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INTRODUZIONE

70 anni fa, la notte del 10 luglio 1943, una immane flotta anglo-americana di 2.590 navi di ogni tipo e grandezza, scortata da decine di corazzate, incrociatori e cacciatorpediniere dalle potenti bocche di fuoco, si presentò davanti alle coste sud-orientali della Sicilia. Era il "O-Day", il giorno dell'attacco alla Sicilia contro le forze italo-tedesche, che porterà all'armistizio dell'8 settembre e da lì a poco, dopo vent'anni di incontrastato regime, alla caduta del fascismo, ormai logorato nel nord Africa, sul fronte orientale e sui Balcani. Le forze armate italo-tedesche, certamente impreparate a sostenere uno scontro che si rivelerà presto smisurato per l'enorme potenziale di uomini, armi modernissime e mezzi messi sul campo dagli Alleati, cercarono, sacrificando migliaia di uomini, di arginare l'avanzata delle forze nemiche, coscienti ormai di non poterle ricacciare più sulle loro navi. Il bagnasciuga del patrio suolo italiano che Mussolini aveva dato come invulnerabile, era stato, invece, violato e superato dai modernissimi mezzi anfibi alleati che, in generale, con molta facilità in pochi giorni scaricarono sulle spiagge decine e decine di migliaia di uomini. L'aviazione italo-tedesca diede un grande contributo contro l'offensiva alleata, provocando moltissime vittime e tanti danni al nemico invasore, mentre le unità di combattimento della U.S. Navy e della Royal Navy non ebbero la possibilità di misurarsi con la temibile Regia Marina italiana che, pur disponendo di modernissime e potenti unità navali, fece la scelta di non combattere e lasciare le navi all'ancora a dondolarsi nelle varie basi navali del Mediterraneo che, cosa molto strana, non ebbero la ventura di subire alcun attacco dagli aerei alleati.

Il compito di invadere la Sicilia fu affidato al XV gruppo d'armate il cui comando venne assegnato al generale britannico Harold Alexander, mentre il comando delle Forze Alleate nel Mediterraneo fu assegnato al generale americano Dwigth David Eisenhower. Il XV gruppo comprendeva la 7 a Armata americana, al comando del gen. George SmithJ r . Patton, e la gaArmata britannica, al comando del gen. Bernard Law Montgomery.

Dalle prime ore della notte del 10 luglio alle prime ore dell'alba i gruppi d'attacco alleati, spalleggiati dalle potenti bordate delle navi da guerra che spazzavano ogni cosa e che mettevano in silenzio le batterie costiere, toccarono il suolo italiano. La 7a Armata di Patton aveva avuto assegnata la costa sud orientale dell'isola, compresa nel Golfo di Gela, che andava da Scoglitti a Gela e a Licata, 1'83 Armata britannica la parte orientale, da Pachino a Siracusa, ossia la zona compresa nel golfo di Noto.

La campagna di Sicilia impose un elevato tributo di sangue alle forze angloamericane: circa 22.000 tra morti, feriti e dispersi, più 20.000 ammalati di malaria. I tedeschi subirono circa 10.000 perdite, tra morti e prigionieri e gli italiani ebbero circa 5.000 morti e oltre 116.000 prigionieri

Sullo sbarco in Sicilia esiste ormai una vasta letteratura. Si sono consumati fiumi di inchiostro anche per attestare l'impegno e il sacrificio del regio esercito italiano, così come tanto si è scritto e detto sul contributo dato dalla mafia alle forze alleate prima e dopo lo sb arco. Non è nostra intenzione, dunque, riprendere e riscrivere fatti da altri già trattati e sopra ttutto narrati e documentati anche dai protagonisti militari italiani dell'epoca dei cui memoriali si servì quasi l'intera editoria italiana dal 1945 al 1955. Peraltro c'è ancora un proliferare di iniziative editoriali locali, specie dei centri isolani che furono teatro degli sbarchi, degli scontri e delle violenze.

