall'8 al 13 agosto dal ten. Dosi, che penetrò in territorio nemico per oltre cento chilometri con un sottufficiale, due guardie ed otto ascari (63).

Dall9 al 29 agosto la compagnia fu spostata a Serobatib, sul corso del torrente Chirghir, da dove spinse pattuglie sulla pista Cassala- Suakim. A mezzogiorno del29 il reparto si trasferì ai pozzi di Uaccai, sulla pista Sabderat- Cherù,lasciando a Serobatib un nucleo cammellato coloniale al comando dello sciumbasci Moharned Ibrahim, il quale fino ai primi di ottobre- allorchè si ricongiunse al reparto- svolse un intensa attività ricognitiva e di raccolta di notizie da oltre frontiera.

Nel Calla-Sidamo il nucleo d el ten. Ravotto (sei guardie e 17 ascari, con quattro "Schwarzlose"', tre "Breda 30", due camioncini cd alcuni cammelli) lasciata Moyale il 20 luglio continuò ad operare con il Tgruppo bande di frontiera "Borama", mentre il maresciallo Maccioni con alcune guardie ed ascari assicurava il funzionamento della base logistica del gruppo, a Guddaduma.

Sempre alla fine di luglio, le guardie della tenenza di Asosa (brigate di Dull, Becca, Arodu, Asosa, Sonca e Ghiddami) si concentrarono in tale località, e con il loro comandante (maresciallo ca po Guido Virgilio) passarono alle dipendenze d el lV Gruppo Bande di confine.

Altri militari della guardia di finanza- nazionali e coloniali- erano aggregati alla banda irregolare Chilo, che agiva nella zona di Gambela ed Uollega, con la quale compirono ricognizioni offensive a largo raggio.

(63) Rela.:ionc del s.ten. Ferdinando Dosi in data 15 agosto 1940.

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r-.el pomeriggio del 10 ottobre la banda Uollega (ten. Vin ci) attaccò una formazione irregolare nemica presso Torbancarà, a 4 chilometri dal Daga River Post, al confine sudanese; si di stinse la guardia Andrea Minuti, già d ella bri gata di Gh idd ami, comandante dell'avanguardia.

Nell'Oltre Giuba il plotone d el ten. Di Martino, che come si è d etto aveva grad ualmente raggiunto la forza di un centinaio di uomini, svolse in ottobre e novembre compiti di copertura alla frontiera kenyota, articolato in tre aliqu ote, a Burgao, Ras Chicbonne e Candala, dove era situato il comando.

9. D concorso alla difesa del territorio metropolitano.

Tra gli impieghi che non implicarono una partecipazione diretta ad azioni belliche, ebbe particolare rilevanza - almeno sotto il profilo quantitati vo - il concorso alla difesa costiera del territorio metropolitano. Furono mobilitate oltre seicento tra brigate e distaccamenti, praticamente l'intero dispositivo di vigilanza portuale e litoranca del tempo di pace, oltre a circa un centinaio di reparti costituiti all'emergenza, per una forza complessiva di pitJ di 15.000 uomini.

L'impiego era regolamentato, co me si è detto, dalle '"Istruzioni" del 193 1, confermate dal sottocapo di S M per la difesa territoriale nel gennaio 1938, e rimaste praticamente invariate fino alla fase conclusiva del conflitto. Era prevista l'integrazione nel dispositiYo di difesa del1e minori unità della guardia di finanza, che avrebbero dovuto costituire elementi fissi e mobili di vigilanza e di prima resistenza, secondo le disposizioni d ei progetti compilati per ciascun reparto. Le brigate ed i di staccamenti dipendeva no, per il particolare servizio, dai coman di di settore e di sottosettore d ell'esercito, rimanendo agli ordini dci superiori del Corpo per la normale attività d'istitu to~ soluzione che, come si è detto, non mancò di dar lu ogo ad inconven ienti. Soprattutto nei pri mi mesi di guerra peraltro, numerosi ufficiali comandanti di circolo, compagnia e tenenza furono preposti a settori o sottosettori di difesa costiera, in attesa di essere sostituiti da colleghi dell 'esercito.

Fino allo sbarco anglo-americano in Sicilia nel luglio d el 1943, il dispositivo di difesa costiera non fu impegnato da azioni dirette avversarie. n servizio richiese però, da parte del perso nale che vi era addettO ( in gran parte richiamato) una somma notevole di disagi e di fatiche, e diede lu ogo spesso ad episod i di coraggio ed abnegazione: soccorso a naufra-

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ghi, cattura di equipaggi nemi.ci e di prigionieri di guerra evasi, avvistamento di mine vaganti, ecc. (64).

I1 peso organico dell'impiego per la difesa costiera era, come si è detto, davvero consistente, tanto più che esso si sommava a qu ello imposto dall'attuazione dei dispositivi di copertura alle frontiere francese ed jugoslava (279 nuclei per un totale di 2.300 tra sottufficiali e guardie).

li personale mobilitato, o comunque impegnato in attività di carattere esclusivamente militare- difesa costiera, copertura, reparti oltremare, equipaggi delle unità passate alle dipendenze della R. marina- nell'estate 1940 superava largamente i due terzi dell'organico complessivo.

Fu una vera fortuna che le insistenze del comand o generale, negli anni '30, fossero riuscite a superare, sia pure non integralmente, le resistenze dello SMRE al richiamo in servizio nel Corpo del personale in congedo. All'atto della mobilitazione, furono richiamati 81 ufficiali e 14.000 tra sottufficiali e guardie, e soltanto grazie al loro concorso la guardia di finanza fu in grado di far fronte agli impegni di carattere militare, continuando ad assicurare, nello stesso tempo, la vigilanza d elle frontiere non impegnate (svizzera e tedesca), l'approntamento delle unità organiche destinate a partecipare alle operazioni dell'esercito di campagna, i servizi di vigilanza fiscale e di polizia tributaria, e l'assolvimento delle nuove incombenze che al Corpo venivano affidate nel quadro d ell'economia di guerra. l O. I servizi a tutela dell'economia di guerra.

Le aree di intervento nel campo dell'economia di guerra erano due, e si erano andate precisando frn dall'epoca della "'non belligeranza": la produzione bellica propriamente detta ed i rifornimenti di materiali strategici; l'alimentazione d elle forze armate e della popolazione civile; Per quest'ultima, alla fine del 1939 (R.D.L. 18 dicembre 1939, n.

2222) erano state costituite due strutture: (64) Un "colpo fortunato" fu realizzato alle 12,25 dcl20 novembre 1940 dal sotto brigadiere Domenico Giovinazzo, comandante della brigata di Verdicari, il quaJc a Roveto, pre&~o ~oto, catwrò con l'ai m o di un appuntato e di una guardia l'Air Ma~hal Boyd, comandante della R.A.F. del Medio Oriente, <'Ostretto ad un'atterraggio di fortuna mentre era in volo verso Malta.

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un "Servizio degli approvvigionamenti per l'alimentazione nazionale in tempo di guerra", alle dipendenze del ministero dell'agricoltura e delle foreste, incaricato di provvedere al fabbisogno dei generi alimentari per le forze armate ed a quello della popolazione civile; un "Servizio della distribuzione dei generi alimentari e del controllo d egli stabilimenti dell'industria alimemare", alle dipendenze del ministero delle corporazioni, con il compito di provvedere alla ripartizione dei generi alimentari segnalati come disponibili per soddisfare le necessità della popolazione civile, assicurandone la razionale distribuzione.

Presso il ministero degli interni fu istituito un ufficio speciale di collegamento tra i due "Servizi", ciascu no dei quali aveva un proprio "Ufficio Centrale", mentre erano in comune le strutture periferiche, "Sezioni provincial.i per l'alimentazione", istituite presso i consigli provinciali delle corporazioni.

La sottrazione o l'occultamento dei generi alimentari soggetti a precettazione o requisizione erano punite da sanzioni penali.

Con l'inizio delle ostilità, il sistema delineato dal R.D.L. n.2222/ 1939 avrebbe cominciato a produrre una normativa complessa ed inevitabilmente suscettibile di elusione, per assicurare l'osservanza deJia quale sarebbe stato necessario istituire un servizio di "polizia annonaria", comprendente una componente investigativa, per la scoperta delle frodi ed il controllo degli organ ismi pubblici preposti alla raccolta ed alla distribuzione dei generi, mentre la repressione delle infrazioni alla disciplina d ei consumi (razionamento) avrebbe potuto essere affidata al1a polizia ordinaria.

In relazione alla prima delle due esigen ze, l'attività investigativa, ill8 aprile 1940 il ministero delle corporazioni - direzione generale del commercio- chiese al comando generale l'assegnazione di l O ufficiali e di 20 sottufficiali in servizio attivo, nonchè la segnalazione di almeno trecento ufficiali e sottufficiali in congedo, da utilizzare per l'organizzazione delle strutture periferiche, senza attribuzioni di polizia.

Il personale fu assegnato il l o giugno, e prese servizio il giorno l O, lo stesso della dichiarazione di guerra: un tenente colonnello, un capitano e quattro sottufficiali all'ufficio centrale del ministero, altri otto capi-

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tani e 16 sottufficiali presso i consigli provinciali delle corporazioni di Roma, N apolL Milano, Torino e Genova.

Nell a stessa data venne inserito nel sistema anche il "Reparto aziend e molitorie e panifici" istituito nel gennaio 1939, la cui forza era stata aumentata, nell'aprile dell'anno successivo, a due ufficiali (di cui uno superiore) e dodici sottufficiali. Secondo un ordine di servizio compilato d al direttore generale del commercio, Caravale, il personale a disposizione dell' ufficio centrale fu ripartito in tre sezioni, incaricate rispettivamente: delle inchieste ed accertamenti relativi aUa d istribuzione delle merci, al razionamento d ei prodotti alimentari ed al controllo degli stabilimenti di produzione (ten.col. Alessio Andretta e cap. Bussi); del controllo d ella distribuzione delle materie grasse e del1e fabbriche per produzione dei saponi (cap. Guido Palumbo); d ella vigilanza sulle aziende molitorie e su i panifici e contro11o dei prezzi (magg. Oliviero c cap. Allasia).

11 personale posto a disposizione del ministero delle corporazioni, sia al centro che in periferia, era aggregato ai nuclei di polizia tributaria investigativa, ma doveva occuparsi esclusivamente del servizio speciale cui era destinato, astenendosi dal procedere direttamente all'accertamento cd alla denunzia di violazioni di carattere tributario, che avrebbero dovuto essere segnalate al nucleo competente (65).

Alla fine dell'anno, la disciplina d ella distribu zione e dei consu mi fu estesa ai prodotti industriali non alimentari, e fu conferita al mini stro la facoltà di disporne il razionamento in caso di necessità (R.D.L. 27 dicembre l 940, n.l728).

Per il funzionamento delle strutture d el ministero furono richiamati dall'ausiliaria o dalla riserva, tra il giugno l 940 ed i primi del '41, settanta ufficiali. li primo maggio 1941 un generale di brigata fu chiamato a far parte della commissione centrale di vigilanza sull'alimentazione presso il ministero dell'agricoltura, alle cui dipendenze fu posto anche un ufficiale superiore.

(65) Circolare n. 2478 R. Scrv. del Comando Generale R. guardia di finanza- ufficio servizio (senza data).

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I servizi di investigazione e di controllo nell'ambito dell'economia di guerra ebbero una particolare rilevanza nelle provincie libiche e nell'Impero, dove le difficoltà degli approvvigionamenti erano più marcate.

In Libia le prime misure vennero prese fin dal periodo della " non belligeranza". li 13 dicembre 1939 fu infatti costituito a Tripoli un "Nucleo Vigilanza Annonaria", diretto dal comandante della tenenza della R. guardia di fmanza, e composto prevalentemente da personale del Corpo, con il concorso anche di appartenenti alle altre forze di polizia. Dopo lo scoppio delle ostilità, tutte le funzioni attinenti sia al settore annonario che alla gestione dei materiali strategici furono accentrate presso un "Alto Commissariato Generale per gli approvvigionamenti ed il coordinamento economico di guerra (Acorguerra)", al quale fu preposto un commissario con rango di governatore generale di colonia. L"'Acorguerra" assorbì tutti gli uffici e gli enti precedentemente interessati al problema, e riuscì a realizzare effettivamente un efficace coordinamento nella raccolta e nella utilizzazione delle risorse reperibili in Libia e dei rifornimenti provenienti dalla Madrepatria, mantenendo anche continui contatti con il comando superiore delle FF.AA. dell'A.S.I.. ll nucleo di vigilanza annonaria costituì il braccio operativo del commissariato generale, ed oltre ad assolvere i compiti di polizia che gli erano propri, svolse anche un'intensa azione di consulenza e di collaborazione per la realizzazione delle strutture organizzative dell'ente. Nel febbraio 1941 il reparto assunse la denominazione di "Nucleo di Polizia Annonaria", ebbe un comandante con incarico esclusivo e fu orientato prevalentemente allo svolgimento d elle indagini di maggior rilievo ed al controllo sulla gestione degli ammassi e sulle requisizioni, mentre la repressione delle violazioni minori, soprattutto in materia di distribuzione dei generi alimentari, fu affidata alle "Squadre di vigilanza annonaria", costituite presso ciascun comando di tenenza.

La squadra di Derna, ad esempio, denunciò 35 esercenti in ottobre 1940, 42 in novembre e 26 in dicembre.

Oltre all'attività di polizia propriamente detta, le piccole unità annonarie della guardia di finanza libica svolsero anche, come si é detto, un'intensa attività come organi operativi periferici dell"'Acorguerra", agevolando il regolare rifornimento dei mercati in collaborazione con gli "uffici economia corporativa" delle prefetture, ed addirittura provvedendo talvolta d irettamente alla distribuzione di generi di prima necessità alle comunità isolate, quali i villaggi agricoli del Gebel cirenaico, do-

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ve migliaia di coloni appena trasferiti dall'Italia erano rimasti praticamente senza assistenza.

Nel 1942 la direzione del servizio di polizia economica fu affidata ad un'apposita sezione dell'Acorguerra, alla quale fu preposto un altro ufficiale della R.G.F.. Nello stesso anno un ufficiale superiore, il ten.col.

Luigi Fantapié, fu distaccato presso !"'ufficio economia di guerra" della delegazione del comando supremo in A.S.I..

In Africa orientale, alla guardia dì finanza furono affidati compiti specifici con il decreto vicereale n. 1122 del 17 luglio 1940, che istituì una particolare disciplina delle requisizioni.

In pratica, erano affidati ai reparti del Corpo- i nuclei di polizia tributaria investigativa e le squadre di vigilanza annonaria costituite in ogni capoluogo di governo -le operazioni di requisizione, l'accertamento delle scorte dei materiali precettati, la determinazione ed il controllo dei prezzi, la repressione degli abusi in materia di razionamento dei generi, falsificazione delle tessere annonarie, accaparramenti, ecc.

Come in Libia, non mancarono casi in cui alla guardia di finanza fu affidata la materiale distribuzione dei generi.

Fu anche intensa l'azione di consulenza e di supporto operativo nei confronti dell"'Alto Commissariato per l'economia di guerra", costituito con decreto vicereale del 25 d icembre 1940, ed al quale fu preposto il governatore Gasperini, già pioniere del comprensorio agricolo di Tessenei e governatore della colonia eritrea.

Per la seconda area di intervento - quella del controllo delia produzione bellica e dei rifornimenti di materiali strategici - le attività facevano capo al "Commissariato generale per le fabbricazioni di guerra", istituito fm dall'epoca del conflitto italo-etiopico (R.D. l Oottobre 1935, n. 287), il quale avrebbe dovuto "armonizzare e coordinare i programmi delle lavorazioni per le forze armate commisurandoli alle possibilità produttive delle industrie nazionali, e designare e ripartire tra le singole amministrazioni interessate le fonti di produzione per l'espletamento delle relative commesse". In realtà il "COGEFAG", poi trasformato in sottosegretariato di stato, (FABRIGUERRA) non riuscì mai ad imporre il proprio coordinamento non solo alle industrie private o pubbliche, ma neppure agli altri ministeri interessati, e la sua attività rimase quasi del tutto circoscritta alla funzione, peraltro essenziale, di approvigionamen116

to e di ripartizione delle materie prime e delle fonti di energia. Le attività di controllo in questo settore furono integralmente affidate alla guardia di finanza.

Il25 giugno 1940 il tenente colonne1lo Dcfendeme Bonfanti prese servizio presso il sottosegrctariato, mentre otto capitani ed una ventina di sottufficiali furono posti a disposizione delle delegazioni interprovinciali Fabriguerra di Vcnezia, Milano, Roma, Napoli, Cagliari, Genova, Bologna e Torino. Un anno dopo, il l o luglio 1941, il servizio venne riordinato, grazie alla costituzione di un "Ufficio Centrale R. Guardia di Finanza presso il Sottosegretariato di Stato per la produzione beiJica".

Nel maggio precedente un ufficiale superiore era stato distaccato presso il ministero delle comunicazioni, per sovraintendere ai controlli in materia di monopolio del rame e di altri metall i strategici.

Questo assetto dell'organizzazione della guardia di finanza nel quadro dell'economia di guerra rimase sostanzialmente invariato fino alla seconda metà dell942, epoca in cui il protrarsi del conflitto rese evidente la necessità di un incremento dei controlli.

11. La partecipazione all'attività della Commissio ne Italiana di Armistizio in F ran cia.

Un ultimo settore d'impiego non implicante diretta partecipazione ad azioni belliche si aprì con la conclusione delle operazioni con la FranCia.

Nell'ottobre 1940 fu definito l'assetto dei reparti dislocati in territorio occupato. Fu confermata l'istituzione della tenenza di Mentone, su due brigate: "ferrovia" e "stanziale mista", quest'ultima avente alle dipendenze il distaccamento di frontiera di Ponte dell'Unione e, in seguito, quello di Castellaro (Castelar). In Val Roja fu istituito il distaccamento di Breglio (Breil) della sezione di Piena, mentre in Val d'Aosta il distaccamento del Piccolo San Bernardo fu spostato a Seèz, rimanend o alle dipendenze della brigata di Porta Littoria (La Thuile).

Consistenza sensibilmente maggiore avrebbe dovuto assumere l'impegno nel quadro dell'attività della commissione italiana di armistizio con la Francia (C.I.A.F.), che iniziò a funzionare a Torino ai primi di luglio 1940. L'organismo era articolato in cinque sottocommissioni (esercito, marina, armamenti, affari generali, affari economico-fmanziari), 117

doveva sovraintendere all'applicazione delle clausole armistiziali da parte francese.

Tra l'altro, avrebbe dovuto essere soggetto ad assiduo controllo il traffico marittimo ed aereo in arrivo ed in partenza dagli scali della Francia metropolitana, del Nord Africa e del Levante, per ragioni di carattere economico ma, ancor più, di natura politico-militare.

Le relazioni tra il governo di Vichy e le potenze dell'Asse erano complesse. Da un lato la lettera delle norme armistiziali e l'affermarsi del movimento della "Francia libera", favorevole alla prosecuzione della lotta a fianco dell'alleato inglese, imponevano agli italo-tedeschi di considerare la controparte come un paese sconfitto. Tuttavia, soprattutto da parte german ica, non si era abbandonata la speranza di integrare la grande nazione latina nel sistema del "nuovo ordine europeo", utilizzandone tra l'altro, in qualche modo, la considerevole forza militare rimasta in armi.

L'attacco britannico alle basi navali di Dakar e di Mers el Kebir, alla fine di giugno, provocò addirittura la sospensione delle misure di smilitarizzazione in tutto il Nord Africa e nel Levante.

Con queste premesse, l'applicazione delle clausole armistiziali doveva essere gestita con molto tatto, nel quadro di una continua trattativa con una controparte la quale, almeno nei confronti degli Italiani, non si sentiva affatto sconfitta, il che dava luogo ad un frequente e defatigante contenzioso.

Il personale dipendente dalla C.I.A.F. quindi, pur non essendo esposto a particolare rischio fisico (la "resistenza" era praticamente assente in questa prima fase) si trovava ad assolvere un compito ingrato, in un ambiente ostile.

n concorso della guardia di finanza fu richiesto per l'organizzazione del controllo al traffico, ed a questo fine il comando generale, su bito dopo la conclusione delle ostilità, compilò uno studio, prendendo a base il preesistente sistema di controlli della amministrazione doganale francese.

Il fabbisogno complessivo di personale fu determinato in: l ufficiale superiore, con sede a Marsiglia; 118

5 capitani, ai quali affidare la direzione del servizio nella Francia Mediterranea (Marsiglia), Corsica (Aiaccio), Algeri, Tu ni si, Beirut; 182 sottufficiali e 148 appuntati e guardie, che avrebbero dovuto attivare 71 posti di vigilanza così ripartiti: Francia mediterranea ..... ........................ : 20 Corsica ........................................ : 12 Algeria e costa mediterranea del Marocco Francese ..... : 19 Tunisia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . : Il Siria e Libano . .......... ....................... : 9 L'8 settembre 1940 il comando generale richiese (66) ai comandi di legione di segnalare un primo nucleo di 20 sottufficiali ed altrettanti appuntati e guardie "di ottima prestanza fisica e provata capacità intellettuale e professionale", preferibilmente appartenenti ai nuclei di polizia tributaria investigativa, da destinarsi a prestar servizio presso le dogane francesi metropolitane e coloniali.

Un mese dopo, però, il ministero degli esteri comunicava che "l'organizzazione dei controlli itala-tedeschi è per ora rinviata, avendo il Governo francese rifiutato di accettare i controlli di frontiera nella forma stabilita in base ai noti accordi di Ber1ino"(67).

A dicembre, finalmente, i controlli furono attivati, sia pure in forma ridotta rispetto allo studio iniziale. Il giorno 20 i capitani Mangione, Linares, Quercioli e Savastano furono destinati agli aeroporti di Casablanca, Marsiglia, Tunisi ed Orano, mentre il capitano Vittorio Montanari veniva posto a disposizione della Commissione in Torino, ed un certo numero di sottufficiali raggiungeva le località di destinazione lungo la costa mediterranea della Francia, in Algeria ed in Tunisia.

Pur operando a disposizione della sottocommissione "affari economico-finanziari" della C.l.A.F., i militari della guardia di finanza, come quelli del1e capitanerie di porto, pure addetti ai controlli portuali, per ordin e dell'amm. Goiran, presidente del1a sottocommissione "Marina", furono posti alle dipendenze disciplinari degli ammiragli capi delle delegazioni navali di controllo di Tolone e di Biserta.

(66) foglio n. 2412 R. Serv. de ll'8.8.l940 · XVIII. (67) foglio n. 13355 del Minislero delle Finanze- Direzione Generale de lle Dogane- in data 8 ottobre 1940.

119

Un caso particolare rappresentò l'organizzazione dei controlli nel territorio del principato di Monaco. Subito dopo l'armistizio il Governo italiano aveva provveduto a riaprire il proprio ufficio consolare, riconoscendo così formalmente la sovranità del piccolo stato, ma vi aveva destinato anche alcuni elementi della C.I.A.F., allo scopo di evitare che il territorio monegasco finisse per diventare una specie di zona franca utilizzabile da parte francese per eludere i controlli. n governo del principato, d'altra parte, era disposto a tollerare l'esercizio dei controlli stessi limitatamente all'ambito portuale, per evitare che da parte italiana si vietasse l'approdo al naviglio francese, ma non ammetteva interferenze nel resto del suo territorio; in particolare, si opponeva a qualsiasi ispezione alla propria minuscola forza di polizia.

Nel novembre '41 la C.I.A.F., d'intesa con il ministero degli esteri, decise di istituire presso il consolato di Monaco un ufficio di controllo dipendente dalla sezione di Nizza, destinandovi un sottufficiale e due guardie, una delle quali avrebbe dovuto essere inviata direttamente dall'Italia, allo scopo di saggiare il comportamento che avrebbero tenuto le autorità monegasche all'atto del passaggio della frontiera (''non mi pare che per sì delicato incarico si possa mandare una semplice guardia" annotò il capo della segreteria del comando generale, col. Vinay; "basterà scegliere bene" rispose fiduciosamente il gen. Aymonino, comandante generale).

TI prescelto - la guardia scelta Salvatore Nonna, della legione di Torino- passò il confine il31 gennaio 1942, e raggiunse Monaco senza inconvenienti. La questione fu poi risolta con un certo pragmatismo. TI controllo sul traffico marittimo in entrata ed in uscita dal principato fu esercitato da personale proveniente di volta in volta da Nizza, mentre il brigadiere e le due guardie in servizio presso il consolato- ufficialmente considerati dai monegaschi come "tecnici di questioni marittime" - svolsero compiti di carattere esclusivamente informativo, astenendosi da interventi palesi.

Tutto sommato, la vita degli uomini della C.I.A.F., pur comportando rischi e disagi indubbiamente minori di quelli affrontati dal personale dislocato in zona d'operazioni, non fu precisamente una villeggiatura.

All'inizio dell941, ad esempio, la guardia di mare Vincenzo Cauglia, della sezione controllo traffico di Nizza, fu premiato con un encomio solenne, su proposta del presidente della commissione, per aver affrontato, con un altro militare, una quarantina di lavoratori portuali in tumulto.

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La stessa ricompensa fu concessa, qualche mese dopo, al cap.

Querciol~ al mar. Mangiafico ed al brigadiere Genchi per aver svolto nel

porto di Marsiglia, "con perizia, intelligenza e tatto, e senza provocare incidenti", indagini che avevano consentito il recupero di importanti partite di merci sottratte dalle autorità francesi al blocco armistiziale.

La situazione mutò radicalmente nel novembre 1942, quando, in seguito allo sbarco anglo-americano in Nord Africa, fu decisa l'occupazione integrale del territorio francese, ed ebbe termine il blando regime armistiziale.

12. Costituzione e scioglimento dei battaglioni mobilitati.

L'inizio delle ostilità portò a maturazione anche l'annoso problema della costituzione dei battaglioni mobilitati, destinati a partecipare alle operazioni dell'esercito di campagna.

Il 25 marzo 1940 il comando generale chiese al ministero della guerra ed allo stato maggiore l'assegnazione delle dotazioni di armi e di materiali necessarie per l'approntamento dei sei battaglioni previsti dagli accordi del1937. Il9 aprile giunse la risposta del ministero: la "attuale disponibilità di dotazioni" non consentiva di soddisfare la richiesta, che ci si riservava di riesaminare in un futuro imprecisato. Quasi un mese dopo (f.n. 987 4 del 5 maggio 1940), lo stato maggiore - ufficio ordinamento e mobilitazione - definiva la questione senza mezzi termini: "Stante l'impossibilità di provvedere alle necessarie dotazioni, questo Stato Maggiore non può prevedere, per ora, la costituzione dei sei battaglioni di R. guardia di finanza di cui al foglio n. 158 di codesto Comando Generale, in data 25 marzo u.s."(68).

Per giungere ad una soluzione positiva, non restava che ricorrere al vertice politico. Il gen.Pignetti si presentò 1'8 maggio al ministro delle finanze, Thaon di Revel, al quale consegnò un promemoria, in cui sottolineava le "gravi ripercussioni di ordine morale" che si sarebbero avvertite tra le file del Corpo, se non fosse stata esaudita l'aspirazione a partecipare direttamente alle operazioni (69).

Il documento fu restituito da Revel con l'annotazione "visto dal Duce - provvedere".

(68) Doc. n. 38.

(69) Doc. n. 39.

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Neppure questo intervento al massimo livello valse però a sbloccare completamente la situazione.

L' l l maggio Riccardo Massone, generale di brigata d el R. esercito addetto al comando generale, ebbe un colloquio al ministero della guerra: le dotazioni per i reparti da mobilitare non possono essere fornite per il momento, ma le disponibilità vanno migliorando, e si spera di provvedere tra qualche mese.

Subito dopo, però, il colonne11o di S.M. Bartiromo, vice-capo digabinetto del ministero della guerra, trasmette un consiglio del suo diretto superiore: S.E. Pignetti prenda contatto con lo stato maggiore, perché il gabinetto ha già disposto che si aderisca alla richiesta.

n l ogiugno, lo stesso giorno della dichiarazione di guerra, giunge finalmente la risposta ufficiale del ministero: la situazione non consente di concorrere in alcun modo all'approntamento di unità non previste dall'indice di mobilitazione; "nulla contro" alla costituzione di "due" battaglioni della R. Guardia di Finanza "purché senza cessione di materiali di alcun genere da parte dell'esercito"; "dati i compiti che potranno essere affidati alle unità in questione", formazioni ed organici avrebbero dovuto essere quelli previsti per i battaglioni camicie nere destinati al rinforzo alla copertura.

n colonnello Vinay annotò "(i materiali) potrebbero acquistarsi con i fondi accantonati per le opere d el Regime e per i Finanzieri in co ngedo. Al resto potrebbe provvedere la Massa o il Corpo tutto" (70). n gen. Massone poteva però precisare, il1 3 giugno: "qu esta lettera é già superata dagli accordi verbali presi con lo SM, in seguito ai quali la mobilitazione dei btg. é già in corso".

Il giorno dopo, infatti, il comando generale diramava il fo glio n.438 R, contenente le disposizioni per la costituzione "in primo tempo di due soli battaglioni mobilitati dei sei previsti per la mobilitazione generale, rimandando la costituzione degli altri ad epoca successiva"(71).

(70) foglio n. 123121 del Ministero della Guerra- Gabinetto - in data IO giugno 1940- Doc. n. 40.

(71) Doc. n. 4 1.

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La formazione sarebbe stata quella prevista per i battaglioni di rinforzo alla copertura. Alle operazioni di mobilitazione avrebbe provveduto la legione allievi, ma alla costituzione de11e unità avrebbero dovuto concorrere tutte le legioni escluse quelle dislocate nelle isole, traendo il personale dalla classe più giovane e, ove non bastasse, da quella immediatamente più anziana; potevano però essere inclusi militari di classi più anziane, se volontari. I militari mobilitati sarebbero stati sostituiti presso i reparti di origine da richiamati delle classi di gruppo A. Era stato infatti contestualmente disposto il richiamo dei riservisti delle classi 1907-1908-1909, i quali avrebbero dovuto presentarsi alle legioni di destinazione il 25 giugno.

Per il l " luglio il personale mobilitato affluì alla legione allievi di Roma, e fu concentrato a Carsoli, dove i battaglioni furono effettivamente costituiti. TI comando fu affidato al maggiore Corradino Giummo, comandante del circolo di Gemona per il I, mentre al II fu destinato il maggiore Antonino Peluso, del comando generale. I subalterni, per oltre la metà, provenivano dal corso di applicazione appena concluso.

I due battaglioni rimasero a Carsoli fino alla fine di agosto, per un periodo di amalgama e di ripresa addestrativa, poi furono trasferiti alle sedi di impiego, Tarvisio per il I, Plezzo per il II, alle dipendenze, rispettivamente, del XXII e del XXI settore di copertura.

Tale dislocazione corrispondeva ad un criterio di potenziamento del dispositivo di copertura alla frontiera jugoslava, che nell'estate 1940 sembrava dover diventare il teatro di una prossima ripresa dell'iniziativa italiana, dopo la conclusione delle operazioni sul fronte occidentale.

A1 vertice politico-militare andava però prendendo forma quella che fu una delle decisioni più difficilmente comprensibili della nostra condotta di guerra.

In un promemoria inviato il l u ottobre al capo di SM generale (72), il sottosegretario alla guerra, Soddu, comunicava l'intendimento del capo del governo di procedere ad un sostanziale ridimensionamento della struttura e della forza dell'esercito, da attuare mediante: lo scioglimento di un certo numero di comandi di grandi unità; (72) USSME- "La campagna di Grecia"- Vol. Il- Doc. n. 41.

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il rientro alle sedi stanziali e la riduzione agli organici di pace di tutte le unità dislocate nel territorio metropolitano; il co ngedamento di ben sette classi, oltre la metà (600.000 uomini su l. l 00.000) della forz a alle armi.

"Convengo sulla opportunità di tali riduzioni", rispose lo stesso giorno il Maresciallo Badoglio. E ministero e stato maggiore emanarono, rispettivamente il 9 ed ill S ottobre, le disposizioni esecutive. La smobilitaz ione riguardò anche i battaglioni della R guardia di finanza. TI 20 ottobre 1940 lo S.M.R.E.- ufficio ordinamento e mob ilitazione- diramò il foglio n.24620, a firma Roatta, con il quale si incaricava il comando generale di provvedere alla smobilitazione, facendo tornare il personale al servizio d'istituto. Naturalm ente, lo S.M.R.E. non dimenticò di ordinare anche la restituzione dei "quadrupedi, mezzi di trasporto e materiali" (sottolin eato nel testo) assegnati a11a fine di giugno (73).

TI gen. Pignetti, il 26 ottob re, emanò un ordine del giorno, con il quale veniva comunicato lo scioglimento d ei due battaglioni, essendo "venute meno le esigenze per le quali erano stati costituiti'', ed il l " novembre ufficiali, sottufficiali e guardie tornarono ai reparti territoriali.

"Ciò che non é stato oggi potrà essere domani", aveva scritto il gen.

Pignetti, certo non supponendo che la profezia si sarebbe avverata tanto presto.

Due giorni dopo, all'alba del28 ottobre, aveva inizio l'attacco alla Grecia.

(73) Doc. n. 42.

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Capitolo IV LA CAMPAGNA DI GRECIA L Gli avvenimenti dell'estate 1940 in Albania.- 2. I preparativi per l'attacco alla Grecia.- 3. Il passaggio del confine.- 4. L'azione del plotone «Mali Viluscia" sul Pindo.- 5. La controffensiva greca e la difesa del Korciano.- 6. Il riordinamento del dispositivo militare italiano. -7. La caduta di Korçe.- 8. L'entrata in linea del lli battaglione mobile della R.G.F'. d'Albania. - 9. Il combattimento di Qafa Kuali Barde. - l 0.11 ripiegamento in val Tomorreccs.- 11. La ricostituzionc ed il trasferimento in Albania del I c del II battaglione mobil itato.- 12. Il combattimento di Barci.- 13. L'attività del Comando Superiore della R.G.F. d'Albania ed il problema del personale albanese.- 14. L'attività in val Tomorrcccs nella prima metà di gennaio 1941.- 15. L'azione di Dobrej e l'attività io va l Tomorreces fino al marzo 1941. - 16. Il trasferimento dei battaglioni al confine jugoslavo e la conclusione del conflitto italo-greco. - 17. L'episodio di Castclrosso.

1. GJi avvenimenti dell'estate 1940 in Albania.

L'

eventualità di un conflitto con la Grecia fu presa in considerazione dagli stati maggiori romani e dal comando superiore di Tirana fin dai mesi immediatamente successivi all'occupazione dell'Albania.

La relativa pianificazione, più volte rimaneggiata, era riferita a due ipotesi fondamentali: un'azione a fondo, condotta lungo la direttrice Korçe- Florina- Salonicco, mirante a separare la fo rze dislocate in Macedonia ed in Tessaglia dal resto del Paese, ed a provocare, si presumeva, la disintegrazione dello strumento militare avversario; un'azione a raggio limitato ("un colpo di mano in grande"), destinata a conseguire, in tempi molto ristretti e con forze ridotte, vantaggi territoriali nella regione a sud del confine greco-albanese, ma soprattutto a provocare nel Paese vicino mutamenti politici che ne determinassero l'inserimento nella sfera di influenza italiana.

La seconda alternativa, che finì poi per prevalere sia pure con so125

stanziali modificazion~ era ritenuta corrispondente anche alle aspirazioni irredentistiche albanesi riguardanti la Ciamuria, regione di frontiera rimasta in territorio greco dopo la delimitazione dei confini eseguita nel1923.

Fautore dell'iniziativa era, in Italia, soprattutto il ministro degli esteri conte Ciano, al quale faceva capo il luogotenente del Re in Albania, Jacomoni.

Fino all'estate 1940, tuttavia, il nostro vertice militare consid erava nettamente prioritaria l'ipotesi di un conflitto con la Jugoslavia, nel quadro del quale alle forze dislocate in Albania sarebbe toccato un ruolo secondario in concorso allo sforzo principale sul fronte giulio.

Ancora a metà maggio il sottosegretario agli affari albanesi, Benini, segnalava al comando generale della R. guardia di finanza la preoccupazione della Luogotenenza di Tirana, condivisa dal comando superiore truppe Albania, per l'attività dei fuoriusciti albanesi installatisi a Dibra e Skopljie, cui si aggiungevano agenti jugoslavi e greci "interessati a fomentare intrighi in territorio albanese ed a svolgere attività spionistica militare".

Per contrastare i passaggi clandestini nella valle del Drin, soprattutto tra il centro albanese di Peskopjie e quello jugoslavo di Dibra, il sottosegretario pregava di mettere allo studio la realizzazione di un tratto di rete metallica, simile a quella esistente al confine italo-svizzero (74).

Proprio pochi giorni prima dell'in izio delle ostilità contro la Francia e l'Inghilterra, la sera del23 maggio 1940, in un colloquio con il gen.

Geloso, comandante superiore a Tirana, il conte Ciano accennò tuttavia all'imminenza di un'iniziativa militare contro la Grecia. Al repentino cambiamento di indirizzo seguì, qualche giorno dopo, la sostituzione di Geloso con il generale di corpo d'armata Visconti Prasca, già addetto militare a Parigi e notoriamente vicino al ministro degli esteri (75). ll 2 giugno entrò in vigore in Albania il piano "P.R.12", nell'ipotesi "J + G", che, come si è visto, prevedeva un atteggiamento difensivo controffensivo alla frontiera jugoslava e l'adozione di misure di semplice vigilanza militare su quella greca. Lo stesso giorno il colonnello Palan(74) Ministero affari ester·i - Sottosegr·etariatO per g li affari albanesi - Telespresso n. 72/ 14754 dell7.5.1940.

(75) USSME- "La Campagna di Grecia"- Vol. I Pag. 34.

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dri, comandante superiore della R. guardia di finanza d'Albania, assunse il comando della difesa costiera, che tenne fino al 26 agosto.

Nei mesi estivi fu condotta nei confronti dei greci un'intensa ''guerra dei nervi", imperniata su un'azione di propaganda a favore dell'irredentismo ciamuriota e su frequenti incidenti navali e di fronti era, fra i quali gravissimo il siluramento dell'incrociatore "Belli" nella rada dell'isola di Tino, eseguito il l 5 agosto, mentre l'unità partecipava aiJe cerimonie religiose per la ricorrenza dell'Assunzione.

In questo quadro si inserisce l'incidente avvenuto nel pomeriggio del22 giugno presso il cippo di confine n. l , in occasione del quale l'appuntato Antonio Russo, comandante del distaccamento di Badarosh circolo di Korçe- con l'aiuto di due guardie albanesi costrinse a ritirarsi un gruppo di militari greci che avevano sconfinato per eseguire rilievi topografici.

La preparazione al conflitto, prosegu ita senza molta convinzione in giugno e luglio, ricevette un colpo di acceleratore ill2 agosto, quando il luogotenente ed il comandante superiore delle truppe, convocati aRoma dal ministro Ciano, si sentirono assegnare un termine di appena 15 giorni per esser pronti ad agire.

Rientrato a Tirana, Visconti Prasca si affrettò a dar corso alle misure previste dalla pianificazione, tra le quali era compresa la costituzione di tre battaglioni mobili della R. guardia di finanza, ai quali- insieme ad analoghe unità dei carabinieri ed ai presidi della guardia alla frontieraavrebbe dovuto quasi esclusivamente essere affidata la sorveglianza della frontiera jugoslava, nell'ipotesi, che si andava delineando, di un'azione contro la Grecia.

L'ordine fu impartito ill6 (76) agosto ed alla fine del mese le unità erano pronte, malgrado le notevoli difficoltà manifestatesi per fare affluire il personale dalle località spesso impervie di dislocazione dei reparti designati a fornirlo.

Ciascun battaglione- della forza di circa cinquecento uomini per metà permanenti italiani ed albanesi tratti dai reparti di frontiera e territoriali, per metà richiamati affluiti dall'Italia - ebbe sede presso uno dei circoli ubicati in corrispondenza della frontiera jugoslava, il cui titolare (76) Doc. n. 43.

127

assunse anche il comando dell'unità mobile. Il I battaglione (magg. Giuseppe Buonocore) fu dislocato a Peskopije, il II (magg. Alfredo Erra) a Kukes, il Ill (magg. Luigi Villani) a Scutari.

Se i comandan ti di battaglione erano tutti e tre italiani, sei su nove comandanti di compagnia, e 21 comandanti di plotone su 35 erano albanesi; alla stessa nazionalità appartenevano anche alcuni soldati di leva inseriti nei battaglion i per raggiungere la forza minima prevista.

La struttura delle unità era notevolmente più leggera sia rispetto al normale battaglione di fanteria, sia anche in confronto a quella dei battaglioni CC.NN. destinati alla copertura, che era stata adottata per Je corrispondenti unità della R.G.F. mobilitate in Italia. TI battaglione mobile comprendeva infatti un plotone comando e tre compagnie fucilieri, ciascuna su tre plotoni fucilieri, un plotone mitraglieri ed un plotone comando: in tutto 18 ufficiali, altrettanti sottufficiali e 502 militari di truppa.

Il 25 agosto, in presenza di un atteggiamento italiano ormai inequivoca bile, lo stato maggiore greco diede inizio ad una mobilitazione occulta. Nonostante l'adozione di un procedimento piuttosto ingegnoso, l'operazion e non sfuggì all'attenzione dell'ufficio Albania d el S.l.M., diretto dal colonnello Scattini, il quale si avvaleva in larga misura, per la raccolta di notizie oltre frontiera, d ell'organizzazione confinaria della guardia di finanza. J comandan ti dei circoli di Peskopije (Buonocore), e di Argirocastro (Murgia) erano contemporaneamente anche capi centro del S.l.M. e num erosi altri ufficiali e sottufficiali avevano incarichi nell'organizzazione informativa, pu r continuando a svolgere le loro mansioni quali comandanti d.i reparti di frontiera. Erano invece addeui al S.l.M. "a tempo pieno" il magg. Marenco, distaccato a Salonicco, ed il cap. Mariano Russo, capo centro a Korçe.

È ormai accertato ch e i nostri servizi informativi fornirono al vertice politico-militare un quadro reali stico d ella situazione e degl i intendimenti d ell'avversario, come del resto fece la nostra rappresentanza diplomatica ad Atene. Purtroppo, ciò non impedì una macroscopica sottovalutazione della capacità operativa dell'esercito greco, e soprattutto della sua determinazione ad opporre una resistenza seria all'aggressione.

2. 1 preparativi per l'attacco a11a Gr ecia.

Ai primi di ottobre la pian ificazione riguardante la "Esigenza C" era completa.

128

Il concetto operativo si concretava nello sviluppo di un'azione offensiva nel settore di destra dello schieramento italiano, in corrispondenza della frontiera epirota, tra la catena del Pindo e il mare. Lungo la frontiera macedone, tra il Pindo ed il lago di Ocrida, sarebbe stato mantenuto un atteggiamento difensivo, in attesa che lo sviluppo generale delle operazioni consentisse di assumere l'iniziativa anche in questo settore.

Lo sforzo principale avrebbe dovuto essere svolto al centro del settore epirota, dalla divisione di fanteria "Ferrara", incaricata di rompere il dispositivo avversario puntando sul nodo stradale di Kalibaki, raggi unto il quale sareb be stata scavalcata dalla divisione corazzata "Centauro", d estinata a proseguire lo sforzo in profondità con obiettivo Cianina, capitale dell'Epiro.

Uno sforzo sussidiari o sarebbe stato sviluppato, sulla destra, dalla divisione di fanteria "Siena", pure con obiettivo Gianina, mentre ancora pil.1 a d estra un raggruppamento speciale (reggimenti di cavalleria "Aosta" e "Milano", 3" reggimento granatieri) avrebbe dovuto procedere lungo il litorale per conseguire il possesso dei porti di Igoumenitsa ed Arta, e poi di Prevc~a.

Sulla sinistra della colonna principale, la divisione alpina '"'"Julia"' avrebbe dovuto muovere lungo la catena montuosa del Pindo con obiettivo il passo di Metsovo, chiave delle comunicazioni tra l'E piro e le regioni orientali della Macedonia e d ella Tessagl ia, dove, in previsione di un intervento militare bulgaro a fianco dell'Italia, risultava stanziata un'aliquota importante dell'esercito greco.

L'azione dell a ".J ulia", che avrebbe do\ltto operare in condizioni di totale isolamento tattico e logistico per cinque-sei giorni, in una regione praticamente priva di vie di comunicazione, tendeva appunto ad impedire l'afflusso di rinforzi verso il settore epirota.

La difesa del settore macedone, in corrispondenza d ella provin cia albanese di Korçe era affidata inizialmente alla sola divisione di fanteria "Parma", alla quale si sarebbero dovute aggiungere la "Arezzo" e la "Venezia", da trasferire dal confine jugoslavo, mentre la "Piemonte" avrebbe dovuto costituire riserva generale.

Era prevista anche una operazione anfibia per l'occupazione di Corfù, affidata alla divisione di fanteria "Bari'', che veniva a tale scopo concentrata in Puglia.

129

Gli avvenimenti, dopo mesi di attesa, precipitarono il 12 ottobre, quando si apprese a Roma la notizia dell'ingresso di truppe tedesche in Romania. Nell'intenzione di rispondere al " blitz" dell'alleato con un'iniziativa altrettanto spregiudicata, Mussolini decise di passare senz'altro all'azione contro la Grecia, e convocò per illS a Palazzo Venezia il ministro degli esteri, i capi di stato maggiore, il luogotenente Jacomoni ed il comandante superiore d elle truppe in Albania, Visconti Prasca.

La riunione, dcttagliamente documentata, è stata oggetto di una q uanti tà di analisi ed ha fornito motivo di altrettanto copiose recriminaztont.

Erano ormai ch iaramente venute a mancare le premesse politiche che avrebbero dovuto assicurare probabilità di successo ad un'azione co nd otta con forze insufficienti, in una regione impervia ed in una stagione sfavorevole. A metà ottobre l'esercito greco aveva praticamente com pletato la mobilitazione e la radunata, ed era evidente l'inconsistenza della previsione di una rivolla degli albanesi della Ciamuria., cosl come non sussistevano elementi concreti per fare assegnamento sul concorso bulgaro.

Pure, n on soltanto fu fissata la data di inizio dell'operazione ad appena undici giorni di distanza, ma ne furono dilatati i termini fino a co mpren der e l'occupazione d ella stessa capitale ell eni ca. Alla sortita di Mussolini, Visconti Prasca rispose affermando d i ritenere necessario, per raggiungere Atene, un rinforzo di appena tre d i visioni da sbarcare "in una sola notte" nel piccolo porto di Prevcsa, una volta rotto il front e.

Nè Badoglio, nè i capi di stato maggiore di forza annata mossero sostanziali obiezioni, e le decisioni assunsero quindi ca rattere esecutivo.

11 giorno successivo alla riunione, 16 ottobre, la Bulgaria fece conoscere formalmente la propria intenzione di rimanere estranea al conflitto. Venne così a cadere l' ultima delle premesse sulle quali il vertice politico italiano aveva fondato la propria strategia, ed il disegno di manovra concepito dal nostro comando manifestava tutta la sua incredibile pericolosità.

Le colonne d estinate a penetrare in Epiro avrebbero infatti avuto il fianco sinistro totalmente scoperto, e nulla avrebbe potuto impedire alle forze greche dislocate in Macedonia, non più vincolate alla frontiera bul130

gara, di entrare in territorio albanese attraverso il confine della regione d i Korçe, praticamente indifeso.

A Tirana, ormai a pochi giorni dall'inizio delle ostilità, si provvedeva intanto a ristrutturare l'organizzazione di comando. ll grosso delle forze destinate all'offensiva in Epiro - divisioni di fanteria "Siena" e "Ferrara", divisione corazzata "Centauro" - fu posto alle dipendenze di un comando di corpo d'armata speciale (C.A. "Ciamuria"). La difesa del settore macedone venne affidata ad un'altro comando di corpo d'armata, il XXVI, il quale avrebbe potuto contare, inizialmente, soltanto sulla divisione di fanteria "Parma" e sugli elementi confinari dei CC.RR. e della R.G.F. Immediatamente prima della dichiarazione di guerra fu assegnata al XXVI C.A. anche la "Piemonte", ma con vincolo d'impiego a favore del comando superiore, mentre la "Venezia" sj stava trasferendo a piedi dalla frontiera jugoslava, e giunse dopo l'inizio dell'offensiva greca.

Le due unità destinate all'assolvimento di compiti particolari - la D.alp. "Julia" ed il raggruppamento del litorale- dipendevano direttamente dal comando superiore truppe Albania. Benchè si trovasse ad avere alle dipendenze due comandi di C.A., quest'ultimo non ebbe rango e struttura di comando d'armata. Non si volle infatti privare Visconti Prasca, relativamente giovane generale di C.A., della direzione dell' operazione per la quale tanto intensamente si era adoperato, e si ebbe cura di affidare i due corpi dipendenti ad altrettanti generali di divisione i.g.s.

(Carlo Rossi per il "Ciamuria", Gabriele Nasci per il XXVI).

Oltre agl i altri inconvenienti già accennati, la campagna iniziò quindi con una organizzazione di comando sottodimensionata ed in via di frettolosa costituzione, in gran parte a spese delle unità dipendenti e con gli stati maggiori ancora quasi completamente in Italia.

Ma il gen. Visconti Prasca ebbe anche tempo per occuparsi di questioni di dettaglio. Allo scopo di non privare l'arma d ei carabinieri e la R. guardia di finanza del privilegio di partecipare direttamente alle operazioni, il 16 ottobre ordinò infatti ai due comandi superiori di costituire ciascuno un plotone di formazione, da aggregare alle colonne avanzanti in territorio greco (77).

(77) Doc. n. 44.

131

Per il Corpo, l'onore toccò al I battaglione mobile di stanza a Peskopjie, che costituì un plotone su tre squadre di dodici uomini ciascuna, al comando del sottotcncnte Agostino Gaffi, assegnato alla divisione "] ulia" (78).

I1 reparto, riunito a Ti rana il 23 ottobre, partì alle l 5 dello stesso giorno per la zona d'impiego. Quasi a presagio delle traversie che il plotone era destinato ad affrontare, il viaggio di trasferimento fu funestato dal ribaltamento di uno de i tre autocarri che lo trasportavano, avvenuto all e dieci di sera sulle rampe di Qafa Thanes, presso Korçe.

Una quindicina di militari rimasero feriti, alcuni gravemente, e furono quindi soltanto 25 le guardie che a mezzogiorno d el 26 ottobre raggiunsero ad Erseke il centro logistico della ''Julia··,dove furono aggreg~te alla compagnia arditi d ell'Bo rgt. alpini, comandata dal ten.MagnanJ.

I reparti di frontiera dei circoli di Korçe e di Argirocastro passarono alle dipendenze dei comandi dell'esercito che andavano assumendo la responsabilità dei singoli tratti di confine. Anche i battaglioni mobili dislocati alla frontiera jugoslava il 13 ottobre erano stati aggregati alle grandi unità schierate nei rispettivi settori: la D.f. ··venezia., per il I battaglione (Peskopjie) e la D.f. "Arezzo" per gli altri due.

Tl27 ottobre (la data del1'attacco era stata procastinata al28) il comandante superi ore de ll a R. guardia di finanza, che era considerato quale comandante d'arma nel quadro d el C.S.T.A., si trasfe rì al posto comando tattico dello stesso C.S.T.A., presso Argirocastro.

L'Ufficio Albania del S.l.M., intanto , secondo le istruzioni ricevute da Roma si attivò per inscenare l'incidente di fron tiera che avrebbe dovu to conferire una parvenza di giustificazione all'attacco contro la Grecia.

La sera del24 ottobre il cap. Russo era stato convocato a Tirana dal colonnello Scattini, che lo aveva incaricato di o rganizzare un attacco simulato al valico di fronti era di Kapestica, sulla strada Ko rçe - Florina

(79).

(78) Al ploronc fu assegnato Il nominati~o di ~Mali ViJm.cia~. in ricordo della località albanl'· ~t' (-\1ali \'clusches"), teatro di un combattimento sostenuto iiSiu~tlio 1918 dal XYIII battaglione mobllitato della R.C.f.

(79) l\1. Russo: ~scusi. lei che ci facc\ a in Albania T: \anni n i, Br<'scia, 1971 -_pag. 319.

132

Tornato a Korçe, l'ufficiale mise insieme, con la collaborazione di un capo contrabbandiere locale, una dozzina di armati con i quali, presi gli opportuni accordi con il comando della "Parma", nella notte sul26 ottobre passò il confine. Secondo le istruzioni, il nucleo avrebbe dovuto portarsi in prossimità del valico e lì dare inizio ad una sparatoria, cui sarebbe seguita la reazione di fuoco di un plotone di fanteria appostato immediatamente dietro la sbarra. Durante l'avvicinamento, uno degli armati lasciò partire inavvertitamente un colpo di fucile, e ciò bastò per scatenare la "reazione" prima ancora che gli "attaccanti" avessero modo di iniziare a recitare la loro parte.

Sotto il fuoco dei fanti, il nucleo si sbandò, Russo riuscì fortunosamente a ripassare il confine, e per puro caso nessuno si fece male.

La sera del 26 ottobre il comando superiore R. guardia di finanza di Tirana inviava al comando generale il telegramma cifrato n.

02277 "Segreto", redatto in termini molto più drammatici: "Questa notte ore 1,30 tra piramidi n. 31 e 32 sud valico Kapestica banda armata greca sconfinava attaccando con colpi arma fuoco e bombe a mano una nostra pattuglia di vigilanza lungo la linea confine. Banda armata tentava sopraffare nostra pattuglia che rinforzata militari altri reparti contrattaccava respingendo avversario. Nello scontro fatti sei prigionieri greci. Deceduti due nostri soldati e feriti un sottobrigadiere e due guardie finanza. Riservomi ulteriori notizie. Colonnello Palandri" (''mandare parole augurio per feriti" annotò il generale Pignetti, probabilmente ignaro) (80).

Il mattino del27, ufficiali italiani e greci si incontrarono per un primo esame deU '"incidente", ma non ci fu tempo per altre riunioni. Alle tre del mattino del 28 ottobre l'ambasciatore italiano ad Atene consegnò l'ultimatum al capo del governo greco, Metaxas, mentre le nostre truppe prendevano posizione sul confine.

3. n passaggio del confine.

Le colonne del C.A. "Ciamuria" e del raggruppamento del litorale lasciarono le basi di partenza tra le 5,30 e le 6 di domenica 28 ottobre 1940, ed entrarono in territorio greco senza incontrare resistenza di rilievo.

(80) Doc. n. 45.

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ll settore d'azione della grande unità era compreso quasi integralmente nella circoscrizione del circolo della R. guardia di finanza di Argirocastro, che nel dispositivo di copertura aveva assunto funzioni e denominazione di "Settore di vigilanza frontiera". La sezione occidentale del confine, fino alla costa adriatica, era affidata ai reparti della compagnia di Konispoli, comandata dal tenente Raffaele Sansonno, i componenti dei quali quasi ovunque chiesero ed ottennero di unirsi ai reparti avanzati. n maresciallo Dario Carta, comandante d ella tenenza di Borgo Tellini (Kakavia), con poche guardie eseguì un colpo di mano sulla casermetta di confine greca, sloggiandon e gli occupanti e mettendo poi in fuga una pattuglia nemica intervenuta per proteggerne il ripiegamento. La guardia Vincenzo Tommasi, infiltratosi oltre la linea di frontiera durante la notte, aveva isolato il piccolo presidio tagliando il filo telefonico che lo coUegava all'entroterra.

Alla brigata di Janjar, nel massiccio dello Shendeli, fin dal 26 ottobre era giunta la 7" compagnia del II/ 32° fanteria, che all'alba del 28 passò il confine guidata da tre guardie di finanza. n resto del reparto- otto uomini con il sottobrigadiere Augusto Remigi- raggiunse invece la posizione di quota 3 7 4 a sbarramento della mulattiera proveniente dal villaggio greco di Pallambà, della quale secondo il progetto di copertura avrebbe dovuto assicurare la difesa ad oltranza.

Dopo circa tre ore dì appostamento, il sottufficiale si rese conto di essere completamente isolato, mentre nessun segno di vita si avvertiva oltre frontiera. Il brig. Remigi decise aJJora di procedere da solo all'occupazione del villaggio, e mosse con i propri uomini verso Pallambà strisciando nella fitta vegetazione e riuscendo così a sorprendere il distaccamento confinario greco, che si ritirò dopo un nutrito conflitto a fuoco. Le guardie procedettero poi al rastrellamento dell'abitato, rinvenendo armi e materiale di equipaggiamento e si sistemarono a difesa fino a quando non furono raggiunti da un reparto di fanteria.

Il passo di Stungare, a 1720 metri di altitudine, era occupato, con compito di difesa ad oltranza, da 25 guardie della brigata di Lesnica con due fucili mitragliatori, al comando del maresciallo Evaristo Serra, coadiuvato dal brigadiere albanese Muho Nizimi e dal sotto brigadiere Giovanni Sannibale. Il piccolo presidio rimase completamente isolato fmo al 6 novembre in condizioni proibitive, ma riuscì. ugualmente ad occupare

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il villaggio di Tcamanda, in territorio greco, organizzandovisi a difesa secondo gli ordini impartiti il2 novembre dal comando della divisione "Ferrara".

Anche gli uomini della brigata di KatisL, nell'alta valle di Suhcs, passarono il confine per occupare e presidiare il villaggio di Stavmshiades, mentre 15 guardie della brigata di Epishkopi c del distaccamento di Radat, al comando del brigadiere Casell a, fecero da guide al Il/ 48" fanteria inoltratosi in territorio greco fino al nodo stradale di Kalibaki.

n 30 ottobre una quarantina di guardie delle brigate di Llongo, Sotira e Koshovica, al comando del ten. Giuseppe Pollo, insieme ad un plotone del 48" fante ria "Ferrara" attaccarono una compagnia greca rimasta isolata nella zona di S.Apostol, nell'alta valle Kseria, costringendola a ritirarsi.

Nel territorio greco appena occupato furono istituite la compagn ia di Philiates, la tenenza di Porto Sajada, le brigate litoranee di Scupiça, S.Teodoro e Igoume nitsa, e la tenenza di Konitsa, nell'interno. Il comandante superiore diede notizia dei provvedimenti adottati al comando generale con un promemoria del4 novembre, chiedendo anche un rinforzo di 8 ufficiali, 30 sottu fficiali e l 00 guardie, per far fronte alle esigenze del servizio d'istituto in zona d'occupazione. Il capo della segreteria di via Sicilia, col. Vinay, il quale evidentemente lesse il promemoria qualche giorno dopo, annotò "forse un po' presto"....

Le colonne penetrate in Epiro progredirono molto lentamente, contenute dai nucl ei ritardatari greci c, pi ù ancora, dalle frequenti interruzioni stradali. Anche uno dei più importanti fattori a nostro favore, la superiorità aerea, fu praticamente neutralizzato dalle pessime cond izioni meteorologiche.

Il 4 novembre le unità del C.A. "Ciamuri a" ed il raggruppamento del litorale avevano fìnalmcnte superato la zona di sicurezza avversaria c si erano attestate su l corso d el Kalamas, lun go il quale correva il margin e anteriore d ella posizione di resistenza ellenica.

Il tasso di logoramento subito da tali unità era però così elevato che il battaglione bersaglieri motociclisti della "Centauro" aveva per o il 30% del personale ed il 50% dei mezzi, mentre per i due battaglioni carri della stessa divisione le perdite in mezzi corazzati erano rispettivamente del 60% e del 30%.

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Nei giorni 5, 6 e 7 novembre la "Ferrara, e la "Centauro, tentarono senza successo il forzamento del Kalamas. La "'Siena" riuscì a costituire una testa di ponte al di là del fiume, e così pure il raggruppamento del litorale. Ma era ormai chiaro che l'iniziativa italiana si era esaurita, c nello stesso mattino del 7 il generale Visconti Prasca ordinò a tutti i reparti avanzati di consolidarsi sulle posizioni raggiunte.

4. L'azione del plotone "'Mali Viluscia" suJ Pindo.

Al centro del dispositivo italiano, il sottosettore di vigilanza frontiera di Leskovik- coincidente con l'omonima compagnia della R. guardia di finanza, comandata dal cap. Urbano Urbano- era responsabile del tratto di confine a cavaliere della rotabile Leskovik - Perati - Kalibaki, lungo la quale si sviluppava la direttrice d'attacco della DJ. •·Ferrara"".

La sera dcl27 ottobre il cap. Urbano seppe che una banda in·egolare greca stava concentrandosi presso il confine in corrispondenza della brigata diRadate, privo com'era di mezzi di comunicazione, inviò due guardie per dare l'allarme e rinforzare il piccolo presidio. Poi, mentre imperversava un temporale, l'ufficiale si avviò lungo la rotabile per raggiungere il valico di Perati, dove era certo che si sarebbe svolto uno scontro a fuoco, accompagnato dal tenente Caivano, comandante del nucleo mobile dci carabinieri a disposizione del sottosettore, dal maresciallo La Nave e da un sottufficiale ed un milite dei CC.RR.. Giunto nei pressi della Vojussa, il gruppo fu fatto segno a colpi d'arma da fuoco pro' enienti dalla sponda greca c riparò nella casermetta posta alla testata del ponte- destinato a diventare celebre - attorno alla quale si stavano concentrando i bersaglieri del Xl V battaglione. All'alba, sotto la protezione di sei mitragliatrici azionate dalle guardie della tenenza di Perati al comando del sottobrigadierc Magliocca, i bersagli eri si impadronirono del ponte, l'unica opera d'arte di qualche importanza che i greci non riuscirono a demolire, sulla quale cominciarono a transitare i reparti della ··Ferrara" che si inoltravano in territorio nemico. 11 cap. Urbano, con un nucleo di carabinieri e di guardie, prese posses o del posto di confine greco, sul quale fece alzare il tri colore, ed organizzò il servizio di polizia militare e di disciplina del traffico.

Le due guardie inviate a Radat, intanto, avevano trovato la caserma d eserta. I componenti del reparto. infatti, al comando del sottobrigadiere Bandini, avevano passato il confine per appoggiare con il fuoco un battaglione volontario albanese, formato qualche giorno prima a Leskovik dal maggiore degli alpini De Laurentis, il quale aveva impegnato la 136

formazione irregolare greca schierata appena oltre la linea di confine. riuscendo a respingerla verso l'interno dopo qualche ora di scontro.

Nella stessa zona, anche gli uomini della brigata di Mesarè sostennero con il tiro dei loro tre fucili mitraglia tori la progressione delle truppe attaccanti, contribuendo a frustrare un tentativo di aggiramento posto in atto da un repartO attestato nel villaggio di Dipalica.

Poco più ad est, la divisione "Juli a" iniziò l'avanzata articolata in due colonne, ciascuna imperniata su uno dei reggimenti alpini, 1'8° a sinistra, il 9" a destra, fiancheggiato a sua volta dal V battaglione volontari albanesi del maggiore De Laurentis, il quale doveva procedere secondo un itinerario indipenderH t· per occupare e presidiare la cittadina di Konitsa, il principale centro .tl111.llO della zona. L'W avanzava con i tre battaglioni tutti in l " scaglione- d Tolmezzo" a sinistra, il "Gemona'' al centro, il "Cividale" a destra - cuu il comando e la compagnia arditi reggimentale, comprendente anche il plotone d ella R.G.F., insieme al "Gemona". Nei primi giorni il nemico non oppose una resistenza particolarmente consistente, e la progressione fu resa difficile dalla necessità di guadare la Vojussa in piena, più che dall'azione ritardatrice svolta dai nuclei di copertura attivati dal battaglione di frontiera di stanza a Konitsa. La pioggia torrenziale ed il freddo intenso, causa di parecchi casi di assideramento, resero più penosi gli effetti della pessima alimentazione logistica, affidata esclusivamente alle salmerie.

Gli ard iti dell'8 lasciarono la base di Erseke alle 15 del27 ottObre e giunsero sul confine alle nove di sera. Dopo una notte tormentata dalla pioggia e dal freddo, alle 4,30 del28 alpini e guardie di finanza ricevettero l'ordine di passare il confine e si inoltrarono in territorio greco. Alle 9 fecero una breve sosta nel villaggio di Pilkat, trovato sgombro, e ripresa la marcia, alle 15 ebbero finalmente il battesimo del fuoco.

La compagnia, inoltratasi in una valletta boscosa, fu improvvisamente fatta segno ad un intenso tiro di mitragliatrice, e riusd a trarsi d'impaccio soltanto attaccaJJdo frontalmente le postazioni nemiche in contropendenza, subendo conseguentemente perdite abbas tanza serie, tra le quali il tenente degli alpini Brunetti.

L'indomani mattina il comandante d el "Gemona", che aveva incontrato una forte resistenza sulle alture davanti al villaggio di Likofori, ordinò agli arditi di tentare di aggirare le postazioni nemiche agendo per l'alto, su ll a sinistra del dispositivo di attacco. La manovra riuscì. parzial137

mente, ma il comandante di compagnia, te n. Magnani, ferito ad una gamba, fu costretto ad abbandonare il combattimento. L'azione, dopo una notte trascorsa in situazione alquanto precaria al tergo delle posizioni nemiche, fu condotta a termine il mattino successivo dal ten. Gaffi, più anziano tra i due ufficiali rimasti alla compagnia, della quale resse così il comando fino al termine del ciclo operativo.

Gli arditi andarono all'attacco con tre plotoni avanzati, ed a colpi di bombe a mano riuscirono ad aprirsi la strada verso Likofori, dove giunsero alle 15, ricongiun gendosi al "Gemona".

Alle prime luci del31 ottobre i] battaglione riprese la marcia verso il passo di Furka, primo traguardo intermedio della manovra divisionale, mentre la compagnia arditi rimase a Likofori, dove nel pomeriggio fu raggiunta da una squadra di Il guardie, al comando del sottobrigadiere Carmine Ferrari, spedita lassù per sos tituire i feriti dell'incidente stradale del 23.

La situazione andava intanto rapidamente mutando. L'azione della "Juli a", proprio per l'estrema spregiudicatezza che finì con il provocarne il fallimento, sorprese l'alto comando greco che nel pomeriggio del30 ottobre aveva davvero temuto di vedere il proprio dispositivo tagliato in due dall'avanzata degli alpini.

Ma la reazione era stata pronta, e l'afflusso di truppe sul Pindo provocò in breve tempo un rovesciamento dei rapporti di forze.

Si andava intanto delineando, in campo italiano, una gravissima crisi logistica, inevitabile a causa del protrarsi deU'azione oltre i tempi previsti.

li L" novembre il battaglione "Gemona" che si era impadronito il giorno precedente di Furka, fu sottoposto ad un attacco in forze, che riuscì però a respingere, proseguendo nel movimento verso il secondo traguardo intermedio, Distraton, formando unica colonna con gli altri battaglioni dell'S" alpini.

Lo stesso giorno, la compagnia arditi aveva lasciato Likofori alle sette di mattina per raggiungere il battaglione a Furka procedendo in una lunga formazione di fila come imposto dal terreno, con il sottotencnte Callegaro ed i due plotoni alpini in testa, le salmerie al centro ed il plotone del1a R.C.F. in retroguardia con il ten. Gaffi.

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La colonna fu attaccata verso le dieci in tutta la sua lunghezza, e quasi immediatamente i muli delle salmerie furono uccisi o si dispersero. I plotoni furono costretti a spiegar i per rispondere al fuoco, ma data la lunghezza della colonna, testa e retroguardia persero il contatto, c fallirono i tentativi di Gaffi di ristabilirlo a mezzo di portaordini.

Sopraggiunta la notte, le guardie riuscirono a disimpegnarsi e proseguirono nel buio orientandosi con le tracce lasciate dagl i alpini che li avevano preceduti. All'alba giunsero nel villaggio di Kanziko, dove poco dopo arrivò anche il sottotcnente Callcgaro con i resti dei plotoni alpini e delle salmcrie; anche loro erano riusciti a sganciarsi cd avevano poi \agato nella notte.

Ripresa la marcia per Furka, la compagnia verso le 13 del 2 novembre giunse in vista del passo, mentre l'attacco greco era in pieno svolgimento; tentò per il resto dell a giornata di aprirsi la strada per congiungersi al "Gemona''. senza riuscirvi.

A sera, quasi completamente esaurite le munizioni, ~finiti per la fatica e la fame, alpini e guardie si disposero in cerchio per trascorrere la notte in condizioni di estrema precarietà.

All'alba però un provvidenziale nebbione consentÌ al reparto di sganciarsi inohrandosi in un bosco. Scoperti, gli arditi fu rono sottoposti ad un intenso fuoco di mitragliatrice; le guardie Noventa e Poggi, con una mitragliatrice pesante, si sacrificarono per trattenere gli avversari, consentendo alla compagn ia di continuare il ripiegamento, avendo in retroguard ia un nucleo fucile mitragliatore costitu ito dall e guardie Francesco lsidc c Efisio Angius.

Perso definitivamente il contatto con il '·Gemona·', privi di carte topografiche e d i qualsiasi mezzo di collegamento, Gaffi cd i suoi marciarono per tutta la giornata del3 novembre senza incontrare alcun reparto italiano. Il matti no del4 giunsero finalmente ad una rotabile, che ritennero dovesse condurre a Konitsa, e dopo circa due ore d i cammino incontrarono finalmente una pattuglia di bersaglieri; verso sera erano a Konitsa, dove il maggiore De Laurentis stava organizzando la difesa con i suoi albanesi ed una compagnia di bersaglieri motociclisti ricevuta in rinforzo dalla "Centauro". Era anche in arrivo un battaglione del 139'' fanteria "Bari". La divisione, come si è visto, era inizialmente d estinata allo sbarco a Corftl; era perciò priva di artiglieria cd aveva notevolmente ridotti gli organici delle unità di fanteria e dei scrvizi. l n tali condizioni, 139

la "Bari" era stata frettolosamente trasferita in Albania ed avviata nella zona Erseke- Perati, dove la crisi della '·Julia" stava aprendo una falla pericolosa nel nostro schieramento.

I reparti della grande unità alpina, in ripiegamento lungo la dorsale del Pindo, avevano perso infatti gran parte della loro capacità operativa e, sotto la pressione dell'avversario stavano raccogliendosi nella conca di Konitsa e poi in quella di Erseke; da dove furono successivamente trasferiti a Premeti per riordinarsi.

117 novembre, dopo due giorni di sosta, anche gli alpini della compagnia arditi ricevettero l'ordine di trasferirsi ad Erseke mentre il plotone della R.G.F., a richiesta del magg. De Laurentis, rimase a Konitsa in rinforzo al battaglione albanese.

Lo stesso giorno il comando superiore truppe sanzionava ufficialmente la fine dell'offensiva italiana contro la Grecia, e dava le disposizioni per la difesa del territorio albanese, ormai seriamente minacciato.

5. La controffensiva greca e la difesa del korciano.

L'ala sinistra dello schieramento italiano, in corrispondenza della regione di Korçe, dove si era deciso di mantenere un atteggiamento difensivo, era costituita - come si è detto - dal XXVI corpo d'armata.

La grande unità, formata immediatamente prima dell'in izio delle operazioni (il comandante, gen. Nasci, era giunto a Korçe soltanto il23 ottobre, pratica mente privo di uno stato maggiore) poteva contare in realtà soltanto sulla divisione di fanteria "Parma", poichè la "Venezia" era in corso di trasferimento dalla frontiera jugoslava e solo uno dei suoi reggimenti - 1'83" fanteria- giunse in tempo utile per partecipare alla prima difesa d el settore. Una terza divisione, la '·Piemonte", era in posizione arretrata con vincolo di impiego a favore del comando superiore, di cui costituiva ri serva generale.

La linea di confme, coincidente con il margine anteriore della zo na di sicurezza, co rreva lungo l'allineamento di rilievi, di altitudin e compresa tra i mille ed i millecinqu ecento metri, interposto tra il Lago di Prespa ed il ma ~~ i ccio del Grammos e costituente la spalla di destra d ella valle dell'alto Devolj, ch e si apre nella conca di Bilishti, separata a sua volta dalJa più ampia conca di Korçe da1la barra montuosa del Morava.

L'intera regione dispone di due rotabili: l'arroccamento Bilishti-Erseke

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-Leskovik. con andamento nord-sud approssimativamente parallelo al confine; e la Korçe-Bilishti, che attraverso la soglia di Kapestica penetra in Macedonia adducendo ai centri di Florina e di Kastoria.

La posizione di resistenza, stabilita sul massiccio del Morova ad immediata protezione di Korçe, era presidiata da quattro battaglioni della "Parma", ciascuno dei quali aveva distaccato una compagnia nell'antistante zona di sicurezza. Erano queste le uniche forze dislocate tra il Morova ed il confine, oltre ai nuclei mobili dei carabinieri ed ai presidi della R. guardia di finanza schierati lungo la linea.

Questi ultimi erano organizzati in un ..Settore di Vigilanza Frontiera" con sede a Korçe, affidato al comandante del circolo, ten.col. Mario Castelli, ed articolato in cinque sottosettori: I

- Korçc Nord-Est (affidato al comandante della compagnia di Pogradec) - da Pogradec a Pustec, sul lago di Prespa;

II - Bilishti (comandante d ella tenenza di Berat)- da Pustec a Pontçare; III - Korçe Sud (comandante della compagnia di Korçe) - da Pontçare al M.te Gobellit; IV - Erseke (comandante della tenenza di Qafa Thames)- da M.te Gobellit al Mali Arzes; V - Leskovik (comandante della compagnia di Leskovik) - dal Mali Arzcs al cippo 14/ III. Ciascun sottosettore era articolato in "Sezioni Vigilanza Frontiera", rette da comandanti di tenenza o di sezione, aventi alle dipendenze un numero vario di brigate, distaccamenti, corpi di guardia, destinati a loro volta a dar vita a pattuglie di vigilanza e centri di fuoco.

Il I sottosettore, corrispondente alle rive dei laghi di Ocrida e di Prespa, non fu immediatamente impegnato, mentre quelli di Erseke e di Leskovik erano fuori del settore del XXV1 corpo.

Dopo l'inizio delle operazioni, l'arrivo dell'83o fanteria consenù al gen. N asci di rinsaldare la difesa in corrispondenza del punto più pericoloso della linea, il valico di Kapestica, su lla probabile direttrice di un eventuale attacco nemico.

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Nei giorni 28,29 e 30 ottobre i greci effettuarono azioni locali, allo scopo si saggiare la consistenza del nostro dispositivo (81).

Furono impegnati i distaccamenti di Bracani, dove una pattuglia di quattro guardie al comando dell'appuntato Cassarino resistette per tutta la giornata del28 ottobre e si ritirò soltanto dopo aver esaurito le munizioni; di Verni.k, dove in condizioni analoghe l'appuntato Raffaele Amato con quattro guardie rimase in linea fino al 5 novembre, e di Qyteze.

In quest'ultima località, il30 ottobre, il sottobrigadiere Fabio Alfieri partecipò volontariamente al contrassalto condotto da un reparto di fanteria, rimanendo ferito.

Più a nord, tra la soglia di Kapestica ed il lago di Prespa, le otto guardie della brigata di Rakicka, al comando del brigadiere Francesco Abis, respinsero per più giorni gli attacchi greci, mentre quelle dislocate al valico di Cerje, guidate dal brigadiere Ottorino Dell'Anna, parteciparono anche a contrassalti di fanteria.

I combattimenti furono più intensi al varco di Kapestica, presidiato da quattrodici guardie al comando del tenente albanese Sabri Mehdi, coadiuvato dal maresciallo capo Francesco Buonafede. Il varco fu anche sottoposto a frequenti concentramenti di artiglieria, uno dei quali uccise un soldato di finanza albanese. L'alto comando greco non tardò a rendersi conto delle possibilità offertegli dall'intrinseca debolezza dello schieramento italiano, ridotto a poco più di un velo difensivo. Fu così organizzata in fretta un'azione a raggio limitato, tendente ad occupare Korçe, contando più che altro sull'effetto tonificante che la caduta della città avrebbe avuto sul morale de] paese.

L'attacco fu sferrato il mattino del l " novembre tra il lago di Prespa e le pendici settentrionali d el Grammos e conseguì subito successi di una certa importanza.

L'83" fanteria ''Venezia", appena giu nto in linea, perse una serie

di posizioni in prossimità del confine, e superata Qyteze i greci sboccarono nella valle del Devoli.

Alle 18 del1" novembre un solitario velivolo greco comparve nel (81) Relazione del comandante del circolo R.C.F. di Korçe in d ara 7 maggio 1941.

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cielo di Korçe- dove non esisteva difesa contraerea- e sganciò alcune bombe, centrando la caserma del comando di circolo della guardia di finanza dove un gruppo di guardie e di sottufficiali stava preparando i rifornimenti per i reparti in linea. Furono uccisi i brigadieri Armando Ercolani ed Antonio Basoli e sette guardie, e diversi alu·i furono feriti, tra i quali il ca ppellano del comando superiore R.G.F. d'Albania, don Giovanni Pacchin.

Nei giorni immediatamente successivi la penetrazione greca nella valle dell'alto Devoli fu tale da indurre il gen. Nasci ad ordinare, la sera delS novembre, lo sgombero della zona di sicurezza ed il ripiegamento sulla posizione di resistenza del Morova.

Il giorno precedente si era anche verificato un episodio grave in sè, ma soprattutto come sintomo di un fenomeno che avrebbe aggiunto una nota negativa al quadro già drammatico della situazione italiana.

Il battaglione albanese ...Tomori", inquadrato nell'83 fanteria, ricevuto l'ordine di rioccupare la posizione del M.te Lapishtit si sbandò, ed alcuni suoi militari giunsero ad aprire il fuoco contro i carabirueri inviati a fermarli (82).

Episodi analoghi ebbero a ripetersi in quei giorni, generando un atteggiamento di diffidenza nei confronti del personale albanese, tanto da indurre il gen. Nasci a chiederne l'allontanamento dalla prima linea.

Come vedremo, il fenomeno delle diserzioni dei militari albanesi non lasciò esenti neppure i reparti dei carabinieri e della R.G.F. dove le conseguenze furono anche più gravi, poichè a differenza di quanto avven iva nell'esercito, tali militari non costituivano unità omogenee, ma erano frammisti al personale italiano, spesso con incarichi di comando. llloro comportamento tnise quindi in crisi la maggior parte delle unità, compresi i battaglioni mobili.

Il 6 novembre i reparti del XXVI C.A. ultimarono il ripiegamento sulla posizione di resistenza del Morova, mentre quanto rimaneva dei presidi di frontiera della guardia di finanza si raccoglieva a Korçe, dove il9 giunsero anche gli uomini del tenente Mehdi, provenienti da Kapestica.

(82) Foglio n. 309 della S.~t.R.E. diretto aiJo S. M C .. in data 21 . 11.19-W - in USS~IE : ~Diario storico del comando supremo~- tOmo II - allegau - pag. 184.

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TI ten.col. Castelli costituì tre reparti di formazione, uno di circa 60 uomini al comando del sottotenente Luigi Macchi, gli altri due di circa 20 uomini ciascuno, affidati al ten. Mehdi ed al maresciallo Buonafede; furono posti a disposizione del comando di corpo d'armata per concorrere aUa difesa vicina della città.

In quei giorni, tuttavia, le preoccupazioni maggiori riguardavano il tratto meridionale del settore corciano, nel tratto Erseke-Leskovik-Perati, dove la ritirata della "Julia" dal Pindo stava determinando un vuoto nello schieramento italiano. Era infatti concreto il rischio che un'azione greca lungo la valle della Vojussa recidesse il saliente costituito dalla residua occupazione italiana sul Pindo, isolando i reparti alpini ancora concentrati a Konitsa e contemporaneamente aprendo al nemico la strada per Leskovik ed Erseke.

In una situazione riferita alle 20 dell'8 novembre, e comunicata al sottosegretario alla guerra gen. Soddu in visita in Albania, il gen. Visconti Prasca rendeva noto che, per sbarrare la direttrice del Sarandaporos, aveva ordinato di "rinforzare gli elementi R.G.F. e CC.RR. già in posto con clementi della divisione "Julia" rimasti in zona, bande albanesi ed aliquote dell39° fanteria per assicurare il possesso della linea di confme nel tratto Badarosh-Ponte di Perati" (83).

A sud del confine, il plotone della R.G.F. rimasto a Konitsa era stato suddiviso in squadre inserite ciascuna in una banda albanese, con compiti di rinforzo e di sicurezza. Il ten. Gaffi con due bande e tre fucili mitragliatori serviti da guardie di finanza fu inviato il giorno 8 sulle alture antistanti la città, per concorrere allo sbarramento della valle della Vojussa, dove era già schierato il battaglione dell39ofanteria "Bari". Un'altra squadra di guardie fu disposta a protezione del ponte.

Tornato a Konitsa due giorni dopo, il battaglione albanese ripartì nel pomeriggio de1l' ll per il villaggio di Kabasila, prese posizione sul fianco sinistro dello schieramento difensivo, in località Bagni del Sarandaporos, dove fu seriamente impegnato nei giorni 13 e 14 novembre.

Nel pomeriggio del15, sul punto di essere sopraffatto, il ten. Gaffi, con un sottotenente degli alpini, nove guardie di fmanza e pochi albanesi riuscì a sganciarsi ed a raggiungere i Bagni di Leskovik. dove trovò il resto del battaglione, meno il comandante che era dato per disperso. D (83) USSME - "La Campagna di Grecia"- Vol. II- Doc. n. 96.

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mattino successivo, secondo l'ordine ricevuto, il ten. Gaffi raccolse i resti delle bande e si trasferì a Leskovik transitando sul ponte di Perati.

Nella cittadina albanese era già giunto il magg. De Laurentis, il quale procedette allo sciogl imento del battaglione e mjse in libertà Gaffi e le sue guardie.

A Leskovik il comandante della compagnia della guardia di finanza,capitano Urbano Urbano, aveva raccolto i militari ripiegati dai distaccamenti di frontiera in un reparto di circa cento uomini, del quale entrò a far parte anche il plotone del ten. Gaffi.

n reparto fu aggregato al Ill/ 140° fanteria "Bari", che raggiunse in linea la sera del16 novembre a Pobisca, sulle alture tra Bagni di Leskovik e Radat. Dopo alcuni giorni di inattività - durante i quali furono peraltro eseguiti alcuni cam biamenti di posizione- fanti e guard ie di finanza furono violentemente attaccati nelle prime ore del 21 novembre mentre erano sistemati a difesa nei pressi dell'abitato di Radat. Nel pomeriggio il battaglione, sul punto di essere sopraffatto, riuscì a rompere l'accerchiamento aprendosi la strada a colpi di bombe a mano, ed a raggiungere il costone di Postenan, sul quale erano già schierati gli altri reparti del 140" fanteria.

La resistenza del reggimento a Postenan durò fino alla sera del 23 novembre, e fu condotta con particolare valore dalla compagnia della R.G.F., incaricata della difesa della sella che dalle pendici del M. te Postenanit immette nella valle de11a Vojussa.

Rimaste senza munizioni, le guardie contrassaltarono alla baionetta guidate dal ten. Gaffi e dal sottobrigadiere Domenico Scirè. Ricevuto l'ordine di ripiegamento, il reparto provvide poi alla difesa vicina del comando d i reggimento. Giunta a Premeti, la compagnia fu aggregata al IIl battaglione mobile carabinieri, con il quale raggiunse il26 Klisura. n 29 novembre le fu impartito l'ordine di trasferirsi a Tirana per essere disciolta.

6. n rio rdinam en to d el disp ositivo militare italiano. li disastroso andamento de11e operazioni rese inevitabile una sostanziale modifica dell'organizzazione di comando italiana, al cui vertice -il 9 novembre- il gen. Ubaldo Soddu sostituì Visconti Prasca, pur continuando ad esercitare le funzioni di sottosegretario alla Guerra.

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Il nuovo ordinamento, assunto il 16 novembre, prevedeva la trasformazione del comando superiore truppe in comando superiore forze armate Albania, con rango di gruppo di armate, ed avente alla dipendenze: la g• armata (gen. Vercelli no), comprendente: il III C.A. (gen. Arisio) in 1· schiera a sinistra: .. D.f. "Venezia" .. D.f "Arezzo" il XXVI C.A. (gen. Nasci), in 1• schiera a destra: .. D.f. "Parma" .. D.f. "Piemonte" l' 11• armata (gen. Geloso), comprendente: l'VIII C.A. (gen. Bancale), in 1• schiera a sinistra: .. D.f. "Bari" .. D.alp. "Ju l"1a" il XXV C.A. (gen. Carlo Rossi), in 1• schiera a destra: .. D.f. "Ferrara" .. D.cor. "Centauro" .. D.f. "Siena"

Il C.S.F.A.A. era anche sovraordinato ad un comando aeronautica, ad un comando militare marittimo nonchè ai comandi superiori dei Reali carabinieri e della Regia guardia di finanza.

In realtà lo spiegamento di forze era più apparente che reale. Le due divisioni del III C.A., schierate nella regione dei laghi di Prespa a protezione del fianco sinistro dell'intero schieramento, erano ancora tutt'altro che complete, e la "Venezia" aveva già subito un notevole tasso di logoramento. La "Parma", che occupava la posizione di resistenza del Morova, aveva sostenuto fino ad allora praticamente da sola il peso della difesa del Korçano ed era quindi seriamente provata, mentre al centro dello schieramento l'VIII C.A. tamponava la falla in corrispondenza del solco Perati- Leskovik- Berat, e manteneva in territorio greco la testa di ponte di Konitsa con i resti della "Bari" e varie unità accorse all'ultimo momento, mentre la "J ulia" tentava di riorganizzarsi aPreme ti.

Sulla destra dello schieramento, infme, il XXV C.A. - il vecchio "Ciamuria" che aveva inglobato anche il raggruppamento del litorale aveva le sue divisioni ancora a sud della linea di confine, ma si trattava di 146

unità fortemente usurate negli aspri com battimenti sostenuti per raggiungere e poi difendere la linea del Kalamas.

Dietro il fronte, l'organizzazione logistica si trovava a dover assicurare il sostegno di un numero di grandi unità notevolmente superiore a quello per il qu ale era stata calibrata, e per la pratica inesistenza di risorse locali dipendeva totalmente d ai rifornimenti marittimi che dovevano trafilarsi attraverso le strozzature dei porti di Valona e di Durazzo, entrambe di ridotta potenzialità e sottoposti alla fre qu ente offesa aerea nemica.

Alla modesta aviazione ellenica si era infatti presto affiancata la R.A.F., con ben altra capacità operativa.

TI 7 novembre fu duramente colpita Valona ed alla difesa contraerea concorsero le motovcdette "Nioi" ed "Angelini", in servizio nel porto, e la "Marcomeni", la "Manca" e la "Lombardi" adibite alla vigilanza della base navale esistente nell'isola di Saseno.

La "'Nioi" ebbe danni ed un ferito a bord o, ma prese anche parte alla ricerche dell'equipaggio d i un aereo inglese abbattuto, catturato poi, a terra, dalle guardie della brigata di Radhime.

Una settimana dopo, il1 5 novembre fu la volta di Durazzo, dove le guardie di finanza in servizio presso il deposito ACIP, con l'aiuto di alcuni marinai, evitarono un disastro mettendo in salvo 500 fusti di carburante prima che i pompieri giu nti d a Tirana riuscissero a domare un incendio.

Il l O novembre, in una riunione a Palazzo Venezia, il vertice politico-militare italiano tirò le somme - certo non incoraggianti - degli avvenimenti d elle prime due settimane di guerra e d elineò le misure necessarie per contenere la controffensiva greca.

Tra l'altro, in una "Nota per lo Stato Maggiore Generale", redatta dallo stesso Mussolini, fu prescritta l'utilizzazione dei traspo rti aerei per trasferire in Albania carabinieri e guardie di finanza con una cadenza di 50-100 al giorno. "Serviranno" precisò il duce "per presidi are l'Albania settentri onale e per fronteggiare il pericolo di infiltrazion e di bande di emissari di Zogu. Per questo è necessario che ci siano molte guardie di finanza, cercando di eliminare -secondo i casi e le circostanze- i carabinieri albanesi" (84).

(84) USS ME - "La Campagna di CrcciaM - Vol. Il - Doc. n. 99.

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Prima di tornare ad assolvere compiti di copertur~ però, le guardie avrebbero dovuto pagare un alto tributo di sangue come combattenti in prima linea sul fronte greco-albanese.

7. La caduta di Korçc.

116 novembre l'allo comando greco aveva diramato le disposizioni per la prosecuzione in profondità dell'azione diretta alla conquista di Korçe.

Lo schieramento italiano avrebbe dovuto essere investito contemporaneamente dalle tre divi sioni di fanteria del III corpo d'armata: la 10·, a sinistr~ avrebbe dovuto impadronirsi del passo di Dardhe; la g•, al centro, avrebbe dovuto investire frontalmente la posizione di resistenza del Morova; la 15•, a destr~ doveva puntare sul monte Ivanit.

Superata la posizione di resistenza italian~ le tre divisioni dovevano sboccare nella piana di Korçe e convergere sulla città.

Nei giorni successivi, le unità greche si organizzarono per l'attacco ed occuparono le basi di partenza.

J n campo italiano, il comandante superiore ed i due generali designati ad assumere il comando delle armate, in una riunione tenuta a Tirana nel pomeriggio del 15, avevano concordato nel ritenere che, nella critica situazione in cui si trovavano le nostre truppe, era illogico ostinarsi a difendere quanto più terreno si poteva con forze insufficienti. "L'unica via d'uscita poteva esser data da un ripiegamento volontario e profondo su una linea naturalmente forte" (85).

Non si trattava tuttavia di una decisione facile da realizzare sotto la pressione nemica e disponendo di unità logore e prive di mobilità.

L'attacco greco scattò mentre l'organizzazione della posizione difensiva arretrata italiana era appena agli inizi, nella notte sull8 novembre. Impadronitosi di sorpresa di una posizione sulla cresta del Morova (85) USSME -"La Campagna di Grecia" Vol. I- pag. 265.

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grazie alla defezione di un reparto di carabinieri albanesi, il nemico cominciò a scendere nella piana di Korçe (86).

L'intera posizione di resistenza italiana del Morova cedette di schianto, e nel primo pomeriggio le pattuglie greche erano alla periferia orientale della città, dove l'arrivo di alcuni colpi di artiglieria provocò il panico tra il personale delle unità dei servizi ed i numerosi sbandati, ed indusse alla fuga le autorità civili.

Il gen. Vercellino, che il giorno precedente aveva assunto a Pogradec il comando della 9" armata, propose senz'altro l'attuazione del ripiegamento già previsto, per agevolare il quale dispose l'effettuazione di una serie di contrattacchi. Soddu fu d'accordo, ed il movimento fu attuato il21 novembre. D mattino successivo le retroguardie de14" bersaglieri, sotto la protezione di una compagnia carri leggeri, lasciarono Korçe.

La manovra fu sostanzialmente un successo, anche perchè i greci che pure avevano nei giorni precedenti irrobustito la loro forza d'attacco portando in linea altre due divisioni, non seppero sfruttare adeguatamente gli effetti dell'improvviso cedimento verificatosi il18 novembre sul fronte del XXVI corpo d'armata italiano.

Le maggiori preoccupazioni riguardavano ora la saldatura tra la g• e 1'11 • armata, che veniva a cadere nella zona del Tomori, dove convergono le valli dell'Osum e del Tomorreces, affluenti di destra del Devoli.

Per prevenire sorprese in tale settore cruciale, il gen. Soddu dispose che vi afflu issero immediatamente un distaccamento del 3" fanteria "Piemonte" ed un battaglione mobile della guardia di finanza, da trarre quest'ultimo dalla frontiera jugoslava.

I militari della guardia di finanza riuniti a Korçe collaborarono con i carabinieri al mantenimento dell'ordine pubblico in città e nella notte sul22 novembre si trasferirono a Pogradec con il loro comandante, ten.· col. Castelli.

In quei giorni fu anche preziosa, per l'Ufficio 'T'del XXVI C.A. l'opera del centro informativo diretto dal capitano Russo, il quale effettuò anche missioni in territorio occupato dal nemico e di ricognizione aerea, e seguì poi il comando del corpo d'armata nella nuova sede di Gramshi.

(86) USSME -"Diario Storico del Comando Supremo"- torno II- allegati- pag. 184.

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La repentina avanzata greca su Korçe tagliò fu ori i reparti di frontiera dislocati nella zona del lago di Prespa (tenenza di Gorice e brigate di Harlarup, Peshkopi e Tushemist) i cui com ponenti, per non essere catturali, passarono in Ju goslavia, dove furono internati a Monastir e poi a Banja Luka in Bosnia.

Anche i reparti del circolo di Argirocastro ripiegarono alla fine di novembre. La compagnia di Konispoli si ritirò a Porto Edda, a piedi per mancanza di automezzi, e poi, con gli uomini della compagnia di Santi Quaranta, a Himara. TI maggiore Murgia si trasferì a Valona dove assunse il co mando d el circolo.

Ai primi di dicembre erano presenti a Tirana 376 tra sottufficiali e guardie dei circoli di Korçe e di Argirocastro, compresi 54 superstiti della compagnia di Leskovik cd il plotone del ten. Gaffi, reduce dall'avventura sul Pindo con la "Julia".

Dopo averli riforniti d i viveri e di vestiario, il colonnello Palandri inviò gli italiani a rinforzare le brigate alla frontiera jugoslava e gli albanesi alle brigate costiere.

Così, dopo un mese di ininterrotta partecipazione ai combattimenti, cessava di esistere l'organizzazione confinaria della R. guardia di finanza alla frontiera greco-albanese.

Allo sgombero d cll'AJbania meridionale contribuirono anche le unità del naviglio dislocate a Saseno ed a Valona.

Le motovedette "Marcomeni", "Marras" e" ioi'' fecero la spola tra le basi, Porto Palermo e Porto Edda; la sola "Marcomeni" svolse dieci missioni operative tra il 24 novembre ed il 5 dicembre. Nel pomeriggio del2 dicembre, mentre era impegnata ne1la scorta della motonave "Narenta" da Porto Edda a Valona, la "Marcomeni" sostenne un combattimento contro tre aerei nemici, abbattendone uno e costringendo gli altri a sganciare le bombe in mare.

8. L'entrata in linea del m bàttaglione mobile della R.G.F. d'Albania.

L'ordine di impiegare il ID battaglione mobile per sorvegliare le provenienze da est nelle valli del Tomorreces e dell'Osum giunse al co-

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mando superiore della R. guardia di finanza di Tirana la sera dell9 novembre, preceduto da un breve preavviso verbale (87).

Il ge11. Soddu disponeva la costituzione di due distaccamenti autonomi, entrambi alle dipendenze dell'li " armata, da dislocare rispettivamente: in val Tomorreces, a sud di Gramshi: comando di battaglione e due compagn ie fucilieri; in val Osum, a sud di Ccrcvode: una compagnia fucilieri, rinforzata da una compagnia mitraglieri da posizione della guardia alla frontiera, da trarre dal presidio di Miloti.

1 movimenti avrebbero dovuto esser€> ini ziati entro le ore 11 dell'indomani 20 novembre, ed essere eseguiti con la massima urgenza.

lllll battaglione mobile, costituito come si è visto nella seconda metà di agosto con personale italiano ed albanese proveniente dai circoli di Scutari, Argirocastro e Tirana, e da 292 guardie richiamate giunte dall'Italia, aveva una forza co mplessiva di 502 uomini. Comandava il battaglione il maggiore Di Natale, un veterano de11a prima guerra mondiale, che aveva già combattuto in val Tomorreccs nell'estate dell918, quale sottotenente comandante della sezione mitragliatrici del XVIII battaglione mobilitato, ed aveva partecipato all'azione per la conqu ista d el Mali Velushes, rimanendovi ferito e meritando una medaglia d'argento.

L'unità era in procinto di trasferirsi a Librazhd, dove aveva già inviato un plotone mitraglieri.

Ricevuto l'ord ine dal comando superiore FF.AA. Albania, il colonnello PaJandri mise subito insieme, con personale raccolto a Tirana, un ploton e di venti uomini con due fucili mitragliatori, subito avviato a Cerevode al comando del sottotenente Eugen io Di Gregorio, quale elemento avanzato del distaccamento destinato all'alta valle dell'Os um. Fece poi partire per Cramsh i, allo sbocco della valle Tomorreccs, il plotone mitraglieri del ill/ RGF già a Librazhd ed un nucleo di quaranta uomini, al comando del sottotenente Parlante, appena giunti in aereo dall'Italia per essere destinati ai reparti di nuova istituzione nel territorio occupato dell'Epiro.

(87) Foglio n. 750/ 0P del C.S.F.A.A. in data 19 novembre 1940 Doc. n. 46.

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Inviò infine a Scutari il proprio vice-comandante ten.colonnello Vittorio Galiano, per sollecitare la partenza del battaglione, e si recò a Gramshj ed a Berat, dove costituì le basi dei due distaccamenti, che affidò rispettivamente al cap. Sciplino (vice-comandante del battaglione) ed al tenente Diversi (88).

All'alba del 20 novembre tutti i reparti erano in marcia.

Nello stesso giorno il comando dell'l l• armata impartiva all'VIli C.A., responsabile del settore, le disposizioni per la difesa delle alte valli dell'Osum e delle Tomorreces (89).

Dovevano essere costitu iti due sbarramenti avanzati, entrambi affidati al III/ RGF: uno in val Tomorrcces, ai passi di Qafa Kostanca e di Q afa Drevis (III/ RGF - 2' cp.); uno in val Osum, al passo di Qafa Kuali Bardhe (2' / ill/ RGF + l ' cp. mtr. da posizione).

Al tergo, in val Osum, due centurie di camicie nere albanesi avrebbero dovuto costituire sbarramenti arretrati ad immediata protezione delle linee di penetrazione convergenti su Berat, occupando le posizioni di Malinit e di Molishtit, nonchè il passo di Qafa Kumbulles sulla rotabile Klisura - Berat.

Gli sbarramenti erano inquadrati in un comando di settore denominato "Osum - Tomorreces" ed affidato al tenente colonnello di fanteria Francesco Salvorn, con sede a Berat, il quale avrebbe avuto alle dipendenze anche i comandi delle stazioni CC.RR esistenti nel settore; gli era inoltre attribuita la facoltà di armare elementi locali che dessero sicuro affidamento.

Due giorni dopo, era il comando superiore FF.AA. a stabilire l'andamento delle linea degli sbarramenti avanzati (Q. Kostanca- Q. Devris- Q. Kuali Bardhe- stretta a sud della confluenza Pr. Bakes - Pr. Krashoves Osum), determinando nel passo di Q. Martes la posizione nella quale doveva materialmente esser preso il contatto tra la 9• e l'Il' armata (90).

(88) Relazione sull'impiego del Ili bauaglione R. guardia di finanza dal 20 novembre al 17 dicembre 1940.

(89) Foglio n. 026395 del 20.11.1940- Doc. n. 47.

(90) Foglio n. 905/ 08 del 22.11.1940 - Doc. n. 48.

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IL VARCO FRA LA 9" E 11• ARMATA NElL'ALTA VALLE DELL'OSUM IL 22 NOVEMBRE

(Da: "La campagna di Grecia , vol. 1!1- Ed. 1980Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito).

Intanto il plotone del sottotenente Di Gregorio era giunto a Cerevode il2I, mentre l'intero battaglione aveva occupato le posizioni assegnategli il 24 novembre.

Alle 4,30 di quel giorno, il comando delJa 9' armata aveva ricevuto da quello dell' ll• un telegramma drammatico: "Oggi sul fronte Vlll C.A. la divisione "Bari" ha ceduto forte attacco nemico ripiegando valle Vojussa et lasciando vuoto tra Q. Martes e Frasheri. Comando Vili C.A. sta avviando pochi reparti disponibili per parare minaccia fondovalle Osum. Si richiede at Comando Superiore avviare reparti autocarrati Cerevode. Per norma at Q. Martes et Q. Kuali Bardhe sono state da ieri avviate una compagnia di alpini ciascuna che ancora si ignora se giunte.

Divisione "Bari" non è più efficiente priva consistenza senza armi automatiche e con scarsa artiglieria non più impiegabile per lungo tempo" (91).

In effetti, le due posizioni di Q. Martes c di Q. Dellenjes (e non Kuali Bardhe) erano state occupate il 23 da due compagnie d el battaglione "Val Fella'', ma ciò non era bastato a ristabilire il collegamento tra l'VIII corpo dell'Il. armata, ed il XXVl della 9' la cui estrema destra era costituita dal raggruppamento tattico "Scrugli'\ formato da elementi del provatissimo 3° fanteria ••Piemonte".

La debolezza dell'organizzazione difensiva italiana nel punto di saldatura delle due armate continuò così a costituire un fattore di estremo ri schio ancora per parecchi giorni, tanto più che il limite di demarcazione tra le due grandi unità risultava situato in corri spondenza della via di facilitazione che, attraverso la valle d ell'Osum, adduce a Berat, da dove l'avversario avrebbe potuto minacciare di aggiramento l'intero schieramento dell' Il' armata in Epiro.

Per definire razionalmente la linea di d emarcazione fu comunque ancora necessaria ]•effettuazione di ricognizioni, eseguite le quali il 26 novembre fu deciso di affidare alla responsabilità della g• armata il controllo delle linee di penctrazione adducenti alla val Tomorreces, ed a quella dell' l l ' la difesa degli accessi della va!Je dell'Osum (92).

I due distaccamenti del Ill/ RGF venivano così a dipendere addi(91) USSME- ~La Campagna di Grecia~ - Vol. I- pag. 282.

(92) Ricevute le di~posizioni del comando della 9 A., il comando del XXVI C.A. emanò il foglio n. l l 73/ 0p. del 2 7. l 1.1940 Doc. n. 49.

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rittura da due diversi comandi di armata: il comando di battaglione con due compagnie dalla 9" (XXVI C.A.), la 2• compagnia rinforzata (cap.Gennaro Bosco) dall'Il ' (VIU C.A.); quasi che le complicazioni non bastassero, l'ordine giunse al comando dell' Il" armata soltanto il 30 novembre, e soltanto allora il gen. Geloso fu in grado di emanare le disposizioni esecutive per l'VIII C.A., tra le quali l'ordine di mettere a disposizione del settore Osum (nuova denominazione assunta dopo la cessione della Tomorreces alla g• A.) elementi del genio per la realizzazione di un robusto caposaldo a Qafa Kuali Bardhe.

Raggiunto il settore loro assegnato, i repar6 avevano intanto preso posizione: il distaccamento dell'Osum articolandosi in due nuclei, uno principale nel villaggio di Potom, l'altro costituito dal plotone del sotto tenente Di Gregorio e da due plotoni mitraglieri G.a.F. alla confluenza dell'Osum con il torrente Bakes, dove prese contatto con elementi del battaglione alpino "Tolmezzo" dislocati a Micianit; il distaccamento del Tomorreces a Gostanka, con un plotone sulla destra, al passo di Q. Devris (93).

Il 29 il comando battaglione ricevette l'ordine di proiettare in avanti, verso Q.Kuali Bardhe, un nucleo con compiti di esplorazione e di ricerca del collegamento con il distaccamento del cap. Bosco, dislocato sul versante occidentale del passo, in vaHe Osum.

Furono destinati a tale compito il plotone comando, un plotone fucilieri (s.ten.Kol Prela) ed il plotone mitraglieri (s.ten. Giovanni Marzano) della 3" compagnia, al comando del capitano albanese Jani Dilo.

Raggiunto il passo, furono distaccate pattuglie, le quali constatarono come il nemico avesse già occupato le località di Q. Bazes, Mali Sunis e Kras.

In entrambi i dista~camenti si verificarono le prime diserzioni di militari albanesi, il che contribuì ad accentuare la tensione provocata dalla totale incertezza della situazione.

n 30 novembre la compagnia alpina che presidiava Q. Martes fu (93) Fonogramma del comando UI/ R.G.F. ore 14 del24.11.1940 Doc. n. 50.

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costretta ad abb andonare la posizione, e cedimenti si verificaro no in altri settori del fronte dell'l l armata; unico dato positivo era l'inizio dell'afflu sso in zona della divisione alpina '·Pusteria··, che però, sotto l'incalzare degli avvenimenti, non poteva sottrarsi all a iattura dell'impiego frazionato d ei propri reparti, spediti in prima linea appena giunti a portata di mano, quasi sempre senza armi pesanti e salme rie.

I primi elementi della "Pusteria" avevano co minciato a sbarcare a Valona il 24 novembre. cd il l " dicembre erano già in linea nella zona dell'Osum i battaglioni "Feltre" e "'Cadore", mentre il "Belluno" a\eva preso posizio ne in val Zagorias.

TI velo difensivo costituito alla testata del T o morreces e dell'Osum dal III/ RGF stava assolvrndo la sua funzione.

In quegli stessi gio rni all'estremità occidentale dello schieramen to italiano anche il dispositivo di difesa costi era, in gran parte affidato alla guardia di finanza, ven iva messo alla prova. N <'I la notte sul23 novembre un contingente greco di circa duecento uomini, proveniente da Corftt. sbarcò nella b aia di Burrinto per effettuare una incursione al tergo delle nostre linee in concomitanza con una puntata offensiva che auebbe dovuto svilupparsi 5ul Kalamas.li reparto fu subito avvistato d al nucleo di vigilanza comandato dal sottobrigadiere albanese Mucka Xhemil, che riuscì a tenerlo in scacco con l'aiuto d ella squadra comandata dal sottobrigadiere C eretti e poi d i altri militari della co mpagnia di Koni spoli, accorsi al comando del ten. Sansonno. 11 successivo intervento di unità della divisione "'S iena" con sentì di eliminare rapidam ente la piccola testa di sbarco.

9. ll combattimento di Qafa Kuali Bardhe.

Il l o dicembre ~ i verificarono i primi sco ntri tra pattuglie greche c gl i elementi della guard ia di finanza di sloca li in prossimità del Qafa Kuali Bardhe (nucleo avanzato del distaccam<'nto dcl1 a val Tomorrcces ed aliquota principalt> dd distaccamento deJI'Osum) (94).

La sera d el due il cap. Bosco ricevette dal ten.col.Salvoni, che aveva stabilito il comand o di settore a Ccrovode, l'ordine di concentrare le sue forze sul passo d <'l quale avrebbe dovuto assicurare la difesa ad o lu·anza.

(94) Relazione d t> l roma n do -en ore Osum in data 30 12 1940 - Doc. n. 51.

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L'aliquota principale del distaccamento si mise in marcia il mattino successivo, sotto la protezione del plotone mitraglieri della 2· / ill/ RGF (s.ten.Carboni); in un secondo tempo avrebbe dovuto raggiungere il Kuali Bardhe anche l'aliq uota del s.ten. Di Gregorio dislocata alla confluenza Bakes-Osum.

Alle 15 del3 dicembre, mentre il movimento era ancora in corso, i mitraglieri del s.ten. Carboni fu rono attaccati in forze ma riuscirono a trattenere il nemico per circa due ore, d ando il tempo al cap. Bosco di raggiungere il passo, dove si sistemò a difesa.

Con le armi poste fuo ri uso, il s.ten. Carboni riu scì approfittando dell'oscurità a scendere a Cerevode con i resti del proprio plotone, ridotti ad appena sei uomini.

L'aliquota del s.ten. Di Gregorio, vistasi bloccata la strada per il Kual i Bardhe, ripiegò sul villaggio di Koprenska, occupato d all a 66' compagnia alpina alla quale si aggregò.

La resistenza del cap. Bosco sul Kuali Bardhe durò fino al 5 dicem bre, in condizioni di completo isolamento, tanto che solo dopo parecchi giorni fu possibile sapere come erano andate le cose; già la sera del 4 d'a ltra parte, il comando dell' Il" armata comunicava che la compagnia della RGF dislocata al passo "aveva le ore contate".

n mattino dopo il piccolo presidio- due ploton i, per di più decimati dalle diserzioni - fu letteralmente sommerso dall'attacco gr eco.

La 66' compagnia alpina dislocata a Koprenska fu invece investita nella tarda mattinata del 4 dicembre e resistette fino al mezzogiorno d el 6, per ripiegare poi a scaglion i sotto la protezione del plotone del s.ten.

Di Gregorio e di un plotone alpini, nonchè di elementi d ei mitraglieri della G.a.F. Per consentire anche a questa retroguardia di sganciarsi rimasero in posto, con un fucil e mitragliatore, il sottobri gadiere Amedeo De Janni e le guardie Piras e Zaru, che riusciro no a trattenere i greci fin cl! è non furono sopraffatti.

Anche il nucleo avanzato del distaccamento val Tomorreces, costituito d alla mezza compagnia del capitano J ani Dilo, fu attaccato il 4 d icembre e costretto a ritirarsi sulla posizione tenuta d al resto del battaglione a Gostanghes. Pure questo movimento fu protetto da un nucleo di retroguardia formato dal comandante del plotone mitraglieri., s.ten.

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IL FRONTE DEL DEVOLI (5-8 dicembre)

0

Gjinikui

Scala 1: 100.000 (Da: "La campagna di Grecia " vol. !!! - Ed. 1980 Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito).

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Marzano, il quale era già stato ferito due volte, e dalle guardie Alfieri, Messina e Spini In questo modo la posizione del Kuali Bardhe, sulla cui importanza il comando superiore forze armate Albania, quello dell'l l · armata e quello de1l'VIII C.A. avevano tanto insistito, andò perduta dopo essere stata affidata per oltre dieci giorni ad un pugno di uomini- i quali peraltro soltanto il giorno prima dell'attacco finale avevano ricevuto l'ordine di occuparla - ulteriormente ridotto per effetto della defezione di gran parte degli albanesi.

La psicosi diffusasi nei confronti dei militari di tale nazionalità fece sì che il successo dell'attacco greco venisse attribuito alle indicazioni fornite dalle guardie che avevano disertato nei giorni precedenti. ll ten. col. Salvoni ordinò quindi che tutto il personale albanese ripiegato a Cerevode fosse avviato a Tirana, inquadrato da un tenente della stessa nazionalità. Ma anche costui, probabilmente spaventato da ciò che presumeva lo attendesse, nella notte prima della partenza si allontanò in direzione del nemico accompagnato dal proprio attendente. Pochi giorni prima, in relazione a quanto era avvenuto nel Korciano, il gen. N asci aveva del resto proposto l'allontanamento dalla prima linea di tutti i militari albanesi.

Per una valutazione sintetica della rilevanza che- nelle condizioni estremamente difficili cui abbiamo accennato - ebbe l'azione svolta dal III battaglione mobile della R. guardia di finanza tra la fine di novembre ed i primi di dicembre 1940, è il caso di riportare il seguente passo della monografia dedicata alla campagna di Grecia dall'ufficio storico dello S.M.E.: "Per la brusca inflessione dello schieramento verso nord, la posizione del Mali Qarishta, baluardo settentrionale della stretta di .Klisura, risultava all'estremità di un pericoloso saliente assai vulnerabile, tanto più dopo la conqu ista da parte greca del massiccio dell'Ostravice, che tutto dominava, e di Q. Kuali Bardhe; nodo, quest'ultimo, di buone mu]attiere delle quali una, proveniente da Erseke, era la principale via di alimentazione per i Greci in quel settore, mentre un'altra, che se ne dipartiva verso sud-est, consentiva di puntare direttamente sulla parte più debole del Mali Qarishta e cioè là dove la montagna si allarga e si spiana nell'unirsi al Taronine. Tutta questa zona, fra Klisura e l'Ostravice, aveva suscitato gravi preoccupazioni sino dalla caduta di Erseke a causa del suo dominio sulle valli dell'Osum e del Tomorreces. L'importanza del 157

possesso di Q. Kuali Bardhe era stata subito giustamente va l utat~ ma la scarsità delle truppe non aveva comentito l'organizzazione di una difesa quale il valore del terreno e le direttrici di movimento che lo attraversavano avrebbero voluto. li gruppo tattico formato da guardie di finanza e da camicie nere albanesi, cui nella terza decade di novembre era stata affidata la sorveglianza della zona, era di troppo esigua forza: fece veri miraco li riuscendo a respingere infiltrazioni e moltiplicandosi con grande attività sì da far credere al nemico di essere assai più robusto di quanto non fosse; ma non potè, come era stato ordinato, impiantare a Q. Kuali Bardhe un robusto caposaldo difendibile a lungo con poche forze in attesa di arrivo di nuove unità. Tale intento fu poi definitivamente imped ito dall a conquista avversaria dcll'Ostravice, dalle cui pendici meridionali Q. Kuali Bard h e era controllato in modo radicale"(95).

In quegli stessi giorni in Italia giunge" a al suo epilogo la crisi politico-militare che portò alle dimissioni del maresciallo Badoglio dalla carica di capo di stato maggiore generale, ed al1a sua sostituzione con il gen. Cavallero.

114 dicembre il gen. Guzzoni, appena nominato sottocapo di S.M. generale e sottosegretario alla guerra, pose la seguente annotazione nel "diario storico" del comando supremo: '·L'Ecc. Soddu la mattina del4 dicembre alle ore 8 mi prospetta telefon icamente l'impossibilità di continuare le operazioni e la necessità d i un intervento diplomatico" (96).

La demoralizzazione dell'alto comando italiano in Albania aveva e" identemente toccato il fondo.

l O. D ripiegamento in val Tomorreces.

Dopo un mese e mezzo di lotta ininterrotta, anche i greci avevano il fiato corto, c le truppe affacciatesi alle testate del Tomorreces e dell'Osum non furono in grado di sfruttare con la necessaria prontezza le possibilità loro offerte dalla caduta del Qafa Kuali Bardhe.

(95) USSME- '·La Campagna di Grecia"- Vol. I pag. 383.

(96) USSME- ~La Campagna di Grecia"- Vol. I pag. 338.

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Su11a linea di resistenza del XXVI C.A. - della quale i resti del III/ RGF (meno della metà degli effettivi iniziali) occupavano il tratto di estrema destra, tra q. 1144 e Gostanghes - si ebbero quindi fino all'8 dicembre soltanto azioni di pattuglie.

Le condizioni meteorologighe erano tuttavia talmente proibitive che il solo rimanere in linea costituiva per gli uomini un sacrificio di estrema durezza.

Il colonnello Scrugli, comandante del raggruppamento schierato alla sinistra del IIT/ RGF- e costituito da elementi del I e ID btg. del3ofanteria "Piemonte" e dalla 270"cp. alpina- comunicò che la truppa non resisteva alla forte tormenta; nei giorni precedenti si erano già avuti 24 casi di congelamento, e nelle notti sulJ' 8 e sul 9 si ebbero nel solo III/ 3'' "Piemonte" rispettivamente l Oe 12 morti per assideramento, oltre ad un centinaio di congelati. n comando di corpo d'armata fu quindi costretto a disporre il ritiro del battaglione dalla linea, per avviarlo alla base di Gramshi.

L'attacco greco si pronunciò il mattino del 9 dicembre, ed ebbe successo nel settore del J/ 3'' fanteria, che abbandonò nel pomeriggio il Mali Cipes. Il comandante interinale del ITI/ RGF, cap. Sciplino- il magg.

Di Natale aveva ceduto il comando il6 per recarsi a Tirana per una visita medico-legale- accortosi di avere il fianco sinistro scoperto per il ripiegamento dei fanti, chiese di essere autorizzato a ritirarsi sul Qafa Devris, ma gli fu ordinato di resistere ad oltranza sul Gostanghes.

A partire dalla sera del 9 dicembre non si ebbero più notizie del battaglione della guardia di finanza. Il giorno dopo, ad insistenti richieste del comando di corpo d'armata, il col. Scrugli rispose che il Ill/ RGF risultava disperso, e che soltanto 18 guardie di finanza erano riuscite ad unirsi a lui.

Soltanto alle 7 dell2 dicembre l'enigma fu chiarito dal ten.col. Lavizzari, del So alpini, inviato in ricognizione nell'alta valle Tomorreces dal gen. N asci.

Il "raggruppamento Scrugli" era attestato sul costone di Barci, ed era collegato sulla destra con i resti del III/RGF - ormai meno di una compagnia - che occupavano il villaggio di Milhove, dove erano giunti il giorno prima dopo aver resistito per tutto il l O dicembre ed essersi poi ritirati combattendo a Qafa Devris, guidati dal capitano Nicola D'Amore, comandante della superstite l ' compagnia.

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La resistenza a Milhove, sulle pendici orientali del Mali Kulrnakeç, durò fino al mattino del 15 dicembre sotto la direzione del magg. DiNatale che si era affrettato a riassumere il comando. Poi i resti del battaglione ripiegarono su Zaloshnje e di qui su Tomorreces, dove vennero finalmente sostituiti da un reparto della divisione "Parma" ed avviati a Grarnshi; erano in tutto sette ufficiali e 77 tra sottufficiali e militari di truppa.

In val Tomorreces erano intanto giunti i due battaglioni mobilitati della R. guard ia di finanza provenienti dall'Italia, uno dei quali- il l- per qualche giorno operò in contatto con il III/ RGF. Fin dal 10 dicembre il comando superiore FF.AA. Albania aveva disposto che il m battaglione mobile, una volta disimpegnato dalla linea, passasse alle dipendenze del comando guardia alla frontiera, incaricato di organizzare una posizione difensiva arretrata al tergo delle truppe operanti.

L'unità, dopo un brevissimo periodo di riordinamento ad Elbasan, fu destinata al presidio di Strebilova (a Nord-Est di Librazhd, presso il confine jugoslavo) in luogo del li battaglione mobilitato giunLO dall'Italia, inviato in val Tomorreces (97).

11. La ricostituzione ed il trasferimento in Albania del I e del ll battaglione mobilitato.

Nella riunione di vertice romana del l Onovembre, come si è visto, era stato tra l'altro deciso il trasferimento in Albania, per via aerea, di aliquote consistenti di carabinieri e di guardie di finanza, per far fronte alla delicata situazione interna che andava profilandosi come conseguanza dei rovesci militari, e per assicurare la copertura al confine jugoslavo, dopo lo spostamento verso il fronte delle due divisioni di fanteria (''Venezia" ed "Arezzo") che precedentemente vi erano dislocate. Il mattino successivo il gen. Pignetti fu convocato a Palazzo Venezia, dove lo stesso Mussolini gli impartì l'ordine di mobilitazione per i due battaglioni della R. guardia di finanza costituiti nell'estate e disciolti soltanto sed ici giorni prima (98).

Appena tornato al comando di via Sicilia, il generale avvertì il mini(97) Foglio n. 2174/ 0p in data 10.12.1940 del C.S.F.A.A. (98) Il Comando Generale aveva però dispostO che i due battaglioni rimanessero costituiti "su lla carta" - Doc. n. 52.

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stro Thaon de Revel e lo stato maggiore esercito e cominciò ad organizzare l'operazione sulla base di ordini verbali.

Soltanto il 15 novembre, infatti, lo S.M.R.E. diramò la circolare 27870, con la quale si chiedeva al comando generale di disporre la mobilitazione; ma già dal 13 erano arrivati al centro sistemato nella caserma "Vittorio Emanuele lJJ" di viale XXI aprile, a Roma, 15 ufficiali e 180 tra sottufficiali e militari di truppa del l battaglione, che in quella data cominciò a redigere il suo diario storico.

n 18 no"\embre (99) lo stesso stato maggiore (0 11019/ 407- uff.

OM) precisò la destinazione dei due battaglioni -in Albania- ed il20 furono emanate le disposizioni per la somministrazione d ei materiali di equipaggiamento speciale per truppe alpine c per il prelevamcnto d ei quadrupedi e di parte degli automezzi presso il d eposito dell'SI fant eria.

1123, due giorni prima della data fi ssata dallo S..M.R.E. per il termine delle operazioni d i approntamento, i reparti, dopo aver assistito al giuramento degli allievi guardie d ella legione allievi, furono passa t i in ra!:-segna dal comandante generale e dichiarati pronti alla partenza ( 100).

