ME,ME REGORDE SEMPRE

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Il consiglio comunale È il 1965. I socialisti di Calolzio mi chiamano: sono convinti che mi devo candidare per il consiglio comunale. Risultiamo eletti in quattro. I consigli si tenevano di sabato e, di solito, duravano fino alle prime ore della domenica; io non ho mai detto una parola perché non ero un politicante. Spesso mancava il numero legale, ma sapevano dove trovarmi. Veniva al Lavello il vigile Cerrato, il comandante, e tutte le volte ci sono andato perché era mio dovere. Con me c’era Colombo, il capostazione, che sarebbe diventato, anni dopo, sindaco di Calolzio, il maestro Angeli e uno di Rossino, di cui non ricordo il cognome. Ogni tanto venivano a Calolzio degli onorevoli per delle inaugurazioni, ma io non ci andavo mai, preso com’ero dal lavoro. Una volta mi venne a trovare il sindaco Autelitano; io ero al banco, anzi alla cassa. Mi disse: «Valsecchi, tu non vieni mai quando ci sono gli onorevoli per le inaugurazioni». Gli risposi: «Caro signor sindaco, io sono stato molto amico del signor Roncelli e ho un caro ricordo della sua famiglia. Faceva l’oste ad Almenno San Bartolomeo; lo chiamavano il Palanca. Sa cosa mi ha detto in bergamasco?». «No». «Gianni, regordes che ol caset l’è de legn, né parla né fa segn!1» e cioè, se il padrone non sta lì a controllare, chiunque può approfittare della sua assenza e mettere mano al cassetto che tanto è muto. 1. “Gianni, ricordati che il cassetto è di legno, non parla né fa cenni”. 80


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