"Scorre il fiume" l'Adda amato da Romano Trojani

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TROJANI “Scorre il fiume” l’Adda amata da Romano Trojani Opere 1950 - 2009

a cura di Anna Caterina Bellati

Milano - Palazzo Serbelloni Circolo della Stampa

11 - 24 Febbraio 2010


Direzione e coordinamento Anna Caterina Bellati Contributi Lorenzo Bodega Gian Luigi Daccò Eraldo Di Vita Referenze fotografiche Massimo Morlotti Ricerche fotografiche Danilo Carrer Collaborazione e Assistenza Andrea Corti Progetto e relazioni Danilo Carrer Progetto grafico e impaginazione Editoria Grafica Colombo - Valmadrera (Lc)

Si ringraziano tutti i prestatori dei dipinti


A mia figlia Daniela

Varenna, Centro Cultura 1975, vernice della personale introduzione di Ennio Morlotti.


con il patrocinio di:

FONDAZIONE DELLA PROVINCIA DI LECCO ONLUS

COMUNE DI LECCO Musei Civici

ComunitĂ Montana del Lario Orientale e Valle San Martino

Circolo della Stampa



Ogni incontro con l’arte di Romano Trojani permette l’esperienza sempre nuova di percepire, come scaturita dalla mente del pittore, l’anima celata di luoghi che ci appartengono e che credevamo d’intendere e possedere appieno sino a quel momento. In tratti e colori dosati con sapiente sensibilità è racchiusa l’essenza del territorio: un piccolo incantesimo di cui l’artista ci rende partecipi. Le opere di Romano Trojani, il cui nome è così spesso associato al Fiume che lambisce la sua Città natale, abbracciano un percorso personale che i lecchesi sentono affine alla propria storia, tanto questo pittore, così schivo (sino al parossismo della ritrosia nel cedere i suoi quadri), incarna la naturale riservatezza di questa gente per i sentimenti. Lui, che avrebbe potuto vantare la frequentazione e la stima dei “grandi”, dal Sora a Bonora sino al fraterno amico Morlotti, conobbe e ben presto lasciò lo sfavillio dei salotti milanesi per ritrovare a Lecco, solo nel suo laboratorio d’artista, ogni volta in nuove sembianze, l’oggetto della sua ricerca. Pittore d’avanguardia, Trojani non ha militato in alcuna Corrente, non ha chiesto alla pittura rinomanza e ricchezze. Lui, uomo libero e responsabile. Anche nel mantenere quell’attività borghese che gli ha permesso di provvedere a sé e alla famiglia e di essere padrone della propria arte senza soggiacere agli umori del mercato e ai vezzi della critica, Trojani si dimostra figlio della nostra terra lecchese. A lui vada il ringraziamento di chi oggi può guardare queste acque e queste montagne in una inedita luce, riflesso cromatico degli occhi e della mano d’un artista di talento. senatore Lorenzo Bodega


Comune di Lecco Musei Civici

Nelle opere di Romano Troiani il fiume diviene simbolo stesso dell’esistenza, un fluire lento e franto in luminose pennellate, pittura capace di suggerire - indicare appena - la natura, quella delle sue terre: e acqua e campi e colline, dense ed ingolfate paste, stratificazioni umili e superbe immerse in un immobile silenzio, assorto. Il tempo e la luce paiono sospesi, come in attesa di un qualcosa che è là, sta per incombere, ma intanto regge una serenità, solare e evanescente al tempo stesso, che non può certo durare, ma ancora risplende per un attimo, questo. Gian Luigi Daccò Direttore Musei Civici di Lecco


Fondazione della Provincia di Lecco

L’impasto di colori della tavolozza di Romano Trojani è una straordinaria rappresentazione dell’essenza più vera e profonda della terra lombarda. Nella sua pittura si colgono il sapore ruvido del profilo severo delle nostre montagne, insieme alla composta dolcezza delle colline briantee e alla morbida serenità dei declivi che circondano l’Adda: caratteristiche tutte che, nel loro intrecciarsi, delineano la fisionomia composita della nostra gente. La sintonia e la consonanza del linguaggio artistico di Trojani con il fascino arcano del nostro paesaggio e il carattere autentico dei suoi abitanti costituiscono per la Fondazione della Provincia di Lecco un riferimento esemplare. Non è un caso, del resto, che diverse opere del maestro impreziosiscano gli uffici della sede in Villa Locatelli. Lo stimolo che ne deriva alla Fondazione è di continuare l’impegno per radicarsi sempre di più in questo territorio, individuandone i bisogni sociali prioritari e le aspirazioni culturali più genuine, per riuscire a sprigionare, con il concorso delle tante energie disponibili, impulsi concreti di sviluppo e progresso. Mi auguro che l’operatività della Fondazione, a vantaggio della crescita civile della comunità lecchese, sia accompagnata dallo stesso caloroso consenso che da tanti anni premia il lavoro di questo brillante artista del colore. Mario Romano Negri Presidente della Fondazione della Provincia di Lecco


INDICE

VARIAZIONI SOPRA UN FIUME Anna Caterina Bellati

pag. 11

UNA CONVERSAZIONE CON ROMANO Anna Caterina Bellati

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ROMANO TROJANI INTERPRETA “L’UOMO E IL FIUME” Eraldo Di Vita

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TAVOLE/OPERE

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APPARATI

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VARIAZIONI SOPRA UN FIUME Anna Caterina Bellati