Le peripezie vi5sute dal I battaglione ( la 50rte del II fu pitl o meno analoga) dal mome nto in cui- alle 15 di domenica 24 novembre -lasciò la caserma di viale xxr aprile fino all'entrata in lin ea meritano di esser ricordate, come esempio delle condizioni dell'organizzazione logistica alla quale era affidata l'alimentazione dello sforzo che doveva arginare la controffen siva greca in Albania.

Come si è detto, le unità delle forze di polizia di cui il lO novembre era stato deciso l'i m io oltremare - un battaglione di CC.RR. ed i due della R.C.F. - avrebbero do\ uto essere trasportate per via aerea dalle basi della Puglia (l Ol).

L'aliquota logi slica del l battaglione - quadrupedi, automezzi c gran parte dei materiali- fu quindi }asciaLa a Roma, al comando del tenente Scibetta, e solo successivamente trasferita per ferrovia a Bari da (99) Doc. n. 53, (100) Fu lo Me"o \1u-.-.olmi, cui non dispiace' a intrrvrnire direttamente nella condona ddle opcrozioni. ad imparure l'ordine di partenza dei due banag:lioni, per il giorno succc,~i' o. w n\oca n do ancora a Palazzo \ enezia il gen. Pigneni (Doc. n. 54) (lOI) SMRE l/IT. 0 .1\1 -foglio n. 011695. 407 del 23. 11.1040.

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dove, dopo una lunga sosta nei capannoni della Fie ra del Levante, si imbarcò per Durazzo; riuscì a ricongiungersi al battaglione soltanto il 7 gennaio 1941.

Il resto del reparto invece, partito dallo scalo d i Roma - S.Lorenzo all e o re 16,46 de124 novembre, giunse a Brindisi alle 13 del giorno successivo e si accantonò in una scuola, mentre un primo scaglione fu avviato all'aeroporto per imbarcarsi. La partenza fu però rinviata, e soltanto il 27 il comandante del battaglione seppe che "si sarebbe dovuto accontentare di un trasferimento via mare, per frazioni, in date imprecisate"'.

Un primo gruppo di 200 uomini -la 1• compagnia fuci lieri del capitano Luigi Caliò, il plotone comando ed il plotone esploratori - riuscì a partire alle 5,30 del 29 novembre sul pi•'""oscafo "Foscari", sb arcò a Durazzo verso mezzogiorno e, dopo circa tre ore di attesa, si trasferì a Tirana, attend andosi 8 Km. a sud della città.

Per gli altri, l'ora dell'imbarco arrivò alla sera d el 30, ma soltanto nell a tarda mattinata del 5 dicembre - dopo oltre cinque giorni trascorsi nella stiva de11a m/ n '·Grimani''- fu possibile lasciare il porto di Brindisi pe r giungere la sera a Durazzo, dove furo no fatti sostare all'addiaccio nel cam po '·D''.

Poche ore dopo, me ntre nella notte iniziava lo scarico dei materiali rimasti a bordo della "Grimani", poichè il comandante della b ase di Durazzo, gen. Pascolini, aveva fatto sapere che non vi erano mezzi militari dispo nibili, il battaglione co minciò a trasferirsi a Tirana per aliquote, utilizzando quattro autocarri privati presi a nolo dal comandante d el circolo, magg. Scorza.

La sera del5 dicembre, dunque, la situazione del I battaglione mobilitato era la seguente: l'aliquota avanzata del cap.Caliò, con 8 ufficiali e 196 sottufficiali e guardie, a Tirana; il grosso del b attagli one (14 ufficiali, 355 sottufficiali e guardie) in movimento tra Durazzo e T irana; le salmerie con il ten.Scibctta e 104 uomini a Bari; i materiali in corso di sbarco a Durazzo sotto la direzione d el cap. Bonato (ma buona parte e ra rimasta in Puglia).

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Un'ulteriore motivo di complicazione si presentò nella stessa sera, poichè il comandante su periore della R.G.F. in Albania comunicò al cap.

Caliò che l'indomani mattina avrebbe dovuto partire con suoi uomini per Gramshi, per essere senz'altro impiegato in linea.

L'ufficiale, resosi conto che l'ordine implicava lo smembramento del battaglione, si accinse ad eseguirlo ma spedì a Durazzo il cappellano del reparto, ten.Francesco Diaz, per informare il comandante di quanto stava accadendo. Quest'ultimo di affrettò a raggiungere Tirana, dove il mattino del6 dicembre il colonnello Palandri gu comunicò "di aver ottenuto dal comando superiore FF.AA. Albania l'impiego bellico immediato del btg. sul fronte greco-albanese anzicchè per compiti di copertura sulla frontiera albanese-jugoslava, come era stato inizialmente disposto dallo stato maggiore del R. esercito".

Il ten.col. Giummo fece presente che il morale dei suoi uomini era altissimo, ma non altrettanto poteva dirsi del livello di efficienza generale del battaglione. L'unità, appena ricostituita, non era ancora perfettamente amalgamata (rispetto agli effettivi mobilitati nella estate erano stati sosti lui ti, nei due battaglioni, 6 ufficiali, l O sottufficiali e 360 guardie illiveHo addestrativo dei quali non aveva potuto essere verificato) e soprattutto aveva una struttura organica concepita per l'impiego in copertura (compagnie fucilieri su due plotoni, mancanza della compagnia armi di accompagnamento e di quella comando). Le condizioni nelle quali era avvenuto il trasferimento dall'Italia - da sei giorni la truppa consumava viveri a secco ed aveva dovuto sostare prima nella stiva del "Grimani", poi sotto la pioggia da quando era giunta in Albania; le salmerie erano ferme a Bari; i materiali erano sparsi tra Durazzo e la Puglia facevano ritenere necessario un periodo di riposo e di riordinamento prima dell'entrata in linea.

Ma il col. Palandri non potè non replicare che, a questo punto, gli ordini dovevano essere eseguiti.

Il precipitare della situazione nel settore Tomorreces- Osum aveva infatti indotto il C.S.F.A. ad assegnare i due battaglioni della R.G.F. al XXVI C.A. il quale fin dal 4 dicembre aveva emanato il preavviso n.

1346/ 0p. Il l/ RGF era destinato ad assumere la responsabilità dell'intero tratto di fronte tra M. i Mietes (escluso) e Qafa Devris (compreso), in sostituzione del 3° fanteria "Piemonte" (raggruppamento Scrugli) che, come si è visto era ormai ridotto al limite della sopravvivenza e doveva assolutamente essere ritirato dalla unea.

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Mentre il co11oquio tra i due ufficiali era in corso, all'accampamento alla periferia di Tira na si presen tarono 40 tassì, requisiti nelle vie d e1la capitale albanese, e con questo mezzo di trasporto - inconsueto, ma non privo di gloriosi precedenti storici - la 1• compagnia del cap. Caliò ed il plotone esploratori del ten. Carrieri si trasferirono a Gramshi. A Tirana rimase il te n. Genchi con il plotone comando di btg. ed il com pito di fu ngere da base di smistamento pe r il personale cd il material e in afflusso da Durazzo. ella stessa giornata anche il magg. Ciummo giunse a Gramshi, dopo essersi presen tato al comandante dell a g• armata ad Elbasan.

L' intero battaglione- tranne l'aliquota rimasta in Italia- si trovò finalmente riunito il9 dicembre, sotto tenda in un campo a circa 7 Km da Gramshi, alla confluenza del Tomorreces con il Devoti, ridotto ad un pantano per la continua pioggia, che aveva anche deteriorato gran parte dei materiali.

11 11 battaglione, suddiviso in due aliquote, sbarcò anch'esso a Durazzo il 3 e 1'8 dicembre, e fu subito trasferito a Gramshi.

12. Il combattimento di Barci.

La gravità della situazione all'estrema destra della 9 armata, dove nei combattimenti dei primi di dicembre erano andate perd ute le posizioni in testata della val Tomorrcces ed era saltato il coJJcgamento con gli elementi dell'I l ' arm ata schie rati in valle Osum, aveva indotto il gcn.

Verccllino ad ordinare al comando del XXVI C.A. lo studio di un'azione offensi\ a, tendente a riprendere le località di \ 1ali Velushcs, Gostanghcs e Mali i Cipes, così d a ricostituire il fronte e garantire il possesso d el Qafa Devris, attraverso il quale il ne mico avrebbe potuto sboccare in valle Osum aggirando le un ità dell' Il• armata disposte a difesa di Cerovode.

L'attacco avrebbe dovuto essere condotto dai du e battaglioni d ella R.G.F. in arrivo, con l'appoggio di due b atterie alpine (l 02).

Gli avvenimenti dell'8 e dcl 9 dicembre costrinsero però i comandi italiani a rinunciare all'iniziativa.

11 col. Scrugli fece presente l'impossibilità di tenere ancora in linea gli elementi del 3" fanteria e ch iese che venissero sostituiti. Il gen. Ver(102) U~Sl\IE- ~La Campagna di Grecia''- \'oLI- pag 372.

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cellino, scrivendo al comando superiore FF.AA. e riferendosi a tali elementi ed ai resti del III btg. mobile della R.G.F. d'Albania, riconosceva che "Venti morti per assideramento e parecchie decine di congelati hanno minato le ultime energie morali di gente che da oltre un mese ha sostato all'addiaccio con temperature che in questi ultimi giorni sono scese parecchi gradi sotto zero" (J 03).

Il mattino del 9la lO' divisione greca riprese l'offensiva. e le posizioni del "raggruppamento Scrugli", ormai tenute da un velo di forze, furono attaccate dal 30" reggimento di famcria, con esiti che apparvero subito preoccupanti.

11 gen. Nasci, con il consenso d el comandante d'armata, decise allora di impiegare i due bauaglioni per ri costituire lo sbarramento della val Tomorreces, ed alle 22,30 dell'8 inviò un preavviso in questo senso al comando dell/RGF, in corso di concentramento a Gramshi (illl/RGF era ancora in marcia dal porto di sbarco). Il preavviso raggiunse il magg.

Giummo soltanto alle 16 del giorno successivo, con breve anticipo rispetto all'ordine esecutivo (1550/ 0p. del 9/ 12/ 40) con il quale veniva disposta la partenza immediata del battaglione per raggiungere le posizioni sulle quali avrebbe dovuto sostituire i reparti del 3 fanteria. Poco dopo l'ordine fu modificato: "Essendo in corso combattimenti sulla fronte che dovreste andare ad occupare col vostro battaglione, raggiungete al più presto la posizione di Gurazez e mettetevi a disposizione comandante 5 alpini".

L'esecuzione fu sollecitata personalmente dal capo di Sl\1 del XXVI C.A., col. Martinat, giunto aJle 17 all'accampamento del battaglione.

La marcia di avvicinamento si svolse in condizioni durissime, per la continua pioggia, che divenne neve a mano a mano che si procedeva nella val Tomorreces, per l'assenza di qualsiasi predisposizione logistica e per l'assillo delle continue sollecitazioni dei comandi del corpo d'armata e poi del soreggimento alpini, preoccupati per l'intensità della press10ne greca.

Articolato in due scaglion4 il primo dei quali mosse alle 22,30, il battaglione dovette costeggiare per lungo tratto il Devoti, fino alla confl uenza con il Verces, dove esisteva una passerella costruita dai genieri del "Tridentina". All'alba del 10 il fium e in piena fu superato, e la (103) USSME- ~ La Campagna di Grecia"- Vol. Il - pag. 559.

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marcia nel fango riprese fino al villaggio di Ermeni. dove si sostò per la notte, ripartendo nelle prime ore d eH' 11 per Gurazcz, sede del comando tattico del 5" alpini, raggiunta nel primo pomeriggio; da qui il reparto fu fatto proseguire per Zhepa. In questo villaggio, alle 18 d ell'l l dicembre, il sottoteneme Manzini del 5 alpini recapitò gli ordini per l'impiego del battagli o ne: una compagnia era assegnata in rinforzo al btg. alp. ''Edolo" che occupava q. 2022 aUa sinistra de11o sbarramento; una compagnia rinforzata da due plotoni mitraglieri avrebbe dovuto occupare le posizioni tra q. 2022 e le ca5c intomo al molino di Teghe tenute dalla 270 compagn ia alpina (btg."Val Fella") del "raggruppamento Scrugli"; il resto del battaglione avrebbe dovuto sis temarsi nel villaggio di Barci.

Riuniti a rapporto i comandami di compagnia. il magg. Giurnmo destinò al btg. '"Ed olo" la 1· (cap. Caliò), ch e partì immediatamente, mentre la 2 ' (cap. Smalto) prescelta per occupare le posizioni ed il resto del battaglione si mi sero in marcia il mattino successivo, c nel primo pomeriggio giunsero a destinazione.

La sera del12 dicembre ill/ RGF era quindi in linea, men tre l'offensiva greca diretta a guadagnare il fondo della vall e Tomoneces era in pieno svolgimento.

Le condizioni della truppa, stremata per le peripezie del trasferi mento dall'Italia e della lunga marcia di avvicinamen to, ~ rano ulteriormente compromesse dal pessimo funzionamento dei servizi.

Alla partenza da Gramshi, le guardie avevano ricevuto l'ordine di lasciare gli oggetti personali per ri empire gli zaini con munizioni e viveri di riserva. Le sa lmerie per il trasporto in linea dei materiali e d elle dotazioni, nonchè per i successivi rifornim en ti giornalieri, avrebbero comunque dovuto essere fornite dal gruppo artiglieria da montagna "Val Chisone". Queste giunsero la sera del 9, in ritardo ed in numero inferiore al previsto, così da rendere necessarie affrettate operazioni di carico c scarico che ritardarono la partenza del2" scaglione del battaglione. Una parte dei materiali dovette però essere lasciata a Cramshi, nella piccola base logistica organizzata dal cap. Bo nato presso la caserma della brigata clelia guardia di fman za.

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Giunti a Zhcpa, i conducenti misero a terra i carichi e fecero ritorno alloro reparto, costringendo il magg. Giummo a racimolare 32 cavallini albanesi, affidati a nove conducenti del ''Val Chisone'', con i quali si contava di portare in linea almeno i viveri e le munizioni indispensabili per affrontare il combattim ento. Ma cavallini ed artiglieri in linea non giunsero mai, e con loro svanirono nel nulla i preziosi carichi.

La loua per la difesa della val Tomorreces fu quindi affrontata con le munizioni portate da Gramshi a spalla dal1 e guard ie che avevano perciò rinunciato a recare al seguito gli indumenti indispensabili per sopravvivere al freddo dei duemila metri.

In verità, condizioni analoghe si verificarono per la maggior parte delle unità inviate in prima linea alla fine dell940, nello sforzo affannoso, ed inevitabilmente disordinato, di contenere l'offensiva greca. E molto probabile però che le difficoltà sian o state maggiori per i reparti della R.G.F., che non disponendo di una propria organizzazione logistica erano costretti ad appoggiarsi a quella delle unità dell'esercito con cui si trovavano di volta in volta ad operare, ognuna delle quali aveva i propri problemi da risolvere.

Ver o le 4 del mattino del 13 dicembre, elementi deJla 2' compagnia che al comando del sottotenente D'Amaro, stavano completando l'occupa zione del costone sovrastante il Lumi Kucit, ricercando su ll a sinistra il collegamento con la 1' compagnia- dislocata dal comando dell"'Edolo" sulla quota 2022 di Varr i Lumit- avvistarono un reparto greco che tentava di infiltrarsi tra le due posizioni.

Apeno il fuoco, il tentativo nemico fu frustrato ma non si riuscì ugualmente a stabilire il contatto con il reparto laterale.

Per tutta la mattina i cen tri di fuo co d ella 2" compagnia furono sottoposti ad un intenso tiro di mortai da 81, al quale seguì l'attacco della fanteria che fu respinto. Il cap. Smalto chiese verso le L4 un rifornimento di munizioni e fece presente di non essere ancora riuscito a collegarsi con ]a q. 2022. Preoccupato per la soluzione di continuità che si presentava all a sua sinistra, il comandan te di battaglione inviò verso la quota una pattuglia di esploratori al comando del ten. Carrieri. al quale affidò anche a1cune cassette di muniz.ioni da recapitare alla 2' compagnia.

Alle 15l'attacco greco riprese con maggiore intensità. Uno dci co167

mandanti di plotone fucilieri, souotenente Mattiello, fu fulminato da un colpo in fronte, sotto l'orlo dell'elmetto. Un nucleo nemico giunto sulla linea dei centri di fuoco fu respinto da un contrassalto guidato dal brigadiere Feroldi, che rimase ucciso. Anche il secondo comandante di plotone fucilieri, sottotenente D'Amaro, fu ferito gravemente alla gola e costretto a lasciare la linea.

Alle 16,20 il cap. Smalto, ferito leggermente nella mattinata e pill seriamente durante l'attacco del pomeriggio, inviò al comando di battaglione un messaggio drammatico: ''Attaccaco sulla sinistra mantengo posizione. Difetto munizioni. Perdite: Morti s.ten. Mattiello- brig. Feroldi feriti s.brig. Macrì -guardia Massa. Prego dare ordini per rinforzo oripiegamento" (1 04).

Poco dopo il capitano fu nuovamente colpito alla testa., c morì quasi immediatamente. !n meno di un 'ora, la 2' / 1/RGF aveva perso tutti gli ufficiali Il comando fu assunto dal ten. Carrieri, sopraggiunto proprio allora con i suoi esploratori, il quale resosi conto che i greci avevano ormai stabilmente occupato il tratto di costone tra la posizione della compagnia e la quota 2022, fece arretrare i suoi uomini su un cucuzzolo restrostante, che consentiva la difesa verso le provenienze da est (cioè dalle nuove posizioni occupate dal nemico) oltre che da sud.

AJle l 9,50 il magg. Giummo segnalava al comando del S'' alpini l'avvenuto ripiegamento della 2• compagnia e l'esistenza di una grave minaccia di aggiramento suUa sinistra, per contrastare la quale richiedeva l'intervento dell'artiglieria ed il concorso del presidio di Varr i Lamit (btg.alp. "'Edolo"+ 1· / l/RGF). Esattamente un'ora dopo gli pervenne la risposta del tcn.col. Lavizzari: "Chiesti noti interventi. Cercate di stringere i denti''.

Nella notte, fu organizzato un contrattacco, guidato dal capitano Ferdinando Natale, comandante della compagnia mitraglieri, al quale parteciparono i resti della 2· compagnia, affidati al tcn. Genchi (già comandante del plotone comando di btg.) e due plotoni della 3· (sottotenenti de Laurentiis c D'Alessio) nonchè gli esploratori deJ ten. Carri eri. L'azione scattò all'alba dopo che si era inutilmente atteso un intervento di artiglieria più volte richiesto nel corso della notte, e condusse rapidamente al rccupero delle posizioni perdute il giorno precedente. (l 04) ~fust>o storico della Guardia di Finanza - Diario Srorico del l btg. mobilitato.

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TI mattino del14 dicembre la linea nel tratto affidato al I battaglione R.G.F. era dunque ricostituita, ma la situazione continuava ad essere precaria per l'incessante pressione avversaria e per la difficoltà di stabilire il co1legamento con l' "Edolo", alla quale conseguiva una costante minaccia di aggiramento sulla sinistra. Appena riprese le posizioni, il cap.

Natale aveva cercato di estendere l'occupazione verso la q. 2022 ed aveva sollecitato perciò il concor o del presidio del V arri Lamit, ma nè il comando dell'"Edolo", nè quello del 5 alpini avevano dato ri sposta. In realtà il battaglione alpino era ridotto ad appena 180 uomini e riusciva a malapena a tenere la posizione. Nè le cose andavano meglio sulla destra del settore affidato al I/RGF, dove i resti del 3" fanteria "Piemonte", secondo quanto aveva affermato il giorno prima il comandante del XXVI C.A.," on sono più in cond izioni, per il grado di prostrazione fisica e morale cui sono giunti, di resistere ad un'attacco dell'avversario...... .

Questo stato di cose impone la sollecita sostituzione delle truppe della divisione "Piemonte" con altre truppe di morale elevato e meglio equipaggiate"(! 05).

Immediatamente oltre, il villaggio di Zaloshnje era difeso dai superstiti del III/ RGF d'Albania, meno di ottanta uomini.

La totale mancanza di rifornimenti rendeva inoltre concreto il rischio di rimanere, semplicemente, privi di munizioni. Alcune cassette furono ottenute dal magg. Paoli, comandante del Ill/ 3" fanteria, al quale peraltro il battaglione dovette inviare in rinforzo quanto restava del plotone comando ed una squadra mortai da 45. Una boccata di ossigeno si ebbe nel primo pomeriggio, quando giunsero pochissimi muli con munizioni e viveri racimolati a Gramshi dal cap. Bonato.

Alle 15,30, da un radiomessaggio del ten.col. Lavizzari che chiedeva in resti tu zione la stazione radio assegnata dal comando di reggimento, il battaglione apprese incidentalmente di non essere più alle dipendenze del 5" alpini.

La risposta subito inviata dal magg. Giummo tradisce un certo giustificato nervosismo: "Prego indicarmi di quale radio mi d ebbo servire per comunicare, da quale ente dipendo, con chi d ebbo comu nicare, a chi debbo far capo per rappresentare situazioni, necessità et effettuare prelevarnenti" (106).

(105) USSME- '"La Campagna di Grecia"- vol. Il - pag. 561.

(106) Museo Storico C.di F'.- Diario Storico I btg mobilitato.

169

Gli interrogativi ebbero risposta nel corso del pomeriggio, quando si apprese che la responsabilità della difesa della val Tomorreces tra Mali i Mietes (punto di contatto con la D.alp. '·Tridentina", alla quale apparteneva il5" alpini) e Qafa Devris (limite del settore dell'Il • armata) era stata attribuita dal comando del XXVI C.A. alla d.f. "Parma''. lll/ RGF passava temporaneamente alle dipendenze del comandante d el 3o fanteria, del quale era peraltro previsto a brevissima scadenza il ritiro dal fronte e la sostituzione con uno speciale raggruppamento, affidato al colonnello di fanteria Gino Fini c del quale erano destinati a far parte il I ed il Il btg.RGF ed un battaglione CC.NN..

Anche il II battaglione mobilitato stava infatti per giungere in linea.

Partito da Cramshi a mezzogiorno del12 dicembre il reparto aveva incontrato le note difficoltà determinate dalla natura del terreno e dalle pessime condizioni metereologichc ed aveva anche dovuto subire un mitragliamento aereo, peraltro senza perdite.

La sera del 14, mentre era appena giunto a Grevcs, aveva ri cevuto l'ordine di inviare una compagnia più una squadra mitraglieri in rinforzo al I battaglione. Fu prescelta la 3• compagnia del capitano Fausto Musto, la quale raggiunse Barci nel corso della notte, recando al seguito una parte delle salm erie del battaglione.

L'attacco greco riprese il matti no del 15, e ben presto fu evidente il successo della manovra di aggiramento su lla sinistra del I btg. Le guardie della 2' compagnia ed i due plotoni della 3' che occupavano i centri di fuoco avversari lun go il costone sovrastante il Lumi Kucit furono costrette a ripiegare sulla destra, verso le case di Teqhe, ten ute dalla 270' cp. alpina. Il magg. Giummo chiese ripetutamente che il presidio di q.

2022 intervenisse sul fianco dell'attaccante per allentarne la pressione. A mezzogiorno gli giunse finalmente la risposta del ten.col. Lavizzari: l'intervento dall'alto sul fianco avversario era impossibile, perchè l' "Edolo" e la 1'/l/ RGF avevano dovuto abbandonare la posizione. Quasi contemporaneamente anche il magg. Paoli, comandante del III/ 3• fanteria, informava di aver ricevuto ordine di ripiegare.

Per un momento il comandante del I/ RCF pensò che la sua unità fosse stata destinata a sacrificarsi in posto per consentire la ritirata dei reparti laterali, ed organizzò una reazione di movimento allo scopo di guadagnare tempo e chiedere istruzioni.

170

Fu così imbastito un contrattacco con tutti gli uomini disponibili, ancora guidato dal cap . .Natale, ma l'azion e era appena iniziata quando, alle 13,30 giunse al comando di battaglione l'ord ine- emesso alle l Odi ripiegare lungo la mulattiera di fondo val Tomorreces fino all'altezza della stazione CC.RR. di Konac, prendcndovi posizione e ricercan do, sulla sinistra, il contatto con il Il/ RGF. Quest'ultimo battagljone, partito per raggiungere Barci, al bivio di Strafìke, da dove aveva origine la mulattiera per Varr i Lumit, aveva appreso che tale posizione era stata abbandonata dall' "Edolo", e che anche il 1/ RCF era in ripiegamento da Barci. Secondo l'ordine impartito dal col. Fini, il reparto tornò a Creves, dove si sistemò a difesa in attesa di collegarsi con il 1/ RCF.

I difensori di Barci, intanto, appena riusciti a rompere il contatto con l'avversario ripiegavano sotto la protezione della compagnia del cap.

Musto, avendo in retroguardia il plotone esploratori del ten. Carrieri. Fu necessario abbandonare tutti i materiali e gran parte delle munizioni, e ciò diede motivo a rilievo da parte del capo di SM del XXVI C.A., col.

Martinat; rilievo non del tutto giustificato, se si tiene conto che il bauaglione- il quale peraltro non disponeva neppure di un mulo- aveva ricevuto l'ordine di ripiegamento con notevole ritardo, quando ormai entrambi i reparti laterali avevano lasciato le loro posizioni ed il rischio di accerchiamento era quindi incombente (l 07).

Mentre era in marcia, il 1/ RGF riceveue l'ordine di portarsi a Geriga e di qui, dopo poche ore, a Dobrej.

Al II battaglione fu ordinato ill6 dicembre di schierarsi sul passo di q. 971, per proteggere il ripiegamento del 5 alpini.

Sostò sulla posizione per tutta la notte, sotto una tormenta spaYentosa, ed il mattino successivo, messo in libertà dal col. Fassi, comandante del reggimento, raggiunse la dislocazione assegnatagli nella linea di resistenza fissata dal comando della "Parma", tra la q. 485 a SE di Mirakes e la q. 715 a NW d i Burraj, avendo a sinistra il battaglione "Tirano" della "Tridentina" ed a destra ill/ RGF, confinante a sua volta con il49" fanteria "Parma", dislocato sull'altra riva del Tomorreces.

In conseguenza delle perdite sub ite il I battaglione fu costretto a (107) Lettera del cap. C10rg•o Viarcngo, comandante tntrnnale del I R.C.F., in data 3 gennaio 1941 - Doc. n. 83 c 84.

171

rimaneggiare la propria struttura, articolandosi su due compagnie fucilieri, affidate ai capitani Acanfora c Natale, ed una terza, comprendente i resti delle originarie 1• e 2", al comando della quale fu destinato il ten.

Vittorio Vienna, che aveva ricondotto al battaglione i reduci della vicenda "Edolo", dopo che il cap. Caliò era stato costretto a lasciare il reparto perchè colpito da congelamento.

La 1· compagnia aveva occupato, il 13 dicembre, la quota 2022 di Varr i Lamit, all'estrema sinistra dello schieramento del battaglione alpino.

La posizione era stata difesa per tutto il giorno e quello successivo contro continu i attacchi di fanteria appoggiati da intenso fuoco di mortai. Alle 20 del 14 il comando dell' "Edolo" aveva ordinato il ripiegamento, che aveva avuto inizio sotto la direzione del ten.Vienna, ma giunto alla quota 1822 di Cuka e Liqu erit il reparto era stato fatto fermare per prendere posizione fronte a sud, con i resti deUa so· e della 52" compagnia alpina, ridotti ormai a poche decine di uomini. La lotta riprese violentissima alle 8 dell5 dicembre, dopo una notte trascorsa in condizioni proibitive. Cadde gravemente ferito anche il comandante deU'"Edolo", ten.col. Rivoir. Ricevuto l'ordine di ripiegamento alle 11,30, la compagnia della R.G.F. si schierò a difesa della mulattiera che adduceva al fondo valle, dove rimase fino al pomeriggio inoltrato, quando fu finalmente possibile sostituirla (l 08).

Nei giorni successivi un certo rallentamento della spinta offensiva greca e l'afflusso in linea della d.alp. "Cuneense", proveniente dall'Italia, e della d .f. "Parma", riorganizzata dopo i combattimenti di novembre nel korciano, determinarono una temporanea stabilizzazione del fronte nel settore della val Tomorreces.

I due battaglioni della R. guardia di finanza del "Settore Fini", cu i si era aggiunto il 93obtg. CC.NN., continuarono a tenere le posizioni di I linea, impegnati in un'intensa attività di pattuglie svolta prevalentemente dai due plotoni esploratori al comando, rispettivamente, del ten. Carrieri e del sottotenente Gino Zappardino (l 09).

Per il resto del mese di dicembre, la pressione nemica contin uò però a manifestarsi intensa sui settori affidati ai reparti laterali.

Soprattutto sul fronte della ''Tridentina" la progressione ellenica si ( 108) Relazione del comando btg.alp. ~Edolo~ e rapporti del comando 1'/T/ RCf- allegati al Diario Storico.

(109) Pro-memoria del comandante del I btg. mobilitato.

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LO SCHIERAMENTO DEL XXVI CORPO

il 19 dicembre

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(Da: "La campagna dì Grecia" vol. !Il- Ed. 1980Q(ficio Storico Stato Maggiore Esercito).

sviluppava metodicamente, costringendo i battaglioni del 6ualpini ad arretrare (il S'' aveva dovuto essere ritirato dal fronte).

Alle 15 del30 dicembre il gen. Nasci, pressato dal gen. Santovito, comandante d ella divi sione, chiese l'autorizzazione a far ripiegare i reparti sulla posizione di arresto, corrispondente all'allineamento Bregu i Math - Lemnusha - Romasi, per evitare l'avvolgimento di tutto lo sbarramento di val Tomorreces. n comandante della g• armata, gen.

Vercelli no, non ritenne di assumersi un a simile responsabilit~ e si rivolse al gen. Cavallero, il quale proprio quel giorno aveva assunto le funzioni di comandante superiore in Albania, pur continuando a rivestire la carica di capo di SM generale. Fattagli presente la impossibilità di assegnare rinforzi al XXVI C.A., Vercellino si risolse, alle 17, ad autorizzare il gen. Nasci "a fare come la situazione consiglia" (l lO). Alle 20 del 30 dicembre il comando del XXVI Corpo emanò, finalmente, l'ordine di ripiegamento.

I due battaglioni della R.G.F. furono raggiunti da tale ordine poco dopo le una del3l dicembre, dopo un preavviso diramato dal comando di settore verso le 20 della sera precedente.

11 movimento fu eseguito nel corso della notte, ed al mattino del3l entrambi i reparti avevano assunto la nuova dislocazione.

n n battaglione era schierato da q. 832 (esclusa) a q. 506 di M. te Beschenik, avendo a sinistra il btg. alp. "Mondovì" del I alpini "Cuneense" ed a destra il I/ RGF; la 3• cp. avanzata a sinistra, la t • rinforzata da un pl.mtr. avanzata a destra, la 2" in rincalzo a sinistra, comando btg. e pl. esploratori a Lemnusha.

nI battaglione era dislocato a cavallo del Tomorreces, con la compagnia Acanfora a sinistra, tra q. 506 ed il fiume, la compagnia Natale sulla riva opposta per circa 500 metri lu ngo il costone che scende da q.91 3 in contatto con il49" ftr. "Parma", la compagnia Vienna in rincalzo, con il comando di btg. ed il plotone esploratori, 100 metri ad est di q.344. n comando interinale del battaglione era stato assunto il25 dicembre dal cap. Giorgio Viarengo, in sostituzione del magg. Ciummo, ammalato.

(Il O) USSME -"La campagna di Crecia" vol. l - pag. 379.

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13. L'attività del comando superiore della RG.F. d'Albania ed il problema del personale albanese.

L'impiego in compiti di copertura nella prima fase delle operazioni e poi la lotta in val Tomorreces avevano duramente impegnato anche il co mando superiore R.C.F. di Tirana, retto fin dall a sua costituzione, nell'aprile del 1939, dal colonn ello Enrico Palandri, una delle figure di maggior rilievo nella R. guardia di fmanza dell'epoca. Era stato uno dei tre ufficiali che, all'inizio degli anni venti, avevano conseguito il ùtolo presso la scuola di guerra dell'esercito, nella prospettiva d ella costituzione di una grande unità destinata a partecipar e alle operazioni di campagna ed aveva anche dimostrato di possedere singolari capacità di comandante e di organizzatore, guid ando il battaglione speciale "E" nella campagna d'Etiopia, e provved endo poi alla reali zzazione della prima intelaiatura dell'organizzazione d el Corpo in Mrica Oriental e. Palandri possedeva una profond a conoscenza de1l'Albania, dove aveva a lungo prestato servizio con la miss ione Pariani; ciò gli aveva consentito di dirigere co n molto tatto l'operazione di assorbimento d ei quadri della Real guardia di confine- i quali in larghissima maggioranza rimasero leali fino al termine del conflitto- e di mettere in piedi uno strumento informativo di notevole efficacia per la raccolta delle notizie oltre frontiera, imperniato sulla rete capillare dei posti di confine. Anche a conflitto iniziato tale strumento continuò ad o perare alla frontiera jugoslava - si distinsero in parti colare il centro di Scutari, retto dal magg. Villani, c qu ello di Peshkopje, affidato al magg. Buonocore - ed anche in co rri spond enza d el fronte di combattimento, come il centro del cap. Russo, operante prima a Korçe e poi a Gramshi presso il comando del XXVI C.A ..

TI comandante della brigata volante di Cerevodc, sottobrigadiere Clemente Gallì, svolse un'intensa attività informativa oltre le linee prima a favore del comando d el settore Osum, poi del centro del S.l.M. operante a Berat. TI sottufficiale non trascurava tuttavia di agi re "in proprio", ad esempio inviando emi ssari in territorio occupato dal nemico per raccogliere noùzie sulla sorte del cap. Bosco e del sottotenente Marzano, di spersi dopo il co mbattinicnto di Qafa Kuali Bardhe. Periodicamente il s. brig. Gallì inviava rapporti confidenziali al col. Palandri, informandolo sulla situazione generale nel settore di fronte dove erano dislocate le unità mobilitate della guardia di fmanza.

All'inizio delle osti lità, come si è visto, era stato istituito un ufficio staccato presso il comando tattico del C.S.T.A., non lontano da Argirocastro, e le funzioni di collegamento con i comandi d ell'esercito erano sta174

te asso1te direttamente d al colonnello Palandri e dal vicecomandante, ten.col.Vittorio Galiano. La morte di quest'ultimo, avvenuta il 25 novembre per incidente stradale alla periferi a di Tirana, accrebbe sensibilmente le difficoltà anche pcrchè il suo sostilUto, ten.col. Giovanni Dal Negro, giunse soltanto in gennaio.

I problemi non mancavano infatti anche a tergo della zona di combattimento. La necessità di alleggerire la situazione logistica obbligò, ad esempio, il comando superiore FF.AA. ad ordinare il 21 novembre lo sgombero in Italia delle famiglie dei militari. Per la guardia di finanza il provvedim ento riguardava 80 famiglie che dovettero esser concentrate in un ed ificio scolastico di Tirana dopo esser state raccolte nelle località spesso molto periferiche dove prestavano servizio i capi-famiglia., ed avviate successivamente in Italia per via aerea.

Lo sfavorevole andamento delle operazioni militari non tardò a far sorgere qualche preoccupazione per il mantenimento dell'ordine pubblico. Atti isolati di ostilità nei confronti delle truppe italiane cominciarono a verificarsi sia nelle retrovie che nell'interno d el territorio, pur rimanendo ben lontani i livelli di intensità che sarebbero stati raggiunti negli anni successivi, quando si diffuse anche in Albani a la guerriglia esplosa ne ll a vicina Jugoslavia ( 11 l ) .

Proprio in prossimità d ella fron tiera jugoslava fu ucciso, nella notte sul21 novembre ad Ho m esh~ presso Peshkopje, il sottotenente Antonio Ortese, del V battaglione mobile, caduto in un'imboscata tesagli da un gruppo di civili con la complicità della guardia albanese che lo accompagnava in giro di co ntrollo ai posti di confine.

In relazione al deterioramento d ella situ azione interna il generale di divisione dci CC.RR. Agostinucci, pur essendo divenuto vice-comandante generale dell'arma quale di visionario più anziano, rimase in Albania e, con bando n. l O d el comandante superi ore delle FF.AA., fu nominato capo e coordinatore di tutti i servizi d i polizia nel territorio d'operazione.

Dopo una riunione tenuta a Tirana il24 novembre, il gen. Agostinucci provvide a ripartire i compiti tra le varie forze di poli zia. Alla R. guardia di finanza furono affidati integralmente la polizia di fron tiera e quella tributaria e valutaria, mentre la vigilan za per la prevenzione e la ( Ili ) F. 2899/ Segr. del comando R. guardia di finanza d 'Albania in data 13.12.1940.

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repressione d ei reati relativi agli approvvigionamenti ed ai consumi sarebbe stata svolta in collaborazione con l'arma d ei CC.RR. e con la polizia (1 12).

Un problema particolarmente delicato si pose per l'impiego d ei militari albanesi incorporati nell a guardia di finanza. Si trattava, alla fine di novembre, di 37 ufficiali e di 604 sottufficiali e guardie in servizio permanente, in gran parte provenienti dalla disciolta Real guardia d i confine, nonchè di 602 sold ati di leva e di 847 soldati richiamati delle classi 1915 e 1916. Il personale permanente, che stava per essere inserito nei ruoli della R.C.F. in base alla "legge di fusione" del luglio 1939, si dimostrò in complesso leale; non così i soldati di leva ed i richiamati, cedu ti dall'esercito nell'estate per consentire la formazione d ei battaglioni mobili.

Nel corso dei primi combattimenti di frontiera gli albanesi si erano battuti bene, essendo anche protagonisti di atti di valore.

Poi il loro morale ebbe un cedimento improvviso ai primi di novembre, quand o le notizie dell e diserzioni in massa nel korciano provoca rono nelle truppe ed in part e anche nei comandi italiani una specie di psicosi coll ettiva antialban ese, che non mancò di causare incidenti anche di una certa gravità e fu abilmente sfruttata dalla propaganda avversaria anche con la diffusione di notizie del tutto infon date. Così il capitano ] ani Dilo, mentre era sotto attacco al passo di Ku ali Bardhe, trovava il tempo di riferire al comando di battaglione ch e " borghesi dicono essere stato creato nuovo governo albanese in Corizza con numerosi reparti albanesi inquadrati d a ufficiali albanesi che propagano voci di combattere anche per indipendenza d ell'Albania".

n fenomeno ebbe proporzion i relativamente minori nella R. guardia di finanza rispetto a quan to avveniva nei reparti dell'esercito, ma come si è detto le conseguenze furono ugualmente gravi perchè la stretta integrazione tra personale albanese ed italiano fece sì che la defezione anche di pochi elementi mettesse in crisi interi reparti. Alla fine di novembre, 14 uomini d ella compagn ia del capitano Bosco si allontanarono prima ancora di essere venuti a contatto con il nemico, ed altre diserzioni si verificarono nell'ambito d el III battaglione mobile dislocato in val Tomorreces. Negli stessi giorni si allontanarono dai reparti 12 uomini ( 112) Circolare n. 50/20 in drna l 0.12.1940 del comando supt>riorr carabinieri reali d'Albania - Doc. n. 55.

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del circolo di Peshkopje e 4 della compagn ia di Qafa Thanes. Il 15 dicembre passarono in Jugoslavia il sottobrigadicrc comandante della brigata di Victoria, presso Scutari, con otto soldaù del reparto e del distaccamento dipendente di Shiroka.

Nel pom eriggio del 4 gennaio fu la volta dei co mponenti d ella brigata di C llava, compagnia di Tropoja (un sottufficiale e cinque so ldati) .

Fin dai primi C'pisodi nel korciano, il comandante del XXVI C.A. aveva chiesto l'allontanamento da1Ja prima linea d ei reparti albanesi, e così era stato disposto dal comando superiore FF.AA.. che aveva sollecitato proposte anche dal comando superiore R.C.F.

ll colonnello Palanclri suggerì di evi tare provvedimenti drastici e generalizzati, che avrebbero definitivamente compromesso le possibili tà di cooperazione tra mili tari delle due nazionalità, c propose di lasciare la maggior parte degli albanesi ai repa11:i dislocati lungo la frontiera jugoslava, allontanando soltanto i sospetti, ed aumentand o il numero dci militari italiani con rinforzi provenienti dalla \1adrepatria oppure sciogliendo uno dei tre battaglion i mobili ( 11 3).

Gli albanesi già in forza ai reparti su Ua frontiera greca e quelli allontanati dal confine jugoslavo avrebbero dovuto essere assegnati alle brigate costiere ed interne. Si sarebbe anche dovuto cercare di sostitui re, quanto prima possibi le, con uno dei battaglioni mobilitati in arrivo dall'Italia, il III batta glione mobile già al fron te, costituito per circa un terzo da albanes i.

Appena cinque giorni dopo, però, gli avvenimenù in val Tomorreces inducevano il comand ante superiore della R.G.F. a proporre misure più energiche: (1 14) congedamento imm ediato dei richiamati, e dei soldati di leva al compimento del 18" mese di servizio; trasferimento in [tali a, e sostituzione con perso nale italiano del maggior nume ro possibile dei sottufficiali (l 00) e delle guardie (503) pe rmanenti; ( 113) f.n. 2790, LS. in data 3.12.1940 del comando ~upt>riore R. guardia di finanza d 'Albania. ( 114) Ln. 2830/ II S del comando superiore R. guardia di finanza d'Albania.

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trattenim ento in Italia d e11e 54 neo-guardie albanesi che avevano ultimato il corso di formazione presso la legione allievi di Roma ed anticipazione del cor so di perfezionamento per ufficiali d ella stessa nazionalità presso l'accad emia; fusione dei tre battaglioni mobili in un unico reparto interamente formato da italiani, da dislocare alla frontiera jugoslava.

Le proposte furono fatte proprie dal coma nd o superiore FF.AA. ed approvate dal co mando supremo.

n 30 dicembre 1940 il l v ed il v battaglione mobile furono sciolti (115) ed il personale italiano incorporato nel ITI battaglione, ricostituito a Peshkopje al comando del magg. Buonocore, alle dipendenze del comando guard ia alla frontiera dell'Albania, al quale era affidata la responsabilità del servizio di copertura alla frontiera jugoslava. L'organico del battaglione era quello stabilito fin dall'estate dal C.S.T.A..

D comand o e la2• cp. (cap. D'Amore) furono dislocate a Peshkopje, la 1· cp. (cap. Dionisalvi) a Homeshi, la 3• cp. (cap. Pagliaro) a Kukes. In gennaio il battaglione si articolò in tredici distaccamenti, ciascuno di fo rza non inferiore al plotone, ed iniziò l'attività di pattugliamento lungo il confine nel settore Drin-Ostreni, con unità di consistenza non inferiore alla squadra c disponendo di circa ottanta militari sciatori. A disposizione d el settore di vigilanza frontiera di Librazhd fu posta anche una compagnia provvisoria (cap. Castagna) ed un plotone autono mo, quest' ultimo dislocato a Zahodze alla fine di gennaio.

La compagnia, che disponeva anche di un pi ccolo fuoribordo, ebbe la responsabilità della sorveglianza delia riva del lago di Ocrida, al tergo del fronte di combattimento.

n 13 ed ill4 gennaio giunsero in Albania per via aerea due ufficiali, 25 sottufficiali e 450 appuntati e guardie, precedentemente concentrati a Foggia. Essi furono desti nati in parte al I (2 ufficiali, 6 sottufficiali e 120 guardie) ed alli (2 sottufficiali e 30 guardie) battaglione mobilitato, e per il resto al m battaglio ne mobile ed ai reparti di frontiera.

Per gli albanesi si rinunciò al trasferimento in Italia, che avrebbe ( 115) Alla fine di novembre, in seguito all'assegnazione in Albania dcii c del Il btg. mobilitato provenien ti dall'Italia, il C.S.FF.A.A. aveva disposto che i battaglioni mobili della R. C .F. d'A lbania costituiti n ell'agosto precedente cou g li stessi ordin ativi, assumessero la denomiuazione di l V ( Pcshkopije) e V (Kukcs).

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assunto l'aspetto di una deportazione, e fu ordinato dal C.S.F.A.A. il ]oro concentramento a Miloti, a su d di Alessio, presso Scutari, in un battaglione comprendente anche circa un decimo di italiani, alle dipendenze del settore di difesa costiera di S. Giovanni di Medua. Per ragioni infrastrutturali si rinunciò poi alla costituzione del battaglione, e furono istituiti due "distaccamenti d'istruzione" a Linza (cap. Urbano) ed a Scutari (cap. Loro Kodeli), ai quali furono anche aggregati gli ufficiali albanesi esuberanti rispetto alle esigenze dei reparti interni e costieri.

n provvedimento provocò, com'era da attendersi, una recrudescenza delle diserzioni, che a metà gennaio ammontavano a 15 7 casi dall'inizio delle operazioni (l ufficiale, 13 sottu fficiali, 3 7 guardie, l 06 soldati). n fenomeno però da allora decrebbe rapidamente, fino ad esaurirsi con il miglioramento della nostra situazione militare.

14. L'attività in val Tomorreces n ella prima metà di gennaio 1941.

All'inizio del nuovo anno sia l'alto comando italiano che quello greco definirono i loro intendimenti per il prossimo sviluppo d elle operazioni. In un "promemoria operativo n. l " del 5 gennaio 1941 (116) il comando superiore FF.AA. Albania si proponeva come traguardi immediati lo sviluppo di un'azione offensiva a raggio limitato, per allontanare la minaccia avversaria dal porto di Valona, ed alcune iniziative dirette a migliorare la situazione nei settori di Klisura, Ambum, Osum e nella val Tomorreces, in quella sezione centrale del fronte, corrispondente al punto di giunzione tra le zone di competenza della 9" e dell' l l'armata, che continuava ad essere il tratto più preoccupante dell'intero schieramento italiano.

Per la val Tomorreces - dove i due battaglioni della RGF erano rimasti in prima linea dopo il ripiegamento di fine dicembre,- si ipotizzava una prima azione lungo la dorsale di destra (Varr i Lamit - Mali i çipes) con obiettivo Gostanghes. Se tale azione e quelle concomitanti nei settori Osum - Ambum - Klisura si fossero risolte felicemente, le forze dell'Osum avrebbero dovuto portarsi a Q afa Kuali Bardhe, ristabilendo così la linea travolta ai primi di dicembre. In tal modo, si sarebbero poste le premesse per il recupero dell'iniziativa a livello strategico, che avrebbe dovuto concretarsi, verso marzo- aprile, nello sviluppo di una battaglia offensiva avente come primo obiettivo la rioccupazione della regione di Korçe ed in un secondo tempo la prosecuzione de1lo sforzo lungo (116) USSME- "La Campagna di Grecia" - vol. I- pag. 465.

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la direttrice Korçe-Erseke-Ponre di Perati- Kalibaki, accerch iando l'intero schieramento greco sul fronte della II armata. ll 6 gennaio anche il capo di SM ellenico, gen. Papagos, diramò le sue direttive ( 117). La crisi dei rifornimenti e la necessità di ripianare le perdite non consentivano di ipotizzare a breve tem1ine offensive decisive, ma imponevano di accontentarsi di operazioni tendenti ad obiettiYi limitati. Quelle nella val Tomorrcces, ad esempio, "per il momento dovranno semplicemente garantire Curi Prer ed il canale di rifornimenti che passa da detto colle, nonchè eliminare le residue resistenze italiane sulla dorsale di Mali Kulmakes".

L'azione avrebbe dovuto svilupparsi in due tempi: avanzata nelle valle Tomorreces fino all'altezza delle propaggini settentrionali del Tomori e del Bregu i Math, a sud della confluenza del Tomorreces cd il Devoti, per impossessarsi del passo di Dardhes; una volta acquisito il passo, esercitare da esso una minaccia in direzione di Berat da est, concorrendo così all'azione principale per l'investimento della citt~ che avrebbe dovuto svilupparsi lungo le \alli dell'Osum c della Vojussa.

L'8 gennaio, alle ore 7,30, il28oed il33" reggimento di fanteria del II C.A. greco diedero inizio, con l'attacco alla posizione di Mali Topajanit, alla serie di azioni note come la "battaglia di Berat". Gli scontri, al di là delle intenzioni iniziali dello stesso comando ellenico, raggiunsero un'intensità elevatiss ima e durarono fino alla fine di gennaio. Lo schieramento fu intaccato in più punti, ma non si verificò la crisi che avrebbe potuto determinare il crollo del fronte.

Lo Sl\1 greco finì, come si è detto, con l'impegnarsi ben più a fondo di quanto non desiderasse, e lo strumento bellico di cui disponeva ne fu irrimediabilmente usurato, senza conseguire alcun ri sultato risolutivo.

L'epicentro della lotta era situato immediatamente ad ovest del limite di settore tra le due armate italiane. La val Tomorreces, all'estremità dello schieramento della 9' armata, costituì però sempre un elemento di grave preoccupazione per il comando italiano, poichè se lo sbarramento realizzato al fondo di essa avesse ceduto, il fianco sin istro della 11· arma(117) USSME- "La Campagna di Creria"- vol. I- pag. 479.

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ta sar ebbe risultato scoperto, ed il nemico avrebbe po_tuto piombare su Berat aggirando lo schieramento nel settore Osum - Ambum.

Ma in realtà, durante tutto il mese di gennaio, nella valle si svolsero soltanto azioni locali, e soprattutto una vivacissima attività di pattuglie.

li I ed illl battaglione R.G.F. utilizzarono la prima metà del mese per esegu ire lavori di rafforzamento sulle posizioni occupate il 31 dicembre, il I a cavallo del Tomorreces, il II immediatamente alla sua sinistra, a sua volta a contatto prima con il battaglione alpino "Mondovì", poi con l' "Intra". Entrambe i reparti inviarono con continuità pattuglie nella terra di nessuno tra gli opposti schieramenti, nella quale era rimasto conpreso il villaggio di Dobrej, occupato dal I/ RGF prima dell'ultimo ripiegamento (118).

1119 gennaio presso il I battaglione fu costituito un plotone arditi, al comando del tenente Scibetta, che il giorno dopo fu impiegato per la prima volta occupando con un colpo di mano la q.5 13, dove fu poi installata in permanenza una robusta pattuglia. ll II btg. costituì invece un reparto alpieri sciatori - un sottufficiale e 44 guardie al comando del ten. Zappardino - posto a disposizione del comando della divisione "Parma", che lo utilizzò per assicurare il collegamento con l'unità contermine d ella 11' armata attraverso il massiccio del Tomori.

Si cercò anche di curare il riordinamento dei reparti, utilizzando parte del personale inizialmente destinato al comando superiore della RGF d'Albania, ed i materiali che il col.Palandri riusciva a racimolare presso i vari enti dell'esercito. Le condizioni di equipaggiamento dei militari e le disponibilità di mezzi di trasporto furono però del tutto insoddisfacenti per tutta la durata della campagna.

Il problema dei complementi fu affrontato con la costituzione- avvenuta 1'8 gennaio presso la legione allievi di Roma - di una compagnia di due plotoni per ciascun battaglione. Il personale fu fornito dalle legioni territoriali utilizzando, finchè possibile, elementi volontari delle classi più giovani, ed attingendo anche, per un terzo della forza, ai richiamati (119). (ll8) Relazione del comando li battaglione mobilitatO R.G.F. in data 2.2.1941 (119) Circolare n. 6-R in data 8.1.1941 del comando generale R. guardia di finanza.

181

Per sostituire i mobilitati presso i reparti era stato disposto, il28 dicembre, il richiamo della classe 1903.

15. L'azione di Dobrej e l'attività in val Tomorreces fino al marzo 1941.

Nella terza decade di gennaio, mentre sul fronte della 11· armata era in pieno svolgimento la battaglia per Berat, il comando d el XXVI C.A. decise di sviluppare un'azione locale lungo tutto lo sbanamento della Val Tomoneces, al duplice scopo di migliorare l'andamento della posizione di resistenza e di alleggerire la pressione avversaria in conispond enza della vicina valle Osum, dove le truppe deii'Vill C.A. erano seriamente impegnate.

Parteciparono all'azione, oltre al settore "Fini" (I e Il/ RGF e 93" btg. CC.NN.) il settore "Pezzana" (l" rgt.alp.) cd il settore "Sugliano" ( 49" rgt.ftr.) rispettivamente alla sinistra ed alla destra del primo, che comc si è detto occupava il tratto centrale dello sbarramento (il I/ RGF era materialmente schierato a cavaliere del corso d'acqua).

L'ordine di operazioni emanato dal col. Fini c recapitato ai comandi dipendenti alle 16 del 22 gennaio prevedeva per i battaglioni della RGF- entrambe in I scaglione - il consueto dispositivo di attacco, con due compagnie avanzate ed una di rincalzo. Il 93" btg. CC.NN in II scaglione avrebbe dovuto attestarsi sul costone di Lemnusha per presidiare i punti principali della posizione di resistenza dopo che le unità attaccanti avessero lasciato le basi di partenza.

L'obiettivo di attacco era costituito dal costone di Dobrej, che si presumeva non occupato in forze dal nemico. Per tale motivo, l'azione era stata impostata sullo sfruttamento della sorpresa; si era quindi rinunciato alla preparazione di artiglieria, ed era stato prescritto che le compagnie avanzate si portassero nella notte fino a trecento metri dai centri di fuoco avversari, per scattare all'attacco alle 7,30 (120).

Tali compagnie sarebbero state precedute da due plotoni arditi sul fronte di ciascun baw~glion e, con il compito di tentare la conquista degli obiettivi con azioni di slancio. l plotoni del I/ RGF erano al comando dei tenenti Canieri e Scibet( 120) Comando r btg. R.C.F. ord ine di operazioni n. l in data 23.1. 1941.

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IL SETTORE DI VAL TOMORRECES

(alla fine di gennaio)

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~OHI !l. ~~hemerdhej

Scala 1: 100.000

(Da: "La campagna di Grecia " vol. Ili- Ed. 1980 Uj}ìcio Storico Stato 111aggiore Esercito).

ta, quelli delll/ RGF erano affidati ai sottotenenti MigJjorini e Zappardino (rientrato con i suoi sciatori al battaglione il giorno precedente l'attacco), coordinati dal cap. Angelo Dus, ufficiale di collegamento della RGF presso il comando di settore.

Il fuoco di artiglieria avrebbe dovuto essere fornito, a richiesta, dal gruppo da montagna "Val Chisone", che distaccò presso i due battaglioni le previste pattuglie "O.C.". Nel settore del l/ RGFl'azione ebbe lo sviluppo previsto.

Lasciate le posizioni alle 5 del24 gennaio, i due plotoni avanzati riuscirono a portarsi senza esser visti a distanza di assalto dall'obiettivo di l o tempo, costituito da un gruppo di case presso q. 548, che alle 7,30 fu attaccato ed espugnato con un'azione durata in tutto sette minuti.

Senza fermarsi, arditi ed esploratori proseguirono verso l'obiettivo di 2° tempo, q. 4 70, anch'esso raggiunto ed occupato di slancio alle 8,03. Verso le lO anche le compagnie avanzate avevano raggiunto le nuove posizioni, e vi si erano ormai consolidate.

Le cose non andarono altrettanto bene per il Il/ RGF. La l ' compagnia, che procedeva avanzata a destra a contatto con il I/ RGF, alle otto aveva anch'essa raggiunto ed occupato il proprio obiettivo d'attacco, ma vi si era dovuta fermare perchè la compagnia avanzata a sinistra (3'/ II/ RGF) era stata arrestata da alcuni centri di fuoco avversari.

Alle 9,30 il cap. Musto, comandante della 3, cp., era costretto a comunicare di non essere in grado di procedere nell'azione, anche per la natura particolarmente difficile del terreno. In tal modo veniva a determinarsi una situazione piuttosto critica, perchè il ritardo della progressione del reparto lasciava con un fianco scoperto sia la compagnia di de. stra, sia il battaglione alpino "Intra", la cui azione si stava sviluppando immediatamente ad est del settore affidato ai due battaglioni della R. guardia di finanza.

Il comandante di battaglione fece allora intervenire la compagnia di rincalzo (cap. Canali) che, inserendosi tra i due reparti avanzati, riuscì ad aggirare i centri di fuoco avversari, consentendo alla 3" cp. di riprendere il movimento. All'azione concorse anche un plotone del I battaglione (s.ten. de Laurentiis) rinforzato da una squadra mitraglieri e da una mortai da 45, il quale, provenendo dalle posizioni appena occupate,

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riuscì a prend ere di infilata gli elementi avversari asserragliati nelle case di Mekam- obiettivo di attacco della 3• / II/ R.G.F.- costringendoli a ri piegare.

Su bito dopo il comandante del J/ R.G.F., accortOsi che il nemico aveva sgombrato la posizione di q. 595 n el settore del 11/ R.G.F., in viava ad occuparla una pauu gli a di volontari al comand o del sottotenente di arti glieria Del Pero, ufficiale O.C., il quale vi giungeva contemporaneamente ad un pl otone d el U/ R.C.F. A mezzogiorno l'azio ne poteva dirsi condusa e le comp agnie si consoli darono sulle p osiz ioni raggiunte, di stacca ndo pa ttuglie (1 2 1).

La reazion e nemica si fece sentire soltan to il giorno successivo, 25 ge nnaio. Dopo un'intensa pre parazione di artiglieri a e di mortai la fanteria greca venn e all'attacco verso te 15,30, nel punto di con giu nzionc tra il settore d el 11/ RCF c qu ello del b attagli one ••Jntra", senza conseguire risultati. La pressione nemica continu ò a svilupparsi co n notevole intensità per tutto il giorno successivo, soprattutto nel !lettore dell,.'ln tra", al quale fu ceduto in rinforzo il plotone arditi del I RGF, oltre ad un rifornimento d i munizioni. ~e ll'azione, che si esaurì nel corso dcJ 26, fu ferito gravemente, tra gli altri, i] comandante della 2•/ll/ RCF, cap. Canali.

LI combattimento di Dobrej- episodio di mod esta importanza tattica- assun se una notevole ril eva nza morale. Le guardie dei du e battaglioni, in linea da quasi du e mesi, ebbero la sensazione di essere all'inizio dell a ripresa, dopo tante amarezze e sacrifici, c furono consapevoli di aver d imostrato, a se stesse ed ai comandi dell'esercito, di poter reggere il confronto con le migliori unità di fanteria, anche sul piano tecnico-add estrativo.

Il combattimento, soprattutto grazie all"az ionc ri solutiva d ei pl otoni arditi, si era co nclu so infatti in tempi brevissimi e con perdite minime. L'episodio valse anche ai due battaglioni della RGF la citazione nel discorso tenuto da Mu ssoli n i alla camera d ei fasci e delle corporazioni il l O giu gno 194 l , anniversario d ell 'entrata in g uerra: "Jn val Devoli il Tomori era la c<:>rni<'ra eli saldatura tra la g• c r l l ' armata. l\ ella terza d ecade d i {!ennaio, all o scopo d i rafforzare tale delicata salda( 121 ) Doc. n. 56.

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tura. fu effettuato uno sbalzo offensivo in val Tomorizza. occupando le posizioni di Bregu e di Dobrej con gl i alpini delf '·Intra'· e del ""Susa",,con i fanti della "Parma"', colle guardie di finanza dei battaglioni I e n .

Tra coloro che inviarono felicitazioni fu il generale di corpo d 'armata Aldo Aymonino, il quale proprio il26 gennaio aveva assunto la carica di comandante generale in sostituzione del gen. Pignetti, raggiunto dai limiti di età.

Ufficiale di cavalleria con una lunga esperienza di servizio di stato maggiore e di prossimità alla casa real<:- (<:-ra stato aiutante di campo del principe ereditario), il gen. Aymonino resse le sorti della R. guardia di finanza fino aJ termine del conflitto, anche dopo l'armistizio del settembre 1943.

La rettifica delle posizioni consegu ita con i combattimenti del 24 gennaio servì a migliorare la situazione locale (fu sottratta ai greci la disponibilità dell'abitato di Dobrej qual(' osservatorio avanzato e punto di appoggio per pattuglie) ma non costituì l'inizio di quella graduale riconquista della val Tomorrcccs che era stata ipotizzata in una riunione tenuta ad Elbasan il 16 tra il gen. Cavallero e i due comandanti di armata, quale premessa alla ripresa della iniziativa nel settore korciano. Sia per i greci che per gli itali ani il cemro di gravitazione della lotta si era ormai definitivamente spostato ad ovest, sul front(' dell' l l " armata, dove, dopo il fallimento eli un tentativo italiano di rico nqui stare Klisura alla fine di gennaio, ebbe inizio il 13 febbraio una nuova offensiva greca con obiettivo immediato Tepeleni "che in due fasi separate da momentanea stasi si protrasse fino a metà marzo confonden d osi con l'ini.lio della controffensiva italiana in val Deshnices'' (122).

Il settore deiJa val Tomorreces visse così un periodo distasi operativa, appena interrotlo dall'azjone co n la quale i greci riuscirono a rjprendersi la quota 607 di Dobrej, il punto più avanzato raggiunto dalle guardie di finanza nel combattimento del 24 gennaio.

La posizjonc - un'incrocio di mu]auiere situato su uno sperone roccioso presso la confluenza del Tomorreces con il Lumi i Burrenijt era naturalmente forte sul davanti e sulla dc~tra, c facilmente accessibile ( 122) LJSSl\IE • -r.a Camp••gna di Grecia- · ' ol. l • pa~. SX2.

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dalla sinistra, d ove il terreno era coperto da un fitto bosco. Era un'ottima struttura di sicurezza, avanzata rispetto alla linea occupata e fornita di buone possibilità di osservazione, ma palesemente inadatta a resistere ad un'attacco in forze. Per tale motivo fin dal26 gen naio era stato proposto al comando di divisione di rinunciare all'occupazione permanente della qu ota e di farvi invece stazionare con frequenza robu ste pattuglie, ma il suggerimento non era stato accolto.

Alle l 0,45 del l O febbraio su tutta la linea i greci apri rono un intenso fuoco di artiglieria e di mortai che, dopo mezzogiorno, si concentrò sulla q. 607, presidiata da un plotone del I/ RGF rinforzato d a una squ adra mitraglieri. Alle 15,30 la posizione fu attaccata frontalmente, mentre fu scorto un reparto che ne tentava l'aggiramento sulla sinistra, infiltrandos i attraverso il bosco. Il comandante del plotone, s.ten. Consigliere, assicurò di essere in grado di resistere ma ch iese rinforzi; fu quindi avviato verso la quota il plotone arditi del ten. Scibetta.

Anche il comando d el II/ RGF, che a\ eva segui to lo svilu ppo dell'azione, inviò di iniziativa il proprio pl otone arditi (s.ten.Maconio) verso la posizione attaccata.

Poco dopo, però, il s. ten. Consigliere informava di essere ormai prossimo al completo accerchiamento, e chiedeva istruzioni; gli fu ordinato di tentare di aprirsi un varco e di ripiegare verso la linea d el battaglione. Le guardie attaccando all'arma bianca e con lancio di bombe a mano, riuscirono a ri entrare nelle linee sotto la protezione dei du e plotoni arditi.

ll co mand an te d el 1/ RCF, cap. Viarengo, propose al lora al comando di settore di tentare la rioccupazione della quota nella stessa notte, supponendo che l'avversario non fosse ancora riuscito a consolidarsi. ll contrattacco, diretto dal centurion e della MVSN Bianchi, fu effettuato d a una compagnia del 93" btg. CC.NN. e da una formazione del 1/ RGF al comando del ten. Scibetta e costituita dal plotone fucilieri del s.tcn. d e Laurentiis e dal plotone arditi, affidato al s.ten. Consigliere.

I reparti, non sufficientem ente addestrati al combattimento notturno, dopo essersi inoltrati nel b osco persero il contatto.

TI pl otone CC.NN. situato all'estrema destra del dispositi vo incontrò una pattuglia nemica e dopo un brevissimo scambio di colpi ripiegò 186

mentre altri elementi erano ormai giunti in prossimità della posizione.

Resosi conto della situazione, il centurione Bianchi ritenne di dover rinunciare all'attacco ed ordinò il ripiegamento.

Per il resto del mese di febbraio, e per tutto marzo, i due battaglioni furono impegnati in attività di pattugliamento neJla zona di sicurezza, e non ebbero più modo di partecipare ad azioni di qualche rilievo. Continuarono peraltro ad essere durissime le difficoltà ambientali, aggravate dalle frequenti piene del Tomorreces, che travolgendo le passerelle di fortuna realizzate dalle guardie provocavano seri inconvenienti nelle comunicazioni e nei rifornimenti, determinando anche la divisione in due tronconi del 1/ RGF. Tell'ultima decade di febbraio si ebbero importanti mutamenti nell'organizzazione di comando. li colonnello Fini divenuto comandante del 49" fanteria, fu sostituito dal colonnello degli alpini Sivio Brisotto (123), mentre ill/ RGF ebbe un nuovo comandante titolare nel ten.col.Luigi Fantapiè, il quale subentrò al cap. Giorgio Viarengo, che aveva diretto il battaglione dal ripiegamento di fine dicembre. Anche nel ll/ RGF fu necessario sostituire il magg. Peluso, colpito da broncopolmonite, con il magg. Luigi Villani, già comandante del circolo di Scutari.

112 marzo il 1/ RGF, dopo tre mesi di ininterrotta presenza in prima linea, fu finalmente sostituito dal93" btg. CC.NN. sul costone di Dobrej, e prese posizione a Lemn usha, in 2" scaglione. Seguì un intensa attività di riordinamento, agevolata dall'arrivo, il 12 marzo, delle due compagnie di complementi costituite in Italia (124).

Intanto, il fallimento della controffensiva in val Deshnices e Ja decisione di Mussolini di insistere nella gravitazione dello sforzo in corrispondenza del settore epirota, indussero il gen. Cavallero a disporre un' ulteriore rinvio dell'operazione per la riconqu ista di Korçe e la cessione dalla g· all' l l . armata della divisione "Cuneense". ln conseguenza, il 17 marzo il I/RGF ricevette l'ordine di sostituire il battaglione "Pieve di Teco", in linea nel settore del Bregu i Math e destinato a spostarsi con il resto della grande unità alpina. ( 123) Letter-a dr l col. Fini al col. Palandri in data 11.2.1941 (124) l due battaglioni erano piuttosto provati, ('d il comando supremo R.G.F. di Tirana ne sollecitò l'avvicendamento per un breve periodo di riposo.

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TI Bregu i Math, con i suoi 1731 metri di altitudine, era l'ultimo baluardo di qualche consistenza a protezione del medio corso del Dcvoli, ed aveva costituito perciò obiettivo di accaniti attacchi greci. 11 1/ RGF occupò il tratto più elevato della posizione, per l'ampiezza del quale fu necessario disporre tutte e tre le compagnie fucilieri in linea avanzata, con un rinforzo costituito da cinque mitragliatrici della G.a.F. ed una compagnia mortai d a 81. Si dovettero anche eseguire notevoli lavori di rafforzamento, per migliorare le posizioni precedentemente realizzate dagli alpini in condizioni di forte innevamento.

Qualche giorno dopo anche il II/ RGF ed il comando del settore "Brisotto" ricevettero l'ordine di spostarsi su l Bregu i Math, cedendo il tratto d i fronte prima occupato al II/ 3 fanteria "Piemonte''.

La marcia d i trasferimento fu eseguita i125 marzo, e a sera il battaglione prese posizione in 2'' scaglione a tergo del l/RGF. La sera del 28 i reparti furono posti in allarme per un'attacco greco su un settore contermine e la 3• cp. del li fu inviata in rinforzo alla prima linea.

Fu questo l'u ltimo episodio della campagna di Grecia per le unità della R. guardia d i finanza.

Alle 2 della notte sul 29 marzo 1941 il comando del "Settore Erisotto" comunicò ai due battaglioni che il giorno uccessivo avrebbero dovuto concentrarsi ad Han, su l Devoli, per essere trasferiti su altro fronte.

16. 11 trasferimento dei battaglio ni al confin e jugo slavo e la conclusione del conflitto italo-grcco. egli ultimi giorni di marzo una serie d i avven imenti modificò in misura sostanziale il quadro stra tegico entro il quale si collocava la lotta in corso sul fronte greco-albanese. 11 27 un colpo di stato militare rovesciò a Belgrado il governo che aveva appena aderito al Patto Tripartito, ed il rischio d i un avvicinamento anglo-jugos lavo, rimasto allo stato potenziale per LUtto l'inverno, divenne immediato.

L'alto comando germanico, presso il quale era già in avanzato stadio d i preparazione l'operazione "Barbarossa'' per l'attacco all'unione Sovietica, ritenne indispensabile eliminare preventivamente possibili 188

minacce nella penisola balcanica, e decise quindi di procedere alla occupazione della Jugoslavia e di provocare il crollo della resistenza greca invadendo il Paese attraverso la frontiera bulgara (operazione "Marita").

Tali sviluppi, se implicavano una rapida conclusione del conflitto italo-ellenico, ponevano le forze italiane in Albania in una situazione di crisi presumibilmente breve ma molto delicata. Come si è visto, le necessità della lotta sul fronte meridionale avevano costretto il C.S.F.A.A. a sgua rnire quasi del tutto il confine jugo-albanese, rendendolo estremamente vulnerabile rispetto a puntate offensive condotte da forze anche modeste, ma dotate di sufficiente aggressività. Un eventuale successo jugoslavo non avrebbe alterato il risultato finale del conflitto, nel quale la macchina b ellica tedesca stava per esercitare tutto il proprio peso, ma avrebbe implicato una nuova diminuzione del nostro prestigio miliLare, già compromesso dall'andamento delle operazioni contro la Grecia.

Il rischio era stato tenuto presente dal comando di Tirana per tutto l'inverno senza che fosse stato possibile adottare le necessarie misure di garanzia (125).

Ancora 1' 8 marzo, mentre era in pieno svolgimento la battaglia per Tepeleni, il C.S.F.A.A. riprendendo i temi de] P.R.l2 nella versione maggio 1940, individuava una possibile azione principale nemica attraverso il Dibrano, con obiettivo Tirana-Durazzo, sussidiata da azioni secondarie verso Io Scutarino ed il Kossovo.

A tale eventu alità la difesa avrebbe dovuto opporre l'azione ritardatrice delle forze di copertura, a premessa della resistenza ad oltranza da condurre nel ridotto centrale.

Nella situazione contingente, caratterizzata dal conflitto in atto con la Grecia e dall'imminenza di un intervento germanico nei Balcani, l'imbastitura della difesa avrebbe potuto essere realizzata disponendo di almeno due divisioni di fanteria ed una alpina, più una quarta ( corazzata od autoportata) da tenere in riserva nella zona di Tirana. L'azione di vigilanza e di prima resistenza nella zona di confine avrebbe dovuto essere affidata ai CC.RR. ed alla guardia di fin anza, sostenuti su l tergo dai battaglioni mobili della G.a.F. di recente istituzione (126).

(125) f.n. 5600/ S dello S.M.R.E. in data 8.11.1940- diario storico del comando supremo · USSME- Doc. n. 63- pag. 131. ( 126) USSME- "La Campa!J;na di Grecia"- vol. Il- Do<.:. u. 308.

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Il 28 marzo, in presenza dei nuovi avvenimenti in Jugoslavia, l'Ufficio Operazioni del C.S.F.A.A. aggiornò lo studio con il "pro-memoria operativo n. 13" (127), proponendo tra l'altro l'immediata restituzione all'organizzazione di frontiera di quanto in più riprese le era stato sottratto: due battaglioni di CC.RR. ed altrettanti della R.G.F., oltre a 34 compagn ie mitraglieri e 19 batterie della G.a.F.. L'ordine, si è visto, raggiunse il I ed il II battaglione mobilitato della R. guardia di finanza su] Bregu i Math, nella notte sul29 marzo, e ri guardò anche il comando del "Gruppo E risotto", del quale entrava a far parte il btg. al p. "In tra", in sostituzione del 93" btg. CC.NN. Il 30 marzo i reparti si trasferirono con una marcia di otto ore ad Han, accampandosi presso la base logistica della "Tridentina", della quale in un primo tempo sembravano destinati a far parte.

Dopo aver atteso per alcuni giorni gli automezzi necessari, il 3 aprile il gruppo "E risotto" fu trasportato a Librazhd, dove passò alle dipendenze dell'omonimo settore difensivo comprendente anche le divisioni di fanteria "Arezzo" e "Firenze" ed il reggimento "Lancieri di Milano". Il comando de] "Settore Librazhd", alle dirette dipendenze del C.S.F.A.A. fu assunto dal gen. Nasci, già comandante del XXVI C.A..

I reparti della R. guardia di finanza non ebbero quindi modo di partecipare alla fase finale del conflitto i talo-greco, nella quale, in concomitanza con l'invasione da nord est ad opera delle truppe germaniche, le nostre forze ebbero ragione della resistenza ellenica, tenacissima fino agli ultimi giorni di lotta.

Presero invece parte agli ultimi episodi alcune delle 19 unità navali che nel corso del conflitto avevano attivamente concorso alla protezione delle basi di Durazzo, Valona e Saseno con missioni di caccia antisom, scorta e soccorso e come elementi del dispositivo di difesa contraerea portuale.

Il 14 aprile le motovedette "Marcomeni" e "Marras" lasciarono Saseno con una squadriglia di MAS, agli ordini del capitano di fregata Mastrangelo, comandante in 2' di Marina Valona, per eseguire una crociera di intercettazione del traffico nemico davanti a Porto Palermo. Fu aperto il fuoco con il cannone da 76 m m. contro mezzi terrestri in transito sulla litoranea Porto Palermo- Himara e fu ridotta al silenzio una batteria gre(127) USSME - "La Campagna di Grecia" - vol. II - Doc. n. 311.

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ca in postazione presso Porto Palermo. Dall9 al22 aprile le stesse unità, con i MAS 512 e 515, presero parte alle operazioni per la rioccupazione di Porto Edda (Santi Quaranta). La piccola formazione, al comando del capitano di vascello Schiavuta, comandante di Marina Valona,raggiunsc la sera dell9 aprile Porto Palermo dove le du e motovedette imbarcarono un reparto del?'' fanteria "Casale", che du e ore dopo misero a terra acl un pontile nella va lleua di Limione, all'im boccatura della baia di Santi Quaranta.

La "Marcomeni", con a bordo il comandante Schiavuta si inoltrò quindi nella baia~ ma fu costretta a ritirarsi a Li mione per l'intensità della reazione nemica. Alle 23,30 la motovedetta tornò nella rada seguita da un MAS e dopo aver esploso alcuni colpi di cannone contro il castello di Porto Edda mise a terra il capitano di fregata .Monroy, già comandante d i Marina nella località, il quale eseguì una ricognizione accompagnato da un sottobrigadiere c da una guardia. All'alba del20, sempre agli ordini del comandante Monroy, altri componenti dell'equipaggio scesero a terra, alzarono la bandiera sul castello e presidiarono la cittadina fin o all'arrivo delle uni tà dell'esercito, svolgendo successivamente compiti di poLizia militare.

D 27 apri le furono trasferite a Porto Edda le motovedette "Nioi '' r "Manca", le quali due giorni dopo furono impiegate per scortare le motocisterne "Tirso" c "Garigliano", impegnate nel trasporto del l 7'' fanteria "Acqui", destinato all'occupazione di Corfù. La stessa missione fu ripetuta il l " maggio in occasione del trasporto di clementi del l 8" fanteria da Porto Edda a Santa Maura. Le due motovedette rimasero a Porto Edda fino allSluglio, eseguendo complessivamente 39 missioni di scorta e di collegamento, in relazione all'occupazione d elle Tsole Jonie.

17. L'episodio di Castelrosso.

Nel quadro del confl itto italo-greco può anche essere inserita la vicenda dell'effimera occupazione inglese dell 'isola di Castelrosso, nel Dodecanneso.

Nel gennaio l 941, dopo la distruzione della l o· armata italiana in Cirenaica, il gabinetto di guerra britannico ri tenne infatti di essere in grado di intervenire in modo determinante a favore dell'alleato, trasferendo in Grecia un 'aliq uota consistente di fo rze aeree e terrestri, considerate in eccesso rispetto alle esigenze d ella lotta in Africa Settentrionale.

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D comando del Medio Oriente fu così incaricato di mettere a punto un piano (operazione "Mandibles") per l'occupazione di Rodi, al duplice scopo di dare sicurezza alla linea di comunicazione che avrebbe dovuto collegare il corpo di spedizione in Grecia alle sue basi in Egitto, e di esercitare pressione sul governo turco, mantenutosi neutrale.

Per saggiare la reattività del dispositivo italiano nell'Egeo fu decisa l'esecuzione di un colpo di mano anfibio contro la più orientale delle isole del possedimento, Castelrosso, separata appena da un braccio di mare dalla costa dell'Anatolia.

L'isola, sulla quale si trovava tln minuscolo presidio (128), fu raggiunta da una formazione navale britannica, che trasportava un reparto di "commandos", la nuova specialità allora in via di sperimentazione.

Le unità nemiche furono avvistate alle 3,40 del25 febbraio 1941 da una pattuglia composta dal carabiniere Filippo Russo e dalla guardia d i finanza Leo nardi, in servizio di vedetta sulla spiaggia di Punta Nifti.l due militari si lanciarono di corsa verso il paese, dando così il tempo alla stazione radiotelegrafica della R. marina di trasmettere l'allarme a Rodi ed al maresciallo dei carabinieri Tripoli, comandante del presidio, di organizzare la difesa. I battelli inglesi che si presentarono all'imboccatura del porticciolo furono quindi accolti da un nutritO fuoco di mitragliatrici, ed invertirono la rotta scomparendo dietro la punta della Delegazione.

Per chiarire la situazione, furono costituite due pattuglie, una al comando della guard ia di finanza Sguazzin, con tre marinai, che si avviò verso la baia di Nifti, dove si riteneva più probabile l'effeuuazione dello sbarco, l'altra, composta dalla guardia di finanza Leonardi e dalla guardia municipale Funda, uni tosi ai difensori con i suoi due figli, raggiunse la vetta del monte Mundo, con l'incarico di segnalare eventuali movimenti avversari.

La prima pattuglia non tardò ad incontrare i "commandos", e ne seguì un breve conflitto a fuoco, durante il quale caddero la guardia Sguazzin ed un marinaio, un secondo marinaio fu gravemente ferito, ma un terzo, benchè anch'egli colpito, riuscì a tornare in paese. ( 128) A Castclrosso si trovavano 23 marinai, agli ordin i del capo di 2' classe Filippo Mastropaolo, 7 carabinieri comandati dal maresciallo capo Michele Tripo li, un aviere marconista ed il b1·igadiere della R. guardia di finanza Enr-ico Poliu. con le g uardi e Albino Sguazzi n e Nello Lf'onardi.

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Secondo le prescrizi oni del piano di difesa, marinai, carabinieri e guardie di finanza si asserragliarono sull'altura di Palcocastro, c gli inglesi sbarcati nel porticciolo, dopo averli attaccati con bombe a mano ed armi portatili, riuscirono ad a\ eme ragione soltanto nella tarda mattinata, d opo aver fatto ricorso al tiro naval e.

J difensori furono rinchiusi nell'edificio scolastico e successivame nte a Pun ta Nifti, dove fu rono costretti a nascondersi tra gli scogli, non appena comparve una formaz ione navale italiana guidata dall'ammiraglio Biancheri, partita da Rodi.

Vista avvicinarsi al1 a costa la torpediniera "Lupo", il briga d iere Politi riu scì ad eludere la vigilanza e, gettatosi in mare, raggiunse a nuoto l'unità. Preso a bordo, fornì le indicazioni necessarie per la s u cce.,~i' arapida riconquista de ll'isola. e tornò a te rra con una lancia per trarre in salvo il maresciallo Tripoli c capo Mast ropaolo, catturando anche i due "commandos" ch e li custodivano (129).

L'operazione " Mandibles~ fu rim iata. finch(· J'e,·olversi della situ azione ind usse il comando britanni co a rinunciarvi.

( 12Y) Relazione del comandant(' della <'Ompa{!nla R. ~tuardia eli lìnanza di Rodi in data 5.3.1 941 - Doc. n . .'):'

193

Capitolo V

EPILOGO IN AFRICA ORIENTALE l. La situaziom· in A.O.I. alla fine dell940. 2. 1 preparati\ i prrl'offensi\'a britanuica. - 3. Il ripie~amento dalle po~izioni di confine.- 4. La perdita della Somalia.

- .1. La cad uw di Addis Abeba. 6. La difesa di Massaua. - 7. La resistenza nd Calla-Sidamo. - 8. La dift•,a di Coudar. 9. La R.C.F. in Africa orientalr so11o l'amministra7ione militare britannica.

l. La situazione in A.O.I. aJla fine de l 1940. ell'inverno 1940/ 41. me ntre le forze armate italiane vivevano - in Libia e sul fronte greco-albanese- la grave crisi ch e d oveva determinare la fin e d ella •·guerra parallela" e conferi re conseguentemente caratte re di irreve rsibilità al vincolo di all eanza con la Germania nazista, si avviò al suo in evitabile epil ogo anche la vicenda delle truppe isolate in Africa Orie ntale.

N

La strategia adottata nei loro confronti dal gen. Wavell, comandante britannico del Medio Oriente, fu semplice: aspettare senza fretta che, per l'andame nto favorevole d ella lotta nel principale teatro d'operazioni -il .:\ford Africa- si verificasse ro le condizio ni che avreb bero consentito di realizzare localmente una superiorità di forze tale da non lasciare du bbi sull'es ito del conflitto. Intanto, la difesa avreb be dovuto essere anemizzata precludendo qualsiasi possibilità di alimentazion e dall'este rno, e corrosa dall'inte rno sostene ndo l'espansione della guerriglia.

Tale ultima forma di lotta faceva qui il suo d eb utto sulla scena dei grandi con fli tti del XX secolo; era stata dotata di un unico centro di direz ione politica grazie al trasferimento in Sudan del Negus e d ella sua corte, giunti il 2 luglio a Kartum e successivamente spostatisi a Ghcdaref, a non grande distanza d al confine del territorio Amhara; ed e ra stata energicamente sostenuta sul piano militare, mediante l'infiltrazione di missioni di ufficiali britannici e di colonne di rifornimenti e la costitu zione nel bassopiano sudanese di basi d i addestrame nto e di riordina me nto.

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Per aprirsi la strada verso il Goggiam, epicentro della rivolta, gli inglesi tentarono ancora di forzare il passaggio di Mete-mmà- Gallabat:, attaccando il presidio alJ'alba dd 6 novembre.

L'azione, condotta dopo intensa preparazione d'artiglieria e con l'appoggio aereo, ebbe inizialmen te successo, ed il XXVTI btg. coloniale fu costretto ad abbandonare Callabat. La penetrazione fu però arrestata sul margine del fosso Abu nichera dove erano schierati elementi del battaglione mitraglieri della divisione "granatieri di Savoia", ascari del XXV e dd LXXVil battaglione coloniale e del I gruppo bande di confme, e nuclei di carabinieri e di guardif' di finanza.. questi ultimi a presidio delle capaniere 25, 26 e 28, ~:>cmpre al comando del maresciallo Antonio Coinu.

Nel pomeriggio, un contrattacco del LXXVH battaglione, appoggiato da una formazione di S. 79 provenienti da Addis Abeba, riu sciva ad imporre una battuta di arresto agli attaccanti. Il giorn o dopo, mentre afflui va a Metemmà la fV brigata coloniale, gl i inglesi desistevano dall'azione, e si ritiravano consenH·ndo la sera dell'8 novembre la rioccupazionc del fortino di Gallabat.

Dopo il combattimento, nel quadro di una nuo\a sistemazione difensiva, i componenti delle tenenze dei carabinieri e della g uardia di finanza fu rono arretrati a Cengà, circa sei chilometri da Metemmà sulla strada per Gondar, dove fu costituito un posto di blocco, ed al guado del lìume Comar, trenta chilometri più indietro, sede d<;l comando tattico del gen. Martini, comandante delle truppe dell'Am hara.

Il posto di blocco di Cengà subì un attacco aereo l'l l novembre, durante il quale furono feriti il sottobrigadiere Perez e la guardia scelta Famiglietti.

Alla base logistica sul Comar le guardie di finanza svolsero compiti di polizia militare e di difesa vicina, in condizioni ambientali difficili aneh<' per la continua offesa aNca e per l'insidia della guerriglia. All'inizio di dicembre ricevettero in rinforzo un plotone proveniente da Condar, al comando del maresciallo Eutimio Ricci.

Il successo difensivo riportato a Gallabat-Metemmà, se \alse ad impedire temporaneamente la realizzazione di un collegamento diretto tra il ba sopiano sudane"e cd il Goggiam, non influì però in misura sotanziale sullo viluppo della guerriglia, che continuò ad estendersi nei territori dello Scioa, deii'Amhara e del Galla-Sidamo.

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In quest'ultima regione, come si è detto, operava al comando del ten. Ravotto un "Reparto R.Guardia di Finanza" inserito nel l Gruppo Bande di frontiera "Borama", costituito da 15 nazionali ed una ventina d i ascari di finan za, tutti già appartenenti alla compagnia di Moya le, dove era rimasto il maresciallo capo Carlo Legittimo con un'altra aliquota di personale. Piccoli nuclei di guardie, sempre dipend enti dal l gruppo bande, si trovavano ad Obok, alla base logistica di Mega, ad El Dare ed al posto avanzato di Giubba, dove rimase gravemente ferito in combattimento la guardia scelta Giovanni Dettori.

Le vie di comunicazione presentavano, naturalmente, una particolare vulnerabi lità all'azione della guerriglia, tanto da rendere possibili i collegamenti tra i vari presidi soltanto mediante aUlocolonne scortate.

Nella difesa di un convoglio attaccato il26 novembre sulla strada Neghclli - Mega si distinse la guardia scelta Raffaele Ru sso. Minor fortuna ebbe, il giorno dopo, la guardia Ermerindo Zardini, uno dei tre autieri che nel luglio avevano seguito Ravotto alla partenza da ~oyale. Alla guida di un autocarro Bedford aveva raggiu nto la sede del comando gruppo bande ad Obok, provenie nte da Mega, con altri due automezzi. Alle quattro del mattino de127 nove mbre la piccola autocolonna si rimise in marcia per rientrare alia base trasportando anche il comandante della banda comando del gruppo, tenente del R. esercito Di Martino, che si recava a Mega per versare la contabilità mensile, !:lei nazionali, u·a cui la guardia Bruno De Molincr, ed una ventina tra ascari di finanza e dubat.

Superato di pochi chilometri il presidio di El Cuò, nei pressi del monte Cangiarò, gli automezzi furono investiti da un'intenso fu oco di fucileria proven ie nte dalla boscaglia ai lati della pista. Zardini, conduttore dell'automezzo di testa, cadde fu lminato e fu gravemente ferito anche il tenen te Di Martino, il quale ebb e la forza di gettarsi dall'autocarro e d i farsi incontro agli attaccanti lanciando bombe a mano, cadendo pe rò quasi immed iatamente. La guardia De Moliner radunò gli altri militari intorno all'autocarro di coda, e con loro riuscì a tene r testa agli as alitori fino all'arrivo dei soccorsi inviati dal presidio di El Cuò, messo in allarme dal rumore dell a fuci leria.

Il tenente Ravotto, giunto sul posto alcune ore dopo, gui dò una b attuta alla ricerca degli assalitori.

2. I pre parativi per l'offensiva britannica.

La guerriglia ricevette un ulteriore incen tivo dalla missione ese-

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guita tra la fine di novembre cd i primi di dicembre nella zona del Lago Tana dal maggiore Orde Wingate, uno specialista in operazioni speciali già famoso per il ruolo svolto in Palestina, dove in regim e di mandato britannico andavano manifestandosi i prodromi del futuro conflitto arabo-israeliano. Rientrato al qu artier generale del Cairo, Wingate si dedicò all'organizzazione in Sudan di un piccolo esercito di liberazione etiopico, la "Gideon Force", che avrebbe dovuto partecipare alle operazioni convenzionali delle unità regolari britanniche, ma soprattutto funzionare da elemen to catalizzatore e punto di riferimento politico ed organizzativo per le eterogenee formazioni che agivano all'interno dell'Impero.

Si andavano intanto concentrando le forze destinate a costitu ire la morsa che, di lì a pochi mesi, si arebbe serrata su lle truppe italiane. Dai primi di ottobre cominciò a barcare a Port Sudan la s· divisione angloindiana, mentre in dicembre, constatato l'a ndamento favorevole delle operazioni su l fronte libico-egiziano, il gen. Wa veli -compiendo un grave errore di sottovalutazion e dell'avversario c contribuendo a provocare il successivo esaurimento dell'offensiva britannica nel deserto della Sirte, il che accordò alle forze dell'Asse il tempo occorrente a consentire l'intervento dell'""Afrika Korps" di Rommel- decise di ridurre la massa attaccante, ordinando il trasferimento nel Sudan anche della 4• divisione anglo-indiana.

All'estrema sinistra dello schieramento britannico- che comprendeva anche la prccsistente "Sudan Defense Force" ed era agli ordini del generale William Platt - si andava costituendo la "Brigg's Force", una formazione mista di unità britanniche (un battaglione del reggimento "Royal Sussex"), indiane e della Francia Libera (un battaglione senegalese ed uno della legion e stran iera) ch e si sarebbe distinta prima a Chereo e poi nell 'investimento della piazza di Massaua.

L'elemento meridionale della tenaglia - 11· e 12· divisione africana, 1• divisione sudafricana- si andava contemporaneamente formando in Kenya, sotto il comando del gen. Cunningham.

L'addensarsi della minaccia naturalmente fu avvertito dalle unità italiane dislocate lungo il confine eritreo, tra le qu ali una posizione particolarmente impegnativa era occupata dalla compagn ia mobilitata della R. guardia di finanza, schierata dall6 novembre al valico di Sabderat, al centro del fronte, lungo la più probabile direttrice d'attacco avversaria, dove alla fine del mese fu raggiunta anche dal plotone del ten. Ascherio, precedentemente dislocato ad Omera.

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Oltre a presidiare il valico, la compagnia continuava a svolgere un'intensa attività esplorativa a mezzo di pattuglie cammellate composte prevalentemente da militari coloniali, tra i quali si distingueva lo sciumbasci capo Mohamed Ibrahim, che aveva già messo in luce notevoli doti di intelligenza e di deci sione nel periodo in cui aveva comandato il nudeo isolato di Serobatib.

Nel corso di una di tali ricognizioni, il21 dicembre, lo sciumbasci avvistò una conce ntrazion e di mezzi motorizzati a sud di Cassala, nella zona boscosa alla confluenza dei fium i Scioclò e Scinghirbit. La notizia fu immediatamente riferita al comando del presidio di Sabderat, il quale richiese che venisse confermata mediante una ricognizione eseguita da un ufficiale.

All'alba del23 il ten.Aschcrio lasciò quindi il campo co n \ifohamed Ibrah im e quattro ascari. Giunto in prossimità della zona da controllare, l'ufficiale affidò i cammelli a due degli ascari e proseguì con gli altri a piedi fin o a quando, verso mezzogiorno av\ istò un nucleo di cinque autoblindo, sci camionette e tre pezzi d'artiglieria, probabilmente appartenenti ad un' unità indiana. La pattuglia, nascosta nella vegetazione a breve di stanza dal nemico, continuò ad osservarne i movimenti fino a pomeriggio inoltrato quando, scoperta, fu costretta a sostenere un breve conflitto, riuscendo poi a disimpegnarsi cd a rientrare al campo. Lo sciumabasci salvò la vita al tcn. Ascherio freddando con un colpo di moschetto un armato che porta tosi alle spalle d ell'ufficiale lo stava assalendo con una scimitarra.

Mentre le forze britann iche e del Commonwealth andavano concentrandosi in Sudan e nel Kenya, la R.A.F. svolgeva una continua azione di d isturbo sui centri abitati e sulle vie di comunicazione. ln una d i queste incursioni andò d istrutta la caserma della brigata di eghelli, nel Galla-Sidamo, mentre ai primi di gennaio un incrociatore ausiliario bombardò dal mare il distaccamento di Ileis, sulla costa del Somaliland, e qualche giorno dopo quello di Bulhar.

3. Il ripiegamento dalle posizioni di confine.

L'evidenza dei preparativi avversari in Sudan e nel Kenya e lo sfavorevole andamento generale del conflitto - con trassegnato dal fallimento deH'attacco alla Grecia, dal successo dell'offensiva bri tannica in Cirenaica e dall'alteraz ione dei rapporti di fo rze nel Mediterraneo conseguente all'incursione su Taranto d ell 2 novembre- ind ussero il vice-

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rè Amedeo d'Aosta a diramare il 24 d icembre 1940 ai comandanti di scacchiere nuove direttive per la difesa dell'Impero, in cui veniva presa in considerazione senza mezzi termini la possibilità di un rapido deterioramento della situazione.

Tra le varie linee d'azione del nemico ipotizzabili, si attribuiva maggiore pericolosità alla direttrice Cassala- Agordat- Asmara, e veniva quindi stabilita la gravitazione generale dello sforzo difensivo verso lo scacchiere nord.

Per il resto del territorio, scartata - perchè ritenuta irrealizzabile l'ipotesi di un ridotto centrale entro il quale ritirare gradualmente le forze schierate lungo le frontiere e la popolazione civile italiana, veniva disposta la costituzione di un ridotto nel territorio d i ciascuno dei sei govern i, dove la resistenza avrebbe dovuto essere condotta ad oltranza.

Si è osservato che con tali direttive il comando superiore FF.AA. deii'A.O.I. rinunciava di fatto alla direzione unitaria delle operazioni, delegandola ai singoli comandi di scacchiere, ed accettava una prospettiva di difesa statica, sicuramente perdente anche a breve termine.

In effetti, il sistema difensivo italiano fu rapidamente disarticolato dalle due masse avversarie provenienti da nord -lungo la direttrice che era stata esattamente individuata dal nostro comando- c da sud-ovest, e fu possibile al nemico affidare poi a forze relativamente modeste l'eliminazione delle isole di resistenza formatesi nel Calla-Sidamo ed a Condar. In tal modo non soltan to fu perduto l'Impero - il che era probabilmente inevitabile- ma le truppe colà dislocate non furono neppure poste in grado di assolvere in modo significativo una funzione di sottrazione di forze avversarie al teatro d'operazioni principale, e di minaccia alla linea di comunicazione che dall'Oceano indiano adduce al canale di Suez, vitale per le forze britanniche in Medio Oriente.

Occorre tener presente, d'altra parte, che la libertà d'azione del viccrè era pesantemente condizionata dalla minaccia interna costituita dalla rivolta e dalle conseguenti preoccupazioni per la popolazione civile italiana, e dallo sfavorevole rapporto di forze con l'avversario.Una certa superiorità numerica era infatti ampiamente compensata dalla qualità del1o strumento a disposizione, poco mobile, pessimamente armato ( oltre a molto materiale di preda bellica austro-ungarico, erano in dotazione artiglierie ed armi portatili risalenti alla prima ca mpagna d'Africa; tali erano i fuci li Vetterly assegnati ai reparti coloniali ed anche ai richiamati 200

deJia R. guardia di finanza) e costituito in gran parte da truppe indigene, inadatte al confronto con le moderne unità meccanizzatc britanniche e destinate a di sgregarsi rapidamente in caso di sfavorevole andamento delle operazioni.

Le scelte vicereali ebbero comunque l'adesione dei comandi subordinati. Quello dello scacchiere Nord (gen. Frusci) ad esempio, aveva già disposto un certo alleggerimento delle posizioni di confine, tanto che sin dalla metà di dicembre la compagn ia mobilitata della R. guardia di finanza dislocata a Sabderat aveva ricevuto l'ordine di sgombrare sulla brigata di Cheren i materiali non indispensabili presso la base di Tessenei, ancora affidata al maresciallo Calderara. Nei primissimi giorni di gennaio cominciarono a concentrarsi a Sabderat reparti già appartenenti al presidio di Cassala (170' btg. CC.NN. e Cll btg. coloniale) che veniva ridotto.

L'8 gennaio 1941 il gen. Frusci comun icò al comando superiore FF.AA. dell'A.O.l. le propri e proposte per l'attuazione delle direttive emanate il 24 d icembre: in sintesi, era previsto il ripiegamento dalle posizioni del confine eritreo, sulle quali avrebbe dovuto essere lasciato un leggero dispositivo di sicurezza, e l'irrigidimento della difesa su que1le dell'altopiano; avrebbe anche dovuto essere costituito un ridotto con centro in Asmara ed organizzata la difesa d el fronte a terra della base navale di Massaua. L'abbandono delle posizioni del bassopiano su danese-eritreo avre bbe reso necessario anche l'arretramento dell e truppe dislocate nell'Uolcait e, ancora più a sud, lungo i confini del territorio Am h ara, il fian co destro delle quali sarebbe altrimenti rimasto scoperto.

In pratica, ciò avrebbe significato l'abbandono non soltanto di Cassala e de] fiorente comprensorio agricolo di Tessenei, ma anche della posizione di Gallabat - Metemmà, così tenacemente difesa, con conseguente apertura di quel collegamento con la regione insorta del Goggiam che gli inglesi avevano tentato invano di ottenere fin dai primi giorn i di guerra.

Le proposte del gen.Frusci, condivise dal comando superiore, incontrarono quindi l'opposizione dei dirigenti civili del governo vicereale, preoccupati dell' incidenza che l'attuazione delle stesse avreb be avuto su ll'attegiamento della popolazione indi gena.

Dopo una riunione tenuta ad Addis Abeba iliO gennaio fu così ne201

cessario sottoporre la questione a Roma, che rispose due giorni dopo accogliendo sostanzialmente la tesi dei comandi militari.

Furono quindi impartiti gli ordini per il ripiegamento, che ebbe inizio nella notte sul 17 gennaio.

Alle 20 d ello stesso giorno il preavviso di sgombero raggiu nse le truppe del presidio di Sabderat, dove alle 6 del 18 arrivarono i reparti provenienti da Cassala, evacuata il giorno precedente.

La compagnia della R. guard ia di finanza cedette il tratto d i fronte assegnatole al XLlll btg. coloniale, destinato a costituire retroguardia della colonna che, con tutte le truppe del presid io, si mise in movimento alle 17 verso Agordat, dove giunse all'alba del19 gennaio. Poche ore prima era partito da Sabderat il nucleo cammella to al comando di Mohamed Tbrahim, e costituito oltre che dallo sciumbasci-capo, da un muntaz e da 9 ascari di finanza. Filtrando attraverso le avanguardie motorizzate nemiche e tenendosi lontani dalle linee di comunicazione, gli ascari coprirono 350 chilometri in sei giorni, giungendo il 24 gennaio a Cheren; da qui furono avviati direttamente a Massaua, dove arrivarono alle 11 del mattino d el 3 febbraio, riunendosi agli altri reparti della guardia di finanza dell'Eritrea, destinati a concorrere alla difesa d ella base.

Il 20 gennaio, infatti, il comando truppe Eritrea aveva disposto che alla sistemazione difensiva del fronte a terra della piazza militare marittima provvedessero un btg. CC.NN. ed un gruppo mobilitato misto della R.G.F. alla cui costituzione avrebbero dovuto concorrere tu tti i reparti del Corpo dislocati nel terri tori o della vecchia colonia.

La nuova unità, ordinata su tre compagnie, ciascuna comprendente un nucleo comando, un plotone fucilieri nazionali ed un plotone fucilieri coloniale, avrebbe inglobato i reparti già mobilitati - la compagn ia costituita in maggio a Tessenei, il plotone autOnomo di Carora e quello formato in settembre a Massaua con i militari dei distaccamenti costieried il personale dei reparti territoriali reso di sponibile dalla drastica riduzione dei servizi d'istituto.

In base agli ordini ricevuti la stessa sera d el 20 gennaio, pertanto, la compagnia mobilitata si portò da Adigrat a Cheren, dove incorporò il plotone ripiegato da Carora, e di qui in treno ad Asmara (130). ( 130) Relazio ne del Comando R.Cuardia di Finanza d eii'A.O.I. in data 19.2. 194 1.

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Alle l O del mattino del 22 gennaio, nella caserma della capitale il maggiore Michelangelo Puglisi, comandante la R. guardia di finanza dell'Eritrea dichiarò sciolta, dopo 244 giorni di ininterrotta presenza in prima linea, la compagnia mobilitata ed annunciò la costituzione, con decorrenza dal giorno successivo, del gruppo misto destinato alla difesa di Massaua.

La nuova dislocazione fu raggiunta in treno nel pomeriggio del23 ; gli uomini si sistemarono in un primo tempo nei locali della dogana, per attendarsi poi in prossimità del tratto di fronte che avrebbero dovuto sistemare a difesa, 15 chilometri tra il mare e la strada Massaua - Asmara.

Sul confine sudanese, intanto, elementi della "Gazelle Force" occupata Cassala presero contatto fin dal 18 gennaio, ai pozzi di Uaccai, con la retroguardia della XII brigata coloniale. Il21 si svolse il combattimento di Cherù, in seguito all'esito del quale fu deciso il ripiegamento sulla linea di resistenza ad oltranza, tra Agordat e Barentù. Tale linea fu investita e sfondata tra il27 ed il31 gennaio, e le unità dello scacchiere Nord si ritirarono sulle posizioni di Cheren, dove dal2 febbraio alla fine di marzo l'esercito italiano scrisse una delle pagine migliori della sua storia.

L'ordine di ripiegamento dalle posizioni del bassopiano sudanese riguardava come si è visto anche le truppe del'Amhara, il cui fianco settentrionale sarebbe altrimenti rimasto scoperto in seguito all'arretramento delle forze dislocate in Eritrea.

Il27 gennaio fu disposto lo sgombero di Metemmà, attuato sotto la protezione di nuclei ritarda tori i quali resistettero in posto fino alla notte sul l ., febbraio, ripiegando poi sulla base di Comar. Le guardie di finanza del maresciallo Coinu si misero in marcia il giorno successivo per raggiungere Gondar, dove furono incorporate nel plotone destinato a concorrere alla difesa della città, al comando del maresciallo Ricci.

Più avventurosa fu la ritirata d egli uomini della tenenza di Gubba, i quali nel corso dell'estate al comando del ten. Gioseffi avevano partecipato alle operazioni del2., gruppo bande di confine, eseguendo missioni di esplorazione nella fascia di frontiera e concorrendo alla difesa contraerea ed antiguerriglia della località. n giorno di capodanno 1941le guardie e gli ascari di finanza si misero in marcia verso il Galla-Sidamo, retroguardia di una lunga colonna comprendente le altre forze dislocate nella zona ed appesantita dalla presenza di circa quattrocento donne e 203

bambini, in massima parte familiari di militari coloniali. La marcia si svolse in condizioni di estrema difficoltà nel territorio boscoso del Beni Sciangul, sotto la continua azione di disturbo dei guerriglieri, che il giorno 3, al guado del fiume Belas, effettuarono un'attacco in forze, respinto dalle guardie insieme ad elementi del 2° gruppo bande.

Numerosi furono i decessi per sfinimento, anche per le pessime condizioni fisiche dei militari, logorati dai mesi di permanenza nel clima malsano del bassopiano; con ogni probabilità fu questa la fine della guardia Giulio Gagnoli, affetto da malaria, risultato disperso al termine della marcia.

1'8 gennaio la colonna si attestò a Uomberà, da dove, dopo una sosta di qualche giorno, proseguì per Asosa, Lekemti e Gimma, finalmente raggiunta 1'8 febbraio. A metà mese le guardie furono trasferite ad Addis Abeba per essere inquadrate nella compagnia mobilitata dello Scioa.

4. La perdita della Somalia.

La minaccia andava intanto prendendo consistenza anche all'estremità meridionale dello schieramento italiano, alla frontiera con il Kenya, dove già a metà dicembre il gen. Cunningham aveva voluto saggiare la consistenza della nostra difesa attaccando il posto avanzato di El Uasch, sloggiandone il presidio.

Anche le decisioni riguardanti la difesa della Somalia erano state difficili per il vicerè.

La resistenza ad oltranza sulla linea del Giuba, poco a tergo del confine, troppo lunga e priva di appigli naturali, era chiaramente priva di prospettive, tenuto conto dello strumento a disposizione, costituito soltanto da reparti coloniali, dei quali era già manifesta la scarsa capacità operativa nel particolare contesto. Ed una volta rotto il sottile diaframma della difesa, l'avversario avrebbe dovuto superare soltanto difficoltà di ordine logistico per risalire il corso dell'Debi Scebeli, attraversare la regione desertica dell'Ogaden e raggiungere i rilievi dell'Harar, prima possibile posizione difensiva a diretta protezione del cuore dell'impero.

Ma questa volta il Duca d'Aosta non aveva alternativa.

Poichè disponendo soltanto di ascari e dubat appiedati non era certo il caso di pensare ad una difesa manovrata contro un avversario 204

motorizzato, e lo sgombero senza combattere dell'intera Somalia italiana presentava un costo politico ritenuto inaccettabile, non restava che resistere sul Giuba.

n sistema difensivo italiano era articolato in due settori- medio e basso Giuba- che in ottobre avevano assunto rispettivamente la denominazione di l ol a e di l 02. divisione, rimanendo tuttavia ciò che erano prima, organismi territoriali comprendenti piccole unità coloniali, costituite, salvo un ristretto numero di specializzati nazionali, da elementi somali, male armati e privi di mobilità. I militari della R. guardia di finanza dislocati nell'Oltre Giuba ( tenenza di Chisimaio) erano stati riuniti in un reparto mobilitato di forza equivalente ad una compagnia (un ufficiale, 4 sottufficiali, 25 nazionali, 75 ascari). L'unità, dipendente dal comando della l 02" divisione, nel gennaio 1941 era schierata tra Candala e Burgao con compiti di difesa costiera. n comando era a Candala, dove ill8 gennaio il ten.Vittorio Intrabartolo aveva sostituito il ten. Nicola Di Martino; distaccamenti erano dislocati a Girole, StambuL Cudaio e Seia.

n l Ofebbraio fu ordinato il ripiegamento dietro la linea del Giuba, ed ill3 fu evacuata Chisimaio; due giorni dopo l'intera linea fu investita dall'Il· e dalla 12• divisione africana. Il20 febbraio la caduta del caposaldo di Gelib determinò il cedimento della linea. La 12' divisione piegò a nord, tallonando i resti della l Ol •italiana che tentavano di raggiungere il Galla-Sidamo risalendo il corso del Giuba; tra essi erano i componenti della brigata di frontiera di Dolo, i quali riuscirono a portarsi a Dalle, e di qui a Neghelli.

L'Il• divisione africana puntò invece direttamente su Mogadiscio.

Le unità della l 02" divisione italiana non riuscirono a sottrarsi al contatto ed andarono completamente distrutte; la compagnia della R.G.F. seguì la medesima sorte.

In un clima di generale demoralizzazione, accentuato dal quasi totale sbandamento delle unità somale, erano state impartite fm dal 19 febbraio le disposizioni per lo sgombero della capitale, ritenuta indifendibile.

Per consentirne l'attuazione, fu costituito un distaccamento ritardatore a Modun, e si cercò di imbastire un velo difensivo a protezione degli accessi alla città, appoggiato all'abitato di Vittorio d'Africa ed ai ponti sull'Uebi Scebeli di Mgoi e di Balad.

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Al comando della R. Guardia di Finanza di Mogadiscio fu chiesto di approntare 15 militari nazionali per assicurare il servizio di polizia stradale nella zona di Modun, ma poi nessuno si p resentò a prelevarli con i necessari mezzi di trasporto.

La situazione andava d'altra parte rapidamente precipitando. T1 23 gli ingles i, superata Modun, erano a Vittorio d'Afri ca. 1l comandante d ello scacchiere, gen. De Simone, ordinò a tutte le truppe di ritirarsi per Belet Uen e Dagabur su H arar, dove si r ecò egli stesso, dopo aver impartito disposizioni per la consegna della capitale somala alle autorità bri tanniche.

Mogadiscio era stata infatti dichiarata "citta aperta", una volta constatata l'impossibilità sia di difend erla che di sgombrare la popolazione italiana, novemila perso ne.

11 tenente colonneJJ o Mario Urbano, comandante dell a R.G.F. della Somalia, aveva informato il 2 l feb braio Add is Abeba circa la critica situaz ione in cui era venuto a trovarsi. Er a del tutto privo di notizie d ei reparti territoriali e della compagnia mobilitata, con la quale aveva tentato in utilmente di mettersi in contatto inviando un autocarro con rin forzi fin oltre Gelib. Aveva cercato di fa rsi dare istruzioni sia dal comando piazza che dal segretario generale del governo, i quali si disponevano a lasciare la città cedendo i poteri al podestà Salvatore Giuliana, ma nessuno aveva saputo dirgli niente di preciso.

Era però stato già d eciso che la tutela dell'ordin e pubblico, dopo la partenza dei comandi militari, rimanesse affid ata all a P.A.I. ed erano quindi già stati presi accordi con il questore per l'eventualità che anche la guardia di fmanza fosse stata destinata a rimanere in posto, come previsto dalla legge di guerra e, soprattutto, come richiesto dalle necessità di protezione della popolazione civile.

La chiusa della lettera diretta al comando di Addis Abeba dimostra che il ten.co1. Urbano non si faceva illusioni :"Credo che questa lettera sar à l' ultima che posso inviare a codesto comando. Nel prendere commi ato da Voi e dagli altri ufficiali di Addi s Abeba, vi assicuro che la R.Cuardia di Finanza della So malia italiana, co me è nostro uso, qualun que cosa accada, farà il suo dovere, per la grandezza d el Corpo e della Patria" (13 1). ( 131) f.n. 76/ S del Comando R.C.F. della Somalia Italiana in data 21.2.1941.

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Ricevuta la lettera la sera del24, il comandante della R. guardia di finanza dell'A.O.I., dopo aver consultato sia lo stato maggiore del comando superiore FF.AA. che il governo generale, inviò al comando della Somalia il seguente radiogramma: "Prendete ordini codesto Scacchiere et Governo per funzionamento secondo necessità et eventuale nuova sede".

Ma probabilmente il messaggio non fu mai ricevuto; fin dal22 febbraio era in corso l'evacuazione di Mogadiscio da parte degli enti militari e a mezzogiorno del24 erano stati distrutti gli impianti radiotelegrafici.

Il 26 febbraio gli inglesi occuparono la città, e del personale della guardia di fmanza della Somalia non si seppe più nulla. La situazione destò una certa inquietudine presso il comando generale, probabile riflesso di una diffusa insoddisfazione romana per la repentina perdita della colonia. ll generale Aymonino telegrafò il 6 marzo: "Fornite telegrafiche notizie ufficiali et militari Governo Somalia"; ma da Addis Abeba il ten.colonnello Adone, due giorni dopo, dovette rispondere di essere a sua volta privo di informazioni fin dal23 febbraio, tanto che lo stesso comandante della R. guardia di fmanza dell'A. O .I. aveva ritenuto necessario recarsi ad Harar per chiarire lo svolgimento degli avvenimenti (132).

Sia ad Harar che a Giggiga, il colonnello Sismondo conferì con il gen. San tini già comandante della l 02• divisione, con il segretario generale del governo della Somalia, Bottazzi, e con altri ufficiali provenienti da Mogadiscio, senza ottenere notizie precise circa la sorte dei reparti della guardia di finanza, ed i motivi del loro mancato ripiegamento. Ad Harar erano infatti giunti soltanto 11 sottufficiali e 27 guardie, partite da Mogadiscio per scortare il comando di scacchiere ed i valori della Banca d'Italia, e pochi altri riuscirono a raggiungere le nostre linee nei giorni successivi, come il brigadiere Pierino Colangelo, reggente del magazzino generi di monopolio di Baidoa, il quale si mise in marcia il 23 febbraio con due ascari che in seguito lo abbandonarono, e giunse ad Harar ill2 marzo, dopo aver percorso parecchie centinaia di chilometri a dorso di cammello e poi a piedi.

Soltanto dopo la guerra si seppe che le guardie di Mogadiscio, con il ten.col. Urbano, il capitano Kibel ed il tenente Castellana, erano rimaste alloro posto, concorrendo al mantenimento dell'ordine pubblico con i militi della P.A.I. ( 132) Doc. n. 58 e 59.

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Normalizzatasi la situazione, l'amministrazione militare britannica continuò a tenere in servizio tale personale, affidandogli prevalentemente compiti di polizia economica, soprattutto nel settore annonario, fino a quando, il 6 agosto 1941, non ne decise l'internamento quali prigionieri di guerra (133). L'avanzata delle forze britanniche su Harar attraverso l'Ogaden tagliò fuori le truppe italiane dislocate in Migiurtinia, e con esse i reparti della compagnia di Dante, comandata dal ten. Francesco Vecchio, con la quale il comando di Addis Abeba ebbe l'ultimo contatto radio il 18 marzo. Tali reparti seguirono la sorte delle altre forze italiane, catturate dai britannici nel corso del mese di maggio.

5. La caduta di Addis Abeba.

In una Harar congestionata dalle truppe provenienti dalla Somalia, il gen.De Simone, dal 9 marzo passato al comando dello scacchiere Est, tentava di imbastire una resistenza che consentisse almeno di mettere ordine nella ritirata.

n problema era pressocchè insolubile, poichè in seguito alla generalizzata defezione dei militari indigeni, il comando italiano poteva ormai fare completo assegnamento soltanto sui reparti nazionali, in tutto due battaglioni di CC.NN. (uno dei quali formato da richiamati), qualche unità di artiglieria e per il resto "autisti, specializzati del genio, carabinieri, guardie di finanza e militari della P.A.I. distribuiti tra i vari presidi del territorio nonchè avieri rimasti senza impiego dopo la perdita di gran parte degli apparecchi" (134). n colonnello Sismondo, utilizzando il personale recuperato dalla Somalia e da Giggiga. riuscì a formare il l Omarzo una compagnia su due plotoni fucilieri ed un plotone comando, circa un centinaio di uomini, quasi tutti nazionali, affidati al capitano Gerardo Gravina. Un altro plotone, due sottufficiali e trentotto guardie al comando del maresciallo capo Luigi Terrazzino, fu posto a disposizione per la difesa vicina del Comando Scacchiere.

Il 17 marzo giunse ad Harar, autotrasportato, il personale della compagnia di Berbera con il capitano Salvatore Pacinico: soltanto 4 sottufficiali, 28 guardie e 15 ascari, perchè non era stato possibile recuperare i militari del plotone di Erigavo ( ten.Pucci) che caddero prigionieri (133) Relazione del ten.col. Mario Urbano in data 18.3.1949.

(134) A. ROVIGHI: "Le operazioni in Mrica Orientale"- USSME- vol. I- pag. 302.

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come quelli dei distaccamenti costieri di Ras Sciullah, Heis, Harsao e Las Gorei. Rimase invece in posto il plotone di Zeila, per il quale alla fme di marzo non erano ancora state impartite disposizioni.

Sismondo, seguendo il criterio già adottato in Eritrea, pensava di riordinare il personale dei reparti territoriali in un battaglione mobilitato su tre compagnie: quella appena formata ad Harar, la compagnia dello Scioa ed una terza, che si riteneva di poter costituire con i militari già di stanza ad Harar, Dire Daua e Zeila.

Per assumere il comando della nuova unità il tenente colonnello Angelo Zagra lasciò il20 marzo quello della guardia di finanza dell'Amhara e raggiunse Addis Abeba.

TI 16 era intanto giunta in treno a Dire Daua la compagnia dello Scioa. Era un bel reparto ordinato in un plotone comando, un plotone fucilieri e due mitraglieri ciascuno su quattro armi, per una forza complessiva di 3 ufficiali e 170 tra sottufficiali e guardie, tutti nazionali. Costituito all'inizio delle ostilità, non aveva fino ad allora partecipato direttamente alle operazioni poichè era stato utilizzato quale elemento della cintura di sicurezza realizzata intorno alla capitale dell'Impero.

Il precipitare degli avvenimenti fece però accantonare l'idea di una difesa ad oltranza delJa città, e la compagnia fu inviata in tutta fretta a prendere posizione a Carsà, uno dei caposaldi delJa linea di resistenza che si tentava di organizzare immediatamente a sud di Dire Daua sulle provenienze da Harar, occupata dagli inglesi la sera del 26 marzo.

Elementi meccanizzati della 11• divisione africana presero contatto con la linea italiana il mattino successivo, proprio nella zona di Carsà, ed intensificarono la loro azione nel pomeriggio, avvalendosi anche di un consistente appoggio aereo.

Era evidentemente impossibile opporre una resistenza organizzata all'avanzata nemica, c fu ordinata la ritirata generale dietro il corso del fiume Auasc. Anche la compagnia della R. guardia di finanza, riuscita a disimpegnarsi a Carsà, eseguì il movimento ed occupò un tratto delJa nuova linea.

La sera del31 marzo il Duca d'Aosta rese note le proprie decisioni.

Tutte le truppe schierate sulla linea dell' Auasc avrebbero dovuto ritirarsi nel Ga1la-Sidamo, dove si sarebbero trasferiti anche la maggior parte 209

del presidio di Addis Abeba, lo stato maggiore del comando superiore FF.AA., i comandi dei carabinieri e della guardia di finanza, nonchè i dirigenti civili del governo generale ed i gerarchi del partito fascista. Ad Addis Abeba avrebbero dovuto restare, agli ordini del generale della P.A.I. Mambrini, gli appartenenti alle forze di polizia, compreso il personale del comando R. guardia di finanza dello Scioa, per assolvere con il concorso di formazioni ausiliarie civili armate il difficile compito del mantenimento dell'ordine pubblico (135).

Nella critica situazione del momento, era quest'u ltimo problema ad assumere carattere nettamente prioritario, poichè nella capitale si trovavano circa trentacinquemila civili italiani, quasi tutte donne e bambini, i qua)j sarebbero rimasti in balia dei centomila scioani pure presenti m città, nell'intervallo di tempo tra l'evacuazione delle nostre truppe e l'arrivo di quelJe inglesi.

Occorreva ridurre al minimo la durata di tale intervallo, e fu perciò ordinata la cessazione di ogni attività che ritardasse la progressione delle avanguardie britanniche. l1 3 aprile ebbe pertanto termine la resistenza sulla linea delI'Auasc, e le truppe, compresa la compagnia mobilitata della R. guardia di fi nanza, si ritirarono nel Galla-Sidamo, mentre il Duca raggiungeva il rid otto dell'Amba Alagi, dove si andavano concentrando i superstiti del fronte nord, in ripiegamento dall'Eritrea.

Sulla via di Addis Abeba rimase un drappello di motociclisti della P.A.I., con il compito di agevolare la marcia della l · brigata sud-africana, che finalmente, alle l 0,30 del 6 aprile, entrò in città ( 136).

6. La difesa di Massaua.

Sul fronte nord, la resistenza a Cheren durò dai primi di febbraio al26 marzo 1941. Ad Asmara, intanto, la vita co ntinuava secondo un ritmo quasi normale, salvo che per le frequenti incurs.ioni aeree. n maggiore Puglisi, ceduto il comando del gruppo mobilitato di Massaua al capitano Vincenzo Croce, era tornato nella capitale, dove il comando R. guardia di fmanza dell'Eritrea funzionava regolarmente. n nucleo di (135) Telegramma del Vice Co\ernatore Generale Daodiace in data 12.4.1941 (136) A. DEL BOCA: ..Cii Italiani in Africa Orientale- la caduta ddl'lmpero"- Bari 1982pag. 459.

