L'ESERCITO DELLE DUE SICILIE 1856 - 1859

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Q uaderno n. s/87 Direttore responsabile: Pier Giorgio Franzosi Testo: Massimo Fiorentino Illustrazioni: Giancarlo Boeri Stampa: T ipografia Regionale - Roma


PRES E NTAZION E L'esercito delle Due Sicilie fu lo strumento militare del nuovo Stato ittdipendente creato dall'insedt'amento della dinastia Borbo_ne nel Meridione d'Italia, nel più vasto contesto degli eventi della Guerra di Successione Polacca ( 1733- 1738 ). Il 1734, anno in c_ui il Corpo di spedizione di Carlo di Borbone, Infante di Spagna, strappò il dominio delle province meridionali al Vicereame austriaco, segnò ittfatti anche la creazione dei primi reggimenti interamente « nazionali » levati nel Regno, che affiancarono quindi il nucleo di unità spagnole, irlandesi, svizzere e valloni costituenti l'esercito disceso con l'In fatUe in Italia. La vicenda di questo esercito s'iscrive logicamente nello stesso spazio di tempo in cui t'isse la

dinastia di cui fu sostegno: dal 1734 al 1861, poco pù} di centoventi anni. Essa può assumersi, per molti aspetti, ad emblematico campione delle istitu-zioni militari italiane a cavaliere tra il XV/Il cd il XIX secolo, in un periodo chiave, cioè, della storia nazionale ed europea. La Rivista Militare, ttella convinzione che le tradizioni e l'importanza di quella realtà militare

giustifichino un approccio approfondito, dedica all'argomento questo saggio di Massimo Fiorentino e Giancarlo Boeri, limitato nella trattazione al periodo 1856- 1859 e con l'attenzione rivolta alla componente organizzativa, della quale traccia un quadro illustrante le articolate strutture e le condizioni materiali in cui questo esercito si trovava alla vigilia dell'unificazione nazionale.

RIVISTA MILITARE

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STATO MiLITAR t DEll' HAll~ ' Il sol d alo n:~rolitano è vivace, intelligente, :mlito, cù in uno assai immaginoso; e però facile ad esaltarsi c correre alle imprese piÌ1 arrischiate, ma pur facile a scorarsi. Si ~ottomettt~ agevolmente alla disciplina, ~llorchè questa muOI'a da un potere giusto, forte c costante. L'igtruzionc elementare dellt di l'erse armi è eccellente: r.sse manovrano con es~tteua e sp~ ditamente, sl separate che unite ; ma non sono abbastanla use a piegar te disposizioni al terreno, c sopratulto il servizio di vigilanza 1 nelle marce c ne' campi , verrcbb'esser fatto meglio. L'istruzione scientifica dell'artiglieria e del senio lascia poco o nulla a desiderare.

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RIVISTA

MILITARE GIOIXALE IDSILI

La cavalleria ha mantenuto intallc le tradizioni di qudla condolla, che ne' piani di Lombardia merit;m1le gli elogi del maggior capitano del secolo, ed ha la coscienza ciel suo valore. La fanteria è buona, ma i cacciatori, per uno spirito tradizionale di corpo, hanno un sentimento di superiorità su i reggimenti di linea, e sino ad un certo puoto il fallo ~la per loro. I solluffizi~li, in generale, sono buoni; di valenti uffiziali non si difetta. Ma gli stati maggiori lasciano molto a desiderare, per cause che non occorre qui indagare. Non perlanto v'ha un numero di uffiziali superiori e di nuovi generali, i quali lasciano con qualche fondamenlo sperare, che all'occorrenza farebbero buona pruova di sè. Ond'è cbe, se molto v'è da fare per mialiorare le istituzioni delle truppe napolitane, molto per apprestare difese in acconce posizioni ; pur tuttavia lo stato militare del regno è già per se stesso imponente, c prima o poi dovrà esercitare la sua parte d'influenza sull'aodameoto delle cose io 11\llia.

......._... - Y.IAW& Pata• CAIILO MEZUCIPO.

TORIIiO , 18M


PARTE PRIMA

GLI ASPETTI ORGANIZZATIVI


CAPITOLO l

I C ARATTERI GEN E RALI ASPETTI SALIENTI DELL'EVOLUZIONE DEL REAL ESERCITO DELLE DUE SICILIE TRA IL 1830 ED IL 1861

L'esercito delle Due Sicilie fu oggetto di cure costanti da parte di Ferdinando II di Borbone. Già all'età di quindici anni, infatti, il giovane principe era stato introdotto nell'ambiente militare per il tramite di un corpo di ufficiali istruttori, incaricati di «coltivare» i suoi naturali interessi verso l'organizzazione militare e la vita dell'esercito in generale. Nel 1827, Ferdinando assunse il titolo di Capitano Generale del Rea! Esercito (ossia comandante in capo), incarico che egli, ancora Duca di Calabria (cioè erede al trono), tese immediatamente ad esercitare con autonomia e chiarezza di intenti. n 1827 fu, peraltro, un anno cruciale per le istituzioni militari borboniche:

gna della epurazione dei «Settari») non appanva ancora consolidato. Ferdinando II si trovò q uindi ad assumere le sue funzioni in una situazione politica particolarmente complessa, disponendo inoltre di risorse umane, tecniche e finanziarie limitate. Ciò malgrado, divenuto sovrano 1'8 dicembre del 1830, Ferdinando II poté avviare a maturazione il suo progetto di «rifondazione>> militare. Dall'esperienza dei moti carbonari delle Due Sicilie egli aveva desumo il ruolo centrale che l'esercito aveva nell'indipendenza dello stato napoletano.

Dopo i rivolgimenti politici del 1820, infatti, l'esercito era stato praticamente disciolto dalla Corona, in quanto largamente contaminato da infiltrazioni carbonare. Pur se la riorganizzazione delle trup'pe aveva preso avvio sin dal 1823/24, si ritenne peraltro più sicuro lasciare ancora per qualche tempo i compiti di controllo dell'ordine interno del Reame al contingente di occupazione austriaco che nel 1821 aveva per messo il ritorno a Napoli di Ferdinando l, relegando quindi le poche ricosutulte unità napoletane a mere fu nzioni di polizia.

La rivoluzione del 1820 aveva di fatto segnato l'incontro tra lo spirito carbonaro e lo spirito militare. Ferdinando II aveva quindi compreso che, se voleva fare dell'esercito un affidabile SO·Stegno della corona, egli doveva spezzare questo connubio, riabilitando l'esempio di una monarchia legata all'elemento militare. C iò facendo, il sovrano avrebbe pot uto contare su un'istituzione militare non più «dissidente», ma fattore centrale di conservazione (1). Nel tracciare questo progetto politico e militare egli colse inoltre in pieno l'importanza che rivestiva la vecchia ufficialità murattiana, formata

Proprio nel 1827, tuttavia, l'occupazione austriaca cessò, venendo virtualmente sostituita dalla presenza di un nucleo d.!. truppe svizzere al soldo della Corona, dato che il procedimento di riorganizzazione delle truppe nazionali (attuato all'inse-

(l) Su questi temi, cfr. R. MoscATI, «l Borboni d'Italia», cap. VII, pagg. 107 e sgg., Editore Newton Compton Italia· na, Roma 1973.

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all'esperienza ineguagliabile delle guerre napoleoniche. Per giovarsi di tali capacità tecniche e disporre di un fulcro organizzativo adeguato, dunque, Ferdinando IT cominciò a richiamare in servizio i quadri murattiani, a loro tempo epurati per motivi politici: tra tutte emerge, eminente, la figura del generale Carlo Filangieri, nominato nel 1833 Direttore (ossia Ispettore) dei Corpi Facoltativi (Artiglieria, Genio e Scuole). Su queste basi prese avvio l'età delle riforme ferdinandee degli anni trenta e quaranta. Alla base di tali riforme fu il lavoro preparatorio svolto dalla Giunta dei Generali (tra i quali Filangieri, Desauget e D'Escamard) al fine di studiare le linee portanti del nuovo ordinamento militare, nel contesto delle condizioni economiche e politiche del regno. n nucleo dei nuovi provvedimenti può senz'altro individuarsi nel complesso dei decreti organici del 1833, a sua volta preceduto dall'Ordinanza di Piazza del 1831 ed in seguito consolidato dalla nuova legge sul reclutamento del 1834, che sanciva la parte più qualificata dei risultati pubblicati dalla· Giunta n el suo rapporto del 1833. Vennero inoltre promulgati nuovi regolamenti concernenti le singole specialità, come, ad esempio, il Progetto del 1834 per il Real Corpo di Artiglieria (poi adottato nel 1835) e l'Ordinanza per le truppe di Cavalleria del 1843. A questi provvedimenti «quadro>> fecero poi riscontro numerosi interventi riformatori nel campo degli equipaggiamenti, degli armamenti e delle strutture logistiche.

In generale, il modello organizzacivo cui il complesso di queste riforme si ispirò fu senz'altro quello dell' «esercito di caserma» (2). La Legge sul Reclutamento del 1834 statuiva infatti che i corpi del Real Esercito dovessero essere formati attraverso l'arruolamento, il prolungamento del servizio e la leva. In realtà, data l'alta percentuale di rinnovi di ferma e di «Surrogazioni>> (ossia di cambi), l'incidenza delle classi di leva fi nì con l'essere assai ridotta e pesare quindi limitatamente sulla popolazione. In breve tempo, le riforme ferdinandee modellarono un esercito essenzialmente formato da professionisti, forte com'era di un nucleo di mercenari 10

svizzeri, di un elevato contingente di soldati a lunga ferma (rinnovabile) e di un apporto ridotto delle classi di leva: i corpi risultavano quindi composti per circa 3/4 da effettivi e per solo 1/4 da riservisci, a tutto vantaggio dei livelli di inquadramento ed addestramento (3). L'istruzione tattica dell'esercito-napoletano restava naturalmente in gran parte formalistica e di piazza d'armi, in carattere con il suo modello organizzativo ( 4). Tuttavia, la dislocazione e l'impiego dei reparti in tutto il territorio del regno, in funzione di · mantenimento dell'ordine interno, e l'alta incidenza dei reparti scelti (cacciatori e granatieri) negli organici della fanteria assicuravano nondimeno una apprezzabile capacità di adattamento alle realtà del terreno. Particolarmente curati, inoltre, i livelli tecnicoprofessionali dell'artiglieria e del genio, attraverso scuole di formazione per i quadri ufficiali e sottufficiali ad elevata qualificazione culturale (5). La cavalleria, tradizionalmente uno dei corpi migliori dell'esercito borbonico, vantava una diversificazione di specialità (dragoni, lancieri, cacciatori a cavallo, ussari e carabinieri a cavallo) tale da assicurare mobilità ed adattabilità in tutti gli ambienti operativi. Ottimo inoltre il servizio di rimonta, forte di numerosi aJlevamenti locali (6). In conclusione, l'esercito napoletano aveva compiuto in circa un decennio un rinnovamento morale, materiale e professionale notevole.

(2) Cfr. P. PrERI, «StOria militare del RisorgimentO», cap. VI. 5, pagg. 173 e sgg., Editore Einaudi, Torino 1962. (3) Cfr. A.M. ARPINO ne «Dagli Eserciti Preunitari all'E· sercito Italiano•, pagg. 178 e sgg., Editore F.lli Palombi per conto dello S.M.E., Roma 1984. (4) Particolarmente curate le esercitazioni su simulacri operativi, come quella, celebre, dell'assedio della piazza di Capua per sperimentare i mezzi tecnici cd i procedimenti di impiego nell'assedio c nella difesa delle piazzeforti (1834}. (5) Diversi i viaggi di istruzione effettuati dagli ufficiali di artiglieria in Belgio, Francia ed Inghilterra (1835-39): cfr. MONTÙ, «Storia dell'Artiglieria Italiana• vol. m e v. Il genio, inoltre, compiva annualmente importami esercitazioni per l'im: piego dei ponti di barche sul Volturno. ( 6) Ricordiamo, tra gli altri, queiJi •reali• di Persano e Tressanti, oltre a quelli privati (Baracca, Pignatelli, Cappelli, Varo, ecc.). In pratica, la cavalleria e l'artiglieria effenuavano la rimonta con le razze del regno, mentre gendarmer ia e carabinieri a cavallo utilizzavano animali degli allevamenti romani aventi statura più alta.


Ne fu dimostrazione il comportamento tenuto dalle truppe in occasione dei vari tentativi insurrezionali (del 183-7 in Sicilia, del 1841 in Abruzzo, del 1844 a Cosenza ed in relazione alla spedizione dei fratell i Bandiera), nonché dei moti napoletani del 1848. Egualmente positive le prove fornite dai corpi di spedizione inviati in Sicilia (1848/49, al comando del gen. Filangieri), in Italia settentrionale (sempre nel 1848/49, al comando del gen. Pepe) e nella pur infruttuosa spedizione contro la Repubblica Romana (1849, al comando del gen. Lanza). Sul piano strettamente militare, quindi, può dirsi che l'esperienza del biennio 1848-49 fu positivamente affrontata dall'istituzione militare borbonica. Se infatti nel 1858 Carlo Mezzacapo affermava che «... sarebbe oggi dato al regno di Napoli di rappresentare una parte importante in Italia e in Europa, se il governo meglio intendesse i suoi veri interessi ed avesse coscienza della sua forza...», ciò era in buona misura fondato sulle prove date in quell'articolato contesto politico-militare (7). Peraltro, l'esperienza della partecipazione alla Prima Guerra di Indipendenza aveva innescato alcuni delicati meccanismi. Le truppe avevano in generale dato prova di fedeltà alla corona, di efficacia professionale e di . .' reattlvtta. Ma quando l'ordine di rientro a Napoli aveva raggiunto il Corpo di spedizione in Italia settentrionale (maggio 1848), imponendogli di abbandonare le operazioni con gli eserciti federati contro gli Austriaci, una parte dei quadri e dei soldati si era ribellata per l'umiliazione di dover rientrare, combattuta tra il sentimento di fedeltà al sovrano e quello verso la causa nazionale (8). Rotto infatti quello stato di isolamento ideo. logico che i confini del regno avevano imposto per espressa volontà della corona, la discriminante politica emergeva prepotente, iniziando ad incrinare la compattezza dell'istituzione, poi definitivamente compromessa dagli avvenimenti del 1860 (9). Sul piano iondividuale, inoltre, questa situazione produsse un altro grave fenomeno: l'esodo della parte migliore dei quadri, di quell'ufficialità cioè che negli anni trenta e quaranta aveva animato il rinnovamento professionale dell'esercito e che, nel disegno di Ferdinando II, avrebbe potuto assicura-

re il «ricambio>> generazionale e qualitativo dei vertici di provenienza murattiana. L'impatto della componente politica produsse, per converso, un inasprimento dell'assolutismo borbonico che, anche nel contesto internazionale, si avviò ad essere sempre più isolato. La selezione ed il controllo politico dei quadri divenne crescente; l'accesso agli alti gradi venne così rallentato ed il ricambio generazionale (ormai impellente, data l'alta età media dei vertici) definitivamente compromesso. L'esercito, che nel 1848 aveva permesso a Ferdinando II di restaurare l'assolutismo senza aiuti esterni, continuò ad essere oggetto di notevoli interessi da parte del sovrano. Apparentemente, sul piano strutturale, esso non sembrava differire da quell'organismo che tanti giudizi lusinghieri aveva riscosso dai tecnici militari europei (10). Tuttavia, furono proprio questo immobilismo (quasi un «decennio di isolamento» contrapposto a quello di fattiva «preparazione» del Piemonte), questa mancanza di un'idealità funzionale che non fosse quella di forza militare dinastica e di strumen-

(7) Cfr. • RIVISTA M!uTARE», anno III, vol. l, •Stato militare dell'Italia», pag. 3 e sgg. e pag. 113 e sgg., Torino 1858. (8} Tragicamente simbolica la vicenda del gen. Lahalle, che si uccise con un colpo di pistola davanti alla sua brigata. Cfr. T. ARGIOLAS, •Storia dell'Esercito borbonico•, pagg. 94 e sgg., E.S.I., Napoli 1970. (9} Sul sentimento politico nelle forze armate borboniche, cfr. anche l'interessante passo di ENRICO CENNI (•DeiJe presenti condizioni d'Italia e del suo rinnovamento civile,., Napoli 1862} citato da G.F. DE TIBERIIS in «Le ragioni del Sud,., pag. 191, E.S.I., Napoli 1969: «...Moltissimi tra gli ufficiali, soprattutto tra subalterni, guardavano nella milizia un mezzo di sussistenza; parecchi odiavano la malvagia po·litica di Ferdinando II, ma rispettavano in lui il capo dell'armata. Sono noti i dissidi tra gli ufficiali napoletani e la polizia, che essi non volevano tollerare: il Principe di Ischitella, Ministro della Guerra, si oppose risolutamente all'idea di scrutinare l'e-

sercito, venuta in mente alla polizia... Vi erano poi tra essi non pochi di fortissime tendenze liberali ...• . Per contro, questi orientamenti contrastavano con quelli di gran parte della truppa che il generale Fanti, in occasione deiJe sue ispezioni ai campi di concentramento dei prigionieri nel novembre 1860, giudicò politicamente non affidabile e tale che •corromperebbe i nostri soldati se si mettesse in mezzo a loro•: cfr. F. MoLFESE, •Storia del Brigantaggio dopo l'Unità,., pagg. 34 e 35, Ed. Feltrinelli, Milano 1961. (IO} Valga per tutti il lusinghiero giudizio espresso daJ marchese generale OuOINOT nel 1835, «De I'Ttalie et de ses forces militaires».

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to di repressione interna che maturarono le cause del tracollo finale, secondo una logica peraltro già insita nei limiti del progetto ferdinandeo di rifondazione militare, in quanto momento di una visione politica ormai superata dal divenire della vicenda nazionale. Tra 1'11 maggio 1860, sbarco a Marsala di Garibaldi, ed il 2 ottobre, battaglia del Volturno, l'esercito borbonico si dissolse, non senza aver dato prove del suo valore. La campagna in Sicilia venne particolarmente condizionata dallo scontro iniziale di Calatafimi che, pur essendosi chiuso con un esito incerto, segnò comunque l'avvio del progressivo annullamento dell'azione borbonica. Vari peraltro i fattori che minarono la conduzione della campagna: - sul piano diplomatico e politico, emersero l'incisiva ingerenza della Gran Bretagna e l'appoggio siciliano alle forze garibaldine, frutto del sentimento antiborbonico di parte della popolazione, della borghesia, del commercio e delle professioni liberali e della piccola e media nobiltà; - sul piano strettamente militare, si rivelò dannosa la decisione di accentrare sul Comando Generale di Napoli la guida strategica della campagna, condizionandone persino l'impostazione tattica, peraltro già compromessa dall'indecisione del gen. Lanza, comandante in capo a Palermo. Proprio dopo Milazzo (20 luglio 1860), inoltre, cominciò ad emergere l'impressione che il governo napoletano fosse piuttosto alla ricerca di una soluzione diplomatica del conflitto, attribuendo quindi un'importanza limitata alla gestione militare dell'emergenza. Malgrado l'eroica resistenza di Messina, l'abbandono della Sicilia ed ancor più la disastrosa campagna di Calabria, costellata da inquietanti episodi di tradimento da parte di ufficiali superiori e generali, acuirono nelle truppe e nei quadri subalterni il sentimento di sfiducia verso i capi ed il governo. Attestatosi sul Volturno, l'esercito borbonico subì quindi insieme gli effetti disgreganti degli insuccessi di Sicilia e di Calabria, dei tradimenti e delle defezioni che numerosi si erano ripetuti a tutti i livelli, nel quadro di una vicenda politica sempre più instabile (11). 12

La stessa sfiducia e la sottovalutazione da parte dei comandanti nei confronti delle truppe condussero ad affrontare il ciclo operativo del Volturno con estrema prudenza, dato anche il costante convincimento dell'Alto Comando e del Governo che una soluzione della crisi si sarebbe potuta delineare soprattutto in virtù degli appoggi internazionali. Ciò può spiegare perché, dopo la battaglia di Caiazzo ( 19-21 settembre 1860), classica battaglia d'arresto che segnò l'esaurimento politico e militare del ciclo offensivo garibaldino, l'esercito borbonico sembrò non sfruttare subito il successo. ·· La battaglia del Volturno (1-2· ottobre 1860) mise in evidenza le migliori qualità dei reparti napoletani: disciplina, impeto e combattività della truppa e di una parte degli ufficiali. Ciò malgrado, le carenze del piano operativo, predisposto senza attuare un'azione coordinata delle forze attaccami, impedirono lo sfruttamento dei successi parziali pur ottenuti nella prima fase della battaglia (12). Questa strategia «limitata», unita alla superiorità tattica e tecnica sulle forze garibaldine (la cui crisi appariva al Volturno giunta ad un livello insostenibile), doveva in effetti permettere (nel disegno dell'Alto Comando) di «durare•> in attesa della trattativa diplomatica. L'intervento dell'Armata Sarda convinse peraltro ancor più a subordinare la condotta della guerra alla componente politica. Proprio su questo piano, tuttavia, il regno pagò caro il prezzo del suo isolamento passato e dell'ostinata volontà di repressione che avevano caratterizzato l'ultima fase di regno di Ferdinando II. n 12 novembre 1860, il re, la regina, la corte, un governo ridotto, 934 ufficiali e 12.000 soldati delle varie armi si ritrovarono nella fortezza di Gaeta (13).

(11) In questo senso, l'instaurarsi di un governo costituzionale di estcazione liberale, e quindi politicamente vicino al partito piemo ntese, no n poteva evidentemente giovare alla causa borbonica. Particolarmente clamoroso, infine, si rivelò il caso delle dimissioni del generale Pianell, MiniStro della Guerra, presentate il 2 settembre: ricomparve a Napoli qualche mese più tardi, con il grado di Maggior Generale dell'Esercito Italiano. (12) Per una descrizione analitica della campagna del Volturno, cfr. A. MANGONE, «L'Armata Napoletana dal Volturno a Gaeta», Fiorentino Editore, Napoli 1971. (13) Cfr. «Giornale dell'assedio di Gaeta» a cura di C. GARNJER, L. Regina Editore, Napoli 1971.


Dopo una lotta di 102 giorni, la resistenza cessò. Il 15 febbraio 1861 Francesco II, salito al trono nel maggio 1859 alla morte del padre, lasciò Gaeta su una nave militare francese, lanciando ai militan quest'ultimo messaggio: «...grazie a Voi è salvo l'onore dell'esercito delle Due Sicilie. Quando ritorneranno i miei cari soldati al seno delle loro fami-

glie, gli uomini d'onore chineranno la testa al loro passare...». Naturalmente, nulla di tutto questo fu dato ai reduci dell'assedio. Eppure, parlando di «Onore», Francesco n pensava ai 2.700 morti ed ai quasi 20.000 tra feriti e dispersi (ossia il 12% delle forze operative) che avevano suggellato la crisi militare del regno.

UNA POSSIBILE CHIAVE INTERPRETAT IV A Al di là delle considerazioni sin qui svolte, pensiamo che i fattori che hanno scandito la crisi delle istituzioni militari borboniche si prestino ad un'interpretazione più ampia, legata ad aspetti generali e remoti della storia militare del MezzogiOrno. Va anzitutto premesso che, se l'esercito delle Due Sicilie sorse nel 1734, le istituzioni militari napoletane vantavano una storia molto ·più antica. Tralasciando riferimenti troppo lontani, limitiamoci ad accennare alla vicenda militare che si riferisce al periodo del Viceregno spagnolo (1503-1714), un'epoca che per vari aspetti di ordine politico, economico e sociale condizionò la successiva fase del regno meridionale.

Canovas del Castillo, storico militare spagnolo del Regno di Filippo IV (1621-1665), tracciò un lineare giudizio sulle forze militari napoletane in quel. tempo: «Verdàd es que los napoletanos mostraron siempre bajo nuestras banderas que no eran dignos de la mala reputaciòn que tuvieron mas tarde, cuando su pais se constituyò en Potencia independiente>> (14). Questo passo ci fornisce due interessanti spunti: . l'ottimo giudizio sul comportamento dei soldati meridionali nell'ambito della storia militare spagnola (XVI e XVII sec.); . per converso, la cattiva reputazione acquisita in seguito, all'epoca, appunto, dell'indipendenza del paese (sec. XVIII e XIX).

Per quanto riguarda il primo aspetto, il rapido «excursus» tracciato nella «Storia del Regno di Napoli» di Benedetto Croce ci informa di una vicenda militare intensa, ricca di episodi di estremo valore e di brillanti successi che videro protagoniste le armi di Napoli: «... dove essi (cavalieri e soldati napoletani) non misero le loro persone e non versarono il loro sangue per la grandezza e la gloria del Re di Spagna...» (15). A conferma del valore dimostrato in decine di battaglie (dalle guerre di Carlo V alla guerra di Fiandra, dalle campagne coloniali in America Latina alla Guerra dei Trent'Anni), Croce, dopo copiosi riferimenti alle fonti storiografiche ed archivistiche, conclude citando il giudizio di Wallestein «... che esaltò fino al cielo... quel corpo di soldatesca tratto dal Regno di Napoli». Ma, avverte Croce, «...col sentimento di fedeltà, col loro punto di onore di sudditi devoti, i baroni napoletani, domati ed animati insieme dalla potenza spagnola, difesero il Re di Napoli e di Spagna come i loro antenati non avevano mai fatto con altrettanta compattezza e continuità pei semplici re di Nap oli,. Se ritorniamo quindi alla prima parte del giudizio di Canovas del Castillo, possiamo forse indi-

(14) CANOVAS DEL CASTJLLO, •Estudios del Reinado de Felipe IV.., Madrid 1888, 11, 85. (15) Per tutti i riferimenti e citazioni in seg1.1ito riportati, cfr. BENEDETTO CROCE, •StOria del Regno di Napo)j,, Pane Seconda «Il Viceregno e la mancanza di vita politica nazionale,, cap. m, pagg. 98-104, Laterza Editore, Bari 1972.

