Case in Rivolta - Numero zero

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case in rivolta n. zero luglio 2022 bollettino delle lotte abitative

Step by step. Questo che avete tra le mani è il NUMERO ZERO di un giornale periodico che ha nelle sue intenzioni di raccogliere, documentare e condividere le storie e le molte sfaccettature dei conflitti abitativi in Italia. Questa idea nasce “a margine” di alcuni scambi e confronti aperti che una serie di collettivi e comitati hanno elaborato nel corso degli ultimi mesi, in un arco temporale che va da ottobre 2021 a giugno 2022. Il primo evento che ha dato vita a questo confronto è stato il meeting “Casematte”, tenuto a Pisa in autunno 2021. L'ultimo invece a metà maggio a Milano, dal titolo “Le città in rivolta”. Questi due appuntamenti sono stati degli intervalli di pensiero collettivo e confronto politico di un flusso di azioni di lotta che scadenzano, da sempre, il tessuto urbano e provinciale del nostro paese e che hanno come protagonist*: inquilin* delle case popolari; occupanti senza titolo e\o assegnatari; donne in conflitto contro la violenza istituzionale, economica e domestica; famiglie e giovani contro gli sfratti e contro gli affitti a libero mercato. Le pratiche raccontate sono: picchetti, occupazioni abitative, riunioni e assemblee di vicinato e di quartiere, difese legali e ricorsi all’Organizzazione delle Nazioni Unite. Battaglie urbane che coprono un ventaglio ampio e disperso: dal nodo dei servizi sociali e del welfare a quello delle pianificazioni metropolitane in mano ai complessi finanziari industriali del turismo e della rendita. Dietro la recrudescenza dell’emergenza abitativa in realtà ci sono soggetti in carne ed ossa che si battono, che pensano e che agiscono. Gli appuntamenti di discussione nazionale si sono configurati come bisogno di ascolto reciproco e di connessione organizzativa per poter contare di più. Dare valore all'abitare nella crisi ecologica e ambientale prodotta anche della tossicità energivora delle metropoli in

UNa INTRODUZIONE NECESSARIA

1 CASE IN RIVOLTA

Bollettino delle lotte abitative

Da ottobre a maggio non si è costituita una nuova organizzazione, ma è cresciuto lo spirito di collaborazione tra molte realtà resistenti e occupanti, per reagire insieme alla crisi del libero mercato, per darsi obiettivi praticabili che spostino i rapporti di forza a favore dei “senza reddito e dei senza proprietà”. Per dare fiducia e immaginazione ai percorsi di conflitto e autonomia che hanno bisogno di svilupparsi, contro gli sfratti, i pignoramenti e la degradazione del patrimonio pubblico. È il cattivo abitare un nemico delle nostre esistenze, ciò che ci rende subalterni ai poteri che governano le nostre città e provincie. Ma cos’è questo cattivo abitare?

Scrivevamo nell'appello di convocazione dell'appuntamento autunnale a Pisa: “Casematte vuole essere uno spazio di ascolto, partecipazione e riflessione per: approfondire l'analisi e la discussione politica della lotta per la casa, per dare forza alla battaglia contro il Libero Mercato Immobiliare. Perciò riteniamo fondamentale il confronto diretto per la condivisione di pratiche ed esperienze delle reti e delle realtà di lotta per la casa. Siamo spint* dalla profonda necessità di formarci, come compagne e compagni, come persone impegnate nei picchetti antisfratto e nelle attività sociali nei quartieri. Formarci per apprendere da altre esperienze e per studiare i meccanismi di oppressione che rendono l'insieme degli inquilini, dei residenti e degli abitanti una massa impaurita e tendenzialmente atomizzata di fronte alle leggi della proprietà immobiliare. Ma questa esigenza è anche la medesima di conoscere e consolidare nuovi rapporti per vincere le battaglie per la giustizia abitativa. Il mercato abitativo ha continuamente bisogno di investire, costruire, predando il territorio e creando enormi danni al livello ambientale (sostenendosi sulla retorica della mancanza di risorse), mentre milioni di abitazioni giacciono in disuso e le persone non hanno un tetto sulla testa. Nelle nostre città, dalle province suburbane ai quartieri delle metropoli, assistiamo a una ripresa dell'organizzazione di base delle lotte nei territori, sempre più spostate nella provincia e nelle periferie, per autodeterminare i bisogni abitativi contro sfratti, pignoramenti sgomberi ma anche contro i distacchi delle utenze.”

Il bollettino “Case in Rivolta” nasce dunque come prima risposta a questa esigenza: conoscere e diffondere le azioni e le idee, i linguaggi, le pratiche di chi da nord a sud si batte per la casa.

Queste condizioni di alienazione sostanziale del diritto all'abitare dignitoso hanno bisogno di essere messe al centro di un agire collettivo e pratico. Hanno bisogno di essere conosciute per essere rovesciate in libertà e condivisione dell'abitare.

Dare valore ai quartieri, alle vie, ai condominii, opponendosi alla vendita e alle espulsioni delle città turistificate. Dare valore alle relazioni tra l* residenti, ribaltando il mito proprietario e mettendo al centro il potere di lotta e contrattazione delle proprie comunità territoriali, contro la violenza dei padroni del mattone.

2 espansione.

Sono le ristrettezze degli spazi in cui siamo stipati in affitto; sono i debiti e i pignoramenti per gli affitti a libero mercato; sono la muffa e la mancanza di sicurezza e manutenzione; sono l'invasività dei padroni di case, dei poliziotti e dei funzionari statali a violare i nostri spazi domestici.

