LA DIFESA DELEGATA – DIFESA CIVILE ARMATA IN ITALIANA

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STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO UFFICIO STORICO

Flavio Russo

LA DIFESA DELEGATA RAGGUAGLIO STORICO SULLA DIFESA CIVILE ARMATA IN ITALIA

ROMA, 1995


PROPRIETA LETTERARIA Tutti i diritti riservari. Vietata la riproduzione anche parziale senza autorizzazione.

© By SME - Ufficio Storico - Roma 1995

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Presentazione

E' possibile affermare che la problematica della difesa, ossia l'esigenza di attuare un'attività d(fensiva, vede la sua origine con la stessa comparsa dell'essere umano sul nostro pianeta. b1fatti il poter salvaguardare un "bene "che ci appartiene da una minaccia esterna che tende a distruggerlo o aprivarci di esso si è rivelato obbiettivo di primaria importanza nella storia dell'uomo . Numerosissime le forme ed i tipi di difesa che nel corso dei secoli fino ai nostri giorni sono stati elaborati e posti in essere, in dipendenza sia delle esigenze di carattere difensivo sia delle possibilità di mettere in atto le conseguenti predisposizioni. Nell'ambito di questa vasta tematica trova la sua collocazione il particolare argomento della difesa delegata che l'Ufficio Storico ha voluto affrontare ed esaminare. Il presente volume , quindi, partendo dalle strutture difensive realizzate ai confini dell'impero romano, illustra l'evoluzione della difesa da att~vità prettamente militare, rivolta a respingere attacchi esterni, ad azione di difesa del possedimento personale attuata dai privati, ad attività globale fornita da compagini armate appositamente delegate a tale scopo da chi, stato o privato, non era più in grado di provvedervi in proprio. L'opera, inoltre, risulta di notevole interesse e spessore in quanto l'autore non solo affronta l'aspetto politico- militare del problema d(fensivo, ma lo esamina in modo completo anche nei suoi risvolti concernenti l'evoluzione architettonica delle infrastrutture difensive, lo sviluppo delle armi e dei materiali bellici, i condizionamenti derivanti dalle strutture economiche e sociali delle varie epoche. Il mio caloroso ringraziamento va all'ingegnere Flavio Russo, apprezzato autore di altri importanti volumi dell'Ufficio, che con la sua precisa, competente e appassionata ricerca ci offre la possibilità di approfondire l'esame e la conoscenza di un particolare aspetto della nostra storia.

Il Capo dell'Ufficio Storico (Col. a.s. SM Stefano Romano)


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PREMESSA

Concetto di d(fesa delegata Von Klausewitz, nel suo celebre trattato, operando una distinzione basilare circa le finalità della gue1Ta, oltre alle due classiche - il distruggere l'avversario ed il tendere a conquiste territoriali più o meno durature - ne ipotizzò di intermedie ed alternative. Ma vuoi per Ht loro apparente marginalità, vuoi forse per la variabilissima atipicità, parvero comunque al prussiano estranee alla dinamica militare tradizionale, tanto da giustificarne la successiva ignoranza espositiva. Disgraziatamente, e per il corso di lunghissimi secoli, almeno una di quelle trascurate estrinsecazioni polemologiche fu nestò ogni area della Penisola ed in particolare il suo meridione. Con l'apparente riduttiva motivazione della razzia e del saccheggio, innumerevoli scorrerie ciel brigantaggio endemico e stagionali, onnipresenti assalti pirateschi sulle coste, sconvolsero inesorabilmente ogni parvenza cli sicurezza esistenziale. Le incursioni eia mare poi, per essere condotte da fanatici predoni stranieri, ed ancor più per la loro atroce vessazione e conseguenzialità si guadagnarono la nobili tante etichetta di guerra di corsa. Quelle spietatamente perpetrate dai saraceni prima, e quindi dai barbareschi, basterebbero da sole a buon diritto ad emblematizzare la supposta categoria bellica. Eppure la loro efferata persecuzione - analoga nell 'estrinsecazione all'altra prassi delinquenziale - non sì prefiggeva affatto l'annientamento progressivo delle vittime, nè la loro sottomissione, contemplandone unicamente lo sfruttamento parassitario. A voler ulteriormente puntualizzare, la menzionata promozione al rango di procedura bellìca le derivò, a differenza del brigantaggio, oltre che dalla vastità della depauperazione socio-economica arrecata con i suoi raid, dall'insistere, sui colossali turpi proventi del suo massiccio impiego, dell'intera economia delle specifiche etnie propugnatrici, assurte a loro volta al ruolo di stati sovrani. Tn pratica quindi pur configurandosi alla stregua di un insostenibile stillicidio guerrigliero, entrambe le tipologie criminali - nazionali ed internazionali - ostentarono sempre dinamiche motorie parassitarie, ed in quanto tali, mai si prefissero consapevolmente il collasso degli stati salassati. Sì prestarono tuttavia egregiamente a decurtarne la reattiv ità militare ed in ciò si può cogliere una ulteriore conferma del perché l'aggressione barbaresca, a indiscusso vantaggio delle armate ottomane, si recepisse in chiave dì guerra corsara per antonomasia. In forza di un perverso processo induttivo la delinquenzialità interna e quella esterna, agevolandosi reciprocamente, fecero registrare sin dagli albori del VII secolo un crescendo inarrestabile, rendendo tragicamente inadeguate le forze armate regolari destinate a contrastarle. Ed i territori più fertili e produttivi della Penisola, le compagini statali commercialmente più attive e prospere alimentarono paradossalmente con la loro laboriosità ed intraprendenza quella criminale genia di sfruttatori organizzati, di tena e di mare. Rivelatisi in breve pericolosamente insufficienti i dispositivi difensivi espletati dai diversi governi avvicendatisi, pur nella indubbia portata delle soluzioni escogitate, l'iniziativa privata, riallacciandosi a mai estinte realizzazioni basso imperiali in materia, prese a perfezionare ed a moltiplicare quei lontani espedienti cautelativi. Sul piano cronolgico l'apice del fenomeno fu attinto allo scadere del medioevo, allorquando l' avvento di credibili armi da fuoco assegnò alla difesa inusitate potenzialità. Abbiamo già in altre precedenti pubblicazioni illustrato le complesse e articolate strutture fortificate febbrilmente erette lungo le marine dei regni di Napoli, Sardegna e Sicilia nel corso del XVI secolo - e di quelli successivi - per contenere e fronteggiare l'offensiva corsara. Abbiamo, in un'altra ricerca ancora, evidenziato che il dramma delle razzie non si limitò alle sole regioni rivierasche, ma coinvolse ogni area ad insufficiente controllo militare, come quelle montane


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impervie, impossibili in quanto tali a capillari operazioni di setacciamento e di disinfestazione brigantesca. Entrambi i teatri, a ben guardare, possono definirsi con la comune etichetta - sebbene impropria giuridicamente e geograficamente - di territori di frontiera, intendendosi con tale termine il limite tra mondo civilizzato e con certezze legali, e quello anarcoide dell 'arbitrio e della violenza. Ed in quest'ottica le coste e le giogaie appenniniche non differivano sensibilmente, martorizzate equivalentemente da briganti e da corsari. Ora poiché il controllo, o meglio il dominio, cli quelle interminabili fasce litoranee e di quelle inaccessibili contrade interne risultò sempre aleatorio ed insufficiente, non potendosi, d'altra parte, rinunciare nè agli insediamenti marittimi con le loro attività, nè a quelli pedemontani con le loro ubertose coltivazioni a grano, ne conseguì un generalizzato ricorso alla fortificazione, pubblica e specialmente privata. Si ovviò, con sostanziale successo, in quella maniera alla desertificazione di intere regioni, e si potettero salvaguardare, oltre alle vite dei residenti lavoratori, anche le fonti stesse dell'economia e, in massima percentuale, le ricchezze accumulate. Non a caso von Klausewitz trattando della difesa affermò che costituiva la forma, di gran lunga, più fotte della guerra, proponendosi finalità meramente negative e sostanzialmente passive ovvero di attesa, riservandosi di intervenire, se e quando, in maniera adeguata. Aggiunse inoltre che - e sotto questo profilo la sua precisazione appare perfettamente calzante alla problematica che andremo a ricostruire - la finalità precipua della difesa è la conservazione, ritendo in sintesi più facile, militarmente parlando, conservare che guadagnare. La ricordata insufficenza delle forze armate regolari a contenere le iniziative incursìve, scaturiva non ultimo dal dover fronteggiare una offensiva esulante dalla dinamica squisitamente militare, estranea perciò ad una logica tattica coerente e comparabile, quindi, in qualche maniera prevedibile. In altri termini il tradizionale strumento dell'esercito, proprio per la sua rigidità istituzionale, non si dimostrò mai congruo a quella particolare esigenza. Nè peraltro si volle mai, da parte della dirigenza spagnola, incrementarlo, affiancandogli efficienti reparti di milizia territoriale, od addestrarlo allo scopo, per la paura di possibil i ammutinamenti, o dì pericolosi accentramenti di potere. Una contenuta iniziativa privata difensiva, per la sua singolare anomalia, consentiva però di colmare in qualche modo la deficienza, senza rilevanti rischi. La storia fornisce infiniti esempi di aggregazioni di forze di matrice popolare, o comunque civile, per finalità belliche. È il caso di ogni sommossa, di ogni rivoluzione, di ogni campagna di liberazione o di quant'altro di affine: in ciascun contesto si osserva che quelle formazioni volontarie operarono quasi sempre in opposizione al legittimo governo, o in sua assenza, mirando allora al suo reinsediamento. L'iniziativa privata nelle sue estrinsecazioni militariste, in ultima analisi, si è sempre dimostrata perciò temibile per l'ordine costituito, e pertanto sempre aborrita. Completamente diverso il caso della difesa statica organizzata dì ispirazione privata. Essendosi infatti, sin dall'alto medioevo, pe1fettamente realizzato che lo stimolo della maggioranza delle razzie non era la conquista del territorio ma l'accaparramento dei beni materiali mobili, di qualsiasi natura, la loro salvaguardia, al pari della loro custodia contro il furto, parve ovvia competenza del possidente con la più ampia facoltà di ricorso a mezzi idonei. Anzi, constatatosi che la sommatoria delle difese private cooperava, sensibilmente, alla difesa globale dello stesso stato e delle sue risorse, quegli accorgimenti, progressivamente più complessi ed articolati, si riguardarono da parte delle autorità con tacita approvazione. In molti casi, a partire dal XV secolo sembra, addirittura, che si incentivò .ìl singolo proprietario a provvedere in tal modo alla difesa annata delle sue tenute. Siamo a questo punto di fronte alla esplicita delega, da parte del potere istituzionale, del diritto alla difesa collettiva organizzata, nella massima accezione: impliciti quindi l'erezione di strutture fortificato rie, l'istruzione e l' assoldamento di personale paramilitare di presidio, l'armamento da fuoco, artiglieria compresa. Difesa delegata per qualsiasi settore produttivo: dalla masseria granaria, alla fattoria per la custodia delle pecore, dalla tonnara con la sua annessa fabbrica, ai banchi corallini oggetto di pesca, dai monasteri con i loro tesori agrari e votivi, ai mercantili con il loro carico commerciale. In ciascuno di quei gangli economici una aliquota dei dipendenti si addestrò ed equipaggiò per garantire, anche con armi da guerra, la sicurezza dei compagni, dell' azienda e dei beni ivi concentrati. In


Premessa

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situazioni dì emergenza avrebbe inoltre coordinato la partecipazione di tutti alla comune difesa. E fu quella la condizione abituale che tutelò per secoli, in vaste regioni, il lavoro nel suo complesso. Sorsero così e si diffusero ricche tipologie di masserie fortificate, in grado di custodire con speri mentata affidabilità i raccolti, o le greggi, od anche in capaci cisterne, scavale nella roccia, grandi quantitativi di prezioso olio. Le loro massicce mura merlate, munite di garitte e feritoie, rappresentarono la nuova veste architettonica delle dimore rurali, accomunando nelle terribili traversie degli assalti predatori tanto i miseri braccianti che gli orgogliosi massari. E come gli sterminati biondeggianti campi fecero da sfondo a quelle severe costruzioni, così l'azzurro delle marine riflesse le linee altrettanto minacciose delle tonnare fortificate e delle geometriche postazioni d'artiglieria servite dai corallari. Non raramente, inoltre, il profumo pungente dell'incenso ed il salmodiare dei miti monaci si fuse con l'odore aspro della polvere pirica ed il boato cadenzato dei cannoni sugli spalti dei loro conventi-fortezza. Ovunque a fianco agli uomini intenti alla dura fatica quotidiana, altri uomini vigilavano, notte e giorno, in una spasmodica attesa e sorveglianza, con le loro anni pronte a squarciare, con tonanle eloquenza, l'abituale pacifico tramestio, o la ristorante quiete notturna. L'insieme costituito da quell'immenso reticolo fortificato, garante della sopravvivenza dei predetti regni, rappresentò sotto il profilo tattico globale la seconda linea difensiva cli quella inunensa frontiera. E tra le fortificazioni militari e quelle civili, si instaurò inunediatamente una sorta di interdipendenza, che confermò la validità ciel sistema integrato. Al cupo rombo dei bronzei pezzi delle torri facevano eco, pochi istanti dopo, i frenetici squillanti rintocchi delle bronzee campane delle masserie, allertando e disponendo alla resistenza le circostanti plaghe. Una romantica reminiscenza ciel descritto contesto esistenziale la si può agevolmente cogliere persino nella ricchissima produzione artistica. Famosissime, sebbene nelle diverse dizioni dialettali , le strofe che così recitano: A tocchi a tocchi la campana sona li turchi so' arrivati alla marina ...

ricordando appunto il suono a distesa di quelle campane non ecclesiastiche. Basterebbe già la diffusione cli questo stornello a dimostrare la straordinaria portata che assolse, nella dinamica difensiva nazionale, quel particolare genere di iniziativa cli matrice "laica". In forza di ciò, al pari del volontariato paramilitare, che a pieno titolo rientra nella storiografia militare risultando il suo apporto determinante per l'aggregazione nazionale, anche questa forma paramilitare di difesa dovrebbe riscuotere una identica attenzione. Ma vuoi per l'impossibilità di rintracciare una dettagliata documentazione d'archivio per la miriade di episodi - che singolarmente presi si prospettavano marginali ed insignificanti -, vuoi per la fin troppo scontata presenza di quelle realizzazioni sul territorio, scarso interesse si è prestato ali' argomento. Eppure la difesa delegata rappresentò per molti aspetti l'immagine speculare del volontariato paramilitare, del quale la massima espressione si ebbe con l'impresa dei Mille. Infatti è agevole contrapporre alle violente e caduche esplosioni dell'uno, le tacite e secolari prestazioni dell' altra; alla furia distruttrice, e temutissima, delle formazioni rivoluzionarie la volontà conservatrice, rassicurante e reazionaria, dei possidenti; alla matrice popolare delle milizie, quella padronale degli assoldati; alla rapace mobilità delle armate irregolari, la pingue staticità delle fortificazioni private; alla notorietà romantica degli eroi, combattenti per un utopico mondo migliore, l'ignoranza dei tanti disperati protesi a salvare i raccolti o gli armenti, cli una quotidianeità comunque ingloriosa. E se per i primi le forze militari regolari incarnarono abitualmente la paventala repressione, per i secondi invece, rappresentando gli agognati liberatori, si invocarono con angosciosa urgenza. Un unico aspetto oltre all'origine non istituzionale accomunò le due compagini paramilitari, confermandone la matrice civile: il loro raffaz.zonato armamentario. In entrambi il repertorio degli attrezzi agricoli o industriali, appena modificati ne fornì la maggiore aliquota, imponendosi sovente per sperimentata rispondenza anche su quello tipicamente militare, istigandone a volte la cooptazione da palte delle forze armate regolari. Parlare perciò cli difesa delegata significa iniziare a colmare questa vistosa lacuna della nostra storiografia militare, riproponendosi quel complesso ed articolato insieme di strutture, di espedienti e cli


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la. Telese (Bn). Casale rurale fortificato, del XIX secolo.

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I b. Dettaglio delle garitte poste a difesa del portone.


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2. Assonometria del villaggio di )'vfersin, Cilicia, con ben evidente apparato di «doppio fiancheggiamento di porta», databile intorno al 4.000 a.C.

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azioni come ia principale e longeva contromisura alla disgregazione razziatoria della nostra civiltà. Resta, se mai, da precisare su quali elementi dovrà e potrà dipanarsi la ricerca. Associato che gli archivi tradizionali sono ai riguardo estremamente avari, dispersi ccl inconsistenti, non prestandosi la incessante teoria di microconflitti alla rubricazione sistematica al pari delle campagne belliche, occorrerà procedere su fonti alternative, forse persino più oggettive. Queste sono, per fortuna, ancora alquanto abbondanti - sebbene in crescente minaccia di radicale ablazione o cli stravolgente ristrutturazione - proprio le menzionate fortificazioni p1ivate di ispirazione "domestica", o civile, in antitesi a quelle precipue militari. Storia quindi letta non già sui possenti castelli o sulle truci fortezze o sulle immense piazzeforti, supportata da infiniti grafici e relazioni, ma sulle modeste e variegate masserie fortificate, sui casali e sulle residenze protette, da quelle con vistosi apparati al limite del militare, a quelle appena dotate di elementari accorgimenti. Tutte in ogni caso fondamentali testimoni di una identica realtà, sia pure cli disomogenea potenzialità. Si avvarrà altresì dei ruderi dei menzionati impianti industriali per la pesca del tonno e delle residue torrette dei corallari, nonché sugli apparentemente incongruenti monasteri ed abbazie fortificati per decifrare grazie alla loro lapidea eloquenza quei drammatici trascorsi storici, che tanto influirono sul nostro attuale presente. Difesa delegata perciò ma non per questo meno valida e significativa di queUa tradizionale, nè meno che mai passiva o incruenta, ma forse per estensione e rilevanza superiore a quella istituzionale e, per molti aspetti , talmente moderna, nelle sue impostazioni ancestrali, da riproporsi ancor'oggi. La trattazione che segue, proprio per meglio evidenziare quel naturale evolversi del concetto di difesa alternativa, prenderà le mosse dalle sue remote origini, soffermandosi sulle realizzazioni romane, indiscusse capostipiti nel settore delle masserie fortificate, indubbiamente la categoria più rappresentativa ed emblematica. Avremo modo così di prendere contatto con schemi architettonici difensivi, destinati a riproporsi costantemente con immutata finalità. Al riguardo è interessante osservare che le modernissime coppie di telecamere che fi ancheggiano gli ingressi di ogni edificio rappresentativo, fuoriuscendo tramite il loro supporto dal filo del muro perimetrale, altro non sono che l'estrema filiazione delle doppie torrette che fiancheggiavano i varchi delle arcaiche aziende fortificate, a loro volta semplificazione in chiave rurale di mera sorveglianza ciel remotissimo "doppio fiancheggiamento di porta" che difese i varchi delle cerchie proto-urbane, a partire dal V millennio a. C.!


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Gli archetipi Il 27 settembre 1943, la prima divisione germanica paracadutisti, stanziata a difesa degli aeroporti di Foggia, al profilarsi del contatto con !' VIII armata del gen. Montgomery, in adempimento agli ordini ricevuti evacuò ordinatamente l'intero settore. Quattro giorni dopo le pattuglie avanzate della 78" divisione britannica, occupavano indisturbate l'importantissima base'. L'acquisizione delle ottime piste pugliesi consentì , immediatamente, alle forze aeree alleate, ed in particolare agli squadroni della Royal Air Force, di operare in appoggio tattico alle truppe, scardinando per quanto possibile la resistenza nemica. La completa operatività degli impianti aeroportuali, in realtà, si conseguì soltanto intorno alla fine del mese successivo, adibendoli a base per i bombardieri strategici, destinati ad obiettivi situati in Austria ed in Germania2 • Nel frattempo però tra i molteplici compiti assolti dai velivoli che eia lì, ininterrottamente, decollavano rivestiva un vitale interesse militare il rilevamento fotogrammetrico del territorio circostante, onde vagliarne la esatta conformazione e connotazione ai fini dell'aspra campagna in corso. Le condizioni metereologiche3 , infatti, congiuntamente al perfetto sfruttamento difensivo del territorio da parte della X armata germanica, agli ordini del gen. von Vietinghoff4 avevano imposto, poco più a nord, lungo il corso del Biferno e del Trigno, un penosissimo e cruento incedere agli uomini del XIJT corpo d ' annata britannico5• Con i fiumi spaventosamente ingrossati e con le campagne trasformate in un insidiosissimo pantano, i mezzi meccanici - dalle mitiche jeep agli onnipresenti Sherman - mostravano drammaticamente i loro limiti, ,ucaicizzando ogni manovra. Anche le interminabili colonne cli rifornimenti afiluivano conseguentemente in maniera aleatoria ed insufficiente. La minuziosa conoscenza di ogni peculiarità di quell'avverso teatro rappresentava quindj per le provatissime avanguardie, spesso il confine tra la sopravvivenza e l'annientamento6 . Decine di migliaia dì ottimi fotogrammi andarono così a comporre un accurato mosaico geografico, attendibilissimo ed aggiornatissimo, supplendo drasticamente alla deficiente e approssimata documentazione cartografica disponibile. Per la prima volta si realizzò con inusitata ridondanza di ripresa, la copertura ricognitiva di quella remota regione, scandagliandone la superficie eia qualunque angolo di

1 Sull'argomento cfr. M. BLUMENSON , Salerno e la lotta per l'Italia meridionale, in Storia della Seconda Guerra lvfondiale, Rizzoli-Pumcll, Milano 1967, Voi. IV., p. 240. 2 La certezza della conquista degli aeroporti di Foggia si ebbe dopo che l'VIII armata riuscì ad attestarsi saldamente a Termoli cd a Vinchiaturo intorno al I O ottobre. Da quel momento si avviò la ristrutturazione dei medesimi per renderli idonei ai bombardieri pesanti. Precisa al riguardo R. BOHMLER, La ritirata verso Cassino, in Storia della Seconda... , op. cil. , Voi. IV, p. 276: «Comunque, in quel periodo Doolittle aveva già imrapreso le sue azioni offensive. Il IO novembre i suoi bombardieri si erano levati in volo dalla Puglia per attaccare le fabbriche di aerei Messerschmitt di Wiener Neustadt, in Austria. Erano seguite poi incursioni aeree sulle fabbriche di cuscinetti a sfere a Torino ... più tardi tu il lllrno delle fabbriche di aerei di Regensburg e Augsburg nella Germania meridionale... «. 3 Tutte le fonti dell'epoca concordano nel definire eccezionalmente pessime le condizioni atmosferiche di quell'autunno. ln merito cfr. F. Russo, Dai Sanniti ali' Esercito Italiano, Bari 1991, pp. 238 e sgg .. 4 Le forze che costituivano la X armata germanica, agli ordini del gen. Heinrich von Vietinghoff, schierata dal Tineno all'Adriatico, possono così 1iassumersi: almeno 30. 000 uomini della 26" e 29" Panzer divisioni, altri 45. 000 delle divisioni Hermann Goring, della 15" Panzergranadier e della t 6• Panzerdivisone, ed infine 17. 000 paracadutisti della 1' divisione. 5 Il XIIJ corpo d' armata b1itannico era composto dalla 78" divisione, operante lungo il mare e dal Corpo Canadese, operante verso l'interno. Entrambi facevano poi parte dell'Vlll armata del gen. Montgomery. 6 È interessante ad esempio ricordare che in prossimità di S. Giuliano i canadesi riusciro ad impiegare per le loro necessità di approvvigionamento una antica strada romana come ci viene nanato da Lt. Col. G. W. N1cHOLSON, The Canadia11s in ltaly 1943-1945, Ottawa 1966, p. 258: «Reparti d i pionieri avevano dovuto costruire una strada volta verso occideme da San Giuliano, basandola sulle rovine di un ' antica strada romana. Nonostante gli sforzi di carovane di muli e l'uso di tutte le jeeps disponibili, per le truppe di avanguardia l'approvvigionamento di razioni e munizioni, e persino di materiale medico, fu sempre difficile e spesso impossibile».


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3 3. Lucera (Fg). Aerofoto di un grandioso villaggio difeso d<t quattro fossati concenlrici. 1 cerchi interni piccoli sono le impronte delle capanne - da Atlante acrofotografico I.G.M.

proiezione. La stagione autunnale e la sua, già ricordata, piovosità anomala produssero allora un singolare fenomeno7 • Molte cli quelle impeccabili istantanee sembrarono, a prima vista, affette da una insolita anomalia, quasi una sorta di difetto della pellicola. Strane ombre circolari scure, di variabilissimo diametro, marcavano le campagne e le coltivazioni, estendendosi a volte persino sotto i ruderi di antichi centri abitati8• La tipologia si confermò peraltro nutritissima anche in relazione alle articolazioni. Molti di quei cerchi ne racchiudevano altri più piccoli, e molti ancora erano multipli, concentrici. Pur suscitando una comprensibile curiosità, ed una ridda di ipotesi fantasiose, sulle prime non si riservò a quelle enigmatiche testimonianze una rimarchevole attenzione: il contesto del resto era tale da non consentire imbelli diatribe circa la natura delle misteriore ombre anulari. Due ufficiali inglesi, addetti all 'interpretazione fotogrammetrica, se ne mostrarono particolarmente incuriositi, tanto più che in

' Precisa G. SCllMIEDT, Atlante aereofowgrafico delle sedi umane in Italia, parte prima: L 'utiliz.z.azione delle fotografie aeree nello studio degli insediamenti, Firenze I 964, p. I 3 : «Altri elementi da tenere present.i sono le condizioni metereologiche. In fotografie prese dopo lunghe e forti pioggie possono apparire... [e] risultare esaltati dei contrastj di tono dovuti a differenza di permeabilità del terreno, utili sia per rilevare resti archeologici sepolti, sia per mettere in evidenza reticoli fluviali estinti ... [inoltre] per la presa di fotografie occorrenti come mezzo di scoperta vero e proprio (resti archeologici) occorre scegliere l'epoca in cui le condizioni del mantello vegetale... siano le più opportune. Non è facile indicarle; tuttavia, in linea di massima, per l' Italia si può dire che la primavera e J'a11tunno siano le stagioni meglio indicate per fotografare tracce rilevabili dai seminativi ...» ~ Queste interessantissime sovraimposizioni risultano splendidamente documentate nelle tavole III e IV della parte seconda del citato Atlante aereofotografico dell'I. G. M. I.


La difesa delegata

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breve avevano potuto stabilire senza il minimo dubbio che la natura del fenomeno non andava assolutamente imputata ad avarie del materiale sensibile impiegato. Uno di essi , il Bradford, espe1to archeologo9, ne intuì infine l'origine. Confrontando infatti la massa di fotogrammi marchiati dai cerchi scuri, elaborò una acuta costatazione: la tecnica di rilievo aereo aveva consentito di individuare quello che altrimenti sarebbe stato assolutamente invisibile ed impercettibile al s uolo, ovvero dei resti di opere umane appena coperte da uno strato di ten-iccio per lo più seminativo. Il diverso grado di imbibizione dell' acqua, funzione delJa diversa porosità del teneno, determinava non solo variazioni sulla densità della cotica erbacea, ma finanche una contrastante restituzione della luce. Le foto s.i trasformavano allora in una singolare "radiografia" dell'area ripresa, documentando, con incredibile precisione le trame sottostanti 1°. La successiva formulazione ipotetica perciò non richiese molto sforzo, proponendosi quelle configurazioni geometriche come indiscutibili insediamenti, ovvero altrettante diversificate primordiali strutture contenitive e difensive, di epoca senza dubbio remota ma di difficile precisazione, in mancanza di. una serie di indagini di scavo 11 • Trascorse finalmente la guerra e con quello stimolo, lo stesso Braclford già nel 1945 avviò dei saggi, presso Mass. a Passo di Corvo 12 • Seguirono qui ndi, sebbene in maniera molto limitata ed episodica, campagne dì scavo tese ad accertare, inconfutabilmente, al di là di ogni elucubrazione teorica la reale natura delle ombre anulari pugliesi. E si potè concludere che effettivamente le impressioni fotografiche ritraevano antichissimi fossati, il cui materiale di risulta fu impiegato da quei preistorici costruttori per erigere, lungo il loro ciglio interno, un aggere continuo incrementando così il dislivello da superare per violare la rudimentale fortificazione 13 • Non tutte le perplessità però risultarono soddisfatte con altrettanto logiche deduzioni, prima fra loro la evidenziata estrema variabilità superficiale di quelle realizzazioni. «La difformità di tali caratteristiche non è sempre facilmente spiegabile. Per quanto riguarda le dimensioni dei villaggi [i cerchi di maggiore diametro n. d. a.] sembra logico pensare - come ha proposto J. Bradford- che i piì:1 piccoli ospitassero un solo nucleo familiare ed i più grandi - a varie fasi di sviluppo - più nuclei dello stesso clan. Per quanto concerne le dimensioni dei fossati posti a difesa dei villaggi, in base alle misurazioni dedotte dalla fotografia aerea sembra che avessero una larghezza dai 4 ai 5 m ... Ciò che rimane incerto, anche per la mancanza di esaurienti scavi, è se questi villaggi fossero occupati temporaneamente oppure - come sembrerebbe attestato dalla molteplicità dei fossati che li difendevano - fossero abitati permanentemente in relazione alle buone condizioni agricole e di pascolo offerte dalla regione, allora solcata da numerosi corsi d'acqua di cui oggi rimangono solo le tracce degli antichi alvei» 14 Le dimensioni comunque eccezionali dei recinti attribuiti ai villaggi clauni indussero ad alcune ulteriori riflessioni e puntualizzazioni circa quella particolare civiltà.

La prima comunicazione fornita dal Bractford su tali scoperte fu probabilmente quella pubblicata in Antiquity, Gloucester, 191; xxm, 60-65; XXIV, 86-88. 10 Allo scopo vengono già da tempo impiegar.e pellicole con un potere risolutivo che può raggiungere nei migliori casi fino a 90- 100 tratti per millimetro, attestandosi mediamente sui 50: si ottiene così la riproduzione persino delle piLt minute caratteristiche del suolo. 11 Al riguardo afferma J. G. D. Cu\RK, Europa preistorica, fili aspetti della v.it.a materiale, Torino I969, p. I 81: «Più ad ovest i contadini neolitici della pianura cli Foggia in Puglia scavavano fossati circolari o semianulari entro recinti più grandi, ma non si è ancora trnvata alcuna traccia delle loro case vere e proprie)>. 12 La contrada Passo di Corvu si trova presso Foggia ed è tra quelle che ostenta un più ricco assortimento di insediamenti preistorici, nonché forse una più ampia frequentazione degli stessi. u È probabile che questa fosse completata come la ipotizza S. MosCAfl, La civiltà ,nediterrcmea, dalle origini della storia all 'avvento dell'ellenismo, Milano 1980, p. 345: «sul terrapieno si levava un muro di pietre, sormontato a sua volt.a da una struttura in mattoni crudi... «. '" I. G. M. I. , A.tlante ... , op. cit. , parte seconda, tav. I. 9

xx, (1946).


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. ..,,-., • 4. Contrada Donadone (Fg). Villaggio difes o da un fossato circolare: si noti in Fil dettaglio del <<ponte}> d ' ingresso da Atlante LG.M.

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«L'ampiezza di tali centri pre-romani si spiega ... solo se li si considera non delle città nel senso comune della parola, ma dei centri di convergenza e di riferimento di numerosi, piccoli insediamenti sparsi nel Tavoliere, di tipo principalmente, se non esclusivamente, agricolo. In questo modo.si spiega l'ampiezza delle città daunie, che avevano non solo il compito di accogliere, nei momenti di pericolo, l'intera popolazione contadina, sparsa nel territorio circostante, cosa del resto comune nel mondo antico, ma anche quello di assicurare la sopravvivenza del patrimonio annentizio, fatto confluire dalle campagne, in modo da provvedere alla sopravvivenza dell 'intera popolazione anche in occasione di assedi prolungati o comunque di lunghi periodi di gue1i-a» 15 Si andava pertanto profilando, sempre più nitidamente, una società agro-pastorale insediata su di un vastissimo areale, tramite strutture residenziali sia di tipo tribale che comunitarie, comunque fortificate e munite. E paradossalmente al contrario delle abitazioni, deperibilissime e totalmente scomparse, erano state proprio quelle innumerevoli fortificazioni a permettere la riscoperta della cultura ed a consentirne la ricostruzione archeologica. «La fase del Medio Neolitico in Puglia era già stata iniziata con l'avvento o lo sviluppo di una distinta cultura che chiameremo ... cli Molfetta... ; fotografie aeree hanno rivelato la presenza di numerosi recinti segnati da fossati, ma soltanto pochi. sono stati esplorati per mezzo di scavi. I recinti solo dalla pianta possono essere classificati in villaggi o fattorie. I primi coprono aree molto vaste, spesso suddivisi con una recinzione più interna, contenente entro il fossato recinti più piccoli e circolari che rappresentano la parte abitata e uno spazio esterno più ampio, probabilmente adibito a campi o pascoli. Le ripartizioni interne, che possono raggiungere il numero di cento in un solo viUaggio, variano da quindici a d ieciotto metri di larghezza e dovevano essere fattorie del tipo di quelle irlandesi , abitate ognuna da una famiglia. Anche le fattorie possono essere divise in un campo interno o corti le di circa un acro di superficie e in una più vasta proprietà esterna. Il Braclford soltanto mediante fotografie aeree ha identificato più di duecento villaggi e fattorie in un'area di meno di 4085 chilometri quadrati ... » 16 • Ma a quale epoca poteva ragionevo.lmente farsi risalire quel complicatissimo ed, al tempo stesso, efficace sistema cli parcellizzazione difensiva su base familiare? Il r.invcnimento, in quei sia pur sporadici

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16

Da E. M. DE .luu1.s. Civil1à preistoriche e protostoriche della Daunia, AA. VV., Firenze 1975, p. 287. Da V. G. 0 -llLDE, L'alba della civiltà eumpea, Milano 1972, p. 267.


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La. difesa delef?clta

saggi di scavo, di oggelli in bronzo e l'abbondanza di una particolare forma di ceramica permise di attribuire l' arco di esistenza della cu ltura ad un prolungato periodo a cavallo dell'età del bronzo. Rappresentava, perciò, uoa de lle prime manifestazioni di economia agro-pastorale protella e supportata architettonicamente su scala regionale. Siamo <.:osì di fronte non solo ad un archetipo cli di visione elci territorio per lo sfruttamento estensivo, di tipo quasi capitali stico, ma ad una ancora più singolare impostazione istituzionale. L'aggregato urbano racch iuso in un apparato fo rtificatorio anulare. primitivo quanto si voglia ma congruo alle potenzialità offens ive coeve, consentiva ai suoi abitanti di schierarsi lungo quelle arginature - munite probabilmente anche di palizzata sommitale continua - onde cooperare alla comune difesa, in maniera ciel tutto identica a quanto avverrà ne i millenn i successivi, in cui tale onere graverà su tutti gli abitanti validi o selezionati allo scopo. La presenza, però, di un identi<.:o apparato di cinta anche per le singole fattorie ci induce ad ipotizzare, ed a prospettare, un secondo livello difensivo su base familiare - domestico - e comunque privato, indubbiamente coadiuvante il primo per la complessiva salvaguardia del territorio, ma finalizzato ad esclusivo beneficio, e sacrificio, di un unico clan parentale. Le fattorie pugliesi perciò, già dal neolitico, ini ziarono ad ostentare la privatizzazione della d ifesa armata, concetto destinato a future riproposi:lioni generalizzate, quale rimedio ad una eccessiva debolezza e fram mentazione del potere centrale. Siffaua tipologia di strutture rurali fo1tificate, pur vantando ampie affinità in numerose allre regioni europee17, assurgeva, in questa, a sistema dissuasivo ausilirufo assolutamente originale per il suo impiego massivo. Da stime attendibili sembrerebbe, per quanto attualmente individuabile, che il loro numero si attestasse intorno al migliaio, e forse più, originando una concezione insediativa atavicament.e radicata. E se in quella logica potrebbe ravvisarsi una sostanziale affinità con il fenomeno nuragico 18, è proprio per la sua incessante riedizione, nei medesimi siti, nel corso degli ultimi tre millenni che acquisisce peculiarità specifiche, soltanto parzialmente riconducibili alla fertiU ti tà del tcffeno ed alla vic inanza del mare, invece che ad una esigenza protettiva più immediata e discrezionale. Sempre sull ' apporto della foto aerea sono faci lmente individuabili infatti fattorie neolitiche, sottostanti od intimamente adiacenti , ad altre daunie e quindi romane, ed ancora a medievali ed infine rinascimentali, tutte debitamente fortificate 19 • Orbene una sequela siffatta è propria delle migliori architetture mili tari, per le quali il fattore ubicati vo è preminente su qualunque altra connotazione 20. Quanto ricordato conferma a carico delle principali " fattorie pugliesi" la ricerca, in qualsiasi epoca storica, di una componente difensiva consustanziale al loro essere stesso. La libera esistenza, q uindi, di ogni membro del grnppo, gli averi personali e collettivi, i raccolti e la massa armentizia, le attrezzature stesse dell'azienda costituivano l'oggetto da proteggere in maniera sostanzialmente simile, e con assim ilabili espedienti - sebbene su scala domestica - di quanto espletato da una fortezza militare propriamente detta. Analogo infatti il ricorso ad opere architettoniche ostative - o fortificatorie - ovviamente di leggerissima consistenza, al pari dell ' armamento coevo impiegato. Divergente invece la finali tà - spiccatamente piivata e non collettiva - e sopratutto la logica cl' impianLo e d'impiego tesa alla salvaguardia prioritariamente del la produzio ne e non dell ' inviolabilità ten-itoriale. Divergente ancora l'arco massimo di fruizione ossidionale, limitalo a poche ore - per lo più una nottata - e non un periodo esteso ad oltranza. In tutti i casi comunque, sia in quelli connessi con l'agricoltura, sia in quelli con la pesca, le incombenze difensive si concentravano nel corso della sola buona stagione.

17

Cfr. I. lloc;G, Storiu de fle fortifica zio11i, Novara l982, pp. 9-11 . Sulla ci vi ILà nuragica e su quelle strutture in particolare cfr. G. L11.u u, La be{{a età del bronw, in Swria dei Sardi e della Sardegna, Milano 1988, Voi. I, pp. 92-110. 19 Escmplifìcazioni di quanto affermato possono cogliersi presso la Ma,;seria di Passo di Corvo- Foggia-, con sovrapposi~io ni cli capanne neolitiche. villa romana e casa rurale C{mlemporanea. Come analogamente presso contracl(l Coppa di Gallo1-'oggia-, con identica successione insecliativa sempre dì r.ipo rurale. 20 Circa le sovrapposizioni delle antiche fortificazioni cfr. F. Russo, Dallo s1au.o alla ci111a bastionata, l'evoluzione delle difese perimeTl'ali urbane nel 'Italia cemro meridionali', in L'Universo. Ri v. I. G. :'vi. I. . Fircnre, nn. 4-5-6, 1983, pp. 605606. 18


Premessa

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5 5. Macomer (Nu). Resti d"el grande nuraghe Losa.

Divergente la minaccia potenziale supposta da fronteggiare, non eccedente una compagine cli poche decine di predoni, dotati del solo raffazzonato armamento individuale. Divergente infine la rigidità d ' impiego mai trasformabile come quella militare da difensiva in offensiva - o repressiva - , essendo vincolata intimamente non alla salvaguardia del puro possesso ciel terri torio bensì a quella delle sue risorse. In altre parole qualsiasi fortificazione ' ci vile' impiantata in una contrada in nessun caso sarebbe stata riguardata come vessatoria dagli abitanti della stessa. Al contrario della quasi totalità delle fortificazioni militari erette con finalità, più o meno coercitive, quelle costruzioni assolvevano unicamente alle esigenze protettive. Difesa delegata perciò come sottoclasse di una più ampia e specifica istituzione militare, con la quale avrebbe dovuto in ogni caso raccorciarsi, sia per non disporre della "pesantezza" indispensabile per la credibilità dissuasiva, sia per non scadere nella rischiosa illegalità, generando un parallelo sistema armato indipendente ed anarchico. De1 resto la nutrita presenza sul territorio di simili fattorie, pur soddisfacendo bisogni di sicurezza privata, chiudeva cli fatto il medesimo a qualsiasi scorreria, completandone in maniera quasi esaustiva il controllo globale. Privare i razziatori del bottino, o rendergliene improba l' appropriazione si proponeva ottima tattica difensiva, al di là della sua genesi non istituzionale. Ne conseguiva che in virtù di quella, spesso irrinunciabile, cooperazione difensiva territoriale, la costruzione e la proliferazione cli masserie, fattorie, aziende agricole o comunque manifatturiere,, più o meno fortificate2 1, mai sollevò eccessive recriminazioni ed obiezioni da parte ciel potere centrale. E leci-

21 È tipico ad esempio il caso delle tonnare fortificate, di l'acile attribuizione, in quanto esplicando la loro attività ad immediato ridosso della costa potevano rientrare nella dinamica della difesa costiera nazionale, sebbene la loro difesa e fortificazione fosse per lo più delegata all'iniziativa privata, con l'unica condizione di inserirsi nella catena di vigilanza foranea. Sull'argomento cfr. F. Russo, La difesa costiera del Regno di Sardegna, Bari 1992, pp. I I Oe sgg., ed ancora dello stesso auto re, La difesa costiera del Regno di Sicilia, Roma J994, pp. 175 e sgg.


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La difesa delegma

to addirittura ipotizzare - ma le fonti più antiche tacciono completamente in merito - che forse in alcuni scorci storici vennero addirittura sollecitate e persino agevolate da l governo del momento, assolutamente incapace di difendere tutti e tutto22 • Ma è parimenti innegabile che non raramente nei periodi di rivolgimenti intestini, cli ribellioni sociali , di sommosse rivendicative, sempre alquanto frequenti nel corso della travagliata nostra storia, quelle medesime strutture si connotassero come nuclei dì aggregazione per braccati fuorilegge. Le loro, massicce ed articolate, masse murarie garantivano ampie e provocatorie immunità: improbo infatti stanarne i ricercati e catturarli con normali azioni di polizia. Si comprende così in antitesi paradossale a quanto innanzi affermato come la presenza cli quelle stesse costruzioni, in altri scorci temporali, suscitasse diffuse recriminazion i ed ostilità. Destreggiandosi quindi tra una indiscutibile necessità pubblica ed una altrettanto pavent.ata potenzialità destabilizzante, la difesa delegala adattò alle esigenze difensive domestiche una propria canonica mutuando dall'architettura militare, quanto compatibile con le risorse socio-economiche dei possidenti terrieri, e quanto compatibile soprattulto con le vigenti leggi in materia. Ne derivò un repertorio formale ed inventivo eccezionale che, a sua volta, generò una fioritura tipologica di residenze più o meno fortificate. Potrebbe al riguardo coerentemente definirsi architettura difensiva civile, complementare a quella militare cli ben diverso spessore realizzativo. Al pari, nei casi inerenti attività manifatturiere, avremmo un'architettura difensiva industriale. Ovviamente per la enorme estensione dei terreni agricoli la prima delle due tipologie alternative ebbe una proliferazione e diffusione immensa, e costituisce perciò la nostra primaria fonte documentaria della secolare espletazione della difesa delegata. Ciascuna masseria fortificata infatti contribuì ad estrinsecare le sue potenzialità dissuasive e difensive, da sola od in concerto con le forze armate regolari , fino al secolo scorso, ed in alcuni casi fino alla seconda guerra mondiale. Ne ripercorreremo pertanto in maniera sintentica, ma puntuale, la loro evoluzione, evidenziandone lo stretto nesso con le risorse locali e con l'istituzione militare coeva. Emergerà così la singolare costatazione che se la parte meridionale della nostra Nazione non collassò sotto i micidiali impatti di secolari e ferocissime ostilità nemiche, trascinando la sua intera popolazione nel baratro cli una abietta sudditanza ciò dipese, non ultimo, da quelle strutture fortificate cli matrice privata. Preservando i raccolti , gli armenti , i prodotti della attività marinare e, soprattutto, gli uomini, ai barbari razziatori, contrastandogli il facile dilagare proficuo e remunerativo sul suolo patrio, ne stroncarono ogni tentativo di irreversibile insediamento, garantendo al contempo le risorse alimentari all'intero stato. È facilmente intuibile l'attualità di una logica difensiva facentesi carico della protezione non limitata, stentatamente, alle sole vite umane, ma estesa alla loro economia primaria. Quanto si discosta dalla sterile e semplicistica protezione di alcune inconsistenti e litee conseguita dall ' incastellamento medievale!Basti ricordare che gli stessi individui fortunosamente scampati dentro le poderose mura alle vandaliche devastazioni ambientali, perpetrate nel corso degli interminabili assedi, pagavano poi una condanna differita, decimandoli crudelmente le inevitabili carestie, indigenze cd epidemie conseguenti l'annientamento delle colture, delle fattorie e spesso persino delle fonti d'acqua e elci pozzi, proditoriamente avvelenati.

22 Precisa V. FAGLIA, Torri cosiiere, edifici rurali.fonUìcati, Monza 1974, p. 28: «Il tema degli edifici rurali fortificati (nrnsserie, grancc, casali, fauorie, corti), rientra nel quadro della difesa anticorsa ra [o comunque antincursi va n. d. a I perché verso la metà del '500 è riscontrabile in alcune zone dell'Italia con evidenza inoppugnabile. la volontà comune, incoraggiala dallo stato, di intervenire in modo omogeneo e razionale alla difesa delle popolazioni rurali e dei prodotti agricoli dagli assalti dei co rsari, dei pirati , dei banditi, quest' ultimi complici e ricettatori. Uno st udio del genere è ancora lungi dall'essere chiarito da indagini socio-economi.che e da documentaz ione d'archivio sulle direttive cent.rali e periferiche e sui particolari interventi». In realtà il discorso va esteso ben oltre quel particolare periodo. epoca in alcune località, come meglio esamineremo, di eccezionale ricorso, non per intervento statale ma quasi per delega dello stesso alla fattiva volontà privata. su archetipi collaudati cd antichissimi, sebbene sempre sostanzialmente val.idi.


Premessa

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Prima di inoltrarci nella trattazione specifica, dipanata "cogliendo" le testimonianze suggeriteci principalmente dalle masserie fortificate , ovvero dalla fortificazione "leggera" o, come già definita, "domestica", ci sembra necessario espo1Te alcune puntualizzazioni al riguardo. Innanzitutto la fortificazione domestica, ostentando una finalit~1 non limitata alla esclusiva salvaguardia dei residenti, ma estesa anche alle loro attività-risorse, si adattò sempre a quel vincolo e mai avvenne il contrario, come, invece, nella più rigida fortificazione militare. Per fare un esempio chiarificatore, in ogni epoca, progettando un caposaldo militare si subordinò la sua ampiezza interna alla esigenza di un minimo perimetro da difendere2 \ con la conseguenza di tendere ad .impianti planimetrici - in assenza di condizionamenti geomorfologici - sub-circolari o comunque poligonali. Nelle masserie fortificate all'opposto si subordinò il tracciato ciel perimetro alla superficie interna, ovvero agli impianti agricoli, fungendo il primo da semplice contenitore dei secondi, con il logico risultato di configurarsi quadrangolare ed eccessivamente esteso per una ottimale protezione annata. Ed ancora, nessun caposaldo militare ebbe mai accesso diretto dal piano di campagna, ritenendosi troppo vulnerabile, quand'anche ovviamente più agevole per le quotidiane esigenze del suo presidio. Nelle fattorie fortificate, invece, quella elementare precauzione scompare, essendo preminente - pur con le gravi deficienze sul piano difensivo - il libero traffico dei carriaggi e del bestiame dall' area interna ai terreni circostanti e viceversa. Quanto affermato produsse concezioni soltanto parzialmente comparabili con quelle coeve militari, e comunque non valutabili con i medesimi criteri, puntualizzazione che dovrà costantemente ricordarsi . Del resto abbiamo già accennato che questa tipologia difensiva fu elaborata in previsione di un brevissimo ed approssimato confronto offensivo, e non già per sostenere un qualsiasi investimento ossidionale propriamente detto 2•1. Altra caratteristica divergente dall'architettura fortificata classica, la si può cogliere nel proporsi quella di tipo "civile" come eminentemente passiva25 • Infatti pur ostentando le mura perimetrali - tanto della recinzione quanto dell'unità abitativa interna, piombatoie e feritoie, la difesa risulta piuttosto affidata ad un fattore di inviolabilità materiale piuttosto che ad una dissuasione balistica. Sezioni murarie sudi mensionate, altezza delle recinzioni, assenza di luci penetrabili al piano cli campagna, compartimentazione verticale, dispositivi antieffrazione ecc. , costituiscono gl i espedienti cautelativi di maggior ricorso. A prima vista sembrerebbe che la risultante dell'impiego cli così modesti accorgimenti difensivi, sia stata o ben presto superata o confinata ad una ingenua potenzialità. In realtà però si registra una permanenza di quei criteri informatori praticamente inalterata, per quasi quattro secoli e mezzo, e non per ottusa arretratezza dei propugnatori. l menzionati dispositivi infatti furono sempre perfettamente congrui alle contemporanee potenzialità offensive dei razziatori di terra e di mare, anch'essi altrettanto arcaici nelle estrinsecazioni delinquenziali. Permanendo sempre l'armamento dei secondi neIJ'ambito di quello individuale, e per giunta approssimato tecnologicamente, restarono altret-

Cfr. A. C ASSI RAMELLI, {)alle caverne ai rifugi blindati, M.ilano I 964, pp. 20-21. Elemento basilare di qualsiasi fortificazione è insito nella previsione di progetto della sua potenziale tenuta ossidionale, ovvero del tempo che potcvu garantire ai difensori, contro una ben limitala massa attaccante. Si passa infatti con il progredire della tecnologia da ipotesi di alcuni anni, esemplare al riguardo il mito troiano, ad alcuni mesi in epoca romana e medievale, e quindi ad alcuni giorni per le ultime realizzazioni in materia, sempre per forze attaccanti di entità normale. È in un certo senso il discorso dello scudo valido per un certo numero di colpi e di ben circoscritta violenzu. Nessuna fortificazione fu perciò mai ritenuta imprendibile, od in grado di resistere ad oltranza contro attaccanti di qualsiasi consistenza. Nel nostro caso quindi i due parametri connotativi risultano, vo lutamente, di gran lunga inferiori a quelli tipicamente militari contemporanei : resistenza a pochi attaccanti per brevissimo periodo. Al di lit di questa elcmemare limitazione il valo re della struttura era nullo. Quanto affermato, perfettamente noto ai costruttori ed agli utilizzatori, c i porta a concludere che, come rneglio approfondirerno in seguito, l'esistenza di siffatte costruzioni presuppose sempre un appara[() militare. indubbiamente debole se valutato su scala nazion<-1le, ma pienamente sufficiente su scala locale, sul quale fare affidamento. Mancando questo la masse ria fonificata, cli qualunque tipo si sarebbe trasformata dopo le prime ore, in una micidiale trappola per i difensori. 25 Tutte le fortificazioni in prima istanza appaiono forme passive, come pii1 in generale la difesa. Ma proprio al pari di quest'ultima si avvalsero di espedienti destinati a frustrare gli attacchi ed a rintuzzarne gli sforzi, mediante l' impiego di armi proprie e particolari. La presenza e la quantità di queste caratterizza la maggiore o minore pussività di una fortificuzione . 23

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20

La d[fesa delegata

tanto rispondenti le modeste fortificazioni "domestiche", prive al contrario delle militad di gualsiasi apprezzabile evoluzione. E anche di ciò dovrà tenersi debito conto nell'analisi formale, in luogo delle apparenti affinità con le opere militari, o di gratuite ironizzazioni funzionali. Va inoltre evidenziata una ulteriore serie di concause che vietarono sempre aggiornamenti fo1tificatori. Le principali possono individuarsi proprio nella destinazione non militare di ta.li costruzioni. I suoi difensori infatti si trasfonnavano, e con tutte le comprensibili riserve, so.ltanto occasionalmente in combattenti, privi perciò sia dell'ardimento che delle capacità e dell'addestramento specifico. Inutile pertanto che le strutture e le concezioni info1matrici eccedessero quella limitante potenzialità. E d'altronde vi si sarebbero opposti anche i costi, progressivamente esorbitanti per realizzazioni più articolate e sicure. Non ultimo infine una eccessiva elaboraz.ione architettonico- militare avrebbe destato pericolosi sospetti nelle autorità centrali, comunque diffidenti al riguardo, come accennato in precedenza26 . Tanto per esemplificare anche questo secondo concetto, si coglie purtroppo ancora ai nostri giorni l'esigenza, per residenze più o meno isolate, o per aziende particolari, di impiegare alcune accortenze protettive. Mura maggiorate, al di là cli qualsiasi necessità statica, recinzioni continue e difficilmente scavalcabili, infissi e serramenti blindati, apparecchiature di sorveglianza elettronica perimetrale e volumetrica, ecc. , costituiscono il contemporaneo repertorio, assolutamente lecito quanto non incentivato dalle vigenti normative di legge, o assicurative. È però altrettanto evidente la loro totale passività. Discorso invece, radicalmente, diverso per gli espedienti dissuasivi attivi, impiegati peraltro a protezione di basi od impianti militari, quali campi minati, reticolati - con o senza passaggio di corrente elettrica - sorveglianza armata, feritoie per armi da fuoco, trappole esplosive, ecc. , espedienti tesi ugualmente a salvaguardare l'inviolabilità di un perimetro ma, ovviamente, con logica diversa. Proprio perché tali però esulano dall.a sfera della iniziativa privata, restando così tassativamente interdetti alla stessa e confinati al solo impiego militare appunto, ovvero istituzionale pubblico. La eventuale presenza quindi di alcuni cli questi ultimi accorgimenti, oggi come maggiormente nei secoli scorsi, in strutture private, ci induce necessariamente a ritenerle per lo meno tollerate, se non autorizzate, esulando sempre e comunque la difesa autonoma armata dalle normali libertà individuali. Dall'assunto deriva che la "percentuale di attività" di una fortificazione non militare testimonia il contesto storico vigente, ovvero la sua legalità e pacificità, nonché ì1 grado di reale controllo del territorio da parte del governo imperante, e ovviamente della credibilità del suo apparato militare, sia in funzione difensiva, sia in funzione repressiva. Argomento del presente saggio sarà pertanto proprio ricostruire, come già accennato, tali contesti sulla scorta di siffatte strutture assurte al rango di fossili guida, e dei loro rapporti con l'istituzione militare del momento. Allo scopo suddivideremo quella ricca produzione architettonica, nelle sue due fondamentali branche: quella finalizzata a salvaguardare le fonti dell'economia primaria dai razziatori stranieri, per lo più provenienti da mare, e quella invece adottata contro la delinquenza endemica interna, asserragliata abitualmente nei bacini montuosi centrali. Va comunque sottolineato che le due fenomenologie criminali non ostentarono nella realtà una così netta separazione: spesso identiche aree subirono le vessazioni ricorrenti dell'una e dell'altra. La suddivisione quindi risponde più che altro a criteri di analisi espositiva. Ciò premesso per la prima categoria focalizzeremo la ricerca sulle interessantissime e numerose masserie fortificate pugliesi, erette quasi contestualmente al programma di difesa costiera rinascimentale, e quindi infittite nei secoli seguenti. Parimenti indagheremo sulle strutture industriali superstiti connesse con le attività marinare, quali le torri dei corallari in Sardegna, o quelle delle tonnare in Sicilia. Per la seconda invece, osserveremo quelle edificate intorno ad una deHe aree maggiormente infestate dal brigantaggio, già dall'epoca dell'Impero Romano: l'area subappenninica27 •

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È emblematico al riguardo sottolineare come mancassero del lutto nell 'armamento rurale anche le tipologie più rozze e superate di artiglierie, certamente disponibili dalla radiazione delle dotazioni militari, ma mai concesse allo scopo, implicante tra l'altro la disponibilitìi di discreti quantitativi di polvere pirica. 27 Sul brigantaggio endemico matesino cfr. F. Russo, Dai Sanniti Ali' Esercùo Italiano, Bari 1991, pp ....


Premessa

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6b

6. Punta della Campanella (Na). Ruderi della splendida villa di Pollione. a - Strutture. b - Accesso da mare alla darsena. È da notare che ancora oggi la località non è raggiungibile con mezzi meccanici.

Le due tipologie forniranno, nel loro insieme, un quadro se non esaustivo almeno esauriente dell'avvicendamento storico del fenomeno della ·'difesa delegata" e degli espedienti dell'architettura difensiva civile e industriale, dei qual i di volta in volta sar~i scandagliato e riproposto l' archetipo mii itare classico, o comunque primario, di derivazione.

Aspetti istituzionali Abbiamo g ià accennato parlando di questa particolare presenza difensiva sul territorio di anomalia tollerata, con discontinua e ciclica fioritura. Vogliamo ora tentare di desumerne le imp licazioni legali, ad iniziare da quelle romane, indubbiamente frutto del più evoluto d iritto mai codificato. Nessuna altra potenza dell'antichità infatti si pose in maniera tanto assiUante il problema della difesa militare, al pu nto che molti storici ritengono lo stesso impero frutto di successive campagne difensive. In materia pertanto vigeva la massima chiarezza e determinazione28 . L'esercito ro mano arcaico presupponeva, quale titolo tassativo per farne parte, l' appartenenza dei suoi aspiranti membri alla classe dei possidenti, ovvero dei citt.acl.ini aventi un censo. Si riteneva, infatti, che soltanto chi avesse dei beni materiali da perdere, oltre la vita, fosse realmente disposto a battersi per

28 Sono di quesL'avviso ira R. A. PRF.STON , e S. F. W!SE,

S1oria soci{l/e della guerra, Verona 1973 . pp. 48 e sgg. , e puntual izzano ulteriormente affermando: i<Roma ... aveva conquistato l 'Italia quasi costretta dalle esigenze difensi ve e contro la tendenza del senalo. (A volte per eludere le sue stesse disposizion i contro il ricorso alla guerra a carattere offensivo. il senato inventò aggressioni fiLLizie da parte di altri popoli).»


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La difesa delegC1/a

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7. Altilia (Cb). Ruderi delle rnura urbiche di Altilia. la Sepino romana, erette intorno all'anno O, in opera quasi reticolata.

la loro salvaguardia29. Questa singolare concezione conferma la visione romana difensiva intimamente connessa con quella della stessa proprietà privata. La organizzazione militare originaria perciò si faceva carico dell'una/e dell'altra senza alcuna significativa differenza, ragion per cui non era neanche ipotizzabile una iniziativa singola al riguardo, ritenuta oltretutto velleitaria e sterile~0 • Non fu in conseguenza per la mentalità razionale e militarista dei romani concepibile alcuna forma riduttiva del problema, per giunta delegata all' iniz iativa privata, almeno fintanto che le legioni non dovettero fa rsi carico della logorante ed ininterotta vigilanza lungo gli interminabili confini orientali. Per i cittadini di Roma la presa di possesso e la permanenza effettiva s u un territorio conseguiva il suo controllo militare assoluto. Parlare di insediamenti agricoli od anche semplicemente cli sfruttamento colonico di una regione al di fuori di tale certezza e senza la poderosa infrastruttura militare costituiva un non senso. Assurdo avviare delicate opere di appoderamento e messa a coltura in un contesto sociale fluido. Qualsiasi fondo a ridosso cli linee difensive non stabilizzate, non garantiva un remunerativo sfruttamento e quindi non suscitava desideri acquisitivi. Poteva al massimo interessare agli uomini delle guarnigioni limitrofe, che infatti non raramente li coltivavano a tempo perso, e senza alcuna pretesa. Soltanto secondariamente con il radicarsi dei confini che sancivano l'indisturbato possesso, quel fondo entrava nel circuito mercatile. Discorso sostanzialmente affine per gli appezzamenti Iitoranei , che solo dopo la eliminazione del -

2

Circa l'organizzazione e le caratteristiche formative dell'esercito romano cfr. Pou1mi. S10rie, rist. Napoli 1968. lib. Vl. 19. La origi naria strullura dell'apparato militare romano è stata ricostruita eia T . l'vlOMMS EK, S1oria di Noma an1ica, ris. Bologna 1979, voi. I, pp. 114- 119 '!

.i,;


Prernessa

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8. A life ( Bn) . Mura urbiche riproducenti l'orig inario andamento de l peri metro dell ' accampmm:nto legionario, ancora perfettamente conserva l e e co ntinue.

la pirateria e la conquis ta di tutta la fascia costiera c ircurn-rncditerranea assu rsero ai massimi valori:1 1• Le splendide ville erette nei s iti pi ù spettacolari delle marine peninsulari certifi cano, ancora, oggi l' assoluta padronanza dei sit.i 32 . T uttav ia la immensa estens ione dell'impero diluì in maniera preoccupante la sua pur inusitata forza militare, rarefacendone Ja presenza interna. Se a ciò si aggiunga la sopravvi vcnza di sacche mai s ottomesse rintanate nei massicci intern i, ed i I costituirsi, a segu ito dell'economia servile dei latifondi. cli nut.rite frange di schiavi fuggiasch i dediti alla razzia3·' sì comprende l ' instaurarsi di un clim a ne lle campagne pedemo ntane d i c rescente insicurezza, sociale cd economica. Pennanenze toponomastiche di quella incompleta sovranità territoriale possono ancora facilmente rintracciarsi: ne è un esempio emblematico la Barbagia 3\ contrapposta proprio per rimarcarne la conno-

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È interessante ri cordare che Seneca. visitando la villa presso Li te rno, dove Scipione l' Africano si era ritirato in volon tario

esilio quasi due secoli prirn a,ne ri portò una triste impressione. Quel la dimora infatti gli parve m olto simile ad una fo r tezza,circoncl ata da alte mura e protclta in ogni modo dagli assalti dei pirati da mare e dei predoni da terra. L'osser vazione perta nto conferma che in assenza di un contesto stabile nessuna tenuta poteva impunemente insediarsi.nemmeno sul territorio peninsulare. In meri to cfr. P. CRIMAL. l.a civiltà ro111a11a,Firenze I 96 1.p. 206. ·' 1 È emblematica al riguardo la cattura di C. G. Cesare nel 78 a. C. da pane dei pirati.episodi o che costrinse insieme a numerosi altri analoghi,Ja dirigenza m ilitare romana ad occuparsi del probl crna,el irninandolo. Sull'argomento cfr. P. CìROSSE, S1oria del!apiratail1,Bo log11.i 1962,pp. 15- 19. n Circa i problemi connessi co n impiego della schiavitù nelle tenute agricole i n1periali cfr. E. M . STAR EM A:-J, M. K. TROFIMOVA, u1 schiavitlÌ 11el/ '/talia im{)eria/e.Perugi a 1975,pp. 28-72 . .'4 Cfr. P. M ELON I. La Sardegna e la re{)u/Jbfica ro11w 11a,in Storia dei sardi ... op. cii. , vo i. Lpp. 235-250.


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La di,fesa delegata

tazione ostile alla Romània, perfettamente integrata nell'impero. Analogo discorso per il Massiccio del Matese, fra le cui inaccessibili forre si Iinchiusero i sopravvissuti indomiti sanniti pentri. Il moltiplicarsi, al pari della ricchezza, dei fuoriusciti e dei predoni impose una migliore qualificazione difensiva alle numerose cittadine agricole imperiali sparse a ridosso delle aree a rischio. Fu giocoforza allora riesumare e potenziare le vetuste cinte urbane turrite. Il governo ovviamente conscio della ostentazione di intima debolezza che da quelle emanava le spacciò, ed in parte era anche vero, quale apparato ornamentale consono alla dignità municipale, tant'è che ancora oggi l'iconografia simbolica dell'Italia la vede cinta da una corona turrita. Occorse inoltre ripensare anche alla protezione delle ancora più numerose "villae" fin troppo esposte a quelle cruente iniziative. Iniziava così a farsi strada, pur ripugnando allo spirito democratico e legalitario romano, l'impiego cli forze armate privare a difesa di interessi altrettanto privati. Ripugnava maggiormente dover ammettere, con l'erezione di fortificazioni sia pubbliche che private, la permanenza di nemici organizzati all'interno dell'impero stesso. Ripugnava, infine, la palese assurdità di dover ripiegare su espedienti soggettivi e discrezionali in sostituzione delle acclarate capacità militari. Ma la realtà era purtroppo quella ed indietro non fu più possibile tornare. L'approssimarsi dello sfaldamento dell'Impero produsse un vero parossismo del fenomeno, gettando i presupposti non solo per le equivalenti realizzazioni future ma, secondo molti studiosi, soprattutto per l'indiscriminato incastellamento medievale.

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PARTE PRIMA



PREMESSE ROMANE

Il contesto storico La civiltà romana si caratterizza ai nostri occhi - in senso letterale e non per mera retorica - come un singolare e grandioso fenomeno cli proliferazione urbana. In ogni contrada della sterminata area del suo impero sorsero nuove città, forne ndo in definitiva quel particolare aggregato architettonico, l'indispensabile presupposto materiale per una più evoluta vita politica e sociale 1• Non a caso l'impianto insecliativo della Città per antonomasia, ammorsante a ''doppia testa di ponte" il corso del Tevere - e lambita dalle sue acque lungo entrambe le sponde - assurse a schema tipologico obbligato per le future metropoli europee: Londra, Parigi, Cordova, ecc. , per tacere tutte le infini te altre di rango minore, ma pur sempre di stretta clerivazione2 . In un piano puramente cronologico il moltiplicarsi degli insediamenti urbani nelle regioni occidentali del vecchio continente, per stimolazione romana, ostenta un rimarchevole ritardo rispetto all'area mediorientale mediterranea ed orientale asiatica, valutabile nell'ordine cli oltre quattro millenni3. Il vistoso "intervallo" retrodatando la paternità inventiva cli quella soluzione - per nulla scontata o priva di alternative specie all 'epoca4 - che tanto sviluppo futuro acquisirà, ci riconferma ancora una volta i romani quali ottimizzatori e di ffusori di altrui scoperte5 • La concezione della città venne pertanto da loro cooptata, ed ulteriormente elaborata per garantire il miglior benessere esistenziale, in guanto unica intimamente compatibile con la dinamica geo-politica perseguita.

1 Precisa J. B KARD-PERKINS, Architettura Romana, in Storia Universale dell'Architettura, diretta da P. L. Nervi, Venezia I 974, pp. 14-15: "Un altro e in delìn iti va anche più importante fattore fu il sorgere <li istituzioni politiche e sociali specificatamente romane, che richiesero un' ambientazione specificatamente romana ... Un altro fu la nuova dime nsione e la nuova importanza che vennero ad assumere le colonie militari ... dopo il 338 [anno di Roma.). .. molte nacquero come nuove fondazioni. Questo i'enomeno ebbe come co nseguenza di stimolare concezioni urbanistiche nuove e di creare nuovi tipi e<lilizi per sedi delle nuove istituzioni romane". 2 Cfr. E. Gu1DONJ, La ciuà daL Medioevo al Rinascimento, Bari 1981, pp. 2-8. 3 Sull 'argomento chiarisce E. ENKEN, Storia della città medievale, Bari 1975, p. 6: "L'avvento di evolute civiltà urbane (una delle svolte più decisive della storia mondia le) si compì nell'Asia anteriore verosimi lmente già nel VII millennio a . C .. Dal processo di urbanizzazione l'Europa fu toccata con sensibile stacco cronologico: qui infaui esso cominciò nel Med iterraneo orientale nel II millennio a. C. e raggi unse il Reno nel I secolo d. C." . Approfondisce ancora in merito R. WHITEOUSE, le prime città, Roma 1975, p. 157: " ... la civiltà apparve prima in Mesopotamia che in qualsiasi altro luogo. Agglomerati <li popolazione urbana, architettura rnonumentale e scrittura esistevano già lutti nel 3500 a.C. [dataz ione otten uta col radiocarbonio e compensata]. .. " . La daLazione però viene incrememata da J. MEI.LAART, Dove nacque la civiltà, Roma 1981, p. 15: " ... Catai Huyuk era un'unica enorme città neolitica ... si Lrova .sull'altopiano dell'Anatolia circa cinquanta chilometri a sud est della città di Konya ... dopo i recenti pe1fozionamenti del metodo di datazione basato sugli anelli degli alberi ... è verosimile ... [che rimonti] al 7100-6300 a. C. ci rca". ' 1 La etimologia comune di "città" e "civiltà" introdotta <lai romani, ci ha abituato a credere che al di fuori di tale realizzazione non vi s iano state forme sociali evolute. In effetti la scelta urbana pur costituendo indu bbiamente un livello superiore nell ' itinerario verso il concetto di stato, non fu affatl.o scnnLata ed universale nell'a ntichità. Per società agro-past0rali, e valga per tutte quella sannita, per la quale afferma A. LA RF.G INA, Sannio Penlri e Fren1ani dal VI al I sec. a. C., Roma l 980, pp. 37: "La distribuzione nell'insediamento italico nelle zone appenniniche si articola nelle forme caratteristiche di una stru nura socioeconomica pre-urbana di tipo pag;nico-vicano". 5 Afferma W. H. STAllL, La scienza dei Romani, Bari 1974, p. 17: " Quando i. Romani furono contagiati dalla passione per i manuali, non mostrarono la minima inibizione nell'ampliare gli orizzonti del.le loro applicazioni ... Ma per quanLo riguardava gli argomenti pratici. si fidavano soprattutto della propria esperienza e trattava no i vari Lerni con notevole sicurezza e presu nzione, intercalando talvolta critiche molto energiche nei riguardi delle fonti cui atti ngevano, perché non avevano sottoposto i loro stessi deuami ad un collaudo e!Teni vo".


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La difesa delegata

La città infatti accentrando sia la compagine dirigenziale di tutte le istituzioni dello stato, sia i suoi molteplici apparati economici e mercantili, supportava la coerenza e la celerità del potere decisionale autoritario, quand'anche democratico, proprio della logica imperialista e militarista. La campagna, con le sue estensioni dispersjve, con i suoi ritmi ancestrali ed immutabili, con le sue indifferibili esigenze, scadeva al rango di semplice appendice annonaria, indubbiamente indispensabile, ma assolutamente esautorata di ogni ruolo propositivo6 • E se Roma emblematizzava esaustivamente l'asserto, anche le sue _innumerevoli riproduzioni ne duplicavano - in debita proporzione - Ja logica: sotto il profilo giuridico infatti l'impero potrebbe consideran;ì una sorta di federazione cli città7 . Quanto esposto mostra comunque vari livelli di riscontro, tornando agevole osservare come già nell'ambito della stessa Penisola si:a possibile distinguere aree di crescente disparità economica, accentuandosi la sperequazione poi vistosamente, fra queste e le periferiche regioni di confine. Esemplificando, per grandi linee, si coglie un deleterio parassitismo per l'economia delle prime ed un dinamismo produttivo - commerciale per le seconde&, diversificato dalla semplicistica scelta agricola, originaria forza e limite dell'Urbe. I romani infatti, in apparente contraddizione con la menzionata vocazione urbana, mai cessarono cli subire il fascino della terra, alla quale peraltro. atavicamenre si collegavano, e della cupidigia del suo possesso9 • Basti ricordare che almeno fino alla prima guerra punica, i comandanti militari provenivano dalle campagne, personalmente coltivate. Cincinnato intento, prima e dopo le parentesi belliche, alle cure ciel suo orto - per usare la definizione arcaica - riassume ed emblematizza quella peculiarità, tanto cara agli storici imperiali 10•

6 La perdita di prestigio della campagna nei confronti della città dipendeva non ultima dalla minore importanza rivestita da quella ai fini dcUa sopravvivenza alimentare della prima, ormai foraggiata abbandantemente dall'incessante afflusso mercantile. La conferma si avrà nel Medioevo allorché con la distru zione della rete di comunicazione e con il framment,arsi dei mercati la città progressivamente si contrae demograficamerne e decade come 1i levenza, tornando la campagna ad assumere un ruolo produttivo insostituibile. 7 Cfr. P. GRIMAL, La civiltà romana, Firenze 1961 , pp. 189-218. 8 Approfondisce E. ENNEN, Storia della città... op. cit. , p. 7: "Se in generale è ingiustificato rimproverare alle città antiche di essere state città di consumatori. a tale immagine però si accos tava in maniera inci uictante la Roma di etù imperiale: al popolo romano si distribuivano ogni anno 400.000 tonnellate di grano, senza contare le feste e i g.iochi. Dispendiosi centri di vita culturale, del resto, erano anche le città delle province... lPer contro I si profilava ... nell'Europa nordoccidentale un'arca di traffici che anticipava quasi la situazione dell'età anseatica. Al commercio e ai traffici si aggiunse anche un artigianato locale... Nella zona di Aquisgrana e Liegi, molto verosimilmente già dall'80 d. C. , fu impiantata da Capua l'industria dell'ouone e del bronzo... L'industria vctrnria di Colonia risale al 1 secolo ... presso i Treveri, dall'artigianato domestico dei Galli si sviluppò un ' estesa produzione tessile di campagna... Nell'area renana un mticolo standard era il vino ... ". '' A. SAITIA, Guida critica alla storia antica, Bari I980, p. 1 l 8, sulla origine contadina dei romani traccia la seguente analisi: "la vita romana del quarto secolo si fondava sull'economia contadinesca, su un primitivo sistema si vita agricola, in cui tutti i membri della famiglia lavoravano accanitamente i campi, servendosi soltanto in casi eccezionali del sussidio di alcuni schiavi e clienti.. Economia contadinesca e coltivazione esclusiva del grano erano i caratteri fondamentali della vita economica del Lazio ... Ogni nuova fondazione romana era uno stanziamento di contadini: ogni nuovo centro di vitn urbana ... un villaggio fortificato di contadini. .. ". Col tempo però: "il tradizionale regime aristocratico romano, fondato su un esercito di contadini - proprietari, a mano a mano degenerò in una oligarchia di opulente famiglie nobili, mentre scompariva il nerbo militare dell'Italia, fondato sull'elemento comadinesco. Va ricordaw infatti che al servi zio rnilitare erano tenuti soltanto i proprietari di terre ... " . 10 Tuttavia la provenienza agricola di quasi tuuo l'apparato militare originario romano costitul un elemento di estremo danno per la classe dei liberi contadini. L'assenza dai loro campi infatti per l'intera durata delle lunghe campagne. comportava automaticamente la perdita di ogni reddito da quelli e spesso addirittura la rovina materiale della loro famiglia. Livio racconta ad esempio (II, 23) la tragica vicenda di un vecchio soldato al quale, durante il suo servizio erano state saccheggiate le terre, incendiata la masseria e sottrailo il bestiame, con il conseguente indebitamento della famiglia e che alla fine, per il particolare rigore legislativo in materia di prestiti, fu privato della stessa libertà. L' episodio peraltro non doveva riguardarsi come eccezionale o rarissimo nel contesto dell'epoca.


Premesse romane

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~ - - - - - - - -- -- - - - - - - - -- - - - - -- -- - - - - - - - - - - --_, 9 9. Ricostruzione grafica di archetipo di villa romana.

È proprio nell'etimo arcaico di h.ortus - recinto - che ritroviamo il senso di quella gelosa, ancestrale aspirazione alla privatizzazione fondiaria, insopprimibile nella stirpe dei conquistatori, anche nel contesto originmio di collettivismo agricolo. "La campagna con i suoi podeTi, cominciava alle porte cli Roma: il Gianicolo, la pianura del Vaticano, l'Esquilino, le rive dell' Aniene erano coperte da aziende familiari, nelle quali i figli coltivavano la te1n sotto l'autorità del capofamiglia. 11 numero degli schiavi era ancora limitato: la tenuta, di dimensioni modeste, bastava a se stessa. Non si comprava quasi niente; si mangiava carne soltanto molto raramente, nei giorni di festa, quando un sacrificio era stato offerto agli dei, ma ci si guardava bene dall'immolare buoi o vacche, animali troppo preziosi e riservati per le cerimonie ufficiali che i magistrati celebravano in nome dello Stato intero" 11• La struttura architettonica di quelle primordiali dimore agricole, eufemisticamente chiamate villae, si riduceva in sintesi ad un unico ambiente centrale, il tablinum. in cui viveva, mangiava e dormiva l'intero nucleo familiare del proprietario. Prospiciente ad esso una corte, non pavimentata ma cintata, alla quale si accedeva da un portale: al suo centro una vasca - forse sarebbe più esatto definirla un ampio abbeveratoio - riempita dalle acque piovane. Addossate ai muri di cinta si susseguivano alquante celle, destinate tanto all'alloggio della servitù che del bestiame. È questa semplicissima impostazione planimetrica che darà origine progressivamente alla villa urbana, a quella rustica, e quindi a quella splendida suburbana, pertinenza esclusiva del patriziato. Ad ogni buon conto quel rudimentale modello ecliliz.io sopravvisse lungamente, tanto da caratterizzare un preciso ciclo evolutivo socio- economico del mondo romano.

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Da P. GRJMAL, La civiltà ... , op. cit. p. E91.


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La d(f'esa delegala

La trasformazione del piccolo podere - ricevuto in concessione revocabile - in villa rustica scandisce il primo salto di qualità e quantità della azienda agricola romana. Stando all'attendibilissima testimonianza di Catone 12, nel periodo successivo alla vittoria su Annibale, intorno al II sec. a. C. , la consistenza base di una tale proprietà includeva una estensione media di circa 25 ettari - ma forse ìn realtà anche molto dì pìtt - con alcune decine di schiavi adibiti alla coltivazione, estremamente diversificata. Ciò ancora una volta in ossequio al concetto di sufficienza autarchica dell'azienda, in cui nulla doveva essere comprato 13, tranne il sale: si spiegherebbe così indirettamente l'importanza della via Salaria, destinata al suo approvvigionamento, e non ultimo del "salario". Siamo ormai di fronte ad un sistema produttivo di tipo imprenditoriale finalizzato a generare ricchezza, dettaglio questo sempre particolarmente apprezzato in Roma. Lo sfruttamento della mano d'opera servile iniziava così a farsi massiccio e sistematico , grazie agli apporti dei bottini dj guerra 14 • Ma permasero altresì alcuni arcaicismi gestionali eiettati eia assurdi conservatorismi. La coltivazione ad esempio non si specializzò nè si razionalizzò, cause per cui i lavoratori tesero ad eccedere le concrete esigenze 15 ; la diretta costruzione di attrezzi, di vestiario, cli opere murarie, ecc. , eiettata dalla necessità di evitare comunque sterili ozi, non consentì la qualifica delle maestranze, pregiudicando la quantità e la qualità dei prodotti; la carenza di infrastrutture, per tutte la rete viaria provinciale ed interpoderale, inceppò lo smercio remuneralivo delle derrate, frustrando i timidi incrementi produttivi. La villa rustica, prima di evolversi ìn suburbana, pitt consona agli stereotipi di ricchezza vigenti in età imperiale, subì progressive trasformazioni ed ingrandimenti iniziando a punteggiare non più soltanto le campagne adiacenti Roma, ma l'intera area europea, agevolata dal diffondersi del latifondo. Per grande sintesi va ricordato al riguardo che dopo le conquiste belliche, era prassi romana istallare in parte dei territori acquisiti coloni di provenienza militare. Delle restanti estensioni si procedeva ad una suddivisione, destinandone una quota allo Stato, quale sua proprietà pubblica ed inalienabile, ager publicus, e l'altra ponendola in vendita, o in affitto. Ma, in breve, si instaurò la deleteria prassi di tollerare l'occupazione dell' ager publicus ad opera del ceto signorile, che si trasformò così nel principale possessore teniero. Le tenute in tal modo accorpatesi, immense e coltivate da stuoli di schiavi, costituirono i

12 Marcus Porcius Cato, meglio noto come 'il censore' , nacque a Tuscolo nel 234 e morì nel 149. Servì sin dall'età di 17 anni nell'esercito, ascendendo da soldato semplice sotto Fabio Massimo, sino al grado di tribuno militare sollo Claudio Marcello in Sicilia. Nel 205 divenne quindi questore. Edile nel 199, pretore nel 198 con incarico di governatore in Sardegna, proconsole nel 195 con incarico in Spagna. Ebbe a seguito cli quest'ultimo mandato il'trionfo' _ Assunse ancora nel 184 la carica di censore, istigando la distrrn,ione di Cartagine. Tra le sue opere letterarie si distingue il Trattato sull'agricoltura, al quale facciamo riferimento. PLUTARCO - biografia CATOKE iJ Cfr. E. M. STAF:RMAN M. K. TROFJMOVA, la schiavitù nell'Italia imperiale, Perugia J 975, pp. 7 e sgg. 1' 1 E. Cice<.rrn, li tramomo della schiavitù nel mondo antico, Bari 1977, voi. I , p. L97, tenta una stima di tali immissioni: "Le gue1Te fortunate e le conquiste si risolvevano in una sorgente feconda di schiavi. Lasciando sLare i tempi più remoti, tra la sola fine de l sesto e il principio del settimo secolo cli Roma, stando alla Lradizione liviana, erano stati ridotti in schiavitù nel 544/210 diecimila prigionieri cli guerra, nel 546/208 quattromila, nel 552/202 milledugento, nel 554/200 trentacinquemila, nel 557/197 ci nquemila, nel 564/190 millequattrocento, nel 587/167 centocinquantamila. Il tempo successivo, che dischiuse a' Romani le porte dell'Oriente e vide le clamorose sconfitte d'incursioni barbariche e il consolidamento e l'ampliamento del do1.n inio romano in ogni verso, rese più feconda la messe di schiavi. Ed è alla fine del sesto secolo che la schiavitù prende uno sviluppo anche maggiore . 1.s "Dove le colture erano variate, era più facile adoperare successivamente gli schiavi in lavori d'ordine vario, adatti alle diverse stagioni, senza peraltro che si potesse mettere rimedio agli ozi forzati e talora assai lunghi voluLi dalle vicende atmosferiche e dal corso della vegetazione. Ma, dove, come poteva accadere ne' fondi più limitati o in paesi di clima e di costituzione meno propizia, la colt.ura era uniforme, s'imponeva la scelta tra un personale insufficiente o esuberan te, con lulli gl'inconvenienli dell'una cosa e dell ' altra e la necessaria dipendenza dalla mano d'opera mercenaria" . lvi, pp. 204-205.


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famosi latifondi, che per la loro insostenibile concorrenza distrussero, gradatamente ma inesorabilmente, la libera proprietà contadina 16 , arricchendo per contro in maniera inusitata la classe patrizia. Normale quindi che la villa rustica subisse conseguenziali adeguamenti formali e strutturali. Valga per tutte la descrizione di una di esse, alquanto celebre, presso Boscoreale, ad un paio di chilometri eia Pompei: "La villa si iscrive in un rettangolo di piì:t di 40 metri di lunghezza su 20 di larghezza; piì:t della metà di questa supeficie è consacrata alla preparazione ciel vino, un quarto circa a quella dell' olio e al mulino domestico e soltanto il resto è formato di stanze destinate al personale e di stanze di servizio. Gli appartamenti del proprietario si trovavano al piano superiore, che non è giunto fino a noi. Si penetrava nella casa da una larga porta che dava su un cortile anteriore e che permetteva l'accesso ai carri. Questo cortile era circondato, su tre lati, da un colonnato sormontato dalla facciata del piano superiore. Il po1tico serviva da corridoio di disimpegno e pem1etteva di circolare senza bagnarsi quando pioveva. Il bacino centrale tradizionale è sparito; al suo posto, la riserva d'acqua è costituita da cisterne: un serbatoio cli piombo sopraelevato, riempito a mano, pern1ettcva di distribuire l'acqua a mezzo di una canalizzazione. Le stanze di servizio sono raggruppate nella parte sinistra della casa: cucina, stanza da pranzo, bagno, mulino e forno annesso. La cucina era a focolare centrale, il fumo e il vapore acqueo uscivano attraverso un camino situato al cli sopra ciel focolare. In una piccola nicchia a fo1111a di tempio gli dei penati presiedevano alla preparazione dei pasti. Dettaglio bizzarro per noi, ma familiare a chiunque ha un pò di pratica dell'abitato rurale mediteffaneo, la stalla dava direttamente sulla cucina, cli modo che le bestie attraversavano questa stanza quando uscivano e quando entravano. Dalla paite opposta, sempre con accesso tramite la cucina, sì trovava la stanza per il riscaldamento ciel bagno. Il focolare serviva a più scopi: inviare una corrente cl' aria calda sotto le suspensurae del bagno cli vapore (caldariwn), ma anche riscaldare l'acqua che una tubatura faceva giungere alla tinozza del caldarium stesso. Una stanza tiepida (tepidariwn) e un vestiario (apodyterium) completavano questo complesso termale, molto modesto se lo si pm·agona al lusso delle abituali ville signo1ili. La parte più importante del pianterreno era... occupata dagli edifici agricoli. Di fronte ali' ingresso, su tutta la larghezza della corte, si trovava il frantoio. Il frantoio comprendeva due torchi... del tipo a «leva»: al cli sopra ciel tino, una lunga trave di legno, articolata ad una delle sue estremità, poteva essere abbassata e alzata col movimento impresso ai verricelli e trasmesso da una carrucola ... il mosto che usciva dal torchio era raccolto in vasche in muratura costruite nel suolo... Un ultimo gruppo di stanze serviva alla preparazione dell'olio. Vi si trovava un torchio abbastanza simile a quello del frantoio per il vino, e una specie di mulino destinato a schiacciare le olive prima di estrarne l'olio. Questo strumento (trapetum) era composto di due macine di forma semisferica, mobili all'interno cli un trogolo egualmente di pietra... Per terminare, ultima dipendenza della fattoria, a sud delle costruzioni, si u·ovava un ' aia per battere il grano. Ville analoghe, numerose in Campania e nelle regioni più ricche d'Italia, corrispondono a un tipo di tenuta media. Le loro sagome appaiono nelle pitture pompeiane: muro cieco della facciata dal lato del cortile, in cui si apre un largo portale, finestre con imposte di legno che danno luce agli appartamenti del primo piano, e spesso, in un angolo, una toITe che serve da piccionaia 17 • Esse contribuiscono alla formazione ciel paesaggio italiano a partire dalla fine della Repubblica " 18 .

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Schematizza APPIANO, il processo esposto affermando: "I ricchi avendo occupata gran parte cli questo agro pubblico indiviso, e, col tempo confidando che nessuno loro la toglierebbe, incorporavano i piccoli appezzamenti de' disagiati loro vicini, inducendo alcuni a venderli e da altri prendendoli con violenza, e così coltivavano vaste estensioni invece cli limitati lotti, adoperando coltivar.ori e pastori schiavi per non sentire, a causa della milizia, la mancanza de' lavoratori liberi e perché l'ucquisto degli schiavi dava loro molto guadagno mercè la prole, che si moltiplicava sicuramente, essendo essi sottratti a' pericoli della guerra. Laonde i potenti arricchivano strabocchevolmente, e la schiuvitù si dilatava per tutto il paese, mentre la popolazione italica, estenuata dalla povertà, da ' Lributi e dalle guerre, si assottigliava. E se unche cessuva cli patire di queste cose, languiva per l'inerzia essendo la terra in mano de' ricchi, e servendosi essi di schiavi invece che cli lavoratori liberi". Sulla nascita del latifondo e sul suo espandersi cfr. V.I. Kuziscin , La grande p roprie1à agraria nell 'flalia romana, Roma 1984, pp. 145-2 I 6. 7 ' In Columella si trova consigliato tra l'altro l'allevamento dei colombi per l'altissimo reddito conseguibile. Ciò spiegherebbe la presenza costante di torri piccionaie in tutte le ville rustiche, usanzu perseguita fino al secolo scorso in petfctta continuità. 1~ Da P. GRJMAL, La civiltà ... , op. cit. pp. 203-204.


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La (1{/esa delegata

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lOa 10a. Pompei: Villa dei Misteri . lOb. T. Annunziata (Oplonti): villa di Poppea.

L'incrementarsi dei latifondi, la conseguente scomparsa del libero contadino, e la massa di schiavi impiegata in quelle inusitate aziende agricole, basate sullo sfruttamento esasperato del lavoro forzato 1'>, introdussero nella società romana gravissimi fattori destabilizzanti. Da un lato infatti si accentuava il divario economico fra gli stessi cittadini, con i poveri sempre più poveri ed i ricchi sempre più ricchi , innescando insofferenze ed alimentando la delinquenza. DalJ'altro la docilità passiva degli schiavi, esasperata dalle inumane condizioni d'impiego, sfociava con preoccupante frequenza in sommosse e ribellioni, disperate quanto sanguinarie. E la paura iniziò a compenetrare quelle splendide dimore20. Il problema del controllo della numerosissima schiera di lavoranti che tali fattorie implicavano, im-

19 Una delle conseguenze del perverso sistema si riscontrava anche nella scarsa produttività, ad onta della violenza dei controlli. Ciò implicava che il basso livello produttivo fosse in qualche modo compensato dalla messa a cultura di sempre nuove terre vergini. Per contro si verificava l'abbandono delle te1Te meno feconde, assol.utamente passive se coltivate da schiavi. Ciò produceva da un lato una richiesta incessante d.i terre nuove dall'altro una crescita altrettanto incessante di terre abbandonate, con esasperazione del processo al culmine delle conquiste militari. 20 Già nel 4 19 a. C. si tramanda una prima cospirazione servile, ma fu con l'es tendersi dell'economia schiavistica che la ricorrenza assunse frequenze preoccupanti. Nel I 85 si ebbero ribellioni in Apulia, quindi in Etruria ccl ancora nel Lazio. Ma laddove la situazione attinse vertici esplosivi fu in Sicilia te1Ta di sfruttamento agricolo schiavistico per antonomasia. Una vera e propria guerra servile divampò per la prima volta tra il 132 - 130 a. C. , mettendo a dura prova l'apparato militare romano. Appena una trentina di anni dopo riesplose per la seconda volta, altrettanto aspra ed altrettanto improba da domare, lasciando peraltro dietro di sé uno strascico di latenza brigantesca mai più eliminato. Fu la volta quindi nel 73-72 a.C. della guerra di Spartaco, che riportò vittorie significative persi.no su eserciti consolari, devastando molti territori peninsulari in una epoca in cui le minacce della guerra parevano definitivamente tramontale.


Premesse romane

pose l'impiego cli man ipol i di sorveglianti, per lo più provenienti dai rangh i militari. Iniziò allora a istituzionalizzarsi la figura del vigilante privato, ovviamente armato, per compiti di sicurezza interna. Considerando inoltre che gli attrezzi agricoli correnti non differivano, per potenzialit~t vulnerative, di molto dalle contemporanee armi da gueffa, dobbiamo presumere che in ogni grossa tenuta, si acquartierasse un piccolo esercito, con un armamento individuale eccedente persino quello tardizionale d' ordinanza dei legionari. Sarebbe stata questa disposizione param ilitare la principale garante del!' obbedienza delle riottose masse servili21• Col tempo però i proprietari dovettero amaramente costatare che il lavoro così estorto non garantiva affatto profitti vantaggiosi, a fronte dei rischi crescenti, dei quali peraltro percepivano nettamente la costante esposizione. II sabotaggio delle colture, come lo storpiamento del bestiame, e finanche l'autolesionismo, rappresentavano la quotidianità del contesto esistenziale agrico lo. Si vagheggiò dementemente ]a paradossale figura di uno schiavo docile - dote connaturale abitualmente ai più incapaci e imbelli, quindi non pericolosi - ed al contempo competente e risoluto - dote invece propria dei pi ù intelligenti ed indocili, e quindi pericolosi - !22 . Nonostante ciò la villa rustica continuò a perpetuarsi, forse per incapacità cli escogitare valide alternative, con gli schiavi terrorizzati dal timore di efferate punizioni , ed i padroni terrorizzati, a loro volta, dall'incubo delle ricorrenti spietate vendette servili, indiscriminate ed imprevedibili. E se questo costituiva il contesto esistenziale interno di molte ville, all'esterno il quadro peggiorava incessantemente, ed irreversi bilmente, specie nelle regioni dell'estrema periferia dell'Impero, che lasciavano tragicamente presagire una incontrastabi.le diffusione delle vessazioni razziatorie . Bande di schiavi fuggiaschi, d i disertori, di endemici predoni si aggiravano fameliche e tracotanti già nelle campagne ad immediato ridosso delle cerchie urbane. Avvezze a razziare ed a uccidere anche per miseri bottini, accentuarono i loro misfatti in forza della acclarata impunità, garantitagli dall 'anarchia legale vigente, e dall'abbandono del controllo militare del territorio. Nessu na forza pubblica municipale ormai osava effettuare ronde notturne o perlustrazioni a vasto raggio nelle campagne, consegnando perciò le dimore extraurbane all'arbitrio elci fuorilegge , e al coraggio privato23. Non stupisce quindi che l'istaurars i d i siffatta precarietà violenta, unitamente alla perdurante sperequazione economica, agente eia amplificatore della proliferazione criminale, indusse i ceti abbienti pi ù facoltosi ad im primere un ennesimo salto evolutivo all'architettura delle ville rustiche.

21 Il timore traspare anche in alcune raccomandazioni di Varrone, R. R. IL allorché, in merito ai sorveglianti, sugge risce: " non bisogna conceder loro di condursi in modo da tenere in freno gli schiav i con la frnsta pi uuos to che con le parole se anche sia possibile riuscirvi in ugual modo. Nè si debbono tener molti schiavi della stessa nazione". 22 "Nell'economia agraria ... per un altro verso diveniva deleteria l' azione de' servi. Specialmente quando, come accadeva ne' fondi lontani, non erano sotto l'immediata vigilanza del padrone, si davano alla rap ina piul.l:osto che alla cultura ... Un mezzo per lo schiavo di procurarsi l'ozio era quello di danneggiare gli stru menti agricoli ... onde gli agronomi si vedevano costretti a consigliare al proprietario del fondo di ave re in doppio gli utensili necessari ... " da E. ClccoTl'I. li 1rumon10... , op. cit., voi. II, pp. 2 11-2 12. 23 P. A. BtWNT, Classi e con/7i11i sociali nella Roma repubblicana, Bari, I 976, pp. 171 - 172, traccia il contesto sociale imperante fin dal I sec. a. C.: "L'espropriazione forzata era diventata un ' abitudine e persino i ricchi proprietari potevano trovare i loro schiavi uccisi e le loro proprietà occupate da bande armate al soldo di qualche vicino. Nel 73 fu introdotta una nuova e più severa procedura per la qu ale gli attacchi alla proprietà privata venivano puni ti in maniera quattro volte superiore al danno causato e in questo stesso periodo furono deGisi probabilmente anche altri rimedi contro l'uso della fori.a e del terrorismo; ma è lecito dubitare della loro effettiva efficacia, in particolare nella salvaguardia dei poveri. La piccola proprietà contadina era ovviamente la più vulnerabile di fronte alla violenza praticata da vicini infl uenti con ampia disponibil itil di braccia servili... L.i vita stessa e la libertà degli uomini erano in pericolo. Durante il secolo successivo veniva citato come tratto peculiare dell'epoca di Cicerone il fatto che nessun signore a quel tempo si allontanava da Roma senza una scorta armata. Subito fuori della città le strade erano infestate da briganti che attaccavano i viaggiatori inermi e li vendevano schia vi, quando non si acconten tavano di derubarli e ucciderli. Molti di questi banditi probabilmente erano perso ne rovinate dalle guerre o provenienti dalle bande di Spartaco ... Il brigantaggio era più diffuso in mo ntagna: nelle zone adibite a pascolo, lungo i tratturi e nelle foreste".


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Innanzitutto le impiantarono eminentemente, per i suddetti motivi, ad una insignificante distanza dai grossi agglomerati urbani, unici a dispensare una certa sicurezza, da qui la designazione di villae suhurbanae. Da una accurata descrizione fattane della propria da Plinio il Giovane, siamo in grado di tratteggiarne, con le sue parole, le caratteristiche salienti: "Mi chiedi - scrive Plinio - perché la mia villa di Laurento mi piace tanto? Non ti meraviglierai più quando conoscerai l' amenità della casa, la comodità del luogo, l'estensione della spiaggia. A dieciassette miglia soltanto dall'Urbe, essa si trova un po' in disparte, ma in modo tale che una volta fatto tutto quello che c'è da fare, senza nient.e prendere sulla giornata, senza disorganizzarla, si può venire a passarci la notte... (La strada d'accesso) è sabbiosa in certi punti, un pò difficile per le vetture, ma rapida e dolce per andare a cavallo. Il paesaggio, dalle due parti, è vario: a tratti vi sono boschi che avanzano e restringono il cammino, spesso questo a sua volta si allarga liberamente fra prati; molte greggi di pecore, molti branchi di cavalli e di buoi, che cacciati dalla montagna dall'inverno ingrassano in questi pascoli al tepore primaverile. La casa è abbastanza grande per esser pratica, ma la sua manutenzione non è onerosa; entrando si trova immediatamente un atrium sobrio ma senza eccessiva semplicità, quindi un portico semi-circolare in forma dì D, che circonda un cortile piccolo ma molto bello. Questo po1tico è un meraviglioso rifugio contro il cattivo tempo, perché è protetto da vetri, e più efficacemente ancora dalla sporgenza dei tetti. Nel mezzo del portico si apre un salotto a cielo aperto molto gaio, seguito da una stanza da pranzo piuttosto graziosa che sporge sulla riva, e, quando il mare è agitato dal vento del sud, l'ultima frangia delle onde già stremate viene a bagnarla. In essa si aprono, da ogni parte, porte a due battenti o finestre larghe guanto porte, di modo che sui lati e nel mezzo, dà, per così dire, su tre bracci di mare; verso il dietro, ha una veduta sul salotto a cielo aperto, sul portico, sul piccolo cortile, di nuovo sul portico, poi sull' atrìum e finalmente sui boschi e da lungi sulle montagne" 24 •

La pittorica descrizione pliniana ci conferma come ancora per le villae suburbanae fosse possibile, senza eccessivi timori, impiegare schemi planimetrici aperti in funzione del panorama, tali comunque da consentire il godimento del paesaggio circostante. Nessun accorgimento strutturale sembra dettato da finalità difensive. Nessuna impostazione architettonica tradisce simili preoccupazioni. Nessun timore sacrifica quella idilliaca articolazione, per tanti aspetti avveniristica. Potrebbe però ricavarsi proprio dalla assoluta evasione dell'argomento, una certa affettazione snobistica dell'autore, contrastando le immagini delle precauzioni residenziali con quelle del patrizio impavido e dominatore, specie nei paraggi dell'Urbe. Tornando alla villa, va ricordato che la completavano diverse camere da letto, l'immancabile biblioteca - con prospetto a pianta arcuata onde raccogliere i raggi solari in qualsiasi ora del giorno - nonché persino una palestra per i domestici ed ovviamente un amenissimo parco, o giardino, per citarlo con la designazione dell'epoca. Un'ulteriore tendenza iniziava a farsi strada, tra i proprietari delle ville rustiche, incentrata nello sfruttamento delle risorse naturali incluse nel fondo. Sorsero così stabilimenti per la produzione di laterizi, piccole officine siderurgiche, laboratori ceramici, cave di sabbia, e persino impianti minerari. Lo stimolo ad intensificare la commercializzazione dei manufatti fu tale da indun-e persino gli aristocratici senatori a farsi carico di piccole flotte25 . Ma il diffondersi della mentalità imprenditoriale - industriale, non può imputarsi semplicisticamente ed esclusivamente alla bramosia di denaro, indubbiamente, caratteriale dei romani. Sembrerebbe semmai accreditare un emergere di esigenze produttive svincolate dalle incertezze della coltivazione, e dai suoi insoddisfacenti profitti. In altri termini rappresenterebbe la spia di un ulteriore scadimento del reo-

24 25

Da P. GRIMAL, la civiltà... , op. cit. pp. 2 I 2-2 I 3.. Cfr. E. Ciccorr1, Il tramonto... , op. cit. , p. 205.


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dimento agrario, comunque già discutibile, delle ville rustiche, premessa sintomatica di una progressiva contrazione, confermata ampiamente nei secoli successivi 26• II contesto, infatti, di sfarzo e di apparente tranquillità esistenziale descritto da Plinio, nonché lanatura stessa d.i quel tipo di ville non riuscì, per quanto possiamo desumere attualmente, a superare la fine del II sec .. Analogo destino sembra peraltro coinvolgere anche tutte le altre, non rigorosamente produttive e remunerative, e quindi non in grado di sostenere le indispensabili trasformazioni strutturali ed architettoniche, imposte dagli stravolti contesti socio-economici. La prosperità dell'Impero Romano era in ultima analisi frutto della sua continua espansione e delle sue incessanti conquiste militari, non individuandosi in esso una congrua produttività industriale. L'economia insisteva sui bottini e sulle appropriazioni belliche, possibili ovviamente finché fosse esistito un nemico, da spogliare e eia asservire, ma destinata ad esaurirsi contestualmente a quello. Come se non bastasse le ricchezze così acquisite tradizionalmente furono quasi sempre trasformate in vaste tenute agricole, sottraendole in pratica alla circolazione commerciale. Infatti pur riscontrandosi sul territorio imperiale, grazie al rilevante numero dei suoi abitanti, una indubbia potenzialità mercantile, l'accumularsi della ricchezza in pochissime mani frustrava qualsiasi sviluppo globale, vietando ogni decollo produttivo. Giustamente quindi la struttura dell'economia dell'impero si connotava come "inflazionistica"27 : " La condizione primaria della sua esistenza e della sua sopravvivenza era la continua espansione e I.a conquista di nuovi mercati, sui quali si potesse operare in regime di monopolio - parecchie guerre della prima età imperiale hanno come spiegazione, nonostante i dubbi di moderni studiosi, l'imperialismo economico cui Roma era costretta - e l'apporto di forze esogene, come nuovi capitali e nuove forze produttive a basso costo (schiavi). Quando l'impero romano fucostretto ad arrestarsi sulla via dell'espansione militare, si bloccò anche la sua economia; ed essa iniziò la fase recessiva. Già nella metà del secondo secolo appaiono evidenti i segni di una stagnazione economica"28. Disgraziatamente però se la stagnazione mercantile, per deleteria che fosse, poteva pur configurarsi come una fase se non conveniente per lo meno sopportabile, quella parallela militare non si prospettava affatto come tale. Il fenomeno economico innanzi descritto, che potrebbe riguardarsi, fino al momento di arresto delle conquiste belliche, come centripeto - affluendo dalla periferia a Roma i pingui bottini si trasformò da allora in poi in centrifugo. Le innumerevoli legioni stanziate lungo gli sterminati confini, non inviavano alla Capitale alcun

26 Cfr. P. A. BRUNT, Conflitti e classi ... , op. cit., p. 43. In realtà il latifondo si dimostrò realmente produttivo soltanto i.n alcune ben precise aree geografiche. "Le regioni con maggiori prospellive. quelle in cui il latifondo si formò prima che nelle altre, furono quelle più fertili o quelle più adatte all'allevamento, guaii l' Apulia, la Lucania e la Calabria. La fertilità dei terreni copriva infatti in certa misura i difetti dell' organizzazione economica latifondistica, mentre l'allevamento richiedeva investimenti di capitali poco consistenti, un numero limitato di schiavi e apportava un reddito non elevato ma sicuro",da V. .I. Kuzrzc1N, La i rande proprietà ... , op. cit., p. I 17. Si tratta in definitiva delle regioni dove o cn.i possibile la monocultura cerealicola, come la Puglia, o l'allevamento come la Calabria: in quanto tali le ritroveremo anche nelle epoche succesive quali produttrici di risorse alimentari. 27 Puntualizza in merito M. MAZZA, I.otre sociali e restaurazione autoritaria nel III secolo d. C. , Roma 1973, p. 156: .;in Columella comincia già a profilarsi l'antagonismo tra lavoro servile e lavoro libero... Questo contrasto, e la conseguente villoria del secondo, era in realtà implicito nella :'itruttura dell'azienda agraria capitalistica romana, quale è disegnata da Columella. Essa era estremamente costosa e rich.icdev,1 un'enorme macchina amministrativa, sostanzialmente antieconomica. Essa comportava l'acquisto ed il mantenimento di tutto un personale improduttivo, incaricato della sorveglianza della manodopera; e non si sottraeva a quella che è una difficoltà ineliminabile dell'economia agraria antica, che non conosceva l'economizza1.ione del lavoro attraverso le macchine: la sproporzione cioè tra le forze di lavoro necessarie durante il periodo della semina, ed ancor più durante quello del raccolto, e le forze di lavoro necessarie durante tutti i mesi dell' anno ... Era questo un fattore costante di crisi nell'economia agricola imperiale, che... non poteva risolversi che... con il progressivo declino dell'azienda agricola di tipo capitalistico, fondata sullo sfruttamento del lavoro servile". 28 Ibidem, p. 156.


