Gli internati militari italiani
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Solo negli ultimi due decenni la storiografia ha colmato una sua colpevole lacuna, fornendo una serie di volumi di saggi e finalmente un’opera complessiva, cui va il merito di aver ricostruito — mediante un accurato lavoro di scavo negli archivi —, non solo le vicende degli internati, ma anche l’atteggiamento delle autorità germaniche.6 Recentemente la stessa stampa di grande informazione si è interessata ai casi dei militari italiani lasciati senza ordini e comandi dopo l’8 settembre, in particolare soffermandosi sull’eroico comportamento dei vari reparti dell’esercito che rifiutarono di arrendersi ai tedeschi, e riconoscendo in tali episodi il vero inizio della Resistenza al nazifascismo. Ma non vi è dubbio che anche il reiterato rifiuto di passare nelle fila della Wehrmacht o della nuova Repubblica di Salò, espresso dalla stragrande maggioranza dei militari italiani catturati dai tedeschi, costituì un atto di esplicito rifiuto del regime e del patto di alleanza nazifascista.7 Crediamo quindi che all’interrogativo posto da un interlocutore a Giuntella quasi venticinque anni fa — “ha un senso un ulteriore studio sulla prigionia?”— debbasi oggi forse più che allora dare una risposta positiva. La valorizzazione di quella memoria assume oggi infatti un significato preciso, che comprende, e in una certa misura supera, quello del tardivo e doveroso recupero di 6 Il merito va ad un autore tedesco: il già cit. G. Schreiber, I militari internati nei campi di concentramento del Terzo Reich 1943-1945. Tra i volumi di saggi, oltre a quelli già cit. nella nota 2, si ricordano in particolare: A. Bendotti e altri (a cura di), Prigionieri in Germania. La memoria degli internati militari, Bergamo 1990; U. Dragoni, La scelta degli I.M.I. Militari italiani prigionieri in Germania (1943-1945), Firenze 1996. Per una bibliografia completa si rinvia, oltre a Schreiber, a G. Rochat-U. Dragoni, Bibliografia sull'internamento dei militari italiani in Germania (1943-1945), in U. Dragoni, La scelta degli I.M.I., cit., pp. 415-54. Per un'analisi acuta dell'esperienza degli IMI si rinvia a G. Rochat, Prigionia di guerra, cit., pp. 314-55; Id., Memorialistica, cit., pp. 23-69; Id., La società dei lager, cit., pp. 128-138. 7 È stato soprattutto di Pirani il merito di aver ricordato le vicende della lotta eroica dei militari italiani contro i tedeschi sia nelle isole greche di Cefalonia, Lero e Corfù, sia negli altri luoghi di occupazione e della stessa penisola. Ed è stato sempre Pirani a richiamare alla memoria pubblica anche l'esperienza degli IMI, sottolineandone il carattere di tenuta morale e di fedeltà alla patria: a quella patria della quale invece la storiografia revisionista ha sostenuto che si fosse verificata, dopo l'8 settembre, la "morte". Ed è strano che quella storiografia abbia trascurato le vicende vissute dai militari dell'esercito italiano: forse, suggerisce Pirani, perché esse avevano scarsa rilevanza nella polemica sulle "colpe" del comunismo. Cfr. M. Pirani, Cefalonia. Una strage dimenticata da tutti, "La Repubblica", 15.9.1999; Id., Quando cominciò la Resistenza?, ibid., 27.9.1999; Id., La Resistenza. Storia da riscrivere, ibid., 11.10.1999; Id., Non tutti a casa quell'8 settembre, ibid., 25.10.1999. V. Cerami ha costruito un breve racconto sulle vicende della radio clandestina "Caterina", che alcuni prigionieri riuscirono a far funzionare segretamente nel campo di Sandbostel: V. Cerami, Radio Londra, ibid., 10.10.1999.