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L'ATTACCO CONTRO L'ERITREA L'OCCUPAZIONE DI MASSAUA (8 APRILE 1941)

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(Da: ((Le operazioni in Africa Orientale» vol. T- Ed. 1988- '-!/Jìcio Storico Stato Maggiore Esercito).

polizia tributaria di Asmara, diretto dal capitano Delfino, era impegnato soprattutto per assicurare l'applicazione delle ordinanze dell'alto commissario per l'economia di guerra, Gasperini, che si facevano più frequenti e più drastiche con il peggioramento della situazione generale. Si dovette provvedere alla requisizione del carbon fossile, a quella dell'acido solforico, in febbraio persino a quella dei materiali di cancelleria, disposta dal comando scacchiere per le esigenze degli enti militari. TI comandante del nucleo, poi, continuava a partecipare alle riunioni del comitato vigilanza prezzi ed a quelle della commissione istituita per determinare il valore delle merci contenute a bordo dei mercantili tedeschi rifugiatisi nei porti eritrei allo scoppio delle ostilità.

A Massaua il comando della piazza militare marittima, costituito il l o febbraio ed affidato al contrammiraglio Bonetti, aveva deciso - allo scopo di dare profondità alla difesa del fronte a terra - di raddoppiare la vecchia cintura difensiva, imperniata sulle posizioni dei forti Vittorio Emanuele ed Umberto I, di quota Segnale e di Monte Uadi, costruendo un paio di chilometri più avanti una serie di postazioni campali, sulle quali si sarebbe dovuto tentare di imporre una prima battuta d'arresto all'attaccante. Guardie di finanza, marinai e camicie nere furono impegnati nei lavori, finchè a metà marzo non ci si rese conto che la nuova organizzazione difensiva avrebbe richiesto forze superiori a quelle disponibili. Le nuove posizioni furono quindi abbandonate per occupare quelle della cinta preesistente.

Al gruppo mobilitato della R. guardia di finanza fu assegnato, come si è detto, il settore nord, attraversato dalla pista per Emberemi; al centro erano schierati due battaglioni di marinai, in corrispondenza della ferrovia e della strada per Moncullo ed Asmara; il settore sud era affidato al battaglione CC.NN. La sistemazione difensiva era completata da un reticolato e da campi minati, per realizzare i quali erano state utilizzate anche torpedini e bombe di profondità depositate presso la base navale.

Dal 27 al 31 marzo si svolse il combattimento di Ad Teclesan, nel corso del quale una parte delle truppe italiane recuperate dopo lo sfondamento del fronte di Cheren tentò di arginare l'avanzata britannica per dar tempo alle forze dello Scacchiere Nord di ritirarsi verso il ridotto dell'Amba Alagi, dove si intendeva condurre la resistenza ad oltranza.

Alle 1O del mattino del31 una guardia in servizio presso il tribuna211

le militare di Asmara telefonò al maggiore Puglisi per avvertirlo che si stavano affiggendo manifesti riguardanti la resa della città (137). L'ufficiale tentò di mettersi in contatto telefonico con i comandi militari e non essendo riuscito ad ottenere istruzioni precise, si recò alla sede del comando scacchiere dove finalmente vide il colonnello Pizzorno, capo di stato maggiore, il quale gli ordinò di seguire con i propri uomini il comando stesso, in trasferimento per l'Amba Alagi.

Il maggiore Puglisi si presentò allora al gen. Frusci, comandante dello scacchiere, proponendogli di raggiungere invece Massaua, dove si trovava la maggior parte dei suoi dipendenti; ottenuta l'autorizzazione, tornò in caserma, dove, coadiuvato dall'aiutante maggiore ten. Fiore, si diede da fare per riunire i militari presenti alla sede e per raccogliere gli automezzi di fortuna necessari per il trasferimento.

Alle 13 riuscì a partire con un centinaio di uomini, lasciando indietro soltanto il ten. Fiore ed alcuni sottufficiali, che giunsero a Massaua due giorni più tardi, dopo aver distrutto od interrato gli atti d' ufficio, e pochissimi militari ricoverati in un ospedale. Tutti avevano risposto all'appello, benchè molti lasciassero ad Asmara le famiglie, in condizioni di estremo pericolo.

Riassunto il comando del gruppo mobilitato alle 19 del31 marzo, Puglisi provvide a distribuire gli uomini che l'avevano seguito tra le compagnie, così schierate: 3• cp. ( ten. Bonaveri) avanzata a destra, dal mare al fortino n. 5; 2' cp. ( ten. Staro) avanzata a sinistra, dal fortino n. 6 al n. l O; l · cp. (cap. Delfino) in rincalzo.

Cooperava direttamente con il gruppo una batteria di accompagnamento da 65/ 17 al comando del cap. Carmelo Salvato.

Nei giorni immediatamente successivi affluirono a Massaua anche una parte dei superstiti del combattimento di Ad Teclesan; quelli già appartenenti all'Il" reggimento granatieri di Savoia vennero raccolti in un battaglione di formazione su due compagnie, una destinata a costituire il rincalzo di settore, l'altra schierata all'estrema destra del fronte difensi(137) Relazione del comandante del Gruppo Mobilitato Misto della R. Guardia di Fi nan za dell'Èritrea - Doc. n. 60.

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vo, il che consentì di ridurre l'ampiezza del settore affidato al gruppo della R. guardia di finanza, che risultò quindi di circa cinque chilometri.

Occupata Asmara il1 o aprile, il grosso delle forze britanniche si diresse verso l'Amba Alagi, mentre all'eliminazione delle truppe italiane raccolte a Massaua fu destinata la X Brigata della s· divisione anglo-indiana, oltre alla "Brigg's Force" avviata direttamente da Cheren.

Le due unità si riunirono il giorno 3 ed assunsero lo schieramento per l'investimento della piazza, occupando le postazioni della cinta esterna costruite e poi abbandonate dagli italiani. Tale rischio era stato intuito dal magg. Puglisi, il quale, appena riassunto il comando, aveva inviato una squadra al comando del maresciallo Luigi Stivali ad occupare il fortino posto sulla pista di Emberemi, costituendovi un avamposto con compiti di osservazione ed allarme.

Nelle notti sul 3 e sul 4 aprile si svolse da entrambe le parti un'intensa attività di pattuglie, nella quale si distinsero i marescialli Forzatti e Stivali ed i brigadieri Canu e Valdambrini. Un'intimazione di resa fatta da parlamentari britannici nel pomeriggio del 5 determinò una tregua, richiesta dall'ammiraglio Bonetti per attendere istruzioni da Roma, del1a quale il comando italiano approfittò per rinforzare la linea di resistenza, inserendovi anche la l a compagnia, precedentemente in rincalzo, e per ritirare dai centri di resistenza i militari coloniali, riuniti in due plotoni agli ordini dell'aiutante di battaglia Steri e del maresciallo Piccioni Leopardi, con il compito di prevenire sorprese sul tergo delle posizioni.

L'ordine di resistenza ad oltranza fu confermato dal comando supremo e le ostilità ripresero alle 18 del 7 aprile.

Nella notte successiva una pattuglia al comando del tenente Dosi, inviata a riconoscere la pista di Emberemi, dalla quale l'avamposto era stato ritirato una volta venuto a contatto con il nemico, si accorse che le mine disposte sul1 a pista stessa erano state disinnescate e provvide a riattivarle.

Verso le due dell'8 aprile i presidi dei centri di resistenza furono messi in allarme dal lancio di razzi, e circa un'ora dopo l'imminenza dell'attacco veniva confermata dalle pattuglie inviate in zona di sicurezza dalla l " compagnia (brig. Puggioni) e dalla 2" (m.llo Bartolomucci).

Alle tre del mattino furono attaccati i fortini n. 3 e 3 bis, che riuscì213

rono a respingere l'avversario con il fuoco delle "Schwarzlose", mentre veniva investito anche il settore occupato dai granatieri. Verso le quattro la squadra coloniale addetta alla difesa vicina del comando gruppo, comandata dallo sciumbasci Mussa Mohamed, si imbattè in un forte nucleo avversario infiltratosi tra i fortini n. 5 e n. 6. Fu lo stesso magg. Puglisi a condurre al contrattacco gli ascari, coadiuvato anche dagli ufficiali e dai serventi della batteria del cap. Salvato, e la penetrazione fu eliminata, con la cattura di alcuni prigionieri.

Mentre veniva mantenuta una notevole pressione lungo la linea dei centri di resistenza, il nemico riusciva a realizzare una nuova infiltrazione procedendo lungo il litorale, portandosi alle spalle del fortino n.4, che alle cinque veniva attaccato sia sulla fronte che dal tergo. Interveniva allora il plotone coloniale del maresciallo Piccioni Leopardi, che veniva però accerchiato e sopraffatto dopo strenua resistenza, nella quale cadeva lo stesso sottufficiale comandante.

Alle sette anche il presidio del fortino n. 4 doveva cedere, mentre risultavano interrotti i collegamenti con il settore della 3" compagnia.

TI magg. Puglisi incaricò allora di riprendere la posizione il plotone dell'aiutante Steri, il quale andò risolutamente all'attacco sostenuto dal fuoco del fortino n. 5, riuscendo a portare i suoi ascari all'interno della posizione, ed a mantenervisi fino all'arrivo delJa compagnia granatieri di rincalzo, inviata dal comando di settore. Anche l'aiutante Steri, però, cadde mentre dirigeva razione stando in piedi sul ciglio del fortino, ed il comando del plotone venne assunto dallo sciumbasci Mohamed Ibrahim.

La reazione degli ascari di finanza, sostenuta e spinta in profondità dai granatieri di Savoia, riusciva ad imporre una battuta d'arresto all'avversario, che ripiegava.

Si trattava però di un successo locale. Al centro dello schieramento difensivo i britannici erano infatti riusciti ad impadronirsi della posizione chiave di Quota Segnale, attraverso la quale unità corazzate penetravano all'interno della cinta difensiva e raggiungevano il tergo delle posizioni del settore nord. Alle l 0,30 un carro compariva a circa venti metri dal fortino n. 6 e veniva costretto ad allontanarsi dal lancio di bottiglie incendiarie. Non si avevano intanto più notizie del settore centrale, e dalle 11 la nostra artiglieria taceva.

Nel settore settentrionale, invece, secondo la relazione ufficiale 214

italiana, "il gruppo mobilitato della guardia di finanza e i residui dell'Il o reggimento granatieri gareggiano fra loro per impeto e decisione ma, nella mattinata, la linea è ciononostante rotta in più punti e i carri armati penetrano da varie direzioni nell'abitato. Anche dopo la resa della città, nel settore nord, dove più sanguinosamente si è combattuto, la resistenza continua con alterne vicende e dura finchè giunge l'ordine di desistere dalla lotta. Nuclei di prigionieri catturati dalla guardia di finanza affluiscono scortati a Massaua quando la città è già occupata dalle truppe della 5' divisione indiana e della legione straniera francese" (138).

Un nuovo attacco venne infatti stroncato alle 12,30 ed un'ora dopo giunse dal comando piazza l'ordine di ripiegare su Massaua.

Le compagnie effettuarono ordinatamente il movimento sotto il fuoco nemico dopo aver distrutto le armi automatiche e le munizioni, c si riunirono nella caserma del Corpo di Massaua.

7. La resistenza nel Galla-Sidamo.

Dopo la resa di Amba Alagi ( 16 maggio 1941) le forze inglesi si dedicarono alla eliminazione delle isole di resistenza costituite dal ridotto Gondar - Azozò, nell' Amhara, e dal territorio del Galla-Sidamo, dove si andavano raccogliendo le truppe italiane sfuggite alla cattura in Somalia, nell'Hararino e nello Scioa. In quest'ultimo territorio la natura del terreno, la vastità degli spazi e la ridotta disponibilità di forze non avevano consentito di organizzare la resistenza costituendo fronti continui.

La lotta ebbe quindi un carattere episodico, anche per l'estrema frammentazione delle unità organiche italiane, in gran parte, come si è detto, provenienti da altri fronti dopo combattimenti e faticose marce di ripiegamento che ne avevano sensibilmente ridotto la capacità operativa, peraltro minata dalla generalizzata diserzione degli elementi indigeni.

Sin dal gennaio, d'altra parte, il gen. Cazzera, comandante dello scacchiere Sud, aveva risposto alle direttive del Vicerè proponendo di limitarsi a realizzare intorno alla capitale Gimma ed ai principali centri abitati sistemazioni difensive dirette soltanto ad impedire colpi di mano (138) A. ROVICffi: -Le operazioni in Africa Orientale- - USS~1E vol. I - pag. 267.

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da parte dei guerriglieri, e di sgombrare in Somalia la popolazione civile, alla quale non si riteneva di poter assicurare adeguata protezione.

Per il resto, le forze italiane avrebbero dovuto ricorrere alla difesa manovrata, "sfruttando al massimo il terreno e gli ostacoli naturali"'.

Anche nel Galla-Sidamo, comunque, alla fine di gennaio fu disposto l'abbandono delle posizioni di confine ed il ripicgamento sul margine dell'altopiano etiopico. l\1oyale fu attaccata senza successo dal 25 al29 gennaio, ma pochi giorni dopo una puntata della 1· divisione sudafricana su Obok portava all'abbandono della località da parte italiana ed all'aggiramento ed alla cattura del presidio di Mega, di cui facevano parte le guardie e gli ascari di finanza addetti alla base logistica del IV gruppo bande.

La manovra rese insostenibile la situazione dei difenso ri di MoyaJe, i quali stavano per esser tagliati fuori; la guarnigione eb be quindi l'ordine di ritirarsi su Neghelli, raggiunta dopo una marcia di 450 chilometri in terreno difficile e sotto la minaccia delle popolazioni Borama a noi ostili.

Gli uomini del maresciallo Legittimo, co mandante della compagn ia di Moyale dopo la partenza del ten. Ravotto, giunsero in salvo a Neghelli il 5 marzo, due settimane dopo l'occupazione della località di confine da parte dei sudafricani.

Anche gli uomini della tcncnza di Asosa, raggiunta da un distaccamento belga il 10 marzo, si raccolse ro il giorno successivo a Mendi, da dove si portarono a Lechcmti ed a Gimma.

Alla fine di marzo rim anevano in prossimità della frontiera occidentale le guardie e gli ascari aggregati alle bande di confine, delle quali seguirono la sorte fino al termin e dei combattimenti.

Dopo la caduta di Addis Abeba,come si è ricordato, si ritirarono nel territorio del Galla-Sidamo la maggior parte delle unità precedentemente destinate alla difesa d ella capitale e di quelle che avevano partecipato alla resistenza sulla linea dell' Auasc.

Tra queste ultime era la compagnia mobilitata d ella R. guardia di fin anza dello Scioa, che si attestò nella regione dei laghi, alle dipenden216

ze della 25• divisione coloniale, costituita appunto per inquadrare i reparti in arrivo nel territorio. ll personale del comando R. guardia di finanza dell'Barar e quello proveniente dalla Somalia con il ten.colonnello Tutoli, furono invece inviati ad accamparsi nella foresta di Belletà, a sud di Cimma, dove si andavano concentrando gli elementi non appartenenti ad unità organiche.

Nella capitale del Calla-Sidamo si trasferirono anche gli organi centrali del governo generale dell'Impero, tra i quali il comando R. guardia di finanza dell'A.O.l.

Fin dall'inizio delle ostilit~ il colonnello Sismondo era riuscito a svolgere un'efficace azione di coordinamento e di indirizzo nei confronti dei comandi del Corpo, i quali peraltro dipendevano per l'impiego militare dai comandi truppe e per il servizio d'istituto da11e direzioni degli ·ffari economici e finanziari dei singoli governi.

Era stata importante anche l'opera di consulenza fornita al comando superiore delle forze armate dell'A.O.T. ( nel quale il comando della R.G.F. era inquadrato) ed all'alto commissariato per l'economia di guerra, del quale i reparti del Corpo erano sostanzialmente l'unico organo operativo in grado di funzionare in condizioni di emergenza.

Con il comando generale di Roma erano stati mantenuti collegamenti abbastanza efficienti. Ogni mese, fino alla fine di marzo, furono inviate relazioni riguardanti l'intera attività svolta dai reparti, utilizzando la li ne a aerea "segreta" attraverso l'oasi eli Cufra.

A Cimma, dopo l'occupazione di gran parte del territorio dell'A.O.I. da parte delle forze britanniche, il comando della R.C.F. cessò praticamente di funzionare, anche per la pressochè totale crisi dei collegamenti.

Le forze britanniche procedavano intanto all'eliminazione delle residue sacche di resistenza, convergend o sulla capitale da est, ovest c sud. La co lonna proveniente dalla foce del Baro, sul confine occidentale, dopo aver occupato Cambela, attaccò il1 5 aprile le posizioni di Dembidollo difese dal CLXXXl battaglione coloniale, da elementi della guardia di finanza e da irregolari (139).

(139) A. ROVIGHI: Op.cit. - pag. 377.

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Nella regione dei laghi la resistenza cessò nel corso del mese di maggio.

La compagnia mobilitata dello Scioa, dislocata nel caposaldo di Adela destinato a consentire la ritirata da sud delle truppe della 21• e della 24" divisione coloniale, fu catturata il giorno 18 con le altre forze del presidio.

Un plotone precedentemente distaccato nella zona di Soddu era stato attaccato e distrutto da guerriglieri alla fine di aprile (140).

Il comando scacchiere Sud, al quale dopo la resa dell'Amba Alagi erano state conferite anche le funzioni di comando superiore FF.AA. in Africa orientale, lasciò Gimma il 6 giugno, trasferendosi a Dembidollo, dove esattamente un mese dopo si arrese ai belgi del gen. Gillicart, provenienti dal Congo.

n colonnello Sismondo, con il personale del Comando R.G.F. dell'A. O.!. e quello che aveva seguito il ten.col. Tutoli da Harar, cadde prigioniero il 29 giugno nella foresta di Belletà.

8. La difesa di Gondar.

L'organizzazione difensiva del territorio Amhara, favorita da fattori ambientali e dalla sua posizione eccentrica rispetto ai principali assi operativi, era certamente la più consistente tra quelle realizzate dai comandi di scacchiere dell'A.O.I. in applicazione delle direttive vicereali del dicembre 1940.

Essa comprendeva due ridotti periferici, sull'Uolchefit ed a Debra Tabor, rispettivamente a sbarramento delle provenienze da nord- est ( direttrice Adua- Adigrat- Asmara) e da sud- est (strada Dessiè- Addis Abeba), ed un ridotto centrale,costituito dai due caposaldi interni di Gondar e di Azozò e da una cintura di caposaldi esterni, sulle principali direttrici di avvicinamento alla capitale (Blagir - Celgà; Tucul Dinghià; Ualag; Culquaber- Fercaber).

n ridotto centrale era presidiato da circa trentamila uomini, per due terzi coloniali sui quali si poteva ormai fare un ridotto affidamento; comunque una forza non trascurabile, sulla quale si era addirittura pensato di poter contare, alla fine di aprile, per una controffensiva che riportasse le nostre truppe ad Addis Abeba ed Asmara.

(140) Dichiarazione dell'allievo sottufficiale Mariano De Sabatini in data 6.12.1948.

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L'organizzazione disponeva anche di una relativamente considerevole autonomia logistica, ottenuta grazie ad un'accurata mobilitazione delle risorse e ad una rigorosa disciplina dei consumi, alla realizzazione delle quali avevano contribuito in misura determinante il nucleo di polizia tributaria di Gondar ed i reparti territoriali dipendenti dal comando R. guardia di finanza deli'Amhara (141).

Questi erano inquadrati nella compagnta di Gondar, comprendente due tenenze dislocate in corrispondenza del confine sudanese, Gubba e Metemmà, ed una terza a Gondar, a sua volta articolata in quattro brigate, due a Gondar, una ad Adi Areai ed una a Debra Tabor. Dopo lo scoppio delle ostilità.,era stata costituita una seconda compagnia per inquadrare i richiamati, ed un plotone mobilitato, inizialmente orientato a concorrere alla difesa della capitale, poi inviato in rinforzo alla tenenza di Metemmà, quindi recuperato in seguito allo sgombero delle posizioni di confine attuato in febbraio. Nella stessa occasione, come si ricorderà, i militari della tenenza di Gubba erano passati nel Galla-Sidamo e successivamente trasferiti ad Addis Abeba, dove erano stati incorporati nella compagnia mobilitata delio Scioa. li 20 marzo, partito il ten.col. Zagra per Addis Abeba, il comando della R. guardia di finanza dell'Amhara fu assunto dal capitano Valentino Achille, coadiuvato dal parigrado Salvatore Pernicone, aiutante maggiore, e dal tenente Ettore Gioseffi, fino al precedente ottobre comandante della tenenza di Gubba.

Nello stesso mese il plotone mobilitato fu inviato nel caposaldo di Tucul Dinghià, a 22 chilometri dal capoluogo, dove oltre a concorrere alla difesa della località contro gli attacchi dei guerriglieri, assolse compiti di polizia militare ed economica.

Alla fme di marzo, infine, un distaccamento di una trentina tra guardie ed ascari al comando del brigadiere Luigi Ziccanu, fu destinato a presidiare gli impianti che provvedevano al rifornimento idrico di Gondar, nella val1e di Curapreb.

L'investimento del ridotto ebbe inizio il 17 maggio, con l'attacco portato al caposaldo di Celgà da unità anglo-indiane provenienti da Metemmà. Ma la pressione più massiccia si registrò sul fronte orientale, dove, dopo la caduta dell'Amba Alagi, si riversarono sui ridotti periferici ( L41) Relazione del te n col. Angelo Zagra, già comandante della R.C.F. deii'Amhara

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dell'Uo1chefit e di Debra Tabor la maggior parte delle forze britanniche provenienti dall'Eritrea e dallo Scioa.

Alla difesa dell'Uolchefit parteciparono le guardie della brigata. di Adi Areai, ritiratesi entro il ridotto dopo aver preso parte alla resistenza opposta dal presidio della località. La guardia Antonio Cau fu ferito e meritò la promozione ad appuntato per merito di guerra.

Anche alla difesa di De bra Tabor, caduta il 6luglio, concorsero le guardie che vi erano dislocate, al comando del ·brigadiere Mario D'Orazio ( 142).

Caduta il 6luglio tale locali t~ isolato il ridotto dell'Uolchefit- che resisterà fino al28 settembre- le forze britanniche incrementate da notevoli masse d i guerriglieri cd anche da unità regolari etiopiche, ebbero via libera per passare all'azione contro il ridotto centrale, investendo, il 271ug1io il caposaldo di Culquaber che- in sistema con la posizione di Fercaber, su l lago Tana - sbarrava l'accesso a Gondar dalla strada di Dessiè.

La lotta intorno ai caposaldi della cinta difensiva esterna della Amhara proseguì. con alterna intensità fino alla seco nda metà di novembre.

Alla fine di ottobre il presidio di Tucul Dinghi~ che stava per essere accerchiato da formazioni indigene, fu arretrato al passo Chercher. Il plotone della guardia di finanza, il comando del quale era stato assunto il 30 maggio da l ten. Gioseffi, eseguì il movimento senza perdite e dopo una prima sistemazione di fortuna fu inviato a presidiare il passo che sul Ghindi Meteà, a tremila metri di altitudine, immette nella valle del Curapreb. Appena raggiunta la posizione, le guardie furono attaccate dai guerriglieri, che riuscirono a respingere malgrado l'azione fosse stata reiterata per LUtta la giornata.

Durante la permanenza su l Ghindi Meteà il plotone fu sottoposto ad attacchi giornalieri e visse in condizioni ambientali proibitive; sfiorò l'annientamento il21 novembre, quando attaccato senza soste dall'alba, verso le 13 aveva esaurito le munizioni ed era costretto a contrattaccare all'arma bianca, finchè non fu raggiunto dal III battaglione eritreo al comando del magg. Manganaro, che riuscì. a ristabilire la situazione. ( 142) Pro-m<'moria di servizio MI comandante della R.C.F'. dcii'Amhara in data 25 luglio 1941 - Doc. n. 61.

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Si distinsero particolarmente nella difesa d el Ghindi Meteà, oltre al ten.

Gioseffi, il brig. Malgaroli, già d ella tenenza di Gubba, ed il brig. Perez, distintosi nella difesa di Metemmà.

Anche il distaccamento del brigadiere Ziccanu, che presidiava le sorgenti del Curapreb, fu attaccato dai guerriglieri, sporadicamente fino all' l l agosto, giorno in cui il fortino costruito dalle guardie fu in vestito da varie centinaia di guerriglieri, respinti nel pomeriggio grazie ad un provvidenziale intervento di artiglieria.

Nei mesi successivi il distaccamento rimase isolato in territorio ormai praticamente sotto il comrollo dei guerriglieri. Verso la fine di novembre transitò per la local ità un battaglione coloniale, inviato in soccorso ad un reparto di CC.NN. accerchiato a Passo .Ma urà; poche ore dopo, tornarono indietro soltan to una trentina di uomini, tra i quali alcuni ufficiali che invitarono le guardie a porsi in salvo immediatamente, ripi egando con loro su Gondar. Ma l'invito non fu accolto, benchè i difensori sapessero bene che nessuno, ormai, avrebbe potuto impartire loro ordini.

Sopraffatti 1 difensori di Culquaber, le forze britanniche investirono direttamente i caposaldi ime rni del ridotto, e penetrarono in Azozò il mattino del 27 novembre.

Il gen. Nasi alle 14,30 inviò parlamentari all'avversario, ma prima che questi ri entrassero la sua sede di comando, nel palazzo della Banca d'Itali a di Gondar, fu raggiunta da unità meccanizzate inglesi. ''La lotta, spentasi gradualmente nei ce ntri di resistenza della cin ta fortificata, si protrasse per tutta la notte e parte d el mattino successi' o nell'interno della città. Masse abissine dilagarono da ogni parte, saccheggiarono, devastarono, spararono all'impazzata in preda ad una sanguinosa esaltazione ch e determinò più volte l'intervento delle stesse truppe regolari britanniche. Carabinieri, P.A.I., guardie di finanza, militari e civili posti a guardia d ei vari fabbri cati, reagirono pagando spesso con la vita il loro ardimento" (143). ll mattino del 28 un porta ordini inviato dal ten.col. Casalone, comandante del sottosettore- che pochi giorni prima attaccato da guerriglieri aveva trovato rifugio nel fortino delle guardie di finanza- avvertiva il bri gadiere Ziccanu della cessazione del fuoco e del conseguente ordine di rien(143) A. ROVTCJll Op.Cit. pag. 467.

221

trare a Gondar. Poco dopo raggiunse il fortino del Curapreb, con i resti del suo battaglione eritreo il magg. Manganaro, il quale chiese al sottufficiale di porsi alla retroguardia dell'unità, ritenendo poco sicuro il ripiegamento.

Alle 15 le guardie dopo aver distrutte le munizioni ed aver visto sfilare il battaglione, si misero anche esse in marcia verso Gondar e la prigionia.

9. La R.G.F. in Mrica Orientale durante l'amministrazione militare britannica.

La fine dei combattimenti non concluse del tutto la vicenda della guardia di finanza in Mrica Orientale.

Nei territori già facenti parte dell'Impero etiopico fu formalmente ripristinata la SO\Tanità del Negus Ailè Selassiè, sia pure nei limiti imposti dalle circostanze.

Superata, in realtà con danni minori di quelli che ci si sarebbe potuto attendere, la drammatica fase del trapasso dei poteri, gli appartenenti alle forze di polizia italiane furono avviati ai campi di concentramento.

La situazione giuridica delle vecchie colonie dell'Eritrea e della Somalia doveva invece essere definita con il trattato di pace e nel frattempo le autorità d'occupazione britanniche trovarono conveniente avvalersi della collaborazione di magistrati e funzionari italiani per assicurare il funzionamento dei servizi pubblici essenziali, primi fra tutti la tutela dell'ordine pubblico ed i rifornimenti alimentari.

Tale situazione era del resto esplicitamente prevista dalle convenzioni internazionali, recepite dalla legge di guerra italiana, e corrispondeva agli interessi delle comunità nazionali presenti in colonia.

In Somalia, come si è visto, le guardie di finanza concorsero con i militari della P.A.I. nel servizio di ordine pubblico, e successivamente furono adibiti anche a compiti di polizia econom ica.

La collaborazione cessò il 6 agosto 1941, probabilmente in occasione della crisi nei rapporti tra autorità britanniche ed amministratori italiani che determinò nello stesso giorno l'arresto del podestà di Mogadiscio, Salvatore Giuliana ( 144). Le guardie furono trasferite in Kenya in stato di prigionia di guerra.

(144) A. DI::L BOCA: ~eli Italiani i n Africa Orientale - La caduta dell'l mpero··- Bari, 1982 -

pag. 537.

222

A Massaua il giorno successivo alla resa - mentre i superstiti de] gruppo mobilitato della R. guardia di finanza si raccoglievano nel campo di concentramento organizzato nei pressi dell'aeroporto - il maggiore Puglisi fu convocato dal generale comandante le forze britanniche, il quale, alla presenza del generale italiano Bergonzi, gli propose di continuare a svolgere con i propri dipendenti il normale servizio d'istituto del Corpo, nell'interesse dei connazionali. Puglisi declinò l'offerta per sè e per i propri ufficiali, preferendo seguire la sorte dei colleghi delle altre forze armate, ma acconsentì a costituire un reparto di sottufficiali e militari di truppa nazionali, a patto che costoro continuassero a disporre delle proprie armi, uniformi e caserme. All'inquadramento del reparto furono destinati il cap. Vincenzo Croce ed il tenente Nicola Fiore, scelti da Puglisi perchè senza famiglia in colonia (145).

Tra il23 aprile ed i] 26 maggio 1941 furono così trasferiti a scaglioni ad Asmara, oltre ai due ufficiali, 36 sottufficiali e 265 appuntati e guardie, i quali ripresero possesso della caserma, ed iniziarono a svolgere le loro funzioni (146).

Nella capitale eritrea prestavano servizio, fin dal momento dell'occupazione, due nuclei di personale di polizia italiano- carabinieri reali e polizia dell'Africa italiana - agli ordini del questore, colonnello della P.A.I. Pasquinelli, sostituito poi dal magg. Papa, a sua volta responsabile nei confronti della British military administration.

La guardia di finanza fu invece posta alle dipendenze del dipartimento "Customs and Excise" della stessa B.M.A., anche se inizialmente la sua attività fu diretta essenzialmente a favorire la ripresa delle attività economiche, la riapertura dei negozi, la distribuzione delle risorse.

Sempre sotto il controllo britannico furono gradualmente ricostituiti, dopo il nucleo di polizia tributaria e la tenenza di Asmara, anche i reparti esterni: le tenenze di Decamerè (brigate di Decamerè, Adi Ugri, Adi QuaL Senafè), di Cheren (brigate di Cheren, Agordat e Tessenei edistaccamento di Om Hager), di Massaua (brigate di Massaua e di Assab e distaccamento di Thiò).

I rapporti con le autorità britanniche e con la popolazione indige(145) Lettera del magg. Michelangelo Puglisi, già comandante della R.C.F. dell'Eritrea, in data 24.11.1945.

(146) Relazione del m.m. Vittore Voghera in data 22.5.1947.

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na furono generalmente buoni. I rappresentanti della B.M.A. preferivano però disporre direttamente del personale operativo, facendo volentieri a meno dell'inquadramento fornito dagli ufficiali italiani. Il cap.

Croce fu così internato nel forte Baldissera il18 febbraio 1945, ed il comando fu assunto dal maresciallo maggiore Vittore Voghera, che lo mantenne fino al31 marzo 1947, data del suo rimpatrio. L'altro ufficiale, il ten. Fiore, era stato avviato al campo di concentramento di YoJ, in India, dopo pochi mesi di servizio alle dipendenze deJla B.M.A..

Due anni dopo la fine della guerra, nel marzo 194 7, il "Comando Guardia di Finanza d ell'Eritrea" contava ancora 243 uomini, compresi 64 coloniali e 18 nazionali aggregati, già appartenenti ai carabinieri ed alla P.A.J..

Proprio perchè la loro opera era apprezzata, quec;ti uomini finirono per tornare in Italia parecchio tempo dopo i co1leghi internati quali prigionieri di guerra. l rimpatri, dopo molte insistenze, cominciarono soltanto nel '4 7, e dovettero trascorrere altri due anni prima che il personale già in Africa all'inizio della guerra fosse sostituito integralmente con elementi giunti daJJ'Jtalia, i quali continuarono a prestare servizio in Eritrea fino al 1952.

224

Capitolo VI

IL CONFLITTO ITALO -JUGOSLAVO l. l prrliminari del conOiuo.- 2. Le operazioni ~ul fronte giu lio ed a Zara. - 3. La minaccia al confine jugo-albanese. 4. La difesa di Scutari.- 5. I combattimenti sulla linea del Drin.- 6. Lt• a.lioni nclDibrano e rwl !.ettore di Librah1d 7. Il crollo dd fronte jugo>la~o.

l. I pre liminari del conlliuo.

ella primavera del 1941 Je truppe italiane erano ancora duramente impegnate sul fronte greco-albanese, quando una nuova crisi si aprì, quasi impron isamente, nella penisola balcanica.

N

11 conAitto con il regno di Jugoslavia, inserito nella sfera di influenza francese e dal quale ci dividevano tensioni a sfondo irredentistico, era stato una delle ipotesi prese in considerazione da ll o stato maggiore italiano negli anni venti e trenta, ed era sembrato che sulla frontiera orientale dovesse aprirsi il nuovo teatro operativo dopo l'armistizio con la Francia, nell'estate del 1940.

Nella Venezia Giulia era stato perciò raccolto un complesso di forze considerevole, la 2' armata agli ordini de l gen. Ambrosio, al tergo del la quale era schierata, nella pianura veneta, la 6', denominata anche " Armata del Po". Quest'u ltima grande unità aveva essenzialmente funzioni di alimentazione dello sforzo e di riserva strategica, mentn• alla 2• armata avrebbe dovuto essere assegnato il compito di realizzare la rottura dello schieramento contrapposto e la successiva penetrazione in profondità.

TI confronto con Io strumento militare jugoslavo non destava particolari preoccupazioni, anche perchè si faceva molto assegnamento sulla scarsa coesione interna del vicino Stato, diviso da profondi contrasti etnici. Esistevano tuttavia due aree di vulnerabilità italiana: la ciuà di Fiume, ubicata esattamente sulla linea di confine, e !'"enclave" di Zara, in Dalmazia, interamente circondata da territorio jugoslavo.

225

Dopo l'inizio della campagna di Grecia se ne presentò una terza, quella albanese, dove, come si è visto, un'iniziativa dal Montenegro e dal Kossovo si sarebbe trovata di fronte soltanto un debole velo di copertura ed avrebbe poluto provocare il crollo dell'intero schieramento italiano fronte a sud.

Nell'inverno '40/'41 da parte italiana fu dunque accantonata qualsiasi ipotesi offensiva e si pose ogni cura nell'evitare incidenti con il vicino orientale, il quale del resto fece altrettanto nella speranza di non farsi coinvolgere nel conflitto.

All'inizio del nuovo anno, però, lo scenario fu radicalmente modificato dall'iniziativa germanica.

Nella prima decade di gennaio Rider approvò la pianificazione relativa all'operazione "Barbarossa"- l'attacco all'Unione Sovietica- per il successo della quale era tra l'altro necessario garantire, contro possibili minacce da sud, il fascio di comunicazioni rhe collegava le armate avanzanti alla madrepatria. Occorreva cioè impedire che- come era avvenuto nel primo conflitto mondiale- gli inglesi riuscissero a stabilire nella peni!'ola balcanica una testa di ponte in grado, almeno, di costringere l'avversario a sottrarre forze all'azione principale.

Per ottenere tale risultato era necessario esercitare pressioni sui governi dei due Paesi balcanici ancora non integralmente "satellizzati"Jugoslavia e Bulgaria- affinchè aderissero al Patto Tripartito, mentre veniva messa a punto l'operazione "Marita", diretta ad eliminare la Grecia dal conflitto invadendola da nord - est, altraverso la frontiera bulgara.

n governo italiano - informato poco dopo a Berchtesgaden nella persona di Mussolini- non potè che prendere atto dei disegni dell'a1leato. n l " marzo la Bulgaria sottoscrisse il patto e consentì l'ingresso nel proprio territorio alle truppe tedesche destinate ad attaccare la Grecia.

L'adesione jugoslava fu più travagliata, ma anche gli emissari del governo di Belgrado, alla fine, apposero la loro firma il 25 marzo a Vienna.

Nella notte sul27, però, un colpo di stato diretto dal generale Simovic rovesciò il governo Cvetkovic e depose il reggente principe Paolo, collocando al suo posto il giovane re Pietro. n mutamento al vertice belgradese, accompagnato da imponenti manifestazioni nazionaliste, non lasciò dubbi circa il futuro orientamen226

to del governo jugoslavo, ed Hitler decise di passare senz'altro all'azione, invadendo il Paese all'alba della domenica delle palme, 6 aprile 1941.

Alla frontiera italiana fin dal 6 marzo, in relazione all'evoluzione della situazione politica, lo SMRE aveva ordinato lo "stato di vigilanza militare", e le unità della 2• armata avevano assunto lo schieramento di sicurezza.

La grande unità era articolata in due corpi d'armata, XI a nord (da Tarvisio a Monte Grosso) e V a sud (da Monte Grosso a Fiume). ll dispositivo di copertura, nel quale erano inseriti i reparti di frontiera della R. guardia di fmanza delle legioni di Udine e di Trieste, comprendeva sette settori: quattro alle dipendenze dell'XI C.A. (XVII, XXI, XXII, XXIII) e tre alle dipendenze del V C.A. (XXV, XXVI, XXVII).

Come di consueto, i nuclei confinari delle forze di polizia- carabinieri reali, R. guardia di finanza e MVSN confinaria- avevano compiti di osservazione ed allarme, ed anche di resistenza ad oltranza su posizioni determinate.

Secondo il progetto di copertura elaborato alla fine del 1939 ed entrato in vigore nel febbraio successivo, ]a legione di Trieste, su una linea di l 06 Km, schierava 1.14 7 tra sottufficiali e guardie ripartiti in 39 tra brigate e distaccamenti con una dotazione complessiva di 182 fucili mitragliatori. Altri 1.119 uomini, con 65 armi automatiche, erano alle dipendenze dei comandi di difesa costiera dell'esercito, distribuiti in 55 reparti su 208 Km di linea. Ad essi andavano aggiunti gli elementi inseriti nel sistema difensivo della piazza militare marittima di Pola (125 uomini ripartiti in 10 brigate), quelli dislocati a Cherso, a Lussino e nelle isole minori del Carnaro (20 brigate ed un distaccamento, per un totale di 315 uomini con 64 fucili mitragliatori), il personale della compagnia di Zara destinato alla difesa del fronte a mare (25 uomini suddivisi in due brigate, con l O mitragliatrici Fiat 35) e quello dislocato nell'isola di Làgosta (due brigate per un totale di 16 uomini).

Alla difesa costiera concorrevano anche 21 unità del naviglio, in parte distribuite tra le squadriglie di Trieste, Pola e Fiume ed in parte assegnate ai reparti litoranei.

La legione di Udine concorreva al servizio di copertura con il personale dei circoli di Gemona e di Gorizia, in tutto 991 uomini con 182 fucili mitragliatori e due Fiat 35, ripartiti in 32 brigate. I reparti litoranei 227

del circolo di Udine erano inseriti nel dispositivo di difesa costiera, mentre quelli del circolo di Belluno erano dislocati lungo la frontiera italotedesca, dove naturalmente le misure di copertura non vennero attuate.

In sintesi, lungo il confine terrestre italo-jugoslavo la R. guardia di finanza allineava 1.903 tra sottu fficiali e guardie, oltre agli ufficiali comandanti dei reparti di frontiera.

Gli organici di tutù gli elementi interessati alla copertura furono completati nella settimana daJ l Oall7 marzo, rastrellando tullo il personale disponibile nei reparti interni.

Alla fine di marzo, la notizia del colpo di stato belgradese provocò l'intensificazione dei preparativi ai due lati del confine. Nelle prime ore del28le unità della 2• armata assunsero le dislocazioni di guerra, mentre i nuclei confinari dci carabinieri, della R. guardia di finanza e dell a milizia confinaria raggiungevano le posizioni previste dai progetti di copertura.

La sola legione di Trieste attivò 132 posti di osservazione ed allarme, quasi tutti oltre la linea d ei capisaldi, di cui 23 con compiti di resistenza ad oltranza (14 7).

Con i rinforzi affluiti dall'interno (148) furono costitu iti inoltre: due compagnie a Fiume, di cui una assegnata quale elemento di manovra a disposizione del l gruppo capisaldi, schierato lungo il corso de11'Eneo, l'altra in rincalzo al dispositivo di difesa costiera; un reparto di 75 uomini al comando del tenente Gaspare Mortillaro, pronto a trasferirsi nel sobborgo jugoslavo di Sussak, immediatamente oltre il confine, per concorrere ai servizi di polizia militare; un plotone a Zara, a disposizione del comando del fronte a mare del dispositivo di difesa della piazza.

Era inoltre prevista la costituzione di cinque plotoni (due a Postu(147) RelaziOne del comando legione di T rieste. ( 148) ~ella seconda metà di marzo furono assegnati alla legtone di Trieste 2 uffictali, l O sortuffìciali e 90 guardie della legione di Tre111o, 5 souuffì ciali e 45 suardie della legione d t Venezia.

229 gua rdie provenienti dai p1otoni complementi costituiti per ctascun comando di zona. Altri 18 sottufficiali c 422 neo-g uardie furono inviati direttamente dai re parti d'istruzione.

228

8

mia, uno a San Pietro del Carso, Villa del Nevoso e Ciana) per inquadrare, ponendoli a disposizione dell'autorità militare per il successivo impiego, gli elementi dei nuclei confinari, una volta assolti i compiti di copertura.

La legione di Udine costituì un reparto di 52 uomini, al comando del sottotenente Guido Tomaselli, alle dipendenze del settore di copertura di Tarvisio, cd un plotone di 28 uomini (te n. Alberto Bonato), inquadrato con elementi della G.a.F. in una compagnia a disposizione del XXI settore (Idria) (149).

Alle 11,30 del28 marzo le autorità jugoslave disposero la chiusura del confine e fecero rientrare nel loro territorio il personale doganale e ferroviario. Da quel momento cessò praticamente il servizio d'istituto dei reparti della R.G.F..

n l o aprile il gen. Giglioli, che aveva assunto i poteri civili a Zara, ordinò lo sgombero ad Ancona della popolazione italiana, mentre gli abitanti dell'isola di Làgosta avrebbero dovuto trasferirsi a Bari ed a Molfetta (ma allo scoppio delle ostilità soltanto la metà circa degli interessati aveva potuto effettuare il movimento).

Anche le donne, i vecchi ed i bambini di Fiume furono concentrati ad Abbazia, Laurana, Valsantamaria e Moschiera, dove vennero trasportate le scorte di generi alimentari e di combustibili liquidi, sotto la vigilanza dei militari della R.G.F. (150).

2. Le operazioni sul fronte giulio ed a Zara.

Le ostilità ebbero inizio all'alba del 6 aprile, ma nei primi giorni non si verificarono episodi di rilievo sul fronte giulio.

La sera del 7 l'improvviso attacco di un battaglione di "graniciari" nella zona di Circhina, presso Tolrnino, costrinse al ripiegamento i ·nuclei confinari e provocò anche la prematura demolizione delle casermette della guardia dì finanza e della milizia, prevista dai progetti di difesa.

La modesta penetrazione fu tuttavia arrestata senza difficoltà sul margine anteriore dello schieramento difensivo.

(149) Relazione del comando legione di Udine.

(150) f. n. 20/ S del comando TI Zona R.G.F. in data 3.4.1941 e f.n. 331/ S in data 9.4.1941 del comando legione di Trieste.

229

Numerosi furono gli scontri a fuoco sulle posizioni di confine in uno dei quali rimase gravemente ferito la g~ardia Francesco Manzo, della brigata di Trata, deceduto due giorni dopo all'ospedale militare di Gorizia.

La 2' armata, nei giorni immediatamente precedenti, aveva ricevuto in rinforzo ben sei divisioni di fanteria e varie truppe suppletive, ordinate in tre comandi di corpo d'armata (VI, autotrasportabile e "celere").

Fu quindi un complesso di forze considerevole quello che passò all'offe nsiva alle ore 12 dell'Il aprile, con due giorni di anticipo rispetto al previsto per rimanere in sincronia con la rapida avanzata delle divisioni tedesche nella valle della Sava. in direzione di Belgrado.

Dei due corpi d'armata in prima schiera, l'XI avrebbe dovuto attraversare la Slovenia meridionale puntando su Lubiana, mentre il V era destinato ad occupare l'area a sud e ad est di Fiume, dove sarebbe stato scavalcato dalle unità celeri di seconda schiera che dovevano progredire lungo la costa dalmata. ln questo quadro, poco dopo il mezzogiorno dell'Il il 73orgt. fanteria "Lombardia" passò il confine al valico di q. 1.227 di Pian della Secchia, nella zona di Villa del Nevoso. Due plotoni erano incaricati di eliminare una postazione di mitragliatrici situata presso la casermetta dei graniciari di q. 1.269, e procedevano con la guida di quattro guardie della brigata di Pian della Secchia. A 50 metri dalla postazione i fanti andarono all'assalto, preceduti dalle guardie Canzan e Cappelletti; quest'ultimo veniva colpito mortalmente e decedeva poco dopo al posto di medicazione.

La progressione delle unità italiane incontrò resistenza soltanto sporadica. Alle 18 dello stesso giorno 11 due plotoni motociclisti dell'Il o bersaglieri entrarono in Lubiana. precedendo di poco le avanguardie tedesche, che pure tendevano alla capitale slovena. plotone di guardie di finanza del ten. Bonato, proveniente da Idria giunse in città il giorno successivo.

n

All'alba dell' Il un nucleo confinario della brigata di Fusine ( quattro guardie al comando d ell'app.Vittorio Adamini) ed elementi della G.a.F. entrarono a Ratece. Il reparto del s.ten. Tomaselli si spinse fino a Kranjska Gora e rimase quindi in val Sava dove fu impiegato in operazioni di rastrellamento e di raccolta delle armi.

Nella zona di Fiume, il presidio jugoslavo di Sussak aveva capitola-

230

to nella mattinata, consentendo il transito sul ponte dell'Eneo. Nel pomeriggio fu costituita una colonna celere, della quale facevano parte H 12° bersaglieri, un battaglione CC.NN., una compagnia carabinieri ed una delle due compagnie del circolo R. guardia di finanza. Partirono verso sera, e la mattina dopo erano a Karlovac, dove incontrarono le truppe tedesche.

Sulla direttrice sud, i corpi d'armata in seconda schiera entrarono in linea ill3, scavalcando sulla sinistra le unità del V C.A. in marcia sulla litoranea. Nello stesso giorno anche le truppe del presidio di Zara uscivano dalla cinta difensiva occupando il centro ferroviario di Knin.

n giorno 15 divenne evidente il crollo delle forze jugoslave.

La divisione "Torino", del C.A. autotrasportahile, raggiunse Sebenico in mattinata e Spalato nel pomeriggio. Dopo un giorno di sosta, l'avanzata riprese il l?, ed alle 13l'avanguardia della divisione entrò aRagusa (Dubrovnik), trovandola peraltro già occupata dai bersaglieri della "Centauro'' provenienti dall'Albania.

La sera dello stesso giorno i rappresentanti militari italiani e tedeschi firmarono a Belgrado la capitolazione delle forze armate jugoslave, che entrò in vigore a mezzogiorno del 18 aprile.

Alle nostre truppe andava intanto presentandosi una situazione molto simile a quella delineatasi dopo il crollo del fronte austro-ungarico nel novembre del 1918.

Il l O aprile, mentre il governo jugoslavo lasciava Belgrado e le avanguardie tedesche entravano a Zagabria, il colonnello Kvaternik, esponente dell'ala più estrema del movimento separatista, proclamava lo "stato indipendente di Croazia", ponendosi sotto la protezione germanica.

In questo modo, la diplomazia di Berlino batteva sul tempo quella italiana, che sosteneva il capo del movimento filofascista "ustascia" Ante Pavelic, da tempo rifugiato nel nostro Paese.

Quest'ultimo passò il vecchio confine accompagnato da due ufficiali del S.l.M., ma fu fermato dai tedeschi a Karlovac, dove lo raggiunsero Kvaternik ed emissari nazisti. Nei colloqui che seguirono, Pavelic recuperò la "leadership" del movimento, ma dovette acconsentire all'in231

gresso del nuovo stato nella sfera di influenza tedesca, venendo meno agli impegni presi solo pochi giorni prima con Mussolini.

L'ostilità delle autorità croate, alimentata dalla q uestione dalmata, ed il sostegno più o meno apertamente ad esse fornito dai comandi germanici divennero da quel momento una delle costanti della complessa situazione che le truppe italiane fu rono costrette ad affrontare durante l'occupazione del territorio jugoslavo.

3. La minaccia al confine jugo-alhanese.

"In Albania niente schieramento di sicurezza. Basterà tenere in ordine la Guardia alla Frontiera, la Finanza ed i Carabinieri''(l51 ). Con queste parole Mussolini, in visita al fronte greco nel marzo '41, liquidò il problema della difesa del confine jugo-albanese.

Molto meno ottimisti erano sia lo SMRE che il comando superiore FF.AA. Albania, per i quali la minaccia a tergo dello schieramento fronte a sud aveva costituito una preoccupazione costante durante tutta la campagna di Grecia.

Lo sfavorevole andamento delle operazioni impediva infatti di destinare forze appena consistenti al dispositivo di copertura, che rimase quindi affidato fino all'inizio di marzo, come si è visto, a poche unità della G.a.F. cd ai nuclei confinari dci CC.RR. e della R.G.F..

11 28 marzo, mentre l'eventualità di un conflitto con Ja Jugoslavia andava prendendo consistenza c l'intensità dci combattimenti sul fronte greco non accennava a diminuire, il gen.Cavallero diramò le "direttive n.

22 - provvedimenti in rapporto alla situazione jugoslava".

Le probab ili linee d'azione dell'ancora potenziale avversario venivano indi viduate in uno sforzo principale dalla conca di Dibra direttamente su Tirana, ed in due azioni secondarie, da Podgorica, nel Montenegro, su Scutari e Durazzo, e dal Kossovo a Kukes.

Le stesse direttive, ed altre emanate il 31 e nei gio rni successivi, stabilivano i compiti e l'articolazione delle forze, che al momento dell'apertura delle ostilità (6 aprile) risultarono così delineati: (151) Comando Superiore Forze Armate d'Aibania-Sinte&i degli argomenti svolti durante la riunione tenuta dal Duce ii 15 marzo 1941 -in: USSME- "La Campagna di Grecia~- voL II pap;. 842.

232

lo sbarramento in corrispondenza della più probabile direttrice d'attacco jugoslava, al centro della frontiera orientale, era affidato al XIV C.A. (gen. Vecchi, con comando a Tirana), composto dalla d.f. "Puglie" (meno il 72" rgt.f.) e dalla d.alp. "Cuneense"; alla difesa della frontiera settentrionale e nord-occidentale, contro le previste azioni sussidiarie su Scutari e su Kukes, venne destinato un nuovo comando di C.A., il XVIL giunto appena il31 marzo dalla Calabria; era agli ordini del gen. Pafundi, con sede a l'Vliloti, e comprendeva la d.cor. "Centauro", la d.f. "Messina", il 72" rgt.f. della "Puglie" ed il raggruppamento CC.NN. del luogotenente generale Diamanti; un terzo complesso di forze, denominato prima corpo d'armata "N" e poi "settore Librazhd", alle dipendenze del comando della 9" armata, doveva sbarrare le provenienze dal Dibrano e da Struga, ed al tempo stesso costituire elemento di raccordo tra il nuovo schieramento difensivo ed il fronte greco; il complesso, agli ordini del gen. Nasci (che cedette il comando del XXVI C.A. al gen. Santovito della "Tridentina") poteva contare sulle divisioni di fanteria "Arezzo" e "Firenze", sul rgt.c. "Lancieri di Milano", su] gruppo tattico "Brisotto", sul raggruppamento CC.NN. del luogotenente generale Biscaccianti e su quello della milizia forestale del luogotenente generale Agostini.

Come si ricorderà, il gruppo "Brisotto", costituito dal battaglione alpino "In tra" e dal I e II battaglione mobilitato della R. guardia di finanza in linea sul Bregu i Math dopo una permanenza di oltre tre mesi in val Tomorreces, era stato trasferito a Librazhd, da dove a mezzogiorno del 4 aprile partì per raggiungere la nuova dislocazione di combattimento, tra Qarista e Sterbleva, immediatamente a destra della "Firenze".

Il dispositivo di copertura agli ordini del comandante de1la guardia alla frontiera dell'Albania, gen. Rivolta, era articolato in quattro settori (Scutari, Kukes, Peshkopije e Librazhd) e comprendeva unità della G.a.F., elementi territoriali e mobili dei carabinieri ed i reparti di frontiera dei circoli della R. guardia di finanza d i Scutari, Kukes e Peshkopije. TI III settore (Peshkopije) aveva alle dipendenze anche il III battaglione mobilitato della R. guardia di finanza d'Albania, ricostituito in gennaio esclusivamente con personale italiano dopo il ciclo operativo in val Tomorreces.

4. La difesa di Scutari.

Le maggiori preoccupazioni riguardavano il settore di Scutari.

233

La città, situata sul lago omonimo alla foce del Drin, era un importante centro politico, la cui caduta, anche se temporanea perchè sull'esito finale del conflitto non sembravano sussistere dubbi, avrebbe indubbiamente implicato una sensibile perdita di prestigio per il nostro esercito, nel momento in cui doveva sostenere il confronto con l'efficientissimo strumento militare dell'alleato tedesco.

Per di più, Scutari giace immediatamente a ridosso del confine, sulla riva settentrionale del Drin, in una zona ad alto indice di scorrimento, solcata da due importanti rotabili: la Scutari- Podgorica, lungo la riva settentrionale del lago, che adduce all'interno del Montenegro attraversando il confine sul ponte di Hani Hotit; la Scutari - Antivari - Cattaro , che raggiunge la costa attraverso l'istmo che separa il lago dall'Adriatico, passando la frontiera a Muriqan.

I due valichi di Hani Hotit e di Muriqan, rispettivamente a nord ed a sud-ovest della città, assumevano dunque il ruolo di posizioni- chiave in un contesto tattico che sembrava fatto apposta per favorire un'azione rapida, volta ad assicurare alle forze jugoslave un successo di prestigio prima del probabile crollo.

In vista di tale eventualità, il comando italiano aveva destinato alla difesa di Scutari la migliore unità di cui disponeva, la divisione corazzata "Centauro", per tutto l'inverno tenuta in riserva strategica ad immediata protezione di Tirana.

Non erano mancate perplessità circa la convenienza di affrontare il rischio e gli oneri di una difesa ad oltranza. L'addetto militare tedesco von Rintelen, giunto in visita il 3 aprile, aveva suggerito energicamente lo sgombero preventivo della città, per portare anche in questo settore la linea di resistenza sul corso del Drin, così come si era deciso di fare per il resto della frontiera nord-orientale.

Soltanto l'insistenza del gen. Pizzolato, comandante della "Centauro", aveva evitato che tale punto di vista, fatto proprio dallo stato maggiore a Roma, si trasformasse in ordine esecutivo.

Il conflitto, iniziato come sul fronte giulio all'alba del6 aprile si sviluppò in due fasi distinte.

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Nella prima, dal6 all4, gli jugoslavi, come previsto, investirono in forze Scutari ed attaccarono lungo tutta la frontiera nord-orientale, dove i nuclei confinari assolsero la funzione ritardatrice loro assegnata ripiegando combattendo fino alla linea del Drin. Poi le forze italiane assunsero l'iniziativa in sincronia con l'offensiva sul fronte giulio, e penetrarono in profondità nel Dibrano e nel Kossovo, congiungendosi alle avanguardie tedesche provenienti dalla Macedonia, mentre il XVII C.A. entrava in Montenegro ed in Dalmazia, fino ad incontrare a Ragusa le truppe del C.A. autotrasportabile che scendevano da Fiume.

Scutari era sede di un comando di circolo della R. guardi a di finanza retto interinalmente dal cap.Renato Lucci e comprendente la compagnia in sede, dalla quale dipendeva il valico di Muriqan, la compagnia di Bajza, con la tenenza di Hani Hotit, e quella di Selce pressocchè isolata, all'estremità settentrionale della circoscrizione; in tutto 465 uomini quasi totalmente impegnati nel servizio di vigilanza e copertura alla frontiera (152).

Sul lago operavano anche le due motelance della squadriglia di Oboti, al comando del brigadiere Luigi Cozzolino, fin dall'inverno impiegate in attività informativa e di vigilanza lungo il corso del fiume BoJana.

Le ostilità cominciarono con una incursione compiuta su Ilani Hotit alle 14,45 del 6 aprile da dodici aerei jugoslavi, senza serie conseguenze.

La giornata del 7 trascorse relativamente tranquilla, ma alle 2,30 della noue successiva furono attaccati i nuclei confinari di Bard hai Hotit e Brijia, a nord del valico principale.

Il primo nucleo si ritirò combattendo su Hani Hotit, mentre l'altro piegò a nord per andare a congiungersi con il comando di compagnia a Selce.

Al] e 6 iniziò l'attacco jugoslavo al valico di Hani Hotit, difeso da un plotone di 27 guardie di finanza al comando del maresciallo capo Buonafede, già distintosi in novembre nella difesa del valico di Kapestica, nel Korciano, nonchè da un plotone del I bersaglieri e da uno della C.a. F. Il (152) Relazione del Comando Superiore R. Guardia di Finanza d'Albania in data l O maggio 1941.

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piccolo presidio oppose una resistenza decisa. effettuando anche due contrattacchi finchè alle 17 il comandante del ~ettore. tcn.col. Gianturco del l bersaglieri, non ne d1"pose la sostituzione. Le guardie si trasferirono quindi a Bajza e poi a Scutari dove il cap. Lucci stava costituendo una compagnia di formazione con il personale rccuperato dai nuclei confinan.

Alle 4 era stato attaccato anche il nucleo d<'lla brigata di Hani Crabonit, il cui comandante, sottobrigadierc Enrico Ceretto. mandò a chiedere rinforzi alla vicina brigata di Rapshit.

Poco dopo il sottuffìcialc cadde ucciso in..,icmc alla guardia Paolo <;<>11..,, ma i rinforzi, sopraggiunti. riuscirono a disimpt>gnare il nucleo che rip1cgò con essi su Rapshit. dm e si accorsero che la brigata era anch'essa sotto attacco. fntervenendo sul fìanco degli avversari, le guardie riuscirono a rompere l'accerchiamento, <.:onsentendo ai collegh1 di abbandonare la po..,izione, per ripiegare tutti imieme su V arri c Papcs, dove si unirono ad una compagnia della C.a.F., continuando a combattere. Ì'lella notte tra r8 e il9 un reparto jugosla\o tentò di aggirare Hani Hotit effettuando uno "barco !:>ulla riva albanese del lago, presso Rasfikur, ma fu respinto dai bersaglieri con il concorso delle guardie della brigata e di una squadra di l O uomini inviata da Scutari al comando del maresciallo Nicolò Cangcmi.

Più a nord, intanto, la compagn ia di Selce era rimasta priva di comunicazioni. ed il comandante. ten. Carlo Augcnti. non tardò ad accorger...~ di e"~ere praticanwnt<' accerchiato. Nel paese giunsero gli uomini della brigata di Tamara c poi quelli raccolti a\ ermoc;h e quindi guidati a Seke. insieme ai propri dipendenti. dal comandante della sezione CC. RR.. Erano questi ultimi le guardie dei reparti dislocati alrestremità :.ettcntrionale del settore, le brigate di Vermosh, Crcça re Bardolecit, ed il distaccamento di Kulla Mibretit, i quali avevano opposto una decisa resistenza all'avversario per tutto il giorno 8. Il comandante di Bardolecit, sottobrigadiere Antonio Biasatti, sganciatosi con i suoi nove uomini p<>r non essere accerchiato, reiterò la resistenza a Groppa di Selce e, ferito, si sacrificò per consentire la riurata delle guardie, rimanendo in posto con un fucile mitragliatorc.

La sera del9 il tenente Augenti si mise in marcia attraverso le mon-

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tagne con 66 guardie, J 5 carabinieri e 3 soldati di fanteria e grazie alla guida di due frati francescani ed alla collaborazione degli abitanti della zona, riuscì ad evitare la vigilanza avversaria ed a raggiungere il 13 un reparto della "Centauro".

Anche i militari della sezione di Thethi Shales, rimasti isolati, dopo aver incendiato la casermetta ripiegarono sulla teuenza dei carabinieri di Kodra, da dove si portarono a Scu t ari.

La sera del l Oaprile fu impartito l'ordine generale di ripiegamento per tutti gli elementi del dispositivo dislocati a nord della città, i quali avevano ormai esaurito la loro funzione.

La compagnia eli Bajza e le brigate di Ra~hfìkut e di Kamenica iniziarono il movimento alle 23, portando al seguito gran parte del materiale, e gi un sero in nottata a Scutari, dove il personale fu inquadrato nella compagnia di formazione, costituita per inquadrare il personale che aveva assolto i compiti di copertura. :\ello stesso giorno, dalle 11,30 alle l 6,45 il nemico aveva eseguito un intenso bombardamento di artiglieria sul valico di \1uriqani, presidiato da 24 guardie di finanza, 10 carabinieri ed alcuni soldati della C.a.F. agli ordini del sottotenente della R.G.F. Sabino Sabini, comandante della tenenza c del sottosettore di vigilanza frontiera.

Alle tre del mattino dell'l l furono contemporaneamente attaccate, oltre al valico, tutte le brigate sulla linea della Bojana: Uj-Zeze, Vi llgar, Tarabosh e Viktoria.

In quest.ultima località le guardie furono costrette a riti rarsi avendo esaurite le munizioni, ma appena rifornitesi prc~so una compagnia del 94 fanteria dislocata a Shiroka, contrattaccarono rioccupando la caserma.

All'alba seguì un periodo di relativa calma, ma gli attacchi ripresero nel corso della giornata. La caserma della brigata di Corica fu perduta c ri occupata. Il cap. Lucci attingendo alla compagnia mobile, inviò rinforzi a Muriqan ed a Viktoria; il giorno successivo, persistendo la pressione nemica, il comando di settore inviò al valico ponendoli agli ordini del s.ten. Sabini, un plotone della C.a.F. cd uno del 94 fanteria, ai quali si aggiunse successivamente un plotone di 30 guardie di finanza con tre fucili mitragliatori, al comando del maresciallo Buonafede.

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Dall'Il all4 aprile il settore nord del sistema difensivo scutarino fu teatro di una serie di azioni dinamiche condotte dal 31 o reggimento fanteria carrista della "Centauro" e da un gruppo squadroni del reggimento "Guide", azioni che valsero a smorzare l'iniziativa avversaria.

Nel pomeriggio dellS apparivano ormai manifesti i segni del ced imento jugoslavo, e le grandi unità del XVII C.A. iniziarono il movimento oltre frontiera: la "Messina", per Muriqan, su Antivari e Cattaro, la "Centauro", seguita dalla "Marche", su Podgorica e Ragusa.

5. I combattimenti sulla linea del Drin.

Sull'ala destra dello schieramento del XVII C.A. in corrispondenza del confine del Kossovo, la linea di resistenza correva lungo la riva sinistra del Drin ed era articolata in due settori: "Puka" a nord, affidato alle camice nere del raggruppamento "Diamanti", e "Kukes" a sud-est, assegnato al 72° reggimento fanteria "Puglie".

Kukes, situata alla confluenza tra il Drin "n ero" ed il Drin "bianco", che i vi formano un'un ico corso d'acqua con andamento nord-ovest fino allago di Scutari, era collegata al confine della via di facilitazione coincidente con il tratto albanese del Drin "bianco", lungo il quale correva la rotabile che, attraversando la frontiera al valico di Marina, raggiunge la città jugoslava di Prizren, capitale del Kossovo.

A nord del valico, il confine seguiva una serie di rilievi tra i millecinquecento ed i duemila metri di altitudine, fino ai 2.407 del massiccio dello Shkelzeni, solcati da rare mulattiere; unica via di facilitazione quella della Val Bona, affluente del Drin, che si apre nella conca di Tropoja, a ridosso del confine di Qafa Morines.

La decisione di portare la difesa sul Drin implicava necessariamente il sacrificio degli elementi di copertura, costituiti dai reparti di frontiera della compagnia R.G.F. di Tropoja (cap. Tatonetti) e da tre stazioni CC.RR. dislocate a tergo.

Una volta assolto il compito di vigilanza e prima resistenza ad essi affidato, i nuclei confinari - sempre che fossero riusciti a sganciarsi - avrebbero infatti dovuto affrontare sette - otto ore di marcia in terreno impervio per raggiungere il Drin ed attraversarlo poi a nuoto, poichè i rari traghetti erano stati inutilizzati fin dallo scoppio delle ostilità.

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Dalla fine di gennaio era stata dislocata a Kukes la 3• compagnia dellll/RGF (cap. Luigi Pagl iaro), con tre plotoni dislocati in rinforzo ai presidi di altrettanti posti di traghetto sul Drin, a Fierce, Vau Darde e Vau Spass, ed un quarto a Bicaj, sulla destra del Drin nero. Ai primi di aprile, immediatamente prima dell'inizio delle ostilità, il plotone di Fierce (s.ten. Guerrino Chiocchetti) fu inviato in rinforzo al presidio di Tropoja, mentre con il personale alla sede di Kukes fu costituito un quarto plotone (sottobrigadiere Antonio Pompeo), destinato al valico di Morina ( 153).

Dopo una scaramuccia verificatasi in quest'ultima località nel pomeriggio del6 aprile, l'attacco jugoslavo si sviluppò lungo tutta la linea all'alba del giorno successivo, anche con l'impiego di bande irregolari albanesi. Alle 5 il cap. Tatonetti fu avvertito dalle guardie del posto di Qafa Morines che forti formazioni nemiche stavano aggirando il passo, puntando su Tropoja. L'uffjciale diede l'allarme, a mezzo staffette, agli altri nuclei confinari, ed organizzò un nucleo di una cinquantina tra guardie di finanza e carabinieri con i quali si accinse a difendere la cittadina, secondo gli ordini impartiti dal comandante del presidio al momento di sgombrare la località.

Nella mattinata tutti i posti di confine furono impegnati. La brigata di GJlava, a nord del passo Morines, otto guardie al comando del brigadiere Antonio Bruni, resistette per circa tre ore, si sganciò con lancio di bombe a mano, reiterò l'azio ne presso l'abitato di Skipaj aprendo il fuoco contro una colonna nemica diretta a Tropoja, e riuscì a ritardarne la progressione.

Più a sud, il distaccamento di Qafa Gjonait - appuntato Giovanni Foddai con sei guardie- attaccato alle 9,30 resistette per oltre un'ora e fu sopraffatto solo dopo l'esaurimento delle munizioni; il comandante fu ferito ripetutamente, cadde la guardia Bertoldi, che aveva sostituito il graduato al fu cile mitragliatore benchè colpito ad un braccio, e fu ferito in modo grave la guardia Valerio Persi, la staffetta inviata all'alba dal cap.Tatonetti.

Alla stessa ora era stata attaccata anche la brigata di Stob erda, le cui cinque guardie, al comando del brigadiere Giorgio Buffelli riuscirono a sganciarsi dopo circa un'ora di combattimento ed a raggiungere ( 153) Comando del ILI battaglione R. Guardia di Finanza- relazione generale sui fatti d'arme svolti al confine ju~;oslavo.

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verso le 17 il passaggio di Vau Spass, sul Drin. Il sottufficiale decise di attendere due guardie rimaste indietro durante la marcia, ma il piccolo nucleo fu attaccato da clementi irregolari. La guardia Mario Alberti coprì i due colleghi con il fuoco del fucile mitragliato re finchè non esaurì le munizioni, poi continuò a sparare con il moschetto dopo aver reso in utilizzabile l'arma automatica, fino a quando non cadde ucciso.

Riuscì invece a ripiegare senza perdite il comandante della tenenza di Qafa Prushit, ten. Raffaello Diversi, il quale nel pomeriggio del 7 raggiunse Vau Spass, assumendo il comando del piccolo presidio.

A Tropoja, il cap.Tatonetti non tardò a rendersi conto di essere m inacciato d i accerchiamento dalle bande albanesi che confluivano nella conca dopo aver attraversato il confine. Pensò allora di portare i suoi uomini fuori dell'abitato, raccogliendoli a q.436 SO di Tropoja, ma fu in breve tempo accerchiato e, dopo aver resistito per cinque ore fino all'esaurimento delle munizioni, sopraffatto e catturato.

Jl plotone del sottotenentc Chiocchetti sfuggì imcce all'accerchiamento c dopo una marcia attraverso le montagne innevate raggiunse il guado di Fierce, sul Drin, occupato da un reparto del l 52" btg. cc. nn.

L'attacco nella valle del Drin bianco, lungo la direttrice PrizrenKukes, fu sferrato nel pomeriggio del6 aprile. Sul valico di Morina, con il comandante della tenenza, maresciallo capo Mario Larcnza, si trovavano dieci guardie d isposte in due nuclei ai lati della rotabile.

Tre chilometri più indietro, a q. 264 era dislocato un plotone mi::.to di carabini eri e guardie, poi più nulla fino alla periferia di Kukes, distante 18 Km. Per tutta la mattina il maresciallo Larenza continuò a informare il comando di Ku kcs sui movimenti osservati oltre frontiera, utilizzando il telefono della casermetta posta su lla linea di confme, dove era rimasto solo.

Alle 16,40 gli jugoslavi attaccarono con due plotoni convergenti sul corpo di guardia del valico. Il sottufficiale fece allora ripiegare i propri uomin i sul plotone di q.264, del quale assunse il comando, ed iniziò quindi a ritirarsi, a sbalzi, verso la linea italiana.

Giunti sul ponte sul Kulat Lumcs, le guardie ed i carabinieri ebbero però la sgradevole sorpresa di trovare l'opera già distr utta. Larcnza 240

fece allora abbattere alcuni pali telegrafici, con i quali riuscì a far pa~sare i propri uomini oltre il cor:-o d'acqua in piena, riconducendoli nelle no'tre linee.

Alle 21 del6 aprii<• il comando del settore aveva infatti ordinato la demolizione dei ponti ~ui corsi d'acqua minori della valle del Drin bianco, la cui difesa re~tava affìdata al I battaglione G.a.F., sostenuto da due battaglioni del 72" fanteria, in posizione arretrata.

Nella giornata del 7, mentre' eni' a occupata Tropoja, la pression<· jugoslaYa continuava a manifestarsi intensa anche lungo la direttrice di fondo Yalle, dove rwl pomeriggio il I G.a.F., per evitare l'accerchiamento, fu costretto a ritirar~i oltre il Drin.

A sera, il comando di settore ordinò lo sgombero di Kukes ed il brillamento del ponte sul Drin, la cui imperfetta c!'ecuzione non riuscì p(•raltro ad evitare il transito delle truppe jugoslave che occuparono la città.

Il comandante del circolo della R. guardia eli finanza, magg. Alfredo Erra.. con una cinquantina di uomini dci comandi m sede e della compagnia mobile, si ritirèl a Puka, dove affluirono anche i militari dei reparti di frontiera della compagnia di Kukes, riusciti a disimpegnarsi quasi al completo.

Il mattino de11'8 i reparti jugoslavi c gli irregolari albanesi si pr<>.,cntarono sulla linea del Drin, attaccando i posti di traghetto.

A Vau Dardhe il plotone della 3•/lll/RGF (maresciallo Lacagnina) che per tutto il g iorno precedente aveva protetlo il traghettamcnto oltre il fiume det nuclei in ripiegamento dalla linea di confine, sostt>nne da solo la pressione nemica fino a sera. quando venne raggiunto da una compagnia del 132"' btg. CC.\N..

TI guado di Vau Spass, difeso da un altro plotone della 3"/lll/RGF (s.ten. Valerio CavaliC're), da uno di fanti del 72" reggimento e da clementi della R. guardia di finanza ripiegati dal confine, al comando del ten. Diversi, fu attaccato la sera dell'8 e resistette per tutta la notte; caddero il ten. Di\ersi e la guard ia Roberto Righi.

All'alba giunse in rinforzo il plotone del sottotenente Zingarini, precedentemente dislocato a Bicaj, che nel giorno precedente era stato 241

incaricato di controllare l'avvenuta distruzione di tutti i passaggi sul Drin. La guardia Aldo Agoletti, inviato in ricognizione sulla sponda già occupata dal nemico, era perito nelle acque del fiume mentre rientrava nelle nostre linee dopo aver eseguito la missione.

N el pomeriggio del 9 aprile il guado fu fmalmente raggiunto da un battaglione di CC.NN..

L'attacco jugoslavo fu fermato sulla linea del Drin, come previsto, ma la pressione sui caposaldi di Fierce, Vau Dardhe e Vau Spass continuò fino a tutto ill2 aprile. ngiorno precedente a Kukes si era tentato di costituire una testa di ponte sulla destra del fiume, impegnando un gruppo di volontari fomiti dal 72° fanteria e dalla l 1S"legione CC.NN., cui si erano aggiunti alcuni carabinieri e ventidue guardie di finanza della 3•/III/ RGF e dei reparti territoriali. Passato i] Drin, il reparto fu bloccato dal tiro dei mortai jugoslavi sullo sperone che sovrasta il cimitero musulmano della città.

n tentativo venne ripetuto, ancora senza successo, nella giornata del 12 aprile.

I segni dell'imminente cedimento jugoslavo cominciavano intanto a manifestarsi anche nel Kossovo, la cui capitale, Prizren, era stata raggiunta da avanguardie tedesche l'l l aprile.

I reparti che avevano difeso la linea del Drin passarono il fiume il 15 aprile e si misero in marcia verso il vecchio confine, rastrellando il terreno. La sera prima una pattuglia tedesca era giunta a Kukes ed aveva preso contatto con il comando del 72° fanteria.

6. Le azioni nel Dibrano e nel settore di Librazhd.

n XIV C.A.A, come si ricorderà, aveva il compito di sbarrare le due direttrici che dalla conca di Dibra, in territorio jugoslavo, adducono all'area vitale del sistema albanese, con centro a Tirana: la Dibra - Peshkopje - Kruja - Tirana; la Dibra - Librazhd - Elbasan - Tirana.

Entrambe le direttrici (cui si aggiungeva l'arroccamento Dibra Struga, interamente in territorio jugoslavo) erano servite da discrete rotabili, le quali attraversavano il confine albanese, rispettivamente, ai vali242

chi di Bllade e di Miresh, entrambe sede di comando tenenza della R. guardia di finanza.

TI settore affidato alle grandi unità coincideva, approssimativamente, con la circoscrizione di frontiera del circolo di Peshkpoje (cap.

Francesco Macchiarella), articolato su due compagnie, Peshkpoje e Zerjan. Nello stesso settore era anche dislocato, da gennaio, il m battaglione mobilitato, con il comando e la 2' compagnia (cap. Nicola D'Amore) nel capoluogo e la l · compagnia a Miresh (cap. Mariano Dionisalvi); la 3' come si è visto era nel settore di Kukes. L'unità, il comando della quale era stato riassunto il 6 aprile dal magg. Di Natale, che l'aveva guidata durante il ciclo operativo in val Tomorreces, era articolata per plotoni, in rinforzo alle principali posizioni di confine. l presidi dei due valichi vennero attaccati contemporaneamente, all'alba del 7 aprile, da formazioni irregolari provenienti dall'interno del territorio albanese, e furono in breve tempo accerchiati.

Nella casermetta di Bllate si trovavano trentaquattro guardie della tenenza e del UI plotone della 2"/III/ RGF, al comando del maresciallo capo G. Battista Novarese, il quale quasi subito rimase ferito gravemente. Il sottobrigadiere riuscì ad eludere la vigilanza degli assedianti ed a raggiungere una compagnia della G.a.F. dislocata a Maqellare, qualche chilometro più indietro.

L'intervento dei fanti valse a sbloccare il presidio, ma alle 11,30 il comandante della compagnia decise di abbandonare il valico sul quale com inciavano a cadere concentramenti di artiglieria, per ripiegare su Maqellare.

Anche il presidio di Miresh, rinforzato da un plotone della t•/111/ RGF, fu investito dall'attacco di un battaglione jugoslavo e, dopo averne sostenuto la pressione per alcune ore, ripiegò su una posizione situata qualche centinaio di metri più indietro, tenuta dalla 22' compagnia della G.a.F. Poco dopo, però, guardie e fanti furono attaccati alle spalle dagli abitanti albanesi dei villaggi di Terbaci, Sepetove e Lladomerica, e soltanto pochi riuscirono ad aprirsi un varco ed a raggiungere la zona di Topojani.

Nel pomeriggio dello stesso giorno 7 il comandante del III battaglione mobile inviò il proprio aiutante maggiore, sottotenente Della Monica, a Maqellare, con l'incarico di riordinare il personale ripiegato da 243

Bllade e quello che affluiva dagli altri reparti di frontiera; fu così costituita una compagnia di formazione di 98 uomini, che concor~e al1a dife~a della posizione. ~ei giorni successivi anche quanto rimane\'a del III battagliorw (il comando, la 1• c p. cd i plotoni della 2 ' che non erano stati impegnati a l\liresh) si concentrò a '\laqellare, dm c nella notte tra il l O e r li apri le sostenne un ultimo attacco in forze jugoslavo. Il mattino successivo il magg. Di Natale, avuta notizia del ripieganwnto avversario, raggiunse con una pattuglia il valico di Bllade e, nonostante fosse fatto segno a fuoco di mitragliatrici, o,i inoltrò in territorio jugo~lavo, dove verso le 14,30 Io raggiunse il re"to del suo battaglione. Poco dopo le guardie vennero in contatto con una colonna motorizzata tedesca proveniente da Dibra. ed i combattimenti ebbero termine.

Il tratto mendionalt• del confine jugo-albanes<' era aftidato alla vigilanza della compagnia di Librazhd, costituita al la fine di dicembre dal capitano Antonio Castagna <'Oil il personale ripiegato dal Korciano. Per tutto l'imcrno il reparto ave\ a assicurato la '-'<>nqdianza della costa occich:ntale del lago di Ohrida llnmcdiatamente a tergo dello o,chieramentu fronte a sud della 9' armata. e della zona impervia a nord. fino alla saldatura con le posizioni del Dibrauo.

La vigilanza t> la ricerca di notizie oltre frontiera erano o;tate inteno,ifìcatc nt>ll'imminenza del nuovo conflitto. II comandantl' della tenenza di Sterbleva, Eugenio Di Crcp;orio, aveYa costituito un reparto di sciatori, con il quale aveva anche orp;a11izzato un posto fisso di osservazione utilizzando la casermetta del distaccamento estivo di "cippo 30". 1\el '"st'ttore Ljbrazhd" le truppe italiane assunsero fin dall'inizio un atteggiamento offensi\o ed i nuclei confinari non furono quindi impegnati in a11oni dj resistenza simili a quelle verificateo,i in altri tratti del fronte.

Le g uardie dei reparti di frontiera furono peraltro utilizzate per rc-.ccuzionc di colpi di mano, come quello contro le ca-.t>rmette dei '·graniciari" al' alico stradale di ''cippo 4·f', nella zona eh Qufa Thanes, sulla strada per Struga, effettuato nel pomeriggio del? aprile con elementi del Tl/ 266" fanteria.

Fu anche frequente rimpi t>go delle p;uardie di finanza come guide per i reparti al momento dello sbocco oltre fronttera, come accadde per i militari della tenenza di Sterblc\a, impegnati r8 aprile nell'azione condotta dal 128" fanteria per la rescissione del salicntc dellvast e Reme.... alla quaJc parteciparono direttamente anchl" il cap. Ca.,tagna ed il s.ten.

Di Gregorio.

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IL SETTORE LIBRAZHD il 6 aprile

Scala 1: 300.000

(Da: "La campagna di Crecia "vol.l/1 - Ed. 1980 Uj}ìcio Storico Stato Maggiore Esercito).

ll mattino dell'l l aprile i cinque componenti della brigata di Lin, della tenenza di Cafa Thanes, al comando del sottobrigadiere Domenico Alpino, attaccarono di propria iniziativa un fortino a nord-ovest di Radozda, nella zona di Struga, mettendone in fuga il presidio e liberando 5 fanti del 226 reggimento, tenuti prigionieri.

Come si ricorderà, nel "settore Librazhd" erano dislocati, dai primi di aprile, anche i due battaglioni mobilitati inquadrati nel "gruppo Erisotto". n rapido evolversi della situazione fece si che tali reparti, pur schierati in prima lin ea, non avessero modo di partecipare ad azion i di qualche rilievo, il che indusse il ten.col. Fantapiè, più anziano dei du e comandanti, a rivolgersi al comando superiore di Tirana per sollecitarne il ··vivo interessamento perchè impiego I e II btg. R. guardia di finanza corrisponda altezza momento storico. Attuale impiego sembrami inadeguato attesa et aspirazione intero Corpo R. guardia di finanza" (154).

n "gruppo Brisotto" ebbe comunque modo di prend er parte, con la divisione "Firenze", all'occupazione di Di bra, c fu impiegato, nei giorni successivi, nelle operazioni di rastrellamento dei resti dell'esercito jugoslavo.

7. n crollo del fronte jugoslavo.

n crollo della struttura politica c militare del vicino regno pose il comando superiore di Tirana di fronte alla necessità di mantenere l'ordine pubblico e di provvedere alle elementari esigenze di sopravvivenza della popolazione civile nei territori occupati, prima ancora che l'armistizio di Belgrado mettes~e formalmente termine alle ostilità.

Il generale Cavallero inviò quindi fin dall6 aprile ai comandi superiori dei carabinieri e della guardia di finanza d'Albania il fonogramma n.05704/ 0P: "Prego provvedere, ove non ~ia ancora statO fatto, all'invio di reparti CC.RR. c R. Guardia di Finanza a Dibra, Struga, Oh rid a.

Sia predisposto analogo invio nelle principali località in corso di occupazione da parte colonne XVTJ Corpo Armata che operano da Scutari con obiettivi Ragusa c Cattaro".

Il giorno dopo l'ordine veniva ribadito, con riferimento ai principali centri del Kossovo (Prizren, Gostivar e KiC'e\ o). ( 15-+) Fonogramma n 2.596 in data 14.4.1941 dd Comando l Hauaglionc - Tanisio- R. Guardia di Finanza.

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Già d all S, d el resto, "Superalba'' aveva ordinato ai corpi d'armata di concentrare in opportune località gli elementi della R. guardia di finanza precedentemente impiegati in compiti di copertura, affinchè fossero al più presto rimessi in efficienza.

Il III battaglione, ch e si andava concentrando a Kukes ed a Peshkopje, fu restituito il 17 a completa disposizione del comando superiore R. G. F'. "per far fronte al servizio d'istituto nelle varie località oltre frontiera".

Per la stessa esigenza era anche stato autorizzato l'impiego in zona di frontiera "con le misure precauzionali proposte" dei militari albanesi.

Prima dell'entrata in vigore dell'armistizio (sera del 18 aprile), in esecuzione di tali ordini: il circolo di Scutari aveva istituito brigate ad Antivari, Cattaro e Ragusa; il circolo di Kukes aveva trasferito il proprio comando a Prizren di~taccando reparti a Gostivar e a Kicevo;

due compagnie ed il comando del ID battaglione erano a Dibra, dove era stata trasferita anche la sed e del circolo di Pcshkopje; - la compagnia di Librazhd aveva costituito brigate a Stru ga e ad Ohrida.

Tn tanto anche il fronte greco aveva ceduto ed il 14 aprile le nostre truppe erano rientrate a Korçe, dove lo stesso giorno giunse anche il tcn.col. Castelli per ripredere possesso del comando del circolo.

Il 18 aprile il col. Paland ri diramò le disposizioni per l'organizzazione d el servizio d'istituto nei territori occupati.

Ogni sforzo doveva esser fatto- anche a d etrimento di altri settori di servizio- per l'attivazione d i un cordon e di controll o doganale, valu tario c politico-militare lungo il vecchio confine d el Regno d'Albania e lungo la linea di demarcazio ne tra le zone di occupazione tedesca ed italiana.

Altrettanto importante era la ricostituzione delle strutture operative deJ Corpo nei territori albanesi già occupati dai greci (circoli diKorçe e di Argirocastro).

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In entrambe i casi si trattava di compiti estremamente onerosi, da assolvere sotto l'assillo dell'urgenza, in una situazione generale di totale incertezza circa la futura sistemazione dci territori e delle lmee di confine, e con una spaventosa penuria di forze.

Tale situazioue fu appena mitigata dal passaggio a disposizione del comando superiore R. guardia di finanza, per l'impiego in servizio d'istituto, dei due battaglioni del "gruppo Brisotto'', ordinato il22 dal gen.

Cavallero.

Il I battaglione, concentrato a Sterbleva dopo aver partecipato alla occupazione di Dibra, fu inizialmente destinato alla ricostituzione dell'organizzazione dì frontiera nel korciano (155), ma veone poi dirottato verso il porto epirota di lgoumenitsa, dove si imbarcò per le Isole Jonie.

L'altro battaglione rimase invece a riposo a Librazhd, in attesa di essere inviato nel nord del Paese. ( 15;)) f. n. 249J lkl Comando ~uperiol'<' R. CuardiJ di Finanza d' Albania in da w 26.4.1941 .

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Capitolo VII

L'OCCUPAZIONE IN BALCANIA ED IN GRECIA l. Tensioni politiche e problemi economici ll<'i territOri JUgoslavi subato dopo l'occupazaone.- 2. La tosriruzaone da battaghona mobtlitati per le esigenze da occupazione.- 3 . L'organttzazionc d<'i 'crvizi di\ igal anza doganale e tribmaria t n Slovcnia cd in Dalma:r.ia.- 4. L'occupazione nel Ko~sovo-Dibrano cd in \1 ontencgro.5. L'occupazion<' in Grecia.- 6. La rivolta montenegrina del luglio 1941.- 7. Il ·comando R.C.F. della DalmaZia~ e l'occ-upaZione della zona demilitanzzara in territorio croato. 8. La cosiÌIU/tonc di nuove unità nel 'eco n do seme~ tre 1941. 9. ))"Comando R.C.F. dcii<' J,olt• dell'Egeo~ ed il concor'o al preoidio da Creta. 1O. L'impiego della R. Guard ia eli Finanza rwlle province an ne>sc c uei tnritori occupati. Il. La organizzazzionc di comando.- 12. Lo s~iluppo del movimento parugtano. - 13. L'impiego dd naviglio.

l. Tensioni po1itirhe e problemi economici nei territori jugoslavi subito dopo l'occupazione.

..

on gUarmistizi di Belgrado e di Salonicco, ri spettivamente del 18 e C del 23 aprile 1941, ebbero termine i cornbatlirnenti tra le truppe dell'Asse e le forze armate regolari jugoslave c greche.

La fine delJe ostilità rese necessaria la riorganizzazionc della struttura militare italiana, che doveva essere convertita alle esigenze dell'occupazio ne territoriale della Balcania c del1a penisola ellenica.

La g• armata rimase in Albania, ma estese l'occupazione al Montenegro ed al litorale adriatico tra Ragusa e Cattaro (XVll C.A., con comando a Cettigne) cd al Kossovo e Dibrano (XIVC.A., con comando a Prizren).

Tutto il territorio jugoslavo dal confme giulio fino al fiume Narcnta ed alla rotabile Konijca-Serajevo, e ad ovest della linea di demarcazione con la zona di occupazione tedesca, fu presid iato dalle truppe d ella 2· armata, che stabilì il suo quartier generale a Susak, immediatamente ad est di Fiume.

L'XI C.A. fu dislocato nella Slovcnia meridionale, con comando a 249

Lubiana, dove aveva sede anche il comando della divisione "Granatieri di Sardegna", mentre quello della "Isonzo" era a Novo Mesto.

li litorale adriatico fu occupato dal V (Cerquenizza) e dal VT (Spalato) C.A. mentre il C.A. "Celere", con comando a Karlovac, fu destinato alla Croazia occidentale.

La 11" armata, schierata sul fronte epirota, entrò nel territorio greco ma fu costretta a limitare inizialmente l'occupazione alla regione a nord della rotabile lgoumenitsa-Cianina, a causa dei contrasti insorti con il comando tedesco per la delimitazione delle rispettive zone di competenza. Soltanto a maggio fu possibile stabilire presidi nei porti di Prcvesa, A1ta c Missolungi, mentre si dovette attendere la fìne di luglio per ultimare l'occupazione dell'intero territorio greco, ad eccezione della Traci~ c della Macedonia occidentale, assegnate all'amministrazione germamca. \ 'Tolto più complesso fu il problema dell'organizzazione civile dei territori occupati.

Il regno di Jugoslavia cessò infatti di esistere come entità statuale, ed il suo territorio fu in parte annesso dalle potenze vincitrici e dai loro satelliti ungheresi, romeni c bulgari.

In Serbi a fu costituito un governo provvisorio militare sotto stretto controllo germanico, mentre per i] Montenegro si pensò alla riesumazione dell'antico regno dei Petrovic-Niegosc, sotto forma di unione personale con il sovrano italiano.

La nuova entità nata dal crollo della struttura jugoslava, lo stato indipendente di Croazia_ costituiva come si è visto un latente motivo di attrito tra le due potenze dell'Asse. Nel tentativo d i recuperare la posizione di preminenza cui riteneva di aver diriuo per l'appoggio fornito al movimento "ustascia" negli anni della clandestinità, Mussolini incontrò Pavelic a Monfalcone il 7 maggio per gettare le basi dei futuri rapporti ita1o-croati, e nei giorni successivi il direttore generale dell'UU., :Menichella, fu inviato a Zagabria per saggiare la possibilità di rea lizzazione di un'unione monetaria c doganale, senza sapere che, contemporaneamente, i suoi interlocntori stavano stipulando l'accordo che sanciva l'ingresso del nuovo stato nell'area economica del Reich.

1115 maggio fu proclamato il regno di Croazia, e due giorni dopo

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Pavelic era a Roma per offrirne la corona ad Aimone di Savoia-Aosta, duca di Spoleto. n 19 fu firmato il trattato che avrebbe dovuto consentire, tra l'altro, la definizione del confine italo-croato.

Da parte italiana era stata proclamata fin dal 3 maggio l'annessione della Slovenia meridionale, costituita in provincia ad ordinamento speciale con capolu ogo Lubiana.

Per la Dalmazia si dovette accettare un compromesso che soddisfacesse almeno in parte le aspirazioni croate ad uno sbocco al mare.

Tra il confi ne giulio, spostato ad est fino a comprendere i territori intorno a Fiume e le isole del Carnaro, e quello delle province destinate ad entrare a far parte del regno d'Italia fu così interposto un tratto di litorale appartenente al nuovo stato.

Le autorità di Zagabria si impegnarono a non stanziarvi truppe nè costruirvi installazioni militari, rinunciarono alla costituzione di una marina da guerra e consentirono il libero transito agli appartenenti alle forze armate italiane. Ma tale solu zione non ridusse gli effetti negativi della rottura d ell'u nità territoriale ed econom ica deJia regione dalmata e pose sin dall'inizio in una situazione precaria le città dove erano più consistenti le comunità italiane, u bicate lungo la sottile fascia costiera destinata all'annessione.

Questa fu proclamata il 18 maggio, immediatamente dopo la definizione degli accordi di Roma, e le province di Spalato e di Cattaro entrarono a far parte del regno d'Italia, costituendo, con Za ra, il governatorato della Dalmazia.

Tl giorno successivo fu attuato il passaggio d ei poteri alle autorità croate nei territori compres i entro i confini del nuovo stato, ed i reparti italiani che vi si trovavano assunsero la posizione di "truppe stazionanti in territorio alleato".

Cominciarono subito tuttavia, e furono ultimati all'inizio di giugno, i movimenti necessari per portare le nostre unità entro il nuovo confine, salvo un ridotto conti ngente la cui entità fu definita nel corso di coll oqui che e bbero luogo a Zagabria tra il ministro della guerra Kvaternik ed il comandante dell a 2' armata, gen. Ambrosie.

Lo "status" del Montenegro rimase invece indefinito. Il principio

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dell'indipendenza fu affermato da parte italiana fin dall'inizio, ma nei giorni successivi all'occupazione l'alto commissario civile Mazzolini, nominato dal gen. Cavallero con bando del 28 aprile, non riuscì a dar vita ad un governo locale, nonostante l'appoggio di un "comitato di liberazione" costituito da esponenti vicini al vecchio regime monarchico.

Sia nei territori occupati che nelle province annesse la situazione era alquanto caotica, per la pratica cessazione di ogni attività da parte degli organi amministrativi jugoslavi, per la presenza di migliaia di ex-militari in movimento verso le proprie case e per l'interruzione degli scambi commerciali e dei trasporti tra le varie zone in cui si trovò ad essere diviso i] Paese.

In Dalmazia, dove ill7 giugno il diplomatico Giuseppe Bastianini aveva assunto la carica di governatore sostituendo l'alto commissario "politico" Bertolucci nominato subito dopo l'ingresso d elle truppe italiane, erano pregiudicate le stesse esigenze alimentari delle comunità cittadine, alle quali fu necessario far giungere rifornimenti di emergenza dall'Italia, per superare la condizione di isolamento dall'entroterra in cui erano venute a trovarsi.

Il24 aprile, immediatamente dopo la fine de11e ostilità, un "Bando del duce, primo maresciallo dell'Impero, comandante delle truppe operanti su tutte le fronti" aveva impartito disposizioni in materia di scambi e di valute nei territori dell'ex regno di Jugoslavia occupati dalle forze armate italiane.

Oltre a confermare il corso legale delle monete e degli altri mezzi di pagamento emessi in valuta italiana o albanese, secondo i rapporti di cambio fi ssati il 16 aprile (prima ancora del termine delle ostilità) il bando estendeva ai territori occupati il monopolio vigente in Italia a favore delJ'Istituto nazionale per i cambi con l'estero, e vietava, salvo autorizzazione dell'alto commissario civile, l'esportazione di merci verso paesi diversi dall'Italia e dall'Albania.

Pochi giorni dopo, con il R.D.L. 30 aprile 1941, n. 290, vennero emanate le disposizioni doganali per gli scambi tra i territori dell'Un ione italo-albanese e quelli già appartenenti al regno di Jugoslavia occupati dalle nostre truppe. Le merci prodotte in questi ultimi erano considerate nazionalizzate ed ammesse all'importazione in Italia ed in Albania in esenzione da dazio, e lo stesso trattamento, ovviamente, era previsto per que11e importate dal territorio dell'unione doganale italo-albanese.

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Venivano peraltro confermate le disposizioni particolari vigenti per i generi di monopolio e per le merci soggette ad imposte interne di fabbricazione, di consumo o generale sull' entrata.

Il 4 maggio, iufine, un nuovo bando - valido questo anche per il territorio d el regno di Grecia- attribuiva all'amministrazione dei monopoli di stato la gestione dei servizi relati\i ai sali, ai tabacchi ed agli altri generi soggetti allo speciale regime.

La creazione di un quadro istituzionale di base non bastò, naturalmente, a risolvere la complessa situazione venutasi a determinare nei territori occupati.

Le disposizioni valutarie non ebbero subito applicazione uniforme, e tra lira, franco albanese e dinaro vennero a stabili rsi rapporti di cambio variabili nel tempo c molto diffe renziati da luogo a luogo, il che favorì il rapido sviluppo del contrabbando delle valute e dei metalli preziosi.

Le province annesse, per effetto delle norme emanate il30 aprile, risultarono comprese nel territorio d oganale ital o-albanese, ma si trovarono da un giorno all'altro isolate dalle regioni alle quali erano legate d a secolari corren ti di traffico. La paralisi degli scamb1 commerciali era grave, come si è visto, per le città della costa dalmata, ma non era migliore la situazione nella Slovenia meridionale, dove la linea di demarcazione frettolosamente tracciata sul terreno dai comandi militari italo-tedcschi sulla base delle po&izioni raggiunte dalle rispetti' e unità non poteva certo tener conto d elle com plesse realtà etniche ed economiche sulle quali veniva ad incidere.

Per ridurre gli inconvenienti furono disposti invii di derrate alimentari dall'Italia, e fu attribuita al governatore della Dalmazia la faco ltà di autorizzare l'importazione di generi di consumo, secondo le competenze normalmente assegnate in Italia agli organi centrali.

La situazione, tuttavia, rimaneva caotica c non tardarono a manifestarsi fenomeni patologici, quali il contrabbando dalle sali ne di Pago c di Stigno, rimaste in territorio croato ma tradiziona li forn it rici dell'industria peschereccia dalmata, il traffico di carburante agevolato per la pesca, il diffondersi della pesca con materie espl od enti, agevolata dalla larga disponibilità di materiale ab band onato dai reparti jugoslavi.

Era anche urgente il ripristino degli organi della amm inistrazione

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finanziaria, che nel solo territorio del governatorato della Dalmazia contava sotto il regime jugoslavo ben trentanove uffici, oltre a quelli doganali.

Importanza determinante per il ritorno alla normalità degli scambi rivestiva, infine, la questione della linea di confine, che tardava ad essere definita in sede diplomatica, tanto che il 24 giugno il comando del VI corpo d'armata, preoccupato delle implicazioni che la situazione presentava sotto il profilo della sicurezza politico-militare, fu costretto ad ordinare la costituzione di posti di bl occo dei CC.RR. e della R. guardia di finanza "nelle località dove i comand i di divisione Io ritenessero opportuno", lungo una ''linea di vigilanza militare provvisoria", in attesa della delimitazione ufficiale.

Questa fu continuamente rimandata a causa degli attriti tra i governi di Roma e di Zagabria, fino a quando la questione non fu superata dagli avvenimenti, in seguito al drammatico sv iluppo del movimento partigiano. Il problema investiva direttamente la competenza istituzionale della R. guardia di finanza, il cui intervento era del resto richiesto anche per altre esigenze connesse al riassetto economico c fiscale dei nuovi territori.

2. La costituzione dei battaglioni mobilitati per le esigenze di occupazione.

n primo impatto con le esigenze connesse all'organizazione dei territori occupati toccò, com'era inevitabile, al comando superiore di Tirana.

Al termine delle ostilità la R. guardia di finanza contava in Albania il seguente personale, compreso quello inquadrato nelle unità mobilitate (156): Italiani Ufficiali Sottufficial i Appuntati e C uardie

Albanesi

92

40

391 3.386

89 564

Con tali forze, di poco superiori a quelle rite nute necessarie per il (156) USS~1 E- '·La Campagna di Crt•cia ~-vol. l, pag. 940- ~i l nazione forza pn'>l'l1tt' al 12 aprile 1941.

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tempo di pace, occorreva costituire un ('ordone eli vigilanza politico-militare c fì~calc-valutaria lungo la linea di demarcazione tra le zone di occupazione italiana c tedesca ru·l Ko~soH> t' nelDibrano ed in corri~pon­ denza dd vecchio confine grcco-albarw~c, c provvedere al ripri stino dell'organizzazione operativa n t> i terri10ri appena sgombrati dalle tru ppe ellcnifhe.

Come si è visto, furono i circoli di Scutan, dr kukes e di Pe~hkopij<.· a costituire i primi reparti oltre frontiera Nei giorni immediatamente prt>cedenti rarmi:-tizio italo-jugosla\'(>. come ::.i ricorderà, t~ra stato re.,.tituito al ~erYizio d'i~tituro illJ l battagliont>, qanziato a Dibra, mentre~~~­ hito dopo la ce:,sazione del fuoco, il22 aprile, il p:en. Cavallero aveva ordinato lo scioglimento del gruppo tattico "Brisotto'' e l'inmwdiato pas"aggio a di:-posiziont• del comando superiore R.C.F. del I<' del Il battaglione.

Lo stesso comando fu anche autorizzato ad impiegare all'interno del terriwrio i milit,tri albanesi, da gennaio '"confinati'' nel di:-taccanu•nto d'istruzione di Lmza. _\)a apparve ~ubito evidente che le comple:-~e esig<'llZ<' dell'organizzazione del ~ervizio d 'i.,.tillllO nei territori occupati- quelle di ordine politico-militare non "'embrarono all'inrno perticolarmcnw rilev ami avrebbero potuto essere affrontate soltanto con il tra~ferimento dall'Italia di unità mobilitate di nuova costituzione.

Alla fine di febbraio il comando ... uperiore H.C.F. d"Aihania aveva prospt>tltHo al comando generalt> la JH.'CCS'-Iità di rivedere la struttura dei battaglioni. ai quali come ~i ricordcdt era "lato attribuito l'orp.anico delle unità di camicie nerl' destinate al rinforzo della copertura.

Impiegati in prima linea come normali rt>parti di fanteria, il l ed il JJ RGF <1\ l'\ ano dimo..,trato d i possed('l"<' una -.t ruttura troppo leggera. in rapporto alle c~igenze di un azione inten..;a e prolungata. ln particolare, la composizione binaria delle compagnie fucilieri impediva la costituzione di un rincalzo. mcntrt> la compagnia mitraglieri, pure su due plotoni, ~olo raramente avrebbe powto decentrare armi alle unità avanzate.

Con l'appro\'azione di Roma. il colonnello Palandri propose quindi ill2 marzo al comando -.uperiore FF.AA. di Tirana di ordinare i dut>

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battaglioni facendo loro assumere la formazione delle corrispondenti unità di fanteria (157).

"Superalba" interessò lo SMRE quattro giorni dopo, facendo propria soltanto in parte la proposta di Palandri.

I battaglioni avrebbero infatti dovuto mantenere sostanzialmente la struttura attuale, aggiungendo però un plotone per ciascuna compagnia, così da assumere una formazione ternaria.

La soluzione, motivata dalla ridotta disponibilità di armi di accompagnamento (che avrebbero dovuto essere fornite dall'esercito), parve poco soddisfacente al comando generale, il quale però decise di tagliare corto per evitare ritardi nel rafforzamento dei battaglioni U 7 aprile il gen.

Aymonino espresse quindi parere favorevole ed assicurò di essere pronto a fornire i circa trecento uomini necessari per attuare la trasformazione.

La rapida evoluzione degli avvenimenti fece tuttavia considerare superata la questione, ed il 2 maggio lo SMRE comunicò che "stante la nuova situazione" non riteneva più necessario modificare l'organico dei battaglioni R.G.F (158). È interessante rilevare come nel carteggio intercorso, nei mesi di marzo ed aprile, tra i comandi di Tirana, lo stato maggiore ed il comando generale non si rinvenga alcun cenno ad un aumento significativo del numero delle unità mobilitate.

L'ordine (159) con il quale lo SMRE disponeva, il15 aprile, la costituzione e la mobilitazione di ben sette battaglioni, giunse quindi molto probabilmente inaspettato in via Sicilia.

Le misure da adottare per far fronte all'impegno, entro il termine di dieci giorni fissato dallo stato maggiore, dovevano però esser state previste da tempo, perchè già il mattino successivo i comandanti di zona furono convocati a rapporto, per ricevere le disposizioni esecutive dal comandante generale e dal generale del R. esercito addetto, Riccardo Massone (160).

(157) f.n. 893/ 1-S del Comando Superiore R. Guardia di Finanza d'Albania - Doc. n. 62.

(158) f.n . 025053/408 in data 2.5.1941 -dello S.M.R.E.- Uf.O.M. (159) Circ.n. 49170 dello SMRE - Ufficio Ord. e Mobilitazione- Doc. n. 63.

(160) Circ.n. 49/ R.O. in data 16.4.1941 del Comando Generale R. Guardia di Finanza- Uff.Segreteria - Doc. n. 64.

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In sintesi, erano le seguenti:

IV

btg. btg.

VI btg.

VII btg.

VIIJ btg. lX btg. x btg.

v

centro di mobilitazione

sede

comandante

leg. Trieste leg. Genova leg. Firenze leg. allievi (161) leg. Napoli leg. Trieste leg. Milano

Fiume Genova Livorno Roma Napoli Trieste Milano

ten.col. Giuseppe Talè ten.col. Antonio Occhipinti ten.col. Amilcare Amoretti ten.col. Curzio Mibelli ten.col. Filippo Vitale ten.col. Raffaele Biondi ten.col. Quirino Giombini

Formazione ed organ ici erano ridotti, rispetto a quelli dei reparti già operanti in Albania.

Ogni battaglione comprendeva infatti un comando (su una squadra) c tre compagnie, ciascuna su tre plotoni fucilieri ed uno mitraglieri, quest'ultimo su tre armi. In totale, 12 ufficiali, 51 sottufficiali e 439 appuntati e guardie, con nove mitragliatrici Fiat 35 ed un autocarreggio costituito da 4 "autovetturette", 5 autocarri SPA 38,5 motocicli, nonchè tre biciclette.

I plotoni fucilieri non avevano fucili mitragliatori, ed erano quindi dotati esclusivamente di armamento individuale (pistole e moschetti '9 1). :\Ton era prevista neppure l'assegnazione di sa lmerie.

Le operazioni di costituzione dei battaglioni si svolsero normalmente, ed il 26 aprile il comando generale fu in grado di confermarne l'approntamento allo SMRE, dal quale lo stesso giorno furono rese note le d estinazioni d'impiego.

I battaglioni lV,IX e X erano assegnati alla 2' armata, per concorrere all'occupazione della Slovenia e della Dalmazia, mentre gli altri quattro erano posti a disposizione del comando superiore FF.AA. Albania, con porto di sbarco a Valona, per "provvedere alle esigenze derivanti dall'occupazione del territorio greco" ( 162). ( 16 1) 11 Vfi btg. fu costituito con personale dci repani territoriali della III zona ( Firenze). ( 162) S.M.R.E.- Uff. O..M.- f.n . 50960 del26.4.41 e f.n. 0247 10/ 407 del27.4.41.

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II comando gen('rale intanto riceveva continue sollecitazioni da vari ministeri perchè fosse accelerato l'invio del personale della R.G.F. nelle zone occupate in vista dell' urgenza di attivarvi i servizi di istituto, tanto da essere costretto, il 3 maggio, a sollecitare lo SMRE perchè impartisse l'ordine di partenza, nonostante che non fossero ancora stati consegnati gli automezzi previsti (163).

Due giorni dopo era il sottosegretario alla guerra ad intervenire sempre sullo stato maggiore, perchè una parte delle unità destinate in Albania fosse dirottata verso i territori già jugoslavi (164).

Il 6 maggio, infine, lo stesso "Superalba" richiedeva l'immediato invio di almeno tre dei quattro battaglioni, ai quali assegnava i porti di sbarco di Antivari, Durazzo e Valona (165).

I movimenti ebbero finalmente inizio il 9 magg1o.

Nella notte il IX battaglione lasciò Trieste per Cerquenizza, poco oltre il vecchio confine, mentre il X partì alla 5, l Odalla stazione ferroviaria di Milano per Lubiana, via Postumia.

Nelle prime ore del mattino il VI (Livorno), il Vil (Roma) e l'VIII (Napoli) partirono per i porti pugliesi, con destinazione Antivari, Porto Edda e Durazzo. lllV battaglione mosse alle 17,10 da Fiume per Spalato, dove giunse la sera dell'l l.

Alla stessa ora anche il V battaglione avrebbe dovuto partire per Brindisi diretto a Valona, ma poche ore prima il movimento fu sospeso e l'unità rimase nella caserma "S. Teresa" di Genova.

Al termine del primo anno di guerra, dunque, la R. guardia di finanza aveva in zona d'operazioni- oltre al personale dei reparti territoriali dislocati in Albania, Libia e Dodecanneso (la lotta in Africa Orientale si stava ormai esaurendo) ed agli equipaggi delle unità navali- dieci battaglioni mobilitati, con la seguente dislocazione: ( 163) Com. Gen. R. Guardia eh Finanza - l ;ff.G.A.- f. n. l 033/ R del 3.5.41.

(164) ~1ln.dclla Guerra- Gabinetto in data 5.5.41.

(165) C/ do Sup. FF.AA. Albania- telegramma n. 4362/ 01\1 del 6.5.41.

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a disposizione del comando superiore FF.AA. Albania: ID (Dibra) c VII (Prizren), alle dipendenze del XIV C.A., dislocato nel Kossovo; II (Cattaro) e VI (Cettigne), alle dipendenze del XVII C.A., in Montenegro; I (Corfù), nell'arcipelago delle Jooie; a disposizione del comando 2· armata: IV (Spalato) alle dipendenze del VI C.A. in Dalmazia; X (Lubiana) e IX (Cerquenizza, poi Novo Mesto) in Slovenia; a disposizione del comando 11· armata in Grecia:

. Vlil (Gianina), in Epiro; in attesa di destinazione (a Genova), il V btg.

La mobilitazione di metà aprile aveva implicato uno sforzo considerevole per la struttura del Corpo.

Nel giro di pochi giorni erano stati sottratli ai reparti territorial i 103 ufficiali, 357 sottuffìciali e 3.073 appuntati e guardie, questi ultimi tutti permamenti, destinati ad essere sostituiti presso i reparti di provenienza dai riservisti delle classi 190 l e 1902, di cui era stato autorizzato il richiamo, e che incominciarono a presentarsi ai centri di mobilitazione il 25 aprile.

Per i sottufficiali, fu necessario dispone la conclusione anticipata del corso allievi, mentre per circa un terzo degli ufficiali su balterni siricorse al richiamo dal congedo di elementi provenienti dai sottufficiali.

In sintesi, una volta eseguiti i necessari movimenti di assestamento, la R. guardia di finanza venne a disporre di: unità mobilitate, costituite esclusivamente da personale permanente; reparti destinati al servizio d'istituto, formati parte da permanenti c parte da richiamati; reparti con compiti esclusivamente di difesa costiera, formati soltanto da richiamati (166). ( 166) Com. Gen. R. Guardia di Finanza - U.G.A. del 21.4.1941 -.

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La costituzione dei sette battaglioni aveva anche implicato l'azzeramento dell'organizzazione per il rifornimento dei complementi realizzata in febbraio (167), e comprendente, come si ricorderà, una compagnia su due plotoni (60 uomini) per ciascuna della quattro zone, più una quinta a Durazzo.

n 18 maggio ( 168) fu disposta la ricostituzione della struttura, che avrebbe dovuto comprendere un battaglione su tre compagnie a Trieste ed una compagnia presso le legioni di Napoli, Firenze (Livorno), Genova e Milano, ciascuna su quattro plotoni, per un totale di 3 ufficiali, 16 sottufficiali e 154 appuntati e guardie.

3. L'organizzazione dei servizi vigilanza doganale e tributaria in Slovenia ed in Dalmazia.

Nella zona di competenza della 2" armata i reparti italiani completarono nella prima decade di maggio i movimenti necessari per raggiungere la linea di demarcazione concordata con i comandi tedeschi. ll ten.col. Giacomo Bortone, inviato dal comando generale, con l'ispettore superiore C urreri della direzione generale delle dogane, eseguì ai primi del mese la ricognizione del confine settentrionale della provincia di Lubiana, a contatto con la parte d i Slovenia destinata ad essere annessa al Reich.

Si trattava naturalmente di una linea provvisoria, definita solo sommariamente, che però lasciava in territorio germanico varie località di notevole importanza militare, mentre altrove separava centri di attività economica ed abitati da sempre reciprocamente connessi.

L'ufficiale dovette anche segnalare che, nei tratti non ancora raggiunti dai reparti italiani, la linea era stata oltrepassata dalle unità tedesche, che ne avevano approfittato per spostare in avanti i servizi di conn·ollo. Era quindi urgente provvedere al presidio dell'intera linea, istituendo immediatamente a tergo gli uffici ed i posti doganali necessari per consentire la ripresa degli scambi tra le due Slovenie.

Ciò anche perchè era stata decisa la stampigliatura del dinaro-car(167) Circ. 529/ R in data 26.2.1941 del Comando Generale - U.G.A. -.

(168) Circ. 1089/ R in data 18.5.1941 del Comando Generale- U.G.A. -.

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ta, provvedimento indilazionabile se si voleva assicurare una certa stabilità al corso dei cambi all'interno della zona italiana (169).

TI l O maggio giunse in treno da Milano il X battaglione, il quale due giorni dopo assunse la prevista dislocazione lungo il tratto settentrionale della linea di demarcazione: comando e 1· compagnia a Lubiana, 2' compagnia a Novo Mesto, 3' compagnia a Logatec (a fine mese fu spostata a Vrnika).

Fu subito chiaro che l'unità era appena sufficiente per il presidio del confine settentrionale della provincia, dove era prevista la istituzione di dieci tra sezioni e posti doganali, mentre era urgente attivare la vigilanza lungo il margine orientale e sud-orientale, a contatto con il territorio dello stato croato, fmo al limite del nuovo confine della provincia di Fiume, che si intendeva affidare ai reparti del IX battaglione.

Quest'ultima unità, ancora operante alle dipendenze del comando della legione di Trieste che l'aveva costituita (170), era giunta il 6 maggio a Cerquenizza (Crkwenica), ma dieci giorni dopo fu arretrata a Susak, subito oltre il vecchio confine.

L'insufficienza della forza destinata al presidio della linea era resa ancora più grave dall'urgenza di occupare materialmente le località che ne segnavano l'andamento provvisorio, a causa della crescita della tensione nei rapporti con le autorità croate.

Il problema riguardava anche il futuro confine della Dalmazia, dove il ten.col. Simoni, giunto il24 aprile a Zara per provvedere all'organizzazione dei servizi, si trovava a disporre del solo IV battaglione, arrivato l'l l a Spalato, dove rimase il comando con una compagnia, mentre le altre furono dislocate a Sebenico ed a Zara (a fine mese quest'utima incorporò anche i reparti esistenti nella vecchia provincia italiana - tenenza e nucleo di polizia tributaria di Zara, sezione di Làgosta).

Per ottenere l'assegnazione di un secondo battaglione delJa R. guardia di fmanza in Slovenia, l'alto commissario Grazioli si era rivolto direttamente al comando generale, riuscendo a far sospendere la partenza per l'Albania del V battaglione.

(169) Pro-memoria inviato dal ten.col. Giacomo Bortone in data 8.5.41 B- Doc. n. 65. ( 170) L'impiel:"lo dei battaglioni a disposizione della 2' armata era stato iniziai mente delegato al comando Iegwne di Trieste.

261·

L'argomento fu ripreso nel corso di una riunione tenuta a Trieste il 17 maggio, per definire l'assetto dei servizi doganali lungo il nuovo confine orientale del regno, e di un successivo incontro a Karlovac, il 21 maggio, promosso dal comando della 2• armata.

In quest'ultima occasione, si rilevò che la soluzione era stata indirettamente fornita dalla sopravvenuta entrata in vigore degli accordi di Roma, in base ai quali il controllo doganale italiano avrebbe dovuto essere esercitato lungo il nuovo confine di stato italo-croato e non al margine della zona occupata dalle nostre truppe, a contatto con quelle tedesche.

il tratto da vigilare nel territorio della provincia di Fiume veniva così a risultare notevolmente ridotto, tanto da far ritenere sufficienti a tale scopo i reparti dipendenti dal circolo territoriale già esistente. Era così disponibile il IX battaglione, che lo stesso comando della 2" armata propose di trasferire a disposizione dell'alto commissario di Lubiana (171).

Il l " giugno, dopo che Grazioli era nuovamente intervenuto presso il ministero degli interni ed aveva ottenuto anche l'assenso dello SMRE, il gen. Aymonino dispose in conseguenza.

n IX battaglione passò alle dipendenze del corpo d'armata di Lubiana e si trasferì a Novo Mesto, da dove assunse la responsabilità della vigilanza lungo la frontiera orientale della provincia annessa. La partenza del V fu ancora sospesa.

A metà giugno i tedeschi inziarono la sgombero del territorio a nord ed ad est di Novo Mesto, rendendo possibile l'organizzazione dei servizi nelle zone di Kostanjevica e di Mokronog, dove furono istituite dogane.

Il 19 nel corso di una riunione tenuta a Fiume, fu possibile constatare l'ormai avvenuta attivazione a pieno regime dei servizi doganali lungo tutto il confine sloveno e fiumano; ciò rese possibile la normalizzazione dei traffici commerciali, si intende nei limiti consentiti dalla situazione generale, ed anche l'inizio, dallo stesso 19 giugno, delle operazioni di cambio della moneta, con la conseguente eliminazione del dinaro jugoslavo dalla circolazione. n cambio fu eseguito presso sette uffici istituiti dalla Banca d'Italia, sotto la vigilanza della R. guardia di finanza.

(171) La proposta era partita dal comando legione di Trieste.

262

li l o luglio il ministero degli interni comunicò che anche i servizi di polizia di frontiera erano stati attivati, con l'istituzione degli uffici di P.S. alla stazione ferroviaria di Lubiana, ed a Trebenie, Novo Mesto, Metlica e Buccari, nonchè dei posti fissi dei CC.RR. ai valichi di confme (172).

Molto più incerta la situazione nelle provincie dalmate, dove, come si è detto, per superare gli inconvenienti derivanti dal ritardo nella definizione del confine, il comandante del VI corpo d'armata ordinò il 24 giugno l'istituzione di una "linea di vigilanza militare provvisoria" determinata unilateralmente.

L'iniziativa del gen.Dalmazzo non mancò di provocare le proteste del governo di Zagabria, e ciò accrebbe la tensione nella zona di frontiera. Sistemata comunque, più o meno precariamente la questione dei confini dei territori annessi, all'inizio dell'estate 1941 fu possibile porre mano all'organizzazione dei servizi di vigilanza fiscale all'interno dei medesimi.

Nel regno di Jugoslavia la sorveglianza doganale del confine era assicurata- oltre che dal corpo militare dci "graniciari", dissoltosi come le altre specialità dell'esercito - da un organismo armato civile, il "Finanzkontrol", al quale erano anche affidati compiti molto simili a quelli della R. guardia di finanza italiana per la tutela dell'imposizione interna sui consumi e delle imposte dirette.

Alle dipendenze della direzione di finanza di Lubiana prestavano servizio, nel territorio annesso all'Italia, 17 impiegati e 202 agenti, articolati in quattro distaccamenti principali ( Lubiana, Logatcc, Kocevije, Novo Mesto) comprendenti a loro volta distaccamenti e sottodistaccamenti. Tutto questo personale era rimasto in servizio dopo l'annessione e l'alto commissario Grazioli aveva anche manifestato l'intendimento non condiviso dal comando generale della R. guardia di finanza- di procedere a nuove assunzioni, per colmare i vuoti (46 unità) prodotti negli organici dagli avvenimenti bellici.

Una volta assunto il controllo del confine da parte dei due battaglioni mobilitati, da Lubiana furono inviate a Roma proposte per il riassetto del servizio, sulla base di uno studio eseguito dal ten.col. Bortone, (172) Circ. n.300/ 73979 del ministero degli interni- dir.gen. di polizia, dcJl• luglio 1941.

Con telegramma n. 7524 dell3.4.1 941 lo stesso ministero aveva richiesto con urgenza ti ripristino dei servizi di polizia lungo il vecchio confine.

263

posto nel frattempo a disposizione dell'alto commissario quale capo di una delle due sezioni dell'ufficio militare.

Nella Slovenia meridionale avrebbe dovuto essere costituita una legione, alle cui dipendenze sarebbero stati posti due battaglioni che, pur mantenendo per il momento la formazione di guerra, avrebbero avuto alle dipendenze ciascuno un nucleo di polizia tributaria nella sede di comando (Lubiana e N ovo Mesto) ed una aliquota di sottufficiali e di guardie esperti nel servizio d'istituto e possibilmente conoscitori della lingua tedesca o serbo-croata, da inserire nei distaccamenti del "Finanzkontrol", dei quali avrebbero dovuto assumere la direzion e operativa.

Le proposte furono accolte soltanto in parte. L'idea della costituzione della legione di Lubiana fu ritenuta prematura e non furono individuati motivi validi per derogare al criterio seguito n el resto del territorio nazionale, secondo il quale in ogni provincia operava un solo nucleo di polizia tributaria ( 173).