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provento, e per contro ingoiavano immensi capitali. La loro radicalizzazione su studiate linee difensive, ormai indispensabili per la sopravvivenza fisica del!' impero, esasperò al parossismo quel tremendo gravame finanziario, finendo per salassare mortalmente l'intera approssimata economia imperiale. La loro rimozione, od anche la semplice riduzione, per contro avrebbe significato senza ombra di dubbio la penetrazione inarrestabile delle orde barbare con la devastazione di vaste regioni e numerose città29. Una incerta e discontinua produzione dovette obbligatoriamente farsi carico di una ancora più incerta ed onerosissima difesa militare, dalla cui sufficienza in ultima analisi dipendeva. È pertanto evidente la paradossalità drammatica del problema, e la totale mancanza dì soluzioni alternative concrete, restando praticabili soltanto espedienti dilazionatori della inevadibile catastrofe. Ci sembra a questo punto indispensabile, prima di tornare ad esaminare le trasformazioni subite dalle ville rustiche, in concomitanza con ii menzionato sfaÌdamento istituzionale, tracciare una breve sintesi ciel quadro militare instauratosi in quel travagliatiss:imo III secolo, nonché deUa sua ricostituzione in funzione dell'ultima logica strategica, ovviamente difensiva, romana.

La concezione difensiva elaborata nel III secolo Lo stravolgimento determinato dalla paurosa crisi economica del Hl secolo, oltre ad innescare un ulteriore scadimento clell' ordine interno, con incontenibili faziosità fra le sue molteplici componenti sociali, si ripercosse anche sul delicatissimo dispositivo militare schierato alle frontiere. Il risultato palese di tale suicida debilitazione lo si coglie nei reiterati sfondamenti di quelle vitali linee difensive ad opera di contingenti barbari. E ciò che maggiormente preoccupava gli alti comandi era il costatare il progressivo evolversi delle dinamiche di attacco ed organizzative di quei rozzi nemìci, foriero cli temibilissimi sviluppi30. Fino ad allora la concezione strategica difensiva imperiale contemplava la salvaguardia integrale dell'intero tenitorio. Le forze armate disponibili infatti apparivano perfettamente in grado di opporsi e dj neutralizzare la miriade di incursioni disordinate ed improvvisate, che si abbattevano con notevole frequenza lungo la estesissima frontiera orientale dell'impero. Lo schieramento continuo garantiva l'inviolabilità quasi assoluta. Per meglio visualizzare l'immane compito sopportato dall'apparato militare romano verso la fine del III secolo, sotto Diocleziano, basti pensare che soltanto quella frontiera correva lungo le rive del Reno lller - Danubio, con una estensione di alcune migliaia di chilometri. Ed era vistosamente più raccolta e scientifica della precedente, ovvero il risultato - nella sua dinamica emblematico - di un anetramento su linee ritenute naturalmente più forti e quindi più facilmente difendibili. Le terre infatti poste ad oriente di quei fiumi, e gli stessi schieramenti fortificati preesistenti erano stati evacuati e smantellati, la-

29 L'immenso incremento delle spese militari, e la contrapposta assoluta scQmparsa degli imroiti, nasceva dalla situazione di stabilizzazione delle· frontiere e dalla necessità di pensare la difesa con nuove logiche ostative, contemplanti un maggior ricorso al tecnicismo. "Le fortificazioni e le macchine da guerra romane erano cak;olate per masse di nemici cui avrehbero potuto opporre un sufficiente potenziale proibitivo o distruttivo, ma di fronte a nuovi nemici, forse più che mai digiuni di tecnica militare, ma in numero tale eia poter rischiare perdite massicce per travolgere fortificazioni apparentemente imprendibili, i reparti romani si trovavano disorientati e spaventati, e quindi pretendevano maggiori crediti per poter avere armi e difese più efficienti, pretendevano migliori comandanti e am.ilutto esigevano che i loro problemi avessero la precedenza su quelli dell'amministrazione e della popolazione civile, in quanto chi viveva alle frontiere era più in grado di valutare i pericoli realmente esistenti di quanto non li capisse chi viveva al centro",da IVI. A. LEV I, L'impero romano, Verona 1967, vol. lll, p. 877. :;o Per una sintel.i.ca ricostruzione della minaccia cfr. B. CUNLJffE, Roma e il suo impero, Bologna 1981 , pp. 268 e sgg.


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11. Dislocazione delle legioni romane nel 11 secolo.

sciando facilmente presagire un imminente travolgimento. Eppure gli organici complessivi ci risultano fortemente ampliati e per giunta potenziate le dotazioni con strutture fisse poderose e con armi micidiali31, concettualmente e tecnicamente cli gran lunga superiori di quelle degli aggressori. Non è possibile recepire compiutamente l'immane potenzialità militare raggiunta in quell'arco drammatico della storia occidentale, senza confrontarlo con la distribuzione agli inizi del medesimo .secolo delle legioni, ossatura portante dell'intero esercito32 • Dalle fonti coeve così .si attestava: "La TI Trainaea si trovava ancora in Egitto; la X Frentensis e la Vl Ferrata in Palestina; la III Cyrenaica in Arabia; l'antica III Gallica nella nuova provincia siriaca della Fenice; La IV Scythica e la XVJ Flavia firma nella Siria vera e propria; le nuove legioni .severiane (la I e la III Parthica e forse anche la IV Italica) lungo il nuovo confine creato dai Severi in Mesopotamia; e infine la XV Apollinaris e la Xll

"Afferma C. MONTU',Storia dell'Artiglieria !talia11a, Roma 1934, voi. I p. 59: "'Si delinea una situazione opposta a quella di alcuni secoli prima, allorché le macchine costituivano solamente un elemento ausiliario. Ora invece siamo <lrrivali all' abuso delJc macchine stesse. Con la degenerazione dell'esercito cd il corrompersi dell'Impero, le legioni non osavano quasi più distendersi in ordine dì battaglia contro il nemico gagliardo e aggressivo; esse tendevano invece a raggrupparsi nel piL1 piccolo spazio possibile per offrire minor superficie di presa all'avversario, e s i trinceravano dietro ostacoli di ogni s01ta, e sopratutto dietro le artiglierie, a cui lasciavano il compito d'impedire o rallentare l'avanzata del nemico. Si può anzi enunciare con perfetta sicurezza questa fondamentale verità: che le artiglierie contribuirono potenlememe a ritardare la travolgente avanzala della marca barbarica". Al di là della retorica è evidente se mai che da parte romana si cercava di utilizzare al meglio la superioritù tecnologica goduta, e proprio questa indiscussa preminenza giustificava la costruzione di fortificazioni e macchine ncurobalistiche . Nessun esercito, anche contemporaneo ha mai rinunciato ai propri superiori arrnarnenti, che consentono di evitare il corpo a corpo, per velleitarie riproposizioni anacronistiche. 32 Circa la strullura e l'evoluzione della legione romana, cfr. A. J. TOYNBF.F., L'eredità di Annibale, Torino l 981, pp. 645661.


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Fulminata in Cappadocia. Sul fronte danubiano, la T ftalica e la XI Claudia erano dislocate sulla Mesa inferiore; la IV Flavia e la VTI Claudia nella Mesia superiore; la V Macedonica e la XIII Gemina in Dacia; la T e II Adiutrix nella Pannonia inferiore; la X e la XIV Gemina nella Pannonia superiore, mentre le due legioni create da Marco Aurelio difendevano il resto del limes danubiano, la TI ftalica nel Norico e la III Italica nella Rezia. La 1 Minervia e la XXXX Ulpia erano di stanza nella Germania superiore; la VIIT Augusta e la XXII Primigenia nella Germania inferiore. In Britannia, ora divisa in due province, la Il Augusta si trovava nella Britannia superior, la XX Valeria Victrix e la VI Victrix nella Britannia ù~fèrior; la VII Gemina era ancora in Spagna, e la 111 Augusta rimaneva l'unica legione dell'Africa settentrionale, in Numidia. " 33 In totale perciò si può affermare che il complesso legionario contasse circa trentatré - trentaquattro unità. Ebbene, nonostante le decimazioni inflitte dai ripetuti disastri bellici dei successivi decenni, verso la fine dello stesso secolo Diocleziano riuscì ad arruolare almeno altre trentacinque nuove legioni, che sommate alle precedenti fanno ascendere il totale vicino alle settanta, cifra inimmaginabile anche per la stessa Roma dei secoli aurei. Le motivazioni dell'onerosissimo raddoppio di organico forniscono la r.iprova che la pressione alle frontiere appariva ormai esuberante le tradizionali forze esistenti. Soltanto con un immenso sforzo ed una inedita strategia difensiva si poteva sperare cli arginarla e contrastarla con esiti sostenibili. Come innanzi accennato, la originaria impostazione ostativa romana di rigido sbarramento, ovvero di cintura continua mirante a difendere qualunque punto della frontiera orientale da qualsiasi minaccia, non risultava ormai nè praticabile nè tantomeno credibile per nessuno. Una serie cli concause, che sarebbe comunque lungo anche riass umere - e non certo la semplicistica degradazione dello spirito combattivo legionario - si intravede alla base della debilitazione. Cattiva conduzione militare, pessima gestione delle risorse economiche dell'impero, miope politica amministrativa, e. non ultimo, un acquisito spirito coesivo scoperto dagli anarchici clan barbari, fautore di enonni aggregazi.oni, sbalzano qual.i componenti primarie del fenome no. La risultante unica fu appunto l'impossibilità cli continuare ad ipotizzare sufficiente lo schieramento difensivo sin lì adottato, dimostratosi persino tatticamente inefficace. Infatti restando a discrezione nemica la scelta del luogo e del momento d'attacco, nonché la valutazione dell'entità delle forze da concentrarvi, non presentava per i barbari grande difficoltà coITelare quei pm·ametri in modo da ottenere sempre superiorità locali schiaccianti , e qundi incontenibili. Difendere omogeneamente una lunga linea significa diluire i propri organici risultando, paradossalmente, con un immenso esercito, ovunque inferiori ad un modesto attaccante. Il passaggio quindi ad una nuova visione strategica si impose in maniera indilazionabile ed urgentissima, e !'apparentemente assurda ritrosia con cui si elaborò ed attuò, si può interpretare soltanto ricordando i gravissimi risvolti civili del problema. La difesa continua infatti, qualora in grado di assolvere al suo ruolo - e nel caso cli Roma lo fu per alcuni secoli - garantiva, agli insediamenti periferici dell'impero, condizioni di sicurezza assolutamente equivalenti a quelle riscontrabili al centro. Per un'azienda agricola, lambita dal Danubio, vivere e coltivare i campi non contemplava ritmi e procedure, nè sottintendeva preoccupazioni divergenti - eccezion fatta per il clima - da una equivalente in riva al Tevere. La villa romana edificata in quelle aeree si conferma sostanzialmente analoga, e strutturalmente ed architettonicamente, alle sue coeve mediterranee. Stabilità militare quindi dispensatrice, dietro una sorta di sterminata e impenetrabile diga - lungamente almeno reputata tale - di certezza insediati va e sicurezza sociale. Per contro la visione strategica in corso di applicazione, definita di tipo elastico, e quindi di profondità, pur garantendo meglio l'intero irnpero, non offri va affatto le stesse garanzie ai residenti menzionati. Nei suoi concetti informatori si contemplava, purtroppo, a priori la possibilità di estesa penetrazione

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Da E. N.

L liTTWAK,

La grande strategia dell'impero romano, Milano I981, p. 23 l.


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La dUèsa delega,a

nemica al di quà dei confini, con tutto il corollario di saccheggi , devastazioni e stragi, limitate quanto si voglia ma dolorosamente inevitabili. Solo in un secondo momento, dopo che fosse stata perfettamente individuata la direttrice d'attacco, valutata con attendibilità l'entità avversaria, allertata la forza di reaz ione proporzionata alla minaccia e falla confluire in zona d'operazione, sarebbe partito il contrattacco risolutore e liberatore. La procedura illustrata, ricchissima di esemplificazioni e cli variazioni tematiche fino ai giorni nostri 34 , consentiva ai difensori cli ribaltare i vantaggi goduti per definizione dagli attaccanti. Sarebbero stati così i primi ad intervenire a tempo, luogo, e forze, discrezionalmente valutate e scelte, con ovvie maggiorazioni cl'organici in modo da cogliere rapidi successi sull' aggressore, deficitario a questo punto nei loro confronti di uomini, cli appoggi logistici e tattici, e della conoscenza ciel terreno. Per meglio valutare questa impostazione strategica, ci sembra interessante riproporla con le parole di uno dei maggiori specialisti del settore, E. Luttwak: "La... "difesa elastica",prevede, l'abbandono completo del perimetro di confine, con tutte le sue fortificazioni e relative infrastrutture: in questo caso, infatti, la difesa si basa esclusivamente sulla mobilità delle truppe, che dovrebbe essere pari almeno a quella dell'offensiva nemica. I due avversari combattono così ad am1i pari: la difesa può contare su un concentramento di forze pari a quello dei nemici, non dovendo assegnare delle unità come guarnigione di posizione fissa nè impiegare dei distaccamenti cli soldati per proteggere il territorio restante; d'altro lato, la difesa si vede costretta in questo modo a sacrificare tutti i vantaggi tattici normalmente legati al suo ruolo (tranne la conoscenza ciel terreno),poiché nessuno dei due avversari può scegliere il luogo del combattimento, e tanto meno può prepararlo costruendoci indistuJbatamente delle opere di fortificazione. Il secondo metodo operativo possibile è rappresentato dalla "difesa in profondità",basata sulla combinazione cli roccheforti autonome e reparti mobili di soldati dislocati davanti e dietro cli esse. In base a questo sistema difensivo (che presenta molteplici variazioni sia antiche che moderne),le operazioni belliche non presentano più un equilibrio simmetrico fra forze strutturalmente simili. L'offensiva nemica, infatti è l'unica a poter sfruttare il vantaggio cli una piena libertà di concentramento, mentre la difesa può contare sul reciproco sostegno delle roccheforti indipendenti e delle truppe mobili schierate sul campo di battaglia. Se le roccheforti sono abbastanza salde da reggere gli attacchi senza bisogno dell'appoggio diretto delle unità mobili, se queste ultime, a loro volta, riescono a resistere o a sottrarsi agli attacchi concentrati del nemico sul campo cli battaglia senza dover cercare rif ugio nelle roccheforti e se, infine, gli assalitori sono costretti ad espugnare tali roccheforti per riuscire a prevalere, allora esist<mo le premesse per applicare con successo il metodo della difesa "in profondità'. Prima o poi, infatti, l'offensiva nemica si troverà ad affrontare la superiorità militare della difesa, basata sull'azione combinata delle unità fisse e cli quelle mobili. Si tratta, dunque di due chiare strategie alternative da applicare in risposta al pericolo di penetrazioni strategiche, ormai impossibili eia contenere con semplici difese di confine. Nessuna delle due possibilità garantisce la sicurezza "cli sbarramento" di una spessa linea difensiva, tuttavia sono entrambi molto più resistenti. A livello tattico, i due metodi comportano schemi cli spiegamento e cli operazioni molto diversi, ma a livello strategico le differenze qualitative sono molto meno significative rispetto aUa scala della loro applicazione; entrambi possono essere impiegati su base regionale in tutto il ten-itorio eia difendere , oppure a livello puramente locale. All'aumentare della scala di applicazione del sistema, tuttavia è necessaria anche una maggiore profondità ciel ten-itorio passibile di divenire campo di battaglia, e questo comporta naturalmente dei forti costi per la società"35 • Era appunto quest'ultima, implicita, controindicazione dei du e s istemi, concettualmente interdipendenti, che li rendeva abon-iti. E se sotto il profilo difensivo si riproponevano per inevitabili

3' Uno degli esempi magg.iori di simile concezione fu applicato lungo il mitico Vallo Atlantico, in previsione dello sbarco alleato. Sull'episodio cfr. P. Russo, Festung Europa, 6 giugnu 1944, Roma 1994, premessa. 35 Da E. N. LtnTWAK, La grande... , op. cit., pp. 176-177.


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quanto geniali, sotto quello del viver civile esternavano, senza alcuna illusione, i terribili limiti e le atroci conseguenze. Tutti i territori di confine, infatti, per diverse decine di chilometri all'interno, perdevano ogni protezione attiva, finendo esposti a qualunque iniziativa nemica, trasformandosi per giunta in campi cli battaglia al momento dell'atteso contrattacco. Tutto il patrimonio residenziale, tutte le aziende agricole e di allevamento, tutti i depositi alimentari, tutte le opere infrastrutturali, per non parlare delle vite stesse degli abitanti, si ritrovarono abbandonati dall'apparato difensivo statale ed all'arbitrio di qualsiasi banda di razziatori, per infima che fosse stata. Nonostante ciò fu giocoforza applicare quelle concezioni, trascurando i comprensibilissimi lamen ti. Si optò in definitiva per una progressiva configurazione difensiva mirante a quella di profondità, cercando di sfruttare al meglio in tale nuova ottica ogni fortificazione gii:t esistente, trasformandole in caposaidi autonomi e notevolmente più solidi, proprio in considerazione dell 'incapacità dei barbari ad averne ragione, con articolati investimenti ossidionali, esulanti radicalmente dalle loro procedure belliche36. Si pose inoltre una minuziosa oculatezza nella attuazione di un immenso reticolo fortificato, mirante al conseguimento di una sorta di arcipelago inviolabile, tale eia sopportare le ondate nemiche di laganti, senza dissolversi. In quelle teoriche isolette murate, nell'infuriare delle alluvioni invasive, avrebbero potuto sopravvivere tanto gli uomini che le risorse, nonché le forze di presidio zonale, con le loro riserve annonarie, in attesa dell 'esercito campale. 1 centri abitati, ormai vistosamente contrattisi, le fattorie, di qualsiasi entità, i granai, i depositi ed i magazzini militari 37 e persino le sorgenti ed i pozzi3 8 , finirono inglobati nella pletora delle rielaborate opere difensive. Alle strade, asse di penetrazione per antonomasia, fu riservata la sorte della frammentazione e della compartimentazione, mediante interposizione di studiati blocchi turriti di sbarramento, soluzione analoga a quella escogitata per i ponti. Aci ogni abitante il nuovo dispositivo delegava, implicitamente ma senza ombra di dubbio, l'onere della difesa di quanto di sua proprietà e pertinenza, almeno fino all'arrivo della forza regolare. Quanto non cintato continuava ad esistere con un'alea di altissimo rischio, e quindi di bassissimo valore commerciale. Sempre che l'iniziativa privata non sopperisse direttamente, provvedendo a sue spese agli onerosissimi lavori di fortificazione. Soluzione questa che trovò indubbiamente molti sosteni-

3 c, Questa precisazione, apparentemente marginale, è invece basilare ai fin i della nostra ricerca. Infatti un sistema difensivo basato sulla fortificazione, che funge in definitiva da moltiplicatore di forze ha probabillità di successo soltanto se tecnologicamente superiore alle potenzialità investitrici avversarie, o se impostato su di un numero immenso di caposaldi che frammentano necessariamente le unità nemiche. Qualora poi entrambi i presupposti si ritrovino abbinati come nel caso in esame - cd in quelli successivi - la sua aflìdabilità risulta massima. Va aggiunto che la superiorità menzionata non implica necessariamente una maggiore o più evoluta conoscenza scientifica o militare, ma anche la disponibilità o meno di determinate attrezzature, come nel caso cli assalti condotti eia predoni o da briganti o eia pirati, tutti aggressori, che a prescindere dal loro livello culturale, non potevano impiegare allrezzaturc specifiche per in vestimenti ossidionali. 37 La presenza di grossi depositi militari ricchi di generi alimentari e commerciali, cli gran lunga eccedenti le tradizionali giacenze strategiche, nasceva dalla condizione di sfascio economico dell'impero. Ne precisa le cause M. GRA:--JT, S1oria di Roma antica, Perugia I98 I, p. 473: "Nei secoli precedenti, armi. divise e razioni alirnemari erano state fornite ai soldati deducendole dalla paga, ma quando il sistema di pagamento in natura divenne sempre più frequente le deduzioni non vennero più fatte ... e verso la metà del terzo sccole le requisizioni for1.ate in favore dell'esercito, senza alcuna ricompensa, erano divenute comune, o addirittura normali ... Sembra strano a prima vista che un impero così vasto non riuscisse a mantenere un esercito di un quarto o di rne7.7.o milione d'uomini senza ricorrere ai provvedimenti che ricordavano l'economia preistorica... la tensione cui era sottoposta la popolazione civile, almeno fuori della capitale, era terribilc... " 38 La necessità di fortificare i pozzi e le sorgenti, espediente che troverà innumerevoli riedizioni, non nasceva unicamente dalla volontà di proibire l'approvvigionamento idrico, quanto soprattutto dalla necessit~1 di evitare l'avvelenamento di quelli, procedura alquanto usuale nel contesto della distruzione arnbientale praticata in fase di ritirata. Un esempio, sia pure posteriore di tale pratica, ma significativo per la sua ampiezza avvenne nel contesto della guerra otrantina del 1480-81, allorché i turchi avvelenarono tutte le polle d' acqua per un raggio di 5 miglia intorno alla misera città da loro conquistata e presidiata, onde impedire il soggiorno dell'esercito aragonese impegnato nella sua liberazione.


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14. Faicchio (Bn). Antico pozzo con chiusura di sicurezza, della metà del XV secolo.

tori tra i possidenti, per nulla disposti a perdere il frutto delle loro fatiche - se non la vita stessa - e che determinò una fioritura di tipologie architettoniche difensive di derivazione militare, ma semplificate al massimo. Si sperava ad opera compiuta, e gli eventi lo confermarono abbondantemente per quasi due secoli, che i razziatori pur trovandosi liberi di scorrere le ambite regioni imperiali, non potendosi in alcun modo approvviggionare sulle stesse, nè impiantarvisi in maniera stabile, vedessero svanire di giorno in giorno il miraggio di conquista, ed al contempo crescere la paura ciel contrattacco. Questo poi in realtà, cogliendoli alquanto dispersi e provati dalla penuria di cibo, li schiacciava letteralmente contro le mura delle fortificazioni, rivelatesi effettivamente inviolabili. Ovvio quindi che proprio le famose ville rustiche, in quanto detentrici di notevoli risorse alimentm·i ed umane, fossero tra i primi manufatti a subire quella dolorosa trasformazione. Ed il drammatico contesto non incombeva ornrni sulle sole aree di confine. Un secondo ordine di minacce, infatti, andava in quegli stessi decenni acquisendo nuove temibili potenzialità devastatrici : quelle scaturenti dalla ricomparsa della pirateria. Analogamente alla pressione sulle frontiere terrestri, levitata in maniera esponenziale, e priva di congrue risorse difensive, anche lungo l'interminabile perimetro marittimo, interno ed esterno dell'impero, si registrava una equivalente temibilissima crescente spinta invasiva. Le aree costiere vennero pertanto ad assumere tutti i connotati di insicurezza e di precarietà esistenziale propri dei territori a ridosso dei limes, con difficoltà protettive ancora maggiori ed aleatorie. A giusta ragione iniziarono a configurarsi almeno dal punto cli vista militare come "frontiera marittima". La tragica equiparazione, che si manterrà inalterata per i successivi 15 secoli, agì da ulteriore stimolo per il proliferare della attività piratesca organizzata. Limitata inizialmente alla sola "sponda sassone" della Britanni a e della Gallia nord occidentale, subì una rapida diffusione e proliferezione anche all'interno del Mediterraneo, per la scomparsa delle squadre navali imperiali, falcidiate dagli insostenibili costi. Tramontò così la meravigliosa sicurezza, di cui


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15. Roma. Trailo delle mura aureliane. 16. Roma. Mura aureliane, porta S. Sebastiano.


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tante incantevoli ville costiere avevano fino ad allora goduto 39. Intorno al 267 ad esempio fu la stessa Atene a subire una pesante incursione di predoni da mare, nonostante la disperata difesa tentata eia circa 2. 000 suoi cittaclini'io. L'episodio confermava, se mai ve ne fosse bisogno, che persino le grandi città, e non solo quelle di confine, risultavano pateticamente vulnerabili alle grosse incursioni da mare: la mitica Urbe apparve allora miseramente esposta. Pochi anni dopo, appena quattro per l'esattezza, la crescente paura e la dilagante insicurezza, indussero l'imperatore Aureliano ad intraprendere la costruzione, intorno alla stessa Roma delle poderose omonime mure. Tradotte in dati metrici essenziali, costavano di una massiccia cortina, in media di 3-4 metri di spessore, guarnita da ben 380 torri, snodantesi per circa 19 km.'11 • Niente del genere era mai stato realizzalo dai romani che, peraltro, non ne avevano avvertilo fino ad allora la mancanza, risalendo l'ultimo assedio alla città a quasi sei secoli prima. Giustamente per dirla con le parole del Gihbon: "L'estensione delle nuove mura erette da Aureliano e terminate sotto il regno di Probo (275) era ingrandita dall'opinione popolare a quasi cinquanta miglia; ma accurate misure la ridussero a circa ventuno. Fu questo un grande ma triste lavoro, giacché le fortificazioni della capitale svelavano la decadenza della monarchi.a. I Romani dei secoli più felici, che avevano affidato alle anni delle legioni la sicurezza delle frontiere, erano ben lontani dall'immaginare che sarebbe stato necessario fortificare la sede dell'impero contro le invasioni dei barbari"42 . Il quadro di profonda debilitazione militare, sinteticamente descritto produsse logicamente effetti sconvolgenti sull'agricoltura e su tutto quanto ad essa inerente. Nemmeno all'interno della Penisola erano ormai concepibili le ampie tenute aperte dei secoli passali. Il dislocamento della quasi totalità dell'esercito lungo i confini, lasciava praticamente incontrollato il territorio, in balia cli grosse formazioni di predoni e di briganti che si aggiravano continuamente per le campagne assolutamente indisturbate. L' architettura rurale italiana prese così ad adottare strutture ed espedienti protettivi, ampiamente e positivamente sperimentati nelle regioni orientali dell'impero, innanzi accennate. Comparvero in definitiva anche nelle nostre contrade le ville fortificate: "la vita agricola non si presentava spontaneamente concentrata, bensì diffusa a largo raggio. È naturale che, in questo caso, il problema delle difese non poteva essere risolto in modo economico. L'imperatore poteva anche fare costruire un muro che racchiudesse un possedimento di 220 chilometri quadrati , ma un contadino qualsiasi non poteva sperare di circondare di mura i propri campi, e anche se l'avesse fatto, non sarebbe stato capace di difenderli. I proprietari privati erano invece in una posizione intermedia. Se abbastanza ricchi, potevano permettersi di costruire delle ton-i cli controllo per non esser colti d.i sprovvista da un attacco e di fortificare fattorie e granai; se poi avevano anche abbastanza braccianti potevano perfino organizzare una specie di esercito privato ...

39 La pirateria costituiva una presenza endemica nel Medite1rnneo, tanto che lo stesso Giulio Cesare ne rimase vittima sull'episodio cfr. P. GROSSE, Storia della pirateria, Firenze 1962, pp. 15- 19 - ,ma la potenza navale romana riuscì per molti secoli a costringerla ad una insignificante attività. La sua ricomparsa fu logicamente parallela al declino della marina imperiale, ricomparendo prima sulle coste britanniche e normanne e quindi all'irllerno stesso del Mediterraneo, sempre piLL in grande stile, tant' è che il nord-Africa, la Sicilia e la Sardegna intorno al 400 ne divennero i bersagli per antonomasia. 40 "Dal 253 al 269 circa, i Goti e gli Eruli saccheggiarono dapprima le coste del Mar Nero e in seguito quelle del Mar Egeo, in un continuo crescendo cli spedi7.ioni di pirateria che vedevano spesso le loro navi penetrare anche nel profondo entroterra. Durante queste incursioni, le terre produttive vennero devastate, e molte importanti città furono assalite, saccheggiate e talvolta completamente distrutte ... Dal punto di vista strategico, questi nuovi pericoli provenienti dal mare creavano un immenso problema relativo ali.i sicurezza dell'impero. L'aumento dei costi sostenuti dall ' impero per garantire una difesa di terra lungo 4800 km di coste minacciate dalle incursioni di pirateria era sproporzionato rispetto alle dimensioni del pericolo stesso ... Un'incursione dal mare di poche migliaia di uomini poteva provocare danni maggiori (e di conseguenza, maggiori costi per le misure difensive adottate) di un'aggressione di terra sferrata da un numero anche molto superiore di uomini"da E. N. LurrwAK, La grande... , op. cit., p. 197. 41 Per una schematica indicazione circa le fortificazioni urbane di Roma cfr. G. SOMMELLA BEDA, Roma: le fortifica zioni del Trastevere, Lucca 1973, pp. 6-8. 42 Da E. GrnRON, Storia della decadenza e caduta de/l'Impero Romano, Torino I 967, p. 273.


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17. Piazza Armerina (En). Planimetria della villa romana.

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Tuttavia, per poter valutare i costi sociali reali del sistema, sarebbe necessario conoscere il numero dei piccoli appezzamenti in aperta campagna che dovettero essere abbandonati. " 43•

La trasformazione in chiave difensiva delle ville Da quanto innanzi esposto abbiamo potuto ricavare che la lussuosa villa romana, dalla pianta aperta ed articolata sulla campagna, non sopravvisse a lungo dopo gli albori del III secolo. Il destino comune alla maggior parte delle stesse fu quello del!' abbandono, e ciò non solo per gli eccessivi rischi che implicava la permanenza abitativa tra le loro mura, con i paraggi infestati dai briganti e dai banditi, ma anche per la travolgente crisi economica innescatasi in quel periodo, che ebbe quale logico contrappunto uno spietato fiscalismo da parte deJlo Stato. Comunque non fu una scomparsa definitiva, ma soltanto tipologica. Dopo gli stravolgimenti di quel secolo, per molti versi anticipatore di un tragico ed ineluttabile destino, la villa ricomparve, ma in una veste assolutamente inusitata in occidente, ed a sua volta, per molti aspetti, precorritrice di future realtà. "Infatti la villa, dopo il torbido turbinio del III sec. , si ripresenterà sì ricca e sfavillante ma tutta compatta in se stessa, senza per questo riproporre schemi compositivi precedenti: l'elemento generatore è ora un grandioso cortile colonnato, intorno al quale ruotano i vari ambienti padronali: di rappresentanza, dei servizi, della parte produttiva, a cui si accede attraverso un ingresso monumentale, che si organizza senza nessun legame compositivo, come complesso autonomo; se ne possono considerare esempi eclatanti, in Italia la villa di Piazza Armerina, in Francia quella di Montmaurin. Pur avendo in Italia tale esempio, l'origine di questo schema compositivo probabilmente va ricercato altrove; non si deve dimenticare che oramai l'Italia e Roma hanno perso quel loro originario ruolo egemone... la villa, concetto tipicamente romano in precedenza "esportato",torna in Ital ia con nuove forme compositive, che derivano dalle modifiche a contatto di caratteristiche e tradizioni locali dei ten-itori del Nord-Europa .... Prevale qui un andamento lineare dei c01pi di fabbrica, legato in genere a strutture preesistenti inglobate, dando al complesso la forma di U stilizzata con l'aggiunta di avancorpi; tra questi a contatto con la facciata

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Da E. N. LunWAK, La grande ... , op. cit., p. 226.


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18. Assonometria di villa romana aperta, ad U.

si sviluppa, evidentemente per ragioni climatiche, una loggia porticata, che funge anche da accesso all'edificio: naturale è ben presto il congiungere i due avancorpi con un muro e trasformare l'area antistante la loggia in un cortile, intorno al quale si disporranno successi.vamente i nuovi vani annessi al complesso"'14 • Abbiamo così un primo sintomatico passaggio, che costringe la rielaborata villa alla forma di un quadrilatero chiuso con un cortile interno. Il concetto è di per se evidente, venendosi a perdere il libero gravitare sull'ambiente circostante, ma ottenendosi, per contro, una maggiore protezione. La mutazione tuttavia è ben lontana dall'essere conclusa, come in seguito approfondiremo. Nel frattempo prendendo spunto proprio dagli affreschi e dai mosaici che i ruderi di quelle ci hanno, sia pur molto eccezionalmente e parsimoniosamente tramandato 45 , approfond.i remo alcune apparenti incongruenze. La monotonia esistenziale dei ricchi possidenti teffieri insediati nelle loro lussuose dimore di campagna, qualora non pacata eia interessi intellettuali, trovava sfogo eminentemente nella caccia, attività che al contempo forniva anche un gradito apporto alla tavola padronale. Orbene nei mosaici della villa di Piazza Armerina compaiono magistrali scene cli caccia, attentamente e minuziosamente dettagliate. Non è questa certo una novità, essendosi già trovati nelle ville di Pompei analoghi spunti tematici per raffigurazioni musive. La novità, invece, si coglie nell'armamento dei cacciatori. Tradizionalmente era costituito da spiedi, eia lance, da spade, da larghi coltelli, eia archi ed anche da reti, nonché da tutta una serie di oggetti destinati a spaventare la selvaggina o a richiamarla. Nella Villa di Piazza Armerina - che con i suoi 3500 mq. di

44 Da G. GUADAGNO, Dalla villa al castello, analisi di un fenomeno , in Apollo - Bollettino dei musei provinciali del salernitano, n°Yl gen-ùic. 1985-1988, p. 288. 45 Per ricavare una sufficiente panoramica di tali raffigurazioni musive ed affrescate, cfr. R. BIAKCHI BANDINELLI, Roma la fine dell'arte antica. Milano 1976.


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19. Assonometria di villa romana quadrilatera chiusa con conik centra.le .

mosaico rappresenta forse uno dei maggiori documenti grafici pervenutoci dall'antichità, echeggiante peraltro motivi tipici dell'arte musiva africana compare qualcosa di inedito: la tenuta unifonne e lo scudo. È impensabile, infatti, che normali cacciatori si abbigliassero nell'identico modo, e per di più si dotassero dello scudo elittico con umbone centrale - proprio della cavalleria46 , per l'inoffensiva partita di caccia sia pure contro bestie feroci. A voler quasi ribadire la menzionata ordinanza, anche i battitori montati ostentano l'identico largo attrezzo , sproporzionato ed inutile, per non dire dannoso, nell'attività venatoria, massimamente da cavallo. Lecito supporre che ci troviamo di fronte, per la prima volta, alla raffigurazione di quei ricordati raggruppamenti armati paramilitari privati, inquadrati a difesa di una villa, e non certo di unità dell'esercito, lì del tutto assente. La scena perciò elaborata dagli ignotj compositori, ci "fotografa" quegli uomini saltuariamente dediti alla caccia - magari come scorta del ricco possidente da cui dipendevano - nella loro abituale tenuta, di ovvia derivazione militare, implicante appunto oltre al normale armamento anche lo scudo. "Cacciatori e fanti allora non sono più solamente cacciatori e battitori, possono essere la raffigurazione di uno dei fenomeni che caratterizzano il tardo - antico nel suo passaggio al regime feudale: le milizie private del potentiores.

46 "A Roma, sin dalle origini, furono in u!;o per la fanteria due tipi fondamentali di scudo: il grande scutum <li forma allungata (ovale o rettangolare) e il clipeus bronzeo di forma circolare: la cavalleria fu invece dotata di uno scudo rot<mdo di dimensioni ridotte, <letto parma, che fu ben presto sostituito da uo leggero scudo ovale in legno o cuoio. Verso il secolo IV a. C. lo scudo rot<m<lo fu quasi totalmente rimpiazzato nell'esercito romano <lallo scutum, che rimase in uso fino alla caduta dell'Impero Romano <l'Occidente... ",da C. BLAIR, 1:.·1u:iclopedia raf.iionata delle armi, Verona 1979, alla voce "scudo". Quelli raffigurati in questione appartengono pertanto alla tipologia della cavalleria, trattandosi perciò di "parrna".


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20a 20 a-b. Piazza Arrnerina (En). Raffigurazioni musive di scene di caccia.

È questo uno degli aspetti ciel rovescio della medaglia: al di là delle ricchezze, della magnificenza delle architetture, del fulgore dei mosaici, si annida un elemento fortemente destabilizzante: l'autonomia di azione che le classi superiori, i potentiores, vanno acquisendo nei confronti del potere centrale." '17 • La trasformazione, quindi, delle antiche ville in fattorie fortificate segna anche l'avvento, generalizzato, di compagnie private armate militarmente, di dubbia legittimità, in apparenza perèJ quasi delegate dal potere centrale alla difesa della proprietà e delle risorse dai predoni e dai piccoli contingenti barbari. È tuttavia da sottolineare che questi piccoli eserciti privati restarono, per quanto risulta dalle fonti, limitati ad esclusivo beneficio delle tenute in cui erano cli stanza, e mai operarono come unità sia pure irregolari in appoggio alle forze armate statali, contro le occupazioni temporanee dei barbari. Più in generale al riguardo va ricordato che mai reazione provenne in maniera comunque stimabile da quelle, e dalla classe dei loro tenutari, contro gli invasori, niente in altre parole paragonabile nemmeno lontanamente ad una sorta di resistenza. Del resto nulla in merito si evince sia ad opera dei. ricchi che dei poveri: "non ch'essi decidessero cli passare dall ' altra parte ... piuttosto essi accettavano semplicemente la loro sorte. I n Italia e in Africa essi furono felicissimi quando arrivarono gli eserciti di Giustiniano; ma allo stesso tempo, fecero pochissimo per aiutarli. Le classi inferiori rimasero altrettanto inerti. Gli abitanti delle città andavano di solito a combattere sulle mura: ma quanto si proponevano era di evitare il saccheggio ... I contadini, come i loro padroni, talvolta fuggivano presi dal panico, ma il più delle volte accettavano passivamente la loro sorte... Quest'apatia non è un fenomeno particolare della popolazione del! ' Occidente... Nè questo era, per quanto ne sappiamo, un fatto nuovo. È vero che durante il principato vi era stata minor possibilità di resistenza dei cittadini al nemico, dato che allora in generale gli eserciti erano sufficienti a tenere gli invasori al di là dei confini; e tuttavia non conosciamo esempi cli resistenza da parte di cittadini in nessun caso in cui i barbari penetrarono i confini cieli' impero. Per secoli e secoli, gli abitanti delle province si erano abituati ad esser protetti da soldati cli professione e per la verità era stato anche proibito loro, fin dal tempo di Augusto, con la lex lulia de vi, di portare armi; quella legge era ancora in vigore, e più o

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Da G.

GUADAGNO,

Da/La Filla ... , op. c it.. p. 289.

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Premesse romane

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2 1. Evoluzione de lla villa romana: pianta cli que lla di Eliessem: è evidenziata l'urlicolazione architettonica difensiva.

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meno rispettata, ancora nel V secolo, e Giustiniano la rese ancora più rigida, facendo della manifattura delle armi un monopolio assoluto de llo stato. " 48 . Siamo così giunti al nocciolo del problema della difesa privata. o delegata, e della s ua curiosa applicazione: nessuna resistenza contro le bande d'invasori, anche quando era facile presumere un esito più che positivo, e una passivit~t esistenziale assoluta. Parallelamente invece si registra una notevole vivacità nella protezione e salvaguardia della proprietà agricola e dei suoi prodotti. È in definitiva, in chiave storica. la recepibilissima e ben nota conOittualità campagnola o pastorale, per motivi legati al semplice fu rto di frutta o di qualche capo di bestiame e l'altrettanto totale assenza di reazioni per la conquista del proprio paese. Il fattore privato cioè di viene p iù impo1tan1e, in quanto è l'unico mondo che garantisce la sopravvivem:a in maniera autonoma ad una ristretta cerchia di persone. di quello pubblico. La stessa impostazione chiusa della azienda agricola romana creava in definitiva questa società frammentata e priva cli coesione. Innegabile poi una sostanziale repulsione verso il sistema politico, ed alla sua spietata ed insaziabile voracità fiscale. al punto da preferire, e i casi documentati appaiono numerosi ed eloquenti, la dominazione barbara -19 _ La difesa privata in questa fase storica, pertanto, ass ume connotazione di ambito puramente aziendale, e non si trasforma in resistenza. C iò conferma che tale tipologia non costitu iva una volonlà popolare o contadina di contrapposizione all'elemento invasore, perallro in genere ben tollerato, ma solo una sentita reazione contro il piccolo gruppo di predatori, spesso costituito più da indigeni che da barbari, attentanti alle 1isorse ed alla attività, fonte unica di sopravvivenza ed unico ori:aonte sociale riconosciuto. Popolazioni pertanto prive di spirito combattivo, demograficamente disperse, e dismmate persino psicologicamente, trovavano soltanto nella di fesa delle loro terre e delle loro risorse alimentari alquanta coesione, anche in spregio alle vigenti norme, al punto che certamente in breve tale diffusa riproposizione, priva di valenza militare complessiva, dovette riscuotere una tacila accettazione da parte del potere. trasformandosi gradualmente in difesa delegata a tutti gli effetti. La situazione però mostra un ulteriore scadi mento allorché le forze difensive private iniziano a svolge-

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Da A. 11. M. JON C:S, Il trc1mo11 10 del mondo antico, Rari 1972, p. 549. "I proprietari della terra erano responsabili per primi. ma gli oneri finivano per gravare soprmtutro sui lavoratori agricoli. La perdita lemporanea di una provincia invasa. il mancato raccolto in qualunque parte dclrimpero. gli effeui economici di una pestilenza cd altri avve nimenti. tutto si traduceva in maggiori sacri lici ... Le esazioni diventavano sempre pit1 pesanti e le puni zioni per i Lentativi di evasione sempre piL1 severe, e tullavia la fuga e la scomparsa dei coloni avve niva sempre più frequcntcmente.'',da Camhridge Universi1y Press, Swrin del Mondo Mediew,fe. /vlilano 1978, voi. I, p. 39. 09


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22a,h. Evoluzione della villa romana: pianta di quella di Jublains con ben evidente la presenza di quattro torri angolari esterne al perimetro. pianta di quella di C\1undelsheim, con la sua ricos truzione. 23. Ulteriore evoluzione della vi lla romana con la comparsa di torri intermedie in posizione rompitratta; villa di Pfalzel.

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Premesse rornane

re ruoli vessatori, sempre più diffusi e sempre meno legali, su mandato dei riccchi possidenti, che "colle milizie private compiono atti di violenza e prepotenza nei confronti dei confinanti; si atteggiano a corte di giustizia e tengono carceri private e mentre il risorgere della lìgura del patronato fa sì che singoli individui, cli ogni condizione, ed interi borghi agricoli passino, più o meno dichiaratamente, sotto il loro dominio, sottraendo contribuenti al controllo dell'autorità pubblica, i jimdi diventano non solo il rifugio di piccoli proprietad terrieri, ma anche ricettacolo di schiavi fuggitivi, dise1tori, delinquenti ricercati dalla giustizia. I potentiores vengono così a disporre di ampie masse di manovra, veri e propri eserciti da armare in caso di necessità ... Lo Stato è a conoscenza di questa situazione, ma la ripetitività degli Editti imperiali ... dimostra l'impotenza del potere centrale cli fronte a un fenomeno che prelude alla costituzione feudale. "50 . Ed ancora una volta la struttura architettonica della villa attesta, a partire dal IV secolo, questo inusitato contesto: le raffigurazione parietali dei loro ruderi ci confermano abbondantemente l'asserto. Tanto per cominciare i due bracci laterali al corpo residenziale della villa, che già nel secolo precedente si raccordavano e chiudevano attraverso un muro, contenente il vano carraio, vengono abitualmente sopraelevati alle estremità, assumendo così l'aspetto di due torrette quadrate angolari. La somiglianza con le strutture militar.i tuttavia è ancora soltanto apparente: queste infatti non fuoriescono dal perimetro quadrangolare della villa, ragion per cui la loro validità difensiva, è molto scarsa, limitandosi semplicemente alla funzione di avvistamento· e di sorveglianza limitrofa. Un minimo di protezione attiva potrebbero esercitarlo sul cortile interno ma in quel caso, con gli aggressori all'interno della villa, la loro potenziale prestazione sarebbe stata comunque effimera e velleitaria. Progressivamente però, e questo dimostra l'intenzione di trasfom1are quelle residenze rurali in qualcosa di più poderoso e coriaceo, le torri divengono quattro, per l'aggiunta anche delle due simmetriche posteriori, e iniziano a sporgere dal perimetro. Questo a sua volta, canonizzatosi ormai in perfetto quadrilatero, unitamente a quelle, dà all'insieme una sostanziale affinità non solo ottica ma, in tono minore, pure funzionale, con equivalenti opere militari. È sintomatico ad esempio che sui tenito1i nord africani, dove siffatte ville vantarono una vivace fioritura, si siano rinvenuti resti di un particolare tipo di fortino romano detto: "quadriburgium dell'epoca di Diocleziano, di piccole dimensioni (22x22 metri) e con quattro torri massicce e di pianta quadrata aggettanti verso l'estemo"51• Tornando alla villa, quale indicatore del progressivo instaurarsi di una difensiva privata, il successivo stadio evolutivo registra la comparsa anche di torri rompitratte - dalla indiscutibile finalità fortificatoria, ed il riscontrarsi di queste strutture suppletive persino nelle più misere fattorie, ne conferma al contempo la rispondenza e la inderogabile necessità. "In effetti è stato osservato dal Mansuelli che <<la villa - caserma, che Diocleziano si fece erigere presso Sona non era tanto l'espressione personale di un vecchio uomo d'armi, guanto l'allinearsi con le esigenze dei tempi., specie in area provinciale ... ». Comunque il concetto di villa, come edificio destinato alle attività agricole isolato sul te1ritorio, ha ormai concluso il suo ciclo vitale ... " 52

La proibizione dell' «usus equorum» Il riproporsi delle ville, dopo l'avvento del IV secolo, se da un lato testimonia la ritrovala validità di quella originale realizzazione romana, grazie ai menzionati adeguamenti, clall' altro, implicitamente testimonia, soprattutto un rifiorire del benessere agricolo, specialmente in alcune regioni dell'Impero. Al riguardo è noto che dopo la rovinosa crisi ciel III secolo, si registrò un vistoso incremento della produzione agricola e zootecnica nella Penisola53 • In particolare beneficiarono della ripresa le aree tradizionalmente coltivate a grano e dedite alla pastorizia, ovvero la Campania, il Sannio, la Basilicata, parte

50 Da G. GUADAGNO,

Dalla villa... , op. ciL. p. 293. Da E. N. LUTJWAK, ù1 &rande ... , op. cil. , p. 213. 52 Da G. GUADAGNO, Dalla villa ... , op. cil. , p. 296. 51

53 Sull ' argnrnenLo cfr. F. M. Dt.:: ROBERTIS,

Bari 1948, pp. 167 e sgg.

La produzione agricola in Italia dalfa crisi del llf secolo a{{a elà dei Carolingi,


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La difesa delegata

della Calabria, e principalmente la Puglia. Che quest'ultima regione assicurasse in quello scorcio storico un apporto primario al fabbisogno alimentare dell 'Urbe trova conferma nel dettaglio che il suo cattivo raccolto del 396-7 si trasformò nella Capitale in seria crisi annonaria. Al contempo una fitta presenza nella stessa di industrie tessili lanifere comprovano l'apporto massiccio della pastorizia, atavicamente gravitante nel territorio dopo la transumanza autunnale. Disgraziatamente però la prosperità genera da sempre un temibile parassita, la deliquenza più o meno organizzata, ed anche nel caso in esame la regola trovò tragica attuazione. Le fonti coeve ci tramandano pertanto un acutizzarsi del fenomeno criminale, incrementandosi esponenzialmente gli abigeati 51, l'estorsioni , le rapine e gli omicidi. Le campagne quindi, come innanzi affennato , si riguardavano alla stregua cli micidiali campi cli battaglia battuti incessantemente da predoni di ogni risma, affatto intimiditi dalle pur rigorosissime leggi imperiali. Paradossalmente il rinato benessere annientava la tranquillità esistenziale di quelle infelici contrade, ponendo in forse non solo gli averi ed i proventi del lavoro dei residenti, ma finanche le loro stesse esistenze. La vastità dell'offensiva, appena contenuta dalla struttura difensiva assunta dalle ville, gettava però una pesante ipoteca sul mantenimento cli quei live1li produttivi, mai come allora, tanto necessari alla sopravvivenza dell' Impero. Nè d'altronde era seriamente ipotizzabile una massiccia presenza militare sul ten-itorio, crescendo la già ricordata pressione nemica sulle frontiere danubiane. È probabile allora che proprio la inevadibilità dell'apporto annonnario assicurato da quelle regioni abbia stimolato il governo centrale, nella persona dell'imperatore Flavio Valentiniano55, ad escogitare delle inusitate contromisure spicce per annientare, o per lo meno contrastare efficacemente la genia dei grassatori. Nel 364 d. C. Valentiniano, di recentissima incoronazione imperiale, insieme al fratello Valente cooreggente, e con un passato militare alle spalle, deciso a stroncare quell'ignomignoso andazzo, promulgò una serie di costituzioni specifiche relati ve alla proibizione cieli' Usus Equo rum. "Si trattò di una misura nuova nella lotta contro il banditismo, ma semplice e speditiva in sommo grado: vennero emanate all ' uopo, fra il 364 e il 365-7 una serie di costituzioni , d.i cui 4, oltre al semplice ricordo di una quinta, sono pervenute fino a noi attraverso la compilazione teodosiana; ma va subito precisato che non si trattò - come non si è mancato di pensare - di «grida>> inutilmente rinnovellantisi nel tempo, ma di un disegno unitario impostato con la prima costituzione della serie - datata dal 30 settembre dell'anno 364 - e perfezionato con i provvedimenti integrativi seguiti a distanza di solo qualche giorno o di pochi mesi'?• li provvedimento legislativo pervenutoci sotto forma di sintesi riassuntiva in buona sostanza, così recitava nella sua prima costituzione della serie: "Exceplis senatoribus atque honoratis, sed et his, qui provincias adiministnmt, vcteranis etiam, qui s ub armis militia functi sunt, et decurionibus ceteris omnibus per Picenum atque Flaminiam, nec non etiam

54 L' abigeato per l'area Sannio - Puglia cosLituiva un sorta di endemismo delinq uenziale di arcaicissima memoria, contro il quale hen poco era riuscito a reprimere l'ordinamento romano. Se ne trova conferma già nel II sec. a. C. in una iscrizione rinvenuta presso Altilia, la cittadina più di tutte connessa con la transumanza in 4uanto impian tata sul tranuro delle Puglie. Al riguardo cfr. F. Russo, Dai Sanniti ... , op. cit. , pp .. 55 Così delinea la figura di Valentiniano N. H. BA YN ES, La di11as1ia di Valentiniano e Teodosio il Grande, in Storia del Mondo Medievale, Cambridge University Press, Milano 1978, Vol. I, cap. VII, pp. 221 e sgg. : "Valentiniano era naw in Pannonia; suo padre Oraziano, un funaio campagnolo di Cibale, si era presto distinto per vigore e coraggio. Venuto dalla gavetta era ben presto diventato protector, poi tribuno e generale deJJe forze romane in Africa; accusato di peculato rimase per qualche tempo in ombra, poi ottenne il comando delle legioni in Britannia. Dato che, dopo essersi 1iLiralo dalle cariche pubbliche, diede ospitalità a Magnenzio, Costanzo gli confiscò i beni, ma comunque i servizi resi dal padre agevolarono la carriera di Valentiniano. Questi mentre militava in Gallia agli ordini di Giuliano, fu allontanato dall'esercito da Barbazione, ma si arruolò di nuovo al. momento dell'ascesa al trono di Giuliano. Agli occhi di un imperatore apostata, le capacità militari di Valentiniano ebbero maggior peso di quanto non ne avesse il suo fervido cristianesimo; gli venne perciò affidato un importante comando durante la guerra persiana. Più tardi era stato mandato in missione in occidente, dove aveva recato la noti,.ia dell'elezione di Gioviano e proprio da questo viaggio era da poco tornato. La storia della vita di Graziano e di Valentiniano è un esempio notevole delle splendide carriere che si aprivano nell'esercito romano a chi era dotato. Il padre, da contadino ignoto e privo d'influenza, assurse al comando supremo in Britannia e il figlio divenne imperatore di Roma. 56 Da F. M. DE ROBERTJS, Prosperità e bandirismo nella Puglia e nell'Italia Meridionale durante il Basso Impero, in Studi di Storia Pugliese in onore di G. CHJAREI.U, Voi. I, Galatina 1972, pp. 203-204.


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Premesse romane

Apuliam et Calabriam, Brillios et Lucaniam atque Samnium habendi equi vcl equae copiam praeclusam esse sanc!!n!1s. Ii vero, qui minime animos ab huius modi usurpatione dcllectunt., abactorum supplicio teneantur· .5' "Eccezion fatta per i senatori e i nobili, cd ancora per i governatori provinciali, nonché per i veterani, in servizio di milizia territoriale, e per i decurioni, ordiniamo che a tutti gli altri reside nti nel Piceno, nella Flaminia, ed anche nella Puglia, Calabria, AbruZ7.0, Sannio e Lucania, sia proibito il possesso di uno o più cavalli. Chi ardisca anche minimamente infrangere tale disposizione, sarà passibile di pena capitale" .

Pur non essendoci tramandata la finalità esplicita ciel draconiano provvedimento non riesce difficile collegarlo alla repressione del banditismo, privando appunto i predoni dell' indispensabile apporto dei cavalli. Per meglio evidenziarne il criterio ispiratore, Valentiniano ne ribadì, con la seconda costituzione del 5 ottobre dello stesso anno, i caratteri distintivi, menzionando in particolare gl i autorizzati all'uso. Di questa seconda costituzione purtroppo il testo è andato disperso. Segui va quindi la terza, datata 21 giugno 365, che, oltre a colmare le lacune interpretative della prima, ne riproponeva la prescrizioni, pur trovando ormai una situazione di ordine pubblico, in zona già quasi totalmente bonificata, riprova della intuibile validità del provvedimento. "Cum omnifariam urbicarias rcgiones ab omni crimine et adsiduis abactorum rapinis quietas esse cuperemus, eo usgue inlentio nostra prospexit, ut istis in locis equo vehi his tantummodo liceret, quos ab buius modi sceleris suspicione locus aut dignitas vindicavit. Scd postea sanximus ut suarii equis guindcm uterentur, verum ad pericolum suum pertinere cognoscerent, si quid in his rcgionibus sccleris esset admissum. Nunc quia advertimus a suariis, qui propriis officiis occupantur, hanc neccssitatem alienam esse de bere, cxcellentia tua ita his sedendorum equorurn potestatem datam esse cognoscat ut nullo prioris sanctionis timore teneantur per ea sane loca, quae neque abactoribus ncque aliis criminationibus infamata sunt". 5R "Avendo desiderato che LUtle le regioni vicine alla cittù fossero liberate dai molteplici crimini e rapine degli abigeatari, la nostra intenzione contemplando ciò, stabilì che in quei luoghi fosse lecito l'uso del cavallo, soltanto a coloro che per la carica o per la dignità risultassero immuni da ogni sospetto delinquenziale. Ma in un secondo momento sancimmo che anche gli approvviggionatori dell'annona potessero usare i cavalli, e sapessero in vero il rischio loro derivante da ciò. essendo ritenuti responsabili di qualsiasi delitto accada in quelle regione. Ora poiché apprendiamo dagli approvvigionatori, che attendono ai loro compiti, che questa limitazione debba essere rimossa. la tua eccellenza così come fu data la facoltà dell'uso dei cavalli a quelli, sappia che nessun timore abbiano delle precedenti san7.ioni nei luoghi bonificati, che nè dagli abigeatari nè da altri delitti sono contaminati"

Da questo documento ingiuntivo , destinato al prefetto pretorio clell ' Jtalia, siamo pertanto in grado di desumere: "a - Che il divieto non si estendeva al di là della zona «suburbicaria>>; che poi esso investisse l'intero comprensorio o soltanto - come noi crediamo - una parte di esso, è questione che esamineremo più oltre. b - Che la ricomprensione nella categoria delle exceptae persone dei suarii operanti nelle zone infestate ebbe luogo solo in un secondo tempo (postea) rispetto al provvedimento di base. Tale concessione fu però accompagnata dalla imposizione a carico di essi - speclitivamente e senza lasciarsi fuorviare dal gioco dei principi giuridici - della responsabilità obiettiva per le conseguenze patrimoniali di tutti i crimini che fossero stati commessi nella zona. c - Che straordinaria fu l'efficacia delle misure adott.ate, dato che esse, nel giro cli pochi mesi o, a l più, di un anno e mezzo - a seconda che si accetti o no la cronologia elci manoscritti - portarono alla bonifica quasi completa della zona. d - Che, con il ritorno alla normai ifa si ebbe anche - come era naturale - il ritorno sulle misure cli emergenza d.i maggiore rigore , in particolare, sulla pesante responsabilità obiettiva di cui sopra, a carico dei suarii".59 L'area interessata dal provvedimento di Valentiniano comprendeva buona parte dell'Italia centro meridionale, ovvero tanto la zona ad agricoltura granaria quanto quella della pastorizia, collegate ovvia-

Da F. M. D E ROBERTIS, p. 204. in lbicl .. p. 205, in C. Th. 9. 30. 3. 59 lbicl. ' pp. 205-6.

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c. Th. 9. 30.


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La difesa delegata

mente dalla transumanza. È quindi alquanto evidente il significato di limitazione geografica, esteso proprio in funzione della criminalità sviluppatasi a ridosso delle due risorse. Erano escluse dal divieto soltanto alcune categorie ben definite di persone specificatamente, i senatori, i decurioni, i governatori di distretto e gli appartenenti alla forze cieli' ordine territoriale. Inoltre riguardo a questi ultimi è interessante osservare che provenivano dalle file dell'esercito, ovvero erano veterani, trattenuti in quei particolari compiti dopo l'esaurì mento della ferma ordinaria. È questo un dettaglio estremamente significativo che conferma, se mai ve ne fosse bisogno, quella penuria di uomini, già innanzi sottolineata, al punto che persino gli ex soldati, ormai non più validi per l'età, trovavano nuova utilizzazione nelle forze di polizia interna, supplendo così alla latitanza militare. Altre categorie ammesse all'uso dei cavalli furono, ma soltanto in un secondo momento, gli addetti all'approvvigionamento annonario di Roma, ovvero i suarii e quindi i funzionari delle poste imperiali, e questi ultimi limitatamente al solo Piceno. Vi è da aggiungere che relativamente alla Valeria ccl alla Campania il divieto si restrinse alle sole categorie più sospette, cioè ai pastori, dettaglio che conferma ancora una volta lo stretto legame tra nomadismo, abigeato e delinquenza organizzata, legame che disgraziatamente funesterà la Penisola anche nei secoli successivi, spesso ancora nei nostri giorni. Il divieto, riservato esclusivamente ai pastori, dell'uso del cavallo, ostenta però un ritardo circa trentennale rispetto alla prima promulgazione generale, avvenendo nel 399 e per volere di Onorio, ulteriore confenna sulla accertata validità del dispositivo. Così intimava, infatti: "Pastores Valeriae provinciae vel Piceno uti equinis animalibus non iubemus. Alioquin, si interdict.us usus animalium vindicetur, conscios usurpationis huius seu dominos vel procurat.ores relegationis pocna retinebit" 60 "Ordiniamo che i pastori della provincia della Valeria o Piceno non utilizzino cavalli. Qualora venga eluso il divieto, riterremo responsabili e quindi passibili di pena anche i proprietari ed i procuratori dai quali dipendono i pastori".

Le severissime disposizioni di Valentiniano contemplavano anche il divieto del possesso e dell'allevamento dei cavalli. Le norme tuttavia non dovettero costituire gravosi sacrifici nella normale vita agricola, nè stravolgere sensibilmente l'economia zootecnica locale per i seguenti ordini di ragioni. Nelle aree pugliesi e sannite, già eia tempo immemorabile, era stato introdotto nell'agricoltura l'uso dei buoi , ragion per cui l' impiego dei cavalli come bestie eia soma appariva estremamente marginale. Circa invece FaUevamento, occorre evidenziare che la norma tendeva ad eliminare una facile fonte di approvvigionamento per i deliquenti. Nè peraltro gli allevamenti equini presenti in zona sembrano essere stati molto numerosi o destinanti alle forniture militari. I pochi quadrupedi, quindi, allevati in Campania ed in Puglia soddisfacevano certamente le sole esigenze amatoriali, venatorie e circensi, per cui il dispositivo non incideva in maniera apprezzabile sull'economia locale. In definitiva il dispositivo della costituzione, anch' essa del 364, così sanciva: "(post alia): Ut. omnes Jatronum conatus debilitati conguiescant, pastoribus rei nostrac, id est Janigerarum ovium pecundumgue custodibus, nec non et.iarn procuratoribus et actoribus senatorurn habendi equini pecoris licentiam denegarnus, sub hac vidclicct inlerminatione, ut ii qui nostrae mans uetudinis statuta temptaverint. violare, abacto111m supplicia tolerare cogantur''M. "(dopo di ciò): Affinché tutti i tentativi già debilitali dei ladroni abbiano completamente fine, ai pastori delle nostre fattorie, cioè ai custodi delle pecore, nonché ai procurator:i ed ai factotum dei senatori interdiciamo la facoltà di possedere bestiame equino; sotto questo divie10 quelli che tenteranno di violare le disposizioni della nostra mansuetudine siano costretti a subire le pene spettanti agli abigeatari''.

Come innanzi accennato il provvedimento sebbene pervenutoci alquanto disarticolato - ma facil mente interpretabile nelle sue finalità - ,ebbe un immediato e pronto riscontro repressivo sul territorio. Prescindendo anche la riproposizione parziale di Onorio, dovette restare sostanzialmente invariato fino al codice di Giustiniano, cioè per quasi due secol.i, dal 364 al 534, almeno relativamente alla Puglia ed al basso Sannio. II perché poi quest'ultimo non lo ripropose può imputarsi alla probabile scomparsa, o

r,o Da F. M. DE ROGEKnS, p. 219, C. Th. 9. 30. 5 "' lhiù. , p. 215, C. Th. 9. 30. 2.


Premesse ronwne

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fortissima attenuazìone del feno meno deliquen7.iale, essendosi notevolmente contratto il benessere economico dopo l'avvento dei Vandali e dei Goti. In conclusione il più significativo intervento del governo centrale contro il banditismo organìzzato ebbe ìl merito di bloccarlo, non con gli sterili quanto roboanti abituali inasprimenti delle pene, dì improba erogazìone, ma con un più immediato e drastico espediente. Gli obiettìvi pertanto che la legge sull'usus equorum conseguì furono sostanzialmente tre: "a quello di prìvare i bandìtì del mezzo più valido per recare a compì mento le proprie gesta. b quello di consentire la facìle individuazione di ogni potenzìale delìnquente, individuato appunto dalla trasgressione al divieto dell'usus equorum. c quello infine di mettere le forze cli polizia, che rimasero fornite di cavalli, in condìzioni di decisa prevalenza suì fuorilegge. " 62

Osservazioni architettoniche Il primo elemento cli connotazione dell'architettura difensiva domestica è la pianta quadrilatera chiusa, tipica di un piccolo forte. La scelta risultava scontata in quanto costituiva quella più semplice da difendere, con la maggiore superficie utile interna6\ A differenza però cli qualsiasi realizzazione milìtare l'accesso compare sempre al piano cli campagna ed è abbastanza largo da essere carraio64, privo dì cesure e dì compartimentazioni di sicurezza. Non viene impìegata per serramento nemmeno la tradizionale saracinesca65 , più rapida nelle manovre di emergenza, ma indubbiamente di gran lunga più complessa e delicata dì un normale portone a due battenti. Questo dettaglio è forse la princìpale deficienza del sistema sotto il profilo dìfensivo, essendo evidente la sua scarsissima resistenza aì tentativi dì sfondamento e di combustìone. Ma rappresenta la conferma che la finalìtà perseguita supponeva basse pressioni d'investimento e ridottissimi tempì di estrinsecazione. Analogo discorso per i vani - luce prospicienti l'esterno, che risultano soltanto rialzati e cli superficie ridotta rispetto alle normali finestre 66, munìtì usualmente di cancellate. La loro definitiva scomparsa, con formazione dì pareti perimetrali assolutamente cieche si sviluppò in un secondo momento, potendosi peraltro facilmente supplire a quella Iimitazìone con aperture sul cortile. Ed ancora questo inconcepìle ritardo, attesta la progressiva evoluzìone di quella specìalizzata tipologia edilizia. Lo spessore delle mura perìmetrali non ostenta una sensìbile maggiorazìone nei confronti cli quelle portanti interne, entrambe perciò climensìonate in relazìone ai carichì statici e non alla difesa passìva: non eccedono in generale il metro. Nessun accorgimento di sopraelevazione della quota del cortile, nè

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lbid. , p. 226.

<13 In realtà la pianta a minimo sviluppo perimetrale ed a massima su peficie interna è quella ci rcolare, ma la sua fruizione

pratica, trattandosi pur sempre di un azienda agricola, non riusci va affatto soddisfaceme. Quella qua<lrilalera quindi la sostituì integralmente per siffatta tipologia. 64 In quasi lutte le fortificazioni di piccola dimensione l'ingresso non si dispose mai alla quota di campagna per evitare troppo facili sfondamenti nemici. La sua usuale ubicazione si riscontra per lo più a circa 5-6 metri di allezza. Qualora invece, come nelle cerchie urbane, era indispensabile per il raccordo con gli assi viari, che questo fosse in basso. si rendeva inavvicinabile tramite un fossato e lo si dotava cli un doppio ordine <li chiusura, a battenti ed a saracinesca, e fra i due sistemi si lasciava una corte d'armi nella quale un eventuale auaccante sarebbe slato facile bersaglio dei tiri piombami della difesa. 65 La " saracinesca" il cui etimo deriva eia serrare, era costituita da un massiccio tela io reltangolare, rivestilo di tavoloni e <li lamiere di ferro, frnto calare all'interno cli appos ite guide, in modo <la chiudere il varco delle fortezze. Data la sua maggiore resistenza meccanica, non limitata da cardin i e da battite - che tra l'altro ne avrebbero vincolato rigidameme il peso consentito, la sarcinesca si preslava ad essere blindata e quindi resa incombustibile. Altro suo grande vantaggio consisteva nel poter essere abbassata senza la minima difficoltà anche in presenza di aLtaccanti. a differenza della chiusura dei battenti normali. Richiedeva però un grosso argano cli sollevamento ed una sufficiente altezza delle mura per la sua manovra. Le menzionate caratteristiche, estremamente importanti nell'ambito della fortificazione, la fecero assurgere a chiusura esterna per antonomasia, seguita, dopo la corte d'armi. dal normale portone a due battenti. 6C• È da notare che tradizionalmente l'architettura rurale mediterranea con templa la prevalenza quasi assoluta dei pieni sui vuoti, per cui già normalmente, nelle coslruzioni agricole le finestre appaiono estremamente piccole, e ciò in relazione ai fattori climatici, tendendosi in tal modo a ridurre gli scamhi cli calore con l' eslerno. Cfr. R. PANE, L'architerrura rurale campana, Firenze 1936, pp. 5- .16.


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la d((esa delegata

di maggiorazione delle fondazioni 6ì, come pure nessun espediente per accrescere la robustezza e la protezione attiva del portone, fosse pure la disposizione ad avvicinamento con lato esposto obbligato, nota altrimenti come "porta scea" 6S. Appare così ulteriormente confermato che la minaccia ipotizzata, in questa prima fase, fosse di natura puramente furtiva, contro la quale bastava una maggiore accortezza nei serramenti e nel perimetro, non prefigurandosi alcun tentativo di scasso o di sfondamento. Gli adeguamenti potenziatori comunque non si fecero attendere a lungo. TJ secondo elemento qualificante si coglie nelle cosiddette torri, spesso fungenti anche da colombare69, ancora una volta di indubbia derivazione militare, ma con vistose carenze funzionali e strutturali, eiettate dal loro adeguamento economico e difensivo alla impropria destinazione. La torre, in quanto tale, fu immediatamente recepita nell ' architettura militare romana, nella pienezza del suo significato e della sua potenzialità, dal contatto con gli impianti fortificati urbani della M agna Grecia 70 . Quelli a loro volta riecheggiavano reminiscenze e caratteristiche mutuate dalla casistica mediorientale ed anatolica in particolare, notevolmente avvantagg iata rispetto all'occidente 7 1• Il concetto informatore consisteva in sintesi in una costruzione a pianta chiusa, di modeste dimension i, per lo più circolare o quadrata, fuoriuscente dal perimetro di cortina, e sovrastante in altezza i camminamenti di ronda sulle mura. li compi to precipuo quindi si intuisce con facilità , configurandosi eminentemente nel battere con le armi da lancio da posizioni comunque esterne, in pianta od in alzato, le mura stesse in modo da frustrarne sia l'avvicinamento sia lo scavalcamento avversario. Le traiettorie infatti dei proietti scagliati potevano in tal modo svolgersi parallele all'andamento delle cortine o degli spalti, risultando in grado cli colpire gli attaccanti da una direttrice laterale. Il ti ro difensivo pertanto si avvantaggiava di un maggior numero d i possi bili bersagli contemporanei, e di una loro più vulnerabile esposizione. Lo sfruttamento ottimale dell'energia cinetica così conseguita, garantiva che il tiro "fiancheggiante' non esaurisse tutta la sua mortifera potenz iai ità nel solo punto mirato, come nel caso di quello ficcan te, ma riuscisse micidiale per l'intero suo percorso, anche nel caso cli mancato impatto iniziale, caratteristica che portò a definire quella prassi "sfruttamento dell' errore battuto" 72 . Esemplificando il concetto e supponendo una schiera nemica avanzante verso una sezione retti.linea cli mura, con il tiro ficcan te si mirava dagli spalti al singolo combattente, svanendo il risultato con il mancato bersaglio. Con il tiro fiancheggiante invece era l'intera schiera a trovarsi sulla traiettoria dei proietti scagliati dai lati senza una precisa destinazione, esponendo ogni suo uomo - ed a volte anche diversi - progressivamente, alla temibile evenienza. Riconosciuto perciò alla torre un ruolo tanto rilevante nella difesa, la si eresse con masse murarie

67 La sopraelevazione della quota <lei corrile all'interno delle fortificazioni , e la maggiorazione delle fon<la,.ioni erano imposte come protezione contro lo scavo di gallerie da parte degli attaccanti, rneglio note come mine. 68 La caratteristica delle porte "scee' .di etimo probabilmente sanscrito con significato di " mancino' (da cui ad esempio il famoso Muzio divenuto in conseguenza del suo stoico gesto Scevola) consisteva nel costringere l'attaccante a volgere nella fase di avvicinamento alle stesse il fianco destro, non protetto dallo scudo, alle mura della cerchia, dalle quale provenivano nugoli <li frecce. Sulla antichissima impostazione cfr. A. CASS I RAM ELLI, Dalle caverne ai rifi1gi blindali, tren/a secoli di archilettura militare, Milano 1964, pp. 39. 61 ' I maggiori esempi pugliesi di tali torri erano in grado di ospitare anche alcune decine di migliaia di volatili! 70 Vi è da aggiungere al riguardo che i popoli italici, tra i quali i sanniti, nelle loro numerosissime fortificazioni, mai si servirono di tale struttura. estranea perciò sia alle loro conoscenze tecniche sia soprattutto alle loro modalità combattive. 71 È importante ricordare che già intorno al VIII-VII millennio a. C. la cit.t.adina palestinese di Gerico appare cintata da mura munite da torri, e che in Anatolia la solu,,ìone delle torri quali supporto difensivo della muraglia risulta pefettamente conosciuta ed applicata a partire dal 5400 a. C. . Sull'argomento cfr. J. G. M ,\CQCEE>i , Gli ilfiti: 1111 impero sugli altipiani, Perugia 1975, pp. 98-120. Afferma ancora al riguardo J. HARMAND, L'arte della guerra nel mondo a111ico, Perugia 1975, p. 143: "Le origini orientali, egiziane o asiatiche, <leila fortificazione meritano una panicolarc attenzione, dato che in quei tempi furono create tutte le forme elementari di cui l' architettura militare si sarebbe alimentata per cinquemila anni ... L' affiancamento alle cinte di bastioni o torri è assai spesso realizzato su pianta quadrangolare, predominante se non esclusiva dell'Impero assiro... ". 71 Precisa I. HoGG, Swria delle.for1i/ìcu-:.io11i, Novara I 982. p. I 18: "Si tratta ... di un "ineliminabile legge balistica. conseguente al fatto che un tiro dall'allo, quand'è sbagliato anche di poco, rnanca completamente il bersaglio, e affonda nel terreno senza causare ·apprezzabili danni, mentre un tiro teso effettuato radente al teneno percorre gran parte della propria traiettoria in mezzo alle schiere nemiche e ha una probabilità assai maggiore di colpire un qualche bersaglio (anche se non quello designato).".


Premesse romane

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maggiorate rispetto alle cortine, onde garantirle una minore vulnerabilità ed una prolungata resistenza. Caratteristiche che la connotavano quasi alla stregua di un caposaldo isolato per la difesa ad oltranz9. L' interposizione cli numerose ton-i lungo la medesima cerchia rispondeva ad un criterio cli potenziamento complessivo di quella e di appoggio reciproco fra le prime. Le am1i da lancio impiegate infatti, non eccedevano in gittata efficace la trentina di metri, con la conseguenza cli obbligare a scandire la successione delle torri con un pari interasse. ln tal modo sarebbe stato possibile non solo "spazzare" con le poderose artiglierie ncurobalistiche eia posta impiantate al loro interno - o sulle coperture - la sezione di cortina interposta, ma nel malaugurato caso di assalto contro qualcuna di esse, le due adiacenti vi avrebbero potuto far convergere i rispettivi tiri. Per restare alla precettistica di Vitruvio - nella elaborata traduzione per Raffaello - si imponeva che: "le torre se debbano fare sporgere in fora, accioché quando lo inimico vorrà fare impelo verso le mura et apropinquarvisi, dalla torre, e da man dritta e dalla sinistra havendo scoperti li lati, con le saette cl altre armi possa esser ferito ... Lo intervallo deJJe torre è da fare così, che le torre non siano più lontane l' una da l'altra che una missione overo trar di saetta. Perché se alcune di queste torre se oppugnarà overo combatcrà dallo inimico, el sia ricacciato dalle torre, che a destJ·a e sinistra della combattuta seranno, con scorpioni over balestre et altre missioni e gettamenli di anni ... Adunquc le torre si debbono fare o rotonde o di molti angoli e faccie, perché Je quadrate presto se dissipano dalle macchine perché le arieti, percot.endo, rompono li angoli over cantoni, ma in le rotonde sempre spegne e caccia inverso el centro, come un cuneo e non le può tanto offcndere ... "73.

Escluso per ovvi motivi il pericolo rappresentato dagli "arieti",la pianta delle ricordate torri angolari delle ville non subisce tale limitazione, orientandosi, per la maggiore comodità cl' impiego, proprio verso quella sconsigliata. Venendo poi ad una analisi funzionale delle stesse occorre ancora una volta evidenziare tutta la loro deleteria approssimazione d ' impianto. Per cominciare i loro interassi appaiono, sempre, di gran lunga eccedenti la menzionata gittata efficace delle possibili armi in dotazione: poche ville infatti ebbero un lato tànto modesto da non superare il centinaio di piedi, ovvero, poco più di 30 m .. Ne conseguiva l'impossibilità di battere il muro di cinta interposto, in ogni suo punto, da entrambi i lati, cioè con il micidiale tiro incrociato. Ne conseguiva ancora, ed era notevolmente più grave, l'impossibilità cli appoggio reciproco fra le torri, con scadimento significativo della loro funzione. Riguardo a quest'ultima poi, va sottolineato che almeno inizialmente le cosiddette torri non ostentano la benché minima fuoriuscita planimetrica dal perimetro quadrangolare della villa, privandosi così ciel vantaggio imposto dal ricordato tiro di fiancheggiamento. Ed ancora sempre a carico delle tipologie più antiche, si osserva nelle raffigurazioni, pittoriche e musive - peraltro minuziose e credibili - che i vani d'accesso a queste non solo sono aperti al livello del piano di campagna ma addirittura sulla facciata esterna, deficienza talmente inconcepibile nell'architettura militare per una torre, da far ritenere che quelle in questione in realtà, almeno per quei decenni, tali ancora non fossero. L' ipotesi riduttiva è suffragata da un'altra serie cli osservazioni, concernenti anche la loro copertura. Nel clima mediterraneo, e siciliano in particolare, mai passò per la mente di nessun progettista militare la copertura a padiglione delle torriì", che non solo ne avrebbe limitato la validità difensiva intralciando con pericolosi montanti il brandeggio delle armi, ma le avrebbe inoltre rese più vulnerabili per la presenza di travate lignee e di capriate sotto le tegole, comunque infiammabilissime.

73 Da V. fONTANA P. MORACHll::LLO, Vitruvio e Raffaello. il "De Architettura' di Vitruvio neUa traduzione inedita di Fabio Calvo Ravennate, Roma 1975. p. 91. n L'esigenza di dotare le torri di coperttuc a padiglione, o coniche, si originò nei climi nordici, dove effettivamente il servizio, specie notturno ed invernale su quelle comportava immaginabili sofferenze. Ma in nessun castello o fortezza meridionale si ehbe a registrare un'equivulente modifica, limitante peraltro la possibiliti1 di segnalazioni ottiche a fumo e fuoco, nonché il tiro con catapulte e mangani. Unico vantagg.io invece, al di là della ovvia protezione mctcreologica. consisteva nella rnaggiore difesa degli uomini in servizio sulle stesse dai tiri avversari notevolmente arcuati.


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La d(f'esa deleMata

Nel caso invece delle ville romane, compaiono tassativamente torri munite cli padiglione acuto sommitale, poggiante su fughe di finestre arcuate. La caratteristica impostazione, riconoscibile peraltro fino al secolo scorso nelle masserie meridionali7\ ci induce ad affermare che almeno le primitive realizzaioni romane del genere fossero semplicemente delle verande - stenditoi - colombare. ln esse pertanto si soleva poITe a seccare la frutta e le altre derrate alimentari, quali il formaggio , nonché ad asciugare i panni lana, prodotti nell'ambito deIJa stessa villa, in ambienti lontani dalla polvere e dagli animali ciel cortile. Fu quindi soltanto in un secondo tempo che alla anacronistica somiglianza formale si sovrappose anche parzialmente la funzionale, trasf01mandole per nettissima rielaborazione e riqualificazione in passabili torri - sempre però di infimo livcHo militare- ma congrue all'esigenze dell'architettura difensiva domestica. In siffatto ambito il principale fattore connotativo comune con le torri propriamente dette, si individua nell'altezza, la quale non solo consentiva una ampia sorveglianza circostante, ma permetteva altresì a qualunque individuo di intervenire nella protezione attiva della viIJa, a prescindere dalla sua forza fisica. I1 getto di pietre, d.i tegole o di sostanze liquide bollenti, infatti, rientrava nel1a prassi meglio nota come "difesa piombante", nella quale l'energia di propulsione, e quindi d'impatto, dei "proiettili" la forniva la gravità: potevano così impiegarsi - e lo furono spessissimo in tutti gli assedi - donne e bambini. Le torri delle aziende agricole romane perciò assolsero con certezza almeno questo compito, in maniera efficace, ed al contempo si risolsero quali ottime piattaforme sopraelevate per il tiro con fionde ed archi, che proiettato verso il basso vantava gittate superiori e superiori violenze vulncrative. I tiratori poi , nascondendosi dietro i pilastri tra le finestre, ne ricavavano una ottima schermatura, analoga a quella offerta dai medi. Circa la validità di quanto descritto, è interessante citare Vegenzio Flavio, indubbio specialista delle attività militari, che, pur riferendosi nella fattispecie ad una città assediata, esprime concetti totalmente trasferibili al nostro caso in esame: "È comprovalo da numerosi esempi che spesso i nemici, entrati nelle città, sono stati tagliati a pezzi. Ciò avviene certamente se i cittadini si consolidano sulle mura e sulle torri o occupano i posti più elevati. In tal caso, infatti, uomini e donne di ogni età travolgono coloro che irrompono con sassi ed altri t.ipi di anni ... In queste condizioni resta ai cittadini una sola speranza... occupino le mura e le torri e salgano nei posti più alti e travolgano dovunque i nemici che combattono neJJ.e strade e nelle piazze ... Anche le frecce scagliate con gli archi ed i sassi lanciati con le mani, con le fionde e con le mazzafionde, quanto più dall'alto provengano tanto più efficacemente colpiscono e forano.'' 76

Allo scopo si preferivano sassi naturalmente subsferici - ciottoli fluviali per lo più - i migliori da scagliare per regolarità di traiettoria, usanza cli cui troveremo futura conferma ancora nel XIX secolo: "Con massima cura si raccolgano i sassi tondeggianti nei fiumi, più pesanti ed adatti ad essere lanciati grazie alla loro compattezza; si accumolino presso le mura e le torri, affinché possano essere scagl iati con le fionde e con le mazzafionde o con J.e mani" 77 •

Va sottolineato inoltre che Vegenzio, non si peritava di prescrivere per i legionari l'addestramento al lancio delle pietre, sia con le mani sia con le fionde, stimando debilitante, psicologicamente e fisicamente, la loro percussione in quanto in grado di uccidere e di fratturare gravemente l'avversario senza spargimento di sangue e senza alcun preavviso, ottico od acustico.

75 R. PANE, Campania la casa e l'albero, Napoli 1961 , pp. 57-61, ricorda che: "le case a logge e colomhare I sono I frequenti nel!' Appennino sannitico ed irpino. Si tratta prevalentemente di masserie isolate nei campi, visibili dalle strade provinciali cui sono collegate da piccoli viali; su di esse la colomhara domina come una torre quadrata, e qualche volta assume il carattere di elemento centrale di unu fabbrica, non accidentale ma precisamente ordinato. La colombara è spesso preceduta eia una loggia a pilastri ... Qui come altrove ... il Settecento ha segnato il periodo della miglìore e più diffusa produzione architellonica. ". 16 Da A. AN<"ìELINI, L 'ar/e militare di Flavio Renato Vegenzio, Roma 1984, p. 173. 71 Ibidem, p. 158.


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Una ultima annotazione si coglie nel medesimo autore a carico delle torri, e sembrerebbe perfettamente coincidente con quelle della nostra tipologia, destinata comunque a successive costanti riproposjzioni: ''Con l'esperienza si escogitò di allevare nelle torri cani ferocissimi e mollo furbi, che con il fiuto preavvertissero l'imminenza del nemico e la rivelassero con i latrati"78

Come non ricordare a questo proposito la particolarissima razza canina selezionata proprio dai romani campani, meglio nota come mastino napoletano, perfettamente idonea allo scopo, ed il furioso latrare notturno dei cani presso i loro casali , ad ogni rumore sospetto? Delle peculiarità ostative delle ton-i, per quanto esposto, in definitiva risulta utilizzato per l'architettura difensiva domestica romana, con certezza, soltanto l'intervento piombante, potendovisi applicare tutti i costituenti della cellula rurale indistintamente e senza specifiche capacità o preparazioni, con identiche potenzialità. Resta comunque da sottolineare che il numero delle torri di ciascuna azienda agricola prese ad incrementarsi con l'interpos izione di intermedie rompitratte, aggettanti dal perimetro. Queste non possono più considerarsi al pari delle precedenti strutture con prevalente finalità agricola, ma assolvendo il compito di ridmTe gl'interassi fra quelle angolari, in modo da consentire il reciproco appoggio balistico, si caratterizzano come tipicamente difensive, confennandoci il supposto progressivo potenziarsi e specializzarsi della fortificazione rurale79.

Armi impiegate Ci sembra indispensabile a questo punto, per la migliore comprensione di quanto prospettato, fornire una brevissima scheda tecnica sull'armamentario rustico, e rurale, disponibile all'epoca, utilizzato peraltro senza soluzioni di continuità, nei secoli successivi, spesso anche dopo l'avvento delle armi da fuoco. Di ciascuna forniremo - nei I imiti della trattazione - oltre alle caratteristiche salienti, le prestazioni usuali, a partire logicamente dalle più arcaiche.

ARMI RURALI DA LANCIO Fionda La fionda, o frombola, è presente sin dagli albori della civiltà, e grazie alla sua semplicità costruttiva trovò larghissima e rapida diffusione. Consisteva nei modelli più arcaici - per restare ai soli reperti archeologici pervenutici a partire cl ali' 800 a. C. - in due bracci di lino, i ntreccialo in modo estremamente complesso, e con una lunghezza ciascuno di cm. 112, partenti da un sacchetto centrale, detto naviceUa o culla. Uno solo dei due, terminava con un cappio nel quale veniva inserito il dito indice, o in altri casi il mignolo. In fase d'impiego, il fromboliere afferrata l'arma, inseritovi un sasso arrotondato nella culla - o altro equivalente anche di metallo - con una mano la poneva in rapidissima rotazione allentando la presa dell'estremità del laccio libero al momento reputato idoneo, scagliando così il proietto, accelerato progressivamente, in virttt della reazione centrifuga, per la tangente. "Usando un grossolano rifacimento moderno di una frombola, l'autore, debole ed inesperto, ha scagliato una palla di pietra cli più di 220 g. ad una distanza di 55 m. e palle cli 80-100 g. a distanze cli quasi 100 m. Perfino dopo che il fucile ebbe cominciato a soppiantare

78

Ibidem, p. l 73.

Circa la caratteristiche evolutive castel lologiche degli clementi architettonici appena tratteggiali dr. G. CACJAGLI, li castello in balia, saggio d'interpretazione storica dell 'architettura e dell'urbanistica castellana, Firenze 1979, pp. 189-220. 19


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25 24. Raffigurazione assiro-babilonese in bassorilievo di guerrieri armati di fionda. 25. Arco e faretra tardo medievali. Museo Militare di Bucarest.

arco e balestra sul campo di battaglia, la frombola sopravisse ... Nel 1572 le fionde ugonotte che crepitavano all'assedio di Sancerre furono soprannominate gli arquebuse.\· de Sancerre" 80 È interessante ricordare che questa arma fu precipua delle popolazioni dedite alla pastorizia, in quanto consentiva, con opportuni e ben aggiustati tiri, di ricondurre gli animali riottosi nel branco81 • Nei rilievi assiri è documentato l'impiego della fionda in apposite unità specializzate, dell' esercito regolare. In età classica anche i Romani conobbero logica.mente le prestazioni militari dell' arma, ma non l'adottarono mai per l'equipaggiamento d'ordinanza delle proprie legioni, destinandola invece alle formazioni delle truppe ausilìaric82• Ad ogni buon conto le popolazioni rurali l'annoverarono sempre quale loro arma tipica, utilizzandola spesso per la caccia, ed ancora nel secolo scorso nell'Italia centro meridionale trovava impiego, tant'è che il Gugliclmotti afferma: "Ho veduto in Terracina la caccia de' palombi fatta dai fiondatori, e tiri così giusti e lontani da disgradare i fucili comuni"83 .

Mazzafionda Dall'arma innanzi descritta successivamente derivò la mazz<4ìonda, meglio definita come fustibole consistente in linea di massima in un bastone non molto lungo, ad u na estremità del quale stava infissa la fionda propriamente detta. In questo caso si può parlare dì una sorta di propulsore rigido destinato ad allungare il braccio del lanciatore in modo da incrementare notevolmente la velocità iniziale, che si riscontra ottenuta in due diverse maniere. Nella prima il lanciatore, brandendo con entrambi le mani

80

Da W. RElD, La scienza delle armi, dalL 'età deL/a pietra ai nostri f?ÌOrni, Milano 1979, p. 21 . cfr. V. L. GR<.rrTANF.LLJ, Ethonologica l'uomo e la civil1à, Bergamo 1965, pp. 166-170 82 La "funda' nell'esercito romano restò in dotazione soltanto alle truppe ausiliarie dei socii o alleati, che fornirono perciò reparti specializzati eletti "funditores". 83 Da A. GUGUELMOTn. Vocabolario marino e militare, rist. anasl. dcli' cdiz. Voghera, Roma 1889, Milano 1967 . alla voce. 81 Sull'argomento


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quell'impugnatura imprimeva all'arma vorticose orbite, fino all'istante dello sgancio. Nella seconda invece, e forse fu quella più applicata, si impugnava non diversamente dalle moderne canne da pesca per jmprimere una sorta cli frustata propu1siva alla lenza. Anche per questa variante è tramandato l'impiego cli pallottole plumbee per il solo impiego bellico. Può ritenersi per affinità di prestazione derivante dalla fusione di un propulsore rigido, con uno fles sibile, noto come ani.entt.tm8<1, attrezzi correntemente impiegati dai contadini per incrementare le gittate di lancio.

Arco L'arma da lancio classica per antonomasia fu indubbiamente l'arco, nota anch' essa sin dalla più remota antichità85,di indiscussa validità beUica. Nonostante ciò la dirigenza militare romana, pur conoscendone a perfezione i pregi e le potenzialità, non la contemplò mai ufficialmente nell'armamento legionario, relegandone la dotazione ai soli contingenti ausiliari. Potrebbe trattarsi cle11a logica conseguenza della tattica riservata ai propri eserciti che, inquadrando al centro dello schieramento le fanterie dotate di giavellotto e scudo, lasciava alle ali degli ausiliari il lanci.o di frecce ed affini. La ragione in questo caso andrebbe individuata nel fattore dispers.ivo e ritardante prodotto dalla fredda concentrazione richiesta per la mira, incompatibile con la cruenta eccitazione necessaria allo scontro fisico. Catone ammetteva l' importanza nel combattimento degli arcieri addestrati, ed il console Appio Claudio P ulcro, nel 2.11 a. C. impiegò gruppi di essi, unitamente alla cavalleria, con l'evidente scopo di scompaginare lo schieramento nemico. Restano comunque casi isolati, noti come singolarità elucubrative dei comandanti, miranti, occasionalmente, a debilitare il dispositivo avversario. Vi è da aggiungere infatti al riguardo che essendo le frecce visibili nella loro traiettoria, a differenza delle pietre della fionda, provocavano nei combattenti una pericolosa ansietà, derivata dal continuo scrutare il cielo, nel tentativo di schivarle. Ad ogni buon conto per i romani rimase in auge per finalità esclusivamente venatorie86 . Tornando alla tecnologia dell'arco emerge, per i più evoluti esemplari, una incredibile difficoltà assemblativa impiegandosi per la sua costruzione disparati maleriali elastici. Senza addentrarci ulteriormente nei dettagli, ricorderemo esclusivamente che in base alla forma ed alla struttura si distingueva in semplice o composito. Il primo realizzato con legno o corna animali, trovava impiego più diffuso presso i ceti poveri, in virtù del suo contenuto costo. Il secondo invece, ottenuto con vari strati di essenze incollate e fasciate rigidamente, previa idonea sagomatura costituiva la dotazione venatoria dei possidenti. La grande stagione dell'arco coincise con l'avvento del medioevo, costituendo anche per gli eserciti de11' epoca l'arma eia lancio per antonomasia. Quale fosse la sua diffusione può dedursi dal particolare che la coltivazione del tasso, dal cui tronco se ne ricavava abitualmente il fusto flessibile, venne imposta tanto da Carlo Magno quanto da Carlo Vll. Per le varianti rurali dell' arma risultava discreto anche il legno di ciliegio. Tutte e tre le tipologie dì armi da lancio lralleggiate richiedevano, ai fini d'impiego, una sia pur minima quantità di luce, necessaria per la punteria, condizione questa che le rendeva scarsamente utili per difendersi nel caso di attacchi notturni , non consentendo peraltro, per la loro bassissima cadenza di tiro,

84 L'amenturn consisteva in una sorta di c<.>JTeggia di cuoio avvolta a spirale intorno ai giavellotti, che scagliati per rnezzo della stessa ruotavano intorno al proprio asse maggiore a causa del suo rapido srotolamento. Ne risultava perciò un effetto giroscopico che accresceva cli molto la gittata dell'arma. Ancora nel XIX secolo si potevano ammirare le gare che i minatòri dello Yorkshire disputavano fra loro scagliando frecce di circa 80 cm. mediante l' amentum, a volte fino a 340 m.. 85 È da presumere che l' impegno dell'arco quale arma rimonti per l'Europa e per l'Africa settentrionale almeno al 15. 000 a. C .. 86 Cfr. J. HARMAND, L ·arte della guerra... , op. cit., pp. 90-92.


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26. Falcione da parata del '600.

la formazione di uno sbarramento balistico. Indispensabili perciò anche altre categorie di anni, per l'impiego ravvicinato, ma non eccessivamente sofisticate e specializzate da ricadere sotto le severe proibizioni legali, o inaccessibili economicamente. Nelle masserie e nelle aziende agricole si confacevano egregiamente al bisogno moltissimi attrezzi, costituenti una ricca tipologia di armi rurali apparentemente improprie, ma di indiscutibile efficacia. In un'epoca infatti in cui le armi individuali erano soltanto bianche, le possibilità di impiegare attrezzi agricoli in loro vece, non penalizzava con sensibili svantaggi funzionali. Coltellacci, falci, scuri, spiedi e forconi, per citare i più frequenti nella dotazione di una qualsiasi azienda agricola, appaiabili alle equivalenti armi da taglio e da punta, ostentavano potenzialità vulneranti di tutto rispetto. Montate abitualmente su lunghe aste saranno a loro volta progenitrici della micidiale famiglia delle picche, alabarde ed affini, di acclarata efficacia bellica. Suddividendole pertanto nelle tre categorie basilari, da taglio, da punta e da botta, ne tracceremo una sintetica descrizione delle relative peculiarità delle più note rappresentanti.

ARMI RURALI IMPROPRIE DA TAGLIO Falcione L'attrezzo agricolo per antonomasia, la falce fienaia, e la sua variante in asta il falcione, divennero le armi precipue delle masse rurali, detenninando proprio per la loro sanguinosa efficienza tutta una serie di derivazioni militari. Il falcione consisteva abitualmente in una lama ricurva a un solo filo, o a un filo e mezzo, lunga circa una sessantina di cm., raccordata perpendicolarmente ad una asta di un paio di m. necessaria per la sua manovra. Con la semplice modifica della rotazione di 90° della lama rispetto all'asta si generò il falcione da combattimento, e come tale la si ritrova in dotazione a molte milizie comunali italiane a partire dal Xlll secolo. In quanto arma si registra il suo impiego bellico già dal IV secolo a. C. nella penisola iberica, mutuata a sua volta dai Greci e dai Persiani. Per ripararsi dai micidiali fendenti, in grado di squartare lo scudo, i legionari furono costretti ben presto a recingerlo di un bordo metallico. La sua duplice natura, di attrezzo agricolo e di arma, nonché la sua facile trasforma-


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28 27. Roncola o roncone. 28. Forcone. Museo Militare di Bucarest.

zione dall'una ali ' altra e la indiscutìbile validità risaltano da questa sintetica annotazione: "Per secoli , pungoli , forche e correggiati adoperati dalla maggioranza dei contadini europei si trasformavano all'occorcnza in armi; ma un altro attrezzo agricolo si prestò ad essere convertito in arma, e cioè la falce fienaia: era sufficiente sistemare la sua lama in linea con l'asta anziché trasversalmente ad essa. Il nuovo posizionamento della lama la convertì in una lunga picca dal filo tagliente, che venne adoperata per secoli ... Nel 1685 armi ricavate da falci fienaie furono catturate a Seclgemoor dopo la resa... [nel] I 715 , il Consiglio dei Dumfries scozzesi ordinava ai fabbri locali di convertire le falci in picche ... red ancora nelJ 1832 i contadini realisti di Bretagna e Vandea ricorsero nuovamente alle falci ... led infine] troviamo ... falci convertite in picche, alcune delle quali con il filo a denti cli sega... nelle insurrezioni polacche ciel 1830 e del 1863 che videro la partecipazione di grandi masse contadine" 87 . Alla stessa categoria appartenevano anche le roncole, i ronconi o i ronchi, per lo più assimilabili a falcetti in asta, muniti successivamente dì una punta per sgarrettare i cavalli.

ARMI RURALI IMPROPRIE DA PUNTA Forcone Analogamente al falcione anche il forcone, di tradizionale uso agricolo vanta una sterminata casistica di impiego bellico, offensivo e difensivo. Consisteva in genere di una sorta di tridente, per lo piL1 in legno con le punte leggermente ricurve per poter meglio afferrare il fieno, ma alquanto comuni erano pure gli equivalenti in fen-o. Pur ostentando già in siffatta foggia notevoli capacità vulnerative, con lievi accorgimenti e rapidi interventi si riusciva ad accrescerle vistosamente. Bastava infarti raddrizzare le

87

Da W. REJD, La scienza delle armi... , op. cit. p. 161.


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29. Scure. Musco Militare di Bucarest.

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punte per trasformarlo in una micidiale arma da punta in asta. Questa a sua volta si sviluppò per uso bellico specifico in maniera del tutto originale, tanto da giustificare per apprezzarne le potenzialità una breve disgressione: "I forconi venivano fatti per uso specifico dei soldati dal XV secolo e si continuò a fabbricarli fino al XVII secolo. Avevano due, o meno comunemente, tre lunghi denti dritti (a differenza elci forconi agricoli),più uno o due uncini curvi per tirar giù gabbioni o fascine da un punto fortificato o disarcionare un cavaliere. Il I O aprile 1691, i granatieri del reggimento francese «Dauphin»,al comando di Vauban, catturarono forconi militari agli Austriaci aJl'assedio cli Mons. Da quel giorno fino al 1816, quando i loro forconi furono depositati nel Muséc d' Artilleric, a ricordo della vittoria, i sergenti del reggimento portarono forconi invece di alabarde"88 . Alla stessa famiglia appartenevano anche gli spuntoni, gli spiedi, derivati in molti casi dalla modifica dei forconi, nonché le corsesche, ed i coltelli immanicati su asta, che originarono la cosidetta partigiana.

ARMI RURALI IMPROPRIE DA BOTTA E DA TAGLIO Scure La struttura tipica di quest'allrezzo, altrimenti noto anche come ascia, consisteva in una massa di acciaio, con una estremità cuneiforme molto affilata, innestata sopra un manico più o meno lungo. La sua comparsa rimonta al neolitico, variando in definitiva e per il materiale impiegato, selce, rame, bronzo e acciaio, e per il diverso modo di immanicatura. Con l'avvento del ferro si adottò universalmente quello ad occhiello con la lama tagliente parallela al manico. Non fu mai adoperata come arma presso i popoli "civili",ma rientrò in quella tipologia presso i barbari e presso le popolazioni contadine. I Vichinghi, infatti, la elessero a loro arma nazionale, in virtù della sua micidiale potenza. Un colpo ben assestato poteva troncare di netto un arto, o spaccare un cranio quand'anche protetto da un elmo tradizionale. Dopo

xs Ibidem,

p. 73.


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30. Mazza chiodata. Museo Militare di Bucarest. 3 I. Mazzafrusto. Museo Militare di Bucarest.

una breve scomparsa nel medioevo, riapparve nel corso delle guerre di religione, proprio per la partecipazione di masse popolari che trovavano nella stessa una rispondente ed economica arma. Dalla dotazione militare occidentale sparì ufficialmente nel XVI secolo, ma restò in vigore come utensile individuale, idoneo alla difesa, anche durante la prima guerra mondiale. Se ne distinsero a secondo la foggia di moltissime varietà, fra le quali vanno menzionate quella da guastatore, da uomo d'arrne, da minatore sassone, da vichingo ecc. , tutte comunque riconducibili in sostanza al prototipo rurale89 .

ARMI RURALI IMPROPRIE DA BOTTA Martello Derivato con lievi adattamenti dal tradizionale martello, ne differiva per una maggiore lunghezza del manico, prossima al metro, e per la configurazione della sua massa ferrosa foggiata a punta all'estremità opposta a quella da percussione. La successiva ulteriore elaborazione portò alla realizzazione del cosiddetto "martello d' arme" per finalità esclusi vamcnte bellica.

Correggiato Tra gli attrezzi elementari impiegati dai contadini in fase di trehbialura si distingueva un particolare bastone articolato. Questo a sua volta poteva essere formato da un unico elemento snodato, il caso più semplice, o da due raccordati mediante corregge di cuio. Mantenendo con le mani una estremità si riusciva ad imprimere alla seconda, per l'allungamento del braccio in tal modo ottenuto, una maggiore velocità

89

Sull'argomento cfr. C.

BLAJR,

Enciclopedia ragionata ... , op. cit alla voce.


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periferica che si traduceva in una maggiore forza viva nella percussione delle spighe dei cercali. L'attrezzo opportunamente perfezionato e potenziato, munito spesso di estremità chiodate si trasformò nell ' arma, propriamente detta "mazzafrusta". "L'uso del correggiato, per battere i cereali, suggerì forse l' idea cli usarlo come arma per eserciti di contadini. All ' inizio la fanteria usava i correggiati senza modifiche, ma intorno al XTIT secolo si ebbero speciali correggiati eia combattimento, ossia i flagelli o mazzafrusti .. .''9°. Alla stessa categoria del correggiato appartenevano dunque i flagelli. cd i mazzafrusti. Nel primo caso si trattava dì un bastone collegato tramite una catena in una sorta cli frusta terminante a sua volta con una sfera munita di robuste punte. Per il secondo invece al bastone erano vincolate più catene, concluse da grossi anelli.

ARMI RURALI IMPROPRIE LIQUIDE ED USTIONANTI Ultima grossa categoria dell'armamentario improprio rurale può identificarsi nell' impiego di liquidi bollenti e nelle polveri ustorie, estremi rimedi nelle situazioni d'emergenza, ma perfettamente compatibili con le risorse disponibili in una azienda agricola. Primo fra tutti, infatti e in special modo nelle località coltivate ad uliveto, l'olio. In virtù della sua alta temperatura dì ebollizione, consentiva di infliggere terribili ustioni persino diversi minuti dopo essere stato rimosso dal fornello, penetrando i più sottili interstizi di qualsiasi corazza od indumento. Come se non bastasse pure dopo raffreddato continuava a costituire, a causa della sua vischiosità, un serio pericolo per gli attaccanti alle prese con lo scavalcamento delle mura mediante approssimate scale. Unitamente a quello e con motivazioni pressappoco similari, si rintraccia la prassi dell'aspersione a pioggia sugli assalitori della calce viva polverizzata, che mescolandosi con il sudore dei loro corpi spesso successivamente innaffiati dai difensori - produceva altrettanto devastanti ustioni ed accecamento, per non parlare del soffocamento indotto dalla sua penetrazione nelle vie respiratorie. Giovandosi di queste elementari risorse, appena accennate per sommi capi e per vaste categorie, ogni fattoria era in grado, positivamente, di sostenere gli assalti di bande di predoni, per diverse ore, forse persino,per qualche giorno intero, eludendo ogni sanzione circa la detenzioni di anni. Ma quali avrebbero dovuto essere le minime potenzialità numeriche umane indispensabili, per garantire un'efficace salvaguardia di ciascuna villa rustica? Come descritto la fattoria tipo dell'ultimo stadio evolutivo sotto l'aspetto difensivo si può equiparare schematicamente ad un recinto murario, alquanto alto, quadrato, forato da una sola consistente apertura, il vano carraio, e munito di quattro ton-ette angolari. l corpi cli fabbrica presenti su tre lati - ad eccezione di quello d'ingresso - sono solidali con la cerchia, e la irrigidiscono strutturalmente, configurandosi inoltre le loro coperture come aJtrettanti vasti spalti perimetrali. Associato che nessuna macchina ossidionale, tranne forse qualche volgare scala, dotava gli assalitori, i punti deboli del sistema fortificato descritto si individuano eminentemente a carico del menzionato varco carraio. Tutti i tentativi di violazione, pertanto si sarebbero necessariamente orientati contro quello, o subordinatamente allo scavalcamento dei tre lati non abitativi. Ne derivava un'altrcttanto ovvia dislocazione della difesa mirante a frustrare l'evenienza. È pensabile che nelle torri - verande, in genere quadrate, guardante ciascuna almeno due lati esterni del recinto- fattoria, ed una sezione sommitale del suo perimetro, vi si trovassero al minimo otto persone, ovvero quattro per lato attivo, o due per lato. Queste avrebbero adempiuto contemporanemente sia alla sorveglianza sia, nell'evenienza, al tiro piombante e fiancheggiante, con l' armamentario descritto o con le semplici pietre. Data la non particolare gravositù del compito, ed il non immediato contatto con i

90

Da W. REJD, La scienza delle armi ... , op. cit. p. 41.