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viduare proprio nel ruolo dei baroni napoletani «domati ed animati insieme dalla potenza spagnola» l'elemento catalizzatore delle virtù militari dei soldati meridionali dell'epoca. Erano, questi baroni, capitani appartenenti alla migliore nobiltà feudale del regno che, amanti della guerra, seppero « ...raccogliere e preparare tecnicamente gente di guerra...» e che « ... studiavano il mestiere...». Insomma, sintetizza Croce, riecheggiando T asso, il valore latino inquadrato dalla disciplina c he viene dal fermo indirizzo politico dato dai monarchi di Spagna. Tuttavia, proprio quando questa nobiltà andò perdendo il suo carattere militare (come era peraltro nella logica evoluzione storica), ed il collegamento col principio politico dell'impero spagnolo cadde, venne meno al contempo anche quel fondamento (arcaico, forse, ma vitale) che aveva governato sin lì gli ordinamenti militari meridionali. Di qui, sottolinea Croce, « ... la crisi degli eserciti; non solo napoletani, ma anche spagnoli ...». Consumandosi questa crisi istituzionale delle funzioni (naturalmente non solo militari) svolte dagli istituti feudali, il Sud affrontò un nuovo ciclo, quello del regno «nazionale», accentratore e di impronta dinastica, per sua natura antagonista delle strutture feudali. Peraltro, le forti resistenze che la dinastia Borbone incontrò nell'imporre il suo disegno accentratore-riformatore e; naturalmente, le stesse insufficienze della sua azione politica, determinarono anche in campo militare quel fenomeno di mancanza (od irri maturità) dello «Spirito imprenditoriale» che molti storici individuano alla base delle debolezze economiche del regno. In altre parole, sembrerebbe che, come sul piano economico e commerciale la dinastia non aveva saputo (o potuto, talora) sopperire alla progressiva estraneazione delle classi feudali dalla gestione attiva della produzione del reddito, creando una <<nuova» classe consapevole e partecipe; così, sul piano militare, agli antichi baroni «signori della guerra» non si riuscirono a sost ituire le strutture preparate ad organizzare e gestire l'apparato militare nel quadro della nuova realtà politica della Penisola (16), ottimizzando l'apporto delle forze emergenti in campo sociale (17) e culturale (18). 14

Con il risultato che, quelle stesse forze militari di «base» (ossia truppa e quadri subalterni) che avevano così ben operato nel tessuto «imperiale» spagnolo, grazie soprattutto al ruolo sinergico degli istituti feudali, non trovavano ora al loro vertice valide alternative di guida e gestione. Al contempo, proprio nella misura in cui il nuovo stato dinastico non riusciva ad esprimere attraverso le sue strutture dei quadri militari profes- · sionalmente maturi e motivati, si cercò di sopperire a queste carenze con un'esasperazione progressiva delle connotazioni di fedeltà alla corona, in-.· centivando quindi le qualità <<politiche» a tutto scapito di quelle professionali.

Una significativa eco di questa crisi la rintracciamo forse nella estrema instabilità delle strutture ordinamentali dell'esercito delle Due Sicilie nel corso della seconda metà del XVIII secolo e nei primi trent'anni del XIX. La dinamicità degli ordinamenti non può, per se stessa, essere qualificata come segno né positivo né negativo, poiché essa va logicamente letta alla luce degli avvenimenti in cui le modifiche si operano. Così, il complesso di riforme realizzato nell'ultimo quarto del settecento sotto il regno di Ferdi- · nando IV e promosso dal ministro Acton può senz'altro ritenersi positivo nella misura in cui cercò di «sganciare» l'esercito borbonico dalle obsolete tradizioni iberiche ereditate dal per iodo carolina, aprendolo ai moderni influssi delle riforme ispirate alla Francia e alla Prussia. Tuttavia, il succedersi quasi frenetico delle ristrutturazioni operate tra il 1790 ed il 1812 non può non ritenersi il sintomo di un estremo disorientamento (talvolta, confusione) ingenerato da debolezze politiche fondamentali.

(16) Ossia il consolidamento e/o creazione degli stati a base regional-nazionale, con la scomparsa quasi totale delle antiche dinastie rinascimentali. (17) Di qui il delicato problema dell'attrazione dei ceti borghesi alla sfera militare, tradizionalmente appannaggio delle· classi nobili. (18) Ad esempio, gli studi di dottrina militare di Giuseppe Palmieri (già ufficiale superiore dell'esercito borbonico e teorico di valore, particolarmente apprezzato da Federico il Grande) che poterono trovare parziale accoglimento solo nelle riforme varate dall'Acton, cioè dopo venticinque anni circa dalla pubblic-.tzione delle •Riflessioni critiche sull'arte della guerra» nel 1761.


Se però un senso assoluto questo carattere di dinamicità può avere, esso è forse quello di una ricerca ordinamentale .continuamente volta a sopperire a quella immaturità gestionale cui prima si accennava, per di più aggravata dalla sfiducia che alcuni sovrani Borbone - come Ferdinando IV e Francesco I - nutrivano verso il loro apparato militare. Nuovi ordinamenti, nuove strutture, nuovi apporti nel campo degli equipaggiamenti, dell'armamento e del vestiario: tutti segni dunque della consapevolezza di dover superare in breve tempo dei «gaps•• organizzativi che altri eserciti europei avevano potuto assimilare di pari passo alla crescita delle rispettive società come «nazioni>>. Una dinamicità (quasi un'irrequietezza) che sembrò infme approdare a sbocchi concreti con l'avvento al trono di Ferdinando II che, richiamando in servizio gli ufficiali provenienti dalle file napoleoniche (epurati a seguito dei rivolgimenti politici del 1820/21), cercò per l'appunto di affrontare il problema di creare una classe dirigente in seno ed al vertice delle forze armate, intese come sostegno stabilizzatore della politica dinastica. Proprio nel connubio tra una corona militarmente «motivata» e l'apporto di ottimi organizza-

tori poté infatti scaturire la fase di apprezzabile riqualificazione dell'esercito delle Due Sicilie tra il 1830 ed il 1845. Ma l'azione era ormai tardiva e comunque realizzata al caro prezzo di una politica di isolamento diplomatico, economico ed ideologico del regno rispetto al resto del Paese e deli 'Europa. Essa doveva quindi trovare il suo logico ed insormontabile ostacolo proprio nel mutato quadro politico imposto dal processo di unificazione nazionale, dal quale le forze armate napoletane erano state sostanzialmente escluse nel timore di un «Contagio» antidinastico.

Letta in questa chiave; ·al di là quindi dei pur preziosi riferimenti di carattere tecnico che scaturiscono dall'analisi dei singoli avvenimenti bellici, la disfatta militare borbonica può apparire come la crisi «politica» di un ordinamento, dalle cui carenze di guida e gestione si produssero quei singoli eventi, che ne rappresentano quindi piuttosto la conseguenza che la causa. Ma, quella sin qui tracciata è una vicenda che, nella storia militare italiana, non può certo dirsi sia rimasta circoscritta al Regno delle Due Sicilie.

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CAPITOLO II

IL SISTEMA ORGANIZZATIVO D ata la complessità dell'organizzazione militare delle Due Sicilie, cercheremo in questa sede di fornire un quadro generale delle funzioni e delle strutture degli enti militari borbonici, il più rispondente.

Le tre principali sfere funzionali (amministrazione, comando delle truppe e giustizia) erano integrate in seno al Ministero della Guerra e Marina (Ramo Guerra), che le aquava attraverso quattro organi posti alle sue dipendenze.

l L RE CAPITANO GENERALE

MINISTERO

INTENDENZA GENERALE DELL'ESERCITO

ISPEZIONI DELLE ARMI _ (0 DIR. GEN.)

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D

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DD

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CONSIGLI DI AMMINIS.TRA· ZIONE DEl CORPI ATTIVI

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DE LL A

GUERRA

COMANDO GENERALE DI NAPOLI

COMANDO GENERALE DI PALERMO

CAPO SME

S. CAPO SME l l l l

COMANDI M IL.RI PROVINCIE DI QUA DEL FARO

COMANDI MIL.RI VALLI 01 LA DEL FARO

CONSIGLI DI GUERRA DI DIVISIONE

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CORPI ATTIVI (GUARNIGIONI)

CONSIGLI DI GUERRA DI CORPO

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17


L'INTENDENZA GENERALE DELL'ESERCITO Creata nel 1817 in qualità di ufficio interno del Comando Generale (cfr. ultra), essa venne promossa nel 1819 a vero e proprio organo del Ministero della Guerra (dunque allo stesso livello dei Comandi Generali), sotto la direzione di un Intendente Gene-

rale di nomina reale, avente il grado il Maresciallo di Campo. Essa era competente in ordine al controllo delle spese militari ed all'amministrazione dei beni del demanio militare.

STRUTTURA DELL'INTENDENZA GENERALE DELL'ESERCITO

INTENDENTE GENERALE (Maresciallo di Campo)

CORPO DEGLI ORDINATORI E COMMISSARIATO 6 Ordinatori (Col.) l Direttore di Guerra 12 Commissari di l classe (Ten.Col.) 18 Commissari di II Classe (Magg.)

ORFANOTROFIO MILITARE

INTENDENZA

DIPENDENZA DEL R. CANALE DI SARNO

4 Capi di Ripartimento 14 Capi di Sezione 14 Uff.li di I classe 14 Uff.li di II classe 30 Uff.li di III classe 14 Uff.li Soprannumerari 28 Meritori

dai «Ruo li Militari•

li personale dell'Intendenza Generale e quello degli uffici centrali del Ministero della Guerra formavano il <<Corpo Politico dell'EsercitO». Gli uffici del Ministero della Guerra presentavano annualmente lo «Stato discusso» (ossia il bilancio di previsione) dell'esercizio finanziario successivo, che veniva in seguito sottoposto all'approvazione del re. Il bilancio era ripartito in tre classi di spesa: personale, materiale e spese impreviste. Le spese militari, che nel 1833 erano state fissate a 7,2 milioni di ducati, conobbero a seguito 18

degli avvenimenti politico-militari del 1848-49 un sensibile incre~ento. I dati relativi agli anni 1854-1858 mostrano infatti un Hvello particolarmente elevato di tali spese. L'elèvato assorbimento di risorse finanziarie da parte delle forze armate (da 37% sino a 48%) appare quindi giustificare quanto Diodato Lioy (19) ebbe a scrivere nel 1861 («... il Golfo senza fondo

(19) D. LlOY, • Le Finanze napoletane da prima del 1799 fino ad oggi•, Napoli 1861.


1854

1855

1856

1857

1858

SPESE MILITARI

13.764

12.904

13.267

12.473

11.911

lo ro equivale nza in miliardi lire/ 1984 (*)

201,4

188,8

194,1

182,5

174,3

43,8%

41,5%

40,8%

38,3%

36,3%

48,2%

43,0%

40,6%

40,5%

36,8%

(In 000/ducati)

....

SPESE MILITARI ( ) -% TOT.SPESE BIL.PUB. _%

SPESE MILITARI TOT.SPESE BIL.PUB.

(•) Rjvalutaz.ione effettuata sulla b:ase dell'equivalenu l ducato • 4,25 lire del 1862 x coefficiente IST AT di svaluta7jone dei valori al 1984 {coeff. per il 1862 - 3442,9503). (••) Spese ed entrate assunte nel rapporto sono quelle totali del Regno sulla b:ase del bilancio consuntivo dello Stato.

che ha inghiottito i nostri milioni è il Ministero di Guerra e Marina...») ma, in ultima analisi, esso traduceva sul p iano fi nanziario il costo delle scelte politiche operate da Ferdinando ll nella sua ricerca di autonomia dai principali schieramenti politicomilitari allora attivi nella Penisola e nel bacino mediterraneo. D'altra parte, se l'alta incidenza delle spese militari sul totale degli investimenti pubblici (da 36% sino a 44%) testimonia l'importanza dell'indotto militare nel tessuto economico del Meridione prima dell'Unità, è pur vero che essa contribuì in qualche modo ad aggravare lo squilibrio nella destinazione delle spese statali tra capitale e provincie del regno, essendo gli impieghi nel settore militare essenzialmente concentrati nella capitale od attorno ad essa {20).

li sindacato amministrativo dell'Intendenza giungeva perifer icamente sino al livello dei Consigli di Amministrazione dei corpi, che rappresentavano in effetti dei centri di spese e profitti. Tali Consigli, istituiti nell'ambito di ciascun reggimento, battaglione isolato od altro ente, non potevano quindi disporre alcuna spesa di una certa entità senza ottenerne autorizzazione dal Commissariato di Guerra e/o dall'Ispezione dell'Arma (o Direzione Generale).

In particolare, i contratti di qualunque natura potevano perfezionarsi da parte dei Consigli di Amministrazione dei Corpi solo per il tramite della Giunta Generale dei Contratti, operante in seno all'Intendenza Generale e presieduta dall'Intendente Generale in persona. Presso l'Intendenza Generale operava inoltre una «Commissione del Vestiario» che presiedeva alla costruzione di tutti i gener i di vestiar io ed equipaggiamento per l'esercito. Detta commissione appaltava ai fornitori dichiarat i aggiudicatari delle commesse a seguito di gara d'appalto la costruzione dei generi sulla base di modelli bollati dall'Amministrazione e dei campioni di fornitura presentati in licitazione. Ciascun corpo, inoltre, delegava presso la commissione un ufficiale incaricato di vigilare sulla qualità dei materiali e sull'esecuzione dei lavori. I Consigli di Amministrazione potevano, in ultima analisi, r ifiutare la fornitura qualora questa differisse dal campione autorizzato, dandone notizia al Ministero della G uerra tramite le competenti Ispezioni delle Armi.

(20) C fr. RosARIO VJLLARI, «Mezzogiorno e contadini nell'età moderna», pag. 223, Laterza Editore, Bari 1977.

19


I CONSIGLI DI AMMINISTRAZIONE DEI CORPI (dai «Manuale per l'Amministrazione in materia, di un Corpo di fanteria, 1852») «La domanda, ricezione, e distribuzione dei generi di Vestiario, Cuoiame, Dotazione, Armamento, e Munizione da Guerra, bisognevoli per prima messa, e rimpiazzo, in ragione del consumo regolare o straordinario, è ciò che costit uisce l'A mministrazione in Materia, presso un C~rpo di Fanteria... Un Consiglio di Amministrazione, a' sensi dell'articolo 560 della Reale Ordinanza Amministrativa, ... è il responsabile del preciso e religioso adempimento delle singole parti enunciate, con la special dipendenza, fiscalia, e direzione del proprio Generale Ispettore; alla cui autorità deve rendere esatto conto, morale, e materiale...» « ..• il Consiglio permanente presso il deposito assume t utta la responsabilità per la condotta amministrativa del Corpo, dovendo centralizzare le operazioni contabili ...» (Napoli, 1852, a cura del Cap. Addetto allo S.M. C. Campanelli)

IN

.Q

l. O GNI entrata e/o uscita di materiali dal Magazzino

di Corpo è registrata in un dettaglio di conto, avente le seguenti caratteristiche: forma del documento contabile; indicazione numerica dei generi trattati; liquidazione delle relative competenze.

DETTAGLIO DI CON TO

c::J

Q VERIFICA MENSILE

= CJ

4

o CONTO RIASSUNTIVO

,, ISPEZIONE DELLE ARMI

20

l 2. MENSILMENTE l'Ufficiale addetto alla verifica del Consiglio di Amministrazione controlla cbe le giacenze corrispondano per numero e qualità ai dettagli di conto. Tale verifica è poi registrata sui due registri vidi-

maci a fogli n11meraci predisposti da pan e del Commissario di Guerra incaricato delle «riviste• (ossia ispezioni) al Corpo.

3. SEMESTRALMENTE (Vestiario}, e/o annualmente (Cuoiame e Munizione da G uerra) e/o secondo esigenza (Dotazione e Armamento}, il Consiglio riassume i conti mensili compilando il conto riassuntivo, contenente, tra l'altro, il piano di rimp iazzo consuntivo per -i generi «scaduti• e previsionale per quelli ca scadenza,. nel periodo successivo. 4. CONTESTUALMENTE, inoltro del conto riassuntivo all'Ispezione delle Armi competente.


LE ISPEZIONI DELLE ARMI (O DIREZIONI GENERALI} Affidate a Tenenti Generali od a Marescialli di Campo, esse svolgevano compiti sia di supervisione amministrativa che di consulenza tecnica in merito all'attività addestrativa dei corpi.

LA DIREZIONE GENERALE DEGLI OSPEDALI

Dipendente dalla Direzione Generale de-

gli ISP EZIONI DELLE ARMI E D IREZIONI GENERALI

Dettaglio dei Corpi della Guardia Reale Fanteria di Linea Gendarmeria Reale Cavalleria di Linea Corpi Esteri Direzione Generale degli Ospedali Direzione Generale dei Corpi Facoltativi: Materiali di Artiglieria e Genio di qua del Faro Materiali di Artigliera e Genio di là del Faro Personale

Ospedal~ l'organico del

Corpo Sanitario

comprendeva: 24 effettivi in forza presso la Direzione; 20 ufficiali «sedentari>> (superiori e capitani)

cui era demandata la Direzione Disciplinare degli Ospedali Militari; 221 medici, chirurghi, "farmacisti e veterinari cui era affidato il Servizio Sanitario concernente il personale e gli animali dell' esercito; 118 effettivi del Personale amministrativo. A questo organico si aggiungevano i 92 chirurghi e veterinari in forza presso i Corpi, per un totale di 475 effettivi che, in caso di mobilitazione, salivano a 550 mediante attivazione degli ufficiali di sanità dei terzi battaglioni dei reggimenti di fanteria, nonché del personale delle ambulanze delle Divisioni e Corpi d'Esercito, per il cui completamento si ricorreva in parte agli effettivi degli Ospedali.

Manifatture militari

Il Servizio degli Ospedali, dipendente dalla medesima Direzione Generale e sottoposto per la parte professionale ad un Consiglio Medico, comprendeva:

Truppe sedentarie

l'Ospedale Centrale (Napoli-Trinità}: 500 ri-

Forza doganale

5 Ospedali di I classe (Napoli-Sagramento, Palermo, Capua, Nocera e Pescara): 300; 4 Ospedali di II classe (Caserta, Gaeta, Nola e Messina): 200; 3 Ospedali di III classe (Cava, T rapani e Siracusa}: 100; 5 «Ospedaletti» (Chieti, Ischia, Tremiti, Ponza e Milazzo}: 50; per un totale massimo teorico di 3350 ricoveri effettuabili, ossia il 3% circa della forza organica globale nel periodo considerato.

Ufficio Topografico ed Istituti di Educazione Militare

coven;

(dai •Ruoli Militari•)

Nel caso dei Corpi Facoltativi (Artiglieria, Genio e Scuole}, 1e loro competenze si estendevano anche alla gestione dei materiali ed alla direzione degli opifici militari. Particolare menzione merita la Direzione Generale degli Ospedali da cui dipendeva tutto il servizio sanitario dell'esercito.

21


I COMANDI GENERALI DELLE ARMI In tempo di pace, le unità erano ripartite in due entità di guarnigione: una dislocata nelle provincie continentali del regno (<<di qua del Faro»), posta aHe dipendenze del Comando Generale di Napoli; e l'altra in Sicilia (<<di là del Faro>>), dipendente dal Comando Generale di Palermo. Sebbene anch'esso organo del Ministero della Guerra, il Comando Generale di Napoli si trovava spesso in contatto diretto con il sovrano, Capitano Generale del Reale Esercito. Così che il re, in molte occasioni, trasmetteva direttamente a quel Comando le sue determinazioni e non tramite

il Ministero, chiamato quindi a sancirle amministrativamente <<ex post>>. Tra i due Comandi Generali erano suddivisi i quadri del Corpo di Stato Maggiore dell'Esercito. In particolare: - presso il Comando di Napoli: il Capo di • S.M. (Generale), 6 Capitani e 13 ufficiali subalter. . . m aggmnt1; - presso il Comando di Palermo: il Sotto~· capo di S.M. (uff.le sup.re.) 6 Capitani e 13 ufficiali subalterni aggiunti.

IL CORPO DELLO STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO

Cavalli

Uomini

non forma propriamente un corpo a parte, sibbene si compone di uffiziali tolti per esame tra quelli dell'esercito, e che seguitano sempre ad essere compresi ne' quadri de' corpi donde furono tolti; l'artiglieria ed il genio ordinariamente ne forniscono un buon contingente. Promossi che siena, gli uffiziali dello stato maggiore ritornano ai loro corpi, conservando il diritto di essere richiamati a misura del bisogno ...>>.

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(C. MEZZACAPO, <<Rivista Militare>>, 1858)

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Generale Capo SME

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5

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Ufficiali sup.ri

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7

4

28

Capitani

12

24

36

72

Ufficiali sub.ni

26

50

52

100

Squadrone Guide

274

548

250

500

Forza organ. tot.

314

630

347

705

'

I Comandi Generali diramavano i loro ordini per il tramite dei Comandanti e Governatori delle Provincie (o Valli per la Sicilia), i quali, a loro volta, li trasmettevano ai corpi di guarnigione at-

22

traverso i Comandanti delle Piazze. Le Piazze erano suddivise in varie classi, in ordine all'importanza ed alle infrastrutture installate.


LA CLASSIFICAZIONE DELLE PIAZZE D'ARMI E DEI FORTI SECONDO IL REAL DECRETO 1567/1833

A1:T. l. LE' pi:m.e d' :mùi c: furti ~le' nv~lt i duminj al di c1ua ·ed al tli là dd Faro saranno di\'Ìse in quattro cl:t~~i c-om~ segue. . Napoli ............. ·1 t\\·'.n•ali t~omiGa!'ta ......•....... . \ ''l al dt cpta ~ Cl C:tpua .. . ... . ......• J dt'l fart>. 1. asse. n l N . . l • ... a n:n1o•. . ••.•••••. •. } .. ~· ·!'~'a 111 ~llll~ :'.ft·.-~111:\ ........ . .. . . li) :~l tlt !.t Sirat:usa.. . . . . . . . . . . . 1ld Faro. Fort~ S. E lmo ....... } Forte llllO\'O......... 1\c'rl':di tlomi- 4.a Classe. Pescara... . . . . . . . . . . 11 j al di <]Ila Taranto... . . . . . . . . . . dd Faro. ·Ci\'Ìtl'lla dd Tronto ... 2.~ Cbssc. Forte eli Castcllanunarc ! di Palrrmo ........ Ne'reali domi· ~itt.aclc! la di ilk~sina.. nj di là J r.1pam... . . . . . . . . . . . 1lcl bro.

1

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5.• Classe.\ Forte dd Gu:miuc.... t Furtc ù' Isdua.......

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1'\(·'rr:di domiuj al. Ji qua tld bro.

Gallipoli ............ . Drindisi (forte a mare). l\hnfrcdonia ... . . . .•• Isola di Tremiti ••• •• • nar·!Ctta ...... , • , .••.

Aquila .. ...•.....••.

Ne'rea! i clominj a l di qua Jcl Faro.

Cotrone .....•....••. Gr:'tllatcllo .• . : ....• . • Vt·ntotcnc .....•..... Forte SS. S:lhatorc in

Messina... . .. .. ... . Torre di Faro .• .. ....

Castello di Licata .. .. • Castdlo di Colomhaj:i. C1stello Ji Capopa!>.~cro. Ne'reali domiCastello del Molo di Panj al di là lerniO . .. • •. .. . ·. • .• dd Faro. Forte Conr.:tga.. •. • • • • Forte di S. r..aterina .. Forte · di S. Giacomo .. Forte S. Lc:onardo .• •• Forte Pozz:lllo....... .

Forte ~i Ih ja: ~ • .. ~. ' } Nc';cali domiIsola d t Ca p n1 al d t qua

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I sola di Ustica ....••. Isola di Pantelleria. • . Ne'reali domiForte di Territi:-:i. . • • . · nj :ll di là Isola di Fayignana.. . . del Faro. .r.~olo di Girgenti ••• :. Isola di Lipari . •• . ••.