1122 luglio furono invece assegnati a ciascun battaglione dislocato in Slovenia 16 sottufficiali e 30 appuntati o guardie esperti nel servizio di polizia tributaria, mentre al X venivano d estinati altri 12 sottufficiali ed altrettante guardie per la costituzione del nucleo p.t.i. di Lubiana.

Quest'ultimo, al comando di un capitano, avrebbe dovuto assolvere nel territorio dell'intera provincia i compiti normalmente attrib uiti agli analoghi reparti operanti ne] resto d'Italia (174).

4. L'occupazione nel Kossovo-Dibrano ed in Montenegro. li comando superiore delle FF.AA. in Albania estese dopo gli armistizi la sua competenza ai territori già jugoslavi del Montenegro, del Kossovo, e della Macedonia occidentale, ed a quelli greci immeditamente oltre il vecchio confine, nonch è alle isole jonie.

A queste ultime fu destinato il I battaglione R.G.F. che, imbarcatosi ai primi d i maggio ad Igoumenitsa, stabilì il comando a Corfù, dove furono anche dislocate la 1• (175) e la 3• compagnia; la 2' ebbe sede a Santa Maura, la 4' a Cefalonia e la 5' a Zante.

(173) Appunto del capo ufficio segreteria del comando generale R. guardia di finanza in data 11 luglio 1941 e pro-memoria del ten.col. Giacomo Bortone in data 27 giugno 1941. ( 174) comando generale R. guardia di finanza- uff.segreteria- f.n. 64194 del22.6.1941. ( 175) La compagnia rimase ad Igoumenitsa fino al 27 luglio.

264

Da sinistra a de.ftra e dall'alto in basso: Gen. C.A. Ugo Piguetti, Comandante Genera le dall' l.9.1938 al 25.1.1941; Ccu. C.A. Aldo Aymo nino, Cornandamc Ge ne ral e dal 26.l.l941 a l 12.3.1945; Gen. C.A. Battista O x ili a, Comanda n te Generale dal 13.3.1945 a l 15.6.1946: Gen. D. P n l C:;11 r1 l' ' n 1 n " l 2 .1.1 4 a19.1 2. \ 942.

Ce n. D. Fr,u•ce,co Poli, Comandante in 2 dal l 0.12.1942 .Il 1(1. 11 . 1~H3.

l\Jagg io 1939. Sha l'( o .1 Duran:o

del primo <'OIItiniH'Illl' dl'lla H Guardia di Finanza d' \lbani ,1

Col Cnnco Palanclri. Colll;lndante dt'lla R Cu.1rcli.1 d t fin ,mza d' \lh.111t.1

L u)! li o 19<+0. Il ,o u otencntc Oo,i, rou l'aiut:Jntt" d i b:u t.Lglia Stcri (adutra)ed il•nan''r iallo Pu!!· g ion i d av;1111 i a ll a l'f'Si d t" n za del capo de lla po liz ia inf( ll''\' di Ca,sala, :.cd c de) d ista('(':l ll1 CI1l0 de lla R. C ua rd i<t d i Fina n za.

A)!O>IO l ~l-H• J>auu!!li<• camnwll.ua dt•IIJ compa!!nia mubdit.ua di Te,,cnei 111 ru ognizionc nel bassopiano 'udane-c.

24 no' ernurc 1940. I generali Pignl·ui l'Ca mondi ~aiutano il comandantl' del II battaglio n~: nwbilit.no in partenza per il fronte p:rcco-albane.,t'.

c('llna io 1941. Pattuglia del n·pariO >CÌaiOri del II battaglion~: mobilit <IIO ~u lmassiccio del To11101'Ì.

La 3' compagnia del l battaglion<" mobilitato. sul fronte greco-albanese.

Marzo 1941. Pos10 co mando del Il RC F' sul Bregu i .\lath.

n:

A

Il ten.col. Luigi Fantapiè, Coma ndante del 1/RCF nel marzo l 94 l.

Ap rile 194 l. I l I battaglione mobilitato in marc ia nella valle de l Orin. In testa il col. Briso tto.

Aprile 1941. Ili ed il n baua~lione riuniti per la cerimonia d t '('IO!!Iimcuto del gruppo tatuco EriSOltO.

Aprile 1941. La l ' compap;n ia de l 111 / H.GF in marcia o ltre il \·onfin<' jugo-albauc:,e.

La caserma di'l plowut• di Bcratu:, dopo rJ t laCCO degli in,orli fllOIHCllC~rini ncllu-

;.dio 1941.

E-.tate 1941. Fin;lnzicri 'ulrAcropoli.

s JTALO- CROATO

Finanzie ri e carab i1 ticri ad un posto di con fi ne italo-croato.

Dalma7.ia 1942 . .\1otomitraglieri dr l .\l\' baLtaglionc mobilitato di scona ad un'autocolonna.

lhlrnazia EH :l. J\lowlaut ia del :\.1\ btp;. mohiliwto in >Cr. izio cii 'if!ilanza co~ticra.

fllonr!'nt"'p;ro HH<t rl ll'n.col. Lanzett,t. comJndan tl' del \l btp,. mobilitato. co n uu p;rupp o d i p:ttt'rrip;lieri lltOllll'lll'J.! ri ni co ll a bo razion i,ri.

1.•1 pirm ed etw ··po,til-\1ioni''. eh t• opt·ro n di'Egeo e. dopo l'arrllhli/io. nelle acque della Pale-t i'''' e del Libano.

Il dragamine ~R. U. 36··, ,acritì(ato,i n l'Ila noli\' '"l 19 gt-nnaio l \H3 a nord di T ripoli per 5onrarn: alt'offen'i"' twmi<'a la naH' the 'corta' t'unitil fu decora w di meda!-1-lia d'oro al \'.\\.

a~

11{-\cn. Anu ro Cerraw. co111a nd antc della Gua rdia di Fi nanza delh• RSI.

Da sinùtra a destra e dall'alto in basso: il maresciallo Vincenzo Giu dice (ucciso per rappresagl ia presso Ca rrara) ed il so u otenem e Aui lio Co rru b ia (impiccato in Grecia), decorat i di medag lia d 'oro al V.M .. ll tenente Gia n Maria Paolin i, organizzato re della resiste nza nelle Marche, fu fu cilato presso Arezzo.

Da sinisLra a destra e dall'alto in basso: il gcn. f ilippo C ri m i comandante della C uarclia d i Finanza a Roma d urante l'occu pazione ted esca; il tenente Pietro Spaccamonti operò in collega me m o co n I'OSS ame ricano; i tenenti d e Lau re ntiis e H.i vosecch i furono paracad utati al Nord con miss io ni militari de lla l ' Special Force brita nni ca.

Il f!;en. Clark decora con la ·'Bro nzc star" il e;m. . ,. S Clllto. corno n dalltl' d e l b;Htag lio. n l' -- w·.

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Appunw con il qu a le Mussolini chiede al Min istro delle Finanze della RSI, Pellegrin i Giampietro, !'«ep urazione» della Guard ia d i Finanza d i Tori no.

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Il fu tu ro onorevole Riccardo Lombardi in uniforme di brigadiere della Guardia di finanza (da un fa lso do cum ento di riconoscime nto ri lasc iato gli durante il periodo cospirativo dal comando de lla l.t.•p.i o ne di Mi lano).

Man ifes tino de l co mand o d ella d ivisione patrioti Va ltoce ri\'olt o ai fìnan z ieri de i campi di conre nu·a•n(' IJt o in s, i/ ZI'r;J.

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COffi.fHiOO OIUI510~ PATRIOTI UALTOCE L A

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Fi11a1tzzéri der' ca1npi di concoztra11te1tto in St/lzzera/ . l . ·Sono altre Fiamme Gialle cbe si ·rivolgono a voi l Siamo alla conclusione della guerra!

La Patria piagata da mille ferite, prostrata ( a una dittatura · ambiziosa ed avida, ha ora bisogno dell'aiuto di tutti i suoi figli migliori per scacciare fo straniero ed il suo complice fascista e tornare ad _l1~~fF lJ!la e lfbcra ! · Accorrer.€ ~n é~e· lorfiiazionf còmD!ttettr p·atl'lotl dove sarà prezioso t·ausmo· dei "ostro lir-acciò, ut>O aJ!c armi, del vostro cu<'rc educato'"' ai silenzi delle balz.{! alpine ed al ·frc.gore dei mari In tempesta, del vostro entusiasmo c•.e trova antiche 'tildici nel più ~ro !ffiore per l'Italia !

Accorret ~ l trt.:erete i vostri fratelli, i vostritufficiaJi, i vostri sottufficiali, gia inquadrati nella nostra magnifica divisione i cui motto di ~acrificio banno ~atto proprio.

Fon ..erete co~ essi · un t\nico reparto tutto n~tro, ed accanto al simbolo h~ colore della divisione, potrete portar~ ancO~R, sul VO~tro ~zzofett~ . azzurr1 1e*;os!re glorios~ fiaJ~m~ gialle. . ' .

Ripeteremo i J'g~endart-:-epiSO'di della nostra 1stona, mtessuta dr erorsm1 taQto ptu eccelst quanto gelosarr:ent~ eustoditi !lei nostri cuori c dte· una m ravigliosa. continuità traggono da ogni epoca e da ogni guerra.

-, , .

Fiamme Gialic, ascoltate il grido) lèlla ~ che angosciosa.. Vi ripete la pena che l'opprime, nel verso del poeta . va r~uori o straniero!··; if · · ...

Ac;torreie sena ili&ugi l Ora. o mai piùf

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·1t hJ~ A..f~i ( ])~

l. 1111111111 ·"""1'-r.olo do \1"""1"" < ""'''f!II<H« .11 <n111.111d.111h' d<•lla brif!<IW di Cerm.o-ino. :W .tpnlc I!H'>. llìn.lllZ<t'l'l dt•ll.t L<:gione di Milano 1011 il loro <lllll.llld.JIIIl'. tol. \l.tll!<'n. dopo l'occupazione del pa l.o//<> d<· l f!"' '''""·

26 aprile 1945. Compo n enti del r o rgauizzazio tw ··Fra nch i", t'O ll il ' omJnclamc de lla te n e nza del la Guard ia d i Fittll n7.a di Ponte Ch ia,so. atte n do u o il rientro cl a ll.t <.:, i//<"1".1 el i FNm rrin 1'11rri .

Repa rt i di fillauz ie ri partccipauo all a sfilata delle formazion i partigia ne a \1 il a no ....

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.... t•d .1 \ t·m·zia.

Finanzit"ri 'nlrl.lllo prigionil•ri tl'dl·-chi.

-

C. L. H. A. l.

CORPO VOLONTARI DELLA LIBERTÀ

-.--

COMANDO 6ENERALE PROVVISORIO DELLA R. GUARDIA DI FINANZA •• ALTA ITALIA.,

FOGLIO D'ORDINI SPECIALE

A lulli i Comandi del Corpo della R. Guord1e di rinenzo dell'Alte llol.a.

Comunico e tune le riomme Gialle dell 'Alta ltol.o lo nolo d'ulfacio n. 21887 in date 9 • <4 • 1945 che il Comondonte Generale del Corpo, Genero le di Divisione o questo Co mondo :

J·g. s. G. B. O Xl li A ho !ono pervenire do Romo

• La notizia che la Guardia di Finanu dall'Alta Italia f• parte del • Corpo dei Volontari della Libertà è stata epprua con viviuima sode diJiu ione e l• pruumere che le meggior parte degli eppartenenti

• al Corpo si è ben comport•la durante il periodo dell'occupuione, • te nto da ottenere empio ricono~>c i menlo da perla del C. L. N. A. l. c Nel prendere etto di quanto sopre, qu11to Comendo Generele invia c 1'11preuione del suo vivo compi•cimento per il contegno serbato c dalla maua dagli Ulliciali, Sottullicieli 1 Finenzieri in un periodo • co~>i hlfbinoao per le vicende della Petri• e del Corpo.

Milono, li 15 Maggio 19<45.

IL COLONNELLO COMANDANTE ALlUDO MALGfll

Fo[!,lio d'ordi 11 i ~pecia l 1· dd l'O I. \·1alg<' ri iudirizzaw ai comandi dd Corpo dell Alta Iwlia.

Nel corso dell'estate squadre e corpi di guard ia furono stabiliti in numerose isole minori; a Corfù fu anche costituita in ottobre una squadriglia naviglio su due motolance, cui si aggiunsero nella primavera successiva due motovelieri di requ isizione.

Il III battaglione, dopo aver partecipato in aprile all'occupazione di Dibra, entrò in Macedonia, stabilendo il l Omaggio il suo comando a Tetovo, centro di una certa importanza sulla rotabile per Skoplje, distante una quarantina di chilometri e compresa nella zona d'occupazione tedesca. I comandi di compagnia furono dislocati a Tetovo, Kcrçova e Gostivar, mentre i plotoni dipendeqti presero posizione sulla linea di demarcazione icalo-tedesca.

Nel Kossovo giunse da Roma, via Durazzo, il Vll battaglione, che dal 12 maggio ebbe il comando a Prizren.

Alla fine d el mese fu costituito nella stessa località il "Comando Centrale della R. Guardia di Finanza del Kossovo", alle dipendenze del comando superiore di Tirana. Ne assunse la responsabilità il ten.col.

Curzio Mibelli, comandante del VII battaglione. In agosto fu pubblicato il decreto di annessione dei territori già jugoslavi al regno d'Albania ( 176), c furono portate oltre il vecchio confine anche le sedi dei circoli territoriali di Kukes (a Prizren) e di Peshkopje (a Dibra).

In Montenegro, i primi presidi della R. guardia di finanza erano stati costituiti alla fme di aprile da elementi del circolo territoriale di Scutari, che avevano passato il confine subito dopo la rottura del fronte. ll 3 maggio era en tralO nel territorio il IJ battaglione mobilitato proveniente dalla zona di Li brazhd. Dopo una breve sosta a Podgorica stabilì il comando a Cettigne, sed e del quartier generale del corpo d'armata, distaccando presidi lungo la costa.

A metà mese sbarcò ad Antivari il VI battaglione proveniente da Livorno, c fu avviato verso l'interno, a Podgorica.

Secondo le proposte avanzate prima ancora della fine dell e ostilità dal colonnello Palandri, anche in Montenegro fu costituito un comando centrale, dipendente, come quello d el Kossovo, dal comando superiore di Tirana.

(176) R.D. 12 agostO 1941 , n. 264.

265

Il "Comando Centrale de1Ja R.G.F. per il Montenegro", entrato in funzione a1Ja fine di maggio ed affidato al tenente colonne1Jo Amilcare Amoretti, comandante del VI battaglione, era articolato in tre comandi subordinati (''gruppi di compagnie") a Podgorica - costituito da personale del VI battaglione, con comandi di compagnia a Podgorica, Bijelo Polije, e Plijevlija- Cettigne (compagnie di Cettigne, Niksic ed Antivari) e Cattaro (compagnie di Castelnuovo e di Cattaro), questi ultimi due costituiti da elementi del II battaglione.

Il "comando centrale" realizzava un embrione di struttura territoriale destinata all'assolvimento dei compiti d'istituto, mentre dal punto di vista dell'impiego militare i battaglioni prendevano ordini dai comandi di divisione nella zona di competenza dei quali erano dislocati. Per le questioni amministrative e matrico]ari, infine, sopravvivevano i rapporti di dipendenza diretta dai centri di mobilitazione in Italia.

La situazione, già abbastanza complicata, diveniva senz'altro confusa per i reparti del II battaglione dislocati nella provincia di Cattaro, compresa nel governatorato della Dalmazia, dove le autorità dell'amministrazione fmanziaria italiana - sia pure sotto il controllo del comando della 2' armata - erano competenti per l'emanazione di disposizioni in materia di servizio d'istituto.

Quando in agosto fu inglobata nel territorio del regno d'Albania la regione di Antivari, i reparti della R.G.F. in Montenegro vennero ad avere tre diverse linee di dipendenza dal punto di vista istituzionale: comando di Cattaro (meno la compagnia di Antivari), dal governatorato della Dalmazia; comandi di Cettigne e di Podgorica, dall'alto commissario civile per il Montenegro (a Cettigne); compagnia di Antivari, dall'amministrazione finanziaria albanese.

Ma anche questo problema, come quello della definizione dei confmi, fu ben pres~o superato per ]a rapida evoluzione della situazione militare.

5. L'occupazione in Grecia.

Nei giorni immediatamente successivi alla cessazione dei combat-

266

cimenti sul fronte epirota la progressione delle unità dell' 11" armata oltre il vecchio confine greco-albanese fu arrestata, come si è visto, dai reparti germanici, giunti fino alla costa ionica dalla Macedonia. li limite della zona d'occupazione italiana fu segnato, sino alla fine di maggio, dalla rotabile Gianina-Igoumenitsa.

In quest'ultimo porto, come si è visto, giunse dal korciano il I battaglione mobilitato per imbarcarsi verso le isole jonie, lasciando in terraferma, a presidio del litorale, la l a compagnia.

L'll maggio sbarcò a Valona l'VITI battaglione, al quale due giorni dopo fu resa nota la destinazione in Epiro.

L'unità partì da Valona alle l 0,30 dell7 maggio con una colonna di 18 autocarri e raggiunse il mattino successivo Gianina, la capitale della regione epirota, dove stabilì il comando e la l · compagnia; le altre due furono dislocate lungo la costa, ad Arta e ad Agrinion. A fine mese, l'VITI battaglione aveva assunto la responsabilità della vigilanza costiera lungo il litorale ionico fino al golfo di Patrasso, dove si era nel frattempo estesa l'occupazione italiana.

Raggiunti finalmente i necessari accordi con i comandi tedeschi, la 11" armata occupò anche l'Attica ed il Peloponneso.

Due battaglioni di bersaglieri sbarcarono rispettivamente aPatrasso ed a Corinto, ed a ciascuno, per esplicita richiesta del comandante del XXV C.A., gen. Rossi, fu aggregato un plotone della 2"/I/RGF.

n27 giugno furono finalmente sciolte le riserve che avevano ritardato la partenza del V battaglione, destinato prima in Albania, poi in Siavenia. L'unità lasciò Genova per trasferirsi in ferrovia a Brindisi e di qui, sulla m/ n "Francesco Crispi", a Patrasso; stabilì il comando a Xilocastron e dislocò le sue compagnie lungo le coste del Peloponneso, a Corinto, Patrasso e N auplia.

In base alle direttive del comando superiore RGF d'Albania, alla fine di maggio erano stati costituiti il "Comand o Centrale RGF delle Isole Jonie" e quello dell'"Epiro e Grecia Occidentale", coincidenti con i comandi del I e dell'VIII battaglione, dislocati rispettivamen te a Corfù ed a Gianina. Quest'ultimo inquadrò anche la 1"/ I/ RGF, che rim ase ad Igoumenitsa fino al27luglio, data in cui raggiunse il suo battaglione a Corfù, essendo stata sostituita dalla l ' cp. dell'VIII. 267

Nel quadro della nuova organizzazione adottata in rapporto alle esigenze dell' occupazione, il comando dell'l l" armata si staccò dal comando superiore FF.AA. d'Albania ed assunse dal l " luglio 1941 ]a denominazione di "Comando Superiore FF.AA. della Grecia" ("Supergrecia"), direttamente dipendente dal comando supremo.

Pochi giorni prima (177) "Superalba" aveva proposto allo SMRE di modellare secondo criteri analoghi anche rorganizzazione delle forze militari di polizia, limitando la competenza dei comandi superiori dei carabinieri reali e della R. guardia di finanza d'Albania ai soli reparti dislocati nella zona di competenza della 9• armata (Albania e territori già jugoslavi del Montenegro e del Kossovo-Dibrano ). I reparti dislocati in territorio greco sarebbero dovuti passare alle dipendenze di un "Comando Superiore CC.RR. per la Grecia" (da ottenere per trasformazione del comando CC.RR. dell'l l • A.) e da un analogo organo per la R. guardia di finanza, da costituire "ex-novo".

I due comandi, istituiti dallo SMRE con decorrenza 10 luglio (l78), assunsero in realtà la denominazione di "Comando R.G.F. del Comando Superiore FF.AA. d'Albania" e di "Comando R.G.F del Comando Superiore FF.AA. della Grecia" (ed analoghe per i comandi dei CC.RR.).

"Supergrecia" dispose quasi subito (179) la soppressione de1l'organizzazione realizzata per ordine del comando RGF d'Albania.

Cessararono così di esistere, dal l · agosto, il comando centrale R.G.F. dell'Epiro ed i relativi "gruppi di compagnie", che ne costituivano l'articolazione territoriale. I reparti della RGF avrebbero conservato esclusivamente l'ordinamento militare fissato dallo SMRE (cioè quello dei battaglioni mobilitati), alle dipendenze dei comandi di divisione.

L'8 agosto, con l'arrivo nella capitale ellenica del colonnello Gabriele Montella, cominciò peraltro a funzionare anche la linea di comando del Corpo ed ebbe inizio l'organizzazione del servizio d'istitituto, nei limiti consentiti dal regime d'occupazione.

A richiesta della R. legazione d'Italia, fatta propria da "Supergre(l77) f. 5816/ 0M del 26 giugno 1941.

(178) f. 032500/ 607 del 23 luglio 194. l (179) f. 0213513 del 20 luglio 1941.

268

eia", fu anche costituito ad Atene un nucleo di polizia tributaria investigativa, che iniziò a funzionare il 29 agosto, con undici sottufficiali specializzati fatti affluire dall'Albania, comandati dal tenente Nicola La Rocca, del V battaglione.

La nuova organizzazione non riguardò il I battaglione mobilitato che, come tutti i reparti delle forze armate dislocati nelle Isole Jonie, continuò a dipendere dal comando superiore FF.AA. d'Albania fino al l o dicembre 1942 (180).

6. La rivolta montenegrina del luglio 1941.

L'occupazione dei territori già compresi nel regno di Jugoslavia era avvenuta praticamente senza contrasto, ancora prima che l'armistizio sancisse formalmente la cessazione di ogni resistenza organizzata.

Superate le difficoltà soprattutto logistiche della prima fase di impianto, le autorità militari italiane- e quelle civili che gradualmente si andavano ad esse affiancando - erano state impegnate soprattutto nella riattivazione dei servizi pubblici e delle strutture amministrative essenziali, per favorire il ripristino delle normali condizioni di vita nei territori occupati.

Le preoccupazioni per l'ordine pubblico riguardavano prevalentemente il nascente irredentismo croato, che andava prendendo piede in Dalmazia con l'appoggio delle autorità di Zagabria, tacitamente sostenute dai comandi tedeschi.

Il nucleo di militari jugoslavi che si andava raccogliendo intorno al colonnello Draza Mihailovic nella Serbia occidentale badava soprattutto ad organizzarsi e non era comunque in grado di far avvertire la sua presenza nella zona d'occupazione italiana, mentre il partito comunista, già clandestino sotto il regime monarchico, dava soltanto sporadici segni di vita, a carattere soprattutto propagandistico.

li Montenegro, paese d'origine della regina d'Italia, era ritenuto maturo per il recupero dello "status" di indipendenza formale posseduto prima del1918, e per un ingresso stabile e definitivo nella sfera d'influenza italiana: sostanzialmente un protettorato, sotto un principe che avrebbe dovuto esser scelto da Vittorio Emanuele III. (180) f. SMRE/ Ordinamemo n. 091200/ 637 del 4 dicembre 1942. ·

269

La rivolta che insanguinò il paese a metà luglio - la prima esplosa in grand e stile in Europa durante la seconda guerra mondiale - costituì quindi per i comandi italiani una sorpresa totale e portò la nostra organizzazione militare ad un passo dal disastro.

Nei primi due mesi di occupazione l'alto commissario Mazzolini aveva tentato di dar vita, con la collaborazione dei notabili del comitato di liberazione montenegrino, ad un embrione di struttura politica in grado di provvedere alle più urgenti esigenze di governo e soprattutto di esprimere una richiesta formale al re d'Italia affinchè designasse il futuro capo dello Stato.

Fu così messa insieme una "Assemblea nazionale" ch e, riunitasi il 12luglio nel teatro di Cettigne (181), annunciò la revoca della dichiarazione con la quale nell918 era stata proclamata l'un ione con la Serbia e r:i affermò l'indipendenza dello Stato montenegrino.

N ella notte successiva esplose la rivolta destinata a far tramontare definitivamente il progetto di sviluppo politico delineato dalle autorità d'occupazione.

Poco prima dell'alba del l3luglio, una domenica, furono attaccati i distaccamenti costieri della 3"/II/RGF e le stazion i carabinieri lungo la litoranea Cattaro-Antivari, a Petrovac, Bulijarica, Misici, e, più tardi nella mattinata, i posti interni di Sotonici e di Dob rnik, il presidio di Virpazar su] lago d i Scutari, il distaccamento di Rijeka, presso Cettigne e quel1 o di Korita verso il confine albanese.

Guardie di .finanza e militi dell'Arma, solo in poche località sostenuti da piccole unità dell'esercito, resistettero fino all'esaurimento delle munizioni, spesso per parecchie ore, ma furono poi sopraffatti e, quasi ovunque, passati per le armi.

A Sotonici il sottotenente Vigneri, sorpreso n el sonno dall'attacco si fratturò un piede lanciandosi da una finestra per raggiungere la baracca dove era accantonato il suo plotone; ]a guardia Luigi Troia, visto l'ufficiale trascinarsi sotto il fuoco, lo raggiunse riuscendo a trasportarlo in salvo e consentendogli di assumere la direzione della difesa, fino a quando, incendiata la baracca, i superstiti furono costretti a cedere.

(181) O. TALFO "Dalmazia- una cronaca per la stOria"- USS ME 1985 - Vol. I- pag. 427.

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La difesa del distaccamento di Dobrnik, comandato dall'appuntato Davide Castaldi, ebbe termine solo con l'esaurimento delle munizioni.

Nella cittadina costiera di Budva, sede del tribunale di guerra del corpo d'armata, era dislocata una compagnia del94ofanteria, oltre ad un plotone della 3•/II/ RGF al comando del sottotenente Migliorini ed una stazione dei CC.RR. L'attacco si manifestò nella tarda mattinata, e fanti, carabinieri, guardie di finanza e scritturali del tribunale si difesero accanitamente nell'abitato e nella vicina villa reale di Milocer, finchè a sera furono raggiunti da una compagnia di marinai del "San Marco" inviati da Cattaro con unità di supporto del 94o fanteria.

La reazione italiana fu lenta, anche per la quasi totale interruzione delle linee telefoniche alle quali era pressocchè integralmente affidato il collegamento tra i reparti.

Le comunicazioni inviate per telescrivente da "Superalba" al comando supremo dopo mezzogiorno, segnalano esclusivamente l'attacco al distaccamento della guardia di finanza di Misici e la partenza da Cettigne per la costa di una colonna di rinforzo, avvenuta dopo le undici (182).

Tale formazione, costituita da due compagnie del l 08" btg.

CC.NN., fu attaccata e decimata durante il percorso e solo a sera riuscì a raggiungere Budva.

Al termine della prima giornata di quella che ormai si manifestava come una vera e propria insurrezione i due principali centri del Montenegro, Cettigne e Podgorica, sedi rispettivamente del comando del XIV C.A. e della divisione "Marche", dovevano considerarsi accerchiati ed il dispositivo di occupazione praticamente disarticolato.

Verso le otto di sera, diffusesi nella cittadina di Dulcigno, annessa all'Albania, le notizie dell'insurrezione nel vicino Montenegro, il comandante della tenenza dei carabinieri chiese alla brigata della R. guardia di finanza un rinforzo per attivare un servizio di pattugliamento notturno.

La guardia scelta Lutzu, appena smontato da un turno al posto di blocco stradale, si offrì di assumere il comando della prima pattuglia, costituita (182) USSME - "Le operazioni delle unità italiane in Jugoslavia (1941-43)"- pag. 227.

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d a altre due gu ardie e da un carabiniere; avvicinati si ad un gruppo di persone sospette per identificarle, furono fatti oggetto di colpi d'arma da fu oco, che uccisero il capo pattuglia.

All'alba dell4le truppe giunte a Budva la sera precedente riuscirono a sbloccare i difensori della villa reale di Milocer e quindi, con il concorso anche di unità navali, diedero inizio alla rioccupazione del litorale fino a Misici, raggiunta il 17 luglio. li prefetto di Cattaro, Sforzolini-Scassellati, assunse molto energica mente la direzione delle operazioni per il mantenimento d ell'ordine pubblico in citt~ ricorrendo anche all'arresto preven tivo d elle persone sospette, e nello stesso giorno 14 si mise alla testa di un a trentina di guardie del II/ RGF con le quali raggiunse Njegusi, nel massiccio d el Lovcen, d a dove trasse in salvo una famiglia di simpatizzanti italiani (183).

Sempre da Cauaro all'alba d el1 5 partì un'autocolonna, al comand o del cap.Angelo Dus, costitui ta da 35 guardie d ella 1•/II/ RGF rinforzata di 4 carri leggeri, con il compito di ristabilire il collegamento con Cettigne accerchiata.

Giunta verso le 11 presso l'abita to di Cekanje la colon na fu attaccata e soltanto a prezzo di pesa nti perdite riuscì a raggiungere la capitale montenegrina, dopo 3 ore di lotta. (184).

Non avevano avuto esito migliore i tentativi d i sbloccare Cettigne eseguiti, il giorno prima, d ai presidi di Danilovgrad e di Podgorica.

La rivolta intanto si estendeva all'interno del Paese.

Il15 furono annienta ti i distaccamenti di Bioce, a nord di Podgorica, e di Spuz, sulla ro tabile Podgorica-Dani]ovgrad .

Il presidio di Niksic organizzò una colonna di soccorso, comprendente elementi d ella compagni a mitraglieri delll/ RCF. La formazione si scontrò con gli in90rti a Planin a Pandurizza, dove caddero tra gli altri i brigadieri Serafin i e Squitieri. ll capitano Eugenio Bonomi, comandante ( 183) TALFO · o p.cit. pag. 432. ( 184) -eu erra Pauiottk a di libe razio ne in ~Iomencgro 1941 -45. Cro nologia degli av\'c nim enti ~ lstituto Storico dciJa Re pubbli<-a del Montenegro. Titograd 1963 ·cita w in US"SME ·~Le operazioni delle unità italiane tn Jugosla,ia • 1941-43" · do<-. n. 118.

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della compagnia, fu catturato, riuscì ad evadere, raggiunse un nostro presidio dove raccolse un nucleo di guardie con le quali accorse in rinforzo ad un distaccamento attaccato, ma fu nuovamente catturato.

Nei giorni successivi furono attaccati i distaccamenti di Sahovici e di Murino, e la lotta si estese alla zona di dislocazione del VI battaglione mobilitato, nell'interno.

Nel pomeriggio del l7luglio fu investito il presidio di Berane, costituito dal II/ 93° fanteria, da un plotone del VI/ RGF e da un nucleo di carabinieri. Guardie di finanza e carabinieri, rimasti separati dal resto del presid.io, si riunirono nella stessa caserma, dove resistettero fino al mattino inoltrato dell8, quando gli ultimi sette superstiti, tutti feriti, dovettero cedere. L'appuntato Francesco Meattini, riempitosi le tasche di bombe a mano cui aveva tolto la sicura, si gettò da una finestra sugli attaccanti; fu decorato di medaglia d'oro alla memoria, e la stessa ricompensa ebbe anche la guardia Lido Cori.

La sera del l 9 anche il resto del presidio di Berane dovette cedere.

Il giorno successivo caddero Danilovgrad e Bijelo Polije, sedi entrambe di consistenti reparti dell'esercito e di un plotone della RGF. Negli stessi giorni gruppi di armati tentarono anche di entrare in territorio albanese, impegnando i reparti di frontiera del circolo di Scutari. D brigadiere Domenico Crossa, comandante interinale della tenenza di Vermosh, difese per tre giorni, con appena otto guardie, il valico di Grecar, costingendo gli avversari a desistere. Concorsero all'azione anche gli uomini della brigata di Vermosh e del distaccamento di Seferce, comandati rispettivamente dall'appuntato Ferrino e dalla guardia Di Florio, i quali dopo aver sostenuto l'attacco alle proprie caserme avevano ripiegato prendendo posizione ai fianchi del valico.

Soltanto negli ultimi giorni di luglio il gen. Pirzio Biroli, comand ante superiore delle FF.AA. d'Albania, il quale aveva assunto il26 i pieni poteri civili e militari in Montenegro, riuscì a riprendere il contro1Jo delJa situazione grazie al consistente afflusso dei rinforzi dal vicino regno ( d.f. "Taro"; d.alp. "Pusteria"; gruppo alpini "Valle"; gruppo albanese "Skanderbeg", cui si aggiunsero successivamente le divisioni "Cacciatori delle Alpi" e "Venezia").

Con una serie di operazioni protrattesi fino alla metà di agosto fu

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rioccupata la conca di Berane e furono sbloccati, dopo oltre quindici giorni di assedio,i presidi di Cettigne, Podgorica e Niksic.

La divisione 'Taro", proveniente dal1o scutarino, risali la costa riattivando il collegamento con Antivari e Cattaro. Agli ordini del comando di tale grande unità il II/ RGF partecipò ad azioni nella zona settentrionale della provincia di Cattaro tra il 9 ed il 22 agosto.

Negli stessi giorni il comando di battaglione si trasferì a Castelnuovo e le compagnie assunsero una dislocazione gravitante verso il confine settentrionale della provincia, lasciando distaccamenti al comando di subalterni a Cattaro, Teodo e Resano, per assicurare nel limiti del possibile l'esecuzione del servizio d'istituto.

Gli avvenimenti del luglio imponevano d'altra parte una revisione di tutta la struttura di occupazione. Messa da parte la ricerca di una soluzione politica definitiva, il 3 ottobre 1941 fu costituito il governatorato del Montenegro, che avrebbe dovuto realizzare l'unità dì comando politico e militare nelle mani del generale d'armata Pirzio Biroli, il quale lasciava contestualmente il comando superiore delle FF.AA. d'Albania.

1127 novembre il comando supremo dispose la costituzione di un "Comando Truppe" (il preesistente comando del XIV C.A.) alle dirette dipendenze del governatore, che avrebbe dovuto inqu adrare tutti i comandi ed enti militari presenti nel territorio. Pochi giorni dopo, il comando generale della R. guardia di finanza ordinò che, a decorrere dal l o dicembre, cessasse ogni rapporto gerarchico-disciplinare tra il "Comando R.G.F. del Montenegro" e quello d el comando superiore FF.AA. d'Albania.

Il nuovo comando sarebbe stato alle dipendenze degli organi del governatorato (comando truppe per l'impiego militare, ufficio affari civili per il servizio d'istituto, ridotto peraltro ai minimi termini vista la situazione generale del territorio) ed avrebbe inquadrato il II ed il VI battaglione mobilitato.

Si trattava di due unità alquanto provate. ll II/ R.G.F., in gran parte costituito da reduci del ciclo operativo in Val Tomorreces nell'inverno precedente, aveva contato trentadue caduti nei combattimenti di luglio, ed altri 18 ne registrava il VI battaglione (di cui 14 nel solo plotone di Berane).

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Per sollecitazione del governatore Bastianini, fu anche affrontata la questione della dipendenza dei reparti del Corpo dislocati nella provincia di Cattaro, che come si ricorderà era parte integrante del territorio italiano. D II/ RGF trasferì il 22 ottobre il comando e la 2' compagnia a Podgorica Ccon un plotone distaccato a Danilovgrad), lasciando a Cattaro la l'compagnia, che estese la propria circoscrizione all'intera provincia e fu costituita in unità autonoma alle dipendenze del comando R.G.F della Dalmazia.

7. D "Comando R.G.F. della Dalmazia" e l'occupazione della zona demilitarizzata in territorio croato.

Nelle province dalmate all'inizio dell'estate 1941 la situazione sembrava evolvere verso una graduale normalizzazione.

La crisi alimentare, gravissima subito dopo l'annessione, era stata superata grazie alla ripresa degli scambi con l'entroterra croato. Con le autorità di Zagabria, che inizialmente avevano stabilito una specie di "embargo" per le derrate dirette al territorio delle nuove province italiane, fu stabilito un "modus vivendi" agevolato dalla attività di una commissione permanente italo-croata presieduta dal conte Volpi di Misurata, riunitasi per la prima volta a Roma dal 23 al 26 giugno.

Un decreto del governatore in data 24 giugno stabilì l'esenzione dai diritti doganali per tutte le merci provenienti dalle zone franche del Carnaro e di Zara, nonchè da tutto il territorio del regno di Croazia, e liberalizzò completamente il traffico frontaliero.

Un sostanziale alleggerimento della fiscalità interna conseguì invece all'estensione alle nuove province dell'ord inamento tributario italiano, disposta il 14 agosto con una quantità di temperamenti.

Alla fine del mese i funz ionari ministeriali venuti da Roma, con il ten.col. Simoni, completarono il loro studio sulla riorganizzazione dell'amministrazione finanziaria, proponendo l'istituzione dei normali organi previsti dall'ordinamento italiano, destinati a far capo alle due nuove intendenze di finanza di Spalato e di Cattaro Coltre a quella già esistente a Zara), le quali entrarono però in funzione soltanto il l o marzo 1942.

In sostanza, la politica del governatore Bastianini tendeva ad alleggerire il più possibile le tensioni all'interno della Dalmazia, mantenendo

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un colloquio, piuttosto difficile, con le autorità croate. Per lo stesso motivo fu anche fatto largo ricorso alle organizzazioni assistenziali collegate al partito fascista, e non si trascurò neppure qualche colpo ad effetto di tipo demagogico. In un discorso tenuto il 9 settembre agli esponenti dell'economia di Spalato, ad esempio, dopo aver illustrato le agevolazioni fiscali concesse, Bastianini minacciò esplicitamente l'intervento della guardia di finanza per "procedere a nuovi accertamenti ed al trasferimento, in una maniera o nell'altra, (di guadagni illeciti) alla gente più bisognosa della città di Spalato", qualora il provvedimento non avesse fornito i risultati attesi (185).

In realtà, soltanto un'ordinanza de16 marzo 1942, n. 90, estese alla

R. guardia di finanza operante in Dalmazia i poteri normal mente conferiti nel regno dalla legge 7 gennaio 1929, n. 4 (186).

In ottobre, infine, fu firmata a Zagabria la convenzione i talo-croata per evitare la doppia imposizione in materia di imposte dirette, e fu attuata la riforma del contenzioso tributario, organizzato in modo identico a quello già previsto dall'ordinamento italiano, salvo l'esistenza di un apposito organo per i giudizi di terzo grado, la "commissione centrale" istituita presso il governatorato. l mesi estivi portarono però ad un rapido deterioramento delle condizioni dell'ordine pubblico.

Gli atti di sabotaggio contro il sistema delle comunicazioni telefoniche e contro i trasporti ferroviari si intensificarono, in luglio si verificarono a Spalato scioperi solo formalmente motivati da ragioni economiche, ed ill8 agosto le forze italiane dovettero registrare il primo caduto in Dalmazia, un sottufficiale dei carabinieri ucciso in conflitto a fuoco ad un posto di blocco.

In settembre, l'attacco fu portato direttamente contro le unità italiane, con attentati ad infrastrutture, imboscate lungo le vie di comunicazione, azioni contro presidi isolati.

Add irittura drammatica era però la situazione al di là del confine, nel territorio del neonato regno di Croazia.

Subito dopo la presa del potere da parte dei seguaci del "Poglav(185) TALFO - Op.cit. pag. 735.

(186) TALFO - Op.cit. pag. 771.

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nik" Ante Pavelic, infatti, si era scatenata una persecuzione caratterizzata da estrema violenza nei confronti della minoranza serbo-ortodossa rimasta entro i confini dello stato croato, che agli occhi degli "ustascia" assumeva la veste di capro espiatorio per i soprusi inflitti ai croati durante il precedente regno della dinastia serba dei Karageor· gevich.

Dopo tre mesi di violenze al limite del vero e proprio genocidio, la reazione della minoranza serba esplose il27 luglio nella regione della Lika, ed in pochi giorni assunse il carattere di un'autentica insurrezione, capace di travolgere le fragili strutture del nuovo stato e di compromettere la sicurezza delle stesse unità italiane ancora stanziate nel suo territorio. Per queste ultime in giugno il gen. Ambrosio aveva disposto che fosse rallentato lo sgombero, preoccupato dalla minaccia che si andava profilando al confine delle province dalmate, e più ancora per la continuità della linea di comunicazione che, attraversando la zona di territorio croato demilitarizzato fissata dal trattato di Roma dell8 maggio, collegava le unità italiane dislocate ne11a Venezia Giulia con quelle in Dalmazia, in Montenegro ed in Albania.

Il l o agosto, a richiesta dello stesso comandanle del presidio croato di Knin, il comandante della divisione "Sassari" assunse i poteri civili e militari nella città, sotto attacco da parte degli insorti. Due settimane dopo, presi accordi con i tedeschi, messi in difficoltà dal1o sviluppo del movimento partigiano in Scrbia - lo SMRE ordinò alle unità della 2· armata di entrare in territorio croato per procedere all'occupazione dell'intera zona demilitarizzata. L'operazione fu portata a termine senza contrasto entro il mese di agosto, e il l " settembre il gen. Ambrosia assunse i pieni poteri civili e militari nella zona, compreso il comando dei reparti regolari dell'esercito croato in essa dislocati.

In un primo tempo lo SMRE decise di spostare sul margine orientale della zona demilitarizzata anche i controlli doganali (187), evidentemente allo scopo di attivare un efficace dispositivo di "filtraggio" politico-militare, prescindendo da considerazioni di legittimità fiscale.

L'organizzazione del servizio fu definita nel corso di una riunione tenuta presso il comando della 2· armata, alla quale parteciparono i tenenti colonnelli Bortone e Simoni ed il comandante della legione di (187) tclcscrino n. 14640 dell' J 1.9. l 941 di SMRE/ Operazioni.

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Trieste, col. Fiocca (I 88). li 25 settembre la 3• compagnia del IX battaglione si trasferì da Kocevje ad Ogulin, distaccando un plotone a Josipdol ed uno a Plaski, e prendendo posizione lungo la nuova linea, insieme a du e plotoni costituiti con personale del circolo di Fiume.

In Dalmazia, la necessità di provvedere all' istituzione dei controlli al margine della zona demilitarizzata veniva a sommarsi all'esigenza di adeguare l'intera struttura della R. guardia di finanza, sia ai compiti di istituto, che andavano prendendo consistenza con la "normalizzazione", sia alla particolare sensibilità che veniva attribuendosi al confine marittimo in rapporto allo sviluppo del movimento partigiano. La configurazione molto frastagliata della costa dalmata e l'elevatissimo numero di piccole isole rendevano infatti del tutto precario il controllo di quella che per i guerriglieri non tardò a divenire un'ideale area di rifugio c di rifornimento ed una via di com unicazione alternativa frequentemente utilizzata.

Proprio in qu ei giorni, i122 settembre, il sommergibile britannico "Triumph" sb arcò presso Petrovac, tra Bud va c Antivari, la prima missione dello "S pecial Operations Executive", composta da ufficiali inglesi ed jugoslavi incaricati di stabilire il collegamento tra la resistenza e l'alto comando del Cairo.

IL 6 settembre lo stato maggiore esercico diramò quindi il foglio n.

69 140, con il quale veniva disposta la costituzione: del "Comando R. Guardia di Finanza della Dalmazia", con funzioni c struttura analoghe a quelle di un comando di legione; di un nuovo battaglione, l'Xl, co mprendente la compagnia territoriale di Zara, una compagnia di nuova formazione e una terza compagnia destinata ad inquadrare tutto il personale del ramo mare in servizio a Zara ed a Spalato, sia imbarcaco che a terra.

Il nuovo b attaglione veniva quindi ad assumere la fi sionomia di unità "anfibia", dotato com'era di unità navali impegnate nella vigilanza nei canali dell'arcipelago, ed utilizzate spesso come elem enti di supporto ad operazioni di controguerriglia.

Il "Comando R.C.F. d ella Dalmazia" entrò in funzione iliO settem( 188) Comando Generale R. Guardia di Finanza- urr. Segreteria- f. n. 605/ R dcl22 seuembre 1941.

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bre, fu affidato al colonnello Michele Di Gaetano ed ebbe sede a Zara.

Aveva alle dipendenze i due battaglioni mobilitati di Zara (XI) e di Spalato (IV) e la compagnia au tonoma di Cattaro, della quale, come si è visto, era stato ordinato il distacco dal comando del Montenegro.

A prescindere da quelle che avrebbero potu to essere le prevedibili prossime esigenze di concorso al manten imento dell'ordine pubblico, si trattava ch iaramente di forze calibrate sulle esigenze del servizio d'istituto nelle provincie annesse ed a Zara, insufficienti, quindi, a consentire l'estensione dei controlli alla zona demilitarizzata.

Alla fine del mese lo SMRE ordinò quindi ( 189) la costituzione di un XIV battaglione (gli ordinativi Xli c XITI erano stati attribui ti a due unità formate nello stesso periodo per le esigenze del comando R.G.F. d ella Grecia), su un comando e due compagnie, una d elle quali avrebbe dovuto essere formata a cura della legione di Genova, centro di mobilitazione del battaglione stesso, mentre l'altra era qu ell a costituita a Fiume ed inizialmente destinata all'Xl btg., che quindi sarebbe rimasto anch'esso su due compagnie.

La nuova unità giunse a destinazione in zona d'impiego il24 ottobre e si schierò lungo il margine orientale della zona demilitarizzata, con il comando e la 1• compagnia a Mostar, la 2• a Ragusa (Dubrovnik).

La responsabilità dell'organizzazione dell a vigilanza era stata attribuita intanto al comando R.G.F. della Dalmazia per l'intera zona d emilitarizzata, quindi anche per la compagnia del IX btg. schierata nella Croazia settentrionale tra Zdikovo e Plavca e per gli elementi della legione di Trieste (in tutto 150 uomini) ai quali era affidato il prolungamento del dispositivo fino al mare ( 190).

Per affidare tali unità ad un organo di comando comune, lo SMRE richiese la costituzione di un XV battaglione ( 191 ), che avrebbe dovuto comprendere sia la compagnia del IX btg. che i reparti della legione di Trieste già presenti nella zona demilitarizzata.

Era anche richiesta la costituzion e di una terza compagnia per il IV e per il XIV btg. dislocati in Dalmazia. ( 189) S.M.R.E.- Uff.O.M. - f.n. 72670 d el 28.9.4 1. ( 190) Comando 2' Arnma - Uff.Affari Civili - f. n. 2325 A.C. del 9. 10.41 - Doc. n. 66. ( 19 1) Comando 2' Armata- Uff.Affari Civili- f.n. 2423 A.C. dell'8.10.41.

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La situazione andava intanto rapidamente precipitando in tutto il territorio croato, tanto da indurre l'alto comando germanico a proporre a quello italiano di assumere direttamente la responsabilità della controguerriglia nel territorio stesso estendendo l' occupazione fmo alla linea di demarcazione tra le zone tedesca e italiana, definita al momento dell'armistizio.

Tale sviluppo fece venir meno l'importanza mi}jtare dei controlli lungo il margine orientale della zona demilitarizzata.

Sotto raspetto doganale, intanto la situazione veniva a risultare profondamente modificata dall'evoluzione dei rapporti tra Roma e Zagabria.

Il27 ottobre fu firmato nella capitale croata un accordo che esonerava dai diritti di confine tutte le merci scambiate tra la Croazia e la Dalmazia italiana, realizzando di fatto tra i due Paesi quell'unione doganale cui non si era riusciti a dar vita in maggio.

In luogo dei posti doganali, era prevista l'istituzione di uffici misti di controllo italo-croati, i cui compiti furono peraltro definiti soltanto nel gennaio 1942; non furono però emanate le necessarie istruzioni di servizio, ed anche questa questione si trascinò fino al termine del conflùto.

Il comando della 2" armata, tuttavia, attenendosi alle direttive politiche ricevute, dispose la soppressione dei controlli doganali al confine riservandosi di impartire istruzioni per quanto riguardava rattivazione degli uffici misti (192).

A metà novembre lo SMRE (f.18427 dell5.ll.l94l) ordinò quindi lo scioglimento del comando del XV btg. ed il rientro alle sedi di provenienza dei reparti che lo costituivano. La compagnia di Ogulin tornò così a Kocevje, di nuovo alle dipendenze del IX btg.

Il XIV assunse una dislocazione corrispondente alle esigenze della difesa costiera, e trasferì all'inizio del 1942 il comando a Ragusa.

La compagnia in corso di costituzione a Trieste per il XV btg. rimase a disposizione del comando generale, che a fine dicembre la utilizzò per far fronte ad una nuova richiesta dello SMRE, concernente la realiz(l 92) Comando 2' Armata - Uff.Affari Civili - f. n. 3255/ A.C. del 30.1 0.41.

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zazione della saldatura del di spositivo di vigilanza costiera attraverso la zona demilitarizzata, tra il confme fiumano e quello della provincia di Zara. La compagnia, amministrativamente autonoma e con una forza complessiva di 3 ufficiali, 16 sottuffi ciali e 142 militari di truppa, fu posta a disposizione del comando della 2• armata il 28 gennaio 1942, ed il 6 febbraio si mise in movimento per raggiungere le sed i assegnate: Cerquenizza (Crkwenica) per il comando e per il l o plotone, Segna, Carlopago e Porto Re (Kralijewica) per gli altri tre, i quali distacca rono squ adre in diverse località costiere.

TI comando generale deJia R.G .F. incontrò seri e difficoltà per mettere insieme gli effettivi della 3• compagnia d estinata al XIV battaglione, costituita a Genova soltanto il 13 marzo 1942, dopo un sollecito ricevuto in febbraio dallo stato maggiore.

L'unità, partita dalla stazione d i Sampi erdarena alle 13,30 d el 28 maggio, raggiunse il comando di battaglione a Ragusa e fu destinata al presidio delle Isole Curzolane (comando e I pl. a Curzola, II p l. a Vanegrande, III pl. a Làgosta, IV pl. a Meleda).

La 3• compagnia costituita a Trieste per il IV era giunta a Spalato alla fine d i dicembre.

Ciascun reparto aveva la consueta formazione su quattro plotoni fucilieri, ed un organico di 3 ufficiali, 16 sottufficiali e 142 appuntati e finaJlzieri (193).

8. La costituzione di nuove unità n el secondo semestre 1941 .

Con le mobililazioni del secondo semestre 194lla R. guardia d i finanza toccò ' eramente il fondo d elle disponibilità organiche.

Dopo la costituzione dei sette battaglioni di metà apri le, attuata in dieci giorni, e la formazione dell'Xl, realizza ta con elementi preesistenti, fu necessario far fronte ad una n uova richi esta, form ulata d allo SMRE il 9 agosto, (f. 033980/607), concernente l'assegnazione di du e battaglioni carabini eri e di altrettanti d ella R.G.F. al presidio della Grecia.

Le du e unità della R.G .F., entrambe costituite "cx-novo" con ccn( 193) La dt•nominazione di ''finanz iere", già da tempo usata correntcmemc per desiguart- i mi litari di truppa, era divenuta ufficiale con L. 29 gennaio 1942, n. 64.

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tro di mobilitazione presso la legione di Trieste, assunsero gli ordinativi di "XII" e "Xlll" ed ebbero una formazione ridotta: un comando composto da un aiutante maggiore e da una sola squadra. e due compagnie. ciascuna su una squadra comando, tre plotoni fucilieri ed un plotone mitraglieri.

In tutto, nove ufficiali (compreso il medico), 35 sottufficiali e 297 appuntati e guardie. In ogni compagnia. soltanto il plotone mitraglieri ed uno dei plotoni fucilieri erano comandati da ufficiali, gli altri da mare cialli.

I due battaglioni presentavano un'altra particolarità.

Una delle squadre fucilieri di ciascuna compagnia doveva essere costituita da personale del "ramo mare", destinato ad armare naviglio di requisizione che si supponeva disponibile in zona d'impiego ( 194).

Secondo gli ordini impartiti dal comando generale il 12 agosto, per la formazione delle unità furono utilizzate le tre compagnie del battaglione complementi di Trieste e quella costituita presso la legione di Milano. I quattro sottufficiali e le quaranta guardie di mare furono fornite dalla stessa legione di Trieste e da qu elle di Napoli, Messina e Palermo.

I due battaglioni avrebbero dovuto partire da Trieste l' 11 settembre per raggiungere in quattro giorni Salonicco, via Lubiana - Zagabria.

Insorsero difficoltà, pare per effetto di interruzioni ferroviarie provocate dai partigiani, ed in effetti solo il XIII btg. lasciò Trieste il17 per Salonicco. Il XII/RGF partì invece per Brindisi il18 e raggiunse via mare Corinto.

Quest'ultima unità era stata inizialmente destinata ad Atene, ma in seguito prevalse nell'ambito di "Supergrecia" l'orientamento a destinare entrambi i battaglioni al rafforzamento del dispositivo di difesa lungo le coste orientali della Tessaglia e del Peloponneso.

Il XIII/RGF fu posto quindi a disposizione del III C.A. alla sede del quale, Volos, stabilì il comando, distaccando un plotone a Kastoria pres( 194) In dire rnbre (1:049467/607 del 15. 12.194 l) lo SMRE, farendo propria una proposta di "Su pergrccia", chiese di portare ad una compagnia per ciascun battat;lione l'aliquota dd personale d• mare. fl comando 6enerale non ebbe però la possibilità di adenrc, essendo tale personale qua;i completamente imp•egato per la formazione degli equipaggi delle unità poste a disposizione della R marina.

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so le frontiere albanese e bulgara alle dirette dipendenze d el comando di battaglione.

La 2' cp. si schierò lungo il litorale tessalico e del golfo di Volos, con un distaccamento navale nel porticciolo di Halmyros; la 1• cp., con comando a Lamià, ebbe la responsabilità della vigilanza costiera d ella Focide e della Beozia.

Il XII/ RGF, assegnato ali'VTilC.A., fu dislocato con il comando a Tripolis, sede del comando della divi sione "Cagliari" e le due compagnie a Gytheion ed a Kalamata, respon sabili, rispettivamente, della vigilanza lungo le coste della Laconia e d ella Messenia (1 95).

Nei mesi successivi seguirono, come si è visto, le mobilitazioni rese necessarie dalle esigenze dell'occupazione della zona d emilitarizzata in teiTitorio croato. ll 28 marzo l 942 fu il conte Ciano, ministro degli esteri, a rivolgersi al collega Th aon di Revel, per sollecitar e l'invio "'senza indugio., nelle Isole jon ie di "oltre duecento guardie", per stroncare il contrabbando provocato dalla forte differenza del li vello d ei prezzi rispetto alla terraferma, che rischiava di determinare la progressiva rarefa zione di numerosi generi di prima necessità (l 96).

Oucnuto il consenso del comando supremo, fu possibi le segnalare l'approntamento del con tingente, 10 sottufficiali e 127 finanzieri, questi ultimi tutti richiamati affluiti il3 marzo aJla legione di Napoli e da questa avviati alla legione allievi, centro di mobilitazione del 1/ RCF, dislocato nelle Jonie.

D'altra parte, erano state costituite integralmente da richiamati delle classi fino al l 907 anche le terze compagnie per i bauaglioni l V e XIV, mobi litate in ottobre.

Con il nuovo anno le richieste di rinforzo ai reparti dislocati in zona d'occupazion e si fecero pressanti.

In maggio il comando supremo, dichiarando di non poter accogliere la richiesta d i assegnazione di un nuovo battaglione formulata dal (195) Comando R. Guardia di Finanza del Comando Superio re Forze Armate- Creria. f.n.

15/ RO del 10.10.1941. ( 196) Ministero Affari Esteri- Uff. Grecia- telegramma n. 11068 del28.3. 1941.

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comando superiore FF.AA. di Albania, ordinava l'in vio di 300 finanzieri in rinforzo al III ed aJ VII/RGF, dislocati nel Kossovo-Dibrano. Nulla da fare invece per i 6 ufficiali inferiori e per i sessanta souufficiali pure ri chiesti.

"Superalba", di propria iniziativa, aveva anche autorizzato il trattenimento in servizio di 533 albanesi della classe 1916, destinati al congedo, fino a quando non fosse possibile sostituirli con altrettante reclute della dasse 1922, in corso di arruolamento. Anche 350 ex-appartenenti alla Real guardia di confine, incorporati nei reggimenti "Cacciatori d'Albania" all'atto del richiamo, furono trasferiti nei ruoli della R. guardia di finanza.

Altri 100 finanzieri furo no inviati in luglio in rinforzo al X/ RGF dalla legione di Milano, in seguito a pressante richiesta dell'alto commissario per la provincia di Lubiana, motivata dalla necessità di rafforzare la vigilanza lungo la fron6era italo-croata.

9. ll "Comando RG.F. delle Isole dell'Egeo" ed il concorso al presidio di Creta.

Nel corso dcl1942 oltre a provvedere all'alimentazione dell'ormai cospicuo complesso di forze stanziato oltre mare, fu necessario procedere alla cos6tuzione "ex-novo'' di comandi ed unità.

1127 settembre 1941l'amm. Campioni, comandante superiore delle FF.AA. delle Isole italiane dell'Egeo, aveva fatto presente al comando generale la necessità di adeguare il con6ngente della R. guardia di finanza alle esigenze conseguenti all'occupazione di Creta e delle isole minori sottO sovranità greca.

Era infatti vitale per la sopravvivenza del possedimento italiano, precariamente collegato alla Madrepatria, il controllo delle correnti di traffico provenienti dalle isole suddette, al fine di deviare le correnti stesse, prima orientate verso la terraferma greca e la costa turca, verso Rodi e gli altri centri del Dodecanneso.

Subito dopo l'occupazione erano stati costituiti, con personale d ella com pagnia di Rodi Egeo, di staccamenti a Creta, Samo e Sira, ma eviden temente non erano sufficienti ad assicurare un controllo efficace.

11 comandante di "Superegeo" proponeva quindi la costituzione di 284

un comando retto da ufficiale per ciascuno dei due principali gruppi di isole- Sporadi meridionali e Cicladi- e di un terzo comando per l'isola di Creta. La vigilanza avrebbe dovuto essere affidata ai reparti minori da dislocare nelle isole più importanti, per un totale di 23 comandi di brigata.

eli' annotare la lettera dell'amm. Campioni il capo della segreteria del comando generale, col. Vinay, rilevò che, a questo punto, diventava necessario costituire a Rodi un comando a livello ufficial e superiore, in grado di sovraintend ere sia ai nuovi reparti da istituire in territorio di occupazione, sia alla compagnia già operante nel possedimento. ln questo senso fu avviata la trattazione con lo stato maggiore, il quale il 9 novembre dispose la costituzione e la mobilitazione del "Comando R. Guardia di Finanza delle isole dell'Egeo" e della "Compagnia R. Guardia di Finanza per Je isole greche dell'Egeo"; entrambe con centro di mobilitazione presso la legione di Bari.

La compagnia, comandata dal cap. Lorenzo Mazzini, era articolata su quattro grossi plotoni, ciascuno comprendente 9 sottufficiali e 46 finanzieri, per un totale di 5 ufficiali, 37 sottufficiali e 190 militari di truppa.

Il comando d elle isole - affidato al magg. Giordano Marenco - c · quello della compagnia furono costituiti dalla legione di Bari.

Alla formazione della compagn ia concorsero invece, con due squadre fucilieri ciascuna, le legioni di Genova, Torino, Milano, Venezia, Trieste, Firenze e Napoli, e con una squadra quelle di Roma, Ancona, Messina e Palermo.

C li elementi mobilitati furono dichiarati pronti il21 novembre e si imbarcarono il3 dicembre a Bari per giungere a Rodi dieci giorni dopo.

Tra ill8 ed il21 gennaio 1942 il personale della compagnia sirimise in navigazione per raggiungere le sedi assegnate, facenti capo ai comandi di Sira (compagnia ed un plotone fucilieri), Samo, Nasso e Creta.

L'elevato frazionamento e le difficoltà di comunicazione costituirono la caratteristica del reparto per tutta la durata del conflitto. Ne subì le conseguenze lo stesso cap. Mazzini, deceduto alle 13.30 del 24 settembre 1942 per il siluramento della m/ n "Fiume", su lla qu ale era imbarcato con un sottufficiale e due finanzieri per recarsi ad ispezionare i reparti del plotone di Samo.

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La compagnia era appena giunta a destinazione quando, il lO febbraio, lo SMRE richiese la costituzione di ben due battaglioni (XV e XVI) per concorrere al presidio di Creta (197).

Centro di mobilitazione, ancora una volta, la legione di Bari e data di approntamento appena dieci giorni più tardi.

Furono impiegati 25 sottufficiali e 200 finanzieri in approntamento a Trieste e 3 ufficiali, l 6 sottuffi ciali e 142 appun tati e finanzieri riuniti a Genova per costi tu ire la 3• compagnia destinata al XIV battaglione. Il resto del personale fu racimolato attingendo a tutte le legioni territoriali.

Messi i nsieme in tutta fretta, e dichiarati "approntati" entro la data prescritta del 20 febbraio, i due battaglioni furon o praticamente "dimenticati" a Bari, dove l'inattività e le pessime condizioni di accasermamento rischiarono di comprometterne il morale ed il livello addestrativo. Ciò provocò un intervento del gen. Aymonino presso il comando supremo, al q uale rispose il30 giugno il generale add etto, Magli. Il ritardo nell'avviamento dei battaglioni a Creta era d ovuto a carenza di mezzi di trasporto, ma essendo aumentate le disponibilità era ormai immi nente la loro partenza per il Pireo, da dove avrebbero poi raggiunto l'isola.

Ai primi di agosto le due unità, che non si erano ancora mosse d a Bari, furono improvvisamente trasferite in !stria, per prender parte ad una complessa operazione di controguerriglia.

ll XV btg., giunto 1'8 agosto a Pinguente (Pola), mantenn e in tale località il comando e la 2' cp. e distaccò la 1• cp. ad Olmeto e la 3' a Castel Lupogliano.

Il XVI fu dislocato tra Trieste e Fiume, alle dipendenze operative dell a divisione "Novara"; il23 agosto il comando e due compagnie furo no spostate nella Selva di Tarnova, in rinforzo alla division e "Veneto".

La destinazione del XV battaglione fu intanto mutata. Tornata a Bari il12 settembre, l'unità si imbarcò il giorno successivo per Durazzo, da dove raggiunse Peja, passando alle dipendenze del comando RGF d'Albania.

A Creta andò così soltanto il XVI battaglion e che, sbarcato a Can( 197) S.~1.R. E. - Uff. Ordinamento - f. n. 055040/ 207 del 20.2.194 1.

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dia il 30 novembre, raggiun se la dislocazione definitiva nel gennaio 1943, con il comando a Candras, e le compagnie a Zyros, Stavrocori e Myrsini, articolate per plotoni e distaccamenti minori.

Dal l o dicembre 1942, come le altre unità dipendenti dal comando truppe creta, il battaglione passò dalle dipendenze di superegeo a quelle di supergrecia, e quindi del comando RGF di Atene.

Furono queste le ultime unità organiche costi tuite dalla R. guardia di finanza per le esigenze dell'occupazione in Balcania ed in Grecia. In qu est'area erano così presenti alla fine del 1942: il comando RGF d'Albania, che pe r effetto della trasformazione organica di cui diremo tra breve, era stato elevato a livello di zona, con alle dipendenze le legioni di Scutari e di Tirana; i comandi RCF della Dalmazia (Zara) e della Grecia (Atene), entrambe a livello di colonnello; i comandi RGF della provincia di Lubiana ( 198), del Montenegro e delle

isole dell'Egeo, a livello ufficiale superiore.

Le unità mobilitate (alle quali debbono aggiungersi i reparti territoriali delle legioni d'Albania, ch e operavano in co ndizioni pressochè id entiche) erano così di stribuite: in Slovenia: 2 btg. (lX- X); in Dalmazia: 3 btg. (IV- XI- XIV) e le cp. autOnome di Cerquenizza e di Cattaro; in Montcn egro: 2 btg. (II - VI); in Albania c nei territori annessi del Kossovo-Dibrano: 3 btg. (III vn- XV); in Grecia: 6 btg. (I- V - VIll - XlJ - XIII- XVT); in Egeo: 2 compagnie.

Per forn ire un'idea complessiva d ello sforzo compiuto dall'organ izzazione d ella R. guardia di finanza, si ricorda che nel febbrai o 1942 (198) ll "Comando R.G.F. per la provincia di Lubiana" era stato istituito dallo S.M. IlE. con f.n. 024 170/ 2 del 14.1.42.

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era stato costituito anche un comando RGF della Libia, a livello ufficiale superiore, ed era stata mobilitata successivamente una speciale compagnia per l'impiego in Africa settentrionale.

In settembre, ad un ennesima richiesta di rinforzo per i reparti della Slovenia fattagli pervenire dal comandante dell'XI C.A.(l99), il gen.

Aymonino era costretto a ri spondere in qu esti termini: "Sono molto spiacente di dover comunicare che non mi è possibile aderire alla richiesta di codesto comando di rinforzare con altri 200 finanzieri i reparti della provincia di Lubiana, come non sono in grado di aderire ad analogh e richieste di altri comandi. Con la recente chiamata e l'impiego già avvenuto d ella classe 1904 si è esaurita tutta la forza in co ngedo del Corpo; le legioni sono già state d epauperate fino al limite massimo a favore d ei reparti mobilitati e dei vari servizi bellici; ed infine per l'anticipo della chiamata alle armi dell e nuove classi da parte del Ministero d ella Guerra gli arruolamenti n el Corpo hanno talmente ridotto il loro gettito da essere appena sufficienti aripianare le perdite. Per tali ragioni ho già comunicato allo S.M. ch e non sono in grad o di aderire a nu ove richi este, nè per costituire nuovi reparti, nè per rinforzare quelli esistenti, e h o prospettato l'opportunità di limitare l' impiego d ei reparti mobilitati d el Corpo al servizio d'Istituto, sostituendoli in quelli di carettere bellico con reparti dell'Esercito" (200).

ln effetti, il sistema realizzato nel maggio 1941 - imperniato sul battaglione complementi di T rieste e sulle compagnie costituite presso ogni comando di zona - aveva permesso di aderire con assoluta tempestività all e richieste d ello SMRE. Sia i reparti organici ch e le formazioni di rinforzo venivano costituiti nel giro di dieci giorni, termine veramente ridotto, se si pensa anche alla difficoltà d ei u·asporti. In realtà ciò poteva avvenire perch è le unità com plementi venivano tenute quasi totalmente a num ero, ripianando di volta in volta gli effettivi mobilitati, attingendo largamente al personale richiamato dal congedo.

Alla carenza di sottufficia]i si fece fronte sempre più frequentemente affidando il comando di squadra ad appuntati o a finanzieri scelti, così come i plotoni fu cilieri venivano assegnati a marescialli. ( 199) Cornn ndo XI C.A.· Uff. Operazioni· f.n. 02/ 8383 drl 2.9.42 (200) Comando Generale R. Cuar·d ia di Finanza· U.C.A. • f.n. 169R del 12.9.42 · Do('. 67.

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n problema si presentava praticamente insolubile per gli ufficiali, poichè era esigua la forza in congedo richiamabile per tale categoria, costituita in tempo di pace esclusivamente da ufficiali in s.p.e.

Non si volle incidere sulla durata del corso di formazione presso la

R. accademia e scuola d'applicazione, che mantenne il suo ciclo triennale fino al termine del conflitto.

Si riuscì invece a strappare al ministero della guerra il consenso ad autorizzare il passaggio nella R. guardia di finanza, mediante concorso per titoli, di ufficiali subalterni di complemento del R. esercito laureati in giurisprud enza, in scienze politiche o in economia.

Tale forma di reclutamento straordinario, prevista dalla legge 6 febbraio 1942, n. 74, consentì di incorporare, con due successivi concorsi ed altrettanti corsi integrativi, 150 ufficiali subalterni, i quali entrarono però in servizio soltanto nella prima metà del 1943.

Per l'anno accademico 1942-43, infine, fu pressochè raddoppiato il numero degli allievi del corso normale (45Q "Ala"), portato a ben novanta unità. l O. L'impiego della R. guardia di finanza nelle province annesse e nei territori occupati.

Nell'estate del '41 l'attacco germanico all'Unione Sovietica (20 1) e la ripresa dell'iniziativa da parte delle forze italo-tedesche in Africa settentrionale spostarono il centro di gravità del confli tto e sembrarono relegare in una posizione secondaria il teatro d'operazioni balcanico.

Il rapid o diffondersi del movimento partigiano- nel quale a partire dal secondo semestre dell'anno andò assumendo un ruolo preponderante la componente comunista - dalla Serbia al Montenegro alla Croazia, fino a raggiungere i territori sloveni e dalmati recentemente (201) Sul fronte russo non furono impiegati reparti organici della R. guardia di finanza. Il capitano Mariano Russo, già capo centro defSlM a Korçe e poi addeno all'ufficio "I" del XXVI C.A., prestava servizio prc~~o l'ufficio ~Economia di Guerra" del comando supremo, quando nell'estate 1942 chiese al gen. Nasci, comandante del corpo d'armata alpino, di segUI rio in Russia, do\ e svolse allività nell'ambito dell'ufficio "I" della G.U., che diresse anche per un certo tempo. Il maresciallo ordinario Armando Trezza cd il finanziere Domenico Cassanelli, addetti all'ufficio wl" della D.alp. "Julia" quando la G.U. era in occupazione nel Peloponneso, la seguirono volontariamen· te sul fronte russo. Per il contegno tenuto durante la ritirata dell'inverno 1943, il mar.Trezza fu decorato di medaglia d'argento, il cap. Russo di medaglia di bronzo, ed il fm.Cassanelli di croce di guerra al valor mtlitare.

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annessi (202), e poi l'Albania e la Grecia, rese però la lotta in tale teatro di gran lunga la più onerosa per le forze armate italiane, anche perchè toccò livelli di asprezza prima sconosciuti al costume militare europeo.

Per le loro peculiari condizioni d'impiego - che ne imponevano il frazionamento in n um erosi piccoli distaccamenti lungo le coste e le linee di confine o di demarcazione- i reparti della RGF furono pienamente coinvolti nella guerriglia, alla quale pagarono un pesante tributo di perdite.

Essi infatti, purpartecipando alla difesa ed alle reazioni dei presidi dell'esercito di cui facevano parte, si trovavano più spesso nella condizione di fungere da obiettivo per le azioni partigiane, in località isolate, distanti anche parecchie ore di marcia dal presidio militare più vicino, potendo fare assegna mento soltanto sulle proprie forze e su quelle, altrettanto esigue, dell e stazioni d ei carabinieri di cui divid evano la sorte.

In base all'esperienza tratta dalla rivolta montenegrina del luglio '41, i comandi militari cercarono di ridurre il numero dei distaccamenti ubicati in sedi diver se da quelle delle unità d ell'esercito, ord inarono che gli stessi distaccamenti non avessero mai forza inferiore ad un plotone, e che gli elementi isolati dei CC.RR. c della RCF avessero le caserme in comune, per agevolarne la difesa.

Ma molto spesso tali disposizioni si manifestavano incompatibili con le condizioni locali o con le esigenze del servizio di istituto.

Da quest'ultimo punto di vista esistevano situazioni sensibilmente differenti tra i reparti dislocati nei territori annessi al regno d'Italia o a quello d'Albania, e quelli stanziati in territorio d'occupazione croato, montenegrino o greco.

Tutti i reparti mobilitati d ella RGF dipendevano dai comandi di corpo d'armata ai quali erano assegnati, e che a loro volta avevano facoltà di decentrarli alle divisioni. Ciascun elemento, poi, prendeva gli ordin i dai singoli comandi di presidio militare per le questioni attinenti la difesa, il mantenimento dell'ordine pubblico, i servizi presidiari, ecc.

Ma nella provincia di Lubiana ed in quelle di Zara, Spalato e Cattaro le autorità civili - alto commissario, governatore, prefetti- soprattutto (202) Comando II zona R. guardia di finanza - f.n. 4/ Segr. del 13.2.42 - Doc. n. 68.

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nella prima fase dell'occupazione cercarono di stabilire con i comandi delle forze militari di polizia le normali relazioni funzionali esistenti in Italia, in base ad una distinzione tra compiti di carattere bellico, di competenza dei comandi dell'esercito, e servizi d'istituto, rispetto ai quali si riteneva sussistessero i poteri di organizzazione e di direttiva delle autorità politiche ed amministrative, secondo la legislazione del regno.

Il problema finiva con l'essere più serio proprio per i reparti della

R. guardia di finanza, ai quali, nell'ottica illusoria della "normalizzazione", erano stati affidati inizialmente- oltre a quelli di "emergenza''- una quantità di compiti di polizia doganale, tributaria, valutaria, a tutela delle imposte di fabbricazione e dei monopoli di Stato, ecc.

n nucleo di polizia tributaria investigativa di Lubiana, ad esempio, svolgeva attività di indagine in materia di contrabbando doganale e di traffico di valuta e d i metalli preziosi, oltre a curare l'osservanza dei bandi d ell'alto comm issario in materia annonaria, fiscale e di controllo dei prezzi (per quest'ultima attività era stato distaccato un drappello di sei uomini presso l'ufficio prezzi dell'alto commissariato, istituito nel gennaio '42).

Sia presso la stazione di Lubiana che presso i valichi stradali e ferroviari alla frontiera tedesca e croata venivano svolte le normali attribuzioni di natura doganale (203).

Nell'estate del 1942 erano ancora in servizio 24 7 funzionari ed agenti del "Finanz Kontrol" già jugoslavo; erano stati privati delle armi al manifestarsi dell'emergenza e venivano impiegati prevalentemente in compiti di polizia tributaria secondo la legislazione jugoslava, in gran parte rimasta in vigore, sotto la supervisione del ten.col. Bortone, il quale aveva conservato le funzioni di organo dell'alto commissariato anche dopo aver assunto il comando della RGF della provincia.

Ancora più avanzata era la "normali zzazione" nelle province dalmate, dove, come si è visto, l'attività normativa del governatore aveva praticamente esteso anche alle provincie di Spalato e di Cattaro l'ordinamento tributario italiano.

La situazione era ovviamente più semplice nei territori d'occupa(203) Relazione sull'ispezione eseguita dal comandante della Il zona ai repani del Corpo dislocali nella provincia di Lubiana daf 19 aJ 22 febbraio 1942 - Doc. n. 69.

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zione, dove i reparti dipendevano per l'impiego esclusivamente dai comandi del R. esercito.

Le unità dislocate nella zona croata demilitarizzata - compagnia autonoma di Cerquenizza e reparti del IV e del XIV btg. stanziati nella zona di Ragusa- superata nell'ottobre '41 l'esigenza della vigilanza doganale lungo il margine orientale della zona suddetta, avevano assunto uno schieramento orientato in funzione della vigilanza costiera ed un'articolazione in elementi di forza non inferiore al plotone, ai quali erano stati affidati i seguenti compiti: difesa costiera, mediante posti fissi e pattuglie; polizia militare; scorta a piroscafi sul tratto Curzola-Ragusa, per prevenire atti di sabotaggio; ricerca di arm~ di materiale bellico e di apparecchi rice-trasmittenti; controllo sull'imbarco, sbarco e trasbordo dei carburan~ per impedire rifornimenti di sommergibili nemici; vidimazione dei lasciapassare per la circolazione frontaliera tra le località in territorio croato e le isole curzolane; vigilanza, a richiesta dell'ufficio "I" del corpo d'armata, sulle persone sospette di spionaggio o di propaganda partigiana e sul personale croato addetto a servizi di pubblica utilità.

In Montenegro l'eventualità di un conflitto di competenze era esclusa in partenza, essendo i poteri civili e militari concentrati nelle mani del governatore, gen. d'armata Pirzio Biroli.

Ma dopo la rivolta di luglio il servizio d'istituto era praticamente inesistente ed i reparti- tutti allivello minimo di plotone, con forza non inferiore ai 30 uomini- venivano quasi totalmente impiegati nella difesa dei presidi di cui facevano parte. La 4•/II/ RGF, dislocata ad Antivari, concorreva alla difesa costiera ed alla sorveglianza sulla riva montenegrina del lago di Scutar~ assolvendo anche compiti di vigilanza valutaria.

In tutta la regione era anche affidata alla R. guardia di finanza la vi-

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gilanza sull'applicazione delle ordinanze del governatore in materia annonaria e di controllo dei prezzi. ll VI battaglione, dislocato nella zona di Be rane, dove l'attività partigiana era intensissima, nell'estate 1942 attivava giornalmente 33 posti di blocco fissi, di cui 17 in collaborazione con i CC.RR. e con gli alpini e 16 autonomi.

Anche in Montenegro erano presenti, all'atto dell'occupazione, gli agenti del "Finanzkontrol" jugoslavo, i quali, con ordinanza dell'alto commissario Mazzolini del31 maggio 1941, erano stati posti alle dipendenze dei comandi locali della RGF perchè continuassero ad eseguire i loro compiti di istituto. Era una forza notevole - 290 tra funzionari ed agenti, suddivisi in 45 distaccamenti- che però si ridusse drasticamente in occasione della rivolta di luglio, quando gran parte dei fmanzieri già jugoslavi passarono ai partigiani.

Nell'estate '42 erano comunque in servizio ancora 111 uomini, articolati in 16 distaccamenti e normalmente impiegati, spesso al comando di militari italiani, per la sorveglianza in materia di imposte sugli spiriti e di imposte dirette, ed a tutela del monopolio sui tabacchi.

Nella Grecia stremata dall'inflazione e dalla carestia il movimento partigiano si affermò in ritardo rispetto a quanto avvenne in Jugoslavia, e l'impiego militare dei sei battaglioni dipendenti dal comando su periore FF.AA. di Atene era limitato quasi esclusivamente alla difesa costiera, con la eccezione del plotone del XIII btg. dislocato nella zona di Kastoria, sulla vecchia frontiera greco-albanese.

La relativa tranquillità della situazione politico-militare consentì di assumere una dislocazione molto capillare (l'VIII battaglione, in Epiro, contava 25 distaccamenti, ciascuno con una forza di circa 9/ 1O uomini; il XIII in Tessaglia ed in Beozia, ne aveva 31 e 33 il V, nel Peloponneso) il che permise ai reparti di assolvere una fu nzione molto efficace quali terminali dell'amministrazione civile dei territori occupati, facente capo ai comandi di corpo d'armata.

I compiti assolti erano prevalentemente di polizia militare (ricerca di armi e radio clandestine, cattura di militari inglesi sbandati, controspionaggio), di sicu rezza (rilascio di lasciapassar e e di autorizzazioni, sorveglianza sul corpo di polizia rurale greco), marittima (i distaccamenti ebbero funzioni di delegazione di spiaggia) e soprattutto economica.

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In quest'ultimo campo, i comandi di C.A. richiesero inizialmente l'esecuzione di compiti di polizia annonaria (controllo sugli ammassi e su lla distribuzione deUe derrate, repressione degli accaparramenti, ecc.) e di controllo dei prezzi. In un secondo tempo, di fronte al dilagare dell' inflazione ed aU'aggravarsi deUa situazione di coUasso dell'economia eJlen ica, il comando italiano diede corso all' "esperimento Kotsanatis", consistente nella rinuncia al controllo e nell'attribuzione delle responsabilità in materia economica alle autorità civili greche, nella speranza che queste riuscissero a rimettere in moto il sistema ricorrendo ai meccanismi del mercato.

In conseguenza, i compiti di polizia economica attribuiti alla R. guard ia di finanza furono circoscritti alla tutela degli interessi dell'amministrazione militare italiana ed al soddisfacimento delle esigenze dell e truppe d'occupazione (gli ufficiali erano generalmente membri delle commissioni di approvvigionamento di presidio; a Gianina il comandante dell'VITI btg. era presidente della commissione del XXVI C.A.).

Ad Atene il nucleo di polizia tributaria, dopo l'avvio deU'esperimento Kotsanatis, si occupò di indagini concernenti gli scambi commerciali tra la Grecia e l'Italia, la repressione del traffico di valuta (a tutela della moneta italiana) ed il reperimento di materiali strategici nell'interesse del fabriguerra. Si trattava di una piccola unità (appena dieci sottufficiali, provvisti di specifica capacità investigativa), operante praticamente alle dipendenze della R. legazione d'Italia.

Era comandata dall'aiutante maggiore del comando RGF presso "Supcrgrecia", dal quale dipendeva anche il plotone del XIII btg. distaccato ad Atene per i servizi del comando stesso. L' 11 giugno 1942, per disposizione di "Supergrecia", il nucleo perse la denominazione originaria - che non aveva più alcun riferimento alle funzio ni effettivamente svolte- per assumere quali a di "Distaccamento speciale R.G.F." di Atene, inquadrato nel V btg.

Una situazione particolare si verificava nelle Isole jonie, amministrate- forse nella prospettiva di una futura annessione- da un "Ufficio Affari Civili" formalmente articolazione del comando d.f. "Acqui" ma in realtà direttamente collegato al ministero degli esteri di Roma. eU'arcipelago la R. guardia di finanza esercitava anche un a forma di sovraintendenza e di controllo sull'amministrazione finanziaria elle294

nica, svolgeva vigilanza in materia doganale, dei monopoli di Stato e di imposte di fabbricazione ed eseguiva indagini ed accertamenti sul funzionamento d elle banche greche. ll capitano Umberto Bortone era stato nominato commissario straordinario per le dogane, il capitano Antonio Sciplino sovraintendeva all'amministrazione dei monopoli ed il capitano Vittorio Vienna a qu ella delle "eforie", gli uffici delle imposte dirette ed indirette.

11. L'organizzazione di comando.

La diversità delle situazioni locali incideva anche sul funzionamento dell'organizzazione di comando.

Come si ricord erà, nella prima fase delJ'occupazione i battaglioni destinati alla 2' armata erano stati avviati in zona d'impiego ed assegnati direttamente ai corpi d'armata senza l'interposizione di alcuna struttura d el Corpo, benché sia in Slovenia che in Dalmazia fossero stati inviati du e tenenti colonnelli (Giacomo Bortone e Gaetano Simoni) con compiti di organizzazione e di coordinamento.

Il comando R.G.F. d'Albania, invece, aveva ritenuto necessario costituire per ciascuno dei territori d'occupazione compresi nella circoscrizione del comando superiore FF.AA. d a cui dipendeva, una struttura in grado di realizzare l'unità di comando a livello regionale e nello stesso tempo di dar vita a quella che si supponeva avrebbe dovuto essere l'organizzazione per il servi zio d'istituto.

Alla fine di maggio 1941 erano così stati istituiti - ed il comando generale ne fu informato soltanto a cose fatte - i ''comandi centrali d ella R.G.F." per il Montenegro, il Kossovo-Dibrano, I'Epiro e Grecia Occidentale e le isole jonie.

A tali comandi, coincidenti con quello di uno dei battaglioni mobilitati dislocati nel territorio, faceva capo una struttura "territoriale", articolata in " gruppi di compagnie" (denominazione del tutto nuova), compagnie, tenenze, brigate, distaccamenti, e parallela a quella prevista dall'ordinamento di ciascun battaglione (compagnie, plotoni, squadre).

L'idea era ch e la struttura territoriale sovraintendesse ai compiti d'istituto e quella " militare" alle incombenze di carattere bellico, ma il risultato fmale fu un notevole grado di confusione, anche perchè per far

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coincidere i livelli delle due strutture fu necessario ricorrere a forzature, senza eliminare del tutto le interferenze reciproche.

In seguito alla costituzione del comando superiore FF.AA. della Grecia fu ordinato, come si ricorderà, lo sdoppiamento dei comandi CC.RR. e RGF d'Albania, ciascuno dei quali ebbe un proprio omologo in terra ellenica. Seguì quindi la costituzione di una serie di altri "comandi regionali" in Dalmazia (settembre), in Montenegro (ottobre) e quindi, nei primi mesi del '42, in Slovenia, Egeo e Libia.

"Supergrecia", imitato successivamente anche dal governatorato del Montenegro, dispose subito la soppressione della struttura "territoriale" esistente nella propria zona di competenza (quella corrispondente all'VITI btg. dislocato in Epiro).

I comandi regionali funzionavano in modo piuttosto differenziato.

Quelli di Lubiana e di Zara erano sostanzialmente dei comandi di legione (tranne che per il servizio matricolare ed amministrativo, per il quale i battaglioni erano autonomi e corrispondevano ciascuno con il proprio centro di mobilitazione), con competenza piena in materia di governo del personale e di impiego per i compiti d'istituto, alla quale si aggiungeva una funzione dì collegamento e di consulenza generalmente molto apprezzata nei confronti dei comandi militari e delle autorità civili delle provincie annesse.

In Grecia, invece, dove un servizio d'istituto in senso tecnico non esisteva, il "Comando RGF del Comando Superiore FF.AA." era regolarmente aggirato dai comandi di corpo d'armata, i quali disponevano direttamente dei battaglioni loro assegnati ignorando il comando di Atene, confmato in una vaga funzione di collegamento e di consulenza presso il comando superiore, che a sua volta lo considerava alla stregua di uno dei propri comandi d'arma.

L'intero complesso delle unità dislocate oltre mare aveva comunque raggiunto, all'inizio del 1942, una consistenza tale da rendere improcastinabile una revisione dell'organizzazione messa in piedi nel corso dell'anno precedente, sotto l'assillo delle esigenze operative espresse dallo SMRE. L'occasione sembrò essere fornita dall'entrata in vigore della legge 24 novembre 194l,n. 1291, che, aumentando di una unità l'organico dei 296

generali di brigata della RG.F., rendeva possibile l'istituzione di un quinto comando di zona. ll 13 dicembre fu così proposto al ministro Thaon di Revel di stabilire a Tirana la sede del nuovo comando, il quale avrebbe avuto alle dipendenze tutti i reparti dislocati in Albania e nei territori annessi od occupati della Jugoslavia c deJla Grecia, ad eccezione di quelli de11a provincia di Lubiana, assegnati, per ovvie ragioni di contiguità, alla II zona di Venezia.

La pubblicazione del decreto ministeriale 18 dicembre 1941, che istituiva la V zona di Tirana, provocò però reazioni negative in Albania.

li comandante superiore delle FF.AA., gen.Mercalli, scrisse al gen.

Aymonino per fargli presente l'inopportunità di costituire un nuovo comando nella capitale albanese, già sovraffollata di stati maggiori, quartieri generali ed enti militari vari.

Se proprio si voleva attuare il provvedimento, si prendesse in considerazione Scutari (proposta questa piuttosto incomprensibile, visto che i naturali interlocutori del nuovo comando - comando superiore FF.AA., R. luogotenenza, governo albanese- avevano ovviamente sede nella capitale).

Più concrete le ragioni addotte dalla luogotenenza generale (204 ), e fatte proprie dal ministero degli esteri (205).

L'istituzione di un comando, che avrebbe avuto alle esclusive dipendenze- oltre ad altri reparti- il comando della R.G.F. d'Albania, era in contrasto con la legge albanese (D.L. 6 gennaio 1940, convertito nella legge 8luglio 1940, n. 355), la quale prevedeva un rapporto diretto, per le questioni d'istituto, tra il comando stesso ed il governo locale.

Inoltre l'opinione pubblica non avrebbe visto con favore l'accomunarsi, attraverso un comando unico, dell'Albania, stato sovrano dotato di propri organismi politici ed amministrativi, con territori d'occupazione e con provincie italiane.

(204) R. Luogotenenza Generale del Re Imperatore in Albania al Ministro degli Affari Esteri ed al Comando Supremo - telcspresso n. O1500, 41 O del 20.1.1942.

(205) Ministero degli Affari Esteri- Gabinetto Albania- all\lini~tro delle Finanze -telescriuo n. 00613/C del 24.1.1942.

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Fu necessario sospendere l'applicazione del D.M. 18.12.1941 e la V zona, nuovamente istituita con D.M. 18.7.1942, ebbe poi sede a Trieste e competenza sulle legioni di Trieste ed Udine e sul comando RGF per la provincia di Lubiana.

n problema della revisione dell'organizzazione di comando per i reparti d'oltremare era però concreto e, una volta superata la questione del nuovo comando di zona, il gen. Aymonino ritenne necessario un esame sul posto. Il gen. Francesco Poli, comandante della zona di Genova ma prossimo ad assumere la carica di comandante in 2· del Corpo, eseguì perciò, tra la primavera e l'estate del 1942, una minuziosa ispezione ai comandi ed ai reparti dislocati in Slovenia, Dalmazia, Montenegro, Albania e Grecia.

Sulla base delle proposte formulate dal gen.Poli, fatte proprie da "Superalba" (206) ed approvate dal comando supremo, il comando della RGF d'Albania (207) fu elevato a livello di generale di brigata, ed alle sue dipendenze furono istituite la legione di Tirana, su 4 battaglioni (Tirana, Valona, Corcia, Argirocastro) e quella di Scutari, su 5 battaglioni (Scutari, Peja, Pristina, Tetovo, Dibra). Ai reparti furono restituite le denominazioni (battaglione, compagnia, plotone, squadra, distaccamento) che avevano avuto nell'ordinamento della R. guardia di confine albanese.

I battaglioni di Tetovo (III), Pristina (VII) e Peja (XV) conservarono i rispettivi ordinativi di mobilitazione.

Dal19 aprile il gen.Mercalli aveva disposto anche per la RCF d'Albania la soppressione della struttura territoriale per "comandi centrali" e "gruppi di compagnie".

Fino al passaggio alla competenza di "Supergrecia" di tutte le forze stanziate nell'arcipelago, dipese da Tirana anche il "Comando RGF delle Isole Jonie'' coincidente con quello del I battaglione mobilitato.

ll nuovo ordinamento fu assunto il l o novembre 1942, e previde un organico complessivo di 132 ufficiali, 820 sottufficiali e 4.557 militari di truppa.

(206) comando ~upcriore FF.AA. Albania- Uff. O. M.- f. 3127 OM del24.7.1942- Doc. n. 71.

(207) Il comando supremo (f. 2182/0rd. dell2.7.1942) aveva ordinaw il ripristino delle precedenti denominazioni dei comandi CC.RR. e RGF d'Albania, più aderenti alla disciplina dei rapponi degli stessi comandi con le autorità governative albanesi delineata dai decreti luogotenenziali 6 gennaio 1940, n. 4 (per la RCF) c 6 aprile 1940, n. 106 (per i CC.H.R.).

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Al comando fu preposto il neo-promosso generale di brigata Michele Di Gaetano, proveniente da Zara, dove fu sostituito dal colonneJlo Gaetano Simoni.

Il colonnello Palandri, che aveva retto le sorti d ella R. guardia di finanza d'Albania fin dalla sua istituzione nel 1939, rimase al comando d eJla legione di Tirana, mentre a Scutari fu assegnato il ten.col. Demichelis. D ten.col. Fantapiè fu confermato al comando di Corfù.

12. Lo sviluppo de.l movimento partigiano.

Dopo mezzo secolo, le vicende della guerra combattuta nella penisola balcanica ed in Grecia tra l'estate 1941 e 1'8 settembre 1943 non sono state ancora ricostruite in modo storicamente soddisfacente, almeno da parte italiana.

La stessa monografia pubblicata dall'ufficio storico dello S.M.E. ("Le operazioni delle unità italiane in Jugoslavia - 1941-43", Tipografia Regionale, Roma, l 978) riguarda prevalentemente il quadro politicomilitare del conflitto e le principali operazioni di controguerriglia che ne cadenzarono lo sviluppo, operazioni alle quali raramente ebbero modo di partecipare reparti della R. guardia di finanza.

Non risulta poi che analogo studio sia stato eseguito per gli avvenimenti in Albania ed in Grecia, dove invece l'attività partigiana si sviluppò, sia pure con un certo ritardo rispetto a quanto accadde in Jugoslavia.

In aderenza alla logica tipica della guerriglia, la lotta - pur conoscendo fasi di confronto in campo aperto, che videro l'impiego di grandi unità secondo i procedimenti tattici ad esse propri - si frazionò in una miriade di azioni locali, dirette a creare un clima generale di insicurezza ed a sottoporre ad un elevatissimo tasso di logoramento complessi crescenti di forze.

Una ricostruzione sistematica di tali azioni è praticamente impossibile, ma sarebbe vano anch e tentare una semplice sistemazione cronologica. La documentazione dei comandi e della unità dislocate oltre l'Adriatico è infatti andata dispersa in seguito agli avvenimenti successivi all'armistizio, in gran parte per gli enti dell'esercito e totalmente per quelli della R. guardia di finanza. È qui ndi possibile ricordare soltanto alcuni episodi significativi

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che hanno lasciato traccia della documentazione, certamente frammentaria, raccolta presso l'archivio del comando generale d el Corpo.

Dopo la rivolta montenegrina del luglio '41, era evidente l'estrema pericolosità insita nell'elevata frammentazione dei dispositivi adottati dall'Arma dei carabinieri e dalla R. guardia di finan za, secondo modelli che ri sentivano dell'esperienza propria d el servizio d'istituto svolto in Patria dai due organismi.

I comandi di grande unità, come si è visto, avevano compreso il rischio ed avevano cercato di concentrare le forze riducendo il numero dei presidi, non riuscendo tuttavia ad eliminare completamente i piccoli elementi isolati, di frontiera o costieri, che a partire dall'autunno costitui rono facile obiettivo delle azioni partigiane.

Il 6 settembre 1941 fu attaccato il di staccamento del IX battaglione di Grubje, in Slovenia. Nell a notte sul1 • dicembre fu annientato quello dei VI a Bucje; i superstiti furono fucilati dopo la cattura. Alle 2 de11a stessa notte le formazion i partigiane del Sangiaccato portarono un attacco in massa contro il presidio di Plevlije, costituito dall'Il· alpini, da elementi dei carabinieri e dal comando ed un plotone della 1•/VI/ RGF. Soltanto dopo una settimana i battaglioni dci r alpini riuscirono a rompere l'accerchiamento ed a sbloccare il presidio; 57 alpini e 16 finanzieri furono catturati e fucilati (208). Più lungo fu l'assedio di Niksic, dove era dislocata anche ]a compagnia mitraglieri del IT/ RGF. La città, accerchiata d ai partigiani all'ini zio di gennaio, fu raggiunta dagli alpini del 2• e del 4• gruppo battaglioni "Valle" soltanto ill 7 febbraio, quando i difensori erano ormai allo stremo (209).

In Dalmazia, 1'8 dicem bre 1941 fu attaccato il d istaccamento di J abland o, sul confine settentrionale della provincia di Cattaro.

Il sottufficiale ed i quattordici finanzieri si difesero fino all'esaurimento delle munizioni, e tre, con il comandante, caddero in combattimento; dei superstiti, cinque furono fucilati il17 febbraio 1942 a Postenica, per ritorsione dopo un'azione effettuata dalla nostra artiglieria sulle postazioni partigiane; gli altri furono posti in li bertà nell'estate, in seguito ad uno scambio d i prigionieri.

(208) USSME - "Le operazioni delle uni tà italiane in JugoslaviaM - pag. 241.

(209) USSME- "Le operazioni delle unità italiane in J ugoslavia pag. 247.

M-

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n progressivo peggioramento della situazione rese necessario l'abbandono delle i11 usioni di "normalizzazione" ed il ricorso a misure eccezionali.

n 20 gennaio 1942 entrò in vigore un "bando del duce", in virtù del quale la difesa dell'ordine pubblico nelle provincie di Zara, Spalato, Cattaro e Lubiana, e nei territori annessi de1la provincia di Fiume, era affidata alle autorità militari, le quali avrebbero potuto intervenire su richiesta del governatore della Dalmazia, dell'alto commissario per la provincia di Lubiana o del prefetto di Fiume, oppure anche d'iniziativa "se ritenuto necessario". Le modalità d'impiego delle forze erano di esclusiva competenza dei comandi, mentre agli organi di polizia rimanevano affidate la polizia giudiziaria ed amministrativa e la "tutela dell'ordine politico e morale".

Un documento "polivalente", secondo le migliori tradizioni burocratiche, la cui formulazione non poteva evitare i conflitti di competenza, che puntualmente si verificarono tra autorità civili e comandi militari.

n giorno precedente ]'emanazione del bando, al comando della 2' armata .il gen. Ambrosio era stato sostituito dal collega Mario Roatta, fino a quel momento capo di stato maggiore dell'esercito.

Roatta, facendo proprie le proposte formulate alla fine del '4 1 dal predecessore, diramò alle grandi unità dipendenti direttive ispirate al concetto-base di una riduzione del n umero dei presidi, allo scopo di concentrare la difesa in caposaldi di consistenza adeguata e di consentire la costituzione di elementi di manovra da utilizzare per reazioni dinamiche.

Ineccepibili dal punto di vista tecnico-militare, queste direttive si prestavano ad evidenti obiezioni di ordine politico.

La riduzione dell'occupazione implicava infatti la perdita d el controllo su aree territoriali relativamente vaste, dove non avrebbero tardato ad insediarsi le formazioni partigiane. N el territorio occupato, poi, il ritiro delle unità italiane avrebbe significato l'abbandono alla loro sorte dei deboli e poco affidabili presidi croati e contemporaneamente avrebbe lasciato senza protezione le minoranze serbo-ortodosse a favore delle quali eravamo intervenuti dopo i massacri d ell'estate precedente.

Il concentramento dei distaccamenti dei CC.RR. e deHa R.G.F. scaglionati lungo la linea di confine avrebbe facilitato l'infiltrazione dei

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partigiani nelle provincie annesse, provocando l'estensione d ella guerriglia a queste ultime. li ritiro dei n uclei confinari della R. guardia di finanza, come osservò il governatore Bastianini in un marconigramma inviato il 27 marzo 1942 al comandante del XVlll C.A., avrebbe significato l'abolizione di fatto dei controlli doganali e valutari, rendendo "inapplicabili et inefficaci le ordinanze disposte per disciplina et normalizzazione vita economica territorio Dalmazia'' (21 0).

La nuova situazione determinata dallo sviluppo della guerrigli a rese anche necessario il rimaneggiamento dell'organizzazione di comando all'interno della 2' armata.

All'XI, stanziato in Slovenia, ed al V che presidiava la provincia di Fiu me ed il tratto di costa fino al confine della Dalmazia croata, si aggiunse un nuovo comando di corpo d'armata, il XVIU, costituito il 18 febbraio a Spalato per inquadrare le divisioni "Sassari", "Bergamo" e "Perugia" ed il comando truppe Zara. li VI C.A. trasferì contemporaneamente la propria sede di comando a Ragusa, mantenendo alle dipendenze le divisioni '"Marche'' e "Cacciatori delle Alpi" ed acquisendo la "Messina", già dipendente dal comando del Montenegro, dislocata nella provincia di Cattaro.

La revisione fu completata il 9 maggio, allorrhè l'armata assunse la denominazione di "Comando Superiore FF.AA. in Slovenia e Dalmazia" ("Supersloda"), estendend o la propria autorità anche sul comando militare marittimo della Dalmazia e sul comando aeronau tica.

Il conflitto di competenze tra comandi militari ed autorità civili si manifestò proprio sul d elicato tema della dislocazione territoriale degli elementi dei carabinieri e della R. guardia di finanza.

A Lubiana la questione fu risolta drasticamente dal gen. Roboui, comandante d ell'Xl C.A., il quale il30 maggio 1942 di spose semplicemente il passaggio alle dipendenze esclusive dell'auLOrità militare di tutte le forze di polizia presenti nella provincia, co mprese le milizie speciali, la polizia metropolitana e gli agenti di P.S. della questura.

Con circolare n. 02/ 4579, diretta ai comand i di divisione, furono anche impartite disposizioni per la stretta integrazione di tali forze nelle (210) O. TALFO- op.cit.- vol. Il, pag. 219.

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operazioni di controguerriglia, e perchè si esaminasse "in relazione alla situazione locale se la dislocazione esistente può essere mantenuta oppure deve essere variata per esigenze di sicurezza od operative".

Ed all'alto commissario Grazioli non rimase che sanzionare, il giorno successivo, le disposizioni impartite dal generale, facendo riferimento a direttive concordate tra il ministero dell'interno ed il comando della 2• armata.

In Dalmazia le cose andarono diversamente. ll22 marzo il comandante delXVIll C.A. gen. Armellini, fece presente ai comandi dei CC.RR. e della R.G.F.la necessità di studiare il ritiro delle stazioni e dei distaccamenti isolati, allo scopo di raggruppare il personale in unità organiche presso le sedi di presidio. Per la R. guardia di finanza, in particolare, si avvertiva che in seguito al dilagare del movimento partigiano i numerosi distaccamenti stabiliti nell'interno per le esigenze del servizio d'istituto e per la vigilanza doganale al confine croato correvano il rischio di rimanere isolati senza alcuna sicurezza.

Per utilizzare meglio le capacità operative dei reparti della R.G.F. sembrava più conveniente, al corpo d'armata, il totale impiego dei reparti stessi nel servizio di vigilanza costiera, dove le esigenze istituzionali meglio si conciliavano con quelle di carattere operativo militare.

Ma il "peso politico" del governatore Bastianini, notoriamente vicino al ministro degli esteri conte Ciano, non era quello di Grazioli. Convocati nel proprio ufficio i comandanti dei CC.RR. e della R.G.F., il gerarca ordinò loro di rispondere facendo presente ]a necessità di concordare preventivamente con il governatorato l'eventuale ripiegamento dei reparti.

Seguirono alte proteste presso il comando della 2' armata e, naturalmente, a Roma, ed il progetto di ritiro dei presidi dì frontiera venne per il momento accantonato.

Con la primavera, l'attività del movimento partigiano passò dalla fase degli attentati e dei colpi di mano a scopo prevalentemente propagandistico e intimidatorio a quella delle azioni militari vere e proprie.

Anche le forze di occupazione, superata la stasi invernale che le aveva viste ovunque su lla difensiva, spesso in condizioni difficili, misero a punto l'esecuzione di reazioni coordinate, per agganciare le formazioni avversarie, costringerle a combattere in campo aperto ed annientarle.

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Il3 marzo rappresentanti dei comandi italiano, tedesco e croato si incontrarono ad Abbazia per concordare i piani della ''operazione Trio".

Questa, dopo una laboriosa preparazione, si sviluppò dall 9 aprile al 14 maggio 1942 in Bosnia, al confine delle zone di occupazione italiana e germanica; l'esercito partigiano ricevette un colpo gravissimo, ma Tito riuscì a sfuggire all'accerchiamento ed raggiungere il Montenegro, dove proseguì la lotta.

Nella fase finale dell'operazione, fu notato un concentramento d i partigiani in territorio croato appena oltre il confine, presso il valico di Ervenik.. e si pensò che l'avversario volesse creare una diversione attuando un'incursione in forze nel territorio della Dalmazia italiana. Furono fatti affluire in zona reparti del comando truppe Zara, i quali impegna rono i partigiani dal 20 al25 maggio, inseguendo!i fin sulle pendici del Vclebit. Nel primo giorno dell'azione cadde il comandante d el distaccamento di Ervenik dell'XI battaglion e, sottobri gadiere Saverio Garzone, che si era offerto volontariamente di fare da guida ai reparti dell'esercito. Nello stesso combattimento fu ucciso anche il finanziere Angelo Apruzzi.

Pochi giorni dopo, il 26 maggio, sempre presso Erven i ~ un'imboscata costò la vita allo stesso prefetto di Zara, Vezio Orazi. Il gravissimo episodio sembrò confermare le preoccupazioni del governatore Bastianini per la facilità con la quale i partigiani dimostravano di poter attraversare il confine. Ma presto altri fatti sopravvennero a sostegno della tesi del comandante del XVTll C.A., che la ribellione, cioè, si fosse ormai sald amente affermata all'interno delle provincie annesse e che fosse quindi pura illusione il pretendere di controllarle ri spettando la distinzione di competenze valida per il resto d'Italia.

Nella prima d ecade di giugno si verificarono numerosi attacchi a reparti in movimento nelJa zona prossima al li tOrale, ed attentati isolati anche nella stessa città di Zara.

N ella notte sull' 11 i partigiani presero in ostaggio un a maestra itali ana, insegnante in una scuola rurale presso Stretto, a nord del capoluogo. Il commissario civile della località, con l'aiuto del comandante del plotone dell'XI/ RGF che vi era dislocato, souotenente Leone Benvenuti, mise insieme una trentina di volenterosi, tra cu i cinque finanzieri, due carabinieri, una squadra di granatieri ed alcuni civi li disarmati, con i quali si diede all'inseguimento dei rapitori. ll gruppo, procedendo senza alcun a misura di sicurezza, cadde in un'imboscata, nell a quale rimasero

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uccisi l'ufficiale, i sottobrigadieri Barletta e Faedd~ i finanzieri Tedesco, Lembo e Virgilio, un carabiniere, un granatiere ed un civile (211 ).

L'espisodio inasprì ulteriormente i conLrasti tra il gen. Armellini ed il governatore il quale prese le difese del commissario civile, accusato di sprovvedutezza.

Lo scontro fu ancora alimentato dalla costituzione, il23 giugno, di una "Milizia volontaria anticomunista", formata prevalentemente da clementi slavi e posta agli ordini diretti di Bastianini, al quale si attribuiva l'intenzione di dar vita ad un "esercito governatoriale··, parallelo a quello regolare. e formato dalle forze isticuzionalmence dipendenti dall'autorità politica: i carabinieri, la guardia di finanza, i reparti mobilitati della pubblica sicurezza, nonchè alcuni battaglioni di squadristi fatti affluire in Dalmazia in seguito ad intese dirette tra Bastianini ed il segretario del partito fascista.

Il comandante della 2· armata intervenne per tentare una mediazione, proponendo di affidare alle autorità civili la difesa dell'ordine pubblico nelle città di Zar~ Spalato e Sebenico, e di passare alle dipendenze dei comandi militari tutte le forze operanti nel resto del territorio.

Ma ormai la situazione era giunta al punto di rottura, e bastò che il gen.

Arm ellin i convocasse, il 13 luglio, un rapporto di ufficiali dei carabinieri, perchè il governatore ne chiedesse, cd otterwsse, la testa.

Il 25 lugli o fu annunciata la designazione al comando del X VIli C.A. del gen. Spigo, che assunse le funzioni 1'8 agosto.

La ribellione andava incanto divampando in tutto il territorio del governatorato, estendendosi anche alle isole c rendendo insicure le comunicazioni costiere.

Il30 giugno una barca che conduceva il capitano Oscar Di Nardo, comandante d ella L'/Xl V/ RGF ad ispezionare i reparti dislocati nella penisola di Sabbioncello (Peljesac), nella Dalmazia croata, venne fatta segno a colpi d'arma da fuoco mentre passava davanli all'abitato di Kudovici. Fu ucciso il sottotenente Antonio Scarsclla, comandante del plotone di Janjina, e ferito il finanziere Luigi Cavatorta.

(211) O. TALFO- Op. Cn -Voi IL pag. 256. La mac,tra. D1ana Pclluti. fu rime,.,a in libcnà dopo qualche me,e. in 'cguico ad uno ~cambio con un r-pon<'ntc della resistenza condannato dal tribunale militare.

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In luglio il prefetto di Spalato, Zerbino, segnalava che le isole di Brazza e Lèsina erano praticamente sotto controllo partigiano e pullulavano di renitenti alla leva, senza che nulla potessero fa re i piccoli nuclei di finanzieri e di marinai che vi erano dislocati (212).

Il 26 luglio l'arrivo all'isola di Eso, presso Zara, di una motobarca con un funzionario scortato da due finanzieri, incaricato di ritirare l'olio d estinato all'ammasso, provocò una rivolta nella quale furono uccisi il comandante della stazione dci carabinieri ed un maestro elementare italiano con la madre, mentre il funzionario e due carabinieri furono fatti annegare ed i due finanzieri feriti. La reazione da parte italiana- rastrellamento delle isole, esecuzione di alcune condanne a morte, internamento di centinaia di persone nel campo di concentramento di Mèledanon fece che alimentare la ribellione.

La perdita del controllo delle isole e dei canali costieri rese necessaria anche l'adozi.onc di mezzi nautici, che si aggiunsero alle poche siluranti della R. marina 'ed alle motovedette e motobarche del naviglio della R. G. F.. n XIV battaglione. dislocato nella Dalmazia croata, ebbe ad esempio in dotazione un motoscafo a Ragusa, mentre un peschereccio armato fu inviato a Terpeni per la sorveglianza dalla penisola di Sabbionccllo.

Fecero sempre più frequentemente la loro comparsa anche i sommergibi li britannici.

Tali unità erano impiegate prevalentemente in missioni di collegamento e di su pporto logistico ed informativo ai comandi partigiani; nel febbraio 1942 i finanzieri in servizio nell'isola di Mèleda avevano scoperto un centro di spionaggio, dotato di una forte somma di denaro c di apparecchi ricetrasmittcnti di produzione americana, appena sbarcati da un sommergibile. Non mancarono però anche le azioni di silu ramento, come qu ella che provocò il 2 ottobre l'affondamento del piroscafo "Veglia", in servizio da Gravosa a Spalato, sul quale si trovavano con molti altri militari, sette finanzieri della compagnia di Cattaro che si recavano nel ca poluogo dalmata per sos tenere gli esami di ammissione alla scuola sottufficiali. Uno di ess i morì, con altri nove mi litari; i su perstiti furono tratti in salvo dai finanzieri del distaccamento di Orebic. Altri affondamenti, dovuti all'azione di sommergibil~ si verifi carono durante il mese di ottobre (213).

(212) O. TALFO- op.cit.- pa~. 584.

(213) O. TALFO- op.cit.- pag. 635.

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Anche il governatore Bastianini dovette prendere atto dell'impossibilità di gestire l'ordine pubblico in Dalmazia secondo gli stessi criteri di attribuzione delle competenze in uso nelle altre provincie del regno.

Il 6 agosto il comando superiore delle FF.AA. Slovenia-Dalmazia comunicava l'avvenuta costituzione della divisione di fanteria "Zara", alle dipendenze del XVlli C.A., destinata ad inquadrare, olu·e ai reparti già dipendenti dal comando truppe omonimo, i tre battaglioni CC.RR. ed i due della R. guardia di finanza (IV e XI) dislocati nella Dalmazia italiana, nonchè i battaglioni CC.NN. squadristi e le bande anticomuniste locali (214). Alla divisione era assegnato il compito particolare di provvedere alla difesa dell'ordine pubblico nelle provincie di Zara e di Spalato "da assolvere in stretto contatto con il governatore della Dalmazia". Era quanto rimaneva della disputa sul tema delle competenze in materia di O.P., che meno di un mese prima era costato i] siluramento al generale Armellini.

Il22 settembre il nuovo comando di divisione diramò le direttive operative, che per il comando della R. guardia di finanza- analogamente a quanto stabilito per i carabinieri- si concretavano nella costituzione di reparti isolati soltanto se di forza non inferiore a 25/ 30 uomini, nella riduzione della consistenza dei reparti dislocati in sede di presidio militare, e nella soppressione dei servizi superflui, tenuto conto che, data la situazione, i compiti d'istituto dovevano ritenersi secondari rispetto a quelli militari. Questi ultimi erano di carattere informativo e di polizia, il che significava che i reparti dei CC.RR. e della R.G.F. non andavano impiegati "come reparti combattenti, in operazioni in forze". Dovevano però "muoversi, fare atto di presenza nei vari paesi ed abitati e soprattutto intervenire decisamente e prontamente per reprimere qualsiasi azione di brigantaggio". Per i reparti della R.G.F., in particolare, l'impiego prevalente sarebbe stato nelle difesa delle coste e delle isole (215).

Con l'autunno la situazione peggiorò ancora. li 13 novembre il tenente Carlo Fiumanò, che aveva sostituito a J anjina il collega Scarsella, mentre ri entrava da una ricognizione condotta con dodici finanzieri e quindici militari croati al comando di un tenente, fu attaccato presso Dobrava, ed ucciso insieme al finanziere Mario Damiano e ad un soldato croato; la reazione diretta dall'ufficiale prima di cadere fu però tale da (214) li XIV btg., dislocato nella Dalmazia croata con comando a Ragusa, continuò a dipendere dal comando del VI C.A. · (215) Circolare n. 01/500 di prot. del Comando divisione fanteria "Zara" in data 22 settembre 1942- XX

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costringere i partigiani a ritirarsi, ed il reparto riuscì a rientrare a J anjina al comando del tenente croato, con altri cinque finanzieri feriti.

Sempre nella stessa zona, ill9 novembre, il sottobrigadiere Salvatore Bonanno, comandante del distaccamento di Orebic, fu ucciso da due partigiani fermati per un controllo di identità. Un mese dopo, ill 8 dicembre, il finanziere Gaetano Grandetto, dello stesso distaccamento, venne ucciso mentre proteggeva il ripiegamento dei compagni, caduti in un'imboscata mentre accorrevano in soccorso dei gendarmi croati, la cui caserma era sotto attacco.

Un episodio più grave era avvenuto all'inizio del mese nell'isola di Curzola, sede deJla 3' compagnia del XIV/ RGF che come si ricord erà era stata fatta affluire dall'Italia in marzo proprio per rinforzare il presidio dell'arcipelago dalmata.

L'isola, annessa all'Italia, era praticamente in mano ai partigiani, che avevano costretto ad un atteggiamento strettamente difensivo i circa centocinquanta tra carabinieri, finanzieri e marinai che vi si trovavano, frazionati in piccoli presidi. Per provvedere al rifornimento di questi ultimi, il mattino del3 dicembre 1942 era partita dal capoluogo una piccola autocolonna, al comando del capitano Michele Alemi, comandante della 3"/XIV/ RGF, con una scorta mista di finanzieri, carabinieri, fanti e militi portuali. Ultimato il giro dei presidi, alle 13, mentre attraversava una zona boscosa presso l'abitato di Blatta la colonna fu presa sotto tiro da partigiani appostati ai due lati della strada. Il condu cente dell'autocarro di testa, fmanziere Attilio Ballali, b enchè ferito gravemente riuscì a bloccare il mezzo imped endogli di precipitare in un burrone e consentendo ai compagni di saltare a terra per rispondere al fuoco. La ferma reazione dell'autocolonna, diretta dal cap. Alemi, costrinse i partigiani ad allontanarsi, ma rimasero sul terreno cinque finanzieri (Asaro, Ballali, Ferrara, Pulco e Tavormina, quest'ultimo deceduto due giorni dopo all'ospedale di Curzola), du e carabinieri, due fanti ed un milite portuale.

L'attività partigiana si era manifestata con particolare inten sità, fin dall'inizio della primavera, anche in Slovenia. Il 6 maggio presso Kocevje era stata attaccata una pattu gli a composta da 5 finanzieri d el IX battaglione e da sei militi confinari; caddero il finanziere Cantarelli e tre militi, ed i superstiti furono tratti in salvo da un reparto di carabinieri, sopraggiunto fortuitamente mentre scortava alcuni tecnici della società elettrica. Dieci giorni dopo una pattuglia del distaccamento di

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Studenco, postasi alla ricerca di un nucleo di carabinieri che non era rientrato in caserma all'ora stabilita si scontrò con i partigiani e lasciò sul te rreno i fmanzie ri Luigi Caleri e Antonio Elia, mentre Ernesto Sassi morì dopo due giorni alrospedale di Lubiana.

In giugno il sou otenente Luciano Segulin, comandante del plotone mitraglieri della 3'/ X/ RGF di Verconico, rimase gravemente frrito mentre partecipava ad un'azione di rastrellamento con un reparto dell'esercito. In luglio fu attaccato il plotone del IX battaglione di stanza a Kostanjevica e successivamen te quello di Ostric.

Anche i distaccamenti dislocati nella valle della Kupa, al confine tra la Croaz ia ed i territori annessi al1a provincia di Fiume, furono posti in serie difficoltà c rim asero assediati spesso per parecchi giorni. Fu così, nel corso dell'estate, per i reparti delle tenenze di Mrzla Vodica e Crahovo, e per il ploton e del IX battaglione di stanza a Stari Trg, che in giu gno intervenne per sbloccare un distaccamento di militi confinari.

n col1egamento con i presidi poteva essere ass icu rato soltanto mediante autocolonne scortate, che peraltro co-.tituivano esse stesse bersaglio per gli attacchi partigiani.

In una di queste occasioni, mentre rientrava da un rifornimento alla tenenza di Mrzla Yodìca, fu ucciso il 19 giugno il tenente Antonino Fortuna, comandante della 2' compagnia di Fiume. l n circostanze analoghe cadde il 22 settembre a K vasica con sette fin anzieri, dopo essersi accanitamente difeso, il capitano Giovanni Man gione, comandante della 2· compagnia del IX battaglione, dislocata a Crnomelj. ~el1a primavera dcll9421'atti,·ità parti{!:ia na si estese anche al ter-

ritorio del regno d'A lbania. La necessità di impedire infiltrazioni attraverso la frontiera montenegrina aveva richi<'sto già nell'inverno il rafforzamento del dispositivo di vigilanza confinaria. Una esigenza analoga si era del resto manifestata anche lungo la frontiera con la Serbia e que ll a con la Bulgaria, dove la latente conflittuali tà a sfondo etnico e religioso aveva provocato num erosi incidenti (216), nei quali avevano perso la vita alcuni finanzi eri albanesi.

Un graviss im o episodio si verificò ne l Dibrano, dove ill8 maggio (216) Comando R. (Aiardia di Finanza del Comando Supt>riore F.F.A.A. Albania- f.n. 431 / Segr. del 28.3.19-l2 · Sulla.,iiU. azione ~cncrale in Albania H'da .... rt'lazionc del Comando R.G.F. n.

1593 del 5.4.42 · Doc. n. 72

309

al passo di Mavrovo fu ucciso il maggiore Giuseppe Buo nocore, mentre in auto isolata rientrava da Tetovo a Dibra, città in cui ricopriva l'incarico di capo-centro d el SIM, dopo esser stato durante la campagna di Grecia al comando d el circolo di Peshkopj e e d el m battaglione mobili tato.

Verso la fine dell'estate l'aggravarsi dell a situazione suggerì l'adozione di misure d'emergenza.

T1 3 1 agosto il capo del consiglio d ei ministri albanese, M. Kruj a, emanò quattro d ecreti legge, mediante i quali veniva comminata la pena di morte, da eseguirsi sul posto immediatamente dopo la cattura, a tutti coloro ch e fossero stati trovati in possesso di b ombe o armi automatich e, o fossero stati colti nell'atto di comm ettere sa botaggio, oppure si fossero opposti con le armi alla forza pubblica.

La pena di morte era anch e prevista per chi avesse tentato di esportare cereali o farina in quantità superiore a 20 chilogra mmi.

Quest'ultima disposizion e, sorprendeme n ella sua ~everità, mirava evid entemente a stroncare il traffico clandestino verso la Grecia, dove la situ az ione alimemare era gravissima. Per tale motivo, e per frenare l'afflusso a carattere speculativo di valuta italiana ed albanese incentivato dalla paurosa inflazione ellen ica, la R. guardia di finanza aveva d ovuto ripristinare anche lo schieramento al vecchio confine greco-albanese, attivando una linea di vigi lanza doganale e valutaria lungo la frontiera meridional e del regno. La direzione delle operazioni di controguerriglia fu affidata ad un "Comando Generale d elle Forze per la sicurezza pubblica nel regno d'AJbania" cui fu preposto il generale Li curgo Zannini.

Le operazioni stesse furono distinte, con una circolare d el ministero dell'imerno in data 8 ottobre 1942 (217), in: "ordinari e", dirette dai prefetti, sottoprefetti e capi-comune avvalendosi d elle forze di polizia normalmente presenti nelle rispettive circoscrizioni; '"speciali'', disposte dal ministro dell'intern o ed organ izzate dal comando generale " per dare la caccia in modo continuativo a detenni(217) Doc. n. 73.

