vieni sul sito domenica 13 febbraio 2011
Generi
La politica della differenza Alessandra Ricupero Sveva Scaramuzzi
Oggi tutte e tutti in piazza. Ignorando le ridicole etichette strumentali dei mercanti di corpi. Perchè sessualità e libertà... sono nostre
Indisponibili Elena Monticelli Dopo forse 30 anni, le donne italiane sono state costrette a confrontarsi sulla necessità o meno di scendere in piazza per rivendicare dignità e una reale parità di genere. Il dibattito che si è scatenato intorno a questa manifestazione è stato controverso. Si è caduti nel facile gioco di divisione tra “moralismo” e “difesa della libertà”. Come se il problema del sessismo italiano, diffuso dalla cultura berlusconiana, riguardasse la difesa o la condanna della prostituzione. Non ci appassionano i dibattiti che vogliono provare a dividere le donne, in “bigotte” o “emancipate” e gli uomini in “amici” o “nemici” delle donne. Ci chiediamo: le donne italiane, in particolare le più giovani, sono davvero libere di scegliere come esprimere il loro essere donna fuori da ogni imposizione sociale? E l’uomo italiano, è libero di vivere la propria sessualità fuori da stereotipi di virilità imposti? Crediamo che il 13 febbraio possa essere una prima occasione per riaprire un dibattito che vada oltre gli scandali sessuali. Il tema è quello di una rivoluzione interrotta che va ripresa.
L’appello
II
Dalle scuole e dalle università una nuova idea di rapporto tra i generi e di paese. Per tradurre le parole in fatti il movimento si fa «laboratorio»
No Gelmini
III
Al via la battaglia sugli statuti degli atenei e contro i decreti delegati. Ecco cinque proposte per sopravvivere alla riforma dell’università
L’intervista
V
A dialogo con la sociologa Chiara Saraceno sulla questione femminale tra doppia morale, mercificazione dei corpi e sfruttamento
Teorizzata dalla filosofa statunitense I. M. Young, e ripresa in Italia da Graziella Morselli, si basa essenzialmente sulla rivalutazione delle differenze tra i generi. Siamo abituati a pensare come punto di arrivo della lotta per la rivendicazione dei diritti femminili il raggiungimento di uguali standard tra donne e uomini in tutti i settori. Il femminismo classico teorizza una donna completamente separata dal mondo maschile, che rifiuta, o afferente ad un modello culturale che la “maschilizza”. Questo comporta la negazione delle differenze che caratterizzano i generi, e non tiene conto delle preferenze, abilità e interessi individuali, intesi non in senso discriminatorio, ma come rivalutazione ed inclusione sociale. I diversi modelli culturali assorbiti dall’educazione ricevuta influenzano l’agire dell’adulto e la sua interazione con l’altro. Soprattutto in ambito lavorativo sono presenti discriminazioni e quindi disparità di diritti in base al genere. La distribuzione del personale nelle aziende è effettuata secondo stereotipi di stampo maschilista. Non si può, però, nemmeno pensare ad una divisione del lavoro in senso numericamente paritario, non tenendo conto delle inclinazioni e delle possibilità individuali. Se parliamo della legislazione sul congedo di maternità in Italia, l’azione legislativa dovrebbe essere tesa ad equiparare le possibilità e le scelte di ciascun soggetto al di là della condizione sessuale di ognuno. Incentivare il dibattito politico sul congedo di paternità sia al momento del parto che successivamente al reinserimento della madre nel suo posto di lavoro è uno dei passi fondamentali che possono portare ad un avanzamento culturale il nostro Paese per scardinare le discriminazioni insite nella nostra cultura, che vede la donna biologicamente destinata a compiti di cura, e l’assunzione di responsabilità di questi da parte di tutti.