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predoni, non si configurava a loro carico essere necessariamente tutti maschi, o adulti, essendo in definitiva il propulsore la forza cli gravità91 • Ad approvviggionare ognuno di quei caposaldi, posto mediamente tra gli 8 ed i 1.2 m. di quota, dal piano di campagna, servivano almeno altre quattro persone, ma in questo caso sufficientemente robuste e resistenti a prolungati sforzi, dovendo sostenere le reiterate ascensioni sotto carico. Abbiamo in tal modo un primo totale parziale minimo, per la difesa angolare completa, di circa trenta unità, tra uomini e donne, sulle torri, con inoltre sedici serventi, per lo più maschi. Relativamente poi alla difesa contro lo scavalcamenlo delle cortine interposte, eia contrastare e rintuzzare spesso con scontri serrati a corpo a corpo, con gli attrezzi ricordati, è da applicarsi la densità media, sempre minima, cli un uomo ogni 3 rn. di settore, non necessitanti però cli serventi, ma dotati di un qualche supplemento di rincalzo, pari almeno ad un terzo degli effettivi. Supponendo un perimetro ristretto anche a soli 150 rn. , ne conseguiva un organico complessivo di quasi settanta difensori. In totale quindi, la forza indispensabile per scongiurare aggressioni razziatorie per una siffatta azienda agricola richiedeva oltre un centinaio di persone, fra uomini e donne, cifra peraltro congrua alle normali presenze lavorative in quelle strutture, fra il IIT ed V secolo. Per contro, considerando che una fortificazione, per debole che possa essere, amplifica il numero dei difensori, assumendo quale fatlore m oltiplicativo da essa indotto il valore m inimo, ovvero 2, abbiamo che la comitiva deliquenziale necessaria per confrontarsi, semplicemente con pari opportunità di successo, con quella posta all'interno della fattoria doveva eccedere le due centinaia di predoni. Pur configurandosi anche questa seconda cifra come credibile, pecca semmai per eccesso rispelto alle reali bande di briganti e razziatori normalmente aggregatesi all'epoca. Simili entità infatti determinavano problematiche alimentari e alloggiative estremamente complesse, privando la compagine della vitale mobili.tà e facilità cli occultamento. Un ultimo dato va ipotizzato circa la durata degli assalli che certamente non esulava nella stragancle maggioranza dei casi il corso della notte. La luce, infatti oltre alla valutazione esatta delle forze , implicava la certezza degli aiuti, se non propriamente militari, civili fornitj dalle altre residenze analoghe limitrofe e dai centri abitati, non lontanissimi, allertati mediante le segnalazioni ottiche, con i fuochi, ed acustiche, con le campane ed i corni.

Militarizzazione dei rurali e ruralizzazione dei rnilitari Quanto descritto, di riscontro diffusissimo sul territorio imperiale, porterebbe alla conclusione, senza dubbio coerente, di una progressi va militarizzazione, prodotta dalla durezza elci tempi , sulla classe rurale, con un incremento sul piano globale delle potenzialità difensive dell' intero stato. Ma una seconda trasformazione concomitante e di segno inverso ristabiliva, purtroppo ad un livello insufficiente, quelle basilari esigenze. Un fenomeno altrettanto diffuso, infatti, prese a dilagare, a ridosso dei confini ed a carico delle truppe ivi stanziate, che potrebbe definirsi cli progressiva ruralizzazione dei soldati. "Le invasioni alle quali l'Impero dovette far fronte dopo il III secolo avevano portato a delle modificazioni profonde nella organizzazione militare, l'esercito fu suddiviso in due armale: da una parte le truppe cli copertura (ripenses, limitanei),acquartierate nei castelli e nelle città fortificate delle province di frontiera, agli ordini dì un duca (dux /imitis),subordinato a un conte la cui autorità si estendeva su un gruppo di province; dall ' altra parte, distribuito all'interno dell'Impero, l'esercito di manovra, formato dai corpi dei palatini e dei comitatenses, era considerato come il seguito militare dell'imperatore. Esso era guidato dal comandante supremo della fanteria (magister peditum) e da quello della cavalleria (ma-

"' L' ipotesi trova arnpio riscontro negli assedi urbani. durante i quali spessissimo sulle mura cornbatterono an che le <lonne. scagliando ogni sona di oggetti sugli atrnccanti.


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32. Ricostruzione grafica di un forte legionario. lungo il vallo dì Adriano in Gran Bretagna.

gister equitum),chiamati entrambi praesentales, cioè agli ordini diretti del principe, i quali disponevano di numerosi soldati subalterni ... " 92 Orbene proprio il radicarsi dei reparti alle l'orlezze di confine ed ai territori circostanti, originò una deleteria distrazione dei soldati dai compiti precipui. Questi infatti avevano. già eia qualche tempo, introdotta la consuetudine di coltivare per proprio conto, i terreni adiacenti le loro basi legionarie. La tendenza che giocava in favore di un loro irreversibile attaccamento all'ambiente ed al la professione, almeno inizialmente fu tollerata e quindi incentivata dal governo centrale. . "La legione ... sfruttava in proprio della terra; quella che era venuta in possesso dello stato per diritto di conquista e di cui poteva, teoricamente, disporre l' imperatore. Talora in effetti era incamerata dal fisco; ma poteva essere anche lasciata per atto di generosità ai nativi , come poteva essere affittata o concessa in enfite usi ai cìvili. Più spesso era lasciata tultavia ai soldati, costituendo il territorium legionis, di cui , a quanto sembra, ogni campo era provvisto, costituendo essa, per così dire, una dotazione della legione in quanto corpo; al limite essa avrebbe potuto coincidere con la zona della cui difesa era incaricata la legione... Da questo privilegio poteva nascere un altro sistema di risolvere l'eterno problema del la sussistenza: cli affittare e fare sfrutlare questo territorium legioni.,· ai civili... la legione si circondava così di insediamenti in parte commerciali, in parte agricoli... Infine... il soldato romano, di estrazione contadina, poteva ben coltivare la terra. TI Mac Mullen ha tentato di dimostrare che esiste una lìnea continua che porta, dal soldato coltivatore di campi cieli' Alto Impero, al soldato limitaneo del Tardo Impero; ed appunto nel III secolo si sarebbe precisata la svolta ... del soldato tardoromano , che è più vicino ad un agricoltore che ad un soldato ... Quel lo che

92

Da R. FOLZ, A.

GtJII.LOl J,

L. Mt JSS ET , D. Sou RDEL. Origine e fonnaz.ion e d(!ll'Europa medievale, Bari I 975, pp. 8- 9.


Premesse romw1e

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inoppugnabilmente possiamo concludere è che esisteva una tendenza elci soldati a crearsi dei propri possedimenti ed a coltivarli direttamente ... " 93 Pur osservandosi che quella complementarietà dequalificava pericolosamente gli organici, minandone lo spirito combattivo, giù inficiato dalle alienanti ed inoperose attese cli guarnigione, protratte a volte per diversi decenni, i vantaggi si valutarono predominanti. Si istituzionalizzarono così i c:astriciani ed i casteL/ani, ovvero i militari delle fortezze e dei castelli che possedevano e coltivavano gli appezzamenti limitrofi ai loro rispettivi quartieri. Il fenomeno aveva ciel resto vistosi precedenti nei territori orientali laclclove: "Le dimensioni delle cìWt furono talmente ridotte e le opere d i d ifesa divennero così elaborate, che esse si trasformarono gradualmente in forti - o almeno finirono per non distinguersi più da essi. In Oriente, le guarnigioni erano eia tempo alloggiate nelle città, o meglio, in particolari quartieri citladini ... Poiché certe truppe stavano diventando una milizia part-time cli cittadini o agricoltori sedentari, la vita civile e quella militare tornarono gradualmente a coincidere: le città stavano diventando dei forti, e di conseguenza, anche i loro abitanti dovettero improvvisarsi, in certi casi e loro malgrado, in combattenti; a loro volta, i forti si stavano trasformando in città abitate da soldati, che al tempo slesso esercitavano il mestiere di artigiani, mercanti o agricoltori. Nel caso del Limes Tripolitanus (nell'attuale Libia).con i suoi centenaria - piccole fattorie forlificate (o fortini agricoli autosufficienti'? - l' omogeneizzazione dei ruoli fu completa"9'i. Per rendere tale vantaggio particolarmente attraente si consentì l'ereditarietà del podere - in origine, come visto. cli pertinenza dell'intero reparto - soltanto nel caso che i figli avessero servito nelle file dello stesso in successione al padre. "li governo indirettamente incoraggiava tale tendenza. Infatti, mentre ai legionari furono concessi numerosi privilegi per incoraggiare l'aJTuolamente volontario - il peculium castrense, il testamentum militare, generose donazioni, ovvero concessioni di tene e publici muneris vocatio ai veterani - ,il governo non legittimò mai i matrimoni tra soldati delle legioni e peregrirwe, di modo che i loro figli erano normalmente peregrini. Esso tuttavia conferiva di regola la cittadinanza alle reclute peregrine, specialmente ai figli dei soldati ... Tutlavia, sotto Antonino Pio i figli non ricevettero più la cittadinanza e perciò, per ottenerla, dovevano arruolarsi nell'esercito ... Non sappiamo quando il servizio militare divenne obbligatorio per legge, ma si suppone che fosse tale già sotto Costantino ... [che] in una legge posteriore... giustifica l'obbligatorietà con quesla affermazione: «Noi non permettiamo che i figli dei veterani se ne stiano oziosi grazie ai privilegi concessi ai loro genitori»." 95 . E che quei privilegi fossero appunto le terre in concessione ereditaria - a condizione dell'arruolamento sempre meno volontario - trova una serie di riscontri in epoche successive. La significativa disposizione si colloca cronologicamente sotto l'ultimo dei Severi. sebbene il passo che la comprova appaia alquanto sospetto. per la sua laconicilà: "Sola quae de hostibus capLa sunt, limitaneis ducibus cl multibus donavil, ita ut eorum esseni, si heredes eorum rnilitarent, nec umquam ad privatos pertinerent dicens allentius eos mi litaturos, si etiam sia rura defcnderent"96 • "Soltanto quelle terre conquistate ai nemici, destinò ai comandanti ed alle truppe di frontiera, affinché come loro se avessero avuto eredi, questi avrebbero prestato uguale servizio, nè sarebbero state mai di privati, spettando a quelli che avrebbero servito nell'esercito, difendendo così anche i campi"

L'espediente escogitato, peraltro confermato in sostanza anche eia altri affini in diverse località dell'impero, ribadiva rigidamente i vincoli fra i singoli soldati - coltivatori e la tena, in maniera analoga alla servitù della gleba. Ed anche in questo caso, quindi, la coltura dei campi sembra dipanarsi in un contesto armato, equiparando in definiliva le due tipologie di agricoltori.

Da M. MAZZA. Lolle sociali e resta11raz.io11e awori,aria nel lii secolo d. C., Bari 1973, p. 41 J. Da E. N. L cTfWAK, La grande strategia ... , cit., p. 225. 95 Da D. VL:KA. La società del basso impero. Bari l973, p. 37. 96 Da M. MAZZA, Lolle soci(l/i... , op. cil. p. 410. 93 94


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La dUesa delegaw

Nel secolo successivo, il V però, quell'ultima parvenza militare, anche nella sua estrema metamorfosi rurale "part-time" prese a dissolversi irreversìhilmente in breve volgere, e con essa le residue istituzioni. Le truppe in Britannia si dileguarono durante gl i ultimi anni cli Valentiniano - intorno al 450 -, quelle in Spagna subito dopo, e comunque nello stesso decennio con l'invasione visigota. Fu la volta quindi dell 'esercito della Gallia - forse tra il 470-480 - e poi ancora di quello illirico nello stesso decennio. L'estremo residuo in Italia, invece, si contrasse parallelamente in modo cospicuo, scomparendo con con la fine della carica imperiale. È ricordato da Eugìppìo,97 l'ultimo reparto regolare di stanza presso Faviane che, ritirato lo stipendio, si disperse, ponendo termine a qualsiasi formazione militare statale, nell'ambi to della Penisola.

Premessa del castello feudale? Da quel momento in poi e per molti secol i, la difensiva privata, quando non fu l'unica, fu certamente la sola che consentì la sopravvivenza della produzione agricola e pastorale. Il destino delle villae sparse su tutto l'immenso territorio imperiale risulta alquanto diversificato. In Britannia, dove peraltro ebbero una fioritura limitata, rientrarono fagocitate nel tradizionale habitat agricolo preromano, annullandosi totalmente. Nella valle della Mosella, invece, riuscirono a sopravvivere ancora per diverso tempo, a differenza cli quelle del l' Eìfel che su birono una profonda rielaborazione. I franchi, a loro volta, ne mantennero, spesso ampliandola addirittura, la concezione. Nella Germania infine una radicale distruzione, intorno al VJ secolo, le cancellò impietosamente, ìn molti casi anche con un significativo accanimento, trasformandone i ruderi in irrnnondezzai98 . Per l'Italia la sorre si mostrò più generosa. Grazie probabilmente alla loro funzione produttiva - ali mentare esaltata dalla fertilità elci suoli, nonché alla loro, sia pur blanda. fortificazione assursero al ruolo di centri di aggregazione insediativa, sopportando, con pochi danni, persino le maree barbare. È significativa infatti la ricorrenza toponomastica cli Villa nel novero del le località italiane, che occupa in assoluto - dopo quella legata ai santi od al culto religioso - il secondo posto99. E forse questa costituisce la migliore testimonianza della rispondente validità d'impianto delle antiche fattorie romane, in qualsiasi vicessitucline storica, massimamente quando instabile ccl incontrollabile dall'autorità centrale. Ovvio perciò che Ja loro formula si adollò, con le opportune modifiche nei secoli successivi, al pari della concezione difensiva privata, o per meglio d ire "delegata" . Potrebbe sembrare a questo punto che l' elaborazione cli una struttura chiusa, più o meno quadrilatera, munita cli torri ai vertici e cli alcuni accorgimenti difensivi, appartenente ad un unico signore - proprietario di estesissimi poderi circostanti - e presidiata da un proprio contingente armato, spadroneggiante sulla pletora dei m iseri contadini, racchiuda tutti gli elementi specifici della società feudale che si sarebbe in seguilo sviluppata. Ne conseguirebbe pertanto che quanto da noi etichettato quale "difesa delegata' altro non fosse che l'albore di quella. In realtà l'equiparazione è semplicistica e superficiale, tanto a livello architettonico che sociale. La villa non rappresenta affatto la premessa al castello medievale, che si svi lupperà autonomamente, d,t altri antefatti e da altri archetipi e per altre finalità. La villa, banalizzando l'esemplificazione, rassomigliava aJ secondo come un trattore cingolato somiglia ad un carro armato, ovvero soltanto per analogia cli alcune parti funzionali comuni , dì tutte le molteplici peculiari, e tra queste quella garante della perseguita inviolahìlità. Pur contemplando l' impiego dì alcune connotazioni dell'architettura militare classica, con le menzionate dehìte semplificazioni, non preconizza affatto quella medievale. Non fu quindi il castello a derivare dalla villa, ma se mai questa a recepire alcune impostazioni, peraltro obbligate, della difensiva, finendo col somigliare iconograficamente al. primo. Ma per il suo

// tranwnto... . op. cit. p. 322. Cfr. R. roLZ, A. G u11..LOU, L. MuSSET, D . SOURDF.1., Origine... , op. cil., p. 87. •n Cfr. G. GALASSO, L'altra Europa, Cuneo 1982, pp. 26- 27.

•n Cfr. A. H. M . .IONl:S, 'J~


Premesse romane

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concreto avvento, nella versione che più ricordava la villa, occorreranno almeno altri sei secoli, spesi in continue elaborazioni architettoniche e non in ottusi ritardi altrimenti inspiegabili, qualora concernenti una semplice riproposizione. Il repertorio formale del resto delle masserie fortificate coopterà, in seguito, anche molti elementi caratteristici delle fortezze e delle torri costiere, ma ancora una volta la procedura sarà la conseguenza imitativa e non genetica. Nessun dominio ambientale infatti si coglie nella loro logica d'impianto, nessun controllo strategico del territorio, nessuna sofisticazione muraria tesa alla difesa ad oltranza dei proprietari, paragonabile lontanamente a quelli dei castelli. Nè si evince peraltro a carico dei feudatari , sempre di estrazione militare, alcuna funzione produttiva, a differenza dei fattori agricoli e dei massari, di provenienza contadina. La proprietà terriera dei primi, ricevuta per concessione regale, rappresentava una sorta dì compensospese per le immancabili prestazioni militari prefigurate, e non già la fonte di reddito in quanto tale. Il castello perciò graviterà passivamente sul feudo, a differenza della masseria fortificata che sfrutta con il lavoro il podere: in uno vi è consumo di risorse nell'allra la produzione. Architettonicamente perciò il primo è rigidamente aderente ai canoni difensivi ottimali a partire dal sito d'erezione, il più impervio possibile; la seconda, invece, risponde alle esigenze aziendali, collocandosi nella posizione cli migliore accessibilità e di più facile raccordo viario. Dal castello così magistralmente arroccato non scaturisce alcuna economia di commercio, ma solo un concentramento di ricchezze fiscali, per la massima parte in natura, da impiegarsi in funzione di una ipotetica protezione militare. Dalla fattoria fortificata deriva un libero mercato ed un fitta serie di interscambi. E se il primo rientra molte volte in una logica strategica regionale, se non nazionale, la seconda risponde solo al criterio della coltivazione remunerativa del suolo, e si difende in una ottica strettamente privata. Ovviamente perseguendo ciascuna fattoria la propria salvaguardia, finiva per agevolare anche quella pubblica: in ogni caso la difesa da esse espletata non acquisì mai ruolo pubblico, anche se convergeva per finalità con quello, tornando comunque talmente utile alla comunitù da far suppone una effettiva delega centrale.


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PARTE SECONDA



A RIDOSSO DELLA FRONTIERA MARITTIMA

Interludio medievale L'esauri rsi delle violentissime ondate invasive che si erano abbattute dal V secolo in poi, sull 'occidente romanizzalo, lasciarono dietro di sè uno sterminato scenario di macerie, d i devastazioni , di spopolamento e di indigenza' . L'ordine impresso dalla civiltà di Roma, discutibile sotto molto aspetti, ma innegabile nella sua estrinsecazione globale, ne fu sconvolto e sovvertito. Intere ampie regioni registrarono un drastico regresso, con alienazione totale del benessere fin lì goduto tanto che la definizione stessa e le fon ti tradizionali della ricchezza mutarono di significato e di origine2• Nuove realtà produttive estremamente modeste emersero, la cui portata però non oltrepassò i limiti puramente locali, o per contro si imposero su interscambi lontanissimi, supportati da una arcaica marincria3 . La prima infrastruttura imperiale infatti a sgretolarsi fu l'evolutissima rete viaria, trama connettiva di quell 'immenso organismo ormai sezionalo4 • Scomparsi così i1Teversibilmente g li incentivanti caratteri d i percon-ibili tà itineraria, commerciale e strategica, scomparvero altrettanto rapidamente le sue peculiarità cli organ izzazione e di sicurezza, garanzia basilare per i liberi mercati. Crollati moltissim i ponti, per incuria o travolti dalla incessante conflittualità, in luogo della perfetta conti nuità stradale sopravvisse una serie episodica ed inconcludente cli modesti tronconi, miseri lacerti dell'antico tracciato, infestati per cli più da bande di grassatori e predoni, rigeneratesi dopo una parentesi di quiescenza.

1 Sulla fisionomia ùell'occidcnle medievale J. Li.:: GoFF. La civiltà de/l'Occidente medievale, Milano I981, p. 35, traccia il seguente quadro circa i nuclei abitai.i caranerizzati ùalla: "frammentazione in piccole unità ripiegate su se stesse poste in rnezzo a "deserti": foreste, lande, terreni incolti. '·Fra le ro vine delle grandi ci1tà, soltanto gruppi sparsi di povere popolazioni, testimoni delle calamità passate, auestano ancora per noi i nomi cli un tempo" scri ve Orosio all ' inizio del V secolo. Questa testimonianza fra tante altre, confermata dall'archeologo, sottolinea un fatto capitale: la decadenza urbana accclc.rala dalle distruzioni barbariche. Senza dubbio questo è solo uno degli aspetti di un effetto generale della violenza degli invusori. che ha distrullo, rovinato, impoveriw, isolato, ridotto. Senza dubbio le città erano una preda che faceva gola con l'allettamcnl.o delle ricchezze accumulate. Per questo esse sono si.ate le vittime pi(1 atrocemente straziate. Ma se non hanno pol.uto superare lu prova, lo devo no al fatto che l'evoluzione allontanava da loro la popolazione esistente. E questa fuga dei cittadini era una pura conseguenza della fuga delle derrate, che non venivano pili ad alimentare il mercato urbano .. . La necessità di nutrirsi spiega prima di ogni altra cosa la fuga del 1icco nelle sue terre, l'esodo dei poveri nei poderi dei ricc hi. Ed ecco che le invasioni barbariche. disorganizzando la rete economica, squassando le vie commerciali, affrettano la rurali7.7.a,.ione delle popola,.ioni, ma non la creano. '' 2 Afferma G. G 1-\LASSO, Potere e istituzioni in Italia, dalla caduta dell"Impero romano ad oggi. Milano I 976, p. 5: "Si formano così in questi secoli duri e oscuri, le consuetudini loculi che rimarranno poi per altri lunghi secoli a base della misura in cui, per contratto o per prassi, i proprietari terrieri o i loro delegati percepiranno censi, frutti cd opere dai coloni : lì assorbendo antichi obblighi tributari e sostituendo il proprietario al potere pubblico nella relativa percezione: qui convertendo in obblighi in natura vecchie prestazioni pecuniarie; altrove rendendo gratuite prestazioni prima pagate ... li latifondista è un elemento antico che assume una nuova fisionom ia, e resiste e si salva anche perché riesce a darsi nuove fu nzioni che hanno la loro utilità in tempi così calamitosi e ùi tanto indebolimento del potere pubblico. In fondo è lui che raccoglie, organizza e protegge gran parte della popolazione ... Esso tende .. . ad assumere caratteri signorili. Lo si vede. oltre tulto, dalle guardie annate, piccoli eserciti privali, che ormai divemano consueti nel paesaggio della villa. " 'È interessante ricordare ad esempio che anche nel periodo del suo splendore la potenza mercantile navale di Amalfi vantava una flotta costituita ùa imbarcazioni moclcst.issirne che comunque stando all 'accurato saggio di M. DEL TREPPO e A. L EONE, Amalfì medievale. Napoli I977. mai: ··raggiungono le I00 botti" di stazza. ·• Precisa J. L E GOFF. u.1 civiltà ... , cit. , p. 36: "In questa rovina della antica rete commerciale. la strada ro mana è la prima vittima. La strada medievale che, materialmente, sarà piuttosto un passaggio, sarà diversa e nascerà pili tardi. Nell'intervallo, fra i deserti che la via terrestre non riesce più ad attraversare, sussistono solo le strade naturali, cioè i corsi navigabili ... ·•.


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La clif'esa delegma

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34 33. Benevento: torretta quadrata delle mura longobarde: evidente ìl ricorso sistematìco al rnateriale cli spoglio. 34. Benevento: torre angolare rotonda, anch'essa abbondantemente costituita da materiale di spoglio.


A ridosso dellaji·onfiera nwriflima

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Parimenti l'abbandono massiccio delle fasce costjere, con le annesse opere di regimentazione idrica e di drenaggio, innescò in breve volgere il reinsediarsi delle paludi5 che, con i loro malsani acquitrini contribuirono insormontabilmente alla segmentazione ambientale. Permasero piccole enclavi rivierasche particolarmente favorite dalla configurazione del litorale e protette dalla morfologia del retrotena, costrette quasi a sviluppare la loro economia in funzione del mare6. Le fatiscenti città, nella loro triste ristrutturazione difensiva, spesso eretta raffazzonando materiali di spoglio senza alcuna distinzione, si equipararono pertanto a buon diritto ad altrettanti sparuti e miserabili avamposti su quell'immensa mortale desolazione. lmpensabile qualsiasi attività da svolgersi con sufficiente regolarità, meno che mai al di fuori di massicce fortificazioni. Il concetto di diritto e di legalità, come pure quello cli sovranità suonarono in quei frangenti vacue in11essioni vocali, e comunque la loro influenza pratica, anche nella loro rozza approssimazione barbarica, non eccedeva il raggio dell'orizzonte, e spesso nemmeno tanto. Sotto il profilo produttivo il danno, se possibile, appariva ancora più grave e stravolgente. Limitando l'indagine alle sole unità agricole di base, infatti , pur riuscendo grazie ai menzionati adeguamenti difensivi a sopravvivere in qualche maniera a.Ile maree invasive, finirono per ridimensionare rapidamente la loro importanza e potenzialità. La coltura dei campi infatti presupponeva, oltre alla disponibilità di abbondante manodopera, un contesto di stabilità e cli tranquillità, o per lo meno di non belligeranza, sia pure su scala regionale. La incessante lotta per bande, invece, propria dell ' incerto contesto altornedieva.le, l' assen7.a di una autorità riconosciuta, le interminabili faide e le razzie indiscriminate, sembravano fatte apposta per inficiare qualsiasi sforzo teso ai raccolti. Come se non bastasse, sia pure indirettamente, la frammentazione geopolitica istauratasi incentivava gli esodi contraendo ulteriormente i rendimenti terrieri. Infatti se sotto gli ultimi imperatori tornò possibile fissare ogni categoria di abitanti ad una determinata attività in maniera ereditaria, per cui al contadino subentrava il figlio obbl igatoriamente contadino ed al soldato il soldato, in una sorta di cristallizzazione sociale, nel periodo successivo tale procedura venne spazzata via. La prassi indubbiamente inumana, ma altrettanto certamente vantaggiosa alla sopravvivenza dello stato ormai prossimo al col lasso, ostava con la perpetuazione dell'attività alla naturale ricerca di condizioni esistenziali migliori, garantendo comunque i necessari organici di settore. Pertanto il contadino libero o cli provenienza servi-

' R. C1.ASCA. // prohlema delle bonifiche nel Regno di Napoli, in Territorio e società nella storia del lvfe~z.ogionw. Napoli 1973, pp. 306 e sgg. , afferma: ·'Più si studia la storia del Mezzogiorno, più si trova fatale alla sua esistenza questo male implacabile che esaurisce le inLime energie della popolazione. Essa domina in quasi tutte le zone ini'eriori ai 200-300 metri sul mare. ma può rinvenirsi. imporLata dal basso. anche oltre i 1000 metri .. . È la malaria ... lche l ha spopolato città e campagne del Mezzogiorno: ha favorito la formazione cie l latifondo, ha condannato all'incultura e all'inerharnento una grande quantità di terre ... la difesa dal paludismo. la prosperi là cli alcune zone ... erano dovute alla costante opera di bonifica e ad una costosa manutenzione. È ormai nolo infatti che i Romani ... comhallevano strenuamenLe l'umidità e t·erosione . .. mediante cunicoli scavati per lunghissimi tratti nella campagna, ordinali io vaste reti e destinati a raccogliere le acque di grandi estensioni di terreno... Nella zona cli Terracina non cessò mai il fervore delle opere volto a bonificare que lle contrade ... e questo richiedeva grandi lavori e spese ... (pure] per il canale navigabile costruito per lo smaltimento delle acque da Triponzio a Terracina per la lunghezza di 19 miglia ... Anche le carnpagne nelle vicinanze di Sibari. cli Pesto, di Eraclea. di Metaponto dovevano essere mantenute in uno stato cominuo di bonifica,.ione ... Ma quando il sistema ... assorbito dai più gravi problemi ... trascurò ... [lal manutenzione ... allora cominciò o si aggravò quell'abbandono .. . Più gravi furono i danni derivanti dalle invasioni barbariche ... Le zone di confine, continuamente esposte per secoli alle incursioni dei barbari, dei saraceni, de i barbareschi, dei turchi, dei corsari di tutte le nazionalità si inselvatichirono ... Nel piano, dominavano le barbarie, l'inselvatichimento e la malaria ... ''. • Fu questa prohahilrnente la genesi non solo di Venezia, ma anche di Amalfi. Afferma infatti il dott.. F. PANSA , Is1oria dell'antica repubblica d 'Anw/fi, Napoli 1724, p. 21 che: «essendo venuto il Re Totila con numerosissimo esercito, per distruggere la Città di Roma ... non tralasciò di rnenar con esso lui il fiore della Nobiltà Romana in compagnia, smantellando le mura della Cinà di Napoli, e presela con altre Città del Regno. Laonde molte Patrizj Romani, che poterono fuggire. dalle mani di quel Barbaro, vennero a salvarsi in questa Ri vieni. in cui col suo fortissimo esercito volendo entrare per distruggere ... fù da Narsete in quella famosissima giornata, rollo nel Monte Lanare di questa Costa presso Lettere ... ".


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la d(fesa delegata

le - come del resto l'artigiano - fissato al fondo in maniera immutabile, altrimenti meglio definito "servo della gleba", subiva l' im possibilità di sottrarsi a quella condizione infame ed oppressiva non solo in forza della legge, quanto piuttosto per l'estensione stessa dello stato centralizzato. Per mi gliaia cli chilometri al suo intorno, infatti, non avrebbe potuto sperare in un asi lo sicuro presso alcun'altra azienda agricola o comunità sociale o villaggio, restando dovunque un trasfuga braccato. Lo sfaldarsi perciò di quella unità produsse in defi nitiva l'impossibilità di mantenere rigidamente vincolati alla terra persino gli schiavi, contraendone drasticamente, insierne a mol tep lici fattori. anche l' impiegc/. In altri termin i nessuna fattoria, poteva realmente far affidamento su d i un numero certo cli lavoranti, liberi o coatti che fossero, riuscendo a questi comunque agevole abbandonarla e trasferirsi a condizioni migliori altrove - e a diversa attivi tà - in quanto ambiti dovunque e senza alcuna formalità circa la loro provenienza. D'altro canto il modello feudale imposto dagli eventi e dai conq uistatori sembrava l' ideale per ingenerare miseria, inceppando rigidamente ogni scambio, anche a livello regionale, riducendo tutto ad una sorta di tetra autarchia ind igente. Supporto economico portante assursero così per antonomasia le debilitate ri sorse agro-pastorali, finalizzate per gi unta al mantenimento di una categoria di armati, disomogenea e insignificante per consistenza, nonché instabile istituzionalmente8• Tali compagini violente ed indisciplinate, impropriamente definite eserciti medievali, incoerentemente frammiste di pedoni di estrazione agricola, armati dei loro tradizionali attrezzi cli lavoro, e di cavalieri altrettanto approssimativamente equipaggiati, lungi dal difendere quel residuo miserabile di produzione agricola, contribuirono alla sua ulteriore debilitazione9. Per la endemica riottosità politico-dinastica dei secoli bui si avvicendavano con tragica frequenza scaramucce stagionali perpetrate da simili scalcinate milizie, che proprio per la sommaria aggregazione - tipica delle bande brigantesche - non disponendo di nulla di simile ad un servizio di intendenza o di sussistenza, o di semplice foraggiamento - , finivano per gravare pesantemente sugli strimenziti raccolti 11l, già devastati dagli scontri campali. Conseguente quindi la astiosa disperazione dei contadini e la loro ribellione anarcoide, destinala a sua volta ad ingrossare le fi la dei predoni e dei briganti.

' Precisa G. GAL.ASSO, Potere ... , cil. , p. 5: " Nel giro di pochi secoli una condizione di servi ti, della gleba si sostituisce alla schiavitì,: effeuo, senza dubb io, dell ' influenza esercitata dalla nuova concez ione cristiana del mondo. della vita e dell'uomo; effetto. anche, della struttura socia le propria de i popoli germanici. invasori , presso i quali la schiavitù, benché no ta e praticata, non aveva la stessa importanza che ne lla società romana imperiale; ma effetto, ancora. della mutata realtà demografica, economica e sociale, che-negli ultimi tempi dell ' Impero-rende più difficile il recl utamento deg li schiav i ... ". s Scrive M. 1-IOWARD, la guerra e le anni nella storia d'Europa, Bari 1978, pp. 16- 17 : "Né c' è da sorprende rsi se una classe di uomini allevati per la guerra da generazioni, q uando veniva a mancare un nemico esterno (e persino quan do c'crn), si combattessero fra di loro. In assenza di un'autori.tà superiore forte abbas tanza per far rispettare le proprie decisioni , conflitti armati sarebbero stati probabili anche in una comunità molto meno bellicosa. La rete di diritti e di obblighi e di impegni di fedeltà connessi co n l'organizzazione feuda le fu la causa cli dispute senza Jìne, e in mancanza d i un chiaro sistema di leggi e cli un potere esecutivo, gli uomini erano inclini a reclamare i loro diritti cornhallendo. " 9 Sempre i I precedente autore approfondisce il concetto ricordando: "Solo con l' anelar ciel tempo, sollO l'i nfl uenza del diritto romano, si operò una distinzione tra ?,uerra privata fra singoli e guerra pubblica condo tta dai principi, e solo grad ualme nte le guerre del primo tipo vennero post.e fuori legge. Era generalmente accet.tuto che la "guerra privata" (guerre couvene) dovesse essere condoua causando il minor danno possibile alla comun ità; un uom o poteva uccidere il suo avve rsario in combattimento, ma non bruciare o saccheggiare le sue proprietà ... ". 10 G. DuriY, L'arte e la società medievale, Bari 1977, p. 6, souolinea circa i rendimenti agricol i all' avve nto del mille la loro estrema precarietà cd inconsistenza. "Non c'è contadino che seminando un chicco cli grano speri d i raccoglierne più di tre. se l'annma non va troppo male-quanto serve per mangiar pane fino a Pasqua; poi dovrà accontentarsi di erbe e radici, di cibi occasionali strappali ai boschi e alle ripe de i fiumi. Durante i grand i lavori estivi i vi llani si ammazzano di fatica a pancia vuota, in attesa del raccolto; e se la stagione è avversa-caso frequentissimo-il grano viene a mancare ancora prima, e i vescovi devono sospendere i divieti, sconvolgendo l' ordine dei riti e consentendo di mangiar carne in quaresima''. Circa l'anarcoide conduzione militare delle operazioni da pane degli 'eserciti' feudali, affermano R. /\. PR ESTON e S. F. \VJSE, Storia sociale della guerra, Verona 1973, p. 100- 1: '·Un esercito feudale in campagna era una for7.a indescrivibilmente indisciplinata ... Il norma le d isordine era aggravato, e non ridouo, dalla tendenza ad atti di coraggio . .. spesso gli opposti eserciti si cercavano invano senza riuscire a venire a contatto, oppure consumavano il tempo dedicato alle campagne nel saccheggiare il paese per procurarsi i viveri .. . ".


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Evidente pertanto l' assurditit di una oculata conduzione agricola, premessa a sua volta di una libera e remunerativa commercializzazione delle derrate, connotazione peculiare di una sana economia di mercato, ed indispensabile presupposto per il generalizzarsi del benessere. Anche l'allevamento del bestiame, indubbiamente meno esigente di manovalanza e di special izzazione, cd avvantaggiato dalla regressione delle colture, trovava però proprio nella frammentazione geopolitica del territorio una insormontabile barriera all'incremento. Le greggi che non potevano più migrare lungo i tratturi millenari della transumanza dalla montagna al mare 11 , erano costrette a svernare in ovili coperti, capaci di ospitalità molto limitata, richiedendosi al contempo grandi magazzini per la conservazione del foraggio . Velleitario quindi l'intensivo sfruttamento della pastorizia, e del suo ricco indotto, dal caseario al tessile, scaduta a semplice risorsa marginale ed integrati va. Paradossalmente entrambe le attività implicavano, sebbene per motivazioni diverse, la presenza cli uno stato ampio e sicuro. Jl proliferare delle fattorie fortificate, testimonianza incontrovertibile dello scadimento dell'autorità e credibilità del governo del momento, sancisce infatti la contrazione agricola, nonché ovviamente anche della grande pastorizia migratoria. Il rarefarsi delle prime per contro e la riorganizzazione della transumanza comprovano la riappropriazione sociale del territorio e la ricom parsa della legalità e della sovranità statale, e quindi il rifiorire delle colture estensive e il riattivarsi delle industrie tessili e casearie. "Con la dissoluzione dell' Impero Romano, declinate sia quella legislazione che quella paura, si inaugurò un periodo di costante concorrenza tra i Longobardi , ciuchi di Benevento, e gli imperatori bizantini per il controllo della Puglia. Quando gli allevatori si contentarono cli rimanere vicini alle loro case sulle colline abruzzesi e molisane piuttosto che rischiare di affrontare gli incerti delle zone di pianura, le greggi si contrassero e la transumanza declinò, mentre aumentò ogni qual volta un qualsiasi partito diede stabilità al potere politico. " 12 La grande storia in altre parole può essere letta nei suoi cicli primari persino nelle modeste estrinsecazioni accennate. Prende così a configurarsi una diversa tipologia cli ricchezza non più variabile dipendente della produttività media potenziale, ma funzione diretta cli quanto concretamente difendibile dai privati o protetto dallo stato. Non è più la terra a conferire con la sua estensione e feracità la prosperità al possidente, o il gregge con il numero dei suoi capi, ma soltanto i raccolti inviolabili e gli animali custodibili ne avallano la certezza 13 •

11 Approfondisce l'argomento J. A. MARI KO, L 'eco110111ia pastorale nel Regno di Napoli, N apoli l 992. p. 34 e sgg. : "CosÌ., nonostante la complcmenLariLà e il conflitto tra agricoltori e allevatori fossero esternamente plasmati dalle rnontagne e dalle pianure o influenzati dalla severità deg li in verni e dall'aridità delle estati, erano i fallori economici e politici piuttosto che la geografia a definire la transumanza anzitutto come sistema di allevamento ad alta intensiLit di capitale. L'uomo e non la terra, determinava quesLO siste ma di sussistenza. L' allevato re specializzato sceg lieva consapevolmente di farsi carico di numerosi rischi al fine di sfru11are l'ambiente naturale. Egli manteneva greggi notevolmente più grand i di quanto la sua stessa terra potesse nutrire, egli contava sul fatto che si sarebbe potuto ottenere del pascolo sufficiente a notevole distanza e che l'avrebbe potuto prendere in affitto, c ome anche che sarebbe stato in g rado di raggiungerlo senza rischi ... Così, le sue fortune economiche esorbitavano dal suo controllo poiché egli puntava su profitti che dipendevano dalla capacità del governo di garantire stabilità politica, libertà da pedaggi locali e dalla minaccia dei banditi .. . In Italia meridionale sorse così .. . : fondazione preromana, decadenza tardo-antica e altomedievale e rifonda,.ione tra la fine del XII e l'inizio del XIIl secolo ... " 12 Da J. A. M ARINO, L'economia pas10rale ... , cit., p. 42. ,, Ad incrementare questo fenomeno gioe<'> pure a ridosso del mille la estrema scarsità cli moneta ci rcolanle. M. BLOC K, La società feudale, Torino 1975, p. 85, puntualizza in merito: "Chi dice moneta dice possibilità di riserve, capacità cli attesa, "anticipazione dei valori futuri": tutte cose, che, inversamente, la penuria di moneta rendeva singolarmente difficili. Senza dubbio ci si sforzava di tesaurizzare sotl.o altre l'onne. I baroni e i re accumulavano nei loro cofani vasellame d'oro e d'argento e gioielli: le chiese ammassavano orerie liturgiche . . . Ma ... gli stessi tesori non raggiungevano nell'insieme una somma molto considerevole. Grandi e miseri vivevano alla giornata, obbligati ad affidarsi alle risorse del momento e quasi costretti a consumarle subito . . . ·•.


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35 35. Faicchio (Bn). Criptoportico di villa romana adibito a ccllaio. (Foto Studio Gcoffrcy' s)

Al pari del mercanteggiare la sequenza commercio-remunerazione-ricchezza generata, non significò automaticamente ricchezza posseduta. La concretizzazione ultima delle tre fasi presupponeva una capacità tesaurizzatrice necessariamente supportata da strutture residenziali idonee, perfettamente emblematizzate dalla copiosa erezione di case-torri 14 , ancora abbondantemente visibili in alcuni comuni toscani. La ricchezza pertanto diveniva tale solo allorquando i beni materiali che la costituivano potevano conservarsi discrezionalmente. Nell'agricoltura e nella pastorizia, perciò, fino allo stivaggio delle derrate nei depositi fortificati, o delle greggi negli ovili protetti, la sempre incombente rn.inaccia di improvvisa perdita, o distruzione, ne inficiava l'identificazione con una equivalente massa aurea murata o sepolta. Possedere vasti poderi non implicò affatto l'indisturbato sfruttamento accaparrandosene i sia pur stentati proventi. Ogni attività produttiva gravitante sul territorio finì, per conseguenza, a contrarre drasticamente le sue potenzialità per non esulare dai rigidissimi vincoli del difendibile, e, paradossalmente, per non attirare proprio con la sua remuneratività famelici predoni, logiche perverse destinate purtroppo a riproporsi costantemente nella nostra storia, sebbene con lievi varianti, fin quasi ai giorni attuali. Operare al

14 Così descrive quella tipologia edilizia F. G UERRIERI , [)alfa casa-forre al castello m.urato. in L'uomo, le armi, le mura, Varese 1974, pp. 6 e sgg: ·'La casa- torre è stata, forse, la prima tipologia abitativa comune a molti europei e a parte delle popolazioni mediorientali del Medioevo ... Un'immagine piuttosto efficace della funzione complessiva di questa connoLazione edilizia si ha dal Fioravanti, nelle sue ivfemorie storiche della cirtà di Pistoia, -città medievale not01iarnente seconda a nessu na per rissosità e risol utezza di faida-, all' anno 1297: "Le revolutioni, le insolenze, le ruberie, li assassinamenti, che giornalmente accadevano, le contrarietà continue. che tra i Ciuadini passavano, cagionarono diffidenza tra le persone, che si viveva Lulli con gran sospeLlC>, e timore; quind i ciascuno per sicurezza stava nella propria casa fortificato, e chi aveva la Torre, la provvedeva di ciò, che poteva aver di bisogno, arri vando in questi tempi le Torri in Pistoja al numero di sessanta, alcune delle quali si vedono tuttora elevate sopra le fabbriche ... ed altre dal tempo, e dalle guerre, rovinate, e destrutte ... ".


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di fuori cli strutture od insediamenti cautelativi, per lo più cli matrice privata 15 , non costituì più da allora una sporadica accidentalità, ma una invarianza, di cuì appena le massime estrinsecazioni ebbero l'onore della menzione. Ridimensionate pesantissimamente le due risorse primarie, ovvero l'agricoltura e la pastorizia, sconvolto il te1Titorio dalla conflittualità perenne, frammentata la rete stradale e spopolati i villaggi, è facilmente intuibile il destino subito all'approssimarsi della fine del primo nùllen nio delle immense "ville" agricole romane, miracolosamente sopravvissute, pur con i descritti adeguamenti difensivi, alle maree barbare. E forse soltanto la persistenza dei termini "villaggio" e "villico", ereditati persino dal nostro linguaggio corrente, riecheggiarono quelle remote aziende agricole tardo imperiali. Indicavano però ormai in maniera indiscussa sia l'aggregato abitativo rurale sia gli uomini impiegati nella coltura dei campi, lasciando presumere, come già il ricordato prefisso toponomastico "villa", la originaria istituzione. Probabilmente anche molte infornù masse murarie, avviluppate di rovi, le suggerirono materialmente tra i campi. Non rari i cripto-portici, e le sottofondazioni adibite a fresche cantine ed a capaci cellaì, in un contesto storico in cui modestissime capanne cli fango e paglia rappresentavano Ja tipologia residenziale rurale per antonomasia. Ma della dinamica produttiva aziendale romana niente di ereditato traspariva. A peggiorare, se mai ve ne fosse stato bisogno, ìl quadro esistenziale subentrò dopo la scomparsa dì Maometto nel 632 - personaggio fino a quel momento del tutto ignoto nell' Occidente Mediterraneo l'improvvisa espansione islamìca 16 • La sua imprevedibile attivazione fu preannunciata eia una fittissima teoria cli razzie costiere, che si spinsero progressivamente sempre più profondamente ed inarrestabilmente verso l'interno 17 • Le modalità operative in prima approssimazione non si discostavano sensibilmente da queJle usuali ed atroci delle incursioni piratesche, o barbariche, proliferate contestualmente al

i; Ricorda al riguardo M, BLOCK, La società.,. , cit , p, 180 e sgg. : « Esisteva nondimeno un gruppo di dipendenti già di stinto per le sue condizioni di vita. Era quello costituito da coloro che, auorno ad ogni potente e al re stesso, ne costituivano i guerrieri «domestici», Giacché il più urgente dei problemi.,, era quello.,, cli difendere i beni e la vita .. . I capi barbari . ., non abbanclonaro affatto tale sistema, cluto che, nel mondo in cui erano penetrati, l' usanza di soldati domestici, era praticata da parecchio tempo, Negli ultimi secoli di Roma, non c'era membro cieli' alta aristoc razia che non ne possedesse.,. Durante i torbidi dell'epoca merovingia, l'impiego cli simi.li seguiti armati doveva prevalere più che mai.,, Persino le chiese giudicavano necessario procacciarsi così la loro sicurezza.,, »16 Così H. PJRENNF., ,Waomello e Carlomagno, Bari 1976, pp, 138-39, sintetizza quellu singolare vicenda storica: «Quando Muometto morì, nel 632, niente rivelavu il pericolo che si munifestù fulmineo due anni più tardi.,, In un certo senso l'espansione dell'Islam fu un caso fo11L1ito, se si intende con questa parola la conseguenza imprevedibile di parecchie cause combinate .. , Lu conquista araba che si slancia in pari tempo sull' Europa e sull'Asia, è senza precedenti; la rapidità dei suoi successi non si può paragonare che a quella con cui si costituirono gli imperi mongoli di un Attila, o più tardi <li un Genghis Khan o di un Tamerlano. Ma questi furono così effimeri come la conquista dell'Islam fu durevole. Questa religione ha ancora oggi i suoi fedeli quasi dappertutto dove si è imposta sotto i primi califfi,,. Con l'Islam un nuovo mondo entra nel bacino ciel Mediterraneo, dove Roma aveva diffuso il sincretismo della sua civiltà, Ha inizio una lacerazione, che durerà fino ai nostri giorni. Sulle rive del 1Hare Nos/rum si stendono ormai due civiltà differenti ed ostili; e se ai nostri giorni quella europea ha sollomesso quella asiatica, tuttavia non l'h.i potuta assimilare. Il mare, che era stato fino ad allora il centro della cristianità, ne diviene la frontiera.,. ». 17 Limitandoci alle sole grandi campagne saracene in territorio peninsulare, dopo la conquista della Sicilia, ricorderemo con le parole di C H, BECKER, L'espansione dei saraceni in Africa e in F:uropa, in Storia del Mondo Medievale, cii, , Voi. II, pp, 89, che: «nc11'839 ... i saraceni i Sicilia sbarcarono in Calabria, essi avanzarono fino alla Puglia e, benché da principio non riusc issero a conquistare la città di Bari, Taranto cadde e non potè essere liberata, nonostante l'aiuto dei veneziani, che i bizantini avevano chiamato in loro soccorso (840). I musulmani vittoriosi si spinsero fino ali' Adriatico, incendiarono Ossero, nel!' isola di Cherso, e Ancona e comparvero persino temporaneamente nei dintorni di Venezia, dove catturarrono delle navi mercantili. Nell'842 i veneziani subirono un ' altra sconfina, Bru·i, che sarebbe diventata la principale base saracena per i prossimi trent' anni, era già caduta.,. Ma queste incursioni saracene, che partivano da Bari e da Benevento, non furono le sole che interessarono la sfortunata penisola. I grandi porti del la costa occidentale vivevano nel costante timore cli spiacevoli sorprese, dato che nell'anno 845 i siciliani avevano scelto Ponza e Ischia come basi navali, alle quali ben presto aggiunsero anche il capo Miseno.,, Negli anni che seguirono i musulmani si prepararono a sfo1nre un importante attacco. Roma,,. li affascinava da tempo e il 23 agosto dell ' 846 una flotta di 73 navi.,. apparve davanti a Ostia. Nelle prime ore del malli no del 26 agosto i saraceni si trovavano già a Roma, dove saccheggiarono. ,. la chiesa di S, Pietro e la cattedrale di. San Paolo . . , ».


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declino militare occidentale. Diverse invece la motivazione ed il fanatismo che aizzava le orde dei predoni, come pure il loro numero complessivo. Si coglieva agevolmente infatti, al cli là della solita ottusa ferocia, una insolita coerente ambizione di conquista territoriale e di colonizzazione stabile, affatto estranee alla pura logica di bottino. Gli abitali rivieraschi che, in virtù della notoria feracità elci terreni alacremente riguadagnati e riappodcrati per quanto esposto-, dd la pescosità delle acque, e non ultimo delle risorse del commercio, avevano recuperato un modesto benessere, si ritrovarono alle mercè cli quel nuovo flagello. E se erano riusciti sino ad allora a sopportare, ed a volte anche a rintuzzare, le reiterate ed efferate incursioni marittime occasionali, di fronte a quelle imprevedibili e sistematiche aggressioni mostrarono la loro estrema vulnerabilità. La tenue economia nascente ne fu nella maggioranza dei casi drasticamente stroncata: il mitico "Mare Nostrum" iniziò a riguardarsi come totalmente ostile, caratteristica che manterrà sostanzialmente immutata per il millennio successivo 18 • La fuga dal mare si incrementò rapidamente, materialmente e operativamente, temendosene i rischi ed i pericoli: i suoi lavoratori divennero così i paria della società, il cui valore sociale si confermò, secolo dopo secolo, insignificante. Ovvio quindi che, tranne marginali eccezioni, la presenza ciel mare incutesse costante terrore. Sotto il profilo militare il medioevo può essere riguardato quale fautore di una soluzione slrullurale curiosamente ibrida. Da un Iato infatti la maggioranza delle compagini statali riuscì sia pur lentamente ad organizzare un apparato offensivo alquanto coerente e gerarchizzato, assimilabile ad un vero e proprio esercito. Anche tenendo conto della scarsa potenzialità operativa, limitala ai pochi mesi estivi cd al ristretto raggio d'azione imposto dalla frammentazione itineraria, quelle milizie consentirono la persecuzione delle visioni geopolitiche coeve. Ma paradossalmente la loro rispondenza, ancora apprezzabile in campagne offensive - nelle quali era possibile scegliere il momento e l' obiettivo - svaniva irrimediabilmente per finalità difensive, sia pure su scala nazionale. Lentissime a ricostituirsi, a muovere ed a motivarsi in assenza di speranza di bottino, non poterono mai garantire un minimo di protezione territoriale. La difesa pertanto divenne, specie nel caso di attacchi predatori , una incombenza di esclusiva competenza zonale, delengandosi allo scopo il singolo feudatario territorialmente competente. A questo punto, dopo un necessariamente schematico ragionamento sbalza il paradosso accennato: un apparato militare, scalcinato quanto si voglia, unicamente destinato all'offensiva, ed una delega istituzionalizzata ai vari potentati locali per l'onere della difesa. Da questo angolo visuale il feudalesimo potrebbe considerarsi come la netta separazione delle due incombenze militari per antonomasia, contemplando la prima, quella offensiva, come esclusivamente nazionale o sovrana, e quella difensiva come eminentemente periferica o delegata. La concezione ai giorni nostri assolutamente incomprensibile, era tutravia destinata ad una scontata accettazione indiscussa in virtù delle menzionate premesse esistenti, ed ad una J'ulura ampia diffusione. Premesso ciò, l'assenza cli un coerente apparato militare difensivo offrì a conquistatori musulmani un territorio inerme ma in avanzata fase di predisposizone, dalle ricordate vicissitudini, ad una resistenza parcellare, funzionando ogni singolo nucleo produttivo, o residenziale, alla stregua cli un modesto caposaldo. Al pari perciò cli un' alluvione le ondate islamiche, come già quelle vandale e longobarde - sebbene con organici di gran lunga maggiori 19 - , dilagarono verso l'interno, spesso per centinaia di chilome-

,x Così precisa quanto esposto R. J\JELLO, La.fiw11iera disarmata-Il ivfezzogiomo avcunpnsto d'Europa, in Il Mare-Futuro Remoto-, Napoli 1992, p. 76: "Ancor.i negli anni novanta del Settecento ... del liquido elemento gli uomini <lei sud, pur avendolo dovunque presso la porta di casa, nutrivano (e non a tono) in gran parte timore. Era un sentimento orrnai atavico, testimonialo da molli illuministi e riformatori. Era una condizione prevalente dell'intero mezzogiorno ... Quando l'avvio dei piani di Acton richiese d'incrementare fortemente flotta cd equipaggi, si cercù di reclutare marinai cattolici in Albania e Grecia perché ... nonostante l'enorme sviluppo costiero, anche i pescatori scarseggiavano nelle Sicilie. Furono inviati . .. arruolatori a Cefalonia e persino a Costalllinopoli ed a Smirne . .. ". ' 9 G. GAL;\SSO, L'altra Europa, Cuneo 1982, p. 22, n(>La 20, lenta una valutazione analitica dell'entità dei Longobardi. ·'Già poco dopo dopo l'invasione, fra il 574 e il 584, i Longobardi, rifiutando ogni re, seguirono i loro duces (oltre 30 secondo Paolo Diacono). Ebbene, non avrà avuto ciascuno di quei duchi un migliaio di guerrieri dietro di sé'1 e non ne avranno avuti alcuni anche due o tre mi gliaia? Se questo «conto della serva» potesse essere preso in considerazione, ne deriverebbe, tenendo conto del resto della popolazione libera (donne, bambini, invalidi, vecchi) e d.i quella semilibera, o non libera, una valuLa,.ione del numero degli invasori aggirantesi da almeno 200 mila fino a 300 mila persone ... ".


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tri dalla costa travolgendo ogni aggregato, dal casale alla cittadina, non adeguatamente fortificato. La non sufficiente salvaguardia territoriale e la non generalizzata adozione delle misure difensive, consentirono a quelle prime scorrerie facili ed abbondanti prede, con la conseguenza cli istigare nuove analoghe iniziative. Al disastro socio-economico della grezza civiltà alto medievale e della sua miope politica ~i aggiunse così quello delle incessanti razzie musulmane fanaticamente condotte, le quali oltre a depauperare il territorio delle sue misere risorse lo privavano soprattutto dei suoi migliori abitanti ovvero di quelli più giovani e prestanti, regolarmente tratti in schiavitù. Le regioni più martoriate si individuano indubbiamente nella Calabria e nella Puglia. La prima specialmente per la sua vicinanza alla Sicilia, a sua volta conquistala interamente e stabilmente dai musulmani intorno al IX sec. , conobbe una interminabile sequela cli efferatissime incursioni prive quasi di soluzioni cli continuità, culminate intorno al 953 con l'erezione cli una superba moschea a Reggio20 • Abbiamo a questo punto il perpetuarsi, ma in man iera più nitida e devastante, di quella che era stata la tenaglia responsabile del dissolvimento della compagine imperiale romana. Da un lato l'incapacità di controllo dell'ordine interno, tanto che parlare di difesa delegata per fini di pubblica sicurezza, in mancanza di qualsiasi funzione repressiva legittima appare paradossale. Dall'a.ltro poi la press.ione etnica esterna non solo invasiva, almeno inizialmente, ma semplicemente predatoria, che smembrando gli agglomerati esistenti, sottraendo risorse, minando la certezza esistenziale - e quindi la credibilità dello stato - ed imponendo per contro deportazioni e migrazioni agiva da elemenro destabilizzante acutissimo. Nemici interni quindi e nemici esterni, tutti comunque miranti alle ricchezze prodotte ed accumulate, e specialmente alle braccia. In verità la maggiore potenza del momento, l'impero di Bisanzio sotto la cui sovranità almeno nominale ricadeva buona parte ciel Mezzogiorno, tentò di fornire i suoi possedimenti peninsulari di una qualche difesa militare organizzata, ma la soluzione escogitata, proprio per gli eccessivi oneri a fronte dei modestissimi risullati, alienò le estreme simpatie e fedellà alla causa legittimista. In pratica nel thema meridionale, stando al Gregorio, le prestazioni difensive bizantine sembravano diametralmente opposte alle concrete esigenze, tant'è che: "per la enorme quantifi1 dei servizi e dei tributi e per ogni maniera cli gravezze, avea la divina vendetta abbandonato la Puglia e la Calabria agli imper~tori cli Costantinopoli, non per governarle, ma per conquiclerle e straziarle"2 1• E interessante rilevare che, analogamente a quanto a suo tempo escogitato per gli estremi territori di confine dell'impero romano, molto probabilmente in Calabria e certamente in Puglia, esistevano ancora a ridosso del mille, dei possedimenti fondiari militari i cui tenutari erano obbligati, in cambio dello sfruttamento agricolo, al servizio militare, cli padre in figlio22, negli eserciti tematici. Il fenomeno ha comunque una sua radice nei secoli precedenti nell'Esarcato: "In questa organizzazione non c'è più posto per i limitanei, le milizie contadine del secolo precedente ... La fonnazione di milizie locali addette alla difesa delle loro mura darà una risposta a questa preoccupazione. Questa territorializzazione dell'esercito di campagna è il risultato ... [della.I ruralizzazione dei militari di origine orientale o di reclutamento locale ... Gli antichi tribuni comandanti dei numeri, sono dunque diventati grandi proprietari d'Istria e i loro contadini prestano servizio militare sotto la loro guida, risultato della territorializzazione e della ruralizzazione dei numeri del VI secolo ... "23

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2 Circa la moschea di Reggio, E. PONTIERI, Tra i normanni nell'Italia meridionale. Napoli 1964, p. 109, così precisa: "Dal 950 al 953 la Calabria fu teatro cli lotte sanguinose, che videro, come trofeo della vittoria mu~ulmana. sorgere al centro cli Reggio una magnifica moschea. la quale in realtà non ebbe vita più lunga di quauro anni. sebbene l'oltracotantc Hassan minacciasse cli abbattere tutte le chiese cristiane, se qualcuno avesse osato staccarne solo una pietra. Il 977 ed il 982 rividero ancora gli orrori delle invasioni saraceniche, e di lì a poco l'infausta spedizione di Ottone II "qui atrociter graecorum urbes expugna-

bat". Da G1u.cGOKIO, Considernzio11i sopra la storia di Sicilia, tomo I, cap. IV, p. 69 n Cfr. S. BORSARI, Istituzioni feudali e parl!feudali nella 1'11glia bizantina, in Arch. Stor. Napol. , n. s. XXXV lii-I 959- pp. 131-134. 23 Da A. Gu1LLON, Aspe1ti della civiltà hizwztina in !1aLia. Bari 1976, p. 76-79. 21


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Pochi decenni dopo tuttavia, e forse proprio per iniziativa di quei soldati-contadini, in Puglia si assiste ad una rifioritura delle attività rurali, con una logica insediativa incentrata sulla necessità di un capiJlare ricorso al.la fortificazione. "Dall'inizio dcll'XI secolo ... [la Puglial presenta l' aspetto di un paese in pieno rigoglio: grano e cereali, vino olio, piccolo allevamento di animali bastano alle necessità di una popolazione che è in continua crescita ... Il paesaggio rurale sì trasforma: toJTi di difesa o di sorvegl ianza (pyrgoi) piccoli o grandi borghi fo1tificati (kastellia, kastra) dominano il paesaggio del catapanato bizantino ... In seguito alla disgregazione di certi choria, del loro assorbimento da parte dei grandi proprietari laici o dei monasteri o dei vescovadi, molti comuni rurali che non erano stati fortificati e non erano divenuti kastellia, dipesero strettamente dal kastron fortificato più vicino, dove gli abitanti potevano rifugiarsi e da dove venivano i soldati per difenderli, se essi avevano mantenuto il loro carattere, altrimenti diventavano dei proasteia (aziende agricole senza abitazioni) ... L'antico paesaggio rurale che comprendeva il borgo, circondato dai suoi agridia (aziende agricole con abitazioni rustiche), poi dai proasteia degli abitanti o dei conventi, e che costituiva l'unità di base del sistema bizantino di sfruttamento della terra, si trova trasformato così: la città o il borgo fortificato e il suo anello cli piccole aziende agricole cìrcondato da piccoli borghi fortificati. .. Ma ormai siamo arrivati alla fine dell'epoca bizantina ... "24 . Questa rielaborazione del territorio agricolo in chiave difensiva, unitamente ai ricordati stanziamenti militari ci confermerebbe, tra l'altro, il connotarsi oramai ufficiale di quelle martoriate regioni come aree di frontiera propriamente detta, tanto da farvi reintrodurre le disposizioni insediative legionarie romane già a suo tempo esaminate. Pur non individuandosi una nitida soluzione di continuità tra le due epoche, per la seconda volta la protezione armata degli abitati rurali di frontiera inizia ad assurgere ad esigenza strategica, incrementandosi d'importanza con l'affermarsi del feudalesimo. È interessante ancora ricordare che proprio allo scadere della sovranità bizantina, molti documenti attestano per la Puglia l'affrancamento progressivo della proprietà fondiaria dalla miriade di oneri e cli balzelli tributari imposti da Costantinopoli. Il particolare testimonia perciò l'instaurarsi di una aristocrazia terriera regionale, che per la pienezza dei diritti acquisiti, o usurpati, può riguardarsi sotto molti aspetti come una sorta di feudalità anticipata. Ed anche questa singolare autonomia, destinata a future riaffennazioni inusitate, è attribuibile alle anomalie di "frontiera"25 • Il fenomeno inoltre accentuò il ricorso alla fortificazione rurale, specie al profilarsi dell'epopea normanna. "Furono le scorrerie normanne o ungariche a far sorgere dovunque, dall'Adriatico alle pianure dell'Inghilterra settentrionale, insieme con le mura delle città, riparate o ricostruite, le fertés o fortezze rurali, la cui ombra era destinata a pesare da allora in poi sui campi d'Europa. Le guerre intestine non tardarono a moltiplicarle. L'azione svolta dai grandi poteri, regali o principeschi, nel far sorgere questi castelli e i loro sforzi per controllarne la costruzione ... [non lasciò un significativo riscontroJ. Giacché le case fortificate dei piccoli signori, disperse per monti e valli, furon costruite, quasi sempre, indipendentemente da qualsiasi autorizzazione dall'alto. Rispondevano a bisogni elementari, spontaneamente sentiti e soddisfatti. Un agiografo lo ha spiegato con molta esattezza, se pure senza simpatia: «Per quegli uomini sempre impegnati in risse e in massacri, ripararsi dai nemici, trionfare degli eguali, opprimere gli inferiori». In una parola, proteggere se stessi e dominare. Generalmente erano edifici di un tipo assai semplice ... " 26. È difficile, tuttavia, credere che la proliferazione di quelle fo1tificazioni, sia pure rurali ed elementari, potesse attuarsi in maniera abusiva, ovvero senza alcuna autorizzazione governativa o sovrana. Il dettaglio, invece, proprio per la rilevenza numerica assunta nei territori innanzi definiti "a rischio", sembrerebbe confermare una tacita approvazione di simili iniziative, perfettamente combacianti con l'affrancazione dai tributi fondiari. In forza di ciò i possidenti avrebbero beneficiato sia delle esenzioni, sia ovviamente della

Da A. GulLLON, La Puglia e Bisanzio, in La Puglia fra Bisanzio e l'Occidenle, Vnczia 1980, pp. 33-34. Cfr. E. PONTIERI, Tra i normanni ... , cit., p. 115. 26 Da M. BLOCK, La società ... , cit., p. 341.

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faco ltà di erigere fortificazioni per uso abitativo personale. Da1la diffusione della prassi ne sarebbe derivato uno scacchiere fortificato. capillare, quand'anche leggero, in grado comunque di garantire il territorio dalle scorrerie minori, peraltro le più frequenti. Questa arcaica - ed ipotetica - delega difensiva concessa al ceto abbiente te1Tiero, raramente di estrazione nobiliare, avrebbe consentito d'incrementare lo sfruttamento agricolo di quelle ampie tenute - peraltro le più fc1ti li - altrimenti abbandonate perché notoriamente troppo esposte alle iniziative incursive in quanto ad immediato ridosso delle "frontiere". Ma si trattava cli una nuova categoria di fro ntiere, quelle "marittirne"27 e quelle "interne".

La Frontiera Marittinia Abbiamo incidentalmente accennato al progressivo proliferare di frontiere nel magma instabile del mondo altomedievale ed, in partico la re, di quello insediatosi nella Penisola. Se le terrestri poi, pur nella fluidità delle aggregazioni coeve e nella loro effi mera permanenza, ostentano sempre un preciso significato geopolitico, non altrettanto possiamo individuare nelle marillime - per contro invariabili - a meno di non rifarci ancora una volta alla concezione romana. Questa infatti nel corso della tormentata agonia dell 'impero prese a definire, in maniera progressivamente inequivocabile, non già un preciso limite meramente territoriale, sostanzialmente analogo all'attuale, quanto piuttosto un concetto quasi filosofico, solo parzialmente rintracciabile nella moderna formulazione28. La frontiera, pertanto si identificava non con la sottile linea di demarcazione che separava due compagini statali sov rane e indipendenti, ma, molto nebulosamente, con il perimetro del mondo civile sul nulla. Perfettamente rispondente a tale visione la parola latina che Ja designava: fines, significato ribadito anche nella leggera fortificazio ne, coerentemente detta limes29 , che materializzava abitualmente l'estremità del tenitorio naziona le. Al s uo esterno perciò non vi era una contigua, quand' anche ostile, nazione o popolazione, ma il regno tenebroso dell'incivillà, dell'illegalità, del disordine e dell'arbitrio, in una parola del male per antonomasia, ed in quanto tale non localizzabile nei suoi esatti contorni. Siffatta frontiera, quindi, trascende la connotazione di linearità per trasformarsi in areale, di larghezza indeterminata dal quale - o più spesso attraverso il quale-, può provenire qualsiasi offesa improvvisa e non quantificabile, comunque di natura aggressiva o razziatoria. Impensabile perc iò anche supporre l' istaurazione di rapporti diplomatici con i suoi fantomatici abitanti - spesso peraltro inesistenti - privi per definizione di ogni credibilità giuridica e di affidabilità contrattuale, ovvero barbari.

27 In cffcLLi la definizione "frontiera mariLLirna·· è ormai di comune accezione. L'Enciclopedia Militare, alla voce, precisa: "Tale espressione ha un caratlere assai differente da quello della F. terrestre, giacché il mare non può essere chiuso e limitato da linea di confine. E dal momento che il litorale è esposto ad invasione d'ogni Stato. non sarebbe esatta la parola F. Però dal momento che hisogna pur provvedere alla difesa del litorale, onde prevenirvi sharchi in caso di guerra, sollo la denominazione di F. M. si comprende tutta la costa aperta ad eventuuli opera7.ioni di guerra .. . " 28 Secondo la moderna definizione, per r-rontiera si deve intendere la linea che segna il limiLc di uno Stato con quello dt:llo Stato vicino. In questa logica non solo appare nitid.unente delìnirn sul terreno, ma a sua volta definisce anche perfettamente l'etnia contigua. In altri termini un eventuale attacco da un scuore di confine puìi provenire, soltanto dall'i niziativa dello Stato titolare di quel medesimo settore-sempre supponendolo indipendente e sovrano-. Per i romani invece l'atLacco-come nel caso da mare-pol.eva avvenire per iniziativa cli qualsiasi gruppo non meglio identificahile semplicemente esterno alla frontiera. 29 In realtà i limes presentarono a seconda dell'area da difendere e del peiiodo sLorico, diversificatissime caratteristiche stmtturali. Di certo i più elementari si eressero in Africa, tramite un fossato cd un rnurv. È interessante osservare che proprio quella leggerissima fortifica7.ione, clelta Fos.rntum Africae, rappresentasse un validissimo ost,1colo contro i predoni. Infatti: "uno studioso delle frontiere romane del deserto ha osservato che anche un fossato rclativamcnLe poco profondo e un muro relativament.c basso potevano bastare a scoraggiare dei predoni montati a dorso di animale: infatti non potendo penetrare a loro piacimenlo nelle zone abitate mediante assalti violenti e improvvisi, essi si sarebbero dovuti fe::rrnare a demolire il muro e a riempire il fossato, per far passare le cavalcature. Non solo. ma una volta dcnLro i contini, non potevano contare su una rapida fu ga, a meno che non tornassero al punto da cui erano entniti ..... da E. N. LurrwAK, I.a g rande s/rateJ?ia dell'impero romano, Milano 1981. p. 11 3.


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La dUesa delegata

Da tale premessa ideologica ne derivava sul piano mili tare la logorante esigenza di presidiare, incessantemente e congruamente, quelle sterminale contrade, supplendo alla ovvia diluizione degli organici - comunque insufficienti - con idonee fortificazioni. La scansione di servizio non avrebbe mai potuto far differenza tra tempo di guerra o di pace, imponendesi una diuturna vigilanza operativa. Una analoga concezione si adattava mirabilmente alla linea del bagnasciuga al cui interno ferveva la laboriosa e pacifica civiltà ed al cui esterno si estendeva la terra di nessuno - il mare nella fattispecie la distesa liquida che sebbene priva di residenti poteva essere solcata, in qualsiasi momento, da razziatori e predatori incontenibili 30 . Abitare lungo le coste si andò quindi paragonando, ed equiparando, al domiciliare nei pressi delle frontiere: la costa stessa assurse, per immutabilità cli tracciato31, per estensione complessiva e per vulnerabilitù potenziale, a frontiera per antonomasia. Per noi italiani il mare, così splendidamente presente lungo lo snodarsi delle nostre coste iniziò a costituire paradossalmente la presenza naturale più paventala in assoluto. Più che un popolo cli navigatori , divenimmo un popolo di rinnegatori ciel mare, e di vittime del mare e dei suoi predoni 32 . Ovvio pertanto che la compresenza di pianure feraci e litorali sabbiosi connotasse il massimo del pericolo, proponendosi nell' identico contesto geomorfologico la ricchezza - prodotti agricoli e agricoltori - e la facilità di razziarla- spiagge idonee agli sbarchi, insenature defilate e pianure cavalcabili. Circa la asserita ricchezza agricola dei terreni litoranei è estremamente significativo focalizzare la nostra attenzione su alcune caratteristiche dei cereali ivi prodotti, che spiegano l'originarsi del surplus economico e la sua conseguente tesaurizzazione. Ad esempio in: " Puglia i rapporti semente/prodotto per i principali cereali erano normalmente sui livelli medi europei ... che era I :7. Anche se nel XVT secolo i raccolti di grano sui campi di terre vergini a coltivo del Tavoliere avessero raggiunto rapporti record di I :20 o cli l :30, tali tassi non avrebbero avuto in sé grande significato a causa dei limiti declinanti della curva esponenziale ... Ciò che concorreva a rendere eccezionale il rapporto semente/raccolto della Puglia rispetto alle altre regioni ... era il fertilizzante ovino che contribuiva a reintegrare il suolo dei campi di grano a riposo ... Il

30

Anc he in questo caso quindi la sicurezza sarebbe stata frutto cli una preponderanza militare, che comunque non avrebbe garantito da tutte le scorrerie. E. J3RAVETT.A . La grande guerra sul ,nare, Verona 1925, p. 24. cita l'amm. .Mahan che: ;<preferiva che si dicesse «controllo» anzicché <<dominio» del mare, in quanto tale controllo, per quanto efficace, non esclude la possibilità che una nave, od anche una squadra .. . eseguisca dei colpi cli mano sui punti indifesi d'una lunga distesa di coste ... ". 31 A differenza di quelle teJTestri infatti quella marittima non è, in linea di principio modificabile dall'uomo, e pertanto non può essere ottimizzata ai fini difensivi. Tuttavia nel corso della storia non mancarono esempi di "''adattamenti" tattici operati sulla stessa: alcune insenature insidiose ad esempio furono ostruite nel XVI secolo con affondamento di scogli: alcuni porti indifendibili, come quello di Trapani, vennero interrati artificialmente; ed ancora alcuni profili costieri frastagliati vennero livellati con taglio delle rocce per g,mmtirne la visibilità totale. Ma gli esempi citati costituiscono a confronto della estensione globale una frazione insignificante, per cui il concetto resta valido. 32 Oltre mille anni dopo gli eventi esposti l'amrn. Fortegucrri, cornandanl.e della Marina da Guerra del regno cli Napoli, il 4 febbraio 1798 così scriveva al riguardo: '· ... La Barberia con ragione spaventa, il Navigante confina ogni momento con la schiavitù, il Proprietario dei bastimenti con la perdita del suo fondo frullifero, e l'Assicuratore con quella de' suoi capitali ... Intanto nessuno per la parte sua procura minorare il male. Torri ciel Littorale senza cannoni montati e senza polvere; Città riguardevoli lungo le Coste. che vedono passare a tiro di pietra sotto le loro finestre piccoli Corsari di nessuna forza. e contro i quali non sanno armare, e spedire momentaneamente neppure una o due feluche per prenderli: processioni di barche da pesca, ciascuna delle quali se avesse un solo bastone per arme, basterebbe a distruggere i molti foraggiai.ori Affricani : partenze dai Porti di Bastimenti mercantili sl.upidamente fatte, non ostante le sicure noti,,ie del Nemico, e qualche volta forzate dalle proteste dei Negoziatori; Noleggi incauti per Porti lontani, come se la Bandiera Napoletana potesse passeggiare franca per le quartro parti del Mondo: Navigazione distinta, quando più Legni hanno il medesimo destino, e potrebbero proteggersi reciprocamente da moltissimi piccoli incontri ... Una Guerra, che minaccia ai combattenti le cmene della schiavitù è una guerra infernale, che avvilisce l'umanità, e il coraggio, e si osserva che gli stessi equipaggi, i quali hanno ben figurato contro il fuoco di un nernico Europeo, si sono atte1Titi , e spaventati al solo avvicinarsi di un Nemico Affricano .. ." .


A ridosso del/a.fi·un1iera 11wri11i111a

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caratteristico sistema gest ion ale della te rra della Capitanata e il s uo pec uliare rapporto con la transumanza ovina, erano g li elementi che cooperavano a fare del l~'1Vol iere il granaio del Regno ... rEppure per inadeguatene climatiche e pedologiche] . .. questo ambiente non è particolarmente adatto per la produzione granaria .. . I grani principali emno ifòrti o duri, chimnali popol.mnentc Sarago/le. Cerano poi elci grani minori, come i dolci o bianchi... Il grano tenero era più adatto per i suoli più deboli e per quelli che non venivano motati .. L'immaga7.zinamento era la chiave del successo del grano duro. S i potevano costituire riserve di grano immagazzi nando il s urplus e ciò diveni va una garanzia di fronte ai rischi di carestia. Nel Tavoliere, pozzi o maga:lZini sotten-anei, c.letti ./(,sse o fo vea , erano presenti sin dal tempo degli insediamenti preistorici. A queste riserve sotterranee veniva spesso falla risalire l'origine del nome Foggia . .. ''3\ E fu proprio questa caratteristica a conferire un significato strategico al grano pugliese. nonché a consentire la creazione e.li ingenti risorse , particolarmente ambite anche dai predoni del mare, notoriamente assillati dal proble ma alimentare 34 • Le conseguenze sul piano insediativo, attualmente sempre perfettamente visibi li , furono appariscenti quanto drammatiche. e per meglio valutarle, è indispensabile aprire una parentesi socio-statistica, concentrando la nostra attenzione sul la s tessa regione, per la rilevanza assunta da quel particolare fenomeno produttivo-accumulativo. ln linea generale, innanzitutto: " non c'è dubbio che l'insieme dei comuni meridionali dell 'epoca posteriore risalga ad una diffusa colon i7.zazione ciel territorio realizzata nei secoli XXII!. Fu in questo periodo che la geografia umana ciel Mezzogiorno assu nse le sue articolazioni, per così dire, classiche e le caratteristiche che , attraverso varie vicende doveva mantenere durante l'età moderna fino a quando le mutate condizioni prodotte dall' unificazione italiana, le grandi emigrazioni dalla fine del secolo XIX in poi e i mutamenti tecnici e sociali fortemente intensificatisi dopo la metà del secolo XX non l'avrebbero radicalmente rinnovata. Le centinaia di insed iamenti che allora costellarono le pianure, le colline e i monti ciel Mezzogiorno non erano, certo, tutti assolutamente cli nuova fondazi one. In moltissimi casi gli insediamenti dovettero svilupparsi intorno a minuscoli gruppi umani preesistenti . .. M a non c'è dubbio che nella maggior parte i nuovi insediamenti furono attuati con deduzione di popolazione da luoghi più o meno vicini. con emigra7.ioni spontanee, con la promozione e l'incentivazione di nuovi raggruppamenti eia parte cli coloro che vi erano interessati, e così via: ossia, con un diffuso trasferimento di popolazione da un luogo all 'altro .. . Il ritorno su lle pendici, s ulla sommità, sui crinali delle colline e e.lei monti appenninici è tale solo per la dislocazione di una popolazione che, però. di per se stessa, è, per lo più, addirittura etnicamente nuova e d iversa. Essa rifugge dalle zone piane e ascende l'Appennino ... " 35 . E fu questo uno dei principali effetti della ' paura ciel mare' . Pass iamo ora ad evidenziare altre anomalie demografiche ascriv ibili sostanzialmente alla stessa causale, iniziando dai dati rel ativi all'accentramento de lla popolazione. li fenomeno, apparentemente funzion e di variabili agrarie, in realtà sotlintende i peri col i connessi altrimenti con i l 1ibero insediamento rurale . Ancora nel 1936 i dati statistici così riassumevano questa connotazi one, g ià in parte modificata dai fenomeni migrar.ori :

"Distanze chilometriche medie tra i centri abitati Italia ....... .... .......... ... .... .... ..... km. J. 375 Sette ntrio ne............... ......... .. » 2. 755

13

Da J. A. M AR INO, L'economia pas1orale ... , cit. . p. 120. '·' Il fenomeno divenne ancora più evidente dopo il blocco delle esportazioni granarie siciliane verso il nord Africa avvenuto intorno alla metà dd XV secolo. È interc:~santc citare alcune osservazioni di D. M ACK S~1JTH. Storia della Sicilia medievale e moderna. Bari 1971. p. 174 e sgg .. che pur esse ndo relative a quell'Isola in età spagnola. possono tranquillamente trnsferirsi ai secoli precede nti ed al vici no JTleridione co ntinentale: ·'Oltre gl i sc hi avi cristiani, obiettivo principale dei corsari barbareschi era il cibo ... e perciò il commercio legittimo fu sostituito eia incursioni e ruberie . . . tutte le 1·auorie entro dieci miglia dal 1nare erano in pericolo ... ... 1 $ Da G. G,\l .,,sso. L 'altra ... . cit.. p. 26.


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La difesa delegata

Centro ............ ... .................... Isole...................................... Abruzzi e Molise........... .... .. . Campania........................ ..... Puglia................. .......... ........ Basilicata............... .... ........... Calabria.................... ............

km 3 , 342 » 6, 252 » 3, 788 >> 3, 254 » 7, 257 » 7 , 449 » 4 , 159" 36

"I dati relativi alle distanze medie fra i centri abitati sono suscettibili cli una lunga proiezione retrospettiva. T~tnto più essi confermano, dunque, il grado maggiore di accentramento degli abitali nelle pianure e la disagevolezza delle comunicazioni fra centri collinari e montani caratterizzati da una distanza media di circa il 75% superiore a quella riscontrabile fra gli analoghi centri nell'Italia settentrionale. Ciò dimostra che la maggioranza della popolazione meridionale ebbe per secoli la sua sede nelle parti più impervie del territorio, in condizioni che determinavano un tendenziale, forte isolamento delle comunità. E, come è noto, tali condizioni erano, a loro volla, detenuinate dalla notoria degradazione civile (in primo luogo dal punto cli vista della sicurezza), igienico-sanitaria (impaludamento, malaria) ed economica delle zone piane, soprattutto litoranee ... " 37 La portata della gravissima limitazione è già di per sé estremamente eloquente. Anche i dati statistici del 1793, evidenziavano incontrovertibilmente tale vessante anomalia. La dislocazione altimetrica della popolazione meridionale, infatti , risultava così ripartila all'epoca: " Aree di montagna................... ... .. Aree di collina......................... .... Aree di pianura...........................

popolazione » »

27, 4% 44.1 % 28, 5% " >X.

Alla stessa data le coste del Regno di Napoli - circa 2. 000 km. - escludendo dal computo la popolazione della Capitale, ospitavano appena 640. 000 abitanti pari al 14 % dei regnicoli, con una densità insediativa di 320 abitanti per chilometro, valore che tenendo conto della presenza dei numerosi centri rivieraschi, conferma una sostanziale desertificazione della fascia litorale. Per la Sicilia, i dati della fine del XVI secolo offrono un quadro anche peggiore, prospettando appena 130. 000 abitanti lungo i quasi l. 500 chilometri di sviluppo costiero, ovvero con una densità insediativa inferiore a 100 per chilometro!39 Ad accreditare la supposizione che in tali assurde sperequazioni residenziali giocò ruolo primario la ' paura del mare', basti osservare che in epoca crociata, contraddistinta daila controffensiva occidentale nel Mediterraneo, le coste registrarono un consistente ripopolamento. Ma, allo scadere del XIV secolo, con l'irreversibile collasso dell' iniziativa militare cristiana40 , si verificò un: "nuovo abbandono in massa, un cedimento diffuso degli insediamenti e delle attività. In alcune province le pecore presero il posto degli uomini. La corsa all'insediamento in altura si stabilizzò in scelte definitive, che riconsacrarono le pianure alla transumanza, alle colture e al lavoro agricolo stagionale ... " 4 1• Altro dato estremamente significativo, ai fini della nostra ricerca, può ravvisarsi nel dimensionamento medio dei comuni meridionali stabilizzatosi, nel 70% dei casi, al di sotto degli 8. 000 abitanti. Questo parametro cli stima, va ulteriormente arricchito con quello relativo al grado di accentramento della popolazione. Infatti alla media nazionale dei comuni suddivisi in frazioni , pari al 60%, fa riscontro - ancora al censimento del 1901 - un valore per la Puglia pari a 28%, per la Basilicata a 20% e per la Sardegna al 17%. Il dettaglio sta a dimostrare che in quelle regione si evitò, con impegno sistematico, di

36 Dati SvrMEZ, S1a1istiche sul Mezzogiorno d'Italia. 1861-1953 . . Roma 1954, tav. 27, p. 22 . .n Da G. GAl..i\SSO, L 'altra ... , cil. , p. 31. ·18 lbidern, p. 39. 19 · Da T. Sr>ANNOCClll, Descripcion delas marinas de todo e/ Reino de Sicilia, 1596, B. N. Madrid rns. 788, tab. I" 4 Cfr. S. RUNC IM AN, Storia delle Crociate, Torino 1970, voi. II, pp. 985-1054. 41 Da G. GAI.ASSO, L'altra .. . , cit. , p. 33

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A ridosso della.frontiera m.arillima

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frammentare i centri abitati, - anche quando indispensabile per un ottimale sfruttamento dei terreni per evitare ovviamente di indebolirne la capacità di resistenza militare. La conferma dell'asserto la si coglie in un altro quadro statistico coevo: mentre a livello nazionale solo 8, 51 % della popolazione risiedeva in centri inferiori ai 500 abitanti, in Campania il numero scende al 3, 97%, in Calabria al 5, 83, in Basilicata all' 1, 19%, ed in Puglia precipita ad appena Jo O, 38%! 42 Come se non bastasse, sempre alla stessa data, ma la stima per quanto affermato può riguardarsi sostanzialmente equivalente per l'intero millennio antecedente, la media nazionale della popolazione sparsa era ciel 28, 24%, attestandosi per l'Abruzzo al 27, 40%, per la Campania al 16, 58%, al1'8, 51 % per la Basilicata, al 17, 32% per la Calabria, collassava per la Puglia al 6, 94% !43 È indiscutibile pertanto la stretta interdipendenza tra pianure costiere feraci con litorali bassi e sabbios.i, e rischio incursivo: la disincentivazione residenziale in piccoli agglomerati o peggio in casali sparsi indifesi, ne certifica la supposizione. Sempre nel 1951, si rilevava che la popolazione media di ciascun centro abitato ascendeva ad appena L 094 unità per l'Italia centro settentrionale, e a 3. 034 per quella meridionale ed insulare. Si coglieva tuttavia un significativo picco pari a ben 8. 237 abitanti per i centri della Puglia, valore anomalo che riconferma la sua singolarità insediativa alterata dalla rischiosissima esposizione44 • ''Le 'cause' dell'accentramento hanno costituito uno dei problemi classici della storia e della geografia meridionale: mancanza dell'acqua? malaria? altri fattori geografici o naturali (come il clima e le sue variazioni)? cause storiche determinanti particolari bisogni di sicurezza o particolari forme di produzione? permanere di caratteristiche acquisite in determinati periodi per determinate ragioni anche dopo che tali ragioni sono venute meno?"'15• In realtà è credibile che ciascuna di queste motivazioni abbia giocato il suo ruolo nell' attivazione delle menzionate scelte. Ma resta credibile che ogni scelta riveli, nella sua eredità materiale, le ragioni eminenti. In altre parole, se un territorio è spopolato per eccessiva aridità vi si rinverranno con molta probabilità numerose cisterne, od opere cli regimentazìone irrigua. Se, invece, una area vasta come la Puglia ci tramanda, ancora in ottime condizioni, molte centinaia forse un migliaio addirittura - di masserie fortificate; se la stessa presenta lungo la sua linea costiera il maggior campionario di fortificazioni urbane, e perimetrali; se infine vanta un rilevantissimo patrimonio di torri costiere antincursive, occorre concludere che il vero responsabile dell'anomalia residenziale fu quasi esclusivamente quello della sicurezza, riproponendosi anch'esso immutato fin quasi alla metà ciel secolo scorso. "Nelle Puglie le cifre relative aJla distribuzione territoriale della popolazione "mostrano quel carattere che potrebbe dirsi paradossale della regione ... : l'abbinamento dell'indole rurale della regione con la vita essen7.ialmente urbana degli abitatori". Ma, a parte la fortissima concentrazione delle residenze, che fa della Puglia tuttora, al riguardo, e specialmente nella sua parte centrale, di gran lunga la prima regione italiana, altre connotazioni importanti la contraddìstinguono"46 . E sintomaticamente anche queste sembrano riecheggiare la genesi dì quella ultramillcnaria minaccia: "Infine ... in Puglia si può osservare quella «componente urbanistica islamica nella formazione delle città italiane» che nel Mezzogiorno - in connessione con l'espansione musulmana fino al X secolo - si è fatta sentire note volmente anche in Basilicata e in Calabria, nonché nella Campania costiera e insulare. Gli elementi di influenza islamica si possono riconoscere in alcuni caratteri generali: «centralità dell' edificio sacro ... ; presenza di un asse urbano principale; tessuto viario gerarchizzato e articolato in trame irregolari; tessuto capillare residenziale a vicoli ciechi e cortili». Li danno a vedere non tanto, perché «perduti in

'2

Ibidem. p. 43. Ibidem. 44 lbidem. 45 lbidem. 46 lbidem, p. 46 43


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La dff'esa delegata

gran parte nei loro caratteri monumentali, i grandi insiemi urbani» quanto la <<dimensione 11111111na, quella ciel piccolo ambito inseclialivo e dell'architettura contadina», che ancor oggi ne forniscono «la più varia e interessante casistica». 47 È infine interessante ricordare, al cli là degli aspetti statistico-insediativi , l'enorme costo di sofferenze inflitte da quella obbligata sceJta residenziale, agli umili lavoratori, concausa non secondaria di una irrisolta arretratezza economico-culturale cieli' intero Mezzogiorno. "Tutta una letteratura ha posto in risalto le gravi conseguenze per l'agricoltura di questa dislocazione accentrata della popolazione in centri compatti e distanti sia tra loro s ia dai luoghi di lavoro. li «permanere della popolazione agricola in città» notava, ad esempio, Clemnet Merlo «fa sì che tale popolazione ... non dedichi alla coltivazione lulla la energia di cui potrebbe disporre, dovendo, per recarsi al lavoro. percorrere una lunga strada per lo più su tratturi, faticosa e talora poco praticabile»; e <<risulta anche una maggiore costosità del vitto, una minore utilizzabilità dell'opera delle donne e dei fanciulli, una maggiore costosità dell'abitazione, una maggiore frequenza di dispendi volulluari». D'altra parte, «l'ammassarsi delle case rurali è tale che non è mai possibile ingrandirle, mai quindi possibile adattarle all'accrescimento demografico, né alle esigenze cli una economia moderna>>; e non è da sorprendersi che «in questi borghi rurali ... la casa si presenti come il peggiore «attrezzo agricolo ' possibile'», anche se vi è tutta una gerarchia della case, da quelle più curate e importanti <<fino alle case basse delle stradine secondarie, che non hanno altra apertura che la porta>>". 48 Un vivido riscontro di quanto esposto lo si può cogliere nelle pagine del Gregorovius, composte all'indomani dell'Unità d'Italia, con perfello stile documentario. "Anche Andria ci insegna che la mancanza ciel ceto contadino possidente porla con sé un' altra mancanza, quella di una classe cittadina arricchitas i col lavoro e l'industria. I coltivatori formano, cli gran lunga, la maggior parte della popolazione di questa citfa; essi non abitano nei campi rna nella città stessa. Ogni giorno diecimila lavoratori della terra entrano ed escono con le loro bestie; questo - mi disse il sindaco di Andria, rispondendo alla domanda che mi era fatta - spiega perché non si possano mantenere pulite le strade cli una così importante città. I negozi sono molto primitivi, prova palese di esigenze quasi esclusivamente contadine .. . Il rimanere ferme, sempre allo stesso livello - quello agricolo - durante secoli, cli località popolose della Puglia, senza sviluppare un organismo cittadino più elevato è un fatto assai sorprendente ... " 49 Ancora negli anni trenta ciel nostro secolo Carlo Levi, pur parlando dei contadini lucani, così ricordava quella inumana fatica aggiuntiva: "È l'emigrazione quotidiana: i contadini si levano a buio, perché devono fare chi due, chi tre, chi quallro ore di strada per raggiungere il loro campo, verso i greti malsani cieli' Agri e del Sauro, o sulle pendici dei monti lontani. " 50 Avremo occasione cli approfondire sul piano strettamente clifen.sivo tutte le aberranti conseguenze di quella vessazione residenziale a ridosso della 'frontiera marittima'. Ma esisteva anche una seconda tipologia di frontiera anomala, sebbene concettualmente analoga alla precedente, quella che interessava le aree pedemontane. E lungo la stessa non mancavano purtroppo le incursioni razziatorie: "ciel banditismo terrestre, fratello della pi rateria marittima, alla quale tuttavia somiglia abbastanza. Le sue origini si perdono nella notte dei tempi ... Nessuna regione mediterranea è immune dal male. Nè la Catalogna, nè la Calabria, nè l'Albania, regioni celeberrime al riguardo, hanno il monopolio del brigantaggio. Esso è infatti onnipresente e con molteplici volti: politico, sociale, economico, terroristico ... Si trova alle porle di Napoli dove si innalzano torri cli vedetta contro i briganti, quanto neJI' Agro romano, dove talvolta bisogna decidersi a bruciare le macchie per stanare le bande troppo ben riparate ...

lhidc111. p. 48. Ibidem, p. 55. "' Da F. GR EGO ROVlliS, Passeggiare in Campania e in l'uglia, Romu 1966, p. 30 1 ' " Du C. LEVI, Cristo si èfermaro ad Ebuli, Trento 1979. p. 41. ' 11

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A ridosso dellafi·ontiera mari/lima

CJ/

Levato contro il potere, il banditismo è sempre diffuso nelle zone dove lo Stato è debole. Nelle montagne, dove le truppe non possono agire in forze e lo Stato perde i suoi diritti ; e spesso, nelle zone di frontiera ... " 51

Lefrontiere interne Abbiamo già avuto modo cli accen nare che la conquista di Roma in genere s i fermò ai piedi dei massicci centrali o dei territori montuosi , per due ordini cli ragioni. Da un Iato le operazioni militari in quei severi teatri privavano le legioni della loro superiore capacità, esponendole, e gli esempi non mancano 52 , a disastrose disfatte. Dall 'altro, molto più pragmaticamente, la conquista non si prefigurava remunerativa, non esistendo in quelle povere economie un bottino adeguato, in beni materiali e schiavi, ai costi. Pertanto i sistemi montuosi vennero di fatto isolati e circosci-itti da stanziamenti militari vallivi, ma mai conquistati ed occupati stabilmente. Fu il caso della Sardegna, della Corsica, o quello ciel Massiccio ciel Malese tanto per citare i più vicini e significativi , come pure della parte montuosa della Spagna. Ciò tuttavia condusse al concentrarsi ed al perpetuarsi in quelle aree di una frangia di irriducibili nemici dediti al bandi tismo sistematico, continuamente incrementati dall'arrivo cli altri fuoriusciti o ricercati. Il fenomeno da temporaneo divenne qu indi endemico, riacutizzandosi con il progressivo declino della potenza imperiale e della rarefazione della sua presenza militare sul territorio. Le invasioni non modificarono affatto quello stato di cose, anzi se mai lo rinvigorirono ulteriormente, accrescendosi il numero dei fuggiaschi verso la montagna in cerca di scampo dalle orde. "Le montagne sono le regioni povere del Mediterraneo, le sue riserve cli proletari? Grosso modo, è vero ... 11 regime feudale, sistema politico, sociale, economico e, in pari tempo, strumento di giustizia, ha lasciato fuori delle sue maglie la maggior parte delle zone montane. Se le raggiunse, lo fece molto imperfettamente. È un fatto più volte segnalato per le montagne di Corsica e di Sardegna, ma che si potrebbe riscontrare anche in quella Lunigiana, tra Toscana e Liguria. Lo si riscontrerebbe ovunque l' insufficienza elci materiale umano, la sua scarsa densità, la sua dispersione hanno impedi to la vita dello Stato ... Un'indagine sulla vendetta giungerebbe a conclusioni analoghe: i paesi cli vendetta (tutti di montagna, notiamolo) sono quelli non foggiati dal Medioevo, non impregnati delle sue idee cli giustizia feudale: per esempio, paesi berberi, Corsica, Albania53 . . . Sardegna ... Se in Sardegna, come in Lunigiana, come in Calabria, corne ovunque, l'osservazione ... ci rivela un hiatus con le grandi correnti della storia, l'arcaismo sociale (e tra gli altri quello della vendetta) perdura, lo s.i deve anzitutto alla semplice ragione c he la montagna è la montagna. Cioè un ostacolo. Ma, in pari tempo, anche un rifugio ... In tali condizioni, può stupire se gli Abruzzi, la parte più alta, più larga e più aspra cicli' Appenino, abbiano potuto sfuggire prima alla dominazione bizantina dell'esarcato di Ravenna, poi a quella cli

Da F. BRAUDEL, Civiltà e Imperi nel/" età di Flippo li, Torino I976, vo i. II, pp. 785-792 Sull'argomento cfr. F. Russo, Dai Sanniti al/ '/:serci10 Italiano. Bari 199 l , pp. 5 ' Il caso dcli ' Alba nia è emblemaLico, ed al tempo stesso particolarmente interessante per le correlazioni che in se.g uito cvidem.iercmo con le nostre regioni meridionali adriatiche . Basti considerare c he R. AL:VtAGJ.", L'l\lbania, Roma 1930, pp. 136 e sgg. , così esponeva al riguardo: «La vendetta era. ancora fino a pochi anni fa, un vero flagello sociale. specialmente nell'Albania Settentrionale, dove si riteneva assolutamente obbligatoria e manteneva g li abitan ti in continuo stato di guerra; non può dirsi che essa sia scomparsa neppur oggi, nonostante gli sforzi del governo del nuovo Stato e la promulgazione del Codice Penale modellato su quello dell'lralia, in vigore dal l " gennaio 1928 e ciel nuovo Codice Civile (1° marzo 1928). È da avvertire tuttavia che .le cifre che talora si davano in passato per i morti cli morte violenta nell'Albania Settentrionale, erano oltremodo csagcr..ite: si parlava per tal une tri bi\ fino al 60-70 %! Le accurate indagini statistiche del Nopcsa . .. hann o ridotto questa percentuale al 19 % circa della popolazione maschile, come media del periodo 1890- 1905 ... La percentuale mass ima era raggiunta ... dalla piccola 1.rihù dei Toplana ... ed era del 42 % ... " 51

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Roma papale, sebbene gli Abruzzi costituiscano il retroterra di Roma e sebbene lo Staro Pontificio, attraverso l'Umbria, penetri verso nord sino alla valle del Po?"54 Il brigantaggio, il banditismo, 1ejacquerie, costituivano una sorta di costante destabilizzante da tempo immemorabile, e se sotto il profilo geografico abbiamo potuto individuarne i siti elettivi, sotto quello politico le principali circostanze incentivanti così possono evidenziarsi: "Senza far conto cli altri ambiti cli civiltà, nè del mondo antico greco-romano, lo si ritrova in forme abbastanza definite in tutta l'esperienza dell' Europa medievale moderna. Raffaele Ciasca ne rilevava, riferendosi specificamente al brigantaggio, «cause varie, sociali e politiche». Notava così, che «quando e dove, ad esempio l'autorità statale è debole e manca un'organizzazione militare regolare, le milizie mercenarie facilmente si mutano in bande brigantesche» ... «Vi sono poi - aggiungeva - epoche di dissolvimento di una determinata classe, durante le quali è facile che in essa si verifichino manifestazioni di brigantaggio»"55 . Al di là delle fasi di contrazione e di massima virulenza, connesse come accennato con fattori istituzionali ed economici, che avremo occasione di evidenziare di volta in volta, restava, tra le cause primarie di fondo dell'endemismo banditesco, la sua componente sociale. "Da questo punto di vista, anche la nota tesi ciel Hobsbawm fornisce soltanto utili, ma non sufficienti e non del tutto soddisfacenti elementi di analisi e cli valutazione. «Il banditismo sociale, - scrive lo storico inglese - , fenomeno universale e praticamente immutabile, è poco più di una endemica protesta contadina contro l'oppressione e la povertà: un grido di vendetta contro i ricchi e gli oppressori, una vaga velleità di porre freno ad essi, una riparazione cli torti individuali>>. Come tale, esso «non ha organizzazione, nè ideologia, e non può assolutamente adattarsi ai movimenti sociali moderni», pur diventando, «da endemico ... , epidemico, quando una società contadina, che non conosce mezzi migliori cli autodifesa, si trova in una condizione di eccezionale tensione e di rottura», e presenta «forme di sviluppo più avanzato», peraltro «rare e di per sé inefficaci>>, che «rasentano la guerriglia nazionale». È stato, invece, osservato a ragione dal Villari che «anche la costatazione del carattere endemico e permanente del brigantaggio e l'indicazione del suo rapporto con un determinato tipo di società possono ... creare confusione e indurci a mettere sullo stesso piano cose diverse, che hanno in comune soltanto certi aspetti formali», poiché il fenomeno va considerato «endemico e permanente senza dubbio, ma certamente non sempre uguale». E la varietà può dipendere, altrettanto certamente, dalla dimensione materiale, quantitativa del fenomeno che può a sua volta diventare, «entro certi limiti», un «mutamento cli qualità»: può dipendere dalla varietà degli stimoli che ne sollecitano le espansioni quantitative e la diffusione e che possono andare con pari efficacia «eia un avvenimento politico-militare eccezionale o dall' urto di una forza esterna>> fino a fenomenologie varie sul piano sociale, civile ed ecclesiastico. Nel banditismo l'aggregazione prodotta dal motivo antifiscale e l'enuclearsi in avvenimenti che configurano episodi dal contorno circoscritto e ben definito, quali appunto le rivolte, non sono riscontrabili. Nella già sottolineata identia1 di ma.trice sociale, rivolta e banditismo sono, pur sempre, da individuare come fenomeni distinti. «La rivolta contadina è», in sostanza, «un'azione insurrezionale, violenta, di durata varia, che disconosce il potere sovrano e protesta contro di esso e comporta la partecipazione di intere comunità o gruppi sociali». Al contrario, il banditismo è una fenomenologia costante, «una manifestazione endemica, continua quotidiana di disagio sociale» ... Ecco perché può essere ravvisato e ricostruito un folclore del banditismo. Ecco, soprattutto, perché c'è per il banditismo tanta suscettibilità di echi nella società, allo stesso modo che per il ribellismo contadino quando determinate condizioni ne precipitano lo scatenarsi: e, infatti, <<il bandito che si dà alla macchia è sicuro di poter incontrare e raccogliere decine di compagni tra le folle dei poveri abitatori delle campagne, ai quali la miseria fa vedere nella rapina organizzata e guidata da un capobanda un mezzo sbrigativo ed efficace per risolvere il problema della sussistenza e anche, a suo modo, per fare un

Da F. BRAUDEL, Civiltà ... , cit. voi. I, pp. 15 e sgg. Da G. GAI.ASSO, Unijìcazione iwliana e tradizione meridionale nel brigantaggio del sud, in A. S. P. N. terza serie, anno XII, n. Cl, Napoli I 983, pp. I e sgg. .1<•

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pò di giustizia a questo mondo» . Ed ecco, infi ne, perché il banditismo «trova perfino un certo accoglimento nei q uadri sociali, no n solo attraverso i compromessi che lo Stato è disposto a stipulare con esso, ma anche nella frequente co llusione e complicità con la for7.a soci ale più potente, ossia la feudalità. Il signore feuda le offre, infatti, frequentemente la protezione dei suoi privilegi al bandito, e questo gli rende il servizio facendosi strumento dcJJe sue prepotenze, per cui la lotta dello Stato contro il banditismo è resa assai pi ù diffi cile e la feudalità svela anche in ciò la sua vocazione contraria a lla instaurazione di una vita pubblica più ordinata»". 56 Questa duplice connotazione cicli ' illegalità nelle aree agricole, o comunque non urbane, costituiva, tuttavia, sollo il profilo della salvaguardia del la produzione una unica m inaccia, dalla quale occorreva difendersi congiuntamente a quella <la mare. ln definitiva le coste, e le fasce pianeggianti retrostanti, come pure i terreni pedemontani , proprio per trovarsi a ridosso di ambienti - il mare e la montagna - di facile e sicuro asilo per i predoni, rappresentavano gli insediamenti a risch io e qu indi necessitanti di organizzaz ioni difensive autonome. La speranza, in fatti, che l'apparato militare dello Stato del momento fosse in g rado cli scongiurare gli insulti corsari, o <li stroncare il banditismo ed il brigantaggio endemici, si dimostrò costantemente p ura utopia. TI controllo semp re insufficienlc del ten-ito rio, la esiguità delle forze impiegate, la dimensione min imale delle azioni razziatorie, a fronte del loro ri levantissi ma frequenza, lasciarono ben p resto arguire che la pretesa di protezione globale fosse ve lleitaria, e per conseg uenza il ricorso all'i niziativa difensiva privata ed autonoma, si impose senza alternative credibili, finendo per assumere una connotazione legale, ovvero di scontata delega.

