«Anch’io sentivo delle ondate di follia avvicinarsi e sparire — ammette nel soliloquio —. A tratti, sentivo il cervello sciaguattare nella scatola cranica, come l’acqua agitata in una bottiglia»439.
3.4 La guerra senza retorica: la fortuna letteraria Quando Lussu scrive, in termini estetici nel Belpaese è ancora imperante D’Annunzio, scempiato da una schiera di epigoni non alla sua altezza: è l’Italia dell’enfasi barocca e grondante di arzigogoli aulici, dei cinegiornali Luce e dell’Eair che spara nell’etere la voce stentorea del Capo assieme ai suoi silenzi studiati440. Un anno sull’Altipiano ha tempi diversi, indici di un respiro europeo. Complessivamente, i dialoghi colmano più di un terzo del libro, rendendolo quasi corale. Da questo strapotere della parola esulano solo i capitoli più ansiogeni, scanditi dalle corse incontro al supplizio degli assalti, e quelli di tregua, lontano dal fronte, o di riflessione. «Come se la paura o il coraggio — ha proposto Francesca Caputo —, la serenità e la quiete, il senso profondo del vivere e del morire, detti a voce perdessero di autenticità ed efficacia»441. L’asciuttezza stenografica dei colloqui che rinsalda la forza di Lussu come «ritrattista» si altera nel già incontrato XXV capitolo: l’emotività senza filtri delle truppe, nel corso dell’alterco fra ufficiali, è bilanciata dall’argomentazione approfondita; il lessico ne risente con delle impennate, compaiono delle figure retoriche di ordine. Secondo Caputo, questa incursione ai piani alti, oltre ai citati precipitati politici, ha un peso narratologico: completa l’esame delle voci e quindi rammenda l’insieme collettivo dell’esercito: l’immersione del lettore, ora, è totale442. L’oralità mimetica diventa allora una delle armi per disinfettare il racconto dall’adagio, patriottardo prima e poi fascista, del tributo di sangue e del martirio sugli altari della Vittoria. Ancorarsi alla fedeltà è l’antidoto: non pare un caso come nel I capitolo, l’anticamera dell’opera, cali il gelo sul sermone del sindaco di un paesino che rivanga la dolcezza del pro patria mori e parla di «belle e sublimi attrattive» della guerra. Neppure il colonnello apprezza e nell’atmosfera surreale, 439
Ivi, p. 110. Cfr. DELL’ANNA M.V., Lingua Italiana e politica, Carocci, Roma, 2010, pp. 62-67. 441 Cfr. CAPUTO F., Per una guerra senza retorica: discorsi e dialoghi in “Un anno sull’Altipiano”, in BUFFARIA P.C. e MILESCHI C. (a cura di), Gli scrittori e la Grande Guerra, Parigi, Istituto italiano di Cultura, 2009, pp. 43-53; da p. 53 proviene la citazione. 442 Cfr. ivi, pp. 56 e 62-66; Lussu è stato definito «ritrattista» a p. 53. 440
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