Già dai primi anni del dopo guerra Gela acquistò una posizione centrale nelle operazioni dello sbarco in Sicilia, probabilmente anche per le difficoltà incontrate dalla la Divisione di Fanteria, al comando del generale americano Terry Allen, non solo sulle spiagge ma anche nel cuore della città dove gli scontri furono molto aspri e con grandi perdite da ambo le parti. Il generale Allen, con il collega Troy H. Middleton che sbarcò a Scoglitti con la 45a Divisione di Fanteria, aveva il compito di rinforzare il fianco sinistro della sa Armata britannica e quindi puntare dritto da Gela a Caltanissetta e verso Caltagirone e Centuripe.

La 3a Divisione di fanteria, al comando del maggiore generale Lucian K. Truscott, che sbarcò su quattro distinte spiagge di Licata, ebbe invece un ruolo fondamentale per la conquista occid en tale dell'isola, compresa tra Agrigento, Trapani e Palermo E fu proprio la 3a Divisione a consolidare la testa di ponte con gli oltre 55 mila uomini vomitati dal 10 luglio a tutto il mese di agosto dai mezzi anfibi, assieme agli oltre 14 mila veicoli. A Licata, che fu la prima città liberata dagli americani, si stabilì il comando della 3a Divisione di Fanteria . Licata fu anche la prima città dell'Italia fascista a passare sotto l'a mministrazione dell' Amgot che si occupava della gestione d eg li affari civili e fu pure la prima città, liberata dai simboli e dai motti fascis ti, ad avere un sindaco e una giunta democratica. Ma dacché nel gennaio del 1944 gli americani lasciarono Licata nessuno ebbe coscienza del ruolo avuto da ques ta città in questo delicato momento della storia della 2a guerra mondiale. Con la nascita della Repubblica l'oblio ha coperto ogni cosa e nelle t ante storie che si prese a sc rivere con tanta lena sui fatti dello sbarco del 10 luglio, a Licata fu riservato solo qualche breve accenno, e qualche volta solo in nota . Eppure Samuel Eliot Morison nel vol. IX della Storia della Marina Usa nelle operazioni navali della 2a Guerra Mondiale (1954) dedicò a Licata l'intero cap. 5 e nello stesso modo fecero Albert N. Garland e Howard McGave Smy th che alle operazioni militari a Licata dedicarono ampio spazio nel loro United States Army in World War

II (1963), senza contare il grande risalto dato ai fatti post sbarco a Licata da John Hersey nel suo best seller "Una campana per Adano" (1945) che ancora si pubblica con successo negli Usa.

Ebbene, con questo saggio non intendiamo affrontare ancora, dato che lo hanno già fatto tantissimi altri, i massimi sistemi dello sbarco, né vogliamo ripercorrere nuovamente gli eventi della campagna militare in Sicilia, ma, utilizzando i documenti originali, da tempo non più secretati, del Piano Husky, i documenti dell'archivio storico del Comune di Licata che avevamo avuto modo di consultare tanti anni fa nel corso delle nostre ricerche per il libro "Alicata Dilecta", la corrispondenza con il figlio di Toscani, Gene, che ci ha fornito anche il memoriale del padre e numerose foto, e la corrispondenza con il giornalista -scrittore John Hersey che ci ha permesso di riedire il suo libro" A Bell for Adano", vogliamo unicamente descrivere soprattutto ciò che accadde a Licata prima e dopo lo sbarco e durante l'amministrazione civile degli americani dal 10 luglio 1943 ai primi del 1944 sotto la direzione del maggiore Frank Toscani e del capitano Wendell Phillips per restituire a questa città quella centralità nella storia che le è stata strappata.

