prontamente colmate da organismi autonomi quali i comitati patriottici e di resistenza interna, di cui si tratterà meglio successivamente, nella parte dedicata alla situazione relativa alla repressione della propaganda contro la guerra nella zona di Treviso, largamente affidata proprio all’azione di tali comitati. Solo a partire dalla metà del 1917, soprattutto a causa del timore che gli eventi registratisi in Russia a partire dal febbraio di quell’anno potessero dilagare, il governo iniziò a considerare fondamentale recuperare il consenso della popolazione – e soprattutto quello di contadini e operai – attraverso una più capillare opera di propaganda e assistenza.
1.1. Il dissenso e la protesta popolare in Italia Nonostante la severa legislazione penale di carattere militare e la pervasiva azione repressiva, le autorità non riuscirono mai ad ottenere la più completa – e sperata – docilità delle masse popolari. Dall’inverno del 1916-1917, infatti, iniziarono a verificarsi episodi di protesta sempre più allarmanti, causati per lo più dalla grave carenza di generi alimentari, che sfociarono nella già citata rivolta torinese dell’agosto del 1917. Le autorità di Pubblica Sicurezza calcolarono che nel periodo dal 1° dicembre 1916 al 15 aprile 1917 avevano avuto luogo in tutto il paese circa 500 manifestazioni […], con la partecipazione, in complesso, di decine di migliaia di persone che reclamavano di volta in volta il ritorno di congiunti dal fronte, l’aumento dei sussidi e […] spesso gli episodi assunsero il carattere di dimostrazioni contro la prosecuzione della guerra5.
Se durante la prima fese del conflitto, come fa giustamente osservare Giovanna Procacci, «la popolazione era ormai rassegnata alla guerra»6 in quanto «nelle campagne l’illusione sulla breve durata della guerra, la sua identificazione con un cataclisma naturale, 5
Antonio Gibelli, La grande guerra degli italiani. 1915-1918, Milano, BUR, 2014, p. 213. 6 Giovanna Procacci, Dalla rassegnazione alla rivolta…, cit., p. 53.
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