3 CASEMATTe L'INIZIO DI UN PERCORSO impazzita” per la conduzione di una lotta generale e compositiva contro l’ordine costituito. Hanno preso parte decine di esperienze di lotta per l'abitare. Nella sua parzialità è stato un momento di grande vitalità che ha incoraggiato singole situazioni di lotta abitativa a riprendere il dialogo e ad immaginare nuove traiettorie di movimento sociale a partire dai territori. I movimenti per l’abitare, infatti, non si sono mai fermati negli anni, ma la pandemia e le continue evoluzioni della crisi sociale e politica hanno determinato dei cambiamenti sia nei bisogni abitativi che nelle forme di lotta e organizzazione delle varie realtà. Il risultato positivo condiviso è stato quello di sentirsi parte di un avvio comune, non delimitato da formule organizzative precostituite, ma con il duplice obiettivo di stare con i piedi ben piantati nelle contraddizioni materiali e locali e con l'ambizione e la consapevolezza di vivere un momento storico, frutto delle contraddizioni insanabili della globalizzazione e del libero mercato.

Un'altra caratteristica condivisa del confronto tenutosi a Pisa è stata l'irriducibilità della lotta per la casa a questione “particolare ed emergenziale”. La contraddizione insanabile tra i bisogni voraci del mercato immobiliare e le effettive esigenze delle persone, generano un'emergenza abitativa permanente, che non rappresenta una stortura negativa dello stato sociale: è invece il profondo sintomo della polarizzazione della ricchezza e rappresenta la base materiale del saccheggio su cui avvengono le grandi trasformazioni finanziarie delle città globali. Convinzione condivisa è che la lotta per la casa non sia di retroguardia. È invece una lotta per cambiare modello sociale, è una lotta di potere, inteso come possibilità di riscatto collettivo contro lo stesso sistema industriale e nocivo che ha prodotto la pandemia. La tre giorni “Casematte”, tenuta all'interno del convento comunale “Santa Croce in Fossabanda”, occupato per l'occasione, ha prodotto analisi e racconti in diverse tavole rotonde, dando spazio anche a contributi di compagn* andalusi, catalan* e portoghesi. È stata una tre giorni decisiva per pensare all’abitare, al territorio domestico e urbano, come “variabile

Sempre per quanto riguarda Milano, sono numerosi i territori in cui il diritto all'abitare viene violato. Ad esempio, uno spazio comunale reso agibile ubicato in via Esterle, in cui in passato si svolgevano attività culturali ed educative, feste, dibattiti, è stato messo a bando per farne un luogo di culto, senza che il comune facesse presente che lo spazio fosse abitato. Nella zona di San Siro diverse soggettività hanno scelto il comitato come strumento di lotta comune per opporsi alla costruzione di un nuovo stadio, perché lo stadio già c'è ed è funzionale; la costruzione di un nuovo stadio è esclusivamente una manovra speculativa, che implica lo spreco di denaro pubblico.

Nell'ambito dell'incontro nazionale che si è svolto a Milano il 6, 7 e 8 maggio 2022, le varie realtà presenti si sono scambiate conoscenze ed esperienze, in particolare in merito alle pratiche di lotta e resistenza a sgomberi e sfratti messe in atto nei diversi territori. A Milano, dove ci sono oltre 10.000 case popolari lasciate sfitte o inagibili, l'intero quartiere Ticinese è oggetto di mire speculative volte alla cosiddetta “Riqualificazione”, le case popolari sono state lasciate cadere a pezzi da ALER per anni, con l'obiettivo di essere svendute ai privati, come è già successo in alcuni civici. Inoltre si sta assistendo a sgomberi mirati ad attuare una vera e propria strategia che va a colpire prevalentemente case popolari inseribili in contesti legati al racket delle case e allo spaccio, in una logica di criminalizzazione degli abitanti. Le uniche soluzioni al problema abitativo sono la mobilitazione e la lotta che in quartiere viene portata avanti dall'Assemblea di lotta per la sanatoria delle occupazioni, con gli obiettivi condivisi con la piattaforma dell'Assemblea dei comitati in lotta, ovvero il blocco permanente di sfratti, sgomberi e pignoramenti, il blocco della svendita del patrimonio immobiliare pubblico, l'assegnazione delle case popolari, il diritto alla residenza e la sanatoria delle occupazioni. La battaglia per la sanatoria è un passaggio concreto e necessario per ribadire che la casa è un diritto altrimenti negato e che l'emergenza abitativa si risolve soltanto con soluzioni reali.

4 LE CITTA' IN RIVOLTA APPUNTI DI LOTTA

Proprio la sua autorevolezza ha permesso di intercettare i tanti lavoratori e le tante lavoratrici rimast* senza lavoro a seguito della grande crisi economica del

Per portare avanti la lotta per il diritto all'abitare il collettivo utilizza la pratica assembleare, i picchetti antisfratto e le occupazioni, che rappresenta una risposta ad un bisogno abitativo ma ha anche una funzione di denuncia e conflitto con le istituzioni, e inoltre può essere da esempio per diffondere altre pratiche di riappropriazione.

Il comitato porta aventi una lotta contro gli sfratti e gli sgomberi. In tutti i quartieri popolari vi è la presenza di case popolari sgomberate ma non successivamente assegnate, quartieri sovraffollati, che si trovano in condizioni invivibili, prive di servizi, scuole e centri aggregativi.

5 Nel quartiere Barona la presenza dell'ospedale San Paolo influenza l'azione di ALER, poiché presso l'entrata posteriore dell'ospedale si trovano le case popolari. Vogliono trasformare il quartiere per renderlo di servizio al San Paolo.

A Cinisello di case pubbliche vuote non ce ne sono tante, di conseguenza l'occupazione di abitazioni risulta difficile. L'occupazione di case private può portare ad uno scontro tra proletari e sottoproletari da una parte, e classe media o medio­bassa dall'altra. La fine del blocco degli sfratti, la crisi lavorativa e la crisi energetica rischiano di causare un disastro sociale. È necessario e urgente unirsi ai movimenti per il diritto all'abitare sia italiani che di tanti altri paesi europei per portare avanti la lotta perché i diritti umani devono venire prima della difesa della proprietà privata e non si può accettare che in assenza di una politica abitativa chiara e di un piano pubblico sulla casa la questione venga delegata di fatto al libero mercato. La particolarità del percorso bresciano è stata quella di riuscire a strappare un tavolo prefettizio di mediazione sulle vertenze abitative. Un meccanismo di trattativa, attivato nei casi di resistenza agli sfratti, che ha imposto una sorta di moratoria provinciale, obbligando in centinaia di casi le amministrazioni comunali a garantire una soluzione residenziale alternativa. Il “tavolo sfratti” è uno strumento importante, seppure non risolutivo, che il movimento per la casa si è conquistato con la lotta tra picchetti, occupazioni e scontri con il reparto mobile. L anima della resistenza agli sgomberi sono state le numerose famiglie immigrate, che compongono il tessuto sociale di una provincia, quella bresciana, caratterizzata storicamente da un notevole flusso migratorio richiamato dalle numerose fabbriche e campagne del territorio. La città capoluogo è stata teatro di lotte radicali da parte delle comunità migranti per il rinnovo del permesso di soggiorno come l'occupazione della gru nel 2010 o gli scontri di piazza del 2015.

