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L’offensiva finale contro la Linea Gotica (tardo inverno primavera 1945)

sua radio – e di Faenza (17 dicembre 1944). La 28a Brigata (3 battaglioni su 12 compagnie di circa 30 uomini l’una) continuò a combattere, operando nelle formazioni alleate della 8a Armata, e finì la guerra inquadrata nel gruppo di combattimento Cremona (generale Primieri).

L’offensiva finale contro la Linea Gotica (tardo inverno-primavera 1945)

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Approfittando della lunga sosta invernale, le forze armate alleate si riorganizzarono e si rinforzarono. L’apporto maggiore fu dato dall’entrata in linea dei Gruppi di Combattimento italiani, ormai completamente equipaggiati con armamento inglese e addestrati alle tattiche di combattimento alleate. Il maresciallo Alexander assunse la carica di comandante in capo del Mediterraeno, mentre il generale Clark divenne comandante del XV gruppo d’Armate. Anche i tedeschi effettuarono alcuni cambiamenti. Il 22 marzo 1945, il maresciallo Kesserling assunse il comando del fronte occidentale e, al suo posto, il generale Heinrich von Vietinghoff-Scheel fu designato al comando del Gruppo d’Armate C, che rappresentava ancora una forza consistente e ben addestrata comprendendo, fra l’altro le due divisioni paracadutisti (1ª e 4ª), di gran lunga le migliori divisioni rimaste al Reich.

Violenta fu la reazione nazi-fascista contro le azioni partigiane, e nei primi mesi del 1945 furono arrestati molti dei capi partigiani e molti membri del C.L.N.A.I., compreso Parri. Stessa sorte subirono l’operatore radio e uno degli agenti chiave della stazione Citron, che furono arrestati dalla SD. La radio non fu trovata e continuò a operare con un radiotelegrafista volontario reclutato da Boeri. Pesante fu il tributo di sangue pagato dai partigiani durante questo periodo e, fra questi, anche quello pagato dal personale già della Marina, specie in Liguria.

anche le istruzioni dell’Armata alle unità partigiane, ciò che consentì un ottimo coordinamento fra reparti militari e partigiani nella liberazione della città. La missione recuperò anche tre gruppi informativi O.S.S., tre aviatori alleati abbattuti e due soldati alleati fuggiti da un campo di concentramento.

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Il 20 gennaio 1945 cadde in combattimento, a Codolo di Pontremoli, il sergente nocchiere Antonino Siligato, Nino, tenente partigiano, comandante del reparto esploratori della Brigata Centocroci. Fu decorato di Medaglia d’Oro al Valore Militare alla memoria. Era di Mondovì e vi svolse la propria attività partigiana il giovane marinaio del reggimento Marina San Marco Gino Mellano. Entrato a metà 1944 nella resistenza armata, vi svolse vari compiti, fino a raggiungere il grado di sottotenente nella Brigata Volante della 5ª divisione Alpi Mondovì. Comandante del gruppo di fuoco che coprì l’attacco a una munita postazione difesa dalla Brigata Nera locale, fu ferito mortalmente decedendo, il 3 marzo 1945, nell’ospedale della città. Fu decorato di Medaglia d’Oro al Valore Militare alla memoria.

Nella prima quindicina di febbraio gli Alleati effettuarono quattordici operazioni di rifornimento aereo. Nelle ultime due settimane del mese, grazie alle favorevoli condizioni meteorologiche, furono effettuati 135 lanci di rifornimenti. Il 19 febbraio il capitano dell’O.S.S. Emilio Daddario assunse il nuovo incarico di rappresentante della Compagnia D a Lugano. Alla fine del mese di febbraio ben 29 missioni SI risultavano in contatto con la base. Nello stesso periodo fu chiusa la stazione O.S.S. di Brindisi e il personale si trasferì a Siena. L’unità OG (tenente colonnello George A. Stapleton) ricevette la nuova designazione di Compagnia A del 2677° battaglione da ricognizione. Il 5 marzo entrò in funzione radio Montreal (originalmente infiltrata via mare come missione Locust, ma che aveva perso la sua radio e operava sotto Boeri).

Dalla Liguria giunse Cippi con la radio Locust, che fu sistemata sulle Alpi bergamasche.(144) Boeri trasmetteva, da Milano, anche i messaggi che Max Salvadori, agente del SOE a Milano, indirizzava alla N° 1SF.

(144) Dopo ventotto giorni i due operatori della Locust, Gianni Bono e Aldo Campanella, furono feriti gravemente e catturati dalle Brigate Nere di Bergamo. La radio, completa di quarzi, piani di frequenza e archivi, fu catturata. I due operatori furono portati a valle, torturati e giustiziati.

