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Estremo Oriente. Malesia e Indie Olandesi

Navali per essere smontati, studiati e, poi, demoliti. Probabilmente essi costituirono utili prototipi per la costruzione dei piccoli sommergibili successivamente messi in linea dalla Marina sovietica. Il personale della Marina rimasto in Romania, compresi alcuni provenienti dai campi di lavoro tedeschi man mano raggiunti dai sovietici, rientrò in Italia con lunghi viaggi, a volte con soggiorni in campi di concentramento russi, in scaglioni successivi. Ciccolo con l’ultimo giunse in Italia il 1° gennaio1946. Il comandante Torri rientrò nel maggio 1946.

Estremo Oriente Malesia e Indie Olandesi

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Le necessità belliche di materiali strategici non reperibili in Europa, quali lo stagno e il caucciù, spinsero le nazioni dell’Asse a ricorrere a nuovi mezzi di trasporto, quali i sommergibili; a tal fine l’Italia trasformò alcuni dei suoi battelli così detti oceanici, che effettuavano il trasporto per la Germania, alla quale apparteneva il carico. In Malesia era stata costituita una base sommergibili, dipendente da Betasom, per i battelli adibiti al trasporto di materiali strategici importanti fra Bordeaux e Singapore. Le basi di partenza, in Oriente, furono stabilite a Penang, sulla costa occidentale della penisola malese, presso la capitale, e a Sebang, piccola baia situata poco a settentrione della punta nord occidentale dell’isola di Sumatra, possedimento olandese catturato dai giapponesi all’inizio delle ostilità. Nell’ultimo tratto di navigazione, per la presenza di sommergibili nemici, i battelli in arrivo e in partenza vennero scortati da una nave di superficie; a tal fine la Marina italiana inviò da Shanghai la nave coloniale Eritrea (capitano di vascello Marino Iannucci). Per le necessità dei sommergibili vennero approntate una base logistica, un’officina, alloggi per il personale e altre sistemazioni per il rifornimento dei viveri e della nafta. La situazione nella zona si era modificata dopo il 25 luglio 1943, poiché i tedeschi avevano fatto interventi sui giapponesi mettendoli in guardia su una possibile defezione italiana, e il comportamento giapponese andò improntandosi a crescente diffidenza, così che le operazioni di riparazione e carico dei sommergibili italiani andarono sempre più a rilento. Il 12 luglio 1943 giunse a Singapore il sommergibile Comandante Cappellini (capitano di corvetta Walter Auconi), regolarmente scortato dall’Eritrea. Il 1° agosto giunse nella stessa base il sommergibile Giuliani (capitano di corvetta

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Mario Tei), sempre scortato dall’Eritrea. Il Cappellini imbarcò, tra crescenti difficoltà, il suo carico, e il 21 agosto, sempre con l’Eritrea, diresse per Sebang, dove stava giungendo un terzo sommergibile. I giapponesi cercarono di far rientrare le due navi italiane a Singapore ma esse proseguirono giungendo a Sebang il 24 agosto, dove, il giorno dopo, arrivò il Torelli (tenente di vascello Enrico Gropallo). Il 27, Eritrea e Torelli partirono per Singapore, dove giunsero il 1° settembre. L’8 settembre la situazione delle navi italiane era la seguente: - Eritrea in navigazione nello Stretto di Malacca, diretta a Sebang per scortare indietro il Cappellini, che i giapponesi rivolevano portare a Singapore; - Cappellini a Sebang; - Torelli affiancato alla banchina, scarico e senza nafta, con lavori di revisione in corso, a Keppel Harbour (Singapore), Giuliani pronto con carico completo, affiancato al Torelli. Il personale dei due sommergibili alloggiava a Pasir

Panjang, a circa 9 km di distanza dalla banchina. A bordo dei battelli vi era il solo personale di guardia (un ufficiale e due uomini). L’Eritrea, ricevuto l’ordine di Supermarina diretto al Comando navale in Estremo Oriente (... Unità navali dirigano per un porto neutrale o si autoaffondino ...), diresse verso la parte settentrionale di Sumatra; favorita dalle condizioni meteorologiche (vi erano frequenti piovaschi), la nave riuscì a eludere la caccia della navi giapponesi; nella notte fra il 10 e l’11 passò fra Sebang e le Isole Nicobare e, entrata nell’Oceano Indiano, giunse il mattino del 14 settembre a Colombo (Ceylon). I sommergibili, invece, nonostante le assicurazioni giapponesi che riconoscevano la “non belligeranza” dell’Italia e, quindi, avrebbero dovuto internare i battelli, furono praticamente catturati con l’inganno e con la forza dai giapponesi, che poi misero i battelli a disposizione dei tedeschi. Il Cappellini, scortato da un cacciatorpediniere, si trasferì a Selete nella parte settentrionale dell’isola di Singapore, giungendovi il 16 settembre. Già dal 12 erano cominciate le discussioni fra il personale italiano, confinato nei propri alloggiamenti; in particolare i sottufficiali e gli operai militarizzati non intendevano rimanere in mano ai giapponesi, dei quali temevano la reazione e conoscevano la brutalità, e intendevano a ogni costo e con ogni mezzo rientrare in Europa, non escludendo nemmeno l’arruolamento in reparti tedeschi.

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