INTRODUZIONE
Il seguente lavoro di tesi prende l’avvio dall’idea che, nel corso della Prima guerra mondiale, in Italia così come negli altri paesi belligeranti, si siano sperimentate le prime forme di governo «totale» attraverso l’applicazione di strumenti di controllo sociale e di militarizzazione della società civile che vennero poi ampiamente ripresi dai regimi totalitari instauratisi in Europa tra gli anni Venti e Trenta. Strettamente legata alla messa in atto di questi strumenti coercitivi fu l’esigenza, dettata dalle necessità belliche, di rinsaldare e compattare l’unità della nazione, soprattutto mediante una propaganda di stampo marcatamente negativo, volta a colpire un nemico che divenne
ben
presto
un
nemico
assoluto,
vera
e
propria
personificazione del Male, da eliminare nella sua interezza. Questa radicale ed estrema concezione del «noi» contro «loro», adottata e diffusa dalla propaganda di guerra, divenne progressivamente parte integrante di un conflitto che prese a configurarsi sempre più come una guerra ideologica, alla cui vittoria si sarebbe giunti solo attraverso il completo annientamento del proprio nemico. Tale esasperata, totalizzante e demonizzante rappresentazione del nemico, che corrose dall’interno, con varie intensità, le società di tutti i paesi partecipanti al conflitto, è direttamente connessa al «topos» del «nemico interno», oggetto centrale di questa tesi. Sebbene il concetto di «nemico interno» abbia lontane origini1, la svolta decisiva si ebbe con la Rivoluzione francese e il diffondersi del principio di «nemici della nazione»; nel corso della Grande guerra, poi, questa categorizzazione venne assolutizzata ed estesa a tutti coloro i quali, per i motivi più disparati, non mostravano di identificarsi pienamente con la causa nazionale.
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Cfr. i saggi raccolti e curati da Pietro Costa nei due volumi dei «Quaderni fiorentini», n. 38, 2009.
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