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1.2.2 I Caprera (1392 – 1480

trattative e le successive nozze nel 1389 della figlia Costanza con il sovrano di Napoli Ladislao, nemico giurato della corona siciliana. Il Conte di Modica accresce sempre di più il suo potere con la conquista dell'isola delle Gerbe e l'investitura di Papa Urbano VI, che gli accorda l'assoluto possesso di tali isole.

Arrivato il 1390, il progetto di nozze tra la regina di Sicilia e Martino (detto il Giovane) si concretizza; questo non è accettato in alcun modo dal Chiaramonte (restato oramai l'ultima autorità nazionale superstite18) che nel 1391 riunisce a Castronovo l'aristocrazia siciliana con lo scopo di sovvertire il nuovo regnante; non riesce però a sopravvivere alla sua impresa, morendo nello stesso anno; gli subentra dunque il figlio Andrea, il quale si trova automaticamente a capo di questa difficile operazione. Il nuovo Conte si trova in una situazione difficile, stretto com'era da un lato dal Papa Bonifacio IX, il quale ritiene nullo il matrimonio tra Martino I e Maria in quanto cugini, senza aver ricevuto l'apposita dispensa (o meglio, avendola ricevuta dall'antipapa Clemente VII e non da un papa “legittimo”) e che non mancava di rivendicare l'antica soggezione della Sicilia alla chiesa di Roma; dall'altro dal Montblanc, che arma un poderoso esercito con il sostegno del condottiero Bernardo Caprera, e promettendo immunità e vantag gi a chi si sarebbe schierato dal suo lato. A poco a poco il Conte si trova da solo a portare avanti questa impresa; come ultimo ed estremo atto occupa Palermo, sostenuto dal clero e dal popolo della capitale, ma essendo senza più viveri, è costretto alla resa. Cerca di patteg giare, ma è arrestato, processato e decapitato nel 1392. Il Contado, però, rimane ben poco senza il suo conte (!), titolo che passa nello stesso anno a Bernardo Caprera, come premio per il suo ruolo determinante nella conquista della Sicilia.

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1.2.2 I Caprera (1392 – 1480)

Come già accennato, in virtù dei suoi meriti, il catalano Bernardo Caprera (o Cabrera) è investito della Contea di Modica nello stesso 1392, a distanza di pochi

18 I Vicari Altare d'Alagona e Francesco Ventimiglia erano venuti a mancare, ed a loro non erano successi figli di uguale spessore mentre il Vicario Nicolò Peralta pattuisce le nozze di suo figlio con la secondogenita del Conte di Modica, parteggiando dunque per quest'ultimo).

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giorni dalla decapitazione del Chiaramonte. Il contado, però, assume una conformazione ben diversa da quella del precedente titolato19, risultando essere molto più ampio: comprende non solo il nucleo originale di Modica, Scicli, Ragusa e Gulfi ma anche il castrum di Spaccaforno, il feudo di Comiso con castello, edifici e fortificazioni, il castello del Dirillo con fortezze e casali, la torre di Cammarana con foresta ed il pertinente territorio, il feudo di Cifali (detto poi testa dell'acqua) e Gomez (detto poi Iomiso); tutto ciò era nient'altro che la formalizzazione dell'egemonia della Contea che si era sviluppata tra il 1350-1390 20. Ma questo non è tutto: a ciò si ag giunge il diritto di esportare dallo scaro21 di Pozzallo 12.000 salme di grano alla grossa, ogni anno, esenti dall'imposta di dogana dovuta alla Corte del Real Patrimonio, comprensivo della facoltà di estrarre un quantitativo superiore a compensazione di un precedente anno in cui si fosse esportato una misura inferiore (così detto diritto di refezione). Diversamente dalla prassi siciliana, viene concesso anche tutto il perimetro costiero pertinente al contado (solitamente riser vato al demanio per la larghezza di “un tiro di balestra”). Al mero e misto imperio, già concesso nel 1361, esercitato tramite la Corte Giuratoria, la Corte Capitanale ed una Gran Corte, si aggiunge il massimo imperio con l'istituzione di una Corte delle appellazioni di I e II grado ed una corte arbitrale (privilegio negato alla stessa città di Palermo, e detenuto dal solo Arcivescovo di Monreale)22 . Inoltre, dulcis in fundo, la facoltà di riscuotere censi, affitti, diritto di laudemio per vendita di immobili, diritti angarici per impianti e ser vizi; d'imporre collette, di assegnare feudi, di concedere asilo ai malfattori salvo rei di lesa maestà ed ai falsari. Ecco che il contado poteva dunque dirsi Regnum in Regno.