Abbiamo pure voluto capire cosa ha comportato l'invasione della Sicilia da parte degli Alleati in termini di sofferenze, di nuovi sacrifici e di violenze, dando particolare risalto alle tante stragi di civili e militari di cui gli americani si sono macchiati e per le quali mai nessuno fu veramente chiamato a rispondere seriamente . Di queste numerose stragi si è iniziato a parlare solo dai primi del 2000 e da allora si è aperta una voragine che certamente non porta merito ai liberatori. Purtroppo chi vince scrive non solo la propria storia ma anche quella dei vinti e così le tante Norimberga furono appannaggio solo dei vincitori. D'altronde, oggi come ieri, i giovani soldati dello zio Sam, dal Vietnam all' Afganistan, dalla Sicilia alla Germania e al Giappone si sono sempre macchiati troppo facilmente le mani del sangue degli innocenti e spesso e volentieri hanno calpestato la Convenzione di Ginevra sui diritti dei prigionieri di guerra. Patton urlava ai suoi soldati che non dovevano fare prigionieri e dettava loro regole d'ingaggio in combattimento davvero assurde, dato che chi resisteva in armi e alla fine si arrendeva doveva essere ucciso. E chissà quante Biscari ci sono state nella nostra Sicilia. Chissà quanti civili sono stati uccisi ingiustamente. I comandi americani cercavano di coprire subito ogni cosa, temendo ripercussioni sui propri soldati prigionieri delle truppe dell'Asse e ripercussioni politiche interne tra il vasto popolo degli italoamericani. Così come ancora oggi si perseguono i crimini di guerra dei nazisti, sarebbe doveroso perseguire, visto che i reati di strage non si estinguono, i crimini di guerra degli americani, anche se sono grandi nostri alleati. Sarebbe un atto di giustizia, seppur tardiva .

Non vanno neppure dimenticate le violenze sulle donne e bambini dei famigerati goumie rs marocchini, spesso giustiziati dai familiari delle vittime nell'indifferenza del comando francese. Non di meno furono le violenze perpetrate dai soldati Usa spesso avvinazzati. A Xitta, frazione di Trapani, scoppiò nella Pasqua del 1944 il cosiddetto "Vespro cittaro" contro i paracadutisti francesi che furono costretti a lasciare il paese.

Concludendo vorremmo che a Licata, che fu un caposaldo importantissimo per la conquista da parte degli americani dell'intera Sicilia occidentale e della conseguente resa di Palermo, si creass e, finalmente, il tanto auspicato Museo dello Sbarco che conservi per le future generazioni la memoria storica di quanto è successo quel caldo 10 luglio 1943.

Calogero Carità

Licata Sotto Il Fascismo

Gli anni che seguirono alla delusione sofferta dall'Italia per la "vittoria dalle mani pulite", per Licata, nonostante le gravi contraddizioni interne, furono molto proficui. Non va dimenticato il momento felice dell'amministrazione comunale presieduta dal sindaco Angelo Pontillo nel 1921 che avviò le pratiche necessarie per la soluzione dell'atavico problema idrico della città e firmò il 21 settembre dello stesso anno il contratto con la locale Società Anonima "Forza e Luce", gestita dai Verderame, che garantì a Licata la luce elettrica nei corsi e nelle vie principali della città, attraverso la centrale sorta su una parte dell'area ricavata dalla demolizione del castel San Giacomo.

Le elezioni amministrative, seguite a quelle politiche del 15 maggio 1921, portarono al Consiglio Provinciale gli avvocati licatesi Antonio Orlando Fiore e Francesco Paolo Taschetta, la cui azione valse alla costruzione di un nuovo e solido ponte sul fiume Salso, in sostituzione di quello crollato qualche anno addietro, e alla collocazione in più punti di Licata di fontanelle di acqua potabile alimentate dalla sorgente Catena-Fucile.

Nel 1922 il Fascismo fece il suo ingresso trionfale anche a Licata, incontrando ampi consensi e nei latifondisti e nella borghesia cittadina. Il locale liceo classico diventerà da questo momento la palestra delle identità littorie, mentre il luogo di riferimento per i fascisti lica tesi saranno i locali del Fascio appositamente costruiti in piazza dell'Impero, oggi piazza Matteotti, lungo le antiche mura della città, sul luogo dell'antica macelleria.

Quando la follia antisemitica si propagò anche in Italia, a Licata gli studenti liceali, educati al motto di "libro e moschetto, fascista perfetto", fondarono persino una sezione per la tutela della razza ariana. Ma, quale razza volessero tutelare in Sicilia proprio non lo sappiamo. Erano quelli, purtroppo, vuoti idealismi che il nuovo regime cercava di inculcare ai figli delle agiate famiglie, certi di essere i prescelti per la guida del nuovo mondo.