Nel 1952 Romano Trojani incontrava Ennio Morlotti proprio quando le Vegetazioni del secondo sfondavano la forma e il più giovane dei due corrugava già le sue colline in grumi pastosi dai toni spettacolari. La loro amicizia è durata quarant’anni, fino alla morte di Ennio. Discutevano di pittura, benché non abbiano mai lavorato fianco a fianco e confrontavano i risultati delle proprie ricerche. E se le convinzioni artistiche di Morlotti facevano sì che di un ulivo bastasse rappresentare qualche foglia per rimandare all’intero, Trojani nei suoi boschi rigogliosi fabbrica un miscuglio di rami tronchi foglie rassomigliante a una tappezzeria vegetale. Mentre gli Imbersago del più anziano sono pieni del tumulto pagano di una natura ribollente, gli Adda del più giovane sembrano contenere un milione di luci. Uno più riassuntivo, l’altro più poetico. Ma in comune davvero hanno avuto il sogno di una pittura vitale capace di cogliere insieme l’inizio e la fine di tutto ciò che vola, striscia, cammina, respira, cresce e muore sulla terra. Scrivo ancora volentieri della pittura del mio amico Romano Trojani al quale mi lega una lunga storia di eventi e la passione per la bellezza baluginante e struggente dell’Adda. Questa mostra milanese porterà nella metropoli lombarda il liquoroso profumo di un fiume che è parte viva nella poetica di moltissimi artisti, da Gola a Carpi, da Riccardo ad Alberto Brambilla, da Morlotti a Cassinari, ai due Donato Frisia, nonno e nipote, a Mario Paschetta, fino alle fotografie neoromantiche di Rolf Bienentreu, in bilico tra indagine sull’anima e speculazione sulla natura. Come ho detto Trojani lavora su questo tema privilegiato da oltre cinquant’anni e l’ha scandagliato attraverso due percorsi paralleli, il primo quello della sua maturazione artistica che l’ha condotto da un naturalismo di immediata comprensione alla scelta dell’informale e, negli ultimi anni, a una pittura che riassume alcune istanze fondamentali della storia dell’arte, il romanticismo, l’impressionismo, l’astrattismo. Il secondo, quello della propria vita e chi guardasse messi in fila in ordine di tempo le centinaia di schizzi, dipinti, disegni che hanno come protagonista il fiume, coglierebbe non solo le scoperte e le invenzioni, le prove e i tentativi, le scelte e le convinzioni di un artista, ma anche gli stati

Insenatura sul fiume olio su tela 50x60 cm firmato in basso a destra 1953

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d’animo, le gioie, la nascita delle due figlie, il progredire del lavoro, l’acquisto di una casa, i viaggi, le preoccupazioni, i dolori, i primi acciacchi dell’età, gli incoraggiamenti degli amici, la scoperta del dolore, gli addii, su tutti quello a Ennio e quello recente e straziante a Daniela, la primogenita. L’Adda è stato per Trojani una canzone. A oltre ottant’anni d’età oggi quest’avventura mostra di avere salvato l’eterna verità del sentimento della pittura che da quando esiste l’uomo è stata innanzitutto testimonianza del luogo natale. Che in arte vuol dire il guscio dove si è cresciuti, i colori che si sono visti e sentiti nel profondo e poi sono finiti, quasi rigurgitati, sulla tela bianca. Conosco pochi pittori che siano stati tanto fedeli a un soggetto senza annoiarsi, senza trasformarlo in vuota ripetizione, ma buttandoci dentro ogni volta la forza, il coraggio, la speranza, la delicatezza, la rabbia e il grande piacere del prendere i pennelli, mescolare un po’ di giallo e di blu, tirarne fuori un verde e poi un po’ di rosso e di giallo e una punta di nero, ottenendo un bruciato per la terra, e ancora un blu cobalto con una punta di rosso e rimestare il nero della notte per copiarne l’umido silenzio e finalmente cominciare a lavorare. E gran parte di questo lavoro Trojani l’ha proprio dedicato alla sua terra, Lecco, il lago, le montagne a corolla, il fiume, gli alberi cedui sulle sue rive, i fiori orgogliosi e mai colti, quando la natura era ancora rigogliosa e ribelle e in parte resiste, lungo un tratto dell’Adda protetto da leggi che impediscono di divorarne gli argini a stuprarne la bellezza antica con palazzine rosate e gialle e arancio, tra Lecco, Brivio e Imbersago. Negli anni le variazioni sopra il fiume hanno raccontato in toni, colori e scelte stilistiche diverse sempre la medesima cosa, la purezza di un luogo fiero e incontaminato. Così l’acqua è diventata un campo da arare, un posto privilegiato dove coltivare la speranza di una eternità. A partire dall’Insenatura sul fiume del 1953 e proseguendo con l’Adda del 1956 la strada d’acqua di Trojani è già tracciata. Le albe e i tramonti che dipinge negli anni Cinquanta fanno da contraltare agli Adda di Morlotti che proprio in quel periodo imprime al medesimo soggetto una forza e una struttura pittorica che lo renderanno famoso nel mondo. L’amicizia tra Romano Trojani ed Ennio Morlotti ha avuto qualcosa di miracoloso. Il più anziano dei due era timido e violento insieme, orgoglioso e consapevole del proprio talento. Romano è sempre rimasto un passo indietro, quasi vergognoso del proprio essere artista, quasi in imbarazzo davanti alla grandezza del compagno di strada. Li ho conosciuti e frequentati a lungo tutti e due. E quando, alla fine della sua vita, Morlotti mi ha un giorno confessato che di tutte le guerre e le battaglie combattute in vita sua salvava soltanto pochi quadri e l’affetto di due amici, 12


intendeva dire Longaretti che gli era stato compagno a Brera e proprio Trojani con il quale aveva trascorso tanto tempo a parlare del loro fiume. I riflessi delle sue luci ti arrivano addosso assaporati e così partecipati da commuovere perfino e non ti lasciano più. L’Adda inzuppa il cuore dell’osservatore e Trojani ti accompagna nel suo viaggio fermandosi su un’insenatura, giocando con le stagioni, cogliendo la timidezza di case appena descritte con un balenare di rosso e bianco in mezzo al cascame dei colori accesi o morbidi o squillanti o assopiti. Colori che raccontano il passare degli anni, delle cose, il cambiare della terra e il nostro cambiare invecchiare morire senza accorgercene, senza saperlo quasi. Ma il fiume sa, lui che scorre sempre in apparenza allo stesso posto e invece scava dilava il greto, vede passare stormi di aironi, crescere ninfee, barche con gli ultimi radi pescatori, turisti, viaggiatori del tempo e gente comune, bambini con il gelato, spose che si fanno fotografare, davanti al fiume, al suo grembo di madre di culla di cuore antico. Trojani sa tanto di quest’acqua salmastra a volte quasi palude e di quando si allarga dopo Pescarenico e diventa un piccolo lago e poi riprende la via e a Olginate sembra correre sicuro verso il proprio destino. Ma poi si piega e ad Airuno non lo vedi più, per incontrarlo di nuovo devi girare a sinistra e voltare l’auto verso Brivio o salire appena e dirigerti verso Imbersago. Non ci sono luoghi più belli, più intimi, più segreti per amarlo e capire come mai tanti artisti l’abbiano così guardato e bevuto e dipinto e sono morti pensando che fosse stata la loro grande occasione. Così questa mostra è un diario, neanche troppo segreto. Perché il percorso di questo mio amico è qui rappresentato, non da tutti i suoi quadri che sono migliaia, ma in tutti i suoi umori e spaventi e felicità. Fino all’ultimo Adda dipinto prima che Daniela andasse via. Un paio d’anni fa ci eravamo incontrate per caso in piazza XX Settembre, a Lecco, avevamo preso un caffè insieme sedute a guardare la gente passare e abbiamo parlato di lui, suo padre, della sua pittura, di come lei l’amasse fin da bambina, perché sentiva da qualche parte nella pancia che avere un papà pittore in qualche modo ti rende speciale. Anna Caterina Bellati Venezia, gennaio 2010