L'ALTA CORTE MILITARE E LA GIUSTIZIA MILITARE Presieduta da un Tenente Generale, l'Alta Cor-

reati comuni commessi da militari dello stesso

te era composta da sei Giudici Ordinari e da quat·

corpo senza complicità di civili e/o nelle aree mi-

tro Giudici Straordinari. La sua funzione era quella di tribunale di revisione dei giudizi emessi dagli organi di giustizia militare periferici, ossia: - i Consigli di Guerra di Corpo (Com· missario di Re, Cancelliere, Presidente e 7 giudici), operanti a livello di reggimento o batta· glione, competenti per i reati militari commessi da soldati, sottufficiali ed ufficiali subalterni e per i

litari; - i Consigli di Guerra di Guarnigione (stesso organico dei precedenti, ma su nomina del Comandante della Piazza nell'ambito di tutta la Guarnigione), operanti in ogni Provincia (Napoli ne aveva tre, di cui uno esclusivamente per la Guardia Reale), competenti per i reati commessi in comune da militari di vari corpi o da militari isolati, ovvero da Capitani; 23


- i Consigli di Guerra di Divisione, nominati per ordine espresso dal Ministero della Guerra che ne designava i membri, competenti per i reati commessi da ufficiali superiori e generali. In virtù di un principio generale vigente per la composizione dei citati tribunali, una parte dei giudici doveva essere di pari grado rispetto all'imputato e l'altra di grado superiore. N el caso di procedimenti nei confronti di soldati, quindi, soldati ed ufficiali subalterni sedevano nello stesso Consiglio. L'Alta Corte poteva quindi essere adita su gravame dell'imputato o del Commissario di Re, potendo confermare od annullare il giudizio sia per motivi di merito che di procedura. Annullato il giudizio di un Consiglio di Corpo, esso era rinviato al Consiglio di Guarnigione; nel caso di quest'ultimo, invece, il giudizio annullato era rinviato ad altro consiglio di pari livello (stessa procedura per i Consigli di Divisione). Nel caso di reati di particolare gravità e frequenza, tali cioè da minare la disciplina delle truppe, veniva inoltre nominato un Consiglio di Guerra Subitaneo che aveva luogo nelle ventiquattr'ore seguenti l'evento del reato, per direttissima, ed il cui giudizio non era appellabile. Le pene comminate per i reati militari erano: la morte, l'ergastolo, i lavori forzati, la reclusione, la degradazione;

24

- per gli ufficiali: destituzione, sospensione dall'impiego e detenzione in fortezza; - per i soldati e sonufficiali: i servizi «ignobili••, l'aumento del periodo di servizio, le «bacchette»: ossia il passaggio del militare a passo lento in un corridoio di commilitoni che lo percuotevano con bacchette ed il trasferimento ai battaglioni provvisori (di disciplina). Concludiamo con un interessante giudizio di Carlo Mezzacapo sull'impiego cl!elle pene corporali sui militari napoletani, frutto di una lunga esperienza di vita nei reparti: «...Ma lo sconcio più grave n elle truppe napolitane, si è l'uso del bastone come castigo disciplinare; e, quel che è peggio, non inflitto dietro il giudicato di un consiglio di disciplina... ma a puro beneplacito del comandante del corpo.... La quale punizione... sarà sempre considerata come disonorevole dall'Italiano... E difatti, nei non pochi anni passati nelle file dell'Esercito Napolitano, abbiamo osservato questo costante fenomeno; che il miglior soldato, dal dì che veniva sottoposto al castigo del bastone, si sentiva come umiliato in faccia a se stesso, e perdeva ogni amor proprio ed ogni sentimento di onore. Di maniera che, quella stessa punizione che avrebbe dovuto correggerlo e rnigliorarlo, non · faceva che perderlo e demoralizzarlo...» («Rivista Militare>>, 1858).


CAPITOLO III

IL PE R SONALE

IL RECLUTAMENTO: I C RITERI O R GANIZZATIVI

Introdotta nel 1810, la coscrizione obbligatoria fu sottoposta nel 1833 ad un'attenta revisione nel quadro delle riforme promosse dalla Giunta dei Generali, poi sancita dalla nuova legge sul reclutamento del 1834, in seguito integrata dai provvedimenti del 1837. Venne così determinato che i corpi del R ea! Esercito si reclutassero mediante: - leva; - arruolamento volontario; - pr olungamento del servizio.

a) La leva Tutti i sudditi di qua.lsiasi condizione in età tra i 18 e i 25 anni erano soggetti all'obbligo del servizio militare, mediante estrazione a sorteggio (l prescelto ogni mille), nella misura richiesta dal fabbisogno d'organico. Erano esclusi dalla leva di terra i distretti marittimi e le isole di Ponza, Ischia e le altre minori, destinati a fornire il contingente per la Real Armata di Mare, le Compagnie di Dotazione e le Compagnie Artiglieri Litorali. Per antico privilegio, i sudditi siciliani non erano soggetti agli o bblighi di leva: peraltro circa 12.000 siciliani servivano nell'esercito in qualità di volontari, a fronte di un gettito teorico della leva stimabile a 20.000 soldati in tempo di pace ed a circa il doppio in tempo di guerra. Le operazioni della leva erano demandate ai Consigli di Leva operanti in ogni provincia del regno, sotto la direzione dell'Intendente della Provincia. Essi procedevano all'accertamento delle cause di esenzione dal servizio che, in buona misura, era-

no le stesse vigenti negli altri stati preunitari ed in Francia: imperfezioni fisiche, particolari condizioni di famiglia (ad es. figli unici, sost egni di famiglia, ecc.), appartenenza a taluni ordini religiosi, frequenza a particolari corsi di studio superiori, ecc. La Commissione di Leva di Napoli aveva invece il solo compito di assegnare ai diversi corpi le reclute selezionate dai Consigli, essenzialmente in base alla statura: scartati quanti non raggiungessero i 5 piedi (m. 1,624), le reclute più alte erano immatricolate nei Carabinieri a Cavallo e nei Granatieri della Guardia Reale. La durata del servizio era: - di 10 anni, di cui 5 anni in servizio attivo e 5 anni in congedo illimitato nella riserva (richiamo in caso di mobilitazione); - di 8 anni, tutti di servizio attivo senza assegnazione alla riserva, per l'Artiglieria, il Genio, la Cavalleria e la Gendarmeria.

b) L 'arruolamento volontario ed il prolungamento del servizio In realtà, data l'alta percentuale di volontari, di rinnovi di ferma e di «Surrogazioni», la richiesta di coscritti era alquanto ridotta. Carlo Mezzacapo, nel suo studio del 1858 (21), stimava il contingente di leva chiamato annualmente alle armi non superiore a 12.000 unità, contro un gettito teorico di 50.000 reclute (dedotta l'iscrizione marittima) di cui circa il 50% abile al servizio.

(21) C.

MEZZACAPO,

op.

CÌt.,

pag. 132.

25


Assai più riduttive le stime del Pieri (22), il quale appare forse sopravvalutare l'apporto dei raffermati e volontari, limitando il contingente annuale a 2.000 effettivi, a fronte di un gettito teorico pur sempre stimato di circa 30.000 reclute abili. Il servizio volontario era contratto per un periodo di 8 anni di servizio attivo, senza assegnazione successiva alla riserva. La provenienza dei volontari era eterogenea: - apprezzabile l'apporto della piccola borghesia, data la sicurezza dell'impiego e la relativa accessibilità al brevetto di ufficiale; - altro vivaio era costituito dai figli di militari in condizione disagiata i quali, non potendo accedere alle Scuole Militari, finivano con l'arruolarsi come soldati, tentando in seguito la carriera. Tra questi, i cosiddetti «figli di truppa>> rappresentavano una figura sociale tipica del mondo militare del XIX sec.: dalla minorità ai 16 anni essi servivano con mansioni varie (ad es. come tamburini, musicanti, ecc.), ricevendo una paga ridotta, ed infine arruolandosi «de pieno iure>> al compimento del 16° anno. Particolare menzione merita inoltre il sistema della «surrogazione>>, ossia dei cambi. In pratica, il coscritto che volesse farsi sostituire nell'obbligo di leva doveva versare al tesoro la somma di 240 ducati (circa 3,5 milioni di lire del 1984), che venivano in seguito impiegati per remunerare il «surrogante>> sotto forma sia di premio d'ingaggio che di rendita annuale. Il «surrogante» doveva essere un soldato già in servizio da almeno 4 anni (7 per i corpi a più lunga ferma). Questo sistema, anticamente affidato ad intermediari privati ma successivamente gestito in proprio dallo Stato per evitar e irregolarità, non godeva peraltro di buona fam~ presso le truppe, che solevano bollare i «surroganti» con l'epiteto di «carne venduta!>>.

L'impegno di rafferma della truppa doveva contrarsi per un periodo predeterminato di tempo e prevedeva talora la corresponsione di un premio (6 ducati, circa 88.000 lire attuali, per una durata di sei anni). Per i sottufficiali invece la rafferma non era soggetta a limiti prefissati. Particolari norme disciplinavano l'arruolamento dei corpi svizzeri, per i quali vigevano limiti di età più ampi (dai 17 anni ai 36 od anche ai 40). A partire dal 1849, in esito al conflitto diplomatico conseguente alle vicende del «Sonderbund» nella Con- ·· federazione Elvetica, l'arruolamènto dei militari svizzeri non veniva più svolto attraverso le autorità cantonali della Confederazione, ma direttamente (ed a titolo privato) da agenti legati ai colonnelli comandanti dei reggimenti ed ai capitani comandanti di compagnia: ciò che incideva non poco sulla

qualità del reclutamento e lasciava naturalmente spazio a speculazioni

ec~nomiche

personali.

Gli ufficiali nazionali della fanteria e cavalleria erano per circa 2/3 reclutati direttamente tra i sottufficiali mediante esami di idoneità, e per il rimanente dal Real Collegio Militare, dalla Compagnia delle Guardie del Corpo a Cavallo o da canali diversi (cfr. infra). Per l'Artiglieria ed il Genio, invece, i quadri provenivano quasi totalmente dai corsi del Rea! Collegio Militare. Gli ufficiali dei corpi svizzeri, infine, venivano in parte reclutati dai sottufficiali ed in parte prescelti tra gli elementi della borghesia dei Cantoni su proposta dei capitani comandanti delle compagnie: anche in questo caso il sistema lasciava adito a favoritismi di varia natura ed a guadagni personali non trascurabili da parte dei «proponenti».

IL RECLUTAMENTO: UNA VAEUTAZIONE Fedele al modello francese dell'«esercito di qualità>>, il sistema di reclutamento configurato daHa legge del 1834 ne rifletteva inevitabilmente la pr~n­

le ordinarie esigenze di pace ma comunque scarso . nell'evenienza bellica - , finiva infatti con il penalizzare la formazione di adeguate riserve cui ricor-

cipale debolezza: l'insufficienza delle riserve.

rere in caso di mobilitazione (23).

L'esercito «di caserma» del XIX sec., tutto incentrato sul mantenimento di un forte nucleo di professionisti - fin troppo numeroso e costoso per

26

(22) P. PrERI, op. cit., pag. 449. . (23) P. PrERt, op. cir., pagg. 448 e segg.


Per portare gli organici dal piede di pace a quello di guerra, in definitiva, le autorità potevano ricorrere: - al richiamo della riserva, ossia delle aliquote delle ultime 5 classi di leva che avevano cessato il servizio; - ed alla chiamata dell'aliquota della classe di leva dell'anno: se necessario, dell'intera classe. Ora, si è già rilevato che l'alto numero di rafferme, «surrogazioni» ed arruolamenti volontari, che coprivano una parte importante del fabbisogno del reclutamento, riduceva il ricorso alla classe annuale di leva ad una misura ben inferiore al getti· to teorico del contingente. Se da un lato ciò permetteva di disporre permanentemente di un valido nucleo di professionisti, ne conseguiva peraltro che, in caso di richiamo delle classi di riserva - mobilitabili, si badi, limitatamente ai soli congedati e non per gli interi contingenti -, le aliquote dei richiamandi risultavano altrettanto scarse. n completamento degli organici di guerra, quindi, dipendeva essenzialmente dalla chiamata della classe di leva dell'anno, mobilitabile anche per intero. All'atto pratico, ciò produceva due inconvemenu: - un ingrossamento improvviso degli organici non mediante riservisti già in parte addestrati, ma da parte di reclute del tutto inesperte ed in numero tale (cfr. gettito teoricç> della leva) da rallentarne l'addestramento, specie per le armi tecniche e la cavalleria per le quali non vi era riserva; - una reazione psicologica negativa da parte della popolazione (essenzialmente contadini) la quale, abituata ad una coscrizione parziale, all'epoca della mobilitazione del 1848 reagì con un afflusso rallentato ai d istretti ed un livello non trascurabile di renitenza.

L'aprirsi della crisi del 1848/49, che vide l'esercito borbonico impegnato in più teatri operativi (la Sicilia, l'Italia settentrionale, l'ordine imerno e le operaztoni contro la Repubblica Romana), rivelò puntualmente queste debolezze. A soli tre giorni dall'annuncio della partenza del Corpo di Spedizione in Italia settentrionale (29 marzo 1848), il Governo napoletano aveva tempe· stivamente chiamato alle armi l'intera classe 1827

e preavvisato il richiamo della n serva (5 classi 1818/19/20/21122). Tuttavia, le operazioni di mobilitazione avvennero con lentezza: circa quattro settimane contro la settimana impiegata in Piemonte per ben sette classi di riservisti (24). Ma il difettoso funzionamento della mobilitazione del 1848 risentì soprattutto della cattiva volontà politica della corona e del disegno ostruzionistico che spinse gli elementi conservatori dell'amministrazione a rallentarne le operazio ni, così da indebolire il corpo di spedizione che doveva partire in quei giorni per la Lombardia (e che difatti partì, ma con i soli organici di pace), a tutto vantaggio del grosso conting~me lasciato in vece a tutelare l'ordine interno del regno e successivamente impegnato nella rinconquista della Sicilia.

Degli inconvenienti determinatisi nella mobilitazione del 1848, la stessa amministrazione militare era naturalmente cosciente (25). A par tire dal 1849 si attuò un progressivo rafforzamento del reclutamento, culminato nel periodo tra il 1854 ed il 1856, che portò i rep arti su un piede organico totale di circa 98.400 uomini, ad un livello intermedio cioè tra quello di pace (71.900 effettivi circa) e quello di guerra {127.600 effettivi circa) (26). Tale misura permise al contempo: - di facilitare, in caso di guerra, la formazione dei terzi battaglioni delle unità di fanteria. Potendo infatti comare su compagnie di 160 effettivi (cfr. Rea! Decreto del 1856), bastava distaccare da ogni compagnia 50 soldati di lunga ferma, 2 sottufficiali ed un ufficiale per ottenere i quadri del terzo battaglione, da completare con l'apporto dei riservisti; - di allargare la base della leva, così da ampliare parallelamente le riserve richiamabili in caso di mobilitazione. Nel suo studio del 1858, Mezzacapo quamificava l'apporto delle riserve a circa 36.000 effettivi,

{24) P. PJERI, op. cit., pag. 452. (25) Già nei primi giorni dell'emergenza del 1848 il Cap. Girolamo Ulloa, in un suo articolo apparso sulla stampa napoletana, lamentava nella carenza degli organici la principale debolezza dell'esercito in corso di mobilitazione. {26) C. MEZZACAPO, op. cit., pagg. 52 e 53.

27


dati da un gettito teorico di 44.000 congedati (27), dedotto un 17% circa di perdite per cause varie . Con questi 36.000 uomini si poteva quindi procedere al completamento degli organici di guerra (circa 26.000 effettivi da aggiungere al piede intermedio di quegli anni) ed alla formazione di nuove unità: la classe annuale di leva avrebbe così consentito il rimpiazzo delle perdite.

n rafforzamento degli organici adottato dal governo napoletano negli anni cinquanta appare in effetti l'unica misura tecnica e razionale compatibile con il rispetto del sistema di reclutamento proprio degli eserciti «di qualità». Infatti, il perdurare nella Penisola della fase di instabilità politica generata dal processo risorgimentale (28) e, parallelamente, le esigenze dell'ordine interno dopo la crisi del 1848/49 giustificavano ampiamente questo stato di «preallerta>) delle forze armate. Peraltro, l'accentuazione della tendenza a fare dell'esercito una struttura di «professionisti» (un

«esercito di polizia)) lo definisce il Pieri) acuiva delicati problemi: - le spese militari incidevano in modo ormai eccessivo sul bilancio dello stato (dr. cap. ll.l); - parallelamente, l'esercito diveniva un «ente di sussidio per la disoccupazione» (29) che, attraverso l'arruolamento di precari e disoccupati, felici di trovare un'occupazione garantita per sé e spesso per la famiglia, finiva con il legare un gran numero di soldati e di bassa forza «più che alla bandiera ... al Re, a lui, a Ferdinando il» {30), diventando un organismo progressivamente avulso dalla società, «... precisamente come se fosse stato formato da stranieri» (31). Con quanto vantaggio per la motivazione e-reattività delle truppe è quindi facilmente immaginabile. Inconvenienti tecnici e debolezze politico-sociali finivano dunque con il fondersi, alterando i precari equilibri che avevano sin lì retto l'istituzione militare borbonica. La crisi dell'anno 1860 portò ad emersione queste cause.

L'AVANZAMENTO Le procedure di avanzamento si fondavano su due criteri: - l'anzianità del grado, computata dalla data del brevetto o della nomina: essa era indifferente a qualsiasi vicenda occorsa nel periodo di tempo considerato (per cui, in ultima analisi, si poteva uscire e rientrare in servizio attivo più volte, senza per questo inficiare l'anzianità); - l'idoneità al grado, da comprovarsi sulla base di specifici esami e/o titoli acquisiti nel corso del servizio. Nel caso degli ufficiali, il non riconoscimento dell'idoneità determinava, di norma, l'esclusione dal servizio attivo od il prepensionamento, così da accelerare l 'iter di quanti seguivano nell'ordine di avanzamento: raro dunque il caso di ufficiali che, non ammessi all'avanzamento al grado superiore, restassero in servizio attivo. L'esame di idoneità seguiva una procedura pressoché uniforme per tutti i livelli gerarchici sino a quello di ufficiale. n primo avanzamento aveva luogo per accedere al grado di caporale, secondo questo iter:

28

- un ordine del giorno del colonnello comandante del reggimento invitava i soldati a presentare le domande di ammiSSione;

(27) In effetti, moltiplicando i 160 uomini di ogni com· pagnia forniti dalle 5 classi alle armi per le 338 compagnie che formavano i reparti di fanteria, si hanno 54.100 uomini circa dai quali vanno dedotti circa 10.000 uomini costituenti la quota di rafferme: al totale, quindi, 44.000 uomini che, per tutte e cinque le classi richiamabili, formavano la riserva. (28) Lo stesso clima internazionale era ormai profondamente compromesso per le Due Sicilie. La pubblicazione· delle lettere del Ministro Gladstone con· tribul infatti a creare il vuoto intorno allo stato napoletano da parte dell'opinione pubblica straniera. Dopo gli attacchi rivolti pubblicamente al regno durante il Congresso di Parigi, inoltre, la tensione con fa Francia e l'Inghilterra si concluse, nelJ'ottobre 1856, con la rottura dei rapporti diplomatici con le Due Sicilie. Sul piano dell'ordine interno, inoltre, il tentativo insurre-. zionale del Pisacane e l'attentato al re commesso dal Caccia· tore a Piedi Agesilao Milano inducevano a profonda cautela. Su questi temi, cfr. R. MosCATI, op. cit., pagg. 126 e segg. (29) Cfr. P. PlERI, o p. cit., pagg. 656 e 658. (30) Cfr. P. PlERI, op. cit., pagg. 657 e 658. (31) Cfr. la testimonianza del De Benedictis, gi~ ufficiale del Genio, riportata da R. MOSCATI, op. cit., pag. 152, e l'intervento del Cenni sopra riportato in nota.


- i candidati avanzavano la domanda tramite i comandi di compagnia, che la corredavano delle loro osservazioni; · - veniva pubblicata la lista degli ammessi agli esami, normalmente in ragione di tre candidati per ogni posto disponibile (le esclusioni erano motivate) e si nominava la commissione giudicante; - aveva luogo l'esame mediante prove scritte e prove tecnico-pratiche sulla base di un programma autorizzato dal Comando Generale e dall'Ispettore dell'Arma; - redatto il verbale delle prove d'esame, con osservazioni e punteggi, la documentazione era rimessa al colonnello comandante che rendeva noti i risultati e pubblicava la lista degli idonei in ordine di anzianità. Le promozioni avevano quindi luogo seguendo tale graduatoria. La stessa procedura era seguita per tutti gli esami sino al livello di Aiutante Sottufficiale. Per il passaggio a Portabandiera ed Aiutante Sottufficiale, peraltro, la composizione della commissione era ampliata sino a comprendere generali ed ufficiali supenon.

Secondo quanto accennato, l'avanzamento al grado di alfiere, primo dell'ufficialità, avveniva: - per due terzi mediante selezione fra gli Aiutanti Sottufficiali di una stessa arma o corpo;

- per un terzo con provenienti dai corsi del Real Collegio Militare (Nunziate!Ja) e dallo Squadrone delle Guardie del Corpo a cavaJlo. Eventuali posti ancora vacanti erano colmati nell'ambito del cosiddetto «terzo disponibile», ricorrendo cioè ai giovani sottufficiali di qualsiasi grado ed arma ed anche ai borghesi (normalmente figli di ufficiali), ammessi a tale procedura privilegiata su concessione sovrana. Dal grado di alfiere a quello di capitano incluso, l'avanzamento avveniva per anzianit à in fanteria e cavalleria, e mediante esami di idoneità per artiglieria e genio (ogni due anni). L'ultimo esame di idoneità era previsto per il passaggio da capitano a maggiore: l'accesso ai gradi di Tenente Colonnello e Colonnello era infatti basato esclusivamente sull'anzianità. Per il passaggio a Brigadiere e, quindi, a Maresciallo di Campo e Tenente Generale (solo il Re rivestiva il grado di Capitan Generale), vigeva egualmente il criterio dell'anzianità. li Re aveva peraltro potere di «scelta» per promuovere i colonnelli a generali, facoltà di norma esercitata per ragioni fondate e specifiche: una volta tuttavia che il Sovrano avesse così alterato l'ordine di anzianità dei ruoli, normalmente egli disponeva al contempo che gli ufficiali postergati in quanto ritenuti non idonei al grado di generale fossero assegnati ai ruoli sedentari o posti in pensione.

«FORMOLA DEL PROCESSO VERBALE PEL GIURAMENTO DI FEDELTÀ A S.M. (D .G.) D A P RESTARSI DAGLI UFFIZIALI DI NOVELLA N OMINA»

..

•cio N.N. prometto e giuro fedeltà ed ubbidienza al Re Ferdinando //, e pronta ed esatta ubbidienza ai suoi ordini. Prometto e giuro che disimpegnerò col massimo zelo, con probità ed onore le funzioni a me affidate. Prometto e giuro di osservare e far osservare le leggi, le ordinanze, i decreti ed i regolamenti che per ordine del Re sono attualmente in vigore, o che S.M. pubblicherà in avvenire. Prometto e giuro di non voler appartenere, ora né mai, a veruna associazione segreta di qualsivo· glia titolo, oggetto o denominazione. Così Dio mi ajuti». «FORMOLA PER LA RICONOSCENZA D E' G RADI DI UFFIZIALI DI NUOVA NOMINA»

e/n nome del Re, signori Uffizial~ e voi sotto Uffiziali e soldati del ...... ........... ..... .... riconoscerete Don .......................... per (s'indicherà il grado dell'Uffiziale) e l'ubbidirete in tutto ciò che Egli vi comanderà pel bene del servizio del nostro Augusto Sovrano, e per la esecuzione delle Leggi, e regola· menti militari». 29


Se da un lato l'adozione del criterio dell'anzianità rispondeva ali' esigenza di evitare i favoritismi, dall'altro canto esso finì con il disincentivare o gni miglior rendimento individuale, mortificato evidentemente da un ruolo di anzianità comunque determinante ai fini dell'avanzamento . Al riguardo, Mezzacapo ricordava il caso di alcuni ufficiali distintisi nella spedizione del 1848/49 in Sicilia i quali, per quanto più volte proposti per la promozione per merito di guerra da parte del Gen. Filangieri, comandante del corpo di spedizione, « ••• furono colmati di croci e pensioni piuttosto che promossi a grado superiore a preferenza dei loro compagni più anziani» {32). Ma un altro, più grave scompenso si origin ava da questo meccanismo giuridico-amministrativo in sinergia con un sistema di reclutamento dei quadri effettuato in vasta parte tra i sottufficiali: l'età media assai avanzata dell'ufficialità. Le preziose ricerche sui profili biografici degli

Ruo li militari del 1860

Numero ufficiali esaminati

(l)

...

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:::É

Età medi a (anni)

ufficiali napoletani condotte su documenti d'archivio dal D ott. Carlo Di Somma ci permettono infatti per la prima volta di tracciare un'analisi delle età medie riferite ai quadri iscritti ai ruoli nel 1860. il campione di cui disponiamo non è completo ma è in effett i significativo: 318 ufficiali, costituenti o la quasi totalità dei posti organ ici per i rispettivi gradi nell'ambito delle arnii e cor pi di appartenenza, o per i capitani, i primi per an zianità • nei ruoli stessi. n campione si riferisce allo Stato Maggiore Generale, all'Artiglieria, alla Fanteria, alla Cavalleria ed al Genio: si tratta quindi di tutti i corpi attivi del Rea! Esercito, senza tener conto dei ruoli sedentari o secondari. quadro che ne scaturisce, sintetizzato nella tabella sotto riportata, è senza dubbio alquanto sconsolante, ma è il risultato inevitabile della combinazione dei due dispositivi amministrativi prima individuati.

n

(32) C. MEzu.cAPO, o p. cit..