Anche a Licata furono di casa i raduni e le sfilate del "sabato fascista" degli squadristi, delle camicie nere, della gioventù del Littorio e dei figli della lupa, i saggi ginnici in piazza e nel cortile della Badia, ristrutturata ed adibita a sc uola pubblica, la deposizione di corone di alloro al monumento alla Vittoria di piazza Progresso, opera in bronzo dell'artista Cosimo Sorge, inaugurato il 27 maggio 1923, i retorici comizi e le visite del federale agrigentino in orbace.

Non mancò, però, l'opposizione al Fascismo, che era rappresentata, soprat- tutto,dalbaroneRaffaeleQuignones,daVincenzoBrusciaedall'ing.Antonino Re. I primi raggruppamenti antifascisti si formarono tra il 1922 e il 1924. Nacquero, così, l e associazioni "G. Bruno" e la "Giovane Itali a " , quest'ultima diretta da Gaetano Graci, un reduce di Fiume. Verso la fine del 1924 nacque !"'Edera Sportiva", fondata dall'avv. Tommaso Todaro. Un anno prima, il 4 marzo, i fascisti avevano bruciato le insegne dei gruppi di opposizione. La repressione da quel momento si andò vieppiù acuendo, tanto che nel 1925, durante il raduno del Fascio a Licata, fu ucciso Pietro Tejodi, membro dell' Associazione "Giovane Italia" . Il 15 luglio del 1925 passarono da Licata il ministro Ciano e l' on. Farinacci, per i quali il Comune preparò una accoglienza trionfale .

L'inizio del ventennio fascista fu molto favorevole per Licata, allora un paesone polveroso e, d'inverno, fangoso, scarsamente pulito e senza acqua, con sacche di povertà considerevoli. Infatti continua la crescita economica e civile della città, tutte le strade furono lastricate, i corsi furono abbelliti, v enne comp letato il porto, si fecero i prospetti dei palazzi dei corsi principali, si trasformò la produzione agricola della piana, ve nne costruito il nuovo cimitero di Marianello.

Particolarmente proficua fu l'amministrazione sotto il marchese Francesco Gustavo Cannarella di Scuderi (16 ottobre 1886 - 23 ottobre 1955) che aveva aderito al P.N.F. il 16 aprile 1924. Eletto sindaco nel mese di gennaio 1925, mantenne tale incarico sino al 2 aprile 1927, e il giorno dopo si insediò in Comune nella nuova ves te di Podestà di Licata, nominato con decreto reale del 24 marzo s u proposta del ministero dell'interno, ricevendo dalla Confederazione Generale degli Enti Autarchici la medaglia d'oro istituita come distintivo di carica per la nuova magistratura municipale. La precedente giunta comunale assunse la denominazione di consulta e fu confermata nelle persone dei cavalieri Salvatore Attanasio, Angelo Cestelli, Giuseppe La Lurnia e Filippo Bosa.

Mantenne ininterrottamente tale incarico sino al 2 aprile del 1932, dopo essersi con forza adoperato, ma invano, per portare nel 1929 a Licata la istituenda centrale termo-elettrica nella provincia di Agrigento che alla fine venne destinata a Porto Empedocle. Mentre fu chiamato a reggere l' Amministraz ione Provinciale di Agrigento sino al 1934, fu sostituito alla direzione del Comune dal commissario, rag. Ignazio Smacca, sotto la cui gestione fu portata la luce elettrica n el quarti ere di Oltreponte e si ottenne in provincia di Agrigento il finanziamento di 40 milioni di lire per la costruzione dell ' acquedotto delle "Tre Sorgenti" da crearsi in consorzio misto per servire i bisogni idrici di sette comuni. La quota di contribuzione per Licata fu di f 12.393.515, 64 (1)

Sotto la breve gestione podestarile dell'ing. Gino Re (1932), seguita da quella del cavaliere Giuseppe Sapio (1933), continuò il risanamento e la lastricatura delle strade e dei cors i, mentre sotto il commissario, ing. Donato Mendolia (28 luglio -1 8 ottobre 1933) e sotto il podestà, dott. Domenico Liotta (1933-1937), docente universitario di medicina generale, coadiu vato nella gestione del Comune dal vice podestà, rag. Giuseppe Maragliano, si completò il nuovo palazzo municipale, nato, su progetto dell'arch. Ernesto Basile, dalla ristrutturazione dell'antica chiesa della SS. Trinità.

