Insomma, di certo non si poteva considerarla un buon partito per un militare impegnato nella difesa della patria e la conclusione dei Carabinieri fu che «la progettata unione [potrebbe] offendere il decoro di chi deve contrarla e del Corpo [della Guardia di Finanza]»21. I controlli nei confronti delle donne che stavano per sposare membri dell’esercito, inoltre, dovevano assicurare che le signorine in questione non fossero pericolose, nel senso che, se fossero venute a conoscenza di informazioni provenienti dal fronte tramite il marito, non avrebbero divulgato queste ultime o, ipotesi ancora peggiore, non avrebbero esercitato lo spionaggio. In ogni caso, da questi episodi appare chiaro che il timore primario delle autorità non fosse tanto l’evenienza che le spose potessero rivelarsi delle spie, quanto il fatto che, con i loro comportamenti precedenti all’unione matrimoniale, potessero andare ad intaccare la rispettabilità e la reputazione dei soldati.
2.1.2. Addetti ai servizi di poste e telegrafi Dal 1916, quando ormai divenne chiaro che la guerra non sarebbe stata affatto un evento di breve durata, sempre più furono gli uomini richiamati alle armi, i quali, inevitabilmente, furono costretti a lasciare temporaneamente il proprio posto di lavoro. Era perciò impellente il bisogno di nuova forza lavoro che subentrasse loro nei più svariati settori occupazionali. A Treviso fu numeroso il nuovo personale assunto per adempiere ai servizi postali, specialmente quello incaricato di sostituire i vari portalettere partiti per il fronte. Secondo i dirigenti locali del Servizio Poste e Telegrafi, però, in caso di assunzione, si rendeva assolutamente necessario fare un controllo nei riguardi di coloro i quali presentavano domanda di lavoro. Di conseguenza, ancora una volta, veniva chiesto al Prefetto di indagare su questi ultimi, sempre tramite l’azione dei Reali Carabinieri. 21
Ibidem.
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