Alle terre da poco annesse si ag giungono Giarratana nel 1395, Monterosso nel 1397 ed infine Biscari (og gi Acate) nel 1410. Oltre a tali privilegi feudali, il Caprera è chiamato a ricoprire cariche di massimo

19 Cfr. E.SIPIONE, I privilegi della Contea di Modica e le allegazioni di G.L. Barberi in «Archivio storico per la Sicilia orientale» LXII (1966), Fasc. II. 20 Cfr. G.BARONE (a cura di), Op. Cit. pp. 59-67. 21 Caricatore commerciale della città marinara di Pozzallo. Gli scari erano magazzini generali ante litteram, che permettevano la compravendita del frumento senza la materiale consegna della merce tramite una polizza sottoscritta dal venditore e diretta al governatore - magazziniere. 22 Cfr. G. MODICA SCALA, I Tribunali nella Contea di Modica in «Archivium Historicum

Mothycense» II (1996).

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rilievo, quale Ammiraglio del Regno, Giustiziere di Palermo e Gran Giustiziere dello Stato. In questo periodo il governo dell'Isola e del contado, però, è tutt'altro che facile: il nuovo sovrano (Martino il Giovane) si trova nel 1392 a fronteggiare signori ribelli, tra cui alcuni vassalli del Conte di Modica, i quali non gradiscono tanto il nuovo sovrano quanto lo stesso Caprera; nel sedare tali rivolte il Comites apporta un notevole sostegno militare al Re, che è premiato con gli incarichi sopracitati. Il Caprera non manca di far sentire il suo peso militare anche in una successiva rivolta nel 1397 di altri potenti signori, tra cui il Conte Moncada, Giustiziere del Regno; ed ancora nel 1408 invia una flotta a sostegno del sovrano in Sardegna, vincendo i nemici genovesi.

Morto Martino I di Sicilia (detto il Giovane), vi subentra il padre già Re di Aragona con il nome di Martino I (d'Aragona), poi II (di Sicilia, detto il Vecchio); quest'ultimo conferma quale sua vicaria la vedova Regina Bianca di Navarra, affiancata da un Consiglio di Stato, da cui il Caprera è però escluso.

Questo evento, così come l'esclusione dal godimento di alcuni legati che il defunto sovrano aveva distribuito tra i suoi fedelissimi, offende profondamente il Comites; nel frattempo essendo venuto a mancare l'anziano sovrano (1410), il Caprera coglie l'occasione per ritenere decaduta dal suo incarico di Vicaria la Regina Bianca, sostenendo la sua legittimità a governare lo stato quale Gran Giustiziere (sebbene, a rigor di logica, anche il suo incarico sarebbe dovuto decadere per le medesime ragioni...). Forma così un partito contrario alla Bella Navarrina contrastato da una corrente “legittimista” con a capo l'ammiraglio Sancio Lihori. Per porre fine a tale questione, in Taormina è riunito nel 1410 un parlamento con lo scopo trovare un marito, e dunque un nuovo sovrano, alla Bianca. Il Caprera non accetta l'orientamento del parlamento, ma prima di agire con la forza arriva a chiedere addirittura la mano della vedova la quale gli risponde negativamente con tono di sdegno (“Hui senex scabide!”, riporta il Solarino, citando Maurolico). Ella, non sentendosi più al sicuro nel castello Ursino di Catania (dove si trovava al momento della proposta), fugge da castello in castello per tutta la Sicilia, protetta dal partito legittimista, che si fa sempre più forte.

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Caprera non si rassegna, ed arriva ad assediare Palermo continuando la persecuzione della Regina ma nel 1412, tradito da un soldato, è catturato dal Lihori ed imprigionato a Motta S. Anastasia. La situazione è risolta con la nomina a Re di Sicilia di Ferdinando di Castiglia (detto il Giusto), il quale ordina la liberazione del Conte, lo reintegra nei suoi possedimenti (e conferendogli anche prestigiosi incarichi) ma lo condanna al pagamento di un ingente risarcimento a favore del Lihori e della Navarrina23 . Trascorre i suoi ultimi anni nella Contea, ma muore di peste in Catania nel 1423.