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Dopo lunghe schermaglie che si svolsero per tutti i mesi di febbraio e marzo, per saggiare le capacità di reazione e la consistenza delle difese tedesche, agli inizi di aprile scattò l’offensiva alleata vera e propria, affidata, come in precedenza, alle unità della 5a Armata, ora comandata dal generale Lucian K. Truscott (già comandante della 3a divisione di fanteria e, successivamente, del VI Corpo d’Armata, ad Anzio e nella Francia meridionale), che aveva sostituito Clark, a sua volta destinato, dal 16 dicembre 1944, al comando del XV Gruppo di Armate, al posto di Alexander. Mentre i tedeschi manovravano velocemente le loro riserve studiando attentamente le mosse alleate lungo lo scacchiere adriatico, il 5 aprile le forze dello scacchiere tirrenico passarono all’attacco nella zona delle Apuane. Questa volta l’appoggio delle forze aeree alleate fu efficace e continuo. Anche le unità partigiane attaccarono, ben coordinate dalle missioni speciali a loro assegnate e dalle missioni partigiane inviate, a loro volta, presso i reparti alleati operanti nell’area. L’8 aprile i reparti partigiani della divisione Apuania (Dante Isoppi) liberarono Carrara. Nello stesso giorno rimase ucciso dallo scoppio delle mine che stava piazzando sotto il ponte di Graveglia, per ostacolare la ritirata delle truppe tedesche, il fuochista Nino Riccardi di Vezzano Ligure, comandante di plotone del battaglione Vanni della Brigata Garibaldi Gramsci. Fu decorato di Medaglia d’Oro al Valore Militare alla memoria. Rimasto cieco, a ventun anni, per lo scoppio di una mina, ebbe la massima ricompensa al Valore Militare, vivente, il cannoniere armaiolo Luigi Dal Pont, in precedenza comandante del battaglione Spirito, che aveva già portato a termine audaci gesta guadagnandosi rinomanza di eroico combattente. È morto nel 1985. Il 9 aprile le unità dell’8a Armata (generale sir Richard McCreery) attaccarono sul fronte adriatico sfondando la Linea Gengis Khan, tenuta dalla 10a Armata tedesca (generale Ioachim Lemelsen) e, guidate da reparti di commando britannici operanti assieme agli NP italiani, riuscirono a passare attraverso le paludi di Comacchio. L’azione a tenaglia delle due Armate alleate fu centrata su Bologna, che il 21 aprile fu liberata.

Nonostante il 31 marzo Boeri fosse stato arrestato, da Milano radio Joliett (la nuova radio Salem) si mantenne in contatto continuo con Roma, trasmettendo il suo 600° messaggio.

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Il fronte tedesco cedeva, ormai, da tutte le parti. Le truppe alleate raggiunsero, in breve, il Po, che fu superato di slancio, anche perché le truppe tedesche, consapevoli della disperata situazione militare, sia sul fronte italiano sia sugli altri fronti, più che a combattere pensavano a cercare di raggiungere rapidamente i passi alpini e il proprio territorio nazionale. Il 25 aprile iniziava l’insurrezione nelle città del Nord Italia proclamata dal C.L.N.A.I. Rapidamente i reparti alleati superarono l’Appennino procedendo lungo le coste liguri, liberando La Spezia e congiungendosi ai partigiani che avevano liberato Genova ottenendo la resa delle forze tedesche del generale Günther Meinhold (26 aprile), contribuendo indirettamente a ridurre le possibilità di difesa tedesche a Milano e Torino. Il 26 aprile i reparti partigiani attaccarono Torino, che fu liberata, dopo cruenta lotta, il 28 aprile.

L’ultima Medaglia d’Oro al Valore Militare alla memoria a personale della Marina fu concessa al marò autista Augusto Bazzino, caduto nel combattimento per la liberazione di Savona; dopo lunga militanza nella Brigata d’assalto Savona, era diventato capitano comandante di una Brigata.