A raccogliere la rabbia sociale è stata l'Associazione Diritti per Tutti, diventata riferimento per coloro che si battono contro le politiche razziste nazionali e locali.

La situazione nell’hinterland milanese non è migliore. A Cinisello, 75.000 abitanti con una percentuale molto elevata di persone a basso reddito, l'identità del territorio è legata a un'antica funzione industriale che però non c'è più. È una città rifugio per i flussi migratori, le persone arrivano anche dalla metropoli milanese. Il 4% degli alloggi sono di edilizia popolare pubblica, l'11% appartiene alle cooperative che però non danno risposta alle fasce basse della popolazione.

Per quanto riguarda Pisa, ci sono 170 case dell'APES vuote. Da anni il quartiere Sant’Ermete aspetta un progetto di riqualificazione: su 370 alloggi che dovevano essere costruiti ne sono stati consegnati meno di 70, fatti male, un cantiere di 33 appartamenti è bloccato da un anno, le vecchie case del quartiere cadono a pezzi e le persone sono in sciopero dell’affitto, in mezzo alle costruzioni lasciate a metà o che presentano numerose criticità, si trova una vasca di decantazione dei liquami. Le case private sono date in affitto con contratti fasulli perché spesso i valori catastali non corrispondono alla situazione reale. Ogni giorno vengono effettuati 5 sfratti, è Confedilizia che fa pressione sulla prefettura in tal senso. Anche qui vengono portate avanti pratiche di lotta quali i picchetti antisfratto e lo sportello, che serve a formare i militanti e le persone che a loro si rivolgono, a portare a conoscenza le diverse situazioni e a poter così reagire a questi abusi. A Parma ci sono 8 occupazioni abbastanza stabili che non sono state fatte in case popolari ma su beni pubblici abbandonati. Fino a poco tempo fa veniva prestata una discreta attenzione al tema della casa e al settore dell'edilizia pubblica da parte delle istituzioni, successivamente sono stati abbassati i livelli ISEE di permanenza, per cui molte famiglie hanno dovuto lasciare la casa popolare.

La riassegnazione è stata ed è tuttora lentissima con il conseguente aumento di case popolari vuote: in provincia di Parma si è passati dal 5% al 10%. Inoltre il passaggio da IACP a Ente di gestione, ha determinato licenziamenti, l'azienda è stata svuotata del personale, divenendo così un'azienda inefficace e inefficiente. È necessario attivare collettivi che città per città entrino nelle aziende di edilizia popolare pubblica per pretendere di venire a conoscenza di che cosa sta succedendo. A Torino, la lotta per la casa presenta numerose sfaccettature e intersezioni con altre problematiche. Ad esempio l'intersezione tra la questione casa e la salute, infatti la presenza di amianto e muffa caratterizza gli edifici dell'edilizia pubblica; oppure l'intersezione tra la questione casa e quella di genere, cosa di cui ci si è resi conto soprattutto durante la pandemia, quando tante persone sono state costrette a vivere a stretto contatto con un compagno violento. Le case popolari sono sottodimensionate e le attese per l'assegnazione sono lunghissime. I servizi sociali che rappresentano la controparte, si dimostrano un ente respingente che trova soluzioni inadatte e che favorisce lo sganciamento delle persone dal sistema di welfare. Come sono sfaccettare le questioni, lo sono anche le lotte e le

6 2008­2010. Dopo anni di “tavolo sfratti” la Prefettura di Brescia dal primo maggio di quest’ anno, con il vertice rinnovato nella figura della dott.ssa Maria Rosaria Laganà, ha deciso di ridurre l’ambito territoriale di mediazione a soli 12 comuni dei 205 totali, che compongono il territorio bresciano. I fini dichiarati della nuova prefetta sono la razionalizzazione del lavoro degli uffici e la tutela degli interessi economici della parte proprietaria, che si troverebbe in condizioni di difficoltà a seguito del periodo pandemico. Per questo il movimento per il diritto all'abitare bresciano ha organizzato lo scorso 6 giugno una partecipata assemblea dell3 inquilin3, che ha lanciato un percorso di mobilitazione generale.

A Roma si sta cercando di unire tutte le forze dislocate sulla città (movimenti di lotta per la casa, sindacati degli inquilini, militanti, etc.). Il disagio abitativo è molto elevato. Ci sono alloggi che prima erano pubblici e oggi appartengono a fondi finanziari. Gli alloggi con affitti brevi sono aumentati del 200%.

7 reazioni. Per far fronte a tutte queste e altre problematiche è stato prodotto un manuale di collettivizzazione di forme di saperi.

Relativamente alle case private, è stata fatta la proposta di calmierare gli affitti. Si cerca di rompere la logica dello sportello, per virare verso quella di associazione di mutuo appoggio, in cui ciascuno si prende cura dell'altro, e partecipa direttamente all'assemblea e presenzia ai picchetti di ciascuna realtà che compone l'associazione. È stato prodotto il manuale di autodifesa dagli sfratti in cui si danno una serie di indicazioni che vanno dalla richiesta per calmierare gli affitti all'uso di case abbandonate (vedi di seguito).