Al grande condottiero succede il figlio Bernardo Giovanni che però ottiene il possesso del contado solo dopo una lite con il fratello Raimondo, conclusasi nel 1424 tramite mediazione del principe Ferdinando d'Aragona, luogotenente del Regno del fratello Alfonso (detto il Magnanimo); l'accordo prevedeva il versamento a Raimondo di una somma pari a 45.000 fiorini e garantiti dalla cessione di Alcamo, Calatafimi e Mazzara nonché da altri beni appartenenti al fratello. Ad ulteriore garanzia si ha la cessione dei centri di Scicli, Giarratana e Spaccaforno, nei quali il Raimondo dimorerà, tenendole quale suo signore e padrone. Giovanni Bernardo prende possesso della Contea sicuramente in data successiva al 1431, essendo prima stato og getto di confisca per aver parteggiato per il Re di Castiglia; riottiene la fiducia del proprio sovrano per il notevole contributo militare nell'assedio di Napoli del 1437-38, grazie alla quale otterrà una nuova infeudazione del 1452, dopo una lunga e complessa lite giudiziaria. Alla base di tale controversia troviamo gli abusi perpetrati da Bernardo e continuati dal figlio a danno degli abitanti del contado e del demanio; i primi insorgono chiedendo addirittura l'annessione delle terre comitali al demanio, accusandolo nello specifico di aver alterato il privilegio del 1392, di aver usurpato diritti demaniali e di aver abusato dei propri. Invero il Caprera era già stato processato per accuse simili mosse dal Fisco; in tal sede la Regia Magna Curia nel 1445 accerta alcune illegittimità delle prerogative comitali del 1392, dichiarando alterato l'atto e condannandolo ad un risarcimento da versarsi al fisco di 60.000 ducati. Tutto ciò spinge il Caprera a supplicare il sovrano, il quale, pur essendo

23 Tale condanna ammontava a circa 20.000 fiorini, e per far fronte a tali spese è costretto a cedere in pegno Monterosso, Giarratana e Chiaramonte, riottenendoli qualche anno dopo. A ciò si aggiunge la perdita di Biscari, a seguito di una lite giudiziaria portata vanta da Antonio

Castello, il quale ne rivendica e ne ottiene il legittimo possesso.

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convinto degli abusi, rag giri e manomissioni di Bernardo e Giovanni (il quale non aveva nemmeno versato lo ius relevi), conferma nel 1451 tutti i privilegi leciti ed illeciti fino a quel momento goduti, sanando ogni abuso ma confermando la condanna a 60.000 ducati.24 Questa pronuncia andava dunque a confermare, una volta per tutte, il dominio dei Conti di Modica acquisito con la forza e con l'influenza delle cariche svolte. Per far fronte alla forte spesa, il Conte è altresì autorizzato all'alienazione dei propri domini (con diritto di riscattarle una volta trascorso il periodo di ristrettezza); nello specifico sono vendute Comiso, Giarratana, Spaccaforno, Chiaramonte, Dirillo e Monterosso. Chiaramonte e Dirillo sono riacquistate dopo qualche anno, mentre si dovrà attendere il 1508 per Monterosso; le altre terre sono vendute insieme allo ius ludendi, fuoriuscendo per sempre dai domini comitali25 .

Giovanni Bernardo muore nel 1466, e gli succedono velocemente il figlio omonimo (1466-1474) ed il nipote Giannotto (Giovanni II), che muore ancora minorenne nel 1478. Giovanna Ximenes, vedova di Giovanni I, riceve l'investitura per conto della figlia Anna, e si occuperà di provvedere al governo dei suoi domini e soprattutto di procurarle un buon matrimonio. Le proposte ovviamente non mancavano(!), essendo ella una giovine donna, avvenente ed ereditiera dello stato feudale più importante della Sicilia. Richieste della sua mano vengono da nobili di tutto il Regno e finanche da diverse parti della penisola; addirittura il vecchio Re Giovanni di Castiglia fa la sua proposta, per poi ritirarla e proporre al suo posto il nipote Federico Henriquez: quest'ultima è accolta di buon grado dall'energica vedova, la quale si occupa in prima persona della preparazione dei capitoli matrimoniali stabilendo, tra le varie disposizioni, che il matrimonio si sarebbe dovuto tenere in Modica e che il marito avrebbe dovuto aggiungere il cognome “de Caprera” al proprio unitamente al relativo stemma araldico26 .

Nel 1481 Anna sposa dunque l'Almirante di Castiglia Federico Henriquez (nipote

24 Per un'analisi approfondita di questo processo, Cfr. E. SIPIONE. Op. Cit. 25 Cfr. G.BARONE (a cura di), Op. Cit, pp. 84-89. 26 Per un'analissi approfondita del contenuto di tali capitoli, Cfr. R.Solarino, Op. Cit., pp. 166-167.

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