-

D i cui:

s

s

s

s

45 anni

50 anni

55 anni

60 anni

-

-

-

-

3/49

3/ 49

8/49

-

-

Tenenti Generali Mares<:ialli di Campo Brigadieri

13/ 13 20/ 20 49/ 49

79,7 67,0 62,1

Colo nnelli Tenenti Colonnelli Maggiori Capitani (3)

5/ 5 19/19 9/9 15/15

64,8 59,8 49,9 41,0

Colo nnelli Tenenti Colonnelli Maggiori Capitani (3)

2/ 2 8/ 9

-

15/ 15

62,5 63,4 59,4 50,5

-

C o lon nelli Tenenti Colonnelli Maggiori Capitani (3)

23/23 21/ 22 59/ 59 10/ 15

62,6 61,1 53,4 50,3

1/23

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Colonnelli Tenenti Colonnelli M aggio ri Capitani (3)

7/7

9/9 10/11 15/20 9/15

59,4 56,5 55,7 52,9

15/15

-

-

4/ 49 3/10

2/9

-

l P.S. (33 an.)

-

2 c.o. (76;83) -

6/ 19

4/9

3/19 5/9

-

1/7

1/7

6/ 15

8/15

1/ 15

2/ 23

3/23 5/21 12/59 4/ 10

3/21 10/59 2/ 10'

. 4/ 9 2/ 10 4/ 15 2/ 9

4/ 10 3/ 15 2/ 9

-

6/ 59 -

1/ 10 3/15 1/ 9

-

-

4/ 20 3/49

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N ote (2)

-

1/8

-

-

-

l P.S. (22 an.)

-

FONTE la tabella sop ra riportata è stata elaborata d•gli Autori sull• b~ d~i dati anagrafici gentilm<nte conc..si dal Dou. Carlo Di Somma di Napoli, sulla scorta dei docum<nti ·Libreui di Vita e Costumi• (Archivio Stato Napoli} ed altri profili biografici relativi all"ufficialità napoletana.

LEGENDA {l) Campione rappresentante il numero degli ufficiali esaminati sul totale degli ufficiali iscritti nd ruolo delle rispettive armi per quel grado (es. 13 T~nent i Generali sui 13 iscrini al ruo lo). (2) P2rticolariti ~nagl'llfiche u li d~ alterare il d~to medio: - . P.S.•• Principe del Sangue (Fratelli del Re) iscrirri nei ruo li in e!Ò sensibilmente inferiore alla media (tra parentesi gli onni). - •C.O.••Carica O no rifica, ossia ufficiali che benché in età avonz.uissimo (gli onni tra parentesi) ven ivano ancora lasci21i eccezionalmente nei ruoli; ciò altera evidentemente in eccesso il dato medio. (3) Pe r i Capitani il campione è limitato ai soli p rimi 15 iscriu i nei ruoli dell< rispe11ive armi, in quanto condi7jonanti l'anzianità di tuui gli altri.

30


SCUOLE ED ISTITUTI D I IST RUZIONE MILITARE L'ordinamento · delle scuole militari comprendeva:

ne dei quali gli allievi sostenevano un esame di idoneità. Le ricchissime pagine del Montù (35) do~umen­

a) Il Rea/ Collegio Militare

ta~o

Traente le sue origini dall'istituto fondato nel 1!86 da Ferdinando IV, esso forniva ufficiali princtp~mente destina~i all'Artiglieria ed al Genio, nonche alle altre arm1 per la parte eccedente il fabbisogno di questi corpi. ll Real Collegio aveva in effetti acquisito tale carattere di istituto essenzialmente orientato alla formazione per le armi tecniche soprattutto in seguito alla riforma del maggio 1816 che aveva ristrutturato la preesistente Scuola Militare Politecnica creata da Murat nell'agosto 1811 (33}. Sede tradizionale del Real Collegio era il Monastero dell' Annunziatella in Napoli, in contrada Pizzofalcone. Nel 1855, Ferdinando II lo trasferì a Maddaloni, sperando di preservarlo dagli effetti della propaganda nazionale che, assai viva nella capitale, aveva già fatto ingresso nell'istituto nel 1848, causando alcuni incidenti politici (34}. Alla morte del sovrano, nel 1859, il Real Collegio poté far ritorno all'antica sede napoletana. Gli allievi erano ammessi in età dai 10 ai 12 anni e, per legge, avrebbero dovuto essere figli di ufficiali superiori (capitani inclusi} o appartenenti alla nobiltà, ovvero «borghesi» ma con relazioni di parentela con ufficiali generali. Peraltro queste restrizioni vennero in parte attenuate nel tempo, ammettendosi quote crescenti di figli di ufficiali subalterni ed appartenenti alla borghesia. L'allievo doveva corrispondere una retta annuale pari a 180 ducati (circa 2,6 milioni del 1984}, più 100 ducati il primo anno per il corredo. Erano peraltro previste le cosiddette «piazze e mezze piazze gratuite», concesse dal re in considerazione di particolari condizioni personali. n numero degli allievi era ordinariamente di 170 effettivi, suddivisi in quattro compagnie inquadrate da ufficiali del Real Esercito e da sottufficiali nominati per merito tra gli allievi dei corsi superiori. Alcuni sottufficiali dei Veterani prestavano inoltre servizio per le mansioni d'ordine. Sulla base dell'ordinamento del marzo 1823, rimasto pressoché invariato sino al 1861, i corsi erano organizzati su otto anni di frequenza, al termi-

_si_gnificativamente la complessità dei program-

mt dt msegnamento e, più in particolare, l'alto livello scientifico raggiunto dai corsi di artiglieria (7a ed 8a classe}, grazie specialmente all'attività didattica _del Capitano Nunzio Ferrante, titolare in quegli an m della cattedra di «artiglieria teorica» (36). Sulla base della valutazione d'esame, veniva quindi formata una graduatoria che condizionava l'_a~1Zi~nità nei ruoli di avanzamento: i primi classtftcau erano assegnati all'Artiglieria ed al Genio, nei limiti del fabbisogno d'organico. Gli altri erano inseriti nei reparti di Fanteria e Cavalleria. Quanti non superavano l'esame erano invece immatricolati nei corpi in qualità di sottufficiali, ovvero direttamente congedati.

La caduta del Regno impedì il completamento di un progetto per la riorganizzazione dei corsi che, presentato sul finire del 1859, era stat o sottoposto al vaglio del «Consiglio di Istruzione» agli inizi del marzo 1860, con lo scopo di pubblicare un nuovo regolamento da applicarsi a partire dal corso 1860-61. Con il deteriorarsi della situazione politica e militare durante il 1860, si andarono adottando provvedimenti d'urgenza volti ad accelerare l'istruzione degli allievi dell'ottava classe, così da consentirne l'immediata immissione nei ruoli dei corpi, senza passaggio alla Scuola di Applicazione. In tal senso, alcuni allievi parteciparono agli esperimenti svoltisi al Poligono di Bagnoli nel giugno 1860 sull'impiego degli obici rigati.

(33) A conferma della natura dell'istituto, ricordiamo che negli ultimi quindici anni di vita del Rea! Collegio, tutti i comandami furono ufficiali di artiglieria. (34) A seguito degli avvenimenti di quell'anno, furono allontanati dal Real Collegio vari docenti - tra i quali il De Sanctis, l'Amante, l'Alvino - e due allievi, ed altri nove vennero severamente ammoniti e sorvegliati. (35) C. MoNTù, «Storia dell'Artiglieria Italiana», parte II, vol. IV, pagg. 1895-1992, Roma 1934-38. (36) Cfr. ad es. l' «Indice delle teoriche di artiglieria...» per l'anno 1853 in C. MoNTÙ, op. cit., pagg. 1969-72.

31


Se una parte degli allievi aderì al nuovo governo sull'onda dei successi garibaldini, nondimeno alcuni, quasi tutti provenienti da famiglie di ufficiali, voller·O seguire le sorti del Real Esercito sino alla caduta del Regno: tra questi molti raggiunsero Gaeta e, nominati alfieri nelle varie armi tecniche, si battero no con valore durante l'assedio.

b) La Scuola d'Applicazione d'Artiglieria e Genio Sebbene la creazione di una Scuola di Applicazione fosse stata disposta già con decreto del giugno 1816, al fine di provvedere alla formazione complementare dei giovani ufficiali destinati alle armi tecniche (37), le drastiche riduzioni del bilancio militare negli anni immediatamente successivi alla Restaurazione impedirono la effettiva realizzazione di tale struttura. Un progetto per la creazione della Scuola venne successivamente riproposto dal Gen. Filangieri in qualità di Direttore dei Corpi Facoltativi, ma in pratica non si andò oltre la realizzazione di una <<Scuola Pratica Scientifica>> di Artiglieria. Successivamente (gennaio 1854), il brigadiere G. Scala, Ispettore incerino dei Corpi Facoltativi, riprese ed ampliò il progetto del Filangieri, prevedendo l'istituzione di una Scuola di Applicazione per gli Alfieri dell'Artiglieria, del Genio e dello Stato Maggiore. Tale progetto si ispirava da un lato all'analoga Scuola francese di Metz, comune all'artiglieria ed al genio. D'altro canto, si riconosceva valida l'esperienza piemontese includente anche lo Stato Maggiore, sia per motivi di economia della gestione, che per ragioni di opportunità, dato che, in molte parti, lo studio applicativo doveva essere lo stesso per le tre specialità. n progetto fu quindi ·sottoposto nel marzo 1854 all'esame del Consiglio Generale di Artiglieria ma l'esito fu negativo, ritenendosi che il Real Collegio Militare già supplisse ad una parte dei programmi m questione. Dopo alterne vicende relative ad altre proposte in materia, il 31 ottobre 1857 fu infine pubblicato il primo regolamento istituente in Capua la. Scuola di Applicazione d'Artiglieria e Genio, alla frequenza della quale erano tenuti gli alfieri delle due armi provenienti dai corsi del Real Collegio. La durata del corso applicativo era di un anno. Alla fine del corso gli allievi sostenevano un esame di idoneità sulle materie trattate, i cui risul32

tati erano in seguito trasmessi alla Direzione dei Corpi Facoltativi. Per acquisire l'idoneità al grado di Primo Tenente, tuttavia, gli allievi dovevano sostenere un nuovo esame sulla base dei programmi stabiliti ogni anno dall'ispettorato alle due armi, da tenersi dopo un anno circa dal termine del cors applicativo stesso. Al primo corso della Scuola (1857-58) gli alli, vi furono otto, di cui cinque di artiglieria e tre de genio. L'anno successivo (1858-59) il numero degl. allievi salì a dodici, di cui dieci artiglieri. Oltre alla specializzazione d'arma, gli allievi perfezionavano la scuola d'equitazione ed il comando delle sezioni delle batterie a cavallo. La Scuola era ubicata a Capua, nel Padiglione di S. Giovanni, ove gli allievi avevano anche i loro alloggi.

c) Lo Squadrone delle Guardie del Corpo a cavallo Pur essendo propriamente un reparto delJa Casa Militare del Re, e come tale addetto al <<Servizio delle Reali Persone>> {38), lo Squadrone fungeva al contempo da <<Unità di istruzione>> dato che le Guardie avevano facoltà, dopo sei anni di servizio nel reparto, di passare alle unità di fanteria e partico- larmente di cavalleria della Linea o della Guardia Reale, con il grado di Alfiere. n passaggio avveniva previo esame di idoneità che aveva luogo annualmente. Comandante dell'unità era un Tenente Generale, il quale deteneva altresì una delle quattro cariche di «Capi di Corte» ed era prescelto per antica consuetudine tra i primogeniti di una delle più illustri famiglie della nobiltà del regno. Le origini del reparto rimontavano al XVill secolo, ma la sua struttura organica era stata riordinata con R.D. dell'agosto 1815. L'accesso allo Squadrone era assai esclusivo, dato che si richiedeva al candidato <<pruova di Nobiltà generosa>> ed un «assegnamento di ducati dodici al mese, sia su beni mobili, sia su beni immobili>> (38)..

(37) Cfr. C. Momù, op. cit.. (38) Cfr. "Tipi Militari dei differenti Corpi che compongono il Rea.le Esercito c l'Armata di Mare di S.M. il Re del Regno delle Due Sicilie- per

ANTONIO ZEZON,

Napoli 1850,

n sez.


gio, gli altri essendo destinati, al termine dei corsi, alla nom ina a sergente o caporale. Tuttavia, a seguito degli avvenimenti politici del 1848 nei quali alcuni allievi erano stati coinvolti, la Scuola Militare venne sciolta. Le sue funzioni vennero virtualmente assegnate ad un nuovo istituto: il Battaglione degli Allievi Militari, creato il 15.11.1849 con sede in Gaeta (Località S. Agostino). La profonda differenza tra le due scuole è peraltro evidente ove si legga l'art. 35 del Regolamento istitutivo del Battaglione: «... Gli allievi non usciranno che semplici soldati nei Corpi dopo gli anni di permanenza nel Battaglione qualunque sia il loro grado di istruzione, ed è nei Corpi per quelli che avran profittato, che dimostrando essi ed applicando la loro istruzione ·sì teorica che pratica potranno ottenere i più alti gradi dell'Esercito... ». L'ammissione avveniva tra gli 8 ed i 12 anni (con eccezioni sino ai tredici anni) « .•. avendo certificato valida salute, e la legittima provenienza da comprovarsi con regolari documenti...». La selezione avveniva tra i «figli di truppa» ed i figli dei sotcufficiali ed ufficiali dell'Esercito, d ietro provvedimento reale o ministeriale. L'organico prevedeva quattro compagnie di 120 (sino a 150) allievi ciascuna, inquadrate da ufficiali e sotcufficiali dell'esercito. Gli allievi, suddivisi in cinque classi, seguivano corsi di letteratura, matematica ed esercizi militari, secondo il dettaglio fornito dal T itolo IV del citato regolamento istitutivo, sostenendo alla fine di ogni anno gli esami per il passaggio alla classe supenore.

ORGANICO DELLO SQUADRONE DELLE REALI GUARDIE·DEL CORPO A CAVALLO 1 Capitano (con l'onorificenza e/o il grado di Tenente

Generale) l Primo Tenente (c.s., ma Maresciallo di Campo)

1 Secondo Tenente (c.s., ma Brigadiere} 2 Primi Esenti (c.s., ma Colonnellz) 4 Esenti di Prima classe (c.s., ma Tenenti Colonne/h) 4 Esenti di Seconda classe (c.s., ma Maggion) 4 Brigadieri (c.s., ma Capitanz) 8 Sottobrigadieri (c.s., ma Primi Tenentt) di cui un Quartiermastro ed un Magazziniere l Chirurgo 1 Cappellano 100 Guardie (con il grado di Alfiere} 2 trombette (non nobili)

d) Il Battaglione degli Allievi Militari Sino al 1848 funzionava a Napoli una Scuola Militare per la formazione dei sotcufficiali dei diversi corpi. L'età di ammissione era analoga a quella del Real Collegio Militare ed il reclutamento per le 160 piazze disponibili avveniva tra i figli di ufficiali e borghesi non aventi i requisiti necessari per l'ammissione al Real Collegio. I corsi comprendevano, oltre alle materie di istruzione militare, anche la letteratura e la matematica elementare: previo concorso, i migliori allievi della Scuola potevano passare al Real Colle-

Ogyclli per la Scud a Nonnalc.

Abbicl ligati con pergamena, ~ o· per Compagnia. Tronto di caralleri, ligaio alla rustic.'l. Dottrina Cristiana , Spinelli , ligata alla rustica·, W copie per Compagnia. Libri di l ettura, ligal i con pergamena, 5 per Compagnia. Grammatica, Adone , ligala alla bodo-niana, una per Compagnia. • Geometria piana , Caravelli, ligata con pergamena , una per Corpo ad uso

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Aritmetica , Caravclli, hgala con pergao1ena, una per Compagnia. Calamaio, c polverino , uno per ogni quattro individui. · 1\Ianualctti di Ordinanza , ligati alla rustica , uno per Compagnia. Temperini , tre per Coq10. Uighe, o quadretti di diverso luJlBhezzo, t 2 un ltcggimenU> - 8 un Da tla-· gliono. Quadro di pietra lavagna. • . Spugne a seconda il biao(plo.

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(Dal "Manuale • . • •• " a cura d i C. Campanelli , Napoli 1852)

33


L'uscita dal Battaglione avveniva tra i 17 ed i 18 anni, sempre a seguito di esame di idoneità, sulla base del quale, tra l'altro, si effettuava l'assegnazione a1 van corpi.

e) Altri istituti e scuole minori Al fine di migliorare ed uniformare lo stile d'equitazione dei reparti montati, nel 1844 era stata istituita una <<Scuola di Equitazione>> che formava ufficiali e sottufficiali istruttori, in seguito assegnati ai reparti di cavalleria ed artiglieria a cavallo. Con analoghi scopi di formazione operavano le numerose «Scuole di Tiro>> e «Scuole di Ginnastica» nonché le quattro «Scuole di Scherma>> istituite a partire dal 1848 in Napoli, Capua e Caserta (ossia i principali centri di guarnigione). In tutti i reggimenti e battaglioni isolat i operavano inoltre le «Scuole Reggimentali>> che provvedevano alla formazione culturale e tecnicoprofessionale della truppa e dei sottufficiali in vista delle prove d'idoneità per l'avanzamento. Non

34

essendo disciplinate da un regolamento unico, le diverse scuole differivano per organizzazione e metodi a seconda delle unità di appartenenza. La mancanza di un ordinamento uniforme per tali scuole «di base>> era peraltro inconveniente ben noto agli ispettorati delle varie armi, i quali (almeno per i Corpi Facoltativi) avevan.o a più riprese presentato progetti di riorganizzazione e regolamento di tali istituti (39). Da ricordare infine una sorta di istruzione «premilitare>> attuata dagli «Alberghi dei Poveri>> di Napoli ed A versa, che ospitavano, oltre agli inabili al .• lavoro, anche molti giovani orfani o nullatenenti, ai quali venivano impartiti un'istruzione formale militare nonché un avviamento professionale (elef!lenti di musica, pratica di falegnameria, lavorazione dei metalli e pellami, sartoria, ecc.) che ne consentiva il successivo reclutamento da parte dell'esercito.

{39) Cfr. C.

MONTÙ,

op. cit.


CAPITOLO IV

GLI OR G ANI C I

CENNI GENERALI

I corpi di truppa erano distinti in truppe attive e truppe sedentarie. Erano definiti corpi di truppa attiva quelli «...sempre pronti a marciare ...» (Ordinanza Amministrativa del 1824, art. 82): - Fanteria e Cavalleria della Guardia Reale; - Fanteria e Cavalleria della Linea (reparti nazionali e svizzeri); - Corpi Facoltativi {Artiglieria a Piedi ed a Cavallo, Artefici, Genio e Treno); - Compagnie delle Reali Guardie del Corpo (a Piedi ed a Cavallo); - Gendarmeria Reale. L'esercito borbonico degli anni cinquanta era la risultante delle trasformazioni ordinamentali operate da Ferdinando ll sul corpo di truppe ricostituito a partire dal 1823 sotto i regni di Ferdinando I e di Francesco I. La base dell'organizzazione e delle strutture ordinamentali era rappresentata dal Rea! Decreto 21 giugno 1833 n. 1566, che fissava appunto la organizzazione del Rea! Esercito, stabilendo il numero e la composizione dei corpi. Il provvedimento portava a compimento il lavoro svolto dalla Giunta dei Generali incaricata per l'appunto, come già accennato, di riordinare le istituzioni militari napoletane. La fisionomia generale che scaturiva da questo provvedimento è chiaramente illustrata da Carlo Mezzacapo nel suo «Stato Militare dell'Italia» più volte citato in queste righe, il quale si rifaceva largamente alle deliberazioni della giunta ed ai successivi provvedimenti applicativi: «.. .la forza dell'esercito veniva fissata a tre reggimenti di fanteria della Guardia, dodici di Linea, sei Battaglioni Cacciatori, sette reggimenti di Cavai-

leria, due di Artiglieria da·Campo e da Piazza, un Battaglione di Zappatori Minatori, uno di Pionieri ed uno di Treno, oltre i quattro reggimenti svizzeri di fanteria già esistenti, e le truppe sedentarie e di guarnigione. I reggimenti di fanteria tutti a due battaglioni in tempo di pace, a tre in tempo di guerra; i battaglioni di sei compagnie nel primo caso, di cui una di granatieri, quattro di fucilieri ed una di cacciatori, e di sette nel secondo, di cui una di deposito... Il numero degli squadroni de' reggimenti di cavalleria veniva fissato a quattro in tempo di pace, cinque in tempo di guerra con l'aggiunzione dello squadrone di deposito .... Secondo quest'ordinamento dovea potersi mobilizzare un corpo di 60.000 uomini, alla seguente maniera ripartito: Fanteria: 4/5 del totale

linea 42 132 48 000 · leggiera 5.868 .

Cavalleria: 1/9 del totale

linea leggiera

Artiglieria: 1/13 del totale

a piedi 4.144 4.400 a cavallo 256

Genio: 1/60 del totale

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4.950 6.600 1.650

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Totale 60.000».

Negli anni successivi al 1833 furono apportate alcune modifiche agli organici ed aggiunti nuovi corpi. I principali mutamenti furono i seguenti: - creazione di nuovi reggimenti di fanteria di linea: 13° nel 1840, 14° e 15° nell'agosto 1859; - creazione di nuovi battaglioni cacciatori: sino ad un totale di 15 battaglioni all'agosto 1859 dopo la creazione del 14° e 15° in quello stesso mese, a cui poi si aggiunse un 16°; - formazione del Battaglione Tiragliatori della Guardia Reale nel 1856; 35


- creazione di due nuovi reggimenti di Carabinieri, uno a Piedi ed uno a Cavallo, mediante riorganizzazione dei disciolti corpi di Gendarmeria (tra il 1848 ed il 1850), in seguito agli avvenimenti del periodo costituzionale; - creazione di un nuovo reggimento di cavalleria leggera, i Cacciator i a Cavallo, nel 1848; - formazione della Compagnia delle Guide dello Stato Maggiore Esercito (1839) seguita nel 1851 da quella della Compagnia di Carabinieri a Piedi dello Stato Maggiore Esercito (già l a compagnia scelta dell'omonima specialità della Linea definitivamente riordinata nel primo semestre del 1850).

morte di Ferdinando Il. L'episodio, al quale non dovettero essere estranei interventi di agenti provocatori intesi ad indebolire uno dei nuclei indubbiamente più compatti dell'organizzazione militare borbonica, in vista dello svolgersi delle successive fasi del processo di conquista delle provincie meridionali ad opera dell'Armata .Sarda, fu apparentemente originato dai nuovi accordi intercorsi tra i Cantoni di arruolamento e la Corona napole- tana. In base a tali accordi, suHe bandiere dei reparti elvetici non avrebbero più dovuto figurare gli emblemi dei Cantoni di reclutamento, nel quadro della «privatizzazione>> delle procedure di arruolamento attuata dopo gli eventi del 1848/49. L'ammutinamento fu infine represso dall'intervento dei reparti napoletani e del 4 ° svizzert>, rimasto pressoché estraneo alla vicenda. Con gli elementi affidabili delle vecchie unità elvetiche e l'arruolamento di volontari esteri (bavaresi soprattutto) furono quindi creati tre battaglioni di Cacciatori Bersaglieri Esteri più un quarto di Veterani. -

Come già accennato, a seguito degli avvenimenti politico-militari del 1848/49 il piede organico del Rea! Esercito fu progressivamente incrementato sino a giungere ad un livello di effettivi intermedio tra quello «di pace» e quello «di guerra>>, Un Real Decreto del 1856 sanciva ufficialmente tale situazione provvedendo a rettificare il portato delle norme, ancora in vigore, dell'ordinamento del 1833. Tale struttura fu quella ufficialmente rimasta in essere sino alla caduta del Regno delle Due Sicilie, ad eccezione dei mutamenti operati nel corso del 1859 a seguito dello scioglimento dei quattro reggimenti di fanteria di linea svizzeri susseguente all'ammutinamento dei soldati del l o, 2° e 3° reggimento avvenuto quasi immediatamente dopo la

Alla luce delle fonti normative sopra citate, possiamo quindi ritenere assolutamente corretto e rappresentativo della struttura generale dell'esercito borbonico agli inizi del 1859 il seguente «Riassun- · to delle forze dell'Esercito napolitano•• pubblicato da Carlo Mezzacapo in allegato al suo citato studio.

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2° Reggimento ·Regina..

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12° Reggimento ·Messina» 13° Reggimento «Lucania» Reggimento Carabinieri a Piedi l o Reggimento Svizzero 2° Reggimento Svizzero ) 0 Reggimento Svizzero 4° Reggimento Svizzero

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Squadrone delle Guardie del Corpo a Cavallo

250

250

Compagnia delle Guardie del Corpo a Piedi

80

-

330

250

TOTALE

0

Reggimento ·Abruzzo,.

Nora: nell'agOSto 18S9 si aggiungono il 14° Reggimento .$anoia- cd il IS0 Reggimento ..Mcssapia..

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52

548

250

100 500

630

347

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Uffiziali

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F/ 3 -l CORPI FACOLTATIVI: IL GENIO


PARTE SECONDA

LE CONDIZIONI MATERIALI DELLA VITA MILITARE


CAPITOLO V

LO «STATUS» DI UFFICIALE

Sotto un profilo funzionale, si distinguevano quattro classi di ufficiali, ciò che determinava na-

turalmente un diverso trattamento di carattere amministrativo ed economico.