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UNA CONVERSAZIONE CON ROMANO Anna Caterina Bellati

Paesaggio fondovalle olio su tavola 60x48 cm firmato in basso a sinistra 1958

Lo studio di R.T. sembra il retrobottega di un vecchio rigattiere.1 La pianta dell’appartamento prevedrebbe ingresso, cucina, bagno e camera da letto; ma anche un geometra completamente pazzo stenterebbe a raccapezzarsi perché quel monolocale più servizi si è negli anni trasformato in un caos disordinato di tele appoggiate in terra, tele appese alle pareti senza lasciarne un centimetro libero, tele ammonticchiate dietro le porte, su mensole, cavalletti, tavoli, sedie; e poi cartellette di diverse misure con dentro centinaia di carte dipinte, barattoli di vetro sporchi di colore, colori adoperati tanto che i tubetti sembrano finiti sotto i denti di un cucciolo di lupo; locandine, manifesti ingialliti, ritagli di giornale, una bella foto di Ennio Morlotti, penne, matite, biro (nessuna che scriva), qualche straccio bianco sporco di olio giallo e rosso; libri, fogli sparsi, appunti con numeri di telefono, cornici, listelli, attrezzi per inchiodare e schiodare quadri dalle sopraddette cornici (Trojani spesso massacra un suo vecchio lavoro saltato di propria iniziativa fuori dal mazzo, segandone via un pezzo per farlo entrare di misura in una certa cornice!)… Ma il vero capolavoro è il bagno, il quale ha da lunga pezza perso il suo iniziale uso e significato, tant’è vero che nel lavabo troneggiano un certo numero di piccole tele le quali dimoreranno lì per molto ancora. La prima frase che di solito il maestro è uso pronunciare quando si va a trovarlo è: “Stavo mettendo un po’ d’ordine…”.

Dopo un rapido sguardo in quel caleidoscopio di tinte, la domanda viene spontanea. Qual è il colore irrinunciabile? Nessuno. Sono tutti una grande gioia. Mi piace andare nei colorifici e aprire i tubetti, schiacciare un po’ del contenuto sul dito e assaporarlo tra l’indice e il pollice. Mi piace sporcarmi le mani. Però, se ci penso meglio, il giallo… è il giallo il mio colore preferito. 14


Non ha mai pensato di usare toni spenti, scuri? Il non-colore non la interessa? Non sarebbe più la mia pittura. Ricordo agli inizi degli anni Cinquanta, doveva essere il ‘52 o il ‘53, una discussione con Gianni Secomandi. Lui sosteneva che il colore andava abbandonato. E io gli rispondevo che se un giorno avessi dipinto un quadro tutto nero sarei morto entro breve. In seguito andai a una sua mostra, ma in segreto. I lavori erano tutti scurissimi, però tutti avevano da qualche parte una macchia rossa. Quella macchia mi sembrò messa lì per me, così ne comperai uno. Non avevo detto il mio nome al gallerista, ma Secomandi capì che quel certo quadro adesso l’avevo io. C’è stato un momento, a metà degli anni Cinquanta, in cui molti galleristi erano pronti a scommettere sulla sua pittura. Come mai era ed è rimasto così restio a esporre i suoi lavori? Le mostre mi hanno sempre spaventato un po’. Tante volte è capitato che già l’interesse di un critico d’arte importante, di un gallerista noto o di un artista molto più famoso di me fosse sufficiente a placare il mio bisogno di riconoscimento. Mi bastava. E poi non ho mai amato separarmi dai miei quadri. Ecco, appunto, il rapporto con i suoi lavori sembra quello tra una madre e un figlio. C’è questo cordone ombelicale che lei non vuole o ha paura di tagliare… Una volta sì. Vendere i miei lavori mi è sempre dispiaciuto da matti. Alcuni li ho regalati per lo più a persone care, ma adesso, da un po’, ho cambiato idea. Ho capito che un quadro, anche se cambia casa, se esce dallo studio, resta comunque mio. Sono io che l’ho fatto, perciò è una cosa mia. Questo non ha a che fare con il timore della morte, con un desiderio di immortalità attraverso la propria opera? È possibile, l’età ti cambia. Però ho ancora molta voglia di vivere, lo so perché ho ancora molta voglia di dipingere. Non ho ancora dipinto il mio ultimo quadro. La morte è la vera separazione, quella finale. E, per adesso, sento di avere qualche colore in più da contrastarle. Torniamo alla pittura in sé che, certamente, viene prima del quadro in sé. Lei non ha mai fatto il mestiere di pittore fino in fondo: perché? Perché avevo una famiglia da mantenere, due figlie piccole alle quali costruire un futuro. Sentivo fortissima la mia responsabilità nei loro confronti. Ma la pittura è stata tutto ugualmente. Ricordo che mi capi-

Paesaggio sul fiume olio su tavola 40x50 cm firmato in basso a destra 1958

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Versante dell’Adda olio su cartone 40x47cm firmato in basso a destra 1961

