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Grecia, Isole Ionie e Creta

Il piccolo distaccamento di Santi Quaranta lasciò il posto ripiegando in parte a Brindisi e, in parte, a Corfù. Alcuni marinai, rimasti isolati o a piccoli gruppi, presero parte alla Resistenza organizzata sia in Iugoslavia sia in Albania, combattendo nei reparti dell’Esercito italiano inquadrati nelle unità partigiane iugoslave (divisione Garibaldi)(56) e albanesi (Comando truppe italiane della montagna, battaglione Antonio Gramsci) sia direttamente nei reparti partigiani iugoslavi, albanesi e greci. Qualcuno riuscì anche a condurre una resistenza attiva per proprio conto. Fra questi vanno annoverati anche coloro che, caduti in un primo tempo prigionieri dei tedeschi, furono successivamente liberati dai partigiani oppure riuscirono a fuggire (dai campi di prigionia, durante i trasferimenti o mentre impiegati nel lavoro coatto). Molti dei liberati dalle forze iugoslave furono peraltro costretti a continuare il lavoro forzato venendo trattati, spesso, peggio che dai tedeschi, con condizioni che rasentarono la schiavitù e condussero anche alla morte per stenti o per sevizie.(57)

Grecia, Isole Ionie e Creta

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I marinai in Grecia seguirono le sorti dei reparti dell’Esercito là dislocati e per l’accordo intercorso, già la sera dell’8, fra il comandante dell’11a Armata italiana (generale Carlo Vecchiarelli)(58) e il generale tedesco Hubert Lanz, comandante

(56) Nella divisione Garibaldi, costituitasi il 28 novembre 1943, confluirono reparti delle divisioni Venezia e Taurinense, della Guardia di Finanza e singoli individui. Le vicende della divisione furono altamente drammatiche. Essa subì assassini e infoibamenti da parte degli iugoslavi, e fu da questi smembrata fino ad essere ridotta a sole quattro brigate di 1500 uomini ciascuna; il personale in esubero fu destinato a costituire 11 battaglioni di lavoratori con forza variante fra i 300 e i 500 uomini. Le perdite della divisione, nel corso della campagna di Iugoslavia, ammontarono a 2190 morti, 7931 feriti e 7291 dispersi. (57) Secondo lo Stato Maggiore della Marina, dagli inizi di ottobre 1943 a tutto il novembre 1944, dalla Balcania furono rimpatriati circa 9000 italiani (per il 90% militari). Nel dicembre 1943 fu effettuato un tentativo di stabilire un centro di raccolta, con ufficiali dell’Esercito (missione affidata al maggiore Branca, non riuscita per cause indipendenti dalla volontà della Marina). L’iniziativa non ebbe seguito. I partigiani tentarono, a volte, di impedire la partenza dei soldati italiani. Nel periodo dicembre 1943-ottobre 1944 la Marina effettuò 29 missioni sulle coste albanesi e greche, impiegando cacciatorpediniere, torpediniere, MAS, motosiluranti, VAS e motozattere, riuscendo a recuperare 1281 militari italiani. (58) Vecchiarelli condivise la sorte dei suoi uomini che, contrariamente all’accordo raggiunto, non furono rimpatriati ma finirono in campi di concentramento del Reich. Vecchiarelli fu internato a Schokken.