310

nate bande di criminali fino alloro annientamento"'; ad esse sarebbero stati adibiti speciali reparti della Milizia fascista albanese; "straordinarie", per "fronteggiare situ azioni parti colarmente gravi"; sarebbero state direlle dal comando generale, previ accordi con i comandi dei CC.RR., d ella R.G.F. e della M.F.A. Sia per la nuova situazione determinata dall'espandersi della guerriglia che per far fronte all e esigenze di rafforzamento della vigilanza confinaria, fu insistentemente richiesto da "Superalba" al comando supremo l'invio di un terzo battaglione mobilitato d ella R.C.F..

Si decise così di dirottare in Albania uno dei due reparti già destinati a Creta ed impiegati nell"estate in un ciclo operativo nella Venezia Giulia. Come si ricorderà il XV battaglione, giunto a Bari da Pola il 13 settembre, fu imm ediatamente imbarcato per giungere il giorno successivo a Durazzo, dove venne trattenuto nel "campo sosta B", in sieme al XXTI battaglione CC.RR. cd al gruppo squad roni corazzato "Nizza Cavalleria", giunti negl i stessi giorni (2 18). Con tali uni tà il battaglione partecipò ad un ciclo di operazioni di polizia nella zona a sud-ovest d i Tirana, dopo il quale, a partire dai primi di ottobre, si trasferì a scaglioni nel Kossovo lasciando a T irana la l · compagnia ( cap.Zanobb i) a disposizione d el comando genera le delle forze di sicurezza.

Il20 ottobre, anche tale reparto raggiunse a Peja il XV battaglione, che dal giorno 16 aveva assunto la responsabilità della vigilanza alla frontiera montenegrina. Fu sostituito a Tirana dalla 3·/U L/ RCF, proveniente d al Dibrano, che rimase a disposizio ne del comando generale, per l'impiego in operazio ni di polizia.

11 movimento partigiano non mancò di estendersi ad ovest del vecchio confine giulio, dove le formazioni provenienti dalla Slovenia e dalla Croazia trovavano sostegno ed alimentazione presso i consistenti nuclei di popolaz ione slava. · In aprile il gen. Cerrato, comandante della zona di Venezia, segnalò al coma ndo generale "la gravità d ella situ azione politica c del pericolo cui sono esposti i nostri reparti dislocati tra il vecchio ed il nuovo confine del circolo di Fiume c della compagnia di Postumia··. da lui constata(218) Comando R. Cu<1rdia di Finanza de l Comando Superiore FF.AA. Albani<l ·f. n. 3.'>23/ TI

del 20.9.42.

311

ta nel corso di una ispezione cui era seguito un rapporto ai comandanti di circolo della legione di Trieste (219). Il 28 era il comandante della stessa legione, col. Fiocca, a telegrafare "Situazione aggravata impone rinforzare reparti vecchio confine punto pregasi provocare assegnazione sei sottufficiali cento truppa circolo Fiume tre sottufficiali centodieci truppa Villa Nevoso cinque sottufficiali quaranta truppa Postumia".

Il gen. Cerrato trasferì di propria iniziativa due ufficiali e 50 finanzieri dalle legioni di Trento e di Venezia ed ottenne dal comando generale altri 200 finanzieri per la legione di Trieste, tratti dai richiamati affluiti alle legioni di Napoli e di Messina.

Alla fine del mese i partigiani erano riusciti ad interrompere le comunicazioni da Malo Selo verso nord, tagliando fuori i presidi di Cabar, Gerovo, Osilnica e Bosljiva Loka, tutti sedi di brigata della R.G.F., un complesso di circa 600 uomini con il quale si avevano soltanto sporadici collegamenti telegrafici via Lubiana.

Anche in relazione alla ricorrenza politica del l maggio, il col.

Fiocca aveva sospeso licenze e permessi ed aveva inviato sul vecchio confine altri 80 uomini, racimolati nei reparti interni della legione. ll S maggio fu lo SMRE- Ufficio protezione impianti e difesa antiparacadutisti -a chiedere ai comandi generali dei carabinieri e della R. guardia di finanza di provvedere con urgenza al rinforzo delle stazioni e delle brigate dislocate nella fascia del vecchio confine itala-jugoslavo. Il 19 maggio la richiesta fu ripetuta dal comando della difesa territoriale di Udine, mentre quello di Trieste chiese anche il rinforzo dei reparti della RGF addetti a1la difesa costiera.

Negli ultimi giorni di maggio, una pattuglia di tre carabinieri fu attaccata in pieno giorno a Senosecchia, sulla statale per Postumia: due militi vennero uccisi ed il terzo ferito. In seguito al grave episodio il 21 maggio fu tenuta a Trieste una riunione dei prefetti della Venezia Giulia, alla quale parteciparono anche i comandanti dell'XI C.A. e della Difesa Territoriale. Fu decisa la costituzione di quattro pattuglioni misti, composti da carabinieri, finanzieri e militi, che avrebbero dovuto operare in ciascuna provincia a disposizione dell'autorità di P.S. Il provvedimento avrebbe comportato l'impiego di 60 uomini, di(219) Il gen. Cen·aLo impanì direttive con f. n. 27 / Scgr. del 17.4.42 - Doc. n. 74.

312

ceva il col. Fiocca, com unicando anche di aver aderito ad una richiesta del comando C.a.F. del V C.A. tendente a far pac;sare nuovamente alle dipendenze operative dei comandi dei settori di copertura gli elementi della R.G.F. dislocati sul vecchio confine.

Era evidente tuttavia che la ricostruzione del dispositivo di vigilanza smantellato dopo la favorevole conclusione del conflitto itala-jugoslavo dell'aprile '41, in funzione di barriera protettiva contro infiltrazioni nelle vecchie provin cie, non sarebbe bastata a contrastare efficacemente il movimento, che andava rapidamente assumendo la fisionomia di una vera e propria guerriglia, non dissimile da quella ormai sviluppa tasi nei territori già jugoslavi.

li capo d ella polizia, Senise, comunicò quindi il9 giugno al comando generale che "Scopo fronteggiare azioni ribelli e partigiane nella Venezia Giulia", era stato costituito in Trieste un ispettorato generale di pubblica sicurezza, con competenza estesa all e province di Trieste, Gorizia, Fiume e Pola.

L'ispettorato, diretto dal dott. Giuseppe Cuci i. avrebb e avuto alle dipendenze 15 nuclei mobili, ciascuno costituito d a 30 carabinieri e da 20 finanzieri, agenti di P.S. e militi confinari.

Il concorso richiesto alla R.C.F. era di un capitano e 5 finanzieri per la costituzione di un '·u fficio R. Guardia di Finanza"' presso l'ispetto rato, e di 95 tra sottuffi cia li c finanzieri per la formazione dei nuclei mobili. l nuclei, coma ndati da ufficiali infe rio ri dei CC.RR. o da funzionari di P.S., cominciarono ad operare in luglio, ed ebb ero il loro primo sconu·o con i partigian i nella zona boschiva di Primano, presso Villa del Nevoso. n l 8 luglio "enncro definiti i rapporti con l'auto rità militare: i nuclei erano liberi di mu oversi anche nella fa~cia di copertura, con scambi di informazioni con i comandi d ell'esercito allo ~copo di evitare incidenti, soprattutto di notte; in caso di necessità eli co nco rso da parte di unità dell'esercito, il coordinamento dell'az ione sarebbe spettato al comandante più elevato in grado di queste ultime.

E questa finì per essere l'ipotesi più frequente. Nel corso dell'estate, infatti, sia il V che il XXTTT C.A. condu ssero operazioni di controguC'rriglia in grand e stile a cavaliere d el vecch io confine.

Ad esse parteciparono anche, come si è visto, il XV ed il XVI batta3 13

glione mobilitato della R.C .F., fatti affluire da Bari d ove erano in attesa d i imbarco per Creta.

13. L'impiego d el navig lio.

In Dalmazia ed in Grecia operarono anche, tra l'aprile 1941 e l'armistizio, alcune unità n avali della R. guardia di fin a nza.

Subito dopo l'occupazio ne d ella Dalmazia, ve nne inviato a Spalato il capitano Fed erico Gio ngo, per prendere in consegna le unità del naviglio doga nale jugoslavo acquisite dal Corpo q uale preda b ellica.

Si trattava in tu tto d i 3 1 natanti, tra cui d ue vecchi bastime nti austro-ungarici, l"'Open ac'' da 238 tonnella te ed il "Cer'' da 180, entrambe varati a T rieste, rispettiva mente nel 1898 e nel 1894, ed otto motovedette da 40 tonnellate, 20,35 metri di lungh ezza, relativa mente recenti pere h (~ vara te ad Amburgo nel 1922. Tali unità, ribattezzate con i nomi di caduti della R.G.F. nel secon do conflitto mondiale, furono in segui to spos tate in altri scacchieri operativi, men tre continuarono ad operare in Dalmazia le imbarcazioni minori, tra cui sette motobarche da 16 metri costruite a Spalato nel 1940 (220).

n 16 luglio 1941 il comando generale della R. guardia di fin anza o rdinò la costituzione della staz ione naviglio di Zara, affidandone il coma ndo allo stesso capita no Giongo, alle dipend enze del comando dell V battagli one mob ilitato.

Probabilmente per evitare complicazio ni circa l'attribuzione dell a qu alifica d i mobilitaz ione -l'indice di mo bili tazio ne comprendeva le unità navali della R. G. F., ma n on i coma ndi ad esse sovraordinati - il 10 sette mbre, come si è de tto, il reparto divenne la 3' compagn ia de l neo-costituito XI battagli one, per passare d o po a ppena un mese nuovam ente alle dipende nze dellV, trasfere nd o an che la sed e d a Zara a Spalato.

(220) Le unità cx-jugo;,lav(' clas~ i fi catc "d a crociera", oltre alle navi "Opcnac" e "Cer" ribaiH'ZZalc rispeuivame nte "C aliano" c "Smal10", erano le motovcdc ue "Milos Obclic" ("Accordi"), .. Vuk 1\laadusic" ("Attanasi"), "Ju~ Bogdan" ("Fai s"), "K raljcvic Marko" ("Feroldi"), "Junac Ncznani" (~~lcattinn, ""Scnjamin ho- ("Salerno-), ~velebiC (~1\l azzcn. ~Mo<;or" ("Cappelletti").

Uopo J'armi~tizio, le unità furono conCl'IHratc nel novembre 194:3 ad Augusta per trasferir~i a 1\laha. do' e il 7 dicembre furono con~e~;nate agli alleati per C'-'-('r(' r('.,t iwi1c alla Jugoslavia. Fecero l'tcezionc la ~caliano-·, ricon"e~nata ad Augusta il 22 marw 1945.1a ~smalto~. distrutta il28 mag~io 1943 da una mareggiata dopo t'"er~i incagliata pre,.,o Crotone c la -Meauini"_ affondata il 12 'euembre 1943 all'imboccawra del pono di Brind1si per coJJ.,wnl' con il sommergibile polacco -sokol".

3 14

La compagnia, con una circoscrizione vastissima- da Pola a Cattaro- disponeva di un complesso eterogeneo di piccole unità, d ipendemi per l'impiego d a comandi di forze armate diverse.

Nell'estate 1942, ad esempio, dieci unità erano a completa d isposizione della R. marina, mentre delle altre 23, inqu adrate agli effetti disciplinari cd amministrativi nella compagnia, 9 erano a disposizione degli uffici di porto, 2 del comando della piazza militare marittima di Pola, mentre un motoscafo era dislocato alla Punta Stilo dell'isola di Veglia a disposizione del R. eserci to. Soltanto undici imbarcazioni, quindi, erano effettivamente impiegabili da parte del comando di compagnia.

L'attività prevalente consisteva nell'assolvimento di compiti di vigilanza foranea, pilotaggio attraverso i campi minati, repressione della pesca di frodo, polizia marittima e polizia militare per assicurare l'applicazione del bando 10 novembre 1941, con il quale il comando della 2' armata aveva sottoposto a rigoroso controllo la navigazione lungo la costa dalmata.

Alcune unità furono anche impiegate in operazioni di controguerriglia. Il 25 febbraio 1942 la MB 25 cooperò con reparti dell'esercito in un'azione di rastrellamenlO nell'isola di Lissa; in ottob re la MB 27 eseguì una missione di quattro giorni per la ricerca di partigiani nel canale d ella Morlacca, mentre la MB 37 da giugno a settembre fu posta a disposizione di unità dell'esercito impegnate in operazioni nella zona delle isole curzola ne.

1126 settembre 1942 giunsero a Spalato da Rimini, che avevano lasciato qu auro giorni prima, tre unità di crociera, le motovedctte "Marongiu", "Saba" e "D'Amato", destinate ad operare nell'arcipelago dalmata fm o all'armistizio, le prime due con base a Spalato, la terza a Seb enico, con frequenti dislocazioni a Rogosnizza.

Le motovedette furono impiegate prevalentemente in missioni di scorta a navi in transito, coll egamento con i presidi dislocati nelle isole minori, trasporto di piccoli reparti, sorvegli anza in funzione della controguerriglia e vigilanza c caccia antisommergibili.

La "Marongiu" il 6 gennaio 1943 sorprese nelle acque di Lesina un convoglio di imbarcazioni partigiane, affondandone dod ici.

Poichè quasi tutte le un ità inquadrate nella compagni a erano a di315

sposizione della R. marina, lo stato maggiore di tale forza armata chiese lo sciogl imento del reparto, e la costituzione in sua vece della stazione naviglio di Spalato, alle dipendenze del comando R.G.F. della Dalmazia e, per l' impiego, del comando militare marittimo omonimo.

TI nuovo reparto inqu adrò tuttele unità navali della R.G.F. presenti in Dalmazia, ad eccez ione di tre motobarche c di quattro motoscafi, rimasti a Zara a disposizione del governatore, dove costituirono un plotone della J·' compagnia dell'Xl battaglione (22 L).

Nelle isole jonic dopo la conclusione delle operazioni di sbarco, allt" quali avevaYo partecipato altre unità della R.G.F., furono dislocate da124 maggio 1941 le motovedette "Caro n", "Satta., e ''Spa nedda", provenienti da Durazzo.

Furono adibite a servizi di scorta, di pilotaggio e di vigilanza ai campi minati, e soprattulto a missioni di vigilanza antisom, alle dipencknzc del comando marina di Corfù. Sia la "Caron" che la "Spanedda" segnalarono, rispettivame nte il 18 settembre ed il 30 dicembre 194 L l'affondamento di un 50mrnergibile. in segu ito non confermato.

11 servizio di polizia costiera e di controlJo del traffico tra le isole dell'arcipelago fu invece disimpegnato dalle unità minori, la .1\IB 30 ed il mowveliero ''S. Marco" a Corfù, il motoscafo requi sito '"Cialente'"' a Porto Guiscardo (Cefalonia), la MB 31 ad Argostoli cd il motoveliero requisito "Cesare" a Zante.

Tali imbarcazioni erano assegnate ai reparti del l battaglione mobilitato, così come dipend evano dai comandi del V, Xli e XIII quelle che svolge\ ano analoghi compiti su lle coste del Peloponneso e della Grecia orientale.

Si trattava, anche in questo caso, di un servizio tutt'altro che privo di rischi, come si ebbe modo di apprendere sin dai primi tempi dell'occupazione, quando il 22 luglio 1941, nella rada di Karalios, sulla costa meridionale di Cefalo n ia, le guard ie Francesco Caddeo ed Enrico Martin e Ili furono uccise a colpi di pistola dall'equipaggio di un motoveliero che stavano controllando.

Tn Egeo alla piroved<'tta "Postiglioni", dislocata a Rodi già allo (221) Comando Generale R Cuard1a di Finanza- Sl.'rviLio di'l \la, •glio- f.n. 6:-8 R.\ . del 20.1 1.1942.

316

scoppio della guerra. si aggiunsero dopo la fine della campagna di Grecia le motovedette "Manca", '"Marcomeni·', "Lombardi" e "~ i oi", le quali ebbero base prevalentemente al Pireo, a Salonicco ed a Suda (Creta); da1l'aprile 1943 fu dislocata stabilmente ad lrakl ion (Creta) anche la m/v "Satta".

Tutte queste unità furono intensamente utilizzate nei consueti campi d'impiego, vigilanza c caccia antisom, scorta al traffico locale, missioni a disposizione di comandanti militari in ispezione ai presidi delle isole minori, interventi in soccorso degli equipaggi di aere i o di navi.

La "Nioi" e, per un periodo più breve, la "Manca" furono anche impiegate da Salonicco quali guida-convogli fino all'imboccatura dei Dardanelli.

317

Capitolo Vlll GLI AVVE~MENTI IN AFRICA SETTENTRIONALE l. L'offen,iva britannica d(•l dicembre 1940 ('lo '>p:ombero d(•lla Cirenaica. 2 . Le vicende della R.C.f. in Libia fino all'autunno 1942. - 3. L'nuivitil del naviglio lungo lcco;,re li biche c nel Canale di Sicilia. -4. La costituzione dd '·Comando ll.C.F. della Libia~.- 5. La p:mccipazione alla difc,a della Tripoli1ania.- 6. La conclu'ione della lotta in Tunisia.- i l.a R.C.F. in Ld)ia duranw l'anunini~traziont• britannica.

l. L'offensiva britanni(·a del dicembre 1940 c lo sgombero de lla Ci-

r e naica. cl principale teatro d'operazioni per le forze italiane durante il secondo conflitto mondiale- quello libico-egiziano- non fu rono presenti, salvo che nell' ultima fase, unità organiche della R. guardia di finanza.

N

Un contributo di sostanziale importanza fu invece fornito, come si

è già avuto modo di ricordare, all'organ izzazione dell'economia di guerra della Libia da parte del piccolo contingente - poco più di trecento uomin i - dislocato nelle provincie della "quarta sponda" fin dal tempo di pace per le esigenze del servizio d'istituto.

Le tencnze e le brigate in cui si a rticolavano i d ue distaccamenti au tonom i di Tripoli e di Bengasi erano comunque in seri ti nei di spositivi di copertura c di difesa costiera e segui rono le sorti dei presidi dell'esercito di cui facevano parte, nelle alterne vicende della lotta protrattasi per quasi tre anni.

Dopo i combattimenti di frontie ra dell'estate 1940, nel corso dei quali la brigata di Amseat era stata annientata insieme al presidio della ridotta Capuzzo, il comando italiano- con riluttanza giu stificata dalla consa pevolezza d ell' insuffìcienza delJo strumento disponibile - assu nse l'iniziativa, p assando il confine libi co-egiz iano il 13 setlembre 1940.

3 19

Ebbe così inizio l'avanzata rapidamente esauritasi a Sidi el Barrani, al termine della quale le unità di fanteria italiane, prive di mobilità e distanti dall e proprie basi logistich e in territorio libi co, si trovarono in balia di un avversario molto meno num eroso ma addestrato ed attrezzato per la lotta n el deserto.

Il risultato d el confronto poteva quindi dirsi scontato quando il 9 dicembre la ''Western Desert Force" d el gen. O'Connor died e inizio all'operazione "Compass".

La 10• armata italiana fu distrutta in pochi giorni, e so ltanlO una piccola aliqu ota di forze mobili riuscì a sottrarsi alla cattura.

Le unità moto-corazzate britanniche affacciatesi sul con fin e libico alla fin e di dicembre si trovaro no quindi davanti soltanto le difese stati che d elle piazze di Bardi a c di Tobruk. La prima, investita il 3 gennaio 1941 , capitolò du e giorni d opo; il 23 fu la volta di Tohruk. Alle ore 19 de121 dicembre il comando d el Distaccamento R.C.F. della Lib ia orientale ebbe l'ultimo contatto telefonico con la brigata di Porto Bardia (brigad iere Giovanni Belcastro c guardie Bagnati, Borrei e Favretto) la cui caserma era andata distrutta n el corso d el bombardamento aeronavale al qual e la località era stata quasi ininterrottamente sottoposta dall' inizio d ell'offensiva nemica.

L'eventualità di un'interruzione dell e comunicaz ioni era stata prevista, ed ai componenti delle brigate di Bardia e di Tobruk era stato impartito l'ord ine di rimanere in posto, mettersi a disposizione d ei co mandi di presidio e seguire le sorti d elle altre truppe co mbattenti.

Essi furon o quindi di chi arati dispersi dopo la resa d elle due piazzeforti (222).

Le unità navali dislocate a Tobruk ebbero invece l'ord in e di lasciare la base il 5 gennaio, su bi to dopo la cadu ta di Bardia.

Il draga mine "'R.D 4", che da settembre era stato impi egato per il dragaggio delle rotte di sicurezza della b ase navale, si trasferì quindi a Bengasi e poi a Tripoli, dove giunse il 12 gennaio.

Rimasero isolati, e non se ne ebbero più notizie d opo il 20 dicembre, i due componenti della brigata di Ciarabub, guardie Ciusep(222) Comando Legione R. Guardia d i F'inanza di Messina - f.n. 114/ R de l31.12.1940 - Doc. n. 75.

320

pe Gianino e Giovanni Moreddu, i quali parteciparono alla difesa dell'oasi, protratta si fino al 21 marzo (il comandante, brigadiere Osvaldo Ciccinato, reca tosi a Bengasi per sostenere gli esami a scelta, era rimasto bloccato a Derna dall'offensiva britannica).

Fallito il tentativo di organizzare una posizione di resistenza su l ciglione di Dern a, il 31 gennaio fu ordinato lo sgombero della ciuà, al quale collaborarono le guardie della tenenza (223).

La lunga colonna in ritirata lungo la via Balbia, nella qual e reparti organici erano frammisti a gruppi di sbandati e di civili in fuga, fu intercettata dalle forze mobili britanniche il 6 febbraio a Beda Fomm, parecchio ad ovest di Bengasi, evacuata il giorno prima.

TI sacrificio del l o· bersaglieri e deUa l " brigata corazzata non riu scì ad evitare il disastro: la quasi totalità delle truppe italiane operanti in Cirenaica fu catturata, ed appena settemila nazionali e 1.300 li bici riuscirono a raggiungere la Tripolitania (224).

Gli uomini del distaccamento R.C.F. della Libia orientale, appartenenti alle brigate di Apoll onia, Bengasi, Derna, Giu liana, Tolcmaide e Zuetina, si concentrarono nella capitale cirenaica, dalla quale partirono tra gli ultimi, nella giornata dclS febbraio. Dieci giorni dopo erano aTripoli, con il comandante capitano Rosario Patamia, due ufficiali, 28 sottuffi ciali, 8 appuntati e 39 guardie, tutti nazionali.

I n gran parte ammogliati, avevano dovuto abbandonare le famiglie e gli effetti personali, ma avevano posto in salvo le armi, le munizioni, le buffetterie, i documenti contabili, i fascicoli personali ed "il carteggio d 'ufficio dell'ann o in corso", come tenne a precisare nel suo rapporto il comandante del distaccamento. Furono anche recupcrati i valori ed i d ocu menti contabili degli uffici d el registro e dei monopoli di stato.

A Tripoli, il cap. Patamia, più anziano, assunse il comand o dell'intero contingente della R.G.F., mentre il capitano Michele Dell'Aqu ila, già comandante del distaccamento della Libia occidentale, passò a disposizione del commissariato per i rifornimenti, appena istituito.

(223) R. Prefettura di Derna - f.n. 9628 del 1.3.4 1 -Doc. n. 76.

(224) USSME ~Le operazioni in Africa Seuemrionale"- vol. I, pag. 372.

321

I sottufficiali e le guardie furono ripartiti tra il servizio di vigilanza annonaria, la brigata stanziale e la brigata porto (225).

I militari di qu esti ultimi due reparti ebbero vita difficile, esposti come erano alla contin ua offesa aerea nemica, che and ò intensificandosi da quando, già in febbraio, comin ciarono a sbarcare a Tripoli le unità tedesche dell' "Afrikakorps".

Per interrompere il flusso dei rifornimenti che dall'Italia faceva capo al porto della capitale libica, la squadra navale britannica di Alessandria tentò un'azione in forze presentandosi davanti a Tripoli il 21 aprile, e sottoponendo la città e le installazioni portuali ad un intenso bombardamento. La motoved etta "Cicconetti", impiegata per la vigilanza foranea, fu affondata mentre era agli ormeggi, senza perdite tra l'equipaggio.

Sorte peggiore ebbero invece il comandante ed alcun i componenti della brigata porto (brigadiere Giovanni Carroni, appuntato Salvatore Loi e guardia Carmelo Carnemolla), saltati in aria con la motonave "Birmania'', carica di munizioni, colp ita durante un'incursione aerea il 3 maggiO. 2. Le vicende della R.G.F. in Libia fino all'autunno 1942.

La facilità con la quale era stata eliminata la 1o· armata italiana indusse il comando britannico del Medio Oriente (gen.Wavell) ad una pericolosa sottovalu tazione delle possibilità d ell'avversario.

Subito dopo Sidi el Barrani era stato d eciso il trasferimento in Africa Orientale d ella 4• divisione indiana, indebolendo così il complesso di forze destinato alla conquista della Cirenai ca. La rapidità con la qua le nonostante ciò la conqu ista avven ne, indusse il governo di Londra- questa volla malgrado la ferma opposizio ne del comando del Cairo - a sottrarre ancora truppe alla "Western Desert Force", per allestire un corpo di spedizione d estinato a dar man forte all'esercito greco, nell'imminenza d ell'invasione tedesca.

Se si tiene anche conto delle difficoltà logistiche co nseguenti all'all ungamento del braccio d ei rifornimenti, si comprende come l'afflu sso in Libi a dell'"Mrikakorps" di Rommel e di consistenti rinforzi italian i (la divisione corazzata "Ariete" e la motorizzata "Trento") abbia deter(225) Comando del Distaccamento R.C.F. deUa Libia Orientale - f. 535 del 22.2.1941.

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minato in brevissimo volger di tempo un radicale mutamento dei rapporti di forze.

Il 31 marzo l'improvviso cedimento avversario di fronte ad una ricognizione offensiva condotta da un modesto gruppo tattico tedesco fece intravedere a Rom mella possibilità di ec;tendere l'azione in profondità, ed il condottiero germanico, al suo debutto sullo scenario africano, non lasciò sfuggire l'occasione.

11 4 aprile le truppe italo-ted esche rioccupavano Bengasi ed ill2 si attestavano sul ciglione di Sollum, poco oltre il vecchio confine libicoegiziano. La Cirenaica era stata riconquistata nel giro di due settimane, anche se un considereYole complesso di forze britanniche, accerchiato a Tobruk, continuava a resistere.

Il "Distaccamento R.C.F. della Libia Orientale" r iprese a funzionare a Bengasi il6 maggio, sempre al comando del capitano Patamia, c n~i gi~rni successivi furono ricostituiti anche gran parte dei comandi mmon.

1115 giunse nella capitale cirenaica il tenente Guglielmo Boschi, comandante del nucleo d i polizia annonaria di Tripoli, messo dal commissario generale per gli approvvigionamenti ed il coordinamento economico di guerra della Libia, Trevisani, a disposizione del prefetto di Bengasi per p rovvedere alla riorganizzazione dei servizi annonari ed econom ici di guerra nella provincia capoluogo ed in quella di Derna.

All e autorità torn ate in Cirenaica era infatti apparso in tutta la sua gravità ed urgenza il problema d i assicurare la sopravvivenza della numerosa popolazione civi le italiana che la rapidità della ritirata di febbraio aveva impedito di sp:ombrare e che aveva superato in modo assai precario il pur b reve periodo dell'occupazione britannica.

L'emergenza alimen tare era grave nei centr i costieri, ma diventava drammatica nei villaggi agricoli realizzati nel Gebel dall'ente per la colonizzazione della Libia, dove nella p rimavera del '41 risultavano presenti ancora 8.426 coloni italiani (226).

Il ten. Boschi, accompagnato da un solo sottufficiale, percorse in (226) A. Del Boca: "Gl i italiani in Libia dal fascismo a Cheddafì", pap;. 3 15.

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lungo ed in largo la Cirenaica fino alla fine di agosto, riuscendo ad organizzare l'afflusso e la distrib uzione delle scarse risorse disponibili, con la collaborazione dei piccoli reparti territoriali che il Corpo era stato in grado di ricostituire.

Le forze italo tedesche attestate sul ciglione Sollum-Halfaya, stroncarono in giugno una ripresa offensiva avversaria (operazione "Battleaxe"), ma non riuscirono ad aver ragione dell"'enclave" diTobruk. Il 18 novembre 1941 l'8. armata britan nica partì nuovamente all'attacco (operazione "Cru sad er'') e dopo un mese di scontri violentissimi tra il confine e la zona a sud di Tobruk, culminati nella battaglia di Sidi Rezegh, costrinse il ..Panzergruppe Afrika" a sgombrare nuovamente la Cirenaica, ripiegando sulla posizion e di Aged abia-Marsa el Brega, sulla costa occidentale del golfo della Sirte.

1118 dicembre il comandante del distaccamento della Libia Orientale inviò al comando generale cd alla legione di Messina un laconico messaggio: "Data l'attuale situazione prego sospendere l'invio della co rrispondenza diretta a questo distaccamento. Appena mi sarà possibile darò ulteriori notizie".

TI 20 fu impartito l'ordine di ripiegamento alla brigata di Derna, ed il giorno successivo a quelle di Apollonia, Tolemaide, e Zuetina. n capitano Patamia con le guardie di Bengasi lasciò la città il22 dicembre, 27 ore dopo la partenza della prefettura, della questura e dei comandi militari territoriali.

Alla fine del mese tutto il personale proveni ente dalla Cirenaica era concentrato a Tripoli, dove fu assegnato in rinforzo ai reparti locali.

L'abilità tattica di Romme~ ma soprattutto la mobilità acquisita dalle unità italo-tedesch e, evitarono che la ritirata si trasformasse in un di sastro, come era accaduto un anno prima alla 10• armata italiana.

Ai primi di gen naio 1942 l'offensiva britannica poteva dirsi conclusa ed abortì l'operazione "Acrobat", destinata alla conquista della Tripolitania. La capacità operativa delle forze dell' Asse era rimasta sostanzialmente intatta, e già a metà mese queste potevano riprendere l'iniziativa. TI 29 fu rioccupata Bengasi ed il 4 febbraio Derna.

Elementi della R. guardia di fin anza furono immediatamente spinti al seguito delle truppe avanzate, per provvedere alla riorganizzazione

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dei servizi nelle città. I comandi di Bengasi e di Derna furono ricostituiti però soltanto 1'11 agosto.

Dopo una battuta d'arresto sulla posizione di El Mechili, il "Panzergruppe Afrika" si rimise in marcia alla fine di maggio, e su perata la resistenza avversaria a Bir Hacheim e ad Ain el Cazala~ il2 giugno occupò Tobruk.

T1 comandante dell'B. armata, gen. Ritchie, non esitò a ritirarsi rapidamente, portandosi a rid osso della propria base operativa nel delta del N ilo.

Le avanguard ie italo-tedesche raggiunsero così, il 30 giugno, la stretta di El Alamein dove era destinata ad aprirsi, quattro mesi dopo, l'ultima fase della guerra in Nord Africa.

3. L'attività del naviglio lungo le coste libiche e n el ca nale di Sicilia.

Dalla primavera del 1941 alla fine dell'anno successivo alcune unità navali della R.G.F. operarono lungo le coste della Libia, facendo capo alle basi di Tripoli o di Bengasi, a seconda delle alterne vicende della lotta terrestre.

Il 16 febbraio 1941 giunsero dalla Sicilia nella capitale libica le motoved ette "Cicconetti'' e "Cotugno". La prima, come si è visto, fu affondata in porto durante l'azione aeronavale britann ica del 21 aprile, mentre la seconda, trasferita a Bengasi dopo la rioccupazione della città. fu lungamente impiegata in mi ssioni di scorta a convogli costieri, vigilanza foranea e soccorso. L'unità, tornata a Tripoli in d icembre in seguito al ripiegamento italo-tedesco e poi ancora a Bengasi dal 13 marzo 1942, fu dotata di un radiofaro mediante il quale, appostatasi all'imboccatura delle rotte di sicurezza per l'accesso al porto, guidava i convogli costieri in arrivo per poi pilotarli attraverso i campi minati.

Il 30 lu glio 1941 raggiunse Tripol i, e poi Bengas i, la pirovedetta "Arcioni". Bench è soggetta a forti limitazioni a causa de1Ja sua propulsion e a vapore (accorrevano circa dieci minuti per rimetterla in moto, dope le soste per l'ascolto idrofonico), l'un ità fu utilizzata in missioni di caccia antisom, nel corso di una delle quali il 2 novembre 1941 attaccò con bombe di profondità un sommergibile nemico, riuscendo a farlo desistere dall'azione intrapresa contro un convoglio in avvici namento al porto. Ancora in mi ssione anti som il success ivo 18 novembre, questa

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volta in coppia con il caccia-sommergibile "Zuri" della R. marina, sostenne un attacco aereo, al termine del quale rimorchiò a Bengasi il caccia colpito, riprendendo il mare subito dopo, per portare soccorso alla torped ini era "Persefone"', incagliata in prossimità della costa.

Tra l'agosto c l'ottobre l 941 operò in Libia anche il dragamin e "RD 37" successivamente rientrato in Sicilia, da dove tornò a Tripoli ai primi di settembre del 1942, insieme al gemelJo "RD 36" di cui doveva condividere la sorte.

Era in viaggio di trasferimento perTripoli anche la nave "Macchi", di scorta alJa motocisterna "Velino", quand o il mattino d el 18 agosto 1941 mentre rasentava Lampedusa, ricevette ordine dal comandamc della torpediniera "Pegaso" di collaborare al disincaglio d ell'unità mercantile da questo sco rtata, la '·Maddalena Odero", carica di benzina, mu nizioni e pezzi d'arti glieria, olu·e ad un centinaio di militari tedesch i.

Mentre erano in corso le operazioni, dirette dalJ'ammiraglio comandante della Zona di Pantelleria giunto con due "MAS"', le unità furono attaccate da aerei inglesi, i quali colpirono ed incendiarono la "Maddal ena Odero" mentre era affiancata dalla "Macchi". L'equipaggio ed i passeggeri del mercantile, gettatisi in mare, si accalcarono intorno aJl'unità, imped endole di manovrare. Il comandante, brigadiere Nicolò Rando, fece mettere in mare le ]ance per raccogliere i naufraghi e quindi, stretto com'era tra la nave in fiamme e la costa, con manovre a lento moto riuscì a spostarsi ftno a toccare terra ed a far sbarcare l'equipaggio, pochi istanti prima che l'esplosione del merca ntile travolgesse anch_e ~a "~acchi", facendola affondare dopo Io scoppio d ella riservetta muOJZtOnl. Alla difesa del traffico con l'Africa Settentrionale, di importanza vitale per la prosecuzione dello sforzo bellico, contribuirono indirettamente anche le unità della R.C.F. dislocate nell'Italia Meridionale.

Tra queste ebbe modo di distinguersi il dragamine "RD 36", attaccato da un aereo alle ore 6,30 del21 agosto 1941 mentre era in mission e all argo di Pozzallo. Caduti i due finanzieri addetti alla mitragliera, Gennaro Russo e Michele Esposito, impugnò l'arma lo stesso comandante dell' unità, brigadiere Francesco Mazzei, che rimase anch'egli quasi immediatamente ucciso; lo sostituì allora il direttore di macchina, brigadiere Cenna, il quale continuò a far fuoco fino all'allontanamento dell'aereo attaccante.

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La motovedetta "Castiglia" affondò con il comandante e parte dell' equipaggio nelle notte dallS all6 dicembre l 942, per collisione con il cacciasommergibile "Frangipane" insieme al quale stava eseguendo un "rastrello" antisom presso Capo Vaticano.

4. La costituzione del "Comando R.G.F. della Libia" ed il controllo del confine tunisino.

L'esigenza di costituire un comando unico in grado di coordinare l'attività di tutti gli elementi della R. guardia di finanza operanti in Libia era stata avvertita, come si ricorderà, fin dall938, nel quadro delle proposte di potenziamento intese ad adeguare le strutture di controllo doganale e tributario al decol1o economico della "quarta sponda", profilatosi a partire dalla metà degli anni '30 dopo la conclusione delle operazioni di "grande polizia coloniale" che avevano segnato la fine della resistenza senussita.

11 provvedimento non era stato immediatamente attuato per le obiezioni di carattere finanziario sollevate dal ministero dell'Africa Italiana, sul bilancio del quale gravavano le spese di funzionamento delle forze di polizia dislocate nei territori oltremare, e per tutto il primo anno di guerra continuarono quindi a coesistere in Libia i due distaccamenti autonomi corrispondenti al vecchio ordinamento coloniale soppresso nel '38, entrambe dipendenti dal comando legione di Messina.

La sollecitazione decisiva, per l'unificazione e per un sostanziale potenziamento, venne dalle necessità di controllo dell'economia di guerra, nel quadro del quale la R. guardia di finanza, come si è detto, aveva assunto un ruolo essenziale.

Il controllo sull'osservanza delle disposizioni impartite dal "Commissariato generale per gli approvvigionamenti e per l'economia di guerra della Libia" (Acorguerra) richiedeva~ oltre allo svolgimento di vere e proprie indagini, l'esecuzione di verifiche "a campagna" nei confronti delle aziende operanti nei settori econom ici di principale interesse. Nel solo secondo semestre del 1942, ad esempio, furono effettuate oltre 200 verifiche per il controllo delle disposizioni su ll'ammasso del grano, per alcune delle quali fu necessario impiegare pattuglie cammeilate che si spinsero fino alle oasi di Nalut e di Ghadames, nel sud tripolino al margine del Sahara.

Altre 300 verifiche furono eseguite per il controllo della produzio327

ne olearia, e circa un centinaio per assicurare l'osservanza delle disposizioni sull'ammasso delle patate, del vino e degli agrumi (227).

Un problema operativo di particolare rilevanza era costituito dallo sviluppo del contrabbando alla frontiera libico-tunisina.

Dopo l'armistizio con la Francia, infatti, i controlli doganali e valutari erano stati allentati, nella convinzione che correnti di scambio frontaliero, sia pure illegali, avrebbero comunque contribuito ad attenuare la penuria di merci sul mercato libico, quasi integralmente dipendente dai rifornimenti marittimi dalla Madrepatria.

Si sviluppò così lungo il confine, con epicentro nell'oasi di Nalut, un fiorente traffico di merci pregiate (tappeti, argenti, oggetti d'artigianato) che, l ungi dal concorrere alla soluzione del problema dei rifornimenti, si risolveva in un drenaggio di valuta verso la Tunisia, dove non tardò ad essere rilevata l'esistenza di una circolazione in lire de] tutto sproporzionata al volume degli scambi ufficiali.

Non ci volle molto per accorgersi che nel vicino protettorato francese si andava formando una massa di mezzi di pagamento in valuta italiana utilizzabili sia per l'attuazione di manovre speculative in danno del nostro Paese, sia per la creazione, da parte di operatori nazionali, di disponibilità all'estero in violazione delle restrizioni valutarie del tempo di guerra.

Salvo che presso il valico doganale di Ras Agedir, sulla litoranea, dove prestavano servizio le guardie della brigata di Pisida, la sorveglianza del confine era praticamente inesistente, essendo affidata a poche e minuscole stazioni CC.RR. costituite prevalentemente da personale indigeno, inadatto a compiti di controllo valutario, ed a qualche plotone di cavalieri "savari" accantonato nelle opere del vecchio sistema di copertura.

n servizio informazioni militari non tardò a cogliere anche le implicazioni che tale situazione presentava sotto il profilo della sicurezza al tergo della zona di combattimento.

Ai primi di novembre del '41, facendo propria appunto una valutazione del SIM, condivisa dal governo generale, il comando superiore (227) Relazione del ten. Vittorio Marasco, comandante del nucleo di polizia annonaria di 'Tripoli, in data 15.3.43- Doc. n. 77.

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delle FF.AA. dell'A.S.l. richiese quindi una sostanziale accentuazione della presenza della R. guardia di finanza in Libia, sia in relazione alle esigenze di controllo economico che per provvedere al rafforzamento del dispositivo di vigilanza al confin e. Interessato dal comando supremo (228), il comando generale della R.G.F. richiese la costitu zione di un comando unico per l'inquadramento di tutte le unità del Corpo presenti in Libia, e dispose l'in vio a Tripoli del maggiore Vittorio Giorgis per stu diare l'organizzazione del servizio di vigilanza confinaria e per assumere il comando non appena ne fosse giunta l'autorizzazione (229).

Per il rinforzo, che si stimava dovesse essere nell'ordine di un battaglione, furono tenute disponibili le due compagnie mobilitate a Trieste ed a Genova, inizialmente destinate all'occupazione della zona demilitarizzata della Croazia.

Il potenzia mento del contingente fu ancora sollecitato, il l 9 novembre, dallo SMRE ed in dicembre dal ministro dell'Africa Italiana, TeruzzL Il magg. Giorgis assunse il l 9 febbraio l 942 il "'Comando della R. Guardia di Finanza della Libia", costitui to sotto la stessa data, avendo alle dipendenze i distaccamenti di Tripoli e di Bengasi cd il nucleo di polizia annonaria (230). Contemporaneamente l'ufficiale fu anche incaricato di organizzare, assumendone la direzione, la "Sezione di Polizia Economica" dell' "Acorguerra", con funzioni di indirizzo e di coordinamento dell'attività di tutti gli organi di polizia per il particolare settore (231).

Giorgis eseguì anche la ricognizione del confine tunisino, al tenn ine della quale, il l Omarzo, formulò le proposte per l'organizzazione della vigilanza. Questa avreb be dovuto essere affidata ad un comand o di compagnia, da dislocare a alut, articolato in quattro plotoni (a Pisida.

El Uetia, Nalut e Ghadames) ciascuno dei quali avreb be dovuto distaccare una o più squadre.

TI criterio base avrebbe però dovuto essere qu ell o del maggiore accentramento possibil e del personale, per ga rantire migliori opportunità di manovra e più accettabili condizioni di vita.

(228) Comando Supremo - l Reparto - f.39873, Op del 4.ll.l94l.

(229) Comando Generale R. Guardia di Finanza - f. n. 76 1 R del 14.11.41.

(230) Comando R. Guardia di Finanza della Libia - lettera del 19.2.42 - Doc. n. 78.

(231) Relazione del magg. Vittorio Giorgis in data 30.6.43 - Doc. n. 79.

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Lungo i circa 400 chilometri di linea sarebbero stati costituiti alcuni "posti quadrupedi", che i finanzieri avrebbero dovuto raggiungere con automezzi per procedere, poi, montati, all'esecuzione delle perlustrazioni, la durata delle quali era prevista in otto-dieci giorni. Nella zona a nord del "Gebel" sarebbero state impiegate pattuglie a cavallo, più a sud, nel deserto, si sarebbero utilizzati i "mehara".

In un secondo tempo si sarebbe potuto anche pensare all'istituzione di un nucleo di polizia tributaria investigativa, cui affidare le indagini per la repressione del contrabbando e del traffico dì valuta.

In tutto, si stimava fossero necessari un capitano, quattro tenenti, 25 sottufficiali e 133 apppuntati e finanzieri nazionali, nonchè 120 finanzieri libici da impiegare come interpreti e per il governo dei quadrupedi. TI parco di questi ultimi avrebbe dovuto comprendere 169 cavalli e 60 "mehara", oltre a 40 muli e 30 cammelli da carico per le esigenze logistiche. Era anche richiesta l'assegnazione di cinqu e autovetture, sei autocarri leggeri e due pesanti. Per l'accantonamento delle squadre e dei "posti quadrupedi" si faceva assegnamento sulla rete delle stazioni CC.RR. e dei piccoli presidi militari.

Alla realizzazione del dispositivo di vigilanza si sarebbe dovuta aggiungere, sempre secondo le proposte del maggiore Giorgis, l'adozione di alcuni provvedimenti normativi, quali l'obbligo per gli istituti di credito di pagare in biglietti di piccolo taglio i vaglia bancari presentati alla riscossione, la riduzione da parte della Banca d'Italia della circolazione dei biglietti da 500 e 1.000 lire, e l'istituzione in prossimità della frontiera di una zona di vigilanza doganale nella quale avrebbero dovuto essere attribuite ai militari della R.G.F. particolari facoltà ed imposti vincoli al movimento delle merci e della valuta, così come accadeva nel regno. Era infine richiesta la costituzione di un posto di polizia tedesco al valico di Ras Agedir, attraversato senza alcun controllo dai militari alleati che si recavano in Tunisia, dove affluiva una parte dei rifornimenti provenienti dall'Italia, e che pare non disdegnassero di dedicarsi al contrabbando valutario, utilizzando la parte delle retribuzioni loro corrisposta in lire.

Le proposte del magg. Giorgis indussero il comand o generale ad accantonare il progetto di costituire un battaglione per l'invio in A.S. (che pure era stato a-yanzato dall'ufficiale, per ragioni di prestigio), ed a porre allo studio la formazione di una compagnia speciale, addestrata ed equipaggiata in funzione del compito che sarebbe stata destinata ad assolvere in Libia.

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I comandi di legione ebbero perciò l'ordine di segnalare tutti i militari che, per precedenti di mestiere o per aver prestato servizio in cavalleria o in artiglieria, avessero qualche d imestichezza con i cavalli. Il numero di costoro risultò insufficiente, ed il reparto finì con il comprendere circa un terzo di militari del tutto privi di esperienza equestre.

L'ordine di costituzione della compagnia fu emanato dallo S.M.R.E. i120 aprile 1942 (232), ed il personale si presentò il 6 maggio al centro di mobilitazione istituito presso il comando della legione di Napoli.

n reparto, dich iarato pronto a partire il l o maggio ma mobilitato soltanto d al l " giugno, comprendeva una squadra comando, tre plotoni fucilieri ed un plotone mitraglieri, ciascuno su tre squadre, lo stesso organico quindi deJle compagnie destinate all'occupazione in Balcania.

In tutto, 5 ufficiali, 24 sottufficiali e 133 tra appuntati e finanzieri, al comando del capitano Tolu, coadiuvato dai tenenti Di Crescenze, Ravagni e Vita e dal sottotenente Gindre.

La compagnia fu fatta imbarcare il 4 giugno sul piroscafo "Città di apoli", ma due giorni dopo un contrordine la fece rientrare alla caserma "Zanzur", dove rimase in attesa di disposizioni fino al l ·· luglio, data in cui fu avviata per ferrovia al campo di sosta costituito presso l'aeroporto di Castelvetrano. TI trasferimento in Libia per via aerea avvenne a scaglioni tra ill S ed il 17 agosto, ed il reparto si trovò finalmente riunito nel centro di istruzione organizzato a Zavia, non lontano da Tripoli, d al magg. Giorgis, il quale aveva anche provveduto ad arruolare 140 finan zieri libici e ad acquistare i quadrupedi e parte dei materiali necessari per la realizzazione del dispositivo di vigilanza alla frontiera.

In ottobre, completato l'addestramento alJ'impiego dei "mehara"' ed ultimata la sistemazione degli accantonamenti, la compagn ia era pronta a raggiungere le posizioni di confine.

Ma il precipitare della situazione militare fece considerare del tutto superata l'esigenza.

5. La partecipazione alla difesa deJla Tripolitania.

L'offensiva de ll'8• armata britannica eb be inizio alle 21,30 del 23 (232) Comando Ct•nt•ralt- R. Cuardia di Finanza- U.C.A.- f. n. 820, R del26.4.42- Doc. n. 80.

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ottobre 1942 con un'intensa preparazione di artiglieria sulle posizioni italo-tedesche tra El Alamein e la depressione di El Qattara.

Questa volta la manovra di disimpegno riuscì soltanto in parte, e dopo pochi giorni di lotta accanita nel deserto un'aliquota consistente delle forze dell'Asse, giunte in estate quasi in vista di Alessandria, era annientata, lasciando aperta all'avversario la via per la conquista della Libia.

Già il 13 novembre le truppe del generale Montgomery- da settembre comandante dell'8' armata - erano a Tobruk, ed il 20 a Bengasi.

Il capitano Patamia lasciò ancora con i suoi uomini la capitale cirenaica per riparare a Tripoli, e fu l'ultima volta.

Nella notte sull'8 novembre, intanto, aveva avuto inizio l'operazione "Torch", grazie all a quale, dopo un brevissimo periodo di contrasto, poco più che simbolico, con le forze francesi, gli Alleati furono in grado di costituire in Algeria ed in Marocco una poderosa base d'operazioni, in modo da prendere alle spalle lo schieramento italo-tedesco in Libia per portare successivamente l'attacco al continente europeo.

Lo sbarco anglo-americano sorprese nel Nord Mrica francese il personale in servizio presso gli organi della commissione italiana di armistizio (C.I.A.F.), che al 7 novembre 1942 comprendeva anche un certo numero di sottufficiali e militari della R. guardia di finanza.

Gli elementi addetti alla sottodelegazione ed alle sezioni di controllo ubicate in Tunisia passarono in parte in Libia, ed in parte furono avviati, dopo l'occupazione italo-tedesca del possedimento, al centro di raccolta C.I.A.F. costituito presso l'aeroporto di Catania.

Caddero invece prigionieri i militari in servizio presso la sottodelegazione di controllo del traffico marittimo ed aereo di Algeri (tre sottufficiali e sette finanzieri) e presso le sezioni di Orano, Mostaganem, Philippeville e Touggourt.

Il maresciallo maggiore di mare Alberto Migliore ed il finanziere Giovanni Brancaccio, della sezione di Nemours, con il funzionario doganale militarizzato Salvatore Cerruto, ripararono nel Marocco spagnolo e si presentarono al consolato italiano di Melilla, a cura del quale furono poi rimpatriati.

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Complessivamente furono catturati nei territori dell'Africa settentrionale francese 8 sottufficiali e 14 finanzieri.

In conseguenza di tal i avvenimanti, le potenze dell'Asse ritennero superate le clausole armi stiziali del giugno 1940 e procedettero all'occupazione della Francia metropolitana e della Tunisia. Unità tedesche sbarcarono a Tunisi ed a Biserta ill2 novembre, mentre reparti italiani passavano il confme provenendo dalla Tripolitania.

All'operazione parteciparono anche i dragamine della R.G.F. "RD 12" ed "RD 43", partiti da Messina ill7 novembre e giunti a La Goletta il 3 dicembre. Ad essi si unirono il giorno successivo l"'RD 4", proveniente da Trapani, ed in un secondo tempo l' "'RD 18" e l' "RD 42". Anche queste unità furono impiegate in missioni di dragaggio e di scorta convogli, con base prima a La Goletta e poi a Biserta.

La motovedetta "Cotugno" lasciò invece Bengasi il 12 novembre scortando un convoglio costiero per Tripoli, da dove il 22 dicembre fu fatta partire per Trapani.

La rapida progressione dell'8" armata in Cirenaica indusse i comandi italiani a prendere misure per la protezione immediata di Tripoli e per imbastire un embrione di schieramento difensivo al confine tunisino. L'8 novembre il comando difesa territoriale della capitale libica ordinò il passaggio alle dipendenze del XXVIII settore di copertura della compagnia mobilitata in addestramento a Zavia, che il l 7 fu trasferita a Zuara, assumendo la responsabilità di un settore della cinta fortificata.

Appena due gioni dopo il comando di settore ordinò che il plotone mitraglieri (ten. Ravagni) entrasse in Tunisia per prendere posizione sulla linea del Mareth, un modesto complesso di fortificazioni realizzate dai francesi negli anni '30 in funzione antitaliana, destinato a diventare il perno della resistenza nei mesi successivi.

Negli stessi giorni fu anche disposta la costituzione (233) - con il personale in servizio a Tripoli e con quello ripiegato dalla Cirenaica- di una compagnia mitragl ieri su due plotoni, uno dei quali, costituito con i militari del nucleo di polizia annonaria.

n reparto fu affidato al capitano Giuseppe La Bua, già comandante (233) Comando Legione R. Guardia dì Finanza di Messina - f. n. 734/ R del 17.1 1. 1942- Doc. n. 81.

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del distaccamento della Libia occidentale, mentre il cap. Patamia, più anziano, assunse il comando interinale della R. guardia di fmanza della Libia, sostituendo il magg. Giorgis, rimpatriato negli stessi giorn i per motivi di salute. I plotoni furono comandati dal ten. Vigneri, poi sostituito dal ten. Francesco Orgera, e dal ten. Vittorio Marasco, comandante del nucleo di polizia annonaria.

La compagnia, inquadrata nel battaglione di manovra "Laconia", fu dislocata a Gargaresh, sulla cinta difensiva esterna della capitale, con compiti di difesa costiera e sbanamento della strad a litoranea. Dopo qualche tempo gli uomini del nucleo di polizia annonaria fu rono fatti rientrare a Tripoli per riprendere il loro servizio, e la compagnia rimase con appena 56 tra sottufficiali e finanzieri, oltre a pochi militari libici.

Ai primi di dicembre l'avanzata britannica riprese nonostante il forte contrasto esercitato dai resti del "Panzergruppe Afrika".

Le brigate di Sirte e di Buerat furono sgombrate su Tripoli rispettivamente il9 ed iliO, pochi giorni prima dell'abbandono delle stesse località.

La caduta della capitale apparve ormai imminente a metà gennaio.

TI 17 il capitano Patamia riunì i sottufficiali comandanti di reparto ed ordinò di attuare le predisposizioni per il ripiegamento in Tunisia.

Nei due giorni successivi i marescialli maggiori Tranfo e Pazienza ed il brigadiere Saya, quest'ultimo comandante della brigata volante, sotterrarono nello scantinato della caserma della brigata stanziale, in Trik Sidi Salem, i moschetti '91 e le munizioni eccedenti le esigenze dei militari rimasti al reparto, consegnarono ad un arabo "rivenditore di generi di monopolio" le pubblicazioni non riservate ed il materiale di casermaggio, ad eccezione delle macchine da scrivere, e delle sedie, lasciate ad un civile italiano insieme alla cassetta di ordinanza di un finanziere in licenza "per gravi e comprovati motivi di famiglia".

"Dopo aver fatto provvedere alla pulizia di tutti i locali del reparto, in cui non rimanevano qundi se non i letti e tutto il mobilio ad eccezione delle sedie, consegnavo le chiavi delle due porte d'ingresso della caserma al finanziere libico Mohamed Ben Ahmed".

Così concludeva la sua relazione il brigadiere Saya, r egistrando in334

consapevolmente l'atto finale della presenza della R. guardia di finan za in Libia, a poco più di trentun anni dallo sbarco a Tripoli del capitano Pesavento, nel novembre 1911 (234). ll 19 gennaio J 943 il personale del nucleo di polizia annonaria cominciò a trasferirsi a Tunisi, scortando la docum entazione dell' "Acorgucrra" ed alcuni cari chi di materiale pregiato. Nello stesso giorno il maresciallo capo Di Litta fu inviato a Garian con l'ordin e di prelevare il maggior quantitativo possibile di thè per trasportarlo in Tunisia. Il sottufficiale assolse il co mpito requisendo du e au tocarri, con i quali, recuperato anche il personale della brigata locale, giunse dopo varie peripezie il24 gennaio ad Hamman Lif, presso Tunisi, dove si era intanto trasferito il cap. Patamia con quanto restava del comando R.G.F. della Libia e del nucleo di polizia annonaria.

Alle 22 del1 9 gennaio, il magg. Bettino Barbetti, comandante del battaglione di cui faceva parte la compagnia del cap. La Bua, riunì a rapporto gli ufficiali, com unicando loro gli ord ini per il trasferimento in Tunisia, da eseguire il mattino successivo. ~ella notte fu dato l'allarme navale, e dovettero essere costitu iti i posti fissi ed i "posti osservazione e collegamento" previsti dal piano di difesa costiera. Per ordine impartito telefonicamente dal col. D'Andrea, capo di S.M. del comando piazza, la compagn ia dovette anche form are due pattuglioni an ti paracadutisti con il compito di perlustrare la via Balbia d al Km. 7 a Tripoli.

All'alba de] 20 gennaio il reparto era pro nto a muovere su du e autocarri ed un camioncino, stipati fino all'inverosimile di personale, armi e munizioni, tra cui nove mitragliatrici Fiat 35 e quattro mitragliatori "Breda 30", ma soltanto alle 12,30 riuscì ad immettersi sulla Balbia, ingombra di automezzi.

Dopo aver toccato Zuara e Pisida, dove i finanzieri stavano preparandosi a lasciare le caserme secondo gli ordini impartiti dal capitano Patamia, la colonna passò il confme alle 6 del 2 l gennaio al valico di Ras Agedir. Qui furono posti in libertà i finanzieri libici, e la marcia proseguì in territorio tunisino sotto la costante offesa aerea avversaria. Un mitragliamento subito alle 15 presso Medenine provocò parecchi feriti, ma al(234) Relazione del brigadiere filippo Saya, comanda111c della brigata volamc di Tripoli, in data 6.5.43 - Doc. n. 82.

335

l'alba del 22 gennaio il battaglione di manovra aveva raggiunto la sua destinazione sul Mareth, da dove fu inviato a prender posizione a Oued Akarit., 25 chilometri oltre Gabés.

Dopo aver trascorso alcuni giorni impiegato in lavori di fortificazione campale, il piccolo contingente della R.G.F. fu posto in libertà il25 gennaio dal comando truppe del Mareth, e dopo aver ceduto le armi di reparto e gli automezzi al comando di battaglione, raggiunse a piccoli gruppi e con mezzi di fortuna Hammam Lif, per riunirsi all'altro personale del Corpo ripiegato dalla Tripolitania (235).

Ill9 gennaio era stato anche impartito l'ordine di lasciare il porto di Tripoli a tutte le unità in grado di prendere il mare. li dragamine "RD 37" lasciò gli ormeggi alle 14, di sco.rta a1la pirocisterna "Irma" diretta in Sicilia, seguito quattro ore dopo dall' "RD 36" e da due unità similari della R. marina, l"'RD 31" e l"'RD 39", a protezione di un gruppo di imbarcazioni minori che si tentava di sottrarre alla cattura.

La formazione, agli ordini del tenente di vascello Di Baii:olo, comandante dell' l l • squadriglia dragaggio, imbarcato sull' "RD 36", fu attaccata poco dopo la mezzanotte da due cacciatorpediniere britannici allargo di Zuara.

Per consentire alle altre unità di sfuggire all'offesa avversaria il comandante Di Bartolo mosse senza esitazioni incontro ai caccia per attirare su di sè il loro fuoco, sacrificandosi consapevolmente senza peraltro riuscire ad ev.itare la distruzione della formazione; soltanto pochi superstiti furono in grado di raggiungere la costa.

Gli stessi due caccia britannici, con ogni probabilità, raggiunsero ed affondarono anche l"'RD 37", che scomparve senza lasciare traccia.

In quei giorni la sfmi:una parve accanirsi anche contro i dragamine delia R.G.F. dislocati in Tunisia.

A mezzogiorno del22 gennaio l' "RD 43", partito da La Goletta per Biserta, affondò mentre manovrava per soccorrere l'"RD 33" della R. marina, capovoltosi i~ seguito ad un colpo di mare.

Un a settimana dopo fu la volta dell"'RD 4", centrato da una bom(235) Relazione sul ripiegamento della compagnia mitraglieri R. guardia di finanza di Cargares)1, in data 22.2.43 - Doc. n. 83.

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ba d'aereo alle 11,30 del 29 gennaio, mentre dragava alla sciabica nella zona del banco Skerki.

6. La conclusione della lotta in Tunisia.

Il pt"rsonale d el comando R. g uardia di finanza della Libia, raccolto ad Hammam Lif, fu rimpatriato a scagli oni; l'ultimo giunse in Sicili a il l aprile 1943. [n Africa rimasero i finanzieri dell a compagnia mobilitata del cap.

Tolu, schierata sulla linea del Mareth dove l'aveva preceduta il plotone mitraglieri d el ten. Ravagni.

11 25 marzo 1943 il comando della l armata iralo-tedesca, costituita agli ord ini del gcn. Messe per inquadrare quanto rim aneva delle forze dell'Asse in Tunisia, di~pose il trasferimento del reparto nel gruppo delle Isole Kerkennah, dove avrebbe dovuto assu me re la responsabilità della d ife~a.

Effettuato il mo' imemo. il comando, il J cd il IV plotOne si schierarono :.ulla costa orientai<.· dell'isola di Chergui, il Il su quella occidentale, mentre il fii plotone assumeva la difesa dell'intera iso la di Rhabbi.

La si tu azio ne militare andava perè) precipitand o, tanto che già il 3 aprile il comando setto re difesa costiera di Sfax o rdinan: "A llo scopo di rend en i indipendenti re qui ~ ite sul postO e tenete a disposizione b arche non già requisite R. Marina. Barche siano munite personale indigeno necessario per eve ntuale traspo rto compagni a''.

Furono raccolti alcuni "lud", imbarcazioni locali a velar senza chiglia, o ltre a qualche barca da pesca.

Alle ore 0,30 del 7 aprile il comando di compagnia ri cc' ette rordine di rientrare in terraferma dirigendo su H amrnamet, cd a ll'alba i plotoni presero posto sulle imbarcazioni. La traversata si svo lse co n mare pessimo e numerose barche persero il co ntatto c finirono con il prende r terra in tratti di costa già occupati dal nemico. Il giorno dopo ad Hamrna met si tro' arono il tenente De Crescenzo ed il sottotenelll<.' Cindre co n cinque -.ouuffìciali e sec;o,anta finanzieri.

Piu ttosto male in arnese e dotati di sole due mitragliatrici "Schwarzlosc" oltre all'armamento indi viduale, i superstiti della "com 337

pagnia speciale A. S." furono adibiti a compiti di difesa costiera e seguirono le unità della l " armata ne11a resistenza protratta si fino all3 maggio nella penisola di Capo Bon. Negli ultimi giorni di lotta andarono anche perduti i superstiti dragamine operanti dai porti tunisini.

L ' "RD 12" affondò nella notte sul 2 maggio, per attacco aereo, mentre era alla fonda a mezzo miglio da Capo Bon, il che consentì all'equipaggio di mettersi in salvo.

Meno fortunati gli uomini dell' "RD 18", pure affondato per attacco aereo allargo di Capo Zebib il 5 maggio, mentre lasciata Biserta tentava di raggiungere la Sicilia. Alle 15,30 dello stesso giorno fu la volta dell"'RD 42", distrutto insieme all' "RD 23" ed all' "RD 57" della R. marina durante un'incursione sul porto di La Goletta, dove si trovava agli ormeggi.

7. La R.G.F. in Libia durante l'amministrazione britannica.

Anche in Libia, come in Africa Orientale, un piccolo nucleo di finanzieri prestò servizio d'istituto durante l'occupazione britannica, agli ordini della "British Military Administration".

Il personale del comando della R.G.F. della Libia, come si è visto, si era trasferito in Tunisia al seguito delle truppe operanti, ed a Tripoli e nelle altre città della costa occidentale erano rimasti, per assicurare la tutela dell'ordine pubblico, soltanto un centinaio di carabinieri ed alcune decine di agenti della P.A.I., questi ultimi successivamente internati perchè ritenuti politicamente poco affidabili (236).

In seguito, tuttavia, la B.M.A. ritenne opportuno affidare a personale specializzato taluni servizi di carattere fiscale, e raccolse nei campi di prigionia in Egitto una cinquantina tra sottufficiali e finanzieri, con i quali ill4luglio 1944 fu costituito a Tripoli un "Distaccamento Guardia di Finanza delia Tripolitania".

11 reparto, agJj ordini del maresciallo Giuseppe Magnani, assolse compiti di polizia nei settori doganale, dei monopoli e delle imposte di fabbricazione, sotto la supervis.ione della direzione affari economici della B.M.A. (236) A. Del Boca - Op. cit. - pag. 327.

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Nel l 945 il comand o del distaccamento fu affidato al tenente di cavalleria Otello Malatesta. inviato dal comando del Cairo non essendo disponibili in Egitto ufficiali d ella R.G.F.. Nell'estate dello stesso anno il reparto contava sette sottufficiali e 46 appuntati e finanzieri, 22 dei quali catturati in Sicilia dopo lo sbarco alleato; in gran parte si trattava di personale anziano, richiamato, che malgrado fosse impiegato in compiti di polizia conservava Jo "status" di prigioniero di guerra.

L'esistenza del distaccamento sembra fosse del tutto ignorata dal comando generale, il quale ne ebbe notizia da una lettera d el ten. Malatesta, datata l 9 luglio J 945 e recapitata a Roma da un ufficiale di marina reduce dalla prigionia (237).

(237) Lettera dd Tcn Otdlo 1\lalatesta. comandante dd di-.t.lCC<llllt>ntO guardia di fin.llll<l della Tripolitania, in data 19.7 19<t5 doc. n. 84.

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Capitolo lX

VERSO LA CRJSr l. L'occupazione della Francia. - 2. La riorganizzazionc d et 'e n izi di controllo armistiziale.- 3. La 'ituazione nei territori occupati 4 L'ausntà della R.G.F. nel quadro dell'economta ds guerra.- 5. Gli e!Teui dell'ofrt·n,h·a aerea alleata.- 6 L'in"asione della Stulta.

l. L'occupazione della Francia.

L'

occu pazione anglo-americana dell'Algeria c del Marocco, cd il repentino cambiamento di fronte che ne seguì. da parte francese, indussero i governi di Roma c di Berlino a procedere al disarmo delle unità militari soggette all'a utorità del governo di Vichy e ad assumere il controllo del territorio ad ovest della linea fis-,ata nell'estate del 1940 per delimitare le zone d i occupazione italiana e tedesca.

All'alba dell' l l novembre 1942, mentre in Nord-Africa cessava la resistenza francese contro le forze anglo-americane, le unità della 4• armata italiana passarono la linea di armistizio e reparti del VII C.A della armata sbarcarono in Co rsica.

s·

Alle 7 di quel mattino il maresciallo capo Gavi no Casu, comandante interinale della tenenza di Mentone, rice' ette l'ordine di tener pronto il personale in "ista di un prossimo movimento verso i] territorio france5e. :\el corso di un rapporto tenuto poco dopo presso il comando di pre~id io, il sottuffi ciale !>i vide affidare il compito di procedere al fermo ed al disarmo dei gend armi c dci doganieri francesi cd all a occupazione delle loro caserme e posti di servizio ubicati in pross imi tà della linea di anni stizio, costituendo a tal fine un ploton e di formazione di trenta uomini.

Alle 11,30 il reparto era raccolto nella caserma di Villa Madonna ed un'ora dopo si metleva i11 marcia. Giunto su l ponte dell'Unione, il marc!>ciallo Casu alzò per:.onalmente la sbana di confine e con i suoi uomini disarmò i gendarmi ed i doganieri, che non opposero resistenza. Il plotone, cui si aggiunsero elementi della milizia confinaria, pro!>eguì

34]

verso l'interno, prendendo possesso della caserma dei gendarmi di Rochebrune e poi di quelle di Carnoulese e di St. Romain.

A circa mezz'ora di distanza entrarono in territorio francese le unità dell'esercito.

I finanzieri furono posti in libertà a1le 16, e fecero ritorno a Mentone dopo aver consegnato alla pubblica sicurezza i gendarmi ed i doganieri fermati, i quali furono peraltro posti in libertà il giorno successivo.

Anche i finanzieri ed i carabinieri del posto di blocco di Castellar disarmarono i loro colleghi al di là della linea d'armistizio, senza incontrare resistenza.

Più a nord alcuni settori di copertura, per ordine del comando della 4• armata, disposero l'applicazione del piano PR 12. Le brigate di Clavière e di Prali, della legione di Torino, distaccarono quindi nuclei confinari al Bois del Sestriere ed al Colle della Croce, dall'alba dell'Il a tutto il 13 novembre.

L'occu pazione fu condotta a termine il mattino successivo, quando reparti tedeschi raggiunsero la base navale di Tolone, determinando il quasi totale autoaffondamento della flotta francese.

2. La riorganizzazione dei servizi di controllo armistiziale.

Nel momento in cui l'operazione "Torch" produsse una brusca modificazione nei rapporti tra le potenze dell'Asse ed il governo di Vichy, prestavano servizio oltre la linea di armistizio, nella zona di territorio francese cosidetta "libera", 5 ufficiali, 51 sottufficiali e 62 militari di truppa della R. guardia di finanza.

n piccolo contingente operava alle dipendenze delle articolazioni della C.I.A.F. preposte al controllo del traffico marittimo ed aereo: la delegazione mista itala-tedesca di Marsiglia per le coste mediterranee della Francia co ntinentale; le sezioni di controllo italiane di Ajaccio e di Bastia, per quelle della Corsica; la sottodelegazione di Algeri, per quelle algerine e tunisine; 342

le sezioni di controllo di Marsiglia-Marignane e di Algeri, per il traffico aereo.

In Marocco era stato costituito un'ispettorato di controllo tedesco. l finanzieri assicuravano )'applicazione delle clausole della convenzione di armistizio ital o-francese dcl24 giugno 1940, che davano facoltà al governo italiano di istituire un contro11o diretto e permanente sulle fro ntiere francesi.

In particolare: l'art. XIV d ella convenzione vietava l'u scita dal territorio nazionale ''di cittadini francesi in genere"; l'art. XV poneva divieto assoluto di esportazione per i materi ali di interesse strategico, com presi nell'elenco allegato al R.D. 16 luglio 1940, concernente il "contrabbando di guerra''; l'art. XVT subordinava ad autOrizzazione degli organi della C.l.A.F. l'intero traffico marittim o ed aereo commerciale francese, compreso quello tra la madrepatria ed il Nord Africa, con ridottissime eccezioni riguardanti gli scambi frontalieri al confme franco-svizze ro.

In base alle norme di uno speci fico regolam ento, i finan zieri addetti alle sezion.i di controllo eseguivano la verifica delle merci all'imbarco, allo sb arco ed a bordo, esaminavano i documenti di carico ericevevano d alla d ogana francese copia del manifesto e d ella lista d ei passeggen .

Ttedeschi, fin dal maggio 1941, avevano ritenuto opportuno estendere il controllo al merito delle operazioni doganali, sia pure in modo saltuario (ma frequente) e soltanto negli uffici deiJa Francia continentale, c vi provved evano mediante propri funzionari affiancati a quelli fran-

cesi.

Nel corso del1942le delegazioni italiana e tedesca avevano deciso di armonizzare il sistema dei controlli e si era perciò provveduto al richiamo alle armi di un certo numero di funzionari d oganali in possesso anche delle qualità di ufficiali di complemento d el R. esercito. l n novembre gli ufficiali -funzionari stavano prend endo servizio presso ]e dogane più importanti. Uno era stato destinato ad Annecy con funzioni di colle343

gamento con il centro tedesco preposto al controllo del confine francosvizzero, mentre un secondo avrebbe dovuto recarsi a Cerbère per assumere le stesse funzioni al confine spagnolo.

La decisione di procedere direttamente al controllo delle frontiere francesi, presa in seguito agli avvenimenti in Nord Mrica, modificava radicalmente i termini dell'impegno per la R. guardia di finanza. In pratica, alla supervisione sull'attività degli uffici doganali veniva a sommarsi la responsabilità della vigilanza terrestre e marittima, secondo modalità analoghe a quelle adottate negli altri territori d'occupazione, salvo che per le diverse caratteristiche della situazione politico-militare, che però anche in Francia andò rapidamente peggiorando con il declinare delle fortune dell'Asse.

Soprattutto, erano notevoli le dimensioni quantitative dell'impegno richieslo, per un corpo già impiegato al massimo delle sue possibilità organiche in Balcania, in Grecia, in Mrica settentrionale e nello stesso territorio metropolitano.

Già il 13 novembre 1942, prima ancora che l'occupazione fosse completata, il presidente della sotwcommissione affari economico-finanziari della C.I.A.F., Lazzari, chiese al comandante della legione di Torino, colonnello Melucco, di sondare informalmente il comando generale per accertarne le disponibilità a rinforzare sensibilmente il contingente a d isposizione della commissione, in vista della necessità di assumere direttamente il controJio dei servizi doganali e di polizia di frontier<L L'alto funzionario pregava intanto di tener pronti una cinquantina di uomini, per le prime necessità.

Le modalità del controllo da istituire vennero definite in via provvisoria nei giorni successivi, con una serie di contatti tra le sottocommissioni italiana e tedesca, e rese note il 20 novembre (238).

In sintesi, si trattava di procedere all'applicazione integrale della clausole armistiziali.

Le operazioni doganali e di polizia sarebbero state eseguite dalle autorità francesi, ma sotto il costante controllo di quelle delle polenze (238) C.I.A.F. - Sez. AEF, f. 178.194 del 20.11.1942.

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occupanti, le quali avrebbero potuto sostituirsi ad esse in ogni momento. La vigilanza in mare ed il pattugliamento a terra erano integralmente affidate - nella zona d'occupazione italiana - a11a R. guardia di finanza, che vi avrebbe provveduto secondo le modalità del proprio servizio d'istituto.

La ripartizione di competenze concordata tra gli occupanti assegnava al nostro controllo, oltre al confine franco-italiano, le coste mediterranee da \1entone a La Ciotat e quelle della Corsica e della Tunisia, mentre ai tedeschi erano affidate le coste atlantiche c le frontiere con la Spagna e con la Svizzera, salvo che n<'l tratto compreso tra il punto triconfinario di Mont Dolcnt cd il lago di Ginevra, in corrispondenza del quale sarebbe stato istituito un controllo misto.

Per que:.ùdtimo seuorc, do\ e a\ C\ a già pre!>o posizione un battaglione di guardie doganali tedesche, le prime disposizioni della C.l.A.F. prevedevano la costitu zione di un comando retto da ufficiale ad An nemasse (al quale si sarebbe do\ uto aggregare anche l'ufficiale-funzionario già presente acl AnneC)) e di posti di controllo a St. Cigno!, ChateL Samoens e \t allorcine.

Sul confine italo-francese, oltre ai posti già esistenti a Moclane ed a Breil, a\Tebbero dovuto esserne istituiti altri quattro (Bourg St.l\laurice, Briançon, Larchc, Rochebrune), ciascuno con un uffìciale e 25 tra sottufficiali e finanzieri.

Per la costa mediterranea, la Corsica e la Tunisia era in vece previsto soltanto il rinforzo dci posti già funzionanti dal settembre 1940.

Le richieste della commissione d'armistizio vennero fatte proprie, nello stesso giorno 20 novembre, dal comando della 4' armata, che aveva intanto assunto la responsabilità degli affari civili nella zona d'occupazione italiana, esclusa la Corsica, affidata al VII C.A. della 5 armata.

Nel giro di pochi giorni il comando generale della R.G.F. dovette mettere insieme 20 ufficiali, 68 sottuffìciali e 708 appuntati c finanzieri, ed il servizio fu attivatO dal l" dicembre l 942 (239).

L'organizzazione dei controlli fu messa a punto in una serie di riu(239) L'organico del contingente d t'Ila R.C.F. a di!>posiziouc d t· Ila C.LA.F. fu >U<'tl'S>ivamentc (2 7 maggio 1943) fì•>ato in 29 uffidali, 150 <,ouuffinali e 925 appuntati e finanzieri, tu li i effettivamente as~cgnati al l giugno 1943.

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nioni svoltesi presso la presidenza della commissione a Torino il2, ilS, il 12 ed il29 dicembre. Ufficiali furono inviati ne lle sedi dei posti di controllo da istituire, per provvedere all'organizzazione d ei servizi ed alla sistemazione del personale, e si ottenne dal ministero dell'interno l'assegnazione alla C.I.A.F. di un certo numero di funzionari ed agenti di P.S. per l'esercizio nei valichi principali dei compiti di polizia di frontiera, per il resto affidati ai distaccamenti della R.G.F..

Furono anche com pilate le istruzioni di servizio per il personale addetto ai controlli ed i regolame nti per l'esercizio della pesca marittima e della navigazione in cabotaggio.

All'inizio del nuovo anno una delegazione composta dal dott. Lazzari, dal comandante della R.G.F. presso la C.l.A.F., col. Maggio e dal capitan o Angelo Longo, addetto alla sottocommissione affari econom ici c finanziari, si recò a Parigi per incontrare il comandante della guardie doganali tedesche in Francia, Lettner, allo scopo di definire la ripartizione di competenze tra i du e organismi di controllo, poi sanzionata in un protocoJlo d'intesa il 9 gennaio 1943.

Il tratto del confine franco-svizzero tra il Lemano (nel punto di emi ssione del Rodano) ed il Mont Dolent sarebbe stato integralmente affidato all'Italia che si impegnava però ad adottare le stesse form e di controllo sulle operazioni doganali già poste in atto dai tedeschi. Questi ultimi avrebbero ritirato il loro personale entro il 15 febbraio, salvo un funzionario di collegamento ad Annemasse.

Funzionari germanici serebbero rimasti anche presso le dogane di Nizza e di Tolone, comprese entro la zona d 'occupazione italiana, e ciò indusse la nostra d elegazione ad insistere per l'invio di un ufficiale - funzionari o a Cerbère, nella zona ted esca, già richiesto l'a nno prima.

Rimase impregiudicata la situazione di Marsiglia, non raggiunta dalla truppe italiane, dove avrebbe continuato ad operare la delegazione mista italo-tedesca.

La parte germanica rinunciava ad ingerirsi nell'organizzaz ione d ei controlli in Corsica ed in Tunisia, mentre fu rinviato a trattative da svolgersi successivamente a live llo diplomatico l'esame del problema dell'istituzione di posti di controllo lungo la linea di d emarcazione tra le du e zone d'occupazione, sollevato dai tedeschi.

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L'accordo di Parigi consentì di definire l'ordinamento degli organi di controllo alle fontiere francesi (240).

Sotto la supervisione della sottocommissione per gli affari economici e finanziari, furono istituite due "delegazioni controllo e vigilanza frontiera" a Nizza ed ad Anncmasse- rette d a ufficiali superiori della R. guardia di finanza, co mpetenti rispettivamente per la costa mediterranea e per il confine franco-svizzero, ed articolate in sezioni e sottosezioni (a livello, rispettivamente di capitano e di tenente), a loro volta comprendenti un certo numero di "posti di controllo", affidati a sottufficiali.

Due "sottodelegazioni", ad Ajaccio ed a Modane, rette da capitani, sovraintend evano alla vigilanza sulle coste della Corsica e lungo il confine italiano, mentre una terza, prevista per la Tunisia, non fu mai attivata per il precipitare della situ azione militare.

11 personale della R.G.F. a disposizione d ella C.I.A.F. dipendeva esclusivamente da un apposito comando, a livello di colonnello, al quale con provvedimenti success ivi fu conferito un ordinamento simile a quello degli altri comandi "regionali" istituiti nei territori d'occupazione.

C li elementi in servizio a Marsiglia, a Sete ed a Port Vendres, in zona d'occu pazione germanica, furono costituiti in distaccamento autonomo alle dipendenze del capo della delegazione mista italo-tedesca.

Salvo tale distaccamento, il contingente della R.G.F. in Francia pur dipendendo funzionalmente dalla C.I.A.F. - sottocommissione A.E.F. non poteva non essere integrato nel sistema di presidio militare facente capo al comando della 4' armata, che del resto fin dal26 novembre aveva provveduto a ripartire le unità della R. G. F. in afflusso tra i corpi d'armata competenti per circoscrizione: il I per il co nfine franco-svizzero, il XV da Cima Marta a St. Tropez, il XXII da St. Tropez alla linea di demarcazione con la zona tedesca, nonchè i comandi di difesa territoriale di Torino e di Alessandria per il confine italo-francese.

Per evitare equivoci, lo S.M.R.E. finì con il disporre, il 21 marzo 1943, che il contingente, pur continuando ad assolvere le previste funzioni di controllo armistiziale, passasse alle dipendenze operative della 4' armata, nei cui dispositi vi di difesa costiera e di copertura era peraltr o già inserito fin dall' inizio d ell'occupazione (241).

(240) C.I.A. F. - Pre>idenza: fA2700 del 28.1. t 943.

(24 t ) Relazione delten.col. Umberto Brozzettì, già comandante del hauaglionc dì Anncmassc, in data 28.4.1948.

347

Anche la sede del comando R.G.F. avrebbe dovuto esser trasferita da Torino a Mentone, dove si trovava il quartier generale dell'armata, ma al momento dell'armistizio il movimento non era ancora stato effettuato.

Dal l o aprile anche le articolazioni del contin gente assunsero le denominazioni consuete dell'ordinamento militare. Il "Comando della R. Guardia di Finanza della C.I.A.F." risultò quindi così organizzato: battaglione di Nizza (magg. Nicolò Moscato); compagnia di Nizza (plotoni di Monte Carlo,Nizza,St.Raphael); compagnia di Tolone (plotoni di Telone e di La Seyne); compagnia di Ajaccio (plotoni di Ajaccio e di Bastia); battaglione di Annemasse (magg. Umberto Brozzetti): compagnia di Annemasse (plotoni di Annemasse e di Ville la Grande); compagnia di Samoens (plotoni di Samoens,Modane,e St.Julien); compagnia di Thonon (plotoni di Thonon e di Evian, squadriglia naviglio di Thonon).

Rimase invece invariata la denominazione di "posti di controllo", assegnata alla minori articolazioni, a livello di sottufficiale.

Il minuscolo reparto navale operante sul lago di Ginevra traeva origine da un ordine impartito dal comando della 4• armata a richiesta del presidente della C.I.A.F., gen. Vacca Maggiolini, in conseguenza della chiusura della frontiera franco-svizzera attuata nel marzo 1943.

Con un'azione di sorpresa, furono catturate due motolance appartenenti ai servizi doganali e di gendarmeria francesi, poi armate da finanzieri di mare agli ordini del maresciallo maggiore Edgardo Martinelli. Integrato da altre imbarcazioni requisite presso i cantieri di Le Locum, per un totale di cinque unità, il reparto assicurò la sorveglianza della riva francese del lago, facendo osservare il divieto di navigazione.

Altre unità navali minori furono anche impiegate lungo il litorale della Francia meridionale.

3. La situazione nei territori occupati.

L'andamento decisamente sfavorevole delle operazioni sul fronte

348

russo ed in Nord Africa non tardò a ripercuotersi sulla situazione politico-militare nei territori occupati.

In Slovenia, Dalmazia e Montenegro, così come nel regno di Croazia ed in Serbia, le formazioni dell'esercito popolare di liberazione jugoslavo avevano ormai assunto la consistenza e la struttura di vere e proprie unità regolari, dotate anche di artiglieria, contro le quali le forze italian e e tedesche, fiancheggiate più o meno precariamente dai reparti dell'esercito croato e da milizie locali, furono costrette ad impegnarsi in operazioni di tipo convenz ionale, alle quali furono ch iamati spesso a concorrere anche i distaccamenti della R. guardia di finanza.

Fu questo il caso del plotone del 1X RCF dislocato ad Onek., in Slovenia, ventuno uomini al comando del brigadiere Giacomo Vaccari, che nel corso di un'azione di rastrellamento ord in ata dal presidio militare d i Kocevje, il 25 giugno l 943 furono accerchiati in un.a zona boscosa presso Vodnjak c sopraffatti dopo un'accanita resistenza, nella quale si distinse il finanziere Nicola Rosati, caduto sulla propria mitragliatrice. l superstiti, catturati, riuscirono a fuggire guidati dal brigadiere Vaccari, il quale cadde nell'azione.

Più frcquentamente però, come si è già detto, gli elementi della R.G.F. per la loro dislocazione frazionata alla periferia delle zone di occupazione, erano costretti alla scomoda funzione di ber:.agli statici dell'iniziativa partigiana.

Le autorità militari non mancavano di insistere perchè il numero dei presidi isolati fosse ridotto, anche accettando una diminuzione di efficacia della vigilanza costiera e lungo le linee di demarcazione. cl dicembre l 942 proprio questo fu il tema di un colloquio svoltosi a Susak tra il gen. Roatta, comandante della 2 ' armata (coincidente con il comando superiore FF.AA. in Slovcnia <.> Dalmazia- "Supersloda") ed il col. Simoni, che aveva assunto all'inizio del mese il comando della R.G.F. della Dalmazia (242).

Ne llo stesso tempo, il comando delrarmata insiste\ a per un sostanziale rinforzo del contingente della R. guardia di finanza.

(242) Co111ando R. Cuardia di Fiuanza de lla Dalmazia· f. n. 208 R.O. dcii'H.7.43 ·Doc. n. !l5.

349

In marzo fu rinnovata la richiesta di ricostituzione della 3• compagnia dell'IV 'RGF, disciolta nel no,·embre precedente (il personale, tutto d el contingente di mare, a\ eva dato vita alla stazione naviglio di Spalato, dipendente dal comand o militare marittimo d ella Dalmazia). li provvedimento fu tuttavia adottato dalla S.M.R.E. soltanto nel luglio 1943 (243) e non si tradusse in un effettivo aumento della forza, poichè il reparto fu costituito sdoppiando la 1• compagnia dello stesso battaglione, ch e nel tempo aveva raggiunto la con sistenza anomala di 322 uomini.

La riduzione del numero dei distaccamenti isolati consentì la formazione di piccole unità mobili, utilizzando gli elementi migliori, ai quali si cercava di impartire anche un certo addestramento specifico alla controguerriglia. Nel febbraio 1943 il comando del XIV/ RGF costituì un pl otone "arditi" a Sabbioncello, mentre nel lu glio successivo analogo provvedimento fu assunto nell'ambito dell'XI battaglione. Nell'estate 1943 fu anche iniziata la distribuzione ai batlaglioni della R.G.F. dislocati in Balcania delle mhragliatrici Breda '3 7, in sostituzione delle Fiat '35.

Già dall'anno precedente, come si è visto, il movimento partigiano si era esteso ad ovest del vecchio confine, tra le popolazioni alloglotte della Venezia Giulia.

La lotta assunse qui ca ratteri non diversi da quelli riscontrabili nei territori d'occupazione: attacchi alle caserm e isolate dei reparti di frontiera (da ricordare quello portato il 20 febbraio 1943 alla brigata di Slappe d'Tstria, in provincia di Gorizia, conclusosi co n il successo dei difensori dopo ore di comba ttimento), imboscate alle autocolonne, agguati alle pattuglie in ricognizione.

Per ordine d ei comand i militari numerosi reparti furono soppressi per evitare inutili rischi, mentre gli altri furono rinforzati con elementi della C.a.F. e successivamente con unità della di visione alpina "Julia" reduce dal fronte russo, a partire d al maggio 1943 di slocata a cavaliere d el vecchio confine.

La componente attiva del di spositivo di controgucrriglia era costituita -oltre che dalle grandi un ità dell'esercito, peraltro impiegabili saltando per le azioni d i maggior portata- dai nucl ei mi sti formati dalle tre forze di polizia, dipendenti dallo speciale ispettorato di P.S. per la Venezia Giulia. I finanzieri appartenenti a tali reparti e bbero modo di distin(243) S.l\1.R.E. - UIT.R.M.- f.n 00771 ..0, 3 dcll'8.7.43.

350

guersi nei combattimenti svoltisi tra la primavera e l'estate del '43 a monte Ursig, a Capo retto, a Voschia, presso Idria, ed a Cima Sebrelje. ln quest'u ltima occasione un'aliquota del V nucleo mobile di stanza a Circhina., impegnata da una grossa formazione partigiana e prossima all'esaurimento delle munizioni, fu tratta da una situazione apparentemente senza scampo grazie all'eccezionale coraggio e spirito d'iniziativa del finanziere Domenico Fazio, poi decorato di medaglia d'oro al valor militare, il quale riuscì a prendere alle spalle gli avversari mettendoli in fuga a colpi di bombe a mano.

La guerriglia divampava anche nel vecchio regno d'Albania e nei territori dello Scutarino, del Kossovo c del Dibrano, annessi dopo l'armistizio con la Jugoslavia.

In febbraio furono attaccati i plotoni del battaglione di Argirocastro di stanza a Zminec cd a Episkopi, tra gennaio c marzo quelli di Makovic e di Mutivoda, nel Kossovo, in aprile il distaccamento di Ostreni, nel Dibrano, in giugno quelli di Pili c di Zagradec, nel korciano.

Tornarono a verificarsi defezioni da parte dei militari albanesi, nuovamente inseriti nei reparti dopo gli avvenimenti dell'inverno 1940.

Nella notte dal quindici al sedici maggio, in occasione dell'attacco al presidio di Leskovik, sede di una compagnia del battaglione di Korçe, il comandante, un capitano albanese, si eclissò per passare successi' amen te ai partigiani, e la difesa fu diretta dal sottotcnente Antonio Prischich, appena giunto dall'Accademia.

In altre occasioni gli albanesi gettavano le armi al manifestarsi dell'attacco partigiano, come avvenne in occasione d el ripiegamento su l presidio di De lvino dei militari delle brigate di Perdikar e di Zmincc, agli ordini del maresciallo capo Pasquale Zirafa, caduto nell'azione. on manca rono tuttavia anche episodi di autentico valore, alcuni dei quali premiati con la concessione di ricompense a finanzieri albanesi.

In Grecia l'episodio di maggior rilievo fu l'annientamento del plotone del XJTI/ RGF dislocato a Tsangarada, presso Volos, avvenuto il22 marzo 1943 ad opera di una grossa formazione di '·andartes" in uniforme. In questa come in altre occasioni, la tattica partigiana era consistita nell'obbligare i difensori a prolungate azioni di fuoco, in modo da costringerli alla resa per esaurim ento delle munizioni. TI procedimento aveva spesso successo per la lentezza d elle reazioni del dispositivo italia351

no, dovuta alla precarietà dei collegamenti radio, e per l'insicurezza delle vie di comunicazione che rendeva aleatorio l'afflusso di rinforzi prima che i presidi fossero sopraffatti.

A Tsangarada per aver ragione dei ventinove fmanzieri al comando del sottobrigadiere Antonio Delogu, parte dei quali era caduta in un'imboscata all'esterno della caserma, i partigiani dovettero provocare l'incendio dell'edificio e poi demolirlo con una carica esplosiva. n finanziere Giovanni Denaro, un richiamato della classe 1906 padre di quattro figli, preferì gettarsi tra le fiamme piuttosto che arrendersi (244).

La guerriglia non risparmiò neppure il contingente dislocato in Francia.

Il l o marzo 1943 vi fu un lancio di bombe a mano, senza conseguenze, contro un posto di blocco stradale attivato dalla squadra di Cros de Cagnes, del battaglione di Nizza, seguito pochi giorni dopo da un'azione analoga nei confronti del posto di controllo di Anty, nell'alta Savoia. Nella notte sul l " maggio 1943 furono attaccati i posti di controllo isolati della compagnia di Thonon, sul lago di Ginevra. In soccorso di quello di Ivoire intervenne un plotone di finanzieri e di alpini al comando del sottotenente Vittorio Garzelli, il quale rimase ferito. ln giugno i militari del distaccamento di Evian furono costretti ad intervenire per reprimere un tentativo di sommossa, ma l'episodio più grave fu l'attacco di sorpresa portato con uno stratagemma nella notte sul2 agosto al posto di controllo di Novel, nel quale trovò la morte il comandante, brigadiere Michele Antezza.

Il problema del controJlo della frontiera elvetica aveva ormai assunto un carattere quasi esclusivamente militare, tanto che per migliorame l'efficacia il comando del I Corpo d'armata dispose la costituzione di un "Comando della frontiera franco-svizzera", dipendente dal XX raggruppamento alpini sciatori di stanza a Chambery, a sua volta inquadrato nella D. alp. "Pusteria". l1 comando ebbe a disposizione il battaglione della R.C.F. di Annemasse ed un battaglione ed una compagnia autonoma eli alpini, tra i quali fu ripartito in settori il fronte eli circa 200 chilometri tra il Mont Dole nt ed il Rodano. La vigilanza ai valichi -dove il traffico era peraltro quasi inesistente dopo la chiusura del confine- rimase comunque affidata esclusivamente ad elementi della R.G.F..

(244) Il Fin. Denaro fu decorato di medaglia d'oro al valor militare.

352

4. L'attività deUa R. guardia di finanza nel quadro deU'economia di guerra.

Alla fine dell942 si registrarono importanti cambiamenti al vertice della R. guardia di finanza. Il9 dicembre il gen. Gamondi lasciò per limiti di età la carica di comandante in 2', c gli subentrò Francesco Poli, cinquantaduenne, nominato generale di brigata a 47 anni, il più giovane nella storia della R.G.F..

Anche Carlo Vinay, promosso generale di brigata, fu sostituito il l " dicembre quale capo dell'ufficio segreteria del comando generale dal colonnello Quirino Giombini, e andò ad assumere il comando della zona di Genova, lasciato libero d a Poli. Del vecchio '·staff' operante dall'inizio del conflitto rimasero vicino al comandame generale Aymonino il generale del R. esercito addetto, Riccardo Massone, il quale aveva conservato l'incarico anche dopo la promozione a divisionario, ed il contrammiraglio Malusardi, capo del servizio del naviglio. L'ufficio "Servizio e P.T.J.", responsabile della direzione del servizio d'istituto, era affidato dal settembre '41 al colonnello Raffaele Petrone.

Oltre ad assicurare il mantenimento in efficienza di una forza mobilitata che ascendeva ormai a diciotto battaglioni, il comando di via Sicilia, contemporaneamente all' "emergenza Francia", dovette far fronte alle esigenze di rafforzamento del sistema di controllo nel quadro dell'economia di guerra, sempre più pressanti per il progressivo ridursi delle risorse disponibili.

Nell'agosto '41 era stato aumentato di l 00 unità il numero dei sottufficiali a disposizione dei consigli provin ciali delle corporazioni, ed altri 75 ne furono aggiunti a dicembre. 1121 ottobre 1942l'intera struttura era stata riordinata e ricondotta all'interno dell'ordinamento della R.G.F., con la costituzione di una sezione "economia corporativa" presso ciascun nucleo p.t.i., alla quale furono trasferiti personale e compiti già assegnati ai drappelli istituiti fin dal '40 presso i consigli provinciali.

Complessivamente, l'organizzazione per il controllo della distribuzione e dei consumi comprendeva nel maggio 1943 una ventina di ufficiali e 265 sottufficiali, di cui 26 addetti al comando R.G.F. istituito presso il ministero delle corporazioni il l gennaio '43, in sostituzione del preesistente ufficio centrale.

Un incremento sensibile si ebbe anche, nello stesso periodo di 353

tempo, per il contingente destinato all'altro settore dell'attività di controllo economico di guerra, quello della produzione bellica, elevato a rango di mini stero con il rimpasto governativo del febbraio 1943.

Anche l'ufficio centrale della R.G.F. istituito nel luglio 1941 presso il sottosegretariato per le fabbricazioni di guerra fu trasformato in "comando" il l o giugno dell'anno successivo, ed ebbe alle dipendenze veri e propri reparti operativi, i "nuclei Fabbriguerra" operanti presso le sedi delle delegazioni interregionali dell'organizzazione. Il contingente dipendente dal "Comando R.G.F. presso il Ministero della Produzione Bellica" comprendeva, all' l l maggio 1943, un colonnello, un maggiore ed undici capitani. Un altro ufficiale superiore, e sette tenenti, furono posti a disposizione il 30 ottobre 1942 del "Commissariato per i combustibili liquidi" istituito presso il ministero della guerra.

5. Gli effetti dell'offensiva aerea alleata.

Sempre sul ••fronte interno", cominciarono ad avvertirsi gli effetti della progressiva intensificazione dell'offensiva aerea alleata.

Nella notte tra il 7 e 1'8 novembre 1942 fu colpita la caserma "S. Giorgio", sede del comando della legione di Genova, mentre una successiva incursione, tra ill3 ed il 14, semidistrusse la caserma "S. Teresa" e quella della brigata "Magazzini generali", rendendo necessario il trasferimento fuori città dei magazzini e dell'autorimessa legionali.

Analogo provvedimento fu adottato a Torino, dopo che la caserma "Duca d'Aosta" era stata danneggiata dai bombardamenti del28 novembre e del lO dicembre.

La sera del4 dicembre, tra le 17 e le 19,30, un'incursione sconvolse a Napoli la zona di Montecalvario e le infrastrutture del porto, dove fu distrutta la caserma presso la dogana; due fmanzieri rimasero uccisi e sei feriti.

Con il nuovo anno crebbe drammaticamente l'intensità dell'azione aerea alleata, la quale disponeva ora senza limitazioni delle basi nordafricane. In febbraio furono colpite le caserme "5 giornate" di Milano e "Sebeto" e "Zanzur" di Napoli, dove furono anch e affondate alcune motolance. Nel pomeriggio del 20 fu devastata la zona portuale dell'Immacolatella e si contarono un morto e due feriti tra i finanzieri in servizio.

354

Alla fine del mese il comandante della legione di Messina comun icava che la città era praticamente paralizzata.

In marzo furono colpite gravemente Napoli, dove fu necessario sgombrare le caserme "Sebeto" e "Carmin e", Cagliari e Palermo.

Nella capitale siciliana furono seriamente danneggiati il porto c gli edifici doganali; un finanziere rimase ucciso.

Alle 17,30 del28 marzo lo scoppio della ··caterina Costa", carica di munizioni ed ormeggiata alla calata Vittorio Emanuele IIL devastò l'area portuale di Napoli. Si ebbero nuovi danni alla caserma "Zanzur'' ed ai resti della "Sebeto" c della "Carmine" e furono affondate la motolancia '"ML 68" e tre motobarche. Tra il personale in servizio in porto si contarono un morto (l'appuntato Pasquale Capizzi della brigata Sebeto) ed una decina di feriti. l finanzieri Tommaso Mattioli e Francesco Parisi, addetti ad una postazione di fucile mitragliatorc in difesa costiera alla testata della banchina rifiutarono di mettersi in salvo malgrado le esortazioni di un ufficiale di porto c furono sbalzati lontano dall'esplosione, rimanendo miracolosamente incolumi.

Con la conclusione delle operazioni in Tunisia, l'offensiva aerea si fece più intensa sulla Sicilia, prossimo traguardo dell'iniziativa alleata.ll6 aprile fu distrutta la caserma di Trapani, dove furono uccisi due finanzieri c cinque rimasero feriti, e venne affondata la moto barca MB JT, in servizio per la R. marina. li 16 fu ancora la volta di Palermo (si rese necessario lo sgombero della caserma "Pandolfini", sede della stazione naviglio e di due brigate) ed i130 di Messina. L'l l maggio toccò alla caserma di Marsala, il21 ed il24 a quella di Reggio Calabria, che dovette essere sgombrata.

Sempre in maggio, il 14, fu praticamente distrutto il porto di Civitavecchia, dove si ebbero un morto e tre feriti tra i finanzieri della brigata stanziale e fu gravemente danneggiata la caserma. 1128 si registraron o gravi danni alla caserma "Santini" di Livorno, all'area portuale circostante ed alla raffineria dell'ANIC.ll maresciallo maggiore di mare Giuseppe Grasso, comandante della brigata Calate, a bordo di una motolancia si prodigò per traghettare militari e civili verso un ricovero nella Fortezza Vecchia, rimanendo ucciso mentre altre sei tra sottufficiali e finanzieri venivano feriti nella stessa azione.

Altri du e militari, travolti dal crollo deii'Ostellaggio della Capitaneria di Porto, furono trovati soltanto dopo parecchi giorni.

355

6. L'invasione della Sicilia.

L'Il giugno, con l'occupazione senza contrasto delle isole di Pantelleria e di Lampedusa, le forze anglo-americane iniziarono i preliminari dell'operazione "Husky", che doveva concludersi con la conquista della Sicilia.

La difesa dell'isola era affidata alla 6. armata italjana, della quale i] generale Alfredo Guzzoni aveva assunto il comando il 30 maggio.

La grande unità comprendeva il Xll ed il XVI C.A., schierati rispettivamente ad ovest ed a est della congiungente Cefalù-Licata.

Per l'azione manovrata erano disporubili quattro divisioni di fanteria, solo una delle quali- la ''Livorno"- era autotrasponata, mentre le altre tre (''Aosta", "Assietta" e "Napoli") avevano in dotazione i mezzi per il trasporto di un solo battaglione. Dipendevano, almeno nominaimente, dal comando della 6• A. anche due divisioni tedesche, la 15' Panzergrenadieren ''Sizilien", costituita prevalentemente con elementi recuperati dal ord-Africa, e la ..Hermann Goring", fatta affluire durante il mese di giugno.

La difesa statica lungo il perimentro dell'isola era compito delle sei divisioni, due brigate ed un reggimento autonomo costieri, cui si aggiungevano le "difese porto" di Palermo e di Catania, affidate all'esercito.

Dal comando militare marittimo della Sicil ia dipendevano le piazze di Messina-Reggio Calabria, Augusta-Siracusa e Trapani.

I reparti costieri, del tutto privi di mobilità, erano costituiti quasi completamente da richiamati anziani, in gran parte originari dell'isola.

Tra essi erano inquadrati gli elementi d ella 12· (Messina) e della 13' (Palermo) legione della R. guardia di finanza destinati a concorrere alla difesa costiera, secondo i progetti di mobilitazione, spesso con il rinforzo di soldati posti alle dipendenze dei comandanti di brigata o di distaccamento.

Altri militari della R.G.F. erano impiegati dai comandi di difesa porto o di piazza militare marittima, o concorrevano alla vigilanza amiparacadutisti ed al presidio di opere stradali o ferroviarie.

356

L'importante concentramen to nei porti nord-africani di uomini e mezzi destinati all' invasione - la 7' armata americana del gen. Patton e 1'8' britannica del gen. Mon tgomery, riunite nel XV gruppo di armate al comando del gen. Alexand cr - non sfuggì alla ricognizione aerea italotedesca, anche se fino alla vigilia rimase incerta la direzione dell'attacco, se verso la Sardegna, la Sicilia oppure i Balcani.

Il 4 giugno l'autorità mil itare assunse i pieni poteri nelle provincie siciliane, dove peraltro rimasero al loro posto anche i prC:' fetti.

L'aviazione alleata, naturalmente, non allentò la pressione, ed il25 giugno una bomba esplosa nel cortile del comando legione di Messina distru sse definitivam ente la caserma. La stessa sorte subì, 1'8 luglio, la sede di diradamento del comando circolo di Catania, costretto a spostarSI ancora.

La flotta d'invasione fu avvistata nel pomeriggio del 9luglio, ed alle 19,30 il comando FF.AA. della Sicilia diramò lo stato di allarme.

All'l, 10 del 1O luglio fu decretato lo stato di e mergenza. in seguito al moltiplicarsi delle notizie di contatto con paracadutisti lanciati al tergo delle difese costiere. Queste cominciarono ad essere impegnate anche dal mare a partire da poco dopo le due del mattino, dapprima da pattuglie di "commandos", poi da regolari unità di fanteria.

All'estremità orientale della zona di sbarco britannica, che compre ndeva la cuspide sud-orie ntale dell'isola, a cavaliere di Capo Passero, i fanti della 231' brigata "Malta" vennero a contatto poco prima dell'alba con il CCXLIIl bauaglione d ella 206' divisione costie ra italiana, schierato sulla spiaggia di Marzamemi c co mprendente una postazione presidi ata da un nucleo di finanzieri al comando del marescia11o capo Giuseppe Magnani, che si difese accanitamente, fino all'esaurimento delle munizioni. Cadd ero l'appuntato Salvatore Scifo, mentre accorreva a dar man fo rte ai colleghi, ed il finanziere Giovanni Fidone, colpito da una bomba mentre riforniva il fucile mitragliatore az ionato dal comandante.

Furono sopraffatti anche i finan zie ri della brigata di Portulisse, che avevano aperto il fuoco di propria iniziativa, accortisi che la difesa non era emrata in funzione, con le loro due postazioni per fuci le mitragliatore prese tra i paracadutisti da terra ed i fanti sbarcati dal mare. Caddero il comandante, b rigadiere Lore nzo Greco, il finanziere Emanuele Giunta ed i finan zieri di mare Raffaele Bianca e Pietro Nuvoletta.

357

Nel mattino dellO le teste di sbarco erano ormai consolidate, e gli americani della 7' armata furono in grado, il giorno successivo, di respingere il contrattacco delle divisioni "Livorno" e "Goring" lungo la direttrice della valle del Salso.

Ebbe inizio da quel momento la sistematica occupazione dell'isola, conclusasi dopo trentanove giorni ill7 agosto, con l'entrata delle truppe americane in Messina.

La lotta era stata violentissima, ed aveva provocato la totale disarticolazione delle strutture militari e politico-amministrative siciliane, comprese quindi quelle teiTitoriali della R. guardia di fmanza.

Nei primi giorni dopo lo sbarco i finanzieri avevano seguito la sorte delle altre truppe comprese nel dispositivo di difesa costiera: coloro che non erano riusciti a sottrarsi alla cattura erano stati trasferiti nei campi di prigionia algerini, come era già accaduto per i componenti delle brigate di Pantelleria e di Lampedusa dopo la resa delle due guarnigioni.

Immediatamente dopo, entrò in funzione l'amministrazione militare alJeata per i territori occupati ("A.M.G.O.T.") che, secondo le previsioni della convenzione di Ginevra, utilizzò nell'interesse della popolazione civile anche le forze di polizia locali, le quali mantennero quind i intatte anche le loro strutture di comando.

Comi nciò così un rapporto di collaborazione con le autorità alleate tutt'altro che scevro di difficoltà, soprattutto nei primi tempi.

Le unità navali dislocate in Sicilia - quelle superstiti dopo la conclusione delle operazioni in Tunisia, dove erano andati perduti tutti i d ragamine della R.G.F. inizialmente di base nell'isola- in parte furono distrutte dai bombardamenti aerei, in parte si autoaffondarono per evitare la cattura ed alcune, quelle di crociera, riuscirono a trasferirsi nei porti dell'Italia Meridionale.

Furono affondate dall'equipaggio, nell'imminenza della caduta della città, le motobarche MB 28 e MB 29 di base a Siracusa, e la stessa sorte subirono la motobarca MB 7 e la pirobarca PB 9, autoaffondatesi il 30 luglio a Catania.

La pirobarca 11, ormeggiata nel porto di Messina accanto ad un pi-

358

roscafo tedesco carico di munizioni, fu disintegrata dallo scoppio del bastimento durante un'incursione aerea il 14 luglio.

Scomparve nel nulla anche la MB 12, ormeggiata a Trapani.

La motovedetta "Cotugno" lasciò Messina il 6 agosto per raggiugere Ischia con le altre unità del gruppo antisom della R. marina di cui faceva parte. La motovedetta "Marras", inquadrata nel sottogruppo antisom basato ad Augusta, nella notte dello sbarco era agli ormeggi in turno di riposo. Essendo imminente la caduta della base, il comandante aiutante di battaglia Antonio Tuscano ricevette l'ordine di affondare l'unità. Il sottufficiale decise invece di tentare la sorte, e riuscì a portare la motovedetta in salvo a Messina, dove si presentò al comando del 4° gruppo antisom, dal quale fu impiegato in un'intensa attività di scorta, pilotaggio e vigilanza antisommergibili nello stretto.

Nel solo mese di luglio, l'unità compì 22 missioni per209 ore di moto sostenendo anche due combattimenti contro aerei, finchè non fu affondata all'alba dellO agosto nell'ancoraggio di S. Agata presso Messina.

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Capitolo X

L'ARMISTIZIO l. '1isurt> in previsione dell'armibtizio: rimpatrio dci battap;lioni mobilitati c costituzione di unità speciali. - 2. La R. guardia di finanza ne i giorni preceden ti l'armistizio.- 3. Dislocazione dci r·eparti mobilitati all'8 ~>encmbrc 1943. 4. C li avvenimenti a Roma.- 5. Cii avvenimenti nell'Italia meridionale. - 6. Cii avvenimenti nell'ltalia centro-settentrionale.- 7. Cii avvenimenti al confine orientale. 8. Il comando R. guardia di finanza presso la comrni~~ione di armistizio in Fra n da.- 9.

La R.C.F. in Slo\enia, in OalmaziJ c in Montenegro.- l O. Il comando 'upcrrore R. guardia di finanza d'Albania. - Il. La R.C.F. in Grecia ed in Egeo.

l. Misure in previsione dell'armistizio: rimpatrio dci battaglioni mobilitati e costituzione di unità speciali.

l disastro militare provocò la caduta del regime fascista e la nomima del governo "tecnico" del maresciallo Badoglio, la cui azione ebbe come obietti vo immediato l'uscita del Paese da un conflitto che non presentava più alcuna ragionevole prospettiva di esito favorevole.

I

Le trattative aperte a tale scopo con gli alleati furono caratterizzate, com'è noto, dalla massima segretezza, d eterminata dalla preoccupazione delle possibili reazioni da parte tedesca.

Queste non tardarono a pre nder forma fin dal mattin o del 26 luglio 1943, allorchè unità corazzate si presentarono al valico del Brennero in formazione di combattimento e senza preavviso, d ando inizio a quella che poi fu nota come la prima fase del piano "Alarico", diretta ad "incapsu lare" le forze italiane, a premessa del loro successivo disarmo ed internamento.

Le contromisure da parte italiana (245) si concretarono nel tentativo di costitui re complessi di forze mobili, destinati a prevenire la minaccia in corrispondenza di quelli che furono individuati come i punti vitali del sistema difensivo: (245) U.S.S.M.E.- ~Le oper:l?ioni delle unità italiane nel sencmbre-ottohrc 1943"- Roma, 1975, pag. 34.

361

l'Alto Adige, settore nevralgico delle comunicazion i avversarie; la front iera orientale, aperta all a duplice offesa tedesca e d ei partigiani jugoslavi; la zona di La Spezia, sede della flotta da battaglia; l'area di Roma, cuore politico e militare dello Stato.

Per la realizzazione del progetto era indispensabile il rientro del maggior numero possibile di uni tà dai territori di occupazione, concordandone la sostituzione con i comandi tedeschi. Ciò si tentò di fare con una seri e di contatti tra i due comandi supremi, in realtà con modesti risultati. Soltanto ill S agosto, nell'incontro svoltosi a Casalecchio di Reno, si ottenne infatti il consenso germanico al rimpatrio di alcune divisioni dalla Jugoslavia e della 4• armata stanziata in Francia.

Sempre allo scopo di recuperare forze di manovra in vista di un possibile conflitto italo-tedesco, il comando supremo ten tò anche di ridurre l'impegno d ci reparti dell'esercito nei servizi per il mantenimento dell'ordin e pubblico, particolarmente gravosi per il clima di tensione politica d eterm inato dalla caduta del fascismo e per l'inaffidabilità, per ovvie ragioni, di un a delle forze - la milizia volontaria per la sicurezza nazionale - destinate in via principale ad assolvere tale com pito nella preced ente struttura.

IJ concorso dell a R. guardia di finan za al "servizio O.P.'' era stato fino ad allora limitato a modesti contingenti forniti dai comandi locali arichiesta delle questure o dei comandi militari, soprattutto in occasione di incursioni aeree particolarmente gravi. Soltanto una co mpagnia fucilieri, inquadrata nella scuola sottuffi ciali del Lido di Ostia, era tenu ta dalla primavera a di sposizione del corpo d'armata di Roma per tale esigenza specifica; analogo impiego era previsto per la scuola di Predazzo, alle dipendenze del XXXV C.A..

Il 26 agosto fu però richiesta al comando generale del Corpo la costituzione di battaglioni mobili, con organici ed armamento analoghi a quelli dei corri spond enti reparti dei Reali carabinieri (246).

(246) Il battaglione mobile CC.RR., nell'agosto 1943, comprendeva: - comando battaglione; - 2 compagnie fucilieri, ciascuna su quauro plotoni di quattro squadre; - l compagnia armi d'accompagnamento, su un plotone mortai da 81, un plotone cannoni cc. da 47/ 32, un plotone lanciafiamme, cia~cuno su quattro bquadre; - l compag ma mezzi corazzati, su un ploto ne au toblindo ed un plotone carri leggeri, ciascuno su quattro mezzi.

In totale, il battaglione conta\ a 15 ufficiali, 50 sonufficiali c 330 militari di truppa.

362

La formazione di reparti del genere, oltre a costituire una novità assoluta per la R.G.F., che non aveva mai avuto in dotazione mezzi corazzati, incontrava un limite pressocchè insuperabile nell'assoluta indisponibilità di personale.

Al28 agosto 1943 la R. guardia di finanza presentava infatti la seguente situazione-forza (24 7): Permanenti Richiamati Totale

Forza complessiva

32.481

18.652

51.133

Difesa costiera e protezione impianti .............. .

Btg. mobilitati .................... .

A dispos. CIAF ................... .

A disp. Miproguerra ............. .

5.487 7.773 1.082 160

10.665 1.095

16.143 8.868 1.082 160

Totale forza impiegata in compiti bellici .................. .

14.493

11.760

26.253

Per il servizio d'istituto- che, occorre ricordarlo, comprendeva anche attività quali il concorso al mantenimento dell'ordine pubblico e la polizia economica, direttamente connesse allo stato di guerra- rimanevano dunque disponibili 24.880 unità, per circa un terzo richiamati, ritenute appena sufficienti.

Scartata l'ipotesi di un ricorso ai reparti d'istruzione, i quali fungevano da serbatoio per il ripianamepto delle perdite dei battaglioni mobilitati, il comando generale collegò la possibilità di accogliere la richiesta del ministero della guerra al rimpatrio di una parte delle unità dislocate nei territori d'occupazione.

Si sarebbe così messo insieme un contingente di 3.529 uomini, sufficienti per costituire una diecina di battaglioni mobili.

In un colloquio svoltosi il27 agosto tra il gen. Massone ed il ten.col. Moricca (248), addetto al gabinetto del ministro, era stata infatti concordata per i reparti in questione una struttura più leggera di quella (24 7) Pro-memoria del Comandante Gene•·ale della R. Guard ia di Finanza in data 28 agosto l 943 - Doc. n. 86.

(248) Pro-memoria manoscritto in data 30.8.1943- Doc. n. 87.

363

adottata per i battaglioni CC.RR.. Le compagnie fucilieri avrebbero infatti avuto due o tre plotoni, ciascuno su due squadre, come pure il pl otone mortai della cp. armi d'accompagnamento.

Ogni squadra avrebbe dovuto essere dotata di uno o du e fucili mitragliatori, mentre i fucilieri avrebbero avuto il moschetto automatico "Beretta", allora in corso di distribuzione alle truppe speciali ed alle forze di polizia.

n tema del rimpatrio dei battaglioni mobilitati fu ripreso, nello stesso giorno 27 agosto, dal ministro delle finanze Bartolini con il capo del governo. Al termine del colloquio il ministro annotò: "Il Maresciallo Badoglio ha preso atto d el presente promemoria.

Necessita interessare l'autorità militare perch è sia disposto il rientro in Italia almeno di parte (buona parte) dei battaglioni dislocati al di là delle fronti ere. Darne comunicazione alle autorità militari e della R.G.F." (249).

Tre giorni dopo il ministero d ella guerra- gabinetto- dava notizia della costituzione di "centri di addestramento" presso l'accademia, la legione allievi e la scuola sottufficiali, tutte nell'area d ella capitale (250).

Il4 settembre il corpo d'armata di Roma ordinava il distacco presso ciascun centro di un nucleo di istruttori da trarre dai due reggimenti "Granatieri di Sardegna", dall3oartiglieria, dal4orgt. fanteria carrista e dal reggimento chimico militare. Il giorno successivo lo S.M.R.E. diede le disposizioni per la consegna delle armi speciali, dei carri armati e delle autoblindo.

Il2 settembre lo stesso ministero aveva fatto presente allo S.M.R.E. -ufficio operazioni -la necessità di ordinare il rimpatrio di alcuni battaglioni della R.G.F., così come era già stato disposto per otto analoghe unità dei CC.RR. dislocate nei Balcani (251 ).

L'ordine di precedenza era quello proposto dal comando generale e riguardava i sei battaglioni stanziati in Grecia ed uno dei due presen(249) Pro-memoria in dam 27.8.43 - Doc. n. 88.

(250) Min.Gucrra - Gabinetto- f. 154027/ 121.11.8 Segreto del 31.8.1943 - Doc. n. 89.

(25 1) Ministero della Guerra - Gabinetto - f. 154055/ 121.1 1.8. del 2.9.1943 - Doc. n. 90.

364

ti in Montenegro. Sarebbe anche stata esaminata la possibilità di ridurre il contingente della R. guardia di finanza d'Albania.

Negli ultimi giorni d'agosto fu pure definita una questione di importanza vitale, vista la piega che andavano prendendo gli avvenimenti.

Si trattava infatti di determinare, in maniera chiara ed inequivocabile, l'atteggiamento che i comandi ed i reparti avrebbero dovuto assumere qualora fossero venuti a trovarsi in territorio occupato dal nemico.

La situazione non era nuova, ed aveva riguardato, come si è visto, i reparti dislocati in Africa Orientale e, più di recente, le due legioni siciliane.

In entrambi i casi, i comandi della R.G.F., come quelli delle altre forze di polizia, erano rimasti in posto ed avevano continuato ad assolvere i compiti d'istituto finchè ciò era stato consentito dalla potenza occupante. Era un comportamento esplicitamente previsto dall'art. 56 della legge di guerra (R.D. 8luglio 1938, nr. 1415) e corrispondeva ad un'evidente interesse della popolazione civile, le cui esigenze di tutela erano da ritenersi prevalenti rispetto al dato negativo dell'indiretta collaborazione che, in tal modo, veniva fornita al nemico.

Le disposizioni furono diramate dal comando generale- ufficio segreteria- con la circolare nr. 897/ R. O. del28 agosto, dopo aver ricevuto l'approvazione esplicita del Maresciallo Badoglio, cui furono esposte dal ministro Bartolini, probabilmente nel colloquio svoltosi il giorno precedente a proposito del rimpatrio dei battaglioni mobilati. (253) In sintesi, veniva stabilito che: le aliquote poste a disposizione del R. esercito avrebbero conservato in ogni caso le dipendenze operative previste, ed avrebbero quindi eseguito gli ordini conseguenti; i reparti addetti al servizio d'istituto dovevano rimanere a qualunque costo nelle sedi loro assegnate, salvo ordini superiori; se per gli eventi bellici si fossero trovati ad immediato contatto con il nemico, gli stessi reparti avrebbero continuato a disimpegnare i loro compiti compreso il concorso al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica.

(252) Doc. n. 91.

(253) Relazione del Col. Attilio formato.

365

I comandi di legione dovevano, da subito, determinare il n umero e l'inquadramento del personale ritenuto indispensabile per i servizi d'istituto da lasciare in posto, mentre i militari esuberanti avrebbero dovuto essere raccolti in reparti d i formazione da costituire al tergo della linea di contatto, e da mettere a disposizione dell'autorità militare.

La cir colare 897/ R. O. ebbe un'importanza fondamentale nell'ori entare l'azione dei comandanti nei giorni successivi all'armistizio, e nel determinare le scelte personali che i finanzieri doveuero compiere, comc tutti gli appartenen ti alle forze armate. Le disposizioni in essa contenute conseguirono indubbiamente lo scopo di assicurare la sopravvivenza dell'istituzione, che rimase integra mentre le strutture politiche e militari dello stato si dissolvevano.

2. La R. guardia di finanza nei giorni precedenti l'armistizio.

Il progetto di costituzione di unità corazzate della R. guardia di finanza, che avrebbe consentito di sottrarre all'internamento circa un terzo delle forze dislocate oltre confine, non ebbe segui to, travolto come fu dagli avvenimenti successivi alla firma dell'armistizio con gli anglo-americani, avvenuta a Cassibile il 3 settembre.

I "quarantacinque giorni" del governo Badoglio erano intanto trascorsi senza apprezzabil i contraccolpi per la coesione interna del Corpo, ma in un clima di grande apprensione per il futuro prossimo.