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tava spesso di spostarmi per lavoro. Certe volte fermavo la macchina all’improvviso, scendevo e scoprivo un pezzo di quel paesaggio. Lo guardavo, lo guardavo fino a farmelo entrare dentro. E la notte stavo sveglio a dipingerlo. Ma non diventare pittore anche agli occhi di tutti, non fare la vita del pittore è stato un peso? Donato Frisia, un ottimo artista di Merate che io andavo spesso a trovare, un giorno mi disse: “Fà ‘l pitür, che te se bravo!” e non nascondo di averci pensato. Alla fine degli anni ’60 ho frequentato per un po’ il Club di Sant’Andrea, a Milano, diretto da Bellora. Scannavino, Fontana, Bertini, Roberto Crippa praticamente ci vivevano. Si parlava d’arte, ovviamente, dei nuovi movimenti, delle avanguardie; si indossavano i panni del “pittore” e si era un po’ bohémiens, un po’ scostanti, un po’ alla ricerca sempre di qualcosa di diverso. Ricordo un episodio emblematico. Un giorno Maria Luisa De Romans, donna straordinaria in ogni sua manifestazione e spesso annoiatissima, guardandoci uno a uno propose: “Perché oggi non buttiamo giù qualcuno dalla finestra?”. Erano tempi di grandi fermenti e di grandi esternazioni; di prese di posizione estreme e di stravaganze estreme. E allora tornò alla sua vita più normale… In quel periodo ha dipinto furiosamente, tuttavia, ma pochi hanno visto quelle opere. Come mai? Non è che avessi paura del giudizio degli altri, come forse qualcuno ha pensato; ma sentivo che intorno alla mia pittura c’era un interesse piuttosto blando. Sono stati gli anni della sofferenza. Per gran parte degli anni ‘50 e ‘60 ho dipinto in solitudine. Quei lavori non li ha visti praticamente nessuno. Ma non aveva bisogno di comunicare con qualcuno le sue scoperte, di far vedere i risultati ottenuti? In fin dei conti si dipinge per sé, ma si desidera anche un giudizio, bello o brutto che sia: per lei non era così? No… no. Ricordo che lavoravo ore e ore di notte. Quando un quadro era a buon punto, o mi sembrava finito, svegliavo mia moglie nel pieno del sonno per sapere cosa ne pensasse, ma lei mi dava del matto, diceva che era tardissimo; la mattina l’avrebbe guardato. Perciò andavo nella camera delle mie bambine. La grande apriva gli occhi a fatica, ma la piccola saltava fuori dal letto e mi complimentava: “Che bello papà!”. Io tornavo a lavorare fino a quando mi si piegavano le gambe. È stato il periodo migliore? È stato il periodo più forsennato. Forse il più creativo.


Ma chi è il suo maestro, l’artista nei confronti del quale ha contratto il debito più forte? Cézanne. Unico, grandissimo. Perciò l’opera pittorica non deve riprodurre, ma produrre le sensazioni. L’io e il mondo devono ricomporsi e il quadro è lo strumento? Sì, almeno ci ho provato. E tutti gli studi sulle medesime montagne, Colle Salvetti per esempio, sono ancora un tributo a Cézanne, alla sua Montagne Sainte-Victoire? Certamente, ma c’è anche il bisogno personale di fare e rifare un soggetto. Nelle sue mille versioni possibili, a seconda della luce, dell’ora del giorno, della stagione. Se si prende una delle sue montagne e la si ruota diciamo di 90 gradi, assume la forma di un busto femminile. È possibile che i nudi degli anni ‘40 siano diventati delle montagne? È proprio successo così. Il figurativo non è mai stato cosa mia fino in fondo. La mia pittura è rotta, filamentosa, informale. Sopra le montagne o colline che siano c’è sempre il cielo, ma un cielo “corto”, benché straordinario, colto in ogni sua declinazione. Come mai la terra ha tale preponderanza? Non siamo forse tesi emotivamente e spiritualmente al cielo? Il cielo c’è, è dappertutto e questo si sa. Lo sa anche un bambino. A me interessa di più la terra. La terra sulla quale cammino e vivo. Mi piace la sua solidità. E questa terra dipinta è, da decenni, l’isola d’Elba. Perché proprio quel posto? L’ho scoperta intorno al 1975, forse ‘76. E non l’ho più lasciata. Non è il mio luogo pittorico preferito soltanto per averci vissuto momenti di serenità. Anzi, proprio all’Elba molto tempo fa avevo deciso di smetterla, di non dipingere più. Ero stanco, sopraffatto dall’idea che fosse inutile continuare. Mi sentivo un pittore vero, nel senso che la pittura è sempre stata il mio modo di guardare le cose, ma improvvisamente non ce la facevo più a andare avanti. Poi è passata. Il colore ha vinto. Sì, il colore ha vinto. Che cos’è l’isola? Questa è una bella domanda. L’isola è qualcosa da conquistare. Una specie di sogno. C’è ancora un sacco di gente convinta che un’isola sia un posto dove si può vivere in pochissimi. Secondo me ci sono persone

Malgrate olio su tela 40x50 cm firmato in basso a destra 1958

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Campitura primaverile olio su tavola 18x24 cm firmato in basso a destra 1978

che si domandano: “Ma in quanti potremo starci?”. Come se a un certo punto l’isola potesse cappottarsi. Adesso dobbiamo per forza parlare del mare… Che è presente, ma spesso del tutto assente. Il mare mi basta sentirlo, sapere che ce l’ho dietro le spalle. Il suo respiro arriva lo stesso. Così è nei quadri e così è nella vita reale. Quando la sera sto in piazzetta all’Elba a chiacchierare con qualche amico, guardo sempre dalla parte della montagna. Il mare è dietro, oltre. Ma è lì da sempre, ci rispettiamo a vicenda. E il lago? Perché tutta la sua vita, fin dalla nascita, si è dipanata anche sulle sponde di un lago… Il lago non mi è mai piaciuto troppo. Seriamente ne ho sempre avuto paura. Da ragazzino stavo per annegarci e il nostro rapporto è finito lì. Anche alle mie figlie ho impedito di andarci a giocare da sole. Ne ero terrorizzato. Eppure ci sono diversi dipinti ambientati sulle nostre sponde. Il paesaggio è bellissimo. Dalla parte di Malgrate, per esempio. A un pittore un paesaggio simile fa prudere le mani. E l’Adda? Neppure il fiume l’ha intrigata più di tanto. L’Adda era di Morlotti. Non si può togliere a un amico il suo fiume. Quando ci siamo conosciuti, agli inizi degli anni ‘50, lui era già stato a Imbersago. Aveva già attraversato il periodo dei Dossi e stava cominciando a lavorare sulle Rocce. Ma quel pezzo di Brianza che da Lecco va fino a Imbersago appunto era il suo contado; in senso pittorico, si capisce. Non mi andava di fare le stesse cose, perché non aveva senso e per rispetto. Lui era già grande. Siete stati amici fino in fondo. Spesso lei ha rinunciato a uscire allo scoperto per non fargli ombra. Ci capitava di arrivare insieme alle stesse scoperte. Le date di molti lavori sono le medesime, ma a me era sufficiente che lui mi dicesse: “È buono, è buono per davvero”. A me bastava, quello importante era lui. Quello che aveva il talento e la fama era lui. Non mi dispiaceva, ci siamo voluti bene davvero. Mi ha lasciato il suo cavalletto e i suoi colori, un regalo e un impegno enormi. Anna Caterina Bellati Lecco, primavera 1999