Uomini della Marina furono fra i protagonisti anche degli ultimi avvenimenti in Lombardia. Il maggiore Ferrari prese parte alle trattative condotte, con la collaborazione degli Alleati, fra il C.L.N.A.I. e i tedeschi; Ferrari si recò clandestinamente a Milano per controllare l’attendibilità delle assicurazioni tedesche in merito alla rinuncia ad attuare il piano di distruzione previsto per l’alta Italia e, quindi, alla possibilità di accettare integralmente le condizioni di resa offerte dagli Alleati. Prima che Bologna cadesse riuscì a ottenere, dal comando dello SD di Milano, due salvacondotti in bianco che avrebbero consentito a due “osservatori” dell’alto comando alleato di circolare liberamente, sotto la tutela dello SD, nelle zone ancora occupate dai nazisti;

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Ferrari portò personalmente in Svizzera i due documenti, che vennero consegnati all’O.S.S. il 18 aprile 1945 a Lugano.(145)

Il comandante Dessy, in imminenza della cessazione delle ostilità, si portò nella zona di Como, la più importante della Lombardia, perché in tale aerea, diretti verso la Svizzera e la Valtellina, affluivano i gerarchi fascisti, le Brigate Nere e i tedeschi in ripiegamento. Dessy diresse gran parte delle operazioni che condussero alla liberazione di Como e trattò la resa di grosse formazioni tedesche e italiane. Ebbe anche mandato, dal Comitato di Liberazione Nazionale di Como, di trattare la resa di Mussolini, allontanatosi da Milano, come visto, la sera del 25 aprile, diretto a Como, ma tale incarico non riuscì perché Dessy fu raggirato dal colonnello Valerio che, giunto a Como da Milano con ordini del C.L.N.A.I., provvide a far arrestare, per alcune ore, Dessy, nonostante le credenziali del C.L.N. e dell’O.S.S. di cui questi disponeva.(146) Come già detto, i tentativi di impadronirsi di Mussolini attuati dall’O.S.S. fallirono, forse per intervento dei Servizi Segreti britannici, che non vedevano di buon occhio la cattura di Mussolini “vivo” ed erano particolarmente interessati alle voluminose borse di importanti documenti che l’ex dittatore portava con sé.(147)

La Marina fu anche protagonista nella liberazione di Venezia. Il 28 aprile il Gruppo Marina, che faceva capo al contrammiraglio Franco Zannoni, appartenente al Comitato Centrale Militare, alle dipendenze del C.L.N., entrò in azione sin dall’alba in concorso con le squadre dei gruppi dei partiti inquadrate per sestiere, riunite sotto il comando del capitano di corvetta Carlo

(145) Probabilmente il capitano dell’O.S.S. Emilio Daddario sfruttò, per la sua missione, uno dei due documenti. (146) Per la sua attività nella Resistenza il comandante Dessy fu insignito della Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia e decorato di Medaglia d’Argento al Valore Militare. (147) Nella vicenda degli archivi di Mussolini compare la figura dell’ufficiale del C.R.E.M. Aristide Tabasso, agente segreto della R. Marina e poi degli Alleati, morto negli anni Cinquanta dello scorso secolo. Il 6 giugno del 1945 egli riuscì a impossessarsi di 40 kg di documenti, dei quali redasse una dettagliata descrizione e che consegnò, in copia, a Umberto II a Cascais.

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Zanchi. Furono occupate le caserme San Daniele e Sanguinetti, l’ex comando della Marina Repubblicana, vari uffici distaccati, il circolo ufficiali, i Cantieri A.C.N.I.L. e Celli, il Magazzino viveri di San Biagio. Il Gruppo attaccò a mano armata l’Arsenale, disperdendo con il fuoco delle armi gli ultimi residui centri di resistenza del forte reparto della Marina tedesca che aveva protetto la fuga del comando tedesco dell’Arsenale. Fu lanciato un ultimatum che prevedeva che i tedeschi lasciassero l’Arsenale entro le 16, senza attuare il piano distruttivo previsto e senza far saltare la polveriera della Certosa. Poco prima dell’ora di scadenza fu alzata la bandiera nazionale sui pennoni delle torri e il capitano di vascello Rosario Viola, per delega del C.L.N., assunse il comando temporaneo dell’Arsenale, nominando il colonnello delle Armi Navali Alberto Gerundo direttore di Marinarmi e il tenente colonnello del Genio Navale Alfio Denaro, direttore di Maricost. La tempestiva azione del Gruppo Marina consentì di salvaguardare molte delle opere della Marina; l’Arsenale, in particolare i macchinari e i bacini, aveva già subito notevoli danni a opera dei tedeschi. Gli oltre trecento uomini della X MAS, con i loro ufficiali e l’armamento al completo, si asserragliarono nella caserma Sant’Elena; dovettero essere condotte lunghe trattative poiché essi richiedevano salvacondotti che li mettessero al sicuro dall’azione dei partigiani; cosa che il C.L.N. non voleva dare. Fu necessario un ultimatum dato il 29 per arrivare alla resa, che si svolse il 30, in concomitanza con l’arrivo dei reparti dell’Esercito regolare, dei commando alleati e degli NP della Marina. Grazie all’arrivo dei commando il Gruppo Marina di Lido poté procedere all’occupazione delle principali batterie, che fino ad allora avevano minacciato di aprire il fuoco sulla città, al disarmo del personale della Difesa e alla cattura dei numerosi mezzi della Marina Repubblicana, compresa una motosilurante.(148)