Ultimamente molte famiglie sotto sfratto senza un'alternativa abitativa hanno iniziato a presentare richieste di sospensione delle esecuzioni nientemeno che all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite ennesimo segno di quanto le istituzioni italiane si siano completamente lavate le mani delle sorti della popolazione. Esiste infatti una procedura chiamata “individual communication” che permette a persone singole di segnalare le violazioni dei diritti umani che hanno subito: la Commissione corrispondente valuta le petizioni, e se teme ci possa essere stata una mancanza da parte di uno degli stati membri, chiede di sospendere immediatamente l'esecuzione. Le petizioni per fermare gli sfratti si basano tutte sul PIDESC (Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali; in inglese ICESCR), che all'articolo 11 menziona il “diritto di ogni persona a uno stile di vita adeguato, che include alimentazioni, vestiti e alloggio”. La prima di queste petizioni in Italia è stata presentata a maggio 2021 Roma da una donna di Torpignattara; la rete di attivisti che la ha aiutata a presentarla, Sciopero degli affitti Roma (oggi Assemblea di Autodifesa dagli Sfratti) ha seguito le indicazioni di un'assemblea di abitanti catalana, il Sindicat d'Habitatge de Sant Andreu, che usa la procedura già da molti anni; nei mesi successivi, anche grazie a laboratori, tutorial e il “Manuale di Autodifesa dagli sfratti” disponibile a scioperodegliaffitti.noblogs.org sono state presentate oltre venti petizioni, non solo a Roma. Alcune persone vivono nelle loro case da vari mesi o anche un anno, perché a seguito della petizione l'ONU ha richiesto allo stato di interrompere l'esecuzione dello sfratto finché la Commissione non avrà deciso se effettivamente lo stato membro non sta rispettando i trattati, e quindi violando i diritti umani. I Tribunali finora hanno sempre rispettato quest'ordine, e la Commissione non ha ancora deliberato su nessun caso. Il procedimento è il seguente: una volta fermato lo sfratto grazie alle “interim measures” (misure temporanee) l'ONU manda la comunicazione allo Stato, che ha il diritto di presentare le sue osservazioni; queste osservazioni poi vengono ritrasmesse alla parte che ha fatto la comunicazione, e la Commissione delibera se revocare o mantenere la sospensione dello sfratto. Fino ad ora, lo stato italiano ha già risposto ad almeno cinque richieste; lo fa attraverso un organo interministeriale basato al Ministero degli Esteri: il CIDU, “comitato interministeriale per i diritti umani”.

8 LA PETIZIONE ALL'ONU

Si tratta di un organo piuttosto inutile, il cui fine sarebbe la tutela dei diritti umani, ma di fatto lavora per difendere lo stato e i suoi abusi. Il CIDU ha rimandato all'ONU sempre delle risposte piuttosto standard, in cui sostanzialmente dice che l'Italia è una democrazia, che se a queste persone non va bene qualcosa potevano fare ricorso alla Corte Costituzionale (come se un privato potesse andare alla Corte Costituzionale!), e che quindi questi ricorsi sono inammissibili. Se avviene quello che è successo finora in Catalogna e Spagna, queste osservazioni difficilmente convinceranno l'Alto Commissariato per i Diritti Umani che tutto sia a posto, e le sospensioni saranno invece confermate.

9 Tuttavia, in Italia è avvenuta una mossa successiva, più preoccupante. Uno dei giudici che ha confermato la sospensione ha chiamato in causa la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che si è presentata a un'udienza, portando una comunicazione vergognosa, in cui sostanzialmente dice che queste richieste ONU sono prescindibili, che sono solo indicative, che non hanno valore giuridico, e che quindi si possono ignorare. Questo naturalmente rappresenta una violazione dei trattati internazionali, che si basano sulla buona fede degli stati membri, e il cui rispetto, nel caso dell'Italia, è tutelato dalla Costituzione. Finora non sappiamo come questo giudice valuti la posizione del Consiglio dei Ministri; tuttavia, per la prima volta a giugno 2022 un giudice ha revocato una sospensione, sostenendo nella sua sentenza che le risoluzioni ONU “sembrerebbero non essere vincolanti”. Non si è azzardato a scrivere che non lo sono, ed ha condannato una famiglia allo sgombero sulla base di ciò che gli “sembrerebbe”. Lo sfratto, comunque, per ora non è stato neanche notificato. Ma pochi giorni dopo, per la prima volta un giudice di Civitavecchia ha rigettato una richiesta di sospensione, sostenendo che l'Alto Commissariato si occupa dei rifugiati, non dei cittadini italiani. Geniale. Purtroppo l'Italia è cooptata da una banda di criminali, che sono riusciti a piegare a proprio vantaggio anche il poco di buono che c'era nelle istituzioni borghesi, scavalcando la separazione tra i poteri, il rispetto formale per le leggi, la legittimità dei trattati internazionali firmati. Questo è il potere che ha la grande proprietà immobiliare, che è disposta a qualunque cosa pur di avere campo aperto per il profitto e la speculazione, senza alcun riguardo neanche per le esigenze più basilari dei settori più vulnerabili della popolazione. Immaginate la scena, accaduta a Roma a giugno 2022: una signora di 87 anni rischia lo sfratto dalla casa in cui vive a Castel Giubileo; la proprietà è una delle centinaia di cooperative che hanno ottenuto terreni e finanziamenti dallo stato per contribuire a risolvere la questione abitativa attraverso i piani di zona, cioè mantenendo prezzi calmierati; questa cooperativa, come tante altre, ha usato questa occasione per arricchirsi, vendendo o affittando gli appartamenti a prezzo di libero mercato, e sfrattando chi non poteva pagare; regione e comune non hanno controllato il rispetto dei patti, condannando migliaia di inquilini allo sfruttamento e ora allo sfratto (si veda pianidizona24.com); la donna che rischia lo sfratto ottiene una sospensione grazie all'intervento delle Nazioni Unite, che riconosce una vulnerabilità e chiede allo stato di non sfrattarla; il governo Draghi interviene nella causa per convincere il giudice a fregarsene dell'ONU e a sfrattarla, per restituire la casa alla cooperativa che si è arricchita sui soldi pubblici ignorando il mandato di affittare a prezzi calmierati. Non crediamo ci sia altro da aggiungere su questo fronte. Se questa banda di criminali riuscirà ad invalidare questo strumento, rischiando peraltro di far estromettere l'Italia dal Patto per i Diritti Economici Sociali e Culturali, continueremo come sempre a difendere inquilini e inquiline facendo picchetti, impedendo alla polizia di eseguire abusi e violenze, e aiutando chi viene sfrattato ad occupare. La speculazione immobiliare si combatte casa per casa, strada per strada, quartiere per quartiere; se questo strumento dell'ONU ci ha permesso di prendere tempo e segnalare all'opinione pubblica la gravità della situazione, questo non è certo l'unico mezzo che sappiamo usare.