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ROMANO TROJANI INTERPRETA “L’UOMO E IL FIUME” Eraldo Di Vita

Parafrasando il titolo di un celebre film con Spencer Tracy, L’uomo e il mare che descrive l’amore e la lotta quotidiana di un uomo col mare, Romano Trojani da Lecco è l’uomo che da oltre sessant’anni frequenta e smisuratamente ama il fiume Adda, dipingendolo da ogni angolo, in ogni stagione, ora per ora, in tutte le maniere possibili e immaginabili. L’Adda affascina questo artista da una vita, quel fiume che nasce dal monte del ferro Stelvio, scende e forma il lago di Cancano, nella valle di Fraele, attraversa la Valdisotto e la val di Rezzo per arrivare a Sondrio e poi gettarsi nel lago di Como (Lario) silenziosamente attraversa il lago di Lecco (ramo destro) per riprendere baldanzoso il suo corso a Olginate, Treviglio e Lodi e per gettarsi a capofitto nel Po a Castelnuovo Bocca d’Adda. Romano Trojani seguiva giovanissimo i consigli di Ennio Morlotti che nell’Adda si bagnava i piedi e con i pennelli ne immortalava le rive. Trojani, dicevo, era sempre là pronto a dipingere ogni cambiamento del fiume, rispecchiando il romanticismo di Alessandro Manzoni e i luoghi dell’infanzia e dell’adolescenza di questo grande scrittore, in vista di “Quel ramo del lago di Como…”, la vita condivisa coi pescatori e i contadini della cascina Costa e poi del Caleotto e del circondario di Lecco, i luoghi cari a Trojani. II Naturalismo astratto di questo artista ha saputo cogliere ogni momento della giornata sul fiume, i suoi umori, perfino i suoi odori e sapori, l’anima di questo fiume antico. Trojani è stato facilitato nelle sue scelte pittoriche dai luoghi dove è nato e vissuto, in quanto è facile, troppo facile, diventare artista frequentando giornalmente luoghi di così grandi culture e lui artista lo è diventato, anche a sua insaputa, così naturalmente da non sembrare vero. II poeta-pittore Romano Trojani interpreta magistralmente il film L’uomo e il fiume nei suoi Scrosci dell’Adda, nei Rilievi, Felicità sul percorso, Aspetto di percorso, Paesaggi, Composizioni, Riflessi sul paesaggio, gran percorso sulle sue “fessure”, i suoi “intrighi”, le sue “distese”, fra gli argini di tutti i colori, come un arcobaleno che si muove in moto perpetuo. Trojani dipinge il fiume come un essere vivente e palpitante e la sua analisi

Canneto sull’acqua olio su tela 80x100 cm firmato in basso a sinistra 1988

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tende verso l’uomo proprio per cercarne i lati nascosti, contrastanti, metamorfici, ritraendolo in una luce nuova e attuale. Egli dipinge anche gli aspetti più ambigui di quella natura che si trasforma ogni giorno, a ogni piena, si aggroviglia, prendendo a prestito, di volta in volta forme vegetali che sono le contraddizioni dell’inconscio che rimane nascosto in un sottofondo invisibile e misterioso. L’aspetto del fiume che Trojani dipinge dimostra la mostruosa poliedricità della natura, anche quella degli uomini, ma anche la complessità dei loro rapporti; forme sempre nuove che diventano cronaca del nostro tempo, adatte a esprimere fisicamente i contenuti della pittura di questo artista. La struttura generale dell’opera di Trojani consente, in fondo, alla stesura di un racconto che si svolge sul fiume che nel fiume entra e si bagna, in una specie di lirismo estroverso, un lirismo proteso a raccontare quello che nei secoli è passato sopra e sotto quelle acque che cambiano continuamente colore. Nelle acque profonde di questo fiume, dove si aggirano creature misteriose ammantate di materia organica, in queste atmosfere arcane si aggira l’arte e la pittura di Romano Trojani che ha sempre ascoltato il richiamo di una fantasia scapigliata e romantica, in cui le strutture morfologiche si uniscono, scaturiscono, dando vita ad altre entità in continuo mutamento, da dove scaturiscono elementi vegetali, paesaggi eterei e surreali. Trojani tende al racconto, è uno scrittore-poeta della pittura e la sua simbologia figurativa si caratterizza in un metodo quasi astratto (Astrattismo concreto) in un processo di fantasia che diventa autonoma nel ritmo degli spazi (il fiume che diventa cielo e viceversa), dei segni e dei colori. Il rapporto col reale esterno è un presupposto che alimenta l’invenzione e ci riporta ancora una volta all’uomo, al personaggio, come momento della coscienza dell’artista. La realtà del fiume Adda proietta una luce sulla condizione dell’artista e dell’uomo moderno. Spesso volutamente, a rasentare l’angoscia di Kafka. Le luci e i riflessi del fiume sembrano proiettarsi, dall’interno, sul cuore umano a svelarne i recessi, anche torpidi e torbidi e riesce premonitoria sulla condizione della società. In generale, in un artista come Romano Trojani, l’immaginazione serve ad accumulare inconsciamente labirinti sempre più fitti a tal punto che il creatore ne rimane prigioniero, anche se nel caso di questo artista la sua immaginazione lo aiuta a liberarsi dalle sue angosce. Le opere che Trojani ha dipinto sul fiume Adda sono sempre paesaggi di 20


una dimensione psicologica che si rifà addirittura ai momenti dell’estremo Impressionismo (vedi gli Stagni di Monet) più quel tanto di visionario e di esaltazione fantastica che caratterizzano queste opere. Nella pittura italiana di oggi non c’è un altro artista che abbia scelto la strada imboccata da Romano Trojani, questa sua strada di costosa libertà egli la percorre con accanita perseveranza, segno di una persuasione che va assai più in là del puro impegno formale e delle ipotesi di libertà talvolta egli la indica con un lampo di luce improvvisa sul letto del fiume, con uno squarcio di verde o di azzurro, con un orizzonte che si orla di tenero candore. è il racconto della vita di Romano Trojani che cede al richiamo delle acque (memoria amniotica prenatale) e calma un’arsura psicologica, un’insofferenza emotiva ed è una componente decisiva della sua immaginazione poetica e pittorica. Eraldo Di Vita