L'offesa aerea alleata fu particolarmente intensa sulle città del "triangolo industriale": 1'8 agosto fu colpita Genova ed il 17 Torino, mentre ill 3 e poi ill6 Milano dovette subire i piLl intensi bombardamenti dall'inizio della guerra. La caserma di via Melchiorre Gioia fu scm idistrutta e per un giorno e mezzo i] comando generale rim ase privo di notizie d al capoluogo lombardo, fi no a quando il comandante della legione, coL Malgcri, non riuscì a telefonare a Roma portandosi presso la sed e d el comando d el circolo di Pavia. Ma in tutto il paese la situazione era ormai drammatica. Alle 13,30 d el 4 agosto, a Napoli, era stata devastata la zona tra S.Lucia ed il Rettifìl o ed era andato di strutto l'inter o lato ovest d ella caserma "Zanzur". Fu nu ovamente colpita Livorn o, dove la caserma "Marzocco" nella zona del porto dovettte essere sgombrata, ed il31 agosto Pisa. In quasi tutte le sedi di comandi si era provveduto a d ecentrare le attività logistiche ed amministrative, in modo da ridurre al minimo in d ispensabile la forza presente in città.

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Era ormai generalizzata la sensazione di essere alla vigilia di avvenimenti gravi e si diffondeva la preoccupazione per la crescente presenza di forze tedesche in ogni angolo del Paese (254 ).

3. Dislocazione dei reparti mobilitati all'8 settembre 1943.

Alla vigilia dell'armistizio, la dislocazione dei reparti mobilitati della R. guardia di finanza era la seguente: a. nella zona di competenza della 4' armata:

(l) btg. di Annemasse (t.col. Umberto Brozzetti); - compagnie di Thonon, Annemasse, Samoens; (2) btg. di Nizza (t.col. Nicolò Moscato); -compagnie di Tolone, Nizza, Ajaccio (dipendente, ai fini militari, dal comando FF.AA. della Corsica); i due battaglioni dipendevano, ai fini disciplinari, amministrativi e per il servizio di controllo armistiziale da un "Comando R.G.F. della C.I.A.F." con sede a Torino (255). b. nella zona di competenza della Z armata (comando Superiore FF.AA. della Slovenia e della Dalmazia):

(l) comando R.G.F. della provincia di Lubiana (t.col. Gaetano Polizzi): (a) IX btg. (magg. Raffaello Tani, Novo Mesto) ; - compagnie di Novo Mesto, Crnomelj, Kocevje; (b) X btg. ( magg. Francesco Caviglioli, Lubiana): - compagnie di Lubiana, Trebnje, Vrnika; (2) comando R.G.F. della Dalmazia (col. Gaetano Simoni, Zara): (a) IV btg. (magg. Aldo Duce, Spalato): - compagnie di Spalato (1' e 3•) e di Lissa; (b) XI btg. (t.col. Luigi Villani, Zara): - compagnie di Zara, Zaravecchia, Sebenico; (254) Si veda ad esempio il foglio del comando V Zona R.G.F. di Trieste- Doc. n. 92 (255) 11 comando era retto interinalmente dal t.col. Brozzctti, poichè il t.col.i.g.s. Gaetano Polizzi, destinato a succedere al col. Giuseppe Maggio, era ancora a Lubiana.

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(c) XIV btg (t.col. Corradino Giummo, Ragusa): - compagnie di J anjina, Ragusa, Curzola; (d) compagnia autonoma di Cerquenizza (cap. Eugenio Bernasconi); (e) stazione naviglio di Spalato (cap. Orlando Galante), dipendente ai fini militari dal Comando Militare Marittimo della Dalmazia; c. Nella zona di competenza della 9' armata (comando superiore FFAA. dell'Albania) (256):

(l) comando R.G.F. del Montenegro (t.col. Vittorio Cagianelli, Cettigne): (a) II btg. (magg. Francesco Parrinello, Podgorica): - compagnie di Cettigne, Podgorica, Antivari, Niksic; (b) VI btg. (magg.Annibale Lanzetta, Berane): - compagnie di Plevlje, Berane, Priepolje; (c) compagnia autonoma di Cattaro (già 4·;xrv, cap. Nino Secci) (257); (2) comando R.G.F. dell'Albania (gen.B. Michele Di Gaetano, Tirana): (a) legione di Tirana (col. Enrico Palandri): - battaglioni di Tirana, Valona, Argirocastro, Korçe; - stazione naviglio di Valona; (h) legione di Scutari (col. AJessandro Demichelis) - battaglioni di Scutari, Durazzo, Dibra; - stazione naviglio di Durazzo; (c) III btg: (magg. Giorgio Viarengo, Tetovo): (d) VII h tg. ( cap.i.g.s. Dionisio Salvo, Prizren): - compagnie di Prizren, Ferizai, Pristina; (256) Nel luglio 1943 il "comando FF.AA.del .Monte negro" aveva riassunto la denominazione originaria di XIV C.A. ed era tornato alle dipendenze del comando d ella 9' armata (257) Dipendente, per il servizio d'istituto, dal comando R.C.F. della Dalmazia.

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C. do R.G.F. Prov

IX Btg. Lubian

• X Btg. Novo Me

C.do R.G.

IV Btg. XI Btg. XIV Btg Cp. aut Staz . Na'

C.do R.G . F.

C.I . A.F.

Btg. Nizza

. Btg. Annemasse

... . . .. -: -~,

·

C ettigne' Scutar

C.do R.G I Btg. V Btg.

VIII Il XII Bt XIII Il

XVI Bt

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DISLOCAZIO."JE DEl BATTAGLIONI ALL'8 SETTEMBl

•i.ncia Lubiana

la

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F. Dalmazia Spalato Zar a . Ragusa on. Cerquenizza viglio Spalato C.do R.G.F. Montenegro II Btg. Cettigne VI Btg. Berane Cp. autonoma Cattaro

ri

C.do R. G.F. Albania Leg. Tirana (4 btg) Leg. Scutari (3 btg) III Btg. Tetovo VII Btg. Prizren XV Btg. Peja

:.F. Grecia Corfù Patrasso

ltg. Gianina ~~~~~~~~~~~ :g. Tripolis ltg . Lamia :g. Creta

MOB ILITATI DELLA R.G.F.

RE 1943.

C.do R.G.F. Egeo Cp. Isole Ital. Egeo - Rodi Cp. Isole Greche Egeo - Syno

(e) XV btg. (magg. Antonio Frattasio, Peja): - compagnie di Peja, Tutin, Bijelo Polij c;

d. Nella zona di competenza dell'li" armata (comando supen·ore FF.AA. della Grecia): comando R.C.F. della Grecia (col. Lauro Sinicato, Atene):

(l) I btg. ( cap.i.g.s. Luigi Bernard, Corfù): - compag:nie di Corfù (l. e 3·), S. Maur~ Cefalonia, Zante; (2) VIli btg. (magg. Guglielmo Bernardi, J anina): - compagnie di Janina, Arta, Agrinion; (3) XID btg. (t.col. Alessandro Modugno, Lamia): - compagnie di Lamia, Volos, Kalkis; (4) V btg (magg. Ilario Muscetta, Patrasso) (258): - compagnie di Patrasso, Nauplia, Corinto; (5) XII btg. (magg. Antonio Cutillo, Tripolis): - compagnie di Kalamata, Cythcon, Tripoli ~; (6) XVI btg. (magg. Sebastiano Scirè, Kandras - Creta): - compagnie di Kandras (l• e 2") c lerapetra (3 '); e. Nella zona di competenza del comando superiore FFAA. dell'Egeo:

comando R.C.F. dell'Egeo (cap. i.g.s. Gaetano Rubino, Rodi): ( l ) compagn ia mobilitata delle isole italiane dell'Egeo (cap. Carlo Salvato, Rodi); (2) compagni a mobilitata delle isole greche dell'Egeo ( ten. i. g. s. Enzo Duchi, Sy ra).

Come si "cdc, nate le unità mobilitate,- per una forza complessiva di circa diecimila uomin i, tra i quali un migliaio di richiamati- erano dislocate fuori dci confini del Regno precedenti al 1940. All'interno, alle dipendenze dei cinque comand i di zona (259), operavano le legioni territoriali, due delle quali- Messina e Palermo- si trovavano ormai in territorio occupato dal nemico.

(258) Il com.tndo del V btg. rra ~tato trasfento da 'Xilocastrou a Patrasso il 14 ago,to (259) I comandi di zona, come ~i ricorderà, <'rano ubicati a Genova (geti. Carlo Vinay), Venezia (gt•n. Arturo Cerrato), Trie;te (gt•n. Giuseppe Bagordo), Firenze (g<'n. Riccardo Conti), Napoli. (gen. Filippo Crimt).

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Tra i reparti di istruzione, l'accad em ia e la scuola sottufficiali disponevano soltanto dei quadri permanenti, essendo gli allievi in licenza, mentre la legione allievi, con i due battaglioni di Roma, la scuo la alpina di Predazzo e la scuola nautica di Pola, era impegnata nell'addestramento del personale destinato a tenere a numero i battaglioni mobilitati e gli equipaggi del naviglio.

4. Gli avvenimenti a Roma.

La conclusione dell'armistizio fu resa nota dal proclama del maresciallo Badoglio, radiodiffuso dalle stazioni dcl1'E.l.A.R. la sera dell'8 settembre 1943.

Immed iatamente dopo le forze tedesche, in Italia e nei territori d'occupazione, diedero corso alla seconda fase del piano "Aiarico", consistente nel disarmo e nell' internamento delk truppe e ne1Ja presa di possesso dci punti nodali del sistema militare italiano. In qu ello che fu il principale teatro del breviss imo conflitto che ne seguì -l'area di Romala R. guardia d i finanza disponeva in tutto di 2.600 uomini, di cui soltanto 1.400 disponibili per effettivo impiego operativo, compresi circa 300 permanenteme nte adibiti ai servizi di guardia per la protezione di impianti e comun icazioni (260).

Tale forza era ripartita tra la legione territoriale di Roma, l'accademia, la legione allievi e la scuola sottufficiali del Lido di Ostia. Qu est'ultima dipendeva per l'impiego dal comando della 220· divisione costiera, responsabile della difesa del litorale laziale dalla foce del Ch iarone a quella del t. Astura, ed inqu adrata nel XVfl corpo d'armata.

Come si è già detto, nell a scuola era presente soltanto una pi ccola aliquota di personale permanente e qualche all ievo rimandato agli esami di fine corso, neppure quanto occorreva per attuare il piano di difesa della caserma.

In situazione più o meno analoga si trovavano gli altri reparti dislocati nel centro urbano, a disposizio ne del Corpo d'armata di Roma, al quale era affidata la difesa interna della capitale.

Nella stessa sera d ell'8 elementi della 2· divisione paracadutisti germanica, provenienti d all'aeroporto di Pratica di Mare, eliminarono le (260) USSM E " Le operazioni de l!t- unità italiane ne l sett e mbre-ottobre l 943" Roma 1975pag. 97.

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postazioni della 220• divisione costiera tra Nettuno e Fregene, praticamente senza incontrare resistenza.

Verso le 22,30 le ronde della scuola sottufficiali sentirono rumori sospetti provenire dal vicino edificio del collegio "IV Novembre" già della G.I.L. e sede di un centro di addestramento deUa R. aeronautica, ai quali seguirono inviti a non sparare gridati in italiano.

Subito dopo, in perfetto silenzio, i paracadutisti tedeschi scavalcarono il muro di cinta della caserma, e prima ancora di potersi rendere conto di quanto stava accadendo, il comandante ten.col.Lionti, sei ufficiali ed una quarantina tra sottufficiali e finanzieri si trovarono raccolti nel teatro d ella scuol a, da dove gli ufficiali furono poco dopo trasferiti a Castel Porziano e poi nel collegio "IV Novembre" dove vennero raccolti tutti gli ufficiali rastrellati lungo il litorale.

A richiesta del comandante tedesco e per ordine del ten.col. Lionti, in caserma rimase il capitano Enzo Stanzani, con il compito di fare il possibile per evitare danni ai materiali e, se vi fosse riuscito, di distruggere i documenti riservati, ciò che non era stato possibile fare per la fulmineità dell'azione nem ica.

Il mattino dopo, il comandante tedesco riunì i sottufficiali ed i finanzieri e comunicò loro che erano liberi di tornare alle proprie case, essendo le forze armate italiane ormai disciolte.

Stanzani si fece avanti, ricordò agli uomini il dovere di attenersi alle leggi dell'onore militare ed ordinò di non tener conto delle parole dell'ufficiale ne mico, e di raggiungere con ogni mezzo i reparti del Corpo a Roma. Comandò quindi il "saluto al re", al qu ale i finanzieri risposero con commozione. I tedeschi non reagirono, e si limitarono a condurre anche il capitano al "IV novembre" (261 ).

La sorte d ei dife nsori della capitale era già segnata, tanto ch e alle 5,15 di quello stesso giorno 9lo S..M.R.E., preso atto che la situazione era tale da escludere una resistenza prolungata contro le truppe tedesche, ordinava il trasferimento nella zona di Tivoli di tutte le unità impegnate nella difesa di Roma, le quali passavano contestualmente agli ordini del comandante del corpo d'armata motocorazzato.

(261) Relazione del capitano Enzo Stanzani in data 20 agosto 1944 e del capitano Guido Tela in data 31 luglio 1944.

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In città avrebbero dovuto rimanere soltanto i reparti delle forze di polizia per il mantenimento dell'ordine.

In realtà i combattimenti intorno alla città, c poi nella periferia occidentale, ebbero termine soltanto nel pomeriggio del l O, allorchè entrò in vigore una tregua tra il comando tedesco e quello della divisione ··centauro" delegato dal comando del corpo d'armata motocorazzato.

La R. guardia di finanza, che non disponeva nella capitale di repar-

ti mobili, non ebbe modo di partecipare ai combattimenti.

Nelle singole caserme si attuarono i progetti di difesa, e fu assicurata la protez ione degli edifi ci del ministero delle finanze, della banca d'halia~ d ella zecca e dell'istituto poligrafico delle stato.

In accordo con il comando tedesco, intanto, veniva costituito il "'Comando Militare d ella Città aperta di Roma", di cui assumeva la responsabilità il comandante dellla "Centauro", gen. Cah-i di Bergolo.

I repa rti dei CC.RR., della R.C.F., deJJa polizia dell'Africa italiana c dci metropolitani furono posti alle dipendenze di un "Comando Forze di Polizia deJia Città aperta", affidato al tenente generale Riccardo :\larafia della P.A.I., subordinato al comando militare del gen. Calvi.

5. Gli avvenimenti nell'Italia meridionale.

In tu tta l'Italia meridionale, zona di competenza della 7' armata italiana, su lle vicende del conflitto italo-tcdcsco influì in misura determinante la massiccia presenza di forze anglo-americane (già a contatto in Calabria al momento dell'armistizio e ~barcate nella notte sul 9 settembre a Sa lerno ed il giorno successivo a Taranto), cui corrispondeva !.' evidente intenzione tedesca di attuare una manovra in ritirata per portare rapidamente le proprie truppe a nord della congiungente ~apoli­ Pcscara.

Neppure in tale siwazionc complei.isivamente favorevole, tuttavia, il comando italiano riuscì a dar \'ita ad una resistenza organizzata, bencht> nel tardo pomeriggio del 1O settembre avessero ripreso a funzionare da Brindisi, sia pure in modo precario, il governo ed il comando supremo.

La Campania fu teatro. fino al pomerip:gio dell' 11, di scontri epi!:iodici, spesso caratterizzati da manifestazioni di valore da parte italiana,<'

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sempre da estrema decisione da quella dei tedeschi, i quali, come a Kola ed a Castellammare di Stabia, non esitarono a fucilare dopo la cattura gli ufficiali che avevano diretto la difesa.

Il 12 settembre, domenica~ il colonnello Scholl, assunte le funzioni di comandante militare della città di Napo14 emanò un bando che imponeva, tra l'altro, la consegna di qualsiasi arma ed ordigno di uso bellico.

Nel pomeriggio, le truppe ai suoi ordini diedero inizio al sistematico rastrellamento della zona compresa tra il porto ed i quartieri a monte del Rettifilo, penetrando tra l'altro nella caserma "Zanzu r", dove si trovavano pochi militari con un tenente. Costoro, disarmati, furono costretti a raggi ungere la vicina Piazza della Borsa per assistere alla fucilazione dei finanzieri Salvatore Spiridigliozzi- in attesa della nomina a sotto brigadiere, sorpreso dagli avvenimenti a Napoli mentre era in viaggio per raggiungere l'VIII btg. mobi litato - e Ludovico Papini, meccanico dell'a utorimessa legionale. l due, sorpresi poco prima da una pattuglia tedesca nelle vicinanze della caserma, e trovati in possesso di una pistola e di alcune bombe a mano, furono uccisi a colpi di mitragliatrice sulla scalinata del palazzo della Borsa, insieme a due marinai, davanti ad una folla di civili pre levati a forza dalle case circostanti.

NcJ corso degli scon tri immediatamente successivi alla proclamazione dell'armistizio era caduto anche il finanziere Vincenzo Lisa, fucilato con un gruppo di ostaggi a Castelvolturno il 9 settembre.

Fu invece coronata rla successo la resistenza opposta dai reparti dislocati in Puglia, dove i tedeschi si affretlarono a ritirarsi verso nord per non farsi agganciare dalle truppe dell' 8 armata britannica sbarcate a Taranto.

Alle 11 del9 settem bre un drappdlo di guastatori entrò di sorpresa nel porto di Bari passa ndo attraverso l'edificio della dogana dove stabilì una base d'appoggio, e cominciò a di~ porre cariche esplosive sulle banchine e sulle navi agli ormeggi. l finan zieri Francesco Zappalà e Sa h atore Canale aprirono il fuoco con i loro moschetti. mentre il finanzit=>rc \1ichele \1angiatordi correva a dar l'allarme nella vicina caserma del comando di circolo. Qui si raccoglievano l S finanzieri al comando del maresciallo maggiore Cesare Strada, ai quali si aggiungevano circa quaranta lcgiouari ed alcuni marinai c

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soldati del9" reggimento genio, sopraggiunti con il generale Nicola Bellomo, comand ante della XII zona della milizia.

Bellom o portò i suoi uomini all'attacco per due volte, alle 13,45 ed alle 15, costringendo i tedeschi ad interrompere il minamento del porto e ad asserragliarsi nella dogana. Al secondo attacco partecipò un altro gruppo di finanzieri, sopraggiunti con il tenente Antonio Dell o Russo.

Lo scontro ebbe termine alle ore 17,30 allorchè i tedeschi furono lasciati liberi di allontanarsi in virtù di un accordo concluso dal comando del IX C.A. Nell'azione cadde il fmanziere Luigi Partipilo (262).

Anche la ritirata delle retroguardie germanich e lungo le strade dell'Italia Meridionale fu punteggiata di scontri.

Je) pome riggio d el 21 settembre, a Matera, il tenente Prospero Gian grasso ed un brigad iere, co n alcuni sold ati, intervennero contro militari tedeschi in tenti a svaligiare una gioielleria, uccid endone uno. La reazione germanica non si fece attendere, e si verificarono nelle vie della città una serie di conflitti a fuoco, ai quali parteciparono numerosi finanzieri al comando delten. Giangrasso e del s.ten. Cavacece, costretti alla fine ad asserragliarsi nella caserma del comando di tenenza, dove resistettero fino a quando, all'imbrunire, i tedeschi non preferirono allontanarsi. Cadde il finanziere Vincenzo Rutiglia no.

Anche in Sardegna lo sgom bero delle unità germaniche non avvenne senza contras to. I finanzieri &ostennero scontri a fuoco nei pressi di Olbia ed a La Maddalena, mentre il dragamine «RD 28" parteci pò attivamC'nte alle az ioni navali per la difesa della base e per l'interd izione del traffico ne mico verso la Corsica.

6. Gli avvenimenti nell'Italia centro-settentrionale.

Nelle regioni a nord di Roma la resistenza d elle unità italiane ebbe caratte re episodico.

Lungo la costa tirre nica, il presidio di Piombin o respinse la sera del9 settembre un tentativo di sbarco da parte di alcune motozattere tedesche; all'azione concorse la squadra di finanzieri in servizio di difesa (262) - USSM E - "Le operazioni delle unità italiane, ccc.~ - pag. 228.

- LSS \1M - "La l\larina dall'H ~cucmbre alla fine del confliuo"- pa~. 248.

- C.OLI VA - Op.cit., pag. 99.

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costiera al porto vecchio. Il mattino successivo fu però consentito l'ormeggio a due unità germaniche che avevano chiestO di entrare in porto per rifornirsi; gli equ ipaggi, rimasti inattivi per tutta la giornata, dopo le 22 attaccarono di sorpresa le postazioni italiane, mentre in porto e ntravano un cacciatorpediniere ed alcune siluranti. Seguì un combattimento generale al termin e d el quale, verso le tre del mattino, i tedeschi furono costretti a reimbarcarsi ed a prendere il largo, lasciando a terra oltre un centinaio dì morti e 300 prigionieri. Cadde il sottobrigadiere Vincenzo Rosano e furono feriti il comandante della compagnia R.G.F. ed il sottobrigadiere Boragine.

A Livorno, come del resto un pò dovunque, la situazione rimase incerta per tutto il giorno 9, trascorso nella vana attesa di ordini da parte dei comandi militari. Alle 13 il comandante del circolo, ten.col. Oliviero, fu raggiunto da un fin anzi ere della brigata di Calafuria, inviato dal comandante per avvertire che un reparto ted esco si era presentato davanti alla caserma, ed il so uufficiale che lo comandava aveva fatto sapere di essere in attesa dell'ord in e di di sarmare e ca lturarc i nostri militari. 11 comando della co mpagnia cosùera dal quale la brigata dipendeva per l'impiego si era dissolto.

Il ten.col. Oliviero armò un autocarro con un sottufficiale ed otto finanzie ri e raggiunse Calafuria, dove constatò che gli stessi tedeschi erano incerti ed attendevano ordini.

Dopo aver ch iarito con il comandante avversario le fun zioni del personale della R.G.F., ed impartite, ad ogn i bu on conto, le istruzioni pe r la difesa della caserma, l' ufficiale tornò a Livorn o, ma presso Piazza Mazzin i dovette sostenere uno scontro a fuoco contro una pattuglia ted esca, nel corso d ella quale cadd e il finanziere Mario Guidell i, mentre il maresciallo maggiore Gaetano Russo, comandante della brigata di Calate, fu ferito gravemente e deced ette la sera del l O (263).

Le forze german iche presero possesso del porto e della città nel pomeriggio dell Osettembre, ed altrettanto avvenne a Firenze, dove un reparto ·di finanzieri al comando di un ufficiale assicurò la protez io ne della sede del comando del corpo d'armata in piazza S. Marco, ritirandosi solo dopo lo scioglimento dello stesso co mando.

La sera dell'l l le unità del "Gruppo d'Armate B" agli ordini del (263) Rclazioue d l'l t('n.c-ol. C iovanni Olivicro in data 16. 1 1.1944.

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feldmaresciallo Rommel avevano assunto il controllo dell'Italia nordoccidentale, occupando senza troppa difficoltà le città del "triangolo industriale". l comandi della R. guardia di finanza si attennero alle direttive contenute nella circolare n. 897/ R. O. del28 agosto, ribadite dal comandante della zona di Geuova, gen. Vinay, con un telegramma diramato la mattina del 9 settembrE'.

Comandi e reparti rimasero quasi integralmente ai loro posti e furono pochissimi i militari che c;i allontanarono arbitrariamente; quasi tutti comunque tornarono nei giorni successivi, appena la situazione fu chiarita.

Dopo ore drammatiche, in cui inutilmente si attesero direttive dalle autorità centrali e dai comandi militari territoriali, nelle varie città le autorità di polizia si accordarono per adottare misnre per il mantenimento dell'ordine pubblico, costituendo anche organi di comando comuni. I tedeschi, dopo qualche incertezza iniziale, riconobbero la qualità di appartenenti all e forze di polizia ai carabinieri cd ai finanzieri, lasciando loro armi, uniformi c caserme.

La mattina del 9 unità germaniche occuparono il porto di CenO\ a, disarmando i finanzieri ed occupando le caserme di S. Benigno e del Molo Giano, dove si impadronirono anche delle unità e dci materiali della stazione naviglio. Più tardi un ufficiale della " Kricgsmarine" si presentò al comando di legione nella caserma "S. Giorgio'' per prenderne possesso c ritirare la armi, ma in tal e occasione si venne ad un chiarimento circa la posizione dei militari della R.G.F. e fu così ottenuta la restituzione anche delle armi prelevate nelle altre caserme (264 ).

Nel pomeriggio de l giorno successi\'o. per iniziativa del prefetto, si costituì con il consenso tedesco una direzione unica dei servizi di ordine pubblico, ai quali la R.C .F. concorse costituendo otto posti di blocco e se i pattuglioni notturni, oltre a tenere un'aliquota di ri serva di 70 uomini a dispozione della Questu1·a. Nelle altre sedi della Liguria non si verificarono incidenti, tranne che a Mentone, dove i tedeschi si affrettarono a cons ide rare decaduta l'autorità italiana ed internarono come prigionieri i carabinieri ed i finanzieri, consentendone però il ritorno in Italia dopo qualche giorno.

(264) Il9 seuembre una pattugha 111 perlustrazione ~ulla 'i>"'rf:tia d t Yohn reagì alla intim<t;iout• di disarmo da parte di un rt'l>ariO tedesco: nel confliuo ~cguuone rima>c gravemente feriw l'appuntato Antonio Fontana.

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Anche a Torino, dopo la resa della città, l'ufficiale della Wehrmacht presentatosi alla caserma di corso IV Novembre per prendcrne possesso si allontanò senza fare obiezioni dopo che il ten.col. Bcraldi, comandante del nucleo p.t.i. gli ebbe chiarito la qualità degli appartenenti alla

R.G.F. A \<1ilano, il colonnello Malgeri tentò inutilmente di ottenere ordini dal comandante della difesa territoriale fino al pomeriggio inoltrato dell'li, quando apprese che il gen. Ruggiero, d'intesa con il comando d ella divisione SS "Adolf l litler" entrata in città, aveva posto in libertà i propri dipendenti dopo averne ordinato il disarmo.

Alcuni reparti dislocati lungo il confine italo-svizzero passarono nella vicina confederazione, anche per la p~icosi determinata dall'assenza di notizie ufficiali c dall'esempio dei militari delle altre forze armate, che passavano la frontiera a migliaia, talvolta inquadrati in interi reparti organici. Le brigate di frontiera agevolarono comunque un pò dappertutto 1\·spatrio sia dei militari italiani che dci prigionieri di guerra alleati evasi dai campi di concemramcnto (da l valico di Brogeda ne transitarono oltre trecento nella !>ola giornata del l O) c dei numerosi civ ili che cercavano scampo alle p re\ edibili persecuzioni politiche o razziali.

Passò in Svizzera, quasi al completo, anche la staz ione naviglio di Nobiallo, a lcune unità della quale si consegnarono alla dogana di Morcote. sul lago di Lugano.

7. Gli avvenimenti al confine orienta le.

La protez ione del confine orientale, dallo Stelvio al golfo del Quarnaro, era affidata all'8 armata del generale Gariboldi, con sede di comando a Padova.

La grande unità, reduce dal fronte russo ed in via di ri costituzione. era articolala in due blocchi di forze: il XXXV Corpo d'armata (D.Alp. "Cuneense" e "Tridcmina", con comando a Bolzano), aveva il compito di interdire il fascio di comunicazioni che collegano l'Italia alla Germania attraverso i pa~!>i di Resia e del Brennero e la soglia di Dobbiaco; i Corpi d'armata XXIV (D.alp. "Juli a" c D.f. "Torino") e XXlll (D.f.

"Sforzesca") avevano la responsabi lità della difesa del confi ne, ri377

spettivamente da Tarvisio a Postumia e di qui al mare, al duplice scopo di impedire l'afflusso di forze tedesche dalla Carinzia e di fornire sostegno aiJe unità della 2• armata schierate in Slovenia ed in Dalmazia.

In complesso, pur essendo costituita da unità fortemente provate dopo le vicende della campagna di Russia, l'armata era orientata fin da luglio ad assumere un attegiamento difensivo in funzione di una possibile aggressione da parte dell'aJleato, e fu quindi in grado di opporre una reazione relativamente più consistente, anche se il risultato finale fu poi lo stesso.

L' iniziativa tedesca si manifestò sin daiJa prima sera dell'8 settembre, appena fu diffuso dalla radio il proclama di Badoglio.

Si verificarono alcuni temativi di disarmo dei finanzieri in servizio al passo del Brennero, e poco dopo le 2lla caserm a della tenenza fu occupata ed i militari catturati. 11 comandante della compagnia di Colle lsarco si recò al comando di presidio per sollecitare istruzioni ma mentre si trovava nell'ufficio del comandante con gli altri ufficiali, giunsero tre ted esch4 i quali dichiararono tutti prigionieri di guerra e chiesero la consegna delle armi. D comanda nte della compagn ia R.G.F. riuscì ad allontanarsi cd a raggiungere Ja propria caserma, che mise in stato di difesa, mentre tentava di mettersi in contatto con comandi superi ori, non riu scendovi per l'interruzione delle linee telefoniche. Anch e il comandante del circolo di Bolzano, magg. l acobacci, era stato cattu rato in que lle stesse ore presso il comando del XXXV C.A. dove si era recato. Poco dopo le tre del mattino, infatti, reparti tedeschi appoggiati da autoblind o tentarono pe r du e volte di entrare nella sede del comando, respinti dai pochi carabinie ri del quartier generale, cui si erano uniti tre finanzieri di scorta al magg. Iacobacci. Un terzo te ntativo condotto con il supporto di alcuni carri "Tigre", indusse il gen. Gloria, comand ante del XXXV C.A., a non insistere in una resistenza che chiaramente non presentava possibilità di successo.

Nel pomeriggio dello stesso giorno 9 tutti gli ufficiali, compreso il comandante della compagnia di Bolzano, cap.F'austo Musto, catturato in città nella mattinata, furono trasferiti in autocarro ad lnnsbri.ick, e di qui ai cam pi d i internamento.

Riu scì invece ad evad ere il comandante della compagnia di Colle Isarco, te n. Raimondi, il quale vagò per qualche giorno sulle montagne,

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finchè non venne catturato in val Senales da una pattuglia di civili altoatesini armati, i quali avevano organizzato una vera e propria caccia all'uomo nei confronti dei militari italiani sbandati (265).

Incidenti si verificarono, nella notte sul 9, alla stazione ferroviaria di Fortezza, dove i finanzieri reagirono all'intimazione di disarmo (fu ucciso il finanziere Giuseppe Gardella), mentre resistette per diverse ore il caposaldo di Monte Forno, presidiato dalle compagnie 44" e 45• del battaglione alpino "Morbegno" con il concorso dei finanzieri del distaccamento, uno dei quali, Ottavio Grossini, cadde in combattimento.

All'alba del 9 settembre oltre al comando del XXXV C.A. era già caduto anche quello della "Tridentina", mentre la "Cuneense" fu raggiunta dall'ordine di cessare il fuoco mentre si andava concentrando nella zona del passo della Mendola.

Nella stessa mattina furono attaccate le caserme di Trento, poi occupate dopo breve resistenza. Anche gli ufficiali del comando legione della R.G.F. con il colonnel1o Giacomo Bortone, furono catturati e trasferiti in Germania.

La scuola alpina di Predazzo, considerata battaglione di riserva a disposizione del XXXV C.A., - ma in realtà era presente soltanto una compagnia di a11ievi finanzieri con appena un mese di addestramento rimase in attesa di ordini per tutto il 9.

Alle l 1,30 del giorno successivo si presentò all'ingresso una pattuglia tedesca proveniente da Canazei, con la quale fu possibile prender tempo. Ma alle 23,00 i germanici tornarono in forze, ed al ten.col. Marino, comandante della scuola, non restò che uniformarsi alle disposizioni impartite dal comando di Corpo d'armata, consegnando le armi.

Il personale fu condotto in treno ad Ora e poi a Bolzano nel pomeriggio del 12, e qui internato in una caserma dell'esercitO, dove gli ufficia]j furono separati dalla truppa, in attesa del trasferimento in Germania. Alla vigilia della partenza, tuttavia, gli ufficiali furono fatti rientrare a Trento mentre gli allievi fu rono inviati alle loro case.

Nel settore del XXIV C.A. il comandante del presidio militare di (265) Relazioni del magg. Emilio lacobacci in data 15 settembre 1945 c del ten. G. Battista Raimondi in data 30 agosto l 945.

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Tarvisio impartì la sera dell'8 l'ordine di resistere ad oltranza ad eventuali tentativi di forza mento del valico da parte tedesca, ed il comandante della compagnia R.G.F., ten. Nemec, dispose conseguentemente la messa in stato di difesa delle caserme, la soppressione dei servizi lungo la linea di confine ed il rinforzo del corpo di guardia al valico stradale di Coccau (peraltro l'ufficiale, recatosi verso mezzanolle ad ispezionare la lin ea, si accorse che uno dei più importanti punti cl i accesso del territorio italiano era difeso da 5 finanzieri, altrettanti carabinieri e due agenti di P.S.). Poco prima dell'alba i tedeschi, dopo aver disarmato i militari in servizio alla stazione ferroviaria~ attaccarono le caserme della G.a.F. e del coma ndo tappa della 2 armata, che opposero re~istenza per circa quattro ore. Carabinieri e finanzieri furono lasciati ai loro posti, ad eccezione di quell i dei reparti di frontiera che, inizialmente d isarmati e condotti in un campo di concentramento allestito presso Camporosso, furono rilasciati dopo qualche giorno.

A Tolmino il comandante del XXI settore di copertura, alle richieste ri voltegli, rispose di non avere ordini particolari da impartire. Verso l'una del9 settembre il comandante della brigata di Cracova avvertl per telefono il comando di compagnia di essere stato accerchiato e disarmato da una compagnia tedesca.

Alle cinque un reparto tedesco, comprendemc carri armati, si pre<;entò alla caserma della tenenza di Piedicolle, intimando la resa. li piccolo presidio (circa 40 finanzieri con un solo fucile mitragliatore) resistette per oltre mezz'ora prima di essere sopraffatto. Nel pomeriggio del 9 il comando di presidio di Tolmino ordinò a tutti i reparti di ripiegare su Ud ine, essendo imminente l'ingresso dei tedeschi in paese. Raccolto il maggior numero possibile di militari dei reparti di frontiera, il comandante di compagnia si mise in marcia per Caporetto e poi per Cividale. dove giunse l'l l settembre.

Le sedici brigate di frontiera della compagnia di ldria rimasero sul posto per tutto il giorno 9, malgrado l'effetto moralr deleterio esercitato dalle masse di sbandati della 2' armata in fuga dalla Slovenia. Verso sera, in contrasto con l'ordine di permanenza in posto diramato dal comando del circolo di Goriz ia in attuazione della circolare n.897, i comandanti di sottoscttore di copertura disposero il ripiegamcnto di tutte le forze su Gorizia. Nella notte sul l O <>i raccolsero ad Idria i finanzieri di tutti i reparti, ad eccezione della brigata di Podplescia. cattu rata dai tedeschi e di quella d i Saurazzi. accerch iata dai partigiani slo,eni. Alle 19 del giorno seguente, in colonna con gli altri reparti del presidio e recando al seguito

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anche le loro famiglie, i componenti della compagnia si avviarono verso Gorizia, raggiunta nel pomeriggio dell' Il settembre (266).

Rimasero invece ai loro posti i finanzieri dei reparti dislocati lungo la costa, da Trieste a Fiume. Le intimazioni di disarmo fatte dai tedeschi provocarono reazioni a Villa Opicina e nel porto di Trieste, occupato alle 6,30 del 9 settembre non prima, però, che fossero partite le unità in grad o di prendere il mare.

11 colo nnello Persirio Marini, comand ante della legione, non avendo una percezione esatta d ell'estensione dell'occupazione tedesca, ord inò alle imbarcazioni del na\ iglio di salpare per Venezia, con la prescrizione di autoaffondarsi in caso di rischio di cattura. E così fecero i comandanti allorchè, avvicinatisi al lido del Cavallino, si accorsero che la costa era già in mano nemica (267).

La scuola nautica di Pola rimase a disposizione del comando della piazza mili tare marittima fin o alla capitolazione di quest'ultimo, nel primo pomeriggio dell2 ; successivamente il personale rimase in posto e fu impiegato in servizio di ordine pubblico.

8. Il Comando della R.G.F. presso la commissione di armistizio in Francia.

Come si è già detto, la 4• armata fu l'unica, tra le grandi unità dislocate all'estero, ad aver ricevuto disposizioni per il ri mpatrio prima dell'annuncio dell'armistizio. l relativi movimenti erano inizi ati subiro dopo la metà di agosto e quasi tutte le divisioni erano torn ate in ltali a~ lo stesso quartier generale d ell'armata si era già in part<.' trasferito da Sospel alla nuova sede di Asti (268). ln Francia, secondo gli accordi stipulati con i tedeschi a Casalecchio di Reno, avrebbero d ovu to rimanere, oltre alla piazza militare marittima di Tolone, il TC.A., co n sede a Crasse, destinato a conservare, con due divisioni costiere, la responsabilità della difesa del litorale ad est del Varo, alle dipendenze della 19• armata tedesca, che e ra previsto assu(266) Rela7ione del capitano \ iw ;\ ntonio \ alletrisco in data 24 onobre 194.';.

(21ì7) P. \lARI '\1: -c 11<1 fiamma ~ìalla ricorda- F.d. Scuol.1 d• Polizia Tributaria dd la Guardia di Finanza. 19Riì paf!. 3~.

(268) Comaudo Supremo. f. n. l ()O!.J l / Op. del 20.8.4:) - Doc. n. 9:~.

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messe il 9 settembre la responsabilità dell'intera zona già di competenza della 4' armata italiana.

Non furono assunte subito decisioni per quanto riguardava gli organ i della C.I.A.F., ma il26 agosto il comando R.G.F. della commissione aveva com unicato al comando generale l'orientamento a prevedere lariduzione del contingente a sole due compagn ie, una a Nizza su tre plotoni, un'altra ad Ajaccio su due.

Il 6 settembre furono così impartite da Roma le disposizioni per il rimpatrio, subordinate, naturalmente agli ordini che sarebbero stati dati dalla au torità militare (269). ln quegli stessi giorni il gen. Vinay, comandante della 1• zona di Genova, effettuò un giro d'ispezione nel territorio del battaglione di Nizza, c rendendosi conto della situazione, ritenne opportuno emanare di propria iniziativa direttive da osservare " in caso di emergenza": tutti gli uomini dei reparti ad est del Varo avrebbero dovuto concentrarsi a Nizza, in attesa di ordini successi,·i (270).

Al momento della proclamazione dell'armistizio, comunque, nessun movimento era stato ancora esegu ito, cd i reparti deUa R. guardia di finanza in Francia conservavano le loro dislocazioni iniziali.

A1le 20 dell'8 settembre iJ maggiore Moscato, comandante del battaglione di Nizza, apprese la notizia dalla rad io, mentre era in ispezione a St. Tropez ed a St. Raphael. Rientrò subito al comando, riuscendo a superare un posto di blocco già istituitO dai tedeschi sul ponte del Varo.

Durante la notle si seppe che erano stati disarmati e catturati i finanzieri dei posti di controllo di Cannes e di Cros de Cagnes, mentre per disposizione del comando piazza tutto il personale dislocato nella zona di Tolonc aveva ricevuto ordine di concentrarsi presso il comando di compagnia. Alle 22 però elementi tedeschi si erano fulmineamente impadron iti d ella base navale ed avevano occupato la città. All'alba del 9 l'amm. Matteucci, comandante della piazza, acconsentì a capitolare, e l'intero presidio fu avviato ai cam pi d'internamento, tranne i pochi clementi disposti a collaborare con i tedeschi (27 1).

(269) Comando Ccncralr R. Guardia d i Finanza - Uff. Sl~grctcria - f. n. 941 , R. O. del 6.9.43 Doc. n. 94.

(270) Comando l Zona R.C.F. - f.n. 193/ R del 7.9.43.

(271) USSMl\1 - ~La Marina daJf8 ~euembrc 1943 alla fine del conflino" - pag. 123.

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n magg. Moscato seppe per telefono della cattura del1a compagnia di Tolone alle otto del9 settembre, e subitO dopo ricevette dal comando presidio di Nizza l'ordine di rientrare in Jtalìa.

Secondo le disposizioni già impartite in precedenza, i posti di controllo di Villefranche, Beaulieu, Montecarlo e Rochebrune ripiegarono su .Mentone, mentre quelli di Breil e di Larche attraversarono per proprio conto il co nfine portandosi rispettivamente a Cuneo ed a Vinadio.

L'autocolonna partita da Nizza alle 9 del mattino riuscì a passare la frontiera di Ponte San Luigi alle ore 11,30, malgrado l'ingorgo del traffico sulla rotabile della Corniche, appena mezz'ora prima che i tedeschi interrom pessero il transito sul ponte dell'Unione, subito ad ovest di MentOne. Dopo una sosta presso il comando di compagnia di Ventimiglia, durante la quale tentò inutilmente di ricevere istruzioni, il magg. Moscato apprese dal comando presidio che per tutte le truppe in ripiegamento dalla Francia era stato disposto il concet1lramento nella zona di Cuneo, al tergo di uno sbarrame nto difensivo che si stava tentando di imbastire sul Col di Tenda utilizzando le poche unità efficienti ancora disponibili, essenzialmente il 7 alpini della "Pusteria" sorpreso a Vcntimiglia dall'annuncio delrarmistizio mentre era in 'iaggio per il rimpatrio.

Alle 18,30 la colonna del battaglione di Nizza si mise quindi in marcia su lla statale della Val Roja, congestionata dal traffico, c raggiunse Cuneo nelle prime ore deJ lO settembre.

Qui si ebbero finalmente ordini precisi: i sottufficiali cd i finanzieri avrebbero dovuto essere assunti in forza dal circolo di Cuneo, mentre gli ufficiali e gli automezzi avrebbero dovuto raggiungere Torino, a di sposizione del comando RG.F. della C.l.A.F., in attesa di nuove destinazioni d'impiego da parte del comando generale.

Rimasero a Cuneo anche il commissario e gli agenti di P.S. aggregati al battaglione per il servizio di polizia di frontiera, mentre seguirono i colleghi della R.G.F. i quattro ufficiali di complemento del R. esercitofunzionari di dogana già in servizio a Nizza.

L'autocolonna si mise in movimento la sera del 10, ma giunta ad una trentina di chilometri da Torino fu fermata da ufficiali superiori che ripiegavano con i loro reparti, dai quali si apprese che la città e ra stata occupata dalle truppe gennaniche. ll magg. Moscato decise allora di occultare personale e mezzi in 383

una località isolata ed inviò a Torino e ad Asti emissari muniti di documenti civili, per chiarire la situaz ione. A sera costoro tornarono confermando la notizia dell'occupazione delle due città da parte dei tedeschi, ma precisando che ai militari della R.G.F., come a quelli dei CC.RR., era stato consentito di continuare ad attendere alle normali funzion i d'istituto.

Il mattino successivo fu quindi raggiunta Torino, dove alle 13,13 del 12 settembre l'ultimo automezzo della colonna partita da Nizza fece ingresso nel cortile della caserma "Duca d'Aosta" (272).

Meno fortunata fu la sorte dei finanzieri del battaglione di Armemasse.

Il loro comandante, t.col. Umberto Brozzetti, si trovava a Torino, dove reggeva intcrinalmentc il comando della R.G.F. presso la C.I.A. F., in attesa di passare le consegne al nuovo titolare, t.col.i.g.s. Gaetano Polizzi.

L'8 settembre, però, l'ufficiale si era recato ad Ai x-le Bains per incontrare il proprio sostituto al comando di Annema~!>c, cap. Schiaramazzi.

Appresa la notizia della proclamazione dell'armistizio, Brozzetti mosse immediatamente per rientrare in Italia, dopo aver sostato a Modane, dove constatò che i tedeschi si erano già impadroniti della stazione ferroviaria ed ave\'ano bloccato l'ingresso della galleria del Frejus. l finanzieri del plotone, secondo gl i ordini impartiti dal comando difesa territoriale di Torino tram ite il comando di presidio, erano già stati avviati a Susa, con mezzi di fortuna, ed altrettanto avevano fatto quelli dei posti di controllo di Bourg St.Maurice c di Briançon, rientrati rispettivamente ad Aosta e ad Ulzio. TI comandante in terinale della R.G.F.; C.L.A.F. prese allora a bordo della propria autovettu ra il comandante del plotone ed un ufficiale-funzionario di dogana c si avviò per la strada del Moncenisio, raggiungendo Torino all'alba del9 scuembre. Il cap. Schiaramazzi fu catturato sulla via del ritorno ad Annemasse. c gli ordini ai reparti dipendenti furono quindi impartiti dall'aiutante maggiore, tenente Signoriello.

Alle 22,45 il comando della frontiera franco-svizzera ordinò il ritiro degli uomini in servizio lungo la linea di confine ed il concentramento dci reparti minori presso le sed i di compagnia~ ma la disposizione fu eseguita solo parzialmente per la limitata disponibilità di mezzi di traspor(272 ) Relazioni del magg. l\'icolo 1\lo~cato in data Il e 13 settembre 1943- Doc n 95.

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to. Verso le tre si ebbe notizia di quanto stava avvenendo a Grenoble e a Chambery, d ove gli alpini del comando della '·Pusteria" e del XX raggruppamento sciarori erano duramente impegnati in combattimento contro i tedeschi. n comandante della frontiera ordinò quindi, alle 3,1 5, il passaggio del confine, che fu ultimato entro le 4,30 (273).

Nelle stesse ore ven iva catturata l'intera compagnia di Thonon, co mpreso il personale della squadriglia naviglio, e la stessa sorte seguivano il plotone di Vallorcine ed altri reparti minori.

A Samoens il comando della compagnia fu assunto dal magg. Terio, addetto alla sottocommissione affari economici della C.I.A.F., occasionalmente presente in attesa di recarsi in Svizzera per motivi d'ufficio. L'ufficiale raccolti anche i componenti di alcu ni posti di controllo minori, portò il reparto a prendere posizione nella zona d el Col dc Coux, sistemandosi a difesa in attesa degli avvenimenti. Nel corso dell a mattinata d el9, conosciuti gli ordini impartiti dal comando frontiera di Annemasse e resosi conto che la situazion e non dava ormai più adito a dubbi, anche il maggiore Terio passò in Svizzera con i suoi uomini (274).

I componenti del battaglione R.G.F. dislocato in Alta Savoia - ad eccezione di quelli deJJa com pagn ia di Thonon e di altri reparti minori, cattu rati d ai tedeschi, e di quelli del plotone di Modane, rientrati in Italia,- furono quindi internati nel campo di Cedlingcn, come la maggior parte dei militari della R. guardia di finan za riparata in Svizzera dopo l'armistizio.

A Torino, il ten.col. Brozzetti si presen tò il l O mattina a] presidente della C.I.A.F., gen. Vacca-Maggiolini, per prendere accordi circa la futura attività d el contingente della R.G.F. Ma la sera d ello stesso giorno il generale, di fronte al precipitare degli avvenimenti, pose in libertà gli uffìciali addetti alla commissione, disponendone in pratica lo scioglim ento. ll ten.col. Brozzetti si mi se aJlora a disposizi one del comando legion e di Torino, dove costitul un ufficio stralcio, affidandolo al capitano Quarto Deben edetti.

La compagnia dislocata in Corsica fu coinvolta nei combattimenti tra forze italiane e tedesche, protratcisi fino ai primi di ottobre.

(273) Relazione del 1cn. Luigi Signoriello in da1a 14 lu~lio 1945.

(274) Relazione del magg. Luigi Terio in data 17.7.45.

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ella notte sul 9 i tedeschi riuscirono ad impadronirsi di sorpresa delle installazioni portuali di Bastia, ma nel mattino successivo un battaglione dell'88ofanteria, con altri elementi del presidio, riu scì a ristabilire la situazione.

Il comando tedesco, che doveva assolutamente garantire il transito verso la penisola della go· divisione di fanteria in ripiegamento dalla Sardegna, tornò all'attacco in forze nei giorni successivi, riu scendo ad impadronirsi nuovamente di Bastia il 13 settembre. U plotone d ella R.G.F., al comando del tenente Franco Guarinelli dopo aver raccolto il personale dei posti d i co ntrollo di Porto, Calvi, Isola Rossa, S. Fiorenzo e Porto Vecchio, si trasferì sull e montagne di Capo Corso, dove con elementi di una compagnia della 225' divisione costiera e della compagnia CC.RR. di Bastia, organizzò un caposaldo nella zona d ella Valle d'Olcani. n 27 settembre, ricevuto l'ordine di trasferirsi nella parte sud-occidentale dell'isola, sald amente ten uta dalle truppe italiane, cui si andavano aggiungendo contingenti regolari fran cesi, il plotone riuscì ad attraversare le linee tedesche ed a ricongiungersi il 30 settembre al comando di compagnia in Ajaccio.

Nei giorni successivi il repano, al comando del ten. Chighizola, fu inviato a riordinarsi a Propriano, da dove il 27 ottobre fu trasponato a S.Teresa di Gallura, per essere sciolto ed assorbito dalla legione di Cagliari (275).

9. La R.G.F. in S1ovcni~ in Dalmazia ed in Montenegro.

I maggiori comandi dislocati fuori del territorio nazionale ricevettero le d irettive di massima per l'azione da svolgere in caso d i conflitto con l'alleato ted esco con la "Memoria Operativa 44", del comand o supremo, recapitata a mano nei primi giorni d i settembre.

In base a tali direttive, le truppe della 2' armata avrebbero dovuto sgombrare gradualmente la Slovenia per attestarsi ad immediata protezione di Corizia e di Trieste, mentre analogo movimento era previsto per qu elle stanziate nella zona croata d emilitarizzata (V C.A.), che si sarebbero raccolte intorno a Fiume.

In Dalmazia, si intendeva ridurre progressivamente l'occupazione fino a costituire tre teste di ponte -a Zara, Spalato e Sebeni co- attraverso (275) Relazione del ~.tcn. Franco Cuarinelli in data 28.8.46- Doc. n. 96.

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le quali le truppe d el XVlli C.A. sarebbero state sgombrate via mare in Italia.

Nelle ore immediatam ente precedenti la proclamazione dell'armi stizio la situazione - già difficile per la press ione esercitata sulle nostre forze dalle unità partigiane- fu ulteriormente com plicata dalla decision<' di costituire un complesso di forze mobili a protezione della fronti era orientale all e dire tte dipend enze del comando supremo, il comando del quale fu affidato al gen. Castone Gambara, comandante dell'XI C.A. a Lubiana.

il generale. convocato a Roma per ricevere direttive proprio 1'8 settembre, fu sorpreso dall'annuncio del maresciallo Badoglio mentre stava raggiungendo Fiume, sede del nuovo coman do che quindi non fece in tempo ad assumere. La decisione del comando supremo ebbe però ugualmente un effetto negativo sul comandante dell'armata, gen. Robotti, il quale sente nd osi scavalcato lasciò il quartier generale di Susak per recarsi a Venezia, dove il9 settembre mi se in libertà il propri o stato maggiore. Il suo esempio fu rapidamente imitato, nelle ore successive, dai comandanti del V e del XVIIT C.A., men tre il gen. Gambara, rimasto a Fiume, collaborò di fatto con i comandi germanici per aderire poi, alla fine di sette mbre, al governo della repubblica sociale.

Anche in Slovenia ed in Croazia l'azion e tedesca fu invece caratterizzata da estremo dinami smo, tanto che già all'alba de19 settembre l'organ izzazione militare italiana poteva considerarsi completamente di sarticolata.

A Lubiana, sede dei comandi dell'Xl C.A. e della d.f. "Cacciatori delle Alpi", i tedeschi entrarono alle 4 del mattino, dopo qualche ora di concitate trattative con le autorità militari italiane. Le truppe furono consegnate in caserma, mentre il comandante della <·cacciatori" veniva catturato con il suo stato maggiore (il comandante del C.A., gen. Gambara, come si è d etto si trovava in Italia). Alle 16 un fonogramma del comando dell'XI C.A. ordinava il disarmo di tutte le truppe del presidio, ch e nei giorni successiv i furono internate.

Alle forze di polizia fu invece consentito di continuare a svolgere compiti d'istituto e così i circa duecentocinquanta finanzieri accantonati nell'edificio del ginnasio femminile (oltre i componenti del comando R.G.F. della provincia di Lubiana, di quello del X btg. mobilitato e della l " compagnia dello stesso battaglione si erano raccolti in città numerosi

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militari provenienti dai reparti minori) assicurarono fino alla metà di ottobre la vigilanza presso la dogana, la manifattura tabacchi e l'ammasso del cuoio. Dichiarata decaduta l'amministrazione italiana della provincia, il comando tedesco autorizzò il rimpatrio graduale delle forze di polizia; rimasero ancora per qualche tempo gli uomini d el nucleo di polizia tributaria investigativa al comando del capitano Marcscalchi, i quali lasciarono la città alla fine di ottobre, dopo aver ceduto le consegne ai funzionari dell'amministrazione finanziaria slovena ripristin ata dai tedeschi (276).

Più drammatiche furono le vicen de d ell'altro battaglione dislocato in Slovenia, il IX il cui comando si trovava a Novo Mesto, sede anche del comando d ella d.f. "Isonzo". In base alle direttive co ntenute nella ..Memoria 44" la grande unità schierata lungo la fro ntiera sloveno-croata aveva iniziato il S settembre i movimenti preliminari per il rientro in territorio italiano, consistenti nel recupero dei presidi minori, reso d ifficile dall'intensificazione dell'attività partigiana.

Verso la mezzanotte dell'8 settembre, il gen. Cerruti, comandante deli'"Isonzo", ordinò il concentramen to di tutti i reparti dipendenti a ovo Mesto, da dove intendeva muovere verso l'Italia. Pur tra notevoli difficoltà, l'ordine fu esegui to nella giornata del 9 settembre, ma esso valeva soltanto per i reparti d ella 1· compagnia d el lX/ R.C .F., poichè le altre due compagnie, dislocate a Crnomely ed a Kocevije dipendevano per l'imp iego militare rispettivamente dai comandi delle divi sioni "Lombardia" e "Cacciatori delle Alpi". ll comando di battaglione riuscì soltanto a sapere che anche la 2• compagnia stava concentrando i propri distaccamemi a Crnornely, poi l'interruzzione delle linee telefoniche fece venir meno ogni possibilità di collegamento.

La sera del 9 l'"Isonzo" si mise in marcia verso Fiume, con i circa cento finanzieri d el comando e della 1• compagnia inquadrati nella colonna agli ordini del colonnello Mancini, comandante del 23° rgt. fanteria.

Alle 13 del giorno successivo i partigiani imposero una battuta d'arresto, pretendendo la consegna dei miliziani collaborazionisti sloveni della "Bela Garda", accodatisi alla colonna per sfu ggire alle rappresaglie dei connazionali. Nel corso delle trattative i "belagardisti" riuscirono a disperdersi nei boschi e gli italiani furono autorizzati a proseguire ma, poco dopo, furono raggiunti da gruppi di sbandati provenienti da (276) Relazione del cap. T ullio Marcscalchi in data 6.8.44 - Doc. n. 97.

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Novo Mesto, i quali portarono la notizia della cattura del comando di divisione e d ella requisizione delle armi, delle artiglierie e degli automezzi da parte degli jugoslavi. In realtà soltanto la seconda parte della notizia era esatta, e corrispondeva ad un'accordo intervenuto tra il gen. Cerruti, comandante dell'"Isonzo", ed il comando partigiano, grazie al quale sarebbe stato consentito alle truppe italiane di raggiungere Fiume; ma l'arrivo degli sbandati contribuì sensibilmen te a deprimere il morale dei componenti d ella colonna.

Questa giunse nella notte presso Kocevije, dove il maltino successivo i mili tari italiani furono costretti a passare attraverso posti di controllo per essere disarm ati e depredati degli effetti personali.

La colonna Manci ni riprese il cammi no ed il1 3 settembre ripassò il vecchio confin e presso la Dolina dei Noccioli. Qui il maggiore Tani, comandante del1X/ R.G.F., attardatosi per aspettare alcuni ritardatari, perse il co ntatto con il resto della colonna e decise di proseguire per proprio conto con il gruppo dei finanzieri, nel frattempo ingrossatosi avendo raccolto elemen ti d ella 2·/ IX/ R.G.F. e di presidi minori, oltre a numerosi sbandati del X/ R.G.F.. Lasciate le rotabili e marciando attraverso i b oschi, il gruppo tentò di portarsi prima a Fiume, poi a Pola, trovando entrambe le città occupate d ai tedeschi, per giungere infine, la notte sull6 settembre, a Basovizza, presso Trieste, dove sostò riusce ndo a mettersi in contatto con il comando di legion e. Si apprese così che nel capoluogo giuliano la R. guardia di finanza contin uava a prestare servizio con le proprie armi. Il colon nello Marini riu scì a fa re entrare clandestinamente i finanzieri nelle caserme della città, avviandoli successivamente alloro centro di mobilitazione di Milano.

Il 23 settembre fecero quindi ingresso nella caserma di via Melchiorre Gioia 11 ufficiali e 280 tra sottufficiali e fmanzieri dei du e battaglioni (277).

Nella zona croata demilitarizzata, la compagnia autonoma di Cerquen izza, ch e già prima dell'8 settembre aveva ricevuto dal co mando del V C.A. l'ordine di trasferirsi a Trieste, riu scì in gran parte a raggiungere via mare il territorio italiano.

(277) Ottt>nuta una licenza, il magg.Tani ed il capitano Alberto Pinto, già comandante della 2'/ IX si recarono in treno a Roma c presero la strada del sud, nel tentativo di pa~sare le lince per raggiungere il territorio liberato. Taui rinunciò e prese ~ervizio presso il comando della R.G.F. nclfa Capitale. Il capitano PintO vollt> insistere, ma fu catturato e fucilato dai ted eschi a Bellona, presso Capua, il 18 ottobre.

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Nelle provincie dalmate- delle quali già il 9 seltembre il governo di Zagabria si era affrettato a proclamare l'annessione- i reparti della R. guardia di finanza ebbero sorte diversa, a seconda delJe situazione locali.

Tdistaccamenti deHa l ' e della 2· compagnia del IV/ R.G.F. di stanza a Lesina, Brazza e Lissa, l'intera 2·/ XIV/ R.G.F., dislocata a Curzola, ed in genere i presidi delle isole minori, ebbero maggior tempo prima che si consolidasse l'occupazione germanica e riuscirono spesso a raggiungere la costa italiana con mezzi di fortuna.

U ten. Tomasi, già comandante della 1'/lV/ R.G.F., sbarcò a Vieste ill3 settembre con 3 ufficiali e 70 finanzieri. Il sottotenente Silvio Stella raggiunse nello stesso giorno Porto S. Giorgio da Zara Vecchia, portando in salvo 120 tra sanitari e degenti del 312" ospedale da campo.

A Zara le forze di polizia ital ia ne rimasero in servizio fino all'inizio di novembre, allorchè furono quasi totalmente rimpatriate. Dopo la partenza del ten.col. Villan i, già comandante dell'XI battaglione, rimasero in città un centinaio di finanzieri al comando di un solo ufficiale, ten. Ottavio Olivo; furono autorizzati a raggiungere via mare Trieste soltanto il 2 marzo 1944.

Più complessa- e destinata ad un tragico epilogo -]a siLUazione a Spalato.

La·città non fu raggiunta subito dalle truppe tedesche e l'autorità militare italiana, rappresentata dal comando della d.f. "Bergamo" inquadrato nel XVI II C.A. con sede a Zara, conservò una certa autonomia, pur essendo costretta ad una difficile convivenza con le formazion i partigiane jugoslave scese dalla montagna. Spalato era anche sede dei comandi di artiglieria e del gen io del corpo d'armata, nonchè del comando militare marittimo della Dalmazia, retto dall'ammiraglio di divisione Bobbiese.

Come in tutta la regione, dalla fine di luglio i poteri civili erano esercitati dai comandi dell'esercito, essendo stata ormai superata dagli avvenimenti la stru ttura politico amministrativa del governatorato.

Come si ricorderà, erano presenti nella città il comando e la l " e 3' compagnia (quest'ultima appena ricostituita) del IV battaglione R.G.F., nonchè la stazione naviglio, dipendente dal comando militare marittimo.

390

D mattino dellO settembre l'ammiraglio Bobbiese ordinò di tener pronte tutte le unità in grado di trasferirsi in Italia ed il giorno successivo, dopo che un bombardamento aereo tedesco aveva provocato qualche danno agli orm eggi, dispose senz'altro per la partenza.

Lasciarono così Spalato, il mattino dell'l l settembre, la motolancia ML 78 e le moto barche MB l O, MB 23 e MB 32, quest'ultima recante a bordo i] capitano Orlando Galante, comandante della staziope naviglio.

La formazione, alla quale si erano uniti anche tre motoscafi d ella R. aeronautica, giunse a mezzanotte alle Tremiti e vi rimase fino al 17, quando un'idrovolante le recapitò l'ordine di raggiungere Bari. Le unità ripresero quindi la navigazione ed entrarono nel porto pugliese alle 18,30 del 18 settembre (278).

Anche le motoved ette "D'Amato" e "Marongiu" lasciarono Spalato il l Osettembre con un gruppo di unità della R. mari na, e raggiunsero Bari i119 dopo aver sostato a Lesina ed alle Tremiti. La "Saba" dovette invece essere abbandonata sullo scalo, mentre altre unità minori fu rono affondate dagli equipaggi o catturate a Zara ed a Sebenico.

Dal 10 settembre Spalato era praticamente in mano ai partigiani jugoslavi, con i quali il comando della "Bergamo" tentava di veni re ad un'accordo, senza peraltro scegliere la strada d ella cooperazione aperta contro i ted eschi. Il comando del XVIII corpo d'armata aveva infatti ordinato da Zara di cedere le armi agli ex-alleati, i quali però tardarono a raggiungere la città, trattenuti dalla resistenza dei partigiani, cui si erano uniti volontariamente anche numerosi militari italiani.

Dopo il bombard amento aereo della mattina dell' l l il comandante del IV/ R.G.F., magg. Aldo Duce, dispose il ritiro dei finanzieri in servizio nella zona portuale ed il loro concentramento nella sede del comando di battaglione, nel palazzo dell'intendenza di finanza jugoslava. Verso le 16 l'edificio fu circondato da numerosi partigiani che reclamavano la consegna delle armi. Dal co mando di divisione, presso il quale si trovava il maggiore Duce, giunse l'ordine di cedere, ed i finanzieri, accatastati i moschetti e le due mitragliatrici nel cortile, si avviarono disarmati verso il monte Mariano, dove sostarono all'addiaccio.

Nelle stesse ore anche gli altri reparti della guarnigione di Spalato (278) USSMM ·~Le Fiamme Gialle sul mare"· Roma 1955 • pag. 133.

391

subivano la stessa sorte. I militari furono concentrati senza armi, in tre accampamenti alla periferia della città, nelle località di Spinut, Cappuccini e Firule, dove nei giorni successivi sopravvissero in condizione oltremodo precarie, sottoposti all'intensa offesa aerea tedesca e contemporaneamente angariati dai partigiani, i quali si accanivano particolarmente contro gli appartenenti alle forze di polizia; molti carabinieri ed agenti di P.S. furono fucilati.

Il mattino dell2 anche i finanzieri raggiunsero il campo di Spinut, dal quale furono successivamente trasferiti in quello dei Cappuccini.

Anche a loro fu posta l'alternativa tra l'arruolamento nelle file dei partigiani o l'attesa di un imbarco per l'Italia che con il passare del tempo diveniva sempre più improbabile. La scelta ebb e un effetto dirompente sulla coesione de.i reparti, fìnchè un'intenso bombardamento effettuato da un gruppo di "Stukas" sul campo dei Cappuccini a mezzogiorno del l 9 settembre, in seguito al quale rimasero uccisi alcune centinaia di militar~ non provocò lo sbandamento generale.

n23 la città fu raggi unta da un convoglio proveniente dalla Puglia, sul quale riuscirono a porsi in salvo circa u·emilacinquecento uomini, tra cui lo stesso comandante della "Bergamo", gen. Becuzzi. I reparti destinati all'imbarco furono estratti a sorte e non risulta che tra i privilegiati vi siano stati dei finanzieri.

La divisione corazzata SS "Prinz Eugen", proveniente da Mostar, entrò a Spalato il27 settembre, dopo che i partigiani erano tOrnati sulle montagne, seguiti da numerosi militari italiani che da allora ne condivisero la sorte.

n giorno successivo gli ufficiali cattu rati furono separati dalla truppa e concentrati n el "Park Hotel", già sede del comando italiano, da dove nel pomeriggio furono trasferiti in autocarro a Signa. Qui, nel cortile di una caserma, una corte marziale processò i 450 ufficiali della "Bergamo" e d egli altri reparti della guarnigione, tra i quali il magg. Duce,il cap. De Domizio, aiutante maggiore del IV battaglione, e tre tenenti dello stesso reparto (Milazzo, Rizza e Ruggiero), oltre al sottotenente Prischich, sorpreso dalla proclamazione dell'armistizio mentre era in viaggio per raggiungere la propria sede in Albania. ll 2 ottobre fu emessa sentenza capitale per i generali Cigala Fulgosi, comandante della piazza di Spalato, Pelligra e Policardi, comandanti rispettivamente dell'artiglieria e del genio del XVIII C.A., fucilati immediatamente dopo presso le fornaci di Signa. Altri 46 ufficiali, prevalentemente della "Ber392

gamo", furono fatti uscire dai ranghi, condotti presso il ponte di Tri lly ed uccisi a raffiche di mitragliatrice. Gli scampati alla d ecimazione, tra i quali tutti gli ufficiali d ella R. guardia di finanza, furono fatti tornare a Spalato, costretti ad attraversare la città tra gl i insulti della popolazione jugoslava, e quindi trasferiti via mare a Metk.ovic e successivamente a Mostar, da dove iniziarono il viaggio per i campi di concentramento della Polonia (279).

Nella Dalmazia meridionale e nell'Erzegovina era dislocato il V1 C.A., dipendente direttamente dal comando del gruppo d'armate est di Tirana. La grande unità, con sede di comando a Ragusa, inquadrava anche il XIV battaglione mobilitato della R.G.F., impiegato esclusivamente in compiti di difesa costiera, con le compagni e a Janjina, a Ragusa e nell'isola di Curzola.

n comandante del corpo d'armata, gen.Piazzoni, ordinò fin dalla sera dell'8 settembre il concentramento di tutte le unità dipendenti nella zona di Ragu sa, il che avvenne nel corso della giornata successiva, peraltro punteggiata da scontri a fuoco con i reparti avversari.

Intanto il comandante d ella XXIII brigata costiera, gen. Rocca, ricevu to l'ordine di riunire a Curzola i presidi d elle isole minori per trasferirle in un secondo tempo a Cattaro, visto il rapido peggioramento d ella situazione decideva di far rotta senz'altro per le coste pugliesi, formando due convogli con i quali condusse in salvo oltre cinquemila uomini, appartenenti anche ad altri reparti d el corpo d'armata.

In tal modo l' intera 1· compagnia e parte della 2" del XIV/ R.G.F. riuscirono a raggiungere Vieste il 13 settembre.

Non appena entrate in Ragusa, le truppe tedesche attaccarono i comandi italiani imponendo la consegna delle armi. Seguirono scontri violenti fino alla mattina dell3, poi il gen. Piazzoni ordinò la cessazione del fuoco. A sera i tedeschi uccisero il comandante della d.f." Marche", gen.

Amico.

Ai combattimenti per la difesa di Ragusa parteciparono il comando e la 3• compagnia del XIV/ R.G.F.; caddero il sottotenente Giovanni Cimone, il sottobrigadiere Giovanni Parrella ed i finan zieri Ciocchini, De Stasio, Pizzoferrato e Rossi.

(279) Relazione del tcn. Salvatore Ruggiero in data 13.9.45.

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L'occupazione del Montenegro era affidata al XlV/ C.A. (gen. Roncaglia, con sede a Podgorica), comprendente ben quattro divisioni: l' "Emilia" e la "Ferrara" schierate lungo la costa, con sed e rispettivamente a Cattaro ed a Cettigne, la "Venezia" e la "Taurinense" nell'interno, con i comandi a Berane ed a Niksic.

Dal comando di corpo d'armata dipendeva il comando R. guardia di finanza del Montenegro, con i battaglioni II, dislocato sulla costa dal confine della provincia di Cattaro a quello albanese, con comando a Podgorica, e VI, nell'i nterno, con comando a Berane.

A Cattaro, che come si ricord erà era compresa nel governatorato d ella Dalmazia, si trovava una compagnia autonoma, dipendente per il servizio d'istituto dal comando R.G.F. di Zara.

Il 9 settembre il gen. Ron caglia ordinò alle unità dipendenti di concentrarsi nelle zo ne di dislocazione dei comandi di divisione; la "Em ilia" avrebbe dovuto garantire il possesso delle Bocche di Cattaro, formalmente parte integrante del territorio italiano e soprattutto possibile base di imbarco per il rimpatrio delle truppe.

Anche a Podgorica seguirono giorni di trattative con i comandi ted eschi, che richiedevano libertà di movimento e disarmo più o meno parziale delle forz e italiane, finchè il 13 settembre non si ebbe notizia della cattura, avvenuta a Ti rana, del comando d el gruppo d'armate est, e non vi furono più dubbi circa le reali intenzioni d egli ex-alleati.

TI mattino dellS settembre, del resto, il generale Roncaglia con il suo stato maggiore furono catturati di sorpresa, ed i comandanti delle divisioni dovettero decidere da soli del destino delle proprie truppe.

Il compito concettualme nte più facile era quello affidato alla d.f.

"Emilia", la quale del resto fin dal14 era impegnata a sostenere l'attacco d ella "Prinz Eugen" che te ntava di aprirsi la strada verso Cattaro.

La divisione, agli ordini del gen. Ugo Buttà, riu scì a contenere la pressione nemica fino alla sera del 15, tanto che la maggior parte delle truppe riuscì ad imbarcarsi per l'Italia, da ultimo sotto la protezione dei battaglioni "Exilles" e "Fenestrelle" d ella "Taurine nse", i quali si diedero successivamente alla montagna.

Il comandante della compagnia autonoma R.G.F., cap. Nino Secci, 394

ebbe il comando di un reparto di formazione di circa duecento tra finanzieri, alpini ed artiglieri, con i quali assicurò la difesa delJa cinta muraria della città (280). Nei combattimenti cadde il sottobrigadiere Aurelio Terravazzi, mentre fu ferito il sottotenente Manucci. Soltanto il plotone dislocato a Castelnuovo di Cattaro riuscì ad imbarcarsi e giunse a Bari il 16 settembre.

Nel capoluogo rimasero circa ottanta finanzieri, molti dei quali si unirono ai partigiani, riuscendo così a sottrarsi all'internamento. Altri, dopo la cattura furono liberati a Trieste per iniziativa del col.Marini (28 1).

La divi sione "Ferrara", dislocata nel Montenegro meridionale tra Podgorica (sede del comando), Cettigne, la costa tra Budva ed Antivari ed il confine albanese, fu praticamente travolta dagli avvenimenti c si disgregò. La l ', la 3' c la 4• compagnia del TT/ R.G.F., recuperati i presid i minori, rimasero in armi prestando servizio di ordine pubblico rispettivamente a Podgorica. Ccttigne ed Antivari, fino ai primi di ottobre, agli ordini del governatorato del Montenegro. Dopo lo scioglimento di tale organismo furono trasferite nella zona di Scutari, in Albania, da dove i militari furono avviati all'internamento in Germania.

La 2· compagnia dello stesso battaglione, di stanza a Niksic, seguì le sorti della divisione "Taurinense", il cui comando era ubicato nella stessa città.

La grande unità alpina, secondo gli ordini impartiti dal comando del XIV C.A., tentò in un primo tempo di apri rsi la strada verso Cattaro, riuscendo soltanto a proteggere con i reparti avanzati del 3° alpini l'imbarco dell"'Emilia". Vistasi preclusa la via del rimpatrio il suo comandante, gen. Vivalda, ritornò combattendo verso l'interno, concentrando i propri reparti a Danilovgrad ed a Niksic, da dove mosse alla fine di settembre per congiungersi alla divisione "Venezia" nella zona di Kolasin, dove giunse il 15 ottobre.

La compagnia della R. guardia di finanza partecipò alla difesa dei presidi di Niksic e di Dan ilovgrad, dove fu successivamente trasferita. Ai primi di ottobre si mise in marcia per Kolasin con altri elementi di supporto divisionale e con il plotone della 3'/ II/ R.G.F. precedentemente (280) Relazione del cap. ino Sccci in data 19.9.45 - Doc. n. 98.

(281) G. OLIVA: Op. cic. pag. 18.

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stanziato a Danilovgrad, ma ill3la colonna fu intercettata e dispersa da reparti t ed es chi.

La divisione dì fanteria da montagna "Venezia", raccolta nella conca di Berane, assunse quasi subito un atteggiamento dì decisa opposizione al disarmo e stabilì contatti con il II Korpus dell'esercito popolare di liberazione jugoslavo. La grande unità non fu particolarmente impegnata fino alla metà di ottobre, allorchè si riunì nella zona di Kolasin con i superstiti della "Taurinense", dando vita successivamente alla divisione partigiana "Garibaldi".

A Berane si trovavano anche il comando e la 2" compagnia del Vl/ R.G.F., che nei primi giorni successivi all'armistizio fu utilizzata per agevolare il recupero dei presidi minori, molti dei quali per raggiungere la città dovettero aprirsi ]a strada combattendo sia contro i reparti tedeschi che contro formazioni partigiane, ansiose di impadronirsi delle armi in dotazione alle nostre unità.

All'inizio di ottobre riuscivano anche a raggiungere Berane, con una parte dei loro uomin i, dopo una serie di peripezie, anche i comandanti della l · e della 3' compagnia del VI battaglione, dislocate inizialmente a Plievlija ed a Prijepolje.

La città montenegrina, grazie all'energica condotta del comando della "Venezia", fungeva da polo di attrazione per molte delle unità italiane rimaste prive di punti di riferimento per la dissoluzione dei vincoli gerarchici seguita alla proclamazione deiJ'armistizio. Fu così anche per i finanzieri del XV battaglione, dipendente dal comando superiore R. G. F. d'Albania e dislocato nel Kossovo, con il comando e la l " compagnia a Peja, la 2· compagnia a Tutin e la 3' a Bijelo Polije. Vistasi preclusa la strada per Durazzo, dove avrebbe dovuto recarsi in attesa di un imbarco per l'Italia che lo sviluppo degli avvenimenti faceva ormai ritenere del tutto illusorio, il comando e le prime due compagnie si misero in marcia attraverso le montagne e riuscirono a raggiungere Andrjevica ai primi di ottobre, dove furono raccolti da automezzi della "Venezia".

Ill3 ottobre, per ordine del comando di divisione, fu costituito un battaglione di formazione al comando del magg. Lanzetta, già comandante del VI/ R.G.F., e costituito da una compagnia del II/ R.G.F., da una del VI/ R.G.F., agli ordini rispettivamente dei capitani Berté ed Avanzi, nonchè da una compagnia di fanti superstiti della divisione "Ferrara". I1 reparto, assegnato alla difesa del settore nord del presidio di Berane, eh-

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be il battesimo del fuoco appena tre giorni dopo, allorchè i tedeschi investirono la città. Dopo altri quattro giorn i di lotta il comando della "Venezia", adeguandosi alla tattica della guerriglia imposta dalla nuova situazione in cui era venuto a trovarsi, ordinava lo sgombero di Berane ed il ripiegamento sulle montagne. Era i120 ottobre 1943, quando cessavano di esistere le ultim e formazioni organ iche delle forze armate italiane in terra balcanica.

J O. T1 comando superiore R. guardia di finanza d'Albania.

Il comando del gru ppo d'armate es t, con sede a Tirana, aveva giurisdiz ione sulla 9' armata, dislocata in Albania e sui Corpi d 'arm ata VI ( in Erzegovina e nella Dalmazia meri dionale) e XIV (in .l\1ontenegro).

Come si ricorderà l'o rganizzazion e della R. guardia di finanza in Albania era stata rimaneggiata alla fine del 1942, ed a11'atto dell'armistizio comprendeva un comando superiore (gcn. di brigata Michele Di Gaetano) c due legion i (di Scutari e di Tirana), ciascuna delle quali aveva alle dipendenze battaglioni territoriali - corrispondenti per struttura e funzioni ai ''circoli" esistenti in Italia- e battaglioni mobilitati (Ili, VII c XV), dislocati n elle provincie già jugoslave del Kossovo e del Dibrano, annesse al regno d'Albania.

111 · settembre 1943 il generale Di Gaetano avrebbe d ovu to cedere il comando al collega Bagordo, per sostiLUirlo alla zona di Trieste. Anche il colonnello Palandri, dopo quattro anni e mezzo di ininterrotta presenza in Albania, stava per ri cevere il cambio dal colonnello Fantapiè, di cui avrebbe preso il posto al comando della legione di Genova. Entrambi gli ufficiali furono colti dagli avvenimenti a Tirana, quando i to ri sostituti erano ancora in Italia.

La sera stessa dell'8 settembre il comando del gruppo d'armate tedesco del sud est si fece vivo da. Salonicco chiedend o il disarmo delle unità italiane contro la promessa di consentirne il rimpatrio. Il gen. Rosi, comandante del gruppo d'armate italiano, tentò di prender tempo, offrendo la consegna delle artiglierie e dei materiali pesanti che non sarebbe stato comunque possibile trasportare in Italia, e nello stesso tempo ordinando l'attuazione delle direttive del comando supremo, che disponevano la progressiva riduzione dell'occupazione alle teste di ponte di Cattaro, Durazzo e Valona, da difendere ad ogni costo per consentire l'imbarco dei reparti verso l'Italia.

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Mentre le trattative erano ancora in corso i tedeschi ruppero gli indugi ed il mattino dell'l l settembre catturarono il gen. Rosi con i suoi ufficiali.

La decisione toccava ora al generale Dalmazzo, comandante della 9' armata. La grande unità aveva giurisdizione sul territorio del regno d'Albania, comprese le province recentemente annesse; la stessa, quindi, del comando R. guardia di ftnanza di Tirana, che del resto costituiva comando d'arma alle dipendenze dell'armata.

Quest'ultima comprendeva: il IV C.A., con comando a Durazzo e giurisdizione sulle divisioni di fanteria schierate nell'Albania occidentale e meridionale: "Perugia" (Argirocastro); "Parma" (Valona) e "Brennero" (presso Durazzo); il XXV C.A. (Elbasan), con le divisioni stanziate nell'Albania orientale: "Arezzo" (Korçe) e "Firenze" (Dibra);

il settore Scutari, con la d.f. "Puglie" ed elementi della G.a.F. Dipendevano inoltre dal comando di armata il "Raggruppamento unità celeri", composto da reparti di cavalleria, dei bersaglieri e della M.V.S.N., la difesa territoriale di Tirana e, per le questioni attinenti alla difesa terrestre, il comando militare marittimo (Durazzo) ed il comando aeronautica dell'Albania (Tirana).

La notizia della cattura del comando gruppo d'armate est fu appresa dal gen. Dalmazzo quando la situazione dell'armata era già gravemente compromessa. Nel mattino dellO i tedeschi si erano impadroniti del porto di Durazzo dopo un breve conflitto a fuoco e, mentre le unità italiane tentavano di concentrarsi nelle zone loro assegnate in base alle direttive impartite dal gruppo d'armate, colonne motorizzate della Wehrmacht avevano occupato Elbasan e Va]ona e puntavano su Tirana.

Reparti albanesi si erano ammutinati passando ai tedeschi e molti militari italiani lasciavano le proprie unità per unirsi ai partigiani.

A mezzogiorno dell'l l settembre, poco dopo la cattura del gen.

Rosi, Dalmazzo fu convocato dal gen. Rendulic, comandante della 2• armata corazzata germanica, il quale gli comunicò "che tutto il Gruppo d'Armate era da considerarsi prigioniero e che le truppe italiane doveva-

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no per via ordinaria avviarsi alle stazioni di carico in territorio jugoslavo" (282).

Il mattino successivo il comando della 9' armata diramò l'ordine per il disarmo delle unità dipendenti e l'avviamento d el personale ai campi d'internamento.

Tra l'altro, l'ordine minacciava l'applicazione della legge marziale tedesca e la fucilazione per chiunque fosse giunto a destinazione senza l'arma individ uale; in caso di sottrazione o deterioramento di arm4 munizioni o automezzi, oltre ai responsabili sarebbero stati passati per le armi un ufficiale del comando e 50 uomini della stessa divisione (283).

TI generale Di Gaetano aveva diramato alle 14,30 del9 settembre il fonogramma cifrato n. 2168, con il quale era stato confermato l'ordine per i comandi di battaglione di attenersi alle disposizioni che sarebbero state emanate dai comand i di divisione d ai quali essi dipendevano per l'impiego. Dopo, l'azione del comando superiore R. guardia di fmanza d'Albania fu in pratica circoscritta alla zona di Tirana, anche per l'impossibilità di comunicare con i comandi dipendenti (284).

Ricevuto l'ordine di movimento imparti to dal comando di armata, il generale dispose la costituzione di un battaglione di formazione, nel quale furono inquadrati tutti i militari del Corpo in servizio nella capitale e quelli affluiti dai reparti vicini. I documenti riservati furono distru tti, i materiali e le caserme passati in consegna all'ufficiale di nazionalità albanese più elevato in grado. Lo stesso mini stro delle finanze del governo di Tirana- il quale si era affrettato a mettersi a disposizione del nuovo occupan te - visitò il comando per rendersi conto dell'entità dei mezzi che gli venivano ceduti.

n"movimen to verso nord-est" delle truppe d ella 9' armata iniziò il 18 settemb re. I militari italian i erano convinti di intraprendere una marcia di trasferimento verso le stazioni ferroviarie, dove ritenevano li attendessero i treni che li avrebbero ricondotti in patria.

Erano preoccupati, piuttosto, per la possibilità di attacchi da parte dei partigiani che desideravano impadronirsi delle loro armi, possibilità (282) USSME ~Le Ope razioni delle unità italiane, ecc.~ · pag. 376.

(283) G. LOMBARDI: ~L'8 settembre fuori d'ItaliaH, Milano 1966 - pag. 288.

(284) Relazione del gen. Michele Di Gaetano in data 19.10.45 - Doc. n. 99.

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che aveva indotto il comando tedesco a lasciare agli uomini l'armamento individuale, olu·e a cinque fucili mitragliatori per ciascuna compagnia. n battaglione della R.G.F., al comando del ten. col. Luigi Sechi ( comandanti di compagnia i capitani De Caterini, Ingrosso e Veca) lasciò Tirana alle 4 d el 19 settembre, inquadrato nella colonna agli ordini del colonnello Gamucci, già comandante della legione carabinieri di Tirana.

D colonnello Palandri, avendo ricevuto dal comando di armata l'ordine di recarsi alla stazione ferroviaria di Bitoli, in territorio bulgaro, per allestirvi una base logistica, parù in auto la mattina del giorno 20, insieme al gen. Di Gaetano. Giunti a Struga, presso il confme bu1garo,i due ufficiali si unirono al comando XXV corpo d'armata, in sosta nella stessa località, con il quale furono catturati il 23.

La colonna raggiunse Struga tre giorni dopo, al termine di una marcia rovinosa, durante la quale era stata oggetto di continui attacchi partigiani. In un combattimento presso Qafa Thanes lo stesso col. Gamucci era stato catturato e fucilato con un gruppo di ufficiali e sottufficiali dell'arma.

Si trattava ormai di una massa di uomini sfiniti e demoralizzati, che non fu difficile disarmare e stipare sui carri ferroviari che dovevano condurli ai campi di internamento in Polonia.

La caduta dei comandi di Tirana provocò la disgregazione della struttura militare italiana in Albania e rese praticamente autonomi i comandi di divisione, dai quali dipendevano i battaglionj della R. guardia di finanza.

A Valona una brigata corazzata tedesca proveniente dalla Grecia entrò in città verso l'una del mattino del l O settembre, e si impadronì del porto senza reazioni da parte dei militari italiani, i quali avevano ricevuto dal comando di presidio l'ordine di non creare incidenti.

Il comandante del battaglione R.G.F., magg. Vincenzo Erra, con i sottotenenti Ughi, Tortelli e Meliconi e tutto il personale italiano del reparto, fu condotto. in un campo a circa venti chilometri a nord est della città, nella valle della Shushiça, dove erano stati raccolti circa ottomila ufficiali e soldati della divisione "Parma" e del presidio di Valona.

In città rimasero i finanzieri albanesi, con il comandante della compagnia, capitano Tusha.

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Il14 i prigionieri ricevettero il preavviso per la marcia verso la stazione di Bitolj, che avrebbe dovuto iniziare il mattino successivo, ma nella notte il campo fu attaccato dai partigiani albanesi. I tedeschi si difesero accanitamente ma non riuscirono ad evitare l'evasione in massa degli internati.

l sottotenenti Ughi e Tortelli riuscirono a raggiungere Santi Quaranta ed a rientrare successivamente in Italia, mentre Meliconi con una ventina di finanzieri si portò sulle montagne, unendosi poi ad un gruppo di militari del 129° fanteria provenienti da Argirocastro.

In quest'ultima città la divisione "Perugia", al comando del generale Chiminiello, si era difesa fino al 14 settembre contro l'attacco dei tedeschi e dei nazionalisti albanesi, respingendo le intimazioni di resa. Era stata poi formata una colonna di sole truppe appiedate di cui fecero parte i finanzieri al comando del ten.col. Murgia, per tentare di raggiungere la costa marciando attraverso le montagne.

Il 22 fu raggiunto il porto di Santi Quaranta, che era stato sgombrato dalle truppe italiane fin dal giorno 13, per un accordo stipulato con i partigiani, in base al quale l'intero presidio era stato autorizzato a trasferirsi nella vicina isola di Corfù, dove si pensava di poter resistere più agevolmente in attesa di uno sviluppo favorevole della situazione generale. Il personale italiano della R.G.F. (quello albanese rimase in posto con il comandante della compagnia, della stessa nazionalità) era stato raccolto dal sottotenente Danilo Scalabrini, utilizzando anche la motolancia "ML 66", poi riparata in Italia, e quindi trasferito sull'isola con un motoveliero, sul quale presero posto anche i finanzieri del plotone di Konispoli, i carabinieri ed i direttori della banca d'Albania e della dogana con le rispettive famiglie.

Nella stessa sera del 22 settembre circa duemila uòmini della "Perugia" si imbarcarono per l'Italia su due pirosacafi partiti dalla Puglia, ed altri quattromila circa furono tratti in salvo due giorni dopo da un convoglio. Ma il25 settembre la guarnigione di Corfù si arrese ed il comando supremo, ritenendo non più utilizzabile il porto di Santi Quaranta, ordinò da Brindisi alla divisione di spostarsi più a sud, a Porto Palermo.

La marcia fu iniziata il26, dopo che era stato respinto un tentativo di sbarco tedesco, e si concluse dopo quattro giorni di continui combattimenti; per aprirsi la strada il comando di divisione fu costretto a chiedere l'aiuto dei partigiani, cedendo loro le armi.

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A Porto Palermo giunse così una massa di uomini stremati e disarmati. n gen. Chiminiello si rese conto che la possibilità di ricevere soccorsi dall'Italia era ormai tramontata e lasciò liberi i propri dipendenti di regolarsi come meglio credessero.

Egli si consegnò ai tedeschi, i quali il5 ottobre lo fucilarono a Santi Quaranta con altri 120 ufficiali della divisione.

Esecuzioni collettive si verificarono anche a Porto Palermo, dove cadde tra gli altri il col. Lanza, comandante del 129° fanteria, ed a Kucj, dove furono uccisi altri 37 ufficiali che avevano cercato di sfuggire alla cattura dandosi alla montagna. Era il gruppo cui si era unito il sottotenente Meliconi che, messo in riga per la fucilazione, fu all'ultimo momento risparmiato ed inviato a] campo di Florina, dove venivano concentrati ]a maggior parte dei militari italiani catturati nell'Albania meridionale ed in Grecia (285).

Le divisioni del XXV C.A. dislocate nell'interno dell'Albania a notevole distanza dalla costa potevano considerarsi condannate in partenza.

n comando della "Arezzo", alle cinque del mattino del 9 settembre ordinò il concentramento nella conca di Korçe di tutte le unità dipendenti, compreso il battaglione territoriale della R.G.F., il quale doveva però lasciare in posto i distaccamenti schierati lungo la frontiera bulgara.

A mezzogiorno fu disposto il ritiro anche di questi reparti, mentre il comando di divisione diramava l'ordine n. 02/ 2930, concernente il trasferimento della grande unità nella zona di Elbasan; il battaglione della R.G.F. sarebbe stato inquadrato nella terza colonna, con quello dei carabinieri ed il personale dei servizi.

Contemporaneamente fu anche disposto il ritiro delJe mitragliatrici in dotazione. Il comando di corpo d'armata aveva infatti raggiunto un accordo con quello della l 00" divisione tedesca, in afflusso dalla Grecia, in base al quale alle truppe italiane sarebbe stato consentito l'uso delle rotabili che adducevano alla costa, previa la consegna delle artiglierie e delle armi pesanti.

Il movimento avrebbe dovuto avere inizio il mattino dell' Il settembre, ma fu bloccato poche ore prima da un contrordine dello stesso comando di C.A ..

(285) Re lazione d el ten. Amos Meliconi in data 20.9.45 · Doc. n. l 00.

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La situazione era ormai precipitata, e l'accordo con i tedeschi era stato superato dagli avvenimenti di Tirana.

Nei giorni successivi anche la "Arezzo" ricevette gli ordini dell'armata per il "movimento verso nord-est", ma in pratica il comando cessò di funzionare, dopo che erano stati arrestati il comandante, il capo di stato maggiore ed i comandanti di reggimento. Il campo di aviazione di Korçe si andava affollando di militari di tutti i corpi che ripiegavano dai presidi minori, in parte disarmati dai tedeschi durante la marcia, in parte aggrediti dai partigiani. ll ten.col. Giuseppe Puccio mise in libertà il personale albanese, cercò di ricostituire il battaglione con i soli finanzieri italiani, e la mattina del20 settembre iniziò la marcia verso Florina e la prigionia (286).

L'altra legione della R. guardia di finanza d 'Albania, quella di Scutari, era comandata interinalmente dal relatore, ten.col. Ferruccio Urbano, essendo il colonnello Demichelis ricoverato in ospedale a Tirana perchè ammalato di tifo. Il battaglione alla sede era agli ordini del maggiore Loro Kodheli, unico ufficiale superiore di nazionalità albanese in servizio nella R.G.F., il quale alla notizia dell'armistizio si eclissò come del resto la maggior parte dei suoi connazionali, già in fermento dopo gli avvenimenti successivi al 25 luglio.

I tedeschi, ai quali si affiancò subito la gendarmeria albanese, assunsero il controllo della situazione a Scutari già dal giorno 9, mentre secondo gli ordini impartiti dal presidio italiano veniva attuato il recupero del personale dei reparti minori dislocati in sedi esterne. L'operazione, resa difficile dall'insicurezza delle vie di comunicazione e dalla paralisi dei collegamenti interrotti fin dal 9 settembre, fu completata nei due giorni successivi per la quasi totalità dei reparti del battaglione territoriale, ad accezione della compagnia di Tusi, il cui comandante, cap.Pasquale De Angelis attardatosi per attendere gl i uomini di alcuni distaccamenti isolati, si trovò chiusa dai partigiani la via per Scutari e, con una ventina di finanzieri, decise di passare il confine montenegrino; dopo alcuni giorni di marcia in montagna giunse a Podgorica, dove si aggregò alla 2"/II/ RGF. A Scutari intanto fu costituito un battaglione di formazione con circa duecento finanzieri, i quali, con le altre truppe del presidio, mossero all'alba del 17 settembre per la stazione ferroviaria di Ferizai (Urosevac).

(286) Relazione del ten.col. Giuseppe Puccio.

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TI comando di legione, come si è detto, inquadrava anche i tre battaglioni mobilitati dislocati nel Kossovo e nel Dibrano, annessi al regno d'Albania dopo la disfatta jugoslava. I1 comandante del XV, ten. col. Antonio Frattasio, dalla sede di Peja, dopo aver raccolto la maggior parte del personale distaccato, tentò di portarsi a Prizren, dove cercava di concentrarsi la divisione "Puglie" da cui dipendeva, ma vistasi sbarrata la strada da formazion i mu su]mane al servizio dei tedeschi, entrò in Moncenegro, giungendo la sera stessa del 9 settembre ad Andrijevica.ll 12 settembre due plotoni del battaglione, al comando dei sottotenenti Carofiglio e Fedele, furono impiegati con una compagnia dell a G.a.F. per sbloccare il presidio di Plava, accerchiato da albanesi filo-tedeschi.

All'inizio di ottobre il battaglione si trasferì a Berane, per seguire le vicende della divisione "Venezia" e poi della divisione partigiana "Cari baldi".

I componenti del VII bauaglione, con sede di comando a Prizren, furono catturati ed internati quasi al completo, dopo esser stati costretti a difendersi per diversi giorni dai collaborazionisti albanesi.

A Dibra il comando della divisione "Firenze" ordinò il ritiro dei reparti sch ierati lungo la frontiera bulgara alle 13 del 9 settembre, e lasciò quindi la città per raccogliere le unità dipendenti ne1la zona di Burreli. Il movimento fu eseguito anche dai finanzieri del battaglione territoriale di Dibra, mentre quelli de] III battaglione mobilitato, con sede di comando a Tetovo, incontrarono notevoli d ifficoltà nell'azione di ripiegamento dalle posizioni eli confine. La 2• compagnia, acl esempio, si mise in marcia con le truppe del presidio di Kiccvo, al comando del maggiore della G.a.F. Barbato, responsabile del sottosettore di copertura. C iunta a Dibra, la piccola colonna trovò la città occupata dai partigiani, e soltanto dopo lunghe trattative, con l'aiuto dell' ufficiale inglese capo della missione eli collegamento con l'esercito eli liberazione albanese, riu scì ad avere via libera e fu in grado di congiungersi il 13 settembre a Burreli con il grosso della divisione.

Il comandante del ID battaglione, maggiore Giorgio Viarengo, scelse intanto la strada della collaborazione con i tedesch i, ed all'una eli notte del l O settembre passò con la propria autovettura la frontiera bulgara, abbandonando il reparto (287).

(287) Relazio rte del s.ten. Franco Scvcrati in data 18.8.45.

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l finan zieri raccoltisi nella zona di concentramento della "Firenze" a Burreli costituirono un battaglione, di cui ass unse il comando il capitano Angelo Di Petrillo.

il reparto partecipò alle vicende d ella divisione '"Firenze", condotta dal suo comandante, gcn. Azzi, alla lotta aperta co ntro i ted eschi, al fi anco dell'esercito popolare di liberazione albanese.

In un primo tempo fu coltivato il progetto ambizioso di una marcia su Tirana, per raggiungere successivamente Durazzo c la via dell'imbarco verso l'llalia. Fu così costituita una base di operazioni nella zona di Qafa Sthames, d all a qual e la divisione mosse all a conquista di Kruja. La ciuà fu occupata il 21 se ttembre, sloggia ndone il presidio tedesco, ma due giorni dopo il nemico tornò in forze e costrin se i difensori a sgombrare. Il b attaglione di formaz ione dell a R.G.F. partecipò attivamente ai combattimenti, particolarmente aspri per la consapevolezza della sorte che sarebbe toccata ai mi litari italiani, una volta ca tturati. La 2" co mpagn ia, al comando del capita no Raimondo Spano, rimasta isolata ripiegò "Il una compap;nia di rincalzo costituita di fanti della di,,isione "Arezzo,., della quale pure il capitano Spano as!:>unse il comando, continuando a resistere fino all'esau ri mento delle munizioni (288).

Al contrario di quanto era accaduto in altre località la battaglia di Kruja non diede luogo a rappresaglie particolarmente efferate da parte tedesca. l prigionieri catturati furono condotti a Scutari e di qui ai campi di internam e nto, come co loro che non avevano opposto res istenza.

L'orma i avvenuta ~ta bilizzazione dell'occu pazione tedesca in Albania indusse il generale Azzi a rin unciare al proprio progetto, cd il 28 sette mbre, con il consenso de lla missione britannica presso il co mand o partigiano, costituì il "Coma ndo truppe italiane della montagna·', che proseguì la lotta fino alla liberazione del paese. ei giorni immediatamente successivi all a proclamazione dell'armistizio il comando militare marittim o dell'Albania, attenendosi agli o rdini impartiti dal comando del gruppo d'arm ate che stava trattando con i tedeschi- ed in contrasto con le di sposizion i e manate da Supermarina, che imponeYano di tentare il trasferimento in porti sotto controllo alleato - aveva vietato la parte nza delle unità navali dalle basi albanesi.

(288) Relazi ont• de l capitano Raimondo Spano in data 8 agoo,to 1944 - Doc. 11. 10 1.

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Andarono così perdute, per il successivo precipitare d egli avvenimenti la moto barca MB 14, agli ormeggi nel porto di Durazzo e, naturalmente, qu elle operanti sui laghi di confin e: le motolance ML 28 e ML 46, inqu adrate nel gruppo lance armate della R. marina basato a Scu tari c le imbarcazioni di slocate nei laghi di Ohrida e di Prespa affond ate per ordine del comando del battaglione di Korçe da cui dipendevano.

Nella notte sull' l l settembre, mentre erano in corso le trattative per la consegna d ella base navale di Saseno, all'imboccatura della rada d i Valona, i marinai in servizio su11'isola si impadronirono dell e imbarcazioni in grado di prendere il mare, e fuggirono verso l'Italia; fece così anche l'equipaggio del rimorchiatore ''R 7", costitui to da personale deJia R.C.F., che giunse a Brindisi nello stesso giorno.

Anche la maggior parte dei finan zieri della stazione naviglio di Durazzo riu scì a rientrare in patria elud endo la vigilanza ted esca, dopo il consolidamento d ell'occupazione (289).

Il. La R.G.F. in Grecia cd in Egeo.

La Grecia era presidiata dall'l l armata, dalla fin e di luglio passata alle dipendenze del comando gruppo d'armate tedesco del su d-est, con sede a Salonicco.

La grande unità comprendeva i Corpi d'armata XXVI (in Epiro cd a Corfù), VIII ( in Acarnania, in Etolia c nelle isole eli Cefalonia e di Santa Maura) e Hl (in Tessaglia, Attica ed Eubea), nonchè il LXVll C.A. tedesco, dislocato nel Peloponneso. Quest'ultima unità comprendeva anche le divisioni di fanteria italiane "Piemonte" e "Cagliari", così come i corpi d'armata italiani includevano divisioni tedesche. Dipendevano direttamente dal comando di gruppo d'armate le truppe stanziate nell'isola di Creta. n forte frammischiamento dei reparti appartenenti ai due eserciti agevolò sensibilm en te l'ass unzione del controllo da parte del comando germanico, che disponeva di forze dotate di maggior dinamismo e già da tempo orientate a far fronte ad un rapid o cambiam ento di situazione.

(289) La fuj;a fu organizzata dai mare~cialli Frderico ~1 anoni, comandante d t> Ila squadriglia, ed Abdon Va numi, direttore dell'officina, i quali allestirono clandestinamente un ba n ello a remi che raggiunse Briudisi l' l l o trobre reca ndo a bordo 241ì nanzicri al comando de l ~ottobri gadicre Rosario Lambrrto. Dopo aver messo in salvo i propri dipt>ndenti, i due marescialli lasciarono Durazzo su un piccolo fuoribordo. con il quale raggiunst>ro la costa puglic~e dopo aver fano naufragio per due volte. Il 26 dicembre 1943 il pt>rsonalc della mo10lancia ~l L 59, pure cattu rata a Durazzo, riuscl ad impadronirsi dell'unità ecf a prendere il mare, andando ad incagliarsi presso S. Catald o di Lecce (LJSSMM - Op.cit. png. 159).

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La notte tra 1'8 ed il9 settembre trascorse in febbrili trattative tra il comando di armata in Atene e quello germanico di Salonicco, finchè il mattino successivo il generale Carlo Vecchiarelli acconsentì al disarmo dell'intera grande unità, che i tedeschi promettevano di trasferire in Italia al più presto.

Gli ordini furono diramati ai comandi dipendenti nella stessa mattinata del 9, ma in varie località il loro arrivo fu preceduto dall'iniziativa degli ex-alleati. A Nauplia, ad esempio, gli ufficiali furono catturati alle sette di mattina, mentre erano a rapporto al comando di presidio. Finl così internato anche il capitano Raffaele Scala, comandante della 2• compagnia del V/ RCF. 11 colonnello Lauro Sinicato, comandante della R. guardia di finanza della Grecia, fu fatto partire con due ufficiali l'Il settembre, con il primo convoglio ferroviario diretto ai campi d'internamento. Il rimanente personale del Corpo in servizio ad Atene (due ufficiali, 18 sottu fficiali e 38 finanzieri) segul quattro giorni dopo, conservando l'armamento individuale, ritirato solo al momento del passaggio della frontiera austriaca.

Il comandante dell'VIII battaglione, a Gianina, ricevette l'ordine di disarmo nel corso di un rapporto tenuto dal comandante del XXVI C.A., gen. Della Bona. Il reparto rimase in attesa di ordini fino all3, giorno in cui, con le altre truppe del presidio, iniziò la marcia verso la stazione ferroviaria di Florina.

Ovunque la preoccupazione principale per i comandanti sembra esser stata il recupero dei presidi minori, esposti alla minaccia partigiana. Anche in Grecia, la marcia verso le stazioni di carico dei trasporti ferroviari fu affrontata generalmente con tranquillità, nella persuasione che si trattasse della fase iniziale del movimento per il ritorno in Italia.

Non mancarono tuttavia episodi di resistenza. Il comandante del plotone di Missolungi dell'VIII battaglione, ten. Mario Re, ricevuto l'ordine di consegnare le armi riunì i propri dipendenti e comunicò loro l'intenzione di raggiungere i partigiani.

Lo seguirono in dieci, circa la metà del reparto. La stessa decisione fu anche presa dal ten. Mario Majorana, sempre dell'VIII btg. e da numerosi altri militari della R.G.F. nel Peloponneso e nella Grecia continentale.

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L'episodio di maggior rilievo fu costituito dalla serie di combattimenti sostenuti contro i tedeschi per tutto il mese di settembre dalla divisione di fanteria "Pinerolo", dislocata in Tessaglia, ai quali partecipò attivamente la 2' compagnia del XIII battaglione di stanza a Volos a comando del capitano Luigi Miccichè. Il prestigio acquisito dal reparto fu tale da farlo escludere dal disarmo delle truppe italiane disposto a metà ottobre dal comando partigiano.

Il maggiore Vittorio Martelli, in attesa di rimpatrio dopo aver ceduto il comando del battaglione al ten.col. Modugno, si diede alla montagna con un gruppo di finanzieri, ma non riuscì ad inserirsi nella resistenza e fu infine catturato in dicembre (290).

La situazione dei presidi dislocati nelle isole greche sembrò offrire inizialmente migliori prospettive, poichè si pensava che gli alleati, che esercitavano sul mare un controllo praticamente incontrastato, non avrebbero tardato a far giungere i rinforzi necessari ad alimentare la difesa.

Sia nelle isole jonie che in Egeo, quindi, alcuni comandanti respinsero le intimazioni di disarmo ed opposero resistenza alle azioni di forza intraprese dai tedeschi.

A Creta il rapporto di forze era invece favorevole agli ex-alleati, poichè le unità inquadrate nel "Comando truppe italiane Creta", a sua volta dipendente dal comando german ico della "Festung Kreta", occupavano soltanto l'estremità orientale dell'isola. Il XVI battaglione della R. guardia di finanza, inserito nella LI brigata speciale "Lecce", aveva il comando e le prime due compagn ie a Kandras, nell'interno, da dove aveva distaccato nuclei con compiti di difesa costiera lungo il litorale, ritirati ne11a giornata de] 9 settembre. Una terza compagnia era stanziata presso Ierapetra per la vigilanza ai magazzini della brigata, mentre un plotone autonomo era a S. Nicola con compiti di polizia.

Dopo alcuni giorni trascorsi in attesa di ordini -durante i quali furono peraltro versate al comando del 265° fanteria le armi collettive- il mattino del 13 settembre il magg. Sebastiano Scirè, comandante del XVI/RGF, fu convocato a Sitia dove il comandante del265°, ten.col. i.g.s.

(290) Rimpatriato per le sue precarie condizioni di salute, il magg. Martelli fu fucilato dai tedeschi nel corso di una rappresaglia il 31 luglio 1944, mentre si trovava presso la propria famiglia a Subbiano (A rezzo).

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Giorgio Lodi, gli trasmise l'ordine di trasferire il reparto a Retimo, nella zona controllata dai tedeschi, dove i militari sarebbero stati disarmati ed avviati in Italia. Ma nello stesso tempo Lodi manifestò l'intenzione di non ottemperare all'ordine, conseguente agli accordi intercorsi tra il C.T.I.C. ed il comando germanico, e di raccogliere gl i uomini disposti a seguirlo in una zona impervia dove fosse più facile la difesa contro i mezzi corazzati, per attendere gli alleati collaborando con i partigiani. Al magg. Scirè, dichiaratosi pronto ad unirsi a lui con i suoi finanzieri, il ten.col. Lodi diede incarico di predisporre il concentramento delle truppe proprio nella zona di dislocazione del battaglione, adatta allo scopo.

Ma appena rientrato a Kandras l'ufficiale della R.G.F. non tardò a rendersi conto che la resistenza locale non aveva alcuna intenzione di sfidare la rappresaglia tedesca prima di un consistente sb arco angloamericano. li progetto del ten.col. Lodi tramontò quindi prima ancora di avere avuto un abbozzo di esecuzione, anche perchè la truppa, posta davanti all'alternativa tra il rimpatrio subordinato al disarmo e la lotta contro i tedeschi, dimostrò chiaramente di preferire la prima soluzione (291 ).

Nei giorni seguenti il XVI battaglione si mi se in marcia per la zona di conce ntramento di Vassiliki, dove affluirono anche la 3" co mpagnia ed il plotone autonomo di S. icola. Respinta una proposta di col laborazione formulata dal comando della 22· divisione tedesca, anche gli ufficiali furono privati della piste la e separati dai sottu fficiali e dai finanzieri.

1123 settembre i resti del XV l battaglione furono trasferiti. ad lraklion ed imbarcati per il Pireo, dove giunsero il25, per proseguire verso Biala Podal ka, in Polonia.

J1 trasferim ento da Creta al continente era stato funestato dal naufragio per siluramento, avvenuto nella notte sul 18 settembre, della motenave "Sinfra", nel corso de l quale trovarono la morte parecchie centinaia di militari italiani, compresi numerosi finanzieri.

Più comp lessa e destinata ad un tragico epilogo, la vicenda dei presidi italiani nelle Isole J onie, dove la ridotta consistenza degli clementi ted eschi indu ceva ad assegnare in partenza ragionevoli probabilità di successo alla difesa.

La responsabilità di quest'ultima non era attribuita con criteri uni(29 1) Relazione compilata dalmagg. Sebastiano Scirì: in data :3 agostO 1945.

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tari. li comando della d.f. "'Acqui", con sede ad Argostoli, aveva infatti alle dipend enze soltanto i presidi dislocati a Cefalonia, Corfù, ltaca ed in altre isole minori, mentre qu ello di S. Maura era inquadrato nella d.f.

"Casale", con comando a Missolungi, e quello di Zante nella d.f. "Piemonte", co n comando a Patrasso. Le prime du e divisioni dipendevano dal comando dell'VIII C.A. (Agrinion), la "Piemonte" era inquadrata nel LXVIII C.A. tedesco, responsabile della difesa del Peloponneso.

Tale situ azione non agevolò l'assunzione da parte italiana di un atteggiamento univoco di fronte all'intimazione di disarmo fatta dai comandi tedeschi già dal mattin o d el 9 settembre. I presidi di Santa Maura e di Zante ottemperarono all'ordine impartito dal comando dell' l l ' armata, trasmesso dai rispettivi co mandi di divisione, e non opposero resistenza (292).

La "Acqui" invece, dopo qualche esitazione, scelse la strada della difesa ad oltranza delle isole di Cefalonia e Corfl.t, conclu sasi, per l'efferatezza d ella rappresaglia tedesca, con una delle pagine più tragiche della seconda guerra mond iale.

Tutti i reparti d ella R. guardia di finanza dislocati nelle isole jonie facevano capo al comando d el l battaglione mobi litato, ubicato a Corfù, al quale dalla metà di agosto era preposto il capitano i.g.s. Luigi Bernard.

Era un reparto molto numeroso- circa un migliaio di uomini, ripartiti in cinque com pagnie, stanziate a Corfù (l" e 3'), S. Maura (2') Cefalonia ed Itaca (4") e Zante es·)- al quale, per il particolare regime politico imposto dal governo italiano all'arcipelago, er ano stati attribuiti compiti di istituto ed anche funzioni proprie dell'amministrazione finanziaria civile, a differenza di quanto avven iva per le altre unità dislocate in Grecia.

D 13 settembre il contingente della R.G.F. presente a Corfù aumentò di un centinaio di unità, per l'arrivo sull'isola del personale sgombrato da San ti Quaranta.

All'annuncio dell'armistizio anche nell' isola seguirono giorni di in certezza, punteggiati daii'arrivo di ordini contradditori impartiti dai comandi italiani in Grecia e dal comando supremo di Brindisi, e da intimazioni di resa recate d a parlamentari tedeschi, accompagnati anche da ufficiali italiani, tra i quali il capo di S.M. del XXVI C.A..

(292) Il comandante del presidio di Santa Maura, che ~ i era opposto al disarmo, fu immediatamente passato per le armi.

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Il mattino del9 il capitano Bemard inviò a tutti i reparti dipendenti l'ordine di attenersi alle disposizioni che sarebbero state impartite dai comandi di presidio. Poi non fu più in grado di comunicare, essendo interrotti i collegamenti telefonici.

Nello stesso giorno il comando marina ordinò la partenza di tutte le unità navali in grad o di raggiungere l'Italia; lasciarono l'arcipelago le motovedette "Caron" c "Spanedda", le quali giunsero prima di sera rispettivamente a Brindisi ed a Taranto. l primi scontri con i tedeschi si verificarono all'alba dell3 settembre, ed alle 7,45 il colonnello Lusignani, comandante dell8° fanteria e del presidio dell'isola, dopo un pesante bombardamento aereo, ordinò di iniziare le operazioni contro le truppe germaniche presenti a Corfll e di aprire il fuoco contro navi ed aerei della stessa nazionalità che tentassero di avvicinarsi. Al capitano Bemard fu affidata la difesa del porto ed il compito, assolto senza difficoltà, di provvedere al disarmo ed alla custodia del distaccamento tedesco che vi era dislocato.

Verso le 22, mentre era in corso lo sbarco del presidio di Santi Quaranta, l'abitato di Corfù fu sottoposto ad un nuovo intenso bombardamento, durante il quale trovò la morte il capitano Francesco Cultrona, comandante della l · compagnia dell/RGF. La cittadina si trasformò in un rogo e la sede del comando di baltagliene dovette essere abbandonata, mentre i finanzieri, compresi quelli giunti dall'Albania, provvedevano con grave rischio alJ o sgombero di un deposito di munizioni ubicato presso il porto.

Il mattino successivo fu affidato al capitano Bcrnard il comando della "Fortezza nuo\ a'', dove trasferì la sede del comando, e nella quale erano custoditi circa quattrocento prigionieri tedeschi, e quello della "Fortezza vecchia", dove erano accantonati, oltre ai finanzieri, un centinaio di marinai al co mando di un tenente di vascello e circa duecento artiglieri, con cinque ufficiali, provenienti dalla costa albanese.

Nei giorni successivi le squadre in servizio di difesa costiera a Cassiopì ed a Culura e la motobarca MB 30 concorsero alla repressione di tentativi di sbarco, mentre tutta l'isola era continuamente sottoposta all'offesa aerea nemica.

Il20 settembre il comando di battaglione fu incaricato di prov\ e-

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d ere all'imbarco, su tre velieri, dei prigionieri tedeschi (circa seicento), poi avviati in Italia con una scorta di dieci finanzieri e di altrettanti carabinieri.

L'attacco ebbe inizio nella notte sul24 settembre, con lo sbarco di un gruppo tattico nella laguna di Corissa, nella parte meridionale dell'isola, cui seguì l'eliminazione delle batterie costiere italiane. Altri due gruppi tattici presero terra nella notte successiva, ed il25 svilupparono un attacco convergente su Corfù, dove entrarono nel pomeriggio, ponendo termine alla resistenza.

Il colonnello Lusignani era già stato fucilato subito dopo la cattura, e la stessa sorte subì il colonnello Elio Betti n i, comandante de149" fanteria, che aveva diretto il trasferimento delle truppe da Santi Quaranta. Gli ufficiali passati per le armi dopo la resa furono una trentina, ma non sono noti dati definitivi.

n cap. Bernard fu rinchiuso con la maggior parte degli altri ufficiali nella fortezza nuova, e trasferito ad lgoumenitsa e poi ai campi di internamento ai primi di ottobre. Molti militari però, tra cui numerosi finanzieri, rimasero all a macchia con l'aiuto della popolazione civile, ed alcuni riuscirono a raggiungere l'ltalia con mezzi di fortuna. Fu così per i 12 finanzieri del distaccamento di Cassiopl, i quali al comando del finanziere Calogero Condemi si impadronirono di una barca a vela ed arrivarono a Brindisi il30 settembre, dopo aver raccolto il comandante ed altri undici naufraghi della torpediniera "Stocco", affondata nel corso delle azioni per la difesa dell'isola. Nello stesso giorno riuscivano a guadagnare la costa pugliese anche i finanzieri del distaccamento di Culura, al comando del sottobrigadiere Murtas (293).

Su1Je vicend e della compagn ia dislocata a Cefalonia si hanno soltanto notizie frammentarie. l plotoni distaccati in servizio eli difesa costiera parteciparono attivamente ai combattimenti sostenuti daglielementi de1J'esercito cu i erano aggregati, a partire clall5 settembre, data di inizio d ell'attacco in forze tedesco. Come molti dei militari catturati con le armi in pugno, i finanz ieri De Mita, Giovan none e Maglio furono fucilati sul posto. Nel capoluogo di Argostoli, temporaneamente sgombrato dalle truppe italiane, le funzioni di comandante del presidio e di responsabile dell'ordin e pubblico furono assunte dal comand ante della compagnia R. G.F., cap. Francesco La Rosa, che vi provvide con i suoi (293) G. OLI VA - Op. ci t. - pag. 62

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finanzieri sotto l'incessante azione aerea nemica, a causa della quale rimase ferito, tra gli altri, il sottote ne nte Lelio Triolo.

Nel corso delle esecuzioni in massa segu ite alla capitolazione della guarnigione tutti gli ufficiali d ella R. guard ia di finanza furono uccisi: il comandante cap. La Rosa, il sottote nente Cia ncarelli cd il sottote nen tc Triol o, quest'ultimo pre levato dall'ospedale da campo (2 94).

In Egeo, come si ricorderà, i reparti della R. guardia di finanza dipendevano d a un comando retto da un ufficiale superior e (al momento dell'armistizio, il cap. i.g.s. Gaetano Rubino), agli o rdini del comando superior e FF.AA. dell'Egeo e, p er il servizio d'istituto, dal R. governo del possedimento italiano del Dodecanneso. l reparti d islocati fm d al tempo di pace nel territorio sottoposto alla sovran ità italiana erano inquadrati nella com pagnia territoriale di Rodi, comprendente una tenenza (Lero ), u11 nucleo di polizia tributaria investigativa (Rodi) e ventisette Lra sezioni, brigate e distaccamenti. La "compagnia mobilitata de11e isole greche dell'Egeo'', costi tu iw a Syra alla fine del194 L era art icolata in tre tcnenze (Syra, ~asso e Sa mo) e\ entotto brigare, con compiti analoghi a quell i assegnati agl i altri reparti della R.G.F. dislocati in terri torio d'occupazione.

n personale in ~ervizio a Rodi, dopo aver attuato i piani di difesa delle caserme nella notte ~u l 9 settembre, alle 11 del mattino successivo ricevette l'ordine di raggiungere la dislocazione prevista dal progetto di emergenza, il caposald o 11. 4 della cinta difensiva esterna della città, nel qua le doveva esser e attua ta la resistenza ad o ltranza con il rinforzo di un plotone di aYicri e di una squadra di fanti dotata di un cannone cc. da 47 / 32.

11 caposaldo fu prc.,idiato me m re nel resto dell'isola si svolge\ a no combattimenti tra le truppe italiane e qu elle della brigata speciale '"Rhodos" germanica, combattimenti ai quali parte-ciparono i finanz ieri dei reparti dislocati lunp;o la costa.

La resiste nza e- bbe termine alle 11 ,35 d ell' 11 settembre, e l'atto firmato dall'amm. Campioni, comandante superiore in Egeo e governatore del possedimento, previd e esplicitam ente la ronservazione dell'armam ento individuale da parte del personale d elle forze di polizia.

Alle 19 il presidio del caposaldo n. 4 fu fatto rientrare in caserm a, c (294) G. OLIVA- Op. çit

pag. 58.

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dal 13 settembre carabinieri e finanzieri ripresero le loro attività di istituto, alle dipendenze del vice-governatore comm. Faralli, al quale il comando tedesco aveva affidato l'am ministrazione civile del possedimento dopo l'arresto ed il trasferimento in Italia dell'amm. Campioni. A mezzogiorno dell' Il aveva lasciato Rodi con le unità della R. marina, l'unica imbarcazione di crociera della R.G.F. presente in Egeo, la pirovedetta "Postiglioni".

Nei mesi successivi alla capitolazione furono numerosi i tentativi posti in atto da finanzieri, come da altri militari italiani rimasti su ll'isola, di sottrarsi alla collaborazione coatta con i tedC'schi raggiungendo con mezzi di fortuna la vicina costa turca oppure, nei primi tempi, le isole del Dodecanneso non ancora occupate. Il28 settembre, ad esempio, fuggì a Coo, mettendosi a disposizione del comando di presidio, lo stesso comandante della compagnia di Rodi, cap. Carlo Salvato. A dicembre tentò la fuga anche il comandante della R.G.F. dell'Egeo, ma fu arrestato mentre stava per imbarcarsi, insieme agli altri due ufficiali della R.G.F. in servizio a Rodi, sottotenenti di complemento Maggi c Capicci e a due ufficiali medici (295).

Rimasta senza ufficiali, la R.C.F. dell'Egeo fu affidata al sottuffìciale più anziano, m.m. Pio Sorrcntino e, dopo che anche questi riuscì a fuggi re, al maresciallo maggiore Reomaldo Bianchi.

Il personale della R. guardia di fmanza dell'Egeo rimase in posto anche dopo lo sbarco d elJe truppe inglesi (9 maggio 1945) e fu rimparriato nell'estate-autunno deJ l 945, allorchè fu insediata nel possedimento l'ammin istrazione greca.

Caduta la ca pitale, la resistenza continuò in alcune delle isole del Dodecannc o, anche perchè i tedeschi non furono in grado di intervenire immediatamente per carenza di mezzi navali, concentrati nello Jonio.

Lo sbarco di piccoli contingenti inglesi d iede ai presidi l'illusione di poter contare su un vali do sostegno; ma in realtà la strategia all eata prevedeva il concentramento delle forze nell'attacco alla pe ni sola italiana, e l'Egeo fu necessariamente considerato un settore secondario.

Coo, difesa dal 10" fanteria, fu attaccata il 3 ottobre e si arrese il giorno successivo. Il 7 fu respinto un tentativo di sbarco a Simi, ma nella (29.5) Verb3lc d'interrogatorio dd cnp. Rubino Cac-l3nO in data 30 agosto 1945.

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notte sull2 il presidio sgombrò l'isola trasferendosi a Castelrosso, dove era giunto un consistente reparto britannico.

