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morti e otto feriti. Assieme alle bombe furono lanciati volantini che ingiungevano alle truppe di arrendersi. Ora la popolazione, spaventata dai danni subiti e sotto la minaccia di altri bombardamenti, spinse per l’accettazione delle condizioni di resa che, tra l’altro, imponevano di consegnare navi, armi e infrastrutture senza causare altri danni. Alle 16 il generale Gilardi accettò le condizioni di resa. Il 17, traghetti e motozattere tedesche, cariche di truppe, scortate dall’incrociatore ausiliario Magdeburg, da due torpediniere e da dragamine veloci, sbarcarono soldati a Portoferraio, Porto Longone, Marina di Campo, Golfo del Procchio e Golfo di Lacona, mentre un battaglione paracadutisti del generale Student, circa 500 uomini, effettuò un lancio a Schiopparello e San Giovanni, nel centro dell’isola. Nello stesso giorno le batterie della Marina e le navi militari presenti in porto, perché non in grado di allontanarsi, furono consegnate ai tedeschi. Data la presenza di molte migliaia di militari italiani, i tedeschi mantennero in carica i comandanti italiani con il compito di smaltire questa massa di uomini. Il 27 settembre cambiò il comandante tedesco, e gli ufficiali italiani furono arrestati e inviati in campo di concentramento in Germania assieme a buona parte dei marinai. Stranamente nessuno si ricordò del comandante Fedeli che, in borghese, assieme alla sua ordinanza, raggiunse con un’imbarcazione Piombino e procedette in treno per Arezzo, dove rimase fino alla liberazione della città.

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Per quanto riguarda la Marina, gli episodi principali di resistenza si ebbero a Roma, dove erano presenti numerosi ufficiali e marinai che prestavano servizio al ministero e nella varie centrali operative e radio. Il personale della Marina partecipò direttamente alla difesa della capitale, cercando di contrastare la cattura della centrale operativa e radio di Santa Rosa, sulla Cassia, e prendendo parte ai combattimenti contro i tedeschi lungo le vie consolari.

Santa Rosa era difesa da una compagnia del reggimento Marina San Marco, non in grado di resistere a un attacco di truppe motocorazzate, e il personale fu lasciato libero di raggiungere Roma. Qualche marinaio prese parte, a titolo individuale, alla lotta per la difesa della città. In particolare, durante i combattimenti del 9 settembre, aspri scontri si svolsero nella zona della Stazione Termini, con i tedeschi asserragliati negli alberghi della zona (Continentale, Roma e Casa del passeggero), dalle finestre dei quali sparavano con mitragliatrici verso la grande piazza della stazione ferroviaria. Durante gli

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scontri, due autoblindo scoperte dei Granatieri di Sardegna, ciascuna con otto militari a bordo, fra cui un marinaio, si portarono all’angolo fra la piazza e via Cernaia, fermandosi davanti al Caffè Giuliani. Gli uomini, discesi, si diressero verso l’albergo Continentale, ma dovettero gettarsi a terra, perché presi sotto il tiro di una mitragliatrice che sparava lunghe raffiche da una finestra del secondo piano. Il marinaio, individuata la fonte del fuoco e intravisti gli uomini che si affannavano attorno alla mitragliatrice, si alzò in piedi e sparò, con il fucile che aveva, una rapida successione di colpi contro la finestra, consentendo ad altri attaccanti, fra cui un tranviere, di avvicinarsi all’albergo e gettarvi alcune bombe a mano. A Roma, nelle giornate di lotta protrattesi per tre giorni, le Forze Armate ebbero 414 caduti e oltre 700 feriti;(30) caddero anche 159 civili e 27 furono feriti.(31) La Marina ebbe tre caduti. Il Ministero della Marina continuò a funzionare pienamente fino al mattino del 13, quando l’ammiraglio Sansonetti lasciò libero il personale. Il nucleo di Nuotatori Paracadutisti del reggimento Marina San Marco presente a Tarquinia, presso la Scuola di paracadutismo, si sciolse, nascondendo il proprio armamento. A Civitavecchia il comandante del Comando Marina, contrammiraglio Carlo De Bei, andò in breve licenza proprio il pomeriggio dell’8 settembre. Il mattino del 9 carri armati tedeschi penetrarono nel porto, impadronendosene. Vi furono catturate alcune VAS (302, 303) e Motozattere (724, 777, 795). A Gaeta, fin dalla sera dell’8 settembre, vi furono scontri a fuoco fra il personale delle navi in porto e militari tedeschi presenti sul posto che tentarono di impadronirsi delle navi presenti. In particolare, il comandante della corvetta Gabbiano, tenente di vascello Nilo Foresi, fu catturato assieme al direttore di macchina e a quello del tiro e a 24 uomini dell’equipaggio;(32) ma il sottotenente di vascello Osvaldo Perucca, gettati letteralmente a mare i tedeschi presenti a bordo della nave e sulla passerella, riuscì a mollare gli ormeggi e si allontanò, con a bordo tre feriti leggeri. Le corvette Pellicano e Gru e il sommergibile Axum mollarono gli ormeggi e si allontanarono prima dell’arrivo delle truppe tedesche. Anche le MS 55 e 64 lasciarono il porto dirette a Ponza e si unirono alla corvetta Gru, là giunta. La nave ospedale Toscana, in rada, partì la sera del 9, su ordine di Supermarina, per Palermo, da