L’aspetto di percorso olio su tela 50x60 cm firmato in basso a destra 1979

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Adda olio su tavola 37x42 cm firmato in basso a destra datato in basso a destra 1950

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Piccolo scorcio olio su tavola 30x40 cm firmato in basso a destra 1952

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Primavera sull’Adda olio su tavola 78x55 cm firmato in basso a destra 1953

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Paesaggio olio su tela 50x60 cm firmato in basso a destra datato in basso a sinistra 1955

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Adda olio su tavola 35x50 cm firmato in basso a destra datato in basso a destra 1956

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Adda giorno di gioia olio su tavola 40x50 cm firmato in basso a destra datato in basso a sinistra 1956

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Percorso sul fiume olio su tavola 40x50 cm firmato in basso a sinistra datato in basso a sinistra 1957

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Paesaggio sul fiume olio su tavola 40x50 cm firmato in basso a sinistra datato in basso a sinistra 1957

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Paesaggio lasciando Brivio olio su tavola 46x48 cm firmato in basso a destra datato in basso a sinistra 1957

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Lungo il fiume olio su tavola 70x55 cm firmato in basso a destra datato in basso a sinistra 1958

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Lasciando Robbiate olio su tavola 40x52 cm firmato in basso a destra datato in basso a destra 1958

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Adda olio su tavola 40x50 cm firmato in basso a destra 1959

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Festa sull’Adda olio su tavola 50x35 cm firmato in basso a destra 1959

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L’amata Adda olio su tavola 28x34 cm firmato in basso a sinistra datato in basso a sinistra 1959

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Adda rigogliosa olio su tavola 30x40 cm firmato in basso a destra datato in basso a sinistra 1959

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Sul fiume olio su tela 40x50 cm firmato in basso a destra datato in basso a sinistra 1959

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Verso Imbersago olio su tela 50x80 cm firmato in basso a destra datato in basso a destra 1960

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Autunno sull’Adda olio su tavola 50x58 cm firmato in basso a destra datato in basso a sinistra 1960

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Adda i gelsi olio su tavola 35x50 cm firmato in basso a destra datato in basso a sinistra 1960

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Corso dell’Adda olio su tela 50x60 cm firmato in basso a destra datato in basso a sinistra 1961

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Lunga distesa olio su tela 50x70 cm firmato in basso a destra 1961

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Verso Brivio olio su tavola 35x50 cm firmato in basso a destra datato in basso a sinistra 1964

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Tratto dopo Trezzo olio su tavola 50x60 cm firmato in basso a destra datato in basso a sinistra 1966

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Verso l’autunno olio su tavola 35x50 cm firmato in basso a destra 1967

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Adda estate olio su tavola 40x50 cm firmato in basso a destra datato in basso a sinistra 1968

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Scorre il fiume olio su tavola 50x50 cm firmato in basso a sinistra 1968

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Percorso olio su tavola 35x50 cm firmato in basso a destra 1970

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Verso le chiuse olio su tela 40x50 cm firmato in basso a destra 1973

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La riva olio su tela 50x70 cm firmato in basso a destra datato in basso a sinistra 1983

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Adda felicitĂ sul percorso olio su tela 80x120 cm firmato in basso a destra 1984

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Sponda olio su tavola 44x44 cm firmato in basso a sinistra 1985

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Adda veduta olio su tavola 35x50 cm firmato in basso a destra 1986

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Aspetto di percorso olio su tela 100x120 cm firmato in basso a destra 1987

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Adda colori olio su tavola 30x40 cm firmato in basso a sinistra 1988

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Adda ricordo olio su tela 80x80 cm firmato in basso a destra datato in basso a destra 1988

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Adda riflessioni olio su tavola 35x40 cm firmato in basso a destra 1988

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La mia Adda olio su tela 50x60 cm firmato in basso a sinistra datato in basso a destra 1996

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Movimento sul fiume olio su tela 50x60 cm firmato in basso a destra 1998

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Paesaggio sull’Adda olio su tela 90x90 cm firmato in basso a destra 1999

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Riflessi sul fiume olio su tela 50x75 cm firmato in basso a destra 2000

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Sera sull’Adda olio su tela 50x60 cm firmato in basso a destra 2000

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Paesaggio fantastico olio su tela 100x100 cm firmato in basso a destra datato in basso a destra 2002

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L’Adda che mi affascina olio su tela 40x52 cm firmato in basso a destra datato in basso a sinistra 2005

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Adda felicitĂ olio su tela 40x52 cm firmato in basso a destra 2006

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Riflessi sul fiume olio su tela 35x50 cm firmato in basso a destra 2008

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Sempre Adda olio su tavola 35x50 cm firmato in basso a sinistra 2009

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APPARATI Anna Caterina Bellati

Romano Trojani con Anna Caterina Bellati e Trento Longaretti, 2004.

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Cenni Biografici 1926 Nasce a Lecco-Caleotto da Carino Trojani e Maria Ronchetti. 1932-1937 Frequenta il Collegio Volta. 1937-1940 Frequenta, a Lecco le Commerciali. 1941 Nasce la sua propensione al disegno che declina in graffitismo, carboncino, matita, pastello. 1942 Entra a lavorare come garzone in una farmacia di Lecco. 1943 Viene chiamato alle armi. Molti dei suoi amici finiranno in Germania, mentre Trojani è destinato alla marina militare. Tuttavia non verrà imbarcato per problemi di salute. Nello stesso anno comincia a esercitare la professione di odontotecnico; questo lavoro e la pittura saranno per sempre i suoi due mestieri. Il primo per le esigenze economiche della vita, il secondo per la vita in quanto tale. 1945-1950 Conosce Sora e diventano amici. È assiduo anche di Bonora nello studio del quale passa diverso tempo. Produce Paesaggio e colline, primo lavoro Figurativo-Informale. Lavora sul tema del nudo, quasi sempre adoperando matita su carta. 1947 Vede a Lecco per la prima volta i lavori di Ennio Morlotti alla Galleria Micheli. Disegna e scrive appunti sulle proprie impressioni. 1952 Conosce Morlotti al Premio Lissone. Inizierà qui la loro amicizia durata sino alla morte di Morlotti. Trojani insiste sul tema delle Vegetazioni, Palme e Cactus.

