ME,ME REGORDE SEMPRE

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perché ero amico del direttore, il signor Gaffuri. Purtroppo la cosa era al contrario: te ne davano due se ne avevi sette per garanzia! Mi consigliò allora di fare un mutuo e io chiesi tre milioni. Me ne concessero due e mezzo, ma in buoni fruttiferi. Scesi di sotto e li cambiai: diventarono due milioni e due e, in più, mi trattennero cinquantamila lire per l’assicurazione. Il mutuo durò quindici anni e, fra interessi e capitale, mi costò quindici milioni. Forse non è stato un grande affare! Venivano sempre a pranzare da noi tre signori di Bergamo che avevano un ristorante sopra a Città Alta, a San Vigilio. Un giorno mi dissero che erano intenzionati a cessare l’attività e che, se volevo, mi vendevano a poco prezzo tutta l’attrezzatura. Accettai. Con un furgone prestato da un mio amico andammo io e Andrea detto Piturel, anche lui un partigiano. C’erano dei bei tavoli in granito, ma ci accorgemmo che il furgone non poteva arrivare fino in cima; perciò, con tutto il loro peso, trasportammo i tavoli a mano e poi li misi in piazza e, quando costruii il ristorante, li portai nel giardino dove si trovano tuttora. La domenica la piazza era piena di tavoli e sedie che, a mezzanotte, dovevo portare dentro un convento, allora monastero. Facevo tutti i mestieri: lavapiatti, manovale, cameriere e barcaiolo per trasportare la gente. Ricordo un mio carissimo cliente che era un bravo cameriere di Lecco. Veniva tutti i lunedì con una mia cugina, l’Adele Civillini, che poi ha sposato. Mi pare ancora di vederli, a più di cinquant’anni di distanza, seduti a quel tavolino per due; prendevano doppia porzione di pesce: bandiröi e al74


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