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Il Fondo a stampa della Biblioteca Marciana
veneziano Apostolo Zeno)4 e parte dei materiali conservati presso la biblioteca di S. Michele di Murano, fra cui il Mappamondo di Fra’ Mauro (1459), la più antica carta geografica europea ad includere una raffigurazione del Giappone. Un terzo fattore furono le donazioni di privati. Fra di esse, la più significativa fu certamente quella del linguista Emilio Teza (1831-1912). Studioso e docente di fama internazionale, attivo nelle università di Bologna, Pisa e Padova, Teza coltivò nei suoi anni di attività accademica interessi variegati, muovendo dalla filologia greca, alla russologia, agli studi sull’Asia Orientale. Tali interessi lo portarono ad accumulare una ampia raccolta di testi, circa trentamila opere fra volumi ed opuscoli, che spaziavano dalla glottologia, alla filologia, alla storia delle civiltà orientali, agli studi di letteratura. Nel 1911, lo studioso dispose che la Biblioteca Marciana ricevesse in lascito tale collezione, e così avvenne l’anno successivo, dopo la sua morte.5 I materiali relativi al Giappone, così variamente entrati a far parte del patrimonio della biblioteca, non risultano di conseguenza organizzati in una singola collezione, ma distribuiti fra differenti fondi, in accordo con le differenti circostanze e tempistiche della loro acquisizione. Lo scopo del presente articolo è quello di presentarli in modo organico: si illustreranno le diverse tipologie di materiali esistenti, si fornirà per ognuna un numero di esempi significativi e si ragionerà sul loro valore in quanto fonti, in un’ottica testuale-contenutistica e al contempo bibliografica.6 Il gruppo di gran lunga più ricco, fra le opere relative al Giappone conservate nel fondo antico della Biblioteca Nazionale Marciana, è quello delle fonti datate dalla seconda metà del Sedicesimo secolo alla prima metà del Diciassettesimo secolo. Si tratta delle opere prodotte nel contesto del primo incontro culturale fra Europa e Giappone, promosso dai missionari cristiani che vissero e operarono sull’arcipelago a partire dallo sbarco di Francesco Saverio a Kagoshima, il 15 agosto 1549. Le più antiche opere europee a includere menzione del Giappone, in effetti, precedono tale data. Già Il milione di Marco Polo faceva riferimento all’arcipelago, nominandolo “Cipangu” e dipingendolo come una sorta di terra dell’oro.7 E riferimenti più frequenti iniziarono a comparire sia nella letteratura di viaggio che in 4
La raccolta comprendeva una ricca collezione di materiali cartografici, fra cui un’edizione del 1603 dell’atlante di Abraham Ortelius, di cui si tratterà in seguito. 5 Zorzi, La Libreria di San Marco, cit., pp. 387-389 e pp. 401-402. 6 Lo scopo dell’articolo sarà limitato alle fonti a stampa. Per un’analisi dei materiali manoscritti, si rimanda ad Amalia Pezzali, “Il fondo orientale della Biblioteca Nazionale Marciana”, Miscellanea marciana di studi bessarionei, Antenore, Padova 1976, pp. 469-510. 7 Né Polo né le altre fonti europee antecedenti la metà del Sedicesimo secolo sono tuttavia chiare riguardo alla posizione dell’arcipelago. Per una trattazione più specifica delle più antiche fonti europee relative al Giappone si rimanda a Donald Lach, Asia in the making of Europe, Volume I: The Century of Discovery, The University of Chicago Press, Chicago 1965.