COMPETENZE ECONOMICHE QUAUFICA

FUNZIONl OPERATIVE Soldo

I CLASSE

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IV C LASSE

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Alloggio e mobilio

Foraggio

Spese rappr.za

Sopras-

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Non è naturalmente possibile in questa sede esporre l'intera serie delle numerose tabelle economiche concernenti le competenze degli ufficiali dei vari corpi. Peraltro, a titolo indicativo, riportiamo i dati concernenti i corpi di fanteria della linea, che riteniamo sufficientemente rappresentativi del trattamento vigente nell'Esercito delle Due Sicilie, specie per quanto attiene il forte divario esistente con i corpi svizzeri, di gran lunga privilegiati. Applicando la conversione da ducati borbonici in lire italiane del 1862 (rata = 4,25 x 1 ducato}, è possibile effettuare una comparazione dei citati elementi con il trattamento economico vigente

nell'Armata Sarda secondo la normativa in essere dal 1852. Su questa base notiamo che, a parità di grado e di funzione (appartenenza alla fanteria di linea), il trattamento corrisposto nell'esercito borbonico appare migliore per tutti i gradi, salvo il livello di alfiere che non era previsto negli organici piemontesi dell'epoca. In particolare, segnaliamo che un colonnello napoletano percepiva circa 477 lire/1862 in più rispetto al pari grado piemontese, ossia il 7,9% in più; mentre alla base della piramide gerarchica (sottotenente = II tenente) lo scarto era di sole 26 lire, ossia il 2% in più. 45


COMPETENZE MENSILI (ducati)

GRADO

TOTALE ANNUO Lire/1984

Soldo

Soprassoldo

Alloggio/mobilio

Ducati

Lire/1862

Colonnello

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20

12

1.524

6.477

22.300

Ten. Colonnello

70

8

10

1.056

4.488

15.452

Maggiore

60

6

9

900

3.825

13.169

Capitano

40

5

5

600

2.550

8.780

I Tenente

24

4

3

372

1.581

5.443

II Tenente

20

3

3

312

1.326

4.565

Alfiere

18

2

3

276

1.173

4.038

(000)

Per quanto riguarda la progressione degli «scatti>> economici correlati all'avanzamento di grado, nell'Armata Sarda solCf il passaggio da Tenente Colonnello a Colonnello assicurava un miglioramento più netto che a Napoli ( + 50% contro + 44%), mentre per tutti gli altri gradi la progressione salariale appare più consistente nelle Due Sicilie. Sottolineiamo infine che, se i livelli di stipendio benché attualizzati al 1984 (base indice 1STA T) appaiono nettamente più bassi rispetto a quelli oggi applicati, è d'altra parte necessario rapportarli ai prezzi dei beni e servizi correnti nel Regno delle Due Sicilie all'epoca. Per questi profili, si rinvia al seguente capitolo.

I generali, in quanto appartenenti al medesimo ruolo senza distinzione d'arma o corpo, riceveva-

COMPETENZE MENSILI (in ducati) GRADO Soldo

Soprassoldo

Alloggio e mobilio

Tenente Generale

200

so

40

Mares<:iallo di Campo

135

40

24

Brigadiere

120

30

20

46

no uno stipendio omogeneo per livello gerarchico, con corresponsioni a titolo di spese di ufficio e di rappresentanza variabili a seconda dell'incarico ncoperto. Ricordiamo che sul <<soldo» semplice degli ufficiali gravava una ritenuta del 2% che concorreva · a formare il fondo pensioni. Mentre il «soldo» e !'«alloggio e mobilio>> erano correlati al grado, il «Soprassoldo» variava con l'arma ed il corpo di appartenenza: minimo per la fanteria di linea, massimo per la cavalleria e fanteria della Guardia Reale e medio per l'Artiglieria ed il Genio. (Vedi tabella «Alloggio in natura spettante agli Uffiziali, ecc.» a pagina seguente).

Il diritto al ritiro, con percepimento dell'intero «soldo>> semplice, si maturava dopo 40 anni di servizio ed al compimento del sessantesimo anno di età. Natùralmente l'ufficiale poteva ritirarsi anche anticipatamente, per motivi di salute: in tal caso la pensione era corrisposta in misura ridotta «pro quota» rispetto all'anzianità di servizio maturata (20 anni = 1/3; 25 anni = 1/2; 30 anni = 2/3; 35 anni = 5/6). Ancora una volta differente la normativa concernente gli ufficiali svizzeri, per i quali le percentuali maturabili sulla pensiione erano più elevate a parità di anzianità di servizio.


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CAPITOLO VI

LA TRUPPA

Il TRATTAMENTO ECONOMICO

Esso comprendeva varie voci (40): a) Il .prest» giornaliero, variabile a seconda dei corpi e/o specialità: - nella Guardia Reale, nei battaglioni Cacciatori, in Cavalleria e nelle compagnie granatieri e cacciatori dei reggimenti di linea si percepiva 1 <<grana» di più rispetto alle compagnie fucilieri di linea; - nei Corpi Facoltativi il <<prest>> era commisurato alla classe di appartenenza: 3 a classe = 10 «grana»; 2 a classe = 12 <<grana»; 1 a classe = 14 <<grana»; Fuochisti e Capi Zappatori = 15 <<grana»; - nell'artiglieria a cavallo e nel battaglione Artefici e Pontonieri, infine, il <<prest» era alquanto superiore alle batterie da campo e da piazza. b) L 'assegno mensile pro-capite di «Vestiario»: in generale pari a 80 <<grana>> per tutti i gradi della truppa ed i sottufficiali, esso si elevava a 86 <<grana>> nei corpi della Guardia Reale ed a 11 <<Carlini>> nei corpi di Cavalleria. Tale assegno alimentava il <<fondo di vestiario» del r~ggimento: esso quindi non veniva corrisposto effettivamente al militare, ma era versato nella tesoreria gestita dal Consiglio di Amministrazione del reggimento che, con tali fondi, provvedeva al pagamento dei fornitori dei corpi. In definitiva, quindi, l'assegno di vestiario non rappresentava che una pura partita di evidenza contabile intrattenuta tra il Consiglio di Amministrazione e l'Amministrazione finanziaria, dato che il soldato riceveva direttamente gli oggetti di corredo a misura del loro consumo, secondo le tabelle di durata. A questo proposito, il Mezzacapo non mancava anzi di rilevare come si sarebbe semplificato

l'«iter» amministrativo sottraendo ai corpi la gestione contabile del vestiario e centralizzandola su un ufficio dipendente dalla stessa Giunta del Vestiario (Intendenza Generale dell'Esercito) che già definiva i contratti di fornitura.

c) L 'assegno mensile pro-capite di «mantenimento», pari a <<grana» 40. Anche questo assegno costituiva una voce di eviden za e non era erogato al soldato, essendo amministrato come segue: - <<grana» 26 versati al Consiglio di Amministrazione del reggimento per alimentare il <<fondo di mantenimento»; - <<grana» 14 versati al capitano comandante di compagnia, per le <<spese di lustro». Sul <<fondo di mantenimento» erano inoltre versati i ricavi delle vendite dei generi di vestiario fuori durata restituiti dai militari al ritiro dei nuovi e, per i reparti di cavalleria, anche i proventi della vendita del letame. Addebitando questo fondo il Consiglio di Amministrazione poteva far fronte alle spese correnti per riparazione del vestiario, dell'equipaggiamento, dell'armamento ed inoltre per la somministrazione del combustibile (illuminazione e riscaldamento camerate), dei m edicinali per l'infermeria ed alle altre spese generali. Il <<fondo di lustro», invece, permetteva ai comandanti di compagnia di spesare la cancelleria della fureria, il lavaggio della biancheria, l'acquisto della cera, del nerofumo e della tintura bianca per la manutenzione delle buffetter ie.

(40) Per i dati monetari riportati in seguito, valgono le seguenti equivalenze: 1 ducato = 10 «carlini» = 100 «grana». Quindi: l ducato = 4,25 lit./1862; l «carlino» = 0,425 lit./1862; 1 «grana» = 0,0425 lit./1862.

49


Nei reparti di cavalleria esisteva infine un particolare fondo detto di «massetta», devoluto alle spese di ferratura e governo dei quadrupedi.

- l'assegno per anzianità di servizio, correlato ai diversi periodi simbolizzati da appositi distintivi a <<chevron» applicati sulle maniche dell'uniforme:

Accanto a queste voci ordinarie, esistevano altre corresponswm: - il «pane», somministrato in natura dal corpo ogni due giorni, in ragione di 24 <<Once» (kg. 0,6530) giornaliere; - la <<diaria di colonna mobile>>, ossia l'indennità operativa che variava a seconda dei gradi e che raddoppiava qualora le truppe fossero impiegate in mansioni anti-brigantaggio;

dopo 10 anm: + l «grana» giornaliero; dopo 15 anni: + 1,5 «grana» giornalieri; dopo 20 anni: + 2 «grana» giornalieri; dopo 25 anni (medaglia di veteranza): + 3 «grana>> giornalieri. Assumendo ancora una volta le paghe base della fanteria di linea quale campione del trattamento salariale, si avevano dunque:

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L'assegno di Ves l ia rio si rilascia alla Tesoreria la quale s' incarica di pagare i Fornitori , che forniscono i Corpi teoeodone cooto$ugli ag· giusti mensili. La Diaria di Colonna r.lobile snrA per l' Aju· t;, n te e Porta Dandiera di un cnrliuo , e per ogni nllro individuo di Truppa di gr. 3. Però se la Truppa andasse oIla persecuzione dei Junlviveuti s;,rà doppiameule pagata.


Sul «prest>> giornaliero veniva peraltro applicata una ritenuta pure giornaliera per il vitto (che veniva somministrato in natura da] corpo una volta al giorno - cfr. infra), in ragione di «grana» 6 per il giovedì e la domenica e di «grana» 5 per gli altri giorni della settimana. Applicando la consueta conversione in lit./1862 e l'indice di rivalutazione ISTAT in lit./1984, possiamo quindi avere un'idea approssimativa dell'equivalenza delle paghe (al lordo delle ritenute per il vitto) in termini attuali: - ajutante sottufficiale = 7.900 lit./1984 ca. al giorno; - primo sergente = 4.200 lit./1984 ca. al g1orno; - caporale = 2.200 lit./1984 ca. al giorno; - fuciliere = 1.500 lit./1984 ca. al giorno. Se il «prest» dei soldati borbonici era in linea con le paghe dei soldati piemontesi (0,425 lit./1862 contro 0,40/0,45, a seconda delle classi), per i graduati ed i sottufficiali la differenza giocava a favore dell'esercito delle Due Sicilie: il livello gerarchico più elevato dei sottufficiali percepiva a Napoli l'equivalente di 2,30 lit./1862 al giorno contro le 1,80 li t. del Furiere Maggiore nell'Armata Sarda; analogamente, un sergente napoletano riceveva in media un 20% in più rispetto al pari grado piemontese ed un caporale 14% in più. Da notare inoltre che il valor,e della moneta era nelle Due Sicilie più elevato che in Piemonte. Queste considerazioni ci inducono a considerare più in dettaglio il valore «ponderato>> delle paghe militari rispetto ai salari ed al costo della vita correnti all'epoca nelle Due Sicilie. Naturalmente, i salari delle maestranze variavano a·seconda della regione geografica e del settore economico, e del tipo e dimensioni delle aziende. Se nel settore della seta, in Campania, gli uomini addetti alle macchine tessili percepivano 45 «grana» al giorno, i manovali («aiutanti di trappeto») pugliesi ricevevano dai 15 ai 20 «grana» al giorno, più l'equivalente di 5/10 «grana» di vitto, per una media giornaliera di 24/28 «grana>>lgiorno. I muratori/falegnami guadagnavano a Napoli circa 40/45 «grana»fgiorno, mentre i «mastri» del settore metalmeccanicco raggiungevano i 75 «grana••/giorno . Nei tabacchifici, i capi-operaio ricevevano sino a 80/85 «grana»/giorno, gli operai qualificati da 40 a 60 «grana»/giorno e gli operai comuni da 20 a 30 «grana»lgiorno.

In sintesi, quindi, e riferendosi alla città di Napoli, può dirsi che un operaio medio guadagnasse circa 50 «grana»/giorno, con una media di 280 giornate lavorative di 10/12 ore al giorno. Se infatti le paghe corrisposte nell'esercito, e specialmente quelle dei sottufficiali, appaiono talora infer iori ai salari dell'industria (ma in linea con quelli della manovalanza), bisogna d'altra parte sottolineare che il soldato riceveva il suo «prest» tutti i giorni dell'anno, beneficiando inoltr e di alloggio e di altri servizi correnti spesati attraverso il «fondo di mantenimento». Va inoltre ricordato che a causa dell'eccedenza di manodopera disponibile i salari erano più bassi nelle altre provincie del r.egno: a Palermo essi si aggiravano di solito sui 4 «tarÌ» (ossia 40 «grana» napoletani), ma in provincia di Caltanissetta, di Messina e di Noto diminuivano a soli 2 «tarÌ» al giorno (20 «grana>• napoletani). Questa struttura salariale si inseriva inoltre in un sistema di prezzi alquanto stabili, specie per i generi popolari e di larghissimo con sumo, i cui prezzi erano su questi livelli: 0,73 litri di vino .......................... 2 «grana>> 0,90 kg. di pane comune ............ 6 <<grana>> 0,898 kg. di maccheroni .............. 8 <<grana» 0,898 kg. di formaggio di Puglia 32 «grana>> 0,898 kg. di carne bovina ......... 16 «grana» (22 «grana» se di l 0 taglio) l pizza di media dimensione 2/3 «grana». L'affitto annuo di due o tre locali a Napoli, in zona non centrale, oscillava dai 15 ai 20 ducati l'anno, ma a Palermo, ove rispetto alla capitale i salari reali apparivano migliori (come del resto in tutte le provincie), scendeva a 11/12 ducati per una abitazione operaia. Se quindi le paghe militari posson o oggi apparire, sia pure in termini rivalutativi, assai basse, esse si rapportavano ad un costo della vita altrettanto contenuto e potevano considerarsi largamente adeguate al contesto socio-economico del regno. Sul piano economico, quindi, essere «soldati del Re» offriva senz'altro molti e tangibili vantaggi rispetto alle condizioni correnti sul mercato del lavoro esterno; ciò che in parte può spiegar e l'esistenza di una forte aliquota di volontar i e raffermati nell'esercito. 51


ASPETTI DELLA VITA QUOTIDIANA L'«Ordinanza per lo governo, pel servizio e per la disciplina delle Reali Truppe nelle Piazze» del gennaio 1831 disciplinava nei minimi dettagli i dif-

ferenti aspetti della vita delle guarnigioni, ogni giorno scandita dal corso solare.

Tabella del/' Orario pe' Corpi di Ji'anlerz'a

GENNARO , FEDDRAJO , MARZO, APRILE, NO• VEI\lDRE, E DICEMBRE,

Sveglio Visita Esercizi Rancio

Mezz'ora prima dell' aurora. Mezz' ora dopo lo sveglio. Meu' ora dopo la visita. Alle novo e mez· n antimeridiane.

MAGGIO ,

SETTEMBRE

GIUG~O

, LUGLIO , ·ED AGOSTO

·ED OTTODRE

Sveglio

All'aurora

Sveglio

Visita

Meu'ora dopo lo Hcglio. l\tr.zz.' ora dopo la visita.

Visita

Esercizi Rancio

Alle novt' c mena antimeridiane.

All'aurora. _Mezz' ora dopo lo sveglio.

Esercizi

Mezz' ora dopo la visita,

Rancio

Alle dicci antimèridiaoe.

Asscmble01 Allo dieci nnti- Assemblea Allo dieci noli· Auemblea Alle sei e mezza meridjano. Uscita Ritirata Silenzio

meridiano. u~cita

Alle due pomcri·

Meu.' ora prima del tramonto. Due ore o mena dopo la ritirata,

Ritirata

Mez.z.' ora prima del tramonto.

1\itiratn

1\tezz' ora prima del tramonto.

Silenzio

Due ore dopo il tramonto.

Silenzio

Un'ora e mena dopo il tramonto.

diane.

Ulteriori spunti, meno ufficiali ma senz'altro più vivi, ci sono forniti d alle memorie del Ganter (41), soldato svizzero al servizio delle Due Sicilie durante il regno di Ferdinando II, ricche di episodi legati alla quotidianità delle collettività mjJitari napoletane. Spettava ai Secondi Sergenti ed ai Caporali delle compagnie sorvegliare che la sveglia mattutina, segnalata dal tamburo o dalla cornetta, fosse rispettata: ossia, che la truppa si alzasse per lavarsi, vestirsi e quindi ricomporre i posti letto. Per vincere la resistenza di quanti, malgrado un primo ed un secondo sollecito, continuavano imperterriti a dormire, era consuetudine che i compagni di camerata gettassero secchiate d'acqua sul 52

U~cita

autimeridinne. Alle tru pomeridiane.

All'una pomeridiana.

malcapitato: il brusco risveglio e l 'immaginabile confusione che ne conseguiva bastava normalmente ad indurre gli altri «pigri» ad accelerare i tempi! Quanti invece erano stati solleciti nel levar si, approfittavano dei pochi minuti disponibili per recarsi dal barbiere del corpo ovvero per bere qualcosa di <<forte» (42) in attesa del rancio prescritto.

(41) H ENRI GANTER, «H istoire du service militaire cles Regiments Suisses à la solde de I'A ngleterre, de Naples et de Rome•, Ginevra 1901. (42) Secondo il Ganter (op. cit., pag. 140) erano soprat· tutto il •caffè alla ussara• e lo •scassapetto• (sic!) a contender· si i favori della truppa.


T ende e vetri delle camerate restavano di norma chiusi sino a quando tutti i militari non si fossero vestltl. Ogni soldato dormiva separatamente su un pagliericcio («saccone», con paglia lunga, da cambiarsi normalmente ogni tre mesi), adagiato su una lettiera formata da due scanni di ferro e da tre tavole di legno per il fondo, dipinte in rosso brillante. Se non erano disponibili le lettiere, il pagliericcio era steso in terra., ma allora il ricambio della paglia veniva fatto ogni due settimane. Il soldato riceveva inoltre delle lenzuola e, dal 15 ottobre al 15 aprile, una coperta di lana grezza.

L'amministrazione militare riteneva peraltro che le lenzuola fossero poco consone... all'igiene, dato che, sull'esperienza fatta, «... toccando esse la carne nuda dei soldati, produco no un sensibile prurito che.. genera efflorescenze alla pelle». Pr udenza, dunque: «... meno il raro caso di qualche visita di superiore di riguardo, i paglioni si tengano scoverti e le lenzuola sempre piegate»! (43).

(43) Cfr. il «Regolamento per le R iviste gior:naliere, settimanali e di dettaglio...», Napoli 1852.

Tabella del lllobilio corrispondente a' Corpi di Guardùz.

GENERI

Sedie polrrone Tavolini

.

Cappellinajo .

.

.

NUMERO

.

..

Sedie di p<~glia . Candeliere di ottone

.

.. . .

. .

..

. .

.

Focone di Ferro còo paletta di ferro . Focoo di legno con patella di ferro Tavolato per la Truppa

.

. . . . .. . . .... .... ..

Banchi da sedere Rastrelliere per armi Tabella di consegna Fanale di ronda Lampioni di vetro .

.

.

Per ogni Uffiziale.

I

.

. . ..

Navella e smoccolalojo. Bacile di faenza col piede di Legno

OSSERf/dZIONI

I

I

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I

> Quando il posto è coverto da Uffiziale.

4

x I

l

Per la truppa. Secondo là capienza del Corpo dj Guar.

2

Uno allo a sedere il Cnpoposlo.

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I I

.

Pala di ferro con manico di legno. Vaso grande per conservare l'acqua.

~ Pel capoposlo .

I

Pe' posti cbo danoo la ronda. Affisso nella camera della truppa.

I I

Di creta.

N. B. Pei corpi di guardia numerosi , i ~andel~eri , l?li smoccolatoj , i foconi per \.t truppa, i la volati, i banchi, l~ _rastrell•er~ , • lamp10ni affi;si al muro, ed i vasi per l' acqna , saranno aumentai• 10 proporzione della forza.

53


ll posto lettO era infine completato da un «Cappellinaio», ossia una mensola in legno dove il soldato doveva disporre, sulla base di precise istruzioni esposte nei locali comuni, i differenti effetti di equipaggiamento, lasciando ben visibile la targhetta che riportava nome e numero di matricola dell' occupante. Le camerate, pulite ed ispezionate periodicamente, sorvegliate costantemente da due piantoni per ogni compagnia (detti «quartiglieri») agli ordini di un «caporale di quartiere» designato giornalmente, erano illuminate e riscaldate. Due volte all'anno i locali venivano imbiancati a calce viva soprattutto per eliminare gli insetti che, malgrado la continua «caccia>> da parte dei soldati, non mancavano. In generale, i soldati erano alloggiati in buone e numerose caserme, una buona parte delle quali era di costruzione non troppo lontana: le truppe stanziate in villaggi, città e piazze di guarnigione dovevano di preferenza essere acquartierate negli immobili del demanio militare, potendosi ricorrere alla requisizione di alloggi privati solo a esaurita capienza dei primi. Le adunate avevano luogo tutti i giorni per gli uomini di servizio e fuori servizio, alla presenza dell'ufficiale di settimana, del sergente maggiore, del sergente e del caporale di settimana. Si procedeva dapprima all'appello della guardia montante, che veniva ispezionata dal sergente di settimana che ne assumeva il comando sulla base di un calen~ario di turni pubblicato nei locali della compagma. Successivamente, si procedeva all'appello della truppa libera dai diversi servizi: subito dopo tale appello si passava all'ispezione dei materiali, la cui portat.a e natura variava per ogni giorno del ciclo bisettimanale sul quale erano scanditi i diversi adempimenti burocraticamente riassunti nel termine di «riviste giornaliere, settimanali e di dettaglio». La truppa libera dai servizi armati o disarmati aveva libera uscita. Al riguardo, il Ganter ricorda che le ore di libertà erano generalmente trascorse a passeggiare nei dintorni delle città di guarnigione, non trascurando soprattutto di spendere un po' del tempo e del «prest» disponibile a mangiare e bere vino in compagnia nelle piccole trattorie del luogo: non era raro il caso di risse tra militari di diverse unità suscitate dallo spirito di corpo, piuttosto vivo in particolare tra «nazionali» e <<svizzeri». 54

DAL · REGOLAMENTO PER LE RNISTE GIORNALIERE, SETTIMANALI E DI DETTAGLIO DA PASSARSI IN CIASCUNA COMPAGNIA DE' CACCIATORI...,., NAPOLI 1852

PRIMA

Lunedì: Martedì: Mercoledì:

Giovedì:

Venerdì: Sabato:

SETIIMANA •

«caschetto, berretto a pelo, bo netto». «spenzer-spalline-spilloni, cravattino». «giberna, cinturino, ciappa, portadaga, porta-baionetta, portacapsule, daga, fodero ·di baionetta». igiene personale, pulizia e rassetto generale dell'equipaggio, ispezione dei posti letto, lettura e commento delle Reali Ordinanze. «mucciglie». «biancheria, dotazioni piastrine, Reali Ordinanze».

Domenica: parata della S. Messa.

SECONDA SETflMANA

Lunedì: Martedì: Mercoledì: Giovedì: Venerdì: Sabato:

«pantaloni, calzatura». ,,fucili e carabine, cappelletti». «Cappotti». «casermaggio, sacchi a pane, fiasche». nessuna indicazione. «scarpe nuove dd sacco, pantaloni di panno, piastrine, scavalcabalestra e rivista settimanale dei genen».

Domenica: parata della S. Messa.

Rientrati «a cuor contento» negli accantona" menti, i militari erano sottoposti all'ispezione dell'ufficiale di settimana che, in particolare, si accertava delle presenze e, tra l'altro, delle condizioni in cui i soldati erano rientrati nei quartieri, spedendo eventualmente quanti avevano ecceduto nel bere ai locali di rigore.