All'inizio di novembre fu la volta di Lero, base navale di qualche importanza, dove i tedeschi presero terra il 12 ed impiegarono quattro giorni per aver ragione della resistenza dei marinai del contrammiraglio Mascherpa.

Anche a Lero i finanzieri, agli ordini del ten. Aristide Guerrasio, dopo aver partecipato alla difesa, furono impiegati in servizio d'istituto (296).

Nello stesso mese si concluse pure la vicenda dei presidi dislocati nelle Cicladi e nelle Sporadi settentrionali, ai quali erano aggregati i finanzieri della compagnia delle isole greche dell'Egeo.

Ad Ermopoli, nell'isola di Spyra, i] tenente i.g.s. Enzo Duchi ricevette dal comandante di presidio l'ordine di continuare ad assolvere i compiti normali, e quando ill8 settembre i tedeschi sbarcarono sull'isola non incontrarono resistenza. Mentre i militari del presidio, disarmati, venivano avviati in continente per proseguire verso i campi di concentramento, il ten. Duchi con i suoi finanzieri riuscì a raggiungere N asso e di qui Lero, aggregandosi ad un gruppo di "commandos" britannici. Da Lero il 2 ottobre fu inviato con un MAS a Samo, dove raccolse i finanzieri dell'isola cui si erano aggiunti quelli del plotone di Nasso, guidati dal sotto tenente Carmelo Troya. A Samo la difesa era diretta dal gen. Soldarelli, comandante della divisione di fanteria "Cuneo". l finanzieri, praticamente tutti quelli della compagnia mobilitata delle iso] e greche dell'Egeo, furono divisi in tre nuclei antiparacadutisti e dislocati in altrettante località utilizzabili quali zone di lancio.

Dopo la caduta di Lero, la sorte delle altre guarnigioni dell'Egeo era segnata, ed il comandante delle forze inglesi, gen. Baird, comunicò al collega italiano l'intenzione di sgombrare il proprio personale. Soldarelli passò allora in Turchia, dove con l'appoggio inglese riuscì ad ottenere il permesso di transito per i propri dipendenti.

Nella notte sul22 novembre 1943 furono così trasferiti sulla costa dell'Anatolia i 4.500 componenti del presidio italiano di Samo. Il ten.

(296) Il tenente Guerrasio, chiamato dal vice-governatore ad assumere il comando della R.G.F. dell'Egeo, trovò la morte il 14 maggio del 1944 per l'affondamento della nave che lo trasportava a Rodi.

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Duchi effettuò il tragitto due volte, portando in sa lvo anche il sottotenente Troya, ammalato (297).

I superstiti della "Cuneo", attraverso il territorio neutrale turco, furono trasportati prima ad Aleppo, poi a Ghaza, in Palestina, dove gli inglesi li trattennero quali cooperatori, insieme a parecchi altri militari itali an i riparati in Turchia da varie isole dell'Egeo. Tra ess i furono tre uffi ciali della R. guardia di finanza (cap. Salvato, ten. Du chi e s.ten. Troya) ed un ce ntinaio tra sottufficiali e finanzieri (298).

A differenza delle unità navali di crociera di slocate nello Jonio, le quati raggiunsero i porti nazionali eseguendo gli ordini di Supermarina in applicazione delle clausole armistiziali, quell e presenti nelle basi del med iterraneo orientale andarono perdute, ad eccez ione d ella "Postiglioni". ll "Comando del Gruppo Navale dell'Egeo Settentri onale" (''Marisud est") con sede ad Atene, aveva alle dipendenze qu attro motovedette dislocate al Pireo (''Manca", "Lombardi", "Nioi" e "Marcomeni") ed una ad lraklion, nell'isola di Creta ("Satta").

Nella notte sul 9 settembre il comandante del gruppo, capitano di fregata Del Grande, respinse le intimazioni fattegli dai rappresentanti tedeschi, ma nel mattino successivo fu costretto ad eseguire l'ordine di cessione delle un ità impartitogli dal comandante dell' Il ' arm ata, gen.

V ecchiarelli. Le motovedette armate con equipaggi della "Kriegsmari ne", fu rono immediatamente impi egate in operazioni. La "Lombardi" fu affondata in azione navale il 20 settembre (299). La "Nioi" e la "Marcomen i" scortarono i trasporti adibiti alllo sgombero del presidio italiano di Creta (300).

Fu pi ù brillan te il destino della "Postiglioni·'. La vecchia unità- varata nell927, aveva un di locamento di l 94tonnellate, apparato motore a ca rbone, scafo in fe rro, cd era armata con un can none da 76/ 40 ed un a mitragli era "Colt", oltre a torpedini e bombe di profondità- uscita dal porto di Rodi alle 14 dell' l l settembre raggiu nse Castelrosso insieme ad (297) Relazione del ten. Enzo Duchi in data 27 ottobre 1945.

(298) C. OLIY A · Op. ci r. - pap:. 84.

(299) USS.\IM- - Fiammt> Gialle ~ul mare~- pag. 223.

(300) Relazione del capitano Teodoro De 1\leo in data 12 dicembre 19"+5.

(301) USSl\J.:\1- -Fiamme Gialle <,ul mare-- pag. 227.

4 16

altre 13 imbarcazioni minori della R. marina, al comando del brigadiere Olivio Mangraviti.

Per ordine delle autorità britanniche presenti sull'isola, la vedetta si trasferì il giorn o successivo a Famagosta e di qui a Haifa, dove giunse alle 11 dell9 settembre, alzando l'insegna del comandante della squadriglia dragaggio di Rodi. La "Postiglioni" fu quindi inquadrata nel "Comando Superiore Navale del Levante", a sua volta dipendente dal comando britannico del Medio Oriente, agli ordini del quale eseguì missioni di carattere logistico toccando i porti di Beirut, Larnaka e Tripoli di Siria.

L'unità continu ò ad operare in Medio Oriente anche dopo il termine della guerra in Europa, e fu autorizzata a partire soltanto ill8 agosto 1945, giungendo a Taranto il l o settembre, sempre al comando del brigadiere Mangraviti.

12. Avvenimenti successivi all'armistizio in Balcania ed in Grecia.

La disgregazione delle forze armate italiane non segnò certo la fine delle ostilità per le decine di migliaia di militari colti dall'armistizio in Jugoslavia, in Albania ed in Grecia.

Soltanto poche unità - le divisioni "Venezia" e "Taurinense" in Montenegro, la "Firenze" in Albania, la '"Pinerolo" nella Grecia orientale -riuscirono a reagire all'attacco tedesco ed al collasso interno, ed a stabilire con i movim enti partigiani locali intese che consentirono di continuare a combattere e di mantenere un minimo di coesione fino al momento del rimpatrio.

L'esempio di maggior rilievo fu dato dalla divisione di fanteria "Venezia", che come si ricorderà comprendeva anche un battaglione di formazione al comando del maggiore Lanzetta, costituito da elementi del VI e del XV battaglione mobilitato della R. guardi a di fmanza, questi ultimi giunti a marce forzate dal Kossovo.

La grande unità, accerchiata a Berane, riuscì il20 ottobre 1943 ad aprirsi un varco ed a raggiungere le montagne. In base agli accordi definiti con i comandi jugoslavi, la "Venezia" si fuse con i resti della "Taurincnse", redu ci dallo sfortunato tentativo di raggiungere la costa a Cattaro, dando vita alla divisione partigiana italiana "Garibaldi", organizzata secondo il modello dell'esercito popolare di liberazione jugoslavo, ormai collaudato da oltre due anni di guerriglia.

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Una delle "brigate" della "Garibaldi", la 2· fu affidata al capitano Leonida Bertè, già comandante della 2•/VI/ RCF; comprendeva anche una compagnia composta interamente da finanzieri, al comando del tenente G.Battista Sobrero, con i sottotenenti Carofiglio, Ciccone, Corbino, Fedele e Ferraro.

Altri finanzieri erano inquadrati nella compagnia comando della brigata, mentre il maggiore Lanzetta, con i rimanenti ed altri giunti successivamente, costituì il comando della base divisionale a Vrulije (302).

La brigata del cap. Bertè fu impegnata immediatamente da forze tedesche provenienti dall'Albania e costretta a continui e rapidi spostamenti in condizioni operative assai difficili, finchè ill4 novembre, dopo aver contenuto per ben sei giorni la pressione avversaria, fu costretta a ritirarsi oltre il fi ume Lim. Fu necessario ridurre l'organico della divisione in conseguenza delle perdite subite, e nel nuovo ordinamento il cap. Bertè ebbe l'incarico di vice-comandante della 3• brigata, comprendente anche la compagnia del ten. Sobrero, agli ordi ni del maggiore di stato maggiore Cesare Pi va.

ns dicembre la brigata fu attaccata di sorpresa, l'ufficiale superiore ucciso, ed il comando fu assunto dal cap. Bertè; cadde anche il sottotenente Alberico Fedele, d ella compagnia finanzieri. La formazione, rimasta priva di coll egamenti con il comando di divisione, operò nella zona di Plevlija fino alla fine di gennaio, sostenendo una serie di scontri con tedeschi e cetnici, tanto da essere citata per tre volte all'ordine del giorno del quartier general e del maresciallo Tito.

In tale periodo di unirono alla brigata il cap. Marchio ne, cui fu affidato il comando di un battaglione, il cap. Mentini ed i tenenti AlJasia e Battezzati, tutti del VI battaglione, ed altri ufficiali, sottufficiali e finanzieri provenienti da vari reparti d el Montenegro e dell'Albania. Ricongiuntasi al co mando di divisione, la brigata fu inviata a riposo a Moikovac, dove il l O febbraio 1944 fu sciolta, nel quadro di un nuovo riordinamento della "Garibaldi". La compagnia finanzieri fu inquadrata nella 4• brigata, destinata a trasferirsi in Bosnia al comando d el magg. di S.M. Reyneri, con Bertè vice-comandante.

(302) G. Oliva- Op.cit., pag. 26- dal quale sono state tratte quasi completamente le notizie contenute nel presente paragraTo.

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La marcia, iniziata il 22 febbraio, fu disastrosa per le condizioni ambientali c per il diffondersi del tifo pctecchiale; fu necessario abbandonare parecchi militari, tra i quali i sottotenenti Ciccone e Ferraro. Sottoposta a continui attacchi da parte dei tedeschi e dei cetnici, la brigata fu costretta ad articolarsi in colonne, una deUe quali, al comando del cap.

Bertè, riu scì a raggiungere il 27 marzo il comando d el III Korpus dell'E.P.L.]., in Bosnia.

Ormai seriam ente provato, l'uffi ciale fu autorizzato a rimpatriare e, dopo aver ricevuto una medaglia d'argento sul campo, si mise in marcia ai primi di aprile verso un aeroporto controllato dai partigiani; vi riuscì soltanto d opo altri tre mesi di peripezie e sbarcò finalmente a Bari il4luglio 1944.

Numerosi finanzieri continuarono la lotta nelle file deJla "Garibaldi", fino al rimpatrio, avvenuto a scaglioni dalla base di Ragusa tra il gennaio ed il luglio 1945.

Il so llotenente Carofiglio, passato alla 4• brigata agli ordini del capitano Zavattaro, partecipò alla presa di Crahovo e poi ai combattimenti nella zona delle Bocche di Cattaro.

Si di stinsero anche il brigadiere Pasquale Bossoli, del XV/ RCF, ferito e decorato al valore dagli jugoslavi nei combattimenti per l'occupazione di Belgrado, cui partecipò anche il finanziere Sebastiano Bianco; il finanziere Dario Porcheddu, catturato, sopravvissuto ad una fucilazione in massa c poi entrato nella 2· brigata dalmata; il fmanziere Ugo Pccorari ed il sottotenente Giorgio Vidali, già aiutante maggiore del Vl/ RGF, ferito gravemente alla presa di Ragusa.

Altri appartenenti ai battaglioni mobilitati della R.C.F. si unirono a varie forma zioni dell'E. P.L.J. dopo essere evasi dai campi di concentramento. Fu così per il sottobrigadiere Augusto Finicelli, arruolato alla 4• brigata montenegrina dopo esser fuggito dal campo di Kralijevo in Serbia, e per i finanzieri Carzilli, Volpe e Martelletti. Giuseppe Loi, già prigioniero dei partigiani al momento dell'armistizio, chiese di partecipare alla lotta, fu inviato a frequentare un corso per allievi ufficiali ed ebbe il comando di un battaglione montenegrino. Ettore Avitabile, fuggito da Spalato, si unì ai partigiani nell'isola di Brazza.

An iello Volpe, Claudio Vairo, Bruno Specchietti ed il sottobrigadiere Miele combatterono nelle file della 2' brigata dalmata.

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Oltre alla ··Garibaldi", costituita per iniziativa del gen. Oxilia, operò in Jugoslavia un'altra unità italian~ la divisione ••Italia", organizzata dal comando d ell'E.P.L.]. per inquadrare una parte d ei numerosi militari aggregatisi alle formazioni partigiane.

Appartennero a tale un ità - che compren deva i battaglioni "Mattcotti", "Gramsci", e "Mamcli", cui si aggiunse successivamente il "Frate ll i Bandiera"- il finanz iere Giuseppe Codretti, d el VI/ RGF, caduto in combattimento i12 dicembre 1944 e decorato al valore dal comando jugoslavo, il finan ziere Giuseppe Lorefice, ferito e promosso per merito di gucrr~ il sottobrigadiere Ettore Lippi, divenuto commissario di battaglione, ed il fmanziere Renzo Atzei, caduti entrambi nell'aprile 1945 e decorati di med aglia d'argento al V.M..

La divisione "Italia", dopo aver partecipato alle operazioni per la libe razione di Belgrado nell'ottobre '44, fu trasferita in Croazia ed impcgnata in co mbattimenti nell a zona di Zagabria fin o all'aprile 1945; rientrò successivamente in ftalia attraverso il confine friulano.

An che in Alba n ia furono molti i fmanzieri che, sfu ggiti alla cattur a o evasi, parteciparono ai com battimenti inquadrati nel "Comando truppe della montagna" del gen. Azzio nelle formazion i partigiane locali.

Le truppe dislocate nella Grecia continentale, come si è visto, fu rono neutralizzate dalla fu lminea azione tedesca, agevolata dall'ordine di disarmo impartito dal ge n. Vecchiarelli, comandante dell' Il· armata.

L' unica grande unità passata decisa mente all'azione contro i nazisti, la divisione di fanteria "Pinerolo", fu cosu·etta a cedere le armi ai partigiani alla metà di ottobre, dopo aver combattu to per oltre un mese.

Nella situazione così determinatasi -la zona era co ntrollata dalle formazioni comuniste deli'ELAS, alle quali proprio in conseguenza del disarmo imposto alla "Pinerolo" era stato ritirato iJ sostegno della missione di collegamento britannica - dovette sciogliersi anche la 2· compagnia del XJ ll/RGF, inizialmente risparmiata dai partigiani per il contegno tenuto in combattimento.

TI comandante, cap. Miccichè, con il maresciallo Salvatore Greci ed altri finanzieri rimase con i guerriglieri, partecipando alla lotta nella zona del Pelio ed alla liberazione di Volos. Posto in libertà dopo lo sbarco inglese in Greci~ nell'ottobre '44, l' ufficiale rimase a Volos per provve-

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dere al rccupero cd all'imbarco per l'ltalia di tutti i suoi finanzieri, rimpatriando soltanto aJia fine di febbra io 1945.

In Epiro un gruppo di subalterni dell'VITI battaglione passò ai partigiani filomonarchici dell'ED ES subito dopo l'armistizio. ] tenenti Montanari e Majorana furono catturati a11a fine di ottobre dai guerriglieri comunisti dell'ELAS e rimasero in campo di concentramento fino all'aprile successivo, quando furono trani in salvo da una missione britannica, con la quale poi operarono fino al rimpatrio, nel dicembre '44. Il tenente Re, già comandante del plotone di Missolungi, dopo esser stato addetto quale istruttore ad una scuola allievi ufficiali, ebbe il comando di una compagnia composta esclusivamente da personale italiano. Catturato nell'ottobre '44, fuggì e si nascose ad Atene fino alla liberazione.

Nel resto del paese i militari italiani sfuggiti alla prigionia, spesso con l'aiuto della popolazione civile, vissero ognuno la propria odissea. Si concluse tragicamente quella del sottotenente Attilio Corrubia, del V battaglione, unitosi ad una banda operante nel Pcloponneso. Arrestato in un ospedale da campo partigiano con un sottotenente medico della R. marina, fu impiccato nella piazza di Ejon il 23 gennaio 1944 con qualtro partigiani, dopo esser stato torturato.

Riuscirono invece a tornare a casa, dopo essersi distinti nelle file della resistenza ellenica, i sottotenenti Baduini, D'Argenio e Monti, il maresciallo Calò, i sottobrigadieri Poncato, Pironi e De Stefano, qu est'ultimo nominato comandante di plotone.

Alcuni furono vittime dell'ostilità suscitata nelle file partigiane dagli oltre due anni di occupazione, come il sottobrigadiere Vittorio Roechi, fucilato, ed il fin anziere Luigi Balzano, impiccato nel gennaio 1944 dopo aver svolto compiti informativi per il comando del V battaglione.

Altri ancora corsero il rischio di esser presi nella morsa delle lotte interne ai movimenti di resistenza jugoslavo, albanese e greco, divisi tra una componente nazionalista, tend ente a11a restaurazione dei regimi monarchici precedenti l'occupazione, cd una comunista. Oltre alle vicende dei tenenti Majorana e Montanari, prigionieri deU'ELAS dopo aver combattuto i tedeschi nei reparti monarchici dell'EDES, è em bl ematico il caso del tenente Sergio De J ulis.

Comandante di un plotone del VI/RCF di stanza a Priboj, presso la linea di d emarcazione con il territorio serb o occupato dai tedeschi, 421

quando il comandante del presidio - un console della MVS - decise di far causa comune con questi ultimi, si unl ad una formazione di cetnici, con la quale si spostò nelle montagne della Serbia fmo al maggio, quando raggiun se il quartier generale del colonnello Draza Mihailovic, capo del movimento nazionalista e ministro della difesa del governo del re Pietro, in esilio a Londra. Con l'aiuto di una missione americana, riuscì a costituire, insieme ad un capitano degli alpini, un comando italiano, intorno al quale raccolse una decina di ufficiali e numerosi soldati, aggregatisi alle bande nazionaliste dopo l'armi stizio. Altri riuscì a far evadere dai campi di lavoro o recuperare dall'imboscamento, grazie ad un'intensa attività di propaganda, svolta mediante la stampa di manifestini, la pubblicazione di un giornale ("La libertà") e trasmettendo in italiano da un'emittente clandestina (''radio delle libere montagne jugoslave").

Nell'agosto 1944 il tenente De Julis fu inviato a Belgrado, occupata dai tedeschi, per impiantarvi, con la collaborazione della resistenza serb a, un centro informativo dotato di una stazione radio con ]a quale riu scì a stabilire un collegamento con Roma. E proprio per radio gli giunse poco dopo l'ord ine di troncare ogni rapporto con Mihailovic: gli alleati avevano deciso di abbandonare al suo destino il capo nazionalista, per appoggiare esclusivamente l'esercito comunista d el maresciallo Tito. Rimasto completamente privo di contatti sul posto, il tenente decise di tentare la via del ritorno in Italia.

Partito da Belgrado con uno degli ultimi treni prima dell'occupazione della città da parte dei russi, raggiunse fortunosamente Budapest e poi Vienna, Innsbriick e Verona, per nascondersi poi nelle campagne di Modena, presso la famiglia d el suo attendente, che l'aveva seguito in tutte le peregrinazioni.

Constatata l'impossibilità di raggiungere la propria famiglia al sud, e la difficoltà di inserirsi nella resistenza, in dicembre si presentò al comando di legione della guardia di finanza della R. S.I., dove fu assunto in forza senza troppe domande (303).

Per la grande maggioranza dei finanzieri in servizio nei territori annessi od occupati in Balcania ed in Grecia (304) con l'autunno l 943 si aprì un periodo di durissima prigionia nei campi d'internamento tedeschi, seguita, per alcuni, da un'imprevista coda in quelli sovietici, dopo la (303) Relazione del tenente Sergio De Julis, in data 9 ottobre 1945- Doc. n. 102.

(304) Furono imemati in Germania o nei territori occupati dai tedeschi anche 6 ufficiali c 250 sottufficiali e finanzieri catturati in Francia, ed un numero minore di militari già appartenenti alle legioni di Trento, Udine c Trieste, nonchè alla scuola alpina di Predazzo.

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liberazione da parte dell'armata rossa. Come gli altri militari italiani, furono sottoposti, nelle prime settimane dopo la cattura, ad un'intensa azione di propaganda per l'arruolamento volontario delle forze armate tedesche- che convinse solo pochissimi - oppure per il rimpatrio condizionato aH'adesione alla R. S.I., strada quest'ultima che apparve suggestiva non appena si seppe nei campi che nelJ'ltalia centro-settentrionale la guardia di finanza era rimasta al suo posto ed attendeva ai normali compiti d'istituto.

Fu così che illS aprile 1944 ventidue ufficiali d el Corpo lasciarono il campo di Deblin-Irena, in Polonia, per il "Centro integrativo selezione ufficiali" costituito dal ministero delle forze armate d ella R.S.I. ad Acqui, dal quale furono successivamente messi a disposizione del comando generale delJa "Guardia repubblicana di finanza". Ma la grande maggioranza degli internati preferì rimanere dietro i reticolati per tener fede al giuramento prestato; e con loro furono i più elevati in grado, il generale Michele Di Gaetano ed il colonnello Giacomo Bortone, comandanti rispettivamente della R. guardia di finanza d'Albania e della legione di Trento.

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l'

Capitolo Xl LA PARTECIPAZIONE ALLA RESISTENZA ED ALLA GUERRA DI LIBERAZIONE l. L'Italia centro-settentrionale dopo l'armistizio. 2. La re~istenza a Napoli e a Roma. - 3. La R. guardia di finanza nell'Italia meridionale. - 4. La riorganizzazione dei servizi nel territorio della RSI.- 5. L'estate del 1944.- 6. Gli avvenimenti nell'Italia nord-orientale.- 7. La stasi invernale.- 8. L'insurrezione.- 9. La fine delle ostilità nella Venezia Giulia.

l. L'Italia centro-settentrionale dopo )'armistizio.

N

ei mesi che segu irono l'armistizio del settembre 1943la Guardia di finanza visse una vicenda assolutamente anomala ed imprevedibile, attraverso la quale riuscì a mantenere intatta la propria organizzazione nel territorio occupato dalle truppe tedesche, riducendo al minimo la compromissione con il regime politico della repubblica sociale e contribuendo invece in misura significativa alla resistenza, fino a presentarsi al momento dell'insurrezione come l'unico organismo militare ..regolare" a disposizione del comitato di liberazione nazionale, nella delicati ssima fase di transizione verso il ristabilimento del potere legittimo.

Ciò fu possibile, a quanto sembra, per due ordini di motivi: la spiccata connotazione tecnica, che i responsabili del Corpo nell'Italia centro-settentrionale si sforzarono di accentuare; la forte disomogeneità del regime di occupazione tedesco e le gravi tensioni interne all'organizzazione politico-amministrativa della R.S.J., in un contesto esterno di accelerata progress ione verso il collasso.

Entrambi i fattori concorsero ad assicurare alla Guardia di finanza spazi di autonomia e possibilità di sopravvivenza, evitando contemporaneamente la prospettiva dello scioglimento - peraltro continuamente minacciata - ed il rischio di coinvolgimento nella repressione del movimento partigiano.

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I lineamenti del regime d'occupazione del territorio italiano a nord della linea di contatto con le forze anglo-americane furono fissati, com'è noto, da un "Ordine del Fuhrer" dellO settembre, con il quale venivano previste tre diverse situazioni territoriali: una zona delle retrovie, soggetta esclusivamente all'autorità dei comandi operativi della Wehrmacht; due "zone operative speciali", l"'Adriatisches Kustenland" (province di Lubiana, Fiume, Pola, Trieste, Udine e Gorizia) ed il "Voralpenland" (province di Belluno, Trento e Bolzano) affidate, rispettivamente ai Cauleiter della Carinzia (Rainer) e del Tirolo (Hofer), nelle quali era tollerata la presenza di autorità amministrative italiane sotto stretto controllo dei funzionari germanici; il rimanente territorio del regno, definito inizialmente come "territorio occupato" e poi, dalla fine di settembre, riconosciuto come soggetto alla sovranità della repubblica sociale italiana.

Una quarta situazione particolare si delineò, come vedremo, per Roma, dichiarata "città aperta" e soggetta ad un comandante militare direttamente dipendente dal maresciallo Kesselring, comandante supremo del sud-ovest.

La struttura politico-amministrativa posta in essere dall'occupante comprendeva tre distinti- e reciprocamente indipendenti- ordini di autorità, emanazione di altrettanti centri di potere del sistema nazista: l'amministrazione militare, comprendente i comandi ten·itoriali, a capo della quale era il "Generale plenipotenziario", Toussaint, direttamente dipendente dall'O.K.W., il comando supremo della Wehrmacht; la rappresentanza diplomatica presso il governo della R.S.l., affidata all'ambasciatore ~ahn, espressione del ministero degli esteri; l'autorità di polizia, responsab ile del mantenimento d ell'ordine pubblico, nella persona dell'SS - Obergruppenftihrer e generale di polizia Wolff, agli ordini del "Reichsfiihrer SS" Himmler (305).

(305) E. COL LOTTI: "L'amministrazione tedesca dell'Italia occupata 1943-1945"- l st. Naz. per la storia del movimento di liberazionr in Italia - Milano, 1963, pag. l 00.

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All'interno di tale struttura le singole autorità non smisero di competere aspramente per tutta la durata dell'occupazione, malgrado i tentativi di coordinamento dell'ambasciatore Rahn. E ciò anche dopo il rimaneggiamento conseguente alle gravi tensioni rnanifestatesi nel sistema nazista dopo l'attentato ad Hitler del luglio 1944, in virtù del quale il gen. Toussaint fu nominato governatore genera le della Boemia e Moravia e anche la responsabilità dell'amministrazione militare al tergo delle truppe operanti fu assunta dal gen. Wolff, senza discussioni l'"uomo forte" nell'ultima fase dell'occupazione.

Nella seconda metà di settembre, intanto, il gruppo di gerarchi fascisti riparati in Germania dopo l'armistizio dava vita alla "repubblica sociale italiana", il cui governo, costituito il23, tenne la sua prima riunione tre giorni dopo.

Fin dall'inizio, il nuovo assetto da conferire alla forze armate, con le quali si intendeva riprendere la guerra al fianco dei tedeschi, divenne uno dei temi centrali della lotta politica all'interno del regime (306). Si contrapponevano infatti due concezioni: l'esercito come milizia politica su base rigorosamente volontaria, sostenuta dal luogotenente generale Ricci e mirante, in pratica, alla ricostituzione della MVSN secondo il modello delle SS tedesche, come unica forza armata del nuovo stato; le forze armate come luogo di realizzazione d ell'unità nazional e contro l'invasore straniero, caratterizzate da assoluta apoliticità e dal tradizionale reclutamento misto, parte volontario e parte per coscrizione.

Quest' ultimo orientamento, sostenuto dal maresciallo Graziani, ministro della difesa nazionale, prevalse inizialmente anche per l'appoggio accordatogli dalle autorità militari tedesche, che non guardavano con entusiasmo alla prospettiva dello sviluppo di una guerra civile alle spalle delle loro unità operanti.

D 27 ottobre un "decreto del duce, capo dello stato nazionale repubblicano", sancì lo scioglimento del Regio esercito, della Regia marina e della Regia aeronautica, con decorrenza dall'8 settembre 1943 e la costituzione, il giorno successivo, dell'"esercito nazionale repubblica(306) F.W. DEAKIN: ~S to ria della Repubblica di Sa l ò~- Torino 1970, pag. 785.

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no, della marina da guerra nazionale repubblicana e dell'aeronautica nazionale repubblicana".

L'art. 5 dello stesso provvedimento stabiliva: "restano in servizio per il mantenimento dell'ordine i Carabinieri e la Guardia di Finanza".

Pochi giorni dopo, il l " novembre, un altro "decreto del duce" disponeva che "per il corso della guerra", il trattamento economico dei carabinieri e della guardia di finanza fosse equiparato a quello deg]i appartenenti alle FF.AA. repubblicane.

In sostanza il governo della R.S.I. sembrava ipotizzare la sopravvivenza delle forze armate di polizia nella forma precedente all'armistizio, sopprimendo ovviamente gli attributi riferiti all'istituto monarchico e stabilendo un'equ iparazione alle forze armate propriamente dette esplicitamente correlata alla contingenza bellica, mentre veniva chiarita la destinazione esclusiva delle stesse forze all'assolvimento dei compiti istituzionali a carattere interno.

TI concetto era stato de] resto espresso senza reticenze fin dal 25 settembre nell'ordine del giorno rivolto al Corpo dal nuovo ministro delle finanze Domenico Pellegrini Giampietro, il quale anche "considerato che nelle presenti circostanze l'opera de1la Guardia di Finanza ha carattere puramente d'istituto" annunciava di aver disposto la sostituzione del comandante generale, Aymonino, con il comandante in 2• gen.

Francesco Poli (307).

La questione della collocazione de1le forze di polizia nella struttura amministrativa della R.S.I. non poteva però considerarsi risolta definitivamente con una soluzione tanto pragmatica.

Al vertice dello stato repubblicano la corrente che premeva per una più diretta caratterizzazione in senso politico delle strutture militari e paramilitari, impersonata dal luogotenente gen. Ricci, non si diede per vinta dopo la costituzione delle forze armate secondo il modello voluto da Graziani. Ed era d'altra parte logico che, nella situazione determinatasi nell'Italia centro-settentrionale, il partito fascista non volesse rinunciare ad una propria milizia armata, proprio mentre andava facendosi consistente il movimento di resistenza.

(307) Doc. n. l 03.

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N è poteva considerarsi soddisfacente la sopravvivenza, sancita dal decreto del27 ottobre, del1a MVSN come "prima arma" di un esercito di cui ven iva ripetutamente sottolineata l'apoliticità.

Poco più di un mese dopo quindi, 1'8 dicembre, un nuovo provvedimento (308) istituiva la "Guardia Nazionale Repubblicana", formata dalla MVSN (comprese le milizie speciali), dall'Arma dei carabinieri e dal Corpo di polizia d ell'Africa italiana. Altri due decreti legislativi emanati nello stesso giorno rendevano nota la nomina a comandante generale della GNR del luogotenente generale Renato Ricci e gli conferivano rango di ministro, alle dirette dipendenze del capo dello stato.

In apparenza, i decreti dell'8 dicembre sembravano sancire la vittoria completa della corrente Ricci. Non soltanto la milizia conservava la propria autonomia, ma al suo capo veniva conferita dignità di ministro, sullo stesso piano quindi del responsabile della struttura militare tradizionale, la denominazione del quale veniva variata da "ministro de1la difesa nazionale" a "ministro delle forze armate", quasi a sottolinearne i limiti di competenza.

Un secondo risultato, tutt'altro che trascurabile, veniva poi conseguito con l'eliminazione dei carabinieri, contro i quali, come vedremo, già dall'inizio di ottobre erano state adottate a Roma gravissime misure.

Il comandante generale Archimede Mischi (309) nominato da Graziani pochi giorni pri ma, diveniva il comandante in 2' del nuovo organismo, nel quale ufficiali, sottufficiali e militi dell'Arma potevano essere ammessi soltanto d opo un giudizio di idoneità emesso da una speciale commissione.

Minore importanza aveva invece la soppressione della P.A.I., presente con circa duemila uomini soltanto a Roma, dove prima dell'armistizio erano ubicati i suoi istituti di reclutamento; il provvedim ento del resto non fu mai attuato anche per l'opposizione del comando tedesco · della capitale.

In un sistema in equilibrio precario come quello della R. S.I. nessuna soluzione poteva però dirsi definitiva. E certo non poteva fare eccezione il tentativo di unificazione delle forze di polizia, attuato con la co(308) D. legislativo del duce 8 dice mbre 1943, n. 913.

(309) Misch i, luogotenente generale della MSVN, era stato fino al251uglio comandante della milizia confinaria.

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stituzione della guardia nazionale repubblicana. n potente ministro degli interni Buffarini Guidi non pensò neppure di rinunciare alla propri a polizia, che in seguito ebbe anche battaglioni in uniforme e con armamento da guerra. Anche la CNR ebbe peraltro vita difficile, tanto che nell'agosto del '44 ne fu nuovamente disposta l'integrazione nell'esercito e la cessazione dalle funzioni di polizia con decorrenza dal31 dicembre delJ o stesso anno (3 10).

Era la conseguenza di una delle crisi che ripetutamente sconvolsero il vertice della RSI, per superare la quale lo stesso Mussolini fu costretto ad assumere la carica di comandante generale della CNR, allontanando Ricci. È da presumere che in tale clima, anche il ministro delle finan ze Pellegrini non abbia incontrato eccessiva difficoltà a sostenere la tesi della sopravvivenza della guardia di finanza come organizzazione autonoma, evitandone sia l'integrazione nella CNR che l'impiego in compiti diversi da quelli istituzionali di polizia tributaria ed economica.

2. La resistenza a Napoli ed a Roma.

La prima grande città itali ana a dover fare i conti con l'occupazione tedesca fu Napoli, collocata nelle immediate retrovie del fronte dallo sbarco anglo-americano a Salerno.

La R. guardia di finanza nel capoluogo campano era affidata al ten.col. Giovanni Maglio, comandante del circolo interno, essendo stati i comandi di zona e d i legione trasferiti a Teano dopo la quasi totale distruzione della caserma "Zanzur" ad opera dei bombardieri alleati.

Il mattino del 13 settembre l'ufficiale si recò al comando tedesco per definire la posizione dei militari della R.G.F. dopo che. nel pomeriggio precedente, i finanzieri Papini e Spiridigliozzi erano stati fucilati in piazza della Borsa perchè trovati in possesso di armi. La questione fu chiarita, ma il Maglio si vide chiedere dal colonnello Scholl di assumere la direzione del servizio di polizia nella città. Dopo un immediato rifiuto, l'ufficiale si decise ad accettare, convinto dai propri collaboratori riuniti a rapporto, e dal 14 settembre egli svolse - possiamo immaginare con qu ali difficoltà - un'azione di ammorbidimento delle disposizioni impartite dal comando tedesco, della quale gli fu dato atto neiJa sentenza di (31 O) D. legislativo del duce Il agos10 1944, n. 469.

430

assoluzione che concluse il procedimento penale per collaborazionismo intenta togli dopo la liberazione (311 ).

Fu anche assicurata la distribuzione dei generi alimentari che si riuscì a far giungere in città, fu attuato un piano di pattugliamento notturno per il mantenimento dell'ordine pubblico, mentre si riuscì a negare ogni collaborazione all'attuazione delle misure per il reclutamento obbligatorio nel servizio del lavoro, che alla fine di settembre provocarono l'insurrezione popolare.

In previsione dell'imminente sgombero delle forze tedesche il comando della R.G.F. -che si era trasferito nell'edificio della scuola "F.Petrarca" dopo il forzato abbandono della caserma "Zanzur", compresa nella fascia costiera evacuata per ordine tedesco il24 settembre- costituì due plotoni di formazione, ciascuno di circa quaranta uomini, agli ordini del sottotenente Tristano e di un subalterno di fanteria, i quali parteciparono alla difesa delle rampe di S. Potito e dell'incrocio del Museo, uno degli epicentri della lotta. Altri militari isolati parteciparono ad azioni in varie parti della città.

Al momento dell'ingresso degli anglo-americani, il l o ottobre, un reparto della R. guardia di finanza fu schierato in piazza Municipio per rendere gli onori.

Molto più complessa la situazione che andava delineandosi a Roma, dopo la capitolazione delle forze italiane avvenuta nel pomeriggio del l O settembre.

Sia l'ambasciata che il comando del sud-ovest tedeschi erano interessati all'aspetto puramente militare della questione, che si concretava nella necessità di evitare che la capitale divenisse un pericoloso centro di attività di disturbo lungo il fascio di comunicazioni che collegava le retrovie della l O" armata, schierata fronte a sud contro gli anglo-americani, con le basi di alimentazione nell'Italia settentrionale e nel Reich.

Al tempo stesso, occorreva esonerare i comandi della Wehrmacht dall'incombenza di assicurare il mantenimento dell'ordine ed il funzionamento dei servizi pubblici essenziali - in primo luogo i rifornimenti alimentari - in un centro urbano che contava quasi due milioni di abitanti.

(3 1 l) Sentenza del tribunale militare di guerra di Napoli in data 6 novembre 1945.

431

I responsabili tedeschi in Italia, inoltre, erano in linea di principio contrari alla costituzione di un governo collaborazionista, che- a fronte di ben modeste garanzie di efficienza - rappresentava un inutile vincolo alla loro libertà d'azione.

Essi si preoccuparono quindi di trovare una soluzione che sottraesse di fatto Roma alla sovranità dello stato fascista che si andava organizzando, contemporaneamente evitando di impegnare forze nell'occupazione militare diretta della città.

Fu così formalmente confermata la dichiarazione di Roma quale "città aperta", fatta dal governo Badogli o il 14 agosto, e fu deciso di affid are a forze di polizia italiane la tutela dell'ordine pubblico, sotto i] controllo di un comando militare germanico direttamente dipendente dal maresciallo Kesselring. ll 14 settembre l'ambasciatore Rahn si recò quindi al qu artier generale di Hitler dove, mentre si rese conto di non poter dissuadere il dittatore d al portare avanti l'esperimento neofascista su scala nazionale, riuscì tuttavia ad impedire l'insediamento a Roma di organi del nuovo governo.

Nella capitale, intanto, il gen. Maraffa, comandante delle forze di polizia agli ordini del gen. Calvi di Bergolo, nello stesso giorno 14 riunì a rapporto i comandanti di corpo d ei carabinieri, della guardia di finanza e della P.A.I., nonchè quelli della divisione "Piave" che, privata dell'armamento pesante, era stata concentrata nella zo na di Villa Borghese a disposizione d el comando della città aperta.

In pratica, affermò il generale, dopo la disgregazione dell'apparato politico, amministrativo e militare d ello stato, la città doveva ritenersi affidata alle forze di polizia, le quali avrebbero dovuto farsi carico delia tutela fisica d ella popolazione e del soddisfacimento delle sue esigenze vitali.

In un clima di estrema precarietà - e nella convinzione che l'emergenza sarebbe durata pochi giorni, poich è tutti davano per scontato l'imminente arrivo d egli anglo-americani - le singole forze cominciarono ad organizzarsi per far fronte ai nuovi compiti. ll giorno 15 fu costituito il "Comando Guardia di finanza per il servizio di polizia della città aperta di Roma", affidato al gen. Filippo Crimi,

432

già comandante della zona di Napoli, il quale ebbe alle dipendenze la 9 legione territoriale (col. Domenico Passamonti), l'accademia (col. Giangabriele Montella) e la legione allievi (col. Attilio Formato). Nello stesso giorno furono anche diramate ai reparti esterni, le "istruzioni generali di servizio per la R. Guardia di Finanza" (312), che in sostanza confermavano l'ordine di rimanere in posto e di attendere ai compiti d'istituto già impartito il 28 agosto.

Sempre ill S settembre i neo-sottotenenti del 44u corso "Dobrej", dei quali due giorni prima la corte dei conti aveva registrato il decreto di nomina, ricevettero l'ordine di presentarsi all'accademia per prendere serviZIO. Fu anche ottenuto il rilascio degli ufficiali della scuola del Lido, in ternati nel collegio "IV novembre" in attesa di partire per i campi di concentramento. li 18 settembre Rahn tornò a Roma, accompagnato dal segretario del nuovo partito fascista Pavolini, con l'incarico di provvedere alla formazione del governo, secondo gli accordi intercorsi tra Mussolini ed l [itlcr.

La sera del 22 il compito era stato assolto e per il mattino successivo, in sim ultaneità con la proclamazione ufficiale dei componenti del ve1tice repubblicano, i tedeschi organizzarono l'instaurazione dello "status" particolare della città, cominciando d alla eliminazione d el "Comando militare della Città Aperta di Roma", formalmente ancora dipend ente dal governo regio.

Alle 12,30 del 23 settembre il generale Stahel, neo-designato comandante militare ted esco della città, si presentò al collega Calvi di Bergolo, mentre veniva circond ato l'edificio del min istero della guerra di via XX settembre, sede del comando italiano.

Ricevuto lo sco ntato rifiuto ad aderire al nuovo governo oppostogli da Calvi- che tra l'altro era genero del re- Stahello arrestò con i suoi principali co11aboratori, compreso il ge n. Maraffa.

Il comando mili tare d ella "città aperta" continuò a funzionare fin o al 31 dicembre, sotto la direzione dei genera li Ch ieli e poi Chirielcison, (3 12) Circolare n. 964 R. O. del Comando Generale R. Guardia di Finanza in data 15 ~l'tH·m­ brc 1943 - Doc. n. l 04.

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senza più occuparsi, però, di questioni operative; successivam ente fu trasformato in ufficio stralcio del ministero della difesa nazionale, intanto trasferitosi al nord.

n comando delle forze di polizia, affidato al gen. Umberto Presti, comandante generale della P.A.I., passò alle dirette dipendenze funzionali del comando tedesco.

I cambiamenti non modificarono la situazione della guardia di finanza. Il gen. Crimi, che il 17 settembre aveva assunto il comando parlando ai finanzieri nel cortile de11a legione allievi, si installò nei locali d ell'accademia in viale XXI aprile, mentre nell'ambito del comando forze di polizia fu istituito un "ufficio servizi protezione alimentazione", retto dal colonnello Maggio e dal maggiore Prad etto, dal quale dipendeva un "reparto scorte esterne" incaricato di provvedere all a sicurezza deJJe autocolonne med iante le quali si cercava di fare affluire in città i rifornimenti alimentari, ed un "nucleo annonario" (magg. Raffae le Cimmino ), cui erano affidate le indagini per la repressione delle violazioni in materia di disciplina del razionamento e di controllo dei prezzi.

La legione territoriale e la legione allievi (l'accademia cessò praticamente di funzionare e la scuola sottufficiali era ridotta ad un ufficio stralcio) costitu irono invece una serie di posti di blocco su11 e vie consolari e presso i mercati generali, lo scalo ferroviario di S.Lorenzo ed alcuni impianti industriali, con compiti di polizia annonaria.

n tentativo di utilizzare reparti del1a guardia di finanza per l'esecuzione di controlli di altro genere fu abbandonato dopo un unico episodio, una rctata nella zona tra via Nazionale e via XX Settembre, in occasione del quale i finanzieri c gli ufficiali che li comandavano si mostrarono chiarame nte non disposti a collaborare, sollevando le rimostranze dei responsabili tedeschi.

I rapporti tra occupanti ed appartenenti alle forze di polizia in Roma erano usciti dall'equivoco dopo la deportazion e in massa dei carabinieri, avvenuta di sorpresa nella notte sul 7 ottobre, ed il passaggio in clandestinità di coloro che erano riusciti ad evitare la cattura.

Da allora i finanzieri vissero nella convinzione di esser destinati a seguire, prima o poi, la sorte d ei commilitoni dell'Arma. Si ebbe un' accentuazione del fenomeno delle assenze arbitrarie- 63 casi nel solo mese di ottobre, 230 complessivamente tra l'armi stizio e la metà di marzo434

ma la struttura resse e gli uomini, pur nella preoccupazione per la sopravvivenza quotidiana, si orientarono praticamente senza eccezioni a favore della resistenza.

All'emorragia determinata dalle defezioni - ma un accordo con la procura militare fece si che le denunce rimanessero senza conseguenzesi fece fronte con il trasferimento nella capitale di 354 "volontari" da altre regioni, e con l'arruolamento di finanzieri "ausiliari" disposto il 15 ottobre, e poi ancora in gennaio ed in marzo. Tra questi ultimi, raccolti in alcune baracche già in uso all'aeronautica in fondo a via Livorno, numerosi furono gli ufficiali ed i sottufficiali dell'esercito e delle altre forze armate, gli studenti, i renitenti alla leva, per i quali l'incorporazione nella guardia di finanza rappresentò il mezzo per sfuggire al reclutamento obbligatorio nelle formazioni repubblicane o nel servizio del lavoro tedesco.

Molti di loro erano addirittura attivisti di partiti politici clandestini, e si può immaginare quanto la loro presenza contribuisse a rafforzare l'orientamento del Corpo in senso contrario all'occupante.

ll21 ottobre, con una riunione in casa del gen. Crimi, venne costituita l'organizzazione clandestina della guardia di finanza a Roma. Erano presenti il ten.col. Lionti, già comandante della scuola sottufficiali, il magg. T ani, che dopo aver ricondotto in patria dalla Slovenia il IX battaglione mobilitato aveva assunto i] comando del II battaglione allievi finanzieri, il magg. Cimmino, comandante del nucleo annonario, ed i capitani Montalto ed Argenziano. Intorno a loro si raccolsero in breve tempo quasi tutti gli ufficiali e gran parte dei sottufficiali e dei finanzieri presenti a Roma.

A metà dicembre l'organizzazione fu formalmente integrata nel fronte militare clandestino facente capo al colonnello Cordero di Montezemolo. Essa comprendeva due centri di raccolta notizie, affidati al ten.col. Lionti ed al magg. Tani, un centro Iogistico (ten. Parlante), un centro d i controspionaggio (ten. de Laurentiis).

Furono anche assicurati i collegamenti con l'organizzazione clandestina dei carabinieri e quelli con il comitato di liberazione, nella persona del prof. Bauer, del partito d'azione.

Altri militari del Corpo si inserirono nelle organizzazioni clandestine a carattere politico, come il ten. Pietro Spaccamonti, attivo nella struttura militare del partito socialista.

435

La relativa libertà di movimento della quale i finanzieri fruivano anche all'esterno della città consenci di svolgere un lavoro informativo di notevole consistenza (313).

Furono eseguite ricognizioni in prossimità degli aeroporti e delle installazioni di difesa contraerea e costiera e, dopo lo sbarco anglo-americano ad Anzio, nelle immediate retrovie della testa di ponte. l posti di blocco istituiti su lle vie consolari consentirono un controllo continuo del traffico tedesco, mentre fu possibile far giungere rifornimenti al1e formazioni partigiane dell'alto Lazio, dell'Um hria e dell'Abruzzo utilizzando le autocolonne dell'azienda servizi annonari della capitale: gli stessi automezzi servirono anche per trasferire responsabili di organizzazioni clandc!:.tine, prigionieri alleati e\·asi, membri di missioni di collegamento. Alcune di tali missioni, riguardanti contatti con le formazioni partigiane del nord, furono aflìdate direttamente ad ufficiali della guardia di finanza sfruttando appunto la loro possibilità di spostamento con adeguata "copertura".

Naturalmente quest'atti\ ità- cui si aggiun5c il recupero e l'occultamento di armi c munizioni rima~te abbandonate nelle installa.lioni militari dopo l'armi:.tizio -non tardò ad esser nota ai tedeschi. J\la l'ipotesi dello scioglimento o del trasferimento in massa al nord dei reparti del Corpo, continuamente riproposta, fu sempre respinta dal gcn. Maltzer, succeduto a Sta h cl nel comando della città. Il generale tedesco, come si è detto, si preoccupa' a sopra tutto di evitare l'impegno di truppe per il controllo del centro urbano, all'interno del quale si tro\avano :,oltanto piccoli distaccamenti a presidio della centrale telefonica, della ~cde dell'E.l.A.R. e dell'ambasciata, olt re alla famigerata unità delle SS al comando del ten.col. Kappler.

Secondo un'attend ibile ri costruzione giornalistica che si dis<>(' basata sulle riH>Iazioni di un uffi ciale austriaco del comando di ~1i:iltzer (314), sarebbero state proprio le SS ad insistere p('r un'azione repressiva nei confronti della guardia di finanza, della quale era sempre più evi (313) Il teueute Spaccamonti, labcia!O il comando della t·ompagnia di Livomo, dopo aver tentato di P.assarc il froutc presso ca-~iuo vi.,sc in clandestinit11 a Roma, dow entrò nell'organizr.azione rutlitare dt•l l'rome clandestino di rt·'i'tcnza di Giacomo Andrconi. CoHituì formazioni partigiane ucllJ zona eli Acilia cd alla Magliana, ed una rete infMma!Ì\a sullitoralt• l3tiail', mediante la qua)(.' opero in COntattO con J'Q~<; 'tatuniterht'. [,l'guÌ mi.,.,ioni prl'"O Jt• formazioni partigiane abruue,i. utilizzando docurnemi e permes<i di <:rrtolazwne forni tigli da tollt•ghi dt>lla ~uardia di finanza. \di'imminenza dl•lla liberazione, gli fu aflidato il comando di una delle zone lll cui era stata suddivi'a la città, nella qualt• ;)~ivano i nuclei di patrioti costituiti prc.,,o il rnini.,tero dei lavori pubblici, l'azienda trarnviaria, 1 quartieri Italia c \1acao.

(314) " 11 Tcuapo" n. 148 dell'l.l2.1944.

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dente il coinvolgimento in attività di appoggio alle formazioni partigiane esterne ed al movimento clandestino d i resistenza.

Un grosso rischio fu corso quando i tedeschi si resero conto che il deposito di armi e munizioni ritirate ai reparti italiani dopo la capitolazione, costituito al forte Prenestina ed affidato alJa custodia della guardia di finanza, era in realtà divenuto un centro di rifornimento per i partigiani.

TI mattino del 3 aprile le SS circondarono il foflc e perquisirono il corpo di gua rdia; il finanziere Marcello Guarcino, trovato in possesso di munizioni sottratte al deposito, fu condotto in via Tasso e sottoposto a torture, ma non rivelò e lementi compromettenti pe r l'organ izzazione. :\on furono comunque scrupoli formali ad ev itare la deportazione dei finanzieri romani. In realtà .J1altzer teme\ a di ridurre la consi:,tcnza delle forz e di polizia nella città al di sotto del livell o che consentiva il manten imento dell'ordine pubblico, e per tale motivo si oppose anche al trasfe rimento dci reparti della P.A.T., che Ricci pre tendeva di inquadrare nella C.N.R. da poco costituita.

Se mpre secondo la ri costruzione giornalistica già ci tata, sarebbe stato il colonnello Doli ma nn, rappresentante a Roma d el capo d elle SS in Italia, gcn. Wolff, a suggeri re un espediente pe r mettere il co mando d ella guardia di finanza di fronte alla necessità di scegliere tra l'a utodistruzione o l'aperta collaborazione co n l'occupante.

Il comando tedesco, tramite il gen. Presti. ordinò che anche i reparti della Guardia concoJTCssero con quelli delle altre forze di polizia alla formazione dei plotoni di esecuzione destinati a dar corso alle sentenze cap itali emesse dal tribunal e di guerra.

Fu un momento di graYissima crisi, risolto in Yirtl.t clr i contatti mantenuti dal gcn. Crimi con i dirigenti militari c politici della resistenza (3 15).

O 15) Le 'entenze capi tali C'-qJ;uite da reparti della guardia di finanza furouo in tutto tre. il 20 gennaio, il :3 aprile c 1'8 magp,io l 944, le prime due aflìdaH' a m ilitari della lq;ione allic\·i, la terza a persoua lt• d<'lla legiont' trrri iO rial l'. Particolanne rll<' drammatica fu la fttt"ilazione di don Giusc ppt~ ~1orm,ini, cscgtiita il3 aprii<-; i colpi del plotont• nou uccisero il condannato, cd il so ttotent>nt<' comandJ nte non riu.;cì neppure .t d e~ ploderC' il''colpo di p,razia '';per fi nit·e il di'graziato .. acerdote do~ l'Il t'intervenire l'uffìt ialt> tt>de~co che '-0\ raintt•ude'a all'e~ecu7ioru•. La forrnaziorw dci plotoni J\ l'\ a luogo per o,ortt·ggto e provoca\a grJ\ i l'ri'i di co~cienza, andw pt'rThè akuni dei pre-celt i t•rano mcml:iri atti\ i clt•lla n•,i,tcnza. Il pron·dinwnto penale intentat<> dopo la libt>razione al gencr<tlc Crimi e ad altri 'et uf!ic~<tli consentt d t a(.'(:crtare che la partc(·ipazrone di militari della guardta di finanza alle fut"ilazioui era stata autoriz/Jta dal fronte clandt•-.tino. allo scopo di evitare lo 'l'ioglimcnto del CMpo, ('hc avrebbe pri,ato la n•o,i~tenza di un valido -.trumcnto: tutti gli im putaci furono proscio lti in istruttoria (sentenza drltrihunale rnilitarr eli Roma iu data l O novembre 1945).

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Più facile fu resistere agli ordini delle autorità della repubblica sociale, alle quali, come si è visto, i ted eschi avevano praticamente inibito l'esercizio delle loro funz ioni in Roma, e nei cui confronti i finanzieri assunsero un atteggiamento di ostil ità quasi palese.

Tra febbraio e marzo 1944, l'ostacolo rappresentato dall'ordine di prestare giuramento di fedeltà alla repubblica fu aggirato dal gen. Cr.imi, il quale ottenne una formale au torizzazione in tal senso sia dai dirigenti della resistenza militare che dai rappresentanti del governo d el sud, in vista della necessità di mantenere integra l'organizzazione del Corpo nella capitale. L'autorizzazione fu confermata dopo la liberazione tanto dal gen. ArmeUjni (316), rappresentante a Roma del governo di Brindisi, sia dal gen. Roberto Bencivenga, comandante militare clandestino della città (3 17).

Fu invece opposto un d eciso rifiuto alla sostituzione delle "stellette" militari con il nuovo simbolo delle forze arm ate repubblicane, il gladio inscritto in una corona di alloro. Si verificò così una serie di incidenti tra finanzieri ed elementi delle formazioni della R.S.I., dopo uno dci quali, il 14 maggio, il comand o dell a guardia di finanza dispose addirittura l'invio di pattuglie nella zona tra piazza del Popolo e piazza di Spagna, con l'incarico di fermare tutti i militari repubblicani. Furono pres i una diecina di paracadutisti del reggimento "Nembo" con un ufficiale, il quale fu denunciato alla procura militare (3 18).

L'argomento costituì anche oggetto, il 22 maggio, di un animato colloquio tra il gen. Crimi ed il ministro delle forze armate della R. S.l., Graziani (3 19).

Ma la vicenda dell'occupazione nazista di Roma si avv iava ormai all'epilogo.

All a fine di gennaio, quando Io sbarco anglo-americano ad Anzio fece ritenere la liberazione imminente, si studiarono le misure che avrebbero dovuto consentire ai finanzieri di opporsi ad un eventuale te ntativo di disarmo e di deportazione, che i tedeschi avrebbero potuto porre in atto al momento di evacuare la città.

(316) Lruera del gen. Quirino Armell ini in data 5 a~oslO 1944- Doc. n. 105.

(317) Leuera del gcn. Roberto Bcncive nga in data 19 maggio 1945 - Doc. n. l 06.

(318) Lettera n. 6603 in data 15 maggio 1944 del Comando l Btg. A.F. di Roma- Doc. n. l 07.

(3 19) R. CRAZIANI ~uo difeso la Patria~- Milano 1959, Pag. 406.

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D personale avrebbe dovuto raccogliersi nelle caserme di viale XXI aprile, sede del comando del gen. Crimi e di quello d ella legione allievi, di via Labicana e nella "Cadorna" di via d ell'Olmata, dove furono accantonate scorte di munizioni e di viveri (320). lll 2 febbraio il comando militare clandestino ordinò alla guardia di fmanza di predisporre anche l'occupazione dei commissariati di pubblica sicurezza prendendo il comando degli agenti disposti a collaborare.

L' "organizzazione commissariati" enLrÒ in funzione nel pomeriggio del4 giugno, ed ufficiali della Guardia, ciascuno coadiuvato da una quindicina tra sottufficiali e finanzieri, presero possesso degli uffici di polizia, dove rimasero fino al giorno 12. elle stesse ore il comando clandestino chiese anche la costituzione di un plotone di 35 uomini per la difesa della propria sede, nel collegio S. Giuseppe di piazza di Spagna, mentre reparti della stessa entità occupavano il ministero della guerra di via XX Settembre e la sede del governatorato, in Campidoglio.

Pattuglie furono inviate incontro alle avanguardie americane che entravano in città, e furono presidiati i ponti sul Tevere per prevenirne la distruzione da parte del nemico in ritirata (321 ).

Alle 15 del4 giu gno un gruppo di paracadutisti tedeschi si presentò nell'autorimessa d ella legione allievi, ubicata nel palazzo Federici di viale XXI aprile, chiedendo la consegna degli automezzi, ma fu respinta da un nucleo di pronto intervento al comando del sottotenente Giorgio Barbarisi. l tedeschi tornarono in forze alle 18,45 ma su birono la stessa sorte e furono incalzati fino alla scarpata d elle ferrovia presso la stazione Tiburtina, da dove riu scirono a disimpegnarsi sotto la protezione del fuo co di un'unità mortai. Caddero il finanziere Antonino Sciuto ed un civile, mentre altri tre finanzieri furono feriti.

Altri scontri si verificarono al ponte Sublicio, dove un gruppo di finanzieri al comando del brigadiere Massa mise in fuga una pattuglia di guastatori, ed al ministero delle guerra dove per tutta la giornata il plotone del tenente Palmieri respinse tentativi di impadronirsi degli automezzi da parte di elementi in ritirata; furono feriti i finanzieri Mazzaro e (320) Il piano fu rimaneg~iato dopo che, il l O marzo. un 'incursione aerea danneggiò gra' cme me la cao,erma di viale XXl aprile, rendendo uece.,~ario il trasferimento del comando e del l bauaglionc dr Ila legione allir' i nrll'albcrgo '"Ita lia~ di via IV Fontane, mcm re il !l battaglione fu sistemato nella caserma già dci carabin ieri in piazza S.Lorenzo in Lucina. (:32 1) C. OLIVA- Op.cit. - pag. 125.

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Simoni. Sempre nei pressi del mini stero, in via Firenze, il ten. Gino Zappard ino intervenne in aiuto di un fman ziere che stava per essere disarmatO d a una pattuglia di paracadutisti, e venne ferito gravemente.

Nella notte il gen. Crimi fu in vitato a raggiungere in Campidoglio i componenti del comando militare clandestino, per attendere i rappresentanti alleati. Poco prima dell'alba giunse il colon nello Pollock, comandante d ella polizia militare, con la quale la guard ia di fin anza iniziò subito a colJ aborare.

n sottotenente Barbarisi, comandan te del plotone di guardia al governatorato ed al mo numento del Milite l gnoto, ottenne che anche il tricolore fosse alzato su l Campidoglio, con le b andiere am ericana ed inglese.

Purtroppo la giornata d oveva conclud ersi tragicamente per il giovane ufficiale, il quale poche ore dopo fu ucciso in via Tre Cannelle da un esponente della resistenza, per un equivoco determinato dall'intensa tensione del momento (322).

3. La R. guardia di finanza nell'Italia meridionale.

Nell'Italia meridio nale, non meno che ne] centro-nord, la proclamaz ione dell'armistizio coincise con il crollo delle strutture politico-amministrative e con la paralisi dei servizi pubblici.

Il governo faticosamente messo insie me dal Maresciallo Badoglio a Brindisi (i mini stri militari ch e avevano segu ito il re ed alcuni tecn ici civili con fun zioni di sotlosegretari, dovendosi considerare ancora in carica i titolari dei dicasteri rimasti a Roma) esercitava form almente i propri poteri sulle province di Bari, Brin~i s i , Lecce e Taranto, sempre però sotto la stretta sorveglianza di una com missione alleata d i controllo, che cominciò a fun zionar e alla fine di settembre e comprendeva consu lenti militari inglesi o americani per ciascun settore de1J'amm inistrazione.

Il ministero delle finanze fu affidato al professo r J ung, un esperto finan ziario pale rmitano trasferito in Puglia dagli alleati, il qu ale aveva già ricoperto lo stesso incarico agli inizi degli anni 30.

Per il resto, l'Itali a meridionale, la Sicilia e la Sardegna e rano sog(322) R. BE:-.TI\' ENCA : ~Achtung Banditen~- Milano. 1983- pap;. 227.

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gette all'amministrazione militare alleata, già funzionante prima de11'armistizio nelle provincie siciliane. Nel passaggio sul continente l'A.M.G.O.T. (governo militare alleato del territorio occupato), perse le ultime due lettere in omaggio allo "sta tu s" di cobelligerante acquisito dall'Italia dopo la dichiarazione di guerra alla Germania (13 ottobre), ma le cose non cambiarono sostanzialmente fino al l Ofe bbraio 1944, data in cui al governo italiano fu restituita la sovranità su tutte le province meridi onali ed insulari- esclusa Napoli- sempre sotto la supervisione della commissione alleata.

Sia nelle province '"libere" che in quelle sottoposte ad amministrazione militare la R. guardia di fmanza continuò a svolgere le proprie funzioni istituzionali, attenendosi nel secondo caso alle prescrizioni della legge di guerra, richiamate dalla circolare del 28 agosto.

Nessun ufficiale generale della R.G.F. era presente nel sud all'atto dell'armistizio (il comandante della zona di Na poli, Filippo Crimi, era a Roma) e fu quindi il colonnello Acampora, comandante della legione di Bari, ad assumere la responsabilità del "Comando Superiore R. Gu ardi a di Finanza dell'Italia Liberata", costituito nel capoluogo pugliese quando il governo di Brindisi fu in grado di cominciare l'opera di ricostruzione delle struttu re essenziali dell'amministrazione.

In marzo anche il comando superiore si trasferì a Salerno al seguito del governo ed estese la propria competenza a tutti i reparti del Corpo dell'Italia meridionale.

Secondo un docu mento (323) della Mi ssione militare alleata presso il comando supre mo italiano, al l o marzo 1944 erano presenti nell'Italia meridionale 6.633 militari della R. guardia di finanza, così distribuiti : Ufficiali Penisola Sardegna Sicilia

111 31 19

Sott. e Truppa 4.383 1.049 1.040

Ridotta pratica mente a zero l'attività tributaria, qu esti ultimi erano prevalentemente impegnati nell'assolvimento di compiti di polizia economica, ai quali facevano attribuire carattere prioritario la graYissima (323) S. LOI: ~I rapporti fra alleati e italiani nella cobclligl•ranza-- USS '.IE. Roma - 1985- pag. :J Il.

441

crisi alimentare e l'inflazione galoppante, incentivata dalla massiccia immissione in circolazione di carta- moneta da parte delle autorità d'occupazione.

La collaborazione con gli alleati si concretava soprattutto nella repressione del mercato nero, alimentata dalla sottrazione di viveri e di generi di vestiario dai depositi militari.

Non mancarono le occasioni di concorso con le altre forze di polizia per il mantenimento dell'ordine pubblico, perturbato dalle forti tensioni sociali e, in Sicilia, dal movimento separatista.

Fu anche intenso l'impiego del naviglio (a quelle già presenti nello Jonio e nel basso Adriatico si aggiunsero le unità provenienti dai porti della Dalmazia, dell'Albania e della Grecia occidentale), utilizzato dagli alleati per la caccia antisommegibili, il dragaggio, la sorveglianza foranea, il pilotaggio attraverso i campi minati, il soccorso.

La motovedetta "Meattini" andò perduta alle 7,30 del 12 settembre 1943 davanti a Brindisi, per collisione con il sommergibile polacco "Sokol". Anche la motobarca MB 32, investita il 27 febbraio 1944 dal caccia francese "Le Terrible", subì la stessa sorte all'imboccatura del porto di Bari, perdendo due uomini deU'cquipaggio.

Nello stesso porto pugliese affondò, per un' incursione aerea tedesca il2 dicembre 1943, la motobarca MB lO, una delle unità portate in salvo da Spalato dopo l'armistizio.

Cinque motovedette, già appartenenti al naviglio doganale jugoslavo, furono trasferite a Malta dove, il 7 dicembre 1943, furono consegnate agli alleati per essere restitu ite, in base alle condizioni di armistizio. Una sesta, la nave "Galiano" (già "Oplenac"), prestò servizio ad Augusta fino al24 settembre 1944, data in cui l'equipaggio della R.G.F. fu sostituito da marittimi civili che provvjdcro alla riconsegna agli jugoslavi.

Le motovedette "Cappelletti", "Mazzei" e "Cotugno", giunte ad Ischia dalla Sicilia in agosto, furono impiegate in compiti di polizia marittima e di collegamento tra la terraferma, le isole minori degli arcipelaghi partenopeo e ponziano e la Sardegna; u·asferite a Civitavecchia nell'agosto 1944, operarono con compiti analoghi nell'arcipelago toscano ed in Corsica.

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D "Turba", la vecchia nave doganale austro-ungarica spesso utilizzata per le crociere dell'imperatore Francesco Giuseppe nelle isole dalmate, rimase agli ormeggi a Brindisi, dove servì da mensa per gli ufficiali del comando supremo. Trasferita a Salerno ill2 febbraio 1944, probabilmente con le stesse funzioni, passò a N apoli il 7 agosto, alle dipendenze del Naval contro! service britannico.

Il comando superiore di Bari dovette anche provvedere all'inquadramento delle centinaia di militari appartenenti ai reparti mobilitati in Balcania ed in Grecia, che erano riusciti a raggiungere fortunosamente la costa pugliese dopo l'armistizio.

Per tale scopo fu costituito un battaglione speciale, al comando del quale fu destinato il ten.col. Giovanni Murgia, già comandante del battaglione di Argirocastro, cu i apparteneva un'aliquota consistente di militari.

Il reparto, sistemato in novembre in un edificio scolastico di Rutigliano, fu dichiarato mobilitato il21 dicembre 1943 e trasferito a N apoli dove, alle dipendenze della s· armata americana, fu adibito alla vigilanza di depositi militari ed alla scorta di autocolonne dirette al fronte; assunse contemporaneamente ]a denominazione di "Battaglione R" e passò al comando prima del ten.col. Giordano Marenco e poi del cap. Vincenzo Sciuto. Agli ordini di quest'ultimo ufficiale il battaglione fu trasferito alla fine di maggio sulla testa di ponte di Anzio e destinato, con un contingente di carabinieri, a ricostituire il servizio di polizia nella capitale, di cui era imminente la liberazione. Entrato in Roma con le prime truppe americane, il battaglione fu però fatto tornare nella zo na di Anzio per provvedere alla custodia degli immensi depositi di materiali accumulati dagli aJleati dopo lo sbarco.

A Roma, infatti, i responsabili dell'A.M.G. avevano confermato in servizio i finanzieri già dipendenti dal comando d ella città aperta, ed il gen. Crimi poteva darne notizia il16 giugno al comando superiore di Salerno (324).

Il battaglione "R", fu smobilitato il31 agosto 1944, ed il personale ripartito tra i vari reparti della capitale (325).

(324) f. n. 495 di pro t. in data 16 giugno 1944 del comando zona speciale R. guardia di finanza.

(325) Secondo una situazione forza del 20 luglio 1944 il battaglione comprendeva 25 ufficiali, 83 souufficiali e 769 appuntaLi e finanzieri.

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l Alle dirette dipendenze della s· armata continuò ad operare fino alla fine del conflitto una ··compagnia speciale A.M.G.", che assolse compiti di scorta ad au tocolonne e di vigilanza a depositi.

4. La riorganizzazione dei servizi nel territorio d ella R.S.L All'inizio dell'ottobre 1943 il governo della R. S.I., appena costituito, cominciò ad organ izzare le proprie strutture.

Un grosso problema era costituito dalla necessità di trasferire al nord gli organi centrali dell'amministrazione, in ossequio alle decisioni tedesche circa lo "status'' della città di Roma.

Ministeri e stati maggiori furono costretti a cercarsi una s<'dc quanto più possibil e vicina all'asse Verona-Ri va del Carda, dove erano rispet-

tivamente di ~locati i comandi dci generali Wolff, capo d elle SS, c Toussaint, "generale plenipotenziario" della Wchrmacht, i veri det<'nto ri del potere. ~la la difficoltà più graYe consiste\ a, come è facile immaginare, nello sradicamcnto da Roma di centinaia di ufficiali, funzionari cd impi egati, per Ja maggior parte de i quali, a prescinde re dalle conv inzioni politiche, il tra !>ferimento al nord rappresentava un'avven tura gravida di in cognite.

Per la guardia di fmanza l'ingrato compito toccò al generale di di' isione Francesco Poli, respomabile effetti\ O dE'l Corpo dopo il collocamento in au~iliaria, senza so!>titu zione, del comandante genera le Aymonino.

Fu co!>Ì prevista la co:,tituzione di un " uffìcio bis'' del comando generale in una località della pr<n incia di TreYiso (326). e fu compilato un elenco di uffi ciali destinati a trasferirsi da Ro ma, appena 3 7 su i 170 previsti, cui si aggiunsero elementi assegnati direttamente d a altre sed i dell'Ita lia settentrionale.

Le funzi oni di vice-capo uffi cio, alle dipendenze di Poli, av reb bero dovuto esse re assunte da Arturo Cerrato, coma ndante dell a zona di Venezia, pill anziano tra i genera li di brigata ed ormai prossimo al congedo (sarebbe stato raggiunto dai limiti di età il 27 dicembre).

(326) r. n. l 0:32 del comand o scnera le della g uardi a di fì 11anza in dala 8 ouobrc l 943.

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n4 novembre (327) fu precisatO che era il comando generale a trasferirsi, e non un suo ufficio alternativo, e che la sede definitiva sarebbe stata Brescia, la stessa del ministero delle finanz e; a Roma sarebbe rimasto un ufficio stralcio (denominato anche •·nucl eo di collegamento") affidato al capo dell'ufficio segreteria, col. Quirino Giombini.

11 nuovo comando avrebbe dovuto entrare in funzione 1'8 novembre; ma alla vigilia del la partenza il gen. Poli si rese irreperibile.

Dopo due giorn i di incertezza, Cerrato, che era già a Brescia, si' id c offrire dal ministro delle finanz e Pellegrini la promozione a generale di divisione e l'incarico di comandante generale del Corpo. In caso di rifiuto- affermò lo stesso Cerrato -la carica sa rebbe stata affidata ad un generale della milizia, come era già avvenuto per i carabini eri, il che a\ rcbbe significato la scomparsa del Corpo come organizzazione autonoma.

Cerrato accettò, e tenuto conto delle sue opinioni poliliche - era uno dei pochi ufficiali non iscritti al panito fascic;ta prima del25luglio- e della facilità d elle previsioni che ciascuno poteva fare circa l'esito del conllitto. fu una deci!>ionc degna di ri~petto (328).

,

Si comportò allo stesso modo Giuseppe Bagordo, comandante della zona di Trie~te, nominato comandante in 2· dopo il rifiuto ùi Riccardo Conti, in servizio a Firenze, che segu iva Cerrato in ordine di anzianità (329).

A Roma, soltanto 12 ufficiali, dei 37 preccttati, effettuarono il tl'a(327) :\lei nuovo comando f!t'nPrale il col. Giovanni Dal \ t•!!-ro. già nunandamc della lqz;io111' di l dine a~~umc lt• funzioni di <·apo dell'ufficio di .,egrl'tt'rta. mt•ntrc Enrico Palaudri, lOrll.lto dall'\lbania. fu capo dcll'uflìuo n11litare ed ufficial<· di collt'!!-Jllll'nto <·on la ~taro ma~gion• di GrMiani e con il comando tt'dt•,ro dd (!t'Il. Tou,,aim; l'ufli<·io 't'n i/io t p.t.i.. respon,abile del · l'atti\ ita opera lÌ\ a, fu rt·tto dal rnagg. '\tccolò .\Io,cato. poi ,o,IÌltlllo 1IJI <·olonncllo l.'~o Fiui/io, ~iunto da Roma qual<' <'Olll<lndantl' della ~uardia di finann pn•,,o il Fabrigucrra.

(328) Con decreto dd mini,tro delle finanze in data 2H din•mbre 1943. n. 844, fu i-.tilllllo il wado di generale di corpo d'.mnata pt;>r gli ufficiali della guardia di finanza. ~cui sono alllll'''l il ruolo e la carica di comandante gcnC'ralc del Corpo'' c fu e lt•vato da uno a due il numt'ro dci @.<' IH'rali di divisione; il più anziano aHcbbe avuto la carica di comandante in 2', all'altro >archlw '>talil af'lidata la direzione di un ~~·rvi7io i~pcttivo da organizzarsi ndl'ambito del comando ~cncrak (329) Ccrrato c Bagor·do furono promossi, rispcttiv.uuentc. ~;ent'ra l e di corpo d'armata l'!!-<' nera le di divisione alla lì n<' dd l !J+t. ma furono le uniche J>romo.tioni conferite ad ul1iciali (h• Ila p:uardia di finanza dal gon•t·no dd la RS.L poich(• il gt•n_ Ct•rrato -.i oppo~e ~cmprt tenacemcllll' all'<llti\ azione delle procedun· d t ,t\ an/alllt'ntO, malgrado l<• in'i'tl'117l' del ministro Pclle~riu1 . per 'o<tituirc a Firenze ed a Ct•nma 1 g<-'nerali Comi e Yinav. po,utu a•peuati\a ai prim1 di p.<·n n aio e poi canccllau dal ruolo per non a\cn·oluto prt',t.trl' j.!IUranwnto. fu richiamato dalt·ongNio ti geu. D.e Filippis (a Genova).r!ll:ntrc l.t zo_n_a di F_i:~nze fu ~fii data al' ccch_i,o.colon_n~llo B~niami~ 110 Porz•o: a Tne~te, al po'w d t Bagordo. ~1tnsed10 ti gcn. t tltppo Fwcca. j.!hltll postztonc d t ··ruon quadro",

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sferimento a Brescia. li colonnello Giombini riu scì a sistemare quasi tutti i componenti del comando generale tra i reparti d ella capitale e furono prese per bu one con molta larghezza le giustificazioni di carattere sanitario addotte da molti.

Il nuovo comand ante genera le, reca tosi a Roma alla fine di novembre, si vide negare perfino le automobili ed i fondi della massa del Corpo; dei quattro carri ferroviari ottenuti per il trasporto al nord del mobilio e dei materiali di casermaggio si riu scì a riempirnc soltanto du e. Perfin o lo schedario ed i fascicoli dci militari rimasero a Roma, il che mise praticamente il comando di Brescia nell'impossibilità di gestire il personale.

La macchina, comu nqu e, ricominciò a funzionare, e si pose mano anche ad un simulacro di riorgan izzazione delle strutture add estrative.

Tsottotenenti de144" corso "Dobrej", ai quali il2 6 ottobre e ra stato dato ordine di presentarsi ai comandi di legione per prendere servizio, furono avviati ad un corso di applicazione, che si tenne a Milano d al20 dicembre al l " aprile 1944.

Un corso analogo avrebbe dovuto aver luogo a Roma, ma come la maggior parte degli ordini impartiti da Brescia, anche questo fu ignorato nella capitale.

Un corso allievi sottufficiali fu tenuto ad Asiago tra il luglio e l'ottobre 1944, successivamente anche tale attività fu trasferita a Milano. Sempre nel luglio '44 furono costituite du e compagni e allievi fin anzie ri presso ogni comando di legione. Si pensò pure a ricostituire una scuola alpina ad Oggebbio, sul Lago Maggiore, ma il progetto non ebbe segu ito per l'opposizione dello stato maggiore dell'esercito repubblica no (330).

Natu ralmente anche tali reparti, come già quelli romani, si riempi rono di stude nti, di persone dalla posizione militare irregolare, spesso addirittura di partigian i in cerca di un a temporanea cope rtura. Sia la co mpagnia delle legione di Milano, dislocata a Villa d i Tirano, che queJla di Torino, dive nnero in breve tempo d elle vere e propri e forma zion i partigiane "in potenza", nelle quali non si faceva mistero dell'orientamento politico dominante.

(330) Secondo il gen. Cen·ato. il quale però uon fu in ~rado di fornire clementi di prova con~inccmi, la ricostituzione dE'Ila ~cuoia sarebbe ~tara addir111ura concordata con i tomandi partigialli deii'Os;ola.. pt•r consentir<' l'inquadram<"nto di ccminaia di alpini alla macchia.

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Nel settembre la compagnia dì Villa fu sciolta per le proteste degli esponenti fascisti locali. La propaganda per il reclutamento avrebbe potuto costar cara anche al tenente colonnello Tacchini, comandante del gruppo interno di Genova (33 1), del quale il giornale della "brigata nera" ligure chiese la testa per i concetti esposti nel corso di una conferenza agli studenti del liceo "Mazzini" di Sampierdarena (332). Ma alle gerarchie fasciste ed al comando militare provin cial e fu risposto con la riaffermazione dell'escl usiva competenza disciplinare dei superiori del Corpo; e naturalmente non se ne fece nu lla.

Lo stesso atteggiamento fu assunto a favore del comandante della legione di Genova, attaccato dal giornale del battaglione "Risoluti" della X flottiglia MAS. L'eccessivo entusiasmo dei giovani con obb li ghi militari per J'arruolamento nella Guardia indusse il ministro delle forze armate a vietare il passaggio nel Corpo di militari già in servizio nell e formazioni repubblicane.

Avven iva del resto anche il contrario. Giovani finanzieri di sentimenti fascisti, o più semplicemente inclini all'avventura, insoddisfatti del clima prevalente nella guardia di finanza, abbandonavano i reparti per arruolarsi nelle tante formazioni volontarie di cui era ricco il panorama militare della repubblica. Poichè un flu sso altrettanto cospicuo esisteva in direzione dell e formazioni partigiane, il fenomeno delle assenze arbitrarie assunse dimensioni tali da compromettere seriamente la saldezza della compagine. Si moltiplicarono così le circolari minacciose, alternate aJie prorogh e del termine entro il quale la presentazione spontanea ai reparti avrebbe consentito di evitare la denuncia di diserzione.

La reiterazione di tali appelli, durata pratica mente fmo agli ultimi giorni del conflitto, dimostra che anche gli stessi comandi evitavano fin che possibile di applicare le disposizioni.

IliO dicembre 1943, ad esempio, "al fine di eliminare l'errata convinzione che le assenze dal reparto possano trovare in ogni momento una compiacente sanatoria nei comandi superiori" il comando generale stabili va che i souuffìciali ed i militari di truppa allontanatisi arbitraria(33 1) Con un decreto minbtcrialc della prima\ era 1944 fu adottata la denominazione di -Guardia Repubblicana di Finanza-, c quelle d• "circolo- c •brigata- vennero variate in •gruppoe ~distaccamento-.

(332) "Che l'inse?'" settimanale della XXXI brigata lll'ra -silvio Parodi" del l? gennaio 1945.

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mente fossero collocati a riposo o dispensati dal servizio, a seconda che avessero o meno raggiunto il limite per il diritto a pensione. Veniva però concessa una sanatoria per coloro che si fossero presentati entro il31 dicembre (333), data successivamente spostata al 15 gennaio.

IL 2 febbraio 1944 si chiariva che le disposizioni emanate in dicembre andavano applicate soltanto nei confronti di quei militari "la cui assenza è sicuramente arbitraria, per i quali cioè non vi sia la prova o quanto meno il dubbio fondato .... che l'assenza possa essere dipesa da causa di forza maggiore, indipendente quindi dalla volontà del militare" (334).

Pochi giorni dopo, però, veniva pubblicato il "bando Graziani" (D.L. del duce 18 febbraio 1944, n.30) che comminava la pena di morte ai disertori ed ai renitenti e del quale, peraltro con un mese di ritardo, il comando generale non poteva ev itare di riconoscere la piena applicabilità ai militari della guard ia di finanza (335).

Gli ufficiali, il cui rapporto d' impiego- a differenza di quanto avveniva per i sottufficiali cd i militari di truppa - era protetto dalle norme sullo stato giuridico dei dipendenti statali, ebbero l'onore di un provvedimento legislativo "ad hoc", il decreto del duce 4 aprile 1944, n.181 , "Norme speciali per la cessazione dal servizio degli ufficiali della Guardia di Finanza resisi inadempienti dei doveri del grado nell'attuale momento", mediante il quale venivano semplificate le procedure per l'allonranamento degli elementi che non davano sufficiente garanzia di fedeltà alla repubblica.

Era un altro segno dell'antipatia che nei confronti del Corpo avvertivano due ambienti di solito discordi, quello del fascismo repubblicano e le alte gerarchie militari, a cominciare dal maresciallo Graziani.

Non valse a modificare que ta situazione la prestazione del giu ramento, richiesta ai finanzieri come agli altri appartenenti alle forze armate. La cerimonia avrebbe dovuto aver luogo in forma solenne il 9 febbraio, anniversario della fondazione della repubblica romana dell849.

Ma a Milano il colonnello Malgeri, alla presenza anche dei diciannove sottotenenti allievi del corso d'applicazione, tenne un discorso che non (333) Circolare n. 1148 R. O. del l O dicembre 194:3.

(334) Circolare n. 154 R.O. del 2 febbraio 1944.

(335) Circolare n. l 1236 del 18 marzo 1944.

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lasciò dubbi circa il valore dell'atto che veniva richiesto, e la necessità per tutti di rimanere fedeli all'impegno di proteggere la popolazione civile. Concetti analoghi furono espressi al personale del comando di Brescia addirittura dal comandante generale Cerrato.

Nella caserma di Campo S. Polo a Venezia i finanzieri rumoreggiarono e gli ufficiali dovettero estrarre la pistola per riportare la calma. A Genova, a Roma e nei centri minori si evitò la cerimonia solenne c ci si limitò a far circolare elenchi per la firma, che continuarono ad essere sollecitati dal comando generale fino a tutto il mese di aprile.

Il primo terreno di scontro con le gerarchie repubblicane fu costituito dal problema della permanenza d ei reparti del Corpo al confine terrestre.

All'inizio di ottobre il colonnell o Fantapiè, comandante della legione di Genova, aveva compiuto una ricognizione alla frontiera francese, riuscendo a riportare i finanzieri nelle caserme che erano state occupate dalla milizia fascista.

Ma le difficoltà più gravi riguardavano il confine italo-svizzero, di importanza cruciale sia per l'occupante che per il movimento di resistenza.

Il 19 settembre un battaglione della "Zollgrenzschiitz", la guardia doganale organizzata militarmente e dotata di uniform e identica a quella della Wehrmacht, era entrato in Valtellina dallo Stelvio e si era dislocato lungo il confine, con il comando a Como e le compagnie a Tirano, Chiavenna e Varese, articolate in una cinquantina di distaccamenti. Vi furon o momenti di attrito, provocati dalla pretesa, respinta, di conoscere preventivamente i turni di servizio dei finanzieri e di costituire pattuglie miste, ma in complesso la convivenza con i doganieri tedeschi si dimostrò sopportabile.

Le cose cambiarono presto, non appena la responsabilità della sorveglianza d ella frontiera fu assunta dalle SS, che si avvalsero in larga misura della collaborazione dci militi fasci sti, e peggiorarono dopo la costituzione, nell'ambito della C.N.R., di una specialità "di frontiera", erede d ella vecchia milizia confinaria (336).

(336) La specialità di fromiera della C.N.R. fu costituita alla fine del '43 per iniziativa del ten.gen. Romegialli, vecchio animatore d ella " Milizia confinaria". Ebbe un comando superiore n el castello di Moncalieri a Torino c cinque legioni, articolate in battaglioni, compagnie, presidi e distaccamepti. La specialità si distins<' per efficienza nella repressione del movimen to partigiano (R. PISA O "Sto ri a delle forze Armate della R.S.l." ·Vol. Ill, pag. 1861).

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L'allontanamento della guardia di finanza dal confine sembra sia stato proposto per primo dal capo della provincia di Como, Scassellati, già nel dicembre 1943, con l'appoggio del ministro degli interni Buffarini Guidi. Le accuse erano molteplici, e, tutt'altro che infondate: agevolazione dell'espatrio clandestino di perseguitati politici e razziali, esponenti partigiani, prigionieri evasi; appoggio alle formazioni partigiane di montagna ; facilità con la quale i distaccamenti del Corpo si lasciavano disarmare dai "ribelli", ed esito puntualmente negativo delle inchieste svolte dopo ogni episodio dai comandi superiori.

Continuava anche lo stillicidio delle diserzion~ armi e bagagli, di intere brigate: la legione di Milano contava, all'epoca, circa cinquecento assenti arbitrari. ll 18 dicembre 1943, su denuncia della G. . R. di Chiavenna, furono arrestati dalle SS i comandanti della compagnia, cap. Guzzardi, e della tenenza. Trasferiti a Bergamo a disposizione del tribunale di guerra tedesco, i due ufficiali furono salvati dalla fuciliazione dal colonnello Malgeri, e se la cavarono con due mesi di carcere ed altrettanti di arresti nella caserma di Milano. 114 marzo 1944, dopo una serie di incidenti, lo Scassellati ordinò l'arresto dello stesso comandante del gruppo di Como, maggiore Maurizio Bussi. Questi si rifugiò a Brescia, sotto la protezione del comando generale, e fu fatto sparire, con un lungo periodo di aspettativa.

In aprile i militari dei reparti di frontiera delle compagnie di Domodossola e di S. Maria Maggiore ricevettero l'ordine di trasferirsi nelle caserme della C.N.R. e di mettersi agli ordini degli ufficiali di quel Corpo; opposero una sorta di resistenza passiva, e per il mom ento non se ne fece nulla. Sempre nella zona deli'Ossola, in giugno furono an-estati in massa tutti i componenti delle brigate della tenenza di Baceno, in val Formazza, rimess i in libertà dopo oltre un mese. Il ritiro dal confine fu infine disposto, in luglio, per tutti i reparti delle due compagnie, e questa volta non vi fu nulla da fare.

Nuovi arresti si verificarono il l Oagosto, per i militari delle brigate di Oria e di S. Margherita, sul Lago Maggiore e determinarono, come era logico, una ripresa delle diserzioni.

Numerosi finanzieri passarono il confine e si consegnarono alle autorità elevetiche; lo stesso giorno lO giunse a Lugano un battello con militari della brigata di Oria, mentre da quella di Pino partì un' unità ill3

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ed un'altra il 27 dello stesso mese, con destinazione la dogana svizzera di Ranzo.

Tali avvenimenti venivano segu iti nella Confed erazione. ll comando generale di Roma fu informato dagli alleati che il giornale "Popolo e libertà" di Bel1inzona riportava 1'11 agosto da Chiasso notizie secondo le quali la guardia di finan za sarebbe stata sciolta il 15 successivo, ed ai suoi componenti sa rebbe stata posta l'alternativa tra l'incorporamento nella C.N.R. e la deportazione in Germania.

Negli stessi giorni, come vedremo, gli esponenti militari del C.L.N. ed il colonnello M algeri presero in seria considerazione il trasferimento in montagna dell'intera 3• legione.

Il 15 agosto, invece della temuta deportazione, giunse un ordine del giorno del ministro Pellegrini (337), con il quale i finanzieri venivano esortati a non abbandonare "il vostro posto di onore e di sacrificio sui confini" ed a non imitare l'esempio di coloro che avevano ceduto "alle lusinghe del nem ico ed all'ingiustificato timore di gravi provvedimenti verso il Corpo", precisando che "d al vostro contegno e dalla vostra disciplina dipende il vostro avvenire e qu ello del Corpo".

Ma appena dodici giorni dopo, malgrado tale promessa, il comandante della legion e di Milano riceveva direttamente dai tedeschi l'ordine di arretrare tutti i reparti ad almeno 15 chilometri dalla linea di confi ne.

Al comando generale di Brescia non rimase che prendere atto di quanto era accaduto, ed iniziare una lunga vertenza con il ministero degli interni e con il comando delle forze di polizia ted esche, per riportare gli uomini sul confine. Il generale Cerrato riu scì anche a farsi ricevere da Mussolini, al quale espose gli inconven ienti cui dava luogo per l'economia della repubblica la soppressione del servizio di vigilanza affidato alla Guardia, mentre fioriva il contrabbando di merci e di valuta con la vicina Confederazione. Il dittatore parve convinto, ma il comandante generale della "G.R.F." ebbe l'impressione che egli non fosse più in grado di imporre la propria volontà.

La C.N.R. l'aveva avuta vinta, ma ciò non bastò a migliorare il clima, che andò degenerando verso form e sempre più marcate di conflit(337) Doc. n. 108.

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tualità. Si moltiplicarono quindi gl i incidenti, le perquisizioni di caserme, l'arresto d i in teri reparti, ma anche le reazioni da parte d ei finanzieri, rese possibili dalla precarietà del controllo esercitato dalle autorità repubblicane in molte zon e montuose di frontiera infestate dai partigiani.

Le stesse autorità, poi, o singoli militi, non mancavano di fornire pretesto a ritorsioni, avvicinandosi con eccessivo interesse al mondo dei traffici frontalieri, che come si è detto era in piena fioritura.

n 17 ottobre 1944 il coma ndo di Brescia, sempre più stretto tra incudine e martello, fu costretto a disporre il trasferimento a reparti interni dell'intero gruppo di Menaggio. Pochi giorni prima le caserme del gruppo erano state attaccate simultaneamente, alle 20, dalle brigate nere che pretendevano la consegna delle armi. Nel capoluogo i fmanzieri asserragliatisi in caserma minacciarono di aprire il fuoco e i fascisti desistettero dal loro proposito.

Le insistenze del gen. Ccrrato non ri masero però del tutto prive di risultati, e gradualmente la guardia di finanza riuscì a riportare. i propri uomini almeno nei valichi doganali di maggiore importanza.

Una situazione opposta si verificò per il servizio di vigilanza costiera.

L'affermazione contenuta nell'ordine d el giorno del ministro Pellegrini del25 settembre '43, circa il carattere "puramente d' istituto" dell'attività che la guardia di finanza era chiamata a svolgere, fu interpretata come un ordine di cessazione dall'esercizio di compiti di natura militare, com'era appunto il concorso alla difesa costiera. In questo senso il comandante della legione di Firenze, colonnello Amoretti, fece anche una com unicazione formale al comando tedesco.

Ne nacque una controversia, alimentata dal comandante del circolo di La Spezia Viarengo, di sentimenti fascisti, il quale accusò davanti al ministro i propri superiori, ri levandone lo scarso spirito di collabo razione con gli alleati. Questi intanto pretesero la consegna dei dati concernenti la forza e la dislocazione dei reparti costieri, e nell'aprile 1944 un ufficiale della "Kriegsmarine", il capitano di corvetta Salvini del "Seekommando" di Venezia, eseguì un'ispezione alle brigate litoranee sia della costa tirrenica che di qu ella adriatica. Il risultato fu deludente: in pratica l'organizzazione per la vigilanza costiera aveva cessato d i esistere, molti reparti erano stati fatti ripiegare nell' interno, altri addirittura soppressi o ri dotti a live1li di forza tal i da essere praticamente inattivi.

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In maggio il comando generale fu costretto ad emanare disposizioni per la ricostituzione dell'organizzazione costiera e per il ritorno dei reparti ripiegati alle sedi ori ginarie (338), escludendo però qualsiasi incremento di forza. Fu anche precisato che i reparti stessi avrebb ero dovuto assolvere esclusivamente compiti di polizia marittima e non di concorso alla difesa militare. Una risposta in questo senso fu data in luglio dal comando della legione di Genova ad uno della divisione "San Marco", il quale pretendeva di inserire gli elementi della G.R.F. nella propria pianificazione.

La riorganizzazione del servizio di vigilanza costiera non divenne comunque mai effettiva. T reparti ripiegati nell'interno rimasero in massima parte dov'erano, anche per la difficoltà determinata dalla mancanza di locali, distrutti dai bombardamenti o requisiti dagli occupanti. Le poche unità navali non au toaffondatesi dopo l'armistizio- ness una di crociera - furono catturate cd impiegate con equipaggi tedeschi.

N~l terri torio della R.S.I. ebbe invece sviluppo l'attività di polizia economica.

Il comando della guardia di finanza presso il ministero dell a produzione belli ca, dal qu ale dipendevano i nuclei operativi istitui ti alle dipenzenze funzionali delle delegazioni interregionali del "Fabrigucrra" fu trasferito il l" gennaio 1944 a Possagno e poi a Bergamo, per collaborare con la direzione generale competente del nuovo ministero dell'economia.

TI nucleo esistente presso il ministero dell'industria c del commercio (nuova denominazione assunta dopo il 25 luglio dal dicastero della economia co rporativa) rimase invece inatti vo a Roma fino alla metà di novembre, epoca in cui fu sciolto ed il pe rsonale assegnato alla 9"legione. Continuarono a funzionare le "sezioni economia corpo rativa" dei nuclei provinciali di polizia tributaria.

11 campo d'azione principale di queste sez ioni -la repress ione delle violazioni alle norme sul razionamento, sull'ammasso dei prodotti agricoli, sulla distribuzione di taluni prodotti industriali e su l controllo dei prezzi- presentava un interesse vitale per l'eco nomia della R.S.I. e per la stessa sopravvivenza delle popolazioni affli tte, soprattutto nei centri urbani, dalla progressiva rarefa zione dei beni d i consumo essenziali, an(338) Circolare n. 20046 in data 5 maggio 1944 de l comando generale della gua rdia repubblicana di finanza .

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che per effetto delle difficoltà dei trasporti, nonchè dalla lievitazione dei prezzi determinata dallo sviluppo del "mercato nero" e dalle spese degli occupanti (sia pure in misura inferiore a quanto si verificò nel sud).

L'efficacia della disciplina d ei consumi e dei prezzi riguardava anche direttamente le autorhà tedesche, sotto il prolìlo del soddisfacimento delle esigenze logistiche delle truppe e per i riflessi che tale disciplina avrebbe avuto sul mantenimento dell'ordine nelle retrovie.

Proprio intorno al problema del controllo dell'economia di guerra italiana si manifestò, negli ultimi mesi d el '43, un grave conflitto di competenza all'interno della "Militarverwaltung", l'amministrazione dipendente dal "generale plenipotenziario" Toussaint.

li gen. Leyers, rappresentante in Italia del ministero degli armamenti e della produzione bellica ("Ri.istung und Kriegsproduktion ", in sigla "Ruk") - il cui capo, Albert Speer, occupava una delle posizionichiave nel sistema di potere hitleriano - rifiutava infatti di lasciarsi inquadrare nel "dipartimento economia" della MV, rivendicando un ruolo del tutto autonomo al proprio ufficio di Milano ad ai suoi emissari nei principali centri industriali del Paese.

Jn effetti sin dal l Osettembre '43 Speer aveva avuto dal Fi.ihrer mano libera per lo sfruttamento delle risor e economiche italiane.

Leyers- nella vita civile un importante dirigente industriale- aveva preferito la strada della collaborazione con il mondo imprenditoriale dell'Italia settentrionale. In breve tempo, la sede milanese del "Ruk" divenne il centro di una consistente rete di affari e Leyers assunse una posizione tale da consentirgli di interferire pesantemente nella vita politica della R.S.l., come accadde in occasione del tentativo fascista di socializzazione delle imprese, al cui fallimento contribuì anche l'opposizione del dirigente tedesco e l'appoggio da lui accordato alle manovre dilatorie degli industriali italiani (339).

La stessa Resistenza, d'altronde, aveva difficoltà a contrastare una situazione in cui veniva fornito allo sforzo bellico nemico un concorso comunque del tutto marginale nel quadro generale del conflitto, tenuto conto di quel che sarebbe accaduto se i tedeschi avessero attuato il pro(339) Sull'argomento G. BOCCA "La re pubblica di Mussolini"- Bari, 1977, oltre ai volumi citati di COLLOTII c di DEAKfN.

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gramma di spoliazione sistematica delle strutture produttive e di deportazione in massa della forza di lavoro, già sperimentato nei territori occupati dell'Europa orientale.

A questo punto, Leyers non aveva bisogno nè dei propri colleghi dell'amministrazione militare, nè della collaborazione degli organi della R. S.I.. Egli dovette accettare di essere inquadrato formalmente nella MV, ma i rappresentanti del Ruk agirono in totale autonomia, trattando direttamente con gli industriali e, quando necessario, con i massimi esponenti politici della repubblica, ignorandone l'organizzazione amministrativa.

Nella R.S.I., quindi, non fu organizzato un sistema di controllo specifico della produzione bellica, simile al "Fabriguerra" operante prima dell'armistizio, e il comando trasferito a Bergamo fu sciolto il l " aprile.

Erano invece di estrema importanza, come si è detto, le attività di disciplina dei consumi e di controllo dei prezzi.

I tedeschi insistevano per una razionalizzazione di tali settori, e pretesero l'istituzione d i un "commissario nazionale prezzi", responsabile della politica di settore. li commissario, nella persona del prof. Carlo Fabrizi dell'Università di Trieste, fu nominato con D.L. 6 dicembre 1943, n. 833, ed ebbe come terminali periferici gli "uffici vigilanza prezzi" istituiti in ogni provincia, i quali a loro volta disponevano, come strumenti operativi per la repressione delle violazioni delle "squadre vigilanza prezzi" dei nuclei di polizia tributaria della G.R.F. e delle "squadre annonarie" delle questure.

La "Militarverwaltung" sosteneva però la necessità di un sistema di controllo globale dell'economia, sul modello dell'organizzazione per la pianificazione economica attuata nel Reich, e dell' unificazione in un solo organismo delle funzioni di polizia comunque attinenti alla produzione ed ai consumi.

li primo obiettivo fu conseguito con la promulgazione del D.L. 3 1 maggio 1944, n. 340 "Nuove norme sulla disciplina dell'economia in tempo di guerra".

"Tale decreto stabiliva la creazione, alle dipendenze del mini stero per l'economia corporativa, di uffici e comitati per tutti i settori della produzione industriale, con il compito di presiedere alla disciplina d ella 455

distribuzione, dei divieti di produzione e di impiego dei prodotti industriali" (340).

In virtù d i un accordo firmato il successivo 4 giugno dall'ambasciatore - plenipotenziario Rahn e dal sottosegretario agli esteri Mazzolini, la struttura italiana fu affiancat~ ad ogni livello, da delegati tedeschi ai quali fu riconosciuto diritto di veto e di iniziativa su ogni questione.

La struttura di controllo d elineata dal decreto n. 340 aveva un'articolazione settoriale - per rami d'industria - e territoriale, quest'ultima comprendeme un comitato centrale e comitati provinciali dell'economia corporativa, presieduti rispettivamente dal ministro e dai capi delle province (prefetti).

Due mesi prima (D.L. Il aprile 1944, n. 116) era stata istituita la "polizia economica".

TI nuovo organismo, inquadrato nel ministero degli interni, comprendeva un comando centrale, con sede a Crema, e "nuclei di polizia economica" in ogn i provincia, correlati ai consigli dell'economia corporativa.

La polizia economica assorbì le preesistenti squadre provinciali deUa guardia di finanza e della pubblica sicurezza, ed ebbe un organico di 5.000 unità, di cui 4.500 appartenenti alla G.R.F. e 500 all a P.S.; per comandarla, in mancanza di ufficiali in servizio permanente, fu richiamato dal congedo il generale di brigata Angelo Pollina.

La sua nascita non fu senza contrasti.

In un rapporto del27 maggio, il gen. Leyers individuava nella politica dei prezz i uno dei punti di attrito tra italiani e tedeschi, e rilevava che il commissario nazionale Fabrizi "ha negato la propria collaborazione con la motivazione che le direttive per la polizia economica erano state bensì emesse con l'approvazione dei restanti ministeri interessati, ma contro le sue stesse proposte". li gen. Cerrato, poi, nella relazione giustificativa compi lata dopo la liberazione, affermò:

"L'istituzione della polizia economica non fu voluta dal Comando (340) E. COLLOTTI: Op. ci t. Pag. 138.

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Generale. Essa fu istituita dallo pseudo governo della R.S.I. al di fuori di ogni ingerenza del Comando Generale. Intervenni soltanto quando mi si ordinò di cedere 4.000 uomini tra ufficiali e militari di truppa per la costituzione della P.E. Prevedendo i gravi inconvenienti che si sarebbero verificati per la cessione di personale alle dipendenze dei prefetti fascisti, proposi che la P.E. venesse affidata al Corpo, anche perchè un tale servizio rientrava tra quelli del nostro istituto. Ogni sforzo per ottenere questo fu inutile e la P.E. venne data ai prefetti. Fui obbligato a cedere il personale, che però fu da mc ridotto a poco più di 1.300 tra ufficiali e truppa. Le SS tedesche che molto si interessavano alla P.E. vennero più volte in ufficio a protestare e ad ingiungermi di portare il personale della P.E. a 4.000 unità. Col tatto dovuto, feci in modo di non dare più un uomo. Nel contempo iniziai un'azione intensa ed appassionata per far rientrare al Corpo i 1.300 uomini ceduti. Fu così che dopo alcuni mesi venne decretato che la P.E. venisse affidata alla Guardia di Finanza" (341 ).

Anche per questi dissensi iniziali, la polizia economica dovette resistere alle interferenze dei numerosi ufficiali germanici addetti al dipartimento economico dell'amministrazione militare, i quali tendevano a considerare la "Wirtschaftpolizei" ("Wipo") quasi come un'emanazione della loro organizzazione, anche scavalcando i prefetti repubblicani.

Questi d'altronde non andavano per il sottile. Il capo della provincia di Alessandria, ad esem pio, in occasione della campagna per la trebbiatura del raccolto 1944 ordinò l'arresto degli agricoltori (o dei loro familiari) che, per eludere la disposizioni riguardanti il conferimento all'ammasso, avessero trebbiatO quantitativi di grano inferiori a quelli compatibili con la potenzialità dei rispettivi fondi. ll26 luglio avrebbero perciò dovuto essere eseguiti una seri e di interventi nelle zone agricole di Alessandria, Casale e Tortona, da parte di pattuglie della G.N.R. e delle brigate nere, cui avrebbero dovuto unirsi sottufficiali e finanzieri delia P.E. (342).

Il tenente comandante del nucleo provinciale della polizia economica rifiutò, obiettando che la legge non poneva un termine per la trebbiatura (343). Lo stesso ufficiale, in agosto, dovette ricorrere al comando centrale per resistere alle richieste del comandante della "MilitarKommandantur 10 14" di Valenza Po, competente per le provincie di Alessandria ed Asti, che pretendeva di costituire posti di blocco stradali con pattuglie miste composte da finanzieri e da uomini della Feldgen(34 1) Relazione del Ccn. Arturo Cerrato in data 5 dicembre 1945.

(342) Lettera del capo della provincia di Alessandria, Giovanni Alessandri in data 251uglio 1944.

(343) f. n. 25 R di prot. del comando nucleo provinciale P.E. di Alessandria in data 261uglio 1944.

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darmerie (344). Nella stessa epoca funzionari militarizzati tedeschi erano distaccati con compiti di controllo presso i molini di S. Giuliano, Cantalupo, Solero, Novi Ligure, Tortona ed Acqui.

In dicembre il comando centrale della P.E. fu sciolto, ed il servizio fu assorbito dalla guardia di finanza.

Presso il comando generale di Brescia fu istituito un "ufficio tecnico centrale per la polizia econom ica", al quale continu ò ad essere preposto il generale Pollina. I nuclei provinciali continuarono ad operare fino al termine del conflitto e furono poi soppressi dall'amministrazione militare alleata.

5. L'estate del 1944.

Alla liberazione di Roma seguì lo spostamento verso nord della linea di contatto tra le forze tedesche e quelle alleate, tanto rapido da determinare in molti la speranza che l'estate 1944 fosse destinata a vedere l'epilogo del conflitto.

Nell'inverno e nella primavera precedenti le bande partigiane nell'Italia centrale avevano assunto consistenza, pur senza raggiungere i livelli di organizzazione conseguiti, nei mesi successivi, dalle analoghe formazioni operanti nel nord.

Numerosi finanzieri avevano partecipato direttamente sia alle azioni di guerriglia che al lavoro organizzativo, informativo, di collegamento e di supporto logistico (345). ,

Si erano distinti, ad esempio, il brigadiere Salvatore Micari ed i fi' nanzieri Rasteli, Ezzis, Reginella, Evangelisti, Pulone, operanti nella zona del parco nazionale d'Abruzzo e nel teramano, il finanziere Damaso Di Loreto, fucilato in provincia dell'Aquila, gli allievi ufficiali Enzo Climinti e Francesco Patrizi, partigiani nella zona di Spoleto, il maresciallo maggiore Settimio Formica, membro del C.L.N. di Fabriano, il finanziere Minicucci e l'allievo finanziere Cicalè, fucilati in aprile dopo esser stati catturati con le armi in pugno.

N elle retro vie d el fronte abruzzese il tenente Livi o Rivosecchi ave(344) F.n. 44 R di prot. del comando nucleo provinciale P.E. di Alessandria in data 31 agosto 1944.

(345) G. OLIVA- op.cit. - pag. 105.

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va svolto un importante lavoro di organizzazione di formazioni dirette a raccogliere ed a riportare alla lotta militari sbandati; riuscì anche a realizzare una rete clandestina per il recupero ed il trasferimento oltre le linee di prigionieri alleati evasi e, attraversando il fronte numerose volte, svolse un'intensa attività di informazione e di collegamento, comprendente anche alcune missioni in Lombardia ed in Piemonte per conto dell'organizzazione militare del C.L.N. Un'autentica figura di eroe era stata quella del sottotenente Gian Maria Paolini. Comandante del plotone di Stretto dell'XI battaglione, in settembre era riuscito a raggiungere la costa marchigiana con una diecina dei suoi finanzieri e nella zona di S. Benedetto del Tronto, appoggiandosi alla brigata guardia di finanza e coadiuvato dall'aiutante di battaglia di mare Pietro I ovine e dal finanziere Antonio Magro, aveva raccolto intorno a sè numerosi miJitari provenienti in gra parte dalla Dalmazia, che aveva provveduto a riarmare anche recuperando le mitragliere installate sui pescherecci già adibiti al dragaggio e rimasti incustoditi nel porto.

Già in settembre la piccola formazione fece il suo esordio, attaccando un treno tedesco alla stazione ferroviaria di S. Benedetto, dopo che si erano verificati incidenti tra militari germanici e popolazione civile. Costretto a darsi alla montagna, Paolini svolse per tutto l'inverno un'intensa attività di guerriglia nell'entroterra ascolano, disarmando presidi della C.N.R., impadronendosi di depositi di grano il cui contenuto veniva poi distribuito alla popolazione civile, attaccando autocolonne tedesche in movimento.

A metà marzo, decise azioni di rastrellamento provocarono la disgregazione della "banda Paolini" e la cattura di molti dei suoi componenti, tra i quali l'aiutante !ovine. L'ufficiale, assieme al sottotenente degli alpini Berton e ad un terzo partigiano, si diresse in auto verso il nord, probabilmente per prendere contatto con le formazioni partigiane piemontesi (era torinese), ma presso Arezzo venne arrestato dalla C.N.R. e rinchiuso nel carcere di Montevarchi, dove per circa un mese riuscì a tener celata la propria identità, facendosi-passare per un ufficiale sbandato. Per motivi che non furono mai chiariti, i tre arrestati furono trasferiti improvvisamente a S. Giovanni Valdarno, dove il 24 aprile 1944 furono fucilati senza processo, malgrado gli interventi in favore dell'ufficiale da parte del comando generale di Brescia e del comandante della legione di Trieste, che lo aveva in forza. Immediatamente prima dell'esecuzione, il ten. Paolini chiese di parlare con il comandante della brigata guardia di finanza di S. Giovan ni Valdarno, e lo informò circa l'attività partigiana svolta.

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A Firenze, avendo il Gen. Conti, comandante della zona all'8 settembre, rifiutato di prestare giuramento alla R.S.I., il comando della guardia di finanza rimase affidato al comandante della legione, col.

Amoretti, il quale in primavera prese contatto con esponenti del comitato toscano di liberazione nazionale, tramite il capitano Cardillo, comandante del nucleo Fabriguerra e poi del nucleo di polizia economica, e dei tenenti Remedi e Sacchetti, del comando legione.

Sempre nel capoluogo toscano, fin dal febbraio si era inserito nel movimento di resistenza il tenente Angiolo Gracci, già comandante del plotone di Berat, assunto in forza dal comando di legione dopo essere stato colto dal1'8 settembre mentre si trovava in licenza in famiglia. Il 6 giugno Gracci passò ai partigiani e, nel giro dì appena un mese, divenne prima capo di stato maggiore e poi comandante della 22• brigata garibaldina "Senigaglia". La formazione, forte di circa duecento uomini ed inquadrata nella divisione partigiana "Arno" del comandante "Potente" (tenente Aligi Barducci già del l ooreggimento arditi), fu guidata dal ten.

Gracci dalle alture del Pratomagno fino a sud deU'Arno e poi ne.i giorni della battaglia per la liberazione di Firenze; fu il primo reparto a forzare il fiume l'l l agosto ed a stabilire una testa di ponte che consentì poi l'occupazione del centro cittadino da parte delle altre formazioni partigiane e delle avanguardie canadesi.

L'avanzata alleata provocò il crollo delle strutture della R.S.I. nell'Italia centrale ed il ripi egamento oltre la linea del Po delle autorità politiche e delle formazioni militari e paramilitari. Ovunque i comandi della guardia di finanza rifiutarono di eseguire l'ordine di ritirata e rimasero in posto, facendo il possibile per assicurare il mantenimento dell'ordine pubblico e la tutela della popolazione in attesa delle truppe alleate. A Chieti, il comandante di compagnia, in accordo con il C.L.N.locale, assicurò il pattugliamento del centro cittadino ed inviò emissari incontro alle avanguardie del Corpo Italiano di Liberazione.

Ad Ancona il capitano Barrecchia attraversò più volte il fronte per fornire notizie alle truppe polacche avanzanti. A Perugia il cap. Patrassi attaccò con un nucleo di finanzieri un drappello di guastatori tedeschi sorpresi mentre stavano minando un cavalcavia ferroviario. Ad Arezzo il cap. Rosito passò ai partigiani con l'intero reparto, fornendo armi, munizioni e materiali di equipaggiamento.

Alla fine di luglio Firenze, evacuata dalle autorità repubblicane rimase praticamente abbandonata a sè stessa, nella drammatica condizio-

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ne di immediata retrovia del fronte che si andava attestando lungo il corso dell'Arno. Il gen. Conti riprese di propria iniziativa il comando il3l luglio e, d'intesa con il comando militare del C.T.L.N., fece assumere dai finanzieri il compito di proteggere i magazzini dell'annona, dai quali dipendeva l'alimentazione della città.

I militari della guardia si trovarono quindi in prima linea allorchè, tra l'l 1 ed il 13 agosto, la lotta divampò casa per casa, ed i partigiani insieme ad esigue avanguardie alleate si trovarono a dover fronteggiare la ripresa offensiva tedesca, mirante a consentire lo sganciamento dei reparti rimasti nel centro cittadino. Furono difesi dai finanzieri il molino Biondi, uno dci capisaldi delle linea difensiva che correva lungo il torrente Mugnone, dove fu ferito il finanziere Aldo Cavallini; l'oleificio Carapelli; il deposito costituito nell'edificio del "partcrre" di piazza Costanzo Ciano. In quest'ultima posizione, conquistata dai paracadutisti germanici il mattino dell' l l dopo una lotta violentissima, cadde l'appuntato Agostino Palmieri e fu ferito gravemente il sotto brigadiere Viuorio Chierroni, campione del gruppo sciatori di Predazzo.

Usciti definitivamente i tedeschi da Firenze, la lotta proseguì nella Toscana settentrionale fino alla stabilizzazione del fronte sulla linea gotica. l finanzieri della compagnia di Lucca ebbero ancora modo di distinguersi nella difesa dell e porte di S. Anna Vecchi a e di S. Anna N uova, assunta da un reparto di formazione costituito d'intesa con il C.L.N., il quale il mattino del5 settembre fu anche sottoposto al tiro di artiglieria; cadde l'appuntato Lamberti e fu ferito l'allievo finanziere Giuntoli.

Il giorno prima i finanzieri avevano dovuto fronteggiare un tentativo di saccheggio della manifattura tabacchi e respingere una pattuglia tedesca incaricata di sabotare gli impianti.

All'estremità occidentale di quella che stava per diventare la "linea gotica" i componenti del1a compagnm di Apuania furono obbligati a ripiegare su la Spezia essendo stato ord inato lo sgombero totale della zona in vista dell'imminente irrigidimento della difesa.

A custodire la caserma fu lasciato il maresciallo maggiore Vincenzo Giudice, comandante della brigata di Carrara; fu trucidato nel tentativo di sottrarre alla morte un gruppo di ostaggi, tra i quali erano i suoi familiari, nel corso di un'azione di rappresaglia condotta con particolare 461

efferatezza il16 settembre nella frazione di Bergiola Foscalina, dalle SS del maggiore Reder.

Nello stesso giorno, sempre per rappresaglia, fu fucilato con altri ostaggi presso Pietrasanta l'appuntato Francesco FanceHo. Tra i militari d ella compagnia di Apuania alcuni si unirono ai partigian i, come il sottobrigadie re Antonio Pirisinu ed il finanziere Tito Arizio, altri passarono il fronte per raggiungere l'Italia libera, come il maresciallo maggiore Francesco Rizzu, il brigadiere Mazzedd u ed i finanzieri Bavieri, Minuto, Micheli e Colescek. Svolsero invece attività cospirativa il maresciallo maggiore Barani nella zona di Pontremoli ed il brigadiere AJadino Micheli in quella di Fivizzano. In quest'ultima località era stato fucilato il 7 settembre, con altri partigiani, il finanziere Rosario Arnone.

Lo sfavorevole and amen to delle operazioni contro gli anglo-americani ed il dilagare del movimento di resistenza stavano portanto intanto a maturazione la profonda crisi dell'organizzazione delle forze di poLizia della RS.I.. n 30 giugno, per far fronte all e necessità della lotta an tipartigiana, era stata disposta la "militarizzazione" del partito fascista repubblicano e la costituzione delle formazioni paramilitari delle "brigate nere". n 14 agosto un "decreto d el duce" sanciva la fine d ell'autonomia della guardia nazionale repubblicana, che veniva ricond otta nell'ambito dell'esercito mentre, defenestrato Renato Ricci, ne assumeva direttamente il comando lo stesso Mussolini. Veniva anche stabilito che la C.N.R. perdesse, con il prossimo 3 1 dicembre, le attribuzioni di forza di polizia, per essere impiegata esclusivamente come arma combattente. La stessa C.N.R veniva infine "epurata" di quanto restava della componente proveniente dai carab inieri. I tedeschi richiesero infatti il trasferimento in Germania, per essere adibiti a compiti di d ifesa contraerea, di 10.000 uomini già appartenenti all'Arma; i rimanenti sarebbero stati ugualmente internati ed avviati al servizio del lavoro.

La deportazione in massa dei carabinieri - e la conseguente altrettanto massiccia ondata di diserzioni, in gran parte con destinazione verso le formazioni partigiane - ebbe sicuramente effetti immediati sul morale della guardia repubblicana di finanza, che in quegli stessi giorni veniva allontanata dal confine svizzero e ripetutamente minacciata di scioglimento.

Si moltiplicarono quindi le defezioni ed i passaggi ai partigiani di interi reparti, così come gli "attacchi" alle caserme isolate conclu sisi con il disarmo dei finanzieri senza ch e venisse sparato un colpo.

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In quasi tutte le località del Piemonte, della Lombardia e del Veneto i comandanti della G.R.F. prendevano contatto con esponenti dei comitati di liberazione nazionale, qualora ciò non fosse già avvenuto prima, per offrire collaborazione e definire i compiti del Corpo nell'ipotesi di un'insurrezione ritenuta ormai prossima.

A Milano il comandante della legione, col. Malgeri, già in rapporti con il movimento clandestino per il tramite di propri collaboratori, ricevette il13 giugno da Nello Trotti, rappresentante del C.L.N.lombardo, la proposta di organizzare la defezione in massa dell'intera 3• legione della guardia, circa cinquemila uomini dislocati nell'interno della Lombardia ed in prossimità del confine svizzero ad est del Lago Maggiore (346).

La proposta era allettante, per il solo fatto di esser stata formulata.

Significava in pratica il riconoscimento ufficiale del Corpo da parte del movimento di resistenza ed implicava il superamento di una posizione di ambiguità nei confronti dell'occupante e del governo della R.S.I., che si andava facendo ogni giorno più pericolosa.

Ma Malgeri non poteva nascondersi l'estrema difficoltà del tradurre in termini concreti un progetto che avrebbe coinvolto migliaia di persone, molte delle quali relativamente anziane e con carichi di famiglia, certo non tutte adatte, fisicamente e psicologicamente, ad affrontare i disagi della guerriglia in montagna.

Il colonnello pose quindi due condizioni: che la richiesta di defezione gli venisse rivolta formalmente dal comando generale del Corpo volontari della libertà, e che i finanzieri fossero raccolti in un'unica formazione chiaramente identificabile come espressione del Corpo. In realtà il comandante della legione di Milano - e lo ammette francamente nel libro pubblicato dopo la liberazione- temeva che l'iniziativa si risolvesse in un disastro: "gran lavoro per i plotoni di esecuzione ed internamento di gran parte dei nostri militari, sorpresi dagli avvenimenti" (34 7).

In definitiva, una perdita per il movimento di resistenza- privato di un importate strumento di lotta- difftcilimente compensabile con l'effimero vantaggio propagandistico offerto dall'avvenimento.

(346) A. MALGERI: ~L'occu pazione di Milano e la liberazione"- edizione a cura del Comune di Milano, 1987 - Pag. 89. .

(347) A. MALGERI- op.cit., pag. 91.

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n progetto comunque andò avanti e prese consistenza. Si parlò di un trasferimento collettivo dei finanzieri - o almeno di quanti si supponeva di riuscire a portare in montagna - nella zona dell'Ossola, dove sarebbe stata costituita una formazione autonoma, collegata a quella del comandante Superti.

Poi le trattative registrarono una pausa, determinata dal temporaneo allontanamento del rappresentante del C.L.N., durante la quale comparve sulla scena milanese un nuovo personaggio, il tenente Augusto de Laurentiis. L'ufficiale, che durante l'occupazione di Roma era entrato in contatto con l'organizzazione clandestina del partito d'azione, dopo la liberazione della capitale si era posto a disposizione della "Special Force" britannica dalla quale era stato paracadutato in Val Camonica con il generale Raffaele Cadorna, destinato ad assumere il comando generale del Corpo volontari della libertà.

n ten. de Laurentiis aveva ricevuto dal collega Rivo secchi, pure arruolato dalla "Special Force", l'indicazione del capitano Fumarola come "contatto" affidabile nell'ambiente della guardia di finanza milanese, e quest'ultimo - diretto collaboratore del col.Malgeri ed al corrente delle attività cospirative del suo superiore- non esitò a presentargli l'emissario venuto dal sud (348).

A nome del comando generale del C.V.L., de Laurentiis riprese il disegno del trasferimento in massa in montagna della legione di Milano, per il quale il cap. Fumarola ebbe l'incarico di predisporre un progetto esecutivo, poi approvato dallo stesso comando generale. Ma quando ormai sembrava che, malgrado le perplessità del col.Malgeri, fosse venuto il momento di passare all'azione, la controffensiva nazifascista nei confronti delle formazioni partigiane dell'Ossola fece tramontare, in ottobre, le premesse dell'intera operazione.

Furono successivamente ripresi i contatti con gli emissari del C.L.N., fu considerata una nuova ipotesi di trasferimento in montagna, questa volta in Valsassina, e tramite il Trotti, furono ricercate intese con le formazioni garibaldine del comandante Moscatelli, operanti in Val Sesia. Per il marcato orientamento politico di queste ultime, tale iniziativa provocò divisioni all'interno del nucleo cospirativo esistente nel comando delle 3• legione, alle quali pose termine lo stesso gen. Cadorna, (348) Relazione del cap. Raffaele Fumarola in data 25 aprile 1946. L'Ufficiale, addetto al comando legione di Milano, aveva collaborato con il ten. Rivosecchi in occasione di un a missione da questi svolta in Lombardia nel '44, per conto del movimento partigiano abruzzese.