Evoluzione del concetto.fino all'età moderna L'incred ibile scena di un pontefice, Leone IX, prigioniero dei Normanni - in quanto capo di un esercito nella brulla distesa del Tavoliere dop o la battaglia di Ci vitate il I 8 giugno <lei 1053 - cd al contempo riverito dai vincitori, umilmente genuflessi al suo cospetto - in quanto capo spirituale della crisLianità - fa da sfondo alla nascita del primo grande stato peninsulare57 . Per immaginare quale fosse la condizione politica ciel meridione basti ricordare che la Sicilia era governata dai saraceni, la Puglia e la Calabria dai bizantini, Gaeta, Napoli ed Amalfi, formavano a loro volta tre repubbliche indipendenti, mentre Benevento, Capua e Salerno costituivano le capitali cli altretlanti principati longobardi, confinanti a nord con lo stato pontificio. Pochi anni dopo, infatti , la temeraria impresa d i Roberlo e del fra tello Ruggero d' Altavilla, trovava una sua inusitala conclusione: il loro discendente diretto Ruggero TI il giorno di Natale del 1130 si proclam ava re d i Sicilia 58 , d efinizione territo riale c he in realtà inc ludeva anche buona parte del Mezzogiorno, c ioè l'altra Sicilia. Quello che sarebbe restato, pur Lra alterne vicende, per i successivi sette secol i il maggiore stato italiano assumeva così un suo stabile assetto. Ovviamente l'intraprendente ed a mbizioso sovrano non perse tempo a cementarne l'inedita unione, recuperando innanzitutto l'ordine pubblico, e organizzando un credibile e poderoso apparato militare. Il tangibile riscontro della sua visione politica è testimoniato dalla vivace espansione territoriale del nuovo

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Da G . GALASSO, Unificazione italiana e tradizione 111eridio11ale nel brigantaggio del sud, in /\. S. P. N. terza seri e, anno XIl, n. Cl, :-lapoli 1983. pp. I e sgg. 56 Tbidcm, p. 3 e sgg. 57 Precisa E. PONTIERI, Tra i normanni ... , c it. . p. 24: " I quali eventi costituiscono gli antecedenti immediati del concordato stipulato a \ilelfi nel 1059. concordato che non solo regolava le relazioni tra il Papato e i Nonnanni, ma costituiva pure una pietra miliare nello sviluppo dello Staio ch' essi ven ivano formando ne l Me:aogiorno d' Italia". 58 La procedura non ortodossa di quella incoronazione così viene sintetizzata da D . .MA<:K S MITH, Storia della Sicilia medievale e moderna, Bari 1971, p. 38: "ebbe luogo con lusso leggendario nella ex moschea, ora cattedrale di Palermo. Ruggero aveva chiamato alcuni dei suoi vassalli a Salern o e aveva comunicato loro il suo desiderio di diventare re; poi convocò a Palermo un'assemblea generale di ecclesiastici, nobili e popolo che approvò per acclamazione la sua proposta. La sovranità per diritto di conquista venne così ratificata da una specie di elezione ... "


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regno: una ventina di ann i dopo l'incoronazione, infatti, l'audace normanno dominava anche il nord Africa, da Tripoli a Tunisi, con una notevole penetrazione verso il sud. Tuttavia all'interno ciel regno le incessanti turbolenze e le ribellioni feudali 59 non comprovarono, almeno inizialmente, una accettazione consenziente, e meno che mai pacifica, della grandiosa realizzazione. Tanto le cillà più sviluppate, in particolare della Puglia, quanto molti nobili normanni si produssero in reiterate sollevazioni e rivolte miranti alla conservazione dei loro tradizionali privilegi60 . Gradatamente però furono ricondotti in un ambito di rigida sudditanza. Nonostante ciò la repentina acquisizione, o forse sarebbe più esatto la imposizione, cli una unità territoriale non desiderata nè sentita, non produsse affatto una fusione ed una integrazione sociale, ad onta sia della precettistica religiosa che delle severissime normative reali, con endemici focolai cli insubordinazione. Negli ultimi anni della dinastia normanna poi tale negativa peculiarità si acutizzò assumendo le connotazioni cli una assoluta anarchia ed iIIegalità imperante, contesto protrattosi anche agli inizi della dominazione sveva. È emblematico al riguardo citare un episodio relativo alla Calabria del 1199, che documenta perfettamente il degrado raggiunto: " ... si presentò all'arcivescovo di Cosenza Bonomo l'abate Gioacchino da Fiore, latore cl' una lettera .. . sulla denuncia ... a carico dell'abate e dei monaci del monastero basiliano dei Tre Fanciulli nella diocesi di Cerenzia. Infatti una caterva di contadini armati di quest'ultimo monastero aveva invaso una masseria di proprietà del monastero del Buon Legno, dipendenza di S. Giovanni in Fiore, e bastonati i pastori che vi pascolavano le greggi, li avevano allontanati da quelle terre, asserendo che esse erano un possesso dei loro mandanti . Le aggressioni continuarono: si giunse a distruggere gli opifici e le case coloniche ciel monastero .. . [persino] iJ pontefice Onorio TTT si era interessato alla vertenza, ingiungendo all'arcivescovo Bonomo di difendere le terre dei Florensi «a pravorum incursionibus))". 6 1 Dalle righe traspare, inequivocabilmente, la devastante arbitrarietà vigente alla vigilia ciel XIII secolo nel regno, sintomo della dissoluzione ciel potere legittimo. Gli stessi ministri della chiesa non si peritavano di armare bande di contadini per compiere incursioni interne ai danni di altre proprietà religiose, senza che alcuna autorità civile o religiosa fosse in grado di ristabilire la sconvolta legalità: nè peraltro si coglie dalla rusticana contesa - come da infinite altre simili - l'esistenza di un qualsiasi apparato repressivo capace di dissuadere, se non di reprimere, tali iniziative. Rientrava anzi nella prassi abituale che /ogni ordine monastico possessore di beni terrieri - o comunque dedito a traffici commerciali - ogni feudatario o ricco possidente, si fosse dotato cli uno stuolo di dipendenti addestrati all'uso delle anni, e che solo con la forza cli quello sostenesse i reali o presunti diritti. Conseguenziale pertanto presumere che se tanto affliggeva i rapporti ' civili', nel contesto extraurbano rurale imperasse la più irrefrenabile illegalità e violenza, ed il territorio fosse completamente soggetto alla tracotanza della clel iquenza, organizzata o meno, contrastata unicamente dalla tradiz ionale iniziativa di fensiva privata. Questa, se mai, proprio per il rifiorire del commercio e degli scambi interni ed esterni, fautori di un rinascente benessere, subì un logico incremento qualitativo e quantitativo, supportandosi con idonee strutture blandamente fort ificate62. Il processo curiosamente assimilabile alla proliferazione feudale delle roc-

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Ruggero pur essendo re non cessò di rappresentare a sua volta il tipico esponente del signore feudale con stretti rapporti con la classe militare del regno. Non condusse abitualmente le sue forze armate, ma non si servì esclusivamente degli eserciti feudali, particolarmente inaffidahili, mantenendo sempre un grosso esercito professionale di assoluta fedeltà a!Ja sua persona. 60 Precisa D. MACK S:VIITH, Storia della Sicilia ... , ciL. , p. 39: "Ruggero distrusse i castelli privati e proibì ai nobili di combattere l'uno contro l'altro. Egli non esitò a far giustiziare alcuni dei suoi compagni cl'arme e a confiscare le loro proprietà. Infatti il feudo era riconosciutamente una delega di potere pubblico che poteva essere revocata ... ". 61 Da E. PONTIERI, Tra i nonnanni ... , cit., p. 202. 2 ~ Afferma il medesimo autore che: «la conquista normanna e la congiunta unificazione dell'lLalia mcridonale nel Regnwn Sidiiae segnarono per essa l'inizio d' un graduale risveglio delle sue energie economiche ... ", p. 119, op. cit.


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che - anch'esse inizialmente non solo estremamente elementari e non solo tollerate ma63 , per quanto visto, auspicate per la sicurezza stessa della nazione - contribuì a frammentare la tenue unità dello stato in una miriade cli potentati più o meno incontrastabili. Persino il sovrano con il suo esercito, infatti, avrebbe incontrato enormi diffico ltà ad averne ragione globalmente imponendosi, per la rozza tecnologia militare del momento, una debilitante sequela cli assedi, di fa tto inattuabili6'1• La piena sovranità ciel governo subì perciò una irrimediabile limitazione, con scadimento dell ' intera impalcatura gerarchica. Un accorto osservatore, quindi, avrebbe facilmente compreso che la permanenza, in mani private, di tante fortificazioni scardinava ogn i iniziativa isti tuzionale. Infatti, sebbene di disparatissima genesi edentità, ciascuna cli loro esautorava le relati ve compagini sociali dalla strelta subordi nazione centrale. E se una parte cli quelle strutture vantava un passalo cli indubbia necessità per i primi sparuti conquistatori onde dominare su cli una popolazione numerosa e riottosa; se la restante, a sua volta, si riconfermava ancora estrema garante dei residui concentramenti abitativi - come nei liberi comuni o nei paesi murati - il loro insieme costituiva, disgraziatamente, una insormontabile ipoteca per l'evoluzione in stato della compagine territoriale così temerariamente aggregata dai normanni. La conlemporaneifa perciò di fortificazioni di tipo mil itare e cli tjpo civile si trasformava, in ultima analisi, eia fattore protettivo del territorio in fattore disgregativo dello stato, lasciando motivamente dedurre che soltanto le seconde potevano tollerarsi, con le debite limitazioni. La dinastia normanna però non riuscì ad aver ragione del problema, che anzi assunse proporzioni abnormi con una proliferazione di roccheforti e manieri abusivi65 . Cinque anni prima del citato confl itto tra monasteri nasceva ad Jesi, paesino delle Marche, Federico II, il figlio di E nrico cli Svevia e cli Costanza cl ' Altavilla, ultima erede postuma cli re Ruggero H. Il giorno innanzi , il natale del 1194, il padre era stato incoronato nella cattedrale di Palermo re cli Sicilia. Ma il clima cieli' isola ebbe effetti nefasti sul nuovo sovrano che appena tre anni dopo vi trovava prematura morte. Alla sua vedova ed al neonato trasmetteva un impero dilaniato da una irrefrenabi le anarchia. A peggiorare la situazione sopravvenne, a pochi mesi d i distanza, anche la scomparsa di Costanza. TI nipote d i Federico Barbarossa e di Ruggero TI rimase, a sol i quattro anni, al vertice dell'immenso ma agonizzante impero.

63 Quanto una tale concezione fosse indispensabile lo conferma a pieno la procedura aclottatu ad esempio in Sicilia, dove come del resto nel meridione conti nentale gli: "i nvasori non erano una popolazione in massa cd era perciò necessario accatti varsi i contadini esistenti: a molti arahi fu perciò concesso di conservare i beni e la terra, talvolta persino i castelli. ". da D. MACK SMtTH, S1oria della Sicilia ... , cit. , p. 24. Ora se questa disposizione riguardava quelli che erano stati fino a pochi mesi prima irriducibili nemici, è intuitivo immaginarsi l'ampia facolliì concessa ai commilitoni in materia di fortificazione. <•• Molto acutamente C. MONTlJ, Storia del 'a rtiglieria i1aiia11a . Roma 192 1, voi. (, pp. 324-25, osserva che il processo di cementazione dei grandi stati europei fu in un certo senso agevolato dalle grosse artiglierie che riuscirono ad ave r ragione della esposta riou.osità feudale. Infatti: «i Re-specialmente Carlo Vfl e Luigi Xl-disponendo delle risorse economiche di quasi tutta una grande Nazione, erano stati in grado di crearsi dei formidabili parchi d'artiglieria. cli cui si erano grandemente giovati per ridurre alla ragione, cioè domare definitiva mente, i superstiti feudatari ribelli, i 4uali erano spesso. magnifici cavalieri e animosi combattenti, ma non avevano le risorse necessarie per costruire a loro volta dei parchi [d' artiglierie] capaci di far fronte a quello dei Re. In rrancia non vi fu quasi pili castello o città che potesse resistere alla concentrazione cli bocche da fuoco dell'esercito reale: l' autorità monarchica, pur non essendo ancora sicura e definitiva, incomincia a stabilire una disciplina unitaria, cioè a creare un blocco politico omogeneo. quale in Italia non si ebbe che quasi quattrocc nt'anni piL1tardi". 6; È interessante ricordare che presso i normanni, in [<rancia, già si era registrata una singolare fioritu ra cli fortifi cazioni, senza dubbio elementari, ma talmente frequenti da far interessare al fenomeno persino un concilio. A. CASSI R."-MELI.I , Dalle caveme ai rifi.1gi /Jlindati. Milano 1964, p. 108, ri proponendo quella storia così ci ragguaglia in merito: «[Nel 10801 un curioso e vano capi tolare del Concilio di Lillebonnc ci informa sullo stato raggiunto dalle troppe fortificazioni illegali pullulanti, che il Sugcr chiamava 'castra adul terina' . Le notizie fornite sono preziose perché, per eccesso di ottimisrno o di sfiducia, molte cose vi si vietano o si elencano sperando forse di ollenerlc. Si apprende così l'esistenza di fossati ccce,.ionali ... di palizzate più efficienti, perché rnosse con tracciati dentati .. . si proi bisce (e si conferma) l' uso di opere avanzai.e .. . mentre si subordi na la scelta del luogo più te rni bile perché impervio .. . e favorevole ed ulteriore permesso da richiedere al principe. Il che testimonia dellu tipologia costruttiva moclcstissirna raggiunta. oltre a forni re le pit1 melanconiche delusioni sulla scarsa autorità di questo pove ro sovrano, che do veva ricorrere a grida cli questo genere ... ".


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La cl/fesa delegata

·- ~. 1.::: -~ . '

36 36. Capua (Ce). Castello delle Pietre, erello dai normanni utilizzando i grossi conci calcarei del vicino anfiteatro.

"Nel castello, nessuno sembrò più occuparsi del bambino; i beni reali furono anzi così male amministrati, che egli si trovò letteral mente alla fame. J palermitani, mossi a pietà, si presero cura di lui e lo nutrirono, chi per una settimana, chi per un mese, a seconda delle possibilità loro ... Libero da ogni sorveglianza, vagava pei vicoli del mercato . .. fpopolatil di gente tutta presa dagli affari: normanni italiani saraceni tedeschi ebrei greci. Suoi maestri, il mercato e i vicoli di Palermo: la vita stessa insomma .. . . . . secondo il diritto feudale siciliano il re diventava maggiorenne al compimento del quattordicesimo anno d'età .. . [ed] il 26 dicembre del 1208 ... il papa depose la tutela, e da quel giorno Federico governò da solo ... "66• Non occorse molto tempo al giovane e sagacissimo imperatore per rendersi conto dell'assoluta precarietà del suo potere e dell'inconsistenza della sua autorità, minata proprio dalla pletora degli onnai inviolabili e radicati potentati. Fidando, probabilmente, nella maggiore soggezione che la sua origine dinastica presupponeva, iniziò la immane opera riaggregatrice dalla Germania. Lì nel corso del suo soggiorno ebbe modo cli stringere saldi legami con due grandi istituzioni che forniranno un costante supporto al suo governo: l'ordi ne dei Cistercensi e quello dei Cavalieri Teutonici67 .

66 Da E. KANTOROWJCZ, Federico Il, impera/ore, Milano 1976, p. 23. 67 Federico li amava attribuire le prime origini dell'Ordine a suo nonno

Fedrico Barbarossa. In realtù precisa F. L. C\STERN, Le origini della Prussia, Bologna !982, p. (9, i: "Cavalieri teutonici-l' Ordine ospitaliero di S. Maria di Gerusalemme-costituivano uno degli ordini monastici fondato durante le crociate per favorire la liberazione della Terra Santa dall' Infedele. All'ini.zio del Xlfl secolo, il re Andrea d'Ungheria assegnò all'Ordine vasti territori disabitati in Transilvania per fondarvi una marca di frontiera contro i pagani Kumani (turchi) ... [ma dopo poco dovettero trasfersi I nella valle della bassa Vistola ... Idove più ad est contro i prussiani che resistevano all'espansione del cristianesimoJ furono promosse crociate ... Federico II. . . ga rantì all'Ordine piena sovranità su tutte le terre che avrebbe strappato ai prussiani . .. ». La storia della Prussia e dell'Ordine finirono da allora per identificarsi, al punto che riconoscendosi in quella regione la componente militarista germanica per antonomasia, ancora oggi la croce dei Cavalieri Teutonici, nera con i bordi bianchi, fregia tulli i mezzi dell'esercito tedesco.


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Con determinata tenacia ed energica intraprendenza nel giro di alcuni anni riuscì a rinsaldare sufficientemente l'immenso organismo. A quel punto gli parve giunto il momento di eliminare una volta per tutte quella che ne era la piaga, ovvero la già ricordata deleteria autonomia feudale, sorretta da innumerevoli rocche e castelli. "Nel dicembre del 1220 era a Capua, dove tenne una grande dieta e promulgò un certo numero di leggi: fra queste, quella sui privilegi, la più importante, che faceva tutt'uno con un'altra diretta espressamente contro i baroni, nella quale si stabiliva che ogni castello o fortilizio costruito dai vassalli negli ultimi trent'anni dovesse essere consegnato alla corona o distrutto: poiché anche il diritto dì costruire postazioni difensive emanava dal signore, onde ai vassalli era stato sempre proibito di edificare castelli fortificati, fosse pure nei loro feudi. Anche qui il sovrano rivendicava un antico diritto. " 68 Che tale diritto fosse antico è facilmente presumibile, ma che in realtà fosse stato sempre disatteso, specie dopo l'arrivo normanno, risulta altrettanto incontrovertibile. La deliberazione di Federico 11, quindi, ribadendo quel principio veniva finalmente a mettere ordine in settore quanto mai arbitrar.io e fonte di arbitrarietà. Fu quella a ben guardare la riaffermazione dei poteri sovrani e la nascita dello Stato nella sua concezione moderna. E se fino ad allora l'onere della difesa, quand' anche antincursiva od antibrigantesca, ostentava una lunga casistica di iniziative private, tollerate od incentivate ma mai perseguite come abusive, da quel momento tale basilare funzione rientrò nelle esclusive competenze dello Stato e della sua forza annata ed ogni deroga avrebbe dovuto ricevere al riguardo una esplicita delega69 . Acquista, da questa riaffermazione istituzionale federiciana, pieno significato parlare di difesa delegata per tutti i casi che andremo cli volta in volta ad esaminare. È infatti possibile, d'allora in poi, distinguere nitidamente un apparato militare propriamente detto, con compiti cli difesa nazionale e un dispositivo estremamente articolato, privato, finalizzato alla difesa dei beni materiali e delle attività. In definitiva: "parallelo alla statalizzazione di nobiltà e cavalleria fu un altro nuovo provvedimento: per la prima volta, d'ordine di Federico, numerosi castelli, rocche e manieri passarono alle dirette dipendenze della corona: le fortificazioni non servivano più a difendere il singolo feudatario bensì tutto lo stato: furono più di duecento ì castelli incamerati, tanto che Federico dovette creare un nuovo corpo di funzionari che soprintendessero a questo "organismo per la difesa del paese", vigilando sull' amministrazione e manutenzione dei castelli, scegliendo impiegati adatti allo scopo e occupandosi de.Ile spese generali. In tempo di pace, contrariamente all'uso di quello e d'altJi tempi, i castelli non avevano presidio alcuno, ma al massimo, un castellano e un paio d'armati; in tempo cli guerra invece, i feudatari e gli abitanti dei dintorni, come già avevano contribuito all' edificazione e ttlla manutenzione del castello, dovevano, secondo i loro obblighi e per ordine dello stato, fornirlo cl' un presidio e sostenere le spese del suo mantenimento. S'attuava così una specie di difesa nazionale ... piano unico nel suo genere per il quadro unitario con cui era stato matematicamente pensato ... •no. Dalla impostazione federiciana inizia a trasparire un nuovo sistema cli difesa riecheggiante, ìn definitiva, quello imperiale romano. Tutto ciò che era militare, o attinente alle esigenze militari, apparteneva allo stato e eia questo veniva gestito, mantenuto ed impiegato, con il logico apporto dei civili. Traspare anche, ed è forse la novità pitt eclatante, la netta distinzione tra tempo di guerra e di pace dettaglio che confermerebbe la cessazione dell'anarchia medievale e la riqualificazione esistenziale nell'ambito di garanzie e certezze sodali.

"" Da E. KANTOROWICZ, Federico Il... , ciL, p. 104. "' È emblematico al riguardo osservare che sempre nei provvedimenti promulgati a Capua era contemplato l' obbligo da parte dei nobili, anche di quelli autorizzati al possesso di una qualche fortificazione, di munirsi cli apposito consenso reale se desi deravano uscire dalla loro residenza scortati da un numero di uomini, ovviamente di armati, magg iore di quattro. Al riguardo cfr. G. l'vlAsso:-;, Federico /f di Svevia. Milano 1978, pp. 93-95. ?O Da E. KANTOROWICZ, Federico li... , cil. , p. 107.


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38 37. Piante tipo di castelli federiciani : a) Castello di S. Felice a Cancello (Cc); b) Castello di Belvedere, Marano (Na). (da L. Santoro) 38. S. Felice a Cancello (Ce). Panoramica del castello svevo, detto "Matinale".


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A ridosso della.fimztiera marittima

"'

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...

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39. Marana (Na). Scorcio di castel Belvede re pesantemente stravolto dall ' uso abitativo condominiale.

Ovviamente però la precisa finalizzazione delle fortificazioni alla protezione dello stato e non del singolo feudatario - con la relativa famiglia - , comportò che molte delle esistenti vuoi per ubicazione, vuoi per criterio architettonico, vuoi ancora per impianto murario, si riguardassero come assolutamente supe1flue od inadeguate, fonti per di più di onerose costanti manutenzioni. Per contro molti dei siti strategicamente vitali , nella nuova prospettiva di difesa nazionale, appari vano pe1icolosamenre sguarniti e vulnerabili. Per le prime perciò fu sancita la radicale demol izione mentre per i secondi, senza frappoITe indugi, si pose mano freneticamente alla edificazione seri ale. La con naturale razionali tà della dirigenza federi ciana e la sua inusitata solerzia, non disgiunta da una parsimoniosa amministrazione economica, indussero infatti ad impiegare per quel grandioso programma un modello standard di castello, perfettamente calibrato alle esigenze militari. "È da notare un'altra importante conseguenza del passaggio dei castelli da feudali a statali : con l'edificazione di nuovi castelli imperi ali (che Federico II avviò molto presto), s' inaugurò un nuovo stile architettonico. Non dovendo i castelli più servire all'abitazione d ' una famiglia - il signore, la moglie, i figli, i servi - bensì al soggiorno di scolte militari, essi potevano essere costrui ti come i castra romani, secondo un sistema unico, con poche varianti, il quale anche esteriormente, offriva il massimo di semplicità e sobrietà matematiche: un quadrato di pietra con una torre in capo a ogni lato. A ragione s'è riscontrato nei casteli federicia ni il modello di quelli dell'ordine dei Cavalieri Teutonici in Prussia, che hanno tutti lo stesso impianto e lo stesso stile, servendo agli stessi scopi di quelli del m ezzogiorno d'Italia - e dipendenti dallo stato anch'essi. Tanto ai castelli prussiani quanto a quelli italiani mancava com unque l'aspetto "pittorico", sacrificato a favore della monumentalità severa, d ' una struttura rigidamente d isegnata, mirante alla semplicità geometrica ... " 71 .

71

Ibidem. p. I 08.


La difesa delegata

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40 40. S. Felice a Cancello (Ce). Dettaglio della torre mastra.

Il criterio formale di fortificazione su impianto quadrato con quattro torri quadrate ammorsate ai vertici e fuoriuscenti, con il loro estradosso, da quello delle cortine intermedie72 lo abbiamo già incontrato esaminando le estreme realizzazioni dell'architettura rurale fortificata tardo imperiale. Ma evidenzi,urnno i perché della non corretta attribuizione a tale canonica della genesi dei castelli medievali. Infatti quella semplicistica ipotesi contrasta nettamente con la cronologia evolutiva, mancando qualsiasi collegamento concettuale in epoca longobarda e normanna. Tutti i loro castelli appaiono o estremamente approssimati ed irregolari o fin troppo elementari, come ad esempio gli arcaici normanni, li mitati peraltro abitualmente ad un màssiccio torrione. Nel caso, invece, dei castelli federiciani però quella razionale ripropos izione planimetrica, indubbiamente elaborata in chiave esclusivamente difensiva e militare, cela qualcosa di più di una semplice affinità casuale. Occorre perciò aprire una breve parentesi sull'Ordine Cistercense. "Bernardo, abate di Chiaravalle, non ne era stato il fondatore, ma sì doveva al suo ardente zelo se l'ordine era salito a tanta impottanza. Egli ... per primo santificò «il lavoro della casta terra» e indicò al monachesimo la nuova regola: l'unione ciel lavoro materiale e cli vita spirituale ... E infatti i Cistercensi sceglievano le valli più remote e silenziose per edificarvi i loro chiostri luoghi cli lavoro ... L'obbligo di coltivare la terra favo1ì il rapido espandersi dell'ordine che, lentamente ma ìstancabilmente, dissodò terre che erano state fertili in antico ... in Germania specialmente ... " 73

ln merito cfr. F. Russo, Canoni dell' archiletturafedericiana nel castello di S. Felice a Cancello (CE, in L'Universo n° 5 I. G. M. I. Firenze 1980, pp. 860-863. 73 Da E. KANTOROWICZ, Federico Il... , cit. , p. 79. Per ulteriori ragguagli circa l' Archiletlura Cistercense cfr. F. FARINA, B. FORNAR!, L 'architettura cistercense e l'abbazia di Casamari, Firenze I 981. 12


A ridosso della fro ntiera marittima

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~I. S. Felice a Cancello (Ce), Sezione assonometrica della torre mas tra.

L'Ordine, quindi, ri vitali zzò con i suoi conventi -aziende agricole q uelle lontane regioni del dissolto impero romano, già punteggiate di lloride vi lle. I suoi ingegneri , probabilmente, desume ndo efficaci suggerimenti arch itettonici dai ruderi di quelle ancora ben evidenti sul territorio, impiegando i nuovi canoni del gotico nascente, frutto del! ' apporto crociato74, elaborarono soluzioni specifiche estremamente proficue. Sorsero così i loro conventi ispirati al modello classico delle aziende agricole di confine, ovvero. appunto, un quadrato con quattro torri ai vertici. E ciò tanto più in quanto i territori colonizzati si trovavano, disgraziatamente, a ridosso ad aree in vasive o comunque periferiche del mondo occidentale, sistematicamente esposte ad incursioni di ogni genere necessitanti, quindi , cli una discreta protezione.

74 Precisa su Il ' argomento S. LANGÉ, /\ rchitettura delle crociale in Pcilestilla, Como 1965, p. 90- 13 J : "Quanto i costrutlori di castelli crociati abbiano derivato effct.tiva rnente dall e forme orientali e quanto invece sia frutto di una logica e natura le evoluzione interna, determfoata dalla necessità di fronteggiare ostacoli e pericoli incombenti. è cosa assai difficile da dimostrare. La disputa è tutt'ora aperta e solamente una approfondita conoscenza della castellologia bizantin a e araba del vicino Oriente, che al presen te noi non possediamo, potrebbe servire a chi,1rire il problema: È pur vero ... che i primi insedi amenti militari crociati utilizzarono fortificazioni precedenti , da quelle ebraiche, fenicie e romane a quelle bizantine cd arabe, che adauarono o riedificarono seguendone l'andamento ... ma alcu ni concelli .. . non sembra possano aver un nesso preciso con forme oriemali ben individuate, anche se sappiamo con ceriezza che i crociati, cosl come gli Arabi, si servi rono di ingegneri militari bizanLini e armeni. .. È pur vero che abitualmen te si è indotti a considerare l'esperienza de lle Crociate co me una delle componenti p iù importanti ne ll'evoluzione dalle forme romaniche a que lle gotiche, rna ... questa affermazione è vera per gli aspelli più generali del fenomeno e per la dimensione civile militare ... .. . gli spunti sono molti e veramente interessanti: a partire dall'esperienza costruttiva delle volte della " Sala dei Cavalieri .. ad Acri, molti altri edifici adottarono volte a crociera costolonata con arc hi a sesto .1cuto ... si tratta della maturazio ne di un sistema costruttivo. più che di un intero organismo, che nondimeno ha la sua importanza validissima poiché attraverso questi tentativi l'Occidente ricupera la tradizione e la sensibilità costruttiva medio orientale che l'Iran presassanide e sassanide aveva consegnato al mondo musulmano... ·•.


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La d~fesa delegata

L'imperatore Federico II, profondo conoscitore di risorse umane, gratificò l'Ordine di innumerevoli concessioni e riconoscimenti, ma al tempo stesso ne cooptò la qualificata cooperazione. "I Cistercensi godevano fama di ottimi amministratori ... [e] Federico se ne potè valere in larghissima misura, e difatti amò inviare fratelli laici (che s'intendevano di economia agraria e di allevamento del bestiame) nei suoi domini di Puglia e Capitanata. Di altri si servì come architetti per la costruzione cli castelli, e all'edificazione, in Puglia dei più importanti e dei più belli di essi parteciparono quasi sempre capomastri cieli' ordine. Né mancano documenti cli tale attività: eia uno statuto del capitolo generale si ricava che laici e monaci cistercensi erano sempre impiegati in gran numero dall'imperatore; al punto che il papa ebbe a lamentarsi che Federico li sfruttasse troppo per le sue costruzioni. Del resto parlano chiaro i vari castelli che Federico si fece costruire in Puglia, nei quali tutti, si riconosce ... lo stile cistercense ... " 75• Il legame quindi, sia pur esile, che raccorda quelle due tipologie architettoniche non manca, e non può pertanto escludersi che proprio tramite le realizzazioni agricole cistercensi i capimasu·i dell'ordine giungessero, per lieve elaborazione, all'archetipo del castello federiciano che tante analogie planimetriche conserva con la lontana villa romana da farne suppone una affiliazione. Si tratterebbe perciò, secondo la nostra ipotesi, della riproposizione cli uno schema ritenuto motivatamente valido, economico e dj sperimentata affidabilità, ovviamente con i dovuti adeguamenti strutturali e dimensionali. Supportato il suo stato con quel solido scheletro difensivo, smussate le maggiod riottosità feudali, restituita la totale sovranità al governo, ristabilito un contesto esistenziale sufficientemente disciplinato e sicuro, l'imperatore eliminò allora anche l'ultima occasione di instabilità interna, localizzata senza dubbio nella sola Sicilia, ma i cui nefasti effetti si avvertivano anche nel resto dell'Italia centro meridionale: la presenza musulmana, eredità ricevuta dai normanni e soltanto marginalmente assoggettata76 . Nel volgere cli poche campagne77 l'imperatore, peraltro indiscusso conoscitore ed estimatore della civiltà. araba - tanto da essere con disprezzo definito 'il sultano battezzato' - rastrellò e deportò in una apposita colonia in Puglia - da allora Lucera Saracenorum78 - gli arabi della Sicilia, restituendo ali' isola una inusitata pace sociale. /

" Da E . KANTOROWICZ, Federico Il. .. , cit. , p. 81. "' Tratteggia D. MAC K SMITH, Storia della Sicilia .. . cit. , pp. 67-69, quella presenza etnica insubordinata così: "Altrettanto pericolosi erano quei musulmani di lingua araba che ancora sopravvivevano nell'interno e nel sud-ovest della Sicilia e che rappresemava110 una minaccia tanto per la Chiesa quamo per lo Stato .. . Quando Federico II, nel 1208, prese le redini del governo, uno dei suoi primi problemi fu quello di sconfiggere questi banditi; infatti tutta l'aut-orità dello Stato era a repentaglio e tale era il teITore causato dai musulmani e dai loro complici cristiani che i contadini rifiutavano d' uscire dai loro villaggi e di coltivare i campi . .. " 11 La gue1Ta di Federico II contro i saraceni siciliani ebbe inizio nel 1222, ovvero nel suo secondo anno di regno nell'isola. La loro potenza era affatto trascurabile, arricchita anche da incessanti apporti dal nord-Africa, trami te il canale di GirgcntiAgrigento-in loro possesso. La lotta per la completa epura,.ione della Sicilia si protrasse in realtà per diversi lunghi anni, e si concluse con la loro integrale deportazione nella pianura di Puglia a Lucern. Circa l'entità dei saraceni catturati e deportati la sti ma corrente li fa nscenclere intorno ai 16-20. 000. n Circa la Lucera di Federico II così C. A. WJLLEM SEN, D. ODENTHAL, Puglia, rena dei Normanni e degli Svevi, Bari 1978, p. 66, ne sinteti,.z.ano le caratteristiche: "Quando ... i Saraceni si furono resi conto che non era affatto intenzione dell' imperatore distruggerli, mn che, anzi, egli offriva loro in questo nuovo spazio vitale ogni possibilità di lavorare, di rendere s icura e migliorare continuamente la loro posizione economica, non solo, ma che li lasciava vivere indisturbati sotto un proprio capo e propri amministratori, secondo la fede dei loro padri, ben presto scomparve l'odio del primo momento e subentrò al suo post.o una devozione pressoché fanatica per il loro vincitore, di cui avevano avuto modo cli sperimentare la grandezza d' animo. Fu così che l'imperatore si acq uistò con loro . .. non soltanto degli ottimi lavoratori ... ma anche un esercito di valorosi soldati sempre pronti a battersi per lui. Prova ne sia il fatto, ad un certo momento, l'impera tore volle costituita di Saraceni .. . che ubbidivano soltanto a lui, la guardia ciel corpo ... La Lucera saracena si sviluppò sull'altipiano come città aperta, senza mura nè torri. Per dominarla Federico II fece ampliare grandiosamente la sua piccola fortezza, che divenne così un grandioso castello ... Il palazzo imperiale fu successivamente inserito nella parte nord-orientai.e clclln grande cerchia cli mura.. ".


A ridosso detlafrontiera marittima

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43 42. Lucera (Fg). Panoramica della colonia saracena cli rcdcrico Tl . 43. Luccra (Fg). Dettaglio della Ton-e de lla Leonessa e di una sezione delle mura della colonia saracena federiciana e quindi angioi na.


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La difesa delegata

44. Costiera Amalfitana (Sa). Torre Assiola, o Sciola, antica opera angioina in seguito ridotta di altezza e modificata nel coronamen to sommitale.

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È interessante, infine, ricordare come lo stesso imperatore dedicò notevoli risorse per organizzare, sempre sotto la guida dei monaci cistercensi, grandiose masserie di stato finalizzate ad una ingentissima produzione granaria ed ali' allevamento ovino, operazione indubbiamente favorita dal clima di sicurezza instaurata. ,, La sua precoce morte significò l'annientamento delle sue avveniristiche istituzioni che lo fanno, giustamente, ritenere una sorta cli solitario precursore. L'impero patì la sorte classica della frammentazione. Persino le 'due Sicilie', sotto la inetta dinastia angioina, subirono non solo il massiccio reinsediarsi di un anacronistico feudalesimo, ma la mutilante segmentazione all'indomani dei mitici Vesprì79 • Ancora una volta collassata la validissima organizzazione militare e scompaginato il criterio di minuzioso controllo territoriale, riesplose la delinquenza generalizzata, interna ed esterna, imponendo di conseguenza il risorgere di miJiadi di singoli caposaldi difensivi, connotazione onnai destinata a perpetuarsi nei secoli futuri senza soluzione di continuità. Non fu infatti casuale che gli angioni per primi dovettero avviare un ampio programma di difesa costiera mediante catene di torri di avvistamento, tanto in Sicilia80 come nel regno di Napoli 8 1, riproponendosi con ossessiva frequenza 1e incursioni saracene: ancora oggi al.cune di quelle arcaiche strutture punteggiano emblematicamente le nostre marine meridionali82•

79 La rivolta dei Vespri non è da tutti considerata una sorta di fiammata patJiottica libertaria, ma semplicemente una confusa ribellione con connotazioni iniziali di jacquerie e quindi di rivolta feudale contro lo stato, nonché di antitesi tra ricchi possidenti tedeschi contro equivalenti figure francesi. Di certo sancì la frammentazione temporanea del regno, ecl il trionfo di una arcaico ed anacronistico feudalesimo. 80 Sull'argomento cfr. F. Russo, la difesa costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo, Roma 1994, voi. I e rr. 81 Sempre sullo stesso argomento cfr. F. Russo, La difesa costiera del regno di Napoli dal XVI secolo al XJX, Bari 1989. 82 Cfr. L. SANTORO, Castelli angioini e aragonesi nel Regno di Napoli, Milano 1982, pp. 93-98, ed anche V. FAGLIA, Torri costiere in Calabria, Lissone 1984, voi. I e II.


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La dinastia angioina, dopo la perdita della Sicilia, accentuò maggiormente il primato di Napoli sull' intero territorio regnicolo, avviando quella sproporzione urbanistica che connoterà il meridione fino al nostro secolo83 . Al cli fuori della immensa città si incontravano soltanto modestissimi e miseri centri abitati, cli scarsissima consistenza demografica. Le campagne perciò vennero in pratica consegnate alle bande di briganti e sistematicamente razziate anche dai predoni ciel mare. Una prima sensibile tendenza cli inversione del sistema completamente degenerato la s.i può cogliere soltanto all'indomani della conquista aragonese avvenuta il 12 giugno del 1442 ad opera di Alfonso, penetrato con le sue truppe nella capitale attraverso la " via" di Belisario, ovvero da un cunicolo clell' acquedotto. Negli stessi anni però la potenza musulmana, sempre riguardata con sufficiente distacco, avviò un minaccioso programma di potenziamento sotto la dinamica dinastia degli Ottomani lasciando presagire, ai più attenti osservatori, prossime stravolgenti calamità84• Il nuovo sovrano aragonese, tuttavia, pur avendo probabilmente immediato sentore della assoluta inconsistenza militare del suo regno, dovette cercare di risolvere innanzitutto il problema basilare dello stesso, ovvero la sua insufficienza economica frutto non ultimo del depauperamento perpetrato dagli .innumerevoli grassatori e deliquenti che ne inceppavano qualsiasi attività produttiva. Tra i primi provvedimenti infatti di re Alfonso, per l' esattezza nel 1447, troviamo la istituzione - o secondo alcuni la ottimizzazione - dì quella che da allora resterà, per oltre quattro secoli, 1a principale fonte economica del regno: la cosidetta "dogana delle pecore"85. In sintesi, avendo osservato che, in maniera sostanzialmente simile alla Castiglia, anche nel napoletano esisteva una pastorizia transumante, fortemente però penalizzata dalla endemica deliquenza e dalla incertezza legislativa e territoriale, stabilì di legare con un singolare patto i proprietari terrieri pugliesi con quelli armentizi abruzzesi, fungendo lo stato da mediatore e garante. Lo stato cioè affittava dai proprietari i pascoli e li riaffittava agli armentari, garantendo ai secondi non solo l'indisturbato soggiorno delle greggi ma, specialmente, la loro protezione dai briganti durante i trasferimenti stagionali lungo i millenari tratturi. In cambio Ja corona introitava un utile per ogni singolo capo ovino, che avrebbe pertanto dovuto passare, appunto, "la dogana delle pecore", a Foggia, per la relativa conta ed oblazione. Al fine cl.i ulteriormente incrementare le prospettive della articolata istituzione, lo stesso monarca introdusse nel regno le pecore di razza merinos, produttrici di superiori e più apprezzate quantifa e qualità cli lana. La conferma della validità del dispositivo la si coglie dalla lievitazione del gettito della dogana che, nel volgere di pochissimi anni, sbalzò dagli scarsi 18. 000 ducati agli oltre 100. 000, cifra destinata in

s:; A. VENDITI!, Napoli angioina, Urbanistica e architeflura, in Storia d.i Napoli, Voi. III, p. 667-68, così riassume: "Nel periodo di tempo che intercorse tra l'effettivo stabilirsi della capitale a Napoli, nel 1282, e il volgere del regno del terzo angioino, Roberto, nel 1343, la popolazione napoletana salì da quarantamila a sessantamila abitanti ... ciò generò una maggiore densità, fenomeno poi cresciuto con progressione geometrica durante i secoli successivi ... ". x,, In realtà i primi angosciosi allarmi al riguardo si possono rintracciare a partire dalla metà del XIV secolo. A. PERTUSI, La caduta di Costantinopoli, le testimonianze dei contemporanei, Verona , 1976, p. X, cita una lettera di Demetrio Cidone, ministro dell'imperatore Giovanni V, che già nel 1364 così scriveva sulle opinioni circolanti a Costantinopol i: "Sappi dunque che, se non pongono in atto ora le loro minacce contro gli infedeli ... la capitale sarìt presa: questo insegnano i fatti, come se fossero dotati di parola. E una volta che la [nostra] città sarà presa, essi saranno costretti a fare la guerra contro i barbari (=i turchifin Italia e sul Reno . .. Quando infatti l' impero [bizantino] sarà scomparso, tutti questi popoli diventeranno gli schiavi dei vincitori ... " R~ Precisa J. A. MARINO, L'economia pas1orale nel Regno di Napoli, Napoli I992. pp. 44 e sgg. : "Nel corso della guerra dinastica tra Angioini e Aragonesi che fece seguito alla morte di Giovanna li nel 1435 ... [la] transumanza era caduta drasticamente nel momento in cui l'assenza di gestione da parte dello stato aveva permesso a sudditi provinciali indipende nti di impegnarsi in operazioni di guerra aperta: i banditi predavano i pastori durante le loro migrazioni c i proprietari terrieri li taglieggiavano dopo il loro arrivo . . La politi.c u alfonsina di amministrnzione consiliare e cli centralizzazione burocratica conseguì risultati economici tali da stabilire il modello esemplare del particolare tipo di stabilità politica, cli giustizia uniforme e di buon governo caratteristico dell ' Italia meridionale. Una sorta di occupazione «coloniale» riorganizzò la rete tradizionale patrono- cliente sostituendo al potere capriccioso dei baroni indipendenti que.llo di una istituzione statale che prometteva un eguale trauamento di fronte alla legge. "


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seguito a stabilizzarsi, salvo punte eccezionali, sulla media di oltre 250. 000, a fronte di circa 2, 5 milioni di pecore transumanti, limite ecologico dell'impresa. È facile desumere, anche da questi scheletrici ragguagli, l'immenso meccanismo sociale, legale e commerciale messo in moto dalla lungimirante iniziativa. Ma è altrettanto agevole figurarsi come un sì rilevante movimento cli uomini, di animali e cli denaro incentivasse un altrettanto vistoso incremento della criminalità più o meno organizzata che nelle pianure della Puglia, come del resto tra i monti appenninici era endemica, e per conseguenza l'apparato difensivo attivato. La sensibilità di re Alfonso per lo sviluppo commerciale ed industriale dei suoi possedimenti del resto vantava già un precedente emblematico, ovvero il suo fattivo interessamento allo sfruttamento deHa pesca del corallo. Intorno al 1418 infatti si erano scoperti floridi banchi dinanzi Trapani, e pur essendo da secoli noto lungo le coste della Sardegna e dì Amalfi, la sua pesca si effettuava sporadicamente ed impropriamente, con insignificanti profitti. Al sovrano non sfuggì la rilevanza economica di quella comoda ed abbondante risorsa, particolarmente apprezzata all'estero : a partire dal 1443, per la Sardegna, sì registrano i suoi primi provvedimenti legislativi tesi a potenziarne l'atti vità ed a disciplinarne le modalità, mirando a trasformare quella trascurata opportunità in proficua industrìa86 . Ma alle lungimiranti iniziative economiche, coronate, come accennato, da immediati successi, faceva da sfondo una umiliante sequela di sterili tentativi, anche spettacolari e cruenti, estrinsecati dallo stesso monarca - e dai suoi eredi - miranti a ridi mensionare l'eccesiva indipendenza dei baroni87. La piaga della loro faziosità ed insubordinazione continuava ad inficiare le potenzialità cli sviluppo dello stato, frustrandone persino quelle puramente esistenziali. Ad onta della loro origine feudale, le prestazioni militari a cui erano obbligati i baroni mai superarono il limite di una formale e marginale concretizzazione, vanificando in pratica ogni programma di adeguamento della forza armata alle esigenze della complessa nazione. Nel contempo, sempre nell'ambito di quel Mediterrano che recingeva per molte migliaia di migl ia i domìni aragonesi, la stabilità geopolitica sì dissolse improvvisamente allorché le mostruose bombarcle88 cli Maometto II infransero, nel 1453, le mitiche mura di Costantinopoli, annientando l' ultimo lembo dell'impero romano.

86 Il 26 maggio del 1443 re Alfonso V d'Aragona emanava da Capua, su richiesta di Antonio Vidal, sindaco ed ambasciato re della città cli Cagliari una ordinanza direua a Francesco de Erill, vicerè del regno di Sardegna mirante a far rispettare tassativamente l'esenzione dai di1ilti doganali riservata ai pescatori di corallo di quella città [Archivio Comunale di Cagliari, Sezione antica, Carte reali, voi. 23, n. 76, orig. cart. ]. È pertanto evidente come con siffatti incentivi si cercasse di incentivare la pesca del prezioso corallo anche nei settori di costa notoriamente meno fruttiferi. A maggior ragione più importanti e articolate disposizioni riguardarono le località costiere meglio dotate della preziosa risorsa. 87 E. PONT!ERI, Camillo Porzio, La congiura de' baroni contra il re Ferdinando primo, Napoli 1964 , p. XLIII, nel suo commento al testo dell' illustre storico, così sintetizza quella astiosità dei baroni nei confronti della corona: "Già nel 1459-64, subito dopo l'ascesa di Ferrante I d'Aragona al trono, l'aristocrazia feudale napoletana aveva tentato di scalzarlo da esso insieme con la sua dinastia ... .. . Ferrante I... sottomessi i baroni insorti nella prima congiura e allontanato dall'ftalia il pretendente angioino, che era venuto a porsi alla loro testa ... cercò, con gli accorgimenti più sottili, d'inc1inare la potenza feudale ... infida e riottosa per istinw e per tradizione . .. Nel 1485 il conflitto tra la corona e il baronaggio era aperto ... " e si concluse in maniera altamente tragica con l' esecuzione dei principali ribelli e la totale sottomissione degli altri. Ma nonostante ciò alcuni scampati in Francia covarono ancora e tramarono contro lo stesso sovrano, istigando secondo la trad izione la discesa di Carlo VIII, in veste di liberatore. 88 È interessante ricordare alcune caratteristiche della maggiore di quelle bombarde. Peso del pezzo di bronzo: ton. 49. Lunghezza dell ' anima: m. 7, 36. C irconferenza esterna: m. 3, 50. Calibro: m. I. 18. Spessore della canna: cm. 29. Diametro delle palle: cm. 90 . Pariglie di buoi impiegate per il trasporto: 70 con 2. 000 uomini. Proietti tirati dalla stessa: in totale circa 500 in 55 giorni. Peso della polvere impiegata: ton. 18.


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Per l'intero Occidente cristiano fu un traumatico risveglio, e per i domini aragonesi il materializzarsi di un incubo invano esorcizzato89 . L'epidosio che apparentemente interessò all'epoca un teatro alquanto lontano dalla Penisola, in realtà venne immediatamente recepito per quello che poi, nel volgere di pochi decenni, in effetti si confermò, ovvero la fine di un'epoca, almeno per due ordini di ragioni concomitanti. Innanzitutto non era ormai più possibile misconoscere la potenza islamica, e con essa la sua terribile volontà di conquista e potenzialità d'attacco. Secondariamente le mura cli Costantanipoli, ritenute da quasi un millennio praticamente invulnerabili, ad onta dei continui e poderosi aggiornamenti, erano scrosciate miseramente sotto pochi impatti dei proietti musulmani 90. Anche i meno dotati nell'arte militare poterono pertanto valutare la nuova efficacia distruttiva delle armi da fuoco, realizzando immediatamente la tragica insufficenza della teoria di fortificazioni per lo più di origine normanno-sveva a cui era affidata la difesa del territorio91 • Per una singolare ironia della storia un terrificante aggressore si originava contestualmente all'avvento di una funzionale a1tiglieria, rendendo improvvisamente pateticamente obsoleti e risibili tutti gli apparati militari difensivi occidentali. Da un giorno all'altro le sterminate coste dell'Italia centro meridionale, della Sicilia e della Sardegna ostentarono la loro assoluta vulnerabilità a qualsiasi iniziativa di tanto nemico, sui cu.i intenti nessuno poteva farsi la benché minima illusione. È interessante per cogliere a pieno quella sconfortante inadeguatezza militare ricordare che nel: "regno di Napoli Alfonso d'Aragona, appena rassodato sul trono, faceva nel 1448 approvare dal Parlamento l'erogazione di ben centomila ducati [curiosamente la cifra concorda con il gettito che proprio da queJl'anno iniziò a fornire la dogana delle pecore! n. d. a. ] annui allo scopo di mantenere in permanenza un nucleo di 3. 000 uomini a cavallo. Ma non sembra che ... la provvida istituzione abbia avuto vita e sviluppo ... "92 . A pochi anni dal quel fatidico 1453 un regno di oltre 2. 000. 000 di abitanti non disponeva neanche di un contingente cli 3. 000 cavalieri!Le prospettive, mai come in quel contesto, apparirono foschissime e disperate. A rendere il quadro ancora più tenebroso contribuivano gli incessanti dispacci scandenti la travolgente avanzata ottomana nei balcani. In realtà i turchi già nel 1418 dopo sanguinose campagne in Albania erano riusciti a conquistare Valona93 , attestandovisi stabilmente e trasformandola in base avanzata nell'Adriatico. Ma l'eroica resistenza del popolo albanese che contrastò palmo a palmo il dilagare ottomano ne frustrò lo sfruttamento

s9 Così scriveva all'i ndomani della caduta d.i Costantinopoli, il 6 luglio 1453, eia Creta Isidoro di Kiev: «Udite tulio ciò, voi tutti che abitate la parte pia e fedele dell'orbe terrestre ... ed anche voi difensori e condottieri della fede cristiana, voi tulli pure re e principi cristiani ... il Turco . .. si sta preparando per dirigersi con un esercito immenso ... verso ... [il Danubio·]... ha deciso [inoltre] di passare in Italia il prossimo anno, e quindi già da quest'anno ha messo in programma tutte queste imprese. Perciò appronta e cerca di armare trecento galere tra grandi e piccole, venti più grandi navi mercantili, un esercito di fanti e di cavalieri di oltre trecentomila uomini, e così pensa di passare per mare da Durazzo a Brindisi. Tutto ciò non solo predispone, ma già incomincia a farlo.» da A. PERTIJSJ, La caduta di Costan1.inopoli .. . , cit. p. 88-89. 90 Sulle mura di Costantinopoli cfr. C. MANGO, Architettura bizantina, in Storia universale dell'archi1et1ura, Venezia 1974, pp. 11 e sgg. 9 1 Circa il superamento tecnologico verificatosi in quegli anni, così I. Hooo, Storia dellejòrtijìcazioni, Novara 1982, p. 97, precisa: " .. . la velocità di tiro e la potenza di fuoco dell' artiglieria si trovarono a raddoppiare quasi da un giorno all' altro ... Parallelamente, com'è ovvio, aumentò la forza d'impatto dei proietti, cioè il loro potere distruttivo ... La risposta più ovvia era quella di aumentare la resistenza delle mura ... Occorreva poi mettere in grado i difensorl di sparare con le loro armi da fuoco. A questo scopo vennero sovente riadattate le precedenti feritoie arciere .. . Naturalmente si trattava di palliativi, tesi ad adattare costose e non facilmente sostituibili fortificazioni all'impiego delle armi da fuoco per l'offesa c la difesa. Ma la strada da seguire era un' altra, molto più radicale. Occorreva riprogeuare tutta la struttura delle architetture fortificate in funzione del nuovo, potente ritrovato e dei suoi effeui ... ". 92 Da P. PlEKJ, Il "Governo et exercitio de la militia" di Orso degli Orsini e i "Memoriali" di Diomede Carafa, in Arch. Stor. Nap. XIX Napoli 1933, p. 107. 9 3 Jn merito cfr. R. ALM;\GJ;\, L'Albania, Roma 1930, p. 97.


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militare. Spicca in quei tnwagliatissimi anni di disperata guerriglia tra le impervie montagne balcaniche la figura di Giorgio Castriota, meglio noto sotto il nome di Scanderbeg94 • La sua leggendaria azione trovò dopo la caduta di Costantinopoli insperati aiuti, in particolare proprio da Alfonso e dal figlio Ferdinando che, nella estrema resistenza dell'ultimo baluardo cristiano, individuavano una esile speranza di sopravvivenza. Ma la morte nel 1468 dello Scanclerbeg, troncò quelle imbelli illusioni, ed il veder sottomettersi al sultano, in pochissimi anni, tutte le coriacee tribù albanesi, confermò l'imminenza del tracollo. Nel 1478 anche l'ultima piazzaforte di Scutari fu ceduta dai veneziani ai turchi , ponendo fine in pratica alla resistenza albanese che si spense, inesorabilmente, intorno al 1480. Molti dei capi guerriglieri, con le loro genti, però rifiutarono l' umiliante destino e si trasferirono in Italia, in particolare nel Regno di Napoli , in C~labria, in Abruzzo ed in Sicilia, dove originarono dei ceppi etnici, ancora ai giorni nostri ben distinti95. Con quelLi probabilmente approdarono nel territorio peninsulare anche le collaudatissime impostazioni tattiche di resistenza attiva alle penetrazioni turche e forse, non u1tima, la loro architettura difensiva rurale studiata e sperimentata nel corso di quasi settant'anni per opporsi alle razzie ottomane ed alla conflittualità intertribale. Ai fini del nostro studio ci sembra interessante fornirne una breve annotazione. "Nella regione interna di tutta l'Albania Settentrionale s'incontra poi la caratteristica casa di difesa o kulla una delle singolarità peculiari del paese: un edificio più alto che largo, assumente talora l'aspetto di una torre, con mura molto spesse; esso, oltre al pianterreno, comprende due o talora tre piani, tutti formati da un solo ambiente, con finestre piccolissime, spesso foggiate a feritoie, e ben predisposte per una difesa anche lunga. La kulla serve per rifugio contro le vendette, ed è frequente perciò soprattutto là dove la vendetta è più radicata e diffusa; presso i Matja costituisce l'abitazione normale ed esclusiva. La necessità di risparmiare spazio per far posto a depositi di munizioni e di provviste, fa sì che le scale di comunicazione tra i vari piani, tutte naturalmente interne, siano strettissime. Il pianterreno è adibito, oltre che a stalla, talora anche per dimora delle donne, che sono esenti dalla vendetta; oppure queste banno un edificio a parte, di tipo comune, poco lontano dalla kulla. Spesso parecchie dimore hanno una sola kulla in comune, eretta nella posizione più sicura, su un'eminenza del ten-eno. Grandi kulle si incontrano spesso anche nell' Albania meridionale, negli Sk.rapari, negli Opari, nella valle del Dhrino. Qui si hanno anche esempi misti dijlìk-kulle: grandi edifici quadrangolari, con una sola porta, senza finestre nelle pareti esterne, provvisti invece di cortile interno, sul quale danno le finestre /

91 ' Giorgio

Castriota, figlio di Giovanni, cittadino onorario di Venezia ma vassallo dei turchi, doveue trascorre una parte dcli.a sua giovinezza come ostaggio del sultano. U fu obbligar.o alla conversione all' Islam ricevendo il nome di Scanderbeg-Alcssandro-nella lingua turca. Combattè quindi nell'esercito del sultano, presso Nissa ne l 1442, dove riuscì a salvarsi dal la disfatta disertando. Riabbracciò quindi la fede cristiana e si pose a capo della rivolta albanese contro i Lurchi che divampò per quasi venti.q uattro anni. Tra il 1444 ed il 1448 inflisse frequenti umilianti sconfitte alle forze. Dopo la caduta di Costantinopoli con la Serbia e la Bosnia già conquistate l' Albania rimase l'ultimo avamposto cristiano nella penisola balcanica, grazie anche agli aiuti concessi con mirata generosità soprattutto da Alfonso d'Aragona-il Magnifico re di Napoli-e da suo figlio Ferdinando. Nel l457 compì una breve parenLesi militare nel Regno di Napoli in aiuto della dinastia aragonese contro il pretendente angioino, riportandone ulteriori attestati di condottiero. Persino Maometto II vide due suoi attacchi infrangersi contro la cittadella del Cast1iota e gli offrì nel 1462 la pace, infranta dallo stesso l'anno seguente, quando fu gratificato dalla nomina papale di capo di una crociata antislamica. Ma l' iniziativa si spense miseramente e lo Scanderbeg si ritrovò a combattere da solo contro i nemici d.i sempre. Senza mai desistere dal combattere si spense nel 1468 presso Alessio distrutto da febbri e mai domato dai turchi. Da allora incarna la figura dell'eroe nazionale. ~5 Precisa J. Z AMPUTI, La portata internazionale delle assemblee albanesi, in Rassegna di studi albanesi, n° 1- 1963, Roma J.963: "Dopo la morte di Scanderbeg e la conquista di ... Scut.ari, i Turchi istallarono il loro potere feudale- militare in quasi tutto il nostro paese. Tuttavia restarono alcune zone di resistenza che divennero i focolai delle lolle posteriori, specialmente nelle zone di montagna. Così cominciò un periodo pl urisecolare che registrò continu i movimenti armati contro la dominazione turca. Gli Albanesi non permisero mai, dai loro nidi di montagna, l' istallazione completa della dominazione e dello sfruLlamento feudale turco; si tennero armati nei loro rifugi e di là, ogni tanto, si riversarono suJle campagne liberando per un certo periodo . .. talvolta una regione, talvolta un' altra. I focolai di resistenza al.bancsi rappresentarono una minaccia costante per la dominazione ottomana, e questo è aLtestato .. . dalle frequenti sped.izioni turche ... [alcune] guidate dai sultani in persona: nel 1492 Bajazed, e nel 1537 Soli mano il Magnifico ... ".


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A ridosso della.fi-or1tiera ,narittima

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45a 45. "Cule'' rumene, piante e sezioni var ie.

e ne1 quale si eleva un'alta kulla a guisa di torriolo. Nell a piana d i Corizza la kulla , comune a parecchie case, o a un intero piccolo villaggio, non è abitata che in caso di pericolo; moJte kulle sono ormai perciò in rovi na"96 • Ad un ulteriore approfondimento si riscontra che la menzionata kulla è a sua volta una derivazione di culo, termine rumeno di origine turca designante una torre. Nel tempo a quel significato originale se ne affiancarono altri, tutti comunque indicanti fortezze di piccolissime d imens ioni destinate a proteggere i beni material i e la vita degli abitanti contro le bande di malfattori. Il loro arcale di diffu s ione a partire dal XIV secolo fu la Valacchia, territorio sistematicamente ed incessantemente predato dalle bande turche e dai predoni local i, detti haiduc:i. Attualmente soltanto alcune delle maggiori e fo rse meno rappresentative sopravvivono in Romania, adibite a musei od ad alberghi. Come purtroppo paventato il crollo clell' Albania s ig nificò la immedi ata ripresa offensi va dell'iniziati va turca contro il territorio penjnsula re. Pur avendo disperatamente tentato di s upplire alle pales i ins ufficienze mil itari facen do resoro di quella vitale pausa, le previdenze dell'A ragonese si rivelarono trascurabil i. Nè un signi ficativo apporto s i può cogliere dall ' interesse profondo del sovrano per le artiglierie e per la lo ro procluz ione 97 : gli angu sti limit i di bilancio98 e le assurde magnifice nze vani ficarono un coordinato p rogramma di potenziamento difensivo per cui , alla cessazione della resistenza al banese, le

Da R. ALMAGIÀ, l'Albania ... , cit., pp. 147- 149. Così C. MONTÙ, Storia del/ 'artiglieri(I .. . , cit. , pp. 305 e sgg. , delinea le potenziali tà dell'artig lieria napoletana sollo la dinastia aragonese: "E, regnando Alfonso, l'A rtiglieri a ebbe un magnifico svi luppo, s'i ntende relati vo ai tempi ... Nel campo tecnico i progressi deJl'Arti glieria napoletana nella metà del secolo XV sono innegabili ... ma se si era progrediti per le bocc he da funco. come arma di assedio, si era appena all'ini zio per ciò che concerne i pezzi come arma cumpale ... L'opera di Alfonso fu continuata dal suo s uccessore .. . ' '. 98 Per ironia della sorte vista da fuori la corte di Napoli dava ben altre impressioni. Alla vigilia del 1480 in fatti, afferma P. E(i(m, La politica del Regno di Napoli nei/i ultimi mesi dell'an110 1480. in Arch. Stor. Nap. n° XXXV 1910, che era: "fama in Italia che l' Aragonese fosse ricchissimo e orulento il regno, quindi nessun o credette alle sue proteste d'aver volo il tesoro; ma noi che vedia mo come assai di frc4 uente egli, non avendo moneta, per pagar le truppe dovesse ricorrere a distri·buz.ioni di panni presi a credito o confiscati, e più tardi indursi a gravare i suoi sudditi di nuove pesantissime imposte, da loro soppo11ate solo con grande rilu ttanza. dobbiamo credere c he del suo pianger miseria, non fosse solo causa la speranza di aver così dagli al tri maggior sussidio. '' An aloga ded uz ione sostiene P. Plt:KI, Il Ri11asci111enro e la crisi militare italiana, Torino I 970, p. 95: " In concl usione. malgrado tutta la buona volontà d' un sovrano d' ingegno e di 4ualità fuor <lei comune quale Ferrante d'Aragona, lo Stato non aveva una finanza solida e adeguaca ai suoi bisogni, sebbene la pressione tributaria fosse gravosissima''. %

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45 b


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La difesa delegata

prospicientì coste pugliesi continuavano a configurarsi vulnerabilissime. Anzi con la tipica iITesponsabiLità meridionale, lo scorrere tranquillo dei primi mesi di quell'anno prese rapidamente a sostituire all'inerte terrore un demenziale menefreghismo, quasì che la incombente minaccia si fosse miracolosamente dissolta. Eppure non mancarono, tra il marzo ed il maggio, precisi dìspaccì circa i preparativi navali turchi in corso nel porto di. Valona, nè sulla loro destinazìone ultìma. Sulla opposta sponda, in Puglia: "provvìsto invece non s'era a nulla e ìn nessun modo. Quando nell'aprile e nel maggio era gìunta confusa notizia dei preparativi del Turco, i Brindisini avevano chiesto che si fort ificasse la città; e il re aveva loro mandato alcune artiglierie, più però per farli contentì che perché credesse a vero bisogno. Poi pare che rìtenesse improbabile che gli ottomanì ... osassero di trarsi addosso tutto lo sforzo crìstìano, assalendo l'ItaJia"99 . Assolutamente privi di tale remora, il 28 luglio, i turchì di Achmed Geidik pascià sbarcarono dalle loro navì nei pressi di Otranto. Non superavano i 10.000 fanti ed i 400 cavalìeri, ma perfettamente addestrati e fanaticamente motivati investirono poche ore dopo la cittadina, racchiusa dalle sua fatiscente cerchia medievale 100• Gli otrantini opposero, per quanto loro possibile, una strenua resistenza ma pochi giorni dopo le deboli mura cedettoro sotto i colpi delle artiglierie ottomane, e fu il massacro. A Napoli la ferale notizia diffuse un isterico terrore: si temette da un momento all'altro il sopraggiungere della cavalleria turca - supposta di un migliaìo di uomini fra i centomila sbarcati - es.i tentò affannosamente di mettere ìnsieme una forza militare, da spedire alla riconquista della cittadina pugliese. "Appena s'ebbe notizia dello sbarco, Ferdìnando fece partire le poche truppe che aveva sottomano al comando di Alberico Carafa e del proprio figlio Cesare; erano ìn tutto 300 uomini d'anni, ma si sperava che per la vìa da Napoli ad Otranto potessero crescere sino a 700 ... " 10 1 Fu questa la tragica riprova della pochezza militare del Regno. Otranto, dopo oltre un anno di scaramucce inconcludenti venne alla fine liberata, ma l'esito dipese soprattutto dalla morte di Maometto II, che demoralizzò la formazione nemica, peraltro reimbarcatasi ordinatamente. L'episodio si rivelò umiliante e per molti versi estremamente grave, non solo alla luce delle atrocità e della stragi subite, ma anche e soprattutto per la palese dimostrazione di vacuità clifensìva del regno supposto, fino ad allora, ricco e potente. E la debolezza incentivò le rivendicazioni dinastiche e le iniziative di conquista. Calarono quindi i francesi cli Carlo VITI, la cui avanzata, scand ita soltanto "dal gesso" 102 dei furieri per l'indicazione degli alloggiamenti, confermò la ormaì palese imbellità aragonese. La stessa Napoli serrata dalla nuova murazione orientale di grigio basalto vesuviano 103 , aprì senza tentare la minima resistenza e tra il giubilo popolare, le sue porte al liberatore di turno.

Da P. Eom1, La palifica ... , cit. , p. 709. Precisa L. A. MAGGIOROTTI, Le origini dellaf011ificazio11e bastionata e la guerra d'Otranto, in Riv. d'Artiglieria e Genio gennaio 1931, p. 15: "Certamente le fortificazioni di Otranto al momento dello sbarco turco dovevano essere in pessime condizioni; la noncuranza degli Aragonesi per quei territori, pur tanto soggetti alle incursioni piratesche, era grande, bastj dire che al momento dell'attacco non vi era quasi presidio nella città così esposta; quindi è pressocché sicuro che la cinta allora fosse costituita solo da.Ila parte medievale, ossia dal muro esterno grosso m. 3, 30 e altt) m. 8, 50; ciò trova conferma nel fatto che la breccia vi fu subito aperta e la città presa al terzo giorno dal l'inizio dello sbarco . ..". 101 Da P. Eorn1, La poli1ica ... , cit., p. 7 15. w2 La campagna del 1494 di Carlo VITI non trovò in realtà nel napoletano alcuna resistenza, specie dopo I.a caduta del cast.elio di Monte S. Giovanni, il cui tragico esito costituì la tem)rizz.ante sperimentazione pratica della moderna artiglieria. Precisa P. PIER!, Il Rinascimento ... , cit. , p. 337: "Il 9 febbraio il re d.i Francia fa assalire il castello di Monte San Giovanni ... Qui indubbìamente l'artiglieria francese mostra la sua potenza: dopo quattrn ore cli bombardamento sono aperte tre brecce e tre colonne montano arditamente all'assalto. In meno di un'ora la posizione è conquistata e il presidio di quasi 700 uomini , in gran parte contadini del posto, massacrato ... Il 18 febbraio i Francesi ... entrano in Capu.a ... il 20 ... nella capitale .. . in mezzo alle grida di ''Francia!Francia!". 103 Napoli era stata fatta racchiudere da nuove massicce mura all'indomani dell'episodio di Otranto. Disgraziatamente però la loro concezione, finalizzata alla resistenza contro le coeve armi da fuoco con proietti lapidei, si dimostrò assolutamente superata alla comparsa delle palle di ferro. La vita mil itare quindi <li quelle onorosissime mura, con i poderosi torrioni, fu di pochissimi mesi. In merito cfr. F. Russo, la murazione aragonese di Napoli: il lim.ite di un'era, in A. S. P. N. n°. Napoli 1985. 99

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A ridosso della frontiera mari/lima

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47 46. Otranto, scorcio delle fortificazioni : Porta Alfonsina 47. Otranto. Dettaglio del bastione che difendeva il porto, detto la Punta di Diamante.


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La difesa delegata

48 48. Napoli. Murazione orientale aragonese, dettaglio del torrione Gloria, vicino Porta (apuana, inglobato nell'edilizia residenziale popolare.

Per rìconquistare il perduto regno fu giocoforza mend.icare l'aiuto straniero, che ovviamente si risolse in una ulteri:ore mutilazione territoriale. Venezia infatti non si lasciò sfuggire quella eccezionale circostanza per farsi consegnare le principali piazze marittime pugliesi, tra le quali Brindisi 104 • A poco valsero le fortificazioni, costosissime e superate, erette febbrilll}ente in quello scorcio storico dalla dinastia. f~ E sempre sulla s~ .fl della facile conquista del regno si innescò una violenta conflittualità tra francesi e ! pagnoli per la sua definitiva conquista. Nel 1503 i .:;econdi entrarono da trionfatori nella città esautorando la dinastia aragonese da tutti i suoi domini, -éd originando una sorta di arcipelago cli viceregni, quali quello di Napoli, di Sicilia e cli Sardegna, privi tutti di autonomie decisionali, militari ed economicheio5 • Furono quindi altrettante pro-

104 In pratica Venezia si tenne le piazze marittime di Brindisi, Trani e Otranto a titolo di "pegno" fino alla completa restituzione delle spese di guerra da lei sostenute in appoggio agli aragonesi. In realtà la Repubblica mirava a stabilire solide basi nell'Adriatico me1idionale in modo da poterlo controllare rigidamente. La restituzione però fu concordata nel 1496, allorché si redassero minuziosi inventari circa le artiglierie e le munizioni presenti nelle fortificazioni delle tre piazze. Cfr. A. S. Venezia, Commemoriali, reg. 18, cc 63r- 71 v, cc2 Iv- 22v. 105 J. H. ELu(nT, La Spagna imperiale 1496-1716, Urbino 1982, traccia la seguente sintesi circa il particolare legame dei vari stati membri dell'impero spagnolo: "Ognuno di essi continuò ad avere le proprie leggi e le proprie libertà ... Insomma, il sovrano di tutli i domini restava in modo predominante il sovrano di ognuno singolarmente ... Due conseguenze importanti derivarono dal fatto che l'impero ... non era che un aggregata di terrilùri collegati in maniera pressoché fortuita da un sovrano a tutti comune. Ogni dominio... impedì che s.i ponesse mano ... ad un ordinamento istituzionale comune all'Impero ... In secondo luogo ne risultò impedita la formazione di più stretti vincoli tra i diversi domini ... e quindi a percepire in senso negativo, come non .loro, il coinvolgimento in guerre cbe, appunto, parevano avere poca attinenza con i loro interessi o non averne addirittura nessuna".


A ridosso de/lafro111iera marittima

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49 49. Napoli. Murazione orientale arago nese, scorcio di Porta Capuana.

vince dell'immenso impero spagnolo, con il quale da quel momento condivisero ogni vicissitudine esistenziale, prima fra tutte la incessante e devastante gue1Ta contro l'impero turco ed i suoi alleati, in terra, in mare e specialmente lungo le coste, assurte a bersaglio elettivo dei raid ottomani e barbareschi. La volgare guerra dei pirati si trasformò perciò nella più spietata e fanatica guerra di corsa 106 • La difesa degli abitanti, delle risorse economiche e commerciali, nonché dell'intero territorio divenne, e lo restò per secoli, il problema es iziale dei menzionati viceregni e di buona parte della Peni sola. L'apparato militare oberato di mansioni, e comunque tragicamente inadeguato negli organici, palesò immediatamente la sua insufficienza. A mala pena si dimostrò capace di garantire l'indipendenza della nazione e, per grandi linee, la sicurezza degli abitan ti. Per il resto si registrò una fioritura di iniziative difensive private, di entità disparatissima, ma tutte riconducibili alla mai estinta matrice della 'difesa delegata' . Nessuna attività infatti potette più svolgersi in maniera spontanea, ma soltanto al riparo di strutture difensive di tipo militare. Andremo perta nto a ricostruire i principali contesti paramilitari, in cui da quel momento dovettero necessariamente dipanarsi le fas i produttive della vita di una b uona parte degli abitanti dell ' Italia. Non che prima, come esaminato, il problema non esistesse, ma da allora il ricorso divenne talmente massiccio che parve quasi una specifica istit uzione contemporanea. Ed in un certo senso lo fu per vastità, originalità e coinvolgimento sociale.

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La differenza in prima analis i può appar ire insignificante, contemplandosi in entrambi i casi identiche modalità operative. In realtà però il corsaro, a differenza del pirata vantava un alleato in uno dei due schieramenti con il quale divideva pa1te dei proventi. In altri termini ostentava una veste g iuridica di belligerante parallelo sia pur irregolare e come tale, da en tram be le parti non era riguardato con spregio. a differenia del volgare pirata.


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PARTE TERZA


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I LAVORATORI DELLA TERRA

Il contesto geopolitico La conquista spagnola e l'jnglobamento nell' impero asburgico dei tre regni di Napoli, di Sicilia e di Sardegna costituì una significativa tappa dinastica per buona paite della Penisola e per i suoi abitanti 1• Da quel momento, infatti, restarono sostanzialmente tagliati fuori dall'avvicendarsi della dinamica storica sia europea che, soprattutto, italiana. E se a tale soluzione corrispose, in definitiva, per gli stessi un periodo di circa due secoli di pace, o per lo meno, cli esclusione dalla diretta partecipazione alle infinite e sanguinosissime guerre che imperversarono, quasi senza soluzione di continuità, nel resto del vecchio continente, non per questo però i regni interessati godettero di una indisturbata tranquillità, nel senso stretto della parola2 • In realtà sin dai primi decenni del nuovo assetto la dirigenza spagnola li riguardò come una comodissima serie di piazzeforti avanzate nel Mediterraneo, fom1anti nel loro insieme una sorta di poderoso antemurale, contro la crescente minaccia turca. Posizioni quindi strategiche sia per sfe1nre attacchi alla compagine ottomana, sia ancor più per pararne le travolgenti iniziative militari3. Sì istituzionalizzò così la già ricordata "frontiera marittima", sulla quale ricadde l'onere gravosissimo di neutralizzare o cli assorbire la incessante sequela di operaz.ioni belliche navali e anfibie, scagliate dai turchi contro l'impero spagnolo, a beneficio ovviamente del territorio metropolitano. La dinastia asburgica infatti assunse il potere con Carlo agli inizi del novembre del 15 17 e, da quel momento, come è stato giustamente rimarcato : "il fatto dominante della storia spagnola sotto Carlo V e Filippo Il fu la guerra .. . "3 • Per meglio definire questo assillante problema ricorderemo soltanto che nel secondo decennio ciel XVI secolo la guerra con la Francia monopolizzò gli sforzi militari dell' impero mentre, a partire dal terzo, U nemico per antonomasia fu la potenza ottomana. Da quegli anni non si registrò per oltre due secoli una significativa cessazione delle ostilità specie di tipo corsaro4, imponendosi di conseguenza il mantenimento e l'adeguamento funzionale cli tutto un immenso apparato difensivo disseminato lungo quella delicata frontiera. E

'Sull'argomento cfr. T CELOTTI, Storia di Sìwgna, Milano 1940, pp. 365-468. Precisa A. GHJRELLI, Storia di Napoli, Torino 1973, p. 25: "La conquista spagnola segna per Napoli il trapasso di un'epoca, anzi qualcosa di più: l'erezione di una grande muraglia tra gli italiani del Sud ed il resto della penisola ... Vengono a mancare di colpo le premesse per lo sviluppo di una politica «ital iana» quale hanno tentato gli aragonesi, e ancor di più, di quella europea che è stata vagamente abbozzata da svevi e angioini. J rappresentanti del re Cattolicissimo, vicerè e luogotenenti, stendono una cortina di ferro al confine settentrionale, assicurando al paese oltre due secoli di pace. All'interno, però, la contropartita. .. è molto pesante ... ". 3 J. HELLIOTT, La Spagna imperiale 1469-1716, Urbino 1982, pp. 188-189, così sintetizza quanto affermato: "La Spagna, dunque, si trovava in prima linea e costituiva un bastione naturale contro un possibile assalto dei turchi. E fu proprio in funzione anti-turca che il programma imperiale di Carlo V trovò una sua ragion d' essere ... Gli stati della Corona cl' Aragona da soli sarebbero stati troppo scarsi di forze per prevenire e reggere un attacco turco, mentre la Castiglia aveva bisogno di una linea di difesa che non fosse solLan to quella de.i suoi confini. L'imperialismo di Carlo V fornì alla Castiglia proprio una linea di difesa pit1 profonda. Egli era in grado di attingere alle risorse finanziarie e militari dei suoi sparsi domini, alla potenza navale dei suoi alleati genovesi e ai presLiti dei banchieri tedeschi per difendere l' Italia e la Sicilia e, quindi, la stessa Spagna contro il dilagare delle forze ottomane. Per quanto deboli fossero i legami. tra i suoi vari domini, essi costituivano pur sempre un insieme sufficientemente solido per opporsi ad ulteriori avanzate dei turchi ... ". Disgraziatamente però la prima linea difensiva di quella resistenza era formata appu nto dal mezzogior.no d' Italia! 3 Ibidem, p. J 90. 4 Puntualizza sempre J. H. ELLIOTr, La Spagna ... , ciL , p. 57: "La minaccia corsara divenne estremamente grave l' anno 1534, quando il Barbarossa prese Tunisi togliendola ai vassalli moreschi degli spagnoli, assicurandosi così il controllo del canale che sta tra la Sicilia e l'Africa ... " 2


La difesa delegata

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se le funeste prospettive di invasione massiccia turca andarono gradualmente dissolvendosi già in quello stesso secolo, contemporaneamente invece lo stillicidio degli atroci raid barbareschi, flagellanti le coste peninsulari ed il loro retroterra, ostentò un vessante incremento. Soltanto dopo una serie cli idonee disposizioni antincursive si potette osservare una inversione di tendenza, che comunque si annullò definitivamente dopo 1830. Fino ad allora buona parte delle regioni rivierasche italiane, con intensità inversamente proporzionale alla loro distanza dal nord Africa dovettero convivere con l'angosciante minaccia. In una più puntuale ricostruzione storica il riconoscimento internazionale della sovranità di Carlo V sui menzionati regni mediterranei fu sancito dalla pace di Cambrai nel 1529, data che scandisce il contemporaneo coinvolgimento degli stessi nella dinan1-ica imperiale asburgica. Pur vantando un triste ctuTiculum in materia di incursioni piratesche o comunque razziatorie fu da quell'anno che le loro marine ed i loro centri rivieraschi assursero a bersaglio elettivo della corsa turco-barbaresca, mirante così a fiaccare ed a scardinare indirettamente la saldezza combattiva spagnola. 11 piano per grandi linee non differisce sostanzialmente dalla risaputa logica cli guerra totale: annientare il nemico privandolo progressivamente ed irreversibilmente del suo apparato produttivo, dei suoi liberi commerci, interni ed esterni, te1rnrizzando contemporaneamente la popolazione civile. La sola differenza rimarchevole, con un incredibile corollario di atrocità, può cogliersi nel considerarsi in tale contesto anche le vite umane degli inermi abitanti alla stregua di remunerativi bottini. In ciò la tradizionale prassi razziatoria saracena5 trovò in pieno rinascimento una violentissima e purtroppo efficacissima riproposizione, favorita prop1io dalla impreparazione e dalla insufficienza militare. Pur non limitandosi la nostra ricerca assolutamente al Regno cli Napoli, ci sembra indispensabile ricercare proprio,in questo, per la sua maggiore estensione foranea, per la sua maggiore popolazione e per la sua maggiore ricchezza le contromisure espletate, nell'ambito della difesa delegata, per contenere la piaga della guerra corsara. Del resto in breve volgere gli stessi espedienti adottati in quello troveranno una diffusione, quand'anche su scala inferiore nei restanti regni, come pure nello Stato Pontificio, e negli altri stati rivieraschi peninsulari, sostanzialmente in analoga posizione espositiva. Lo studio si gioverà pertanto di una più ricca presenza sul territorio di manufatti, eia riguardarsi comunque come rappresentativi dell'intera fascia costiera italiana sebbene con una minore densità d 'impianto.

I vicerè contro i predoni di terra e di mare /

Pochi anni dopo, per l'esattezza nel 1532, giungeva.a Napoli con l'incarico cli vicerè quello che passerà alla storia come il più volitivo e fattivo della lunga categoria, e, sotto molti aspetti, probabilmente il migliore governante napoletano degli ultimi secoli, don Pietro cli Toleclo6• Non a caso infatti il

5 Approfondisce l'argomento A. GALLICO, Tunisi, i berberi e l'Italia nei secoli, Ancona 1938, pp. 164- 166: "non si creda, per tanto, che la pirateria sia uscita improvvisa dal centro del secolo XVI. Che se essa grandemente incoraggiata dalla conquista ottomana, dilagò in quel tempo in modo veramente pauroso, non va dimenticato c he, anche nei secoli precedenti, venivano manomesse le navi, taglieggiati e menati schiavi in Africa passeggeri, devastate le bel le contrade d' Italia... mi piace di riportare, a testimonianza di quanto ho detto, le curiose notizie che, sulla pirateria alla fine del '300 dà lo storico berbero .. . Ibn Khaldun ... : «La corsa si fa nel modo seguente: una società piLl o meno numerosa di corsari si costituisce; essi fabbricano delle navi e scelgono, per equipaggiarle uomini di provata bravura. Questi guerrieri muovono a fare sbarchi sulle coste o sulle isole abitate dai cristiani; vi giungono all'improvv iso e portano via tutto quanto loro capita sotto mano ... In questo modo Bugia e gli altri porti occidentali dell'impero Hafsita si empiono di prigionieri ... »". 6 Ricostruisce dettagliatamente al figura ciel Toledo G. CoNtGLIO, I vicerè spagnoli di Napoli, Napoli I 967, pp. 38 e sgg. : ''Don Pedro Alvarez de Toledo, nato ad Alba de Tonncs nel 1484, era il secondogenito di Federico cli Toledo, duca d'Alba, ed ebbe dalla mogl ie Maria Ossorio Pimentel il titolo di marchese di Villafranca ... altamente meritorio fu il senso scrupoloso ciel dovere con cui esercitò il suo ufficio .. . Lodevole il suo zelo nel reprimere gli a bus.i dei feudatari, funzionari e giudici, nel condannare anche a lla pena capitale i colpevoli nobili e plebei . .. ma .. . andato via il Toledo .. . pian piano tutto ritornò come prima ... Restò invece l'opera svolta per abbel.lire la capitale .. . una lunga via quasi rettilinea che si disse di Toledo ... la pavimentazione delle vie napoletane .. . la modifica, effettutata nel I 540 . .. dell'antica reggia di Castel Capuano .. . ['ccmcenlrandovil lutti i tribunali, giudiziari e amministrativi .. . il rimaneggiamento dell'antica forteua angioina detta castel Sam'Elmo .. . !ricostruita su suo ordine da] Pedro Luis Scrivà. .. tra il I 537 ed il I 546 ... per difendere le coste fece edificare un castello presso Baia ... e ... torri di difesa ... il 22 febbraio [ I 553] morì a Firenze presso la figlia Eleonora... ".


i lavoratori della terra

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suo mandato, in deroga alla rigida normativa imperiale, si protrasse per oltre un ventennio: nessuno dei suoi colleghi precedenti o successivi potè godere di una simile fiducia 7 . Jl lungo intervallo consentì proficuamente una attenta ed approfondita valutazione dei problemi che affliggevano il Regno. Al contempo la continuità gestionale ne agevolò se non la soluzione almeno la corretta diagnosi e la più efficace terapia, spesso messa a frutto in seguito. Presero consistenza così rigide norme per la tutela dell'ordine pubblico e per la salvaguardia dell'integri tà tenitoriale ciel Regno, tendendo globalmente a contrastare le grassazioni dei criminali interni ed esterni perpetrate ai danni dei pacifici abitanti. Con una etichetta odìerna quelle lungimiranti disposizioni potrebbero riguardarsi come antesignane della sicurezza sociale. Con il Toledo infatti inizia a prendere corpo, in termini moderni sebbene con tutti i limiti della procedura spagnola, una accorta strategia di controllo ciel territorio, tentando, purtroppo con risultati spesso effimeri una sistematica bonifica dalla diffusissima deliquenza organizzata. Parimenti lo stesso personaggio avviò un grandioso programma di rifortificazione dell' intero perimetro costiero napoletano, senza dubbio in sintonia con la ricordata logica strategica imperiale, ma non per questo meno vantaggioso alla protezione del regno. E sempre alla sua iniziativa va ascritta la formulazione , e forse la sperimentazione zonale, di un sistema difensivo antincursivo, mediante torri, che soltanto mezzo secolo dopo troverà effettiva esecuzione e compiuta attuazione, superando difficoltà esecutive inimmaginabili. È da sottolineare inoltre che proprio questa sua concezione, certamenta mutuata da più antiche elaborazioni presenti nel meridione ma adeguata ai sistemi d'arma coevi agì eia stimolo e da riferimento per le analoghe cdi poco successive realizzazioni sia nello Stato Pontificio8 che in Toscana, in Sicilia9 ed in Sardegna 10• Allorquando il Toledo pervenne a Napoli il regno si dibatteva in una sorta di paralizzante morsa che cli fatto ne bloccava ogni sviluppo economico e sociale, decutiandone persino in maniera significativa la stessa superficie. Le plaghe agricole interne, a ridosso della catena appenninica costituivano il dominio indiscusso dei fuorilegge e delle comitive brigantesche, delinquenziale retaggio dei passati sconvolgimenti governativi. La tradizionale attività agricola perciò oltre ad essersi ridotta si svolgeva in una sorta di disperata resistenza, appoggiandosi a strntture più o meno fortificate, che meglio evidenzieremo in seguito. Le restanti aree pianeggianti, a ridosso della costa, costituivano a loro volta l'areale delle incontrastate scorrerie dei predoni del mare, con sensibile abbandono delle culture: anche in questo secondo contesto l'iniziativa privata aveva per quanto possibile cercato cli erigere strutture difensive atte a consentire una sia pur minima compatibilità esistenziale. Jn entrambi i casi però le iniziative non mostravano ancora un carattere cli omogeneità o di razionalità insediativa restando per lo più frutto di esigenze e stimoli locali 11•

1 I vicerè spagnoli ai quali era delegato il potere, nei limiti strettissimi della loro funzione, furono per l'intero impero compreso il Perù e la Nuova Spagna, in tutto nove. Restavano abitualmente in carica circa quattro anni. 8 G. M. DE Rossi, Torri costiere del Lal.iO, Roma 1971 , p. 15, ricorda che con la : "«Costituzio dc aedificandis ltpTibus in oris maril:imis» del 9 Maggio 1567, il Papa [Pio V J incaricò il console Martino de Ayala di attuare un organico sistema difensivo lungo le coste pontificie, imperniato su ùi una serie di posti fortificati strettamente collegati tra di loro ... " . Ma già dagli inizi del I 500 si erano realizzate diverse torri s u stimolo del governo e per iniziativa privata. 9 Circa la Sicilia, precisano S. IVIAZZARELLA e R. ZANCA, Il libro delle rorri, le rorri costiere di Sicilia nei secoli XVI-XX. Palermo 1985, p. 45: "La nuova e decisiva spinta per la rcal.izz.azione del sistema di av viso ... venne data dal parlamenl.() siciliano del J 579 che, tenuto a Palermo il 9 aprile, sotto la sollecitazione del vicerè Marcantonio Colonna (l577- l582) stabilì lo stanziamento di un donativo per la costruzione di nuove torri ... ''. l\.fa anche in Sicilia esistevano già da secoli lOrri per identica finalità di origine privata. 10 Sulla nascita delle torri costiere sarde, afferma F. Fo1s, Torri spagnole e forti piemonresi, Cagliari 198 I, p. 5: «Come si sa l'amministrazione delle torri fu creata dal governo spagnolo nel 1578. L'avvenimento è nei docu menti che si conservano i.n Spagna nell'archivio della Corona d'Aragona_ .. " 11 In verità gli angioni già negli anni della guerra del Vespro avevano cercato cli erigere un sistema cli difesa costiera su torri, tanto nel regno di Napoli che di Sicilia. Ne ricorda le caraueristiche salienti L. SANTORO, Cas1elli angioini e aragonesi nel Regno di Napoli, Segrate 1982, p. 93: "Tali torri... furono realizzate anche sulle coste, quando gli Angioini crearono un primo sistema compleLO e permanente di difesa e segnalazione ... A tal proposito ricordiamo un dispaccio del 1282, che riguarda i castelli costieri cli difesa nazionale della Puglia ... ai quali si affiancava l'opera sussidiaria delle to1Ti ; ed in tal senso è l'ordine di Carlo principe di Salerno, inviato ( 1284) ai "Giustizieri'' ciel regno di far custodire con somma diligenza le torri del litorale: «e che gli uomini di guardia siano attemi a sollecitamente avvertire l' avvicinarsi al lido delle navi nemiche e elci ribelli, con il segno del fumo cli giorno e col fuoco cli none .. .»".


La difesa delegata

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Per valutarle adeguatamente, specie in funzione del loro evolvers i in sistema, argomento appunto della presente ricerca, occorre meglio approfondire i due deleteri contesti criminali a cavallo cli quei tormentati decenni, ricordando pure i potenziali repressivi cli cui disponevano i vicerè alle prese con l' assillante flagello.

I Fuorilegge Abbiamo già in precedenza avuto modo di costatare il fenomeno del progressivo concentrarsi della popolazione meridionale nelle città, con il conseguente spopolamento delle campagne. Dopo l'avvento spagnolo quel triste esodo subì un vistoso incremento, con una crescita abnorme della città per antonomasia, Napoli. Nelle restanti province la vita sembrò racchiudersi nei piccoli borghi murati arroccati su irte colline, riproponendo in tal modo una sorta di anacronistica riedizione ciel lontano medioevo. Ancora una volta ogni parvenza di legalità non superava quelle sparute isole apicali. Al loro esterno nessuna presenza dello stato vigente nè meno che mai cli una sua struttura militare. Fra i primi in realtà ad occuparsi della deliquenza regnicola, e pur parlando ciel Regno di Napoli possiamo, con le ovvie puntualizzazioni, estendere il discorso con assoluta tranquillità anche a quello cli Sicilia e di Sardegna - sebbene in quest'ultimo la estrema inconsistenza demografica non consentì un altrettanto vistoso fenomeno - fu il vicerè fiammingo capitano Carlo di Lannoy, giunto nelle capitale il 16 luglio 1522. Di estrazione militare si prodigò a contrastare al meglio la dilagante delinquenza organizzata, e basti al riguardo ricordare che appena dodici giorni dopo il suo arrivo fece impiccare contemporaneamente quattro criminali. La sua azione non si arrestò certamente lì ma ad onta dei suoi sforzi, non supportati minimamente da alcun tentativo di comprendere le cause del fenomeno, l'iniziativa dovette interrompersi per il richiamo alla guerra sopraggiunto il 20 ottobre dell'anno seguente. Seguirono anni cli vicende molto travagliate per il Regno con tentativi di riconquista francese 12 ed operazioni campali, tra cui uno sbarco veneto in Puglia nonché un nuovo tentativo anfibio turco sempre in Puglia. Altre azioni navali si registrarono con sbarchi più o meno riusciti persino nel golfo di Napoli, dettagli tutti che confennano il clima di dilagante anarchia ormai imperante nel Regno. Quale fosse lo stato di assoluta illegalità, che coinvolgeva ogni suddito senza alcuna distinzione sociale, anche alle porte della capitale lo conferma il seguente rapporto del 1524, relativo ad una aggressione ai danni ciel cancelliere del governatore: "da Capua ributtati, stai in pericolo di capitare nelle mani dei ladri che robbarono al mio cancelliere et uno mulattiere et ringratio Iddio haviva tassato quattro some nella Rocha de Ceprano et sono qui quasi in giubone, nè mi basta t'animo mandare per dette robe per la grande moltitudine dè ladri ti quali pubblicamente stanno alla strada per questo Reame a trentacinque e cinquanta per compagnia er robbeno fino a due miglia appresso a questa Ciptà [Benevento) che non si extende più oltre il territorio di cpsa et inlOrno moltiplicano che si non si provveda da Napoli, non so come si potcrft andare sulla via" 13

I vicerè avvicendatisi in quello scorcio non potettero in alcun modo agire per il ripristino della legalità, perdurando un clima di scorerrie militari. E fu soltanto con la cessazione delle ostilità e l'arrivo del Toledo, che si potette procedere all ' immane opera di ricostruzione del vivere civile, nei limiti ormai del possibile. Il quadro delinquenziale infatti si era ulteriormente aggravato proprio per la presenza di molti disertori e sbandati che scorrevano le campagne, senza contare purtroppo persino i soldati regolari spagnoli: "la componente militare aveva infatti non poco peso nell'alimentare la criminalità napoletana. Un pò erano i banditi indigeni che ottenevano il condono dei precedenti misfatti accettando di far parte dell'esercito oppure della gendarmeria locale, ma in questa nuova veste non desistevano dalle antiche

12 13

li tentativo di riconquista del regno fu avviato dal pretendente angioino sotto il comando del Lautrec. Da A. ZAZO, lf malandrinaggio nel Regno di Napoli nella let1era di un govema.tore di Benevento (1524), in Samnium,

XLVIII, 1975 p. 102.


I lavora/or i della 1erra

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abitudini che ora trovavano copertura e difesa nella divisa. Non meno del inquenti erano molti spagnoli e tedeschi e tutti costoro vivevano di delitti e furti e commettevano le pegg.iori ribalderie ... Carlo V, in occasione della sua venuta a Napoli nel 1536, in cambio di un donativo, approvò alcune richieste ed una prammatica che prevedeva la pena di morte per chi avesse sparato un colpo di archibugio «ad nocendum», anche se non avesse colto nel segno. 1n tre anni si era passati dallo scippo all' aggressione a mano armata .. . " 14 • Approfondendo la natura della componente militare del brigantaggio cli quel periodo, va ricordato che oltre ai normali disertori, abbondavano anche i soldati regolari e specialmente gli ex militari disoccupati: "i soldati erano pagati male, inegolarmente, abbandonati a se stessi e cercavano di provvedersi di quanto loro occorreva a spese della popolazione. Inoltre alla metà del secolo la fine della guerra tra Francia ed impero provocò il rientro di numerosi soldati di mestiere che erano stati smobilitati, non avevano possibilità di tornare ad inserirsi nella vita civile e vivevano di furto ... Il contributo dei militari al banditismo si può rilevare nei eiettagli in un episodio da cui è appunto confermato che le truppe spagnole di stanza nel viceregno disertavano dandosi a furti e violenze. Nel 1533 un contingente di fanteria spagnola si ammutinò tra Sessa e Piedimonte, tenorizzando la Terra di Lavoro. TI panico fu tale che i consoli di Benevento si rivolsero per notizie all'Università di Campobasso, eia cui ebbero nuove rassicuranti. Di parere ben diverso fu però Ferrante Gonzaga, interpellato dalle autorità beneventane. Questi aveva di mestichezza con i soldati e ne conosceva bene i costumi. Eso1tò pe,tanto gli abitanti cli Benevento anzitutto a tentare di evitare che i ribelli attraversassero il loro te1Titorio e consigl iò «mandassero a parlare per divertirli da tal proponimento>>, certo con congrue offerte. Comunque li invitava a curare le fortificazioni cittadine, ed a far provvista cli vettovaglie per potersi chiudere a difesa dentro le mura . .. " 15• L'episodio ricordato dà una perfetta idea della pericolosità sociale ciel fenomeno , specie considerando che nel caso di Benevento ad essere minacciata non era nè una isolata masseria, nè un piccolo paese ma addirittura una popolosa città fortificata! La prass i poi d i tentare cli evitare l'eccessiva proliferazione di fuorilegge inserendoli con relativa amnistia nei quadri militari, di tanto in tanto, non diede mai risultati soddisfacenti, anche perché difficilmente nella loro nuova veste dismettevano le delinqueziali abitudini 16 • li Toledo conscio che un apporto considerevole alle crescenti masse cli criminali proveniva dalla stagnazione economica e dalla gravissima carenza di lavoro, si fece carico cli avviare grandiosi progetti di opere pubbliche, contemplanti il massimo ricorso all'impiego di manodopera dequalificata. Si pav imentò pertanto l'intera capitale con un massiccio basolato di duro basalto, e soprattutto si intraprese con incredibi le alacrità lo scavo di decine cli canali di drenaggio finalizzati alla bonifica dell'agro casertano. E nonostante la vistosa mortal ità degli sten-atori falciati dalla malaria, la manodopera mai difettò su quei cantieri. La lungimiranza della concezione è confermata dal costatare che ancora oggi i cosidetti Regi Lagni, garantiscono lo smaltimento delle acque eccedenti. Al contempo altre compagnie di d iseredati si occuparono nella rifortificazione dell 'area puteolana, con il non celato fine secondario di stornare dalla popolazione il terrore provocato dalla nascita del vulcano detto Monte Nuovo 1ì , e dal riacutizzarsi del bradisismo: il Toledo all'uopo g iunse a farsi costruire nelle instabile cittadina una sua monumentale residenza, parzialmente ancora esistente.

Da G . CONI.GLJO, Aspetti della società meridionale nel secolo 16°, Napoli 1978, pp. 62-62. 1BIDF.M, pp.114-115. 16 Precisa N. F. FARAGLIA, Bilancio del reame di Napoli negli anni 1591 e 1592, in Archivio Storico per le province napoletane, 1 ( 1876), p. 214, n. 1: "Gli arruolamenti dei banditi erano p iù freq uenti di quanto non si pensi e sono doc umentati anche nel secolo segllente, a dimostrare la cos tanza di qllesta pratica nel tempo. Ne lla zona di Sulmona il 4 ottobre I674 i banditi che promettono di arruo larsi e per tal motivo sono sotto la protezione delle autorità, contin uano a molestare la popolazione". 17 Il 29 settembre del 1538 i fenomeni bradisismici avviatisi con Lina fase di sollevamento sin dal 15 I I, toccarono il loro acme. Già però una se rie di intensi e frequentiss imi te1Temoti si erano abbattuti sulla zona puteolana negli ann i immediatamente precedenti tale data, accom pagnati dalla vistosa modifica della linea costiera. La notte di quel 29 seuembre, preannunciata da un accavallarsi di oltre una ventina di scosse violentissime, un boato cd una inaudita eruzio ne spaccava il suolo a Tripergole, piccolo borgo agricolo presso il lago Luc rino. Il materiale eruttato fu talmente abbondan te che già il 30 settembre una rilevante coll.ina si era costituita sul luogo, detta Monte Nuovo. Pare che la cene re sia precipiLata persino in Calabria: il tem1re degli abitanti comunq ue fu immenso, non mancando per le esplosioni vulcaniche diversi morti: il Toledo per tranqui.lliz.zare gli animi sembra che decise in simili frangent.i la cos tru zione della sua vi lla di Pozzuoli. 14

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La d!f'esa delegata

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50. Pozzuoli (Na). Tom:: posta a difesa della residenza del Toledo.

Il ventaglio di interventi s.i dimostrò quanto mai ampio, giungendo a contemplare persino la rettifica del corso ciel Volturno onde renderlo navigabile. È da sottol ineare che in tali grandiose imprese il Toledo dovette fronteggiare contemporaneamente almeno tre diverse ostilità. La prima era insita nello stato cli secolare abbandono che affliggeva quelle regioni, prive ormai di qualsiasi viabilità o risorsa ambientale. La seconda nel totale abbrutimento sociale che connotava la massa dei diseredati accorsi alla chiamata, sprovvisti cli qualsiasi capacità lavorativa al di là della semplice fornitura di braccia. La terza e forse la più frustrante si incentrava sulla palese e progressivamente crescente ostilità del ceto nobiliare contrario a simili iniziative che lo privavano cli fatto del parassitario sfruttamento di quei miseri vassalli. Gli interventi quindi a Madrid miranti alla rimozione dell'intraprendente vicerè si fecero frenetici, ma l'imperatore conscio della validità dell'uomo e dei suoi programmi, non solo non diede alcuna attuazione ai reiterati solleciti, ma confermò, come già ricordato, abnormemente la durata dell'incarico di quel vicerè. Fatto strano però, il pur lodevole intento, sul piano sociale ebbe un modestissimo successo, contribuendo paradossalmente ad incentivare a dismisura la piaga sociale. Infatti tra le masse attratte dalla prospettiva di occupazione non mancarono sensibili percentuali di elementi facinoros i e criminali attratti a loro volta dalle inusitate possibilità cli bottino e cli guadagno, logicamente a danno delle finanze pubbliche e dei miserabili lavoratori. E sempre in tema cli ordine pubblico un'altra dolorosa fonte di infini te lagnanze e contumelie scaturiva dall'alloggiamento dei militari, per non parlare anche del loro semplice transito attraverso i centri abitati. Considerando inoltre che la ragione di molti di quegli spostamenti si originava dalla necessità alquanto frequente dì condurre vere e proprie campagne cli guerra contro i banditi allorquando la loro entità non poteva più sottovalutarsi, ne conseguiva un esito a dir poco desolante. Le popolazioni infatti certamente vessate dai fuorilegge, ma pur sempre solidali con essi - fattore comune della storia del banditismo meridionale in ogni epoca - in quanto ne condivideva molte delle motivazioni istigatrici, si


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I lavoratori della terra

schierava passivamente, ma efficacemente, contro le fo rze dell'ordine, sollecitandone prontamen te il richiamo. Valga per tutti un esempio di quel secolo: "L'Universilà el homi ni de la Atessa in Apruzzo fanno intendere a V. E. come oltre alla pessima raccolta generale de quelle parte, le biade de dello loco sono state grandinate et s'aggionge a questo l'alloggiamento di tanto gran nu mero di soldati mandati da V. E. in quella provincia alla persecutione di forasciti , onde essi supplicanti sin da mo' cominciano a patere del vivere ... " 18 •

Abbiamo nella breve citazione riportata una emblematica sintesi del problema delinquenziale costituente una so1ta di perverso ciclo chiuso. Vi è infatti esposta la penuria cli raccolto, causa dì carestia e fame, premessa, istigatrice e spesso scinti lla per la rivolta o comunque per la ribellione cli molti. In secondo luogo la presenza insostenibile, sia economicamente che socialmente dei contingenti militari, destinati proprio alla repressione, ma fonte a loro volta dì ulteriori vessazioni: la miscela di quelle due componenti lungi dal compensarsi a vicenda contribuì ali' insorgere ed al radicalizzarsi del dramma in maniera endemica. Del resto: "le crisi agrarie non furono un fenomeno isolato, bensì frequente, e la forma acuta ìn cui si presentano i casi di banditismo alla fine del secolo [XVI] prova che in questo caso vi era un fermento a carattere economico sociale nel fondo ... Anzitutto frequenti carestie rendevano difficile assicurare a tutta la popolazione i necessari approvvigionamenti ed alcuni cattivi raccolti sì hanno proprio ... dal 1530 al 1533 . .. La situazione venne peggiorando col passare degli anni ed alla fine del secolo era intollerabile. Le masse popolari urbane e rurali erano al limite della sopravvivenza. L'esodo dalle province verso la capitale è la manifestazione più palese; l' intensificarsi degli episodi cl.i r.ibell ione, l'esplosione del banditismo dimostra in modo non meno clamoroso questo stato di cose, che raggiunge il culmine alla fine del secolo. La situazione è uguale in tutte le province ... " 19• Al fine se non altro cli contenere i peggiori effetti di quella pericolosissima piaga sociale, e ben sapendo l'abbondanza di armi presenti nel regno dopo i tanti episodi bellici antecedenti alla sua pacificazione, si tentò di disciplinarne il possesso. Le disposizioni secondo la prassi spagnola imperante divennero immediatamente severissime, contemplanti spesso la pena di morte, tentando in tal modo di ottenere obbedienza facendo affidamento più sulla paura del potenziale castigo che sulla inesistente forza del governo. Il rinnovarsi sistematico di siffatte norme conferma la predetta inefficacia, tant'è che ancora alla metà del XVI secolo - e possiamo agevolmente rintracciarle anche nei secoli seguenti - così sancivano le specifiche prammatiche al riguardo, con una breve premessa legislativa circa il soggiorno non motivato nella Capitale: BANDO SULL' ORDINE PUBBLICO NAPOLI 1550 Per longa esperientia s'è cognosciuto che la maggior part.e de Ji delitti gravi et enormi come sono homicidii, assassinii, furti et altri malcficii che succedeno in questa città de Napoli et suo distretto, se causano per la moltitudine et colpa de persone ociose et vagabonde che de continuo confluescono et se reccttano in essa, de li quali non solo ne procedono li mali predeui et mali esempi con depravatione, corrottele di buone costume, ma anchora ne nascono ogni dì occasioni a li sudditi di sua Maiestà et commodità di commettere detti maleficii in grandissimo disservitio di nostro s. Iddio et cli sua Maestà cesarea et dispregio de la iustitia, tal che volendosene oportunamentc provedere et. occorrere corno conviene, per tenore del presente bando se ordina et commanda da parte de l'eccell. s ua, che lulte quel/e. le persone estere et frostero de qualsivoglia stato, grado et conditione se siano, che al presente se trovano in ditta città de Napoli o suo distrelt.o, quale non fanno arti, officio o escrcitio alcuno o che essendo sani vanno mendicando o che non stiano vcrdatamente a servitio dc alcuno, nè hanno ncgotio alcuno da fare debbiano cischeduno d' essi debbia fra termine de tre dì de poi la pubblicatione del presente bando sfrattare et partirsene da dina città et suo distretto, altramente passato ditto termine essendo ritrovato et preso, serranno presi per vagabundi et

ix 19

Da C. MARClANI, Capitani di Ragusa in :'lbruzw nel 1600, in Rivista Abruzzese, XXI I ( J 969), p. 18. Da G. Ccm1GLJO, Aspelli della società ... , ci t. , p. 129


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La difesa delegata

delinquenti et intendano condannati si como ex mmc pro tunc se condannano per anni cinque in galera o più o meno o altJa pena ad arbitrio di sua eccell. Et tutti quelli che dopo la pubblicai.ione del presente bando veneranno in ditta città et s uo distretto per exercitare alcuna arte et mercantia o per stare a patrone, infra lo medismo termine dc tre dì dcbbiano effettuare et continuare o vero sfrattare et partirse da ditta città et suo distretto sotto la pena predetta. Cossì anchora tutti quelli che al presente se ritrovano esercitare arte alcuna o fare eserciti i o stare a patrone depoi la pubblicatione del presente bando cesseranno o mancaranno de esercitarla o stare a patrone, infra il medesimo tempo de tre dì, debbiano retornare ad eserc.:itare ditta arte o esercitio o trovarse patrone o veramente sfrattare ut sopra sotto la medsima pena. Et quelli che tanto avanti la pubblicatione del presente serranno venuti quanto che da poi veneranno in ditta città et suo distretto per negotiare debbiano et ciascheduno d'essi debbìano infra lo dicto termine de tre dì comparere avanù lo eccell. s. reg. che per detto tempo serrà per questya gran Corte et darli particolare notitia di sua persona, chi e da dove e da donde vieni e la causa perché è venuto a negotiare et dove si ricetta, altramente se cli poi eletto termine serrà ritrovato et preso alcuno che con verità non sia venuto epr negotiare o vero finito il negotio non sia partito et sfrattato ut sopra incorrerà in la medesima pena et similmente, se alcuno infra lo medesimo termine fosse comparso e t declarato havere eia negotiare et depoi se troverrà il contrario, cascarrà in la pena predetta. Notificando anchora che se alcuno de qualsivoglia stato, grado o conditione se sia affirmarrà alcuna persona extera essere suo servitore o stare ad suoi serviti i ad salario a suo pane, et. dipoi si troverrà non essere la verità, in tale caso, se quello che lo affirmarrà serrà nobile incorra in la pena de onze 50 et duì anni in relegatione a Lipari, et se serrà ignobile in la pena predetta de onze 50 et de doi anni in galera, o altra pena reservata ad arbitrio de sua eccell. como fautori de persona malifici o atti ad fare male. Et in la medesima pena incorrerà tutti et sìnguli quelli che teneranno in loro casa, habitatìone, o altro loco occulto alcuna persona extera senza dame notitia subito e t infra al dillo ecce!!. regcnte dc ditta gran Corte. Et qualsivoglia persona che revelerà a ditta gran Corte alcuno che contraverrà al sopraditto bando et che per ciò s ia preso et condennato, si li daranno scuti clui de beveraggio per ciacs uno. Et de più havendo per ditta esperientìa demostrato et per quello da dì in dì nce demostra che per lo portare de dagha, smagliatori, postolese et altra sorte dc arme corte, se sono commissi varii et diversi assassinii, homecidii et altri delitti. Per tanto volendose ciò obviare se comanda per ordine de la eccentia sua che da qua avanti ciascheduna persona de qualsivoglia stato, grado o condir.ione se sia, tanto titolato quanto non titolato, tanto nobile corno ignobile, a pecle, nè a cavallo, anchora che fosse homo darme, cavallo legìero, soldato, o stipendiaro regio, in qualsiasi grado, dignità et natione presuma nè ardisca portare le preditte arme, o alcuna de essa per ditta città, o distretto, non ostante qualsevoglia licentia o alloro o a ciascheduno d'essi concessa, a la quale per lo presente bando espressamente se li deroga, et quello che contrnvenerà, portarrà,alcuna de ditte sorte d'arme, tanto de notte, corno de dì, incorrerà in pena se serrà nobile dc cinquecento docati, o de tre anni in relegatione e Lipari, ad arbitrio de sua eccell. et se serrà ignobile de tre anni in galera. Declaranno che se alcuna persona feri1rà con alcuna dc ditte sorte d'armc serrù punito de pena a iure per le costitutioni del regno, et capitoli, statuta ultima, de la pena sopradetta, in quelli casi però in li quali non tenesse ad ìmponersi la pena de taglìarse la mano o de morte naturale. Et de più in la sopraditta pena incorreranno anchora tutti quelli li quali portaranno cortelli appontuti, o punlaruli de uno palmo in suso per dentro ditta città o soi burgi tantum anchora che le portassero in le spade, et se alcuno le portarà da uno palmo a bascio et costarrà portarle per fare alcuno maleficio, inocorrerà a la pena sopradeua. Item se ordina et commanda che ciascuna persona ut sopra nè presuma nè ardisca tenere in casa, nè in altro loco de ditta città et suo distretto alcuna sorte de ditte sorte d'arme, 11è s ia persona alcuna che presuma venderle, nè comprarli sotto pena de onze 25 per ciacsuno et altra pena reservat.a ad arbitrio de sua eccell. et de perdere ditte arme eccettuando però da q uesto solamente li cortelli. Item se ordina et commanda a tutti et singuli maestri che eia gua in avanti presumano, nè ardiscano fare alcuna sorte de ditte arme eccetto Li cortelli, sotto pena de tre anni in galera. Et tutte quelle arme o alcune delle sopradette in lo modo prediu.o c' haveranno fatte fino al presente se dipoi il termine de detti dì numerando depoi la publicatione del presente bando si se ritroveranno in loro potere incorreranno in la preditta pena de onze 25 o de altra pena corporale reservata ut sopra, oltre de perdere ditte arme. Ttem essendose !'anni passati emanato bando similmente per ordine di sua ecce!!. et per esso prohìbito portare li archibusetti a fucile da due in tre palmi, sotto la pena de la vita et morte naturale, benché non se provasse che havesse ferito alcuno con detti archibosetti, ma solamente portarli con sè et similmente che in lo presente regno non se potessero fare archibusett.i a fucile sotto la pena dì cento onze, o de stare tre anni in galera, secondo per detto bando emanato sub anno 1549, più claramente si contiene. Al presente puro per ordene de la ecce!!. sua se renova clitto bando iuxta ipsius seriem e t tenorem subscripti le medesime pene in esso contenti in le quale incorreranno anchora et se includa qualsevoglia homo


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·darme, cavallo legiero, soldato o st.i pendi aro regio de qualsevoglia grado et natione se sia, che da mo' avanti contra verrà al presente bando et portarà ditti archabusetti a fuc ile. Et de più se ordena e t comanda a q ualsevoglia persona dc qualsevoglia stato, grado et conditione se sia, tanto titulato quanto non titulato, nobile seu ignobile, homo danne, cavallo legiero, stipendiaro regio de qualsivoglia stato, grado dignità et natione si sia ut sopra che da qua avanti nè presuma, nè ardisca tener in sua casa, habitationc o altro loco alc una de diu.i archibuscetti a fucile, sotto la pena de cento onze, o de stare tre anni in galera contento in lo bando predetto o ad eletione de sua eccel l. A tutti quelli che al presente se rctrovaranno in loro potere alcune de detti arch ibuscetti ad fucile infra termino de sei dì innanti se quelli poi la publicatione ciel presente bando le debbano presentare in dit.ta gran Corte sotto la pena preditta, quelli che clacqua avanti portassero detti archibuscetti ad fucile da fora regno infra lo medesimo tempo de sei dì lo debbano presentare in dieta gran Corte a ltJament.e senza possere allegare ignorantia alcuna de clitto bando incorrerando a la medesima pena et. qualsevoglia persona che revclerà ad ditta gran Corte alcuno che contraverrà ali predetti bandi o alcuni de essi guadagna1}1 ducati sei et serrà tenuto secreto et ognuno se guarda de la mala ve ntura" 20

È interessante ri.cordare che il tan to temuto "archibugetto a focile, rappresentava in realtà un'arma modernissima per l'epoca, comparsa intorno al 1547. Si trattava di un archibugio il cu i congegno di accensione della polvere non era basato sulla produzione di scinti lle mediante lo strofinio di una "ruota"' contro la pietra foca ia, ma sulla emissione di quelle tramite percussione della pietra stessa su di una superficie di acciaio temperato 2 1• La caratteristica che ai nostri occhi può apparire irrilevante forniva invece una eccezionale validità all'arma, tanto che anche sotto il profilo nomenclativo l'archibugetto a focile , di venne in brevissimo tempo il "foci le" per antonomasia. La sua presenza restò sostanzialmente invariata per quasi tre secoli, ovvero fino all ' abbandono dell'acciarino per l'accensione della polvere. La digressione tecnica ci ha comunque permesso di associare come le armi presenti nel Regno non fossero semplici residuati bellici ma frutto della più evoluta tecnologia dell'epoca, specie considerando che l'invenzione non avvenne nel regno ma quasi certamente nel nord-Europa. Dall'assunto deriva la conferma di una deliquenza fin troppo aggiornata per essere il frutto spurio dell' indigenza! Comunque anche trascurando quella significativa singolarità, di armi nel regno ne circolavano fin troppe, e i rapporti coevi testimoniano eloquentemente al riguardo. Proprio nel 1547 ad esempio, una missiva del vicerè diretta ai governatori di Capitanata, di contado di Molise e principato Ultra, ovvero le regioni a maggiore percentuale delinquenziale organizzata, asserisce: "Semo informati che in le terre et lochi de questa da voi decreta provincia, se ritrovano molta quantità de archibuscii et arme annastate quale se sonno cacciate da questa c ità de Napo li per li forasciti el altri 1ibaldi et soldati che erano falli et coadu nati in questa predicta cità per non volers i portare et consignare ad noi, conforme a li ordini de la predicta Maestà cesarea et banni per noi emanati sopra lo consignare de ditte arme" 22 •

li passar del tempo ad onta degli sforzi ciel governo vide incrementarsi maggiormente il fenomeno delle bande di briganti o di fuorilegge. Alcune di queste ostentarono addirittura organici di veri eserciti, irridendosi persino delle truppe regolari inviategli contro: emblematico al riguardo il caso del Berardi che giunse a porre una taglia di 2. 000 scudi su Fabrizio Pignatelli che gli muoveva contro per catturarlo23 . È sintomatico, per concludere gli accenni sull'aspetto legislativo contro il banditismo, che i provvedimenti straordinari dei vicerè, altrimenti noti come Prammatiche, promulgati in materia tra la fine del ·

20 A. G. S. , ESTADO, Nàpoles, 1038, 139, da G. CONIGLIO, Il vìceregno dì don Pietro di Toledo (1523-53), Napoli 1984, voi. 11, pp. 624 e sgg.. 21 Sull ' argomento ctr. W. RF.m, La scienza delle anni dall 'età della pietra ai nostri giorni, Milano 1979, pp. 90-96. 22 Da A. ZAZ.O, Strascichi dell'insurrezione di Napoli del I 547, nel Molise e nel Principato Ultra, in Samn.ium, XXXVUI ( 1965}, p. 242. 2> Nel 1561 il Berardi, brigante calabrese fu in grado d i aggregare e di mantenere un vero esercito irregolare, riscuotendo per stipendiarlo regolari imposte, rilasciando per di più proficui privilegi. Sulla sua figura cfr. D. A. PARRINO, Teatro eroico e politico de' governi de ' vicerè del regno di Napoli, I, Napoli, 1780, p. 171.