A livello internazionale incominciavano a sorgere i primi problemi per l'Italia, ormai schierata al fianco della Germania nazista. La Società delle Naz ioni, infatti, il 18 novembre del 1935 decretò contro l'Italia le sanzioni, un vero e proprio blocco commerciale a danno del nostro paese che da quel momento dovette affidarsi alla dottrina dell'autarchia, non potendo più importare da gran parte dei paesi che costituivano l'asse antinazista tutti quei prodotti che servivano al vivere quotidiano degli italiani. Questa data infausta venne ricordata dal Fascismo in modo solenne, decretando, il 21 febbraio 1936, che su tutti i palazzi municipali fosse murata una grande e massiccia lapide in marmo bianco di Carrara che ricordasse tale evento. A Licata questa lapide, lunga m. 1,60, alta cm. 80 e spessa cm 12, costò f . 800 e venne collocata sulla parte orientale del prospetto della torre civica dell 'orologio a circa 15 metri d'altezza, Questo il testo sco lpito tra due fasci littori:

"18 NOVEMBRE 1935. A RICORDO DELL'ASSEDIO PERCHE' RESTI DOCUMENTATA NEI SECOLI

L'ENORM E INGIUSTIZIA

CONSUMATA CONTRO L'ITALIA

ALLA QUALE

TANT O DEVE LA CIVILTA' DI TUTTI I CONTINENTI".

L'inaugurazione venne fatta, in modo "b reve e solenne", sempre nel rispetto delle istruzioni ricevute, nel corso di una apposita adunata, alle ore 17 del 18 novembre 1937, anno XV dell'era fascista.

E fu proprio dietro la retorica dell'autarchia che anche a Licata, in nome della Patria e del Duce, il 18 ottobre 1935 venne fatta la raccolta del ferro, s eguita il 18 novembre da quella delle fedi nuziali e il 5 e il 9 maggio 1936 dei metalli preziosi.

Qualche mese dopo, precisamente il 7 luglio, cadde a Les Addà Biscioftù, in Africa orientale, il licatese Angelo La Cognata, camicia nera, al quale venne solennemente dedicata l'ex via Ragusa nei pressi della chiesa di Sette Spade, a sinistra della via Palma. In Africa cadde anche il cap. dei carabinieri Antonino Bonsignore, insignito di medaglia d'oro al valore militare.

Il 1936 fu anche l'anno dello scoppio della guerra civile che insanguinò la Spagna sino al 1939 portando al governo il generalissimo Franco che riuscì a sconfiggere i repubblicani. Questa guerra fu anche scenario di scontro dei vari paesi europei che sostennero alcuni i repubblicani, altri i Franchisti. Licata pagò il suo tributo a questa guerra con ben circa 200 volontari, i più tra le fila dei nazionalisti, non tutti spinti dalla fede fascista, ma dal bisogno di guadagnare qualche lira. Infatti ai volontari veniva garantito un premio di arruolamento di 300 lire ed una paga giornaliera di 20 lire, una sollecitazione molto allettante e di tutto rispetto <2> . Molti di questi volontari si erano arruolati per andare in Africa, ma vennero invece dirottati v erso la Spagna

Tra le file dei nazionalisti combatterono, tra gli altri: Andrea Leone, Michele Cicciarella, Gerlando Farruggio, Domenico Parroco, Angelo Bona, Domenico Barone-Leto, Angelo Graci, sergente maggiore nel 2° reggimento artiglieria della divisione Littorio, sbarcato a Cadice 1 ' 11 febbraio 1937, Vincenzo Gallo della regia aeronautica, Vincenzo Martorana, Giovanni Palizzi, Ignazio Puccio e Calogero Scozia, semplici legionari, Vincenzo Cammilleri, maresciallo, Pietro Lupo, artigliere nella divisione Frecce Azzurre, combattente nella battaglia di Cadice e della Catalogna, Giuseppe Sorprendente, Gaetano Giganti, centurione della Milizia, Salvatore Naselli, sottotenente di artiglieria, che per i meriti conseguiti fu trasferito al servizio permanente, Matteo Lauricella, sottotenente di fanteria, che partecipò alle battaglie di Teruel e dell'Ebro, restando invalido al braccio destro.