(30) Secondo i dati del Ministero della Difesa i caduti furono 28 ufficiali, 22 sottufficiali, 35 graduati e 329 militari di truppa. (31) Secondo altre fonti i civili caduti furono 241, comprese 44 donne. (32) Cinque di questi riuscirono a sfuggire ai tedeschi e imbarcarono sul Gru.

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cui proseguì per Malta, e poi per Taranto. Durante la navigazione MaltaTaranto (16-18 settembre) fu attaccata da un aereo tedesco, che lanciò alcune bombe senza colpirla. La nave officina Quarnaro, ai lavori, fu catturata dai tedeschi e da loro affondata il 22 settembre all’imboccatura del porto. Il MAS 544 e la MS 71, ai lavori, furono catturati. La sera del 9 vennero consegnate le armi e gli uomini furono lasciati liberi di allontanarsi. Il mattino del 10, mentre erano in corso le operazioni di cessione del Comando Marina per la resa, giunse in porto, da Capri, un gruppo di sette motosiluranti della I Flottiglia motosiluranti, con a bordo della MS 54 il capitano di vascello Francesco Mimbelli, comandante del Gruppo Flottiglie MAS e Motosiluranti e, su altra unità, il capitano di fregata Alessandro Michelagnoli, comandate della II Flottiglia MAS.(33) Mimbelli aveva deciso di avvicinarsi a Roma per mettersi più facilmente in collegamento con i comandi della Marina, cosa difficile da effettuarsi da Capri. Il comandante del Comando Marina, capitano di fregata Mariano De Martino, riuscì ad avvertire Michelagnoli dell’occupazione tedesca. Mimbelli procedette con la MS 54 per Fiumicino, dove sbarcò e rinviò la motosilurante a Capri.(34) Michelagnoli raggiunse con le altre unità Ponza, e poi proseguì per Capri, dove giunse il pomeriggio del 10. In Campania azioni di resistenza armata che coinvolsero la Marina si ebbero a Napoli, investita dalle truppe del XIV corpo corazzato tedesco (generale Hans Valentin Hube). In città i tedeschi potevano disporre di reparti minori; fuori città operava la divisione corazzata tedesca SS della Luftwaffe Hermann Göring. Nel pomeriggio del 10 settembre, verso le 14, vi fu

