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3.5 Intermezzo umoristico
come il rituale del caffè o una sigaretta. Poche righe dopo, l’intrepido capitano non riesce a premere il grilletto e risparmia un ufficiale austriaco. La seconda vibra negli ultimi istanti del tenente Avellini: ferito a morte in combattimento, cieco e agonizzante, si fa leggere da Lussu una lettera dell’amata, piange sotto le bende. Quando lo raggiunge la notizia del trapasso, il sardo capisce d’essere rimasto solo: «Non è vero che l’istinto di conservazione sia una legge assoluta della vita — mormora —. Vi sono dei momenti, in cui la vita pesa più dell’attesa della morte»453 .
3.5 Intermezzo umoristico Prima di archiviare la figura autoriale di Lussu, una considerazione sintetica: l’efficacia della sua penna dipende anche dall’ironia che l’ha contraddistinta sino a renderla il fioretto con cui trafiggere i nemici politici, i compagni di strada e pure se stesso, come fosse la sua filosofia di vita. Un certo filone critico ha cercato le basi di questa verve nel patrimonio genetico sardo, con tanto di saggi di traduzione in dialetto454. In un primo momento, il diretto interessato è sembrato sottoscrivere: «Io non appartengo alla Repubblica delle Lettere. Nella letteratura non ho maestri — dichiarerà —. L’ironia che mi viene attribuita come caratteristica dei miei scritti non è mia, ma sarda»455. Ma Fiori, pure sardo e suo biografo maggiore, ridimensiona l’uscita. Lussu, per così dire, correggerà il tiro: atavico è il suo essere a sinistra, cioè una ribellione ai soprusi preceduta dall’istinto — ereditato dagli avi predoni — e poi confermata dalla ragione; da tale senso di giustizia è approdato, dice, al socialismo. «E il fastidio che tuttora mi dà l’autorità, malgrado sia arrivato a maturità politica — spiegherà in una lettera a «Mondo Operaio» del 1957 —, esplode poi in umorismo ogni volta in cui l’autorità si veste di sussiego e di pomposità: umorismo, cioè il sentimento innato di rivolta, reso incruento e addolcito dall’educazione e dalla cultura»456 .
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453 Cfr. LUSSU E., Un anno sull’Altipiano, cit., rispettivamente pp. 134-138 e 202-207; la citazione è da p. 207. 454 Cfr. DELOGU I., L’umorismo sardo di Emilio Lussu, negli atti del convegno «Emilio Lussu e la cultura popolare della Sardegna», cit., pp. 229-243. 455 Cit. in FIORI G., Il cavaliere dei Rossomori, cit. p. 326. 456 Cfr. LUSSU E., «Destra» e «sinistra»¸ lettera pubblicata su «Mondo Operaio» nel giugno 1957, in Id., Essere a sinistra. Democrazia, autonomia e socialismo in cinquant’anni di lotte, Mazzotta editore, Milano, 1976, p. 239.
Studiando Un anno sull’Altipiano, Renate Lunzer si è concentrata sul sarcasmo lussiano come «sottile intelligenza, o meglio, […] genio condensatore di una mente colta e lucidissima»457. Non solo: l’ironia corrosiva — nelle forme del sarcasmo e del paradosso, senza mai scadere nel black humour — rappresenta lo «schermo» necessario ad affrontare il cadornismo e dissacrarne i miti, è il portale per comunicare con il lettore. La Weltanschauung dell’autore, secondo la studiosa, resta eroico-etica: al di fuori della singola opera, dove è armamentario per proteggersi quanto contrattaccare, la vis comica diventa una «compensazione dell’insufficienza del mondo» ravvivata dalla speranza458 . A nostro avviso, è quest’energia a catturare il pubblico e a farlo innamorare dei testi meglio riusciti. Tutta la pubblicistica giellista — si ripensi alle uscite, innesco di rancori nell’antifascismo in esilio, citate nei paragrafi precedenti — è governata dalla stessa legge. A ben vedere, anche gli esordi sulle testate sardiste che abbiamo riprodotto vanno in questa direzione: il sorriso beffardo, dirompente oppure più amaro e sofferto, illumina tutta la produzione lussiana, di cui forma il motore immobile, capace di animarne pure i meandri ideologicamente più confusi e contorti. Sono stilettate epigrammatiche: satira nel senso più genuino del termine, affilata dai soggiorni all’estero. A riprova di quest’idea, si rilegga la messe di citazioni. Per ragioni di spazio, forniamo un esempio sbrigativo da un testo che non abbiamo potuto scandagliare: La Catena, l’esordio letterario uscito nel 1929 a Parigi. Qui motteggia sull’incetta di cariche ad interim di Mussolini: «Da noi, fino a qualche mese addietro, il Consiglio dei Ministri avrebbe potuto tenersi in una cabina telefonica. […] Quando si dice che si riunì il Consiglio dei Ministri, significa che il Duce convocò se stesso e si divise in otto»459. I capitoli sono una miniera di arguzie, volte a colpire un pubblico internazionale: su tutte, l’inasprimento liberticida della legge accomuna l’antifascismo allo spaccio di stupefacenti. La sezione più divertente è quella sulla psicosi dei carcerieri di Lipari, dove Lussu ha scontato il confino: lo yacht di un vacanziere
457 Cfr. LUNZER R., Cavaliere rosso senza macchia e senza paura: osservazioni su un anno sull’Altipiano di Emilio Lussu, in «Critica letteraria», n. 171, 2-2016, pp. 307-309; la citazione è a p. 309. È della Lunzer una sintesi sagace delle peripezie biografiche di Lussu: «è vissuto e ha agito al limite e non di rado oltre il limite di quello di cui crediamo capaci i rappresentanti più nobili e virtuosi della nostra specie»; p. 299. 458 Cfr. ivi, pp. 310-314, la citazione è a p. 314. 459 LUSSU E., La Catena, in Id., Tutte le opere, vol. 2, cit., p. 19.