10 Una lezione di resistenza da Parma Maria, con la nipote di 11 anni che le è stata affidata legalmente, vivono a Parma in Borgo delle Colonne, quartiere Naviglio, una delle zone della città che resistette con le Barricate all’assedio delle squadracce fasciste nel 1922, Barricate di cui quest’anno ricorre il centesimo anniversario. Maria e la nipote sono alloggiate da un paio d’anni in un negozio adibito ad abitazione, pochi metri quadri senza finestre per i quali l’affitto imposto dal proprietario è di 500 € al mese.

Il caso di Maria è stato intercettato dallo sportello della Rete Diritti in Casa ma a difesa del diritto di Maria ad avere un alloggio si sono schierati fin dall’inizio altri collettivi di Parma cioè Ecologia Politica, la Collettiva Transfemminista e Art Lab.Bene Comune. A tutti e a tutte è chiara l’importanza della vicenda: il proprietario è un ricco possidente, con 20 appartamenti di piena proprietà e un’agenzia immobiliare a disposizione, senza contare attività economiche collaterali.

L’infezione la costringe in ospedale a lungo, andando a complicare le preesistenti patologie. Nel frattempo la procedura per lo sfratto avanza velocemente.

Dai primi mesi del 2021 Maria non riesce più a sostenere il pagamento. È riuscita a farlo per tutto il periodo del covid con enormi sacrifici ma la sospensione, anche se solo temporanea dell’erogazione del reddito di cittadinanza le ha tagliato le gambe e dopo pochi mesi di morosità il proprietario dà il via alla procedura di sfratto. L’udienza è a fine luglio 2021 e Maria non riesce a presenziare perché non sta bene e dopo pochi giorni viene ricoverata per aver contratto il Covid.

Non avendo potuto presenziare all’udienza in Tribunale il nucleo non può beneficiare dei termini di grazia, cioè i circa 3 mesi di tempo generalmente concessi dal giudice per saldare il debito o per trovare una soluzione alternativa. Il proprietario, supportato da uno studio legale agguerrito, non guarda in faccia alle difficoltà della famiglia. Vuole “l’appartamento” prima possibile e già al terzo accesso l’ufficiale giudiziario si presenta con la forza pubblica ma lo sfratto viene rinviato senza problemi grazie all’intervento di un nutrito gruppo di solidali. L’accesso successivo si presenta sicuramente problematico. L’Ufficiale giudiziario ha promesso l’intervento risolutivo della polizia, il proprietario tramite l’avvocato non concede speranze.

Maria è in situazione di gravi difficoltà, il suo caso non viene neanche preso in considerazione dai servizi sociali del Comune di Parma e non ha potuto partecipare al bando ERP per una assurda norma di regolamento che esclude i nuclei che non sono residenti da almeno 3 anni in Regione. Per di più la petizione che Maria ha presentato all’Ufficio dell’Alto Commissariato per i diritti Umani dell’ONU a Ginevra è andata a buon fine e l’avvocato del Movimento ha presentato opposizione all’esecuzione dello sfratto al Tribunale di Parma sulla base della richiesta dell’ONU. In tutti e tutte è forte la consapevolezza e la determinazione a rinviare ad ogni costo l’esecuzione, anche se i segnali che giungono dalla questura sono di ordine opposto. Il 12 maggio il picchetto si insedia all’alba e anticipa l’arrivo di polizia e carabinieri. Si compatta davanti all’ingresso di casa di Maria ed è un picchetto massiccio e meticcio. Nonostante l’atteggiamento arrogante ed aggressivo del vicequestore David Barbaro che guida il dispositivo di Polizia, giunto anche da Bologna

La giornata di lotta ha anche messo in chiaro l’esigenza di intrecciare i percorsi di lotta dei vari collettivi che intervengono sul territorio, legando la lotta per la casa alle questioni ambientali, con le questioni di genere, con le esigenze di socialità e dell’uso collettivo dello spazio pubblico. È la stessa linea indicata dal collettivo di fabbrica GKN. A Parma questa esigenza sta intrecciando ad esempio le varie mobilitazioni in atto con la lotta dei facchini dei magazzini Kamila che reclamano salari e contratti decenti contro lo sfruttamento delle cooperative che hanno gli appalti nella logistica della grande distribuzione, in questo caso della Coop Alleanza. Infine la giornata del 12 maggio ha segnato l’esigenza di dotare i percorsi di lotta di tutti gli strumenti possibili, compreso l’uso strumentale degli interventi legali, come il ricorso alle petizioni all’Onu o gli altri enti di protezione dei diritti umani come la corte di giustizia europea, enti di per sé screditati ma che possono offrire l’occasione di sollevare delle contraddizioni sulle quali si può opportunamente operare. La situazione è complicata ma nella questione sociale si aprono spiragli di conflitto che impongono di esserci.

11 (celere), i compagni e le compagne sono riusciti a rimanere in stretto contatto con Maria e la nipote facendo resistenza e pressione sulle forze dell’ordine intervenute. Dal tribunale giunge la notizia che il giudice ha fissato l’udienza per il confronto tra le parti sulla sospensione dell’esecuzione richiesta dall’ONU ma non ha fermato l’esecuzione. La pediatra chiamata a verificare le condizioni di salute della bimba accerta che la stessa ha bisogno di riposo. L’ufficiale giudiziario non chiede l’intervento dell’ambulanza anche perché la situazione in strada è di forte tensione e il picchetto è ancora determinatissimo. Alla fine arriva il rinvio al 6 luglio. La polizia conclude il suo intervento del tutto fuori luogo e se ne va con la coda tra le gambe tra gli sberleffi dei presenti. Nel frattempo il tam tam della notizia ha portato in Borgo delle colonne curiosi e altri solidali. Alla fine ci abbracciamo tutte e tutti e festeggiamo con Maria e la nipote una piccola ma importante vittoria.