La difesa delegata

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XVI secolo e l'inizio del XVIII, costituiscano una precisa raccolta denominata De Exulibus, forte di circa una trentina di simili documenti, sostanzialmente equivalenti, per tenore e per risultati 24 • Una sola differenza si può cogliere in essi, ed è ovviamente a carico dei termini per la definizione di fuoriuscito, antico equivalente cli fuori legge. Secondo la costituzione regnicola l'inquisito per un qualsiasi delitto nel caso che non si fosse presentato ai giudici assumeva la veste di "contumace". Trascorso così un anno scadeva a "fuoriuscito": orbene tale margine passò in breve volgere, in virtù della normativa eccezionale a 10 giorni, a 8 ed infine a 4, conferma se non altro della rabbia impotente delle autorità. Per tutte valga come esempio quella ciel 22 luglio del 1583, dove già il predetto termine si è contratto a 10 giorni: "Si ordina e si comanda per tenore del presente bando, che tulli e quali si vogliano contumaci e fuoriusciti e quei delinquenti che sono andati, vanno, e andranno in comitiva di fuoriusciti per la campagna, rubando e facendo altri delitti, perturbando il quieto vivere dé buoni, debbono fra il termine di giorni dieci dal dì della pubblicazione del presente bando, comparire e present.arsi persinalmente avanti il Tribunale dove ciascuno di essi è stato citato e reputato contumace e fuorgiudicato, a stare a giustizia dé delitti che sae gli pretendono; e non comparendo, elasso il termine predetto, senz'aspettare il circolo dell'anno, che per costituzioni di questo regno sta concesso, nè altra qualsivoglia solennità, saranno tenuti e reputati per diffidati, ribelli, contumaci, banditi, e come veri fuorgiud icati della Regia Corte . . . E reputati che saranno fuorgiudicati nel modo predetto, diamo licenza e facoltà ad ogni persona, di qualunque stato, grado e condizione si sia, di potergli ammazzare impune e senza timore d'incorrere in pena alcuna, nel miglior modo e forma che potrà ... " 25 .

Si giunse dopo poco a perfezionare ancora maggiormente il concetto di somministrazione discrezionale della giustizia sommaria, precisando: " ... E riputati che saranno forgiudicati nel modo predeuo, diamo licenza, facoltà ad ogni persona, di qualunque stato, grado e condizione si sia, di potergli ammazzare impune, e senza timore d'incorrere in pena alcuna, nel miglior modo, e forma che potrà ed ollra che glii uccisori dè dichiarati ribelli, e forgiudicati nel modo predetto, non incorreranno in pena alcuna, vogliamo e dichiariamo per lo presente bandso, che etiam godano, e conseguano le grazie, e premi infra dichiarati nè casi, e con le condizioni, e limitazioni seguenti .. . "26

Il significato ovvio del bando continuamente reiterato e ribadito, in forme sempre analoghe circa la pena, e soprattutto circa le modalità della sua somministrazione, costituiva a ben leggere una esplicita delega concessa ad ogni cittadino ad eseguire la sentenza, e quindi per ampliamento concettuale a potersi fare trangui11a1nente giustizia nei casi che la minaccia provenisse da elementi acclarati per malavitosi. È una prima indiretta ammissione del concetto di difesa delegata, precisandosi inoltre che l'eliminazione fisica dei banditi, potesse avvenire nella forma e nel modo migliore, ovvero a discrezione. Il ricon-ere all'impiego dell'iniziativa privata nella repressione del banditismo tradisce ancora una volta la fin troppo palese debolezza ciel governo e l'assoluto abbandono territoriale in cui versava contestualmente il regno. È quindi indispensabile prima di procedere oltre fornire un quadro sintetico sull'entità dell'apparato militare, sulla sua clislocazi"one e sui suoi impieghi nella lotta alla delinquenza organizzata nello stesso scorcio storico.

L'apparato militare Le forze regolari preposte alla difesa militare del Regno, avrebbero dovuto essere anche quelle incaricate di mantenerne l'ordine interno e di reprimere la delinquenza. Ma in perfetta continuità storica queste rimasero in pratica sempre cli gran lunga inferiori alle necessità anche della sola semplice difesa territoriale contribuendo in tal modo all'instaurarsi di una sorta di accertata impunità. Ciò se da un lato giustificava il tenore delle citate prammatiche dall'altro incentivava l'organizzarsi in forme difensive

Sull'argomento cfr. G. D E ROSA, A. CESTARO, Territorio e società nella storia del Mezzogiorno, Pompei 1973, pp. 173 e sgg.. La prammatica citata è quella del 22 lug lio del 1583 . È rintracciabile in L. GJUSTINJAN l. Nuova collezione delle Prammatiche del Regno di Napoli, Napoli 1804. 26 IBJOEM, 26 giugno 1643, analoga del reslO ad altre più antiche. 24

25


I lavoratori delta !erra

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autonome o private, dotate di uomini e mezzi, perfettamente tollerate e, come accennato, spesso addirittura incentivate dal governo centrale. È comunque interessante per ricostruire il quadro di insignificanza militare fornire i più attendibili ragguagl i circa gli organici dei contingenti previsti per il Regno, ricordando parimenti che essi mai vantarono una distribuzione omogenea, poiché restarono per lo pi ù acquartierati nei pressi della capitale, accentuando così il senso di vuoto di potere nelle province. ESERCITO REGOLARE Un "tercios'' 27 cli fanteria spagnola, pari a circa 3. 000 uomini se al completo, nei fatti mai superiore ai 2. 000. COMPAGNIE R EGNICOLE... .. .. .. .. .. .. ..... .. .. .. .. .. organico uomini d'arme n° I", del Vicerè .......................................................................................... 100 2", di Ascanio Colonna ................... ....................................................... 60 3\ ciel marchese del Vasto .. ............ ...................... .... .... ... .... .... .... .... ...... 90 4•, ciel principe di Bisignano .................................................................. 50 5\ di don Ferdinando de Alarcòn ......................................... ................. 75 6\ cli Antonio de Leyva ..... ............................ .. ...................................... 75 7•, del duca di Sessa ....................................... ........................................ 50 8", di don Ferrando de Gonzaga ............................................................. 85 9\ del conte di Cul isano ........................................................................ 90 10°, del conte di Potenza ................. ... .. .. ................................................ 60 11", del marchese di Tripalda ................................................................. 50 12\ di Camillo Colonna ......................................................................... 60 Totale 945 COlvlPAGNIE DELLA GUARDIA Dl CASTIGLI A

la, cieli' Aclelandato de Granada ... .......................................................... 100 2", del conte cli Altamira ....... ........ .................. .... ........... .... ....... ........ ..... 40 3", del marchese Garzia Manriques ..... .... ... .... ............... .... ....... .... .... ..... 40 4", ciel marchese don Giovanni de Tovar ............................................... 50 5", ciel magnifico don Michele de Velasco ............................................. 50 6", di Pietro Zappata ................. ............................:................................. 40 7", del fu Diego Sarmento .................................................................... .. l 00 Totale 420 G. DI CASTIGLIA .. . . .. . .. .. .. ·· ·· · ···· lance n° P, cli don Federico Osorio di Toledo ..................................................... 45 2", di don Alonso de Silva ............... ....................................................... 70 33, del magnifico Pietro de Uglioa ......................................................... 60 4", di don Alonso de Caravagial ............................................................ 90 5", ciel magnifico don Giovanni de Z unica ... ................... ......... .... ....... .. 28 COMPAGNIE DI CWALLEGGERI

Totale 29328 27

Il "tercios" era norma lmente costituito da dod ici compagnie di circa 250 uom ini ciascuna, pari quindi a 3. 000. In questi termini rappresentò l'unità cornbatteme per antonomasia dei secoli XV I e XVII, superiore per potenza di fuoco alle formazioni svizzere ma di minore organico, perfeuamente in grado di sostenere gli attacchi della cavalleria grazie ai suoi picchieri, che lo componevano insierne agli arch ibugeri. Era inoltre in grado di frazionarsi in fase di occupazione cli un territorio o di presidio stabile dello stesso, in rnol tissime souounità, fino a quelle contemplanti pochi uomini di forza. 28 I dati citati sono stati traili dai preventiv i di en trate e spese del 1536- 1537, peraltro sostanzialmente analoghi ai successivi, in A. G. S . , ESTADO. Nàpoles, I 027, 92, in G . CONIGLIO, IL viceregno ... , cit, voi. I, p. 159 e sgg.


La difesa delegcaa

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51

52

51. Trani (Ba). Il castello normanno-svevo. 52. Bisceglie (Ba). Scorcio delle fortificazioni.


/ lavoratori della terra

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53

54 53. Bari. Scorcio del Castello. 54. Monopoli (Ba). Scorcio delle mura rinascimentali.


La difesa delegata

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Il Toledo aveva istituito nel 1542 ed incrementato nel 1544 una specifica tassa destinata appunto al mantenimento di un esercito fisso29 anche in tempo di pace, essendo come accennato gli organici militari estremamente variabili. Come se non bastasse l'esercito regolare subiva frequenti impieghi per ordine imperiale al di fuori del Regno. Una delle ragioni di queJla apparentemente assurda modalità d'impiego veniva imputata allo stesso Carlo V. Quello infatti sebbene: "avesse per ogni via data sempre più opera che lo Stato avesse avuta una milizia fissa in niun conto dipendente eia' feudatari, pure tal milizia, temendo che essa stando nel Regno avesse potuto operare qualche cangiamento per la libertà o per l'indipendenza del popolo, se ne valse per le guerre d'Italia e cli altri luoghi. Talché lo Stato manteneva un esercito fisso a sue spese senza che per sè alcun vantaggio potesse rilrnrne ... E dall'epoca di Carlo V in poi non altro sistema si tenne ... "30• Una incontrovertibile conferma alle nostre osservazioni circa l'insufficienza della forza armata per il compito di repressione si coglie in una nuova tassa imposta nel 1550 destinata al mantenimento delle famigerate "squadre di campagna", ovvero formazioni paramilitari destinate al controllo del territorio contro la delinquenza proprio nelle aree interne del regno. Ancora nel 1555 si registra un ennesimo incremento del prelievo fiscale, finalizzato al mantenimento di uomini d'arme per la custodia ciel Regno, segno esplicito della costante carenza del settore difensivo. A cavallo cli quegli stessi anni tuttavia, sotto .la duplice pressione delle offese dei corsari e del dilagare della delinquenza si elaborarono interessanti progetti per la creazione di una milizia regnicola, con tassativa proibizione di impiegarla in operazioni esterne al napoletano. Ma ancora una volta la diffidenza dell'imperatore frustrò il dettagliato programma. E la paura intorno al 1556 si acutizzò al punto tale che, paventandosi: "qualche aggressione dalle anni dei Turchi . .. si dovette ricorrere a mezzi straordinari ed ordinari per ottener danaro, per gu.isa che oltre dè forzati tributi e de prestiti che levò il nostro governo, si numerarono e si tennero in serbo gli ori, e gli argenti delle chiese per tramutarli in monete, e eia ultimo ciel bronzo delle campane se ne fecero artiglierie. Con tali aiuti si accrebbe l'esercito in fino a trentamila fanti, tra ' guaii dodicimila regnicol i, oltre 1500 cavalli che erano anche di nostra truppa ... " 31• Proprio in quegli stessi anni le forze armate regolari venivano così schierate, e forse sarebbe più esatto dire "disperse", in funzione antiturca lungo il perimetro del Regno: "Relation delas provisiones quc se han hecho en ...

questo Regnò in previsione dell'arrivo della flotta turca, in data 18 maggio 1560: In Manfredonia si è inviato Pirro de Lofredo con 500 soldati In Barletta, il duca di Atri con 700 In Trani Carlo Spinola con 600 In Bisceglie Nicola Doria con 400 1n Bari, don Diego de Mendoza con 300 In Monopoli Donato Antonio Lofredo con 300 ln Brindisi in Marchese de Lochito con l 000 Nel forte della detta Brindisi 3 compagnie di soldati spagnoli al comando del capitano Calabarano In Gallipoli don Pirro Castriota con 150 In Taranto Chico de Lofredo con 500 In Otranto il conte cli Nicotera con 800 In Crotone Salvatore Spinielo con 800

29 Afferma infatti L. BIANCHINI, Della storia delle .fìnanze del regno di Napoli, .Ristampa dell'ed. di Oderzo l 884, p. 283: "Ma durevole fu di poi e segnale di maggiori e più rilevanti aggravi l' altra imposiz ione che nel 1542 lo stesso Yicerè metteva d i altre grana trentasei all'anno, e poi di altra grana 12 nel 1544 sotto sembiante di mantenere un esercito fisso anche in tempo di pace ... ". 30 IBIDEM, p. 33). 31 IBIDEM, p. 247.


1 lavoratori della terra

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..::

55 55. Taranto. II castello.

È stato parimenti ordinato che la gente d'arma ed i cavalleggeri si riuniscano in Puglia, in numero di 1000 uomini d'arma e 200 cavalleggeri. Inoltre si sono nominati sei colonnelli che si recheranno con 6. 000 ital iani, arruolati, e con la cavalleria laddove sarà più necessario"32 . La tragica carenza di uomini ed il tentativo di raffazzonarne alla men peggio all'ultimo minuto, dovettero senza dubbio lasciare penosi strascichi. La lezione sembrò a quel punto pe,frttamente recepita e sì tornò con rinnovata speranza a riproporre quel piano per la milizia nazionale, che così prevedevano in dettaglio: BANDO SULL'ORDINAMENTO DELL'ESERCITO DI STANZA A NAPOLI

- Bando cli am1olamento nella milizia regnicola Napoli 1563 Haviendo la armada del Thurco cncmiga dc nuestra santa fe catholica ...

acquistata tanta dimestichezza, da qualche tempo a questa parte, con le marine cristiane ed in particolare con quelle di questo regno, tanto da esser solita ogni anno venirvi a perpetrare razzie ai danni dei suoi sudditi, nonché vassa!H del nostro sovrano, devastando gli abi tati litoranei, specialmente quelli di presidio, si impone per la sicurezza generale stanziarvi dei militari. Ma è noto dalJ'esperienza che gli organici della fanteria spagnola, che abitualmente è di stanza nel Regno, sono insufficienti per la vigilanza dei menzionati cent!Ì rivieraschi, ed al contempo che l'arruolare ciascun anno una diversa aliquota di fanteria italiana da destinars.i a tale scopo risulta controproducente.

32

A. G. s.

, ESTADO,

I050.


132

La difesa delegala

Infatti oltre ai disordini che produce lungo rutti i paesi che attraversa - è obbligata a percorrere la maggior parte del Regno per raggiungere i siti prestabiliti - si finisce col consegnare in mano a gente infida e praticamente sconosciuta, i detti centri abitati. Parve pertanto, negli scorsi mesi, ottima risoluzione allestire un contingente di fanteria italiana, di tipo miliziano, formato con elementi originari dello stesso Regno. Questo potrebbe non solo accudire i suddetti paesi, ma anche nei casi di massima emergenza, fornire un raggruppamento utile alla difesa del Regno da quanti potessero attaccarlo, essendosi ampiamente dimostrata la fedeltà che lega questi vassalli a V. Maestà, per lo meno uguale a quella dei sudditi dei suoi altri stati. Pertanto, avendo notificato a V. Maestà l' intento, su vostro mandato ed ordine, dopo aver meditato lungamente ed accuratamente sull'intera questione, si è raggiunta la risoluzione di scegliere ed organizzare un certo numero di uomini, tanti quanti sembrino necessari all'uopo. Per tale selezione ed addestramento è parso indispensabile redigere le seguenti ordinanze in modo che in esse vi sia contenuto ogni informazione circa il trattamento economico, in funzione delle diverse circostanze, ed i requisiti del servizio ottimale richiesto da V. Maestà. MODALTT À DA OTTEMPERARE NELLA SELEZIONE DEI SOLDATI DELLA COSTITUENDA MILIZIA

Da ciascuno dei paesi che sono stati indicati per sostenere la selezione dei soldati, se ne devono trarre in ragione di 5 per ogni cento fuochi (circa 500 persone): la scelta di quelli sarà effettuata dal sindaco congiuntamente con gli eletti o con gli uomini del reggimento di ogni paese. La procedura da adottare contempla innanzitutto la celebrazione di una messa allo Spirito Santo, al termine della quale il detto sindaco e gli eletti dovranno giurare dinanzi a Dio ed ai quattro Evangelisti, e cioè nelle terre demaniali nelle mani dei capitani o dei loro luogotenenti e nelle terre feudali nelle mani dei baroni o dei loro governatori, che effettueranno la detta selezione dei soldati spettanti a quel paese tra gli uomini più onorati ed atti al servizio militare che vi possano scovare. Questi dovranno contare un età compresa tra i 25 ed i 40 anni e dovranno disporre di reddito o poderi pari almeno a l 00 ducati. I selettori inoltre non dovranno agevolare in alcun modo parenti o amici, nè sottostare a stimoli inte ressati. A tal fine si ordina e comanda a tutti gli ufficiali regi, ai baroni, ai loro tenenti ed a qualsiasi altra persona di qualunque grado e condizione che in qualche modo possa agevolare il compito dei selettori, di garantire il massimo aiuto possibile agli stessi. Compiuta che sia detta selezione, e redattane una minuziosa relazione, i sindaci e gl i uomini del reggimento dovranno inviarla al governatore della provincia d'appartenenza, affinché questi a sua volta ce la rimetta, ed a nostra volta sulla base di quella ordineremo quanto necessario a compiersi. I detti governatori provinciali, una volta ricevuta la relazione dei sindaci, avranno il dovere di andare a verificare ed ad informarsi circa le modal.ità con cui è stata effettuata la selezione, ovvero se sia stata conforme ai nostri ordini. Invieranno quindi le schede dettagliate cli tutti i prescelti indicanti oltre al nome i dati caratteristici, la statura e l' età. Qualora poi ai governatori qualche scelta non sembrasse imparziale, dovranno fornire i nomativi di quelli ritenuti più idonei, esplicitando le motivazioni della variazione. Va tuttavia evidenziato che se i sindaci avessero tralasciato di scegliere alcuno che fosse soldato o atto alla finali tà ma privo del reddito dei cento ducati o del podere equivalente, noi consentiamo che si possa eliminare dalla lista qualcuno dei non perfettamente idonei e di sostituirlo con l'altro, nonostante la dichiarata carenza di reddito personale, potendovi supplire tanto il padre quanto altri privati. Non può essere arruolato nella milizia chiunque appartenga ad ordini rel igiosi, nè chi attenda a studi letterari regolarmente, a meno che non si siano iscritti con il proposito di evitare il servizio: per questi ordiniamo esplicitamente l'inserimento nella lista . I capitani a cui verrà affidata le detta milizia dovranno essere eletti direttamente eia noi. A ciascuno saranno destinati 300 uomini e dovranno a loro volta designare un alfiere, un sergente ed i capì squadra. I capitan i giureranno in presenza di un nostro incaricato. Quelli da loro designati per uffficiali subalterni saranno scelti tra i migliori per qualità e meriti, ed in caso di mancanza di uno di loro dovrà farsi la nomina tra quelli delle medesi ma compagnia in relazione alla capacità per l'incarico specifico. Quando poi fosse il capitano a mancare, ri teniamo prioritaria la norma di nominare il suo successore fra gli uomini di quella compagnia, assodato che ve ne sia di adatti.


I lavoratori della ferra

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Ai-soldati che saranno prescelti, destiniamo per armamento archibugi ed elmetti, corazze e picche, nella quantità che secondo l' occorenza ci parrà più opportuna e ogni qual volta i eletti soldati dovranno lasciare le loro case per anelare a servire S. M. , gli verrà corrisposta la paga ordinaria degli altri soldati italiani già am1olati nell 'esercito imperiale, e gli si pagherà l' intero tempo che presteranno servizio, iniziando a conteggiare dal giorno che si ritroveranno di guarnigione o saranno di guardia in altro luogo o sito dove sembrerà necessario che si faccia convergere la gente, fino al giorno del congedo. ESENZIONI ED IMMUNITÀ SPETTANTI AI CAPITANI ED AI SOLDATI

Stabiliamo ed è la nostra espressa volontà che i detti soldati che saranno iscritti nella milizia, sia nel tempo che presteranno al servizio cli S. M. , sia in quello che risiederanno nelle loro case od in qualsiasi altra parte del Regno, possano tenere armi offensive e difensive eccettuate però daghe ed archibugetto e che da nessun bando possano essergli proibite o vietate, sia in qualunque regione del regno come nella sua capitale. Stabiliamo inoltre che ai capitani ed ai soldati non sia possibile fare azioni di rivalsa per qualunque debito sopra le loro armi, uniformi e cavalli qualora glieli trovassero. Gli si concede inoltre che la loro casa sia franca e libera da ogni alloggiamento e contribuzione, tanto di uomini d'arme, cava!eggeri , soldati di fanteria, come pure di commissariato, di corvè di guastatori, di carri, di bestie da carico e da cavalcatura e da forniture di vettovaglie sia durante la loro ferma sia dopo, intendendosi comunque che le menzionate immunità si protrarranno per l' intera ferma nella milizia e fin tanto che saranno iscritti in essa e non le potranno ottenere in alcuna altra maniera. Le stesse immunità si devono intendere concesse anche ai capitani, agli alfieri, ai sergenti. Tuttavia poiché dovranno lavorare continuamente a sollecitare ed a tenere in ordine la loro compagnia, oltre che durante il servizio effettivo gli si corrisponed::rà la paga, come è consuetudine per i capitani, gli alfieri ed i sergenti della fanteria italiana regolare in tempo di guerra, vogliamo che abbiano come paga ordinaria in tempo di pace cioè al capitano 50 ducati l'anno, 10 al tamburo, 25 all'alfiere, 15 al sergente. Le paghe saranno corrisposte dal precettore provinciale, in conformità degli ordini che gli invieremo. CURE CHE I CAPITANI DEVONO ADEMPIER.E ALLORCHÉ SI RIUNISCE LA GENTE PER LA RIVISTA

I capitani devono prestare una particolare cura quando verrà loro ordinato da parte nostra cli 1iunire le compagnie, di sollecitare ed avvertire per tempo ai loro soldati, affinché ciascuno di essi si porti nel luogo indicato per il giorno stabilito. Per l'intera durata dell'operazione durante la quale il capitano terrà unita la sua compagnia gli diamo l'autorità ed il potere di comandare sui propri soldati in tutto ciò che giudicasse esser necessario per il servizio di S. M. , ordinando con la presente a tutti gli ufficiali delle dette compagnie di prestare ai loro capitani obbiclienza pari a quella a me dovuta, eseguendo con diligenza ogni ordine loro impartito, fino alla morte, come è prescritto.

1 CAPITANI DEVONO ADDESTRARE LA PROPRIA GENTE E CONTROLLARE CHE CONSERVINO LE ARMI IN PERFETTO ORDINE Essendo indispensabile che i soldati siano addestrati nell'attività militari, in maniera che al presentarsi della necessità possano validamente servire V. M., è nostra volontà ed ordine, ed i capitani lo facciano eseguire una volta al mese a partire da aprile fino a settembre, che i soldati tratti dalle loro abitazioni siano fatti riunire con l'intera loro compagnia per addestrarli e per ispezionarli. Si provvederà inoltre ad istruirli al tiro dell ' archibugio, e si visionerà che l'intero armamento individuale sia in perfetto ordine come richiesto a dei veri soldati. Negli altri sei mesi invece ci risulta estremamente difficile procedere all'identica normativa, essendo quelli invernali. Ad ogni modo noi provvederemo ad inviare senza preavviso un commissario per effettuare delle ispezioni che li raggiungano nelle loro case in modo da potere esaminare e ispezionare le armi che hanno in dotazione obbligatoriamente, ed in caso di mancanza di qualcuna di quelle saranno comminate gravissime pene pecuniarie e corporali.


La dtfesa delegata

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CIRCA IL NUMERO DI CORAZZE E DI ARCHIBUGI CHE CIASCUNA COMPAGNIA DEVE POSSEDERE, E QUANTO I CAPITANI DEVONO COlv1PIERE PER RENDERE I PROPRI SOLDATI ABILI NEL MANEGGIO DI TUTTE LE ARMI

In ciascuna delle dette compagnie, aventi un organico cli 300 uomini, si devono possedere 200 archibugi ed elmetti e cento corazze e picche. Qualora al momento non sia possibile fornirle interamente si andrà provvedendo a ciò con la massima solerzia, in modo da conseguire il previsto nel minor tempo possibile. In ogni caso si rimette alla discrezione dei capitani la suddivisione degli uomini in archibugeri e picchieri, con la riserva tassativa che l'anno seguente i ruoli dovranno essere invertiti, in modo che continuando negli anni in tal modo i soldati riusciranno pratichi di qua1siasi arma, affermando, come afferrniamo, che ognuno dei detti soldati deve essere obbligato a servire per otto anni, al termine dei quali se vorranno allontanarsi dalla milizia lo potranno fare, ma va ricordato che godranno delle predette grazie ed immunità soltanto nel corso ciel servizio. SUL MODO CHE SI DEVONO SCEGLIERE I SOLDATI CHE SUBENTRERANNO A QUELLI CHE MANCHERANNO

Poiché l'organico dei soldati che si è ordinato di arruolare deve risultare in ogni momento costante e completo, vogliamo espressamente che qualora qualcuno dei selezionati soldati o per infermità o per decesso o per aver completato la ferma dei predetti otto anni, o per qualsiasi altro motivo venisse meno, i sindaci con gli eletti debbano scegliere dei sostituti tra quelli eia cui provenivano i mancanti e i capitani incaricati per la milizia dovranno a loro volta riesaminare e riconoscere nelle modalità anzidette al terzo comma laddove si attribuisce tale incarico al governatore provinciale. È comunque implicito che la sostituzione di un uomo con un altro possa avvenire solo in caso di infermità inguaribile, cli morte o cli esaurimento del servizio, come già detto, e non per semplice permutazione, perché in tal caso, e per giusti motivo, vogliamo saperlo noi per primi, onde provvedervi come meglio si convenga. CIRCA LA RIVALSA SUI BENI DEL SOLDATO DEL VALORE DELLE ARMI IN SUA DOTAZIONE CHE TROVASSERO MANCANTT.

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Il capitano deve provvedere ad annare il soldato cli nuova nomina delle armi necessarie, ma se per avventura non si ritrovassero al completo, come consegnate dalla Regia Corte, si dovrà coprire il valore di quelle mancanti prelevandolo dalle proprietà del soldato responsabile. Jn tal modo le elette armi si potranno conservare sempre in perfetto numero e consistenza. Per l'esecuzione di quanto prescritto al riguardo i capitani, i baroni dei paesi o qualsiasi altro ufficiale dovranno assicurare ogni diligenza, applicando la massima severità. Qualora il soldato poi non disponesse di sue proprietà si dovrà procedere su quelle di coloro che lo scelsero, avendo trasgredito gli espliciti ordini inerenti il censo dei soldati. DIVIETO AI SOLDATI DI PRESTARE SERVIZIO AL DI FUORI DEL REGNO PRESSO ALTRO PRINCIPE, NÉ PER FATTI PROPRI, SENZA ESPRESSA LICENZA

Tutti i soldati così selezionati per questa milizia non potranno andare fuori ciel Regno, nè ricevere altro soldo eia fuori o da dentro, sotto nessun capitano o colonnello, e qualora dovessero uscirne per loro esigenze, dovranno lasciare ordini alle loro famiglie che in caso cli chiamata per servizio siano immediatamente avvertiti, dando inoltre informazione al sindaco ed agli eletti del loro paese su dove andranno e quando pensano di rientrare, in modo che si sappia e che con congruo preavviso si possano avvertire. CIRCA I CERTIFTCATT MEDICI DA RIMETTERE IN CASO DI INFERMITÀ DA PARTE DEI SOLDATI

Ogni qualvolta venga ordinato da parte nostra ai soldati cli portarsi entro una precisa data ad una località specifica e qualcuno cli essi non possa per infermità adempiervi, deve essere obbligato contemporaneamente a rimettere un certificato medico, del sindico e dell'ufficiale o cie l barone ciel pae-


i lavoratori della terra

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se dove risiede, che attesti la sua infermità. Parimenti quando è assente si dovrà rimettere un certifi cato da parte dei suoi familiari che attesti la sua assenza e l'invio eia parte loro dell ' avviso a presentarsi. fOR.MA DEL GIURAMENTO CHE DEVONO PRESTARE I CAPITANI GLI ALFIERI E I SOLDATI

I capitani, gli alfieri, i sergenti, i c apo squadra ed i soldati vogliamo che giurino nelle mani dei nostri incaricati di osservare e mantenere l'assoluta fedeltà a V. M. fino alla morte sia per la difesa delle città, dei paesi, dei castelli e dei luoghi del regno, come per servire in tutto ciò verrà loro ordinato, tanto nel regno che fuori per tutto il tempo del servizio, e di seguire la sua bandiera senza temere nessuna fatica, nè pericolo nè avventura per la propria vita, con buona volontà, e senza contravvenire mai a nesuno degli obblighi esposti. Qualora ciò accadesse sarà impartito il meritato castigo come appresso sarà indicato, per ogni singola mancanza. PENA PREVISTA PER I SOLDATI REI DI TRADIMENTO O DI OMERTÀ SUI TRADITORI

TI soldato arruolato nella milizia ogni volta che compia o intenda compiere alcun tradimento contro il servizio a V. M. o ai suoi ufficiali, e parimenti che sia a conoscenza di tradimenti e non li riveli, sia passato per le picche e quindi squartato e gli vengano confiscati tutti i suoi beni e incamerati dal regio Fisco. PENA PREVISTA PER I SOLDATI REI DI DISERZIONE

TI soldato in forza ad un presidio o in marcia verso il luogo di servizio, qualora se ne allontani senza la licenza del suo capitano, controfirmata dal colonnello o generale che verrà nominato per eletta milizia, incorrerà nella pena di morte, e non potendosi catturarlo, sarà giudicato in contumacia e privato delle sue proprietà. Nel caso invece che s ia possibile la cattura, e quindi eseguire la sentenza, non verrà sequestrata la proprietà. Si dichiara altresì che se alcuno di detti soldati abbia abbandonato la compagnia per aver commesso un omicidio, abbia arrecato ferite o altro litigando non premeditatamente, è nostra volontà che contro cli quello si proceda a termine cli legge, e che una volta giudicato, se assolto, possa tornare in servizio al suo posto. Ma nel caso invece che l'omicidio sia stato commesso dopo la lite, premeditatamente e non a calcio, abbandonando e disertando la bandiera, vogliamo che incorra nella sopradetta pena per i disertori, tuttavia non assentandosi ma presentandosi al colonnello, al maestro di campo o al capitano, in tal caso si proceda contro lo stesso a termine di legge, garantendogli ciò che il diritto gli concede. PENA PRE VISTA PER IL SOLDATO CHE TRASCURA DI ADEMPIERE AL SUO DOVERE

Qualora un soldato trascuri cli adempiere al suo dovere, sia durante il turno di sentinella, sia in altte incombenze proprie del servizio militare, il colonnello, il maestro di campo, il capitano, l'alfiere o il sergente procederanno contro il medesimo, infliggendogli un rigoroso castigo, in maniera analoga a quanto praticato nella fanteria spagnola, applicandosi la stessa procedura per quelli insubordinati ai propri ufficiali. S ANZIONI PECUNIARIE PREVISTE PER CHI VENDA O PIGNORI LE PROPRIE ARMI

Qualora un soldato venda o pegnori le sue armi dovrà pagare sei volte il valore delle stesse, e dovrà inoltre per un intero anno servire nella sua compagnia a sue spese, senza poter pretendere alcun soldo, e tralasciando il servizio gli verrà sequestrata la quarta parte della sua proprietà.


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La difesa delegata

P ENA PREVISTA PER I SOLDATI CHE SI SCAMBIANO DI POSTO E PER I LORO SUPERIORI CHE LO CONSENTONO

Qualora un soldato manchi dalla sua compagnia in nessun modo deve sostituirsi un altro al suo posto, nè esser pagato senza esplicito nostro ordine. Nel caso della sostituzione ven-à condannato allagalera a vita, ed analoga pena sia comminata a chi si è prestato allo scambio. Qualora poi ciò sia avvenuto con il beneplacito del capitano, quest'ultimo sarà privato della sua compagnia e non potrà mai più godere della dignità, nè cli alcun onore previsto per il servizio cli V. M .. Qualora infine risulti che il detto capitano si è prestato a far comparire alla rivista soldati fittizi per appropriarsi delle rispettive paghe, vogl iam.o che oltre alle sanzioni sopra esposte sia anche castigato come truffatore comminandogli la pena che la legge prevede per i ladroni, intendendosi lo stesso anche per gli alfieri e i sergenti allorché furono complici o testimoni muti ciel misfatto. P ENA PER I SOLDATI CHE INGIURIANO UN COLLEGA

Poiché dalla unione, pace e concordia dei commilitoni sempre si sviluppano ottimi risultati, come pure dal contrario scaturiscono delitti e disservizi, ordiniamo a tutti i capitani ed ufficiali che si impegnino con grande attenzione e cura a che i soldati si comportino sempre disciplinatamente, con molta cortesia ed affabilità tra loro. Tuttavia poiché gli alterchi sogliono derivare nella maggior parte dei casi dall'ingiuriare, vogliamo che ogni qual volta un soldato iscritto nella milizia insulterà un collega chiamandolo ad esempio codardo, cornuto, traditore, ladrone, uomo eia niente o con epiteti simili, e sia dall'altro smentito, per la prima volta paghi 20 ducati di pena e per la seconda sia condannato allagalera per una durata a nostro arbitrio. Ciò perché vogliamo che il primo ne esca completamente affrancato dall'insulto e reintegrato nell'onore, inoltre se qualche soldato redarguisce impertinentemente un altro senza che abbia ricevuto alcune delle ingiurie citate, a questo venga impartita la medesima pena prevista per gli ingiuriosi. MODO DI COMPORTARSI DEGLI ASTANTI IN CASO DI LITE FRA SOLDKrl

Qualora accad~ che due soldati della milizia litighino fra loro, vogliamo che tutti coloro i quali siano presenti, fossero anche fratelli ad uno dei due contendenti, abbiano da prodigarsi per separarli e quelli che invece parteggeranno attivamente per uno dei due, specialmente se preponderanti, siano puniti confonnente alle leggi vigenti ed alle esigenze della giustizia. Pertanto tutti quelli che parteggeranno sia con superiorità numerica che senza con uno dei contentendenti, vogliamo che vengano condannati a tre anni di galera. Nel caso poi accadessero in conseguenza della lite, lesioni o morti vogliamo che si proceda contro gli autori con tutto il vigore della legge, dichiarando che contro quelli che vi avessero dato man forte, come innanzi esposto, succedendo la morte della controparte abbiano da essere giustiziati e succedendo delle lesioni ad un arto abbiano eia perdere la mano destra, intendendosi ciò esteso a tutti quelli che abbiano partecipato alla rissa, aggiungendosi inoltre che quello che abbia attaccato l'altro ed organizzato la comitiva per effettuare l'aggressione contro un singolo, debba ricevere insieme ai suoi gregari la identica pena. PENA PER I SOLDATI REI DI FURTO

Qualora un soldato commetta un furto, al di là dei casi che prevedono la forca, secondo le disposizioni di legge, deve essere punito conforme a quella, parimenti se è prevista la galera, inoltre qualora il furto non sia cli gravità tale da rientrare in questa normativa, presuponendo che un ladrone non possa essere al contempo un uomo onorato, vogliamo che sia condotto in mezzo ai conunilitoni riuniti in presenza dell'oggetto rubato e dopo di essere stato innanzitutto privato della sua uniforme e di tutte le sue armi, sia frustato, e quindi degradato affinché non possa ricevere in guerra la sua paga di soldato, nè mai percepirla nella sua terra in qualsiasi circostanza, nè conservare il grado, l'onore od alcuna dignità.


i lavoratori della terra

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CIRCA LE COLPE DEI SOLDATI CHE I CAPITANI DEVONO PUNIRE

Vogliamo, ed è la nostra esplicita volontà, che i capitani che amino e trattino bene i loro soldati e li tengano con amore e diligenza ben disciplinati, possano castigarli neUe mansioni inerenti al servizio di S. M. nella milizia e farsi obbedire in conformità della legge ed alle consuetudini militari, dichiarando però che nei loro casi privati non possano vantare autorità alcuna e sorgendo qualche controversia tra loro si debba risolvere e decidere attraverso un altro giudice ed in nessuna caso essi o gli altri ufficiali possano ingiuriarli a parole, nè colpirli con i pugni o con il bastone. Inoltre nei casi che meritino mutilazioni o morte possano comminarle e negli altri casi possano punirli soltanto con il carcere. APPLICAZIONE DELLA VIGENTE LEGGE IN TUTTI I CASI NON PREVISTI NEL PRESENTE

Per tutti gli altri delitti non espressamente menzionati nel presente documento si provvederà secondo le vigenti norme di legge, e per le colpe che i soldati della milizia compiranno nelle terre dove abitualmente risiedono, si dovranno rilevare tramite i loro ufficiali ordinari, intendendosi che quando invece risiederanno presso le loro compagnie lontano da casa dovranno essere rilevate dai loro capitani e dagli altri loro ufficiali. Queste sono in sostanza le ordinanze che comandiamo siano osservate dagli uomini della milizia immancabilmente, esortando i capitani, ufficiali e soldati di mettere cura nell'osservarle come si conviene, ricordando che noi da parte nostra segnaleremo a S. M. tutti coloro i quali si comporteranno meritoriamente, al fine di remunerarli con un riconoscimento economico conforme all' impegno mostrato nel servizio. Avremo altresì cura, nel tempo, di accrescere le immunità in tutto ciò che sia possibile onestamente, poiché al momento non si può ulteriormente largheggiare per le risu·ettezze in cui si trova la regia co1te"33. Ma forse in virtù di qualche successo, che di tanto in tanto arrideva alle striminzite forze armate regolari, la formazione della milizia no n U'ovò immediata attuazione. Ecco ad esempio il verbale di un fortunato intervento antincursi vo espletato dai contingenti di stanza in Puglia, nel 1566: "Por cartas de Don Diego dc Mendoza governador ...

. . . della provincia di Capitanata e contado del Molise addì 5 agosto 1566, in Serra Capriola:

In questa stessa giornata, in Serra Capriola, presso Foggia, il capitano Geronimo Ortis di Valclerrama con circa 40-50 soldati, tratti dalla sua compagnia, per difendere quella terra, aveva ordine che in caso di sbarco di turchi sulla stessa - come fecero - si ritirasse nel castello per prest,U'e eventuale rinforzo. Ma dirigendosi verso la marina vide che là le forze nemiche erano già sbarcate ed intente a saccheggiare ed a porre a fuoco la detta terra, mentre nel frattempo il castello si difendeva combattendo molto bene. Sembrando all'ufficiale meno umiliante il morir combattendo anche a costo di perdere tutti i suoi uomini, piuttosto che desistere dal soccorrere il paese, unitosi alla scarsa cavalleria locale ed alla gente d'arme del conte di Caserta, ad un'ora di giorno lanciò una violentissima carica. Per la repentinità dell'azione i turchi si dispersero precipitosamente, riguadagnando le imbarcazioni. Afferma lo stesso che se avesse avuto a disposizione altri 100 cavalli ed altri 200 archibugeri si sarebbe concluso lo scontro in maniera tale che dei due o tremila turchi soltanto un centinaio si sarebbero salvati ... Morirono comunque molti turchi" 34 • Ma anche nei casi conclusisi felicemente, al di là delle rodomontate spagnolesche, come il menzionato, la carenza di uomini giocava pesantemente a sfavore della difesa. Tuttavia dovettero trascorre ancora altri nove anni prima che il piano si traducesse in realtà, o meglio in una parvenza cli realtà: "in

3;

34

Il documento citalo, in spagnolo - liberamente tradouo - è conservato nell' A. G. S. , EsTADO, Nàpoles , I052- 154, 22/1563. A. G. S., ESTADO, Napo/es 1050.


La di,fesa delegata

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questo tempo, segnatamente nel 1572, il vicerè Cardinale di Gravela poneva in effetti la così detta milizìa fissa del battaglione instituita dal Duca di Alcalà suo predecessore. La quale era una forza per l'intero reame, e venne composta cli soldati a piedi ed a cavallo che non avean soldo in tempo di pace e godevano certe franchigie. Per formarla furono obbligati i comunì dì somministrare per ogni cento fuochì quattro uomini a pìedì, ed uno a cavallo. Era poi retta da capì tani , ed altri ufficiali , ed ammontava sino a 30. 000 uomìni, e quando i suoi soldati erano adoperati in tempo di guerra ricevevano stipendio. Nè è da tacere che in talune congiunture [ful inviata ... a guerreggiare in istraniere regioni ... " 35 Quella che però numericamente sembrava una forza cli notevole rilevanza, in pratica non assurse mai a vero esercito, nè si connotò come affidabile in operazionì bell iche sìa pur dìfensive. La sua d istribuzi9ne nelle province fu così esposta da Camillo Porzìo ìntorno al 1577: "Tena di Lavoro ............................................ uominì 291 Principato Citra ed Ultra ....................................» 3094 Calabria Ci tra ed Ultra .......................................» 5136 Basilicata ...........................................................» 1537 TeITa cli Otranto ................................................. » 2543 Te1Ta di Bari ....................................................... >> 1942 Capitanata, o Puglia Piana ................................. >> 982 Contado del Molise ............................................ » 752 Abruzzo Ci tra ed Ultra ...................................... » 3096"36 È interessante, per ricostruire il ruolo repressivo delle forze annate regnicole, citare un breve carteggio d'archivio che ci tramanda le modalità operative adottate in Calabria, proprio in quel 1577 in una vasta operazione di bonifica: "Sumario dclas proveciones quel el Visorrey de Nap.s ha mandato ...

. . . ha comandato che si applichino per castigo ed estirpazione del bandìtismo in Calabria. Sembrando al vicerè che fossero necessari provvedimenti eccezionali e più pesanti al fine della detta punizione ed elimìnazione dei banditi, molto a proposito gli parve mandare a chiamare il conte cli Briatico che svolgeva l'incarico cli Governatore dell ' Abruzzo, al principio del 1577. Questi avendo esaurito il suo mahclato biennale fu incaricato di governare la Calabria, che si trovava priva di governatore, e di somministrare al contempo la menzionata punizione ed eliminazione dei banditi. Allo scopo gli venne concessa la massima autorità a discrezione ... Tuttavia non essendo stato soddisfacente il risultato, ed accortosi il Vicerè che non si otteneva in tal modo lo scopo prefisso ... decise di inviare i seguenti contingentì: Nove compagnie di fanterìa spagnola con lo scopo principale di setacciare e cli vessare i comuni sospetti, dai quali banditi ricevono aiuti e soccorsi. Tre compagnie cli cavallegeri con il compito di prodigarsi sia per il setacciamento come per la repressione e la cattura e punizione dei detti bandìti. Cinquecento soldati italiani agli ordini di cinque capitani per dar la caccia, stanare e catturare i banditi, unitamente con le forze provìnciali che saranno chiamate e destinate secondo la necessità del momento. Contemporaneamente è stato comandato ai capitani del battaglione cli tenersi pronti agli ordini di don Pietro Gonzales, comandante in capo dell'operazione. È stata inoltre distaccata una fregata, al fine cli assicurare la guardia lungo le coste della Calabria, congiuntamente ad altre due che gìà vi si trovano, in modo di bloccare i banditi anche da mare ... " 37 . Il chiudere le coste tramite ronde navali ci lascia facilmente arguire come queste fossero ormai a discrezione dei crì1.ninali, oltre che dei soliti corsari e pirati.

35

In L. BIANCHINI, Della storia .. . , cit., p. 332. In C. PoRzto, Relazione del Regno di Napoli al Marchese di lvlondesciar, vicerè di Napoli di Camillo PorzJo tra il I 577 e il I 579, a cura di Scipione Volpicella, Napoli 1839. 37 Il documenLo citato, redatto in spagnolo, e tradotto liberamente, è conservano nell'A. G. S., Estado, Nàpoles, 1050. 36


I lavora1ori della terra

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fofatti una seconda componente delinquenziale interna particolarmente grave contribuiva a minare le risorse economiche ciel Regno: iJ contrabbando. Poiché la "frontiera marittima" costituiva pur sempre una frontiera, era alquanto naturale che lungo la stessa si svi.luppassero rigogliosi scambi illegali con i paesi esteri, complice anche l'esosissimo sistema fiscale. Lo Stato in verità si era riservato i comuni ubicati lungo la fascia costiera dei beni demaniali, senza mai concederli in feudo, proprio per meglio controllare gli accessi al territorio nazionale, e quindi gli episodi cli immissione illegale di uomini e di merci, ma la sorveglianza, già carente sotto il profilo difensivo, non era assolutamente in grado cli stornare quelle frequentissime operazioni. I risvolti di quella attività criminale purtroppo non si limitavano al semplice illecito arricchimento dei fautori, ma fungevano da stimolo per un'ulteriore minaccia alla sicurezza pubblica. Infatti anche a voler minimizzare l'incentivo dato dalla esportazione clandestina cli bestiame, all' imperante abigeato, anche trascurando i danni commerciali arrecati alle deboli industrie regnicole man ifatturiere con l'importazione di prodotti stranieri a minor costo e per giunta non gravati eia gabelle, un enorme rischio proveniva dalla stessa procedura di scambio. L'accostare, complici le tenebre, alle coste nei punti di minima o d ' inesistente vigilanza, il soffermarsi sulle spiagge per la durata più o meno lunga delle transizioni mercantili contrabbandiere, il partecipare alle stesse di marinerie stran iere, palesava a molli individui dell'opposta sponda una ac curata conoscenza dei luoghi e la facilità di furtivi approdi. Questa pericolosissima notificazione forniva se non le basi per gli atterraggi corsari o pirateschi, gli elementi tecnici indispensabili per il successo cli quelli. Si costituì in molti casi una nuova tipologia delinquenziale che prosperava tra i due mondi, cristiano e musulmano, detta genericamente dei " rinnegati". Tali soggetti in prima approssimazione possono ritenersi L1omini di fede cristiana convertitisi a quella islamica: nel cambio di fede però la motivazione religiosa non rivestiva alcuna importanza. L'abiura infatti Li collocava con pari dignità all ' interno del dinamicissimo mondo dei corsari barbareschi, o turchi, consentendo facili e rapidissimi arricchimenti dai proventi della guerra di corsa. Data la loro perfetta conoscenza dei siti cli originaria provenienza, le razzie da essi condotte riuscivano sempre estremamente remu nerative ed efferate. Ciò spiega la facilità di trasformazione dei contrabbandieri in rinnegati o comunque in fiancheggiatori dei corsari, con i quali spesso agivano in combutta, agevolando le incursioni38. È lecito pertanto riguardare il contrabbando alla stregua di un validissimo anello di congiunzione tra i predoni interni e quelli esterni, tra i razziatori di terra e quelli cli mare, agevolato sempre dalla n1edesima causa dell'assoluto vuoto di presenza dello stato sul territorio, carenza foriera di piL1 gravi sventure. Senza contare la penetrazione frequentissima del contagio.

33 Sulla figura di questi singolari personaggi eccone il quadro che ne traccia A. RJGGJO, Schiavi calabresi, in 'Tunisia barbaresca"( 1583- 1701 ), in Arch. Stor. calabro-lucano, V, 1935, pgg. 137-141: "Con la corsa i calabresi asserviti al feudalesimo spagnolo e indigeno, si inserivano in un mondo esotico, tanto più suggestivo, quanto più dissimile dal proprio. Se le sofferenze fisiche e morali allribuite agli schiavi cristiani dai memorialisti dell' epoca corrispondono a veri tà, è anche vero che -la comunanza di vita con gli islamici - tra i quali emergevano. per onori e beni di fortuna, rinnegati del loro paese d'origine apriva spiragli di luce abbagliante. Nel «bagno» e nel lavoro collettivo delle opere pubbliche per conto dello stato barbaresco, lo schiavo calabrese aveva il modo di sfaccenare la passata esistenza, concepire motivi di rivolta contro la casta feudataria della sua terra naLale, raffrontare, considerare il presente. Naturalmente, a parte le blandizie o la sognata libertà, negli intelletti più animosi si maturava l'idea della conversion,e, rafforzata spesso, da vecchi ranco ri per ingiusLizie patite. E Tunisi, Algeri c. Tripoli, si popolavano di rinnegati ardenti. Essi riallacciavano con la patria relazioni abbandonale, si dedicavano al commercio; coprivano cariche pubbliche, fiancheggiavano principi e sovrani; divenivano «rais», ossia comandanti di navi corsare; spesso ammiragli della flotta ottomana ... Ad un <lato momento la corsa barbaresca, per la Calabria, aveva assunto l'autentica forma di una gueJTa di classe. Servi del feudo aspettavano sulle marine il passaggio di navi corsare per farsi imbarcare. I «cavallari» delle torri costiere non avvertivano i rum.li - sparsi per le campagne - dell'apparire di flottiglie sospelle. Uomini del sacerdozio si rivoltavano alla nobiltà spagnola, organizzavano bande di villani armati e si collegavano ai musulmani".


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La difesa delegata

]predoni del mare Non diversamente dalla sciagurata prassi de1J' arruolamento dei fuorilegge nei ranghi dell'esercito regolare e della milizia come soldati, mirando al duplice scopo cli contrarre il numero dei primi ed incrementare quello dei secondi, anche per la guerra cli corsa si tentò un anologo incentivo. "La pirateria esercitata da sudditi vicereali è documentabile allraverso una disposizione cli Carlo V, eia Ganci ciel 4 giugno 1531 . Coloro che si proponevano cli svolgere tale attività dovevano anzitutto versare una cauzione allo stato, poi avrebbero avuto la facoltà cli «correr y limpiar de corsarios la costa del dicho Reyno» e «danificar Jos dichos infieles». Ta.le disposizione fu ancora confermata il 22 lugl io 1550. Ma si trattava di un piano velleitario e di scarsa efficacia per realizzare i fini dell'imperatore, cioè difendere le coste del viceregno dagli assalti dei turchi. Gli spagnoli spesero molto, ma non riuscirono mai ad avere la sicurezza dei mari Adriatico, Ionio e Tirreno. Dovettero sempre stare sulla difensiva, subendo attacchi ripetuti e gravi . La pirateria napoletana ebbe dunque scarsissimo rilievo ... "W. La utopistica delega difensiva alla prova dei fatti non solo non sortì ai propositi di alleviare i compiti istituzionali delle forze armate regolari, ma creò di fatto un clima di tacita approvazione delle guerra di corsa a tutto danno dei Regni spagnoli del Mediterraneo, aizzandone l:a ritorsione di ben altra potenzialità esecutiva. Soltanto in Sicilia l'attività segnò qualche successo significativo e, spesso, il bilancio tra regnicoli catturati dai barbareschi e i secondi catturati dai primi ostentò un vantaggio per i corsari cristiani, ma non fu in genere la regola assoluta, nè protratta nel tempo. Giocava infatti a favore dei musulmani la maggiore ricchezza del mondo occidentale e 1a maggiore popolosità rivierasca, nonché una diversa concezione giuridica e religiosa che autorizzava a riguardare quel1a turpe attività non solo perfettamente lecita ma addirittura meritoria nell'ambito più ampio della guerra santa40 • Senza contare inoltre che per il mondo islanùco la schiavitù era perfettamente compatibile con i precetti religiosi, e quindi fonte di nessuno scrupolo morale. Del resto quanto a scrupoli morali non se ne registravano di significativi nemmeno nella controparte, tant'è che Livorno rappresentava, con il suo mercato di prede umane, l'Algeri della cristianità. E proprio nel commercio di schiavi si coglie la principale diversità tra criminalità interna ed esterna. È infatti nelle ti pologia qualitativa delle prede che le due categorie delinquenziali mostrano la più marcata divergenza. MentTe infatti per i briganti la molla propulsiva va essenzialmente individuata nel denaro ottenuto tramite furti , estorsioni, o più raramente con i sequestri cli persona, per i corsati lo stesso traguardo si conseguiva mediante la cattura di imbarcazioni con il relativo carico ed equipaggio e spesso con il rapimento degli sfortunati abitanti delle località costiere. Questi in numero estremamente variabile, dal1e poche unità alle diverse centinaia delle maggiori incursioni, rappresentavano le cosidette prede umane. Dalla loro commercializzazione, sia sui mercati cli schiavi nord-africani sia tramite l'istituto via via più articolato e riconosciuto del riscatto, le economie delle città-stato barbaresche, ricavavano le risorse monetarie di sviluppo. Per almeno quattro secoli Algeri, Tripoli e Tunisi, per citare le principali realtà dell'universo schiavistico del retroterra delle corsa, per tacere delle equivalenze adriatiche attivate dai pirati di Dulcigno, drenarono enormi masse monetarie dalla Penisola e ne decimarono La popolazione41 .

Da G. CoN1ouo, Aspeui della .. . , cit, pp. [26- .127. Al riguardo è interessante A. G ALUCO, Tunisi ... , ciL. , p. 165: 'Tuttavia, prima della venuta degli Arabi, i Berberi non furono soliti di scorrere i mari ... E per vero, neanche i primi Arabi .. . esercitarono la pirateria ... Del resto non aveva detto il Profeta che era un infedele colui che due volte si fosse imbarcato sul mare? Solo dopo la con4uista <li Cartagine, nel 698, il vecchio Nfusa aveva fatto costruire I00 galere .. . Ed allora anche sul mare, venne proclamato il g ihad. la guerra santa... Allora i commentatori del Corano non tardarono a dichiarare che nulla poteva essere più gradito ad Allah della gue1Ta marittima. Dissero che il mal di mare - nel gihad - era non meno meritorio della morte nel combattimento terrestre .. . ". 41 L'economia corsara schiavistica, fu la sola attività economica delle città-stato nord africane. C. MANCA, lf modello di sviluppo economico delle città marittime barbaresche dopo Lepanto, Napoli 1982, tracci a una attenta ricostruzione di quelle particolarissime città stato: "Lo stato offre alla corsa una salvaguardia giuridica incerna, che copre la fase organizzativa, la fase produttiva e la fase distribuitiva; e una salvaguardia giuridica esterna, non meno importante. ottenuta mediante una serie di accordi internazionali, da quelli con la Porta, per assicurarsi l'agibilità dei mari e degli scali cli levante, a quelli con gli stati cristiani, coi quali si infittiscono i contatti e s'intrattengono spesso trattative formal i per regolare soprattutto sotto il profilo economico, le conseguenze delle azioni corsare, specialmente in ordine al riscatto degli schiavi.. .". 39

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! lavoratori delta ferra

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56. Ex voto conservati presso il santuario de lla Madonna dclJ'Arco a Pomigliano cl' Arco, deposti nel g iugno del 1600 da due marittimi liberali dalla schiavitù presso i turchi. Consistono in ceppi per rematore e in uno strumento di toctura per schiavi. 57. Napoli. Castel Nuovo in epoca borbonica, peraltro invariato dopo i potenziamenti vicereali.


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U, difesa delegata

In alcuni casi, peraltro neanche eccezionali, a cadere nelle mani dei corsari non furono nemmeno modesti abitanti delle marine, o umili marinai. Valga ad esempio l'episodio di un generale di artiglieria del regno cli Napoli, destinato al comando della piazza di Navarra: "entra las personas, gue se perdieron en l.as Gal.eras ...

. . . Sol dì Spagna quando la catturarono i turchi l'anno scorso [1575] nel corso del viaggio per questo Regno ... vi si trovava Giovanni di Bolanòs, che per ordine dell'imperatore era stato destinato al servizio in Navarra. Fu quindi portato ad Algeri, dove attualmente si trova schiavo della moglie di un turco di nome Cararnani, a sua volta schiavo di tal Gaspare de Caçorla. Al presente però Caramanì è detenuto in Castel Nuovo a Napoli. Sebbene si siano offerti alla dì lui moglie molti denari per il riscatto dell'ufficiale, finora non si è potuto raggiungere alcun accordo in quanto la stessa pretende per la sua liberazione soltanto l'analoga liberazione del marito. Non potendo in alcun modo acquistare il turco carcerato senza l'ordine dì V. M. , faccio presente che si tratta di un uomo di oltre 60 anni, quasi cieco e privo dei piedi, e che necessita per muoversi delle stampelle già da più di sei anni. Per contro circa la persona e gli incarichi che il detto BoJanòs ha espletato in questo Regno, basti dire che fu tenente generale del!' artiglieria ... " 42 . E non solo i singoli cittadini o gli equipaggi delle navi imperiali, correvano simi li rischi, ma persino le città intere, anche se dotate dì consistenti mura. Quale fosse in quegli. anni tale dolorosissima realtà lo dimostra a sufficienza l'episodio di Sorrento, cittadina dì notevole densità abitativa, circondata da un efficente apparato difensivo e non lontana da Napoli, caratteristiche tutte che sembravano già di per sé sinonimo di relativa sicurezza, tanto eia far reiteratamente sollecitare da parte della popolazione, con cloni, il vicerè a non inviare il contingente militare previsto cli presidio. "Nell'anno 1558 venne quasi all'improvviso L'armata turchesca ne' mari del Regno, e saccheggiò Sorrento e Massa; ed affinché sappìasi come passò l'affare dico, che il Vicerè sospettando che venisse ... voleva mandare per guardia dì Sorrento dugento soldati spagnuoli, ma dal governo municipale non si vollero ricevere, fidando i sorrentini alle loro forze. La mattina intanto dè tredici giugno, prima dell'alba l'armata disbarcò molta gente in Massa, e sotto Ceremenna nel Golfo di Salerno; le galere turche cinsero tutta la costiera e vennero al Capo di Sorrento, e non vedendo gente cli guardia sul Littorale si avvicinarono alla marina grande: e come che le rupi sono alte, non ardivano di scendere a terra; ma si dice che uno schiavo della famiglia Correalc cli Sorrento, si fece vedere da un altura e chiamò i turchi suoi nazionali, incoraggiandoli a sbarcare; e si vuole ancora che questo stesso schiavo gli aprì la porta della marina, ed essendo entrati il primo oggetto di rapina che loro sì presentò fu il Monistero di San Giorgio ... dove catturarono quelle infelicissime monache ... I turchi intanto essendosi resi padroni della città entrarono nelle Chiese e nelle case, ed uccìsero tutte le persone di età avanzala, facendo cattivi gran numero di uomini, cli donne, fanciulli e monache; bruciarono le abitazioni, dopo averle saccheggiate., e fecero tutte quelle crudeltà, che in simili casi posson praticare uomini barbari e crudeli ... L' armata dopo essersi caricata di prede, nel secondo e terzo giorno comparve nelle acque di Procida, ed ivi si fermò aspettando che si facessero i riscatti dè cattivi; e sebbene si mandasse a patteggiare col Bassà, pur tuttavia per la gran tiepidezza dè sorrentini l'annata finalmente partì, sicché bisogno in seguito mandare in levante per ottenere la libertà dè miseri catturati ... Donnorso fa ascendere il numero dei catturati a molte migliaia; ma quella cifra sembra esagerata, asserendo Molignano esser stati soltanto duemila ... Tra i catturati sì in Massa, che in Sorrento non sì potè avere più notizia dì moltissimi, i quali probabilmente morirono nel viaggio; ed il Segni asserisce, che nella spedizione di Barbarossa i barbari gittavano in mare i cristiani morti e semivivi, e che i medesimi perivan soffogati per esser stivati nel fondo delle galere ... " 43

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fl documento citato redatto in spagnolo, e liberamente l.radotto è conservato nell' A. G . S. , Estado, Napoles, I050. L'episodio è tratto da G. MALDACEA , Storia di Sorrento, Napoli 1841, voi. II, pp. I 9-22.


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58. a: Sorrento (Na). Dellaglio delle mura vicereali, <lopo i recenti restauri. All'epoca del saccheggio non risultavano ancora ultimate totalmente. b: Dettaglio cannoniera traditora binata.


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60 59. Sorrento (Na). Dettaglio delle fortificazioni cinquecentesche a mare. 60. Massalubrense (Na). Panoramica.


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61. Marina di Cantone (Na). Su questa piccola spiaggia, allora priva di qualsiasi difesa, sbarcò il contingente turco che devastò Sorrento. 62. Sorrento (Na). Abitato visto dalla marina. 63. Sorrento (Na). Chiostro medievale del convento di S. Francesco.


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Il caso anche se di eccezionale entità non va considerato isolato riscontrandosi già negli anni precedenti identici drammi tant'è che ad esempio il bilancio preventivo del 1550 così evidenziava circa alcune locali tà esentate dalle imposizioni: " ... per le terre franche ad tempus le quali hanno patito da l'armata dc turchi come è Pisciotta, Pasetano e Bosco ... . . . per le terre franche ad ternpus vidi licci: Trecase, Castro, Santo Plancatio, Belveder de Coronci e t Lequili ... " 44 .

Da quanto esposto abbiamo potuto ricavare un quadro del contesto esistenziale che caratterizzava buona parte della penisola italiana, .in particolare del suo meridione, in corrispondenza delle sue aree pianeggianti costiere, laddove la feracità dei luoghi garantiva i maggiori raccolti agricoli e per consenguenza massima era I' aftl uenza dei lavoratori nella buona stagione. Paradossalmente quindi l'abbondanza cli grano si trasformava in una ferale attrazione sia per i banditi sia per i corsari. Sugli utili delle messi e sui lavoratori dei campi, in quanto prede e perciò anch'essi risorsa economica-energetica, prese ad incombere in maniera sistematica ed incontrastata la minaccia di briganti e di corsari. Quando la pressione raggiunse livelli insosten ibili, tanto da far prefigurare uno strangolamento economico del Regno, e la fame nella Capitale, si corse finalmente ai ripari, incrementando quanto già l'iniziativa privata aveva realizzato in materia, sebbene con logica episodica. Le coste con decreto del 1563 vennero protette, in pochi ann i, da una fi tta catena di toni munite di artiglieria per la difesa antincursiva, e fu proprio quell'espediente di per sé validissimo per sconfiggere, o se non altro per contenere al massimo la piaga da mare, a moltiplicare le menzionate strutture difensive private, trasformandole a loro volta in sistema45. È interessante al riguardo osservare che la normativa economica preposta alla erezione delle torri costiere vicereali ne caricava principalmente le spese di costruzione, cli gestione e manutenzione sugli abitati situati entro una fascia di 12 miglia dalla costa. Per l'esattezza: "nello stesso anno ll566] altri due aumenti riceveva quella .. . tassa l'una per la fabbrica delle torri nei luoghi lunghesso le marine per custodirli in ispezialità dai pirati, per la qual cosa le Città, e terre discoste dodici miglia dal mare furon tassate per grana 20 e mezzo a fuoco e per metà le più lontane, l'altra per la guardia di tali torri, per il che i fuochi vicini pagarono grana 9 e mezzo ed i lontani 4 e 1/4. Siffatta rata di contribuzione fu però assai giovevole, perocché evitò in parte le gravi e continuate scorrerie dei pirati ... " 46. Il limite delle 12 miglia non deve considerarsi meramente fiscale ma operativo, ritenendosi e per esperienza diretta e secolare, e per facile ragionamento che quello fosse il raggio massimo incursivo. Partendo dall' assunto che gli atterraggi corsari avvenivano abitualmente subito dopo il crepuscolo del tramonto, e le partenze immediatamente prima di quello dell'alba, onde sfruttare l'impunità delle tenebre, il tempo disponibile per una razzia, nel periodo estivo, non superava le sei - sette ore cornplessive47 • Orbene in quell'intervallo, valutando la velocità media di avanzamento in un territorio sconosciuto e ne-

In A. S. G. da G. CONIGLIO, IL vicereg110 ... , cit. , voi. II, p. 574 Per un approfondimento sul sistema di difesa costiera globale vo luto dal viccrè don Parafan de Ribera, cfr. F. Russo, La difesa costiera del Regno di Napoli dal XV al XIX secolo, Roma 1989, cap. III. 46 Da L. B I ANCHINI, Della storia ... , cit. p. 283. . 47 Così A. GALUCO, Tunisi ... , cit., pp. 163-164, ricostruisce la procedura: "Con navi così leggere ... riuscirono questi pirati a diventare i padroni, o quasi, del Mediterraneo, c riuscirono, senza che quasi nessuno si opponesse, se non da lontano e quasi cli nascosto, a bruciare .le nostre campagne, a saccheggiare le nostre case, a rapire e a trascinare in servitù le nostre donne e i nostri fanciulli ... Essi, per giungere a questi feroci intenti di preda e di devastazione, si appostavano, di notte in qualche seno dei litorali inospitali della Sicilia, della Corsica, della Sardegna. Il giorno dopo, sorti dal loro nascondiglio, piombavano addosso a quei legni, di cui, o prima o allora, avevano scorto la via tenuta. Allora quasi sempre era inutile, se pure non impossibile, agli aggrediti, opporre resistenza .. . Talvolta invece .. . con il favor della not.t.e sbarcavano i pirati nei luoghi dove non erano nè presidi, nè guardie. Allora, con mano armata, correvano a sorprendere i villaggi inermi e i tranquilli casolari e strappavano dal letto famiglie i nt.ere, caricavano sulle spalle di quelle le masserizie rubate, toglievano dalle stalle il bestiame e lo spingevano, in gran fretta, al.l'imbarco ... ". 44

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mico, cli notte, non superiore ai 5 km/ora i più agili saccheggiatori non avrebbero potuto penetrare oltre un massimo di 15 km, consumando le prime 3 ore. Ritenendo appena sufficiente per la razzia almeno una sola ora, ne sarebbero rimaste meno di altre tre per rientrare alle navi. Ma questo secondo percorso in pratica risultava sempre più lento, poiché le prede, spesso donne e bambini ovviamente recalcitranti, il bottino e non ultimo gli eventuali feriti, decurtavano sensibi lmente la velocità. Ne conseguiva da quanto esposto che il limite delle dodici miglia rappresentava in concreto il margine interno della fascia a rischio, che disgraziatamente coincideva in molte regioni anche con quella maggiorn1ente produttiva e commercialmente remunerativa. Non bastava infatti produrre grandi quantitativi di derrate agricole, ma occorreva anche venderle e l' allontanarsi troppo dai porticcioli d'imbarco imponeva oneri di trasporto per l'epoca proibitivi, tali comunque da penalizzare fortemente gli utili d'impresa. Da quanto esposto l'apparentemente ingiusta imposizione fiscale che sembrerebbe penalizzare le già martoriate popolazioni rivierasche, appare perfettamente sensata, caricando i costi della difesa sui massimi beneficiati, che vedevano, grazie appunto a quel dispositivo, rivalutarsi enormemente i loro proventi agricoli, tanto da indmTe a cultura persino i te1Teni prima abbandonati per eccessivo rischio. È illuminante al riguardo il caso della Sardegna che proprio in quegli stessi anni andava elaborando sulla falsariga di quanto attuato nel napoletano un identico sistema di difesa costiera anticursiva, basato su torri. Il suo propugnatore, il capitano Marcantonio Camos, sosteneva come finalità prioritaria di quella grandiosa opera la possibilità, all'indomani della sua entrata in esercizio, di poter coltivare i ferti li terreni litoranei fino ad allora abbandonati, nonché di poter intraprendere con discreta sicurezza attività industriali contemplanti lo sfruttamento delle risorse marine48• Quanto affermato spiega pure abbastanza chiaramente perché il moltiplicarsi delle masserie fortificate data ali' indomani cieli' entrata in servizio delle to1Ti costiere, quando apparentemente la loro esigenza sembrerebbe essere stata minore. Grazie appunto alla protezione delle seconde tornava possibile con strutture difensive leggere, e quindi economicamente compatibili con le risorse dei proprietari, coltivare quei ten-eni a rischio: le fortificazioni private infatti si sarebbero dovute far carico solo della protezione del personale e della custodia delle derrate e degli armenti durante il corso della notte, sostenendo nella peggiore delle ipotesi, per poche ore, un assalto cli gente proveniente dal mare, o da terra come i briganti, comunque però priva di armamentario cl'asseclio49 . Ed ecco allora originarsi un estesissimo contesto di difesa delegata ruotante intorno al biondo cereale, implicante masserie fortificate, granai protetti, porticcioli-caricatoi presidiati e flotte scortate50. Il brulichio dei braccianti giornalieri lasciava il posto sul far della sera ad una silenziosa compagine di vedette e di ronde armate, di sorveglianti civili e cli vigilanti, che dall'alto delle munitissime masserie o lungo i loro articolati muri di cinta garantivano la sicurezza al riposo dei compagni, in stretta cooperazione con la prima linea costiera rappresentata dalle minacciose torri dalla tozza sagoma. Di pari passo anche altri importanti impianti agricoli quali i trappeti, i mulini ed i depositi dell'olio assunsero la pesante livrea della fortificazione. Da quanto esposto risulta evidente che la massima densità delle strutture difensive private si incontrava nella famosa fascia cli dodici miglia: laddove poi, come nel caso delle penisole - massimamente la pugliese e la sorrentina già tragicamente esperte delle iniziative corsare - la larghezza del territorio non è rilevante, il numero di esse raggiunge il suo acme, fornendoci ancora oggi una ricchissima tipologia di simili realizzazioni51 •

Sull'argomento cfr. F. Russo, La difesa cos1iera del Regno di Sardegna dal XV al XIX secolo, Roma 1992. I corsari non avevano alcun interesse ad investire tanto i cenU'i abitati che le singole residenze con armi da fuoco, o comunqu e con attrazzature implicanti il rumore: il loro principale alleato infatti era sempre il silenzio. Le stesse unità navali impiegate nelle corsa erano abitualmente prive di armamento balistico, e comunque da fuoco, ritenuto non solo inutile, ma anche pesante: il combattimento perciò come l'assalto con attrezzi d'assedio non fu mai Ju procedura delle razzie. 50 Data a quell'epoca il ricorso abituale alla navigazione in convogli scortati da unità navali da guerra, ma la prassi poteva trovare applicazione solo nei casi maggiori, e comunque compatibilmente con le esigenze militari, sempre rilevanti per la flotta regni cola. ;, In realtà le masserie fortificate della penisola sorrentina sono strulturalmente molto più modeste e " leggere" di quelle pugliesi, limitandosi per lo più ad inglobare una torre di fauura peraltro non eccessivamente massiccia. 48 49


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65 64. Oristano. Torre su Puttu, situata sul promontorio a sud di S. Archittu. 65. Porto Torres (Ss). Torre di Abbacurrente, presso lo stagno di Platamona.


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Aci una più attenta analisi tuttavia queste curiose fortificazioni "civili" ostentano precise caratterizzazioni tanto eia rendere possibile un discorso tipologico, a sua volta funzione di precise esigenze e cli stretti vincoli insediativi.

Le masserie fortiji.cate La genesi e la diffusione della masseria fortificata, come abbiamo avuto modo dì approfondire nei precedenti capitoli, vanta una tale ricchezza di realizzazioni eia rendere quasi impossibile stabilire con certezza luoghi e tempi di maggior impiego e diffusione. Di certo laddove si concentrava una forte produzione monoculturale con ampio concorso di bracci.antato, specie se in corrispondenza di tratte costiere propizie agli sbarchi con retrorerra montuoso, si verificavano tutti i principali requisiti per l'impiego massivo e sistematico di simili residenze. Abbiamo già evidenziato come a siffatte connotazioni soddisfacesse la Puglia, ad appena 50 miglia dalla costa turca nei Balcani, ed al contempo granaio strategico del Regno. La condizione poi di regione pianeggiante l'aveva già da secoli resa funestamente propizia per ogni sorta dì scorreria, eia terra e da mare. Ovvio perciò che proprio in essa le masserie fortificate divennero le quasi uniche rappresentanti della categoria, estrinsecando sofisticazioni formali e ridondanze difensive mai raggiunte in nessuna altra parte della Penisola. Le concause possono meglio evidenziarsi. Il dramma di Otranto aveva in un certo senso perfettamente documentato la estrema vulnerabilità della regione, determinando in verità nei decenni successivi un vigorosissimo ricorso alla rifortificazione massiccia delle potenziali aree di sbarco invasivo52. Riprova della validità del dispositivo fu rappresentata dall'unicità di quel funesto episodio53 • Un analogo ragionamento può appli.carsi anche alla penisola sorrentina, che vide dopo l'atroce sacco infittirsi a dismisura le trame delle fortificazioni rurali domestiche. Tuttavia le fortificazioni febbrilmente innalzate per stornare il r.ipetersi di analoghe iniziative, non potevano per la loro intrinseca concezione e per la loro specifica ubicazione elettiva tornare congrue a contenere la sequela interminabile delle razzie dei corsari barbarescbj e dalmati. Spesso pochi uomini ed una barcaccia potevano, con azioni disperate, gettare lo scompiglio in vastissime contrade. E poiché a siffatti miserabili predoni anche la cattura di un solo sfo1tunato contadino, riusciva remunerativa, il loro numero con il trascorrere degli anni subì un vistoso incremento. Essendo inoltre il nord-Africa particolarmente bisognoso di grano, ne conseguiva che la cattura dei mercantili carichi del prezioso cereale, cabotanti dalla Puglia a Napoli, fosse riguardata come la preda per antonomasia. Si presenta a questo punto una singolare quanto delicatissima catena cinematica del grano, incentivante in ogni sui punto la cupidigia dei razziatori ed imponendo per conseguenza altrettante specifiche iniziative cautelative ed ostative. All'origine i campi con i lavoranti, con le messi e con quanto strettamente inerente alla produzione. Segue quindi lo stoccaggio, con masserie in cui si effettuano anche le diverse operazioni economiche connesse alla produzione ed alla commercializzazione, dal pagare gli operai a vendere il prodotto. Quindi ancora i caricatoi ed i mercantili diretti per lo pitt a Napoli. Entrambe le ganasce della criminalità nazionale ed estera attentarono a quel vitale processo, determinando l'originarsi d.i un complesso sistema di difesa ibrido, ovvero statale lungo il perimetro e privato ali' interno. Il sopraggiungere della buona stagione, riattivando il lavoro dei campi e richiamando torme di braccianti determinava anche il rifluire del denaro. "In Puglia tale situazione era ulteriormente aggravata

52 Il programma di rifortificazione costiera fu in gran parte opera degli aragonesi, con consulenze tecniche ad allissimo livello, tra le quali anche quella di Francesco di Giorgio ~fortini. In seguito in età tolediana si attuò una riqualificazione dell'intero apparato essendo peraltro enormemente prngredite le artiglierie, sia in funzione offensiva che difensiva. 5·1 Per l'esattezza i.I concetto di unicilà è relativo agli esiti drammatici, non già ai tentativi da parte rnrca che sempre in Puglia furono almeno un altro paio di si$nificativa rilevanza: in nessuno di essi comunque gli aggressori potettero creare una testa di ponte temibile.


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poiché essa era diventata la terra delle grandi masserie produttrici di notevoli quantità di derrate per Napoli. Ciò significava un accentramento nelle masserie di risorse sia in natura sia, in certi periodi dell'anno, in denaro poiché (a differenza della conduzione dei grandi feudi) la gestione delle masserie richiedeva grossi capitali per i salari, per l'acquisto degli attrezzi e di bestiame, per il lavoro artigianale: quale richiamo, pertanto, esse dovevano costituire per le bande di briganti e quale impegno dovevano porre di contro, i massari o i proprietari nel dotarle di idonee difese!"54 • E se per i briganti lo stimolo attrattivo era appunto la presenza ciel denaro per le paghe degl i operai, per i corsari erano proprio quegl'ultimi e magari le navi cariche di grano con l' intero equipaggio ad agire da calamita. Ed ecco quindi che la masseria pugliese assume sistematicamente una struttura difensiva polivdlente, ma praticamente inevitabile e basilare per l'attività, riallacciandosi del resto alla ben nota tradizione locale millenaria. "La individuazione cli una data o, al più di un periodo durante il quale si iniziò a «fortificare>> gli insediamenti rurali non è possibile. Appare più accettabile dire che è soltanto verso la fine del 1400 che in P uglia si finì di pensare agli edifici rurali (che non fossero le abitazioni elementari) come «ovviamente» fortificate; pertanto, soltanto da quell'epoca si possono distinguere le masserie fortificate da quelle che appunto, cominciavano a non esserlo più. Di insediamenti risalenti a tale periodo, comunque, non vi sono tracce apprezzabili tanto che allo stato attuale degli studi sull' argomento, ben poche masserie possono datarsi prima della metà del 1500 (anzi la maggior parte di esse va decisamente collocata nei tre secoli successivi) ... " 55 . A prima vista queste acute osservazioni sembrerebbero contraclittorie. Abbiamo infatti un territorio dove antecedentemente al 1400 la fortificazione rurale era la prassi, ma dove non si incontrano più resti delle stesse. Al contrario stranamente diviene quasi discrezionale dopo il 1500 per incrementarsi esponenzialmente nei secoli successivi, apparentemente quelli meno minacciosi e devastati, in seguito all'attivazione delle difese statali antincursive56. È qui invece, secondo la nostra ottica la conferma esplicita di quanto precedentemente ipotizzato. Come osservato, infatti, le masserie erette in Puglia, almeno fino all'episodio di Otranto, erano perfettamente in grado dì sostenere con le loro modeste fortificazioni, di tipo eminentemente passivo, gli scoordinati e scalcinati assalti notturni dei briganti, dotati cli modestissimo armamento e di insignificante potenzialità ossidionale. Bastava perciò un piano terra separato da quelli superiori, una maggiorazione dei muri perimetrali , una relativamente alta recinzione, serrata da un robusto portone e, magari, qualche striminzita saettiera o piombatoia per potersi tranquillamente garantire una sopravvivenza poco risch.iosa pur nella solitudine della campagna pugliese. Le strutture concepite in tali termini e per semplicità costruttiva - essendo alla po1tata di qualsiasi capomastro - e per lampante economicità di realizzazione - non discostandosi che di pochissimo dalle abituali costruzioni rurali delle altre località non esposte - si prestavano validissimamente ad una diffusione capillare sul territorio. Si generò perciò un fitto reticolo alquanto omogeneo dispensatore cli una riscontrata protezione, che consacrò quelle costruzioni a residenze rural i per antonomasia, prive di qualsiasi altra alternativa. Allorché però quell'equilibrio indiscusso fu infranto ad Otranto ed, in particolare, dopo la conqui sta spagnola ed il successivo ritrovarsi in prima linea contro il fanatico ed aggressivo impero ottoma-

Da R. De V tTA, Cas1elli, torri ed opere forlijìcate di Puglia, Milano 1982, p. 349 p. 346. 56 È sintomatico che all'indomani dell'entrata in servizio delle torri vicereali, e dei vari dispos itivi antincursivi, sui mercati barbareschi di schiav i si registrasse una sensibile contrazione della particolare " merce". Si legge infatti in una relazione de lla fine del '500 redatta da un funzionario ciel Gonfalone, istituzione preposta a i riscatti, questa significativa affermazione: " ... gli schiavi sono saliti in tanto alto pretio che quelli che hahhiamo comprati per cento scwi hora valeriano e non s'heveriano con meno di centocinquanta, e questo avviene perché non sifa tanta presaglia come si soleva per il passato" documento citato da C. MANCA, e custodito in ASV. Gonf. , MAZZO g, f. 175. 54

55 IBlDEM,


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no, quelle modeste e sopravvalutate masserie fortificate si trasformarono sempre più spesso in tragiche trappole. Inoltre per compresenza delinquenziale in quegli stessi scorci storici di grosse bande di fuorilegge di estrazione militare perfettamente edotte ed addestrate ad aver ragione di ben più elaborate e massicce fortificazioni, si coglie a pieno il crollo di validità dell'espediente fino ad allora ritenuto ottimale, e la necessità di procedere per i casi più importanti a radicali ricostruzioni. Per i restanti invece la sorte fu l'abbandono ed il crollo successivo. Su di un territorio ormai privo di presenze militari significative, essendo le poche forze armate regolari oberate eia più pressanti e vital i compiti di presidio lungo le numerose piazze marittime, le masserie dovettero assumere in breve volgere una nuova veste architettonica ricca di suggerimenti militari e di espedienti difensivi di ben diversa rilevanza, mutuati dalle migliori opere ciel settore presenti nella regione, elaborazione a loro volta dei migliori architetti militari, senza però mai proporsi come vere e proprie strutture militari. Del resto l'assurda moltiplicazione della popolazione cleJla Capitale, frutto di una scriteriata politica fiscale 57, creò richieste immense di grano, che soltanto le assolate pianure pugliesi erano in grado di assorbire, a patto cli essere messe in condizione d i consentire agli agricoltori la loro dura fatica in un ambito cli accettabile sicurezza. L'accresciuta domanda fornì al contempo, ai maggiori produttori, anche le risorse finanziarie per sostenere la costruzione di quelle nuove masserie - fortezze i cui costi lievitavano continuamente. Ed al contempo si incrementò non ultimo, per fatale attrazione della ricchezza, anche la delinquenza organizzata. Si innescò probabilmente in tal modo una perversa sequenza che da un lato incentivava lo svil uppo con promesse economiche allettanti ma, daJl'altro, moltiplicando i rischi esistenziali ne frenava le concrete potenzialità. Il permanere produttivamente nelle campagne pugliesi, e non solo in esse, a partire dai primi decenn i del XVI secolo, quelli appunto del Toledo, significò poter essere in grado cli resistervi militarmente, ovvero, di d isporre di strutture insediative congrue alle offese dei briganti ed alle abituali razzie dei corsari. Si eressero da quel momento, dove la produzione ne mettesse conto e la distanza dai caricatori ne garantisse i massimi utili 58 , delle residenze rurali pesantemente murate, vere fortezze agricole che fu nsero eia caposcuola, via via che il benessere dei possidenti terrieri si diffondeva, a tutte le altre coeve o successive. Gli espedienti architettonici che risultarono alla prova dei fatti rispondenti vennero nuovamente accreditati per quella seconda generazione di masserie forti ficate, prestandosi per di più ad una loro graduazione in funzione ciel livello di rischio da fronteggiare e di ricchezza da custodire. Si originò allora, sempre secondo la nostra ricostruzione logica, una articolata tipologia di edifici civili fortificati, che nei successivi tre secoli e mezzo assicurarono la costante remuneratività dell' investimento agricolo e la relativa scontata produzione. Dal punto di vista governativo, ovviamente, il proliferare cli simili strutture fu visto, per quanto possiamo presumere, di buon occhio, poiché contribuivano, senza alcun aggravio per l' erario, alla salvaguardia globale del territorio. Va inoltre sottol ineato che comunque l'impostazione difensiva di q uelle masserie risultava alquanto più arcaica delle contemporanee torri costiere o fortificazioni di matrice prettamente militare, tanto da non destare eccessive preoccupazioni circa l'ordine pubblico. Si spiega

57 Approfondisce l'argorncnt.o F. STRAZZULLO, t.:dilizia e urbanistica a Napoli dal '500 al '700, Napoli 1968, p. 9: "La popolazione napoletana era pussata dai 150. 000 del 1528 ai 2 12. 000 abitant i nel 1547. Un fenomeno impressionante dal punto di vista economico ed urban istico. Il Bruadel afferma che molti regnicoli si trasferirono nella capitale perché incoraggiati dallo sviluppo edilizio promosso dal Toledo. Più esatto dire che si lasc iava la provincia per godere i privilegi concessi ai napoletani. Napoli era esen te dalle imposte dirette. Fortunato chi riusciva ad emigrare dalle terre feudali ove gli agenti dei feudatari . .. sottoponevano le popolazioni ad esosi contributi personali o ltre le tasse statali, comunali e feudali ... " 5s li traspo110 del grano a Napoli poteva avvenire soltanto via mare, per assenza cli alternati ve praticabili. Di conseguenza più un terreno si allontanava da.Ila costa, più l' aggrav io cli trasporto fino ai suoi porti-caricatoi cresceva, riducendo parallelamente la commerciabilità o la rcmunerativit~1. Sull ' argomen to cfr. F. Russo. Fus1e, Farina e Forza, in Riv ista del Centro di Cultura e Storia Amalfitana, n. 4, dicembre 1992, N.S. II, pp. 43 e sgg.


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66 66. Fasano (Br) . Mas. S. Domenico, secolo XVIII.

anche così la tacita acquiescenza di un governo sempre estremamente sospettoso su qualsiasi in iziativa militare, riguardata comunque come potenziale fo nte di ribellioni o cli potere antagonista59, stante pure la già evidenziata debolezza della forza armata regolare. Sembrerebbe confermare questa tesi il dettaglio che nei casi cli strutture private di concezione più marcatamente militare, fosse prevista una sorta dj autorizzazione da parte ciel governo stesso, al fine cli mantere comunque un potere ostativo in merito. È emblematico al riguardo il caso della Torre di S. Sabina, sulla costa del comune di Carovigno, prov. cli Brindisi 60 . Questa infatti differisce nettamente da tutte le in numerevoli costiere, ad eccezione di soli altri due esempi, nella fattispecie di Torre .S. Pietro in Bevagna6 1, sempre in Terra d'Otranto, e del "castello" di Melendugno 62 , Lecce, per la sua pianta a stella quadrangolare, o più pittorescamente definita a "cappello di prete".

59 Afferma in proposito R. A.IELLO, La frontiera disarmata - Il Mezzogiorno ai;am.pos10 d'Europa, in Futuro Remoto, Ercolano 1992, pp. 51 -51: "Questa situazione obbediva ad un preciso programma spagnolo diretto a disarmare i nobili. a scoraggiare le loro propensioni marziali, ad ostacolare il loro spirito di aggregazione e d' indipendcnz.a, ad indebolire il loro orgoglio nazionale, a stroncare la loro pretesa di far politica . E ci ri uscirono appieno .. . Il modello burocratico e parassitario realizzava, di fatto , il disarmo delle S1cil1e, ma ne assicurava i l possesso alla corona spagnola ... ". Pur senza condividere in pieno la tesi, è indubbio che la dirigenza spagnola ostacolò qualsiasi potenziamento militare ciel regno, per paura di successive inestinguibili infedeltà, peraltro sempre quiescemi. 6 Circa la storia della Torre di S. Sabina, cfr. E. FILOMENA, La Torre di S. Sabina nella sua storia millenaria, Fasano 1978. 61 Sulla Torre di S, Pietro in Bevagna cfr. V. FAGLIA, Censimento delle Torri costiere 11ella provincia di Terra d' Otramo, Roma 1978. pp. 182-183. 62 Sul "castello" di Mclendugno, pochissime notizie possono desumersi da M.R. MURATORE, Guida del Salento, Galatina 1991 , p. 17.

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67. Fasano (Br). Planimetrie mas. S. Domenico. (da A. Calderazzi)


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68. Carovigno (Br). TotTe di S. Sabina. a) Panoramica; b) dettaglio pianta a stella.


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69. Carovigno (Br). Planimetria torre S. Sabina. 70. Carovigno (Br). Torre S. Sabina, sezione. (da E. Filomena)

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La difesa delegata

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71. Nardò (Le). Torre S. Pietro in Bevagna.

Orbene tutte e tre le costruzioni vennero erette secondo una progettazione modernissima intorno alla metà del 500, impostandole con particolare attenzione sui canoni della difesa radente. In altre parole a differenza delle loro coetanee di matrice civile, queste riecheggiavano quei criteri che trovarono pieno compimento nel ffonte bastionato, per cui qualsiasi punto esterno ad una tal fortificazione era battuto dalle anni della difesa da almeno due direzioni diverse: il famoso e micidiale tiro incrociato. Tutte e tre ;anno ascritte all'iniziativa privata, ed in particolare al barone di Carovigna quella di S. Sabina, ai monaci di S. Lorenzo in Casalnuovo quella di S. Pietro ed al feudatario locale il castello, che si osserva al centro del paese: le sue dimensioni sono in verità eccedenti le prime due, ma la sua concezione è praticamente identica. Curiosamente le due torri costiere vennero rispettivamente nel 1578 quella di S. Pietro e nel 1597 quella di S. Sabina, acquistate dalla Regia Corte sottraendole al possesso dei privati, con la plausibile giustificazione di ottimizzarne il servizio nell'ambito della linea delle torri costiere dello stato, ormai pienamente operativa. Di fatto però quelle due costruzioni tipicamente militari vennero rapidamente acquisite, e la procedura non trova analogie evidenti con diverse altre opere costiere che rimasero sempre cooperanti con la difesa costiera statale, senza alcun passaggio di proprietà. Nei documenti relativi alla cessione di S. Sabina però possiamo cogliere alcune illuminanti osservazioni, ragion per cui ne citeremo qualche stralcio dal relativo carteggio. In data 2 agosto del 1597 la Regia Camera sollecita informazioni dal Commissario delle R. Fortificazioni della Provincia di Terra d'Otranto, circa il prefigurato acquisto sostenendo le seguenti argomentazioni: " ... havuto haviso che in lo territorio de Carovigni di quessa provintia è una torre chiamata Santa Savina qual sia del Barone della medesima terra, dove è un porticello nel quale soleno andare ad sbarcar ed imbarcar gente di fora; et che in tale torre non è stata nè sta guardia nissuna, et che saria necessario o, che la corte si comprasse detta toITe, o, se li ponesse guardia per levare l'occasioni che potriano succedere tanto in materia de inimici, come di contrabanni ... " 63 .

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>Il documento citato nel libro di E. FILOMENA, è custodito nell' A. S. N. , Collat. Negot., Voi. IO, fgg. 52-53.


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72. Nardò (Le). Planimetria torre S. Pietro in Bevagna. 73. Melendugno (Le). "Castello".

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La difesa delegata

Al primo documento segue in data 7 settembre la risposta del Commissario, il quale richiesto tra l'altro della stima per l'esproprio della torre enuncia alcune interessantissime considerazioni: " ... et al presente di novo se ne è informato da persone degne di fede come nella detta to1Ta sempre ci sono stati recolti gente di mala vita, et che de più ci sono molti inditii et suspectioni de contrabandi, et de altre cose in disservitio di sua Maestà et che il suo parere è acciò se evitassero tanti danni, et abusi che la r. Corte facesse tassare lo valore di detta torre, et altro ad essa pertinente et ordinare sia pagata al patrone deputandoci per la istessa corte la guardia ordinaria per essere molto necessaria che sia cossì; ... [ma] essa regia carnera non si può risolvere per mo si deve pagare, o' non lo che si riserba declararc quando sarà informata si lo patrone teneva licentia di possere fabricare et tenere di della torre .. . " 1"' .

Il .documento già ci conferma i supposti traffici illeciti operati dai contrabbandieri, spesso appunto all'oinbra delle torri. Ma dove per noi il documento diviene illuminante è nella sua affermazione che il prezzo di espropio sarà corrisposto solo nel caso che il proprietario sia munito di regolare licenza sia cli edificazione sia cli detenzione della menzionata torre. Il dettaglio quindi comprova che per strutture difensive di tipo strettamente affine a quelle militari, e non già per le semplici torri masseria, occorreva una regolare licenza ed autorizzazione, e che soltanto dopo tale rilascio il proprietario poteva iniziare i lavori e detenerne il possesso. La conclusione della vertenza dimostrò che tale rigida procedura non era stata affatto evasa, tant'è che la regia Camera alla fine: " ... la volse pagare ducati 1000 al Barone di Carovigno per essere la detta torre comodissima .. . "65 .

In un altro documento del 1568, in piena costruzione quindi delle torri costiere, per ordine del vicerè don Parafan de Ribera, viene inviato don Alfonzo cli Salazar ad ispezionare i lavori e le marine e gli si fa tassativa richiesta di individuare: " ... le torri di particulari [di privati] et vi farete presentare li privilcgy che tengono . .. " 66,

ovvero le relative autorizzazioni, sia alla costruzione sia alla detenzione delle medesime. In conclusione la posizione dello stato in materia di fortificazioni private sembrerebbe potersi ricondtme ad una vigile tolleranza per quelle di concezione arcaica o comunque non strettamente militari, mentre per le seconde la normativa sembra essere stata notevolmente rigida e severa e tutt'altro che distratta e discrezionale. Ciò spiegherebbe il perché nessuna masseria assunse mai i dettami di fortificazione contemporanea, o in un nu~ero del tutto irrilevante rispetto al totale. La lettura pertanto delle masserie fortifica te andrebbe fatta sulla falsariga della loro modernità concettuale piuttosto che sulla loro grandiosità d'impostazione, criterio di raggruppamento tipologico al quale cercheremo di attenerci.

Caratteristiche architettoniche delle masserie fortificate Sebbene fino ad ora abbiamo trattato in particolare della Puglia, occorre sottolineare, una volta ancora, che la presenza delle masserie fortificate non riguardò soltanto quella regione, ma interessò buona parte della Penisola, specialmente nel Mezzogiorno. Tuttavia gli accorgimenti architettonici che vennero impiegati nella loro costruzione trovano proprio in Puglia i maggiori archetipi, ed il maggior numero in assoluto di esemplificazioni, ragion per cui la nostra indagine continuerà ancora nella stessa area, intendendosi comunque come rappresentativa delle altre. L'avvento delle torri costiere volute dal Toledo, e fatte erigere dal Ribera a partire dal 1563, significò come abbiamo accennato una vigorosa ripresa degli insediamenti rurali fortificati, dopo una stasi alquanto prolungata. Sembra strano però che della produzione antecedente quell'epoca poco si rintracci sul territorio. La ragione, tuttavia, può essere imputata proprio alla rapida ripresa del settore, che stimo-

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IBIDEl'vl.

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A. S. N. , Pari. Summ. Voi. 1232, f. 169 e r. 170. A. S. N. ,Collatera!eCuriae, Voi. XX, a. 1567- 1570, daf. Il v.

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74. Castellabate (Sa). Esempio di inglobamento di una torre angioina-aragonese a pianta circolare in una vicereale quadrata.

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lato dai crescenti utili trovò conveniente conservare delle vecchie costruzioni il solo sito ubicativo, e magari le pietre, facendo sorgere al loro posto le nuove e più consone masserie fortificate. È in definitiva quanto spesso accadde alle torri di vedetta angioine, distrutte da quelle vicereali che andarono ad occupare il loro posto: in alcuni casi la vecchia torre medievale rimase inglobata nella pit1 recente rinascimentale fungendo al massimo da cisterna per l' acqua e confermando, con tale permanenza, L'attendibilità del nostro ragionamento 67 • Quindi le masserie più antiche rintracciabili ai nostri giorni, possono ricondursi in buona sostanza alla seconda metà del XVI secolo, con un progressivo crescendo nei decenni successivi. Ovviamente non tutte ostentano la stessa rilevanza nè un identico schema planimetrico od articolazione difensiva, ma sembrano invece essere frutto delle diverse potenzialità aziendali e della diversa posizionatura territoriale. Il tipo piì1 diffuso, ed anche il più semplice ed economico, è quello della cosidetta masseria - torre, strettamente imparentata, concettualmente e formalmente, con la casistica delle torri civili medievali. Da lei inizieremo la nostra analisi architettonica-militare.

MASSERIA TORRE È questa per molti versi forse la più elementare struttura in quanto direttamente derivata dalle casetorri trecentesche, con notevoli affinità peraltro con le kulla albanesi che, per molti aspetti, appaiono analoghe per forma e funzione. Stando alle ricerche effettuate, la loro massima fioritura si registrò pro-

Tra i casi piLt vistosi di siffaua maniera di procedere va segnalato quello della Torre di Castellabate, cli impianto quadrato, al zato troncopirarnidale, con apparato a sporgere in controscarpa e troniere a spaio)a, quindi tipicamente vicereale e riberiana. ma dalla cui piazza d' armi fuoriesce la cima di una più remota torre cilindrica ang ioina-aragonese, per imperscrutabili motivi mai demolita. 67


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La difesa delegata

75 75. Monopoli (Ba). Masseria Spina Piccola.

prio tra il XVI ed il XVII secolo fornendo con quella semplice soluzione una sorta di seconda linea difensiva alle spalle cli quella delle torri costiere statali propriamente dette. Tuttavia tra queste e quelle appaiono evidenti differenze. La torre masseria, infatti, di questa fase appare per lo più un edificio parallepiclo, spesso con base scarpata - troncopiramidale - a sviluppo prevalentemente verticale. Nella altezza continua a trovare la sua maggiore potenzialità difensiva mediante il tiro piombante, la maggiore preparazione tramite l'osservazione dì un più vasto orizzonte, e non ultimo il maggior risparmio di forze di presidio per il minor perimetro. Col tempo però l'altezza tenderà drasticamente a ridursi e la snella linea assumerà connotazioni sempre più tozze e tarchiate, frutto di una crescente esigenza di più ampi spazi interni e di un contrarsi del margine di preallarme per diretta osservazione, grazie alla linea costiera d i vigilanza ed allenamento. Le "bucature" invece resteranno comunque invariate, costantemente molto piccole e peraltro mai al piano di campagna, dove si trovava soltanto uno, o più locali interni adibiti a deposito, assolutamente separati verticalmente dal resto del corpo della torre. L'accesso quindi al piano agibile, costituito nella stragrande maggioranza dei casi dal solo Livello sovrastante il basamento, e molto raramente eia due - eccezionalmente cl.a tre - avviene tramite una scala esterna, a sua volta segmentata da un piccolo ponte levatoio. La penetrazione, invece, al piano superiore - quando esistente - od al terazzo, era espletata tramite scale interne, ricavate per lo più nello spessore delle mura, a volte a ch.iocciola. Nelle toffi scarpate, in genere più recenti, si osserva abitualmente al termine della scarpatura un cordone orizzontale continuo a sezione torica, mutuato dalle tradizionali opere militari del secolo precedente, propriamente detto "redondone". La sua funzione originale, ed è facile che l'abbia mantenuta anche nelle torri-masseria, era quella di deviare le schegge formatesi dall'impatto delle palle di cannone sulle pietre di estradosso delle fortificazioni. Nel nostro caso si deve ipotizzare - evento peraltro estremamente frequente - il rimbalzo verticale dei proiettili degli archibugi dei briganti , comunque micidiali per i difensori sporgenti, in sommità, dalle mura.