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facendo pervenire l'ordine di accantonare il progetto di defezione in massa, per tener pronta l'organizzazione della guardia di finanza a concorrere all'insurrezione, che lo sviluppo della situazione militare faceva ritenere ormai prossima.

La fine dell'estate 1944 vide anche l'esperienza del "zone libere", nelle Langhe, nell'Ossola ed in Carnia. La previsione di un imminente collasso deJle forze germaniche indusse infatti alcuni comandi partigiani a passare all'occupazione permanente di aree territoriali, dove furono condotte esperienze di autogoverno e di vita politica democratica, rapidamente troncate dalla repressione dell'occupante dopo la stabilizzazione del fronte sulla linea gotica. \Tell'Ossola la guardia di finanza era presente con due compagnie, a Domodossola e a S. Maria Maggiore, comandate rispettivamente dai capitani Vittorio Vienna e Leone Arcangioli, quest' ultimo fin dal novembre membro atti vo del C.L.N. locale.

Si trattava di reparti costituiti prevalentemente da personale anziano, quasi tutto richiamato, poichè i giovani erano passati in Svizzera o erano entrati nelle formazioni partigiane, dopo la crisi segu ita in giugno al ritiro dei finanzieri dal confine ed al tentativo di aggregarli ai distaccamenti della C.N.R. In agosto erano stati arrestati tutti i componenti dei reparti della Val Formazza, ed i comandanti della tenenza c della brigata di Baceno erano in attesa di processo a Novara, con l'accusa di aver fornito aiuto ai partigiani.

11 comprensibile statO di demoralizzazione e le preoccupazioni familiari non impedirono però il passaggio integrale delle due compagnie a disposizione della "Giunta provvisoria di governo", costituita a Domodossola il 9 settembre, dopo l'ingresso delle formaz ioni partigiane nella città (349), sgombrata poco prima dal pre idio repubblicano e dai pochi militari tedeschi presenti, sotto la minaccia di veder recisa la strada di fondovalle Toce, unico collegamento con il resto del territorio occupato.

Nell a notte sul lO i finanzieri pagarono il primo tributo di sangue: una pattuglia posta a guardia della sede del comando partigiano a S. Ma(3'+9) In 1ali formazioni aH'\ a incarichi di comando il bri~adiere Seba,liano Roggi, già comandanu.· dt•l cJi,laccamemo di Rakck., in Slo\enia, emrato ncll'ouobre ' '+3 ncii.J formazione del maggiorr Hrltr.uni. e poi in qul'llc amonome del cornandan1e Di Dio con lr quali bi distinse nei comhanimenti di ouobrc '44. rirnam•ndo gra~-cmcntt• ft·rilo. Fu promosso marc'>ciallo per meriti di guerra. (C.OLlVA, op.cit .• pag. 174 ).

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ria Maggiore fu attaccata di sorpresa, e rimase ucciso l'appuntato Paolo Arenare mentre il sottobrigadiere Teodoro Bottazzo fu gravemente ferito. ll 14 settembre la Giunta proclamò l'istituzione della guardi a nazionale, affidandone il comando al colonnello dell'esercito Attilio Moneta.

Nelle intenzioni, avrebbe dovuto essere l'unica forza di po1izia nel territorio della minuscola repubblica ossolana (in pratica, ogni formazione partigiana continuò ad avere invece un proprio servizio di sicurezza) e comprendeva un reparto di "guardia doganale", denominazione poi mutata in quella di "guardia finanziaria" per le insistenze del cap. Arcangioli, che ne fu nominato comandante, alle dirette dipendenze del col. Moneta. Il reparto, nel quale furono inquadrati tutti i finanzieri in . servizio nell'Ossola, assolse il del icatissimo compito di sovraintendere alla raccolta ed alla distribuzione delle risorse alimentari alla popolazione civile, e ripristinò i] servizio di vigilanza al confine svizzero, per fare osservare le disposizioni valutarie emanate dal commissario alle finanze della giunta di governo, il futuro ministro Malvestiti.

Ai primi di ottobre rientrò clandestinamente in valle anche i] capitano Vienna, sorpreso dagli avvenimenti a Novara, dove si trovava per l'inchiesta a carico dei componenti della tenenza di Baceno.

La reazione nazifascista scattò esattamente un mese dopo l'ingresso dei partigiani in Domodossola. Il 9 ottobre reparti repubblicani occuparono di sorpresa Cannobio e cominciarono a risalire la valle verso le Bocche di Finero, prendendo alle spalle il grosso del1o schieramento partigiano in fondo Val Toce.

D mattino del 12 il comandante della più consistente formazione partigiana, Alfredo Di Dio, partì da Malesco con il colonnello Moneta ed un gruppo di ufficiali, tra i quali il capitano Arcangioli, per portarsi alle Bocche allo scopo di riorganizzare la resistenza.

Le due autovetture sulle quali aveva preso posto il piccolo nucleo all'uscita della galleria di Fin ero furono prese sotto il tiro dei repubblicani. Di Dio e Moneta furono subito uccisi, gli altri risposero al fuoco e poi riuscirono a salvarsi gettandosi nella boscaglia.

D capitano Arcangioli raggiunse i resti della sua compagnia a Bagni

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di Craveggia, dove andavano concentrandosi i partigiani in ripiegamento dalla Val Cannobina.

Intanto anche le formazioni schierate in Val Toce comincarono a cedere. II 14 la giunta lasciò Domodossola trasferendosi in Val Formazza, seguita dal capitano Vienna e dai suoi uomini, con i quali passò in Svizzera ill9 per il Passo di S. Giacomo, nell'ultimo gruppo di cui faceva parte il presidente della giunta Tibaldi (350).

La sera precedente avevano fatto altrettanto anche i finanzieri di Bagni di Craveggia con il cap. Arcangioli e gli ultimi resti della divi sione partigiana "Piave", inseguiti anche oltre confine dal fuoco dei paracadutisti repubblicani (351).

6. Gli avvenimenti nell'Italia nord-orientale Le province nord-orientali, come si ricorderà, erano state di fatto sottratte alla sovranità italiana dall' "ordine del Fi..ihrer" del 1O settembre 1943, che aveva istituito le "zone operative speciali" delle Prealpi e del Litorale adriatico.

N ella Venezia Tridentina l'eliminazione delle strutture politicoamministrative italiane fu immediata e totale in provincia di Bolzano, dove le funzioni di polizia furono assunte da formazioni volontarie costituite da elementi del gruppo etnico tedesco, in un secondo tempo inquadrati nelle SS o negli altri corpi regolari de] Reich.

I carabinieri, i finanzieri e gli agenti di pubblica sicurezza sfuggiti a1la deportazione nei primi giorni successivi a1l'armistizio, furono costretti ad allontanarsi o a darsi alla macchia.

In Trentine, dopo l'arresto e l'internamento in Germania del comandante della legione e di gran parte degli ufficiali, rimasero circa quattrocento finanzieri, al comando del maggiore Fortunato e poi, dalla fìne del '44, del colonnello Domenico Fumarola. Prestavano servizio in abito civile e disarmati ed erano utilizzati quasi esclusivamente in compiti di polizia economica.

Più complessa ]a situazione nella Venezia Giulia.

(350) Relazione del capitano Vittorio Vienna in data 30 settembre 1945.

(35l) Relazione del capitano Leone Arcangioli in data 10 luglio 1945.

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I contrasti tra i gruppi etnici italiano e sloveno, inaspriti da oltre due anni di guerra partigiana, e le preoccupazioni per le rivendicazioni che sarebbero state avanzate da parte jugoslava al termin e del conflitto provocarono all'interno della resistenza spaccature tanto profonde da degenerare in episodi di scontro cruento tra la componente "garibaldina", condizionata dai rapporti di alleanza esistenti tra i partiti italiano ed jugoslavo nel quadro del movimento comunista intern azionale, e que1la "autonoma", espressione dei timori della comunità italiana per la propria sopravvivenza fisica e per l'integrità territoriale della Venezia Giulia.

Tale situazione agevolò l'occupante, che non mancò anche di favorire il manifestarsi di gruppi filoslavi anticomunisti. Ma l'intensità della guerriglia fu tale da non consentire ai tedeschi di fare a meno della collaborazione delle forze di polizia italiane ed anche di alcuni reparti dell'esercito della R.S.I., dei quali furono costretti a tollerare la presenza in !stria e nel goriziano malgrado l'ambiguo "status" della regione.

Nei giorni successivi all'armistizio le unità d ell'esercito di liberazione jugoslavo avevano occupato quasi tutto il territorio tra il vecchio confine e l'Isonzo, riducendo la presenza italiana all'abitatO di Gorizia ed ai centri costieri dell'lstria, molti dei quali furono strenuamente difesi dai pochi carab inieri e finanzieri rimasti alloro posto nello sfacelo generale. In ottobre i tedeschi ripresero il controllo della situazione assicurandosi l'agibilità delle comunicazioni stradali e ferroviarie che collegavano i centri principali, ma non vennero ricostitu ite le organizzazioni territoriali dei carabinieri e della guardia di finanza.

Sull'intelaiatura delle legioni deJla M.V.S.N. rimaste in piedi dopo il25 luglio si formarono invece cinque reggimenti di "Milizia per la difesa del territorio", che in un seco nd o tempo trovarono anche un collegamento con il comando generale della C.N.R., pur riman endo agli ordini del capo del "Ordnungpolizei", a sua volta dipendente dal capo della polizia del litorale adriatico, il generale delle SS Globocnik.

Nella M.D.'T. furono inquadrati vecchi appartenenti alla M. V.S.N. e volontari fascisti, ma anche num erosi militari de1le forze armate regie sbandatisi dopo 1'8 settembre e carabinieri rimasti abbandonati a se stessi dopo lo scioglimento delle strutture di comando dell'arma e la deportazione di gran parte dei suoi componenti.

La guardia di finanza della Venezia Giulia, come si ricorderà, fa468

ceva capo al comando de lla V zona, com prendente le legioni di Trieste e di Udine (oltre al comando della R.G.F. della provincia di Lubiana. sciolto subito dopo l'armistizio), e tenuto dal generale di brigata Umberto Bagordo, sostituito dopo la nomina a comandante in 2" dal parigrado Fi lippo Fiocca.

Al comando della legione di udine il colonnello Dal ~egro, ch iamato al comando generale di Brescia quale capo ufficio segreteria, passò le consegne a Domenico Fumarola, a sua volta sostitu ito, dopo il trasferimento a Trento alla fine del '44, dal tenente colonnello Pon s, già comandante del circolo di Gorizia. A Trieste rimase invece, fino alla fine, il colonnello Persirio .Marini.

L'offensin partigiana jugoslava del settembre '4-3 rispanniò. ad est delrhonzo, i comandi di circolo di Gorizia e di Fiume c quasi tutti i reparti dislocati lungo la costa istriana. A Pola il comando della scuola nautica, dopo aver concorso per circa un mese al mantenimento dell'ordine pubblico in città, fu ridotto ad un ufficio stralcio affidato al tenente Tiziano Setti.. il quale riuscì a salvare gran parte delle atLrezzature e dei materialt dell'istituto. trasferendoli scmidandestinamente a Palmanova.

Sia a Trieste che ad Udine era stato n<.>cessario costituire una compagnia di formazione, per inquadrare i numerosi militari del Corpo che affluivano dai battaglioni mobilitati in Bakania e dairintcrno dell'lstria.

In entrambe i casi, tali reparti furono impiegati in servizio O.P.nei giorni succcs~ivi all'armistizio.

Come un po' dappertutto, l'attività di polizia tri butaria si ridusse a poca cosa, e prevalsero nettamente i compiti di polizia economica, soprattutto nel settore annonario.

Anche nella Venezia Giulia i lcdeschi imposero la co~tituzionc di un organismo specializzato per tale sen izio. alle dipendenze di un loro commissario, il dott. Hackner. La polizia economica gi uliana ebbe un ufficio centrale a Trieste, diretto dal tcn('nt<' colonnell o Corradino Giummo, nell'ambito del quale il capitano Dus riu scì ad organizzare anche un piccolo centro di addestramento. Uffici di P. E. furono istituiti in ogni capoluogo di provincia e si articolarono in "c;ott.ouffici" e posti di controllo.

Oltre ad una polizia economica ''interna" se ne ebbe una ..di confine". costituita da una catena di posti fissi dislocati lungo il margine occidentale dell a regione, cioè verso il resto deii'Jtalia, per imped ire l'esporta-

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zione di derrate dal litorale. Ad ogni livello di comando fu affiancato un ufficiale tedesco con funzioni di consigliere e di controllore.

Se i quadri e gran parte della forza furono forniti dalla guardia di finanza, l'istituzion e della polizia economica servì anche a sistemare alcune centinaia di carabinieri sottraendoli a1l'a1ternativa tra la deportazione o l'arruolamento nella milizia. Quale fosse lo spirito di questo personale è dimostrato da un episodio avvenuto il 5 settembre 1944 a Povoletto, presso Udine, dove una compagnia di carabinieri incorporati nella P.E., al comando di un tenente della guardia di finanza, era impegnata in un operazione di controllo sulla regolarità del conferimento del grano all'ammasso. In base ad accordi stabiliti nella notte precedente con elementi della divisione "Osoppo", fu simulato l'accerchiamento della compagnia, che passò in massa ai partigiani con l'ufficiale comandante, malgrado la presenza di un nucleo di controllo tedesco e di un plotone della brigata nera (352).

Un pò dovunque, d'altra parte, i comandi della P.E. si preoccuparono di prender contatto con la resistenza locale o con i capi partigiani. ai quali erano in grado di fornire una collaborazione molto apprezzata anche per la disponibilità di mezzi di trasporto e per la libertà di movimento loro accordata.

Il capitano Antonio Rosito, titolare del sottoufficio di Pordenone, mise in piedi un'efficiente rete informativa c di collegamento, avvalendosi di una serie di collaboratori fidati, u·a i quali l'aiutante Gallì, già comandante della brigata di Cerovoda in val Tomorreçes, durante la campagna italo-greca. Lo stesso ufficiale, in accordo con il comando della divisione '·I ppolito :"lievo", simulò il di sarmo dei posti di controllo di Aviano, S. Casciano, Brugnera, Pesiano, Casarsa, S. Vito al Tagliamento e Polcenigo, fornendo ai partigiani due fucili mitragliatori, cento moschetti, cinquanta pistole, trece nto bombe a mano e cinquemila cartucce. Alla fine di agosto fu affidata all'organizzazione del capitano Rosito la gestione di una missione composta da ufficiali della Regia aeronautica provenienti dall'Italia meridionale ed aviolanciati nell'alto Friuli, i quali furono praticamente arruolati nella P. E. per svolgere tranquillamente i loro compiti. Tn seguito all 'arresto di un partigiano al corrente della sua attività, il capitano fu scoperto alla fine di novembre 1944, e riuscì a salvarsi soltanto grazie alla presenza di spirito dell'a iutante Gallì. Dopo esser rimasto qualche tempo con i partigiani della "Nicvo", l'ufficiale, condan(352) Rrlazione del te n. Corrado T a\ ella in data 3 ~ettcrnbrc 1945.

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nato a morte in co ntumaci~ si trasferì a Milano d ove sì mise in contatto con i] movimento clandestino della guardia di fi nanz~ con il quale partecipò alla liberazione d ella città (353).

Con l'istituzione della polizia economica, avvenuta il l " marzo 1944, un mese prima, cioè, dell'entrata in vi go re del corrispondente provvedimento del governo della R.S.I., il comando della V zona, forte anche dell'appoggio dei dirigenti dell'ammini strazione militare tedesca, si ritenne affrancato dalla dipenden za dal comando della "Ordnungpolizei", sovraordìnato a tutte le forze di polizia d el litorale, e ne diede comunicazione formale ai reparti, diffid andoli dall'aderire a richieste di concorso al servizio di ordine pubblico.

Ma la situazione generale era tale d a costringere anche il generale Fiocca a venire a patti, subendo il solito ricatto della minaccia di sciogli mento e di deportaz ione.

Jn realtà un concorso al mantenimento dell'ordine pubblico era già fornito dalle du e compagnie di formazione costituite dopo l'armi stizio a Trieste ed a ud ine, alle quali era affida to il presidio permanente di alcuni obiettivi sensibili (opere stradali e fe rroviarie, depositi di derrate alimentari); alla fine di febbraio era stato poi inviato un distaccamento di 30 uomini, success ivamente aumentato a cinquanta al comando de l tenente Federico Nemec., per la vigilanza del complesso minerario dell e Cave di Predil.

Ver so la fin e d ella primavera però - pro babilmente in concomitanza con lo sganciam ento d ella dipendenza dal co mando dell"'Ordnungpolizei", in segui to all'istituzione della polizia economica - i ted eschi chiesero di definire il concorso in questione, istituendo reparti "ad hoc", d a porre in via permanente alle dipendenze del comando stesso.

li 16 maggio 1944 il comando della V zona o rdinò dun que la costituzione di tre co•npagnie autonome " per servizi straordinari di sicurezza", a Gemona, Cividale e Tri este, ciascuna della forza di 250 uomini.

Per mettere insieme un contingente di personale tanto numeroso venivano soppressi il comando del circolo di Gemona e num erosi altri reparti della legio ne di Udine, e cessava il servizio di vigilanza al con fine (353) Relazione del capitano Antonio Rosito.

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nella circoscrizione della compagnia di Tarvisio, fino ad allora svolto da pattuglie miste di finanzieri e di doganieri tedeschi.

La costituzione della compagnia di Gemona, cui fu affidata la sorveglianza di opere d'arte sulla statale pedemontana, con distaccamenti da Reana del Roiale a Gemona ed a Sacile, fu particolarmente laboriosa.

Ben due capitani preferirono essere destituiti piuttosto che assumerne il comando, finchè la scelta non cadde sul tenente Giuseppe Osana, il quale e ra già orientato a favore della resistenza. Appena raggiunta la sede Osana ordinò ad alcuni comandanti di distaccamento di prender contatto con i partigiani, ai quali fu assicurato il libero transito attraverso i posti di controllo presidiati dai finanzieri. Purtroppo gli accordi conclusi con gli "autonomi" della divisione "'Osoppo" non valevano per i "garibaldini'', i quali disarmarono, ovviamente senza resistenza, il distaccamento di Flagogna.

11 tenente O sana fu qui ndi costretto a riaprire le trattative, ottenendo il consenso anche del le formazioni orientate a favore del partito comunista. Intanto, il giovane ufficiale divideva l'alloggio con il comandante delle SS di Gemona e, grazie alla sua perfetta conoscenza del tedesco, si prestava a fare da interprete anche per la "Platzkommandantur'' locale, riuscendo a tal punto a conquistarsi la fiducia degli "alleati" da vedersi affidare la vigilanza alla polveriera del forte di Osoppo, dopo che un'esplosione aveva dimostrato la scarsa efficienza del servizio svolto dagli uomini della milizia.

La compagnia divenne quindi una struttura Iogistica a disposizione, equamente, delle due formazioni partigiane operanti nella zona, e fu in condizioni di fornire, oltre alle munizioni sottratte alla polveriera, anche armi e materiale di vestiario e di equipaggiamento ottenuti dal magazzino legionale di Trieste, grazie ad un'autori zzazione permanente rilasciata dal colonnello Marini.

Alla fine di luglio, per iniziativa del sottotenente Aldo DaJ Moro, comandan te di uno dei plotoni, fu progettato il passaggio in massa alla "Osoppo" della compagnia. Le intese erano a buon punto quando il sottotencnte, ottenuto un permesso per andare a casa a prendere l'equi paggiamento da montagna, fu ucciso il 17 agosto a Reana del Roiale, probabilmente da partigiani non al corrente di quanto i andava progettando.

Subito dopo il tenente Osana, scoperto, riuscì a sfuggire alle SS che stavano salendo le scale della caserma per arrestarlo gettandosi da

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una finestra. Raggiunti i partigiani, l'ufficiale, cui si unirono nei giorni successivi numerosi sottufficiali e finanzieri della compagnia, ebbe incarichi presso il comando della "Osoppo" (fu capo dei servizi di polizia e successivamente addetto ad una missione di coUegamento britannica) c verso la fine del conflitto gli fu affidato il comando di un plotone di disertori tedeschi e cecoslovacchi, destinato ad infiltrarsi in Austria.

11 sottobrigadiere Salvatore Tramonti fu vice-intendente della divisione; catturato in combattimento poco prima di Natale, fu deportato in Germania e morì ad Auschwitz. Il finanziere Bari, pure collaboratore del tenente Osana, fu addetto al comando della 1· brigata e perse la vita neU'eccidio di Porzus (354).

Anche l'altra compagnia di sicurezza della legione di Udine ebbe un'avvio faticoso, tanto che dopo tre giorni dalla data stabilita per la partenza per Cividale nella caserma dell'S" alpini si trovavano appena una quarantina di finanzie ri dei duecentocinquanta previsti. Il capo dcll"'Ordnungpolizci" di Udine, colonnello Feill, arrivò a minacciare di arresto il suo collega Fumarola, ma alla fin e dovette accontentarsi di un numero di militari inferiore a quello previsto. La compagnia, posta alle dipendenze operative del III battaglione del V reggimento M.D.T. concorse al servizio di sicurezza sulla rotabile Cividale-Caporetto, con distaccamenti a Pulfero, Swpizza e Robic; inquadrò anche il plotone stanziato a Cave di Pred il.

T 18 finanzieri assegnati al presidio d i Saga disertarono il giorno stesso in cui giunsero a destinazione (355). Cii altri si dimostrarono così poco affidabili che il comando tedesco, dopo averne chiesto ripetutamente la sostituzione, i rassegnò ad utilizzarli esclusivamente in compiti di vigilanza statica, come del resto accadde per la compagnia di Gemona, falcidiata dalle di!>erzioni dopo gli avvenimenti dell'agosto, e rimasta affidata ad un sottotenente. Anche la compagnia di Cividale, del resto, perse in giugno il proprio primo comandante, il quale dopo un periodo di licenza in famiglia entrò nella 207• brigata " Matteotti" operante nella zona di Gallarate (356).

Le cose andarono diversamente per il reparto costituito dalla legione di Trieste sulla base della preesistente "compagnia autonoma di (354) Relazione drltenrnte Clll'•<'ppe O sana sull'ani' ità "olta dalraprilc 19H alraprile HH5. (:35.5) G. PA \ SA ~n gladto c l'aUoro- - Milano 1991. pag. Il O. (356) Relazione del c<~pitano 1\IJrio Giannone in data !J ago'10 1945.

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polizia", e destinato ad operare in l stria per la sorveglianza di un tratto della rotabile Trieste-Fiume, alle dipendenze del "Comando sicurezza strada carsica", retto dal tenente colonne11o delle SS Allers.

Già mentre il reparto era in via di costituzione a Trieste, il l " giugno, due ufficiali inviati a riconoscere le località di destinazione dei plotoni (Casteln uovo d'l stria, dove avrebbe avuto sede anche il comando di compagnia, Matterie, Gradischie e Obrovo) furono attaccati dai partigiani slavi, persero l'automezzo sul quale viaggiavano e riuscirono a stento a raggiun gere Capodistria (357).

L'episodio aumentò il malcontento tra i militari destinati al reparto, appena un'ottantina dei 250 previsti, ridottisi a 52 il4 giugno, giorno della partenza per l'Istria. ello stesso pomeriggio, le SS circondarono la caserma "Postiglioni" di Trieste, arrestarono 38 finanzieri che si erano rifiutati di partire e li deportarono in Germania.

Il tentativo di arrivare ad un "modus vivendi" con i partigiani si dimostrò illusorio. Nella zona operavano le formazioni dell'esercito popolare di liberazione jugoslavo, con le quali era difficile intendersi dopo tre anni di guerriglia asperrima.

n 23 giu gno una pattuglia in servizio lungo la strada fu attaccata, uno dei componenti, il finanziere Antonio Solinas, fu ucciso, l'altro, Sante Chiarina, fu portato via. TI comandante d el plotone di Gradischie effettuò subito un rastrellamento nei dintorni, catturando quattro contadini, tra cui una donna, che consegnò ai tedeschi. Seguì una serie di azioni e di reazioni, che condusse la compagnia di Castelnuovo a schierarsi contro i partigiani. Un'inchiesta condotta nel dopoguerra accertò in totale sette casi di partecipazione ad azioni di rastrellamento, effettuate autonomamente dal reparto o, più spesso, in cooperazione con unità tedesche o della milizia. Non emersero però casi di efferatezza o atti contrari alle norme di guerra. Al termine dell'inchiesta, fu sottoposto a processo soltanto il comandante della compagnia, un tenente che il colonnello Marini, accortosi della piega che andava prendendo il reparto, aveva tentato più volte di sostitu ire, senza riuscirvi per l'opposizione del comando tedesco.

Fu questo uno dei rari esempi di partecipazione di reparti della guardia di finanza alla repressione del movimento partigiano nell'Italia (357) Re lazione de l sottotenente Frnnco Dancsin 2 sctt<.'mbrc 1945.

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settentrionale. Il comando generale di Brescia non ebbe alcun controllo sulla costituzione delle compagnie di sicurezza, che avvenne per iniziativa delle autorità tedesche, grazie alla particolare situazione esistente nel litorale adriatico. In effetti il comando della V zona trattava direttamente con le autorità di occupazione, senza lo schermo dell'organizzazione amministrativa della R.S.I., e potè considerarsi come operante in territorio sotto controllo nemico. Proprio per sottolineare tale condizione le autorità germaniche non richiesero mai la prestazione del giuramento di fedeltà alla repubblica sociale che in effetti non avvenne nella Venezia Giulia, e tollerarono anche forme esteriori, come il mantenimento delle "stellette" e la resa del saluto secondo le prescrizioni dell'esercito regio.

7. La stasi invernale.

Nell'autunno del1944 lo spostamento del centro di gravità dello sforzo militare alleato verso l'Europa occidentale provocò una stasi delle operazion i in Italia.

La liberazione della Valle padana, apparsa imminente nell'estate, si allontanava, e la crisi della R.S.I. si protraeva ancora per qualche mese, mentre la resistenza clandestina e le formazioni partigiane vivevano il loro momento più difficile.

A sud della linea gotica il governo di Roma tentava faticosamente di rim ettere in piedi le strutture della pubblica amministrazione travolte dal passaggio del fronte, in un clima di aspre tensioni politiche e di non meno gravi difficoltà econom iche.

Subito dopo la liberazione della capitale, il governo Bonomi - ministro delle finanze il prof. Pesenti, del partito comunista- richiamò in servizio il gen. Aymonino, confermandolo nella carica di comandante generale del Corpo. Tutti i reparti della capitale furono posti alle dipendenze di una "zona speciale Roma", affidata al gen. Crimi.

Dopo lo scioglimento del battaglione "R", avvenuto, come si ricorderà, alla fine di agosto, rimasero direttamente a disposizione del comando della s· armata americana oltre alla com pagn ia speciale "AMG", un'unità informativa aggregata all'OSS statunitense, comandata dal tenente di complemento Emilio Lapiello, che si distinse nell'assolvimento di compiti di controspionaggio. Numerose unità del naviglio furono impiegate in missioni di collegamento oltre le linee, oltre che nelle consuete attività di vigilanza costiera, dragaggio e pilotaggio foraneo.

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Si cominciò a metter mano alla ricostruzione delle strutture addestrative. n 16 ottobre 1944 riaprì i battenti l'accademia, nella sede di viale XXI Aprile gravemente danneggiata dai bombardamenti al1eati; gli allievi ufficiali del45o corso residenti nel centro-sud frequentarono il secondo anno, mentre corsi accelerati di applicazione furono svolti per i sottotenenti del44", cui si aggiunsero, subito dopo la fine della guerra, anche i colleghi rimasti al nord. L'istituto riprese a funzionare regolarmente soltanto il 18 giugno 1946, con l'ingresso del 46u corso.

Nulla da fare per la scuola sottufficiali, la cui sede di Ostia continuò ancora per molto ad essere occupata dagli alleati. Un primo corso per allievi sottufficial fu iniziato nell'estate '45 nella caserma di viale XXI Aprile, mentre per gli allievi finanzieri si ottenne in uso dall'esercito la caserma "Bianchi" alla Batteria nomentana.

La gravissima crisi dei rifornimenti alimentari, le difficoltà economiche provocate dall'inflazione, il disorientamento determinato dall'asp rezza delle tensioni politiche e sociali furono all'origine di uno stato di diffuso malessere tra i militari in serv izio nel centro-sud, accentuato anche dalle pessime condizioni di accasermamento ed equipaggiamento.

La perdita delle scorte del magazzino centrale vestiario di Roviano, avvenu ta dopo l'armistizio, rese necessaria la distribuzione al personale del battaglione "R", quasi tutto reduce dalla Balcania dopo inenarrabili peripezie, di indumenti di provenienza alleata, che si d isse fossero stati recuperati dopo la bonifica dei campi di battaglia. Una manifestazione eli protesta all' in tern o della caserm a di viale XXI Aprile sembrava dovesse condurre ad una marcia sul comando generale, ma gli ufficiali riuscirono a riprendere il controllo d ella siLuazione.

Anche nell'Italia meridionale e centrale l'attività di istituto della R. guardi a di finanza si concretò essenzialmente nell'assolvimento di compiti di polizia econo mi ca, soprattutto nel settore della distribu zio ne d ei generi alimentari. Speciali squadre per la repressione del ..black marcket, furono costituite in collaborazione con la polizia militare alleata.

Un decreto legislativo luogotenenziale clel4 dicembre 1944 autorizzò il reclutam en to di 300 sottobri gadieri e di 4000 finanzieri, " per far fronte alle esigenze del servizio d'istituto e di ordine pubblico nei territori liberati". Cominciarono anche i rimpatri dai campi di prigionia alleati; ai primi di ottobre una decin a di ufficiali cattu rati in Africa orientale ed internati in Kenya sbarcò a Taranto con il colonnello Sismondo, al qual e fu affidato il comando della legione di Bari.

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Subito dopo l'estate, le polemiche riguardanti l'azione del comando d i polizia della città aperta sotto l'occupazione tedesca resero necessaria la sospensione dal servizio del gen. Crimi, denunciato per collaborazionismo con altri cinque ufficiali coinvolti nella vicenda delle fucilazioni. N ello stesso tempo, occorreva dare esecuzione alle norme del decreto reale 26 maggio 1944, n. 134, che aveva istituito l'alto commissariato per le sanzioni contro il fascismo e ne aveva - con altri numerosi provvedimenti successivi- disciplinato l'attività, orientata in due settori: l'avocazione allo Stato dei profitti di regime, e l'epurazione della pubblica amministrazione, mediante l'allontanamento o l'adozione di provvedimenti disciplinari nei confronti dei d ipendenti civili o militari responsabili d i comportamenti dichiarati sanzionabili.

Per i militari, occorreva anche procedere ad accertamenti su l comportamento tenuto all'atto e dopo l'armistizio. Per tale ultima incombenza, il comando supremo (eire. 1235/ l dell8 luglio 1944) aveva previsto la costituzione di una commissione d'inchiesta per ciascun a forza armata. La commissione per l'esercito sarebbe stata competente anche per i generali ed i colonnelli dei carabinieri e della R.G.F., mentre per gli altri ufficiali e per i sottufficiali avrebbe provveduto una commissione nominata dai rispettivi comandanti generali.

Pochi giorni dopo, però, il decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1944 riaffermava la competenza esclusiva dell'alto commissario, il quale il22 agosto chiese la trasmissione degli atti di tutte le commissioni d'inchiesta evcntual menrte operanti presso le singole amministrazioni.

Per la R. guardia di finanza, gli accertamenti in materia di epurazione furono affidati: per i generali ed i colonnelli, alla stessa commissione istituita per i parigrado dell'esercito; per gli ufficiali fino al grado di tenente colonnello, ad una commissione nom inata dal ministro delle finanze, e costituita da un presidente di sezione del consiglio di stato, da un generale del Corpo e da un dirigente ministeriale; per i sottufficiali, da una commissione di ufficial i scelti dal comandante generale.

Uno speciale ufficio fu istituito presso il comando generale per la istruzione deJle inchieste.

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L'indisponibilità del gen. Crirni - il quale, come gli altri ufficiali coinvolti ne lla stessa vicenda, dovette atte nd ere il l O novembre 1945 per vedersi prosciogliere in istruttoria dal tribunale militare di Romarese necessario il trasferime nto nella capitale dell'unico generale di brigata presente a sud della linea gotica, Riccardo Comi, comandante della zona di Firenze. Oltre a far parte della commissione di epurazione, il generale assolse di fatto anche le funzioni di comandante in 2 , p~r la perdurante assenza dal servizio del titolare, Francesco Poli (358).

ll lO marzo 1945 il gen. Ayrnonino, ch e aveva già da tempo superato i limiti d i e tà, chiese di essere coHocato in congedo; lo sostituì il gen. di divisione i.g. s. Giovanni Battista Oxi]ia, appena rie ntrato dalla J ugoslavia, dove aveva comandato la divisione partigiana "Garibaldi"".

Uno d egli ultimi atti di comando del gen. Aymonino fu la richiesta rivolta allo sta to maggiore del R. esercito, di ebscre autorizzato a cos titui re un'unità combattente, da aggregare ai gruppi di combattimento schierati al fianco degli alleati su lla linea gotica. La risposta negativa dello S.M.R.E. fu motivata con le restrizioni imposte dagli stessi alleati all'entità delle forze italiane.

La richiesta fu reiterata dal gen. Oxilia direttamente alla commissione all eata di controllo; l'es ito fu identico, c comunqu e la risposta giunse al comando generale il 27 aprile 1945 (359).

L'Italia ette ntrionalc era ormai insorta.

8. L'insurrezione.

Nell'Italia seu entrionale, la vicenda della repubblica sociale si avviava intanto all'epilogo ed in quasi tutte le sedi piLl importanti i comandi della guardia di finanza pre ndevano contatto con i comitati di liberazione nazionale o con gli stessi comandi delle formazioni partigiane.

A Genova il comand o di legione era tenuto sotto controll o, anche mediante intercettazioni telefoni che, sia dal comando ted esco che dalle autorità repubblicane, fin da quando il co mandante, col. Fantapiè, ed il capitano Petre lla, addetto al co mando di zona, e rano stati arrestati a Via(358) \el <:or'o del 1945 il geu. Comi fu promo<so generak di divisone ed a-.;..uuo,e formalmente la carica. Peraltro anche Poli, dopo 1111lungo contenzio-.o, out•nnc di essere re•nteq.rato il l gennaio 1948 m•lla ;,tc>"a carica, che mant<'nne Tino alla cc-.;..azione de l servizio pcl' linmi di età, uel 1952.

(359) Doc. 11 . l 09 c n. l l O.

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reggio dalle SS mentre tentavano di raggiungere Roma, il giorno successivo a quello dello sbarco alleato ad Anzio. Condotti alla "Casa dello studente", sede del comando SS ligure, i due ufficiali si erano salvati per l'intervento del gen. Vinay, ma da allora i rapporti tra l'autorità occupante ed il Corpo furono improntati a totale diffidenza. Fu preteso l'allontanamento dei finanzieri dalla cinta portuale e la loro sostituzione con elementi della milizia portuaria, ed il26 giugno unità navali tedesche giunsero ad aprire il fuoco, provocando un incendio di una certa gravità, contro la caserma "S. Giorgio", dalla quale sembra si fosse sparato.

Il contatto con la resistenza fu stabilito mediante alcuni esponenti del partito d'azione, avvicinati dal comandante del nucleo di polizia tributaria con il tacito consenso dei propri superiori.

Un'azione analoga fu svolta a Torino dal ten.col. Beraldi e dal cap.

Saggio, comandanti rispettivamente del nucleo di polizia tributaria e di quello di polizia economica, i quali furono presentati dal professar Valletta al dottor Peccei, rappresentante azionista nel C.L.N., ricevendone incarichi di carattere informativo e la previsione dell'inserimento della guardia di finanza nel piano di insurrezione.

Il ten. Orgera, comandante della compagnia di Susa, era da tempo in contatto con formazioni partigiane, e così pure il cap. Dell'Aquila ad Asti, dove il ten. Pocorobba, dopo aver collaborato clandestinamente per parecchi mesi, fu costretto a passare ai partigiani con il proprio scrivano finanziere Portelli, per evitare l'arresto ormai imminente. Anche nel cuneese la cooperazione tra finanzieri e resistenza fu molto attiva, per opera sia del comandante di gruppo, ten.col. Fiammazzo, che del maresciallo maggiore Borrelli, organizzatore di un'efficace rete informativa. Nell'estate erano state disarmate dai "ribelli", sempre senza opporre resistenza, tutte le brigate della compagnia di Saluzzo, il cui comandante, tenente Zingarini, in agosto era stato formalmente arruolato dalla 15• brigata d'assalto "Garibaldi". In dicembre l'abitazione dell'ufficiale fu perquisita da1l'uffìcio politico della C.N.R., ed il comando generale ritenne opportuno toglierlo dalla circolazione affidandogli il comando del distaccamento incaricato della custodia del castello reale di Racconigi. Qui il ten.Zingarini fu avvicinato dal collega Rivosecchi, paracadutato dal sud con una missione britannica, che da allora ebbe base nello stesso castello, presidiato anche da un ignaro reparto della brigata nera (360).

(360) Relazione del ten. Zingarini. Il cen. Rivosecchi, lanciato nella Francia meridionale con una missione britannica nella notte del4 agosto 1944, passò in Italia dicci giorn i dopo prendendo contalli con formazioni "autonome" picrno11tcsi.

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Accordi furono anche stabiliti a Novara dove era stato costituito uno speciale reparto per la vigilanza all'officina carte valori dell'istituto poligrafico dello stato - sistemata nello stabilimento De Agostini - che i finanzieri si impegnarono a difendere contro eventuali sottrazioni o distruzioni dell'ultima ora.

n centro della cospirazione era però nella legione di Milano, sia per la prossimità ai vertici d el movimento di resistenza- comitato di liberazione nazionale per l'alta Italia e comando generale del Corpo volontari della libertà- sia per il prestigio personale del colonnello Malgeri, che non esitò ad impegnarsi direttamente nell'attività clandestina.

Come si è visto, il comando di legione era al centro di una rete di rapp ort~ grazie ai quali la resistenza era in grado di utilizzare la struttura

organizzativa del Corpo, ]a relativa libertà di movimento dei suoi componenti, la disponibilità di mezzi di trasporto e di nascondigli "sicuri", la possibilità di mantenere i collegamenti con la Svizzera grazie alla conservazione di una sia pur ridotta presenza al confine, ed infine la legittimazione a produrre documenti di identità e di autorizzazione formalmente regolari, idonei ad assicurare una copertura efficace.

I rapporti tra la resistenza e la guard ia di finanza milanese erano stati intensifi cati dall'arrivo nell'Italia settentrionale d el ten. Augusto de Laurentiis, lanciato l' l l agosto l 944 in Val Camonica con il generale Cadoma (361).

Il giovane ufficiale divenuto uno dei dirigenti dell'organizzazion e clandestina "Franchi", inser1 in essa num eros i elementi d el comando legione e del nucleo di polizia tributaria, tra i quali il brigadiere Eustachio Dell'Acqua, responsabile della "sezione falsi" cui era affi data la produzione di documenti di copertura. Edgardo Sogno, Riccardo Lombardi ed altri dirigenti della resistenza circolarono nell'Italia settentrionale con tessere di riconoscimento che li qual ificavano come ufficiali o sottufficiali della guardia di finanza.

(36l) Secondo F. FUCCI ("Spie per la libertà"- Milano 1983, pag. 35) ~quando g li inglesi constatarono che il generale Cadorna, che stava frequentando il corso dì paracadutismo per essere lanciato ne ll'Italia del nord era piuttosto "impacciato~ (tale fu la definizione) certamente a causa della sua età non più giovane, chiesero a Bauer di indicare loro un giovane ufficiale italiano che potesse stare vicino all'anziano generale nelrnornento abbastanza drammatico del lancio e dell'attel'faggio no tturno. E Bauer suggerì il de Laurentiis: designazione che si dimostrò poi ottima~.

Come si ncorderà, ilten. de Lauremiis aveva avvicinato Riccardo Baucr durante il periodo dello resistenza romana.

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L'organizzazione "Franchi" arruolò anche il comandante della compagnia di Ponte Chiasso, ten. Antonio Finizio, che si dimostrò prezioso per la realizzazione dei collegamenti e dei trasferimenti clandestini attraverso la frontiera.

Accantonati i progetti di trasferimento in massa in montagna, si passò alla stesura di piani per l'impiego dei reparti della guardia al momento dell'insurrezione secondo gli ordini impartiti sia dal comando generale del C.V.L che dal co mando piazza milanese.

Fu anche organizzata la riassunzione del controllo del confine svizzero per conto del C.L.N., anche utilizzando una parte dei finanzieri internati nella vicina Confederazione (il cap. Vienna, espatriato dall'Ossola a metà ottobre, ebbe l'incarico di costituire un reparto a questo scopo dall'addetto militare presso la R. legazione di Berna, generale Bianchi). Un progetto per la rioccupazione della frontiera fu pure presentato al col. Malgeri dal colonnello Ugo Finizio, capo ufficio servizio d el comando generale di Brescia, il quale si era messo a disposizione del movimento clandestino. ll 27 febbraio 1945 il gen. Cadorna sanzionò formalmente l'inquadramento della guardia di finanza nel C.V.L. (362). Nello stesso mese, però, la resistenza militare subì una serie di colpi piuttosto gravi, quali l'arresto dei tenenti colonnelli Palombi e Beolchin i e di altri diretti collaboratori di Cadorna nonchè dello stesso capo della "Franchi", Edgardo Sogno, catturato mentre in uniforme da ufficiale tedesco tentava di far evadere dal comando d ella SS di Milano, nell'albergo "Regina", il presidente della C.L.N.A.l. Ferruccio Parri.

Anche il tenente de Laurentiis fu arrestato negli stessi giorni e rinchiuso a S. Vittore.

A Brescia, intanto, anche il comando generale della "Guardia repubblicana di finanza" si preparava all'epilogo.

Ai comandi di legione fu confermato l'ordine di rimanere in posto per assolvere compiti di polizia, in caso di imminente occupazione "nemica" delle sedi di di slocazione dei singoli reparti. ln febbraio fu precisato che gli stessi reparti dovevano essere esclusi dai piani di difesa e di (362) Corpo Volontari della Libertà- comando generale h alia occupata- f. n. 468 'R del 27 febbraio l 945.

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ripiegamento che i comandi dell'esercito repubblicano stavano predisponendo per l'imminente emergenza. TI 9" comando militare provinciale di Genova ad esempio, fu costretto a diramare l'ordine nr. 407/ 417, con iJ quale dal piano di difesa elaborato nel precedente giugno, veniva sottratta la forza di 3 ufficiali, 40 sottufficiali e 160 militari di truppa, che costituiva il concorso della G.R.F..

Abbastanza fuori tempo dovette quindi apparire la pubblicazione del "foglio d'ordini n. 4" del27 marzo, con il quale sì chiedevano volontari per un "reparto speciale" con compiti anche bellici.

Poco tempo prima, in seguito alla sottrazione di alcuni automezzi alla rimessa d el comando generale, era stata disposta la costituzione presso la scuola sottufficiali di un piccolo nucleo di volontari, armati di moschetto automatico Beretta, arma allora riservata ai reparti di "elìtés", e destinati alla scorta valori ed alla protezione del ministro e di altre alte personalità.

La forza era esigua -rilevava il comando generale di Brescia- perchè "voci tendenziose" arbitrariamente "attribuiscono al detto reparto delle caratteristiche che invece non ha", ma "se il numero d ei volontari sarà sufficiente per costituire un reparto organico di forza pari almeno ad una compagnia, questo comando generale farà in modo che le «fiamme gialle», com'è loro tradizione, dividano con le altre forze armate l'onore del combattimento".

Le d omande di coloro che aspiravano ad entrare nello "speciale reparto" avrebbero dovuto essere trasmesse il 15 di ogni mese; ma non c'era più un mese di vita per la guardia repubblicana di finanza (363).

Il1 6 marzo il comando generale si trasferì a Milano, ed il gen. Cerrato fece la sua comparsa nel cortile della caserma di via Melchiorre Gioia nella nuova uniform e adottata dalle forze armate della R.S.I. ad imitazione di quella della Wehrmacht, con il bavero chiuso e (per i generali) le bande rosse ai pantaloni (364).

Pochi giorni dopo, il2 7, morì il generale Bagordo, comandante in 2·.

(363) Nella sua autodifesa, il gen. Cerrato affermò di esser stato costretto a firmare il foglio d'ordini attenuandone molto la forma, per l'insistenza di alcuni ufficiali fascisti, che erano riusciti a raggiungere il ministro Pellegrini. La situazione militare della R.S.I. era d'altra parte tale da far ritenere del tutto platonica la costituzione del reparto.

(364) Relazione del capitano Raffaele Fu marola in data 25 aprile 1946.

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L'ostilità de gli uomini della G.R.F. nei confronti dei nazifascisti si andava ormai facendo palese. L'8 marzo, ad esem pio, un gruppo di ..m arò" della X MAS si presentò al magazzino automobilistico legionale di Magenta per r equisire i materiali che vi e rano custo diti esibendo un'ordine del capo d ella provincia. Il so ttufficiale r esponsabile dispose gli uomini a difesa e chiese istruzioni al comando di legione, ricevendo l'ordine di oppors i co n qualsiasi m ezzo. I r ep ubblicani si ritirarono limitandosi a proferire minacce.

La necessità di organizzarsi per far fronte alla crisi finale ap parve evidente anche al vertice dell a R. S.I.. Per iniziativa del segretario del partito fascista, Pavolini, fu così prevista la costituzione di un "ridotto" in Valtellina, dove i dirigenti politici e militari e quanto restava dell e forze armate avrebbero dovuto con centrarsi per resistere ad oltranza in attesa dell'arrivo degli alleati, co nservando aperta, nello stesso tempo, la via di sca mpo del passaggio in Svizzera e, attraverso lo Stelvio e l'Alto Adige, quella del ripiegamento nel territorio che si supp oneva sarebbe rimasto sotto controllo tede sco.

Premessa per la realizzazione del "rid otto" e ra, ovviamente, l'annientamento o almeno l'aJlonta namento delle formazioni partigian e operanti in Valtellina, compito qu esto affidato al generale della C.N.R. Onorio Onori, ai cui ordini avrebbe ro dovuto porsi tutti i reparti militari presen ti nella valle, e quelli che vi stavan o affluendo da tutta l'Italia Settentrionale.

TI 7 aprile l'ordine, impartito personalmente dal maresciallo Graziani, raggiunse anche il comando generale della G.R.F., che decise di opporre un rifiuto ed impartì istruzioni al colonnello Malgeri affmchè ne desse notizia al generale repubblicano. Il colonnello si recò a Tirano, accompagnato dal tenente Macaluso, affùiato alla resistenza e già comandante della compagnia allievi finanzieri dislocata a Villa di Tirano ed allontanata in novembre per iniziativa dello stesso segretario fascista Pavolini, che l'aveva accusata formalmente di fornire appoggio ai partigiani.

Macaluso aveva il compito di rimanere all'esterno dell'albergo dove Onori aveva stabilito il suo comando, per dare l'allarme e provocare il passaggio ai partigiani dei finanzieri di tutta la Valtellina, se il suo superiore non avesse fatto ritorno.

Ma non accadde nulla. TI generale repubblicano, che apparve al colonnello Malgeri piuttosto sfiduciato, si limitò a prendere atto del rifiuto

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e chiese di poter avere almeno in prestito un pò di munizio~ delle quali i suoi difettavano. Malgeri affermò di non averne ed il colloquio finì. ella notte due autocarri provvidero a trasferire prudenzialmente a Milano le oltre centomila cartucce e le numerose bombe a mano depositate nella caserma di Sonddo.

Quasi ovunque, i C.L.N. emanavano istruzioni che riconoscevano l'appartenenza al movimento di liberazione della guardia di finanza e ne prevedevano l'impiego all'atto dell'insurrezione.

A metà aprile la linea gotica fu rotta ed il collasso dell'apparato militare tedesco in Italia apparve evidente. li generale Wolff, plenipotenziario della Wehrmacht c contemporaneameme capo delle SS e delle forze di polizia, stava del resto già trattando la resa con il comando del XV gruppo di armate alleato.

11 23 aprile le avanguardie alleate costituirono le prime teste di ponte oltre il Po e nello stesso giorno iniziò lo sgombero di Genova da parte del presidio tedesco.

A sera, il gen. De Filippis ed il tenente colonnelo Tacchini, comandame interinale della legione, si misero a disposizione del C.L.N., e per tutto il 24 i finanzieri parteciparono ai combattimenti di strada per l'eliminazione dei residui nuclei fascisti, nonchè al blocco dei marinai tedeschi asserragliati nel porto.

Nella stessa giornata del 24 aprile l'insurrezione si estese oltre l'Appennino ligure alla provincia di Alessandria, dove la sera precedente il comando tedesco aveva ordinato il concentramento di tutte le forze nella cittadella. I finanzieri. agli ordini del capitano Raffaele Valentino e del tenente Carlo Valle non ubbidirono e si misero a disposizione del C.L.N. La resa della guarnigione tedesca di Genova fu firmata alle ore 19,30 del25 aprile dai rappresentanti del generale Meinhold. A quelJ'ora l'intera organizzazione della guardia di finanza operava già alle dipendenze del prefetto partigiano della città, Martino.

Le unità tedesche e repubblicane dell'armata "Liguria", tra le quali quasi intatta la divisione "San Marco", si andavano intanto raccogliendo nella zona di Acqui, mentre a Cuneo si concentrava la divisione "Littorio" proveniente dal confine francese.

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n centro di gra vità d ell'insurrezione si spostava a Milano, d ove in previsione della crisi si era riunito da qualche giorno il vertice della R.S.I. con lo stesso Mussolini. n comandante generale della G.R.F., Cerrato, si mosse in senso inverso. !116 aprile, mentre il governo della R.S.L teneva il suo ultimo consiglio dei ministri, egli lasciò Milano dopo aver ceduto l'incarico al gen. Pollina, già comandante della polizia economica, c dopo una sosta a Brescia raggiunse la sua casa di Venezia, dove si dispose ad attendere gli eventi.

Il comando generale cessò praticamente di funzionare, ed i suoi componenti si eclissarono o si misero a disposizione del colonnello Malgeri, del quale era ormai noto l'orientamento.

Dopo il riconoscimento formale da parte del gcn. Cadorna, i contatti tra il gruppo cospirativo all'interno dc] co mando di legione e gli esponenti militari della resistenza si erano intensificati, in particolare ad opera del capo di stato maggiore del comando piazza clandestino, magg.

Liberti, che aveva stab ilito una delle proprie sedi nella caserma della compagnia allievi finanzieri del ten. Macaluso, in piazzale Sicilia. Era stato compilato- ed approvato dal comando generale del C.V.L.- un piano insurrezionale, il quale prevedeva la costituzione di un piccolo reggimento di formazione, su quattro battaglioni, con il concorso di tutti i reparti presenti a Milano, per una forza complessiva stimata di circa cinquecento uomini, ovviamente tutti volontari. Il progetto era stato messo a punto in una riunione tenuta nel pomeriggio dcll'8 aprile neJrabitazione del colonnello Finizio, del comando generale (365). ll21 aprile, mentre la situazione andava ormai precipitando, Malgeri riunì il personale nel cortile della caserma "Cinque giornate" di via Melchiorre Gioia, e lo orientò, ormai esplicitamente, sul comportamento da tenere. Il giorno dopo il colonnello fece altrettanto con i reparti esterni, diramando ai comandi di circolo di Como, Varese, Sondrio, Pavia c Brescia il fonogramma n. l6852: "Invito tutti i coma nd i e reparti dipendenti a rimanere compatti sul posto nell'interesse del Paese, dico del Paese, del Corpo e di noi stessi, qualunque piega prendano gli avvenimenti militari".

Nella sede del comando di legione intanto si avvicendavano i diri(365) La ricostruzione degli av\cnimenti a Milano cd in Lombardia nell'aerile 1945 è basata sul volume del gen. Alfredo Malgeri ~L'occupazione di Milano e la liberazione , nell'edizione del 1983 a cura del comune di Milano

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genti della resistenza, ora anche politici, come i comunisti Falletti, delle brigate garibaldine e Calassi, capo dei C.A.P., e gli azionisti Riccardo Lombardi, designato prefetto di Milano, e Leo Valiani, che avrebbe dovuto presiedere il futuro governo provvisorio dell'Alta Italia. Sia la prefettura che il governo provvisorio avrebbero dovuto utilizzare la caser~a della guardia di finanza come sede protetta, al momento dell'insurreZIOne. In attesa che si chiarissero gli intendimenti delle forze tedesche e repubblicane presenti numerose in città, i finanzieri avrebbero dovuto raccogliersi nelle caserme di via Melchiorre Gioia Ccomando di legione), via Valtellina C2" compagni a), piazzale Sicilia Ccompagnia allievi finanzieri) - una quarta in piazza Fiume, sede del nucleo di polizia economica, avrebbe dovuto essere sgombrata perché considerata non difendibile ed organizzarsi per la difesa ad oltranza, il che fu fatto fin dal giorno 23.

In un secondo tempo, il reggimento di formazione avrebbe agito come massa di manovra verso gli obiettivi che sarebbero stati indicati dal comando piazza. In ogni caso, dopo l'acquisizione del controllo della città, la guardia di finanza sarebbe passata agli ordini del prefetto nominato dal C.L.N. per assicurare il mantenimento dell'ordine pubblico.

In città cominciavano intanto a verificarsi le prime azioni partigiane. Il 23 un gruppo di finanzieri con i brigadieri Rocco e Bazzano e due automezzi, agli ordini del magg. Liberti, effettuò un colpo di mano contro un autoparco tedesco nella zona della fiera campionaria, impadronendosi di tre autoblindo. ll 25 lo stesso brigadiere Rocco guidò un'azione contro la caserma della polizia ausiliaria in via Palmieri, catturando numerose armi automatiche. Nel pomeriggio una pattuglia al comando del ten. Ognibene riuscì ad impadronirsi con uno stratagemma di un fondo di quaranta milioni che stava per essere prelevato dalla Banca d'Italia dalle autorità fasciste.

In quelle stesse ore si svolgeva nel palazzo dell'Arcivescovado il celebre colloquio tra i vertici della R.S.I. ed i rappresentanti del C.L.N.A.I., al termine del quale, sfumata l'ipotesi di un passaggio d ei poteri "indolore", Mussolini decise di abbandonare Milano. Per i finanzieri asseragliati nelle caserme cominciò l'attesa degli ordini del comando piazza. Verso le 22, a richiesta telefonica del magg. Liberti, un reparto fu inviato ad occupare la sed e del "Popolo d'Italia" per consentire, il giorno succesivo, l'uscita di un quotidiano del movimento di liberazione; il compito fu portato a termine senza incidenti di rilievo, salvo una leggera ferita per il brigadiere Pieragostini.

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Dopo un'ora e mezza, nuova telefonata del maggiore Liberti, e questa volta era il preavviso per l'azione principale. L'ordine fu recapitato poco dopo dal tenente de Laurentiis, evaso da S. Vittore queiJa stessa mattina.

n reggimento si mise in marcia (366).

Il palazzo del governo in corso Monforte fu raggiunto dopo scontri a fuoco di lieve entità con pattuglie fasciste ed occupato senza difficoltà; i pochi agenti di P.S. rimasti dopo l'allontanamento delle autorità repubblicane si lasciarono disarmare senza opporre resistenza. Alle 6 del mattino del 26 aprile la prefettura era ormai posta in stato di difesa ed alle otto il colonnello Malgeri che aveva diretto personalmente l'azione, fu in grado di ricevere Riccardo Lombardi, il quale non ebbe quindi bisogno dell'ospitalità dei finanzieri.

A quell'ora erano già stati anche inviati distaccamenti ad occupare il palazzo della provincia, il municipio e il comando militare repubblicano. Il comandante della compagnia del comando generale, sottotenente Diretto, postosi a disposizione del colonnello Malgeri dalla sera prima, fu inviato a presidiare la sede dell'E.I.A.R. in corso Sempione.

L'insurrezione si estese intanto a tutta la Lombardia, ed ovunque i finanzieri parteciparono attivamente agli scontri finali, all'occupazione degli uffici pubblici, al disarmo delle forze tedesche e fasciste.

L'episodio più grave accadde a Pavia, dove in uno scontro con un gruppo di ufficiali della C.N.R. furono uccisi il tenente Francesco Lillo, l'appuntato Tommaso Goletta ed il finanziere Roberto Spirito.

Il tenente Finizio ottenne la resa del presidio tedesco di Ponte Chiasso e fece innalzare il tricolore sul valico; nel pomeriggio scortò a Milano Ferruccio Parri, rientrato dalla Svizzera.

Combattimenti di una certa intensità si svolsero in Valtellina, dove, a Madonna di Tirano, si arrese il comando generale della C.N.R. di frontiera.

I finanzieri concorsero anche ad attivare i controlli destinati ad im(366) li reggimento di formazione ebbe una forza di 23 ufficiali e 407 sottufficiali e militari di truppa. I battaglioni erano comandati dai maggiori Froncillo, Cacace e Palmese e dal capitano Molino.

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pedire l'espatrio dei dirigenti della R.S.I. in fuga verso la Svizzera. Una pattuglia della tenenza di Porlezza, sempre nel pomeriggio del26 aprile, arrestò i ministri Buffarini Gu idi e Tarchi. Nella cattura della colonna di cui facevano parte lo stesso Mussolini ed il principale gruppo di gerarchi, poi fucilati a Dongo, giocarono un ruolo importante un gruppo di sottufficiali della guardia di finanza, appartenenti ad una rete clandestina organizzata dal tenente colonnello Luigi Villani, già comandante del gruppo di Menaggio, rimasto nella zona dopo lo scioglimento del reparto imposto dalle autorità fasciste in ottobre, e divenuto presidente del C.L.N. locale (367).

D 29 aprile il comand o generale del corpo volontari della Libertà dispose che tutti i comandi della guardia di finanza dell'Italia Settentrionale passassero agli ordini del colonello Malgeri nominato "comandante generale provvisorio per l'Alta Italia".

Il giorno precedente, da Venezia, si era fatto vivo il generale Cerrato au tonorninatosi "capo dell'ufficio di collegamento della guardia di finanza dislocata nell'Italia Settentrionale", con du e singolari lettere dirette ai comandi di zona e di legione.

Nella prima "in conseguenza degli avvenim enti che consentono l'agognata ricongiunzione dei reparti dislocati nell'ambito deiJa cessata R. S.I. al rimanente del Corpo" veniva ordinato il ripri stino della bandiera sa baud a e delle stellette al bavero e venivano aboliti il saluto romano, gli stemmi della R.S.J. "cd ogni altro segno repubblicano".

Con la seconda lettera il generale dichiarava nulle le promozioni conferitegli dal governo repubblicano (368).

(367) Si traua del maresciallo Di Paola. comandante dc:Ua brigata di Dongo, dei brigadieri Scappin e Spadea. comand anti rispettivamente delle brigate di Cera Lario c cfi Germasino, del mare.,ciallo Nanci c del brigadiere Buffelli, che ebbero in custodia il dittatore nella caserma della brigata di Germasino e furono le u ltime persone con le quali egli ebb<' modo di conversare. Arich iesta del brigadiere Buffelli Mussolini rilasciò anche la sua ultima dichiarazione scritta. per attcstnrc di esse r stato trattato correttamente dopo la cattura - Doc. n. Ili. Anche il partigiano "Bill", colu i che materialmente arrestò Mussol ini, e ra un finanziere, Urbano Lazzaro, ti quale, passato in Svizze ra dalla brigata di Chiavenna nel maggio '44, era tornato in Italia ne l seuembre e ntrando nella 52' brigata ga ribaldin a, della quale era a ive nut o vice-commissario politico (368) Doc. n. 112 e 113. Dopo l'arrivo degli alleati a Venezia, il gcn. Ccrrato, che nei giorni precedenti si era recato nella caserm a di campo S. Polo solidarizzando con ~li insorti. fu preso in consegna dal tenente del Corpo Chighizola, af;gre~ato ad un'unità del Fteld Securit) Scrvicc dell'VII I armata. Non gli fu ri,olto alcun addebtto dt natura penale c fu prosciolto al termine del procedimento di epurazione come gli altri ufficiali del comando @:enerale d i Brescia. du e dei quali, i colonnelli Palandri c Dal Negro, divennero negli anni '50 comandanti in 2' della guardia dì finanza.

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Anche a Torino, dove in previsione dell'insurrezione era stata costituita una compagnia di pronto intervento agli ordini del te nente Zocchi, i finan zieri parteciparono attivamente ai co mbattim enti con due distaccam enti dislocati ai "docks piemontesi" ed alla manifattura tabacchi. Il nucleo di polizia econ omica, dopo aver difeso la propria caserma in corso Valdo cco attaccata dai repubblicani anche co n l'appoggio di due carri armati, occuparono per ordine del comando partigiano la se de della "Gazzetta d el Popolo".

Ai primi di maggio in tutta l'Italia Settentrionale la guardia di fi nanza aveva ripreso le proprie normali attribuzio ni, agli ordi ni delle autorità nominate dai C.L.N. e successivamente ricono sciute da ll'amministrazione militare alleata.

Il 4 maggio il com portamento d ei finanzieri n ella clandestinità, nella lotta partigiana e nell'insurrezione aveva o ttenuto riconoscime nto formale dal gen. Cadorna, comandante generale delle C.V.L..

Pochi giorni dopo fece altrettanto, d alla capitale, il gen. Oxilia (369). Furono rap id amente ripristinati i normali rapporti con Roma, ed alla fine di g iugno anche il comando generale provviso rio fu sciolto.

9. La frne delle ostilità nella Venezia Giulia.

La guerra non era ancora finita per i finan zieri della Venezia Giulia.

Nel territorio dell"'Adriatisches Kiistenland" la massiccia presenza delle formazioni partigiane jugoslave e le profonde divisioni esistenti nel movimento di resistenza italiano avevano determinato una situazione confusa, nella quale gli schieramenti erano meno d efi niti e più vive le preoccupazioni per quanto sarebbe accaduto dopo il collasso germanico.

L'approssimarsi di tale scadenza provocò un progressivo inasprimento delle tensioni, del quale non potevano non subire le conseguenze anche i reparti della guardia di finanza, stretti tra l'incudine dell'occupante ed il martello del movimento partigiano jugoslavo ostile.

Tale situazione era più aspra in !stria e nel goriziano, ma sussisteva anche nel Friuli, dove in novembre erano stati uccisi l'appuntato Salvatore Chessa ed il fin anziere Michele Pilo, del posto di polizia economica di Codroipo, seguiti in marzo dal brigadiere Di Pasquale e dal finanziere (369) Doc. n. 114.

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Mininno, della brigata di Canebola, il l • aprile dall'appuntato Luciano Volpe e dal finanziere Giuseppe Madau, della brigata di Drenchia, ed il3 aprile dal brigadiere Luigi Cavaliere, ancora a Canebola.

Un'episodio gravissimo si verificò nella notte sul26 aprile, quando nel resto d'Italia l'insurrezione si avviava al suo esito vittorioso. Un distaccamento di guardia ad un deposito di generi alimentari a Buttrio, al comando dell'appuntato Efisio Corrias, si lasciò convincere a cedere le armi ad una formazione partigiana slovena; subito dopo i finanzieri furono condotti sulle montagne presso Canebola, sopra Faedis, e fucilati il mattino successivo (370).

Sia ad Udine, dove da novembre la legione era comandata interinalmente dal ten.col.Pons, che a Trieste e nei principali centri dell'Istria i comandanti della guardia di finanza avevano stretto con i comitati di liberazione italiani accordi simili a quelli stipulati nelle altre regioni.

A Pola gli accordi furono addirittura due, uno con il comitato italiano, l'altro con quello sloveno, ed entrambe prevedevano l'impiego dei finanzieri per il mantenimento dell'ordine pubblico al momento d el trapasso dei poteri.

Nel capoluogo giuliano il colonnello Marini, che ill6 marzo aveva assunto anche il comando della zona, era da parecchi mesi in contatto con la resistenza, ed aveva concordato la costituzione di un battaglione di formazione su tre compagnie, destinato ad occupare due dei cinque settori nei quali la città era stata ripartita nel piano insurrezionale.

In un secondo tempo, i fmanzieri avrebbero assunto la responsabilità del servizio di polizia, in attesa della ricostituzione dell'organizzazione dei carabinieri. ll 29 aprile, mentre le colonne della Wehrmacht attraversavano la pianura ritirandosi verso Tarvisio ed i valichi della Carnia, le città della bassa friulana insors.e ro e, come ovunque, i finanzieri si unirono ai partigiani. Quelli della tenenza di Cervignano, agli ordini del maresciallo maggiore Salvatore Puglisi, si distinsero nell'occupazione dell'abitato.

L'appuntato Giuseppe Cianino, mentre si recava in bicicletta a Marano per recapitare un ordine del comando partigiano, fu intercettato dai te(370) Furono uccisi, oltre al comandante Corrias, gli appuntati Michele Buono e Vincenzo Flore ed i finanzieri Michelangelo Bonfante, Alberto Cantù, ~azareno Ciardiello, Giuseppe D' Arrigo e Michele Mancini. T loro corpi furono rinvenuti nell'estate successiva.

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deschi, che lo passarono per le armi. Nel pomeriggio Cervignano fu raggiunta da una colonna germanica e nella rappresaglia che seguì tre finanzieri (Putzolu, Marchet e Feoli) furono fuci lati sulla riva d ell'Aussa insieme ad altri partigiani.

Nello stesso giorno cadde anche, a Paparotti presso Udine, il finanziere Francesco Tedaldi, che si era unito ad una formazione partigiana.

A Latisana il brigadiere di mare Pomir Roveda ed il maresciallo Francesco Zanda misero insieme una formazione di un centinaio di uomini, quasi tutti finanzieri, con i quali sostennero numerosi scontri; a Bevazzana cadde il brigadiere di mare Placido Costa.

n brigadiere Alghisio Cardi Ottenne la resa del presidio tedesco di Porto Lignano. Verso le 20,30 del28 aprile il distaccamento di Cave del Predil fu raggiunto da un'emissario del C.L.N. di Tarvisio, con l'ordine di attuare il piano insurrezionale precedentemente concordato. Il tenente Nemec fece occupare gli impianti minerari che d ovevano essere protetti, e circondate le caserme della milizia e degli alpini repubblicani intimò la resa ai rispettivi comandanti, che acconsentirono senza difficoltà, lasciandosi disarmare. Altrettanto fu fatto con la gendarmeria e, d opo un breve scontro a fuoco, con un'altro reparto germanico sopraggiunto su tre autocarri. Nelle mani dei finanzieri rimasero complessivamente una sessantina di tedeschi con un ufficiale, oltre a numerosi militari della R. S.I..

Poche ore dopo, però, Cave del Predil fu raggi unta da un reparto delle SS proveniente da Klagenfurt, circa du ecento uomini al comando di un maggiore, il quale richiese la consegna dei prigionier4 assicurando che si sarebbe poi immediatamente ritirato in territorio tedesco. Entrati in disturbati in paese, i nazisti sopraffecero senza difficoltà i finanzieri ed i partigiani, pane d ei quali riuscirono però a fu ggire nel bosco circostante.

Tradotto davanti ad un consiglio di ufficiali tedeschi, il tenente Nemec si sentì condannare a morte e fu tradotto nelle carceri di Tarvisio con gli altri prigionieri ; la sentenza sarebbe stata eseguita l'indomani mattina sulla piazza di Cave.

Nella notte, tuttavia, alcuni austriaci residenti a Tarvisio, temendo quelle che sarebbero state, dilla poco, le conseguenze dell'eccidio, cedettero alle insistenze di alcuni membri d el C.L.N. rimasti in libertà e riuscirono ad ottenere un rinvio dell'esecuzione.

491

Nemec ed i suoi rimasero in carcere fino al6 maggio, giorno in cui le ultime retroguardie tedesche ripassarono il valico. n distaccamento riprese quindi il proprio servizio di vigilanza agli impianti, mentre la località ven iva occupata dagli jugoslavi, i quali si affrettarono ad arrestare alcuni membri della resistenza italiana. Pochi giorni dopo, finalmente, il plotone ricevette dal comando di legione l'ordine di rientrare ad Udine (371).

A Trieste il colonnello Marini, d'intesa con il comando piazza d andestino, ordinò il27 aprile la costituzione del battaglione di formazione (372), per rinforzare il quale dispose anche il concentramento nel capoluogo di tutti i reparti esterni che data la situazione, fossero in condizione di muoversi.

Anche la compagnia di sicurezza di Castelnuovo d'Istria, ricevuto dal comando delle SS l'ordine di costituire un caposaldo a Matteria, decise di ripiegare invece su Trieste, dove fu sciolta, dopo che il comandante aveva consultato telefonicamente il col. Marini.

La mattina del 28 aprile un plotone della l ' compagnia, al comando del tenente Raffaele Pece, occupava la stazione dell'E.I.A.R.. Nella notte successiva fu attuato il piano d'insurrezione.

La 1• compagnia (cap. Veca), dopo aver distaccato un plotone (ten.

Marcello Vanni) alla centrale telefonica, dove si arresero i 36 tedeschi che la presidiavano, occupò la stazione ferroviaria, la caserma tedesca di Roiano, la centrale elettrica di Barcola, il gazometro, la distilleria "Stock", la Banca d'Italia e gli uffici finanziari.

La 2' compagnia (cap. Acanfora) occupò le caserme dell'artiglieria repubblicana, della milizia portuaria e quella tedesca di "Villa Micher".

Furono anche disarmati i marinai tedeschi incaricati di far saltare gli impianti portuali, e furono presidiate le sedi dei principali istituti bancari.

Si verificarono scontri a fuoco presso il comando di legione, dove un incendio provocò dannj di una certa gravità, e presso la caserma di Roiale, la sede dell'E.I.A.R. e la stazione ferroviaria.

Il 30 aprile la città era praticamente in mano agli insorti e tutti i (371) Relazione del te n. Federico emec in data 23 agosto 1945.

(372) n batta~lione ebbe una forza di 22 ufficiali e circa seicento tra sottufficiaJi e finanzieri, con 9 mitragliatriCI. 36 fucili mitragliato n e 16 "mitra"; comandante fu ilten.col. Corradino Giummo, aiutante maggiore il capitano Angelo Dus, comandanù di compagnia i capitani Domenico Vcc~ Giovanni Acailfora e Gaetano Carulli.

492

punti sensibil i erano presidiati dai fmanzieri. Nel pomeriggio il maggiore Enrico Calogero ricevette la resa del presidio del porto, mentre il resto della guarnigione tedesca si asserragliava nel castello di S. Giusto, dichiarando di volersi consegnare alle truppe alleate, astenendosi però da atti di ostilità.

La mattina del 1" maggio entrarono in Trieste le prime avanguardie dell'esercito di liberazione jugoslavo, ch e in un primo tempo mostrarono di voler fraternizzare con i finanzieri e con i partigiani italiani. ll comandante sloveno, presentandosi al comando di via Udine, elogiò pure il colonnello Marini per il contrib uto dato dai suoi uomini alla liberazione della città.

Acquisito in tal modo il con trollo della situazione, nella mattina del2 maggio- fall ito un tentativo di catturare i finanzieri con uno stratagemma - gli jugoslavi passarono all'azione, circondando di sorpresa le caserme di Campo Marzio e di via Udine. Furono così presi prigion ieri 11 ufficiali e circa 250 tra sottufficiali e fin anzieri, e da Trieste scomparve l'ultima forza mi li tare organizzata italiana (373).

La stessa sorte subivano, in quelle ore, i reparti della guardia di finanza rimasti ai loro posti, agli ordini del C.L. . dopo la partenza delle milizie repubblicane e delle truppe tedesche a Gorizia, a Fiume e nell'lstria.

Le formazion i partigiane jugoslave entrarono in Pola la sera del2 maggio, ma non comm isero atti ostili nei confronti dei finanzieri, i quali continuarono a presidiare gli edifici pubblici fin o alla mattina del 4, allorchè furono prima disarmati ed invitati a rientrare in caserma e successivamente, nel primo pomeriggio arrestati e rinchiusi in un campo di concen tramento.

Caddero così in prigionia il cap. Scotti con 37 militari, mentre altri 28, con il sottotenente Martignon, riuscivano a darsi alla macchia.

Episodi analoghi avvennero a Dignano, a Rovigno e a Fasana.

A Fiume, sgombrata dai tedeschi nella notte sul 3 maggio, i partigiani jugoslavi entrati in città il mattino d opo trovarono i finan zieri ai loro posti di guardia al p unto franco, alla manifattura tabacchi, alla Banca d'Italia ed al forn o militare.

(373) foglio n. 214 R. O. in data 13 agosro 1945 dell'Ufficio stralcio della legione di Trieste in Udine.

493

Furono disarmati nello stesso giorno e rinchiusi nella caserma "Macchi", mentre la popolazione italiana manifestava solidarietà nei loro confronti recando viveri e generi di conforto (374).

I militari, con il tenente Giovanni Capozzi che ne aveva tenuto il comando fin dai giorni dell'armistizio, furono trattenuti in città per alcuni giorni ed adibiti a compiti di manovalanza al servizio dei partigiani slavi, e successivamente avviati al campo di prigionia di Karlovac, da] quale la maggior parte non tornò.

In quei giorni la comunità italiana della Venezia Giulia fu oggetto di un vero e proprio massacro, il secondo dopo quello del settembre-ottobre 1943.

Dalla sola legione di Trieste scomparvero nel maggio l 945 circa ISO militari (375); uccisi e gettati nelle "foibe", come con ogni probabilità accadde per i tre ufficiali ed i 93 sottufficiali e finanzieri catturati nella caserma di Campo Marzio dopo aver combattuto per la liberazione della città; oppure morti di stenti nei campi di concentramento della SIovenia e della Croazia. Non si ebbero più notizie del tenente Capozzi e di 36 degli ottanta militari in servizio a Fiume, nè dei circa quaranta appartenenti alla compagnia ed al nucleo di polizia tributaria di Gorizia.

A Trieste il colonnello Marini, rimasto in una situazione di libertà piuttosto precaria, cercò di interessare alla sorte dei suoi uomini il. comando jugoslavo, i rappresentanti inglesi ed americani e perfino l'arcivescovo, riuscendo ad ottenere, nello stesso mese di maggio, la liberazione di quasi tutto il personale catturato nella caserma di via Udine. Alla fine del mese il capitano Veca raggiunse fortunosamente Milano dove, con l'appoggio del comando generale provvisorio per l'Alta Italia, ottenne che il commissario per le finanze del C.L.N.A.I., Alfredo Pizzorno, facesse un passo presso le autorità alleate (376).

La situazione dei finanzieri nella Venezia Giulia fu così nota anche al comando generale di Roma, che interessò il governo e la commissione alleata di controllo. Il ten.col. Murgia, capo della missione di collegamento della R. guardia di finanza presso l'amministrazione militare al(374) Relazione del finanziere Antonio Zanda -Doc. n. 115.

(375) Il calcolo delle perdite alla legione di Trieste nei giorni dell'occupazione jugoslava è stato eseguitO dal gen. Oliva. Op.cit.

(3 76) Lettera della Commissione finanze del ComitatO di Liberazione Nazionale Alta ItaliaDoc. n. 116.

494

leata, fu inviato a Padova per prendere contatto con le autorità della "Venetia Region" dell'A.M.G..

Ill2 giugno 1945, in base agli accordi di Belgrado, l'amministrazione di Trieste, di Gorizia e dell'lstria occidentale passò agli angloamericani, e le truppe jugoslave sgombrarono quello che di lì a poco sarebbe divenuto il "Territorio Libero di Trieste".

La nuova amministrazione tentò inizialmente di reintegrare nelle loro funzioni le forze di polizia italiane, suscitando però la violenta reazione del gruppo etnico slavo.

Per evitare incidenti, si pensò di allontanare le stesse forze dal territorio, e di costituirvi un corpo di polizia unico, alle dirette dipendenze dell'A.M.G., nel quale avrebbero potuto chiedere di essere incorporati i carabinieri, i finanzieri e gli agenti di pubblica sicurezza italiani che ne avessero fatto domanda, fino al limite di 150 unità per ciascun corpo, oltre ad un certo numero di ex-appartenenti alla "polizia del popolo" costituita durante l'occupazione jugoslava.

Molto intelligentemente, il colonnello Marini ritenne di incoraggiare i propri dipendenti ad entrare nel nuovo corpo, affi.nchè in esso fosse adeguatamente rappresentata la comunità italiana, e destinò a comandare la componente proveniente dalla R.G.F. uno dei suoi collaboratori più validi, il capitano Veca.

Organizzata e diretta da funzionari britannici, la polizia civile del territorio Libero raggiunse un buon livello di efficienza, ed in essa ebbe modo di distinguersi per professionalità la "fiscal division", della quale era vice-sovrintendente il cap. Veca, costituita quasi integralmente da finanzten.

In un secondo tempo l'amministrazione alleata riconobbe la necessità di affidare le funzioni di polizia doganale e tributaria ad un organismo specializzato autonomo, che riprodusse, anche nella denominazione e nei segni esteriori dell'uniforme, il suo omologo "italiano". La "Guardia di finanza del Territorio Libero di Trieste" entrò in funzione il l " gennaio 1950; i suoi componenti furono gradualmente riassorbiti nel Corpo dopo il ritorno della città giuliana all'Italia, nel 1954.

Il colonnello Marini fu trasferito il l " luglio 1945 al comando della legione di Udine, dove costituì anche un ufficio stralcio di quella di Trieste, nel frattempo disciolta.

495

Nell'atmosfera tesa del Friuli, sul quale la minaccia jugoslava pareva incombente, l'organizzazione territoriale della guardia fu ricostituita abbas't anza rapidamente, come nel resto d'Italia. Non così per il dispositivo di vigilanza al confin e, l'andamento del quale era in discussione alla conferenza della pace di Parigi. Un velo di truppe statunitensi fungeva da elemento di interposizione tra l'esercito jugoslavo e le unità italiane giunte dal sud nell'estate del '45 per attestarsi al margine della pianura.

n trattato di pace fu firmato il l ofebbraio 1947 ed entrò in vigore sette mesi dopo, con la ratifica da parte dell'assemblea costituente.

Lo stato italiano doveva riassumere il controllo della frontiera e, tenuto conto della situazione di tensione esistente, si ritenne opportuno tenere arretrate le unità dell'esercito, per affidare la sorveglianza della linea di confine esclusivamente alle pattuglie della guardia di finanza, proprio per ridurre il rischio di incidenti con gli aggressivi vicini. Compito non da poco, come si constatò negli anni succesivi, fino al miglioramento delle relazioni italo-jugoslave conseguente alla soluzione della questione triestina. L'andamento della linea, infatti, tracciata sommariamente a calce dagli ufficiali inglesi ed americani, si prestava a continue contestazioni ed agevolava i frequenti "colpi di mano" dei "graniciari", inclini a spostare cippi o paletti per guadagnare una quota o qualche metro di territorio. Non mancarono perciò le occasioni di confronto, e qualche volta gli scontri a fuoco.

L'organizzazione del dispositivo di vigilanza sul nuovo confine, fu studiata sulla carta nei mesi che precedettero la ratifica del trattato, ed approvata dal comandante militare, gen. Cappa. Ai primi di settembre fu costituita a Latisana una compagnia di formazione, al comando del tenente O sana, il vecchio partigiano dell' "Osoppo". N ella notte sul 16 fu impartito l'ordine di rioccupazione del confine ed i distaccamenti raggiunsero i posti di vigilanza previsti. Rimasero sotto tenda per circa tre mesi, vivendo di "razioni k", finché il genio militare non riuscì ad installare un numero sufficiente di baracche prefabbricate americane in lamiera, nelle quali i finanzieri sopravvissero fin quasi alla fine degli ann i '50.

496

BffiLIOGRAFIA l. BENTIVEGNA R.

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498

INDICI

INDICE DEI NOMI

l

Abdullah, 96.

Abis, 142.

Acampora, 441.

Acanfora, 49, l 72, 173, 492.

Accordi, 88.

Achille, 219.

Adamin~ 230.

Adone, 94, 207.

Agoletti, 242.

Agostin~ 233.

Agostinucci, 175.

Aimone di Savoia - Aosta, 251.

Alberti, 240.

Albricci, 15, 19.

Alemi, 308.

Alessandrini, 457.

Alexand er, 357.

Alfieri (guardia), 157.

Alfieri F., 142.

Allasia B., 418.

Allasia Giov., 11 4.

Allasia Gius., 100.

Allers, 474.

Alpino, 245.

Altamura, 49.

Amato, 142.

Ambrosio, 225, 251, 277, 301.

Amed eo d'Aosta, 105, 200, 204, 209, 210.

Amico, 393.

Amoretti, 257, 266, 452, 460.

Andreoni, 436.

Andreatta, 114.

Angius A., 98.

Angius E., 139.

Antezza, 352.

Apruzzi, 304.

Arcangioli, 465, 466, 467.

Arenare, 466.

Argenziano, 435.

Arisio, 146.

Arizio, 462.

Armellini, 303, 305, 307, 438.

Arnone, 462.

Asaro, 308.

Ascherio, 93, l 03, 198, 199.

Atzei, 420.

Augenti, 84, 86, 236.

Austen, 108.

Avale, 96.

Avanzi, 396.

Avitabile, 419.

Aymonino, 120, 185, 207, 256, 262, 286,288, 297,298, 353, 428, 444, 475, 478.

Azzi, 405, 420.

Badoglio, 3, 29, 30, 48, 75, 84, 124, 130, 158, 361, 364, 365, 366, 370, 378, 387, 432, 440.

Baduini, 42 1.

Bagnati, 320.

Bagordo, 50, 94,369, 397,445, 469, 482.

Bagozzi, 82.

Baird, 415.

Balbo, 44.

BaJiali, 308.

Balzano, 421.

Bancale, 146.

Bandini, l 36.

Barani, 462.

Barbarisi, 439, 440.

Barbato, 404.

Barbetti, 335.

Barducci, 460.

Bari, 473.

Barletta, 305.

Barrecchia, 460.

Bartiromo, 122.

Bartolini, 364, 365.

Bartolomucci, 213.

Basoli, 143.

Bastianini, 252, 275, 276, 302, 303, 304, 305, 307.

503

Battezzati, 418.

Bauer, 435, 480.

Bavieri, 462.

Bazzano, 486.

Becuzzi, 392.

Belcastro, 320.

Bellomo, 374.

Beltrami, 465.

Ben Ahmed, 334.

Bencivenga, 438.

Benini, 126.

Bentivenga, 440.

Benvenuti, 304.

Beolchini, 48 1.

Beraldi, 377, 479.

Bergonzi, 223.

Bernard, 369, 41 O, 411, 412.

Bernardi, 369.

Bernasconi, 368.

Berte, 396, 4 18, 419.

Bertello, l 09.

Bertoldi D., 239.

Bertoldi S., 107.

Bertolucci, 252.

Berton, 459.

Bettini, 412.

Bianca, 357.

Biancheri, 193.

Bianchi (centur.), 186, 187.

Bianchi (gen. RE.), 481.

Bianchi R., 414.

Bianco, 419.

Biasatti, 236.

Bima, 82.

Biondi, 257.

Birachi, l Ol. Biscacciant4 233.

Bobbiese, 390, 39 1.

Bocca, 454.

Bonaccorsi, 105, l 07.

Bonanno, 308.

Bonasi, 15.

504

Bonato, 162, 166, 169, 229, 230.

Bonaveri, 2 12.

Bonetti, 211, 213.

Bonfante, 490.

Bonfan ti, 11 7.

Bonomi E., 272.

Bonomi I., 19, 475.

Boragine, 375.

Borghi, 15.

Borrei, 320.

Borrelli, 4 79.

Bortone G., 260, 261 , 263, 264, 277, 291, 295, 379, 423.

Bortone U., 295.

Bosch i, 323.

Bosco, 154, 155, 156, 174, 176.

Boselli, 24.

Bossoli, 4 19.

Bottazzi, 207.

Boyd, 112.

Bozzola, 85.

Braga, 59.

Brancaccio, 332.

Brandolini, 97.

Brisotto, 187, 188, 190, 233, 245, 247, 255.

Brozzetti, 347, 348, 367, 384, 385.

Brunetti, 137.

Bruni, 239.

Buffarini Guidi, 430, 450, 488.

BuffclJi, 239, 488.

Buonafede, 142, 144, 235, 23 7.

Buono, 490.

Buonocore, 128, 174, 178, 310.

Bussi, 114, 450.

Butta, 394.

Buttazzo, 466.

Cacace, 487.

Caddeo, 316.

Cadorna, 464, 480, 481, 485, 489.

Cagianelli, 368.

Gagnoli, 204.

Calabrese, 49, 93, 98, 103, 104.

Calcagno, 40, 42.

Calderaro, 201.

Galeri, 309.

Calio, 162, 163, 164, 166, 172.

Callegaro, 138, 139.

Calò, 421.

Calogero, 493.

Caivano, 136.

Calvi di Bergolo, 372, 432, 433.

Campioni, 284, 285, 413, 414.

Canale, 373.

Canali, 183, 184.

Cangemi, 236.

Cantarelli, 308.

Cantù, 490.

Canu, 213.

Canzan, 230.

Capicci, 414.

Capizzi, 355.

Capozzi, 494.

Cappa, 496.

Cappelletti, 230.

Cappuccio, 44.

Caravale, 114.

Carboni, 156.

Carchidio, l 03.

Cardillo, 460.

Carnemolla, 322.

Carnevale Arella, 17.

Carofiglio, 404, 4 18, 419.

Carri eri, 49, 164, 167, 168, 171, 172, 182.

Carroni, 322.

Carta, 134.

Carulli, 492.

Casalone, 221.

Casella, 135.

Cassanelli, 289.

Cassarino, 142.

Castagna, 178, 244.

Castangia, 79.

Castellana, 207.

Castelli G., 83.

Castelli M., 14 1, 144, 149,246.

Casu, 34 1.

Cau, 220.

Cauglia, 120.

Cavacece, 374.

Cavaliere L., 490.

Cavaliere V., 241.

Cavallero, 158, 173, 185, 187, 232, 245, 247,252, 255.

Cavallini, 461.

Cavatorta, 305.

Caviglioli, 367.

Ceretti, 155.

Ceretto, 236.

Cerrato, 57, 31 1, 312, 369, 444, 445, 446,449, 451, 452, 456,457,482,485,488.

Cerru ti, 388, 389.

Cerru t o, 332.

Cetroni, 84, 85.

Chessa, 489.

Chiarina, 474.

Chieli, 433.

Chierroni, 461.

Chighizola, 386, 488.

Chiminiello, 401, 402.

Chiocchetti, 239, 240.

Chiricleison, 433.

Cianino, 490.

Ciano, 126, 127, 283, 303.

Ciardiello, 490.

Cicalè, 458.

Ciccinato, 89, 321.

Cicconc, 418, 4 19.

Cicconetti, l J, 20.

Cicinelli, 95, 96.

Cigala Fulgosi, 392.

Cilla, l 00.

505

Cimmino, 434, 435.

Cimone, 393.

Ciancarelli, 413.

Ciocchini, 393.

Climinti, 458.

Codretti, 420.

Coinu, 98, 102, 196, 203.

Colangelo, 207.

Colescek, 462.

Coleua, 487.

Col1otti, 426, 454, 455.

Condemi, 412.

Consigliere, 186.

Conti, 63, 369, 445, 460, 461, 478.

Corbì no, 418.

Cordero di Montezemolo, 435.

Corrias, 490.

Corrubia, 421.

Corte di Montanaro, l 06.

Costa 0., 87.

Costa P., 491.

Cozzolino, 235.

Crimi, 369, 432, 434, 435, 437, 438, 439,440, 441, 443, 475, 477, 478.

Croce, 210, 223, 224.

Cultrona, 411.

Cunningham, 198, 204.

Currò, 14 Cutillo, 369.

Cvetkovic, 226.

D'Alessio, 168.

D'Amaro, 167, 168.

D'Amore G., 93, 106, 107, 108.

D'Amore N., 159, 178, 243.

D' Andrea, 335.

D'Annunzio, 10.

D'Argenio, 421.

D'Arrigo, 490.

D'Atri, 85.

D'Orazio, 220.

506

Dal Moro, 472.

Dal Negro, 175, 445, 469, 488.

Dalmazzo, 263, 398.

Damanti, 14.

Damiano, 307.

Danesin, 474.

Daodiace, 21 O. Dapiaggì, 83.

De Angelis, 49, 403.

De Caterini, 400.

De Domizio, 392.

De Filippis, 445, 484.

De Iudicihus, 97.

De ]anni, 156.

De Julis, 421, 422. de Laurentiis, 168, 183, 186, 435, 464, 480, 481, 487.

De Laurentis, 136, 137, 139, 140, 145.

De Meo, 416.

De Mita, 412.

De Moliner, 197.

De Murtas, 17.

De Napoli, 102.

De Sabatini, 218.

De Simone, 108, 206, 208.

De Stasio, 393.

De Stefani, 22, 24, 25.

De Stefano, 421.

De Vecchi, 25, 46, 47.

Deakin, 427, 454.

Debenedetti, 385.

Del Boca, 21 O, 222, 323, 338.

Del Grande, 416.

Del Pero, 184.

Del Vecchio, 108.

Delfino, 211 , 212.

Dell'Acqua, 480.

Dell'Anna, 142.

Dell'Aquila, 321, 4 79.

Della Bona, 407.

Della Monica, 243.

Dello Russo, 374.

Delogu, 352.

Demichelis, 299, 368. 403.

Denaro, 352.

Dettori, 197.

Devoti, l 06.

Di Bartolo, 336.

Di Bella, l 00.

Di Crescenza, 331, 337.

Di Dio, 465, 466.

Di Florio, 273.

Di Gaetano, 279, 299, 368, 397, 399, 400, 423.

Di Gregorio, 151, 153, 154, 156, 244.

Di Litta, 335.

Di Loreto, 458.

Di Marùno (ten.R.E.), 197.

Di Martino N., 94, 111, 205.

Di Nardo, 305.

Di Natale, 151, 159, 160, 243, 244.

Di Paola, 488.

Di Pasquale, 489.

Di Petrillo, 405.

Diamanti, 233.

Diaz, 163.

Dilo, 154, 156, 176.

Dionisalvi, 178, 243.

Diretto, 487.

Diversi, 152, 240, 241.

Dolmann, 437.

Dosi, 93, 103, 104, 110, 213.

Duce, 367, 391, 392.

Duchi, 369, 415, 416.

Dus, 183, 272, 469, 492.

Einaudi, 21, 22.

Elia, 309.

Ercolani, 143.

Erra, 128, 241, 400.

Esposito, 326.

Evangelisti, 458.

Ezzis, 458.

Fabrizi, 455, 456.

Facta, 82.

Faedda, 305, Fais, 83.

Falletti, 486.

Famiglietti, 196.

Fancello, 462.

Fannucci, 103, 104.

Fantapié, 5 1, 116, 187, 245, 299, 397, 449, 478.

Faralli, 414.

Fassi, 171.

Favretto, 320.

Fazio, 351.

Fedele, 404, 418.

Feill, 473.

Feoli, 491.

Feroldi, 168.

Ferrara, 308.

Ferrari C., 138.

Ferrari G., 18, 19, 20, 29, 36.

Ferraro, 418, 419.

Ferrino, 273.

Fiammazzo, 479.

Fidone, 357.

Fini, 170, 171, 172, 182, 187.

Finicelli, 419.

Finizio A., 481, 487.

Finizio U., 445, 481, 485.

Fiocca, 278,312,313,445, 469, 471.

Fiore, 212, 223, 224.

Fiumanò, 307, Flore, 490.

Foddai, 239.

Fontana, 376.

Formato, 365, 433.

Formica, 458.

Fortuna, 309.

Fortunato, 467.

Forzatti, 93, 213.

507

Frattasio, 369, 404.

Froncillo, 487.

Frusci, 201, 212.

Fucci, 480.

Fumarola D., 467, 469, 473.

Fumarola R., 464, 482.

Fonda, 192.

Gaffi, 132, 138, 139, 144, 145, 150.

Gaj, 108.

Galante, 368, 391.

Calassi, 486.

Galelli, l 03.

Galiano S., 17.

Galiano V., 152, 175.

Gallì, 174, 470.

Gambara, 87, 387.

Gamondi, 18, 59, 353.

Gamucci, 400.

Ganadu, 104.

Gardella, 379.

Cardi, 491.

Gariboldi, 11, 377.

Garzelli, 352.

Garzilli, 419.

Garzone, 304.

Gasparotto, 20.

Gasperini, 116, 211.

Castaldi, 271.

Gazzera, 12, 35, 39, 215.

Geloso, 69, l 26, 146, 154.

Genchi, 121, 164, 168.

Genna, 326.

Gheremeddin, 98.

Ghersi, 34, 35.

Giampietri, 96.

Giangrasso, 374.

Gianino, 89, 321.

Giannone, 473.

Gianturco, 236.

Giglioli, 229.

Gillicart, 218.

508

Gindre, 331, 337.

Giombini, 257, 353, 445, 446.

Giongo, 314.

Giorgis, 329, 330, 331, 334.

Gioseffi, 203, 219, 220, 221.

Giovannone, 412.

Giovinazzo, 112.

Giudice, 461.

Giuliana, 206, 222.

Giuliano, 82.

Giummo, 123, 163, 164, 165, 166, 167, 168, 169, 170, 173, 368, 469, 492.

Giunta, 357.

Giuntoli, 461.

Globocnik, 468.

Gloria, 378.

Goiran (gen.), 12.

Goiran (amm.), 119.

Cori, 273.

Gracci, 460.

Grandetto, 308.

Grasso, 355.

Gravina, 208.

Graziani, 48, 49, 427, 428, 429, 438, 445, 448, 483.

Graziolì, 261, 262, 263, 303.

Graziosi, 109.

Greci, 420.

Greco A., 106.

Greco L., 357.

Crossa, 273.

Grossini, 379.

Guarcino, 437.

Guarinelli, 386.

Gueli, 3 13.

Guerrasio, 415.

Guerrini, 35.

Guidelli, 375.

Gurreri, 260.

Guzzardi, 450.

Guzzoni, 50, 69, 158, 356.

Hackner, 469.

Himrnl~ r, 426.

Hitler, 226, 227, 426, 427, 432, 433.

Hofer, 426. lacobacci, 378, 379.

Ibrahim, l 04, 11 O, 199, 202, 214.

Ingrosso, 400. lntrabartolo, 205. !ovine, 459.

Isid e, 139.

Jacornoni, 52, 126, 130.

Jung, 440.

Kappler, 436.

Kesserling, 426, 432.

Kibel, 207.

Kruja, 3 10.

Kvatcrnik. 231, 251.

La Bua, 333. 335.

La Ferla, 15, 17, 29.

La Nave, 136.

La Rocca, 269.

La Rosa, 412, 413.

Lacagnina, 241.

Lamberti, 461.

Lamberto, 404.

Lanza, 402.

Lanzetta, 368,396, 417, 418.

Lapiello, 4 75.

Larenza, 240.

Lari a, 7, l O. Lavizzari. 159, 168, 169, 170.

Lazzari, 344, 346.

Lazzaro, 488.

Legittimo, J97, 216.

Le mbo, 305.

Leonardi, 192.

Lessona, 47.

Lettncr, 346.

Leycrs, 454, 455, 456.

Libe rti, 485, 486, 487.

Lillo, 487.

Lin ares, 119.

Lionti, 371, 435.

Lippi, 420.

Lisa, 373.

Lodi, 409.

Loi G., 419.

Loi S., 322.

Lombardi G., 399.

Lombardi R., 480, 486, 487.

Longo A., 346.

Longo L., 106, 107.

Lorcfìce, 420.

Loro Kodheli, 179, 403.

Lu cci, 51, 235, 236, 237.

Lusignani, 411, 412.

Lutzu, 271.

Macaluso, 483, 485.

Macchi. 144.

Macchiarella, 243.

Maccioni, 110.

Maconio, 186.

Macd, 168.

Madau, 490. _\!faggi, 414.

Maggio, 346, 367, 434.

Magli, 286.

M aglio B., 412.

Maglio G., 430.

Magliocca, 136.

Magnani (ten. alp.), 132, 138.

Vfagnani G., 338, 357.

Magro, 459.

Mai, l 04.

Majorana, 407, 421.

Malatcsta, 339.

Malgaroli, 221.

Malgeri, 366, 377, 448, 450, 451.463,464. 480,481, 483, 484, 485. 487, 488.

M~lorgio, 106.

Maltzer, 436, 437.

509

Malusardi, 59, 353.

Malvestiti, 466.

Ma m brini, 2 1O. Mancini (col. R.E.), 388, 389.

Mancini M. 490.

Manganaro, 220, 222.

Mangiafico, 121.

Mangiatordi, 373.

Mangione, 119, 309.

Mangraviti, 417.

Manoni, 406.

Manti, 106.

Manucci, 395.

Manzini, 166.

Manzo, 230.

Maraffa, 372, 432, 433.

Marasco, 328, 334.

Marchet, 491.

Marchione, 418.

Marenco, 128, 285, 443.

Marescalchi, 388.

Marini, 381, 389, 395, 469, 472, 474, 490, 492, 493, 494, 495.

Marino, 379.

Martelletti, 419.

Martem. 408.

Martignon, 493.

Martin at, 165, l 71.

Martinelli Ed., 348.

Martinelli En., 3 16.

Martini, 196.

Martino, 484.

Marzano, 154, 157, 174.

Mascherpa, 415.

Masi A., 96.

Masi T., 12.

Massa (guardia), 168.

Massa Q., 439.

Massone, 52, 59, 68, 122, 256, 353, 363.

Mastrangelo, 190.

510

Mastropaolo, 192, 193.

Matteocci, 83.

Matteucci, 382.

Mattiello, 167, 168.

Mattioli, 355.

Maurice, 97.

Mazzaro, 439.

Mazzeddu, 462.

Mazzei, 326.

Mazzini, 48, 285.

Mazzola, 97.

Mazzolini, 252, 270, 293, 456.

Meattini, 273.

Meda, 24.

Mehdi, 142, 143, 144.

Meinhold, 484.

Meliconi, 400, 40 l , 402.

Melucco, 9, 344.

Menichella, 250.

Mentini, 49, 418.

Mercalli, 297, 298.

Messe, 337.

Messina (guardia), 157.

Messina R., 93.

Metaxas, 133.

Mibelli, 257, 265.

Micari, 458.

Miccichè, 407, 420.

Micheli (fin.), 462.

Micheli A., 462.

Miele, 419.

Migliore, 332.

Migliorini, 183, 271.

Mihailovic, 269, 422.

Milazzo, 392.

Millo, 5, 8.

Minicucci, 458.

Mininno, 490.

Minuti, 111.

Minuto, 462.

Mischi, 429.

Modugno, 369, 408.

Mohamed M., 214.

Mohamed 0 ., 96.

Molino, 487.

Moneta, 466.

Monroy, 191.

Montalto, 435.

Montanari D., 421.

Montanari V., 11 9.

Montella, 268, 433.

Montgomery, 332, 357.

Monti Guarnieri, 12, 15.

Monti, 421.

Montuori, 19.

Moreddu, 89, 321.

Moricca, 363.

Moro sini, 43 7.

Mortillaro, 228.

Moscatelli, 464.

Moscato, 348, 367, 382, 383, 384, 445.

Murgia, 128, 150, 401, 443, 494.

Murgo, 109.

Murtas, 412.

Muscetta, 369.

Mussolini, 11, 24, 25, 34, 77, 78, 7R84, 1 3~ 147, 16 ~ 161, 184, 187, 226, 232, 250,430, 433, 45 1, 462, 485, 486, 488.

Musto, 170, 171 , 183, 378.

Nanci, 488. ania, 101. asci, 131, 140, 141, 143, 146, 157, 15R 165, 173, 1 9~ 233, 289.

Nasetta, 82.

N asi, l 09, 221.

Natale, 168, 169, 171, 172, 173. egri, 35. emec, 380, 471 , 49 1, 492.

Nitti, 15, 23.

Nizimi, 134.

Nonna, 120.

Novarese, 243.

Noventa, 139.

Nuvoletta, 357.

O'Connor, 320.

Occhipinti, 257.

Ognibene, 486.

Oliva, 374, 395, 412, 413, 4 16, 418, 458, 465, 494.

Oliviero, 114, 375.

Olivo D., 6.

Olivo 0., 390.

Ornar, 96.

Onori, 483.

Orazi, 304.

Orgera, 334, 4 79.

Orlando F., 89.

Orlando V.E., 15.

Ortese, 175.

O sana, 4 72, 4 73, 496.

Oxilia, 420, 4 78, 489.

Pacchin, 143.

Pacinico, 208.

Pafundi, 233.

Pagliaro, 178, 239.

Palandri E., 19, 39, 49, 5 1, 53, 126, 133, 150, 151, 163, 174, 175, 177, 181, 187, 246, 255, 256, 265, 299, 368, 397, 400, 445, 488.

Paleologo, 35.

Pallock, 440.

Palm ese, 487.

Palmieri A., 46 1.

Palmicri G., 439.

Palombi, 481.

Palumbo, 51, 114.

Pansa, 473.

Paol i, 169, 170.

Paolini, 459.

Paolo ( reggen te del regno d i Jugoslavia), 226.

5 11

Papa, 223.

Papagos, 180.

Papaleo, 59.

Papini, 3 73, 430.

Pariani, 42, 46, 50, 174.

Parisi, 355.

Parlante, 151, 435.

Parrella, 393.

Parri, 481, 487.

ParrineUo, 368.

Partipilo, 374.

Pascolini, 162.

Pasquinelli, 223.

Passamonù, 433.

Passeroni, l 05.

Patamia, 321, 323, 324, 332, 334, 335.

Patrassi, 49, 460.

Patrizi, 458.

Patton, 357.

Pavelic, 23 1, 250, 251, 277.

Pavolini, 433, 483.

Pazienza, 334.

Peccei, 479.

Pece, 492.

Pecorari, 419.

Pecori Giraldi, 5.

Pellegrini Giampietro, 428, 430, 445, 451, 452, 482.

Pelligra, 392.

Pelluti, 305.

Peluso, 123, 187.

Perez, 101, 196,221.

Perini, 7, 17.

Pernicone, 219.

Perrotta, 104.

Perrucchetti, 17.

Persi, 239.

Pesavento, 335.

Pese nti, 475.

Petitti Di Roreto, 5.

Petrella, 4 78.

512

Peu·occo, 83.

Petrone, 353.

Pezzana, 182.

Piazzoni, 393.

Piccinni Leopardi, 100, 213, 214.

Pieragostini, 486.

Pietro (re di J uogoslavia), 226, 422.

Pignetti, 4 7, 59, 78, 86, 121, 122, 124, 133, 160, 161, 185.

Pilo, 489.

Pinto, 389.

Piras, 156.

Pirisinu, 462.

Pironi, 421.

Pirzio Biroli, 12, 273, 274, 292.

Pisanò, 449.

Piva, 418.

Pizi, 82.

Pizzoferrato, 393.

Pizzolato, 234.

Pizzorno (col.), 212.

Pizzorno A., 494.

Platt, 198.

Pocorobba, 479.

Poggi, 139.

Polcaro, 49.

Poli, 298, 353, 428, 444, 445, 478.

Policardi, 392.

Politi, 192, 193.

Polizzi, 367, 384.

Pollina, 456, 458, 485.

Pollo, l 35.

Pollock. 440.

Pompeo, 239.

Poncato, 421.

Pons, 469, 490.

Porcheddu, 419.

Portelli, 4 79.

Porzio, 445.

Potzolu, 491.

Pradetto, 434.

Prela, 154.

Presti, 434, 437.

Prischich, 351, 392.

Pucci, 108, 208.

Puccio, 403.

Puggioni, 104, 213.

Puglisi M., 49,203, 210, 212, 213, 214, 223.

Puglisi S., 490.

Puleo, 308.

Pulone, 458.

Quercioli, 119, 121.

Rahn, 426, 427, 432, 433, 456.

Raimondi, 378.

Rainer, 426.

Rando, 326.

Rasteli, 458.

Ravagni, 331, 333, 337.

Ravotto, 94, 95, 96, 11 O, l 97.

216.

Re, 407, 421.

Reginella, 458.

Remedi, 460.

Remigi, 134.

Rendulic, 398.

Reyneri, 418.

Ribbentrop, 77.

Ricci E., 196, 203.

Ricci R., 427, 428, 429, 430, 437, 462.

Righi, 241.

Rintelen (Von), 234.

Ritchie, 325.

Rivoir, 172.

Rivolta, 233.

Rivosecchi, 458, 464, 4 79.

Rizza, 392.

Rizzu, 462.

Roatta, 124, 301, 349.

Robotti, 302, 387.

Rocca, 393.

Rocchi, 421.

Rocco, 486.

Roggero A., 99.

Roggero C., 35, 37.

Roggi, 465.

Romano, 78.

Romegialli, 449.

Rommel, 198, 323, 324, 376.

Roncaglia, 394.

Rondina, 89.

Rosano, 375.

Rosati, 349.

Rosi, 397, 398.

Rosito, 460, 470, 471.

Rossi C., 131, 146, 267.

Rossi P., 393.

Roveda, 491.

Rovighi, 90, 93, 208, 215, 217, 221.

Rubino, 369, 413, 414.

Ruggiero (gen. R.E.), 377.

Ruggiero S., 392, 393.

Rundo, 43.

Ruscica, 78, 79.

Ru sso A., 127.

Ru sso F., 192.

Russo Ga., 375.

Russo, Ge., 326.

Russo M., 51, 128, 132, 133, 149, 174, 289.

Russo R., 197.

Rutigliano, 374.

Sabini, 237.

Sacchetti, 460.

Saggio, 479.

Saja, 90.

Salek, 106.

Salerno, l 08.

Salvato C., 369,414,416.

Salvato Carm., 2 12, 214.

513

Salvini, 452.

Salvo, 368.

Salvoni, 152, 155, 157.

Sandford, 98.

Sannibale, 134.

Sansonno, 134, 155.

San tini, 207.

Santovito, l 73, 233.

Sassi, 309.

Savastan o, 119.

Saya, 334, 335.

Scala, 407.

Scalabrini, 40 l.

Scappin, 488.

Scarsella, 305, 307.

Scassellati, 450.

Scattini, 128, 132.

Schiaramazzi, 384.

Schiavuta, 191 .

Scholl, 3 73, 430.

Scibetta, 161, 162, 181, 182, 186.

Scifo, 357.

Sciplino, 152, 159, 295.

Scirè, 145, 369, 408, 409.

Sciuto A., 439.

Sciuto V., 443.

Scorza, 162.

Scotti, 493.

Scrugli, 159, 163, 164, 165, 166.

Secci, 368, 394, 395.

Sechi, 400.

Segulin, 309.

Selassiè, 195, 222.

Selis, 236.

Senise, 313.

Sepe, 9.

Serafini, 272.

Serra, 134.

Setti, 469.

Severati, 404.

514

Severini, 93.

Sforzolin i - Scassellati, 272.

Sguazzin, 192.

Signoriello, 384, 385.

Silvestri A., 17.

Silvestri D. 19, 49.

Simoni (fin.), 440.

Simoni G., 26 1, 275, 277, 295, 299, 349, 367.

Simovic, 226.

Sinicato, 369, 407.

Sismondo, 94, 207, 208, 209, 2 17, 218, 476.

Smalto, 166, 167, 168.

Sobrero, 4 18.

Sodd u, 123, 144, 145, 149, 151, 158.

Sogno, 480, 481.

Soldarelli, 415.

Soleri, 24.

Solinas, 474.

Sorrentin o, 414.

Spaccamonti, 435, 436.

Spadea, 488.

Spagnuolo, 82.

Spano, 405.

Specchietti, 419.

Speer, 454.

Spigo, 305.

Spini, 157.

Spiridigliozzi, 373, 430.

Spirito, 487.

Squitieri, 272.

Stahel, 433, 436.

Stanzani, 3 71.

Starace, 35.

Staro, 212.

Stefani, 28.

Stella, 390.

Steti, 103, 104, 213, 214.

Stivali, 213.

Strada, 3 73.

1

Sugliano, 182.

Superti, 464.

Tacchini, 86, 87, 44 7, 484.

Talè, 257.

Talfo, 270, 272, 276, 302, 305, 306.

Tafini, l 09.

Tani, 367, 389, 435.

Tarchi, 488.

Tatonetti, 238, 239, 240.

Tatti, 101.

T avella, 470.

Tavormina, 308.

Tedaldi, 491.

Tedesco F., 23, 24.

Tedesco M., 305.

Tela, 371.

Terio, 385.

Terravazzi, 395.

Terrazzino, 208.

Terruzzi, 329.

Thaon di Revel, 29, 4 1, 46, 47, 121, 16 1, 283, 297.

Tibaldi, 467.

Tito, 304, 418, 422.

Tolu, 331, 337.

Tomaselli, 229, 230.

Tomasi, 390.

Tomrnasi V., 134.

Tortelli, 400, 401.

Toussaint. 426, 427, 444, 445, 454.

Tramonti, 4 73.

Tranfo, 334.

Trevisani, 323.

Trezza, 289.

Triolo, 413.

Tripoli, 192, 193.

Tristano, 43 1.

Troia, 270.

Tronci, 100.

Trotti, 463, 464.

Troya, 415, 416.

Tuscano, 359.

Tusha, 400.

Tutoli, 217, 218.

Ughi, 400, 401.

Urbano F., 403.

Urbano M., 206, 207, 208.

Urbano U., 136, 145, 179.

Urso, 86.

Vacca Maggiolini, 35, 348, 385.

Vaccari, 349.

Vairo, 4 19.

Valdambrini, 213.

Valentino, 484.

Valiani, 486.

Valle, 484.

Valletrisco, 381.

Valletta, 479.

Van De Heuvel, 97.

Vanni, 492.

Vannini, 406.

Veca, 400, 492, 494, 495.

Vecch i, 233.

Vecchiarelli, 407, 416, 420.

Vecchio, 208.

Vendramini, 12.

Vercellino, 146, 149, 164, 173.

Vespa, 85.

Viarengo, 171, 173, 186, 187, 368, 404, 452.

Vidali, 419.

Vidili, 79.

Vienna, 172, 173, 295. 465, 466, 467, 48 1.

Vigneri, 270, 334.

Vignoli, 90.

ViUani, 128, 174, 187, 367, 390, 488.

Vinay, 120, 122, 135, 285, 353, 369,376,382,445,479.

Vinci, 111 .

Virgilio A., 305.

5 15

Virgilio G., l 02, 11 O. Visconti Prasca, 126, 127, 130, 13 1, 136, 144, 145.

Vita, 331.

Vitale, 257.

Vittorio Emanuele III, 51, 269.

Vivalda, 395.

Voghera, 223, 224.

Volpe A., 419.

Volpe L., 490.

Volpi Di Misurata, 37, 275.

Wavell, 195, 198, 322.

Wingate, 198.

Wolff, 426, 427, 437, 444, 484.

Xhem il, 155.

Xotta, 93.

Zagra, 209, 219.

Zanda, 49 1, 494.

Zannini, 31 O. Zanobbi, 3 11.

Zappalà, 373.

Zappardino, 172, 181, 183, 440.

Zardini, 197.

Zaru, 156.

Zavattaro, 4 19.

Zerbino, 306.

Ziccanu, 2 19, 22 1, 222.

Zingarini, 241 , 4 79.

Zirafa, 351.

Zocchi, 489.

Zog, 50, 14 7.

516

INDICE GENERALE

Prefazione . .

pag.

III

Introduzione .

))

v

Capitolo I

LA R. GUARDIA DI F1NANZA TRA LE DUE GUERRE ))

l

))

5

))

12

))

20

s. "Milizia confmaria" e "Guardia alla frontiera" .

))

26

6. La pianificazione del concorso alle operazioni belliche

))

29

))

42

))

50

l. La definizione dei compiti: copertura e difesa costiera

))

55

2. L'ordinamento della R. guardia di finanza nel 1939

))

59

3. Predisposizioni per la mobilitazione

. . . . . . .

))

62

4. Pianificazione del concorso alla difesa dell'Albania

))

68

5. La mobilitazione del naviglio . . . . .

))

72

6. Le misure adottate nel settembre 1939

))

75

l. La R.G.F. nel novembre 1918

2. L'organizzazione del servizio d'istituto nei territori annessi 3. La riforma ordinativa del 1919 4. La "controriforma" del 1923 e la nascita della "polizia tributaria investigativa"

7. L'organizzazione della R.G.F. in Libia, in Egeo e in Mrica Orientale .

8. La R. guardia di finanza in Albania

Capitolo II

LA PREPARAZIONE AL CONFLITTO

519

Capitolo m

LE OPERAZIONI DELL'ESTATE 1940 pag.

77

2. Le operazioni sul fronte occidentale

))

79

3. Scontri di frontiera in Libia .

))

87

4. La R. guardia di finanza in A.O.I.

))

90

5. Combattimenti ai confini dell'Impero

))

95

6. Le azioni di Moyale, Kurmu~ Gallabat e Cassala

))

101

7. La conquista di Somaliland

))

104

8. Le azioni nel bassopiano sudanese e nel Galla-Sidamo

))

110

9. Il concorso alla difesa nel territorio metropolitano

))

ll1

))

112

))

11 7

))

121

l. Gli avvenimenti d ell'estate 1940 in Albania

))

125

2. I preparativi per l'attacco alla Grecia

))

128

3. Il passaggio del confine . . . . . . .

))

133

4. L'azione del plotone "Mali Viluscia" sul Pindo

))

136

5. La controffensiva greca e la difesa del Korciano

))

140

6. Il riordinamento del dispositivo militare italiano

))

145

7. La caduta di Korçe . . . . . . . . . . . . . . .

))

148

l. La dichiarazione di guerra

10. I servizi a tutela dell'economia di guerra 11. La partecipazione all'attività della Commissione Italiana di Armistizio in Francia .

12. Costituzione e scioglimento dei battaglioni mobilitati

Capitolo IV

LA CAMPAGNA DI GRECIA

520

8. L'entrata in linea del III battaglione mobile della R.G.F. d'Albania .

pag. 150 ))

155

))

158

))

160

))

164

))

174

))

179

))

182

))

188

))

191

l. La situazione in A.O.I. alla fine del 1940

))

195

2. I preparativi per l'offensiva britannica .

))

197

3. Il ripiegamento dalle posizioni di confine .

))

199

4. La perdita della Somalia

))

204

5. La caduta di Addis Abeba .

))

208

6. La difesa di Massaua

))

210

7. La resistenza nel Galla-Sidamo

))

215

8. La difesa di Gondar .

))

218

))

222

9. Il combattimento di Qafa Kuali Barde 10. Il ripiegamento in val Tomorreces 11. La ricostituzione ed il trasferimento in Albania del I e del II battaglione mobilitato 12. Il combattimento di Barci .

13. L'attività del Comando Superiore della R.G.F. d'Albania ed il problema del personale albanese 14. L'attività in val Tomorreces nella prima metà di gennaio 1941 .

15. L'azione di Dobrej e l'attività in val Tomorreces fino al marzo 1941 16. n trasferimento dei battaglioni al confine jugoslavo e la conclusione del conflitto italo-greco 17. L'episodio di Castelrosso

Capitolo V EPILOGO IN AFRICA ORIENTALE

9. La R.G.F. in Africa Orientale sotto l'amministrazione militare britannica

521

Capitolo VI

IL CONFLITIO ITALO- JUGOSLAVO l. I preliminari del conflitto

pag. 225

2. Le operazioni sul fronte giulio ed a Zara

))

229

3. La minaccia al confine jugo-albanese .

))

232

4. La difesa di Scutari

))

233

5. I combattimenti sulla linea del Drin

))

238

6. Le azioni nel Dibrano e nel settore di Librahzd

))

242

7. n crollo del fronte jugoslavo . . . . . . . . . .

))

245

))

249

))

254

))

260

4. L'occupazione nel Kossovo-Dibrano ed in Montenegro

))

264

5. L'occupazione in Grecia .

))

266

6. La rivolta montenegrina del luglio 1941

))

269

))

275

))

281

))

284

. . . . . . . .

Capitolo VII

L'OCCUPAZIO E IN BALCANIA ED IN GRECIA l. Tensioni politiche e problemi economici nei territori jugoslavi subito dopo l'occupazione

2. La costituzione di battaglioni mobilitati per le esigenze di occupazione 3. L'organizzazione dei servizi di vigilanza doganale e tributaria in Slovenia ed in Dalmazia .

7. D "Comando R.G.F. d ella Dalmazia" c l'occupazione della zona demi litarizzata in territorio croato 8. La costituzione di nuove unità nel secondo semestre 1941 .

9. n "Comando R.G.F. delle Isole de11'Egeo" ed il concorso al presidio di Creta 522

10. L'impiego della R. Guardia di Finanza nelle province annesse e nei territori occupati .

pag. 289

11. La organizzazione di comando

))

295

12. Lo sviluppo del movimento partigiano

»

299

13. L'impiego del naviglio .

))

3 14

Capitolo Vlll

GLI AVVENIMENTI IN AFRICA SETTENTRIONALE l. L'offensiva britannica del dicembre 1940 e lo sgombero ))

319

))

322

))

325

4. La costituzione del "Comando R.G.F. della Libia"

))

327

5. La partecipazione a11a difesa della Tripolitania

))

331

6. La conclusione della lotta in Tunisia

))

337

7. La R.G.F. in Libia durante l'amministrazione britannica

))

338

l. L'occupazione della Francia . . . . . . . . . . . . . .

))

341

2. La riorganizzazione dei servizi di controllo armistiziale .

))

342

3. La situazione nei territori occupati . . . . . . . . . .

))

348

4. L'attività della R.C.F. nel quadro dell'economia di guerra

))

353

5. Gli effetti dell'offensiva aerea alleata

))

354

6. L'invasione della Sicilia . . . . . . .

))

356

della Cirenaica 2. Le vicende della R.G.F. in Libia fino aH'autunno 1942 3. L'attività del naviglio lungo le coste libiche e nel Canale di Sicilia .

Capitolo IX

VERSO LA CRISI

523

Capitolo X L'ARMISTIZIO l. Misure in previsione dell'armistizio: rimpatrio dei

battaglioni mobilitati e costituzione di unità speciali .

2. La R. guardia di finanza nei giorni precedenti l'armistizio 3. Dislocazione dei reparti mobilitati all'8 settembre 1943 4. Gli avvenimenti a Roma .

5. Gli avvenimenti nell'Italia meridionale 6. Gli avvenimenti nell'Italia centro-settentrionale 7. Gli avvenimenti al confme orientale .

8. D Comando R. guardia di finanza presso la Commissione di armistizio in Francia .

9. La R.G.F. in Slovenia, in Dalmazia ed in Montenegro .

10. n Comando Superiore R. guardia di fmanza d'Albania 11. La R.G.F. in Grecia ed in Egeo

pag. 361 366 367 370 372 374 377 ))

))

))

))

))

))

))

))

))

))

381 386 397 406

Capitolo XI LA PARTECIPAZIONE ALLA RESISTENZA ED ALLA GUERRA DI LIBERAZIONE l. L'Italia centro-settentrionale dopo l'annistizio

2. La resistenza a Napoli e a Roma . . . . .. .

3. La R. guardia di finanza nell'Italia meridionale 4. La riorganizzazione dei servizi nel territorio della R.S.I. 5. L'estate del 1944 . . . . . . . . . . . .

6. Gli avvenimenti nell'Ital ia nord-orientale 7. La stasi invernale . . . . . . . . . . . .

8. L'i nsurrezione . . . . . . . . . . . . . .

9. La fine delle ostilità nella Venezia Giulia

Bibliografia 524

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425 430 440 444 458 467 475 478 489 497