Le valutazioni politiche su questa giornata di lotta sono di immediata comprensione: innanzitutto è risultata scandalosamente evidente la sensibilità della prefettura e della questura di Parma alle pressioni di un ricco possidente locale, anteponendo le esigenze economiche del rentier al rispetto dei basilari diritti umani, per di più ignorando una richiesta formale da parte di un organismo internazionale preposto al rispetto degli stessi, che segnalava l’esigenza di tutelare le persone coinvolte nel caso specifico.

Lo “sciopero dell'affitto” è già una realtà di massa per decine di migliaia di residenti in locazione privata. L'insostenibilità economica dell'affitto rispetto al salario sociale e il “mal di abitare” dovuto alle pessime condizioni in cui sono costruite e affittati gli alloggi privati nelle varie cinture periferiche o nelle città sono i motivi scatenanti per cui nasce la morosità e si accumula il debito degli inquilini nei confronti del Mercato. Ma questo “sciopero” è vissuto individualmente e sottoposto a vessazioni, molestie e soprusi da parte dei proprietari e dal sistema istituzionale che ne garantisce il potere. Serve una lotta per l'abolizione della legge 431\98 e l'imposizione del controllo pubblico degli affitti. La contraddizione tra buste paga da fame e spese altissime per l'abitazione, è esplosiva. Nostro compito è dare voce e organizzazione a chi resiste ai soprusi, mostrando l'avidità, la falsità e la manipolazione che i padroni di casa attuano costantemente. Si parla degli affitti mancati, ma non vengono mai calcolati le decine o centinaia di migliaia di euro che quel nucleo familiare inquilino negli anni ha versato al proprietario, magari senza ricevere alcun tipo di manutenzione. Va rotto il senso di solitudine e di abbandono. Le vertenze con i padroni di casa autoriduzione e lotta per un nuovo contratto I salari italiani in Europa dal 1990 al 2020 sono gli unici ad essere diminuiti (2,90%)! La liberalizzazione degli affitti invece ha fatto aumentare esponenzialmente i canoni di locazione, fino al 300% in trent'anni! Si calcola secondo fonti ISTAT che le spese per l'abitazione comprensive delle utenze arrivino ad incidere fino al 40% del reddito familiare per coloro che sono in affitto. Il fondo per la morosità incolpevole, disciplinato dalla Legge 124/2013, ha definito che l'improvvisa incapacità di pagare l'affitto dovuta alle varie cause della diminuzione reddituale maggiore del 30%, costituisce “morosità incolpevole”. I comuni, quindi, bandiscono dei fondi che vengono ripartiti ai proprietari di casa (fino a 12mila euro) per “slittare” l'esecuzione dello sfratto oppure per sospenderlo contraendo un nuovo canone di locazione. Questa procedura è un ammortizzatore sociale per la rendita e dimostra l'insostenibilità dei contratti libero mercato in relazione alle famiglie. L'accesso a questi fondi deve diventare oggetto di battaglia sociale e politica affinché i proprietari che ne utilizzano debbano essere costretti a fare nuovi contratti sociali di locazione e a rendere l'alloggio abitabile e dignitoso, spendendo i soldi per le manutenzioni straordinarie. Un altro elemento scatenante il ritardo, l'autoriduzione o l'interruzione dei canoni di affitto è costituito dal ricorrente risparmio che i proprietari fanno lasciando deteriorata l'abitazione in affitto, rifiutandosi di adeguare gli impianti, il tetto, le mura agli standard di “abitabilità”. Ci sono leggi che regolano questi standard e le

12 SULLO “SCIOPERO DELL'AFFITTO”

I contratti a canone concordato e gli “accordi territoriali ” L'unica forma di calmierazione dei canoni di locazione “sopravvissuta” alla scomparsa dell'equo canone nella legge 431\98 è quella che prevede, facoltativamente, la stipula di contratti a carattere “concordato”. Questa tipologia, largamente inutilizzata per più di 20 anni prevede l'istituzione di accordi territoriali tra enti ed istituzioni pubbliche e rappresentanze dei sindacati inquilini e le associazioni dei proprietari al fine di determinare delle zone di locazione corrispondenti a diverse “oscillazioni” dei prezzi degli alloggi al metro quadro. Sono previsti inoltre dei criteri ulteriori in base alla data di edificazione degli alloggi, alle sue caratteristiche, alle dotazioni di arredi e di altri spazi accessori (cantine, garage etc..). Questi contratti prevedono per i proprietari la possibilità di ottenere uno sconto sulla tassazione IMU al 10%, e sono della durata 3+2 anni. I prezzi vengono ripassati di circa un 30% ma le fasce di oscillazioni potrebbero ridurli ulteriormente. Solo con la pandemia molti proprietari hanno fatto ricorso a questo strumento, per contrattare dei canoni diventati insostenibili per milioni di persone. Un utilizzo che viene fatto di questi contratti è molto spesso quello di gonfiare le spese accessorie o di truffare sulle caratteristiche degli alloggi o addirittura sui metri quadrati affinché si raggiungano comunque prezzi di affitto identici al libero mercato ma ottenendo lo sconto sulla tassazione!