(33) Alessandro Michelagnoli fu capo di stato maggiore della Marina dal 9.10.1965 al 9.9.1968. (34) Mimbelli, allo sbarco a Fiumicino, era accompagnato dal tenente di vascello Gino De Giorgi, che era con lui dal comando precedente in Mar Nero, e dal sottotenente di vascello Majno. I tre furono fermati dai paracadutisti tedeschi; il 12 furono portati al comando della divisione a Castel Porziano. Qui gli fu chiesto di aderire; rifiutarono. Come accadde per altri decorati di Croce di Ferro tedesca, furono lasciati liberi di proseguire per Roma. Il 13 De Giorgi giunse al ministero e prestò servizio, per una decina di giorni, nell’Ufficio di Gabinetto, alle dipendenze del capitano di vascello Giulio Cerrina Feroni. Dal 25 settembre passò alle dipendenze dell’Ufficio di Collegamento con la Regia Marina del Comando della Città Aperta, alle dipendenze del generale Chieli Meotti, dove rimase fino a circa metà ottobre, quando per non passare alle dipendenze della Repubblica Sociale chiese di essere dispensato. Partecipò, quindi, alla Resistenza a Roma nella Banda di Patrioti Filippo, comandata dal tenente chimico Rebecchi. Gino De Giorgi fu capo di stato maggiore della Marina dal 5 maggio 1973 al 31 luglio 1977.

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un’azione a fuoco nelle vicinanze del porto e della base navale, che si concretizzò, alle 15, con un attacco vero e proprio alla base, respinto con il fuoco delle armi e il lancio di bombe a mano da parte del personale dipendente, al quale si unì personale del Gruppo sommergibili e del plotone da sbarco del rimorchiatore Ciclope (tenente di vascello Lotti). Alle 17 tale plotone si spostò verso il Molo Foraneo per respingere un attacco tedesco da quel lato. Il mattino successivo i tedeschi, alle 9, presero possesso del Molo Foraneo. Alle 13 furono attaccate di nuovo la base navale e il Castel dell’Ovo, ove era la stazione radio; negli scontri morirono un sottufficiale e due legionari della DICAT. Fra le 17 e le 18:30 i tedeschi, provenendo dalla testata del Molo Foraneo, riuscirono a catturare la base navale. Il Ciclope si autoaffondò. Nello stesso giorno si era svolto un combattimento, con impiego di mitragliatrici e fucili mitragliatori, fra Carabinieri, cui si erano uniti alcuni marinai, e tedeschi davanti al palazzo dei telefoni, in via De Pretis. Alle 18, essendo venuta a cessare ogni resistenza organizzata di fronte alla forza crescente dei tedeschi, i vari comandi cominciarono a lasciare libero il personale dipendente. Quello della capitaneria di porto, circa 280 uomini, rimase in sede fino al mattino del 12, quando la capitaneria e il distaccamento (posto nel Palazzo del Genio Civile in via de Pretis) furono occupati da reparti armati tedeschi. Il personale della Marina rimase, tuttavia, ancora nella sede della capitaneria. Il pomeriggio del 12 i tedeschi, che avevano già asportato i viveri, le armi e tutto il materiale esistente, entrarono di nuovo con la forza nella sede del comando della capitaneria e prelevarono due marinai che poi, assieme a due Guardie di Finanza rastrellate nella caserma Zanzur, posta di fronte alla capitaneria, furono fucilati, uno ad uno, da un soldato tedesco armato di fucile mitragliatore, all’angolo del palazzo delle Corporazioni, per rappresaglia per l’uccisione di soldati tedeschi avvenuta in città nel corso della lotta.(35) Dal

(35) A Napoli caddero il fuochista Luigi Pessante, ferito gravemente e deceduto, all’ospedale della Pace, alle 9 del 9 settembre, il 10 il capo furiere di 1ª classe Fausto Royer, del comando in capo, e il sergente cannoniere Giuseppe Maenza. Il capitano di corvetta Salvatore Lubrano Lavadero, comandante in seconda della base, rimase ferito. Il 12 furono fucilati, per rappresaglia, due marinai catturati nella capitaneria di porto, Andrea Mansi e Luigi Cinque, e morì il fuochista Giovanni Attanasio. Lo stesso giorno, sui gradini dell’Università, fu fucilato, sempre per rappresaglia, il marinaio Bruno Zambrelli. Il 13 fu fucilato il marinaio fuochista Luigi Fucito. I cadaveri dei fucilati furono lasciati per giorni esposti sul posto. Fucito, Cinque e Mansi, all’atto dell’armistizio, erano destinati all’ospedale della Marina. L’altro personale prelevato dalla capitaneria fu portato, a piedi, ad Aversa e lasciato all’aperto senza acqua e senza mangiare. Il 13 fu fatta una selezione dei fermati, e quelli in possesso di documenti d’identità furono inviati alle proprie

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