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77 76. Monopoli (Ba). Masseria Spina Piccola: dettaglio scala di accesso a doppio orientamento, con ponte levatoio, ora murato dinanzi al vano di accesso. 77. Termoli (Cb). Castello medievale: ben evidente al termine della scarpatura il risalto torico-redondone.


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In merito alla scala esterna va sottolineato che in genere è in muratura con percorso spesso angolato a due orientamenti - e battibile in ogni suo punto. Anche nel dettaglio del gomito retto delle rampe si legge un chiaro espediente difensivo teso ad evitare il tiro diretto contro la porta, protetta così proprio dalla massa del corpo scala fungente da valido rivellino. Qualora invece, ed è il caso meno usuale, anche quella prima rampa si fosse trovata realizzata nello spessore de.Ile mura, poteva essere o cli tipo parzialmente amovibile, e segmentata da una massiccia botola, o del tutto asp01iabile. In entrambi i casi Ja sua larghezza era minima ed il suo andamento angolato, onde frustrare qualsiasi tentativo di irruzione in massa. La masseria torre presenta poi, sempre relativamente a questa prima categoria, una copertura piana, chiusa da un coronamento - parapetto aggettante su gattoni rispetto al filo delle mura esterne quasi a ricordare una sorta di apparato a sporgere di medievale concezione. Era possibile così avvalersi cli un dominio continuo sull 'intero perimetro di base, assicurando una omogenea e isotropa difesa piombante. Nei prototipi più evoluti si osserva che il descritto coronamento è interrotto ad intervalli regolari e simmetrici, ccmispondenti alla scansione dei vani sottostanti, da caratteristiche bertesche. Queste ultime sostanzialmente equivalenti a grosse piombatoie protette, venivano infatti costrnite in asse verticale tanto sulle finestre che sulle porte consentendo così attraverso la loro protezione cli effettuare un tiro d'intercettazione contro tentativi effrattivi od intrusivi violenti perseguiti forzando appunto i serramenti. 11 vantaggio consisteva nel riuscire a scagliare dalle stesse tanto masse inerti, in caduta libera, quanto liquidi ustionanti, o meglio ancora brandeggiando gli archibugi - caricati a mitraglia - con una certa libe1tà, sempre coperti dal settore murario esterno, evitando cli esporsi in quelle drammatiche sequenze al di fuori del parapetto. Ad una attenta osservazione tali singolari bertesche risultano, normalmente, cli larghezza sensibilmente inferiore a quella dei sottostanti vani da proteggere, dettaglio che già di per sè ci induce ad escludere come prassi sistematica il lancio di oggetti sugl i attaccanti 68 . Si riconferma invece la congruità della loro dimensione massima al brandeggio verticale cli un'arma eia fuoco, l'unica in grado di assicurare con la sua scarica l'inviolabilità dei delicati serramenti, e delle loro immediate adiacenze. Questi ultimi poi appaiono costantemente bloccabili mediante un paletto trasversale, inseribile in due appositi alloggiamenti di pietra ricavati negli squarci dei vani. Non sembri eccessivo ìl nostro dilungarci su questa curiosa feritoia verticale, in guanto essa costituisce l'elemento caratterizzante per antonomasia del le masserie fortificate di qualsiasi categoria ed epoca. Anzi il trascorrer dei decenni, complici forse le migliorate condizioni economiche e la maggiore diffusione delle armi eia fuoco, la vedrà riproporsi in un singolo edificio in numero sempre maggiore, testimoniando un progressivo incremento della componente difensiva attiva su quella meramente passiva degli spessori murari. Il prevalere della difesa attiva implica anche un ribaltamento della concezione operativa: se prima con il tiro piombante vi era tutto l'interesse a che un attaccante si portasse immediatamente-sotto il coronamento per poterlo colpire con il lancio di massi, ora invece è auspicabile un suo allontamento dal filo di cortina. Scostandosi anche di un solo metro dalle nrnra, infatti, ogni assalitore acquista una superiore vulnerabilità, esponendosi nella sua interezza al fuoco: ecco perché il basamento scarpato inizia ad imporsi come canonico in tali masserie - torri, permanendovi anche dopo il XVITT secolo. È risibile infatti supporre che fungesse, al pari di quello delle fortezze, da smorzatore c inetico degli impatti baUstici 69 , mai previstj nelle modalità di investimento cli una masseria eia parte cli una banda di grassatori. Nè è credibile che la scarpatura assolvesse una funzione di contrafforte dinamico per sostenere le

Se le piombatoie infatti fossero state costruite in slreLta corre lazione al tiro piombarne. sarebbe stato necessario che la loro dimensione maggiore fosse stata pari a quella del vano soLLostante da proteggere, descri vendo i corpi in caduta libera una traiettoria esclusivamente verticale; in caso contrario sarebbe riuscito faci lissimo ad un auaccante ripararsi, mantenendosi semplicemente appena al di fuori di tale dimensione e continuare così a sca rdinare i serramenLi. 69 Era infatti risaputo già da almeno un secolo che la violenza dell'impatto di un proietto, ov vero la cessione cli energia cinetica residua alla strnnura decresceva in funzione del crescere dell'angolo d' inciden,.a. Allontanandosi quello dalla normale scemava il danno inferto. Sorse così una nutritissima schiera di opere militari il cui es tradosso presentava ri levanti angoli cli scarpatura, sinonimo cli riscontrata validità. 68


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78. Dettaglio dell' alloggiamento del paletto di sicurezza dietro i vani di una vecchia masseria fortificata sita in località S. ìvlarco-Agropoli (Sa).

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spinte impresse dal rinculo di cannoni, mai impiegati nella difensiva domestica. Nè infine torna sensato supporre che in tal modo si riducesse la pressione della muratura sul te1Teno, in quanto la scarpatura la si rinviene anche in realizzaz.ioni su rocce. Ovvio pertanto assimilarla ad un funzionale "buttafuori" di semplice esecuzione per frustrare l'appiattamento degli attaccanti contro ]e mura ed il loro conseguente defilarsi 70 . Il progressivo maggiorarsi delle dimensioni di pianta delle toni - masseria dipese essenzialmente dalle accresciute esigenze volumetriche. Nelle stesse infatti, oltre a proteggersi i lavoratori dei campi, si sarebbero dovute con sufficiente sicurezza custodire anche le derrate, capacità che comunque per questa categoria di costruzioni rurali fortificate restò sempre molto modesta. Il dato le confermerebbe pertanto più a destinazione anticorsara che antibrigantesca, assumendo come connotazione prioritaria la salvaguardia delle persone, bottino remunerativo principalmente per i predoni del mare. Sotto il profilo fruitivo va rilevato che molte concordanze inducono a stimare l'arco difensivo di simili masserie limitato aila sola notte, od al massimo ad una singola giornata. Mancano infatti per lo più di cisterna interna, dettaglio che già di per sè ne riduce drasticamente i limiti di resistenza. Nè tempi maggiori, sembrano suggerire i serramenti in legno o gli spessori murari, e persino la campana sommitale - accessorio di prammatica - riconferma tale supposizione. Il trovarsi, ad esempio, il cordone del suo battocchio spes!:>O a fianco della porta d'ingresso suggerisce l'esigenza cli massima tempestività della richiesta d'aiuto, dettata proprio dai ristretti margini di resistenza. Di qualsiasi natura fosse stato l'attacco sembrerebbe tuttavia implicita la certezza che con le prime luci dell'alba, attivati e fatti convergere dai disperati rintocchi de11a menzionata campana sarebbero sopraggiunti gli aiuti. Anche a voler trascurare gli squadroni dei cavalleggeri di stanza in varie località delle Puglia, sarebbero stati molto probabilmente proprio i vicini, inquadrati in formazioni miliziane ad accorrere. La tradizione giocava al riguardo un ruolo significativo di mutuo soccorso. Infatti: "le lotte sostenute pei- generazioni e le sofferenze conseguenti crearono sicuramente una reciproca solidarietà così dagarantire tranquillità di esistenza anche agli agglomerati più piccoli che non temevano di essere abbandonati a se stessi in caso di pericolo "71.

Basti osservare che persino di noue un uomo che cammini radente un muro scarpato risulta mollo piLt visibile per l'ombra che genera di uno che rasenti un muro verticale! 70

71 Da

V. FAGLIA, Torri cosriere edifici ruralifcm(ficali, Monza 1974, p. 39.


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79b 79. Feritoie archibugerc a fianco ai vani di accesso di masserie isolate. a) Cusano Mutri (Bn). Casa del '700. b) Dettaglio, archibugera.

Circa l'annamento di quelle particolari masserie è indubbio che dalla metà del XVI secolo l'archibugio costituì la risorsa per antonomasia. La sua diffusione è confermala dalle innumerevoli serie di strette feritoie presenti luogo i parapetti o in prossimità di posizioni salienti come, per tutte, a fianco del vano d'ingresso, dominanti la rampa di scale. La loro logica dislocati va pare suggerire una volontà di resistenza attiva progressiva, tendente verso l'alto all'approssimarsi alla torre degli assalitori, o, in casi meno frequenti. di un arroccamento contemporaneo in distinti centri cli fuoco, sostenuti eia altrettanti gruppi di difensmi. Tenendo conto inoltre che la tipicità degli. attacchi si sviluppava di notte, risultava estremamente agevole ai tiratori piazzati dietro quelle sottili feritoie abbattere i razziatori. Per contro invece la loro vulnerabilità restava rigidamente preclusa, configurandosi aleatorio centrare, nella oscurità, le insignificanti e micidiali aperture, spesso realizzate con strombatura interna per ridurre al massimo la "infilabilità". La possibilità cli costruire feritoie così strutturate si originava proprio dal dover fronteggiare esclusivamente un tiro di anni leggere ed individuali, dotate cli scarsissima potenzialità demolitrice. Nel caso contrario, infatti la strombatura interna avrebbe offerto una parete troppo esigua per ritenerla sicura. Il riscontarsi, poi, in diverse ton-i la dotazione di feritoie strombate sull'esterno sta acl indicare non tanto una improbabile maggiorazione delle armi d' offesa, quanto piuttosto di quelle di difesa, impiegandosi non raramente attraverso le stesse grossi fuciloni da muro o addirittura spingarde, che necessitavano di un più ampio gioco di punteria e cli brandeggio72. Sempre restando alle osservazioni desunte dalle feritoie è facile ricavare che in queste torri - masserie i difensori operassero abitualmente raggruppati tra loro, o comunque alquanto vicini. Ciò vuol significare che l'espletazione delle azioni di contrasto avvenivano su istigazione diretta, per imitazione o per ordine comunque a voce e non già per concertato programma difensivo, come in altre strutture più ampie ed articolate, dove il contatto acustico e visivo risulta precluso: in sostanza secondo scherni comportamentali di tipo tribale. Il dettaglio ci conferma perciò la natura strettamente familiare della destinazione e la non eccessiva numerosità deì difensori, privi di valenza militare.

È interessante ricordare che il "moschetto" da noi noto come arma individuale e alquanto leggera, fu in quegli anni il pezzo d' artiglieria di minore calibro, in genere pari ad una libbra, particolarmente valido per la difesa. 72


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80. Altro esempio di feriwie archihugere: numerose e distribuite sull'intera fabbrica. 8 1. Termini Imerese. Torre Colonna, eretta nel 1577, per volere del viceré Marcantonio Colonna.


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difesa delegata

La presenza del menzionato basamento tronco-piramidale sormontato da un alzato parallepipedo quadrato, rende queste torri - masseria notevolmente simili alle torri costiere erette tanto nello Stato Pontificio che in Sicilia, come pure nei pressi di Nardò ad opera ciel locale feudatario. La somiglianza tradisce qualcosa cli più di una semplice coincidenza formale. È infatti interessante ricordare che le torri costiere siciliane, altrimenti dette di Deputazione73, ebbero per loro propugnatore Marcantonio Colonna, ed il suo ingegnere di fiducia Tiburzio Spanocchi: il primo ricoperse negli anni antecedenti il ruolo di comandante in capo delle forze armate pontificie, ed il secondo di suo consigliere tecnico ufficiale. Entrambi quindi ebbero un ruolo attivo e fondamentale nella costruzione delle torri costiere laziali. Il Colonna inoltre aveva già fatto privatamente edificare sulla marina dei suoi feudi laziali alcune toni 74, sebbene in difformità dai canoni adottati per le restanti dello Stato della Chiesa per essere a pianta circolare. Tuttavia in contemporanea lo stesso personaggio su incarico pontificio faceva dettagliatamente armare l'adiacente torre di Capo d'Anzio, innalzata in perfetta osservanza dei canoni stabiliti per quella tipologi.a che così vennero brevemente riassunti: "Dunque torri di figura quadrata, lato di metri dieci, periferia di quaranta, altezza di venti, muraglie grosse di tre e quattro metri: scarpata dal cordone in giù, porta alta sul cordone, scala esterna, e ponte tra la scala e la soglia sui bolzoni. Tre piani a volta: uno pei magazzini, uno per gli alloggiamenti, uno per la batteria. All'interno la scala a chiocciola, piombato.i all' i.ntorno ... Questi sono i caratterj costanti e comuni a tutte le torri della spiaggia ... "ì5• È evidente la stretta affinità architettonica tra i due edifici, con l'unica differenza che le torri -masseria presentano sempre l'accesso diretto dal piano di campagna al locale sito nel basamento, adibito costantemente a deposito, a differenza invece delle altre che risultano a quel livello totalmente cieche. È altresì interessante r.iproporre uno stralcio desunto dagli Ordini di Servizio di Torre Colonna, appunto, in Sicilia presso Termini Imerese, per rintracciarvi i criteri ordinatori voluti dallo stesso personaggio in veste di vicerè, per la difesa costiera dell ' Isola: "9 - I detti guardiani favoriranno, aiuteranno et defenderanno da ogni periculo generalmente senza abandonare la guardia della torre tutti i passageri ... e sotto pena d'esser gastjgati s'asteneranno d 'angariar alcuno ... " 76 •

In altre parole, e nei termini più esplici dei successivi documenti in quelle toITi era fatto tassativo obbligo alla guarnigione dì accogliere e dare asilo a tutti i civili che si trovassero nei paraggi e fossero minacciati da un'incursione imminente. La prassi del resto era identica anche per quelle lazial.i , di analoga impostazio·ne architettonica. Discorso diverso per quelle vicereali napoletane, nelle quali era espressamente vietata qualsiasi accoglienza. Si conferma così ancora una volta come le toITi - masseria fossero strettamente imparentate con una tipologia architettonica militare con finalità difensive agricole , tant'è che nei "Patti" redatti per la costruzione di molte torri pontificie v.iene espressamente affermato: "Et alli detti [prop1ietari della erigenda tone] ... , per non li aggravare così in grosso, se li concederà, che dopo fatta la torre, di tutto il grano che semcnteranno et richoglieranno dal sodo et inculto (che non si lavorava p1ima) possano estrarre [esportare] la metà di detto grano ... " 77 •

In ogni caso è probante che pur esistendo in quello stesso periodo lungo la costa una nutrita serie di torri vicereali dall'inconfondibile configuraz.ione non furono quelle, senza dubbio molto più moderne e valide delle innanzi descritte, ad essere prese come modello, ma soltanto quelle più arcaiche, concet-

n Vennero così chiamate per essere state caricate economicamente alla deputazione del Regno, la quale rappresentava all'epoca una specie di comitato parlamentare, privo di cesure nel corso della sua attivitì1 e pertanto sempre in grado di provvedere alle incombenze cui era preposto. Sotto il profilo formale risultava formato da dodici membri, quattro per ogni braccio del parlamento, su nomina vicereale, sebbene gli stessi dovessero prioritariamente garantire i diritti del regno dalle decisioni del vicerè! 1 ' Le torri fatte costruire dal Colonna, su istanza del pontefice Pio IV in daw 10 agosto I 565, furono Torre Materna. nome dato in onore della madre, donna Giovanna d'Aragona, e quindi Torre Caldara, dalla vicinanza con sorgenti termali. La prima è andata completamente distrutta, mentJc .la seconda si può ancora osservare nei pressi di Anzio: la sua pianta è circolare. Cfr. A. GUGLIELMOTTI, S1oria delle forrifica zioni nella spiaggia romana risarcire ed accresciule dal I 560 al 1570, Roma I 880, p. 469. 15 Da G. GUGLIELMOTTl, Scoria .. . ' cil. ' p. 446. '" Il documento è citato da S. MAZZARELLA e R. ZANCA, I{ Li/Jro delle rorri, ed è custodito nell'A. S. Pa, deputazione, Consulte, vol. 202, Registro dispacci, II (1579-1583). "Ms. del XVI di propriet~Lciel GuGLJELMOTTJ e dallo stesso citato in, Storia delle fortifica zioni ... , cit., p. 445.


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82. Monopoli (Ba). Masseria Spina Grande.

tualmente parlando, dello Stato Pontificio e della Sicilia, ascrivibili peraltro a strette connessioni propositive. Potrebbe in ciè> ravvisarsi un particolare fattore ostativo, supponendo le napoletane l'armamento balistico quale indispensabile integrazione funzionale essendo la loro passività difensiva modestissima mentre, per contro, rilevante la loro attività. È forse pensabile che proprio per la ricordata stretta dipendenza dall ' artiglieria riuscissero inutili in un contesto rurale e non militare, facendo preferire le più arcaiche ma meglio aderenti alle esigenze e potenzialità di una difesa civile. Senza contare che le torri napoletane, sempre in funzione del loro armamento ostentavano una struttura interna assolutamente incongrua per una alternativa destinazione. Esamineremo ora alcuni casi di torri- masserie, rappresentativi della categoria. MASSERIA SPINA PICCOLA Trattasi di una torre - masse1ia a pianta quadrata ed corpo parallelepipedo di rilevante altezza, senza nessuna scarpatura. È ubicata nel territorio del comune di Monopoli, in provincia di Bari, non lontano dal mare, su cui si eleva di m. 35. L'epoca di costr.uzione dovrebbe collocarsi nella seconda metà, o forse verso la fine del '500. Attualmente è in stato di abbandono, ma le sue condizioni di conservazione app,!iono ottime. La struttura si presenta articolata su due piani, con il superiore sormontato da un vistosissimo coronamento aggettante, fungente verso l'interno da parapetto. È sostenuto da una scansione regolarissima e ravvicinata di beccatelli con interposte lunette triangolari, che assicurano uno sporto cli circa cm. 40. Al centro di ciascuna faccia della torre si apre un vano, per l'esattezza tre finestre ccl una porta, quella di accesso. Sulla loro verticale il coronamento è interrotto da una piombatoia, supportata da mensoloni ed aggettante a sua volta cli circa cm. 60, appena più stretta dei sottostanti vani da proteggere. Una scala esterna, a due oricntarnenti , consente l'ingresso al piano abitativo: lungo la parte orizzontale della medesima che precede il ponticello levatoio - oggi eliminato - sì osservano dei sedili pensili, alloggiati in uno slargo di quella sorta di corridoio, slargo sorretto anch'esso da beccatelli.


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83. Nardò (Le). Masseria Giudice Giorgio, dettaglio. 84. Nardò (Le). Masseria Giudice Giorgio.


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la difesa delegata

Sulla piombatoia dominante la porta si staglia il supporto murario della campana realizzato, come del resto l'intera torre, nella magnifica pietra di carparo, magistralmente squadrata e giuntata. Al piano terra, accessibile da un vano sottostante il ponticello si trovano due locali. adibiti probabilmente al ricovero degli attrezzi o di qualche capo di bestiame. La superficie circostante a quest' ambiente costituisce una tipica aia lastricata, cintata da un alto muro, in modo che il complesso risultante ricorda una sorta di mastio medievale all'interno cli una cerchia. Le acque piovane battenti su questa venivano raccolte eia una canalizzazione in due distinte cisterne, ubicate la prima all'interno del recinto e la seconda all'esterno: la torre comunque non ne dispone alla sua base. AI piano superiore si trova un secondo locale, che conserva ancora tracce cli una botola, ormai murata, testimone di un collegamento verticale tra la quota di campagna ed il piano agibile. Da quest'ultimo sì raggiunge la copertura e le sue quattro piornbatoie. La struttura è pertanto tra le più semplici, ma alla stessa categoria appartengono esempi cli ben diversa elaborazione architettonica, come ad esempio la non lontana: MASSERIA GIUDICE GIORGIO Trattasi cli una torre - masseria risalente anch'essa la XVT secolo, ubicata in provincia di Lecce. Attualmente è parzialmente abbandonata, sebbene appaia in buone condizioni cli conservazione. li suo impianto è quadrato con alzato parallepipedo e basamento scarpato, con cordone torico dì separazione tra le due sezioni murarie. Ottima la tessitura dei conci e molto elegante la cornice dei vani in bugnato dì vaga reminiscenza catalana. Ingresso raggiungibile tramite scala esterna e coronamento lievemente aggettante su beccatelli. Decorate anche le immancabili piombatoie in asse su tutti i vani sottostanti, in numero cli quattro, ovviamente al centro di ciascuna faccia della torre. Interessante, e non altrettanto scontata invece, la presenza dì garitte circolari aggettanti per tre quarti dallo spigolo d ' impianto, in grado perciò di assicurare il tiro di fiancheggiamento all'intera superficie esterna della masseria. È questo un elemento riservato alle costruzioni più elaborate e c urate, in dipendenza forse dai suoi alti costi cli costruzione cli perizia tecnica necessaria. Vi è da aggiungere che le garitte dì questa masseria sono prive cli copertura, ed il loro muro non supera il livello del parapetto, completando entrambi una vistosa cornice profilata. Abbiamo a questo punto evidenziato un altro degli elementi cli clifesst attiva dell'architettura rurale fortificata, destinato a riproporsi con una significativa frequenza, specie nelle tipologie di più vasto impianto. In alcune altre torri, di dimensioni più modeste, sì nota in corrispondenza dei vertici, laddove nel caso descritto sono le garitte, un rialzo a vela dei due parapetti contigui, in modo da creare una sorta cli spigolo sopraelevato. Tale disposizione consentiva la protezione dei difensori dai tiri d'infilata, in un punto critico della copertura. Era infatti particolarmente rischioso battersi in corrispondenza degli angoli, potendo essere bersagliati contemporaneamente eia due direzioni ortogonali e perciò non visibili simultaneamente: l'accorto espediente scongiurava quella paventata evenienza. MASSERIA LAMACUPA Anche questa appartiene alla tipologia delle torri - masserie, ma la sua consistenza volumetrica e la sua configurazione esterna risultano dì notevole diversità dalla precedente. Ubicata nel territorio del comune di Fasano, in provincia di Brindisi, a quota m. 75. L' epoca ipotizzabile cli costruzione del resto è di oltre un secolo posteriore, datandosi forse agli inizi del '700. Pur sviluppandosi sempre su due piani, Lamacupa appare dotata di basamento scarpato, sebbene a modestissimo abbattimento. Presente anche il cordone torico. Attualmente è inglobata in una struttura più articolata per cui il discorso circa la scala originaria cli accesso può soltanto ipotizzarsi, configuran. dola simile alla precedente, ovvero a doppio orientamento. L'interno è costituito per ogni piano da pii:l locali , ottenuti dalla suddivisione in quattro settori dell'intera superficie. Nessun collegamento verticale con il livello inferiore. Il considerevole numero di ambienti abitativi origina una nutrita serie di vani, ovvero due per ogni faccia, che trovano una puntuale protezione in altrettante piombatoìe aggettanti dal coronamento somm itale, sempre su archetti e beccatelli sebbene cli minore sporgenza di quelli della Spina Piccola.


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L 87. Fasano (Br). Masseria Lamacupa. 88. Fasano (Br). Masseria Lamac upa, planimetria. (da A. Caldcrazzi)

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La difesa delegala

Particolarmenti evidenti, e sintomo di uno sfruttamento non meramente stagionale i comignoli cli due camini, che fuoriescono dalla copertura unitamente al supporto della campana. Da quanto visto pur cogliendosi tra i due esempi un incremento volumelrico ed una palese ricercatezza ai fini abitativi, non traspare però che una marginale evoluzione dei concetti e degli espedienti difensivi. Ciò sta chiaramente ad indicare che la dinamica offensiva nonostante lo scorrere dei tempi non ha subito significativi incrementi di potenzialità. Lecito quindi allribuire le maggiori connotazioni difensive proprie di altre masseria - sempre della stessa categoria - alla diversa ubicazione, probabilmente più esposta o meno avvantaggiata dalla adiacenza delle consimili. È il caso, probabilmente, del.la beUissima torre - masseria Panicelli , assolutamente divergente dalle descritte . MASSERIA PANJCELLI Costruita agli inizi del XVII secolo, questa masseria si osserva ancora in discrete condizioni, perfettamente leggibile nella sua impostazione originale e priva di sensibili alterazioni o stravolgenti ristrutturazioni, sebbene alcune modifiche recenti ne abbiano in parte turbato l'equilibrio architettonico e storico. È ubicata nel territorio del comune di Rutigliano, in provincia di Bari, a ben m. 200 di quota. Si trova all'interno di uno spazio cintato, unica disposizione questa affine alle già descritte. La torre presenta, in stretta analogia con le torri costiere vicereali napoletane, una scarpatura continua sino alla sommità, costituendo così un rarissmo esempio di mutuazione rurale dalla linea costiera del 1563. Le somiglianze però si riducono a questa unica caratteristica, poiché il corpo della masseria risulta planimetricamente costituito da un quadrato centrale ai cui vertici si innestano altri quattro piccoli quadrati , riproponendo in miniatura il vecchio schema delle masserie fortificate tardo - imperiali e dei castelli federician i. L'impianto mostra subito una ottima validità difensiva, consentendo un efficacissimo appoggio di fuoco, radente e incrociato, tra i diversi spigoli, fungenti quasi da altrettanti bastioncini o torrette angolari. In sommità poi queste inusitate opere fiancheggianti culminano con delle piombatoie continue a squadro sorrette da grossi beccatelli. Grazie alla estensione pari allo svil uppo dei corpi angolari, tali piombatoie consentivano il tiro verticale su tutto lo sviluppo perimetrico, nonché persino un micidiale fuoco "a rovescio""78 nei settori di cortina intermedia. Sempre le suddette piombatoic ostentano anche minacciose feritoie verticali, lasciandosi assimilare in tale impostazione a delle vere e proprie garitt.e, ottime per il fuoco a distanza. Ne conseguiva perciò sotto l'aspetto difensivo globale .il suo estrinsecarsi, ad opera degli uomini della masseria, già al profilarsi degli aggressori ai limiti di gittata delle loro anni, fuoco che con l' avvicinamento dei secondi si intesificava per moltiplicazione di punti di sparo e per incrociarsi de1le traiettorie nelle tre dimensioni. Nelle restanti connotazioni la masseria appare tradizionale: ingresso sopraelevato preceduto da una lunghissima rampa unidirezionale di scala, piombatoie sopra tutti i vani porta e finestra, segmentazione interna degli ambienti, costituiti da quattro camere per piano.

I quattro esempi citati, lungi da essere esaustivi della categoria ci hanno, se non altro, fornito un emblematico quadro di variabilità, ed introdotti alle successive elaborazioni dell ' architettura rurale fortifi cata. Strettamente connesse a queste infatti sono le masserie con torre, nelle quali una del genere descritto assicurava la protezione all'intero complesso. Più aJl'interno, invece, presero a diffondersi particolari masserie prive cli torre ma non per questo meno valide. Se mai la scomparsa della torre significava che non vi era più la esigenza ossessiva di un

78 Il "tiro a rovescio" consentiva grazie alla sporgenza dei corpi di fabbrica angolari - simili in ciò ai bastioni - rispetto alla conina intermedia, di bersagliare gli incauti assalitori che si fossero accostati a quesL ' ultima non solo frontalmente ma anche alle spalle. ritrovandosi quelli più arretrali, e quindi appunto alle spalle degli attaccanti .


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89. Rutigliano (Ba). Masseria Panice lli


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90a,b. Rutigliano (Ba). Masseria Panicclli, planimetria. (da A. Calderazzi) 91. Rutigliano (Ba). Masseria Panicelli, prospetto laterale.


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93 92. Rutigliano (Ba). !vlasst::ria Panicelli, scorcio d'angolo. con ben evidenti le piombatoic continue a due orientamenti. 93 , Rutig liano (Ba). Masseria Panicelli, prospetto frontale, con scorcio della lunghissima rampa di scala.


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controllo costante dell' orizzonte. Significava altresì che le potenzialità di stivaggio richieste alla masseria si erano enormemente accresciute, imponendo, in pratica, che fosse l'intero complesso ad essere in condizione di difendersi omogeneamente in ogni suo settore e di salvaguardare pertanto non solo le persone ma anche gli averi. Ecco quindi il proporsi di masserie - compatte dove gli elementi difensivi esaminati, quali fer.itoie, piombatoie, garitte, ecc. , si applicarono lungo l'intero corpo di fabbrica della costruzione. A questa categoria appartengono numerose masserie che, in mancanza dell'elemento verticale ai fini della difesa, adottarono una nutrita teoria cli espedienti offensivi disposti a scansione regolare. Anch'esse si rintracciano per lo più strutturate su due piani, assolutamente distinti ed incomunicanti direttamente fra di loro. Per accedere infatti da quello terraneo al primo è necessario utilizzare di norma una scala esterna del tutto identica a quella delle precedenti masserie. Mostrano, inoltre, spesso la copertura a doppia falda formata con la sovraposizione ad embrice di larghe e schiacciate pietre, o cli pesanti tegoloni cli cotto, precauzione che tradisce la paura dei tentativi d'incendio. Frequenti, come accennato, legaritte aggettanti in coffisponclenza cli ogni spigolo, come pure lungo le mura di cinta esterna, elementi che consentivano comunque un efficace tiro di fiancheggiamento lungo l' intero perimetro, nonché di effettuare, dalla cinta, anche un tiro a rovescio e di incrociare le traiettorie in ogni settore della corte o cieli' aia. Le garitte sono per lo più a pianta circolare sorrette da mensoloni fuoriuscenti dagli spigoli per 3/4, simili a quelle innanzi descritte della masseria Giudice Giorgio, consentendo così uno sporto pari all'intero raggio. Nella stragrande maggioranza dei casi sono dotate di copertura, precauzione elementare per evitare la rischiosa esposizione dei difensori ai tiri arcuati. L'acceso a tal i minuscole postazioni avveniva dalla quota del terrazzo di copertura, sul quale si aprivano con un modestissimo vano, in modo da proteggere quasi anularmente gli occupanti. In molte di queste masserie, come del resto pure delle precedenti, si riscontra un collegamento sotterraneo, a volte di lunghissimo sviluppo, con la campagna circostante, estrema garanzia di scampo. La ricchezza e la concomitanza di tanti fattori difensivi cli medievale memoria, ci avvia alle più elaborate realizzazioni ciel settore quelle delle masserie-castello e masserie-fortezza. Senza però pretendere di voler approfondire ogni possibile categoria, o sottocategoria, ci limiteremo a fornire qualche delucidazione su simili complesse masserie, che ai fini della nostra ricerca costituiscono le testimonianze più eclatanti della 'difesa delegata' rurale.

MASSERIA CASTELLO La definizione di masseria-castello scaturisce dalla sua configurazione architettonica che ricorda gli elementi precipui del medievale edificio militare-residenziale. Masserie quindi munite cli torri aggettanti, di coronamento - spesso merlato - , di ingressi con massicci portali preceduti da ponti levatoi, il tutto su planimetrie spiccatamente castellane, quancl' anche onnai decisamente anacronistiche. Giocava a favore del loro proporsi da un Iato la costante necessità, ormai indiscutibilmente evidenziata, dall'altra una non disgiunta esigenza di esternazione di nuove nobiltà, sorrette da uno stile edilizio ritenuto l' unico consono, perfettamente in Jinea con la dilagante prassi di ristrutturare gli antichi castelli feudali in favolose ville residenziali. Sempre però con una attenta finalizzazione ai compiti agrari che costituivano, se non altro, la base della ricchezza alle spalle cli simili realizzazioni architettoniche. MASSERIA DON CATALDO Non lontano da Bari sorge questa splendida masseria-castello, fatta erigere dal marchese di Laureto, Carlo Tommaso de Nicolai, nel XVII secolo. È in effetti una residenza rurale nobiliare, ovviamente fortificata, ma in essa le fortificazioni assumono un aspetto estremamente scenografico. Le sue condizioni di conservazione, sebbene da tempo abbandonata, appaiono discrete , comunque tali da consentirne una facile lettura. "La masseria, con aspetto cli castello, presenta due torrioni semicircolari sui due lati, ed una scala a tenaglia che porta al primo piano con antistante loggiato sul prospetto principale.


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94 94. Loseto (Ba). Masseiia Don Cataldo.

Sulla parte posteriore è situata la zona più antica della masseria consistente in un fabbricato a due piani comunicanti attraverso una scala interna allo spessore della muratura. 11 secondo piano, provvisto di finestre rettangolari, si conclude con un parapetto pieno, accentuato da beccatelli in con-ispondenza dei tonfoni. La chiesa annessa è stata distrutta lasciando a sua testimonianza solo l' ambiente dedicato a sacrestia. Un alto recinto racchiude la corte lastricata su cui si erge il complesso fortificato in pietra a bugnato.

Descrizione interni. Al piano terra sono distribuiti i locali per il ricovero ciel bestiame e per il deposito dei prodotti mentre al primo piano sono dislocati quattro piccoli ambienti ricavati nei torrioni, coperti da volte a padiglione, comunicanti con il salone centrale ottagonale da cui si accede ad altri sei vani intercomunicanti. La sala centrale, ancora oggi di notevole bellezza decorativa per le pareti e la volta dipinte con figure rappresentanti scene dell' Orlando Furioso, chiusa da porte lignee in stile settecentesco, completa con gusto raffinato il carattere sobrio e maestoso del complesso rurale. Al secondo livello sono posizionati altri vani, collegati verticalrnente da una scala circolare ricavata nello spessore di uno dei torrioni. L'articolazione complessa della masseri a, individuata da due assi di simmetria e due corpi di fabbrica suggerisce che una sapiente manovalanza ha calibrato .i volumi architettonicamente ed ha saputo fon dere in un unico complesso ]a vita residenziale con quella lavorativa. Evoluzioni subite. Le aggiunte e le modifiche susseguitesi nel tempo riguardano essenzialmente l' aumento di alcuni vani e la trasformazione del prospetto con la introduzione del loggiato." 79 Dalla accurata descrizione della masseria è facile ricavare che l'aspetto difensivo della stessa restava affidato sostanzialmente agli anacronismi medievali , ovvero ai torrioni semicircolari aggettanti , al loro

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Da A.

CALDERAZZI,

L' architef/ura rurafe in Puglia, Le lv/asserie, Brindisi I 99 I, pp. 196-20 I.


La difesa delegai.a

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95. Loseto (Ba). Masseria Don Cataldo, planimetrie. (da A. Calderazzi)

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96. Loseto (Ba). Masseria Don Cataldo, scorcio laterale.

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coronamento sommi tale, ad alla cesura fra i cli versi piani, mancando l'ormai consueto apparato di piombatoie, garitte e feritoie. Il dato ci porta a concludere che ad onta della grandiosità scenografica questa masseria fosse più vulnerabile ed indifesa degli esempi innanzi illustrati, essendo per di più il fiancheggiamento dei torrioni parziale ed incompleto. Dove invece l'analoga concezione trova una più esatta formulazione difensiva è nelle masseria-castello Marchione.

MASSERIA MARCHIONE Anche quest' altra masseria-castello si ritrova nella provincia di Bari, ma appartiene ad un'epoca decisamente più recente dei casi sinora esaminati, conferma se non altro della persistenza dell'identica problematica. La sua edificazione è ascritta alla volontà di Giulio Antonio Acquaviva, conte di Conversano, intorno al 1730-40, con chiari intendimenti di resi.denza nobiliare di svago, con un vistoso apparato difensivo. Ancora oggi del resto, esaurita la sua marginale funzione cli masseria, ha riassunto quella originale di residenza temporanea.

"Descrizione. Un recinto racchiude il castello a tre livelJi in cui sono divise le varie funzioni: quelle lavorative agricole con stalle e depositi a piano terra, quelle abitative del massaro al piano ammezzato e del proprietario al primo piano. Quattro torrioni angolari cilindrici, terminanti a livello del primo piano, segnano i vertici del fabbricato avente prospetti simmetrici nella composizione del porticato a tre fornici, due finestre laterali e scalinata esterna. Tutte le finestre ciel primo piano sono sormontate da timpani spezzati e segnate da cornici. La ritmica balaustra della scalinata limita anche le terrazze dei torrioni, innestandosi con estro e sapiente metodologia nello stile chiaramente settecentesco della costruzione e in una semantica architettonica ragionata ed equilibrata. Sull'arco di accesso del recinto è 1o stemma degli Acquaviva con un leone so1Tetto da una corona. Descrizione interni. Costruito in pietra calcarea intagliata e squadrata, il castello ha pianta quadrata con quattro torrioni cilindrici. Le rampe della scala monumenta]e sono sostenute da volte a botte rampanti e ornate da balaustre di pietra. Al piano terra si trovano alcuni vani con volte a botte che affacciano su un lungo coITidoio, un grande ambiente rettangolare centrale diviso in due, quattro locali circolari ricavati nelle torri e un piccolo vano in cui è ricavata una scala.


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97 97. Conversano (Ba). Masseria Marchionc.

Al primo piano le torri divengono terrazzi, mentre i vani laterali a pianta quadrata e coperti da volte a padiglione si distribuiscono direttamente intorno al salone centrale, al quale si arriva attraverso lascala esterna. La sala, coperta da soffitto ligneo con decorazioni di notevole pregio, è preceduta eia un vestibolo con loggiato a cui si giunge dalla scalinata esterna. Il piano seminterrato è costituito principal mente eia un ambiente a forma di U che gira intorno ad un altro rettangolare.

Evoluzioni suhite. Si parla di una prima trasformazione settecentesca dovuta alla nuova muratura in corrispondenza delle triplici arcate e alla eventuale diminuizione dei torrioni limitandoli al primo livello, ma ciò sembra improbabile ... " 80 . Anche questo secondo esempio cli masseria-castello ci propone delle soluzioni architettoniche determinate più da una motivazione estetica che eia una finalità propriamente difensiva. Nonostante ciò i torrioni si trovano nella giusta posizione per assolvere al compito precipuo loro assegnato dall'ingegneria militare, ovvero quello del fiancheggiamento. Proprio per lo stesso scopo del resto mostrano delle feritoie che consentivano di tenere sotto tiro le quattro facciate deJl' edificio, nonché, in buona parte, il terreno circostante. Ovviamente data la grandezza della struttura e la sua complessità occorreva che i difensori agissero ciascuno secondo ruoli ben precisi ed in perfetta coordinazione per non lasciar scadere l'intera resistenza: ciò confermerebbe una più elevata specializzazione del personale, inquadrato, in qualche modo, in formazioni paramilitari sia pur cli piccolissimo numero, relativamente parlando. Dove però l'aspetto architettonico e quello difensivo si mostrano sapientemente calibrati e rispondenti ad una precisa volontà di imprendibilità è nelle masserie-fortezza, ben esemplificate dalla interessantissima Pettolecchia', ottimamente conservata presso Fasano in prnvincia di Brindisi.

so IBIDEM, pp. 202-207.


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98. Conversano (Ba). Masseria Marchione, plan imetrie. {da A. Calderazzi)


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MASSERIA PETTOLECCHIA Questa straordinaria masseria, eretta con molta probabilità verso la fine del XVI secolo, si presenta con una pianta magistralmente definita di quadrato con ai vertici quattro bastioncini pentagonali. Poiché i segmenti di cortina interposti tra i bastioni sono molto ridotti, dell' ordjne di pochi metri, il complesso risultante assume la configurazione planimetrica di stella a quattro punte. Il dato, evidentissimo nei rilievi, ci porta ad osservare una singolare somiglianza con la concezione della torre di S. Sabina, dalla quale peraltro dista solo alcuni chilometri . La somiglianza quindi non deve ritenersi un fatto puramente accidentale ma sottintende relazioni progettuali ben più strette. Nè peraltro mancano affinità con altre coeve realizzazioni residenziali, anche molto distanti, come con il "castello" Spadafora, presso Milazzo. L'impiantarsi ad immediato ridosso del mare, consigliò senza dubbio l'adozione cli criteri difensivi avanzati, sacrificando agli stessi qualsiasi comodità interna o ricercatezza scenografica. Al pari di quanto già osservato per la citata torre di S. Sabina, anche per questa masseria la logica della difesa è interamente impostata sul tiro radente e fiancheggiante. Ne deriva che suo tramite poteva battersi qualsiasi punto ad essa esterno, senza alcun angolo defilato - grazie appunto ai bastioncini - con un micidiale tiro incrociato. È quindi indispensabile, prima di esporre ulterio.ri puntualizzazioni architettoniche-militari, descriverne, attingendo dalla solita fonte, le caratteristiche salienti. "Epoca e tipologia. La masseria Pettolecchia si. presenta circondata da un alto muro di cinta, interrotto solo dal portale d' ingresso81• Il fabbricato principale è formato da una grande ton-e a guisa di castello con quattro torrioni ai verti ci [più propriamente bastioni pentagonali n. d. a.] e costituisce l'elemento più significativo ciel complesso rurale ... Per la sua posizione geografica non lontana dal mare e protetta dalla collina di Fasano, la "Pettolecchia" si aggiunge alla serie di torri interne e masserie fortificate, formanti una precisa linea di difesa dopo quella costituita dalle torri cli avvistamento lungo la costa... La proprietà della masseria era, all'epoca della sua costruzione, dei Palmieri, signori di Monopoli e di loro appartenenza sono gli stemmi posti sull' arco d'ingresso, sul portale dell'abitazione, sulla volta della sala. La masseria è rimasta di proprietà della famiglia Palmieri sino al 1962, quando è stata venduta insieme ai suoi possedimenti all'ordine dei Gesuiti82. Alla ma,sseria appartenevano centinaia cli ettari di terreno destinalo a pascolo e coltivato ad oliveti. Un piccolo fossato probabilmente lambiva la torre-castello e il vecchio ponte levatoio costituiva l'unico accesso al piano dell'abitazione. La chiesa, sormontata da una cupola con sovrastante lucernaio e munito cli rosone centrale è stata completata nel XVlll secolo ... Descrizione esterni. La grande torre quadrangolare con i quattro torrioni laterali, con alto basamento a scarpa segnato da un cordolo in pietra e con lunga scalinata a due piani costituisce l' elemento più emblematico ciel complesso architettonico rurale. Sulla porta d'ingresso dell'abitazione del proprietario, al primo piano, sono collocati ... una caditoia di dimensioni maggiore delle altre laterali e il campanile a vela. Tutte le caditoie, sistemate in corrispondenza dell.e aperture, sono provviste di sovrastante garitta con due feritoie. L'alto parapetto di coronamento, all ' altezza del terrazzo, aveva ia funzione di mascherare il camminamento segreto. La scala, in evidenza rispetto al corpo principale della costruzione, si ricollega a questa attraverso un ponte in muratura con sottostante arco, costruito in sostituzione del precedente ponte levatoio.

81 È da notare che anche su quello è impiantata una piombatoia feritoia, accessibile dal percorso sommitale cli ronda lungo il muro di cinta, tramite due rampe simmetriche all'asse di penetrazione. 82 Nella ricognizione da me effettuata nel luglio del 1993, erano praticamente ultimati i lavori cli restauro promossi dall'Ordine.


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100. Fasano (Br). Masseria Petto\ecchia, veduta Jaterale.


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101. Spadafora (Me). Planimetria del palazrn-castello. Archivio di GueJTa, Vienna.


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I02. Spada[ora (Mc). Scorcio del palazzo-castello.

Durante un intervento restaurativo, le aperture laterali sono state ampliate per divenire vere e proprie finestre con balconi e ringhiere. Sul lato sinistro, si nota, a piano terra, un portale con arco ribassato che poggia su due c0Jonne; sulla facciata di destra è visibile un vano con arco chiuso eia una muratura, lì dove si pensa penetrava il fossato. TI materiale della costruzione è costituito da "carparo", pietra calcarea da costruzione d i derivazione locale. I beccatelli del ponte in muratura, le caditoie, le garitte, il lucernaio, il campanile a vela e il rosone della cappella, gli stemmi gentilizi e l'epigrafe suiringresso costituiscono le uniche decorazioni della masseria. I locali di deposito e le vecchie stalle distribuite lungo il recinto sono indipendenti dal fabbricato principale. Il muro di cinta è interrotto solo dal portale d'ingresso munito, in chiave d'arco, dello stesso stemma che è sull ' accesso dell'abitaz.ione e di doppia scala interna addossata per poter raggiungere la caditoia centrale.

Descrizione interni. Salendo al primo piano della masseria si accede direttamente in un salone centrale illuminato da finestre. La sala, coperta da una volta a botte dipinta e raffigurante lo stemma dei Palmie1i, ha fu nzione di vestibolo per i quattro piccoli ambienti con volte a crociera ricavati nello spessore dei quattro torrion i angolari. Attraverso una porta, collocata sul lato descritto della sala centrale, si accede ad un piccolo vano in cui è sistemata una stretta scala a chiocciola, interna, che sale al terrazzo di copertura e scende nell'unico ambiente ricavato a piano terra e coperto da volta a botte, divenendo unica comunicazione tra i due piani della torre ... Evoluzioni subite. La Pettolecchia ha sempre assolto funzione agricola, soprattutto per la vasta produzione di olio anche se attualmente non vi è più bestiame e la masseria è abbandonata ...


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104 103. Fasano (Br). Masseria Pettolccchia, dettaglio del muro di cinta. 104. Fasano (Br). Masseria Pettolccchia, dettaglio piombatoia sovrastanLe il portale esterno.


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105 . Fasano (Br). Masseria Pettolecchia, vista posteriore: ben evidente il cordone che delimita la parte scarpata del basamento da quella sovrastante verticale. I 06. Fasano (Br). Masseria Pettolecchia, dettaglio de!Je caditoie sovrastanti ciascun vano.


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I07. Fasano (Br). Masseria Pettolecchia, scorcio Ialerai e.

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Insediamento rupestre. Di epoca precedente alla costruzione della masseria è la grande grotta rupestre che si trova scendendo in una cavità a destra della torre. L'insediamento sotterraneo, classico esempio di architettura spontanea è stato modificato nel tempo ed utilizzato come frantoio ... ed in seguito come penitenziario con celle ricavate lungo il per.i metro della grotta ... " 83 : Esaurita la descrizione architettonica dell'edificio, ne illustreremo ora, brevemente, le caratteristiche difensive. Già dalla presenza del fossato, e dall' elaborato muro di cinta si coglie la notevole complessità della "Pettolecchia": sul suo portale, ad esempio, si scorge una prima piombatoia - garitta costituente la difesa più avanzata del complesso. Venendo quindi alla scala si nota l'andamento lineare della rampa e del ballatoio, che si slarga nella sua parte iniziale, supportandosi su beccatelli, in modo da consentire la permanenza di un maggior numero di difensori rispetto agli attaccanti, costretti dalla gradinata. Scontato quindi il secondo ponte levatoio e la doppia piombatoia sul vano d'ingresso, sempre nella inusuale configurazione cli piombatoia-garitta, dettaglìo che ci conferma come unico armamento delle stesse il solo archibugio, in postazione difensiva orizzontale - dalle feritoie - o verticale - dalle piombatoie. Nei quattro bastioncini si osserva, immediatamente al di sopra del cordolo in coffispondeoza del loro piccolissimo fianco, la presenza costante di una grossa feritoia a strombatura esterna, perfettamente posizionata per spazzare con il suo fuoco, tanto la cortina intermedia che la faccia corrispondente ciel bastioncino opposto. In tal modo si otteneva la totale copertura balistica incrociata del perimetro della masseria. Presenti, comunque, al di sopra di ogni vano altre piombatoie-garitte, servite per di più da un camminamento coperto lungo l'intero sviluppo dell'alto parapetto, il cui profilo sommitale è inclinato per favorire la deviazione dei proietti nemici. Risultava in tal modo possibile spostarsi da un centro all'altro di fuoco senza mai esporsi direttamente e senza mai rivelare la propria presenza, e la propria consistenza, pur essendo costantemente informati su quella dell'attaccante. Anche la struttura interna appare compartirnentata in modo da favorire una difesa ad oltranza articolata, riuscendo impossibile controllare dalla sala centrale i quattro ambienti di vertice. Ancora una volta si deve ipotizzare per questa eccezionale masseria un contingente di difensori particolarmente addestrati ed autonomi nei loro compiti, perfettamente in grado cli assolverli in maniera mìlitare. Del resto la pre-

83

Da A. CALDERAZZI, L'architettura ... , cit., pp. 186-195


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La difesa delegata

I 08. Fasano (Br). Masseria Pettolecchia, dettaglio ùcl parapetto sommitale a profilatura balistica.

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senza del piccolo reclusorio sotterraneo sembrerebbe avvalorare la tesi della vigenza di una rigida disciplina interna non altrimenti giustificabile. Questo tipo di masseria, al limite estremo dell'edificio rurale, mostra delle caratteristiche spiccatamente militari tali da farla motivatamente supporre tra quelle necessitanti di autorizazzione del governo, ma al riguardo le fonti tacciono assolutamente. È sintomatico comunque osservare che in una somigliante, ma a soli tre bastioni, quindi con pianta a stella a tre punte - la masseria Giardino presso Foggia - sulla base del parapetto delle scale la decorazione incisa nelle pietre raffiguri delle torri costiere sormontate da un vivido fuoco guizzante. Come non collegare quell'emblema alle non lontane torri costiere ed al loro sistema di segnalazione? E come non collegare queste masserie con quelle torri? Nel corso della minuziosa citazione architettonica, l'autrice accenna, concordando con quanto già in precedenza da noi sostenuto, all'esistenza di una seconda linea difensiva alle spalle di quella costituita dalle torri costiere: è pertanto coerente con la nostra tematica approfondirne la ricostruzione.

La logica ambientale Abbiamo già in diversi punti di questi capitolo ipotizzato la non casuale realizzazione di una seconda linea dì difesa territoriale, dopo quella delle torri costiere, costituita appunto dalle torri-masseria, o più generalmente dalle torri private, ubicate in contesti agricoli. Al fine di valutare l'attendibilità dell'affermazione è necessaria una serie di precisazioni ulteriori circa le caratteristiche storiche ed architettoniche delle due tipologie. È innanzitutto abbastanza ben documentato che la tipologia della torre-masseria è più antica - e forse sarebbe meglio dire piL1 arcaica di quella della torre vicereale napoletana - tanto da poter motivatamente sostenere una priorità dell'iniziativa difensiva privata su quella pubblica, specie in corrispondenza di ricchi feudi come a Nardò. "Resta confermato che la compatta influenza ecclesiastica nel feudo di Nardò e soprattutto i cospicui interessi legati alla conduzione agricola, abbiano anticipato la programmazione della difesa della costa ciel Regno in un piano unitario esteso ali' entroterra, nel rispetto delle prime allarmate disposizioni del 1532 e nella giustificata convinzione che le cose dello stato richiedono tempi lunghi. Nel quadro generale quindi, ma probabilmente con qualche decennio di anticipo e sotto la guida palese o il consiglio segreto di qualche architetto dello Stato della Chiesa. Con un benevolo accoglimento


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109. Agrigento. Torrione di Carlo V a Porto Empeclocle. 110. Pozzuoli (Na). Torrione a protezione (id porticciolo, di epoca tolediana.

da parte delle autorità centrali che si sono viste realizzate le più belle torri del regno, integrate poi soltanto con Torre Uzzo e Torre Inserraglio ... " 84 . Approfondendo sempre l' analisi formale come la sola, almeno attualmente, chiave di interpretazione della cronologia e quindi della logica insediativa, ricorderemo che molti illustri studiosi, ed ancor piì:t numerosi documenti d'archivio, sostengono che il propugnatore del piano di torreggiamento dell' intero perimetro costiero del Regno cli Napoli sia stato, negli anni 30 e 40, del XVI secolo, don Pedro di Toledo. Lo stesso personaggio fece, con molta probabilità anche costruire, e lo abbiamo già affermato in precedenza, alcuni prototipi di torri costiere. Ma di quale configurazione architettonica? Appare sensato immaginare che quella eretta a Pozzuoli nella sua residenza fosse se non la capostipite della erigenda serie sperimentale, almeno tra le migliori e non ce1to un modello superato. In tal caso, tutte le altre sarebbero state appunto quadrate con base a scarpa ed alzato parallelepipedo, cioè appunto come quella del suo palazzo. Ne conseguirebbe, ed è credibile, che quella tipologia sperimentale, ricca di suggerimenti dalle già collaudatissime e similari tmri private, sia pur con adeguamenti strutturali per l'artiglieria da costa, fu prontamente recepita dallo Stato Pontificio e dai suoi feudatari , come pure da quelli napoletani. Eliminate le maggiorazioni balistiche incontrò allora una altrettanto pronta diffusione per iniziativa privata. Nel frattempo invece l'evolversi della tecnologi a militare portava gli ingegneri napoletani ad elaborare un diverso mode1lo cli torre costiera, o comunque difensiva, impostata sulle prestazioni dei cannoncini petrieri per la difesa ravvicinata e sui cannoni navali per quella a distanza. E quel modello, calibratissimo, venne prescelto per la difesa costiera globale del regno di Napoli varata nel 1563. Volendo ulteriormente approfondi re l'argomento i concetti informatori cle1la torre costiera vicereale possono già individuarsi, sia pur larvati, nelJa grossa torre ciel caricatore di Agrigento e di una seconda, praticamente uguale, nel porticciolo di Pozzuoli. Si ebbero perciò da quel momento due distinte categorie di torri, una eminentemente militare, implicante assolutamente l'artiglieria. e l'altra piì:t flessibile e quindi vaLidissima per l'impiego difensivo ci-

s-1 Da V. FAGLI A,

Censimemo delle torri costiere nella provincia di Terra d'Otrnnto.... cjt.. p. 142.


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vile. Il che però contraddice la possibilità di datare attraverso la semplice configurazione architettonica l'anzianità del manufatto. È abbastanza sensato ritenere che proprio la stretta connotazione alle esigenze ed alle prestazioni balistiche della torre vicereale napoletana, anunettenclo pure che ne fosse stato possibile la riproduzione per iniziativa privata - limite ostativo già esposto - non si proponeva affatto ottimale per la difesa rurale. Impensabile infatti l'impiego di artiglierie nelle campagne, ed inutile per giunta, non dovendosi fronteggiare vascelli incursori. Ovvio quindi affermare che tra le due tipologie civili e militari non può parlarsi cli avvicendamento di un tipo con l'altro e, meno che mai, di priorità costruttiva , ma solo cli diversa calibratura in funzione della minaccia potenziale, altrettanto divergente. Giusta quindi la prima parte del ragionamento dell'attento auto.re innanzi citato, ma discutibile, per quanto enunciato, la conclusione. "Si legge nelle tipologia delle torri masserie, finora senza riscontro nei documenti, la volontà di difesa organizzata non abbandonata al caso per caso dell'iniziativa dei singoli, ma partecipe di un organico piano ben prestabilito, prima dell'avvento delle torri viceregnal i, con una prima linea di torri incari, cate cieli' avvistamento e della segnalazione ... Queste torri fungevano molto verosimilmente eia difesa costiera, pri1na dell'intervento viceregnale ciel sedicesimo secolo ... Intima connessione quindi tra le necessità cli difesa della costa e la difesa della produzione, magari anche dai briganti, ma soprattutto dai pirati e dai dipendenti infedeli ... Alcune torri sono collegate direttamente alla organizzazione delle masserie (dall' Alto, per esempio). Si tratta quindi di una serie sperimentale di torri, edificate dai privati (gli Acquaviva?), anteriori almeno come tipologia alle viceregnali, che saranno con più attenzione studiate per l'arma da fuoco, al fine cli azione e resistenza di nuova efficacia ... Le prime date certe che si leggono sui documenti, non servono finora ad illuminare le ipotesi, anzi qualcuna è in contraddizione con esse. Ma si sono volute sottolineare alcune correlazioni logiche dei due settori, al fine di un possibile approfondimento della ricerca... " 85. Le conclusioni cieli' autore confermano che la datazione in funzione della tipologia architettonica è mendace. Infatti se tutte le masserie-torri e masserie con torre, fossero state veramente frutto del periodo immediatamente antecedente a quelle costiere vicereali, non si spiegherebbe il loro ulteriore proliferare anche in epoca successiva. Vi è semmai eia osservare che proprio dalla fascia di impianto è possibile decifrare la logica stessa. Infatti pur supponendo che le torri costiere fossero in grado di incercettare la stragrande maggioranza degli assalti eia mare, ne restava pur sempre - ed in realtà avvenne anche con una certa frequenza - una rilevante aliquota che "bucava" quel leggero cordone. Ed allora l'onere della difesa ricadeva su quelle private, la cui necessità, sino ai primi anni dell"800 mai fu messa in dubbio. Ulteriore conferma cieli' asserto si può cogliere osservando una serie di torri di tipo "civile", rintracciabili ancora in discreto numero nell'area immediatamente adiacente alla città di Napoli - dettaglio di per sè già estremamente significativo - tra Caserta e Salerno. Orbene queste torri che presentano caratteristiche architettoniche non solo generalmente simili nella configurazione, ma minuziosamente uguali circa i eiettagli difensivi, come la disposizione, la conformazione e la posizionat.ura delle feritoie archibugere contraddicono nettamente l'ipotesi di una loro esigenza solo anteriore al dispositivo costiero vicereale. Su una di esse infatti, ubicata in provincia cli Caserta - e lo ripetiamo analoga in tutto alle altre, e quindi indubbiamente coeva, se non addirittura dello stesso architetto - si legge che venne eretta nel 1567 da tal Pescitelli per difesa dai pirati86 • Nel 1567 il programma difensivo costiero vicereale si trovava ormai prossimo alla sua entrata in servizio con centinaia di torri già erette e altre centinaia in avanza-

85

Da V. FAGLIA, Connessioni operative tra torri di difesa cos1iera e torri masseria nel Regno di Napoli, confiw1to rra l'area di Monopoli e l'area di Nardò, Monopoli, Alti Convegno Internazionale di Studio 22-23-24 marzo 1985, pp. 1099. 86 Da L. S,\NTORO, Case-Torri del Ci11quecento 11el vicereame di Napoli, in Napoli Nobilissima, Voi. XXIX, rase. I-IV, gennaio agosto 1990, p. 11.


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111. Napoli. Torre Ranieri. 112. Portici (Na). Torre piazza S. Ciro. 11 3. To1Te Annunziata (Na). Torretta Sietm. 114. Vico Equcnse (Na). Torre loc. Fornello .


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115. Conca dei Marini (Sa). Torretta privata.

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ta fase di costruzione. Pertanto quelle torri si innalzarono contestualmente a quelle pubbliche, e come quelle molte altre, sia prima che dopo, in fu nzione solo delle necessità agricole, creando con il loro infittimento una efficacissima seconda linea difensiva. È plausibile credere che la dislocazione sia stata agevolata ed incentivata dallo stesso governo, in un ambito di difesa territoriale globale, in parte militare ed in parte civile.

Lo schieramento globale È indispensabile, a questo punto fornire il quadro complessivo del dispositivo pubblico di difesa costiera, col quale si andava a raccordare, nelle maniere che meglio esemplificheremo, quello privato della Difesa Delegata. Per farlo ci serviremo di un prezioso manoscritto del 177587• Nel documento, unico finora del suo genere, si rintraccia non solo la ubicazione, provincia per provincia, di tutte le torri costiere, ma persino la relativa proprietà e la natura della guarnigione che le presidia. Pur trattandosi di epoca più recente di quella in esame, per la costanza del problema, e per l'essere sostanzialmente ultimata quella catena di torri già intorno al 1569, salvo poi successi vi ravvicinati infittimenti, il documento è congruo alla nostra ricerca. PIANO DELLE TORRI DEL REGNO DI NAPOLI Piano di tutte le torri del Regno per ordine Geografico Piano di tutte le torri marittime del Regno di Napoli descritte per ordine geografico, incominciando dal Littorale della Prov.a di Te1Ta di Lavoro, che nel Mare Tirreno confina collo Stato .Papale, e indi proseguendo attacca con quello della Prov.a di Principato Citra, e di mano in mano colle altre Prov.e, e gira per il Mare Ionio, e dopo coli' Adriatico, e termina collo stesso stato Papale dalla parte della Marina di Angona nel detto Mar Ad1iatico, colla distinzione in tenim.to della marina di quale Uni.tà quelle sono site, e col riscontro dello Stato attuale delle mcd.me, se sono abitabili, se han bisogno di accomodi, ovvero di rute, e da chi vengono custodite, se Torrie1i, Proprieta1j, ovvero Interini, o pure dalli Invalidi .

81

11 manoscritto è di proprietà dell'arch. ing. Vittorio FAGLIA, Monza, via Zanzi 11, già presidente dell'Istituto Italiano dei Castelli.


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PROVINCIA DI TERRA DI LAVORO Nella marina di questa sud.a Prov.a di Terra di Lavoro vi sono num.to 46 torri, e principiando dalli confini dello Stato Papale le med.me sono site in tenim.o delle sotto.e Uni.tà88

Fondi Torre di S. Anastasio La sud.a Torre viene custodita dalli militari Invalidi

Sperlonga Torre di Truglio La sud.a Torre viene custodita dalli Militari Invalidi, ed ha bisogno di accomodi.

Torre di Capovento La sud.a Torre viene custodita dalli Militari Invalidi.

Gaeta To&Te di Einaldo La sud.a Torre non si ha riscontro, che venga custodita. Torre di S. Agostino Torre di Fico Torre di Viola Le sud.e tre Torri vengono custodite dagli Invalidi

Torre di Estrcssure La sud.a Torre trovasi vacante, e vi si devono destinar gli Invalidi per la custodia.

Torre di To&Tazzo di !annoia La sud.a Torre viene custodita da un Terriero Paesano destinatovi dal Proprietario

Mola di Gaeta Torre di Torrione La sud.a Torre si possiede dalla famiglia Gaetani di Gaeta dalla quale vien fatta custodire

Traetto Torre di Montescavoli La sud.a Torre viene custodita dagl'lnvalidi.

Torre di Porto Scavoli La sud.a Torre viene custodita da un Paesano sostituito dal Torr.e Proprietario.

Torre di Argento La sud.a Torre Viene custodita dagli Invalidi.

Sessa Torre di .Garigliano La sud.a Torre viene custodita dai Milita1i Invalidi

Torre di S. Linato, o sia S. Tomaso La sud.a Torre viene custodita da un Paesano sostituito dal Torr.e Proprietario. Rocca Mondragone Torre di Mondragone La sud.a Torre viene custodita da un Paesano sostituito dal Torr.e Propiietario

Castel Volturno Jn Tenim.to della d.a Uni.là si sta costruendo una nuova Torre d'ordine di S. M.

s~ Le torri di ciascuna località non sono elencate nella stessa direzione di percorrenza, ovvero da Napoli verso S. BenedeHo del Tronto in senso antiorario, ma spesso si succedono in senso orario.


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Pozzuoli Torre Patria Torre di Monte Misseno, o sia di Monte Miseno Torre di Capo di Misseno, o sia Capo di Miseno Le sud.e tre Torri vengono custodite da Terrieri Paesani soslituiti dalli Proprietatj Torre di Monte di Procida o sia del Fumo La sud.a torre viene custodita dagl'lnvalidi Torre di Miniscola La sud.a Torre è stata dismessa per ordine di S. M. Torre di Gaveta La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi. Ischia Torre di Comacchio Torre di S. Angelo Le sud.e due Torri vengono custodite dagl'Jnvalidi Torre di Monte di Vico La sud.ta torre viene custodila dal Torr.e Prop.o Torre del Grecos9 Torre di Capo d' Ancino Torre di Bassano Torre di Scassata Le sud.e tre Torri vengono custodite dagl'Invalidi Vico Equenze Torre di Cucchiara, o sia Gennazzola Torre di Capo Rivo Le sud.e Torri vengono custodite dai Terrieri Paesani destinati dalli rispettivi Proprietaij. Torre di Capo Scutolo, o sia Cocchiano La sud.a Torre viene custodita da un terriero deslinato per Interino. Sorrento Torre di Capo di Sorrento La sula Torre viene custodita da Militari Invalidi Torre le Fontanelle Torre dell'Isola Longa delli Galli Le sud.e due Torri vengono custodile da Paesani sostituiti dai rispettivi Torr.i Pro.j. Torre dell'Isola Tonda delli Galli La sud.a Tone viene custodita da un Torr.e destinato per interino, ed è inabitabile. Massa Lubrense Torre di Capo di Villazzano, o sia di Massa Torre di Capo di Boccola Torre di Fossapapa Le sud.e tre Torri vengono custoite da Torr.i sostituiti dalli rìspe.vi Torr.i Prop.j. Torre di Capo Corvo Torre di Minerva o sia Campanella Torre di Mortella Torre di S. Lorenzo Torre di S. Pietro a Crapolla Torre di Roccamone Torre di Cantone Le sud.e sette Torri vengono cuslodite da Militari Invalidi

9 &

Mancano nel citato piano le torri, senza dubbio vicereali site presso la reggia di Portici, detta torre del Granatello, quella sullo scoglio di Rovigliano, presso Castellammare, ed alcune altre perché alla data del censimento erano inglobate in più ampi fortini costieri, e quindi non più semplici torri ,


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116. Torre del Greco (Na). Torre vicereale del 1563-69, detta di Bassano. 117. Torre del Greco (Na). Torre vicereale del 1563-69, detta Scassata.


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J 18. Conca dei Marini (Sa). Torre vicereale del 1563-69 detta di Capo Conca. PROVINCIA DI PRINCIPATO CITRA Nell'istesso prospetto del Mar Tirreno dopo la Prov.a di Terra di Lavoro, la Prov.a di principato Citra. In questa Prov.a vi sono n°96 Torri delle quali talune sono totalmente inabitabili, e talune altre invece hanno bisogno di accomodi, e proseguendo con l'ordine Geografico principiando dall'attacco cola Prov.a di tem\ di lavoro le med.e sono in tenim.o delle sotl.e Uni.là.

Pasetano Torre di Sponda o sia di Mezzo La sud.a Torre viene custodita da un Torriere destinato per fnterino

Torre di Germano La sud.a Torre viene custodita da un Torriere destinato per Interino ed è inabitabile.

Torre di Trasino La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi ed è inabitabile.

Prajano Torre di Capo di Prajano La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi.

Torre di Torricella La sud.a Torre viene custodita da un ToIT.e destinato per Interino.

Torre di Grado La sud.a T01Te viene custodita da un Torr.e destinato per Interino ed ha bisogno di accomodi.

Prajano e Vettica Mag.e Torre di Gavetella La sud.a Torre viene custodita da Militari Invalidi

Conca Torre di Capo di Conca La sud.a Torre viene custodita dal Torr.e Prop.o.


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T la voratori della terra

Atrani Torre di Atrani ovvero della Maddalena La sud.a Tone viene custodita dagl'lnvalidi. Amalfi Torre di S. Fran.co, o sia di Capo di S. Francesco Torre di Vettica minore, o sia Capo di Vettica Le sud.e due Toni vengono custodite da Torrieri Proprietarj. Torre di Revigliano o sia Rivellino La sud.a Torre viene custodita d agl' invalidi. Minuri Torre di Ano. ta di Minuri La sud.a Torre viene custodita dagl'lnvalidi. Torre di Paradiso di Minuri La sud.a Torre viene custodita dal Torr.e Proprietario. Ravello Torre di Marmorato La sud.a Torre viene custodita dagl'Tnvalicli. Majuri Torre di Erchia Torre di Americana, ovvero Lampo di Cane Le sud.e Torri vengono custodite dai Torrieri Proprietarj. Torre di Tundo Torre di Acquarola Torre di J\fajuri Le sud.e tre Toni vengono custodite clagl' invalidi. Torre di Angolo di Majuri La sud.a Torre viene custodita da Interino d'Invalidi. Torre di S. Spirito La sud.a Torre veni va prima custodita da militari Invalidi, ed indi dismessa perché resa inabitabile. Cava Torre di Fiatamone Torre di Marina di Vietri Torre di Cetara Le sud.e tre Torri vengono custodite dagl'Jnvalidi. Torre di Mare d'Alberi La sud.a Torre viene custodita da un Torr.e Interino. Torre di Fonte La sud.a r orre viene custodita dal Torr.e Prop.o ed è imminente a cascare. Salerno Torre di Vicentino La sud.a Tone non si ha riscontro, che venisse custodita ed è inabitabile Torre di S. ma Ann. ta di Salerno La sud.a Tone viene custodita d!agl' lnvalidi. Torre di Angellara La sud.a Torre viene custodita da un Toniere destinato per Interino. Torre di Torrione Torre di Carnale Le sud.e due Toni vengono custodite da ToJT.i Proprielarj. Eboli Torre di Tusciano La sud.la Torre viene custodita da Militari Invalidi.


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119. Cava dei Tirreni (Sa). Torre vicereale del I563-69, attualmente detta Crcstarella.


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120. Salerno. Torre vicereale trasformata s uccessivamente in fortino, detta il Torrione. Bosco Torre di Morice La sud.a ToITC viene custodita dal Torr.e Proprietario Torre di Oliva La sud.a Torre viene custodita da un Torr.e destinato per Interino.

Capaccio Torre di Piesti La sud.la Torre viene custodita da Paesani Interini.

Torre di Scie La sud.a Torre viene custodita da Mil itari invalidi.

Agr opoli Torre di S. Marco La sud.a Torre viene custodita dal Torr.e Proprietario ed ha bisogno di accomodi.

Torre di Agr opoli, ovver o S. Francesco La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi ed ha bisogno di accomodi.

Montecorice Torre di Timherosse La sud.a Torre viene custodita dal Torr.e Prop.o ed è inabitabile Torre di S. Nicola La sud.a Torre viene custodita dal Torr.e Prop.o. Torre di Arena La sud.a Torre viene custodirn dagl'Invalidi ed è quasi inabitabile.


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121. Paestum (Sa). Torre vicereale del 1563-69, attualmente detta Ione Paestum.


r lavora/ori della ferra

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Castello dell 'Abate Torre di Ogliastro La sud.a Torre viene custodita d al Torr.e Proprietario. Torre di Trosino ovvero Trontova La sud.a Torre viene custodita dal Torr.e Proprietario ed è inabitabile. Torre di Tresino alias Zappino La sud.a Torre viene custodita da un Torr.e Interino ed è inabitabi le. Torre di Torricella di Licosa La sud.a Torre viene custodita da un Torriere Interino. Torre di Pagliarola o sia Ficarola Torre di Licosa ovvero Punta cl'Alicosa Torre di Cannatclla Le sud.e tre Torri vengono custodite dagl' Tnvalidi cd hanno bisogno di accomodi. Capogrosso ed Ortodonico Torre di Agnano La sud.a Torre viene custodita clag'Invalidi, ed ha bisogno di accomodi. Cannicchio Torc di Macchia Torre di Acciarolo Le sud.e due Torri venivano custodite da Militari Invalidi, ed indi abbandonate perché inabitabili, e di pessime aere, e vengono custodite d a due Paesani per ciascheduna. S. Mauro del Cilento Torre della Mezza Torre ovvero Fiumenale La sud.a Torre è stata dismessa. Polleca Torre di Punta La sud.a Torre veniva prima custodita dagl' lnvalidi, ed indi abbandonata, perché inabitabile e di pessima aere viene custodita da due Paesani. Torre di Caleo La sud.a ToITe vien custodita dal Torr.e Prop.o. Torre di Bastioni d' Acciarolo La sud.a Torre vien custodita da un Torriere Interino ed è inabitabile. Casalicchio Torre di Capogrosso Torre di Limonella Le sud.e due Torri vengono custodite dagl'Invalidi, ed hanno bisogno d'accomodi. Ascea Torre di Capo del Molino Torre di Capo d'Ascea Le sud.e due Torri vengono custodite dalli Torr.i Prop.j, e sono inabitabili. Torre di Sciapica La sud.a Tone viene custodita dagl'Invalidi ed è inabitabi le. Pisciotta Torre di Garillo La sud.la Torre viene custodita dal Torr.e Prop.o, ed è inabiLabile ed è solo segno ad essere stata torre. Torre di Caprioli Torre di Priorise Torre di Tauriello Torre di Spartivento Torre di Arco Torre di Calafedente Torre di Gaudio


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La difesa delegata

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122. Camarota (Sa). ToITe vicereale del 1563-69, attualmente detta Muzza.

Torre di Molpa Le sud.e otto Torri vengono custodite da ToIT.i Interini, e sono inabitabili. Torre di Forte di Palinuro La snd.w-Torre viene custodita da Militari Invalidi ed ha bisogno di accomodi. Torre di Monte d'Oro ovvero Castello di Palinuro La sud.ta ToITe viene custodita da Militari Invalidi, cd è inabitabile. Torre di Lago La sud.ta Torre è stata dismessa. Cammarota Torre di Spacco la Pietra La sud.a Torre viene custodita da un Torr.e Interino, ed è inabitabile. Torre di Mincardo La sud.a torre viene custodita da un Torr.e destinato per Interino. Torre di Finosa ovvero Bianchi Torre di Arconte Torre di Isola Torre di Ajella ovvero Lajella Le sud.e quattro ToITi vengono custodite dai Militari Invalidi ed hanno bisogno d'accomodi. Lentoscola Torre di Calamoresca La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi. Torre di Zengala La sud.a Torre viene custodita dagl 'Invalidi ed ha bisogno d' accomodi. S. Gio.a Piro Torre di Scario La sud.a ToITe viene custodita dal Torr.e Prop.o ed è inabitabile.


I lavoratori della terra

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123. S. Giovanni a Piro (Sa). Torre vicereale del 1563-69, attualmente detta Oliva. 124. Vibonati (Sa). Torre vicereale del 1563-69, detta Petrosa.


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125 125. Tomtca (Sa). Torre vicereale del 1563-69, detta di Capobianco. Torre di Scalella La sud.a Torre viene custodita da un Torr.e Interino. / Bonati Torre di Petrosa La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi ed ha bisogni d'accomodi. Torre di Capitello La sud.a Torre viene custodita da un Torr.e interino ed è inabitabile.

Torraca Torre di Capobianco La sud.a Torre viene custodita dal torr.e Prop.o ed ha bisogno d'accomodi. Torre di Scalanco La sud.a Torre viene custodita dal Torr.e Prop.o, ed è inabitabile. Torre di Buondom1irc La sud.a torre viene custodita dagl'Invalidi ed ha bisogno di accomodi. Cusati Torre di Falconara La sud.a Torre viene custodita da un Torr.e destinato per lnt.no, ed ha bisogno d'accomodi. Torre di Calabianca la sud.a Torre è stata dismessa. Torre di Rinfreschi La sud.a Torre viene custodita da Militari Invalidi ed ha bisogni di accomodi.

II Littorale della Prov.a di Principato Citra nell'istesso prospetto del Mar Tirreno per poco tratto attacca a la Prov.a d.a Basilicata confinando con quella di Cal.a Citra. Avendo d.a Prov.a di Basilicata due prospetti di Mare l' uno, ch'è il sud.o nel Mar Tirreno, e l' altro nel Mar Ionio, ed allorché seguitando l'ordina Geografico si verrà alla descrizione delle Torri site nel Littorale del d .o Mm· Ionio, si farà parola di quelle, che sono in tenimento della d.a Prov.a di Basilicata, mentre per ora per cl.a Prov.a qui si farà soltanto parola delle Torri site nel prospetto del Mar Tirreno.


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! lavoratori della terra

PROY .A DI BASILICATA PER L'ASPETTO CHE HA NEL MAR TIRRENO

Maratea Superiore Torre di Acaja La sud.a ToITe viene custodita dagl'Invalidi ed essendo la rned.rna inabitabile non vi dimorano, ma abitano in Città due di essi in casa appiggionata dalla Uni.tà e due casati in casa propria. Maratea Inferiore Torre di S. Venere La sud.a Torre trovasi abbandonata ed essendo accomodata sarebbe un castello. Torre di Capo Cdvo di Filocaro La sud.a Torre viene custodita dagl' Invalidi, ed essendo inabitabile i rned.i dimorano in Città in casa appiggionata dall'Uni.tà. Torre di Acqua Fredda La sud.a Torre viene custodita d.al Torr.e Prop.o ed ha bisogno di qualche accomodo. Torre di Crivo La sud.a Torre non è custodita da nessuno ed è sita sopra un Monte abbissata del tutto, e venendo accomodata sarebbe buona per avviso. Alla porzione della Prov.a di Basilicata, che ha l'aspetto del Mar Tirreno attacca l'altra Prov.a di Cal.a Citra, la quale similmente ha l'aspetto di due mari, uno ch'è il sud.o nel Mar TiITeno, e l'altro nel d.o Mare Ionio, e similmente per questa Prov.a per non inteITompere l'ordine Geografico si descriveranno per ora solamente le Torri, che sono site nel Littorale del Mar Tirreno, essendo riservata la descrizione delle altre allorché si passerà a descrivere quelle site nel Mar Ionio. PROV.A DI CALA CITRA PER L'ASPETTO CHE HA NEL MAR TIRRENO

Ajeta Torre Fomarola La sud.a Torre viene custodita da un ToIT.e destinato per interino ed è diruta. Torre dcll'lsoia di Dino La sud.a Torre è situala sopra l'Isola di Dino, e viene custodita dagl'Invalicli, li quali non vi abitano, nè vi pernottano per mancanza di una barchetta per il trasporto di essi, e li med.ì abitano in altre due Torri in dove vi sono altri Invalidi. Torre di Arco La sud.a Torre viene cuswdit.a dagl'Invalidi e da un Artigliere Paesano. Scalea Torre di S. Nicola Torre di Capo di Dino T01Te di Scalea Le sud.e tre Torri vengono custodite dagl'Invalicli. Abbatc Marco Torre di Bruca La sud.a ToITe viene custodita dagl' Invalicli ed è inabitabile. Circlla Torre dell'Isola di Cirella La sud.La Torre è situata sopra l'Isola di Cirella e viene custodita da Militari Invalidi li quali non vi abitano per mancanza di una barchetta, ed abitano nella Torre di Cirella. Diamante Torre di Diamante La sud.a Torre viene custodita dagl'lnvalidi. Belvedere Torre di S. Litterata Torre di Tirone Le sud.e due Torri vengono custodite da torr.i Proprietmj.


La difesa delegata

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Bonifati Torre di Felle La sud.a Tone viene custodita dal lOn.e Proprietario. Cetraro Torre di Acqua Perropata La sud.a Torre viene custodita da un Torr.e destinato per Interino. Guardia Torre di Donna La sud.a Torre viene custodita dal Torr.e Prop.o. Fuscaldo Torre di S. Giorgio La sud.a Tone viene custodita dagl'Invalidi. Paula Torre di Sutl'o La sud.a Tone viene custodita dal Torr.e Propr.o. Fiume Freddo Torre di Misa La sud.a Torre viene custodita dal Torr.e Prop.o. Longobardi Torre delli S. Quaranta La sud.a Torre viene custodita da un Torr.e destinato per Interino. Amantea Torre di S. Giovanni La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi. Torre di Corica Torre/ di Barbarese Le sud.e due Torri vengono custodite da Torr.i Proprietarj. Nocera Torre di Pietra della Nave La sud.a Torre viene custodita da Militari Invalidi. Torre di Rocca di Savuto La sud.a Tone viene custodita da un Torr.e destinato per Interino. Castiglione Torre di Rupi La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi ed ha bisogno di accomodi. Proseguendo l'istesso Littorale del mar Tirreno alla Prov.a di Cal.a Citra sussiegue quella di Cal.a Ultra per la d.a parte del Mar Tirreno, ed attacca benanche colla med.a per l'altra parte del Mar Ionio, ed in questa sud.a Prov.a per ordine Geografico principiando dalla parte del Mar Tirreno e terminando in quella del Mar Ionio sono site le seguenti Toni. PROV.A DT CALABRIA ULTRA Gizzaria Torre di Capo Sovero La sud.a Torre viene custodita da militari Invalidi ed è inabitabile. Nicash·o Torre di Capo Canturro La sud.a Torre viene custodita dagl'lnvalidi, ed è inabitabile.


i lavoratori della terra

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]\faida Torre d'Amato La sud.a To1Te viene custodita dagl' Invalidi, e merita qualche rifazione.

Cudga Torre di mezza Praja La sud.a To1Te viene custodita da Militari Invalidi.

Majerata Torre di Rocca Angentola La sud.a To1Te non si ha 1iscontro che venisse custodita, e merita qualche rifaz.e.

Monteleone Torre di S. Venere Torre di S. Pietro di Bivona Le sud.e due To1Ti vengono custodite dagl'lnvalidi, e meritano esser restaurate.

Torre di S. Nicola La sud.a Torre viene custodita dal Torr.e Prop.o ed è diruta.

Briatico Torre di Cocca La sud.a To1Tc viene custodita da Paesani ed è diruta.

Torre di S. Irene La sud.a Torre viene custodita dal Torr.e Prop.o ed è inabitabile.

Tropea Torre di Zambrone Torre di S. Domenica Torre di Ruffa Le sud.e tre Torri vengono custodite dagl'Invalidi e sono inabitabili.

Torre di Capo o sia S. Irene Torre di S. M. delle reto o sia S. M. Ricciardi Le sud.e due To1Ti vengono custodite dagl'Invalidi ma le mcd.e sono inabitabili e quasi dirute, e gl' Invalidi soggiornano in un Caste!Io di Tropea vicino alle med.e Torri.

Nicotera Torre di S. M. a Lagnone La sud.a To1Te viene custodita da Militari Invalidi.

Rosarno Torre di .Mesina, o sia Fiumara di Mesina La sud.a To1Te viene custodita da un To1T.e destinato per Interino.

Gioja Torre di Gioja La s ud.a Torre viene custodita dagl' lnvalidi.

Palmi Torre di Baldi ovvero Capo S. Fra. co seu Belve La sud.a Torre viene custodita da un Torr.e destinato per Interino.

Seminara Torre di Pietre Negre La sud.a To1Te viene custodita dagl'Invalidi.

Bagnara Torre di Rocchi La sud.a To1Te viene custodita da un Ton.e desti nato per Interino.

Fiumara di Muro Torre di Catena


La difesa delegata

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Torre di Cavallo Le sud.e due Torri vengono custodite dagl'Invalidi. Torre di Piraino La sud.a Torre viene custodita da un Torr.e destinato per Interino. Sambatello Torre di Gallico La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi. Reggio Torre di Cagliari sia Ravagnise La sud.a Torre viene custodita da un Torr.e Prop.o. Torre di Pentimele la sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi. Motta S. Giovanni Torre di Trapezzi di Pellaro Nella sud.a Torre, vi sono destinati gl' Invalidi, e li med.i abitano in Pellaro per essere d.a Torre disabitata. Montebello Torre di Capo dell' Arme Nella sud.a Torre vi sono destinati gl'lnvalidi, e li med.i abitano in Pellaro. Pentidattilo Torre di .Melito Nella sud.a Torre vi sono destinati gl'Invalidi ed uno di essi abita in d.a Torre e gli altri in Melito per esser la med.a diruta. S. Lorenzo Torre del Salto della Vecchia Nella sud.a Torre vi sono destinati gl'Invalidi e li med.i abitano nel Fondaco di gilati e la Torre ha bisogno di qualche acconcio di poca spesa. Bova Torre di S. Gio. d'Aula La sud.a Torre viene custodita da Paesani , ed ha bisogno di risarcimento della spesa di d. I O. Torre di Varata, o sia Pictrateodosia La sud.a Torre viene custodita dai paesani in una casetta per esser precipitata. Palizzi Torre di Muzza La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi. Torre di Spartivento La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi ed è diruta. Brancaleone Torre di Sperlingari La sud.a Torre viene custodita dagl'lnvalidi. Bovalino Torre di Scinosa La sud.a Torre viene custodita daghl'Invalidi. Bianco Torre di Capobruzzo La sud.a Torre viene custodita dagl' Invalidi.


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Gerace Torre di Pagliopoli La sud.a Torre viene custodita dagl'lnvalidi.

Siderno Torre di Tamburri La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi.

Roccella Torre di Pizzofalcone La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi.

Giojosa Torre di Spina La sud.a Torre viene custodita dal torr.e Prop.o.

Castel Vetere Torre di Camillari La sud.a Torre viene custodita dagl' invalidi.

Stignano Torre S. Fili La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi.

Girace Torre di Casamone La sud.a Torre viene custodita eia un Torr.e destinato per Interino.

Stilo Torre Edera La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi.

Montestarace Torre di Castellone La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi.

Guardavalle Torre di Camimise La sud.a Torre viene custodita dagl' Invalidi.

S. Caterina Torre S. Antonio La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi.

Badulato Torre di Monte Manno La sud.a Torre viene custodita da un Torr.e destinato per interino il giorno solamente perché inabitabile.

Satriano Torre di Ancinale o sia Mezolisati La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi.

Soverato Torre di Soverato La sud.a Torre viene custodita dagl' Invalidi.


La d(fesa delegata

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Stalletti Torre di S. M. Vetere La sud.a Torre viene custodita dagl' lnvalidi. Squillace Torre di Roccelletta La sud.a Tone viene custodita dagl'Inval idi. Catanzaro Torre della Marina di Catanzaro La sud.a Torre viene custodita dagl ' Invalidi. Sinari Torre di Torrazzo ovvero Patrizia La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi. Cropani Torre di Crocchia La sud.a Torre è dismessa perché diruta dal fiume Crocchia. Castelle Torre delle Castelle La sud.a torre viene custodita da Paesani. Isola Torre di Mannao, o sia di Capomanna Nella sud.a Torre vi erano gli' lnvalidi ma dismessa, perché minaccia ruina. Torre di Torre Vecchia di Capo Rizzuto La sud.a Torre viene custodita dagl'lnvalidi. Torre Fortino Nuovo di Caporizzuto Il sud.o fortino è dismesso. /

Cotrone Ton-e di Nao o sia Sinella Torre di capo Colonna o Scifo Le sud.e due Torri vengono custodite dagl'.lnvalidi. Nel prospetto del Mar Ionio dopo la Prov.a di Cal.a Ultra sussiegue quella di Cal.a Citra. ed in d.a Prov.a principiando dal Littorale che attacca colla sud.a Prov.a di Cal.a Ultra e confina con quella di basilicata vi sono site le seguenti Torri in tenim.o delle sottos.tte Uni.tà. PROV.A DI CAL.A CITRA PER L'ASPETTO DEL MAR IONIO Strongoli Torre di Verga d'Oro, ovvero Alimera la sud.a Torre viene custodita da un Torr.e destinato per Inte1ino. Melissa Torre di Melissa La sud.a Torre è feudale propria dell'Ul.tre Pri.pe di Strongoli, e viene custodita da Guardie Paesane. Cirò Torre di Capo dcli' Alice La sud.a Torre vien custodita da un Torr.e destinato per Interino ed è inabitabile. Torre di Torre nuova di Capo d'Alice La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi ed ha bisogno di accomodi.


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I lavoratori della terra

Cariati Torre di Fiumicina Nella sud.a Torre v'è il Torr.e Inlerino, è inabitabile e il Torr.e abita una casetta un miglio distante dalla med.a. PietroPaula Torre di Acquavite Nella sud.a Torre vi sono destinati li soldati Invalidi, li quali abitano nel casale di Mandatoriccio, perché la med.a ha bisogno di accomodi. Crosia Torre di S. Tecla La sud.a Ton-e viene custodita da un Torr.e destinato per Interino ed ha bisogno di riparo. Torre della Foce del Trionto Nella sud.a Torre vi sono destinati gl'Invalidi, ed al presente v'è il solo sergente che l'ha abbandonata ed abita nella terra di Paludi per essere inabitabile. Rossano Torre o sia CasteJlo detto S. Angelo La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi ed ha bisogno di accomodi. Corigliano Torre della Schiavonia La sud.a Torre è feudale dell'Ill. tre Duca di Corigliano, e viene custodita da tre guardie Paesane una pagata dal sud.o Duca in ann.i d. 24, e !'altre due dall' Uni.tà in annui d. 60. Ccrchiara Torre di Magazzeno La sud.a Torre viene custodita dagl'lnvalidi, ed è inabitabile. Casalnuovo Torre Saraceno La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi cd ha bisogno di piccoli accomodi dalla parte del fiume detto lo Saraceno per essere in imminente pericolo di essere buttata a terra dall'acqua del fiume. Albidonia Torre di Piano del Monaco La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi. Amendolara Torre di Capo Spulica Nella sud.a To1Te vi sono destinati gl'lnvalidi li quali abitano in una casetta poco distante dalla med.a per essere inabitabile, e quasi totalmente ruinata. Roseto Torre, o sia Castello di Roseto La sud.a Torre è feudale dell'lll.tre Ba.ne, ha bisogno di molti accomodi, e viene custodita da Paesani, che si mutano a piacere di esso Barone. Alla sud.a Prov.a di Cal. Citrn come s.a si è detto nell'istesso prospetto del mar Ionio sussiegue il Littorale di q.la di Basilicata, il qua.le termina nella Prov.a di Terra d'Otranto. ln d.o Littorale della Prov.a di Basilicata nel d.o prospetto del Mar Ionio vi sono le seguenti Torri site in tenim.o delle sot.e Uni.tà PROV .A DI BASILICATA PER L'ASPETTO DEL MAR IONIO

Rocca Imperiale Torre di Rocca Imperiale La sud.a ToITe vien custodita dal torr.e Prop.o.


La difesa delegata

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Rotondella Torre di Arena La sud.a Torre viene custodita da un soldato aggiunto, che vi mantiene d.a Uni.tà per essere stata lasciata in abbandono dagl' Invalidi da circa tre anni per ordine del loro Comandante. Torre di Acri Nella sud.a Torre vi erano destinati gl'lnvalidi, ma da circa anni tre lasciala in abbando no per ordine del loro Comandante. Tursi Torre di Sinno Nella sud.a Torre vi sono destinati gl'Invalidi li quali abitano in una casetta poco distan te dalla d.a Torre per esser la mcd.a diruta. Montalbano Torre di Schinzano La sud.a Torre vien custodita dagl'Invalidi , e da un Paesano aggiunto che vi mantiene det.a Uni.tà. Pisticci Torre di Salandrella la sud.a Torre viene custodita dagl'l nvalidi, e da un paesano aggiunto che vi mantiene d.a Uni.tà ed abitano in una caseua attaccata alla sud.a ToITe per esser diruta. Camarda, o sia Bernarda Torre di Basento Nella sud.a ToITe vi erano stati destinati gl'Invalidi, le quali abitano un Pagliaro per esser la cl.a Torre dirnta e da molti anni è stata lasciata in abbandono per ordine del loro Comandan te. Dopo della d.a Prov.a di Basilicata; nell'istesso prospetto del Mare Ionio, s ussiegue il Littoralc della Prov.a di Terra di Otranto, il q.le girando per una punta inoltrata nel Mare Adriatico, ed in esso Littorale in tenim. to delle sou.e Uni.tà principiando dal d.o prospetto del Mare Ionio, e terminando in quello Adriatico vi sono site le seguenti Torri. PRO V.A DI TERRA D'OTRANTO

Ginosa Torre di Bradano ovvero Mattoni La sud.a ToITe viene custodita dagl' Invalidi. Castellaneta Torre di Lato La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi. Taranto Torre di Tora La sud.a Torre viene custodita dagl'Jnvalidi ed è diruta. Torre di Rondinelli Torre di S. Vito Torre di Lama o sia Mozza Le sud.e tre Torri vengono custodite dagl'lnvalidi. S. Giorgio e Grottaglie TotTe di Saturno La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi. Pulsano e Faggiano Torre di Castelluccia La sud.a Torre viene custodita dagl'Jnvalidi.


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Lizzano e S. Marzano Torre di Sassoli La sud.a Torre viene custodita dagl'lnvalidi. T orricella, Monacizzo e Francagnano Torre di Monte dell'Ovo La sud.a Torre viene custodita dagl'lnvalidi. Maruggio Torre di Moline La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi. Sava ed Uggiano Montefusco Torre di Borraco a sud.a Torre viene custodita dagl'lnvalidi. Casalnuovo Torre di S. Pietro Lavagni La sud.a Torre viene custodita dagl ' Invalidi. Avetrana Torre di Calimera, seu Colimera La sud.a Torre viene custodita dagl'lnvalidi. Galatone Torre di Altolido La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi. Torre di Fiume Nella sud.a Torre vi sono destinati gl' Invalidi, li quali abitano nella città di Nardò per esser la d.a ToITe dirula.

S. Pietro in Galatina Torre di S. Caterina La sud.a Torre viene custodita dagl'lnvalidi. Nardò Torre dell'Alto o sia S. M. dell'Alto Torre di Lazio Torre di Serraglia seu Squillaci, Scianuri Torre di S. Isidoro Torre della Chianca ovvero S. Stefano la Chianca Le s ud.e 5 Torri vengono custodite dagl'Invalidi. Copertino Torre di Crostini La sud.a Torre viene custodita dagl' Invalidi. Leverano Torre di Cesarea La sud.a Torre viene custodita dagl'lnvalidi. Salice Torre di Pillo ovvero s. Tommaso la Pilla La sud.a Torre viene custodita d agl'lnvalidi. Veglie Torre di Castiglione La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi.


La difesa delegata

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Gallipoli

To1Te di Sapea La sud.a ToITe viene custodita dalli Paesani. Torre di S. Gio. Lapedata La sud.a Torre viene custodita da un ToIT.e Interino ed ha bisogno di piccoli accomodi. Matino Casarano e Parabita Torre di Cutriero alias il Pizzo La sud. ta Torre viene custodita da un Torr.e Interino Racale Torre di Suda La sud.a Torre viene custodita da un ToIT.e Interino. Felline Torre di Zunfano La sud.a Torre viene custodita da un ToIT.e Interino. Uggento Torre di S. Gio. d'Uggento La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi. Presicci Torre di fiumi, alias Mozia ossia Fiumicelli La sud.a Torre viene custodita dagl'lnvalidi. Salve Torre di Pali Nella sud.a Torre vi sono destinati gl' Invalidi li quali abitano in una casetta per esser inabitabile la Torre. Marciano Torre di Vado ovvero Mofanto La sud.a,Torre viene custodita dagl'lnvalidi. Patù Torre di S. Gregorio ovvero S. Ligorio La sud.a Tone viene custodita dagl'Invalidi. Castrignano del Capo Torre di Marchiello ovvero lmbriachiello La sud.a Torre vien custodita da un Torr.e destinato per Interino ed ha bisogno di piccoli accomodi. Giuliano Torre.detta Torre vecchia alias Uomini morti La sud.a Torre vien custodita da un Torr.e destinato per interino ed ha bisogno di accomodi. Salignano e Barbarano Torre di S. M. di Leuche La sud.a Torre viene custodita da un Torr.e Prop.o ed ha bisogno di piccoli accomodi. Gagliano Torre di Montelongo La sud.a Torre viene custodita da Torr.e destinato per Interino il q.le abita in una casetta per esser la d.a Torre inabitabile. Alessano Torre di Novaglic La sud.a Torre viene custodita dal Torr.e Prop.o e ritrovasi mezza precipitata.


i lavoratori della terra

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Pulzano Torre di Specchia grande La sud.a Torre viene custodita da un Torr.e destinato per Interino. Viggiano Torre di Nasp1·e Nella sud.a Toffe vi sono destinati gl'Invalidi, li quali abitano nella Terra di Viggiano per esser cl.a Torre inabitabile. Tre Case Torre di Palane Nella sud.a Torre vi sono destinati gl'lnvalidi, li q.li abitano in un baraccone per esser inabitabile. Torre di Porto Tre Case La sud.a Toffe viene custodita dagl 'Invalidi ed ha bisogno del Ponte di Legno. Torre di Sasso La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi. Andrano Torre di Porto Ripa La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi ed ha bisogno della gradinata di legno, due finestre, tegola e calce per intonacare il muro, stipi, e porta nuova colla mascatura di ferro alla guardiola di sopra ed il finestrino. Maritima Torre di Porto Miggiano La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi. Diso Torre di Cala del Cupo La sud.a Torre viene custodita da un Torr.e destinato per Interino, ed ha bisogno di risarcimento. Montesardo Torre di Bo1Taro La sud.a Torre viene custodita dagl'lnvalidi. Vitigliano Torre di Cala del fiume La sud.a ToITe vien custodita dagl' Invalidi ed ha bisogno di 1isarcimento. Cerfignano Torre di Saraceno Nella sud.a Torre vi sono destinati gl'Invalidi, li q.li abitano in un baraccone per esser la med.a inabitabile. Torre di specchia della Guardia La sud.a ToITe vien custodita dagl'Invalidi. Minervino Torre di Portolupo La sud.a Toffe vien custodita da un torriere destinato per interino ed ha bisogno di risarcimento. Otranto Torre di Emiliano La sud.a Torre vien custodita dagl'Invalidi ed ha bisogno di risarcimento. Torre di Palascia La sud.a Torre vien custodita da un Torr.e Interino, il q.le abita in un baraccone per esser inabitabile e quasi diruta. Torre di Orto La sud.a torre viene custodita da un ToIT.e Interino in una baracca per essere inabitabile.


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U.1 d(f'esa delegata

Torre di S. Stefano La s ud.a Torre viene custodita dagl' Invalidi ed ha bisogno di risarcimento. Torre di Fiumicelli La sud.a Torre viene custodita dal Torr.e Interino, il q.le abita nel posto di S. Giorgio per esser la med.a inabitabile. Torre di Portovadisco La sud.a Torre vien custodita dagl' Invalidi. Borgagt1a Torre di S. Andrea La sud.a Torre viene cusLOdita dagl'Invalidi. Calimera Torre d'Orso La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi. Cerpignano Torre di Rocca Vecchia La sud.a Torre vien custodita dagl'Invalidi. Maiendugno Torre S. Foca La sud.a Torre vien custodita dagl'Invalidi. Lecce Torre di Specchia Ruggero Torre di Venere Torre di Chianca Le s ud.e tre Torri vengono custodite dagl'Invalidi. Torre di Rinalda La sud.a Torre viene custodita da un Torr.e destinato per Interino. Torre seu castello di S. Cataldo La sud.a Torre si possiede in proprietà da D. Gius.e Zambrano. Trepuzzi Torre della SpecchioUa La sud.a Torre viene custodita dagl'Jnvalidi. Squinzano Torre di S. Gennaro La sud.a Torre vien custodita dagl'Jnvalidì. S. Pietro Vematico Torre di Mattarella La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi. Brindcsi Torre di iVlartorella La sud.a Torre non si ha riscontro che venisse custodita. Torre di Cavallo Torre di Penna Torre di Teste Le sud.e tre Torri vengono custodite dagl'lnvalidi. Serranova Torre di Guascito La sud.a Torre viene custodita dagl'lnvalidi.


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! lavoratori della terra

Carovigno Torre di S. Sabrina La sud.a Torre viene custodita da un Torr.e destinato per Interino. Ostuni Torre di Pozzella La sud.a Torre viene custodita dagl' Invalidi. Torre di Villanova La sud.a Torre non si ha notizia che venisse custodita. Torre di S. Leonardo La sull.a Torre viene custodita da un Torr.e Prop.o. Per lo prospetto del Mar Adriatico dopo della Prov.a di Tc1rn d'Otranto s ussiegue il Littorale dell'altra Prov.a di Bari, la quale nell'istesso prospetto del Mar Adriatico attacca con quella di Capitanata, ed in d.a prov.a di Bari vi sono le seguenti Torri in tenim. to delle infra.Ile Uni.là principiando dalli confini della sud.a Tena d'Otranto. PROVINCIA DI BARI

Fasano Torre di Canna La s ud.a Tone vien custodita dagl'Invalidi. Monopoli Torre di Cintola La sud.a Tone viene custodita e.la un ToIT.e destinato per Interino. Torre di Anazzo Torre di S. Giorgio Le sud.e due T01Ti vengono custodite dagl' Invalidi. Torre di Orso ovvero Pazzella Torre di Ancino Le sud.e due Torri vengono custodite dal sostituto del Torr.e Prop.o. Polignano Torre di S. Vito Torre di Rapagnoia Le sud.e due Torri vengono custodite dagl'Invalidi. Noja Torre di Pelosa La sud.a Torre vien custodita dagl'lnvalidi. Bari Torre di Carnosa La sud.a Torre vien custodita dagl'Invalidi . Bitonto Torre di S. Spirito La sud.a Torre vien custodita dagl'lnvalidì. Molfetta Torre Calderina La sud.a ToITe viene custodita dagl'lnvalidi. Bisceglie Torre di Lamapaterno La sud.a ToITe viene custodita dagl' lnvalidi. Barletta Torre di Pietra


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La difesa delegata

Torre di Saline Torre di Ofanto Le sud.e 3 Torri vengono custodite dagl'lnvalidi. Nell' istesso prospetto del Mar Adriatico sussiegue il Littorale della Prov.a di Capitanata, il q. le confina con q. la della Prov.a di Abbruzzo Citra, ed in tenim.o delle s. tt.e Uni.tà marittime della sud.a Prov.a di Capitanata sono site le seguenti Torri. PROVINCIA DI CAPITANATA

Manfredonia Torre di Rivoli La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi.

Monte S. Angelo Torre di Monte Saracino La sud.a Torre viene custodita da un ToIT.e Interino e si sta accomodando.

Torre di Matinata La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi.

Torre di Monte Barone La sud.a Torre viene custodita da un Paesano il q.le abita in un picciol comodo per esser d.a Torre diruta.

Viesti Torre di Cala la Pergola La sud.a ToITe viene custodita dal paesano in un Pagliaro per esser d.a ToITe diruta.

Torre clell' Aglio La sud.a Torre viene custodita dal Paesano nel sottano di essa per esser diruta.

Torre di Punta, ovvero Testa La sud.a Torre viene custodita dal Torr.e interino in un Pagliaro per esser dirnta.

Torre di S. Felice La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi .

Torre di Gattarella Nella sud.a Torre vi è destinato il Torr.e Interino, ed è dirnta.

Torre di Portonuovo Torre di S. Croce Torre di Milinella Le sud.e 3 Torri vengono custodite dagl'Invalidi.

Torre di Porticello, ovvero portonuovo o sia Portomarino Nella sud.a Torre vi è destinato il Paesano ed è diruta.

Peschici Torre di Montepucci Torre di Quatranova Le sud.e due Torri vengono custodite dagl' invalidi.

Torre di Calalongo La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi in un baraccone di fabbrica per esser inabitale.

Torre di Sfinale Torre di Ponte Saraceno o sia Montesaraceno Le sud.e due Torri vengono custodite dalli Torr.i Interini in una baracca di fabbrica per esser inabitabili.

S. Nicandro Torre di Calarossa Torre di Mileto Le sud.e 2 Torri vengono custodite dagl'lnvalidi.

Lesina Torre del lago ovvero Foce di Lesina In d.a Torre vien destinata una sentinella ed è tutta diruta.


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I lavoratori della terra

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127 126. Vieste (Fg). Torre vicereale del I 563-69, detta S. Felice. 127. Vieste (Fg). Scorcio della costa, presso i resti di torre Gattarella, visibile sulla pùnta.