1952-1953 Frequenta Gianni Secomandi. Discussioni con lui sull’uso del colore. Trojani in questi anni arricchisce la propria tavolozza di gialli solari e pieni e rossi infuocati. 1952-1954 È spesso a Como, nello studio di Aldo Galli. È indubbiamente legato a (e in parte dedicato a lui) il periodo Spazialista che continuerà fino al 1969. 1953 Espone a Bergamo alla Galleria delle Grazie. La sua prima personale conseguirà un buon successo di critica. Esplosione di colori nei Mai colti. 1956 Dipinge un magnifico Adda dove ha già scelto l’Informale. Non se ne discosterà per tutta la produzione a seguire a eccezione di due precisi momenti.

1963 Nasce la seconda figlia, Laura. 1968-1970 Comincia la fase del Puntinismo. Tele di diversa grandezza con un ritmo di intervalli di colore calcolato quasi matematicamente. Parte anche il breve periodo delle Nature solari a trama circolare. 1970 Conosce Renzo Cortina che gli presenta Dino Buzzati il quale si interessa al suo lavoro e scriverà di lui. Intanto partecipa a numerose collettive, tra le quali importante quella alla Galleria Cocorocchia. In seguito a La Scala di Firenze e, nello stesso torno di tempo, andrà a Parigi per la mostra dedicata all’Arte Contemporanea Italiana. Le colline e le montagne divengono preponderanti nei suoi lavori.

1957 Sposa Mariella Rivolta.

1971 È presente al Premio Europa ‘71 tenutosi a Roma, dove viene premiato. Espone a Lecco alla Galleria Stefanoni.

1958 Nasce la figlia Daniela. Intraprende il ciclo delle Vegetazioni che non abbandonerà mai più. Fanno la comparsa anche le prime Nature morte.

1972-1975 Partecipa a diversi Premi e Rassegne e viene invitato a numerose collettive di importanza nazionale e internazionale, come la Biennale Europea di Atene.

1959 Si reca a trovare Donato Frisia a Merate che gli consiglia di lasciare ogni altro impegno e fare soltanto il pittore.

1973 Produce gli oli dedicati a Portofino.

1959-1960 Partecipa alle riunioni del Club di Sant’Andrea a Milano, diretto da Bellora. Qui conosce Scannavino, Fontana, Roberto Crippa, Migneco, Maria Luisa De Romans. Lavora con lena sui Fiori secchi, i Girasoli, i Mai colti. Inizia il periodo dei cieli blu cobalto per i bellissimi Paesaggi lombardi. 1960-1969 Ciclo Spazialista. Trojani in questo periodo guarda al lavoro del Gruppo di Como (al quale dedica alcuni lavori), alla figura di Aldo Galli e alla straordinaria indagine sullo spazio svolta da Fontana.

1975 È a Varenna al Centro di Cultura con un’interessante personale. Ennio Morlotti scrive la presentazione sul relativo catalogo. 1975-1978 Lavora moltissimo, continua la produzione di vari temi: il paesaggio, la natura morta, i Mai colti, preponderanti sono le Vegetazioni. Scrive poesie e ricordi di vita vissuta. 1975-1976 Nella primavera è in Lussemburgo. Scopre l’isola d’Elba che tanta parte avrà

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da allora nel suo lavoro. D’ora in avanti la primavera e l’estate elbane saranno le grandi protagoniste della sua produzione. Partecipa a Vicenza al Premio Palladio. Partecipa al Premio Campania.

Leonardo da Vinci (classe Accademia Nobel); l’Accademia Tiberina; l’Accademia delle Arti, Lettere, Scienze e Cultura di Roma; il Comitato Centro Studi e Scambi Internazionali.

1977 Partecipa a Roma al Premio Dante Alighieri.

1992 Muore il grande amico e compagno di lavoro Ennio Morlotti. Gli dedica il bellissimo Omaggio a Morlotti.

1978 Partecipa a Ferrara al Premio De Pisis. 1979 Lecco gli dedica una vasta Antologica a Villa Manzoni. La critica parla entusiasticamente del suo lavoro. Parte il periodo delle “strisce”. Personale alla Galleria La Cupola, di Padova, dove conosce Corneille. 1981 Personale a Milano presso la Galleria Valentini San Marco. Carlo Munari si entusiasma alla sua opera e scrive diverse cosesu di lui. È a Roma al Citifin. Partecipa al Premio Campania. Marcello Venturoli scrive un lungo saggio sull’opera di Trojani dai primi anni ‘50 sino a tutti gli anni ‘80. 1984 Partecipa alla Mostra Internazionale di Belle Arti di Genève. Prosegue la sua indagine sul paesaggio che acquisisce un’impronta informale. 1982-1990 Continuano gli inviti a partecipare a collettive, premi e rassegne. Sarà più volte chiamato a esporre dall’Unesco; partecipa a congressi sull’arte a Parigi, Monaco, Londra, Bruxelles, Atene. Frequenta lo studio di numerosi artisti e continua il suo sodalizio con Ennio Morlotti con il quale trascorre molto tempo. 1988 Colle Salvetti diventa la sua Montagne Sainte-Victoire. Intanto diviene membro di diverse accademie: l’Accademia delle Scienze, Lettere e Arti

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2005 I Musei Civici di Lecco organizzano alla Torre Viscontea una Antologica sul periodo Spazialista intitolata Corpi e Spazio - Opere 1950-1960. 2008 L’Ambasciata d’Italia a Berlino lo invita a esporre e ordina la sua personale Naturalismo astratto.

1993 Personale alla Galleria Steffanoni a Milano. Presenta un intero ciclo di Colline. È a New York al Landscapes 1993. 1994 Espone in Argentina al Museo Navarro a Tucuman, dove resteranno in permanenza quattro opere. 1995 Personale a Bergamo alla Banca Popolare di Milano. Vengono esposti una serie di Paesaggi toscani. 1996 Espone a Chiavenna a Palazzo Pestalozzi i lavori e gli studi degli anni ‘90. Grande successo di critica e di pubblico. Rai Tre gli dedica un servizio. Espone a Milano al centro Citibank Grandi Quadri. 1998 Partecipa a una collettiva sul paesaggio a Campodolcino, nell’antica dimora degli Sterlocchi de Sterlegg, Villa Serenella. 1999 Partecipa a una collettiva intitolata Del Cielo a Chiavenna, Palazzo Pretorio. I suoi lavori sono molto apprezzati da pubblico e critica. Continua a dipingere e inizia la catalogazione della sua vastissima produzione. Anna Caterina Bellati ordina una sua personale a Lecco al Centro La Meridiana appena inaugurato. Il complesso porta la firma dell’architetto Renzo Piano.