Un ulteriore utilizzo di questi contratti è quello in relazione all'ottenimento da parte dei proprietari dei fondi per la morosità incolpevole: lo sfratto può essere

13 condizioni igienico­sanitarie che devono essere mantenute negli alloggi. I Beni immobili che non li possiedono non potrebbero essere locati, oppure il non soddisfacimento prolungato di questi requisiti comporta il diritto dell'inquilino a sospendere i canoni di locazione. E' possibile e necessario certificare e documentare l’inabitabilità dell’alloggio tramite una richiesta di ispezione alla USL di riferimento in alternativa produrre una perizia privata dal geometra, sia nel caso di problematiche già presenti all'inizio del contratto locativo sia sorte successivamente, durante la permanenza dell'alloggio. Il proprietario dirà che “la colpa” è della negligenza dell'inquilino, noi invece sappiamo che non pagare l'affitto se la casa non è a norma, è un diritto. Conquistare collettivamente questa “norma” significa coinvolgere in questo percorso di “ispezione popolare delle condizioni dell'alloggio” molteplici saperi e figure: avvocati, architetti e geometri, muratori ed idraulici, elettricisti; ma anche studiosi delle condizioni igienico sanitarie, e medici.

Questi contratti inoltre devono essere soggetti a revisione periodica per rideterminarne i prezzi e dovrebbe essere istituita a livello comunale una “commissione di garanzia” formata dalle rappresentanze degli accordi con il compito di risolvere i vari contenziosi di tipo economico o di abitabilità, prima di ricorrere a procedimenti giudiziari. Nella realtà questo strumento non viene mai utilizzato e il proprietario continua a fare da Padrone: anche le istituzioni non hanno alcuna forma di controllo degli accordi territoriali né dei contenziosi che nascono per morosità incolpevole.

Allarme rosso: il Decreto ingiuntivo

Un mezzo che costituisce un deterrente e una minaccia molto grave nei confronti dello sciopero dell'affitto e della morosità incolpevole è il provvedimento chiamato “decreto ingiuntivo”. Questo è un procedimento distinto da quello di sfratto per morosità (e non obbligatorio) richiesto dal Proprietario di un alloggio nei confronti di un inquilino moroso. Prevede l'applicazione entro 40 giorni di pignoramenti del quinto dello stipendio, blocco del conto corrente, pignoramento di beni mobili e fermi amministrativi dell'automobile. In questi 40 giorni, laddove il provvedimento viene effettivamente notificato, questo può essere impugnato dall'inquilino e fatta opposizione e quindi portare al giudice le proprie condizioni socioeconomiche per annullare tali richieste o ridimensionarle. Questo è strumento odioso è utilizzato in modo sproporzionato da ricchi proprietari nei confronti di inquilini senza reddito o a basso reddito rendendo ancora di più ingiusto e vessatorio questo strumento. Esso infatti serve soprattutto come minaccia per impedire la permanenza nell’alloggio. Il blocco dei conti correnti e il pignoramento del quinto stipendio, sono misure coercitive finanziare tese a indebolire ancora di più la possibile resistenza. Perciò è necessario battersi per abolire il decreto ingiuntivo per i debiti ingiusti dell’affitto! L’articolo completo è disponibile a questo link: infoaut.org/precariato­sociale/ sullo sciopero dell affitto.

La riduzione dei canoni di locazione passa dalla capacità collettiva di minare a fondo tutte le violente procedure che attualmente abusano dei diritti dei residenti e degli abitanti. La nostra esperienza ci parla dell'insubordinazione e il coraggio di affrontare consapevolmente la morosità per ottenere un nuovo rapporto di locazione “più giusto”, che passa dalla reazione a comportamenti di “presa in giro” e di “manipolazione” da parte dei proprietari, più che da tecnicismi da esperti. In sintesi: se più del 30% del reddito se ne va nell’affitto, se la casa che hai preso in locazione è malsana, ed il proprietario si rifiuta di fare i lavori di manutenzione NON PAGARE E’UN DIRITTO! La morosità non è colpevole, è il mercato ad essere responsabile della tragedia degli sfratti! Lo stato stanzia i fondi per la morosità incolpevole ai proprietari, ma questi non abbassano i contratti di affitto! Ci vuole un controllo da parte degli abitanti sui fondi e su come vengono gestiti!

14 revocato con l'ottenimento di una quota monetaria per coprire il debito dell'inquilino pagato dallo Stato, in cambio deve essere istituito un nuovo contratto del tipo “concordato”. Nella prassi corrente avviene che questo canone ricalca lo stesso prezzo di quello precedente a libero mercato ed il proprietario dopo aver preso i fondi per la morosità incolpevole è subito pronto ad emettere un nuovo provvedimento di sfratto non appena l'inquino non riesca a pagare la mensilità dell'affitto.

Concludiamo condividendo l’analisi elaborata dal collettivo Off Topic di Milano, presentata durante il meeting “Le Città in rivolta”, sui processi di finanziarizzazione in atto in quella che da sempre è definita la capitale finanziaria del paese. spinta, crisi economica e nuova era del real estate hanno imposto una nuova fase del ciclo finanza mattone: i vecchi promotori dello sviluppo urbano (Ligresti, Cabassi ecc.) sono stati sostituiti da colossi finanziari in grado di operare su volumi ben più consistenti, mossi da un interesse rispetto al mattone non solo come fonte di guadagno immediata (tramite compravendita) ma anche come valore patrimoniale. La forma societaria è quella delle SGR, società di gestione del risparmio; Coima, Covivio ed Hines, per fare alcuni nomi, sono tra i promotori delle più importanti operazioni di trasformazione urbana a Milano. I progetti di Porta Nuova e City Life sono il punto di inizio di questa nuova era in cui intere porzioni di territorio vengono spianate e ricostruite ad uso e consumo del mondo finanziario. Milano è oggi sede dei due terzi delle SGR presenti sul territorio nazionale. Questo salto di scala si è reso possibile a Milano, a partire dai primi anni 2000, tramite la rincorsa al grande evento per attirare turisti e capitali finanziari, sfociata in Expo2015. La parte appetibile del grande evento sono i grandi progetti, direttamente (nuove linee della metropolitana e autostrade) o indirettamente coinvolti (come City Life e Porta Nuova), pubblicizzati in termini di valore estetico e di redditività che ne deriva, ma dei cui effetti negativi invece non si parla: innalzamento delle barriere per accedere al nuovo quartiere (costo del mattone e della vita) e reali effetti ambientali sull’intero territorio.