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La difesa delegata

Serra Capriola Torre detta Mozza ovvero Fortore La sud.a Torre viene custodita da un Torr.e Interino. Chieuti Torre di Civit'a mare Torre di Staccione Le sud.e due ToITi vengono custodite dalli Torrieri Proprieta1j . Guglionise Torre di Petacciata La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi. Campomarino Torre di Biferno La sud.a ToITe è stata abbandonala perché diruta. Termoli Torre di Sinarca La sud.a Torre viene custodita dagl'In va licli, ed è inabitabile. Alla cl.a Prov.a di Capitanata attacca il Littorale della Prov.a d i Abb-ruzzo Citra, il q. le similm.e ha il prospetto al Mar Adriatico, ed è in tenim.o dell'infra.ne Uni.tà marittime de lla rned.a sono site le seguenti Torri. ABBRUZZO CITRA

Vasto Torre di Penna Torre di Sinello Le sud.e due Torri vengono custodite dagl'Invalidi. Turino /

Torre di Sangro La sud.a ToITe viene custodila dagl' Invalidi.

S. Vito Torre di S. Vito La sud.a Torre viene custodi ta dagl' Invalidi e da Paesani. Torre di Rocca S. Gio. Torre di Cavalluccio Le sud.e due ToITi vengono custodite dalli sostitu ti delli Proprietarj. Ortona a Mare Torre Mucchia Torre di Moro Le sud.e due Torri vengono custodite dagl'Invalidi in un casotto per esser dinne. E finalmente al Littorale della sud.a Prov.a di Abb.o Citra sussieguc quello de ll'allra Prov.a di Abb.o Ultra, la q.le confina ed attacca alla Marca d'Ancona dello Stato Pontificio. in Te nim.o delJe infra.tte Uni.tà marittime della d.a Prov.a di Abbruzzo Ultra vi sono le seguenti Toni. PROVINCIA DI ABBRUZZO ULTRA

Civita S. Angelo Torre di Salino mag.e Nella sud.a Torre vi sono destinati li soldati Invalidi li q.li abitano in un casotto, il cui pigione si paga dall' Uni.tà per esser la Torre inabita bile.


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/ lavoratori della terra

Atri Torre di Cerrano La sud.a Torre viene custodita dagl'Invalidi. Monte Pagano Torre di Fiume Vomano La sud.a Torre viene custodita dagl'lnvalidi . Giulia Torre di Fiume Frontino La sud.a Torre viene custodita dagl' Invalidi. Tortoreto Torre della Vibrata La s ud.a Torre viene c ustodita dagJ'Tnvalidi.

Esaurito il tabulato è interessante proporre due esempi di inserimento cli masserie fortificate alle spalle della linea costiera, ottenendone una suggestiva ricostruzione funzionale. "È bene ricordare che delle due penisole più protese nel Mediterraneo verso i saraceni, la Puglia e la Calabria, la prima facilmente aggredibile alle sc<mibande dal mare verso l'interno per l'appropriazione delle imponenti ricchezze naturali, ben difesa eia una catena di torri costiere fin dal periodo angioino, almeno da Otranto a Gallipoli, pullula all'interno di masserie fortificate, mentre la Calabria, molto più povera di ricchezze naturali, ma facilitata nella difesa dalla presenza dei monti, atti a scoraggiare i veloci assalti dei pirati, ben difesa anch'essa da una catena di torri costiere fi n dal periodo angioino, almeno da Montepaone a Ricadi, non presenta un sistema neppure leggibile dì masserie fortificate, per quanto ricca di briganti abbia potuto essere. "90 • Venendo poi ad un 'analisi campione delle realizzazioni pugliesi, che come visto rappresentano in materia quanto di più significativo, ed organizzato, realizzato dall'iniziativa privata e per numero e per tipologia, così viene evidenziato dal medesimo autore: "Nell'ambito della Puglia si vogliono esaminare due significativi macroscopici insiemi, pur senza escludere che altre zone del Salento possano ad essi essere paragonati: l'area di Nardò sulla costa ionica, e l'area cli Monopoli sulla adriatica. L'area di Monopoli ha uno sviluppo di costa, inclusa anche Polignano a Mare, di circa 25 chilometri da [... ] Torre Ripagnola a [ ... ] Torre Egnazia, e una superficie totale di 220 kmq. Profondità minima della costa 5 km. e massima 12 km. L'area di Nardò ha uno sviluppo di costa di circa 30 chilometri da[ ... ] Torre Colimena a l--· ] Torre Fiume e una superficie totale di 225 kmq. Profondità minima della costa 4 km. , massima 10 km. Ne risultano le planimetrie di raffronto ed il seguente elenco: POLIGNANO A MARE-MONOPOLI Fortificazioni Costiere Tv Ripagnola Tv S. Vito Cf Polignano Tv Incìna Tv Orta Cf Monopoli 6 7 - Ca S. Stefano

1 2 3 4 5

90

Masserie Fortificate mft mt mft mft mt

mt mft

Da V. F,,c.;LJA, Connessioni... , op. cil., p. I 090.

La Greca Compra ,.., .) Baldassarre 4 Spina Grande 5 Orta Spina Piccola 6 Belvedere 7 1

2


224

La dff'esa delegata

MARE ADRIATICO

Ot

2

L

-tn-TORRE COST. NARDO'

'-tv-

TORRE COST. VICEREALE

00-cf-CENTRO FORTIFICATO 1 -mt-TORRE MASSERIA

L

-mft- MASSERIAfORT.CONTORRE -mfc-CASTELLO

;..__ _ _...J

128. Carta riassuntiva e comparativa delle masserie fortificate in area di Nardò e di Monopoli- da V. Faglia.

128


I lavora /ori della terra

225

8 - T v Cenrola 9 - Tv S. Giorgio I O - T v Egnazia

mft rnt mft mft mft rnft mft mt mt mft mfc

8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 -

Due Torri Conversano Ton-icella La Mancia Lo Sciale Macchia Monte Maviglio Man. Garrappa Lamalunga Seppann ibale Pellolecchia

NARDO ' I 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

dove

-

Tn Co limena Tn Castiglione Tn Lapill o Tn Chianca Tn P. Cesareo Tn Squillace Tn S. Isidoro Tv Inserraglio Tv Uluzzo Tn Da1l ' Alto Tn S. Caterina Ca Fiume

ca cf mfc mft mt tn tv

-

mft mft mft mft mft mft mft mft mft mft mft mft mft mft mft mft mft mft mft mft mft mft

I - Quarto Grande 2 - Cortevetere 3 - S. Chiara 4 - Zanzara 5 - Donna Menga 6 - Ingegna 7 - Trappe to 8 - Ascani o 9 - Manieri d ' Ar. IO - Console 11 - Giudice Gior. 12 - Roto Galeto 13 - Termide 14 - Nueci 15 - Corsari 16 - Agnano 17 - Torsano 18 - Sciogli 19 - Torre Nova 20 - Carignano Pie 2 1 - Pantalli 22 - Tagliate

castello c itt~t fortifcata masseria fortificata caste llo masseri a fortificata con ton-e masseria torre torre tipo Stato Pontifi cio torre costiera vicereale

"A Monopoli la costa è protetta da sette torri, tutte viceregnal i, quindi sicuramente della seconda metà del sedicesimo secolo. La difesa dei 25 chi lometri di costa è completata dalle due c itt~t fortificate di Polignano a Mare e di . Monopoli e dal castello di Santo Ste fano, subito a sud di Monopoli. Sono in totale quindi IO punti d i d ifesa a intervalli quasi regolari, a d istanza media di circa 2, 8 chilometri l'uno dall' altro. 11 tipo di costa, rocciosa e a strapiombo, è abbastan:t.a costante lungo tutto il tratto interessato e ha non molte insenature e cale atte allo sbarco , rutte sistematicamente guardate dalle torri costiere e dalle altre opere fortificate.


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La d{fesa delegata

Le masserie fortificate con torre e le masserie-ton-i dell'area di Monopoli sorgono tutte nella fasc ia di 5 chilometri dalla costa, e sono in totale 19. Da sotto!ineare che le masserie fortificate senza torre, sempre nella prima fasc ia, sono altre 25 . In totale quindi ben 44 le opere fortificate interne, nella sola prima fascia costiera. Nella fascia più interna ai 5 chilometri risultano ancora numerose le masserie fortificate, ma nessuna di esse mantiene l'elemento costante della torre, che quasi sempre rappresenta una tipologia ripetuta con caratteristiche molto simili, in molti casi identiche: pianta quadrata corpo parallelepipedo, coronamento di poco sporgente su semplici beccatelli e più sporgenti caditoie in corrispondenza alle sottostanti aperture, accesso fisso con scala in muratura cli pietrame ad uno o due orientamenti, con leggero slargo al piano alto, con sedili all'arrivo e ponte levatoio in corrispondenza alla porta cl i accesso. All'interno un solo vano voltato a botte, che può avere porta cli accesso protetta per il ricovero degli animal i al piano basso. Scala interna volante o in spessore cli muro per accesso dal piano agibile al terrazzo. Nell'area di Nardò l'esame della tipologia delle torri può condurre a conclusioni opposte a quelle che sono state illustrate per l'area di Monopoli. La costa è protetta da 9 torri costiere della serie di N ardò, includendo anche 1. .. . ] Torre Colimena, 2 viceregnali e 1 castello. Le torri della serie di Nardò sono molto verosimilmente della prima metà del sedicesimo secolo, possono cioè avere una data d i nascita anteriore alle viceregnali, e anch'esse possono essere state realizzate su un preciso piano deterrente, dopo l' invasione ciel territorio neretino del 1481, ma in uno spirito più saggiamente economico rispetto alle viceregnali, d i contemporanea utilizzazione ai fini delle necessità aziendali. Ed ecco il perché delle possenti dimensioni , quindi del maggior numero cli vani disponibili, delle scalinate fisse di accesso al piano agibile con finale ponte levatoio, esattamente come in tutte le torri delle masserie fortificate specialmente nell'area cli Monopoli. Le caratteristiche tipologiche avvicinano queste torri a molte delle torri tirreniche dello Stato della Chiesa e della Sicilia, tanto eia rendere indispensabile la ricerca di una documentazione anche sulle opere dei più qualificati architetti m ilitari del momento... "9 1•

Perm.anenza del sistema Quanto finora descritto, non perse validità nel corso dei secoli successivi, che anzi videro il costante rafforzarsi cieli' intero apparato. La corsa barbaresca contro il Regno di Napoli non cessò, e quanto descritto rappresenta sempre un campione cli studio sottintendendosi strette analogie vessatorie anche per le restanti regioni costiere peninsu lari . Nè si contrasse in maniera sensibile, ad o nta di tutti i tentativi espletati dai vm·i governi, la delinquenza organizzata, che anzi trovò nuove e più ricorrenti occasioni cli recrudescenza. Si registrò sol.tanto a partire dagli inizi del X VII secolo una costante riduzione della pericolosità delle incursioni a terra, frutto non ultimo della ossessiva vigilanza costantemente espletata, e della vastità e complessità ciel dispositivo difens ivo, pubblico e privato. Bastava però che una minima imprudenza venisse compiuta per generare allucinanti tragedie, sia di singoli vittime, sia di intere popolazione, anche nel corso del XIX secolo . Di queste ultime, per completezza di argomento ci sembra interessante proporre alcuni significativi episodi, limitandoci alla semplice trasposizione dei documenti originali, stante il notevole miglioramento della lingua scritta.

Le vittime della 'sicurezza'. Nel corso della nostra ricerca abbiamo fornito qualche dato circa la cattura, o le vicende della prigionia presso i barbareschi patita eia marinai o da soldati. Sebbene di gran lunga meno numerose, tra le prede figuravano anche donne, e in alcuni casi il loro cal vario poteva risultare notevolmente più doloro-

9 1 IB IDEM ,

pp. 1090- l 096.


! lavoratori della terra

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129

129. li mercato degli schiavi, di J. Leòn Gérome-Sterling and Frnncine Clark l nstitute. Willamstown, Massachusetts.


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La difesa delegata

so delle menzionate vittime. li clima di accresciuta sicurezza sociale, infatti, portò intorno agli inizi delI"800 a non applicare più tutte le tradizionali precauzioni indispensabili per la normale esistenza nei paesi rivieraschi, e specie gl i individui più deboli ed inesperti ne sub.irono le tragiche conseguenze. Fu il caso, tipico nel suo genere, nel 1805 di Porzia Olivieri di Vieste, il cui dramma venne segnalato dal Provicario apostolico di Tunisi il 9 lugl io del 1807. "In Nome di Dio-AmenNoi sottoscritto Prefetto, e Provicario Apostolico di questa Reggenza di Tunisi, e luoghi adjacenti facciamo ampia, ed indubitata Fede, qual mente la Giovane Porzia Olivieri della Città di Vies tici in Puglia Regno di Napoli, di anni dicciotto in circa, battezzata nella Chiesa Matrice, figlia ciel q.m Gaetano Olivieri, fu predata eia' Mori, e condotta in Tunisi, indi restò schiava di questo Bey. Quanto questa bravissima Giovane soffre giorno, e notte, per conservare il suo onore, e per non rinnegarsi, non v' è lingua bastante a poterlo esprimere, perché non passano non dirò mesi, giorni, ma neppure ore, che non venga la medesima percossa con calci, con pugni, bastoni, e con alrri tormenti, che Noi di esprimere lasciamo, che movercbbero a pietà dell'infelice, le stesse pietre, ed altre creature insensate. Più cli tutte le altre viene così tormentata, perché assistita dalla grazia di Dio, si è protestata prontissima a farsi prima tagliare a pezzi, e morir martire, che darsi in preda alla sozzura di questi Porci Barbari, e morire anche cento volte il giorno, per non perdere la nostra santissima Religione. Se però è stata forte per il passato, ed è presentemente, non sappiamo quale impressione potrebbero fare al cuore della med.ma in avvenire, tante lusinghe, colle quali sarà tentata per vedere se potranno ottenere il desiderato effetto con questa, giacché non l'hanno ottenuto colle minacce, e tormenti. Chi può saperlo! Siamo vasi tutti di fragile creta, ed avendo la sopra lodata Giovane, tanti veti, tanti lacci del continuo presso di se chi ci assicura, che anche per debolezza del suo med. mo sesso non resti incappata, che Dio mai non permetta, chi lo sà. Che però raccomandiamo a tutti i fedeli cristiani, e specialmente a persone pie, e divotc a volere concorrere con larghe ed abbondanti elemosine a liberare con tutta sollecitudine questa infelice figlia, veramente virtuosa, e brava, dalle mani di ques ti barbari, assicurandoli che faranno cosa gratissima, non a noi, che pure lo gradiremo moltissimo, ma a Dio, che saprà bene ricompensare simili opere di misericordia non meno in questa, ma più nell'altra vita. Affine poi a questa nostra si abbia ad avere tutta quella fede, che merita, la firmiamo di nostro proprio pugno, e la muniamo col sigillo maggiore di nostra Missione. Data da quest'Ospizio di Tunisi li 9 luglio 1807 F. Settimio da Montalbosso Pref.o Cappuccino come s~pra"92 .

Ma la accorata missiva probabilmente non dovette trovare una pronta disponibilità economica, tant'è che le sorelle della sventurata ragazza rivolsero, pochi mesi dopo, in regolare carta da bollo di grani 6, una pietosa supplica a1 re: "S.R.M. Signore, Maria Michele, e Maddalena Olivieri figlie clelli q. m Gaetano e Casaria del Maglio, umilissimi vassalli di questa vostra fedelissima Comune di Viesti in Provincia di Capitana ta, prostrate al Suo Real Trono devotamente espongono a V. M., come una di loro sorella orfana, e nubile dell'età di anni diciotto, chiamata Porzia fu fatta schiava fin dalli quindeci sett.embre del 1805 da Corsari tunisini in una di queste vicine spiagge, mentre raccoglieva erbe selvatiche per il suo vitto giornaliero. E come l'infelice, perché dotata di un bello aspetto, viene continuamente insidiata, e tormentata da quel Bey, in balia di cui si tro va, con lusinghe minacce, e battiture a sol oggetto di farla rinnegare, ed indi violare il candore della di lei pudicizia: siccome a chiare note rilevasi dal qui ingionto Attestato dè Missionari residenti in quell'Ospizio di Tunisi. Per tal ragione, e perché esse s upplicanti sono affatto povere, siccome la .lvL V. si degnerà rimarcare dall'annesso documento della riferita Comune, si è più volte tentato di accumulare una competente somma coll'elimosina dè di.voti di qui, ma non si è potuto mai effettuare, stantino le precarie critiche stagioni. Si è inoltre ricorso agli Amminjstratori cleU'Universitù della medesima, ma questi si sono dichiarati all'intutto inabili ad una si fatta prestazione per li moltiplicati pesi comunali. Non vi è dunque altro rifugio per libe-

'" Il documento è custodito nell' A. S. N. , Aff. Esteri, 5463.


I lavoratori della terra

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. rarla, che implorare, come fanno la clemenza della M. V. qual Padre comune, e naturalmente proclive al soccorso dè poveri innocenti. Che però colle lagrime sugli occhi ricorrono a piè della M. V.e la supplicano benignarsi di prendere in considerazione il presente veridica esposto, e dare nello stesso tempo delle analoghe providenze sul sussidio caritativo delle Bolle della Crociata per tal riscatto, o in altro modo. Il che ottenendosi, si userà senza dubbio della Real pietà Vostra un' opera molto grata a Dio, al Mondo, ed alla stessa Comune. Tanto supplicano alla M. V., e l'avranno, ut Deus: Maria Michele, Maddalena Olivieri di loro volontà per mano mia, non sapendo scrivere, supplicano come sopra, con fede Noi Gaetano Viplante di Viesti, richiesto ho segnato ... " 93 .

Ed assurdità immutabili della burocrazia, alla supplica era allegato, sempre in carta da bollo questa volta di grani 4, un certificato di povertà, così recitante: "Regno di Napoli Provincia di Capitanata-Distretto di Manfredonia Città Demaniale di Vieste Si certifica qualm.te la Famiglia del fu Gaetano Olivieri di questa Città è poverissima, priva in tutto di qualunque menomo appoggio di fortuna. Della sud.a famigl ia restata orfana per la morte de loro genitori Porzia Maria di anni sedici fu predata da corsari Barbareschi nel 1805, dove secondo le notizie si rau:rova, e la med. ma non può sperare verun soccorso nè dalla famiglia, come sopra poverissima, nè da questa Città, per rattrovarci generalm.te in una miserabile disperazione... 20 ottobre 1807 Michele Foglia Già Sindaco" . 94 .

Il catteggio non ci trasmette, purtroppo, la conclusione della storia, che presumibilmente dovette avere, già per il fatto di aver suscitato l'i nteressamento del sovrano, un esito positivo. Ma di simili casi, neJlo stesso scorcio storico se ne incontrano anche a carico di categorie che proprio per ragioni di mestiere avrebbero dovuto ritenersi al sicuro. È il caso di due fratelli toJTieri, così ricostruito da un altro fratello: "S.R.M. Signore, Giuseppe Pignataro di Cirò della Prov.a di Cosenza, Città che abbastanza ha dimostrato l'attaccamento a V. M. nelle passate, e correnti emergenze delle Calabrie, supplicando l'espone, come corre già il decimo quinto mese, che la M. V. si degnò con s ua Regal Carta promettere il riscatto e libertà dè suoi sudditi dalle Tre Reggenze Barbaresche, Tunisi, Tripoli e Algieri. E s iccome il s upp.e ha due suoi Germani f. lli Giampietro uno, e Raffaele l'altro schiavi in Tunisi predati quattro anni or sono den tro una Torre di guardai nel Littorale di Cirò, dove si eran portati per ordine di quel Governo alfine d' impedire lo sbarco dè med.i, che poi non poterono, e dovellero s uccombere alla forza mag.re ... I808"95_

Ma al di là dei casi isolati, per dolorosi che potessero essere, allorquando sia la prima che la seconda linea fossero state infrante, le conseguenze sul piano sociale risultavano allucinanti, e le modalità di razzia particolarmente efferate come in quest'ultimo esempio del 1815, avvenuto sulla costa Pugliese. "Tunisi 6 luglio 180596 Eccellenza Per mezzo di un Rais Tunisino stato predato dagli algerini, e reclamata la sua persona da un Vascello Inglese si è saputo, che i suddetti algerini hanno eseguito uno sbarco nella Puglia, dove hanno predato circa 500 persone, tra le quali la mettà contava di piccoli dall'età di sei anni al di sotto. La quantità della gente a bordo dei Corsari ha fatto scaricare i viveri, per cui di tutti quest'infelici schiavi ne morivano cinque, in sei al giorno, ed i piccoli che domandavano pane, non potendo sentire le loro grida li ammazzavano sotto gli occhi dei proprj Genitori, e buttavano in Mare: lo stesso Rays assicura che neppure la mettà di essi s,mmno a1Tivati in Algeri: I stessi Corsari hanno anche predato moltissime barche con Bandiera Austriaca tra Ancona e

9 9

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lBIDEM.

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95 IBIDEM.

96 Il documento si trova conservato all' interno di un fascio racchiudente tutta una serie di analoghi ragguagli, tutti datati 1815. Trattandosi di un duplicato è presumibile che la data sia sbagliata. Conferma questa supposizione la firma in calce al documento nonché il nome del destinatario. tutti personaggi che effettivamente svolsero gli incarichi attribui ti nella seconda metà del 18 15, appunto.


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La difesa delegata

Sinigallia con circa 1.00 persone. Una tale terribile tragedia si è intesa da questa Reggenza con soddisfazione, e subito hanno dato l'ordine di armare quanti Corsari esistono in questo Porto per poter praticare lo stesso. Ho avuto il Lernpo di spedire la presente per la via di Cagliari prima di chiudersi il Porto, sperando che arrivi presto all'E. V. onde prevenire t.utl.e le Coste del Regno ed essere oculati per qualche altro sbarco, che potrebbero fare li Tunisini con questo grande armamento. Tutti questi signori Consoli si saranno anch'essi affrellati di prevenire i loro Governi di questa spedizione, non sapendosi ancora contro chi sarà diretta, ma tutti vogliono sopra il nostro Regno, qualora non venghi il regalo promesso al tempo prerisso; e forse con tali notizie neppure accetteranno il suddetto regalo per poter profittare di qualche incursione sulle Barche Coralline, e sulle nostre Coste. Voglio augurarmi di poter riparare queste ostili disposizioni. ma l'epoca è molto contraria, mentre questi Pirati crescono. che tutte le nazioni sono occupate altrove, ed essi ne vogliono profittare. Non ho voluto mancare di rendere tutto un esatto conto all 'E. V . . perché Sua Maestà venghi informata delle disposizioni di queste Reggenze, onde cercare i mezzi proprj ad assicurare la libenà dè suoi Sudditi, e del Commercio Nazionale. Grad isca V .E. il mio profondo rispetto D. V . E. A sua Eccellenza Il Sig. r Marchese di Circello Ministro degli affari Esteri cli S. M. il Re delle Due Sici lie Napoli

Cav. R. de Manino " 97 .

Evoluzione del sistema Superata la fase di massima virulenza corsara, stabi lizzatesi le difese costie re, secondo .il citato organigramma settecentesco, che può riguardarsi per conclusivo, il fenomeno delle masserie fo rtifi cate, dopo una fase cli rarefazione, iniziò nuovamente a riproporsi in maniera intensiva. L'origine della riesplosione di quella anacronistica esigenza deve essere col locata in una concomitanza di concause, principale delle qual i il riacutizzarsi ciel fenomeno brigantesco nel le campagne. Durante la d inastia borbonica infatti , come del resto anche per l'intero periodo vicereale spagnolo - e lo abbiamo evidenziato - mancò uno specifico apparato poliziesco repressivo. Supplì in entrambi i casi l'esercito regolare e le fo rze baronali, che si trasformarono spesso in vere e proprie bande al servizio discrezionale ciel solo barone, eufem ismo che sottintende la più disparata illegalità. "Lo Stato borbonico non aveva mai organizzato una struttura rep ressiva, quale ormai la situazione richiedeva, perché mai se ne era sentita la necessità. Occorreva qui nd i costruirla dalle fondamenta e non era faci le perché i giovani proletari rifiutavano di mettersi al servizio della giustizia borghese, e quando erano costretti a farlo al momento dello scontro passavano spesso dall 'altra parte ... 98 .

91 A. S. N. , Aff. Esteri 4 176. Circa questo tragico doc umento occorre aprire una parentesi esplicativa, al cli là del sern plice errore della data. Sembra infatti strano che una incursione così dolorosamente efficace venga notjficata al re da un suo console a Tunisi, il quale per giunta l'ha appresa tramite gli inglesi dalle parole di un rais tunisino: una serie di voci quasi. Va osservato inoltre che le memorie storiche locali nulla tramandano della efferata razzia, che per la sua entitì1 va collocata, nell'arco di tre s~ coli, tra le principali. È certamente vero che pochi anni innanzi per l'esatlezza nel 1798 ben 900 abitanti di Cnrloforte erano stmi catturati e deportati, cd ancora a cavallo con la fine secolo un altro centinaio cli abitanti dell 'isola di Ustica, ma in entrambi i casi l'eco era stato immenso. Come mai invece nel caso in questione tuuo sembra così incerlO e lacunoso'' Cerchiamo a questo punto di approfondire il contesto che vigeva nel regno, ed in particolare nelle Pugl ia sellentrionale in quel fine giugno ciel 1815. Innanzitutto nel mese di maggio, con il sovrano borbonico a Palermo e Gioacchino 1Vlurat nel napoletano si erano succedute una serie cli asprissime hallaglie lese al ristabilimento del vecchio regime. Completamente sconvolto quindi l'ordine costituito e il normale affluire delle notizie. I reparti mi.litari borbonici iniziarono a rientrare a Napoli a partire dal 23 maggio. ma ancora la resistenza dei murattiani vantava qualche coriaceo caposaldo. Il 5 giugno fu nominato ministro degli affari esteri il pri mo personaggio citato nel documento. il marchese di Circello. Pertanto se l' incursione fosse avvenuta in quei giorni non ne avrebbe potuto avere notizia diretta. Lo stesso sovrano giunse a Baia il 4 giugno, completamente all'oscuro di quanto accadeva nel suo regno: entrò in Napoli solo il 7. Gaeta ancora resisteva e si arrenderà soltanto 1'8 agosto. Con dec reto invece del 28 giugno dello stesso anno vennero create commissioni militari incaricate cli procedere contro qualsiasi delinquente in manien.1 draconiana. La citata incursione quindi dovette avvenire nel clelicatissmo contesto ciel cambiamento dinastico e nei torbidi conseguenti: non deve perciò destare eccessivo stupore la trascuratezza storica che l'avvolge. 98 Da A. CORM JO, p. I 008.


1 lavoratori della ferra

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l30

130. Maddaloni (Ce). Masseria fortificata 'del Monte': a: pros petto principale; b: dettagl io torretta pensile.

a


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fo d(f'esa delegata

Di certo, dopo una fase di spopolamento delle campagne, la crescita demografica favorita se non altro dal miglioramento generale delle condizioni esistenziali e della drastica riduzione della pressione corsara, o nemica in generale, iniziò ad evidenziare vistose sperequazioni economiche. Da lì le sempre più frequenti ribellioni violentissime, peraltro alquanto comuni anche nel resto d 'Europa. L' acme fu raggiunto nel 1799 allorché su tali lotte si innestarono quelle di matrice politica, frutto della rivoluzione repubbl icana a Napoli. Nonostante ciò i redditi provenienti dalle aziende agricole non solo non subirono vistosi detrimenti, ma continuarono a costituire una sorta di scontata certezza nel caos imperante, tanto da far configurare gl'investimenti nel settore di prammatica. Le masserie quindi , in quel contesto assolsero al ruolo di fattore· stabilizzante nell'ambito cieli ' attività produttiva, peculiarità che sottintende una loro affidabilità. autodifensiva acclarata. In altre parole è proprio nella stabilità esistenziale di simil i aziende, nel generale collasso delle istituzioni, per grezze che fossero , che si coglie la conferma cli un apparato autoclifensivo credibile. È oltremodo emblematico al riguardo che ancora ai prim i dell'ottocento il ricostituirsi del patrimonio ovino su nuovi concetti organizzativi lungi dal minare la sopravvivenza delle masserie fortificate fu alla base di una loro ulteriore esigenza. Il fenomeno faceva in un certo senso da contrappunto al parallelo ingrossarsi di una rilevante massa di sottoproletariato ag ricolo particolarmente instabile, e dotato di una pericolosissima carica eversiva sempre pronta ad esplodere. È ancora notevole che quella concezione singolare di masseria fortificata iniziò ad erigersi sistematicamente anche su terreni che fino ad allora ne erano stati marginalmente interessati, grazie al diffondersi appunto del brigantaggio e della disperazione dei d iseredati. Si ritrovano pertanto nelle aree prossime ai grandi santu ari ciel brigantaggio come la Calabria, il casertano, il beneventano, ecc. , con soluzioni architettoniche, senza dubbio, più modeste e leggere di quelle pugliesi ma non per questo meno rispondenti. Essendo in definitiva il brigantaggio, praticamente onnipresente, nella connotazione del contesto agrario meridionale ottocentesco, la residenza rurale fortificata divenne la ovvia conseguenza. Tale struttura anzi, da un certo momento in poi, prese ad assurgere come agli albori dell'età moderna, a soluzione insed iativa per antonomasia. Non diversamente dai vicerè spagnoli, anche sotto i Borboni non solo fu ben accolta dal governo ma spesso incentivata e regolarizzata secondo precisi schemi distributivi in modo da contribuire in qualche modo al controllo del territorio, in funzione ormai eminentemente antibanditesca. "La continua caduta di autorità che lo stesso Stato borbonico anelava dimostrando sia nell 'affrontare i problemi di struttura, sia nell ' organizzare una efficace forza repressiva, costrinse la borghesia a provvedere direttamente alla difesa dei propri beni mediante la formazione di schiere private d i individui armati e, appunto, la costruzione di fortificazion i. Non è questa la sede per approfondire tale argomento: interessa invece costatare come il primo obiettivo, abbastanza presto raggiunto, postosi dalla borghesia fu quello di spezzare i legami tra le masse popolari dei cittadini dei grossi centri rurali della Puglia ed i briganti, costringendo questi ultimi a trovare rifugio nelle campagne ove più facile (era ritenuto) sarebbe stato sorprenderli ed ove, comunque sarebbero stati considerati dei comuni malviventi e non l'espressione più o meno autentica d i istanze sociali. È proprio con il trasferimento nelle campagne dello stato di tensio ne derivante dall'applicazione delle leggi eversive, dal persistente alto costo della vita, dall'aumento continuo dei fitti e daJl'ormai insostenibile pressione fiscale che si spiega la fortificazione cli un cospicuo numero di residenze e masserie anche nelle immediate vicinanze dei centri abitati''99 • Si potrebbe addirittura parlare per questa nuova proliferazione di una seconda generazione di masserie, e residenze fortificate - peraltro, come accennato, ormai comuni a molte regioni italiane - con specifiche connotazioni architettoniche. La loro potenzialità difensiva, infatti, appare estremamente mode-

99

Da R. DE VITA, Castelli... , t:iL, p. 353.


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sta se relazionata alle precedenti, e di tipo quasi esclusivamente attivo, essendo la finalità ciel delinquere mirata ai ricchi possidenti, con omicidi e sequestri di persona. Il che rendeva superfl ua l' ipotizzazione di un temibile assalto, sia pure notturno, riducendosi la difesa a garantire tramite il fuoco della fucileria domestica, l'inviolabilità dell'ingresso. Ciò spiega il concentrarsi delle feritoie e degl i avancorpi quasi esclusivamente intorno a quel delicato settore strutturale, trascurando i restanti vani, ritenuti ormai poco minacciati e sufficientemente garantiti dalle spranghe dietro i serramenti. Anche la presenza delle truppe francesi, nei primi dell' Ottocento nel Regno, se da un lato riuscì a scongiurare l' esplodere di vere e proprie rivoluzioni ind iscrimi nate, dall' altro non risolse affatto il problema della sicurezza nelle campagne e le masserie fortificate continuarono ad essere dei coriacei caposaldi nel mare delle scorrerie brigantesche. "Soltanto la organizzazione di un moderno apparato repressivo, la presenza di truppe francesi, e la partecipazione attiva della borghesia locale alla difesa dell'ordine costituito consentirono di evitare un nuovo '99. Nei primi anni gli sforzi fatti dal governo in tal senso non sempre sortirono i risultati sperati; ché non si poteva costituire una forza efficiente con proletari in uniforme che alla prima minaccia di scontro passavano dall'altra parte. Così la borghesia fu costretta ad abbandonare le campagne alle scorrerie dei briganti, e a concentrare la sua difesa nei centri abitati, ormai trasformati in fortezze ben munite contro l'assalto che veniva dalle campag ne. Nei centri più esposti alle scorrerie dei briganti si stabiliscono piani dettagliati di difesa in caso di attacco dei briganti, studiati nei minimi particolari... Sulla base delle carte militari (1 817) approntate in quegli anni si stabilirono con precisione le masserie da di fendersi, si determinarono i contingenti necessari alla difesa di ogni posta, si impose ai padroni delle masserie non difese di trasportare altrove le derrate per impedire che i briganti potessero servirsene, e mentre la borghesia locale organizzava la difesa delle masserie, le forze dell'ordine battevano giorno e notte le campagne" 100• Disgraziatamente si ripropose anche il dualismo che da sempre aveva gettato ombre di discredito su quelle strutture, ovvero il trasformarsi, a loro volta, facilmente in covi dì briganti e la minaccia in quegli stessi turbolenti anni trovava ampi riscontri. "Così uno scrittore contemporaneo guardava con preoccupazione all'addensarsi di operai agricoli nelle grosse masserie pugliesi... «f ... ] gli operai che la cultura di sì ampie masserie sostengono sono i fuggitivi delle più lontane provincie del Regno o per cagion di debito o di delitto [ ... ], essi uccidono i buoi, rubano la caparra e la sementa, appkcano il fuoco alle mete ed esercitano, singolarmente nella state, la infame arte dei grassator.ì)). " 101• È interessante proprio per meglio evidenziare quella paventata inversione destìnativa, e per concludere l'argomento citare le pagine di un diretto responsabile dell'ordine pubblico in quella regione.

Resistenza di una torre-masseria Tra il 18 17 ed il 1828 divenne governatore di Terra di Bari e di Terra d'Otranto, il generale R. Church: "nato inglese (egli dice), passato agli stipendi dei napoletani per opere non lodevoli, quindi obliate per miglior fama ... " 102 • In particolare il generale si distinse nella repressione dei disordini avvenuti nel 1819 nelle provincia d i Lecce. Nel corso del suo mandato con energia e rigore, non disgiunti eia lealtà e rettitudine, affrontò le bande di briganti che infestavano la regione, avendone spesso ragione. Dalle sue memorie cli quei frenetici anni, raccolte e pubblicate nel 1895 dalla nipote, e quindi ripubblicate, tradotte, in Italia nel 1899, ci interessa stralciare un brano relativo alla cattura cli alcuni briganti asserragliatisi in una torre-masseria. Avremo così una eccezionale testimonianza scritta da un militare circa le modalità e le valenze della

i<J-O 101 102

Da A. CORMIO, pp. 1018-24 Da A. CORMIO, 901. Da R. CH URCll, Briganlaf.igio e società segrele nelle Puglie, Firenze 1899, p. V. x


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resistenza espletata da una di quelle fo rtificazioni, anche in caso di attacco da parte dell'esercito regolare, tre secoli dopo la ]oro costruzione. "Cattura ed esecuzione di Ciro. Le masserie, o fattorie delle Puglie, sono tutte costruite sull'istessa pianta e atte alla difesa. Esse datano dal periodo in cui le scorrerie dei pirati erano frequenti e la gente vi s i rinchiudeva coi valori e il bestiame quando temeva un attacco. Un solido muro quadrato circonda il recinto, con la casa di abitazione, composta per lo più di due o tre stanze. Le stalle e le rimesse formano un angolo retto coll' edificio, anch'esse dentro il recinto del muro. Una torre e due magazzini stanno da u n lato e vi si ascende con una scala cli pietra o per mezzo di una scala a p ioli, o ponte levatoio. Ciro, affranto dalla fatica, cercò rifugio con alcu ni compagni nella masseria Scaserba, già prima da lui fornita di provviste e munizioni. Quando vide i mil iti di San Marzano in cerca di lui non si allarmò, pensando di potere facilmente troncar loro la strada. Ucciso il primo che si avvicinò al rec into, la milizia cli San Marzano informò le truppe più prossime della sua presenza e Ciro si trovò circondato. Vedendo che gli si preparava un vigoroso assalto, chiuse gli abitanti della masseria nella <<pagliara>> e montò sulla torre coi compagni . Pochi uomini ben armati potevano difendere la torre contro centinaia, ed i briganti si difesero disperatamente fino a notte. Ciro tentò di fuggi re nell'oscurità, ma uno scalpitio di cavalli gli apprese l'arrivo di un rinforzo di cavalleria, al quale sarebbe stato i mpossibile sfuggire, ed egli tornò addietro dopo aver ucciso un volteggiatore, che stava a guardia sotto la torre dalla quale egli intendeva di scendere. Si rinchiuse di nuovo nella torre e passò il resto della notte fabbricando cartucce. Verso giorno gli assedianti tentarono di aprire a forza, o dar fuoco alle porte della masseria, ma g li assediati li respinsero con un fuoco ardito e ben diretto, ferendone diversi. Fu puntato allora un cannone da quattro contro il tetto della torre e le tegole e i mattoni caddero con fracasso, obbligando i briganti a scendere nel magazino più basso. Affranto dalla fatica, tormentato dalla sete ardente, Ciro chiese un abboccamento; le truppe cessarono di far fuoco e Bianchi s' avanzò. Ciro sì mostrò alla porta della torre. "Buon giorno, signori. Desidero parlare col generale. " "Impossibile, Don Ciro. " "Ma voglio trattare con lui. Che genere d i uomo è quegli che rifiuta di parlare con me? con me, Ciro Annichiarico '?" "Nemmeno con voi, Don Ciro, " "Ho avuto l'onore d ì parlare con molti generali, e ho molte cose eia dire al generale Giorgio. " "Può essere, Don Ciro. " "Ma io desidero cli venire a trattative con lui, vi dico. Buon Dio! che uomo è questo che rifi uta dì vedermi?" Egli stava là, in figura selvaggia, con gli occhi che gli scintillavano fieramente nel viso sudicio cli polvere, mostrando i denti come una bestia feroce e tremando di rabb ia; quindi : "Acqua, acqua!" gridò, "per l'amor di Dio, datemi una goccia d'acqu;i!'' Bianchì fé segno ad un soldato che accorse con una borraccia. Ciro bevve avidamente e voleva renderla indietro. "Date il resto ai vostri compagni", disse Bianchi; "e adesso, Don Ciro, difendetevi quanto volete, ma non potete sfuggire. Non c'importa di avere la torre oggi o domani, ma vogliamo averla!" ... Bestemmì.ando si ritirò Don Ciro, e in quel mentre piovve una scarica dalle feritoie della torre uccidendo due volteggiatori che incautamente stavano esposti. Il fuoco continuò sino a sera, quando fu chiesto un nuovo colloquio. Ciro apparve nuovamente in cima alla scala a pioli. "Conducetemi dal generale. " "Sì, ma come prigioniero, Don Ciro. " "E così sia. "E ordinando ai suoi uomini di cessare il fuoco e cli abbassare il ponte levatoio, lo traversò rapidamente e in un momento fu d isarmato e legato .. . " 103•

103

IBIDEM, pp. 2 12 e sgg.


I lavoratori della terra

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Abbiamo dalla colorita ricostruzione del generale un preciso riscontro pratico sul tipo di protezione, sulla durata e sui limiti della resistenza consentiti da una torre-masseria: i dati sono perfettamente concordanti con quanto sin qui esposto, compreso il significativo dettaglio della mancanza di cisterna interna. Le masserie fortificate ebbero ancora negli anni successivi ampi spazi fruitivi, specialmente dopo l'unità d'Italia, con il riesplodere del brigantaggio, prima a valenza politica e poi criminale. E persino nel primo dopoguen-a, e marginalmente nel secondo, i loro espedienti consentirono preziose sicurezze. Formano, nel loro insieme, la inedita Architettura Difensiva Domestica.


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PARTE QUARTA


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I LAVORATORI DEL MARE

I contesti lavorativi Analogamente al lavoro collettivo su.i campi nelle sue molteplici articolazioni produttive ed imprenditoriali, anche quello sul mare, nello stesso scorcio storico in precedenza illustrato, patì gravissime vessazioni imputabi li però ad una sola componente della criminalità organizzata: quella dei corsari. A differenza delle tipologie agricole, la sua precarietà ed esposizione ai rischi si incrementava con il crescere della distanza dalla costa. Ad un simile effetto inoltre cooperava la durata dei suoi tempi di estrinsicazione. Ad eccezione infatti di alcune attività rivierasche, nelle quali i ritmi produttivi consentivano sia il riposo giornaliero che settimanale, presso le proprie abitazioni, le restanti si configuravano come estesi intervalli operativi , oscillanti tra il mese fino al semestre, assolutamente privi di fasi domestiche. Era il caso, tanto per esemplificare, della navigazione costiera degli innumerevoli mercantili che collegavano la Puglia con Napoli, lungo la cosidetta "via del grano" 1• La rotta, di quasi 1.500 miglia, offriva in vero frequenti scali notturni nei piccoli porticcioli del cabotaggio, ma non per questo, durante la trentina di giorni che richiedeva consentiva agli equipagg i di allontanarsi clall'imbarcazioni. Un mondo pertanto con le sue regole antiche e rigidissim.e, e con i suoi ritmi. stagionali che disgraziatamente coincidevano strettamente con quelli della corsa, essendo entrambi attivati dalla buona stagione e dai raccolti agricoli. E analogamente alla terra anche quel pulsare cli lavoro, in ogni sua sfaccettatura, dovette dotarsi di un particolare apparato difensivo parami1itare, spesso supportato eia idonee strutture fortificate. Tentando di tracciare una prima schematica suddivisione insediati va osserveremo che l'insieme dell' imprenditoria connessa con il mare ostenta, sempre sotto il profilo della sicurezza anticorsara, la seguente basilare diversificazione: l - Attività dipendenti dal mare ma svolte immediatamente sulla costa, come l'estrazione e la commercializzazione del sale, o la pesca dei tonni, o dei pesci spada, e la loro trasformazione conserviera. Ed ancora, sebbene meno aderente, la lavorazione degli zuccheri2, dei trappeti oleari, della siderurgia, ecc. , produzioni tutte necessitanti di un adiacente scalo di esportazione marittima. 2 - Attività svolte sul mare, ma nella sua fascia costiera' come eia esempio la pesca per finalità alimentare, il cabotaggio e la raccolta dei molluschi. Ma anche la pesca del corallo, almeno nel periodo iniziale della ricerca e sfruttamento sistematico. 3 - Attività svolte sul mare, ma a consistente distanza dalla terraferma, o almeno da quella patria o

' Afferma R. C ISTERNJNO e G. PORCARO, La marina mercantile napole!ana dal XVI al XIX secolo, Napoli 1954, p.30: «Siamo alla metà del XVI secolo, aJJorché nel golfo di Napoli grandi e piccoli vascelli attendono alla fonda eventuali ingaggi di noleggio per salpare e sciogliere tutte le vele al vento sul.la via del grano, come era allora chiamato il percorso dalle fertili coste adriatiche a quelle del T irreno». 1 G. MATACENA, A.rchitettura del lavoro in Calabria tra i secoli XV e XIX, Ercolano 1983, p.26, così puntualizza al riguardo: «La localizzazione delle <<i mprese di cannamele» [canna da zucchero] fu anche condi,.ionata alla vicinanza del mare; la difficoltà dei tracciati viari cli terraferma, spesso sem plici tratluri, era tale da rendere preferibile affidare il prodotto alla naviga;:ione che pur non era esente da disagi e pericoli.Numerose «imprese di cannamela» si insediarono lungo la costa tirrenica della Calahria, dal clima te mperato, ricca di fiumare e dotata anche di sufficienti attracchi per battelli di medio tonnellaggio, per lo più feluche, pinchi, lingueglini>> .II discorso è sostanzialmente identico anche per le altre menzionate attività industriali. ' È quella parte di mare che in seguito, a partire dalla metà del XVII secoli inizierà a denominarsi 'acqua territoriale' e la si attribuirft. proprio per il rilevante interesse commerciale che assicura, allo stato che lambisce, fidando che la sua difesa sia possibile con le artiglierie da costa. che ne scandiscono in ultima ana.lisi l'ampiezza.


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amica, come la pesca del corallo, nella fase di sfruttamento intensivo dei banchi nord-africani, od il commercio di lungo corso. Le medesime attività poi, sotto il profilo commerciale possono ulteriormente suddividersi e differenziarsi: 1 - Attività con scarso numero di lavoratori per singola impresa, operanti per lo più dispersi, e con un basso valore mercantile del prodotto ricavato, spesso rapidamente deperibi le e quindi non tesaurizzabile. Era il caso della pesca per finalità alimentare. 2 - Attività con alta densità occupativa ma con prodotto cli scarso valore mercantile in relazione al volume, come ad esempio le saline. '·3 - Attività con discreta densità occupati va e con prodotto di discreto interesse economico-commerciale, suscettibile di accumulo e conservazione, come ad esempio le tonnare con le adiacenti fabbriche di iscatolamento. 4 - Attività con notevole densità occupativa, conseguenza magarì del concentramento in ristretti ambiti di molte singole imprese e con prodotto cli elevato valore economico- commerciale, non deperibile, come ad esempio la pesca del corallo. Queste seconde caratteristiche erano poi, in ultima analisi, quelle maggiormente attrattive per i corsari in quanto, sia la presenza di un consistente numero di pacifici lavoratori, con i relativi attrezzi, sia le loro imbarcazioni e magari anche la loro produzione rappresentavano altrettante allettantissime e remunerative prede. Pertanto il coefficiente di rischio può ritenersi crescente con il crescere del numero espositivo del]e due tabelle enunciate, toccando i suoi va.lori massimi in coincidenza di quelle attività che per svolgersi implicavano intere stagioni lavorative, lontano dalla madrepatria con ricchi proventi, tipica per antonomasia la pesca del corallo, massimamente sui banchi nord-Africani. Ciò premesso forniremo uno schematico ragguaglio su tali attività, nell'ordine crescente di pericolosità. Si otterrà così un quadro, se non esaustivo almeno esemplificante, delle connotanzioni anche marittime della Difesa Delegata e delle sue tracce storiche ancora riscontrabili. Ci sembra significativo precisare inoltre, prima di addentrarci nelle trattazioni specifiche, che sebbene ci siano pervenuti al riguardo consistenti fondi archivistici a partire dal XVI secolo fino al XIX nonché alquanti ruderi archi tettonici comprovanti gli stessi - abbiamo accordato, nelle citazioni, la preferenza ai doqpnenti originali più recenti. Ciò per almeno due concause: da un lato, infatti, le ormai contemporanee espressioni linguistiche non richiedendo più alcuna traduzione, o delucidazione, per l'esatta comprensione ci rappresentano il contesto con una più calzante e colorita immediatezza. Dall'altro proprio il collocarsi dei drammatici verbali in pieno ottocento - epoca cli enorme contrazione della corsa barbaresca, e dell'affermazione del diritto internazionale - lascia agevolmente presumere quale fosse la sua efferata virulenza ed atrocità, per l'innanzi.

L'estrazione del sale Superfluo soffermarsi sull'importanza sin dall'antichità dell'estrazione e ciel commercio ciel sale: basti ricordare che una delle principali strade romane ci uamanda ancora nel suo nome quel basilare traffico. Agli inizi del XVI secolo la produzione del bianco minerale non si discordava in maniera rimerchevole dai procedimenti in auge da tempo immemorabile. In breve, fatta affluire una notevole quantità di acqua di mare, tramite canalizzazioni e chiuse, in amplissimi bacini costieri di scarsissima profondità, se ne attendeva l'evaporizzazione naturale. A quel punto si raccoglievano le massicce incrostazioni sottoforma di grosse schegge cristalline e si accumulavano in magazzini di stoccaggio in attesa di caricarle sui mercantili per la commercializzazione a distanza. Le connotazioni geomorfologiche ottimali richieste per quel procedimento estrattivo consistevano nell'individuare una bassa pianura prossima ad una riparata insenatura, indispensabile sia per la contrazione ciel moto ondoso, sia ovviamente per l'attracco ciel naviglio. Sempre ovviamente ad una latitudine e con una esposizione microclimatica che favorisse la massima insolazione a quell' invaso artificiale. Simili caratteristiche non sono affatto rare lungo le marine della Penisola, specialmente nel Mezzogiorno, dove infatti si originò un vivace commercio, progressivamente accreditatosi anche per l'esportazione verso gli altri stati mediterranei, meno beneficiali dalla natura.


! lavoratori del mare

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Si distinguevano nel settore, g ià prima del XVI secolo, la Sardegna e la Puglia ed in tono appena minore la Sicilia, dove però la presenza di enormi giacimenti di salgemma non incentivò mai lo sviluppo di tali imprese. Nell 'altra g rande isola, invece, l'estrazione del minerale incontrò una singolare prosperità, grazie anche alla bassissima pressione antropica che assicurava la reperibilità, a buon mercato, dei siti propizi, specialmente nella sua parte nord. Trascriviamo quindi una significativa testimionianza, del 1572, indicante proprio alcune località, adibite a saline, rilevate nel corso ciel periplo de lla Sardegna compiuto dal capitano Marcantonio Carnos di Iglesias, finalizzato ad identificare i luoghi destinati alJ'impianto delle erigende ton-i costiere4 • Ne coglieremo, al contempo, anche le cautele difensive già attuate, o programmate per l' immediato futuro. Il primo sito del genere si trovava non lontano da Capo S. Marco, nei pressi cli Oristano, denominato all ' epoca Capo delle Saline, e così faceva osservare lo scrupoloso rilevatore: ·'Cabo dc las Salinas, tierra d el Marquesado que tomo el nombre de las salinas... 5

... dalle sali ne che lì si trovano. Occorre costruirvici una torre di vedetta ordinaria, in g rado di ospitare due uomini ... ". La torre dovrebbe corrispondere ai ruderi di quella attualmente denominata Torre Saline presso Capo Mannu, le cui condizioni di conservazione sono alqu anto precarie 6 . Le sentinelle logicamente erano indispensabili per lo svolgimento .a "risch io accettabi le" della quotidiana fatica. La conferma del resto la troviamo immediatamente più a nord poco prima di Porto Torres presso la località denominata alJora "Le Saline»: "Las Salinas es lugar muy frequcntado ...

... dai nemici per la pericolosa vicinanza che possiede con l' Asinara, covo di corsari, ed a causa del molto commercio che lì viene effettuato di sale. Attualmente vi si sta costruendo una Torre per la difesa della gente che vi lavora all' estrazione ed alJa commercializzazione del sale. " 7 Ecco quindi la prima conferma esplicita di un edificio fon ificato, una torre, eretto per iniziativa privata per la difesa di una attività connessa con il mare. La t<me che alla fine del '500 si stagliava sullo stagno di Casaraccio, tra Stintino e Porto Torres, sarebbe quasi certamente - il condizionale è d'obbligo - quella ancor oggi perfettamente vis ibile detta di Stintino. La medesima fu rubricata per compiuta g ià nel 1573, e quindi per ordine del vicerè Moncada ne fu dis posto il restauro nel 1578. Restando sempre in Sardegna si incontrano altre torri che ricordano nel loro nome la diffusa attivi tà, come quella ubicata a sud del golfo di Corra - subito appresso alla local ità dell a prima citazione - detta Torre Scala 'e Sale, parzialmente dirnta. Ed ancora Torre di Bantine 'e Sale, ovvero del Vill aggio del sale e per fin ire Torre di Monte de la Salinas, ubicata su lla sommiLà di un 'altura tra lo Stagno dei Colastrai a S ud e quello delle Saline a Nord, unica ton-e ad impianto quadrilatero, probabilmente più antica delle p recedenti. Di tutte comunque, pur non avendosi la incontrovertibile conferma della diretta dipendenza dalle saline, ci sembra sufficien temente plausibile tale supposizione, suffragata peralu·o dai menzionati esempi. Dalla brevissima panoramica abbiamo potuto rilevare non solo le concordanze tra le carte d' archivio e i ruderi, ma la imprescindibilità dell 'apparato difensivo privato per quel complesso estrattivo, quasi una sorta di pertinenza industriale. S i conferma inoltre nettamente l'esigenza, pure in Sardegna e per una attività non certo particolarmente remunerativa, del ricorso alle fortificazioni non stata li .

•1 Il viaggio ricognitivo del Camos è stato liberamente tradotto da F. Russo, lA difesa costiera del regno di Sardegna dal XV al XIX secolo, Roma i 993, pp. 5 Il manoscrilto è conservato presso l' A.G. di Simancas, E 327 << Relacion de todas las costa.i· del Reyno de Cerda11m}, f.8 : «Capo delle Saline, terra del Marchesato che prende il suo titolo dalle Saline ... ». 11 documento è liberamente tradotto. 6 Sulla torre cfr. F. Fo1s, Torri spagnole e forti piemontesi in Sardegna, Cagliari 1981, p.35 7 A.G.S., E.327, f.9, liberamente tradouo.


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la difesa delegata

Discorso sostanzialmente analogo si coglie anche per le tonnare, specialmente, in questo caso, in Sicilia dove la categoria è più riccamente rappresentata, per motivi ittiologici e tradizionali. Prima di addentrarci nella elencazione dj tali impianti fortificati, è necessario fornirne alcuni dati tecnici onde recepirne meglio le potenzialità industriali, ed umane, nonché il ruolo di produzione strategica 1ivestita. La concezione della pesca ai branchi di tonni, mediante impianti di reti costiere fisse di complessa articolazione, è quasi certamente retaggio arabo, dei tempi della loro dominazione siciliana. La validità di siffatta modalità di pesca, paradossalmente proprio per l' abbondanza conseguente delle prede, acquistò interesse soltanto dopo l'elaborazione di un affidabile metodo di conservazione del pescato in salamoia. Ne derivava immancabilmente che una tonnara operativa avesse nelle sue immediate pertinenze un,o stabilimento del genere in grado di lavorare istantaneamente le carni dei tonni, salarle e conservarle. Ciò implicava a sua volta che, sempre negli stessi paraggi, vi fosse una avviata sal ina, l'unica maniera per rifornire quello stabilmento dei grandi quantitativi del tradiz ionale conservante. La stretta interdipendenza funzionale spiega il perché della concomitanza, osservata anche in Sardegna ma propria della Sicilia, delle tonnare con le saline, configurandosi in sostanza le due attività complementari. Oltre alle due isole, le tonnare si strutturarono pure in Calabria, specie dopo lo snodarsi delle torri costiere vicereali, che ne abbattevano in pratica gli enormi costi di realizzazione. Scendendo nei dettagli estrinsecativi, va innanzitutto osservato che, essendo quella particolarissima pesca funzione del passaggio dei tonni e dei pescispada - da sempre avvicendatisi tra giugno e settembre - ancora una volta un'attività industriale ostentava una pericolosissima sovrapposizione dei suoi cicli operativi con quelli di infestazione dei corsari, con le presumibili conseguenze. Riguardo invece agli impianti le tonnare innanzitutto si distinguono, sulla base cli quanto accennato, in tonnare di mare, ovvero il complesso delle reti camerate dove si catturavano i branchi, ed in tonnare di terra, ovvero lo stabilimento dove si procedeva alla lavorazione del pesce ed alla sua conservazione. Stando a stime attendibili del XVII secolo le quantità di tonno pescato in una sola giornata ammontavano mediamente a circa 3035 tonnellate, e ciò per un impianto cli media capacità. " Aggettasi primamente sotto l' occhio de' curiosi la tonnara labirinto, in cui non per difetto del filo, ma per l'abbondanza, l'Abi tatore del mare si veggono racchiusi. Ella è così grande, ch'è capace di asserragliare quattromila tonni ... " 8.

Circa l'impiégo dì uomini e di risorse necessari per la sola tonnara di mare occorre precisare che la: "fase di pesca richiedeva marinai esperti e soprattutto equipaggi affiatati, per la difficoltà delle varie operazioni, eguali ma nello stesso tempo imprevedibili. Una "ciurma" completa era composta dai 40 ai 70 uomini. Al fattore umano, di grande importanza, bisognava aggiungere gli alti costi di ammortamento necessari per mettere in mare una efficiente camera della morte, composta in genere dalla barca del "Rais", capo pesca, detta caporasso, e da altre, ognuna adatta ad operazioni diverse, usciere, musciara, portanova, colonnitu, rimorchiatore caterina e tùnnu. La rete era costruita con concamerazioni complesse, con parte intermedia, tenuta in verticale eia sugheri e zavorra in basso; la sola camera della morte era una rete piramidale con la base composta da due lati cli circa 20-30 metri, e di due di 15-20. Lo sviluppo completo di una rete era di circa l O. 000 mq. , composto da robuste maglie di cordame. Per completare poi l'attrezzatura occorrevano gomine per alcune migliaia di metri, non meno cli 5-6 argani, rampini, tende di lana, sugheri, barili, forbici, e tutto quanto è normale attrezzatura di bordo. Il valore di tutto il materiale cli mare oscillava tra i 1. 000 ducati per una tonnara media, ai 2.0002.500 per una cli grandi capacità. " 9 Già da questo primo dettaglio si comprende la rilevanza dell'investimento - pari nella stessa epoca all'importo necessario per costruire da un minfo10 di 2 torri ad un mass.i mo di 5, cli media grandezza,

8 Da .I . T RANQUILLO, Istoria apolegetica della antica Napizia oggi de11a il Pizzo, Napoli 1725.Sullo stesso argomento cfr. pure L. ALBERTI, Descrizione di tutta l'ltcliia, Venezia 1567. 9 Da G. MATACE:-IA, Archi1et1ura del lavoro .... cit.. pp. 87- 88.


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13 1. Vendicari (Sr). Torre e tonnara di Vendicari, al limite dell'anuale oasi protetta.

ovvero pari alla difesa architettonica di un tratto di costa di oltre 25 km.! Ma non e ra tulto: infatti la tonnara a terra era a sua volta composta da un grande capannone di oltre 1.000 mq, mediamente m. 20x60 con pilastri in muratura e capriate lignee per sorreggere le tegole di copertura. A l suo interno si trovavano le enormi caldaie per la cottura del pesce e le linee per la conservazione in salamoia, quind i per il sezionamento e l' inscatolamento in vasetti di terracotta, sotto olio d'oliva. Intuibile pure a questo punto l'affluenza globale di manodopera, maschile e femminile, ed il valore delle scorte di magazzino - perfetta mente in g rado di sopportare lunghi stoccaggi e quindi di notevole valore anche strategico - in attesa di commercializzazione. Intuibile, infine, la remuneratività di un così articolato complesso industriale nel caso di improvvisa razzia corsara: indispensabile, e peri.>ino prioritaria rispetto agli stessi impianti, l'esistenza di un congruo apparato difensivo. Passiamo ora bre vemente ad elencare le tonnare presenti ed operative in Sicilia verso la fine del 1500, tutte debitamente e vistosamente forti ficate sulla scorta dei preziosi manoscritti di Tiburzio Spanocchi, il celebre ingegnere militare d i Marcantonio Colonna10, e di quello del suo successore Cam illa Camilliani 11 • Torre-Tonnara di Vcndicari Torre-Tonnara di S. Isidoro, presso Capo Lilibeo Torre-Tonnara di Bonagia, presso Monte S. Giuliano-Erice

10

Il manoscritto dello Spanocchi, conservato nelle Biblioteca Nazionale dì Madrid, è stato trascrìttò, tradotto e commencato da P. Russo, La d(fesa costiera del Regno di Sicilia dal XV al XIX secolo, Roma 1994. 11 CAMILLO C AMILLv\NI. Descrizione dell'isola di Sicilia, a cura di O.Di Mar1.o. in BSLS, s. ll. Palermo 1877 cd anche Il Libro delle torri muriuime. trascrizione curata da A.Casamento, ìn Storia della città, n° 12-13, 1979.


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La difesa delegata

Torre-Tonnara S. Giuliano, presso Trapani Torre-Tonnara di Carini Torre-Tonnara punta delJ'Orsa, presso Cinisi Torre-Tonnara di Cofano, idem Torre-Tonnara di Magazzinazzi, presso Castellammare Torre-Tonnara di S. Vito, presso Capo S. Vito, Castellammare Torre-Tonnara di Torrazzo, presso S. Vito. Torre-Tonnara di Scopello, idem Torre-Tonnara di Mondello Torre-Tonnara di Caronia L'elenco è probabilmente approssimato per difetto essendosi, nei secoli successivi ai menzionati tecnid, ulteriormente arricchito di nuove tonnare fortificate. Descriviamo ora brevemente come era strutturato un complesso industriale completo, ovvero Torre difensiva, salina e tonnara, nella fattispecie quello nello splendido insediamento naturale della riserva di Vendicari 12 •

Torre - La ton-e eretta inizialmente con molta probabilità dagli svevi, trovava all'epoca la sua giustificazione come protezione del porto caricatore per l'esportazione del grano. Ton-e quindi sempre per difesa non strettamente militare, ma appartenente al contesto della trattazione de] capitolo precedente. Anche in epoca aragonese la poderosa fortificazione, peraltro splendidamente pervenutaci, assicurava il commercio del prezioso cereale. Un privilegio infatti, del 1464, accorda agli abitanti di Noto la facoltà di completarne la costruzione, o forse di potenziarla in maniera aggiomativa. E per quel secolo, e forse anche per l'intero seguente, alla torre è affidata la difesa del vicino abitato e dei suoi campi nonché del suo po1ticciolo. Si giunge così al 1600 ed i suoi bronzei cannoni continuano a presidiare dalle possenti mura un trafficato caricatoio granario. Nel frattempo, però, ai suoi piedi si era andata strutturando una vasta salina. "Data la natura del posto per la facilità con la quale l'acqua del mare penetra nei pantani, praticamente si sono eia sempre avuti, a Vendicati, dei bacini salieri. Quando arriva il mese di maggio, l'acqua, particolarmente quella del pantano Grande, evapora, lasciando sedimentare il sale. E in verità, proprio per questa caratteristica, nei secoli passati gli stessi pantani erano chiamati saline tout court e iJ feudo del Pantano Roveto era detto anche feudo Salina ... Verso la metà del Cinquecento il Fazello 13 parla pure delle saline quando dice: Altro tanto spazio di via (mezzo migl{o n. d. a. ) son lontane le saline, che son due miglia di giro, delle oggi coda di Lupo, dove entrando l'acqua del mare, si genera il sale, e poco lontano ancora si trovano altre saline, dette Roveto... Soprastà al porto detto Vindicari, e alla Salina chiamata Ruvetta... " 14 • Abbiamo, a questo punto, due degli elementi propiziatori l'impianto cli una tonnara, ovvero la difesa militare della torre e dei suoi cannoni, e la salina, per conservare gli uomini la prima e per conservare il pesce la seconda. Il progetto della tonnara perciò non si fece attendere: "Già nel Settecento la salina dovette esser~ funzionante e di ausilio della tonnara... La tonnara di Vendicari, detta anche dì Bafutu, ossia anticamente del Capo Bojuto, ebbe origine nel corso ciel Settecento, in seguito al grande incremento che in Sicilia si era avuto nella concessione di tonnare a partire già dal seicento. È stata una tonnara di ritorno, di quelle, cioè, che, poste lungo le coste orientali e meridionali della Sicilia catturavano i tonni dopo che questi, passata la stagione degli amori, andavano verso il mare aperto con i genitali vuoti. Ha avuto una storia non felice, soggetta come è stata, a periodi di magra ed anche di totale chiusura ... Sta di fatto che nel 1889 la tonnara di Vendi cari non era in funzione ... [ma] nel 1914 il nobiluomo avolese Antonio Modica Munafò, già possessore della salina,

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La riserva di Vendicari è situata in prossimità di Capo Passero, estremità sud della Sicilia, vicino ad Avo la.Fu costituita effettivamente nel 1984, dopo una gestazione scandita da molteplici tappe preparatorie durata un decennio.La riserva abbraccia una stretta striscia di costa, tra Noto e Pachino, ad una latitudine minore di Tunisi, pari a I SI 2 ettari, con una larghezza minima cli m. 200 ad un massimo di m.1.300, per un fronte marino di circa km 8. 13 T. FAZELLO, DeLl'historia di Sicilia, voll.2, Venezia 1573, prima edizione in latino Palermo 1558. 14 Da s. B URGARETrA, Vendicari, Palermo 1991, p. l I I


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ebbe la concessione della tonnara di Vendicati .. la cui attività ... durò fino alla definitiva chiusura, avvenuta nel 1943 ... lCirca l'attività trascorsa della tonnara risulta] che si calava in mare ai primi di maggio e vi restava fino al 15 settembre; per quel periodo i pescatori, eletti tonnaroti, si stabilivano a Venclicari con le loro famiglie. L'edificio a tena della tonnara, nel quale si entrava per un ampio cancello di fe1To, comprendeva, oltre a un cortile, separnto dalla torre sveva mediante un muro perimetrale, lo stabilimento per la lavorazione del tonno, il magazzino, le abitazioni dei tonnaroti. A parte erano altre case ... In esse alloggiavano le donne e gli uomini che lavoravano il tonno per l'inscatolamento ... " 15• 0

Ecco quindi un primo spaccato esistenziale del lavoratori del mare, o forse più esattamente della spiaggia, che pur configurandosi la loro attivitità tra quelle a medio rischio, non si azzardavano alla dura fatica senza la vigile sorveglianza di sentinelle su torri con cannoni sempre pronti ad intervenire, e ciò grazie alla propizia situazione insediativa. Dove però quella tranquillizzante opportunità non potette mai applicarsi fu nell'incessante travaglio dei pescatori e dei marittimi impegnati, i primi sulle misere barche eia pesca, ed i secondi sulle lente carrette del mare c~e cabotando, quasi a passo d'uomo, lungo il perimetro costiero garantivano gli scambi commerciali e l'approvvigionamento alimentare, specialmente del grano, a Napoli ed alle principali città italiane costiere, Roma compresa. Dell' angosciante e incerto contesto lavorativo di questa ampia categoria di lavoratori del mare, e delle loro frequenti tragedie forniremo alcuni emblematici, quanto inediti stralci esistenziali.

Pescatori e marinai: gli indifesi per antonomasia Gli uomini che svolgevano le suddette attivi tà, pur non costituendo quelli esposti ai massimi rischi, erano comunque tra quelli meno garantiti dagli stessi, per la loro endemica ed invariab.ile povertà. Nessuna speranza perciò, in caso di cattura, di pagamenti di riscatti, nessuna società di mutua assistenza, nessuna assicurazione per un sussidio ai familiari: solo la speranza della pietà del sovrano, o la colletta dei paesani , spesso altrettanto poveri e disperati. Inoltre questi veri braccianti del mare non godevano neppure della pausa stagionale propria delle altre attività elencate, per cui l'esposizione temporale ai pericoli toccava i livelli maggiori . Alla precarietà economica del lavoro si aggiungeva anche quella della sicurezza. Per i corsari costituivano, in definitiva, una sorta di preda senza dubbio facile ed indifesa, ma di scarso pregio mercantile, configurandosi un probabile utile solo dalla semplice vendita come schiavi, ad una cifra abitualmente notevolmente inferiore a quella di un ordinario riscatto. Da ciò conseguiva la comprensibile disperazione dei familiari in caso di cattura, e la permanenza nella durissima inumana condizione, protratta spesso per alcune decine di anni, quando non definitivamente. Per l'identico motivo si conservano ancora presso l'Archivio di Stato di Napoli innumerevoli fascico li contenenti suppliche e petizioni ai vari sovrani napoletani, miranti ad impetrarne l'intercessione, riguardata alla stregua della grazia per un condannato a morte! Secondo quanto già enunciato, e nelle caratteristiche esposte, ci limiteremo a riproporre alcuni di quei drammatici documenti, eloquenti nella loro retorica ingenuità. "V.R.M. Anna Colella e Rosa Salvatore mogli de' fratelli Francesco Sav.o e Vito Michele Giusto della città di Bari umiliate innanzi al trono le rappresentano come corre ormai il decimo anno che i divisati loro mariti, mentre da marinai si occupavano della pesca de' pesci intorno il mare di quella Città per loro fatale disavventura vennero essi predati da un corsaro, e quindi trasportati in Tunisi ove sono sotto la più dura schiavitù dalla quale non possono esserne liberati, attesa la miserabi le condizione delle suddette. Maestà deh vi movano a pie1;1 due povere donne rese pressocché vedove dal destino, vi movano a compasione cinque infelici ragazzi, i quali periscono nella fame senza educazione e che tuttogiorno chiamano

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Ibidem, pp. I 13 e sgg.


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con dolenti voci i loro padri. Elleno giusta le Vos.e antecedenti disposizioni implorano dalla M. V. Ja grazia del riscatto de' loro mariti con dar quegli ordini, che si convengono in Tunisi, perché ne ritornano alle loro famiglie: e l'avranno per grazia, ut Deus ... (1807)" 16.

Come da prassi, già ricordata nel capitolo precedente, alla supplica sono allegati i certificati di indigenza, nonché i termini clellla cattura: "Si attesta da noi qui sott.i Gent.i Sindaci ed Eletti di questa III.ma Città di Bari qualm.e per quanto ci siamo informati Vito Michele Giusto fu Giovanni di questa sudd.a Città sin dal dieci settembre dell'anno millesettecentonovantasei facendo l'arte di marinaio nella Paranza del di lui fratello Franc.sco Sav.o sopra le acque del Capo di S. Maria fu predato con tutta la ciurma dai tunisini dove attualmente si trova. Il sud.o Vito Michele Giusto è persona dabbene, e tiene quattro figli chiamati Giovanni, Pietro, Angela e Tommaso, e mogli.e ancora chiamata Rosa Salvatore. Onde in attestato del vero abbiamo fatto il pres.te sotto di n.ra mano munito col suggello di questa Ili.ma Uni.à e coroborato dal n.ro ordin.o Cancelliere Archiviario. Baii 10 ottobre 1806... " 17 •

Praticamente analogo anche il secondo attestato per l'altro fratello, con un unico figlio a carico. La documentazione avviò, o forse accelerò l'iter burocratico relativo alla complessa procedura di riscatto, tant'è che nel gennaio dell ' anno successivo eia Tunisi pervenne la risposta ciel console francese, delegato alla intermediazione diplomatica sotto il regno di Murat, al marchese del Gallo, allora ministro degli affari esteri di Napoli: "Tunis, le 2 janvier, 1807 Monsigncur, j' ai reçu la lettre dont Votre Excellence m'a honorè, le 26 octobre dcrnier...

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... Francesco Savero e Vito Michele Giusto, non hanno potuto essere compresi nel numero dei marinai di Puglia, ultimamente affrancati, perché non erano impiegati al servizio dell'armata francese, allorquando vennero catturati da un corsaro tunisino. Io non ho visto il loro nome sulla lista che mi hanno trasmesso per il Generale, che avevano già deliberato precedentemente, per cui non ho potuto reclamare riguardo ai fratelli Giusto. Essi dovranno perciò attendere, così come tutti quelli che si trovano nella medesima condiz.ione, i risultati de.i negoziati che si terrann9 per trattare l' affrancamento cumulativo di 800 napoletani circa, fatti schiavi sotto il precedente regime [quello borbonico], non mancandosi cli esercitare al riguardo la paterna sollecitudine cli S. Maestà della quale essi sono divenuti sudditi. Ho la gioia di inviarvi il mio omaggio e rispetto Devoiz". La risposta fu quindi notificata ai parenti e rimessa agli atti: è probabile essendo poi avvenuta quella nutrita liberazione che anche i nostri due sfor~unati pescatori siano potuti tornare alle loro famiglie. Analogo caso quello esposto nella seguente supplica: "Giulia Scardigno moglie di Michele Altamura, Angela Sciscino moglie di Lionardo lo Russo, e madre di Conado lo Russo, Lucrezia del Piano moglie di Michele Bellomo, Maria Rosa de Gennaro moglie di niccola Altomare, Giovanna da Bari moglie di Salvatore Ciccolella, Serafina da Candia madre di Giambattista da Candia, e Chiara Salatelli moglie di Domenico la Forgia, tutte della Vostra Città di Molfetta, prostrate ai Vostri Reali Piedi, con umili, e divote suppliche espongono, come facendosi dai notati loro mariti, e figli, il mestiere di marinai da pesca, nel giorno sedici settembre dell'anno milleottocento quattro, si portarono nelle vicinanze di queste nostre Rade alla pesca colle Paranzelle del loro Concittadino Raffaele Salvemini. Perché la Bandiera della passata Dinastia non era punto rispettata dalle barbare Reggenze, si viddero assaliti da una Fusta Musulmana e condotti schiavi in Tunisi.

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A.S.N., Affari Esteri, F.5463. A.S.N., Affari Esteri, F.5463. 18 A.S.N., Affari Esteri, F.5463, segue libera traduzione.

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l33 I 32. Isole Tremiti. Panoramica delle fortificazioni viste da mare. I33. Isole Tremiti. Fortificazioni in terne di epoca aragonese. I34. Isole Tremiti. Panorarna dai bastioni.


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Sire, le lacrimevoli circostanze in CLlÌ si trovano gli suddescritti infelici Vostri Sudditi e le miserie in cui son cadute le famiglie delle supplicanti, sono il risultato della deplorabile situazione della Schiavitù e della mancanza di SLlssist:enza che affligge le supplicanti medesime. La beneficenza però, e la ben nota clemenza della Maestà Vostra, possono sollevare dalle miserie tante infelici famiglie, con far loro restituire la perduta libertà ai sunnominati loro rispettivi mariti, e figli, essendo quei il principio della loro sussistenza. Chepperciò le orati-ici colle lacrime agli occhi, supplicano la M. v. degnarsi disporre il convenevole, perché essi Michele Altamura, Lionardo lo Russo, Corrado lo Russo, Michele Bellomo, Niccola Messina, Giambattista da Candia, e Domenico la Forgia acquistino la perduta libertà, e venghino restituiti nel seno delle loro Famiglie ad oggetto d'implorare dall' altissimo la piena di cutte le benedizioni, non meno sulla V. ra augusta persona, che su quella delle V. ra R. I famiglia e del V. ro Augustissimo Fratello Napoleone il Grande Primo Imperatore de' Francesi e Re d'Italia. E l'avranno, Ut Deus. " 19

Abbiamo incidentalmente notato, nella risposta del console francese a Tunisi, che una delle condizioni propiziatorie, in epoca napoleonica, per la liberazione di marinai del Regno di Napoli dalla schiavitù barbaresca, era l'essere ufficialmente riconosciuti al servizio logistico dell'armata. Ma non sempre ciò costituiva una motivazione valida o sufficiente, come nel caso dei marinai addetti al rifornimen to delle guarnigione francese di stanza neile isole Tremiti. "S. R. M. l settembre 1808 Signore Vincenzo Fabbiano della V. ra Città di Trani, prostrato al V. ro Real Trono, colle più calde lacrime l'espone come per aver reso un importante servizzio allo Stato, trovasi egli nelle maggio1i sciagure immerso. In Giugno 1806 l'Isola di Tremiti era bloccata da legni Nemici. La Guarnigione Francese che d. a Isola costodiva, perché mancavale il vitto, già si arrendeva, se mostrando il mag. e coraggio, il sup. te non le avesse apprestati li soccorsi con due di lui Barche cariche di viveri. Fu così dunque messa nello stato, la d. a Guarnigione, di resistere al Nemico. Ma questo che si avvide di ciocché il sup. te operato avea strinse maggiormente il blocco, e raddoppiò la vigilanza, per impedire che le dette barche scappassero di là per anelare a terra ferma . Rimasero dunque le medesime per quaranta giorni e più colà sequestrate. il Comandante la Guarnigione menzionata avea bisogno di soccorsi. Per chiedergli bisognava spedire una di dette barche poiché altre non ve n'erano. Non ostant.ecché dunque conoscesse che sicuramente in mano del nemico dovesse cadere la barca ch'egli faceva da colà sortire, obligò colla forza il supplicante a spedirla. Avvenne ciocché era previsto. Fu predata la barca dal nemico: fu fatto prigioniero tutto l'equipaggio, consistente i.n nove uomini, tra i quali un figlio del supplicante. L' eguale sorte toccò alla seconda Barca, che ancora fu obtigato dalla forza a spedire. L'Equipaggio però della medesima godè del favore della sorte, perché assalito dal Nemico in vicinanza dell'isola menzionata, si buttò nel mare, e si salvò a nuoto, profittando del buio della notte. Per la terza volta fu tentata la spedizione indicata dal supplicante con due marinai, in un piccolo battello vecchio e sclruscito e riuscì felice. Perdè, Sire, dunque il supplicante in tale incontro il sostegno della di lui numerosa famiglia, giacché tutto il di lui patrimonio alle due barche menzionate riducevasi, più delle quali di debbiti ancora avea, e la parte più cara di se medesimo Antonio Fabbiano di lui figlio. Questi in unione degli altri otto marinai nomati Nicola Scoccimarro, Vincenzo Nenna, Leonardo Nenna, Vincenzo Di Tullio, Vincenzo Croce, Domenico Palmie1i, Antonio Basci e Francesco Paolo Tito tutti dell'istessa città di Trani, che formavano l'equipaggio della prima Barca predata, fatti prigionieri furono venduti in ischiavitù in Algieri. Da colà esclamano li medesimi la loro libertà. Il supplicante per apprestargli un aiuto non sà far altro se non che ricorre alla pietà, e clemenza della Vostra Maestà e la supplica prender cura di nove poveri infelici e delle loro desolate famiglie ancora, che per render un servigio allo stato gemono nella più dura schiavitù. Algieri è potenza amica di Vostra Maestà e della Nazione Francese. Il riscatto dunque di detti infelici non comporterà un dispendio del Vostro Erario; ut Deus... " 20 .

Lo sfortunato equipaggio quindi pativa già da quasi un anno la schiavitù in Algeri, per giunta trasportatovi e venduto da una nave da guerra della civilissima Gran Bretagna, e la presunta amicizia tra i francesi e gli algerini, nulla sembra potere. Ma la storia ancora non è conclusa.

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135- I36. Isole Tremiti. Dettagli dell'impianto sulle rocce a picco delle fortificazioni.

"REGNO DELLE DUE SICILIE Foggia 6 febbraio 1809 Ten. LUIGI DE HENRY Incaricato della Linea di Fortore, Termoli, Vasto, ed Isole Tremiti, ecc. Si attesta da me sopradetto Incaricato qual mente nel mese di Luglio I 808 passato anno in esecuzione degli ordini ricevuti dal Generale Comandante la Provincia di Capitanata, per fare approntare due Barche ad oggetto di trasportare un carico di grano per la sussistenza alle Truppe Francesi di Guarnigione alle Isole Tremiti, furono da me messe in requisizione in Fortore le Barche de' Padroni Francesco Pappolla ed Antonio Fabbiano Tranesi, sulle quali si caricarono tomola ottocento di grani per l'uso indicato. Ed affinché costì ove convenga, firmo il presente certificato, m unito col solito suggello del mio ufficio De Henry auesta" 21 ,

Il certificato oltre a confermare ufficialmente la versione del Fabbiano, attesta anche l'ulteriore protrarsi delle schiavitù dei malcapitati, ad onta della presunta amicizia. Ed occorse altro tempo ancora, se una nuova supplica, questa volta delle mogli e delle madri dei marittimi fu inoltrata, nella debita fonnula, al sovrano. Seguì, quindi, una lunga serie di burocratkhe comunicazioni circa lo svolgimento dei fatti e la trasmissione degli atti e dei certificati relativi, ma è molto probabile che intorno al 1810 i marinai tranesi si trovassero schiavi in Algeri. Ad un analogo livello di rischio si collocavano pure gli equipaggi dei mercantili, ma occorre operare alcune distinzioni. Infatti pur navigando tali unità, per lo più singolarmente - nonostante l'incentivazione della formazione dei convogli scortati - si prestavano teoricamente ad un minimo cli difesa specie

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A.S.N., Affari Esteri, F.5463.


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quelle più grandi. La procedura frustrativa degli abbordaggi, venne reiteratamente riproposta nell'arco di quasi tre secoli. Già i vicerè spagnoli promulgarono al riguardo alcune norme procedurali, peraltro secondo la prassi rimaste senza seguito. Le ragioni però della inosservanza insistevano su diversi componenti: da una parte gli armatori non vedevano cli buon occhio il trasformarsi dei loro mercantili in una sorta di naviglio militare ausilìar.io, con tutti i vincoli e le prevedibili conseguenze operative. E con le i.ntuibile spese necessarie, ed ingentissime, per l'armamento balistico, e le modifiche strutturali allo scafo. Dall'altra per giunta gli stessi equipaggi non mostravano la benché minima propensione a battersi col cannone, assumendo ruoli non consoni alla loro ottica esistenziale . Sapevano peraltro perfettamente, da infinite esperienze di colJeghi, che contrastare attivamente l' abbordaggio corsaro implicava ritorsioni ancora più terribili ed efferate dopo la comunque inevaclibile cattura. Sarebbe inoltre sfumata la loro abituale risorsa per antonomasia di simili frangenti, ovvero la fuga verso terra sulla lancia. Senza contare, infine, che la perdita della nave e del carico era in qualche modo coperta dalle assicurazioni, rientrando la cattura corsara tra i normali rischi delle navigazione, pari per sinistri alle perdite per tempest.e. La difesa navale armata perciò fu costantemente sostenuta unicamente dal naviglio militare regnicolo, peraltro assolutamente insignificante in relazione alla estensione delle rotte commerciali. Con l'avvento della dinastia borbonica di Carlo III si avviò un rapido e vigoroso programma di adeguamento navale ai bisogni nazionali, affrancatosi ormai l'apparato militare dal penalizzante vassallaggio imperiale spagnolo. Ma i r:isultati permasero disgraziatamente sempre modestissimi, tanto che lo stesso sovrano non rinunciò mai alla speranza che i suoi sudditi privatamente si dedicassero alla guerra di corsa, e mai abolì perciò le antiche norme cinquecentesche che regolavano simile attività, già a suo tempo citate. Si tentò di pari passo un ennesimo piano per obbligare i mercantili a detenere un minimo di armamento a bordo, in modo eia dissuadere i tradizionali aggressori, almeno nei casi - frequentissimi - cli loro palese inferiorità. La Prammatica X, promulgata in Napoli il 16 dicembre 1751, ad esempio prescriveva che i mercantili dovessero dispo1Te d i: "4 cannoni almeno, di calibro corrispettivo alla grandezza del legno, con i suoi petrecci necessari, di polvere e palle di buona perfezione e deverà havcrsi ancora sufficiente provvista di fucili, petriere, sciable per qualche difesa e per tentare la so11e di contrastare al nimico la libertà e liberare le rnerci che sono nel Bastimento ... ... i Bastimenti Procidani, che non sono atti a portare cannoni. saranno obligati a portar petriere, Fiaschi di fubco, schioppi, sciable, buttavanti, polvere e palle a proporzione ... ... qualunque Capitano il quale combatterà coi Corsari o nim.ici, giustificando legittimamente il consumo delle munizioni, e danno sofferto, ne sarà resarcit.o nella dovuta forma e quantità per via di contributo, . . "2" ossia avana... •.

Le fervide attese trovarono una scontata delusione: eppure non mancarono nè allora nè in seguito inversioni comportamentali cli que) pavido canovaccio, ma anche così il risultato differiva cli poco. È il caso di capitan Anastasio che il 18 ottobre ciel 1795 navigando nelle acque prospicienti S. Maria di Leuca avvistò una galeotta corsara che: " ... dal Golfo di Taranto veniva verso tena ... con vele latine, e con bandiera alla poppa, ed arriva to alla punta del porto suddetto dalla parte di ponente, al tiro di cannone, abbassò il Corsaro le vele e la bandiera ed innalzò Bandiera Rossa e con i remi cercava avvicinarsi sotto della Polacca suddetta con aver tirato alla medesima dal suo bordo, con i due cannoni di prora, due cannonate a mitraglia e palla alla polacca suddetta. Veduto ciò il suddetto capitano Anastasio subito con la sua ciurma traversò2> il Bastimento suddetto, e postosi al fianco i sei cannoni che aveva principiò a difendersi con un forte foco d' artiglieria, al qtLale li veniva dal corsaro corrisposto con foco maggiore; ma ciò non ostante sempredetto capitano Anastasio con la

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A.S.N., Prammatiche del Regno cli Napoli: De Nautis et Portibus, tit.CLXXVI, Prammatica X Napoli 16/12/175 l. 'Traversare il bastimento' sta a significare in questo caso porre la nave in posizione tale da mostrare un fianco all'auaccante, in modo da poter utilizzare tutti i pezzi disposti in balleria sul ponte lungo la murata.La posizione del rnercamile chiaramente era sfavorita rispetto a quella delle galeolla corsara che invece cannoneggiava con la batteria prodiera, offrendo in tal modo il minimo bersaglio ai pezzi della polacca, esposta invece a sua volta per J"intero fianco. 23


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--- - ----------='--- -- - - - - - - - - - -- - - - - - - ~- - - --"'

petriero su torre

137 b

137. a: cannoncino petriero con il suo "mascolo". Parigi Hotel des Invalides. b: petxiero su torre costiera napoletana.

I 37 a


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138 138. Santuario della M adonna dell' Arco. Pomigliano d ' Arco (Na). Tavoletta votiva raffigurante alc un i marinai sulla scialuppa inseguiti dai corsari. sua ciurma mai cessò per due ore continue di giocare l' artiglieria, che aveva su detta polacca, cosicché il corsaro non fidandosi di accostarsi sotto, si distaccò dall'attacco suddetlo e fece prora per fuori con le vele; considerava cap. Anastasio, e la sua ciurma, che il corsaro più non tornasse ad inquietarlo, ma cossì non fù, perché postosi il midesimo sopravenlo, tornò con maggiore furia e principiò a battere nuovamente la Polacca. In questo stato detto capitano fatto consiglio con suo equ ipaggio, stabilì di ritirarsi con la s ua Polacca più a terra, in mezzo alle due torri che guardavano detto porto, con fiducia di venire dalle medesime torri difeso, vi è p iù perché sul' lido accorse quantità cli uomini armati di circa cento , cosicché con tale speranza novamente esso cap. Anastasio si traversò con il suo Bastimento e prencipiò nuovamente a far foco forte, principiando dalle ore ventitre, e tirò fino alle ore ventiquattro, et avendo veduto c he veniva COITisposto dall' inimico con maggior furore, e sempre ritirandosi sotto la Polacca, e stando sempre in silenzio le due toni, perché quella del Promontorio di Leuca non aveva altro che un solo cannone con un solo carico di polvere, che sparò e la torre vecchia teneva a terra un un' a llro cannone inchiodato24, altro aiuto non ebbe da terra se non quello di sei guardiani, cioè del Posto dell'Ercole, quell i della torre vecchia e que]li della Pistola con li loro schioppi li qual i facero un continuo foco: ma non temendolo il corsaro il fuoco delli cannoni, che faceva la polacca continuamente, e sempre facendosi sotto col suo bastimenlo a remi, dopo !'ore ventiquattro arri vato al tiro di pistola fece esso cap. Anastasio con la sua ciurma, quantocunque l'inimico avvampato l'avesse con due tiri di cannone a mitraglia, la scarica di tutta la moschetteria, e trommoni che aveva a bordo, indi vedendo l'equipaggio di detto corsaro che ascendeva a c irca cento uomini disperati, che correvano in faccia al fuoco, prese il progetto di tentare di salvare la vita con s uo equipaggio, che li riuscì per un effetto di m iracolo, avendoli dopo il corsaro anche tirata una cannonala a mitraglia su la sua lancia, ma grazia a Dio non furono offesi, e se ne calarono a teITa non potendo più difendere detta polacca,

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Un cannone veniva definito 'inchiodalo' quando era stato conficcato, in genere nel corso di un assalto da parte nemica, un perno d ' acciaio nel suo focone a colpi di mazzola, in modo da non potersi più accendere la carica.La procedura di schiodamento era abbastanza lunga e delicata, non suscettibile pertanto dì essere compiu ta in sito senza idonee attrezzature.


I lavoratori del mare

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, e l'istesso fece il Padrone e equipaggio di un Pinco Molfcttano il quale non aveva veruna sorte di amlÌ, e s'era rimorchiato sotto la nominata polacca; dopo ciò, s ubito il corsaro montò sopra la polacca cenneta, e pinco, e continuando a far fuoco con le pistole, in seguito tagliarono le gomene, assaraparono un ancora, e fatto vela si portarono il pinco e la polacca, come anche la lancia detta, come anche la lancia di detta polacca con la quale s'era salvato detto capitano, e ciurma, la quale era investita alla terra essendo calati dal bastimento corsaro due uomini a nuoto, non ostante il fuoco che si faceva da terra con li schioppi e tromboni, tanto che detti marinari, che dalle guardie suddette, pure si presero la lancia: era tale e tanto la vicinanza di detto corsaro alla tena, dopo saliti sopra detto pinco e polacca, che sentivano molto bene essi costituiti il loro discorso che facevano in lingua italiana veneta ... " 25 .

Al di là però di questo caso abbastanza eccezionale, sia per la modalità e tenacità degli aggressori sulla cui originale nazionalità non sembrano esserci eccessivi dubbi, trattandosi pertanto di 'rinnegati' sia per la vigoria della difesa, sostenuta da ben sei pezzi d'artiglieria, la prassi corrente contemplava abitualmente l'abbandono del naviglio, e comunque la rinuncia a qualsiasi combattimento, per quanto innanzi affermato. Stranamente al pari dei mercantili, anche le unità della Marina da Guerra sembravano afflitte da una identica rassegnazione fatalistica nei confronti dei corsari barbareschi. Nè sembra potersi individuare da attendibili documenti, un qualsiasi tentativo mirante alla eliminazione della vergognosa piaga dei corsari, attaccando militarmente i loro sordidi covi. Il perché di quella apparentemente vile soggezione da parte delle forze annate regolari era stato magistralmente riassunto in una dettagliata memoria del 4 febbraio del 1798 dal generale Forteguerri26 al Marchese di Gallo, consigliere e segretario di Stato per gli Affari Esteri, Marina e Commercio. In quello stesso documento l'illustre alto ufficiale esponeva pure alcuni suggerimenti per tentare di salvare il commercio dallo strangolamento barbaresco. "O PIU' PACE, O PIU'GUERRA I Due Despoti del cuore umano, l'interesse, e l'ambizione legano all' istesso giogo le azioni del più oscuro privato, e quelle del più cospicuo governo; l'opinione sola liene la bilancia delle due passioni; prepondera l'una, o l'altra secondo l'influenza morale nell'uomo, e secondo l'influenza politica nel governo. Sotto questi due aspetti la Guena, ò la Pace con le Reggenze Barbaresche ha ferito i sensi ai Gabinetti Europei: alcuni comprano la pace senza alcuna difficoltà mettendo a calcolo i vantaggi del commercio, e facendo tacere ogni altra considerazione; altri fremono all'idea cli una umiliazione, e pagano a più caro prezzo la guerra. Quando la situazione delle proprie coste pennette di tenersi al primo partit:o è sicuramente preferibile; il nemico da farsi amico non è tale da lusingare la gloria delle armi, nè il uionfo di vittorie; piccoli insetti, che sfidano quasi impunemente le altrui centuplicate forze sono oggetti di molestia grande al commercio nel tempo istesso, che sono irreperibili ai mezzi destinati per distruggerli. Così l'Inghilterra, l'Olanda, a Svezia e la Danimarca dominano il Barbaro con pochi pezzi di metallo, ò di altro genere proporzionato; ne questo è un tributo di umiliazione, perché l' accettante non ha quella dignità, che potrebbe caratterizzarlo tale: è un animale famelico con fauci aperte, che abbocca qualunque cosa li si getta, e resta quieto a rodere fino a nuova fame. Queste Nazioni però hanno il vantaggio della lontananza dalla Barberìa, onde qualunque accomodamento è molto facile. Quelle Potenze poi, che dominano nel Mediterraneo sono da considerarsi in altro aspetto: la loro Gue1Ta è spesso necessaria, e la loro Pace precaria. La Spagna offre un esteso littorale al nemico, che vi può correre in 24 ore, offre inoltre un esteso commercio di costa, che deve tentare irresistibilmente il vicino. T Regni di Napoli e la Repubblica di Venezia sono ancora nelle istessc circostanze da invitare l'avidità dei Corsari, e gli altri Dominj sebbene di poca estensione, e di poche Bandiere di proprietà banno porti di richiamo, e coste di gran passaggio; tutto questo forma un ricco serraglio per i pirati Maomettani, che possono gettare il lo-

25 L'episodio citato è tratto dal documento custodito presso A.S.N., Pand. Nuovissima, F.3045/69997 citato da R.Cistemino in, La marina..., op.cit.p.135. 26 La biografia di Bartolomeo Forteguerri, così è sintetizzata, alla voce, dall'Enciclopedia Militare: «Generale di marina napoletano e scrittore mii., n.a Pistoia, m.a Napoli ( 1751 - 1809). Iniziò la sua carriera nella marina toscana, e prese parte a varie campagne nel Mediterraneo contro i pirati.Fece servizio su navi inglesi, poi passi'> su navi da guerra francesi (1778) e cornbattè contro l'lnghillerra.Rientrato carico d'onori nella marina toscana, passò nel 1784 in quella napoletana, divenendovi comandante generale ( l 795): partecipò allora alla lotta contro la Franciu repubblicana, insieme con gli Inglesi, e seguì il re in Sicilia, dove coprì negli ultimi anni la carica di ministro della guerra e marina.Fra i suoi scritti è una «Proposta di campagna marittima».


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La dU'esa delegata·

ro segno di preferenza secondo il loro gusto, e interesse: fortunatamente non riconoscono i propri vantaggi, ne sanno tirarne quel profitto, che altre nazioni più istruite, e più intraprendenti saprebbero ricavare. L'insolenza, e le ostilità dei Corsari Barbareschi hanno sovente risvegliato la vendetta delle Corone le più potenti di Europa; ciascuna di esse ha avuto i suoi momenti di collera contro gli Affricani, e ciascuna a vicenda ha tentato, e ceduto con perdita, e con umiliazione. Si può ammettere, che gli sforzi usati siano stati male diretti talvolta, e talvolta male eseguiti, ma concedendosi ancora la migliore sorte delle armi l'impresa non può avere l'esito proposto. Il danno è soltanto fatto da piccoli, e numerosi Corsari, che attaccano il commercio di tutte le nazioni al primo calcolo di un ricco guadagno; gli offesi disperando di poter distruggere dette cause in mare, hanno pensato andar ad attaccare i nidi degli offensori, e questi saranno sempre progetti chimerici. In due maniere l'arte militare può offerire mezzi di sloggiare il nemico dal suo porto fortificato, ò con sbarco di truppa, che agisca per terra, ò con bombardamento, che operi da mare. Riguardo al tentativo di uno sbarco sarà sempre difficile il proporzionare le forze. spedite con l'immensa popolazione di nativi feroci, agguerriti, e bravi, che per custodire la propria esistenza fanno causa comune in un istante con tutti i vicini, e presentano una difesa cento volte più considerabile dell'attacco. L'avere supposto i Barbareschi nemici deboli, disprezzabili, e di facile conquista è stato sempre il massimo eITore dei progetti dei Governi, e delle misure dei Generali. Algieri, Tunisi, Larache, Sufa, e altri sono stati conferme evidenti di questa dolorosa asserzione. La Francia istessa quando con le armi ha pensato di vendicare le offese, e domare gli offensori, ha quasi sempre veduta un ita la inutilità de' suoi sforzi al massacro de' suoi sudditi, e la sola ragione d' interesse, e di commercio ha portato allo stabile accomodamento, che regna attualmente tra essa, e la Barberìa. Chi conosce la posizione dei loro porti fortficati, ò dall 'arte, ò dalla natura, giudica senza errore, ch'è impossibile prenderli, per conservarne il possesso: Un punlo solo confinante con mille altri, sempre esposto, sempre attaccabile, non è un punto da aversi in mira; quando la più felice combinazione di un colpo di sorpresa facesse prendere una Piazza della Barberìa con lo sbarco di numerose truppe, come conservarla sotto il fuoco circolare di un nemico, che sloggiato a pochi passi ha gli anni, e i secoli in suo favore per distruggervi nel luogo istesso della conquista? Come assicurarsi i viveri proporzionati agli immensi consumi di una Guarnigione, che non può essere soccorsa, e alimentata, che per parte di mare con il necessario trasporto di tutti i generi, forse ancora dell'acqua? Esistono, è vero, alcuni luoghi, dei quali, vinta la prima resistenza, può restarne al conquistatore il possesso, perché la natura li ha formati in guisa da non poter essere dominati all'intorno. Gibilterra, Ceula, e Orano sono quasi i soli, che ammettono simile possibilità, non ostante gli ultimi due non si sostengono dalla Spagna, che con fuoco vivo quasi continuo, il che mina, e distrugge intere Guarnigioni, oltre a minare, e distruggere tesori immensi per il loro mantenimento. E tu tto questo a che oggeLLo? a qual buon fine? a nessuno. Una Fortezza presa, e guardata con Guarnigione, guarda a stento se stessa, e lo stretto orizzonte del suo tiro di cannone; al di là di questo ,orizzonte il nemico è libero, i suoi Corsari cambiano solo di nido, nè si accorgono della mancanza di uno per la molteplicità dei cento, che loro restano; così ad un miglio di distanza da Ceuta, e da Orano i Barbareschi riprendono tranquillamente il possesso della loro costa, e de' loro porti, e li Spagnoli proprietari dei due punti conquistati ritengono a caro prezzo la sola privativa di vedere il nemico più da vicino. Gli altri porti della Barberìa, Algieri, Tunisi, Tripoli, Tanger, e alui non sono sostenibili per la loro posizione, che è soggetta a ripresa. Forse non si pretende conservare detti posti quando si spediscono Squadre alla loro conquista, si vuole solamente spianarli, distruggerli, incendiarli; che sia, e per uno sforzo d' immaginazione si ammetta il più completo trionfo di una Squadra; cosa avrà guadagnat.o con questo? nulla ancora. Un mese dopo è risorta dalle céneri la Città distrutta, come risorge dopo un incendio, si sarà forse riempito un Porto; si accorda, ma si accordi ancora, che ne restano cento altri; si accordi che per dar 1icovero a pochi, e piccoli Legni, ogni golfo, ogni aoza è più che sufficiente. Si potrà opporre a queste riflessioni, che fino dopo la scoperta del!' America si è conosciuta dagli Europei la scienza di conquistare vasti continenti situati a distanze immense, e che tutto ha ceduto al feITo quando si è tentato efficacemente il possesso di coste, e campagne scacciando, e sloggiando i nativi. E' vera la riflessione, ma due ragioni molto significanti spiegano questo fenomeno di debolezza Americana, e Indiana. Tutta l'agguerita ferocia degli Europei cadde sopra popoli, che non conoscevano nè la nostra guerra, nè le nostre amu, e tutta la sensata politica dei conquistatori compensò le disgrazie dei conquistati con la reciprocità di un commercio, che calmò, e legò gli animi con il vincolo del comun bene. Il Continente della Barberì.a non offre simili attrattive, il popolo è agguerrito, e pronto a resistere, e gli Europei contino un poco più sopra questa verità. Inoltre conveniva agli Europei l'acquisto di terreni nelle due Indie, perché i prodotti loro non esistono ne' climi nostri, si volevano gli Zuccheri, Indaco, Caffè, telerie, mine d'oro, e d'argento; ma non ha l'istessa attrattiva l'acquisto del terreno Affricano, perché i suoi prodotti sono gl'istessi, che noi godiamo, ed è loro naturale interesse l'offerirli, e somministrarli ai nostri bisogni. Dunque a che oggetto una Potenza Europea tenterebbe il possesso di un terreno che le è così poco utile, e il dominio di un littorale così esteso? Sarebbe forse per il solo oggetto di djstruggere l'esistenza dei Corsari? Non pare credibile. Chi si ponga da una parte della bilancia il costo di una simile impresa, il massacro dell 'umanità, lo smembramento della popolazio ne del proprio regno, la prima resistenza da superarsi, la


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I lavoratori del mare

,conti nua guerra da sostenersi, e dall'altra parte si ponga l'acquisto di un poco di grano, e la distruzione di pochi insetti chiamati Corsari! Qual mano politica, e umana avrà il coraggio di alzare questa bilancia! La seconda maniera di attaccare .i Porti della Barberìa è il sistema di bombardamento marittimo; questo non espone alle perdite d'individui come negli sbarchi, è di facile esecuzione, può ripetersi più volte l'anno, ed è cli mediocre spesa, ma l' effetto è spesso ridicolo, e quasi sempre inutile; il nemico preparato per impedire simile operazione la renderà facilmente vana, e non sarà, che nel caso di una sorpresa, che si potrà effettuare con qualche vantaggio apparente. Siccome però conviene valutare le cose dalle loro conseguenze, si rifletta a quale conclusione porterà il più felice, ed il più clistxuttivo bombardamento; si vada all'ultima più favorevole supposizione, e s' immagini, che la Fortezza, il Porto, la Città bombardata sia in cenere; la vittoria è riportata, si parta adunque in trionfo, e si lasci il Barbaro senza ricovero, senza abitazione. Cosa si sarà ottenuto di solido, e di conducente a una pace, ò ad una distruzione dei Corsari? Nulla ancora; risorge ben presto, come nel primo caso, la Città incenerita, e qualora si trovi incomodo il fabricarla altra volta sotto il tiro della Bomba, si usa la facile precauzione di allontanarsi un poco dalla riva del mare, e si sfida allora tutti i bombardamenti possibili; al tempo istesso escono eia quel porto i soliti Corsari is tigati dall'orgoglio, e dalla vendetta a esercitare ancora più crudelmente la loro pirateria. Dunque non si prenda equivoco nell'oggetto delle nostre collere; se fossero le Fortezze Barbaresche, che c' incomodassero con il loro cannone, che molestassero il commercio, che incatenassero i Cristiani con ragione si dovrebbe cadere sopra di esse, ma il male non è fatto che dai soli Corsari, in conseguenza è inopportuno inveire contro le prime, che non fanno, nè possono alcun danno. A queste riflessioni, che disapprovano inùeramente l' attacco dei nidi Barbareschi, si leva al certo una voce generai.e, che dice - Non pretendiamo conquiste di paesi, nè distruzioni cli Città, basta solo che le Squadre, e le forze militari si presentino al front.e dei loro baluardi per atterrirli, e spaventarli - Ah .... lo spavento non è più di s tagione, e in oggi è un articolo di più da pagarsi nei trattati di pace. Disgraziatamente gli Europei in questo secolo hanno dato bastanti lezioni ai Bm·bari da fare loro conoscere, che le minacce non sono sempre flagelli reali , che il mostrare i denti non sempre indica poter mordere, e che al contrario essi tengono mezzi per resistere, e risorse per non curare il nemico. Se le spedizioni intentate contro la Barberìa si fossero I imitate al solo apparire delle Squadre, al solo imporre della suggezione capitolando nel tempo istesso senza bruciare un grano di polvere, esisterebbe forse ancora il ti mor panico presso il Barbaro, dal qual timore si potrebbero ritirare migliori condizioni di quello, che non si ritirano adesso dopo gli sbarchi, e dopo bombardamenti. Ma il male è già fatto, e sarebbe ridicolo il calcolare sopra l'antico Barbaro; conviene prendere misure sopra il moderno. Queste premesse portano a fissare per massi ma, che le spedizioni con!JO le piazze di Barberìa saranno sempre chimere, che ritornano a danno proprio, ed è desiderabile, che cessino i ridicoli progetti dei militari, e si disinganni la delusa politica dei Governi. Ma si tratti adesso il p1imo punto della duplice intitolazione.

