La tariffa puntuale: un'opportunità da gestire

Page 26

rifiuti N°123

luglio 2019 La tariffa puntuale: un'opportunità da gestire.

Allegato 3. Tariffazione puntuale: le possibili varianti Il sistema di tariffazione puntuale è introdotto già dal D.P.R. 158/99 laddove prevede che la quota variabile, funzione dei quantitativi di rifiuti prodotti dalla singola utenza, sia fissata sulla base di misurazioni, sia per singola utenza che per utenze aggregate. I sistemi di tariffazione puntuale si differenziano per: • struttura tariffaria; • modalità di attribuzione delle quantità; • frazione merceologica di rifiuto a cui applicare la tariffa. Per quanto riguarda il primo elemento, la tariffa mantiene il più delle volte la struttura binomia tipica della TIA, con una quota fissa e una variabile, di cui la prima commisurata il più delle volte alla superficie, eventualmente corretta per i coefficienti di producibilità. Solo in rari casi la base imponibile per la quota fissa è costituita da parametri diversi dalla superficie quali ad esempio il numero o la capienza dei contenitori forniti alle utenze. La quota variabile è invece commisurata alla quantità effettiva di rifiuti conferiti, a prescindere dal numero dei componenti del nucleo familiare (per le utenze domestiche) o dall’attività economica esercitata e dalla superficie occupata (per le utenze non domestiche). Con riferimento alle modalità di misurazione delle quantità conferite si riscontra una maggiore diffusione di sistemi di misurazione basati sul volume conferito (la cosiddetta tariffa volumetrica), con una tariffa (espressa in euro/litro o euro/kg), dove la trasformazione del volume in peso avviene moltiplicando il volume conferito per la densità media dello specifico flusso di rifiuto oggetto di misurazione (Kpeso) commisurata al numero degli svuotamenti36. Dal punto di vista operativo, le modalità di misurazione sono diverse, strettamente dipendenti dal sistema di raccolta. Tra le più diffuse si evidenziano: • sacchi prepagati, acquistabili dagli utenti direttamente presso gli uffici comunali o presso rivendite autorizzate, da utilizzare esclusivamente per il rifiuto secco residuo37. • sacchi contrassegnati da cartellini con codice a barre, ritirati e consegnati al gestore per il successivo calcolo (utilizzato, ad esempio, dal Consorzio dei Navigli fino al 2006 e poi abbandonato per l’alta percentuale (5% - 10%) di cartellini non identificata) o letti contestualmente al ritiro dei rifiuti tramite dispositivi portatili; • contenitori o sacchi a perdere dotati di dispositivi automatici per la lettura (cosiddetti transponder); • contenitori stradali (es. campane/cassonetti) con calotte ad apertura controllata tramite tessere identificative fornite all’utenza: ha il pregio di non richiedere la modifica del sistema di raccolta (da stradale a porta a porta), ma spesso rischia di peggiorare la qualità della differenziata se non tutte le calotte sono “presidiate” e di un aumento del fenomeno dell'abbandono, non solo a causa di uno scarso senso civico, ma anche a causa di difficoltà oggettive di conferimento. Basti pensare a quanti non dispongono di una tessera di lettura (smarrimenti, turisti di passaggio, eccetera); • pesatura dei singoli conferimenti. In molte realtà, inoltre, per evitare il fenomeno dell’abbandono di rifiuti, viene stabilito un numero di “vuotamenti minimi” che vengono conteggiati nel calcolo della tariffa, indipendentemente dal fatto che siano stati effettuati o meno. Per quanto riguarda invece la scelta della tipologia di rifiuto a cui commisurare la tariffa, la maggior parte delle esperienze prevede che la quota variabile della tariffa sia applicata al volume di residuo secco, cioè alla frazione residua indifferenziata. Tale scelta è giustificata dal fatto che il rifiuto residuo è quello che ha il costo di smaltimento maggiore e che in questo modo si incentiva la raccolta differenziata. Non mancano però casi in cui la tariffa è commisurata anche agli svuotamenti di rifiuto organico e di verde, con l’obiettivo di incentivare la pratica del compostaggio domestico e la riduzione dello spreco alimentare.

36 La conversione tra volume e peso si basa sulla capacità dei contenitori, siano essi cassonetti o sacchi, e sul peso specifico di ciascun materiale raccolto. Sarebbe opportuno peraltro che i quantitativi di riferimento siano espressi non in peso (kg) ma in volume (litro), ovvero l’unità che si utilizza per la misura, oppure che nell’ambito delle nuove regole sia definito un coefficiente di conversione uguale per tutti. 37 Tale modalità non è tuttavia coerente con le nuove disposizioni del DM 20 Aprile 2017.

Pagina 25


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.