Un quarto d'ora circa dopo il silenzio (battuto dal tamburo o modulato dalle cornette) i sottufficiali procedevano· al contrappello nei posti letto. I ritardatari non potevano quindi più rientrare in caserma (e la loro assenza era naturalmente annotata), dato che le porte dei quartieri erano state chiuse al segnale del silenzio. Tra la truppa, dopo il silenzio, ancora qualche minuto speso a raccontarsi reciprocamente le piccole e grandi cose avvenute nelle ore di libertà: poi più alcun rumore. I vari servizi cui le truppe potevano essere addette nelle piazze di guarnigione componevano dei turni così classificati: FANTERIA: Servizio annato: 1) travaglio in tempo di assedio; 2) distaccamenti per guarnigione su i Reali Legni; 3) idem per guarnigione; 4) idem a posti lontani; 5) scorte; 6) guardie; 7) ronde e pattuglie; 8) guardie di onore; 9) ordinanze; 10) visite agli Ospedali; 11) consigli di guerra. Servizio disannato: travaglio di qualunque spec1e. CAVALLERIA: 1) servizio a cavallo; 2) servizio a piedi; 3) travagli. D 'inverno !'«assemblea» era tenuta alle dieci del mattino, d'estate alle sei e mezza. In tale occasione veniva comunicato l'ordine del giorno della piazza ed il «Santo», cioè la parola d'ordine, costituita dal nome di un santo e da quello di una città («contrassegno>>). Le sentinelle non dovevano infatti permettere a nessuno di avvicinarsi, in specie con il buio, senza che questi si fosse fatto prima riconoscere. Le persone eventualmente fermate venivano condotte al. posto di guardia. Il periodo di guardia per ufficiali, sottufficiali e soldati durava ventiquattr'ore consecutive, cui seguivano ventiquattr'ore di riposo; per i distaccamenti, il turno era normalmente di quattro giorni. soldato era tenuto a prestare otto ore di sentinella nel corso del turno di guardia; ogni militare aveva poi diritto a tre giorni di franchigia dopo uno di turno, salvo clte nei corpi montati ove il periodo di riposo era più lungo date le incombenze più impegnative per il governo dei cavalli. Ogni compagnia di fanteria veniva divisa, per il servizio interno, in due plotoni, quattro sezioni ed otto squadre: i plotoni erano affidati agli uffi-

n

ciali subalterni, mentre le sezioni erano comandate dai sergenti e le squadre da caporali. Le reclute, gli operai ed i <<travagliatori>> (ossia i soldati che potevano, in ragione della loro buona condotta, in numero massimo di due per compagnia, essere affidati ad un artigiano per lo svolgimento di attività varie, dietro compenso) andavano ripartiti in modo proporzionato tra le diverse squadre. In cavalleria, ogni squadrone era ripartito in quattro plotoni, ciascuno al comando di un ufficiale coadiuvato da un secondo sergente, ed in otto squadre al comando di un caporale. I reparti dovevano esercitarsi ogni giorno tranne

il sabato, nei giorni festivi·ed in quelli <<particolarmente caldi, piovosi o freddi»; in estate i militari venivano istruiti anche nel nuoto. Le reclute, tradizionalmente contraddistinte dalla lettera <<R» di panno del colore delle mostre reggimentali cucita sul braccio destro, seguivano invece un periodo di formazione di cinque ore giornaliere (con le eccezioni sopra indicate) e venivano in seguito riunite al battaglione per il ciclo addestrativo ordinario. In particolare, il Ganter ricorda gli esercizi giornalieri che si tenevano nella mattinata dopo la <<visita» e che talvolta potevano rimpiazzare i <<Campi» addestrativi: tali esercizi avevano luogo nel cortile delle caserme per circa due ore. Nelle pause la musica reggimentale si incaricava di distrarre la truppa che veniva alla fine disciolta ed inviata alle camerate per essere in grado di presentarsi al rancio delle nove e mezza antimeridiane (44). Avevano inoltre luogo i campi <<di brigata>>, due volte alla settimana, con affardellamento completo, ed i campi «reali» ogni venerdì, per le truppe della capitale: le truppe dovevano recarsi sul Campo di Marte (zona di Capodichino) poco prima dell'una pomeridiana, inquadrandosi prontamente nelle unità di formazione per attendere l'arrivo del re che passava in rivista i corpi con il suo stato maggiore. Subito dopo il re stesso assumeva la direzione delle esercitazioni. Inutile dire che tali occasioni non mancavano di attirare un folto pubblico di spettatori, curiosi di spiare le evoluzioni precise dei <<soldati del re»

{44) Cfr. GANTER, op. cit., pag. 151.

55


nelle loro eleganti uniformi. A tal proposito Ganter rievoca la mania reale di organizzare scherzi un po' «pesanti» ai danni del pubblico, che si vedeva all'improvviso serrato e caricato alla baionetta dalle compagnie in evoluzione, dietro precisi ordini del re, salvo poi... arrestarsi d'improvviso a pochi centimetri dagli astanti che, superfluo accennarlo, cercavano disperatamente di saltare il muro di cinta che delimitava la zona d'istruzione per porsi in salvo! (45). Naturalmente l'esperienza della truppa, avvezza a tali discutibili improvvisazioni di Ferdinando II, evitava ogni incidente. n re non mancava infine di compensare con doppio «prest» la truppa che aveva partecipato alle manovre, a tangibile prova della sovrana soddisfazione; ma non era raro il caso che le truppe, estenuate da varie ore di evoluzione e desiderose unicamente di ritornare nei quartieri per riposare, fossero trattenute sino al tramonto per la preghiera serale, preceduta da un breve intervallo musicale eseguito dalle differenti bande reggimentali colà riunite!

to ricavato dalla «pesca» presso i fornitori, i profitti di vendita del pane ai civili (cfr. ultra), il «prest» e gli eventuali <<Straordinari» lucrati, sostituendo a pagamento i commilitoni nei servizi di guardia, un intraprendente soldato borbonico aveva di che ben profittare nelle ore di libera uscita! (46). Ricordiamo che il conto della spesa effettuata veniva saldato in contanti dallo stesso caporale di mensa; i rifornimenti così acquistati erano in seguito pesati · e controllati alla presenza dell'ufficiale responsabile e dei cucinieri di mensa, per essere infine portati nelle cucme.

n rancio era distribuito una volta al giorno nei corpi nazionali e due volte al giorno nelle unità svizzere: i soldati napoletani dovevano quindi a loro spese provvedere al pasto pomeridiano che, invece, i militari elvetici ricevevano dai corpi nelle prime ore del pomenggto. -

Numerose e scrupolosamente assegnate sulla base di un turno pubblicato nei locali della compagnia, le differenti «corvées» erano demandate al controllo del caporale di settimana: - trasporto del rancio ai corpi di guardia; - trasporto dell'acqua per le cucine; - trasporto della legna da riscaldamento; - trasporto del pane; - cambio della biancheria e degli effetti del casermaggio e dei posti letto; - acquisto viveri per il rancio. Tra tutte, quest'ultima «corvée>> raccoglieva il maggior favore da parte della truppa: innumerevoli le richieste volontarie (o i rimpiazzi a pagamento in favore del surrogato!) per essere inseriti nel turno, mentre poche o punte erano le adesioni per le altre mansioni. La ragione sarà presto chiarita. drappello di spesa, al comando di un caporale di mensa, usciva ogni giorno dai quartieri per recarsi a fare acquisti, armato di una lunga cassa di legno a scomparti dotati di coperchi, e munita di due lunghe traverse che ne consentivano il trasporto a spalla. La carne era generalmente acquistata già disossata, ritirando a parte ossa e cartilagini: il macellaio, interessato a «motivare» la affezionata clientela dei vivandieri militari, non lesinava naturalmente prebende in denaro e natura! E lo stesso avveniva dal venditore di maccheroni, dal salumiere, dal fornaio, ecc. Non stupisca quindi l'entusiasmo (del tutto interessato) per la «corvée>> di spesa viveri: tra quan-

n

56

T ABELLA DEL VITTO SPETTANTE AD OGNI SOLDATO INFERMO, SECONDO LA PRESCRIZIONE DE' PROFESSORI. IL GOVERNO PAGA PER OGNI SOLDATO GRANA 18... (*) ALIMENTO Onc:r

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Pane bianco

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pasta fina o riso o semola o pane bianco o cicoria o vermicelli Bollito carne di bue

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di bue di castrato di pollo

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arancia (numéro) mela (numero) fichi secchi uva secca (once)

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Vino

A PORZIONE INTERA Nella maniJl2

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12

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9

(•) grana • 0,0425 Lit./1862. (••) o ncia • 0,0272 kg.

(45) Cfr. GANTER, op. cit., pagg. 151 e 152. (46) Per tali aneddoti e dettagli, cfr. GANrER, op. cit., pagg. 114-116.


documentare un livello alimentare della truppa alquanto superiore agli «Standard» nutritivi della vita civile dell'epoca, specie per quanto riguar da la campagna ed il ceto operaio (47).

La qualità del rancio era buona: il Ganter ricorda le «... minestre eccellenti, con generose razioni di carne, tali da permettere di fissare dritto il cucchiaio nel piatto tanto erano sostanziose»; « •..alla sera sempre maccheroni... nei giorni di magro, in luogo della carne, del baccalà...». È pur vero che il Ganter parlava del rancio delle unità svizzere, notoriamente privilegiate rispetto alle nazionali: ma l'esame delle razioni giornaliere dei corpi napoletani ci consente comunque di

(47} Per questi aspetti cfr. STEFANO SoMOGYI, •L'alimentazione neiJ'Italia Unita• in «Storia d'Italia•, Volume V «l Documenti•, pagg. 839-887 (in particolare il quinto paragrafo e la tabella II}, Einaudi Editore, Torino 1978.

Ogni raziotlo di viueri d,· Campagna si compone come (lpprcsso .-

Pane Discotto io ve~e di pane : Carne Sale. Vino

once once ouce once . Cnrafn once

Legna

36 21.~:

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1 27

Ai foraggi yi è l' aumcolo del quiolo sull' arena cd orzo

Ra:ioni per gr ùzrliuidtd imbar.calz".

GENER I Galletto • • Vino Coroffu Lordo. Presciullo Verrigine n.. ccalor.> • • • Formaggio di Sicilia • FormoE:giu di Sardegna

'J'onnina • Pasto. Riso • • Fa.gsioli • Fave • • . . • Olio con la tonnioo Aceto. • • • • • Sale • • • • • Legno.

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4 4 5

6

N. D. Tali generi si disl~ibui'scono variamente a secondo del giornale.

57


D'altra parte Mezzacapo conferma il giudizio complessivamente positivo: « .•.Essi ...>> (i soldati) « ••.fanno un sol pasto al giorno, consistente il più comunemente in carne e pasta, asciutta o in brodo, e molto abbondante...>>. Un ico rilievo, il pane che, notava Mezzacapo, «... è di buona qualità, ma potrebb'essere assai migliore con quel che spende il governo, in ragione de' prezzi che corrono ordinariamente in piazza, se fosse sottratto, siccome in Piemonte, all'avidità degli appaltatori...>> (48). In effetti, lo stesso Ganter ricorda come il pane distribuito alle truppe fosse di miglior qualità a Palermo rispetto a Napoli, dove era normalmente <<sciapo», di tal che non se ne aveva soddisfazione al palato·: i soldati della capitale preferivano quindi vendere il pane di dotazione ai civili (che, invece, sembravano apprezzarlo particolarmente!) per acquistarne dell'altro di loro gradimento: « •..Ma», specifica, «quando ero ancora recluta, ero capace di mangiarlo tutto in una volta (sei etti e mezzo di pane! N.d.A.), tanta era la fame feroce che mi prendeva al ritorno dalle esercitazioni, mentre allo stesso tempo pulivo il fucile ... !» {49). Una ennesima discriminazione tra «svizzeri» e «napoletani»: il l 0 , il 2° ed il 3° reggimento svizzero (quelli di più antico arruolamento) ricevevano del pane bianco, mentre il 4° ed i reggimenti nazionali avevano del pane integrale; ma, già all'epoca, nessuno si rendeva conto del perché di siffatta differenza. L'acquisto del pane avveniva giornalmente, e ne era incaricato il caporale o sotto-caporale di settimana, a sua volta alle dipendenze del furiere di settimana: mezz'ora dopo il segnale di «diana», i due graduati accompagnati da tre soldati si recavano dal fornitore esibendo il «buono pane» firmato dal comandante di compagnia e ritiravano il quantativo di pane necessario, trasportandolo nei sacchi a spalla dei militari di «corvée>>. Terminiamo ricordando che i pasti erano consumati nelle gamelle individuali che restavano presso le cucine, dato che quelle da asportarsi con lo zaino erano in pratica riservate alle sole razioni da consumarsi in campagna. Tali gamelle. simili a quelle ancora in uso nell'Esercito Italiano dei nostri tempi, potevano incastellarsi l'una sull'altra ed essere trasportate mediante listelli metallici a manico.

58

n rancio non poteva essere distribuito se non dopo l'assaggio da parte del maggiore di settimana o del capitano di picchetto. Già qualche minuto prima, tuttavia, veniva a crearsi la fila dei soldati in attesa del segnale di tromba o tamburo che ne autorizzava l'ingresso nelle cucine per ritirare legamelle piene, sotto la vigilanza di un piantone di mensa armato di sciabola. Il pasto era consumato nelle camerate, utiliz- zando le tavole a quattro posti disposte nei corridoi dei posti letto; all'incirca dopo mezz'ora dalla distribuzione, i cucinieri salivano nelle camerate per ritirare le stoviglie. I sottufficiali consumavano invece i loro pasti nell'apposita «sala mensa», alla quale non potevano essere ammessi la truppa ed i graduati. Il rancio dei sottufficiali, unico nella giornata, era più vario nell'assortimento e meglio preparato rispetto a quello della truppa. Esso si componeva di norma di una minestra, due piatti di verdura, due di carne, dessert, -pane, formaggio, frutta secca e fresca e vino (50). Per il pasto serale, a pagamento supplementare, i sottufficiali potevano richiedere dei piatti di carne fredda, di formaggio, di salumi e vino. Particolarmente curato anche l'apparato da ta- _ vola della mensa sottufficiali: suppellettili, pentolame in rame lucido, oggetti diversi e biancheria da tavola erano in effetti il segno esteriore di una condizione «sociale», oltre che gerarchica, del sottufficiale ben individuata rispetto alla truppa. Da ultimo, qualche rapido cenno sulle condizioni dell'igiene collettiva e individuale. I regolamenti per il governo delle truppe prescrivevano controlli ed ispezioni continui per accertare il rispetto delle norme basilari d'igiene, imposte dalla vita in collettività. Nei mesi pi4 caldi dell'anno, i soldati dovevano prendere dei bagni di pulizia, che nel caso di particolari ritrosie e pudicizie suscitate dall'inevitabile promiscuità, potevano ridursi al solo lavaggio dei 'piedi. Analogamente, ogni giovedì della settimana, venivano controllati il taglio dei capelli , la pulizia personale (collo, orecchie e piedi in particolare, il tutto (48) Cfr. (49) Cfr. (50) C fr.

op. cit.. op. cit., pagg. 115 c 277. op. cit., pag. 145.

MEZZACAPO, GANTER, GANTER,


Oggetti eli dote per la MetzsQ de' Sott' Ulfiziali. Tovaglie da tavola. Salviclli. "Posate di argento , o di altro metallo. Coltelli con maniche. Cocchiaroni di argento. Cocchiaroni di plac-font. Forchettoni da tavola. Trinciatoio da tavola. Sotto-bottiglie. Sotto-bicchieri. Vaso per fiori. Zuppiere. lJacili. Piatti grandi. Piatti da zuppa. Piatti. Piattini. Saliere di argento. Saliere di cristallo. Dottiglie di cristallo per vino. Dottiglic nere.

Dicchieri piccoli per vino. Piccoli vasi per salsa. Quadri Reali. negistro dell' ordinario. Registro della mensa. Marmitloni di rame. Mamùlle di latta. Tegami di rame. Casseruole di rame. Sartagine di rame .per frittura. Ruoti di rame. Graticole di ferro. Spiedi di ferro. Forchettoni. Coltellarci. Taglieri. l'an ieri. Vivanùierc. Cnsse due.

Doltiglie per accrua. 'Bicchieri grandi per acqua.

(da «Manuale per l'Amministrazione...», Napoli, 1852)

con il pié di lista alla mano!), ispezione ossessivamente ripetuta durante le marce non lesinando lavande di acqua ed aceto per le estremità. Al cambio settimanale della biancheria personale, la truppa era inoltre tenuta a versare al caporale di servizio gli effetti sporchi, per l'inoltro alle lavandaie che ne assicuravano la restituzione al sabato successivo. Molti soldati, più esigenti nella qualità della biancheria, non utilizzavano capi di corredo e, quindi, curavano la pulizia per proprio conto.

Visite sanitarie generali erano previste ogni anno da parte del Primo Chirurgo del reggimento, che disponeva di autorità i ricoveri del caso. Giornalmente, all'appello successivo alla diana, il caporale di settimana si incaricava di chiamare al grido di «Chi è malato?» quanti intendessero <<marcare visita>>, segnalandone poi i nominativi per il successivo ricovero all'infermeria reggimentale o all'ospedale. 59


Cam:llino dtl Cerusico. Luudauo liquido once . . Liquore anodino onc(\ . ~pirito di m~liSSII libbra SJ'irito canforato libbra Aceto libbra . . . . . Acqua di cannella libbra . Sciroppo semplice libbra . Acqua coobata di lauro ceraso libbra. Acqua stognolica libbra . . . Carbonato di ammoniaca oncia Salo di Satumo once , . Cremore di Tartaro libbra . .

Anlacido DriW.nnico libbra Sotlc Inglcso libbre . • . Tartaro emetico oncia . . Rmlicc d' ipccacuana oncia Pietra infc.rnale , oncia. Concino once. . Cantnridc onco . Cateteri. flessibili numero . Sparndroppo , striscia . . 1:nsco Filaccia un nwncro sufficiente.

1

Compresse

(da •Manuale per l'Amministrazione ....., Napoli 1852)

60


PARTE TERZA

LE UNIFORMI E L'ARMAMENTO


CAPITOLO VII

LE UNIFORMI E GLI EQUIPAGGIAMENTI

LE PRINCIPALI TENUTE

L'avvento al trono di Ferdinando II determinò nuovi indirizzi nel settore delle uniformi e degli equipaggiamenti. Come sul piano ordinamentale ed operativo, così anche in quello del vestiario il nuovo re varò un complesso organico di riforme che, nell'arco di circa dieci anni a partire dal 1830, modificarono l'aspetto del soldato napoletano, pur conservando alcuni elementi della tradizione. Motivazioni tecniche ed economiche consigliarono l'attuazione progressiva di queste riforme: a partire dai primi anni trema, a mano a mano che gli effetti di vestiario dovevano essere rinnovati, i materiali di nuovo modello ridisegnarono l'uniforme borbonica nello stile «Luigi Filippo» che tanto era piaciuto al sovrano in occasione della sua visita di stato in Francia. _ Da allora e sino alla caduta del regno, l'influenza dei modelli francesi rimase evidente nei capi di vestiario ed equipaggiamento borbonici.

Sul modello francese vennero fissati i distintivi di grado ed anzianità per ufficiali, sottufficiali e truppa: - 6.12.1830 e 21.5.1836: spalline per gli ufficiali subalterni, superiori e generali; - 23.12.1834: distintivi di anzianità di servizio per la tJ1lppa ed i sottufficiali; - 24.4.1841: adozione della «goliera>> {o «SCollo») in met allo, quale distintivo di servizio per gli ufficiali subalterni e superiori, in luogo della tradizionale sciarpa bianca e rossa di origine settecentesca, che r imase in uso presso i soli generali.

Tali distintivi rimaserÒ in vigore sino al1861; solo nel 1859, in relazione all'uso sempre più ampio di soprabiti e tuniche di servizio in luogo delle eleganti ma antiquate tenute giornaliere, vennero introdotti i distintivi di grado da applicarsi sui paramani, rappresentati da galloncini dor ati od argentati, simili a quelli adottati nel decennio precedente per i chepì. Sempre in quegli stessi anni vennero fissati i colori di base dell'uniforme: - abito bleu scuro per tutti i corpi, salvo i Cacciatori (verde scuro) e la fanteria svizzera {scarlatto); - pantaloni di panno rosso scuro {«rubbio») per la gran tenuta della fanteria della G uardia Reale, della Linea {salvo i fanti svizzeri che adottarono il celeste cupo), bleu scuro per i Corp i Facoltativi e grigi per i Cacciatori; - calzoni estivi bianchi di cotone pet tutti 1 corp1; - ghette {«stivaletti») di panno nero d'inverno e di tela bianca in estate. I colori distintivi di ogni reggimento, il colore delle nappine (dette «pomponi») e delle spalline per la truppa non subirono sostanzialmente più modifiche dall'inizio degli anni quaranta. Nel corso degli anni successivi fu invece variato progressivamente il taglio delle uniformi e la foggia degli accessori, adattandoli alla moda civile e militare dell'epoca: i pantaloni divennero via via più voluminosi, mentre più attillate si facevano le giubbe; i copricapi si riducevano in dimensioni ed altezza; nappine e spalline diventavano egualmente più piccole. 63


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(Dal «Manuale ...» del 1852 a cura di C . Campanelli)

Comune alla quasi totalità dei corpi era l•abito a falde di panno (chiamato ancora «giamberga>} con termine tardo seicentesco derivato dallo spagnolo), ad un sol petto chiuso da nove bottoni e, per gli ufficiali, serrato in vita da una cintura interna in tela e/o pelle, così da far risaltare il punto di vita assai stretto in contrasto con l'imbottitura del petto; le falde erano molto ridotte per i corpi di cavalleria, mentre per i fanti e gli artiglieri esse dovevano essere tanto lunghe da toccar terra quando il soldato era in ginocchio. I sottufficiali e la truppa dei Cacciatori a Piedi e del Battaglione Tiragliatori della Guardia Reale indossavano invece un corto giubbetto di panno verde senza falde, mentre i loro ufficiali conservavano l'abito a falde lunghe.

64

L'uniforme dei Lancieri era del tutto simile a quello dell'analoga specialità francese dell'epoca: abito a due petti, con pettorina in for ma di cuore a faldine quasi arrotondate. Anche gli Ussari della Guardia Reale indossavano un'uniforme quasi identica al corrispondente corpo francese, con un «dolman» (~<dolmanda» nella terminologia napoletana) bleu celeste a cordelline bianche. I corpi della Guardia Reale (Granatieri, Caçciatori, Guardie del Corpo, fanteria di marina «Real Marina») aggiungevano sulle bottoniere del petto della gran tenuta nove brandeburghi di lana (bianca per tutti salvo il «Real Marina>> che adottava il giallo) per la truppa, in filato d 'argento (o d'oro) per gli ufficiali.


Per la maggioranza della truppa il copncapo era rappresentato dallo shakot tronco conico di feltro nero, con visiéra e guarnizioni in cuoio nero, filettature laterali rosse (oro od argento per gli ufficiali) e piastra frontale in lamiera d'ottone, indicante la specialità e/o il reggimento di appartenenza. Per i corpi di cavalleria, ad esclusione di Ussari e Cacciatori che adottavano lo shakot in omaggio alla loro natura di specialità «leggere», erano invece in uso elmi a ciniglia (Dragoni e Guardie del Corpo), a criniera ricadente (Carabinieri) ovvero, per i Lancieri, la caratteristica czapka, tradizionale di questa specialità. In gran tenuta, le Guardie del Corpo a Piedi, i Granatieri della Guardia Reale, le compagnie granatieri del Reggimento Carabinieri a Piedi e la compagnia dei Carabinieri dello Stato Maggiore dell'Esercito, nonché le compagnie scelte della Gendarmeria, indossavano un voluminoso berrettone di pelo d'orso nero.

Tra gli altri capi principali del corredo, ricordiamo il soprabito di bassa tenuta degli ufficiali, di panno bleu a due petti. La specialità ed il corpo di appartenenza erano normalmente indicati al colletto mediante mostrine del colore distintivo o fregi. Con il soprabito gli ufficiali indossavano di norma il chepì, morbido berretto di panno a visiera introdotto verso la fine degli anni quaranta sull'onda delle sperimentazioni africane dell'esercito francese. Esso era di panno bleu per quasi tutti i corpi (rosso per gli Ussari, i Lancieri, lo Stato Maggiore ed i Generali): un sistema di galloncini di grado in oro o argento applicati sul berretto consentiva l'individuazione del grado, mentre il corpo era di norma indicato dal distintivo anteriore. Per taluni corpi la parte superiore del chepì era inoltre ornata di gallonature a fioroni. Tale tenuta, molto pratica, era utilizzata dagli ufficiali in svariate occasioni: con essa potevano indossarsi i pantaloni di tutte le tenute. L'equivalente tenuta della truppa era la «bigia», alla quale si aggiungeva il cappotto nelle stagioni più fredde, durante le marce od in campagna. La «bigia», assai più pratica dell'abito a falde

e certamente di aspetto più moderno, era in realtà una tenuta caratteristica del soldato borbonico sin dal periodo delle guerre napoleoniche. Essa si componeva di un comodo giubbetto di tela o panno di color grigio-azzurro (da cui il soprannome di «bigia» in luogo del più austero termine di «tenuta di quartiere»), con bottoni spesso ricoperti di stoffa, e da ampi pantaloni e uose dello stesso tessuto. A partire dal 1856, seguendo una volta di più l'uso francese, in occasione delle marce od in campagna i pantaloni venivano infilati nelle uose, che erano state appositamente allungate sino al polpacciO. Frequentemente la giacca non recava distintivi di corpo ed in qualche caSo erano usate mostrine o filetti del colore distintivo. Insieme alla «bigia» si portava il «bonetto•• ossia berretto di quartiere, cioè la tipica bustina di panno bleu con calotta superiore generalmente rosso scuro, filetti e fiocchetto del colore distintivo. Alcuni corpi di élite aggiungevano aUa parte mediana un gallone, mentre i differenti distintivi di corpo e specialità erano applicati anteriormente (ad es.: gigli, granate, cornette, cannoni incrociati ...). I Lancieri avevano invece adottato, in luogo della bustina, un chepì di panno rosso. I Corpi Facoltativi e la Cavalleria avevano in dotazione anche una giacca «da travaglio», senza falde, di panno bleu, spesso indossata al posto della «bigia>>.