(148) Il Gruppo Marina era così formato: - contrammiraglio Franco Zannoni; capitano di vascello Rosario Viola, colonnelli delle

Armi Navali Alberto Gerundo e Alessandro Arcangeli; capitani di fregata Giuseppe

Altoviti e Augusto Della Posta, tenenti colonnelli del Genio Navale Alfio Denaro ed

Ernesto Trenchi; delle Armi Navali Guido Bertolazzi, commissario Alberto Zolli; capitani di corvetta Carlo Zanchi e Pasquale Terra, maggiori del Genio Navale

Alessandro e Aurelio Molesini Tucciarone, d.m. Pietro Bonacini; tenenti di vascello

Angelo Pazzana, Antonio March, Mario Tromba, Ulisse Mustaccioli; capitani del Genio

Navale Vito Antonio Gleijeses e Antonio Marceglia; capitani commissari Demetrio Corsi e Luigi Di Virgilio; capitano medico Flavio Panfili; capitani del C.R.E.M. Gioacchino

Imperato e Giuseppe Pignatti; sottotenenti di vascello Lino Montesanto, Carlo Egizio

Griffon, Luigi Amari; tenente del Genio Navale d.m. Ermenegildo Poli; tenente del

C.R.E.M. Salvatore Grienti; guardiamarina Ferdinando Colussi e Carlo Donatelli;

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Nelle file della Resistenza i gradi venivano assegnati, in genere, per consenso; ciò non toglie che una eventuale precedente esperienza militare contasse. Ci fu anche chi, per scelta, preferì non dare peso alla propria posizione e al proprio stato e partecipò alla lotta come semplice partigiano; è questo il caso dell’ammiraglio di squadra Alberto Marenco di Moriondo, padre del sottotenente di vascello, decorato di Medaglia d’Oro al Valore Militare alla memoria, caduto sul sommergibile Glauco. L’ammiraglio, nonostante la non più giovane età, senza comunicare a nessuno il proprio grado, prese parte alla lotta armata, nelle formazioni autonome di Mauri, dal giugno 1944 fino al termine delle ostilità, adattandosi a svolgere i più semplici servizi; nell’inverno 1944-1945, assunse l’incarico di giudice supremo delle brigate Mauri, che per controllare e reprimere i crimini nelle zone dove operava applicavano il codice militare di guerra.

A seguito di un accordo firmato a Caserta, a mezzogiorno (ora di Greenwich) del 2 maggio 1945, cessarono le operazioni in Italia. Il 4 maggio il generale Clark ricevette a Firenze, nel suo comando, posto nel Parco delle Cascine, il generale Fridolin von Singer und Etterlin, in rappresentanza del Comando in capo Sud-Ovest, che firmò la resa incondizionata delle truppe del Gruppo d’Armate C. Ufficialmente la campagna d’Italia era finita. In effetti operazioni e combattimenti, contro reparti isolati, si protrassero fino a metà maggio.

sottotenente delle Armi Navali Giovanni Denaro; sottotenenti commissari Filadelfo

Caracciolo, Franco Messina e Natalino Di Napoli; aspiranti sottotenenti del Genio

Navale Remo Baldantoni e Antonio Maiocchi. - Sottufficiali: capi di 1ª classe: motorista navale Aramis Perini e Cloro Cuneo; radiotelegrafista Umberto Norrito, nocchieri Emanuele Militello e Gabriele Barghini; capi di 2ª classe: nocchiere Ugo Manzarini; motorista navale Gabriele Manca; infermiere

Sante Sibilla; capi di 3ª classe: nocchieri Torquato Falchini, Dante Pizzirani, Vito De

Giorgi, Angelo Vaglini, Gaetano Salzano, Alessandro Rinaldi, Virgilio Rigiroli; meccanici

Renato Vio e Antonio Monti; secondi capi armarolo Carmelo Chillari, I.E.F. Fernando

Calabrese; meccanico Di Virgilio; sergenti: aiutante Luigi Pedrali, elettricista Besanez

Gorup, nocchiere Egizio Candido.

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