In combattimento caddero: Giuseppe Balletti (1903), sul fronte di Brunete, Salvatore Burgio (1899), sul fronte di Caspe, in Aragona, Giuseppe Castellini (1913), sul fronte di Saragozza, Giovanni Peritore (1904), caporalmaggiore, sul fronte di Malaga, decorato con la medaglia d'argento e sepolto nel santuario di Saragozza, Leonardo Spiteri (1902), sul fronte di Belchite-Aragone.

Tra le forze repubblicane combatterono Giuseppe Muscia e Vincenzo Incorvaia. Il primo trovò rifugio in Francia dopo la drammatica diaspora dei miliziani in altri paesi, rientrando in Italia solo dopo 1'8 settembre 1943, assumendo un ruolo di primo piano nella costituzione del partito comunista italiano, l'altro, socialista fuggito dall'Abissinia per andare a combattere in Spagna, cadde sul fronte di Huesca, nell'Aragona <3l.

Alla gestione podestarile del prof. Liotta seguì quella del commissario prefettizio cav. Michele La Rosa, vice questore di pubblica sicurezza e figura autorevole ed austera, che segnò, tra il 1937 e il 1938, un momento davvero fortunato per Licata. Funzionario concreto e deciso, si impose, infatti, per il suo pragmatismo. A lui si dovettero l'obbligo di restaurare le facciate delle abitazioni dei corsi principali della città, la piantumazione di alberi nei corsi e in piazza dell'Impero, la sistemazione di alcune strade, la costruzione del ponticello nella strada San Michele <4l , sui cui parapetti in cotto stavano due formelle con il fascio littorio e la data dell'esecuzione, oggi sostituito con un moderno ed anonimo manufatto, la costruzione degli alloggi per i ferrovieri in fondo a via Gaetano De Pasquali, sui cui prospetti, lato fiume, restano ancora i simboli della casa Savoia e del fascio, la s istemazione del sagrato della chiesa di San Paolo, dove ancora su una balaustra di impasto cementizio è impresso il fascio littorio rovesciato e l'anno di esecuzione dell'opera (A. XVII E.F.) e la costruzione del tempietto circolare colonnato nella villa Elena, dove ancora è possibile leggere l'anno di esecuzione (A. XVII E.F.)

Sistemati l'ordine pubblico, reso spesso vacillante a causa dei continui scioperi dei braccianti e manovali che urlavano "pane e lavoro", e alcuni problemi impellenti della città, il cav. La Rosa rientrò ad Agrigento, sostituito dal dott. Angelo Cristina Curella, prima come commissario prefettizio e subito dopo, il 24 luglio 1938, come podestà. Il dott . Curella, uomo di grande sensibilità culturale, poeta e letterato di gran livello e giornalista, si dedicò al completamento delle opere di risanamento della città, dotò Licata di un Liceo Classico, inaugurato il 27 ottobre 1938, e potenziò le attrezzature dell'ospedale civico "San Giacomo D' Altopasso" <5J _ Resse le sorti del Comune sino al 1940, quando, in seguito al suo richiamo alle armi, conseguente alla dichiarazione di guerra alla Francia e alla Inghilterra dell'll giugno 1940 da parte della Germania, fu nominato commissario prefettizio il cav. Salvatore Attanasio . Ma il dott. Curella rimase poco sotto le armi. Infatti, a seguito di un infortunio, fu rimandato a casa e ritornò a governare sino al 9 luglio 1943 il Comune di Licata nella veste di podestà della città.

(1) Cfr. Il Giornale di Sicilia del 12 maggio 1932, n. 113.

(2) Cfr. A. Luminoso, Licatesi nella guerra civile spagnola (1936-1939), in La Vedetta, n. 9 (settembre 1997), p. 8 e 10.

(3) Cfr. G. Calandrane, La Spagna brucia, Roma, s.d.

(4) Cfr. La Vedetta, n. 12 (dicembre 1990), p. 2.

(5) Cfr. C. Carità, Angelo Cristina Curella poeta siciliano del Novecento (1899-1967), Verona 1999, pp. 34-40.