Come già detto, nelle marce, con il cattivo tempo ed in inverno era indossato il cappotto, di panno grigio per la fanteria, di un punto di grigio più azzurrognolo per la Guardia Reale (che peraltro appare utilizzare lo stesso modello della Linea verso la fine del periodo in esame) e bleu per i Corpi Facoltativi. In marcia ed in campagna le falde anteriori del cappotto erano sollevate e fissate posteriormente, per lasciare libero movimento alle gambe. Per i corpi a cavallo, secondo l'antica tradizione settecentesca, il cappotto era confezionato in panno bianco e dotato di un'ampia «pellegrina» (ossia mantellina) sulle spalle. Unica eccezione, ma anche questa nell'ossequio della tradizione settecentesca dei corpi leggeri napoletani, il cappotto con 65


cappuccio di panno marrone (detto «monachile») dei Cacciatori a Cavallo. Al colletto del cappotto si applicava una mostrina del colore distintivo. Con il cappotto si poteva indossare, secon-

do l'occasione, sia il berretto di quartiere che il copricapo di gran tenuta che, nelle marce, era ricoperto da una fodera di tela cerata nera, sulla quale era dipinto il numero o il fregio dell'unità.

l~inahnentc in armonia dell'esposto , non i:;timasi ozioso di precisare il 1Jagaglio che personalmente òclJlJc asportare o;::u' Intliritluo di tmppa nello circostanze di movimento.

TEN'lJTA ])J i\IARCIA. l\'cl Sacco tli esso.

!Il closso ad ogn' Uomo. Cappotto. Casco covorlo d'incerata. Cravattino. Giacca di cotone ·bigio. Pantalono 1 e stivalctti idem. Camicia. Scarpe. Qualora la marcia doresso eseguirsi nC'lla st..gione Invemale·, s' indosserà n dippiì1 il solto-calzone.

Pantalono, e stiraletti !li cotone bigio . Camice 2 Sotto-calzone . l Scarpe, pala. • l Suolatnra . • l Spallino 1 o 1\Iozzelle 1 pa1a Tutt' i piccoli oggelli di dotazione. 3 Cartucce a palla , pacchetti. Librelln inr\ividuale . 1 llerrcllu ( nella· coverlura del sacco ) . Uniforme (ano!lo nella foùeretta dd Ca ppollo 1 situato sul sacco , al di-fuori ) .

Ogn' individuo di truppa indosserà inoltre i la fiasca con la corrispondente tracolla da sinistra : a destra ; il Sacco-a-p:mo ~:on altra tracolla da ùcstra , a sinistra ; il cuo1amc per sospemlervi la sciubla , o balonetla 1 o questa soltanto in conformità dell'armamento delle classi rispclli,·e i c la Giberna sospesa al corrispondcuto'cuolame 1 conterrà gli allri lro pucchclli di cartucce a palla; (dal «Manuale...• del 1852 a cura di C. CampaneUi)

Nelle tabelle seguenti riassumiamo i colori principali per i reggimenti di fanteria e dragoni, dato che, per gli altri corpi, i colori non variavano da

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un reggimento o da un battaglione all'altro, l'individuazione delle unità essendo affidata alla numerazione visibile sui bottoni e sui fregi da copricapo.


C OLORI DISTINTfVI PER LA FANTERIA Dl LINEA Rt!gginu!nti

1° «Re• 2° · Regina• 3° «Principe• 4° «Principessa•

COLORI DISTINTJVI PER l DRAGONI

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V Brigata

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gialli/oro bianchi/arg.

COLORI DISTINTfVI PER I REGGIMENTI SVIZZERI

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VI Brigata

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gialli/oro bianchilarg.

Reggimtmi

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VII Brigata

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violetto (lilla)

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Mo1tn!

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Secondo

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Terzo

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Quarto

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LE «TESTE DI COLONNA>> Per antica tradizione, l'aspetto delle «teste di colonna» e delle bande militari dell'esercito napoletano era particolarmente curato, conservando mol· ti elementi decorativi già in uso dalla fine del secolo precedente.

I Tamburi maggiori dei reggimenti di fanteria indossavano uniformi molto ricche, che aggiungevano imponenza alla figura già prestante della persona prescelta per tale funzione. Nelle parate, essi sfoggiavano un voluminoso colbacco di pelo d'orso con vistosi pennacchi e cordelline. Spalline in oro od argento; alle cui frange erano mescolati cordoni di seta del colore distintivo del reparto, arricchivano l'abito, peraltro guarnito da ricami ed alamari. I pantaloni erano spesso ornati di ricami all'ungherese (ossia a fioroni) in oro o argento. A tra-

colla veniva indossato il budriere di panno del colore distintivo, gallonato in oro od argento, nel mezzo del quale era applicato uno scudo in argento recante le armi del regno. Una scimitarra alla turca od un'apposita daga «alla eroica» erano sospese alla tracolla. La tipica «mazza» con pomo in argento massiccio era di legno scuro, intrecciata per tutta la lunghezza da due cordoni d'argento e seta rossa (i colori della livrea reale), con grossi fiocchi simili. Ancora più ricche, con galloni e ricami in argento a profusione, apparivano naturalmente le uniformi dei Tamburi maggiori dei reparti di Guardia Reale, che indossavano an cor a, secondo la moda tardo napoleonica del regno precedente, calzoni attillati e stivaleni di morbida pelle colorata, bordati da pellicce esotiche. I Caporal Tamburi, ossia i graduati incaricati dell'inquadramento dei tamburini delle compagnie,

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avevano anch'essi un colbacco di pelo d'orso, con pompon a fiamma. Come gli altri tamburi delle compagnie, i loro abiti recavano sulle maniche i caratteristici galloni di livrea reale, a cui si aggiungevano naturalmente i distintivi di grado e di anzianità. I Musicanti avevano un abito a falde lunghe come gli ufficiali. N ei reparti di fanteria della Guardia Reale ricevevano anch'essi un colbacco di pelo d'orso, a visiera, e, in piccola tenuta, uno shakot ricoperto di panno scarlatto con galloni e guarnizioni del colore dei bottoni. I Musicanti dei reggimenti della Linea indossavano invece lo shakot del colore distintivo del reparto, con gallonature secondo il colore dei bottoni. n colletto, i paramani ed il punto vita degli abiti erano posti in risalto da ricche gallonature, così come le falde dell'abito. Nella Guardia, oltre alle bottoniere anteriori come detto per la truppa, si aggmngevano galloni anche alle cuciture delle maniche. I Tamburi ed i Pifferi delle compagnie avevano un'uniforme simile a quella della truppa, ma con il collo ed i paramani guarniti dal gallone di livrea reale: sulle maniche, inoltre, erano apposti sette galloni a <<chevrons>> della stessa livrea.

Le Trombe dei reparti a cavallo disponevano le gallonature in modo simile, ma utilizzavano una guarnizione bianca o gialla, a seconda del colore del bottone. Le Trombe delle Guardie del Corpo si distinguevano invece per il colore rovesciato dell'abito e delle mostre rispetto alla truppa. Anche le Trombe dei Lancieri, in alta t~nuta, sfoggiavano un abito differente dalla truppa: bianco, con co- • lore distintivo rosso e guarnizioni bianche e celesti.

La regola dell'inversione dei colori vigeva anche per i tamburi, le cornette ed i pifferi dei Corpi Svizzeri il cui abito, per antico retaggio settecentesco, era del colore distintivo con paramani, colletto e shakot scarlatti e guarnizioni dorate.

I Guastatori erano vestiti come i granatieri. Gli elementi caratteristiei erano il voluminoso berrettone di pelo d'orso con pompon a fiamma scarlatto; la fluente barba ed il candido grembiale in cuoio (che però era di pelle nera per i corpi aventi i cuoiami di tale colore in luogo dell'ordinario bianco). La tenuta era completata dai grandi guanti a <<crispino>> (ossia con rivolta al paramano) e dai tipici. arnesi da lavoro, talvolta foggiati in linee puramente decorative.

CENNI SUGLI EQUIPAGGIAMENTI Anche in questo settore il modello ispirativo fu sempre quello francese, in certa misura ancora derivato dalle esperienze napoleoniche. In effetti, in conseguenza di un certo rallentamento della diffusione delle armi a percussione nel corso degli anni cinquanta, malgrado l'intensa ricerca sperimentale e le prime dotazioni durante il decennio precedente, gli equipaggiamenti dei soldati napoletani rimasero sostanzialmente legati ai canoni tardo napoleonici, tanto per i corpi a piedi che per quelli a cavallo. In particolare, se in altri eserciti europei ed italiani già sullo scorcio degli anni quaranta si produsse un profondo rinnovamento delle soluzioni tecniche riguardanti le buffetterie e l'affardellamento delle fanterie, nel Regno delle Due Sicilie (ma non solo costÌ) nulla cambiò sino alla seconda metà de-

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gli anni cinquanta, allorché nuovi materiali sempre di derivazione francese vennero gradualmente distribuiti ai corpi leggeri, autentica «élite>> della linea.

a) L 'uomo a piédi Il suo equipaggiamento non differiva da quello del ~oldato delle compagnie napoleoniche e si componeva essenzialmente di un budriere porta sciabola e/o portabaionetta in cuoio, una bandoliera similare con giberna sempre in cuoio, uno zaìno di cuoio naturale con bretelle. In tenuta di campagna erano inoltre utilizzati un tascapane di tela («sacco a pane~>) ed una borraccia («fiasca>>) di forma lenticolare, in vetro soffiato ricoperto di spesso cuoio, con boccaglio in piombo tenero e cappelletto a vite, oppure con turacciolo.


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I generi erano confezionati di norma con cuoio e pellami di produzione nazionale: la loro fattura, essenziale se non addirittura rozza, permetteva tuttavia una certa robustezza, riscontrabile ancora nei pochi esemplari sopravvissuti al tempo ed alla «perizia>> dei pubblici conservatori. Cinghie e bretelle erano spesso ricavate utilizzando vari spezzoni di cuoio cuciti insieme con refe o spago grosso e ntorto.

tiva impermeabilità, lasciando al contempo una intercapedine inferiore ove fissare mediante appositi passanti il «bonetto» da quartiere arrotolato. In campagna, la giberna era inoltre ricoperta di una foderina. Sia la bandoliera della giberna che il budriere porta arma bianca erano dotati di fibbie metalliche per regolarne la lunghezza in funzione della taglia del soldato.

Analogo livello di finitura presentavano vari oggetti, come ad esempio la giberna, che conservava ancora dimensioni napoleoniche. Un ica concessione alla «modernità», la struttura interna per disporre le cariche ed altri oggetti di manutenzione del fucile era ottenuta in lamierino metallico saldato al posto dell'antica anima di legno forato. Sul cofano.della giberna era posta una sacchetta per le pietre focaie, particolarmente sigillata da una pattina per evitare l'umidità. Analogamente, la patta principale, ornata dai fregi metallici dei reparti o specialità, era tagliata piuttosto larga e lunga così di assicurare una rela-

Lo zaino, detto «mucciglia», anch'esso di modello francese ma con talune innovazioni pratiche nei sistemi di chiusura, era mantenuto in forma da una cornice interna di legno grezzo che consentiva di disporre all'interno l'insieme dei capi di vestiario e corredo meticolosamente indicati dai regolamenti. Sullo zaino trovava inoltre posto la fodera con anime circolari per avvolgere il cappotto od altri generi di abbigliamento quando questi non erano usati e non trovavano sistemazione nella «mucciglia»: il tutto era assicurato allo zaino con appositi passanti di cuoio.

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<< •• 1o . Le scarpe si situeranno lateralmente, coi tacchi a contatto delle tavolette laterali della mucciglia, e con le punte poggiate su quella inferiore. Nel vuoto di ciascuna delle medesime va situato un pacco di cartucce ed una scopetta; inoltre si riporranno in esse i piccoli effetti e la posata. 2°. Nel fondo, sulla tavoletta inferiore, si riporrà acconciamente il pamalone bianco co' suoi stivaletti, piegato e non rollato;... 3°. Il pantalone bigio cogli stivaleni, strettamente rollato, si situerà verticalmente nel cemro. 4°. Le due camicie, pure strettamente rotiate, verranno verticalmente situate a dritta e a sinistra del pancaIone bigio... 5°. Il libretto di vestiario sarà dalla parte dell'apertura... 60 .... 7°. Le spalline con le barbe piegate al di sotto aventi il giallo all'insù, saranno per disotto il libretto intromesse nel sacco... 8°. Al di sopra di tutto poi si metterà il sotto-calzone piegato per quanto è la larghezza della mucciglia...».

(dal «Regolamento per le Riviste Giornaliere, Settimanali e di Dettaglio ... », Napoli 1852)

I cuoiami erano quasi sempre dipinti di bianco; per i Cacciatori ed i Tiragliatori fu invece definitivamente adottato il cuoio annerito da miscele vegetali (composte di spirito di vino, gommalacca, mastice, gomma arabica, trementina, coppale e n erofumo), con le quali settimanalmente i soldati lucidavano le loro buffetterie. In effetti il nero, che si accompagnava al colore di fondo verde scuro delle giubbe, garantiva una mimetizzazione senz'altro migliore rispetto al candido riflesso dei cuoiami bianchi degli altri corpi della linea.

Come accennato, a partire dagli anni cinquan· ta (ma più specificamente nella seconda metà), in relazione alla distribuzione su scala delle armi a percussione rigate, i Cacciatori ed i Tiragliatori della G uardia Reale (questi ult-imi creati nel 1856) ricevettero un nuovo equipaggiamento, composto da cinturone in vita con accessori (giberna, porta daga/baionetta, borraccia, borsetto porta capsule) a scorrimento e correlato sistema di bretelle per lo zamo. La tipologia era ancora una volta quella francese del mod. 1845, ma con talune semplificazioni per le bretelle di sicura robustezza. Inoltre, almeno all'inizio, riteniamo verosimile che le giberne ed alcuni accessori siano stati ancora ricavati per «riduzione», ossia adattamento, dei vecchi generi. Questo promettente ammodernamento delle buffetterie fu gradualmente esteso alle unità Cac70

ciatori di nuova formazione, ma non poté evidentemente essere ampliatQ agli altri reparti a causa della sopravvenuta caduta del regno.

b) L'uomo a cavallo Caratteristica comune nell'equipaggiamento di tutte le specialità di cavalleria e degli altri corpi montati (Gendarmeria ed Artigliieria) era l'impiego di una piccola bandoliera in cuoio bianco o nero a seconda dei corpi, dotata di una gibernetta di dimensioni alquanto ridotte in cuoio nero, con patta tagliata dritta o a cuore. Entrambi gli oggetti erano riccamente guarniti in ottone in particolare per quanto riguarda l'ampia varietà di distintivi e fregi di corpo, fibbie ed accessori, tali da assicurare, tra l'altro, un apprezzabile irrobustimento dell'oggetto. Gli esemplari ad oggi sopravvissuti rivelano infatti un'ottima qualità della metalleria, talvolta ben cesellata anche negli esemplari da truppa, che compensa la precaria condizione dei pellami, peraltro migliore ' rispetto a quella delle buffetterie da fanteria. L'adattamento della bandoliera alle differenti taglie si effettuava mediante fibbie poste sul dorso del soldato, accanto agli attacchi della gibernetta. Questa era per lo più assicurata alla bandoliera mediante anelli in ottone e/o ferro fermati al cofano tramite passanti; gli esemplari destinati agli ufficiali od ai reparti di Guardia Reale si avvalevano invece di


sistemi a snodo in ottone, più costosi ma alquanto più pratici nell'assecondare il movimento del cavaliere. I diversi reparti si distinguevano, oltre che dalla foggia delle gibernette e dal colore dei pellami, soprattutto dai fregi e trofei applicati all'altezza del peno e sul cofano della giberna (lance incrociate per i Lancieri, granate per i Dragoni, cannoni con granata per gli Artiglieri, cifre e trofei con armi reali per i corpi della Guardia, ecc.).

L'arma bianca individuale era assicurata ad una cintura in vita mediante bretelle di sospensione dalla lunghezza adattabile alla taglia del soldato ed all'impiego a cavallo. Anche la cintura, di cuoio bianco o nero, era variamente adorna di fibbie con distintivi, borchie e passanti. Nel caso dei Dragoni, in particolare, era utilizzato un alto cinturone con grossa fibbia quadrangolare, atto a sostenere il peso non solo della sciabola a lama dritta, ma anche della baionetta, antico retaggio della natura «mista» della specialità (cavaliere atto al combattimento a piedi). Gli Ussari spiccavano invece, come d'abitudine, per l'eleganza del cinturino in vita di pelle, con fibbie e borchie in ottone foggiate a testa di leone, dal quale si dipartivano le bigliere della sciabola e le bretelle della caratteristica «sabretache» anch'essa di pelle nera con grande fregio a scudo recante a sbalzo le armi reali e, ad intaglio, il numero reggimentale. Nel caso delle Guardie del Corpo a cavallo, sia la bandoliera con gibernetta che il cinturone acquisivano un livello di rifuùtura particolare: cambiando di uniforme a seconda delle occasioni di impiego, le Guardie del Corpo lasciavano le splendide e settecentesche bandoliere ricoperte di seta verde e gallone argento per la più «Semplice» versione di tenuta giornaliera (o mezza gala) ricoperta di tessuto argento a filettature scarlatte, ovvero per la più funzionale e quotidiana bandoliera in cuoio bianco. Ornamenti ed accessori metallici cambiavano naturalmente di conseguenza.

Per quanto concerne gli equipaggiamenti da cavallo, in generale essi ricalcavano gli «Standard» dell'epoca, con l'uso generale della sella all'<<inglese» le cui linee essenziali erano arricchite dalle splendide gualdrappe dai colori distintivi di reparto e fregi.

c) Gli equipaggiamenti collettivi Lo studio delle dotazioni di oggetti in uso ai singoli militari od ai reparti appare particolarmente rivelatore delle abitudini quotidiane e delle condizioni di vita delle collettività militari borboniche. In generale, si distin.guevano le seguenti dotaziOm: - dotazione individuale, ossia gamella, borraccia, posate, pettine, accessori dell'equipaggiamento, accessori di pulizia personale e delle armi, ecc.; - dotazione di compagnia, stabilita in relazione alle esigenze di una forza di cento uomini <<in movimento». Tale dotazione era imballata in un «barilone>> (ad es. tegami, pentole, coltelli, gratta formaggio, <<cola maccheroni», marmitte, e"cc.) ed in un «cassettino» (registri di contabilità, modulisticà di fureria, altri oggetti minuti di equipaggiamento e vestiario per le sostituzioni o manutenzioni correnti, altri utensili di cucina, ecc.); - dotazione del corpo, trasportata in otto <<cassettini», someggiabili o trasportabili su carrette reggimentali, così suddivisi: cassettino dell'ufficio del Comandante; cassettino dell'ufficio dei Ruoli e Riviste; cassettino del Consiglio di amministrazione e del suo Segretario; cassettino del Cerusico; cassettino dell'Armiere; cassettino del Capo Sarto; cassettino del Capo Calzolajo. Erano infine minuziosamente previste le dotazioni per la Cappella di Compagnia, la Mensa Sottufficiali, la Sala di Musica, la Mensa Musicanti, la Scuola Normale reggimentale e la Sala Reggimentale.

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CAPITOLO VIII

CENNI SULL'ARMAMENTO

LE ARMI BIANCHE È intorno al 1830 che assistiamo ad un graduale riordinamento delle dotazioni individuali e ad un primo consolidamento di modelli e tipologie per le diverse unità, inizialmente per lo più derivati dai materiali già in uso tra i11820 ed il 1830, e, in qualche caso, destinati a rimanere in uso sino al 1861. Si conferma ad esempio l'utilizzo da parte degli ufficiali generali delle tradizionali scimitarre di stile orientale, introdotte nel periodo murattiano. Di tali armi, di squisita fattura, si conoscono va. rianti e tipi diversi, spesso influenzati dal gusto del propnetano. Le Guardie del Corpo a Cavallo adottarono invece la sciabola a lama dritta con fornimento in ottone dorato e conchiglia traforata, derivata dal modello 1786 francese per ufficiali di cavalleria pesante ed analogamente vicina ai modelli impiegati nel periodo murattiano. La Gendarmeria, ancora una volta fedele all'archetipo ispirato francese, adottò la sciabola a lama dritta con fornimento in ottone a quattro rami, dèrivata dal mod. «anno XI» per Dragoni, caratterizzata quindi dal fodero in pelle nera e fornimenti in ottone. Gli Ussari della Guardia Reale mantennero la tradizionale sciabola di modello 1796 inglese per Dragoni Leggeri (poi Ussari), con fornimento in ferro e guardia <<a staffa>>. Più articolato invece il discorso relativo agli ufficiali dei corpi a piedi. L'Ordine del Giorno del 10.4.1829 aveva infatti introdotto un modello per ufficiali superiori ed uno per ufficiali subalterni dei corpi di fanteria (Linea e Guardia Reale) nazionale ed estera, dell' Artiglieria e dei Zappatori.

n primo modello (uff.l! superiori) aveva un fornimento a tre rami in metallo dorato variamente decorato secondo gli esemplari, avente inoltre fodero metallico (gli ufficiali superiori essendo di norma montati). n secondo modello (uff.li subalterni) si caratterizzava per il fornimento con guardia a staffa, di metallo dorato, e per il tipico pomo a testa di drago. È questo uno dei modelli più originali della produzione napoletana, destinato a rimanere in uso sino al 1861. Per quanto infine riguarda le dotazioni della truppa a piedi, basterà ricordare il tradizionale <<briquet» derivato dal modello 1816 francese, con fornimento in ottone e fodero in pelle nera, che armava la maggior parte dei soldati borbonici. Particolare, inoltre, la daga per guastatori mod. 1789, con pomo all'impugnatura in ottone forgiato a testa di leone e con lama a sega. Caratteristiche e sontuose, infine, le elaboratissime daghe e sciabole da parata dei Tamburi Maggiori, nonché i magnifici corredi di attrezzature da . . parata per 1 guastaton. Questo assetto andò ulteriormente modificandosi sullo scorcio degli anni trenta. Analogamente a quanto avveniva per le uniformi e per gli equipaggiamenti, infatti, anche le armi bianche si integrarono ai modelli francesi dell'epoca, in specie per quanto riguarda la Cavalleria di linea. Fatte salve le caratteristiche armi dei generali, delle Guardie del Corpo e degli Ussari della Guardia Reale, infatti, i Lancieri ed i Dragoni adottarono - rispettivamente nel 1837 e 1834 - delle sciabole derivate dal modello 1822 francese, per cavalleria leggera i Lancieri (a lama leggermente curva) 73


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~ ... L'armamento del Soldato, in tutt'i tempi e presso tutte le nazioni, ha richiamato l'attenzione de' sapiemi Militari, per determinarne la specie, c l'adatta dimensione agli usi della guerra... Le armi di cui va fornito, in atto, ogn'individuo di truppa, appartenente ad un Reggimento di fanteria, o ad un Batcaylione <;:acciatori, sono in relazione alla classe alla quale esso appartiene, ed è perciò che con il seguente quadro dimostrativo, se ne precisa il numero e a specae competente ...»

(dal «Manuale per l'Amministrazione in materia di un Corpo di Fanteria», Napoli 1852, dalla Reale Tipografia della Guerra a cura del Cap. Addetto allo S.M. C. Campa.nelli)

«LE ARMI DI CUI VA FORNITO, IN ATTO, OGNI IND MDUO DI TRUPPA, APPARTENENTE AD UN REGGIMENTO DI FANTERIA... »


LE ARTIGLIERIE A partire dal 18-35, sono il forte impulso del Direttore dei Corpi Facoltativi gen. Filangieri, l'esercito borbonico dette inizio ad un vasto programma di rinnovamento dei materiali di artiglieria. All'uopo, visite e ricerche furono effettuate in Francia {missione del cap. D'Agostino), ove da poco era stato introdotto il sistema 1827 (materiali a sua volta derivati dai modelli inglesi), ed in P~monte, ove con l'indicazione di «modello 1830>> si era per l'appunto riv.isto, adattato e migliorato il materiale francese di nuovo modello. La riforma napoletana diede quindi vita ad un sistema analogo a quello francese del 1827, ma introduc~n.do innovazioni e modifiche razionali (e talvolta originali) essenzialmente dovute al ten.col. Landi, allora Direttore dell'Arsenale di Napoli. L'insieme dei nuovi materiali venne definito come «Modello Comitato>>, dal nome dell'organo tecnico {Comitato di Artiglieria) che aveva coordinato la progettazione.

a) Per l'artiglieria da campagna Vennero adottate quattro diverse bocche da fuoco: cannone da 12 libbre batterie da posizione obice da 6 pollici cannone da 6 libbre batterie da battaglia. obice da 5.6.21

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Come in Piemonte, anche nelle Due Sicilie si preferì il calibro da 6 libbre in luogo delle 8 previste dal sistema francese 1827, dato che esso offriva maggiore mobilità ed adattabilità ai terreni italiani, malgrado la minor potenza. I due cannoni conservavano tutte le caratteristiche tecniche del sistema <<anno Xh francese. I due obici, simili tra di loro, sviluppavano una lunghezza massima d'anima tra 10 ed 11 calibri: di qui la loro definizione anche come «obici lunghi» elo «obici-cannoni». Furono adottati due affusti, uno per le bocche da fuoco da posizione, ed uno per quelle da battaglia, di costruzione analoga ma non geometricamente simili, dato che il tipo da battaglia era più lungo di quello da posizione rispetto alla sua larghezza. Tali affusti avevano il corpo «a freccia>> di ispirazione per l'appunto inglese: alcune ferramenta era-

no forgiate in ferro battuto (a differenza dei prototipi francesi che erano in ghisa) onde assicurare maggiore resistenza alle sollecitazioni sul terreno.