Trojani negli anni Sessanta.


Esposizioni Personali 1953 Bergamo, Galleria delle Grazie 1971 Lecco, Galleria Stefanoni 1975 Varenna, Centro di Cultura 1979 Lecco, Antologica, Comune di Lecco, Villa Manzoni Padova, Galleria La Cupola 1981 Milano, Galleria Valentini San Marco Roma, Citifin 1993 Milano, Galleria Steffanoni 1995 Bergamo, Banca Popolare Milano 1996 Chiavenna, Comune di Chiavenna, Palazzo Pestalozzi Milano, Citibank Grandi Quadri 1999 Lecco, Centro Meridiana 2002 Milano, Sotheby’s 2005 Lecco, Torre Viscontea 2008 Berlino, Ambasciata d’Italia Collettive Milano, Galleria Cocorocchia Milano, Premio Sant’Ambroeus Firenze, La Scala Parigi, Pittura Italiana a Parigi Roma, Premio Europa Atene, Biennale Europea Mentone, Arte Italiana in Costa Azzurra Siena, Rassegna Siena ’82 Padova, Arte Triveneta Varenna, Centro Cultura 7 Pittori Lecchesi Lecco, Artisti Lecchesi - Torre Viscontea Ferrara, Paesaggio Italiano Lecco, Arte Festival, Torre Viscontea Damasco, Rassegna Italia New York, Landscapes 1993 Tucuman (Argentina), Museo Navarro Paesaggio Italiano Campodolcino (So), Villa Serenella,

Variazioni sul paesaggio Chiavenna (So), Palazzo Pretorio, Del cielo Chiavenna (So), Palazzo Salis, La Rezia. Figure e paesaggi in un secolo di pittura Morbegno (So), ex Chiesa di S. Antonio Time passages Milano, Galleria Ruggerini & Zonca Premi e rassegne Roma, Europa ‘72 Corciano, Premio Agosto Corcianese Perugia, Rassegna d’Arte Contemporanea Pompei, Centro Italiano Scambi Culturali, 1973 (Medaglia d’oro) Bologna, Biennale d’Arte Contemporanea Firenze, Premio Brunelleschi Lecco, Premio Mori Genova, Centro Interarte Viareggio, Grand Prix International Monaco, Premio Rassegna Principato Como, Colonnina d’Oro Como, Premio Manlio Liegi, Rassegna d’Arte di Primavera, 1976 Vicenza, Premio Città del Palladio, 1976 Roma, Premio Dante Alighieri, 1977 Roma, Omaggio a Picasso Ferrara, Premio De Pisis, 1978 Malta, Biennale d’Arte Contemporanea Zurigo, Accademia delle Arti Londra, Rassegna Selfridges Como, Circolo Artistico Provincia Massa Carrara, Premio Michelangelo Rimini, Premio Rimini (Medaglia d’oro) Ginevra, Premio Internazionale d’Arte, 1984 Bologna, Circolo Artistico Culturale Roma, Palazzo Barberini, Ass. Belle Arti Comune Roma New York, Centro Diffusione Arte, Premio “Città di New York” Hanno scritto di lui Anna Caterina Bellati, Gianni Bertini, Victor Brasler, Luciano Budigna, Dino Buzzati, Aldo Carpi, Eligio Cesana, Gian Alberto Dell’Acqua, Raffaele De Grada, Luigi Erba, Giorgio Falossi, Gino Grassi, Alberto Longatti, Tato Mazzieri, Ennio Morlotti, Carlo Munari, Domenico Perron, Adalberto Rossi, Oscar Signorini, Gianni Tadonio, Marcello Venturoli.

Pubblicazioni Proposte d’Arte, Arte Cultura, Arte Servi-ce, Bolaffi Arte, Il Quadrato, Prospettive d’Arte, Pittura & Scultura Oggi, Arte Moderna Italiana, Arte, Sipario, Rivista Arte Moderna - Parigi, Archivio Storico Artisti Italiani, Arte Italiana Contempo-ranea, i Pittori del Sant’Ambroeus, Arte Italiana per il Mondo, La Vernice - Venezia, Vita Artistica del Novecento, Il Giorno, Il Piccolo, Il Tempo, La Nazione, Corriere dell’Arte, La Provincia di Como, Il Corriere di Sicilia, Il Gazzettino, Il Giornale di Brescia, Il Corriere di Roma, Arte Lyder, Arte Italiana XX Secolo, La Provincia di Sondrio, Centro Valle, Il Giornale di Lecco, LC Magazine, Eco delle Valli, La Provincia (quotidiano di Sondrio), Il Resegone, La Gazzetta di Lecco e Provincia, Il Punto Stampa. Volumi • Anna Caterina Bellati, R. Trojani, Cattaneo Paolo Grafiche, Oggiono (Lecco), 1999 • Anna Caterina Bellati, La Rezia. Figure e Paesaggi in un secolo di pittura, Bellati Editore, Lecco, 2000 • Anna Caterina Bellati, Il mediocorso dell’Adda nella pittura lombarda. Dall’Impressionismo all’Informale in L’Adda trasparente confine. Storia, architettura e paesaggio tra Lecco e Trezzo, (a cura di Adele Buratti Mazzotta e Gian Luigi Daccò), Cattaneo Paolo Grafiche, Oggiono (Lecco), 2005. • Anna Caterina Bellati, Trojani Corpi e Spazio, Editoria Grafica Colombo, Valmadrera (Lecco), 2005. • Angelo Bolaffi, Marina Mezzasalma, Eraldo Di Vita, Naturalismo astratto, Grafiche 3B snc, 2008. • Paschetta “appunti di un viaggiatore lombardo, (a cura di Anna Caterina Bellati), Publi Paolini, Mantova, 2008. • Qui Già Oltre, (a cura di Simona Bartolena, testi di Simona Bartolena e Anna Caterina Bellati), Silvana Editoriale, 2009.

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Finito di stampare da Editoria Grafica Colombo SRL Valmadrera - Lecco nel mese di gennaio 2010


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