Riflesso n°8

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ENOTECA

CINEMA

RIA: B M U ORE IN T U A NTO ’ E D G R M A L I F RDI E O S , I N BENIG GIACOMO CALZONI

É

con immensa soddisfazione che annunciamo la nascita di una nuova rubrica interamente dedicata al cinema. Ma non al cinema tout-court o a quello che settimanalmente è presente nelle nostre sale cinematografiche: bensì quello che descrive il binomio Regione Umbria - mondo della settima arte. Di volta in volta verranno analizzati un titolo, un regista, un film o anche solamente un attore. Una ricerca approfondita sull’argomento ha portato a galla notizie, curiosità ed aneddoti che molti non si sarebbero mai immaginati. Se ormai è nota la collaborazione di Roberto Benigni con gli studi di Papigno, situati in una frazione del comune di Terni (oggi momentaneamente chiusi), nei quali ha

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effettuato le riprese dei celeberrimi “La vita è bella” e “Pinocchio”, forse non tutti sanno che la nostra Regione ha rappresentato nel tempo un crocevia di personaggi ed artisti di altissimo spessore. Qualche nome? Da Alberto Sordi a Mickey Rourke, passando per Andrej Tarkovkij e Peter Sellers; persino il maestro del brivido Dario Argento ha girato nel cimitero monumentale di Perugia una sequenza del suo capolavoro “Profondo rosso”. Oppure Orson Welles, indiscutibilmente uno dei più grandi registi della storia del cinema: esistono testimonianze di alcune riprese effettuate all’interno della Rocca Paolina, tra il 1949 e il 1952, per il film “Otello”. Un fatto, questo, che non può che renderci ulteriormente fieri del bellissimo territorio in cui viviamo. Insomma, l’argomento è decisamente ricco e stimolante, e siamo certi che molte notizie non mancheranno di sorprendervi piacevolmente. In attesa di darvi appuntamento al prossimo numero per iniziare il nostro viaggio all’interno del Cinema in Umbria, non possiamo che consigliarvi un imprescindibile testo interamente dedicato a questo tema: “L’Umbria nel cinema – Tra demonio e santità” (Gramma Edizioni, 2005) del giornalista e critico cinematografico perugino Fabio Melelli.

IL SAGRANTINO DI MONTEFALCO, UN’UVA ANTICA CHE ANCORA MANTIENE UN’AUREA DI MISTERO MARCO SERVILI

L

a cultura enologica è strettamente legata al territorio di Montefalco, piccolo centro nel cuore dell’Umbria, situato sui colli tra Foligno e Spoleto, dove nasce un vino unico, di lungo affinamento: il “Sagrantino di Montefalco” o “Montefalco Sagrantino”, ottenuto dall’omonimo vitigno autoctono. Il “Sagrantino” è un’uva antica, con una certa aurea di mistero legata alla sua origine, dove le ipotesi risultano essere suggestive ma tutt’altro che comprovate. Secondo alcuni studiosi ne danno testimonianza Plinio il Vecchio nella sua “Historia Naturalis” (libro XIV) ed alcuni documenti del ‘500: quali un ordine da parte di un mercante ebreo di Trevi e uno scritto del giurista assisano Bartolomeo Nuti (1598). Secondo altri, invece può essere giunto a Montefalco tra il 1300 e 1400 portato dai frati francescani di ritorno dall’Asia minore che l’utilizzavano nelle Sacre Cerimonie (da qui l’origine del nome “Sagrantino”). La zona di produzione del “Sagrantino” comprende l’intero territorio del Comune di Montefalco e parte del territorio dei Comuni di Bevagna, Gualdo Cattaneo, Castel Ritaldi e Giano dell’Umbria tutti nelle sue parti collinari (habitat ottimale) e grazie agli eccellenti risultati ottenuti dai produttori, nell’anno 1992 ha ottenuto l’importante riconoscimento della Denominazione d’Origine Controllata e Garantita (D.O.C.G.). Il vino “Sagrantino”

viene prodotto sia nella tipologia “secco”, che nella tipologia “passito”, con un invecchiamento di almeno trentatrè mesi, di cui almeno 12 mesi in botti di rovere – per la sola tipologia “secco” – e con un ulteriore periodo di affinamento in bottiglia di almeno 4 mesi. Tutto ciò, rende il “Sagrantino” (“secco” e “passito”) un vino di una grande complessità sensoriale sia alla vista, che all’olfatto ed al gusto. Il colore è di un rosso rubino intenso, impenetrabile, fitto che con il tempo si evolve al granato e dove le tonalità più cupe sono proprie del “Passito”. All’olfatto è fine, intenso, con profumi che ricordano more mature, prugna secca, mirtilli e ribes nero che con l’affinamento evolvono in profumi eterei, minerali, speziati di liquirizia, cannella, chiodi di garofano, rosa appassita, pepe che ben si fondono con lievi note di vaniglia, diventando più intensi e ancora più ampi con note di confettura di more, anice stellato e floreali di viola e ciclamino nel “Passito”. Infine, al gusto è astringente, caldo, con una buona sapidità, robusto quasi austero, di grande stoffa con una lunga persistenza; per poi divenire abboccato, avvolgente quasi vellutato, sontuoso con una persistenza gusto olfattiva infinita nel “passito”. I migliori abbinamenti si hanno con grandi arrosti - in particolar modo cinghiale, beccacce e lepre - e con i formaggi piccanti e stagionati. Tradizionalmente, Il “Sagrantino Passito” viene degustato insieme all’arrosto di agnello. 45


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