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del XXII corpo d’armata da montagna. Dopo un’iniziale resistenza intesa a impedire che i tedeschi si impossessassero delle navi, con qualche scontro e qualche morto,(59) i marinai dovettero lasciare i loro comandi e le loro navi ai tedeschi e furono allontanati, con la promessa di fare ritorno in Italia, in effetti per essere inviati nei campi di concentramento del Reich in Polonia e Germania. Le navi italiane dislocate al Pireo e a Creta costituirono il nucleo più consistente di unità italiane cadute in mano tedesca; esse furono impiegate nelle successive operazioni navali in Egeo, sia per la scorta sia per azioni di guerra, in parte con personale italiano rimasto volontariamente a bordo per aver aderito alle richieste tedesche.(60) La divisione Pinerolo (generale Adolfo Infante), dopo aver sostenuto aspri combattimenti con i tedeschi, nei quali ebbe gravi perdite, già poco dopo l’armistizio concluse un accordo con i partigiani greci, per combattere al loro fianco.(61) Il 23 ottobre 1943, a seguito di contrasti sorti nel campo greco, in particolare fra l’E.A.M. e l’E.L.A.S., circa 8000 militari italiani (appartenenti alla Pinerolo, ai reparti provenienti dall’Eubea, al presidio di Kimis e a altri reparti) furono costretti a cedere le armi ai greci e furono trasferiti in campi di concentramento greci (Kaspenision, Neraida, Gravenì, Missoluri, Duccicò, Laspi). Nei quattro mesi successivi, per malattia e per azioni condotte dai tedeschi, si lamentò la perdita di oltre 800 uomini.

(59) Combattimenti con interessamento di personale della Marina si ebbero ad Atene (2 morti), Corinto (1), Navarrino (2), Patrasso (2). (60) Come noto i tedeschi posero, a partire dall’11 settembre, le seguenti alternative al personale italiano: - arruolarsi nell’Esercito tedesco (in genere reparti ausiliari e SS) e continuare a combattere; - arruolarsi come lavoratori (in genere nell’Organizzazione Todt); - essere internati in campi di concentramento. (61) Operavano in Grecia: - L’E.A.M. (Ethnikos Apeleftherotikon Metopon) Fronte Popolare di Liberazione

Nazionale, costituito nel settembre 1941, da cinque partiti socialisti e dal Partito

Comunista Greco. Era il ramo politico della guerriglia greca organizzata. - L’E.L.A.S. (Ethnikos Laikos Apeleftherotikos Stratos, il cui capo era il generale Sarafis),

Esercito Nazionale Popolare di Liberazione (branca militare, fondata nel dicembre 1941, della precedente organizzazione partigiana); di tendenze repubblicane di sinistra. - L’E.D.E.S. (Ethnikos Dimokratikos Ellinikos Syndesmos), Lega Democratica Nazionale

Greca, del generale Napoleone Zervas, di tendenze monarchiche.

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Circa 20 000 militari italiani raggiunsero i reparti della Resistenza greca e si aggregarono ai partigiani. Altri 25 000 preferirono darsi alla macchia e cercarono di operare da soli spesso in condizioni di estrema precarietà essendo alla mercè dei greci sia per il vitto sia per eventuali delazioni, ricompensate dai tedeschi. Molti marinai che alloggiavano fuori delle caserme o erano lontani dalle navi nel momento dell’armistizio poterono allontanarsi; anche alcuni dei catturati riuscirono a fuggire dai camion e dai treni che li trasportavano verso l’internamento. A metà febbraio del 1944 cadde a Nauplia, nel Peloponneso, il tenente di porto Giovanni Castagna. Fra i casi più noti di marinai che presero parte alla Resistenza armata in Grecia vi è quello del tenente medico di Marina Giulio Venticinque che, imbarcato sulla nave ospedale Gradisca, all’atto della cattura si allontanò dalla nave per sottrarsi alla collaborazione e cercò di raggiungere il territorio nazionale libero, cosa che, però, non gli riuscì. Dopo essere stato a lungo alla macchia si unì a un reparto partigiano greco e operò con esso prestando soccorso ai numerosi feriti, pur sapendo che era stata posta una taglia per la sua cattura. In seguito a delazione venne fatto prigioniero dai tedeschi e sottoposto a maltrattamenti e sevizie alle quali resisté. Fu condannato a morte per impiccagione, che affrontò con sereno eroismo l’8 settembre 1944.(62) Nei dintorni di Atene combatté nelle file dell’E.L.A.S. il marinaio Salvatore Marsetti, che fu gravemente ferito in uno scontro con i tedeschi.

Il tenente medico di Marina Giulio Venticinque.

76 (62) Alla sua memoria fu decretata la Medaglia d’Oro al Valore Militare.

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