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Le vetture erano tutte attaccate a sei cavalli tranne gli affusti di ricambio che lo erano a quattro. I due carri di batteria erano adibiti al trasporto dei ricambi ed a quello degli utensili per riparazione, nonché a quello dei fornimenti dei quadrupedi. Le due fucine -e rano ad· dette ai lavori in ferro delle macchine ed alla ferratura dei cavalli.

Le ruote, eguali per tutte le vetture delle quattro bocche da fuoco, erano strutturate su sole 12 razze (invece delle tradizionali 14) al fine di aumentarne la robustezza al mozzo; i cerchioni erano forgiati in sei pezzi staccati ed inchiodati tra loro. Particolarmente interessante ed originale l'innovazione apportata dai tecnici napoletani al sistema destinato a mantenere il timone dei treni in orizzontale, così da impedirne gli urti eccessivi {sistema di unione a gancio e «frottante»). Con questo sistema si riusciva, come peraltro nei materiali piemontesi con gancio a contrasto verticale, a mantenere una duplice unione controllata fra i due elementi del treno, così da consentire veloci spostamenti anche su terreni accidentati mantenendo l'affusto vicino ali'orizzontale. 77


b) Per l'artiglieria da montagna A partire dal 1841 si iniziò a sostituire i precedenti materiali (introdotti nel 1838-39) ad affusto someggiabile con obici da 8 libbre (calibro = m m. 106), utilizzando un nuovo obice da 12 libbre (calibro = mm. 122,2) incavalcato su affusto a freccia di nuova concezione, più robusto. n materiale delle batterie armate con questo ohice era tutto someggiabile, tranne tre carrette, ma poteva naturalmente anche prestarsi al traino su strada mediante l'utilizzo di una timonella detta «forciglia». Lo stesso obice da 12 libbre armò in seguito altre batterie da impiegarsi per operazioni anfibie i cui materiali erano sistemati su piccole vetture trainate da tre quadrupedi (ma suscettibili anche di traino a braccia). Tali batterie ed il relativo materiale vennero definite <<a strascino», per distinguerle dalle someggiate, dette <<a schiena».

c) Per l'artiglieria da assedio e da piazza Oltre ai materiali già individuati, si aggiunse un cannone da 12 lungo ed un obice da 5.6.2 simile al tipo da campagna. Gli affusti a ruote erano simili a quelli da campagna; vi erano inoltre altri affusti, suddivisi in servizio d'assedio e servizio da difesa, a fianchi triangolari a travi. Nel 1841 venne inoltre approntato un affusto da difesa gettato in ghisa presso le Fonderie di Mongiana. A partire dal 1844 venne introdotto un nuovo affusto da difesa di concezione parzialmente originale adatto anche al servizio da costa (ten.col. De Focatiis), costruito in due versioni rispettivamente per i calibri da 12 e 30 libbre e per quelli maggiori. Tale modello, se riprendeva nelle linee generali il vecchio tipo Gribeau-

val francese, sviluppava peraltro applicazioni tecniche più razionali.

d) Per la difesa da costa Erano impiegati i cannoni da 33, da 24 e da 12, nonché gli obici-cannoni da 80 e 30 (alla «Paixhans») per il tiro di lancio della grànate. T ali bocche da fuoco erano gettate in ferro ed erano inca- • valcate su affusto «De Focatiis». Era inoltre impiegato un obice-cannone da 60 («Miller» o «Millard»), a camera conica, incavalcato su un affusto analogo al <<De Focatiis» che prese il nome di «modello Marcarelli>>, avente congegno di punteria particolamente studiato per i1 tiro con forte angolo di depressione. Per il traino degli affusti da assedio, da piazza e da costa erano impiegati avantreni a timone di costruzione ordinaria con contrasto orizzontale. Anche nell'artigl~ria napoletana furono attivamente seguiti il perfezionamento nella fabbricazione e costituzione delle bocche da fuoco nonché l'applicazione della rigatura. Dal 1840 al 1845 si effettuarono studi ed esperienze per la sostituzione della ghisa al bronzo nelle bocche da fuoco da campagna, essenzialmente per · motivi di ordine economico. I risultati non apparvero peraltro favorevoli così che la sostituzione non venne mai applicata. Per quanto concerne la rigatura, nel 1859-60, nell'Arsenale di Napoli si costruirono artiglierie in bronzo da 16 ed 8 libbre rigate secondo il sistema francese La Hitte, utilizzando macchinari ideati dal col. Afan de Rivera. Bocche da fuoco di questo tipo vennero impiegate nell'assedio di Gaeta e, dopo la caduta del regno, alcune di esse furono anche cedute al governo pontificio.

LE FABBRICHE MILITARI N el regno erano attivi diversi opifici militari, in buona parte raccolti intorno alla capitale, dei quali diamo di seguito un rapido cenno. Ricordiamo preliminarmente che, nell'ambito della Direzione Generale dei Corpi Facoltativi, era la V Ispezione che si occupava specificamente delle manifatture di artiglieria, suddividendosi a sua volta in cinque Direzioni degli Stabilimenti, ossia: 78

- Arsenale di Costruzione; - Fonderia di ferro e bronzo; - Fabbrica d'Armi; - Montatura d'Armi; - Miniere. Per ogni Direzione degli Stabilimenti erano in forza un Tenente Colonnello Direttore ed un Capitano di II classe per il dettaglio, più vari uffi-


ciali distaccati dalle compagnie del Battaglione Artefici. Vi erano inoltre nove Direzioni Locali dei Materiali: Napoli, Capua, Gaeta, Pescara, Barletta, Reggio Calabria, Palermo, Messina e Siracusa. Provvedevano al materiale individuale la Fabb~ica d'Armi di Torre Annunziata e la Montatura d'Armi di Napoli; nel primo stabilimento venivano prodotte le singole parti, nel secondo composte. Nel momento di maggior sviluppo, la produzione espressa annualmente raggiunse l'entità di 11.000 armi da fuoco e 3.000 armi bianche. La Fabbrica d'Armi di Torre Annunziata aveva inoltre due succursali: - nell'Officina di Lancusi, nei dintorni di Salerno, specializzata nella produzione degli acciarini per fucili e pistole; - a Poggioreale. Il Real Stabilimento di Mongiana, fondato nel 1786 e potenziiato a partire dal 1850, nella provincia di Catanzaro, che sfruttava i minerali di Pazzano e di Stilo, era lo stabilimento dal quale proveniva tutto il ferro e l'acciaio lavorato dalle indu~rie di ~to,_ rendendolo così quasi autonomo dalle tmportaziOru. L'importanza della ferriera è relativa solo durante l'ultimo decennio di vita del regno e, per alcuni aspetti, all'ultimo lustro. I materiali prodotti erano di ottima qualità, ma i- grandi investimenti necessari per la produzione davano un margine industriale ridotto. Oltre ai minerali nazionali {il ferro delle miniere di Calabria era ritenuto inferiore solo a quello svedese) le fabbriche di artiglieria adoperavano soprattutto ferro dell'isola d'Elba dato che quello importato dalla Gran Bretagna {giudicato troppo «vetrino») veniva impiegato limitatamente alle produzioni di oggetti non assoggettati a sforzi particolari. Ricordiamo che l'opificio di Mongiana, che occupava aree coperte per circa 16.000 mq., era diretto da un Tenente Colonnello di artiglieria, assistito da un Co~iglio di Amministrazione di ufficiali della stessa arma, ed occupava una manodopera media di circa 600 unità. L'Arsenale di Napoli (Castel Nuovo o Maschio Angioino) provvedeva alla costruzione degli affu-

sti, carriaggi, macchine di artiglieria e materiali da ponte; in quest'ultima attività era stato messo a punto un parco di ponti che con sole 60 barche di modello particolare consentiva l'allestimento di un ponte che avrebbe permesso il superamento del Po in un punto qualsiasi. Nei locali dell'Arsenale era inoltre allestita la sala dei modelli in scala 1/5 ed «in sagoma» al naturale dei traini di artiglieria. Altri Arsenali di dimensioni più ridotte operavano in Palermo e Messina. Officine di riparazione erano inoltre dislocate a Capua, Gaeta e Tar~nto. A_ Capua, infine, era insediato un opificio ptrotecmco. La Fonderia di Napoli (Castel N uovo) era la sede in cui si gettavano le bocche di bronzo; cambiò denominazione in Fonderia e Barena de' Cannoni con R.D. 21.6.1833, ma è a partire dal 1835 che essa fu oggetto di una serie ininterrotta di ampliamenti ed ammodernamenti strutturali riguardanti sia le linee di fusione (messa in funzione di forni alla Wilkinson), che i macchinari e gli apparati di forza motrice (vapore in luogo della trazione animale) per i torni da foratura e finitura dei cannoni. Nel luglio 1841 furono attivati quattro nuovi forni a riverbero, accoppiati a due a due, per gettare cannoni in ferro. Al totale, la Fonderia impiegava circa 150 persone. Annessi alla Fonderia erano inoltre installati i gabinetti chimico, fisico e mineralogico, oltre alla Biblioteca tecnica del Corpo Reale di Artiglieria. L'Opificio Meccanico di Pietrarsa iniziò la sua attività nel 1841 ed interessò diverse attività dello Stato, da attrezzature per ponti, cantieri ed arsenali, a macchine da guerra e rotaie ferroviarie. L'Opificio (che in totale occupava un'area di 34.000 mq. e giunse ad impiegare una manodopera di 1.050 addetti di cui 230 operai militari), comprendeva in particolare una Fonderia proiettili dotata di forni a riverbero, forni alla Wilkinson e tre magli a vapore a stampaggio.

Provvedeva agli esplodenti la Real Fabbrica di polveri di Torre Annunziata, che vantava una tradizione plurisecolare, dato che la sua fondazione risaliva al 1652; questa rinnovò la sua produzione 79


solo nel 1849 adottando il procedimento inglese modificato secondo le procedure in uso in Germania ed in America. Incidenti nella produzione fecero trasferire le produzioni delle polveri in un nuovo stabilimento sito a Scafati, inaugurato il 15 dicembre 1854 ed in seguito passato alle dipendenze del Regio Esercito Italiano. Le polveri confezionate erano successivamente immagazzinate nella Polveriera Centrale di Baia,

80

ove erano oggetto di periodiche verifiche da parte di una commissione di artiglieria. In Sicilia, dove la produzione e la vendita di polveri esplodenti non erano coperte da regia privativa come in continente, erano attive diverse fabbriche private che rifornivano l'esercito: tra queste, la piĂš importante era quella¡ di Rammacco. Altre polveriere erano insediate a Napoli, Capri, Capua, Gaeta, Palermo, Messina e Siracusa. •


CAPITO LO IX

LE BANDIERE MILITARI

Le bandiere delle unità militari borboniche erano caratterizzate, con le particolarità di cui diremo, dal colore di fondo bianco, sul quale campeggiavano, dipinte o in ricamo, le Armi Reali, ossia le grandi armi araldiche del Regno delle Due Sicilie. Al «verso» dei drappi, a seconda dei casi, figuravano anche le insegne dell'Ordine Costantiniano, appannaggio borbonico per eredità farnesiana. Le eccezioni a questa regola, di larga massima, erano: - le bandiere da parata dei corpi della Guardia Reale, che avevano il fondo rosso scuro (colo_re dinastico); - e quelle dei reggimenti svizzeri al servizio napoletano, che portavano da un lato la croce bianca elvetica sul campo rosso, con gli emblemi dei Cantoni di reclutamento della truppa. A tal proposito non è inutile ricordare che proprio la decisione di abolire dalle insegne tali emblemi, nel 1859, a seguito di un mutamento degli accordi con le autorità cantonali svizzere, apparve essere alla base della ribellione dei primi tre reggimenti della linea SViZZera.

n

tricolore era apparso sulle bandiere borboniche in un breve periodo durante la parentesi <<Costituzionale>> del 1848: la disposizione adottata all'epoca era peraltro a cornici concentriche intorno al consueto campo bianco con lo scudo reale, e non la tradizionale partizione a bande verticali. Verso la fine del 1859, nell'estremo tentativo di far risaltare la natura pur sempre <<italiana>> delle truppe dinastiche, Francesco II decise di riadattare il tricolore per le insegne militari. Molti reparti furono quindi dotati a partire da quella data di bandiere tricolori, questa volta con le bande verticali, recanti al centro del settore bianco gli emblemi tra-

dizionali. Anche queste insegne, come quelle tipiche bianche, mostravano sul bordo inferiore le denominazioni reggimentali. Alcuni esemplari di questi modelli sono sopravVissuti ad oggi (ad esempio quello del 13° reggimento fanteria di linea <<Messapia>> e quello del reggimento artiglieria <<Re»), e mostrano livelli di fattura alquanto et erogenei, a testimonianza della relativa «urgenza>> con la quale si fece fronte alle forniture.

Per quanto riguarda le bandiere tradizionali, ogni reggimento di fanteria riceveva in dotazione due bandiere <<reali» e due <<banderuole di manovra>•, in ragione di uno stendardo per tipo per ogni battaglione. La bandiera «reale» recava: - al recto le insegne dell'Ordine Costantiniano in colore, retaggio della discendenza farnesiana della famiglia Borbone, che ne aveva ereditato il Gran Magistero sin dai tempi di Carlo, Infante di Spagna, già Duca di Parma e figlio di Elisabetta, ultima della famiglia Farnese. Questo emblema militare aveva soppiantato quello tradizionale iberico dei bastoni di Borgogna scarlatti sul finire del XVIII secolo; - al verso le grandi armi del Regno delle Due Sicilie in colore, iscritte in uno scud o dorato (all'epoca ovaleggiante con l'eccezione del disegno barocco per i corpi della Guardia Reale), sormontate dalla corona reale e circondate dai collari degli Ordini di S. Giorgio della Riunione e del Toson d'Oro.

Alcuni corpi portavano agli angoli del drappo i distintivi della specialità (ad esempio la granata per i reggimenti Dragoni, od i gigli), con serti di 81


alloro, ma purtroppo nessun riscontro normativo ci è pervenuto a conferma delle testimonianze iconografiche al riguardo. Le aste delle bandiere erano in legno dipinto a fasce spirali rosso/bianche, come pure ross·e e · bianche erano le cravatte, adorne di ricami a fogliami per tal uni corpi d'élite.

I battaglioni autonomi (ossia non inquadrati nei reggimenti di linea) e ciascun battaglione dei reggimenti di linea erano inoltre dotati di una «banderuola di manovra» il cui colore mutava a seconda del reparto: ad esempio, sono noti alcuni esemplari gialli con «legende>> rosse ovvero rossi con <<legeode» gialle ovvero bianchi con «legende>> rosse per il 2° Battaglione Cacciatori a Piedi. Anche il Battaglione Tiragliatori della Guardia Reale aveva una «banderuola di manovra>> rossa con «legende>> gialle. Uno splendido esemplare di «banderuola di manovra», finemente ricamato, è infine quello conservato al! Museo dei Granatieri di Roma, appartenente al l 0 Reggimento Granatieri della Guardia Reale.

Su un analogo livello di cromatismo si ponevano infine le caratteristiche «guide generali serrafile» ossia le insegne destinate a facilitare l'inquadramento sul terreno delle compagnie scelte dei battaglioni di linea e di altri reparti, recate da sottufficiali di compagnia che le inastavano nelle canne dei loro fucili.

82

Per ogni reparto esisteva una chiave cromatica di contrasti tra il colore di fondo e quello delle «legeode>>, dei distintivi e delle gallonature, che si invertivano a seconda dello schieramento della compagnia nell'ambito dell'unità ed a seconda dell'appartenenza al primo o secondo battaglione dei reggimenti di fanteria di linea. • La vastissima collezione di queste insegne ancora custodita presso il Museo Nazionale di San Martino di Napoli fa fede della varietà e ricchezza della vessillologia militare borbonica. T ali «guide generali serrafile», come erano definite, rappresentavano un elemento tradizionale per le truppe borboniche presso le quali l'uso di indicare gli allineamenti sul campo con insegne _colorate (i caporali delle compagnie di sinistra portavano nel fucile un guidone bianco, quelli a destra un guidone rosso) era stato introdotto già nell'ultimo quarto del secolo xvm. La regola venne poi diffusa a tutti i reparti: di qui la relativa complessità dei codici cromatici cui si accennava. In pratica, ogni guidone recava agli angoli l'emblema della specialità ed al centro un emblema, al recto ed al verso la dicitura «Guide Generali>> con la denominazione dell'unità. Un valido esempio dell'uso di queste insegne fu realizzato nel 1849 all'atto della campagna per · la riconquista della Sicilia insorta, allorché, sulle spiagge antistanti Messina, nelle prime ore del mattino precedente lo sbarco delle truppe borboniche, alcuni «esploratori» del Reggimento «Real Marina>> scesero a terra per innalzare sulle rive i guidoni onde consentire il più rapido ammassamento dei soldati nelle ore successive.


PARTE QUARTA

ICONOGRAFIA


Guardia del Corpo a cavallo in gran tenuta.

Luigi di Borbone, Conte di Trani, Maggiore dei Cacciatori, in gran tenuta estiva (prima dell'estate 1859).

Alfredo di Borbone, Come di Caserta, Capitano dell'Artiglieria a cavallo in gran tenuta.

Brigadiere Generale Vincenzo Polizzy in tenuta giornaliera.



Elmo da dragone.


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da 40" da fanteria, rigato.

1028

Fucile da 38" da fanteria, rigato. 758

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Moschetto da 28" liscio.

T avola _originale e dati di m iSuraztone a cura di Silvio Cimino.

1028

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Fucile da fanteria da 38" rigaro.

866

F ucile per cannonieri di Marina da 32". 59 5

f Carabina per Ussari della Guardia Reale da 32".

Tavola originale e dati di mtsuraz;one a cura di Silvio Cimino.

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866

1255

_ ,

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e;. Carabina da Cacciatori a piedi da 32". 758 11"3

f/. Moschetto per Artiglieri da 28".

1028 1421

Fucile da Cacciatori a cavallo da 38".

Tavola originale e dati di misurazione a cura di Silvio Cimino.

75 8 11 4 5

Moscherto da 28" per Artiglieria, Zappatori ed altri Corpi tecnici. 758

L

Moschetto da 28" per Cavalleria.

7 58 1145

1/. Moschetto da 28" per Cacciatori a piedi.

Tav ola originale e dari di m isuraz ione a cura di Silvio Cim ino.



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Ufficiali Generali e Stato Maggiore dell'Esercito (gran tenuta).

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Ufficiali Generali (piccola tenuta).

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Ufficiali dello Stato Magg iore dell'Esercito (varie tenute).


Squadrone Guide dello Stato Maggiore.

Squadrone Guide dello Stato Maggiore (nuova .uniforme, dopo m'estate J859)¡

Compagnia Carabinieri dello Stato Maggiore.

Reali Guardie del Corpo - Compagnia a piedi.


Reali Gua:rdie del Corpo - Compagnia a cavallo.

Reali G uardie del Corpo - Compagnia a cavallo (piccola tenuta).

Guardie d 'Onore, al di qua e al di la del Faro.

Gendarmeria Reale a piedi.


Gendarmeria Reale a cavallo.

Gendarmeria Reale a cavallo - Squadrone scelto.

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Granatieri della Guardia Reale. Ufficiali in gran tenuta invernale ed estiva.

Granatieri della G uar.dia Reale. Soldati in varie tenute.


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Cacciatori della Guardia Reale. Ufficiali in varie tenute.

Cacciatori della Guardia Reale. Soldati, tamburo e guastatore.

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Tiragliatori della Guardia Reale. Ufficiali in gran tenuta.

Tiragliatori della Guardia Reale. Soldati in g ran tenuta.

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Reggimento Rea! Marina. Ufficiali in grande e piccola tenuta.

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Reggimento Rea! Marina. Soldati m gran tenuta ed m tenuta giornaliera .

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Reggimento Carabinieri a piedi. Ufficiali di una compagnia Cacciatori e di una compagnia scelta.

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Reggimento Carabinieri a piedi. Soldati in gran tenuta.


Ufficiale dello Stato Maggiore delle Piazze e soldato del I reggimento di Fanteria ÂŤ Re Âť. 0

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Battaglioni Cacciatori - Ufficiali in gran tenuta (tunica, nuova uniforme) e in tenuta di rotta.

-

Battaglioni Cacciatori. Soldati in gran tenuta ed in tenuta giornaliera.

Battaglioni Cacciatori. Ufficiale e soldato. (N.B. - L 'abito è verde scuro).


Ufficiali dei reggimenti svizzeri in vane tenute.

Ufficiale e soldato dei reggimenti svizzeri (compagnie Cacciatori) in tenuta giornaliera.

Soldati dei reggimenti svizzeri m vane tenute.


Tamburo e Musicante del 3" reggimento svizzero.

3° battaglione Carabinieri Esteri - 186o.

Battaglione Carabinieri Esteri Bavaresi - 186o.


U fficiale e caporale del reggimento Veterani ed Invalidi in gran tenuta estiva.

Ufficiale e foriere delle compagnie di Riserva.

•

...

...

Ufficiale e soldato delta Guardia Doganale.

Ufficiale e soldato della Guardia del Dazio.


Ufficiale degli Usseri della Guardia Reale in gran tenuta.

Ufficiali degli Usseri della Guardia Reale in varie tenute.

Soldati degli Usseri della Guardia Reale m vane tenute.

Trombetto degli Usseri della Guardia Reale e Ufficiali dei LĂ ncieri e dei Cacciatori a cavallo.


Soldati dd reggimento Carabinieri a cavallo in gran tenuta ed in tenuta di servizio estiva.

Ufficiali dei reggimenti Dragoni e Carabinieri a cavallo.

Dragone dd 3° reggimento.

Ufficiale e Tromba dei reggimen ti Dragoni.


Tromba e soldati dei reggimenti Dragoni.

Soldati del reggimento Cacciatori a cavallo.

Ufficiali in gran tenuta ed in tenuta di servizio con cappotto del reggimento Cacciatori a cavallo.

Ufficiale e soldato dell'Artiglieria a cavallo.


Ufficiali, tamburo e soldati dell'Artiglieria a piedi.

Treno d'Artiglieria.

Ufflciale e soldato del Genio.

Soldato ed Ufficiale dei Pompieri della CittĂ di Napoli.


Ufficiale ed allievo del Rea! Collegio Militare.

Regia Strada Ferrata.

Ufficiali Sanitari.

Cappellani Militari.


'

Schakot da truppa (compagnia Granatieri) del 1 2 ° reggimento di linea.

del

1 2°

Schakot .da ufficiale (tenuta di rotta) reggimento di linea (compagnia Granatieri).


Compagnia delle Guide dello Stato Maggiore, Ufficiali dello Stato Maggiore ed Ufficiali Generali.


Guardie del Corpo a cavallo.


Guardie del Corpo a piedi.


Usseri della Guardia Reale.


Granatieri della Guardia Reale.























INDICE


Presentazione

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3

Pag.

9

PARTE PRJMA

GLI ASPETTI ORGANIZZATIVI Capitolo I

- I caratteri generali .......................................... .

Aspetti salienti dell'evoluzione del Real Esercito delle Due Sicilie tra il 1830 ed il 1861 ............................................. . Una possibile chiave interpretativa .......... ..... ............. . Capitolo ll

Capitolo

m

- Il sistema organizzativo ...................................... .

9

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13

))

17

L'Intendenza Generale dell'Esercito ............................ .

»

Le Ispezioni delle Armi .... .............. .................... .

»

I Comandi Generali delle Armi ............................... . L'Alta Corte militare e la giustizia militare ..................... .

»

- Il personale ................................................. .

n reclutal)lento:

i criteri organizzativi ...... ............ ........ . una valutazione .............................. . L'avanzamento ......................... . ................... . Scuole ed istituti di istruzione militare ......................... .

n reclutamento:

Capitolo IV

))

- Gli organici ............................. ...... ............. _

Cenni generali .............................................. . Grafici riassuntivi ...................... .......... ........... .

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18 21 22 23 25 25 26 28 31 35 35 37

PARTE SECONDA

LE CONDIZIONI MATERIALI DELLA VITA MILITARE Capitolo V

- Lo

Capitolo VI

- La truppa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

n

«StatttS»

di ufficiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

trattamento economico .................................... . Aspetti della vita quotidiana ...................... . ........... .

Pag.

45

>>

49

))

49

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52 135


PARTE TERZA

LE UNIFORMI E L'ARMAMENTO Capitolo VII

- Le uniformi e gli equipaggiamenti ........................... .. . . Le principali tenute ......................................... . Le «teste di colonna» ........................................•. Cenni sugli equipaggiamenti .... ......................... .. ... .

Capitolo VIII

- Cenni sull'armamento ... ............................ .. . ... .. . Le Le Le Le

Capitolo IX

armi bianche ........................ ........... ......... . armi da fuoco individuali ................................. . artiglierie ..................... ............ . . .. ... . . ... .. . fabbriche militari ........... ................ . ........ .... .

- Le bandiere militari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Pag.

63

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63 67 68

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73 73 74

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PARTE QUARTA

ICONOGRAFIA Iconografia





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