O' PIU' PACE Lo Stato di Guerra è sempre lo stato di violenza in un Regno, simile ad un infermo, che aspirando a migliore salute tragugia amari sorsi, nè sente intanto, che il dolore del male, e il disgusto della medicina, incerto se ne sarà vittima, ò se giungerà a riprendere le antiche forze. Ma qualunque siano le ragioni di una guerra, è nell ' ordine della natura, che si passi allo stato di pace. Le Guerre di oggetti grandi, nelle quali gli sforzi delle parti sono estremi, vivi gli attacchi, continuo il massacro, sensibile la comune rovina, hanno un periodo tanto più breve quanto n'è pi ù irruenta la condotta, ma la Guerra con la Barbarìa languida nel suocorso, insignificante nelle sue imprese, non può avere che un termine accidentale portato ò dalla noja, o dall'interesse. Questo termine ricade periodicamente, e si viene alla fine ai Trattati di pace tra le Reggenze Affricane, e le Potenze Europee. Ma quali sono questi Trattati? A quali fondamenti appoggiati? Quanto permanenti? Quanto precari? Si pagano T ributi agli Affricani, questo è il dato certo; ciò che è incerto si è la fissazione dei medesimi. Piace ad alcuni contribuire denaro, ò ricc hi mobili di uso. Prende tutto l'avido Africano, e riguarda come egualmente tributario chi li clonò Oro, chi Cannoni, e chi Carrozze. Delle tre contribuzioni l'ultima è forse quella, che si riguarda come la più decente, la meno umiliante dagli Europei, ma è più difficilmente accordata dai Barbari, i quali danno un valore infinitamente maggiore alle prime due, al denaro cioè, ò a mezzi per guadagnarlo. Si ha torto grande a preferire la contribuzione ciel denaro a quella delle Munizioni di Guerra. Erronea illusione, pregiudizi d'occhio più che di riflessione! Chi fornisce denaro fornisce tutto; Chi somministra munizioni non somministra che munizioni; con il primo si costruiscono legni, si comprano generi, si pagano Equipaggi, si armano Squadre, si sostengono campagne, con il secondo non si contribuisce che un solo oggetto. Qualora si abbia l' accortezza di fissare grosso calibro cieli' Artiglieria da regalarsi, il male è iidotto a pura apprensione; se questa Artiglieria è tale da non potersi impiegare che nelle Batterie di terra, si regali pure senza scrupolo, e si lasci in pace, che le Fortezze Affricane diventino Parchi di Artiglieria, Volcani fumanti, giacché per la massima fissata dette Fortezze devono lasciarsi esistere senza disturbo, e senza attaccarle. Si fa gran caso egualmente il tributare Polvere, e questo ancora è male d' immaginazione; quando sarà che un Corsaro Barb,u-esco non pensi ad armare per mancanza di polvere? Questa non mancò in alcun angolo della


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La difesa delegata

te1n da che un Frate l'inventò dentro la sua cella; ò sia regalata ai Barbm·i, ò i Barbari la fabbrichino è esattamente l'istessa cosa. Ma senza perderci negli errori dell'apparenza si vada ad esaminare il reale. I Corsrui fanno corso, e non guerra, cioè navigano per predare il Bastimento Mercantik, e per fuggire il fuoco di qualunque Legno da Guerra, onde è che per anni. intieri rubbano le ricchezze degli Europei senza consumare un grano di polvere, ò incontrano l'inerme, e lo prendono, ò incontrano il forte, e si rendono, perciò nella ricerca del vero il Corsaro Barbaresco appena ha bisogno, e di Cannone, e di Polvere; Che scrupolo dunque a fornire generi d'illusione? Il solo denaro è il mobile generale, che facilita al Barbaro il guadagnarne a suo piacere, e il farsene pagare il frullo dall'istesso donatore. Ma si sospenda la discussione dei Tributi, quale deve essere l'oggetto della questione nel piano della Memoria. Si rifletta solo, e si esamini se tutti i Tributi offerti dalla politica, e accettati dall'avidità hanno potuto garantire una Pace per due lustri. Tra le Potenze del Mediterraneo non vi è ancora esempio se si eccettua la Francia. Studiano i Gabinetti Europei alle prime offerte di pacifiche disposizioni come attirare l' Affricano alle proprie vedute, come assicurarne l'amicizia, si lusinga ognuno fare epoca di Pacificatore perpetuo, fissa il trattato, e ne principia il godimento; ma la durata è tale quale hanno confermato secoli cli esperienza; ne altra può essere. I rapporti dei due Contraenti sono troppo diversi per potere richiamare alla osservanza dei patti. L'Europeo civilizzato, e soggetto a certe regole di buona fede, che l'onore, e la vergogna l'impediscono infrangere non azzarda un primo passo d'illegale contravenzione, manca inoltre di oggetti tentanti ove fare ricadere le sue sorprese, ed offre al contrario nella sua navigazione mercantile oggetti di ricchezza e di commodo al nemico. L' Affricano all'opposto trovasi libero ne' suoi principj ad esercitare prepotenza, e inganno subito che l'occasione li dà pascolo da saziare le due passioni, non vede mai esposte le sue ricchezze, che non affida al mare, e sente ad ogni momento la vellicazione per le altrui, che sotto tutte le Bandiere marittime corrono nel ristretto giro del Mediterraneo. Questo parallelo di rapporti è la distruzione di ogni trattalo di Pace; quando una parte non ha che perdere, e tutte le lusinghe di guadagnare, e un'altra non ha che guadagnare, e tutto il pericolo di perdere, non può sussistere eguaglianza di pacifiche mire. Così l'Affricano è sempre il primo a moversi alla rapina, l'Europeo sempre il secondo a moversi alla sola vendetta, ne può avere altro oggetto; insulta il primo la parte più preziosa dei Regni, cioè il commercio, rende soggette le Bandiere, spaventa con la schiavitù, il secondo può usare rappresaglie, che inseguendo i Corsari, come un cieco inseguirebbe un cane nei vasti deserti cl' Arabia. Dunque i Tributi usitati fino al presente non hanno, nè potevano assicurare la Pace, e gm·antire le convenzioni. E' egli possibile ottenere quest'intento? Evvi almeno la strada per tentarlo? Forse che si, ed eccone la proposta.

Si regali al barbaro un numero di BastùnenLi 1'vfercantili, si aprano i propri Porti per riceverlo, e s'inviti al comercio. Massima umana, e politica, che il Filosofo riguarderà con compiacenza, e l'uomo di stato con lusinga. Chi cerca l'uomo nell' uomo lo trova eguale in tutte le nazioni, in tutti i climi sotto certi aspetti generici. L' interesse è quella tromba universale, che sveglia il mondo intiero, quella legge, che crea, vincola, e sostiene quasi tutti i patti sociali, avvicina i paesi distanti, affamiglia le nazioni, pacifica i nemici, incatena gli spiriti ... E' da opporsi a questo, che il commercio sarebbe forse a perdita dell'Europeo; suppongasi, che tale sia il caso; non si confonda per questo la massima, e si distingua l'oggetto in mira. Si vuole una Pace perrnanente per godere la franchigia della Bandiera, la quale cerca e trova i suoi profitti con la libertà della navigazione, ma non si pretende con questo una Pace lucrativa con la Barbarìa. Che lo sia a perdita, ciò non distrugge il piano; un Governo deve fare_dei sacrifizi apparenti sopra un piccolo oggetto quando questi li aprano la strada a molti altri vantaggi. 11 vero senso di un trattato di commercio con la Barbarìa deve essere il pagare un Tributo politico, che si sostituisca agli altri usati per il passato. Si accordino dei privilegi per qualche anno alle nuove Bandiere Mercantili degli Affricani, si ricevano da un Governo i loro generi quantunque non se abbia un estremo bisogno, e si mandino in ritorno altri a qualche scapito; si faccia indi il calcolo del costo di simile Tributo e si troverà più leggiero di qualunque atu·o. Ma questo calcolo non deve cadere sopra il prezzo mercantile dei generi, si deve mettere nella bilancia l'acquisto di una Nazione tirata al commercio, e l' ipoteca, che detta nazione deposita nelle nostre mani subito che espone al mare le sue merci portandole ella stessa. Che abbia il Barbaro cinquanta Leghi mercantili in giro per il Mediterraneo, nei quali siano depositate le speranze, e le vedute di guadagno di quegli istessi, che per dura necesità le appoggiavano una volta alla pirateria, si troverà che egli ha dato un pegno senza accorgersene, che impedisce le ostilità, e lo distoglie dalla corsa... Cada un poco sotto l' esame il traffico bizza1To, che le Reggenze di Barbe!Ìa fanno delle Guerra, e della Pace: sembra che tengano il calcolo con quali Europei possono avere la guerra con profitto nel tempo istesso in cui hanno egualmente con profitto la pace con altri. In alcuni momenti li torna conto il predare sopra tutti indistintamente, e senza difficoltà eseguiscono il loro progetto ... Onde sino al presente chi fa del bene a se con fare la Pace è sicuro di fare del male al suo vicino, chi libera dai pirati le proprie coste, li getta involontariamente sopra quelle del suo prossimo fino a che i Barbari cambiando di vocazione cambino ad arbilrio le sorte dei due confinanti; nè può essere altrimenti perché nessun trattato di Pace occupa, e distoglie un solo individuo da"lla Pirateria, e fino a che si lascia,


I lavoratori del mare

che il Barbaro non possa esistere, che di latrocinio, si aspetti ognuno di vederlo alternativamente cadere sopra di se. Dunque a stretto senso di verità tutte le Potenze del Mediterraneo pagano tributo perpetuo, chi lo paga in Pace con denaro, chi lo paga in GueITa con perdite di Bastimenti. E qui facciasi seria riflessione, che i trattati di pace fino al presente non hanno quasi mai compreso tutte le Reggenze di Barberìa; quattro almeno sono i Cerberi da satollarsi, Algieri, Marocco, T unisi, e Tripoli, ciascuno dei quali è indipendente dagli altri, onde per assicurare al commercio un libero passeggio nel Mediterraneo è indispensabile il garantirlo dai morsi di tutti e quattro; se uno solo resta nemico l'intento è mancato per più ragioni; per la prima perché la Bandiera non essendo totalmente libera, tutte le assicurazioni del commercio sono fatte al prezzo di guerra, il che impedisce ai negozianti della Bandiera soggetta il potersi sostenere in concoITenz.a con le Bandiere Franche; per la seconda perché la Reggenza Barbaresca pacificata fa girare i suoi Corsari con Patente di altra Reggenza non pacificata, e con simile usitato inganno continua a predare impunemente...

O' PIU' GUERRA Soddisfatti i doveri dell'umanità, e dato luogo alle proposte di amicizia, agl'inviti di generosità, qualora simil i sentimenti non siano valutati, e che l'insolenza, e la ferocia altrui ricusi i patti di buona armonia, e si ostini a trattare ostilmente chi offre pace, e communione d'interessi, è indispensabile dovere, che per la propria difesa, e decenza si mostri tutta l'energia, che chiede ad un governo la ragione di stato, la vita de' propri sudditi, e la custodia del commercio. Al Barbaro, che non accetta Pace si deve fare la Gue1Ta, ma questa ha necessità di altro sistema, e di altra efficacia maggiore di quella, che è stata praticata fino al presente. si veda in qual maniera potrebbe ciò effettuarsi. I -Alleanza indispensabile delle Potenze del Mediterraneo. Nulla più colpisce la mente di un pensatore, imparziale quanto il riflettere, che da più secoli sette, ò otto Potenze confinanti, attaccate da un nemico comune, umiliate da un istesso provocatore non hanno mosso un solo passo d'accordo, nè combinato una sola operazione di concerto; sembra che ciscuna, sia obbligata a bravare sola l' Affrica intiera, a ricusare gli altrui interessi, gli ajuti altrui, ed a progettare da se sola come domare il Barbaro in tutti i modi, in tutti i tempi. Quindi c.iascuna regola indipendentemente le sue misure, provvede ai suoi bisogni alla meglio, e principia, ò termina le sue campagne secondo il suo conto privato. Succede da questo che spesso sono in moto intiere Squadre Europee senza che sia fuora un solo Legno Barbaresco, e spesso al contrario tutta la Barberìa è in campagna armata, e l'Europa non ha un Cannone al campo di battaglia. Non esiste in somma alcuna forma di unione tra le Potenze del Mediterraneo, e solo nel fondo di attroci carceri gli schiavi Europei carichi di catene si trovano riuniti, e là imparano a conoscere guanti Governi potevano averli protelti, se avessero pensato al bene comune con sostenersi reciprocamente. Dalla causale d.isposizione di forze ne nasce, che non si impone una suggezione stabile al Barbaro, che si soffrono spese considerabili fuori di tempo, e di bisogno, e che il commercio non incontra protezione sicura, perché non può contare sopra altro ajuto che al più quello della propria Marina di Guerra. Evvi mai progetto più semplice, più naturale, che il chimare alla causa comune chi ha un nemico cocmme da battere? ... Dunque contro i soli Barbareschi, nemici perpetui dell'Europa, non devono esistere nè alleanze, nè patti, nè convenzioni? Ma nò, se alcune di quelle Potenze del Mediterraneo ... volessero intraprendere la raccolta dei suffragi, e marcare la traccia delle operazioni non dovrebbero trovare difficoltà per indurre le altre a seguire le loro mire. Intanto nel procedere negli altri articoli si s uppone di già fissata un' alleanza generale tra le Potenze del Mediterraneo sopra la quale deve appoggiarsi il piano. 2 - Cordone fisso di Guardia. Unito insieme il concorso delle forze di sette, ò otto Potenze del Mediterraneo è necessario distribuirne l'impiego; questo dovrà essere con impostare repartitamente i Legni da Guerra in punti fissi, che cordonino il Mediterraneo di distanza in distanza ciascuno incrociando da un punto all'altro in maniera, che acque di una data crociera siano sempre battute dall'istesso BasLimento: scelti a profitto i punti principali di concatenazione, e scelti i bastimenti i più idonei, uno per stazione, e di forza sufficiente si troverà garantita tutta la navigazione del Mediterraneo; esaminate sopra la Carta le rotte praticate dal commercio, ed i punti che dovrebbero servire di stazione si troverà, che dall'Arcipelago fino allo stretto di Gibilterra considerando, che la rotta dritta passi a mezzo giorno dalla Sardegna, e la rotta circolare passi per la Costa di Napoli, Roma, Toscana, Genovesato, Francia, le Spagna non si richiedono che sedici Bastimenti grossi in stazione, e contandone quattro altri in Corso offensivo, ò per altri usi particolari questo forma il numero di venti, da distribuirsi dalle Otto Potenze. Questa spesa non sia riguardata, come serviente al solo oggetto della Crociera mentre deve riflettersi, che ogni Marina se vuole esistere in Corpo utile ai bisogni di uno stato, deve mantenersi in esercizio, qualunque ne sia l'oggetto. Le Potenze che mancano di cause sufficienti si occupano a formare Squadre di Evoluzione, altre a far visitare gli stabilimenti i più remoti, altre in servire mercantilmente ai trasporti dei Tesori dalle due Indie in Europa, e tutto questo per il solo fine di tenere in attività dei Corpi, che presto si perdono nell'ozio. Il servizio di una crociera deve essere considerai.o ancora secondo questo rapporto.

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La difesa delegata

Tirato il Cordone di Guardia, ecco difeso il commercio di ogni nazione; il Bastimento corre al suo destino passando da una guardia all'altra27 senza timore alcuno. li Barbaro all'opposto è infinitamente ristretto, e in qualunque luogo egli rivolga la sua corsa è sicuro di dover incontrare una sentinella, che lo aspetta; non ha più lusinga di trovare gli atterraggi sempre liberi, perché il servizio del Cordone impostato a quaranta miglia incirca dai medesimi non li lascia mai allo scoperto. Protetto in questa guisa il commercio si faccia riflessione alla libertà grande, che acquista il medesimo, ed il peso di cui si scaricano le Marine di Guerra in non dover scortare più i convogli. L'obbligo di convojare è un giogo necessario nello stato presente, e disgrazia a quelle Potenze, le quali ò non hanno men.i per farlo, ò non ne adottano il sistema, ma in se stesso è estremamente gravoso, e di riescita incerta. Se parte un Convojo da un Porto con una forza rispettabile di Bastimenti di Guerra è sicuro di essere difeso dalle insidie del nemico, ma la Squadra che scorta difende un solo punto, e lascia ad ogni momento dietro a se mille altri esposti, e scoperti, onde ogni Squadra, ogni Bastimento destinato ad un Convojo è perso per la custodia generale della costa, e per la protezione totale del commercio; difende potentemente pochi Legni privilegiati, e abbandona ogni resto a qualunque pericolo. Si deve considerare inoltre il danno che soffrono i Bastimenti mercantili, che sono obbligati incorporarli in convoj; la loro partenza è infinitamente ritardata fino a che sia pronto l'ultimo Bastimento, onde spesso è perso il guadagno che dipendeva dalla sollecitudine dell' arrivo. Si aggiunge ancora lo svantaggio, che ha un convojo quale giungendo ad un tempo istesso al suo destino, vi porta l'abbondanza, e questa fa cadere i prezzi. Un altra considerazione si è ancora la facilità delle separazioni; spesso dopo molte spese, e molto ritardo pone alla vela un Convojo, ed assalito poco dopo da qualche burasca si separa intieramentc, esso perde la scorta, ed i Bastimenti di Gue1rn hanno perso il tempo, e la spesa dell'armamento. Ma qualora in vista di una conclusa alleanza esitano Senti nel le permanenti, il Negoziante, lo Speculatore intraprende liberamente le sue spedizioni, non è costretto ad aspettare, non è forzato a denunziare al Governo, ed al mondo le sue vedute per il bisogno che abbia di farle proteggere, ma quieto, e tranquillo pensa solo a propri interessi assicurato, che un Cordone li protegge a eguaglianza di quelli di ogni altro; così sono sbloccati tutti i Porti, aperti tutti i passaggi, accompagnati tutti i Bastimenti sciolti. Sia permesso immaginare, che per un anno almeno venga impostato il Cordone di Guardia; che si giri poi per tutti li scali, e porti di commercio, per tutte le coste dei Regni, e si vedrà che gratitudine l'industrioso commerciante mostrerà a quelle providenze, che l'inspirano coraggio, si vedrà con qual piacere gli abitanti dei littorali esposti riguarderanno quest'argine, che li assicura, e facilita il passaggio costiero di tutti i generi di prima necessità. Attualmente se si sparge appena la voce, che un Legno Barbaresco si sia fatto vedere in qualche parte delle nos tre coste, ecco il terrore sparso per tutto il commercio, nessun Bastimento si azzarda ad esporsi al mare, sospese le partenze, falsità in opera da chi ha interesse al male altrui, e conviene ò aspettare ajuti da quelle Potenze, che possono fornirne, ò aspettare nuovità, riscontri, e conferme, che il nemico si sia allontanato; intanto il commercio ha già sofferto il danno, e tardi si rimette dal timore, e dall'incertezza. Qualora fosse impostato il Cordone non vi è più arresto per il commercio, e le nuovità dei Corsari ò non sono credute, ò non sono temute. Nella concorrenza delle Potenze alleate forse ad alcune resterebbe incomodo il fornire i Legni, ò per non averne di grandezza sufficiente, ò per non volere impegnarsi a fare stabilimenti di marine, ma ben volentieri si accorderebbero sempre a supplire con denaro per quella rata proporzionale, che li spettasse, e mediante la quale altre Potenze fornirebbero i Legni. I vantaggi di un Cordone fisso non si riguardino limitati al solo benefizio delle Potenze del Mediterraneo; si estendano ancora a qualunque altra delle più remote. Suppongasi, che il Barbaro impossibilitato a distruggere il commercio dei vicini si rivolgesse a indennizzarsi sopra i lontani; quelle Potenze, alle quali sarebbe difficile, e infinitamente costoso lo spedire forze da proteggere le loro Bandiere in tutto il giro del Mediterraneo, accedendo ali' Alleanza già stabilita ò con prendere stazione unitamente con gli altri, ò con fornire denaro, si troverebbero inclusi nella garanzia generale, e con poche forze, e poca spesa vedrebbero protetta la loro Bandiera mercantile. Cosa non darebbe adesso l'America, che senza Marina di Guerra, e con estesa Marina di commercio si trova esposta alla rapina dei Corsari Affricani senza potere chiedere alcun soccorso alle Potenze del Mediterraneo, quali essendo disgiunte tra di loro non possono abbracciare la difesa di altre Bandiere. L'importanza di un Cordone di Guardia richiederebbe molti altri dettagli per comprendere la totalità del progetto. Ma non scrivendo che una Memoria, si accennano soltanto in massa le idee generiche; si mo-

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Il piano navale del Forteguerri, sotto molti aspetti semplicistico, altro non è a ben guardare che la trasposizione sul mare del sistema delle torri costiere impiegate per la difesa del cabotaggio.TI numero delle navi necessarie però per un simile ambizioso traguardo avrebbe dovuto essere <li gran lunga superiore a quelle supposte dall'autore, poiché nei vasti interassi rimasti tra quelle si sarebbe pot1._1to facilmente predare, come fecero ad esempio i sommergibili anche nell'ultima guerra.


] lavoratori del mare

stra, che sarebbe utile fare una data cosa, e si tace il come; questo è sempre riservato alle misure secrete de Governi, e dipende da varie circostanze, alle quali non si può fissare previdenze. 3 - Trattare da pira.li i Corsari Barbareschi. La compassione è sicuramente una virtù morale che onora l'umanità, ma spesso degenera in debolezza, e più spesso ancora dal calcolo delle s ue conseguenze diventa vera crudeltà. Chi per compassione assolvesse i rei, moltiplicherebbe i delitti, chi risparmiasse la vita ad un omicida cagionerebbe la morte di dieci innocenti; onde è che il cuore umano non deve piangere sopra la sorte di pochi proscritti, ma sopra quella delle vittime, che detli proscritti sacrificherebbero se impuniti. Di tutti deli tti il più offensivo, il più premeditato, il meno scusabile è l'assassinio di professione, e tale deve essere riguardato il carattere, e l' impiego del corsaro Barbaresco, che senza fondo di causa, senza citazione di ragioni, eone armato ad attaccare il commercio di una nazione, a predare di prepotenza le sue ricchezze, a condannare aJla più barbara schiavitì:1 chi non pensò a farli alcun male, ed a risparmiarli la vita per il solo interesse di rivenderla, è assassino pubblico, è omicida di caso pensato; dunque le leggi che condannano i sudditi del proprio stato a perdere la vita per delitti simili, e ancora minori, sentenziano a più forte ragione l'atto del Corsaro, e da questa giusta sentenza si deve adottare per ordinanza, che non sia dato quartiere al nemico, ma che sia sempre colato a fondo insieme con il Legno, che lo conduce. Se non si spaventa l'immaginazione di chi si destina all'altrui distruzione non si porrà mai freno ai Corsari Affricani. Sappia il Barbaro di correre l' alternativa ò di fare misere prese, ò di perdere la vita, ed il suo coraggio, la sua avidità sarà molto raffreddata. Sopra questo proposito si può accusare la dannosa compassione, che viene usata al presente con gli Schiavi Affricani; non è possibile accordare più franchigia, trattare con maggiori riguardi di quello che viene praticato con i medesimi da tutte le Nazioni; si an-iva al segno di farli più felici tra le nostre catene di quello che lo siano nelle loro case. Come lusingarsi, che dopo il loro riscatto non siano nuovamente tentati a renderci male per bene, e che non servano di esempio per incoraggiare I' Affrica in ti era a _passeggiare per mare? Esercitano l'assassinio a troppo belle condizioni, ò predano, cd anicchiscono, ò sono predati, e vengono a civilizzarsi in migliori paesi. Quando però questa scena cambiasse, e che avessero sotto gli occhi la sorte che li aspetta se incontrano il bastimento da Guerra, il prezzo della vita loro è caro quanto agli altri, onde dopo i primi esempi non si può supporre, che continuasse la vocazione di corseggiare. Nè si apprenda la vendetta, che il Barbaro potesse prendere sopra gli Schiavi europei; è troppo interessato a risparmiarli la vita, giacché il maggior guadagno lo ritrae dal riscatto dei medesimi; inoltre il caso di prese è reso così remoto, che poco hanno da temere gli Europei, e aumenta nei predatori il motivo di conservarli. 4 - Incoraggia.re la distruzione dei Bastimenri abbandonali. Il solo oggetto del Barbaro è il predare, e condurre seco il Legno mercantile; qualche volta insieme con il Legno hanno la disgrazia di restare catturati ancora gli Equipaggi quando la loro distanza da tena, non li pennette di salvarsi con la barca del proprio Legno; ma il più delle volte la loro cauta navigazione li lascia tutto il tempo di rifugiarsi a terra, e di abbandonare ai predatori il solo Legno senza equipaggio. In questi frequentissimi casi i governi devono incoraggiare i Capitani ad incendiare, ò sfondare i loro Bastimenti nell'abbandonarli quando secondo il parere dei loro intieri Equipaggi abbiano riconosciuto per nemico il Bastimento, che lo insegue, cd in simili occasioni sia data una Gratificazione a nome, e conto Regio al Capitano, che ha impedito, che il suo Legno sia caduto nelle mani del nemico. Si opporrà a questo, che qualche volta per mala fede potrà il Capitano fingere sospetto del nemico, abbandonare il Bastimento incendiandolo per fini particolari, e salvarsi a terra meritare una Gratificazione Regia, ed avere tradito il commercio. Ciò può seguire, ma il caso è assai remoto subito, che l'equipaggio intiero deve confermare la verità del fatto, se poi l'equipaggio è d'accordo con il Capitano, allora non ha bisogno di questo nuovo pretesto, ma può continuare l'antico di andare a perdersi fraudolentemente a terra come s pesso viene praticato. E quando ancora potesse cadere qualc he abuso di tempo in tempo nella massima incoraggiata di distruggere i Bastimenti nell 'abbandonarli, si abbia in mira l'oggetto principale, ed a questo si sacrifichi qualche cosa. Se il Barbaro sotto i suoi occhi avrà veduto incendiare, ò colare a fondo l'oggetto delle sue fatiche, ed il possesso quasi certo delle sue fortune, se a questo vedrà uniti gli altri pericoli, che li sono stati preparati, troverà così scarso, e così caro il suo bottino, così delusa la sua farne, che per conseguenza necessaria inclinerà egli istesso a chiedere la Pace. Ed a questo deve sempre tendere il sistema di Guerra, che si farà al Barbaro; se due, ò tre anni di eccessivi rigo1i, di continui disappunti, e di valida fermezza potranno disgustare il comune nemico, e farli fa. re il calcolo del suo orgoglio, dalle perdite, che prova, e dal nessun guadagno, che ne ri tira, sarà stata umanità, risparmio di sangue per tu tte le parti, e forse la prima solida base di una permanente armonia. Proposta l' alternativa ò di Pace, ò di Guerra, e fatto presentire guanto la prima dovrebbe influire nelle misure politiche resta da aggiungere, che può un'Alleanza concorrere alla Pace in due maniere; la prima con l'offerta di un Commercio conferme è stato proposto; la seconda con l'offerta di una convenuta somma di denaro da pagarsi ogni anno, e non in un solo tempo come è stato quasi sempre poco avvedutamente

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La d(f'esa delegata

praticato; questa ultima esige solo, che si rinunzi ad un antico, e male inteso pregiudizio, e che invece di chiamare questo Atto un Tributo s i chiami Sicurtà di Commercio. Quando una sola Potenza tenta questo mezzo, la somma non può essere mai tanto considerabile da fare dormire in pace la Berberìa, ma quando tutte le Potenze soggeue si risolvessero a comporre insieme la dose dell'Opio da darsi ali' Affricano, la somma doventerebbe allora poco incommoda ai contribuenti, e decisivamente medicinale per gli affamati. E' verosimile, che un sonnifero di pochi anni porterebbe alla cessazione della Pirateria con distruggerne lo spi1ìto nella nazione, , la quale si occuperebbe di altri oggetti, e forse si porterebbe da se s tessa al commercio. La politica direbbe in appresso se, e quanto dovesse continuarsi detta contribuzione. Dopo aver fondato la base di queste riflessioni sop ra un ' Alleanza genera le tra le Potenze del Mediterraneo non si dissimula, ne si nasconde, che incontrerà questa le maggiori difficoltà. Non sempre si vede preferire il bene di una società agl'interessi di un solo: Forse il maggiore nemico de' nostri vantaggi sarà sempre la nostra disunione, e forse è colpa nostra se l' Affricano ci umilia, e ci d isfida. Può l'Alleanza non essere generale per concoITere alla Pace, e può non esserlo per concorrere all guerra; molto differenti però i resultati dei due casi. Per il caso di Pace è forza convenire, che se discorda una sola Potenza di venta inutile il regalo di bastimenti, e l'apertura di un conu11ercio, perché la Pote nza discordante, ò per gelosia, ò per alt1ì fini movendo guem1 al nuovo speculatore civilizzato può distruggerlo, e con esso estinguere, ed annullare il progetto; vero è però, che detta Potenza espone subito tutto il suo commercio alle incursioni del barbaro provocato, che d i natura sua non riguarda a lcuno con predilezione, e che è pronto ad attaccare indifferentemente l'amico, come il nemico, onde avrà forse fatto un falso calcolo de' suoi interessi, ma il male una volta maturato è sempre distruttivo ancora che involga nelle sue conseguenze tanto chi lo cagiona, quanto chi lo riceve. Se poi qualche Potenza discorda nell'Alleanza di Guerra, ciò non distruggerà mai il progetto, perché quattro, ò cinque al più sono sufficienti per intraprenderla nella forma prescritta, e non sarà mai in potere di alcunofimpcdire, che un numero di belligeranti wmbini le sue operazioni a suo piacere, ed arbitrio; potrà questo dispiacere al dissenziente, ma non potrà egli dare legge. E ripo1tando a questa circostanza la conclusione della Memoria si fissa, che può ottenersi pace, ò con offerire una Pace d'interesse, ò con sostenere per qualche anno una Guerra di Terrore. A voi, o Nazioni Europee, resta la scelta. Se vi duole l'umiliazione di un giogo, se vi muove la schia vitù de' vostri sudditi, con una delle vostre mani stri ngetevi insieme, e l'altra mostri ali' Affricano una punta di spada, ed un ramo di Olivo" 28 •

La lunga ed analitica Memoria, senza dubbio in molti punti acuta e lungimirante, ma in altrettanti indubbiamente utopistica, fu enunciata nel contesto dell 'epopea rivoluzionaria francese ed alla vigilia della meteora napoleonica. Gli eventi perciò erano tutt'altro che favorevoli a quella sorta di alleanza mediterranea supposta come condizione imprescindibile per l'estirpazione del flagello. E quello infatti barcamenandosi tra i diversi interessi europei mostrò una insospetta recrudescenza, principalmente a danno dei marittimi, e dei lavoratori del mare. Gli equipaggi mercantili catturati in barba ad ogni accordo, nel frattempo vanamente stipulato ora con l' una ora con l'altra reggenza barbaresca lo attestano. Ne citiamo perciò qualcuno tra i molti conservati. Ecco una supplica del 1805 concernente il riscatto di un equipaggio mercantile predato da un corsaro tunisino mentre navigava lungo le coste ciel Regno: "Gennaro Fedele della Provincia di Salerno supplica S. M. a voler ordinare il riscatto di Giuseppe Fedele s uo figlio , Pietro d'Amato, Agnello d'Amato, Gaetano Tancredi, Giuseppe Tafuri e Carmine Porzio fatti prigionieri da un corsaro tun isino nel mese di settembre 1805"29

Segue un secondo documento che dettaglia le modalità della cattura:

"S. R. M. Gennaro Fedele del Comune di Pisciotta Provincia di Salerno prostrato al Real Trono dell M. V. con umili suppliche l'espone come in Settembre dell'anno J 805, facendo esso supplicante il trafico dall'accennato Comune con la sua barca per Napoli, nella rada del sudd. to Comune di Pisciotta fu predato da Barbari con tutta la Mercanzia e Ciurma dei Marinai e propriamente da Corsaro Tunisino, ove fu condotto con li

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B. FORTECìUERRI , Memoria riguardante il sistema di Pace, e di Guerra che Porenze Europee praticano con le Reggenze di Barberia, Palermo 1786. 29 A.S.N., Affari Esteri, F.5463.


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139. Ricostruzione per assurdo di agguato corsaro ad un mercantile in transito: la sovrastante torre infatti lo avrebbe facilmente frustrato. Si evince così sia l'insidiosità in assenza cli torri degli agguati sia la perfetta rispondenza del sistema. La tone raffigurata è quella di Capo Conca presso Conca dei Marini (Sa) .


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La d(fesa delegata

sudd. i s uoi marinai li quali furono Giuseppe Fedele suo figlio, Pietro d'Amato, Aniello d' Amato, Gaetano Tancredi, Giuseppe Tafuri e Carmine Porzio tutti del sudd. o Comune di Pisciotta. Al suppi. te con pericolo della sua vita, riuscì fuggire dalla schiavitù dopo un anno e mezzo. I menzionati marinai non ebbero l'istessa sorte cosicché gemono tuttavia sotto la schiavitù, e le di loro rispettive fam iglie periscono nella fame. Sire il supplicante animato nella Paterna pietà, carità e gran potere della M. V. la supplica divotamente con le lacrime agli occhi per atto di pura carità ordinare il rischiatto per li menzionati poveri infelici Marinai li quali attualmente ancora si rattrovano nella suddetta schiavitù, onde possano le afflitte famiglie in unione del povero supplicante sollevarsi dall'angustie, e pregare Iddio pella felicità della M. V. e lo spera a grazia ... " 30

Quale fosse poi Ja sorte amarissima riservata a quei miseri marinai lo dimostra quest'altra supplica, di per sé eloquentissima, tanto più che le carceri borboniche, o dell'epoca, nel Regno di Napoli erano notariamente durissime: "10 giugno 1807 Don Saverio Montano figlio del g. m Don Antonio della Terra di Yignola Stato di Intino Vapallo di V . E., espone come trovandosi detenuto da circa 12 anni nell'lsola di Pantelleria per causa di un omicidio imputatoli, fu richiamato a Palermo nell'anno 1805, per essere testimonio fiscale su di una causa, anche di omicidio, successo in quell'Isola. Nel mese di novembre istesso anno, nel mentre che restituivasi al suo destino, fù nell 'acque di Trapani e Marsala predato da un Corsaro Tunisino, e condotto in T unisi, in dove si trova giacente nella più dura schiavitù, sotto il dominio del Sappa Tappa Primo Ministro di quel Bey. Prega perciò V. E. di cooperarsi a far sciogliere le sue catene, per toglierlo alla sua trista situazione e per soccorrere la sua famiglia che tuttora trovasi nell ' Isola di Pantelleria. " 31 .

Non diversamente dal passato, fidando probabilmente sulle migliorate capacità nautiche e tecnologiche si tentò anche, da parte del Regno di Napoli, di lanciare alcuni vascelli in una controguerra corsara ai danni dei barbareschi, o dei nemici dell'impero francese, ed i risultati non dovettero, per quanto scarsamente conosciuti mancare del tutto. E' questo del resto un capitolo pochissimo esplorato in quei turbinosi anni. Di certo dal documento, che citiamo di seguito, risulta che operassero in corsa alcune unità contemporaneamente, spesso con equipaggi tratti dai quadri della Mar ina da Guerra. "S.R. M. Signore / Il Marinaro Niccola Tannini di Maritea in Basilicata umilmente espone, che sin da suoi primi anni fu intento a servire a V. M . nei Reali Legni, per cui fece varie Campagne nelle galeotte. Funzionò da Pilota sopra il felucone di guardia sotto gli ordini del Vice Preside allora Mandarino, il quale nel febbraio 1807 fu condotto in Palermo. Posteriormente il Cav. Don Giuseppe Castrone fece imbarcare il supp. e sul Corsaro del Principe d'Assia comandato dall'Alfiere Metafora, seguendo l'armata di Calabria in maggio e giugno di detto anno. Da colà poi passò s ull'altro Corsaro di Don Gaetano Gambarella, con c ui furono fatte delle grandi prede, che furono trasmesse in Ponza, Messina e Palermo per vendersi. In qual mentre il Principe di Canosa avendo chiamato il d. o Comandante Gambarella per eseguire una commissione nella Spiaggia Yomana avvenne, che giunLO colà il Legno dovette correre discrezione d'un vento fortunale per lo die tra i mari di Corsica e di Sardegna divenne preda d' un Legno Tunisino. Quivi arrivati riuscì dopo al d. o Gambarclla, ed ad uno dell'Equipaggio di fuggire, ed essendosi diretto in Palermo impetrò da V. M. incassare il denaro delle dette prede vendute, inclusa quel!' Americana, dividendos i il libratto fra pochi, e nulla curando il supp. te schiavo coll' altri sventurati Compagni. Una barbarie si inaudita obbliga il Suppi. te di ricorrere a V. M. e supplicarla perché si degni ordinare a chi si conviene perché il povero Oratore sia posto in li bertà giacché da tanti anni giace schiavo in Tunisi. Grazia che spera come da Dio [1815-16). " 32

.,o A.S.N., Affari Esteri, F.5463. 31

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A.S.N., Affari Esteri, F.5463. A.S.N., Affari Esteri, F.5463.


I lavoratori del mare

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Ma tra i lavoratori del mare, sebbene così esposti, quelli che rischiavano certamente di più, e non da allora, erano i pescatori di corallo. Questi infatti rivestivano tutte le principali connotazioni per essere la preda ottimale dei corsari. Innanzitutto operavano in numerose flottiglie, a grande distanza dalla loro terra e dalle loro difese, e per giunta raccoglievano un prodotto del mare il cu.i valore era, anche presso i musulmani, di notevole pregio commerciale. Ovvio perciò che quella attività fosse da sempre particolarmente vessata e periodicamente martoriata dai barbareschi. Ne tracceremo pertanto un sintetico quadro per evidenziare anche in questo caso le precauzioni difensive private adottate nel settore, che costituiscono da sole uno dei principali esempi di difesa delegata sul mare.

L'oro rosso La presenza del corallo nella storia dell'umanità è certificata almeno dal 4. 000 a. C.33 , con una progressiva abbondanza all'avvicinarsi all'età classica. Secondo la mitologia greca la caratteristica formazione animale altro non sarebbe stato che il sangue della Medusa decapitata eia Perseo che si era rappreso nell'acqua di mare! Di certo proprio quel suo colore, che tanto ricordava il sangue, dovette impressionare i primitivi i quali, al pari dell'ocra, vedevano nello stesso una sorta di stretta connessione colle forze vitali della natura. Per la razionalità romana il corallo fu equiparato ad un vegetale marino, traendo spunto dalla sua forma arborata e ramificata, connotandolo per di più come molto morbido nell'acqua-appunto simile ad erba-e rapidamente solidificantesi all' aria. Plinio il Vecchio ne descrive con competenza le località di pesca, pur chiamandolo ora Pirite ora Dendrite34• Successivi studiosi ne notificarono le supposte proprietà, che a differenza di quanto attualmente praticato, erano individuate eminentemente nell'impiego terapeutico e farmacologico 35 • Da quel momento comunque sebbene inteso come una pianta marina, il corallo, acquistò un posto nell'ambito delle creature viventi, nonché un ruolo di primo piano tra i grandi rimedi destinati a debellare le peggiori afflizioni dell'umanità. La sua ricerca perciò divenne altamente remunerativa e quindi incessante. I secoli seguenti confermarono eia un lato il costante riproporsi della pregiata formazione marina come panacea dall'altro come particolarmente costosa, incentivandone a dismisura la rudimentale pesca. Bisognò attendere il '700 per vedere finalmente riconosciuta la sua natura animale, ma non per questo si osservò un parallelo detrimento del suo valore, che anzi nel frattempo assurto a gemma dalJ'oreficeria - ormai già da secoli - acquistava sempre nuovi e più accattivanti mercati 36. Quanto esposto basterebbe a giustificarne la cupida ricerca sempre e comunque connessa ai rischi propri del mare, e ciel valore intrinseco del bene, tanto da farlo immediatamente equiparare per quella spasmodica e rischiosa febbre all'oro: ed oro rosso divenne per antonomasia. Di certo altrettanto antica come l'impiego, terapeutico od ornamentale, ciel corallo risulta la sua pesca sistematica. Tra i primi, ovviamente, i greci che vi si dedicarono nell'Egeo e quindi i Liguri, nel loro golfo, in Corsica ed in Sardegna. Seguirono poi gli Etruschi ed ancora i Fenici ed i Cartaginesi, sempre in Sardegna e lungo le coste del nord Africa. Di questa fase della pesca si riscontrano ampie tracce negli scritti classici, e nell'impiego testimoniato a sua volta dai numerosi ritrovamenti archeologici . Per approfondire invece una ricerca documentaria dobbiamo attendere il X-XI secolo, sotto la civiltà araba, che promosse l'organizzato sfruttamento dei banchi nord africani. Si comincia al contempo a rile-

33 Sull'argomento cfr. B. LIVERINO, Il corallo esperienze e ricordi di un corallaro, Bologna I983, pp. I e sgg., ùove tra afferma l'autore: «Il camrnino percorso a ritroso nel tempo ha portato i ricercatori fino a 30.000 anni fa, alla preistoria. Alcuni sepolcri neoliLici, scoperti presso Losanna, hanno conservato frammenti cli corallo, che si ritiene siano stati usati come amuleto ...» 3• Cfr. G.L. GANZ, Storia dei coralli, traduzione a cura di A.Filippin, .... 1988, pp.33 e sgg. 35 Su tali applicazioni del corallo, variamente elaborato cfr. G.L. GANZ, Coralliorum Hiswria ( /669 , ..... ristampa, 1988. 36 Circa la presenza ciel corallo nella storia cieli' oreficeria cfr. G. TESCJONE, // Corallo nelle arti.figurative. Napoli I 973.


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La difesa delegata

140 l40. Bosa (Ar). Castello di Se1Tavalle.

vare, sia pur incidentalmente, intorno alle località di pesca la comparsa di una delinquenza di natura piratesca, incentivata appunto dall'alto valore economico del prodotto. Contemporanéamente anche in Sardegna l'attività estrattiva del corallo prese vistosamente ad incrementarsi , ma non per iniziativa dei locali, poco attratti da ogni forma lavorativa sul mare, sebbene dei pisani. Questi tra il 1100 ed il 1300, lungo le coste orientali dell'isola, imitati immediatamente dai genovesi lungo quelle sud occidentali, si dedicarono a proficue stagioni di pesca, traendone significativi proventi. L'oro rosso, in quell'epoca, appare monopolio delle famiglia Doria - ancora d'Oria - e dei Malaspina, rispettivamente ad Alghero i primi e a Bosa i secondi: degl'ultimi è ancora visibile, presso la cittadina rivierasca, l'omonimo castello. li passar del tempo vide aggregarsi, almeno in Sardegna, altre famiglie alla sempre più prospera attività, prima fra tutte quella dei Lomellini , che già nel secolo successivo essendo feudatari della Corsica estesero anche a quella isola la sistematica pesca del corallo. È interessante ricordare che furono proprio i Lomellini che, a partire dal 1574, riuscirono ad ottenere la concessione per tale pesca sui banchi corallini di Tabarca, isoletta a non rilevante distanza da Tunisi, posizione talmente precaria e rischiosa che già di per sé testimonia la potenza economica del corallo, pure in contesti di atroce belligeranza mediterranea.37 Restando per completezza al XIII secolo si osserva che lungo le coste della Sicilia, i normanni prima e quindi gli svevi promuovono la promettente florida impresa, particolarmente benvista dall'erario regio. In età angioina nel Regno di Napoli la pesca del corallo appare già molto sviluppata e fiorente. Lungo la costa di Amalfi si procedeva, infatti, ad un sen-ato sfruttamento dei ricchi banchi, particolar-

Ji Sull'argomento cfr. C. Brross1, Il governo dei magnifici a Genovu fra 5 e '600 -ll ruolo dei Magnifici e la poli1ica medi/erranea della Spagna: i Lmne!Lini e Ta!Jarca, Genova 1990, pp.167 e sgg.


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mente comodi per la loro vicinanza alla terra ed ai centri abitati, al contempo coperti dalla difesa militare della penisola sorrentina. Non è escluso, anzi al riguardo, che alcune delle tante to1Ti angioine ivi erette, ed in parte ancora esistenti, fossero proprio finalizzate alla protezione della .lucrosa attività marinara. "È allora che con il lievito delle ciurme siciliane, liguri, e provenzali, e con le gesta di Guglielmo Boccanegra e di Corrado Lancia, si viene affermando nel bacino tempestoso del Mediterraneo occidentale la nuova potenza navale catalana. E' essa che, poco dopo il Vespro siciliano ( 1282), con Ruggero di Lauria, il grande Ammiraglio di Pietro D'Aragona, saccheggiando nel 1286, Marsa el Kharez sulle coste di Barberia, distrugge non solo il nido da cui i corsari saraceni portavano il terrore nelle terre cristiane, ma anche la base della pesca araba del più pregiato corallo. Vediamo allora, nelle note, aspre contese tra Angioini cli Napoli e Aragonesi di Sicilia, la pesca del corallo divenire per questi ultimi, come per i primi, lievito di agguerrimento per le ciurme e mezzo di attrazione e di ricompensa per i vassalli; e Trapani, base di armamento della pesca del corallo, diviene vera base strategica"38 . Tornando agli angioni di Napoli vi è da osservare tuttavia che già eia quella dinastia si iniziò ad operare una sorta di regolamentazione dello sfruttamento cercando di evitare, per l'eccessivo prelievo di distruggere radicalmente la risorsa. Le co ncessioni perciò tennero conto, nei lim iti della competenze dell'epoca e del rispetto delle stesse, di favorire una sorta di ciclo naturale di rigenerazione dei banchi. Pertanto il pescato subiva scrupolose ispezioni per controllarne che la sua quantità non eccedesse i limiti autorizzati. Disgraziatamente però i successori dei primi monarchi di quella dinastia, non ebbero una identica saggia visione del problema e la loro miope politica avviò il rapido depauperamento della pregiata presenza nel mare di Napoli . Conseguentemente si registrò a carico degli stessi marinai partenopei un progressivo spostamento della aree di pesca che iniziò sempre maggiormente a gravare sulle coste sarde apparentemente inesauribili. E' da osservare che l'esasperata crescita dello sfruttamento nella penisola sorrentina aveva lasciato una triste eredità: il parallelo e quindi inarrestabile intensificarsi dei raid corsari, tanto da richiedersi la perlustrazione navale operata da galeee guardiacoste. E mentre genovesi 39, pisani sicilian i, napoletani e catalani, intorno al XV si dedicavano all'estrazione del corallo dall'acque della Sardegna, a loro volta gli spagnoli avviarono la pesca sistematica sulle coste nord africane, recentemente liberate dalla presenza degli arabi. L'avvento della dinastia aragonese segnò un ulteriore incremento della pesca che assurse ad attività privilegiata con cospicui risvolti attivi per l'erario regio. Le lungimiranti dispos.izioni di quei sovrani relative allo sviluppo industriale dei loro possedimenti .le abbiamo già ricordate in merito alla pastorizia: non stupisce pertanto che in una analoga ottica fosse riguardata anche la pesca del corallo. Alfonso I del resto è stato unanimamente descritto come particolarmente attratto dal fasto e dal lusso, ed in tale veste sembrava fatto apposta per incentivare quel genere dj coltivazione. La richiesta inoltre ciel rosso tesoro si mostrava indiscutibilmente vastiss ima ed insoddisfacibile, proveniente da ogni parte dell'Europa. E ' degno di nota che a partire dal XV secolo la pesca del corallo ed il commercio si concentravano specialmente presso Alghero, in quanto città al centro dei migliori e maggiori banchi coralliferi sardi; l' interesse della dinastia aragonese sull'incremento dello sfruttamento continuava a crescere ed a riprova si rintracciano una serie di provvedimenti tesi a.Ila sua regolamentazione, promuovendone per di più la ricerca anche in zone nuove, sebbene non altrettanto fornite, come da esempio nel golfo di Cagliari. È emblematico della sensibilità commerciale di quei sovrani che, tanto nel napoletano che in Sicilia, perfettamente consci della potenzialità Wtinatìte di tale ricchezza marittima la liberarono ben presto di ogni gravame fiscale, introitando proventi notevolmente maggiori dalla sua commercializzazione ed esportazione. I banchi di corallo ad una minuziosa ricerca parvero moltiplicarsi lungo le coste non solo della Sicilia della Sardegna e ciel napoletano ma persino della Ligura, ciel Lazio, della Toscana, ovvia-

38 Da G. TESCIONE, Aragonesi alla pesca del corallo in Sardegna, in Atti del VI Congresso Internazionale di Studi Sardi, Cagliari 1957, p.150. Ed ancora cfr.G. TESCIONE, italiani alla pesca del corallo, «R.Deput. Napoletana di Storia Patria», 1940 ristampa 1968. :19 Sull'argomento cfr. F. PODESTA, 1 Genovesi e le pescherie di corallo nei mari dell'Isola di Sardegna, Torino, 1900.


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La d{fesa delegata

14 1 a

cannone da piazza /

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I 41. a: Alg hero. I bastioni del fronte a mare. b: cannone da piazza marittima.


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142. Torre del Greco (Na). Basilica di S. Croce: il campanile è la sola parte emergente della sottostante chiesa coperta dalla lava del 1794 . 143. Bosa (Ar). Il torrione aragonese posto nei pressi della foce del Temo.


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La difesa delegata

mente con quantitivi e qualità non altrettanto soddisfacenti. È interessante ricordare che agli inizi del '500 allorquando un ufficiale di carriera dell'esercito spagnolo, di stanza in Italia, percepiva uno stipendio mensile di 4 ducati, con la stessa quantità di denaro si potevano acquistare circa kg 3 di corallo grezzo, frutto nei casi cli pesca normale cli nemmeno una giornata cli lavoro, a patto cli trovarlo e cli saperlo estrarre dal mare. La città che in quegli ann i prevalse tanto nell'organizzare la pesca che nel lavorare il corallo fu Trapani, mentre come località eminentemente estrattiva si confermava sviluppandosi di giorno in giorno Alghero. Ma gradatamente sia nella pesca che nella lavorazione, proprio a partire dalla metà del '500, iniziarono ad inserirsi i marinai cli una cittadina alle falde del Vesuvio che, in breve volgere diverrà - e lo è tuttora - la capitale mondiale del corallo: Torre del Greco40 . Restando alla metà del '500 i banchi cli pesca migliori e più assiduamente sfruttati si rinvenivano in Sardegna tra Oristano e Porto Torres con particolare dovizia tra Alghero e Bosa, dove alla foce ciel fiu me Temo staziona la flottiglia delle cosiddette coralline, ovvero le imbarcazioni specializzate nella pesca dell'oro rosso. Nonostante il pericolo della assillante presenza dei corsari barbareschi, proprio per lo stimolo dei lauti profitti e della richiesta crescente, l'attività dei corallari non conobbe mai crisi , e per meglio aòeguarsi ai rischi ormai perfettamente noti, forte della sua potenzialità economica iniziò a spiegare un temibile ed affidabile sistema di difesa organizzata privata, sui settori costieri dove si operava la pesca. Ma prima di entrare nella sua dettagliata esposizione occorre aprire una parentesi sulle modalità di pesca per meglio comprendere la validità del dispositivo.

La pesca del corallo La pesca del corallo, che abitualmente cresce sulle scogliere fino alla profondità di penetrazione della luce in assenza di tecniche subacquee doveva necessariamente essere compiuta da superficie, per tentativi casuali - una sorta di dragaggio alla cieca - forte solo dell'esperienza e della conoscenza dei luoghi: in ciò perfettamente simile alla tradizionale pesca alimentare. Prima di inventare un idoneo utensile si impiegarono allo scopo dei piccoli attrezzi formati da una sorta di sacca-contenitore con bocca ferrata per rompere i rametti, il tutto collegato ad una lunga pertica manovrata da bordo. E' intuitivo che così operando la profondità di pesca era modestissima ed il raccolto proporzionale, senza considerare lo sperpero della fatica. Soltanto in un secondo periodo e grazie, forse, ali ' inventiva araba comparve una singolare draga detta 'ingegno' costituita da due pesantissime travi disposte a croce cli S. Andrea, così descritta da P. Balzano illustre storico del settore: "Dicevasi questo da' provenzali engins , e dai nostri ingegno. ed era certo di non poca utilità, perocché la forza delle reti fatte d i spago, accostandosi ailo scoglio, era tanto da abbrancare in mezzo a loro il corallo e trarselo dopo averlo rotto e sbarbato; e le ali medesime della croce erano per sè stesse bastevoli, per picciolo avviamento che le si dava, ad intromettersi nel seno degli scogli, spesso anche traversandosi ne' piani come ordinariamente doveva avvenire ... è certa cosa che i nostri nazionali essi i primi accoppiassero la rete alla croce, che ora certo eia' pescatori Torresi di molto è stata più guernita e raffazzonata da tirar sopra perfino pezzi grandi cli scogli divellendoli a forza dai massì marini dove sono incastrati ... . Ecco ora per qual modo i nostri vigorosi ed indomabili Torresi hannosi composto l'ingegno. Due grosse spranghe di legno assai forte, siccome quello di faggio o quercia, pongono da prima a croce. Tutta la lunghezza cli esse spranghe è circa cinque piedi parigini, ovvero sei palmi e mezzo napoletani; verso il centro la loro spessezza quadrata è circa tre dodicesimi del piede... poco più del palmo. Nel mezzo di essa croce è una mazzera di pietra del peso di circa rotoli ventiquattro e più, che serve per far discendere nel profondo l'ingegno. Agli estremi le braccia della croce vanno gradatamente assottiglìan-

4

ù

Cfr. G. MAZZEI-MEGALE, l'industria del corallo in Torre del Greco, Napoli 1880.


! lavoratori del mare

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dosì; avendo ognuno un ìncavo circolare alla cima per modo da formare quattro capocchie. In questi incavi sono legate funi non più lunghe di mezzo pìede con alla cima due retì pendenti, e questa parte dell'ingegno vien detta coscione ... Ad ognuno poì deì descritti coscioni o braccia della croce sopradetta è altro incavo circolare come quello delle capocchie ... [dove] èvvi legata una rete e con essa una fune di circa diciotto piedi o poco più, che sono tre canne napolitane; presso alla qual fune alla distanza di ogni tre piedì e mezzo ... è legata altra rete, per modo che delle cinque reti, che presso alla fune si allogano, trovasi l'ultima alla cima pendente come un fiocco ... Una simigliante fune così armata, è appiccata pure nel centro della croce... Per tal modo la croce di legno vien fornita di otto reti alla estremità, e cli trenta altre pensili alla metà delle braccia e del centro ... Da tale descrizione agevolmente può intendersi come questo così fatto ingegno rìesca acconcìssirno nel venir sotto a travagliare d' ogni parte i più riposti siti dello scoglio ... I marinai nel viaggio, recando con esso lo spago, lavorano così fatte reti ed assettano l'ingegno. Il quale, calcolando secondo la descrizione finora fattane, pesa ad un bel circa un cantaìo e mezzo ... " 4 1, come a dire circa un quintale e mezzo. Eppure fino al secolo scorso veniva recuperato, nonostante la resistenza del corallo e degli scogli, con la sola forza delle braccia, senza alcuna paranco o venicello ma alando la fune sulla sponda dritta dì poppa. Muniti di simile organo di presa subacquea ì marinai iniziavano la loro faticosissima pesca in questa maniera: "Ogni volta che l'ingegno si getta, tosto i marinari levano la vela e corrono col vento. Quegli a cui è affidato il pescare, e che tiensi dal lato della gomena discesa, come prima s' avvede di aver incontrato lo scogl ìo dalla resistenza che ne sente, grida s' ammainasse dicendo leva leva, e così tutti spacciatamente adoperandosi, fermano il preso cammino scendendo avaccio le vele. Allora incominciano a tirar su un poco l'ingegno e ricalarlo di poì per fare che le reti abbrancassero; e si replìcatamente facendo, scorrono e rovistano tutta l'altezza di quello, ed ora più innannzi ora pi ù indìetro trascorrendo, giovandosì alcun poco de' remi, tirano finalmente su l'ingegno dopo aver per un'ora pescato. L' arte di chi regge la pesca è di fare che la croce di molto lavorasse; e dove lo scoglio è a picco, ingegnarsi che s'attaccasse e fermasse in alcun lato di esso. Ogni discesa dell'ingegno denominasi cala, forse come abbreviativo di calata che vale tutto il tempo che l'ingegno è s tato sotto a pescare, per modo che dìcesì di aver fatto ìn un tal giorno quindici o venti calate. Nel venir su l' ingegno tra molte erbe e frantumi di scogli ed altre cose di mare, spesso pure alcun grosso pesce cli poco conto raccoglie e qualche filo cli corallo ... Quando in una sola cala si avesse a ricavare cinque o sei once di corallo, dicono i marinari esser profittevo le la pesca, ed in questa congiuntura non lasciano pìù quello scogl io fin che non l'hanno tutto ripulito ... " 42 • È di immediata raffìgurazione la spossante fatica fisica a cui erano sottoposti quei singolari pescatori, e come tra la navigazione mirata all'identificazione dei fondali ed il trafficare con l'ingegno, pochissima attenzione potesse essere destinata ad altre incombenze. Operando le barche coralline abitualmente ìn tlottìglìe, ìn zone non molto ampie, costituivano, specie dopo le prime settimane di attività, grazie ai frutti della pesca, un ottimo bottino: numerosi uomini robusti particolarmente idonei al remo delle fuste e delle galere, barche speciali ed elaborate, corallo grezzo, comunque di gran valore. Bottino sotto tutti gli aspetti allettante, e per ovvia conseguenza sin dai primordi la stagione operativa dovette adattarsi ad una logica difensìva di tìpo militare.

La difesa delegata dei corallari Lungo gli oltre duecento chilometri di insenature della costa sarda nord-occidentale, gìà dopo i primi decenni del cinquecento, i corallari, perfettamente organizzati per la pesca attuarono un minuz..ioso dispositivo difensivo. Ogni punto ciel li torale, sabbioso o roccioso, pianeggiante o scosceso avrebbe do-

41

42

Da P. BALZANO, Il corallo e la sua pesca, Napoli 1870, pp. I 05-108. Ibidem.pp. 109-1 IO.


La difesa delegata

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vuto essere sorvegliato ininterrottamente, a vista, da sentinelle armate. Ogni insenatura ispezionata da ronde montate di cavallari anch'essi armati e muniti di strumenti acustici per notificare gli eventauli pericoli; torri in muratura erette e presidiate da congrue guarnigioni nei punti più esposti e più pescosi; batterie di artiglieria pronte ad entrare in funzione a copertura e difesa delle barche coralline intente alla pesca; vascelli, in numero minimo di quattro, incessantemente perlustranti la fascia costiera di pesca, nonché barconi, sempre armati destinati a reiterate ispezioni giornaliere nelle isolette costiere più sospette: era questo in sintesi il dispositivo spiegato, con caposaldi in Bosa ed Aghero, per iniziativa e mantenimento economico privato, sebbene organizzato armato e reso operativo nella più minuziosa organizzazione militare. Così lo ricordata il già citato Marcantonio Camos, che conscio della sua validità propose all'imperatore di inserirlo, nella sua interezza, nel piano di difesa costiera generale del dell'Isola. Dispositivo dei corallari in Sardegna

Lista de las guardias que hazen los coralladores en esto reyno Elenco degli uomini, a cavallo od a piedi di guardia, e dei relativi costi

A MEZZOGIORNO DI BOSA A Los Sollianas due uomini a cavallo costano entrambi 30 scudi al mese, che per cinque mesi ammontano a ................................................................................................................................................ 150 A Cala Caterina e Larquitto due uomini a cavallo costano entrambi 8 scudi al mese che per cinque mesi ani montano a .................................................................................................................................. 104 A Capo Negro due uomini a cavallo costano ciascun mese 24 scudi che per cinque mesi ammontano a ................................................. ......................................................................................................... 120 A Figadolla due uomini a piedi costano 10 scudi al mese che per cinque mesi ammontano a .......... 50 Totale scudi ..................................................................................................................................... .424 A Monte del Porro un uomo a cavallo costa 13 libre al mese che per cinque mesi ammontano a ... 65 A La Mola UJl uomo a piedi costa 8 libre che per cinque mesi ammontano a ...................................40 A La Pesquella un uomo a piedi costa 7 libre al mese che per cingue mesi ammontano a .............. 35

A TRAMONTANA DI BOSA A Buon Porteto un uomo a piedi costa 6 libre al mese che per cin(1ue mesi ammontano a ..............30 A Monte Negro un uomo a piedi costa libre 6 al mese che per cinque mesi ammontano a .............. 30 A Cala Finicchio un uomo a piedi costa li.bre 6 al mese che per cinque mesi ammontano a ............30 A Mararjo un uomo a piedi costa libre 6 al mese che per cinque mesi ammontano a ...................... 30 A Monte Mandrone due uomini a piedi costano ogni mese entrambi libre 22 che per cinque mesi amn1ontano a ............................................................................................................. :............................. 11 O A Castello Barisone un uomo a piedi costa 8, 5 libre al mese che per cinque mesi ammontano a .. .42 La Fregata di pattuglia verso sud costa ogni mese 195 libre che per cinque mesi ammontano a .97 5 La Fregata di pattuglia verso nord costa ogni mese libre 182 che per cinque mesi ammontano a ................................................................................................................................................................ 920

ALGHERO A Il Marrajo tre uomini costano ciascuno 9 libre al mese che per cinque mesi ammontano a ....... 142 Il loro caporale costa da solo per lo stesso periodo libre .................................................................. 108 A Tangoni un uomo costa ogni mese libre 9 che per cinque mesi ammontano a .............................. .45 A La Palosa un uomo costa 8 libre per ogni mese che per cinque ammontano a ............................. .40 Al Salto dell'Acqua un uomo costa 8 libre al mese che per cinque mesi ammontano a .................. 40 Alla Torre di Pollari due uomini costano entrambi 28 libre per ogni mese che per cinque mesi am1nonta a ...................................................................................................................................................... 90


I lavoratori del mare

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144. Torre Pollari , sulla costa di Alghero.

A Lomemort un uomo a piedi costa ogni mese 8 libre che per cinque mesi ammontano a ..............40 A Cala Bona un uomo a cavallo costa ogni mese 10 libre che per cinque mesi ammontano a .........50 Alla Plaja un uomo a cavallo costa ogni mese 10 libre che per cinque mesi ammontano a ..............50 A Capo Galera un uomo a cavallo costa ogni mese 10 libre, che per cinque mesi ammontano a .... 50 A La Cava della Battaglia un uomo a piedi costa ogni mese 8 libre che per cinque mesi ammontano a .................................................... ............................................ ......................................................... 40 Alla Montador de Juanserra un uomo a piedi costa ogni mese 8 libre che per ci nque mesi ammontano a .................................................... .............................................................. .......................................40 Alla Torre del Livio due uomini costano ogni mese 18 libre che per cinque mesi ammontano a ..... 90 Alla Cala del Fraile un uomo a piedi costa ogni mese 9 libre che per cinque mesi ammontano a .. 45 A Porto Xao un uomo a piedi costa 9 libre ogni mese che per cinque mesi ammontano a .............. 45 Alla Cala Genovese un uomo a piedi costa ogni mese 1O libre che per cinque mesi ammontano a ......................................................................................................................................................... 50 Alla Cala dei Morti un uomo costa ogni mese 10 libre che per cinque mesi ammontano a ............. 50 I quattro uomini d'equipaggio della feluca che va ad ispezionare La Foradada costano ogni mese 20 scudi che per cinque ammontano a libre [1 ==2.8] ...............................................................................280 Un sovrastante costa ogni mese scudi 8 che per cinque mesi ammontano a libre ............................ 104 Al Golfo di Sorell un uomo a piedi costa ogni mese 9 libre che per cinque mesi ammontano a ...... .45 A Malrepos un uomo a piedi costa ogni mese 9 libre che per cinque mesi ammontano a .... .. ......... .45 Alla Torre m. ra due uomini costano ogni mese 25 1ibre che per cinque mesi ammontano a .. .. .. ... 125 Alla Torre dei Leoni due uomini ogni mese costano libre 24 che per cinque mesi ammontano a .. 120 Alla Torre del Porticciolo due uomini cotano ogni mese .libre 25 che per cinque mesi ammontano a ............................................ ........ ................................................................................................... 120 Alla Cala di Lui un uomo a piedi costa ogni mese 9 libre che per cinque mesi ammontano a ........ .45


La difesa delegata

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A Monte Girat un uomo a cavallo costa ogni mese 12 libre che per cinque mesi ammontano a ......70 Alla Cala del Sale un uomo a piedi costa JO libre ogni mese che per cinque mesi ammontano a ....50 Alla Calassa un uomo a piedi costa ogni mese 10 libre che per cinque mesi ammontano a ............. 50 Alla Argentiera sei uomini a piedi costano ogni mese IO libre cadauno che per cinque mesi amrnontano co1nplessiva1nente a ................................................................................................................. 300 A Capo Negro quattro uomini a piedi costano ogni mese 10 libre caduano e per cinque mesi am1nontano complessivamente a ................................................................................................................. 200 A Monte Cosso due uomini a cavallo costano 14 libre caduano ogni mese e per cinque mesi ammontano a ................................................................................................................................................ 140 Il costo della Fregata che pattuglia verso sud è ..... . Il costo della fregata che pattuglia verso nord è.... .

li dispositivo restò in vigore a lungo e forse fu solo lo scemare d ei proventi della pesca in Sardegna e l'incrementarsi di quelli ricavati in nord-Africa a farlo dismettere: ne restano comunque a testimonianza, ancora ai giorni nostri, alcune di quelle torri. È interessante a questo punto, prima di chiudere l'argomento, esaminare le modalità di pesca adottate dai marinai nei secoli successivi sempre e comunque caratterizzate da una spiccata connotazione militare. Scrive sempre il già citato esperto del settore, che nel 1783 fu scoperto dai pescatori un ricchissimo banco di corallo, quasi a fior d'acqua, ma distante appena venti miglia dalla Galita, dettaglio che imponeva una adeguata componente difensiva, non potendosi neppure ipotizzare l'impiego della Marina da Guerra borbonica in acque così vicine al nemico, e tanto lontane dalle proprie. "Gennaro Accardo e Giuseppe suo figliulo, corsari di professione, furono con galeotte a guardia di essi, per una pattuita mercede. Ma perciocché essi con le picciole barche discorrevano il mare a lunghe distanze, e dispersi com'erano, alcune volte la protezione e guardia di quelli diveniva affatto infruttuosa, e contuttocché annualmente non pochi erano fatti schiavi e predati da barbareschi; tuttavolta rendendosi sempre più animosi, ed incuorati dal profitto che loro tornava per la vendita del corallo che da anno in anno cresceva, si vennero a mano a mano vienmeglio ravvicinando sulla nimica costa di Barberia... cosicché tutto il termine di mare che essi tentarono in que' sette anni, fu di un 60 miglia circa dal Ponente al Libeccio, e discosto dal lido di Algeri or dodici, or quindici or venti e per fino quarantrè miglia italiane. Due anni dappoi si ~mischiarono in lidi più lontani, passando in là da Caponegro, Caporosa e Capo di Bona, con più vicino pericolo di guerra e di schiavitù ... "43 . Il progressivo addossarsi alla costa algerina ed alle capitali dei corsari dimostra non tanto lo sprezzo del rischio dei marinai torresi pescatori del corallo, quanto la crescente remuneratività dell'impresa, che faceva cadere ogni più elementare precauzione, portandoli ad ignorare insidie perfettamente conosciute da secoli. Trovarsi ad una distanza compresa tra una e quattro ore dalle basi delle fuste corsare, significava sfidare la so1te, anche ammettendo un dispositivo difensivo di un qualche valore. Prosegue infatti il Balzano: "ma il risoluto pescatore corallaro, armato a guerra, e pronto com'era alla difesa contro i corsari barbareschi ... usò quel diri tto che il consenso delle nazioni aveva conceduto, essendo il mare della comunione degli uomini .. "44 • In realtà però le cose non erano tanto semplici nè i risultati tanto brillanti, almeno sul piano difensivo, da giustificare la temerarietà dei corallari: non è un caso che una sorta di mutua assistenza, una vera assicurazione sulla vita in funzione di riscatto eventuale, fu tra le prime istituzioni attuate dai componenti gli equipaggi delle coralline. L'importanza comunque crescente dei proventi della pesca del corallo, e della sua lavorazione e commercializzazione, sui quali ormai poggiava una fioren te economia che interessava buona parte del golfo di Napoli, dalla cantieristica, alla oreficeria, fecero promulgare a Ferdinando IV, il 17 novembre del 1789, un apposito Codice regolante le procedure della pesca in ogni suo aspetto, espressamente intitolato Codice Corallino.

,i:, Da P. BALZANO, Il corallo ... , cit.p.55 ' 14

.l bidem.


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I lavoratori del mare

Stralciamone alcuni significativi brani relativi ai rischi della attività ed ai poteri sovrani che delegavano ai pescatori la facoltà di difendersi anche in maniera militare: "TITOLO X Delle Galeotte per la scorta delle Feluche

I - Sarà in libertà de' Capisquadra, e Padroni di essere accompagnati da qualche Galeotta per la scorta, e custodia delle Feluche a loro spese, purché l'armatore abbia ottenuto da S. M. il necessario permesso per annarsi alla loro difesa, ma non mai con patente di Corsale, affinché non eserciti la pirate1ia a suo profitto, e a spese, e danno delle Feluche II - L'istrumento che si farà coi rappresenatnti della Galeotta, non obbligherà t.uue le Feluche, se non sarà solennizzato ... [dalla stipula, previa votazione di un) istrumento, in cui stabiliranno gli obblighi, e patti più opportuni circa l'equipaggio, l'armamento, il tempo della partenza, del ritorno, ed altro che sarà stimato più conveniente. V - In esso istrumento, fra gli altri patti si dovrà espressamente apporre, che sia obbligata la Galeotta in tempo della pesca sempre bordeggiare, e coprire le Feluche da' nemici, e, scoprendone qualche legno, dar subito il segno a queste, e difenderle mentre fuggono, e, quando sieno messe in salvo, potrà allora impegnarsi a offendere ... "TITOLO XIV

II - Ogni Feluca, al prutire, dovrà essere provvista di due spingardi, ed almeno quattro fucili, con proporzionata munizione di palle, e polvere, per servire in occasione di difesa: e tal provvisione dovrà manifestarsi a' Consoli per mezzo della visita, che ne faranno gratis prima che la Feluca parta ... "<1 5.

Nonostante però le scorte, il coraggio e l'armamento ancora nei primi anni dell"800 i pescatori di corallo di Torre del Greco dovettero registrare infiniti drammi personali ed allucinanti tragedie, ad opera dei soliti corsari. L'oro rosso aveva sempre più il colore del sangue!

I drammi dei corallari Ecco infatti nelle successive suppliche, estratty tra le centinaia analoghe conservate nell'Archivio di Stato dì Napoli, alcune che documentano come alle spalle della lucrosa attività, si concretizzava un mondo di sofferenze e di drammi di tante famiglie e di tanti pescatori, le prime orbate del sostegno economico, oltre che dell'affetto dei propri uomini, i secondi ridotti a vili bestie da soma! Ogni commento sembra al riguardo inutile essendo, come accennato, le missive eloquentissime già cli per sé: "S.R.M. Signore Gli Individui così Ecclesiastici, come Secolari della Torre del Greco con umili suppliche espongono a V. M. qualmente altre volte essendosj ricorso al Real Trono per il solievo degl'Infelici Ton-esi Corallari, che l'anno scorso furono predati in Bona d' Algieri con Passaporti francesi una con loro Barche e Coralli, ed essendosi esposto lo stato miserabile, e lo giogo di dura servitù sotto di cui gemono in Algieri travagliando, e languendo per la fame; la V. M. sensibilissima al loro infortunio ordinò al Commissario Generale Francese in Algieri, che nori solo avesse prestato loro ogni soccorso , ma ancora l' avesse forniti di viveri, come in fatti gl'Jnfelici hanno ricevuto dal d.o Commissru"io per lo spazio di quattro mesi circa di viveri, ma poi tutto in un punto gli sono stati sospesi i d.i viveri, per cui muoiono per la fame senza trovare fra que' Barberi Algerini, chi li solleva, onde fin da là mandano a supplicare insieme co' i sotti Individui V. M. acciò usando sempre più la Compassione verso di essi ordina al Commissario in Algieri, che seguiti a soministrare loro i viveri, acciò si raddolciscano per quanto sia possibile le loro pene, e sicuri delle grazie speciali di V. M. l'avranno ut Deus. Vincenzo Romano Preposito Curato suppl. co come sopra...46 Michele canonico Pontillo.... "47

Il Codice Corallino è riportato in appendice all'opera di P.Balzano, più volte citata.li brano esposto è a p. 55. Vincenzo Romano è stato beatificato nel i 963. 41 A.S.N., Affari Esteri, F.5463.

45 •6


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fo d(f'esa delegata

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145. Torre del Greco: il porto, un tempo scalo delle <<coralline».

Da un altro documento: "S.R.M.

Le farniglie di sopra citati Padroni delle Felughe Coralline, detenute in Algìeri, della Comune del Reale Sito dj Torre del Greco con vive suppliche alla M. V. espongono, qualmenle dietro gli infiniti ringraziamenti alla M. V. dovuti per li benefici compartiti a quelli infelici con quotidiano sussidio, giusta l'assicurazione datagliene dal Ministro degli Affari esleri Sig. Mare. del Gallo, rinnovano le loro suppliche, acciò la M. V. voglia disporre gli ordini per la liberazione de' loro mariti e figli rispettivi da quella barbara Reggenza unitamente alle loro fel lughe e Coralli, frutto dei loro sudori. Di tanto alla M. V. ne suppl.no e sperano ottenere a singolar grazia.. " 48 .

Ancora una ennesima supplica degli abitanti della cittadina vesuviana, tra le tante conservate, per meglio evidenziare il lor dramma, peraltro frequentissimo: "I 8 ottobre I807 li Signor Martin, Direttore della Manifattura del Corallo nella Torre del Greco 1imette una leuera che un Marinaio di quel luogo, schiavo in AJgieri, dirigge alla sua famiglia per comunicarle l' onibilc miseria nella quale giace, per aver quel Console Francese sospeso il sussidio che somministrava ai Schiavi Napoletani. Prega quindi V. E. di metterlo in istato di calmare le afflizioni, che tale lettera ha sparso in quella popolazione. " 49 .

48 49

A.S.N., Affari esteri, F.5463. A.S.N., Affari esteri, F.5463.


! lavoratori del mare

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146

146. Castellammare di Stabia. Ultimi resti delle opere borboniche.

Ed ecco ancora l'eco di un altro drammatico caso di cattura collettiva di moltissimi pescatori dicorallo della medesima cittadina: "S.R.M.

Sire Li naturali della Torre del Greco prostrati al Sacro Trono di V. M. umilmente l'espongono, qualmente essendole nota la disgrazia de duecentoventi marinai scelta gioventù della sudd.a Torre, che fin da due anni in dietro, mentre facevano la loro pesca de Coralli co' passaporti francesi in Algieri di Barbaria furono da Corsari barbareschi di d.a Algieri di Barbaria arrestati e fatti schiavi dopo essere stati da med.mi spogliati della loro ricca pesca de Coralli sudore della fronte di d.i Infelici. Gemono colà li sud. i disgraziati privi di libertà sotto il duro giogo della schiavitù e quello che più ci affligge che non hanno li sud.i da quella Reggenza il necessario sostentamento, onde si danno in mille smanie e disperazioni, e Dio faccia che non disertano dalla Cattolica Religione. Languiscono qui le loro rispettive famiglie prive de loro Capi, languisce la Patria e piange per vedersi tolti barbaramente tanti amati figli. Getti dunque la V. M. un amoroso sguardo su quelli sventurati ed imponga a quella Barbara dinastia di lasciare in libertà tutti i sud.i che contro il diritto delle genti furono assassinati, tanto più che essendo noi figli di S. M. I. e R. speriamo quell'istessa grazia che hanno ricevuta li Corsi e Genovesi che sono stati dall'istesso infortunio liberati e se dovesse andare a lungo la liberazione de sud.i preghiamo umilmente la V. M. a dargli qualche sussidio di viveri, onde possono sostener la vita in quel penoso travaglio, e sicuri dell'Innata Bontà di V. M. l'averranno ut Deus. " 50

;

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Ma nella graduatoria dei lutti e delle afflizioni connesse alla pesca del corallo per i cittadini di Torre ciel Greco, l'acme fu toccato il 23 maggio 1816. Tra le barche intente alla pesca nelle acque prospicienti

so A.S.N., Affari Esteri, F.5463.


276

La difesa delegata

147

costa

148 147. Cannoni del fort.e di Castellammare. 148. Ricostruzione dell'affusto da costa.


I lavoratori del mare

277

Bona, infatti la maggioranza, oltre a quelle trapanesi erano della cittadina vesuviana. In una sosta del!' attività, durante uno scalo a terra, peraltro già regolamentato con i musulmani e debitamente e costosamente autorizzato, molti indigeni: "anni alle mani bruciarono tutti quei incontrati nonostante che si davano prigionieri, pur non di meno li spogliavano e li uccidevano... " 51•

Fu una strage di inaudite proporzioni che gettò nel lutto l'intera città senza contare il gran numero dei prigionieri. Proprio in quegli anni però si iniziò seriamente a parlare a Londra della abolizione definitiva delle schiavitù e di una spedizione punitiva contro Algeri. Ma occorse per la sospirata 'crociata' ancora oltre un decennio di sterili patteggiamenti e tentennamenti imbelli, finché la Francia non prese l'iniziativa militare. E come il generale Forteguerri aveva saggiamente previsto a suo tempo, la meritoria impresa sollevò una fortissima ostilità britannica. Quello che invece non aveva potuto prevedere era stato il varo nel 1818 dai cantieri navali di Castellammmare di Stabia della prima nave da guerra vapore delle Marina da Guerra Napoletana, e, per inciso, dell'Italia. La supremazia fin lì ostentata dal naviglio remico corsaro sui vascelli condizionati dal vento scompariva improvvisamente, consentendo crociere di perlustrazione in incessante movimento. L'epoca dei corsari cominciò a quel punto a tramontare definitivamente! Nonostante ciò la ritorsione francese contro Algeri fu lanciata nel 1830 ed a differenza delle previsioni dell'acuto alto ufficiale napoletano lo sbarco, grazie alla straordinaria preponderanza di forze riuscì completamente ed il covo dei corsari dovette irreversibilmente capitolare e scomparire dal Meditenaneo trascinando, nella sua eliminazione, anche le altre similari turpi reggenze nord-africane. Da quel momento la Difesa Delegata divenne una procedura eminentemente terrestre, per scomparire definitivamente con l'avvento e lo stabilizzarsi dell'Italia Unita.


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INDICI


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INDICE TOPONOMASTICO

Abbate Marco, 207 Abruzzo, 53, 88, 89, 91, 92, 108, 138 Adriatico, 84, 107, 140 Africa, 38, 48, 94, 118, 149, 263 Agri, 90 Agrigento, 191 Agropoli, 20 l Ajeta, .207 Albania, 90, 91, 107, 108, 109 Albidonia, 213 Alghero, 264, 265, 268, 270 Alessano, 216 Algeri, 140, 142, 229, 248, 249, 254, 272, 273, 274, 275, 276 Amalfi, 93, 106, 199, 264 Amantea, 208 Amendolara, 213 Andrano, 217 Andria, 90 Aniene, 29 Appennino, 87, 91 Arabia, 37 Ascea, 203 Asinara, 241 Atene, 44 Atessa, 123 Atrani, 199 Atri, 223 Avetrana, 215 Badulato, 211 Balcani, 149 Bagnara., 209 Barbagia, 23 Bari, 130, 138, 172, 176, 179, 219, 233, 245, 246 Barletta, 130,219 Basìlicata, 51, 88, 89, 138 Belvedere, 207 Benevento, 79, 93, 120, 121 Bianco, 210 Biferno, 12 Bisceglie, 130, 219 Bitonto, 219

Bona, 277 Bonati, 206 Bonifati, 208 Borgagna, 218 Bosa, 264, 270 Bosco, 146, 201 Boscoreale, 31 Bova, 210 Bovalino, 210 Brancaleone, 210 Bretagna, 63 Briatico, 209 Brindisi, 112, 130, 152, 170, 180, 218 Britannia, 38, 42, 70 Cagliari, 265 Calabria, 52, 53, 83, 88, 89, 91, 93, 94, 108, 138,223, 232,242 Calimera, 218 Cammarota, 204 Campania, 31, 51, 54, 88, 89 Campobasso, 121 Campo Marino, 222 Cannicchio, 203 Capaccio, 201 Capitanata, 125, 138 Capo d'Anzio, 166 Capo delle Saline, 241 Capo di Bona, 272 Capo Grosso, 203 Capo Lilibeo, 243 Capo Mannu, 241 Capo Negro, 272 Capo Rosa, 272 Capo S.Marco, 241 Cappadocia, 38 Capua, 93, 97, 120 Cariati, 213 Carini, 244 Caronia, 244 Carovigno, 152, 156, 219 Casalicchio, 203 Casalnuovo, 213, 215 Casaraccio, 241


La d(fesa delegata

282

Casarano, 2 16 Caserta, 192 Castellabate, 203 Castellammare del Golfo, 244 Castellammare di Stabia, 277 Castellanet.a, 214 Castelle, 212 Castel Vetere, 211 Castel Volturno, 195 Castiglia, l 05 Castiglione, 208 Castrignano, 216 Castro, 146 Catalogna, 90 Catanzaro, 212 Cava de' Tirrerù, 199 Ceprano, 120 Cerchiara, 213 Cerenzia, 94 Cerfignano, 217 Cerpignano, 218 Cetraro, 208 Chiaravalle, 101 Chieuti, 222 Cinisi, 244 Cirella, 207 Cirò, 212, 229 Cividale, 93 Civita S.Angelo,,, 222 Comarda, 214 Conversano, 179 Copertino, 215 Cordova, 27 Corigliano, 213 Corizza, 109 Corra, 241 Corsica, 91 , 263, 264 Cosenza, 94,229 Costantinopoli, 83, 84, 106, 107, 108 Cropani, 212 Crosia, 213 Crotone, 130, 212 Curiga, 209 Cusati, 206 Dacia, 38 Danone, contrada (Fg), 14 Danubio, 36, 38 Diamante, 207 Diso, 217

Eboli, 199 Egeo, .263 Egitto, 37 Eifel, 70 Erice, 243 Esquilino, .29 Europa, 45, 84, 92, 232 Fasano, 170, 180,219 Felline, 216 Fiumara di Muro, 209 Fiume Freddo, 208 Foggia, 12, 89, 105, 190 Fondi, 195 Francia, 121 Fuscaldo. , 208 Gaeta, 93, 195 Gagliano, 216 Galatone, 215 Gallia, 42, 70 Gallipoli, 130, 216, 223 Gerace, 210, 211 Germania, 38, 70, 96 Gianicolo, 29 Ginosa, 214 Gioiosa, 21 1 Giulia, 223 Giuliano, 216 Gizzaria, 208 Guardavalle, 211 Guardia, 208 Guglionise, 222 lesi, 95 Ionio, 140 Ischia. , 196 Isola, 212 Laurento, 34 Lazio, 265 Lecce, 152, 170, 218 Lentoscola, 204 Lesina, 220 Leverano, .215 Libia, 69 Liguria 91, 265 Livorno, 140 Lizzano, 214 Londra, 27, 277 Longobardi, 208


Indice toponomastico

Loseto, 177 Lucania, 53 Lucera, 102 Lunigiana, 91 Madrid, 122 Maida, 209 Maierata, 209 Maiori, 199 Manfredonia, 130,220,229 Maratea, 207 Marche, 95 Marciano, 216 Maritima, 217 Marsa el Kharez, 265 Maruggio, 215 Massa Lubrense, 142, 196 Matese, 24, 91 Mediterraneo, 42, 88, 106, 117, 140,223,265 Melendugno, 152, 218 Melissa, 212 Mesa, 38 Mesopotamia, 37 Milazzo, 182 Minervino, 217 Minori, 199 Mola di Gaeta, 195 Molfetta, 14,219,246 Molise, 88, 125, 138 Monopoli, 130,167,182,219,223,225,226 Montalbano, 214 Montebe11o, 21 O Montecorice, 201 Monteleone, 209 Monte Nuovo, 121 Monte Pagano, 223 Montepaone, 223 Monte S.Angelo, 220 Montesardo, 217 Montestarace, 21 1 Mosella, 70 Motta S.Giovanni, 210 Napoli, 90, 93, 104, 105, 110, 112, 118, 119, 120, 121, 123, 125, 131, 142, 149, 150, 232, 239,245, 246,250,265 Nardò, 166,190,215,223,225,226 Navarra, 142 Nicastro, 208 Nicotera, 209 Nocera, 208

283

Noja, 219 Noto, 244 Oristano, 241, 268 Ortodonico, 203 Ortona, 222 Ostuni, 219 Otranto, llO, 130, 138, 1.49, 150, 152, 156, 217, 223,233 Palermo, 95, 96,262 Palestina, 37 Palizzi, 210 Palmi, 209 Pannonia, 38 Pantelleria , 262 Parigi, 27 Paola , 208 Passo di Corvo, 13 Patu, 216 Pentadattilo, 210 Peschici, 220 Piazza Armerina, 45, 46 Piceno, 53, 54 Pieclimonte (Matese), 121 Pietropaula, 213 Piscìotta, 203, 262 Pisticci, 214 Po,92 Polignano, 223, 225 Polleca, 203 Pompei, 31, 46 Porto Torres, 241, 268 Positano, 146, 198 Pozzuoli, 191, l 96 Praiano, 198 Presicci, 216 Procida, 142 Prussia, 99 Puglia, 14, 52, 53, 54, 79, 83, 84, 86, 88, 89, 93 , 94, 102, 11 O, 120, 13 I, 149, 150, 163, 223, 232,234, 239, 241,246, Pulsano, 214 Pulzano, 217 Racale, 216 Ravello, 199 Raven na, 91 Reggio Calabria, 83, 21 O Reno, 36 Ricadi, 223


La difesa delegata

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Rocca di Mondragone, 195 Rocca Imperiale, 213 Roccella, .21 O Roma, 22, 29, 30, 33, 38, 44, 45, 54, 75, 91, 92 Romània, 24 Romania, 109 Rosarno, 209 Roseto, 2.1.3 Rossano, 213 Rotondella , 214 Rutigliano, 172 Salerno, 93, 142, 192, 199 Salice, 215 Salignano, 216 Salve, 216 Sambatello, 210 Sap.nio, 51, 53, 54, Sardegna, 20, 88, 91 , 106, 107, 112, 119, 120, 241, 263, 264, 265 Satriano, 211 Sauro, 90 Sava, 215 S.Caterina, 211 S.Giorgio, 214 S.Giovanni a Piro, 204 S.Lorenzo, 210 S.Marzano, 238 S.Maria di Leuca, 250 S.Mauro, 203 S.Nicandro, 220 S.Pietro in Galatina, 215 S.Pietro Vernatico, 218 S.Vito, 222 Scalea, 207 Scutari, 108 Seminara, 209 Senigallia, 230 Serra Capriola, 222 Serranova, 218 Sessa, 121, 195 Sicilia, 20, 83, 88, 93 , 102, 104, 105, 107, 108, 112, 119, 120, 140,167,241,242,264,265 Siderno, 21 O Sinari, 212 Siria, 37 Sona, 51 Sorrento, 142, 196 Spagna, 38, 70, 91 Sperlonga, 195 Squillace, 212 Squinzano, 218

Stalletti, 212 Stignano, 21 I Stilo, 211 Stintino, 241 Strongoli, 212 Suverato, 211 Tabarca, 264 Taranto, 130, 214 Tavoliere, 14, 87, 93 Tennini Imerese, 166 Termoli, 222,249 Terracina, 60 Terra di Lavoro, 121, 138 Tevere, 27, 38 Tirreno, 140 Torraca, 206 Torre del Greco, 196, 268,273, 274, 275 Torricella, 215 Tortoreto, 223 Toscana, 91 , 11 9, 265 Traetto, 195 Trani, 130, 248 Trapani, 106, 244, 268 Tre Case, 2 17 Tremiti, 248, 249 Trepuzzi, 218 Trigno, 12 Tripoli, 94, 140, 229, 254 Tropea, 209 Tunisi, 94, 140, 228, 229, 245, 246, 248, 254 Turino, 222 Tursi, 214 Ugento, 216 Umbria, 92 Valacchia, 107 Valona, 107, 110 Vandea, 63 Vasto, 222 Vaticano, 29 Veglie, 215 Vendicari, 243, 244, 245 Venezia, 112 Vesuvio, 268 Vettica, 198 Vico Equenze, 196 Vieste, 220, 228, 229 Viggiano, 217 Vitigliano, 217 Volturno, 122


INDICE DEGLI AUTORI CITATI

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Indice degli autori ciwti

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La difesa delegata

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INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI

l. a: Telese (Bn). Casale rurale foFtificato, XIX sec ..... . . ..... . .............. . . . pag. 10 b: Dettaglio delle garitte poste a difesa del portone .. ..... . ...... ........... . .. . " 10 2. Assonometria del villaggio di Mersin, Cilicia ................ ........... . .... . 11 3. Lucera (Fg). Aereofoto di un grandioso villaggio difeso da quattro fossati concentrici . 13 4. Contrada Danone (Fg). Villagggio difeso da un fossato . . ............... ........ . 15 5. Macomer (Nu). Resti del grande nuraghe Losa ... . . . . .. .. ............ . .... ... . " 17 6. Punta della Campanella (Na), a: ruderi villa di Pollione ........................ . " 21 b: accesso alla darsena ............. . . . ... . . . .... . 21 7. Altilia (Cb). Ruderi delle mura urbiche ....... . . . . . ........ . . . . . . . ...... . . .. . 22 8. Alife (Bn). Mura urbiche romane . . . . .... . . . . . . . ...... ........... . ..... .... . 23 " 9. Ricostruzione grafica archetipo villa romana ................................. . " 29 IOa. Pompei:Villa dei Misteri. 32 10b. T. Annunziata:villa di Poppea . . . . . ........ . . . . . ........ . . . . . . . . . ..... . .. .. . 11. Dislocazione delle legioni romane nel II secolo . . ............ ...... .'.... . ..... . 37 " 12. Schema di difesa elastica ................................................ . 39 " 13. Schema di difesa in profondità .................. .. ... .. . . ... ... . . . . . .... . . . 39 14. Faicchio (Bn). Antico pozzo con chiusura . . . . ............ . . . ..... . ... ....... . 42 15. Roma. Tratto delle mura aureliane ..... . . . . . .............. ................. . 43 16. Roma. Mura aureliane, porta S. Sebastiano ............................ .... . . . " 43 17. Piazza Armerina (En). Planimetria villa romana ....... .. . . . ......... . ...... . . . 45 18. Assonometria di villa romana aperta, ad U . . ............ . . . . . ....... . ...... .. . 46 19. Assonometria di vi.Ila romana quadrilatera, chiusa ............................. . 47 " ,, 20. a, b. Piazza Armerina, scene di caccia . . . . .................. ....... . ...... . . . 48 21. Evoluzione villa romana:pianta di Eliessem .................................. . 49 22. Evoluzione villa romana:a. Jublains;b. Mundelsheim ... . . . ............... ..... . 50 23. Ulteriore evoluzione villa romana:PfalzeJ ... ............................... . . 50 " 24. Raffigurazione assiro. babilonese ..... . .................................. . . . " 60 25. Arco e faretra tardo medievali. Museo Militare Bucarest . . . . ................ . . . . . 60 62 26. Falcione .............................................................. . 27. Roncola o roncone . . . . . . . . . . . .................. . ................ ... . . . . . " 63 28. Forcone. Museo Militare di Bucarest ..................................... . . . 63 29. Scure. Museo Militare di Bucarest . . . . . . .......... . . . . . ................ .... . 64 30. Mazza chiodata. Museo M ilitare di Bucarest .... . ... ... . ..... . ............... . 65 31. Mazzafrusto. Museo Militare di Bucarest. ........... . . . ........ ... ..... . . . . . . " 65 32. Ricostruzione grafica di un forte legionario .................................. . 68 33. Benevento, mura longobarde ..... . . . ............ . . . . . ........... .. ... .... . 76 34. Benevento:mura longobarde ... ... . ... ........ . . ... ................ .. ..... . 76 35. Faicchio (Bn). Criptoportico villa romana ....... . ........ ..... ... ....... . . . . . " 80 36. Capua (Ce). Castello delle Pietre . ... . ........ . ... . . . . . .................. . . . 96 37. Piante castelli federiciani:S. Felice a Cancello. Marano . . . . . .... . ...... ......... . 98 ,, 38. S. Felice a Cancello (Ce). Panoramica del castello ..... .......... . ...... . ..... . 98 39. Marana (Na). Scorcio di castel Belvedere ................. ................ . . . " 99 40. S. Felice a Cancello, torre mastra .......................................... . 100 4 1. S. Felice a Cancello, sezione assonometria torre mastra ... .... ... . .. . ..... ..... . 101


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La difesa delegata

43. Lucera (Fg). Dettaglio della Torre della Leonessa .......... ... ................ . 44. Costiera amalfitana (Sa). Torre Assiola ....... . . ............... ... ....... . . . . 45. "Cu le" rumene, piante e sezioni varie ... : ........................... .. ...... . 46. Otranto, scorcio delle fortificazioni . . . . . ....... ........... . . . . . . . . ... ...... . 47. Otranto dettaglio del bastione ................................. . . . . . . . ..... . 48. Napoli. Murazione aragonese torrione Gloria . ...... . ..... .......... . . . . . . . . . . 49. Napoli. Murazione aragonese:porta Capuana ..... ......... . . . ..... ..... ...... . 50. Pozzuoli (Na). Torre ciel Toledo ........... ............. .. . . . ......... ..... . 51. Trani (Ba). li castello normanno. svevo .. .. . . . . ..... .......... . . . . .......... . 52.. Bisceglie (Ba). Scorcio delle fortificazioni. .................................. . 53. Bari. Scorcio del castello ................................................ . 54. Monopoli (Ba). Scorcio delle mura rinascimentali ......................... .... . 55. Taranto. Il castello . ........ .... ........ . . . . .. ... ............ ........... . . 56. a, b: È voto santuario Madonna dell'Arco .. . . . ............. ...... ........... . 57. Napoli. Castel Nuovo in epoca borbonica ... ...... ... . ...... . . ....... . .. .... . 58. a, b)Sorrento (Na), Mura vicereali . . ........ .............. ... . . . . . . ........ . 59. Sorrento (Na). Dettaglio fortificazioni fronte a mare ......... .. ...... . . . ... . . .. . 60. Massalubrense (Na). Panoramica ......... ........ . . . ... .......... ... . . . . . . . 61. Marina di Cantone (Na). Spiaggia sbarco turco 1558 ........................... . 62. Sorrento (Na). Abitato visto dalla marina .. . . . . ........... .. . . . .......... .... . 63 . Sorrento (Na). Chiostro medievale di S. Francesco ................... . ... . .... . 64. Oristano. Torre Su Puttu . . . . . ... ........ ..... . . . . . . . ...... ......... . . .... . 65. Porto Torres (Ss). Torre di Abbacurrente ....... .. ........................... . 66. Fasano (Br). Masseria S. Domenico, secolo XVIII .. ............ ....... ....... . 67. Fasano (Br). Planimetrie masseria S. Domenico .......... .............. ...... . 68. Carovigno (Br). a, b) Torre di S. Sabina ............. ........ . ... .... . ....... . 69. Carovigno (Br). Planimetria torre S. Sabina .................................. . 70. Carovigno (Br). Sezione torre S. Sabina . . .... . . . . ......... .. ... ... . . . ... . ... . 71. Nardò (Le)},Torre S. Pietro in Bevagna ............ . . . . . ..... ........ . . . . . . . . 72. Nardò (Le). Palnimetria torre S. Pietro in Bevagna . .... . ..... . ...... ...... .... . 73 . Melendugno (Le). "Castello" ....................................... . . .... . 74. Castellabate (Sa). T01Te vicereale .......... . . . ........... ........ .......... . 75. Monopoli (Ba). Masseria Spina Piccola ......................... .. .......... . 76. Monopoli (Ba). Masseria Spina Piccola, dettaglio scala .................. .... .. . 77 . Termoli (Cb ). Castello medievale . . . . . . . . ........ ............ ... . ....... ... . 78. Agro poi i (Sa). Dettaglio masseria fortficata ...... . . . ... .............. ........ . 79. a, b: Feritoie archibugere in un casale fortificato .............................. . 80. Ulteriore esempio ..... ................ ....... .......... . . . ............. . 81 . Termini Imerese. Torre Colonna ............................... . . . . . ..... .. . 82. Monopoli (Ba). Masseria Spina Grande .......... . . . ... .. . ....... . . . . . . . . . . . . 83. Nardò (Le) . Masseria Giudice Giorgio ......... .. . . . . . . . . . . . ..... ..... .... . . . 84. Nardò (Le). Masseria Giudice Giorgio . . . ...... ........ .. . . . . . ......... ..... . 85. Nardò (Le). Masseria Giudice Giorgio, planimetria ................... . ..... ... . 86. Donnalucata (Rg). Casa fortificata .......... . . .............. ....... . . . . .... . 87. Fasano (Br). Masseria Lamacupa ........ ...... ...... . ........ ......... . . .. . 88. Fasano (Br). Masseria Lamacupa, planimetrie .... ......... .............. ..... . 89. Rutigliano (Ba). Masseria Panicelli ....................... . ................ . 90. Rutigliano (Ba). Masseria Panicelli, planimetrie ............ . ................. . 91. Rutigliano (Ba). Mas. Panicelli, prospetto laterale ............. . ... .......... .. . 92. Rutigliano (Ba). Mas, Panicelli scorcio d'angolo .... .... ...... . ... . . . ... ...... . 93 . Rutigliano (Ba). Mas. Panicelli, prospetto frontale . . . . . ........... .. . . . . . . . . . . .

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Indice delle illustrazioni

291

93. 94. 95. 96. 97. 98. 99. 100. HH. 102. 103. 104. 105. 106. 107. 108. 109. 110. 111. 112. 113. 114. 115. 116. 117. 118. 119. 120. 121. 122. 123. 124. 125. 126. 127. 128. 129. 130. 131. 132. 133. 134. 135. 136. 137. 138. 139. 140. 141. 142. 143.

175 177 178 179 180 181 183 184 185 186 187 187 188 188 189 190 191 191 193 193 193 193 194 197 197 198 200

Rutigliano (Ba). Mas. Panicelli, prospetto frontale ............................ . Loseto (Ba). Masseria Don Cataldo ..... ........ ........................... . Loseto (Ba). Mas. Don Cataldo, planimetrie ............................. . ... . Loseto (Ba). Mas. Don Cataldo, scorcio laterale . . . ........ . . . . . . . ... . .... . . . . . Conversano (Ba). Masseria Marchione ...................................... . Conversano (Ba). Masseria Marchione, planimetrie .......................... . . Fasano (Br). Masseria Pettolecchia, planimetria ......... ........ ... . . . . ...... . Fasano (Br). Masseria Pettolecchia, veduta laterale ............................ . Spadafora (Me). Planimetria del palazzo omonimo ............................ . Spadafora (Me). Scorcio ciel palazzo. castello ................................ . Fasano (Br). Masseria Pettolecchia, muro di cinta ................ . . ...... .. ... . Fasano (Br). Masseria Pettolecchia, piombatoia ingresso . . ................ . . . .. . Fasano (Br). Masseria Pettolecchia, vista posteriore ........................... . Fasano (Br). Masseria Pettolecchia, dettaglio caditoie . . . .......... . ............ . Fasano (Br). Massaria Pettolecchia, scorcio laterale ........................... . Fasano (Br). Masseria Pettolecchia, dettaglio parapetto ..... . . . ..... . ... . .... . .. . Agrigento. Torrione di Carlo V ............................ . ... . . . . . .... . . . . Pozzuoli (Na). Torrione a protezione del porticciolo ..................... ...... . Napoli. Torre Ranieri ....... . . . . . ...................... ............ .... . . Portici (Na). Torre piazza S. Ciro . . . .......... . . . . . ........ . . . ... . . . ....... . Torre Annunziata (Na) ... ................... ..... .... ... . ... : . . ......... . Vico Equense (Na). Torre loc. Fornello ......... . . . ..................... .... . Conca dei Marini (Sa). Torretta privata .................................... . . Torre del Greco (Na). Torre di Bassano, 1563. 69 .... . . . ................ . ..... . Torre del Greco (Na). Torre Scassata, 1563. 69 ............................... . Conca dei Marini (Sa). Torre di Capo Conca, 1563. 69 ......................... . Cava dei Tirreni (Sa). Torre Crestarella, 1563. 69 ...... . . . ................ .... . Salerno. Torrione ......... ...... .................................... . . . . . Paestum (Sa). Torre Paestum . ........ ................ .. ........... .... ... . Camarota (Sa). Torre Muzza, 1563. 69 .... . . . ........................... .... . S. Giovanni a Piro (Sa). Torre Oliva, 1563. 69 . . . . . ........ . . . . . . . . . . . . . ...... . Vibonati (Sa). Torre Petrosa, 1563. 69 ...................................... . Torraca (Sa). Torre di Capobianco, 1563. 69 ................... . ............. . Vieste (Fg). Torre S. Felice, 1563. 69 ............. . . . ................ . ...... . Vieste (Fg). Scorcio della costa ............. ........ . .............. . . . .... . Carta riassuntiva masserie fortificate . ....... ........ . . . ... . . .............. . . Il mercato degli schiavi .......... : ....................................... . a, b: Maddaloni (Ce). Masseria "del Monte" ........... . . . ................ . .. . Vendicari (Sr). Torre e tonnara di Vendicari ... ............. . ..... . . . ........ . . Isole Tremiti. Panoramica delle fortificazioni ................................ . Isole Tremiti. Fortificazioni aragonesi ... . . . ..... . ...... . . . . . ..... . ... ... .. . . Isole tremitì. Panorama bastioni ........... . . . . ........ . . . . . . . . . . . . . ....... . Isole Tremiti. Dettagli impianto fortificazioni . ............................... . Idem ......... ........ ... . . . ........................... ... ... ........ . a, b: Petriero . . ...... ............ ......... . ... . .................. . ..... . È voto Santuario Madonna dell'Arco ....................................... . Ricostruzione grafica agguato corsaro .............. . . . ..................... . Bosa (Ar). Castello di Serravalle ......................................... . . a: Alghero:bastioni a mare, b: cannone ................ . ........... . ...... . . . Torre del greco (Na). Basilica di S. Croce ..... ......... ....... ............ . . . Bosa (ar). Il torrione aragonese ........ . ............... .................... .

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145. 146. 147. 148.

La difesa delegaw

ToJTe del Greco (Na). Il porto delle coralline ....... ........ . . . ... ........ .... . Castellammare di Stabia. Resti opere borboniche ..... . ... .... . . . ....... ...... . Castellammare di Stabia (Na). Cannoni borbonici ............ ... . . . . . ... .... . . . Ricostruzione affusto da costa ..... . . . . ........ ........... .. . . . . . . . . . . . ... .

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274 275 276 276


INDICE GENERALE

PREMESSA ....... .... ........ ... ............ ... ........ .... .... ........... ............... .......................... ............ ....... pag. Concetto di difesa delegata ...................................................................................................... Gli archetipi ............................................................................ ,.............................................. . Aspetti istituzionali ................................................................................................................. .

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PARTE PRIMA

PREMESSE ROMANE Il contesto storico ................................................................................................................... . La concezione difensiva elaborata nel III secolo ................................................................... . La trasformazione in chiave difensiva delle ville .................................................................... La proibizione dell' «usus equorum» ................. :.................................................................... . Osservazioni architeltoniche .................................................................................................. . Armi impiegate ........................................................................................................................ Fionda ... ................................................................................................................................... Mazzafionda ....................................................................................................... ..................... Arco ........................................................................................................................................ . Falcione ............... ................................................................................................................... . Forcone .................................................................................................................................... Scure ....................................................................................................................................... . Martello .............................................. ... ................................................................................. . Carreggiato ............................................................................................................................. . Militarizzazione dei rurali e ruralizzazione dei militari ........................................................ . Prernessa del castello feudale? ................................................... ............................................

27 36 45 51 55 59 59

60 61

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PARTE SECONDA

A RIDOSSO DELLA FRONTIERA MARITTIMA Interludio medievale ................................................. ............................................................... La frontiera marittima .. ....... .... ....... .... .... .... .... .... ... .... .... ... .... ........ .... ... .... .... ... .... .... .... .... .... .... . Le frontiere interne ..... .... ... .... .... ... .... .... .... ... ..... ....... .... ....... .... .... .... .... ....... .... ... .... .... .... ..... ... ... Evoluzione del concetto fino all'età moderna ... .......................... ............ ...................... ..... .....

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PARTE TERZA

ILAVORATORIDELLATERRA Il contesto geopolitico ............................................................................................................ . pag. ,, I viceré contro i predoni di terra e di mare .......................'...................................................... I.fuorilegge .............................................................................................................................. L'apparato niilitare ................................................................................................................. I predoni del nicire ............................... ,.. :.....................,.......................................................... Le masserie fort(ficate ............................................................................................................. Le caratteristiche architettoniche delle masserie fortificate ................................................... La logica anibientale ............................................................................................................... Lo schieramento globale ........................................................................................................ . Pennanenza del siste,na .................................. ....................................................................... . Evoluzione del sistema ........................................................................................................... . Resistenza di una torre-,nasseria ........................... ................................................................ .

117 118

120 126 140 149 158

190 194 226 230 233

PARTE QUARTA

I LAVORATORI DEL MARE I contesti lavorativi .................................................................................................................. L'estrazione del sale ................................................................................................................ Pescatori e marinai: gli indifesi per antonomasia .................................................................. L'oro rosso ............................................................................................................................... La pesca del corallo ................................................................................................................ La d(fesa delegata dei corallari .............................................................................................. I drammi dei corallari ............................................................................................................ .

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INDICI Indice toponomastico .............................................................................................................. Indice degli autori citati ........................................................................................................... Indice delle illustrazioni ....................................................................... ... ........ .... .... .... ........ .... Indice generale ........................................................................................................................

281 285

289 293




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