LA FINANZIARIZZAZIONE

15

Deindustrializzazione

Oltre ad Expo2015, altri fattori hanno contribuito a creare quello che oggi viene chiamato “Modello Milano”, in particolare il basso livello impositivo offerto dalla città e la progressiva privatizzazione tramite la riduzione del welfare, del patrimonio e dei servizi pubblici. Un esempio lampante sono le politiche abitative, con l’abbandono progressivo dell’Edilizia Residenziale Pubblica (ERP). Negli ultimi 30 anni sono almeno 20 mila le unità abitative dedicate ad ERP in meno e, sulle unità tuttora in uso, differenti sono le modalità di utilizzo, non sempre coincidenti con l’uso ad alloggio popolare. Regione Lombardia (possessore di circa il 70% del totale delle abitazioni) e Comune di Milano (possessore del 30% rimanente circa) tendono a limitare le nuove assegnazioni, facendo sempre più affidamento sull’housing sociale, ennesima privatizzazione del servizio, la cui offerta è costituita da abitazioni ad un canone, forse, leggermente inferiore al valore di mercato e per cui l’accesso è definito da livelli di ISEE raramente inferiori a 14.000 euro. Altro tema è lo stato manutentivo delle abitazioni; nemmeno il PNRR e la possibilità di utilizzare fondi europei come il FESR o il Fondo di Coesione Sociale hanno stimolato operazioni in grado di far fronte al decadimento del patrimonio immobiliare pubblico. La tendenza non è certo in miglioramento nemmeno per quanto riguarda le politiche private. Le cooperative site in Milano svolgono ormai operazioni di mera edificazione e vendita, a volte conservano lo strumento della proprietà indivisa per un ristretto numero di inquilini con canoni prossimi al mercato. Inoltre negli anni zero c’è

DELLE CITTA’

16 stata una spinta alle fusioni delle cooperative più piccole, a volte offerenti migliori condizioni di accesso, con cooperative di dimensioni maggiori. Anche il patrimonio delle fondazioni, a volte riconducibili agli ordini professionali, è in via di dismissione. Ad esempio l’Enpam ha venduto alcuni edifici, localizzati nei siti in sviluppo di Porta Nuova e Scalo Romana, al fondo immobiliare americano Apollo di 68, acquisiti poi da Coima. Anche il fenomeno degli affitti a breve termine è molto utile al Modello Milano, poiché rispondente al bisogno dei flussi turistici in occasione dei numerosi e sempre più frequenti eventi. La conseguenza dell’aumento di questo fenomeno (promosso anche dal rapporto di collaborazione fra il Comune di Milano e Airbnb) è una spinta ulteriore all’aumento dei prezzi, sia per via della diminuzione dell’offerta di affitti a lungo termine, sia per l’aumento di redditività del mattone con conseguente aumento del valore degli immobili. La maggior parte dell’offerta su Milano talaltro è in mano a pochi soggetti, smontando così l’idea dell’affitto breve come strumento utile ai piccoli proprietari per “arrotondare” il proprio reddito. Il processo che si sta sviluppando è quindi quello di una generale privatizzazione dello spazio pubblico e imposizione del mercato come unica opzione possibile. Le politiche pubbliche hanno abbandonato il terreno della mitigazione della disuguaglianza, limitandosi a divenire strumenti utili a facilitare l’incontro fra domanda e offerta. Il suolo pubblico è spazio utile perché in grado di produrre profitti e rendimenti, la sua funzione sociale o viene a patti col mercato o viene derubricata. I grandi progetti accelerano notevolmente la turistificazione e la smartificazione della città, rendendo più complicato organizzare istanze resistenziali. Non è quindi più sufficiente richiedere equità fiscale o compensazioni a latere ma è divenuto urgente contestarli all’origine, in quanto epicentri e acceleratori di uno sviluppo urbano i cui effetti, data la carenza di soggetti pubblici realmente indipendenti dai portatori di tali interessi, sono difficilmente compensabili o mitigabili.

17 CONCLUSIONI

INDICAZIONI

Casematte a Pisa e le Città in Rivolta a Milano sono stati importanti momenti di confronto che ci hanno portato a ragionare sulla costruzione di strumenti e percorsi comuni a livello nazionale per portare avanti la lotta per il diritto all'abitare. Consapevoli dell’importanza di unire le forze sulle problematiche che ci accomunano e di avere momenti di confronto che portino a campagne unitarie e di mobilitazione abbiamo pensato di dotarci di questo strumento, un bollettino di lotta, appunto, per fare rete, formarci, scambiarci esperienze e informazioni e rompere l’isolamento in cui spesso sono relegate le lotte territoriali. Al di là delle battaglie contingenti, come compagni e compagne riteniamo che la sfida della lotta per la casa, la quale è legata a doppio filo a una trasformazione rivoluzionaria della società, non si può risolvere in un solo territorio, ma deve essere affrontata unendo le forze e le esperienze elaborate dai diversi movimenti, per potere incidere in modo efficace sul piano dei rapporti di forza. Per questo auspichiamo una ripresa di un confronto nazionale, il più ampio e allargato possibile, dotandoci di strumenti comuni di lavoro. Invitiamo le realtà a scriverci a questo indirizzo: caseinrivolta@autistici.org; cercheremo di pubblicare ogni contributo per mettere in rete le varie esperienze. La pandemia, la guerra e la crisi climatica ci mettono di fronte a nuove difficoltà, sta a noi avere la capacità di coordinarci e costruire unità di azione e di organizzazione, per inserirci nelle contraddizioni del nostro tempo e cambiare lo stato di cose presente.

E DI LOTTA

Con contenuti da : brescia - Collettivo Gardesano Autonomo e Diritti per Tutti Milano - COA T28 e Comitato di Lotta Casa e Territorio parma - Rete Diritti in Casa pisa - Piattaforma Soluzioni Abitative Pisa Roma - Assemblea autodifesa dagli sfratti per proporre i tuoi contenuti e interventi scrivi a caseinrivolta@autistici.org

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